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Legislatura X - Atto ispettivo ogg. n. 8010

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Oggetto:
Testo presentato:
8010 - Interpellanza circa questioni riguardanti progetti relativi al Corno alle Scale ed al monte Cimone, con particolare riferimento al relativo impatto ambientale. A firma della Consigliera: Gibertoni

Testo:

Interpellanza a risposta orale in Aula

 

visti

 

  • la legge regionale, 17 febbraio 2005, n. 6 “Disciplina della formazione e della gestione del sistema Regionale delle Aree naturali protette e dei siti della Rete Natura 2000”;
  • la legge regionale 23 dicembre 2011, n. 24 “Riorganizzazione del sistema Regionale delle Aree protette e dei siti della Rete Natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del Piacenziano”;
  • la delibera di Giunta regionale n. 1992, del 21 novembre 2016, recante “Protocollo d’intesa tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Toscana ai fini del sostegno e della promozione congiunta degli impianti sciistici della montagna tosco-emiliano romagnola” sottoscritto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal Sottosegretario di Stato, Luca Lotti, e per le due Regioni dagli attuali Presidenti, in cui si mette a disposizione, da parte statale, la somma di 20 milioni di euro a valere sui bilanci 2017, 2018 e 2019;
  • la delibera di Giunta regionale n. 1577, del 16 ottobre 2017, recante “Approvazione Proposta di Accordo tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Toscana ai fini del sostegno e della promozione congiunta degli impianti sciistici della montagna tosco-emiliano romagnola e delega alla sottoscrizione del medesimo”;
  • la deliberazione della Giunta regionale n. 1756, del 22 ottobre 2018 recante “Accordo tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Toscana ai fini del sostegno e della promozione congiunta degli impianti sciistici della montagna tosco-emiliano-romagnola: approvazione piano preliminare degli interventi. Approvazione schema di convenzione fra Regione e beneficiari” con cui si prende atto che le risorse da destinare al finanziamento degli interventi, ricompresi nell’allegato 1 della stessa delibera, sono allocate sui capitoli di spesa del bilancio finanziario gestionale 2018-2020 della Regione Emilia-Romagna nei capitoli: 25487: “CONTRIBUTI AGLI INVESTIMENTI ALLE AMMINISTRAZIONI LOCALI PER LA MESSA IN SICUREZZA, VALORIZZAZIONE E NUOVA COSTRUZIONE DI IMPIANTI SCIISTICI. (ACCORDO CON LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 17 NOVEMBRE 2017) - MEZZI STATALI” e 25489: “CONTRIBUTI AGLI INVESTIMENTI ALLE AMMINISTRAZIONI LOCALI PER LA MESSA IN SICUREZZA, VALORIZZAZIONE E NUOVA COSTRUZIONE DI IMPIANTI SCIISTICI. (ACCORDO CON LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 17 NOVEMBRE 2017) - COFINANZIAMENTO REGIONALE” nonché allocate temporalmente come segue:

capitolo

Anno 2018

Anno 2019

Anno 2020

Totale

25487

2.500.000,00

3.250.000,00

4.250.000,00

10.000.000,00

25489

1.000.000,00

1.000.000,00

1.043.020,00

3.043.020,00

Totale

3.500.000,00

4.250.000,00

5.293.020,00

13.043.020,00

inoltre, nel Piano Preliminare degli interventi è previsto al punto A1 “Impianto a fune Collegamento Corno alle Scale Lago Scaffaiolo. (Collegamento Doganaccia Corno alle Scale)” una spesa di 5,5 milioni di euro, totalmente finanziati nell’ambito di questo Accordo, con la seguente descrizione “Realizzazione di nuovo impianto di risalita di raggiungimento del crinale di separazione tra Emilia-Romagna (località Lago Scaffaiolo) e Toscana per il collegamento della Stazione Turistica del Corno alle Scale con quella di Doganaccia di caratteristiche tali da soddisfare sia le esigenze dello sciatore che quelle del turista estivo”;

  • la lettera di invito, del 2 ottobre 2018, di ERVET per un affidamento sotto soglia di un contratto di prestazione di servizi per la realizzazione di un Masterplan per lo sviluppo sostenibile del Comprensorio del Corno alle Scale, quale stazione turistica estiva ed invernale, nell’ambito degli obiettivi fissati dal suddetto Accordo di Programma, nonché, la relativa aggiudicazione all’azienda Terre.it del 21 novembre 2018;

 

premesso che

 

  • Il Parco regionale del Corno alle Scale, istituito nel 1988 (con L.R. 2 aprile 1988, n. 11) è un parco di crinale con una estensione di circa cinquemila ettari ed al suo interno comprende, appunto, la cima più alta dell’Appennino bolognese (all’interno del parco l’altezza minima è 775 m s.l.m. e l’altezza massima 1944 m s.l.m.), un massiccio che sfiora i duemila metri segnato fino alla vetta dagli strati di arenaria e che insieme agli splendidi panorami montani, alle vallate solitarie, ai piccoli paesi che emergono dal bosco, ai santuari e alle cascate disposti a ventaglio ai piedi della montagna, alle foreste di latifoglie, soprattutto faggio, che interessano buona parte della superficie e avvolgono il corso solitario di torrenti cristallini, nonché circhi glaciali e praterie d’altitudine, habitat di preziosità botaniche, ultimo avamposto delle Alpi, come pure una fauna ricca e interessante, tutte caratteristiche che ne fanno un unicum, il suo territorio si estende per 4974 ettari, di cui 2545 di aree contigue (Zona di Pre-Parco distinto in boschivo, agrario, sciistico) e 2429 per le restanti zone del Parco (Zona A di protezione integrale, Zona B di protezione generale, Zona C di protezione e riqualificazione ambientale finalizzata alla fruizione turistica) è a sua volta confinante con il Parco dell’Alto Appennino Modenese area di altrettanta bellezza e interesse ambientale e naturalistico;
  • l’area rientra a pieno titolo nel sistema delle aree SIC-ZPS con il codice IT4050002 SIC-ZPS “Corno alle Scale”, la cui estensione coincide sostanzialmente con quella del Parco, e che è così descritto: “Il sito comprende la parte montuosa con le cime più alte del territorio bolognese ed è delimitato a Sud dal crinale tosco-emiliano, a Ovest dalla dorsale coincidente con il confine provinciale con Modena, a Nord dalla direttrice Lizzano-Vidiciatico e a Est dal Rio Baricello. Il sito è caratterizzato da due valli entro le quali scorrono i torrenti Dardagna e Silla i quali delimitano un'ampia dorsale che dal Corno alle Scale si protrae verso Nord fino al Monte Grande. Le emergenze rocciose del Corno alle Scale e della fascia di crinale sono costituite dalle Arenarie di Cervarola, mentre a quote più basse affiorano le marne dell'unità Sestola Vidiciatico. Nell'alta valle del Dardagna sono evidenti le tracce di fenomeni glaciali. Il bosco è l'elemento ambientale dominante ed è composto, oltre che da alcuni castagneti secolari, da specie tipiche della fascia vegetazionale del faggio. Nelle zone sommitali sono presenti brughiere a mirtillo alternate a nardeti e praterie che ospitano varie specie tipiche degli ambienti artico-alpini. Il sito è completamente incluso, e quasi totalmente coincidente, con il Parco Regionale del Corno alle Scale; comprende un'ampia area di proprietà demaniale denominata "Lizzano" (2.259 ha)”, infine, nel corso della sua ultradecennale storia il sito è stato interessato da numerosi progetti ad alta valenza naturalistica;
  • le finalità del parco sono la tutela dei beni naturali e della biodiversità presenti nel territorio dell'area protetta, in particolare dovrà essere assicurata la salvaguardia degli equilibri ecologici degli ambienti di vetta e rupestri, in considerazione della presenza di specie ad alta specializzazione ecologica, della loro rarità in ambito regionale e nazionale e della loro fragilità, sono inoltre oggetto di tutela le estese formazioni forestali, uno degli elementi maggiormente rappresentativi dell’ambiente e del paesaggio dell’area protetta; inoltre, come Finalità specifiche abbiamo: conservare e valorizzare il patrimonio naturale caratterizzante il territorio, mantenere altresì il valore di biodiversità in esso presente; tutelare, risanare, restaurare e valorizzare i beni di interesse storico-ambientale presenti sul territorio; incentivare le attività scientifiche, culturali e didattiche connesse alla fruizione dell’ambiente favorendo la realizzazione di programmi di studio e di ricerca scientifica, volti alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico e ambientale del Parco;
  • il 10 gennaio 2018 a Lizzano in Belvedere, convocato dall’Amministrazione Comunale, si è tenuto il primo incontro del “processo di partecipazione e ascolto” che dovrà contribuire alla redazione del “Masterplan per lo sviluppo sostenibile del comprensorio del Corno alle Scale quale stazione turistica estiva e invernale”, che si è concluso con un quesito rivolto a tutti i partecipanti, richiedendo un contributo di osservazioni e proposte: “quali i bisogni infrastrutturali, di accessibilità e di servizi con riferimento rispettivamente al turismo invernale, al turismo verde, all’intero territorio (cioè non solo al comprensorio sciistico)”, inoltre il Sindaco di Lizzano ha messo sul tappeto un ulteriore quesito, cioè cosa accadrebbe del finanziamento se la Regione Toscana, che sembra più prudente, decidesse di non procedere verso la costruzione di un impianto di collegamento con un impianto a fune tra Doganaccia e Corno alle Scale;

 

considerato che

 

  • entro l’anno 2050, cioè nell’arco di una generazione, il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature medie globali potrebbero rendere “inservibili” un quarto delle stazioni sciistiche sull’arco alpino del nostro Paese (22 su 81), secondo un parametro stilato dall’OCSE che definisce “affidabili” (reliable) quelle località in grado di garantire neve fresca per stagioni lunghe almeno 100 giorni e già oggi sulle Alpi, sotto i 1.000 metri di quota, in media, scende più pioggia che neve, ed entro il 2050 solo le aree sciistiche localizzate oltre i 1.800 metri sul livello del mare potranno lavorare in modo adeguato;
  • secondo stime di Federfuni, che è l’Associazione italiana delle aziende ed enti proprietari e/o esercenti il trasporto a fune in concessione sul territorio nazionale rappresentante 150 società ubicate in buona parte delle Regioni italiane, l’incidenza del costo dell’innevamento artificiale pesa già, attualmente, per il 25-30% in più della media sui bilanci delle società che gestiscono gli impianti di risalita;
  • all’aumento medio della temperatura di un grado centigrado (e già nel 2016 la temperatura media globale è stata di 0,99°C superiore rispetto a quella registrata tra il 1880 e il 2015) corrisponde un accorciamento della stagione sciistica stimato in 4-6 settimane;
  • nel caso specifico da molte parti sono emersi pareri fortemente contrari e compiutamente motivati al progetto di collegamento con impianto a fune tra Doganaccia e Corno alle Scale, tra questi, quello del Presidente del Cai dell’Emilia-Romagna che, a gennaio 2017, faceva notare come “Colpisce lo strabismo della Regione Emilia-Romagna, che da un lato con il sistema delle Aree protette tutela le peculiarità ambientali e culturali della montagna e promuove un turismo dolce a basso impatto ambientale (primo fra tutti il recente investimento di 1.300.000 euro per l’Alta Via dei Parchi) e, dall’altro, continua a voler investire risorse su un modello di sviluppo fondato sulla monocultura dello sci da discesa, ormai in evidente crisi a causa delle mutate condizioni climatiche. Dai dati sull’innevamento in Appennino appare evidente un calo generale delle precipitazioni, alle nostre quote, e uno spostamento in avanti dell’inizio delle nevicate necessarie a garantire la sciabilità delle piste. Il balletto dei trasferimenti di proprietà degli impianti del Corno alle Scale - sempre in perdita - verificatosi negli ultimi 20 anni e l’inattività degli impianti nei periodi natalizi per mancanza di neve ne sono la prova. Anche il Natale 2016 è passato “al verde”. Il CAI concorda con il comunicato stampa emesso da Legambiente Emilia-Romagna, che richiama alcuni dati meteo: “Se si dà uno sguardo a piovosità e temperatura media dal 1961 al 2008 a Lizzano in Belvedere, si nota come la temperatura media annuale sia aumentata di 1 grado e la piovosità media annuale sia diminuita di 117 mm all’anno. Dati che, se incrociati al trend delle nevicate su tutto l’Appennino emiliano-romagnolo negli ultimi 50 anni, rimarcano la costante diminuzione dagli anni ‘90 sia dei giorni nevosi che dell’altezza media del manto nevoso (Dati atlante idroclimatico Arpae)”” ed aggiunge “In Regione evidentemente sono distratti e non si accorgono che enti del territorio, forze sociali ed economiche (quindi non solo le associazioni ambientaliste!) sono già andati oltre. Infatti, nel documento “Prendersi cura dell'Appennino”, siglato da Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano, Comuni area MAB ATE, Camera di Commercio Industria e Artigianato di Reggio Emilia e dall’Unione Comuni Montani reggiani, si può leggere: “Essendo esauriti i vecchi modelli del turismo appenninico (villeggiatura estiva più alcuni week end invernali nelle stazioni sciistiche) ed essendo ancora a livello “iniziale” e non consolidato le dinamiche attive e più vive dei nuovi turismi in Appennino, si propone un approccio prudente alla definizione di un quadro di valutazioni e proposte. In questa fase, prioritario è aprire spazi e possibilità di co-costruzione, avviare processi partecipativi, che vedano operatori e cittadini coinvolti e protagonisti in relazione stretta con programmi e strategie dei soggetti pubblici...”. Quanto alle tendenze in atto del turismo in Appennino, dal rapporto dell'Osservatorio turismo Unioncamere Emilia-Romagna “Il turismo in Emilia-Romagna nel 2015” si ricava: Inverno 2014-2015: 375.000 presenze (+4,7% sul 2013-2014) Estate 2015: 1.663.000 presenze (+3,7% su estate 2014). Da cui si deduce che se il turismo invernale aumenta un pò più del turismo estivo (e sarebbe necessario scorporare il dato tra sciatori e altri frequentatori di ambiente innevato), l’Appennino verde pesa per l'82% di presenze sul turismo montano (e per il 69% di arrivi, quindi con permanenze maggiori che in inverno). Il rapporto segnala però che il turismo estivo “presenta segnali di rallentamento… a causa della maturità del sistema ricettivo... Tutti gli addetti ai lavori concordano che l’elemento mancante per una completa declinazione turistica della montagna verde e naturale è quello dell'ospitalità” e così concludeva: “il CAI dell’Emilia-Romagna: esprime fin da ora una ferma contrarietà alla sua realizzazione; auspica il dirottamento delle risorse previste sulla promozione di uno sviluppo appropriato della montagna, che ne tuteli e valorizzi le peculiarità ambientali e culturali attraverso il sostegno degli itinerari di escursionismo – estivo ed invernale, ippico e ciclistico – e la realizzazione di una adeguata rete di ricettività e di ristorazione fondata sulle eccellenze agroalimentari della montagna; invita le Regioni Emilia-Romagna e Toscana a un confronto con le associazioni ambientaliste, gli enti locali, i GAL per la definizione di un progetto alternativo per lo sviluppo dell'economia montana.”;
  • anche il Gruppo Regionale CAI Toscana e Sezione di Pistoia sull’ipotesi di realizzazione di un impianto a fune nel tratto Doganaccia - Lago Scaffaiolo (Alto Appennino Pistoiese), a febbraio 2018, ha espresso la propria “ferma contrarietà alla realizzazione del collegamento Doganaccia – Lago Scaffaiolo” con un parere che, per la sua articolazione e compiutezza, merita di essere riportato per intero:

 

“1. Premessa

 

La Regione Toscana, con le proprie delibere n. 1127 del 16.10.2017 e n. 1225 del 9.11.2017, ha approvato l’Accordo per il sostegno e la promozione congiunta degli impianti sciistici della montagna tosco-emiliana-romagnola”, a suo tempo sottoscritto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme alla Regione  Emilia-Romagna. Detto accordo prevede in particolare la realizzazione di una nuova funivia di arroccamento, di portata superiore a quella Cutigliano-Doganaccia, con partenza dalla stazione della Doganaccia e arrivo a ridosso del crinale appenninico all’altezza del Lago Scaffaiolo, con costo stimato nel 2018 di 8 milioni di euro a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Regione Toscana.Negli ultimi mesi si è sviluppato un ampio dibattito, anche a mezzo stampa, fra favorevoli e contrari alla realizzazione di detto impianto. A questo dibattito riteniamo doveroso portare il nostro contributo, per l'attenzione che come associazione abbiamo sempre dato alla montagna, al suo ambiente, alle persone che nella montagna vivono e di cui utilizzano le risorse.

 

2. La posizione del CAI sulla realizzazione di nuovi impianti sciistici.

 

Prima di entrare nel merito della specifica realizzazione, vogliamo sottolineare come il Club Alpino Italiano (CAI) non sia aprioristicamente contrario agli impianti di sci, settore ancora fondamentale per l’economia di alcune aree montane; anche noi amiamo la neve e la pratica sportiva dello sci alpino e nordico. Ciò nonostante, è in generale contrario alla realizzazione di nuovi impianti, in particolare in quegli ambiti altitudinali soggetti a condizioni climatiche che richiedono il frequente ricorso all'innevamento artificiale, con conseguente dispendio di risorse naturali ed energia. Quindi sì a nuovi impianti sciistici ma in zone di sicuro innevamento (ora e in futuro), a quote e versanti non esposti ad eccessiva irradiazione solare e a venti meridionali, per assicurare nel tempo ricadute economiche e incremento occupazionale tali da giustificare l’inevitabile impatto sull'ambiente e la rinuncia allo sviluppo delle potenzialità alternative. Per contro, il CAI ritiene che il turismo in montagna vada sostenuto con il miglior utilizzo dell’esistente ma, soprattutto, con un grande sforzo per la diversificazione dell’offerta, mirata alle presenze lungo tutto l’arco dell’anno; deve essere privilegiato e incentivato il turismo sostenibile, finalizzato prevalentemente all'esplorazione, intesa come osservazione ed immersione nella natura in contatto con la cultura e le tradizioni locali, nella convinzione che ciò costituisca un tangibile contributo alla conservazione dell'ambiente. In altri termini riteniamo necessario puntare sul turismo naturalistico e culturale di qualità, che per stile di vita crescente, fruibilità anche da parte dei meno abbienti, irreversibilità dei cambiamenti climatici, sottolineati anche dal Presidente della Repubblica Mattarella nel suo messaggio di fine 2017, e ampia diversificazione di scelta ambientale, è destinato ad affiancare, e superare in un prossimo futuro, lo sport oggi ancora principe della neve, ma ormai ad alto rischio per le scarse precipitazioni nevose sotto i 2000 metri e gli alti costi di gestione. Nessun impianto è oggi più in grado di autofinanziarsi, con conseguente ricorso a risorse pubbliche, cioè della collettività, che dovrebbero doverosamente essere destinate anche al sostegno delle popolazioni dell’altra montagna sempre più a rischio di spopolamento e di invecchiamento.

 

3. Il progetto di collegamento Doganaccia-Lago Scaffaiolo

 

3.1 Caratteristiche climatiche della zona interessata

 

Gli organi tecnici delle due Regioni interessate certificano cambiamenti climatici in corso, con temperature medie aumentate di un grado dal 1961 e precipitazione diminuite negli ultimi dieci anni di oltre 100 mm anno, con costante diminuzione dei giorni nevosi e dell’altezza media del manto nevoso in quota e difficoltà a sviluppare l’innevamento artificiale delle piste da sci per difficoltà nell’approvvigionamento idrico e delle alte temperature. La Società Metereologica Subalpina, già dal 2006, affermava che è giustificabile un eventuale mantenimento degli impianti di innevamento programmato, ma soltanto ove questo sia sostenibile economicamente e consenta con investimenti ragionevolmente contenuti di attenuare/risolvere le principali crisi di innevamento. Questa situazione potrebbe realizzarsi soltanto oltre i 1800-2000 m circa, mentre a quote inferiori l’aumento delle temperature potrebbe spesso compromettere la funzionalità degli impianti anche in pieno inverno. Come ben noto a chi già frequenta il crinale appenninico, senza ricorrere ad impianti di risalita, la zona interessata dal futuro impianto è estremamente ventosa. La sua esposizione a sud pregiudica il già scarso innevamento necessario per una frequentazione sciistica, con la conseguenza che l’unico utilizzo dell'impianto sarebbe quello di trasferire l’utenza (quando il vento lo consentisse) dalla Toscana all’Emilia, e non viceversa, con soli costi certi per il versante toscano per la realizzazione di nuova viabilità e parcheggi di grande impatto ambientale sul paese di Cutigliano. Occorre poi considerare che la qualità, la geometria delle piste da discesa e l’innevamento, in Appennino Settentrionale, non potranno mai competere sui mercati internazionali con i grandi comprensori sciistici alpini, posti a quote superiori e con clima più favorevole. L'attrattiva del nuovo collegamento interesserebbe quasi esclusivamente l’utenza dell’area metropolitana toscana e della costa tirrenica, con il rischio di un puro trasferimento di sciatori e gitanti del fine settimana dall’Abetone al Corno alle Scale.

 

3.2 Compatibilità con le altre modalità di fruizione della montagna

 

La zona del Lago Scaffaiolo è già luogo di alta fruizione. Frequentato nel periodo invernale e nelle stagioni intermedie soprattutto da appassionati con una specifica preparazione tecnica, esso diventa d'estate una meta popolare. Il tracciato pensato per l’impianto ricalca in parte quello del sentiero CAI n. 66 Doganaccia – Passo della Calanca - Lago Scaffaiolo, mortificando un percorso che fino ad oggi ha rappresentato, per la sua semplicità e panoramicità, una piacevole camminata per tutte le età e luogo di aggregazione culturale per le famiglie. La nuova funivia attrarrebbe (forse) nuova utenza, e porterebbe temporanei vantaggi al complesso immobiliare della Doganaccia, ma gradatamente segnerebbe l’abbandono della località da parte dell’escursionista più attento all’ecosostenibilità ambientale, alla ricerca di una natura non piegata e stravolta dall’uomo. Non è vero che gli impianti neve sono l’unico rimedio allo spopolamento della montagna, visto che il censimento ISTAT 2011 evidenzia una diminuzione dal 2001 del 2,60% della popolazione del Comune di Abetone, contro un aumento del 4,70% del Comune di Sambuca Pistoiese, area marginalizzata ma che conserva una propria identità culturale che siamo certi contribuirà ad un diverso e sicuro sviluppo turistico qualificato, senza intaccare il capitale naturale da tramandare alle future generazioni.

 

3.3 Considerazioni economiche

 

La proposta progettuale, se pur finalizzata alla riqualificazione dell’offerta turistica-sportiva, non prevede, sorprendentemente, alcun contributo né per le strutture alberghiere, né per la viabilità di accesso, né per i parcheggi, tutte infrastrutture di servizio prioritarie alla progettualità del nuovo impianto ed indispensabili per una qualificata offerta alle 1000/1200 persone attese giornalmente e che consentirebbero, sempre secondo stime progettuali, l’autosufficienza dell’impianto già dal 2018. Tali proiezioni di elevate ricadute economiche sul territorio e di autosufficienza dell’investimento già dal 2018, basate anche sul presupposto di un alto utilizzo degli impianti nel periodo estivo, con una stima di un aumento di fatturato del 45%, sono aleatorie e a nostro giudizio non realistiche. Ne sono prova le grosse difficoltà gestionali delle due seggiovie dell’Abetone vocate specialmente al turismo estivo, impianti in crisi da tempo e che con il nuovo impianto Doganaccia – Lago Scaffaiolo subirebbero un ulteriore calo di presenze tale da ricorrere nuovamente ad ulteriori contributi pubblici. La realizzazione di questo impianto rischia di innescare una spirale perversa, ponendo un'ipoteca sull'ulteriore assorbimento di risorse future, che diversamente potrebbero essere canalizzate per il rinnovo prioritario e urgente delle strutture ricettive e al sostegno della piccola imprenditoria giovanile della montagna. I “nuovi montanari” che usano il computer e sanno l’inglese, sono consapevoli che l’economia alpina non sarà più quella dei loro genitori. Riproporre oggi il modello dei grandi caroselli sciistici ad altezze a rischio innevamento è improduttivo, socialmente ed economicamente. Il futuro è la natura e la cultura della montagna, un bene che i nostri vecchi ci hanno lasciato e a cui dobbiamo essere grati.

 

4. Conclusioni

 

Tutte le precedenti considerazioni portano a rilevare come il progetto di collegamento fra la Doganaccia ed il Lago Scaffaiolo non presenti, ad un esame accurato, le caratteristiche richieste per rientrare nell'ambito di quella che potrebbe essere un investimento remunerativo dal punto di vista economico e con limitato impatto ambientale. Per questo il Club Alpino Italiano - Regione Toscana, congiuntamente alla Sezione di Pistoia, esprime ferma contrarietà alla realizzazione del collegamento Doganaccia – Lago Scaffaiolo, ed auspica che la decisione della Regione Toscana di predisporre un "masterplan”, per valutare più approfonditamente l’impatto e le ricadute paesaggistiche ed economiche del previsto complesso intervento, porti ad una completa rivalutazione dei costi e dei benefici del progetto, comparandoli con quelli che sarebbe invece possibile realizzare con una diversa destinazione delle risorse disponibili. Si chiede che le consistenti risorse economiche stanziate dalla Regione Toscana e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri siano almeno in parte dirottate per favorire nuove forme di turismo ecosostenibili e per supportare politiche di valorizzazione delle peculiarità ambientali e culturali di tutto l’Appennino, prendendo in esame varie tipologie di intervento, quali ad esempio: la sistemazione idrogeologica e forestale della montagna anche con incentivi fiscali alla proprietà privata; interventi di manutenzione sulla dimenticata e disastrata viabilità minore; la sperimentazione di iniziative mirate a sostenere le filiere produttive del territorio, la transizione tra scuola e lavoro, ed in particolare la promozione della filiera del castagno e del legno, con particolare attenzione alla formazione ed il sostegno ai giovani imprenditori; l’ammodernamento delle strutture ricettive e di ristorazione per renderle attrattive con l’offerta di servizi di qualità ed eccellenze agroalimentari a prezzi competitivi; la realizzazione e l'incentivazione della percorrenza di percorsi storicoculturali, nuova frontiera di un turismo vicino alla natura; il supporto agli esercizi commerciali e in generale ai servizi per la popolazione residente, non ultimo l'ampliamento e la riqualificazione dei servizi offerti dall’Ospedale Pacini di San Marcello. La popolazione locale da troppi anni attende segnali concreti dalle istituzioni per un rilancio del territorio e lo sviluppo di un turismo sostenibile slegandosi, per quanto possibile, dalla “monocultura” dello sci di pista, così da poter guardare con fiducia al futuro dei propri figli, che potranno beneficiare di una situazione di crescente attrattività della montagna e quindi mantenere le loro radici e contribuirne al presidio.

 

evidenziato che

 

  • il progetto di cui si parla non ha fatto altro che resuscitare un vecchissimo progetto, di cui si discuteva, già negli anni ‘60 del secolo scorso (1963), quando si propugnava, a tutti i costi, un modello di sviluppo energivoro ed invasivo, anche dei contesti naturali più fragili ed unici, e quando non esisteva nessuna consapevolezza dei cambiamenti climatici indotti dalle attività antropiche e che oggi sono un dato di fatto di cui ogni politica, in ogni settore, deve necessariamente tener conto;
  • se oggi può ancora esistere un “fattore di convenienza” nell’insistere in azioni e progetti di questo tipo, pur di mantenersi nel “modello turistico” attuale, i costi sono destinati ad aumentare e, in previsione, avrebbe maggior senso e lungimiranza predisporre interventi, che potremmo definire di diversificazione del rischio, miranti a modelli alternativi di sviluppo, che permettano di sfruttare caratteristiche non necessariamente invernali delle stesse località, destagionalizzando l’insieme delle attività turistiche.

 

Interpella la Giunta regionale e l’assessore competente

per sapere:

 

  1. se non ritenga, alla luce delle considerazioni sopra svolte, di ripensare i contenuti qualificanti di questo progetto, evitando l’ennesima battaglia di retroguardia, ormai priva di senso, mostrando così che l’adattamento ai cambiamenti climatici, insieme a modelli di sviluppo non impattanti e lungimiranti, non sono, per questa Regione, bandierine da sventolare nelle occasioni di circostanza, ma contenuti necessari e connaturati a ciascuna delle sue politiche ed in particolare se non ritenga utile predisporre utilizzi alternativi degli stessi fondi qualora uno o più dei progetti collegati non trovasse realizzazione;
  2. se non ritenga utile economicamente, prima di realizzare un progetto datato 1963, commissionare ad ARPAE uno studio che partendo dalla diminuzione delle precipitazioni, già verificata, stabilisca di quanto siano diminuite le precipitazioni nevose nel comprensorio bolognese, direttamente oggetto dell’intervento, ed in quello vicino del modenese;
  3. quali siano i principali impatti ambientali previsti dall’insieme dei progetti, di cui all’Accordo sopra citato, sia sul comprensorio del Corno alle Scale sia su quello adiacente, nel modenese, del Cimone.

 

 

Il Consigliere

(Giulia Gibertoni)

 

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