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Legislatura X - Atto ispettivo ogg. n. 7616

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Oggetto:
Testo presentato:
7616 - Interpellanza circa procedure relative a valutazioni di impatto ambientale e controlli riguardanti aree e cave site a Calendasco (PC). A firma della Consigliera: Gibertoni

Testo:

INTERPELLANZA

 

 

Premesso che

 

  • con la presente si vuole evidenziare purtroppo un fenomeno assai diffuso, che ha pesanti ricadute sul controllo e sulla tutela del territorio e al quale sarebbe opportuno porre immediate soluzioni, anche al fine di ridurre l’ininterrotto screditamento delle istituzioni;
  • intendiamo riferirci ai procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale e ai metodi con cui vengono elaborati e al controllo delle prescrizioni che ne scaturiscono;
  • prendiamo spunto dal caso del PSC di Calendasco (PC), che prevede l’urbanizzazione di un’area sulla quale precedentemente era stata prevista la destinazione agricola, a seguito di prescrizioni emesse in fase di V.I.A. per l’autorizzazione di una cava;
  • sono però innumerevoli i casi che i cittadini e le associazioni ambientaliste potrebbero elencare in cui le prescrizioni emerse all’interno delle procedure di VIA non vengono di fatto attuate;
  • ciò avviene essenzialmente per le motivazioni che qui di seguito elenchiamo:
  1. amministrazioni che dovrebbero controllarne l’applicazione dimostrano di non essere interessate ad esercitare il proprio ruolo, sia per collusione con le ditte proponenti (questo è il caso peggiore e per fortuna non il più diffuso; passibile di esposto ad autorità inquirenti ma anche di difficile dimostrazione da parte dei cittadini), sia semplicemente per scarsa sensibilità verso l’ambiente e la tutela del proprio territorio;
  2. estrema e sempre maggiore dispersione delle competenze negli organi di controllo. Facciamo un esempio per tutti. Da un monitoraggio della sistemazione delle cave elaborato dalla Provincia di Piacenza ai fini della Variante PIAE 2017 emerge che quasi nessun progetto di recupero (quasi una quarantina) sia stato di fatto realizzato, o per il fallimento della ditta esecutrice o per il disseccamento degli alberi piantumati a causa di insufficiente irrigazione o per l’eliminazione fisica delle piante e degli arbusti predisposti come compensazione, per l’intervento degli agricoltori confinanti. A chi rivolgere la segnalazione di tale situazione dannosa? Un tempo bastava rivolgersi agli uffici della Provincia o alla Polizia Provinciale. Ora, a seguito della cosiddetta “riforma Del Rio” le competenze delle attività estrattive sono state ripartite su tre differenti enti: A) la Provincia per quanto attiene l’attività di pianificazione; B) l’ARPAE per quanto concerne il controllo dei danni all’ambiente; C) l’Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile per quanto concerne la corretta esecuzione dei progetti autorizzati. Di fatto, a fronte di un caso di mancato rispetto delle prescrizioni di una VIA o comunque di un progetto approvato, il cittadino si trova assolutamente disorientato dal continuo rimando di competenze da un Ente all’altro e dalla confusione che gli enti stessi dimostrano di avere nella definizione e chiara attribuzione delle specifiche competenze;
  3. debolezza degli organi di controllo in campo ambientale. La Polizia Municipale svolge già innumerevoli attività e spesso non ha nemmeno la preparazione specifica in campo tecnico e ambientale. La Polizia Provinciale è stata smantellata, a seguito della già citata “riforma Del Rio”, e il personale rimanente è stato destinato all’attività di controllo del traffico sulle strade provinciali, con una dispersione di competenze davvero incomprensibile e colpevole. Il Corpo della Polizia Forestale è, come noto, stato assorbito dai Carabinieri, con un’evidente perdita di specificità e di competenze e con un’efficienza fortemente condizionata dalla relativa sensibilità dei Comandi Territoriali. Il personale dell’ARPAE è estremamente ridotto a fronte dell’immane casistica di controllo delle prescrizioni previste dalle  VIA e dalle autorizzazioni ambientali rilasciate da Comuni e Regione. Spesso il lavoro di monitoraggio deve essere pianificato e non collima con le esigenze di rilevazione sul campo espresse dalla cittadinanza o dalle associazioni in casi di emergenza o di situazioni critiche. Il personale di vigilanza dei Parchi è assolutamente inadeguato rispetto alle esigenze, basti pensare che per quanto concerne la Macroarea dei Parchi dell’Emilia Occidentale gli uffici per la vigilanza sono ubicati ai Boschi di Carrega di Parma con evidenti difficoltà di celere intervento in caso di bisogno.

 

Considerato che

 

  • situazione altrettanto problematica, lesiva della tutela del territorio e foriera di abnorme consumo di suolo, è dovuta alla lacuna amministrativa che si registra nel caso in cui un’Amministrazione Comunale, a seguito dell’Intesa con la Provincia, per l’approvazione del proprio strumento urbanistico, non rispetti le prescrizioni impartite dalla Provincia per rendere tale pianificazione coerente con il PTCP. In tale caso la Provincia non ha alcuno strumento per imporre l’attuazione delle prescrizioni stabilite e che erano alla base dell’Intesa. Ci si domanda se a seguito della nuova legge urbanistica n. 24 del 2017 viene colmata tale lacuna? Avranno la Regione o gli Enti di Area Vasta gli strumenti per imporre l’attuazione di tali prescrizioni?
  • infine occorre un approfondimento sul tema della partecipazione. Negli ultimi anni la normativa nazionale e regionale è parsa concentrarsi particolarmente sulla necessità di semplificare le procedure ad esclusivo favore delle ditte proponenti. A giustificazione di ciò si è accampata la motivazione secondo la quale la lentezza delle procedure portava ad un rallentamento dell’economia e dello sviluppo.  Purtroppo, si è spesso scambiata la necessità di trasparenza e di partecipazione con la burocratizzazione delle procedure, mentre molti casi possono dimostrare che proprio la maggiore partecipazione può corrispondere ad una maggiore condivisione dei progetti e conseguente riduzione dei ricorsi amministrativi, che sono spesso proprio la fonte di ritardi e lentezze;
  • occorre quindi favorire nei fatti e non limitare l’istituto del cosiddetto “dibattito pubblico”, previsto dall’art 22 del Codice dei Contratti e nella stessa legge Regionale nr. 4 del 20 Aprile 2018, non solo laddove l’autorità competente lo ritenga opportuno, per la particolare rilevanza dell’opera, ma anche quando i cittadini e le associazioni lo ritengano necessario e ne facciano richiesta;
  • parimenti sarebbe necessario la ripubblicazione dei progetti qualora le modifiche prodotte, a seguito delle richieste degli Enti partecipanti alla Conferenza dei Servizi, fosse tale da rendere potenzialmente necessarie ulteriori osservazioni da parte di cittadini e associazioni. Tale possibilità già esiste ed è normata dal DLgs 152 del 2006 (art. 29) ma è affidata all’esclusiva decisione dell’autorità competente, senza possibilità di un possibile parere da parte dei soggetti civili legittimamente interessati (cittadini e associazioni);
  • va inoltre rilevato che nel corso degli anni sempre più le procedure di valutazione ambientale sono state snaturate rispetto allo spirito originario. Hanno cioè abbandonato il ruolo di effettiva “valutazione” dei progetti originari (che doveva comprendere anche una reale valutazione della cosiddetta “opzione zero”, cioè la possibilità che la Conferenza dei Servizi si esprimesse per la scelta di NON autorizzare l’opera a causa dell’eccessivo impatto ambientale sul territorio o perché peggiorativa rispetto a soluzioni più efficienti ed efficaci) per trasformarsi in un processo di continue e successive modifiche del progetto, a seguito delle richieste di migliorie da parte degli Enti partecipanti alla Conferenza dei Servizi stessa. Ciò si è tradotto di fatto in un processo di mitigazione delle lacune più evidenti dei progetti iniziali o di plateale incoerenza con la pianificazione territoriale, o con la normativa ambientale vigente, ed ha progressivamente portato ad ignorare la praticabilità dell’opzione zero, consentendo comunque l’autorizzazione finale anche di progetti sostanzialmente incompatibili con il territorio o contrari agli interessi della popolazione. Di fatto gli Enti controllori collaborano attivamente per favorire le ditte proponenti al conclusivo accoglimento del proprio progetto;
  • non solo ma in questo percorso diventa difficilissimo per cittadini e associazioni riuscire a seguire compiutamente i cambiamenti in corso, ai quali non è nemmeno data la possibilità di presentare ulteriori osservazioni, che sono limitate ad un periodo determinato. Osservazioni alle quali il proponente non è nemmeno tenuto a rispondere quando non lo ritiene opportuno creando un sostanziale squilibrio fra le parti in eventuale conflitto;
  • a questo va aggiunto che il personale dipendente dagli Enti, spesso preparato e dotato di notevoli competenze, si trovano in grave difficoltà a contrastare progetti di cui eventualmente non condividessero le finalità, per la semplice ragione che, quando non adeguatamente supportati dall’amministrazione di appartenenza, si trovano nelle condizioni di rischiare  ricorsi amministrativi da parte di operatori economici dotati anche di grandi disponibilità finanziarie e di supporti legali di eccellenza. Non è quindi infrequente che i tecnici cerchino soluzioni di mediazione che “limitano il danno” ma non lo evitano;

 

INTERPELLA LA GIUNTA REGIONALE E LASSESSORE COMPETENTE PER SAPERE

 

  • Per tutte le ragioni sopra esposte si ritiene necessario chiedere quali azioni e quali specifiche misure la Regione Emilia Romagna intenda porre urgentemente in essere per arginare queste derive e ricondurre le procedure di valutazione di impatto ambientale e le relative necessarie attività di controllo all’obiettivo originario e ad una situazione di effettiva garanzia per la tutela della salute e del territorio.

 

 

La Consigliere

GIULIA GIBERTONI

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