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Legislatura IX - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 4884
Presentato in data: 16/12/2013
"Divieto di allevamento di animali per la produzione di pellicce" (16 12 13).

Presentatori:

Meo, Mumolo, Paruolo, Sconciaforni, Defranceschi, Barbati, Manfredini, Malaguti, Piva, Monari e Naldi.

Relazione:

RELAZIONE

 

In un contesto nazionale e internazionale che vede l’affermarsi di una sempre maggiore coscienza di amore e di rispetto per gli animali e per i loro diritti, nonché dell’estensione del concetto di tutela per tutte le specie animali, appare certamente offensiva del sentimento collettivo qualunque pratica di maltrattamento e di uccisione di animali.

In questo quadro, l’attenzione si rivolge in primis all’attività di uccisione per appropriarsi della loro pelliccia, indubbiamente la più crudele e immotivata. La pelliccia non ha alcuna utilità, non è un prodotto funzionale a scaldare e riparare dal freddo, tanto è vero che oggigiorno è prevalentemente commercializzata sotto forma di guarnizioni a decorazione di capi di abbigliamento e accessori di ogni genere, dalle borse alle calzature.

Le pellicce animali provengono per l’85 per cento dalle « fabbriche allevamento » (veri e propri allevamenti intensivi) e per la restante percentuale dalle catture in natura (nei casi consentiti dalle legislazioni nazionali). Negli allevamenti, gli animali sono costretti a sopravvivere quasi immobilizzati, confinati in minuscole gabbie interamente costruite in rete metallica (anche nella pavimentazione su cui sono costretti a stare).

È noto che ogni animale, seppur nato in cattività, ha bisogno di soddisfare le proprie esigenze etologiche. Gli animali rinchiusi negli allevamenti per la produzione di pellicce manifestano comportamenti anormali come l’eccessiva paura, l’infanticidio, le autolesioni da morsicature, stereotipie comportamentali, come saltare per diverse ore senza tregua all’interno della gabbia, leccare, graffiare, mordere e scavare la gabbia, inseguire la propria coda in circolo.

In Italia, l’allevamento di animali per la produzione di pellicce non è mai stata un’attività di particolare rilevanza economica e negli ultimi quaranta anni ha registrato un continuo e inesorabile trend negativo: nel 1988 erano attivi 170 allevamenti con circa 500.000 animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 200.000 animali; nel 2013 sono 12 con una produzione di 100.000-150.000 animali. L’unica specie allevata in Italia è il visone. L’allevamento di volpi per la produzione di pellicce non è più praticato ormai dalla fine degli anni ottanta, mentre l’ultimo allevamento di cincillà ha cessato l’attività nel 2012.

In Emilia-Romagna tale attività economica risulta avere un ruolo ancora più marginale, con 5 allevamenti di visoni presenti in regione: uno a Noceto (Parma), uno a Carpi (Modena), uno a Jolanda di Savoia (Ferrara), uno a Ravenna e uno a Galeata (Forlì-Cesena).

Diversi Paesi hanno già vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce, direttamente o per il tramite di forti restrizioni che hanno poi portato alla naturale dismissione di questa attività; già dal 2000, la Gran Bretagna ha bandito gli allevamenti in quanto ritenuti crudeli; l’Olanda ha vietato l’allevamento delle volpi e dei cincillà (dal 1995) e più recentemente, il 18 dicembre 2012, ha approvato il divieto di allevamento di tutti gli animali per la principale finalità di utilizzare la loro pelliccia (divieto che sarà effettivo dal 2024); anche Austria (dal 2004), Danimarca (dal 2009 e limitatamente alle volpi, con bando vigente a partire dal 2024), Irlanda del nord e Scozia (2003), Croazia (dal 2007, con bando vigente a partire dal 2017) e Bosnia (dal 2009 con bando vigente a partire dal 2018) hanno vietato l’allevamento di qualsiasi specie di animali per la produzione di pellicce.

Svizzera, Svezia e Bulgaria hanno adottato forti restrizioni a tale attività, finalizzate a migliorare gli standard abitativi degli animali da pelliccia, così come già avvenuto in Germania dal 2011, con l’entrata in vigore di nuovi standard strutturali e gestionali che comportano sostanziali modifiche degli allevamenti di visoni, da completare entro il 2016 (come la disponibilità di vasche d’acqua di 3 metri quadrati e della libertà di accesso a più ampi bacini d’acqua).

È indubbio che l’Italia non può essere da meno, anche considerato il primato nell’ambito dell’Unione europea nell’approvazione della legge n. 189 del 2004, ove, all’articolo 2, è stato disposto il divieto di commercio di pellicce di cani e di gatti, con ben cinque anni di anticipo rispetto all’entrata in vigore del bando dell’Unione europea. Analogo primato si riscontra, peraltro, nella messa al bando dei prodotti derivanti dalla caccia commerciale delle foche.

In questo senso, si ricorda che l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha già approvato nella seduta del 17 luglio 2013 una risoluzione a sostegno delle proposte di legge depositate in Parlamento in materia di “divieto di allevare, catturare e uccidere animali per la produzione di pellicce”.

Alla base della presente proposta di legge regionale che mette al bando un’attività che riveste innegabilmente un potenziale economico, seppur come si diceva precedentemente di scarsa entità, vi è l’imprescindibile necessità, di attuare il principio per cui oggigiorno ogni attività economica deve fondarsi su fattori di sostenibilità, di rispetto dell’ambiente, di responsabilità sociale e, non per ultimo, di rispetto del benessere degli animali.

L’allevamento di animali per la produzione di pellicce non soddisfa alcuno di questi requisiti per le ragioni qui di seguito sintetizzate.

Per quanto concerne il benessere animale, già nel 2001 il Comitato scientifico per la salute e il benessere animale della Commissione europea ha elaborato uno specifico studio strutturato esclusivamente su valutazioni scientifiche relative ai problemi di benessere degli animali utilizzati per la produzione di pellicce, tralasciando le valutazioni etiche (http://ec.europa.eu/food/animal/welfare/international/out67–en.pdf).

In base alle evidenze osservate in allevamenti di visoni, volpi, cincillà, cane procione, nutrie e furetti, il Comitato scientifico concluse che i sistemi di allevamento in gabbia di questi animali (e in particolare di visoni e di volpi) sono gravemente lesivi del benessere animale.

Per quanto concerne il fattore inquinamento e consumo energetico, la letteratura scientifica (nazionale e internazionale) fornisce numerosi dati circa l’incompatibilità tra le fasi industriali di ottenimento e di lavorazione delle pellicce e il rispetto dell’ambiente.

La filiera dell’industria della pellicceria è causa di immissioni di inquinanti atmosferici, di eutrofizzazione delle acque, di consumo energetico e di impiego di sostanze tossiche e cancerogene come la formaldeide, il cromo e altre sostanze chimiche.

Al contrario, la produzione di pelliccia sintetica (generalmente composta dal 72 per cento di fibre acriliche e dal 28 per cento di cotone), o di abiti in cotone, acrilico, poliestere, ma anche lana, ha un impatto ambientale decisamente inferiore alla produzione di un analogo quantitativo di pelliccia animale.

In armonia con la legislazione nazionale in materia di divieto di maltrattamento degli animali e anche alla luce della facoltà di adottare disposizioni nazionali più severe di quelle previste dalla direttiva 98/58/CE, in materia di protezione degli animali negli allevamenti, la presente proposta di legge regionale ha dunque l’obiettivo di delineare un processo di dismissione dell’attività di allevamento di animali finalizzata alla produzione di pellicce in Emilia-Romagna.

 

Descrizione dell’articolato della proposta di legge

 

L’articolo 1 , indica le finalità della legge che si sostanziano nel divieto dell’allevamento degli animali da pelliccia in quanto pratica cruenta.

L’articolo 2 , definisce cosa s’intende per la dicitura “pellicce” e “allevamento di animali da pelliccia”, esplicita quali sono gli “animali da pelliccia”.

L’articolo 3 , introduce il divieto di allevamento, detenzione ed uccisione degli animali da pelliccia.

L’articolo 4 , determina i modi ed i tempi per la progettazione della dismissione degli allevamenti presenti sul territorio regionale che deve garantire il benessere degli animali presenti in tali strutture. Determina, inoltre, l’entrata in vigore del divieto di avvio di nuove attività di allevamento.

L’articolo 5, sancisce le sanzioni per le violazioni dei divieti prescritti dalla presente Legge e indica i soggetti accertatori delle infrazioni ed il soggetto gestore delle sanzioni.

L’articolo 6 , determina l’entrata in vigore e l’applicabilità della presente Legge.

 

 

 

 

 


 

Testo:

 

Progetto di Legge Regionale

Divieto di allevamento di animali per la produzione di pellicce

 

 


Articolo 1

Finalità

 

1.     La Regione in armonia con i principi e le finalità dello Statuto regionale, promuove e orienta lo sviluppo di attività economiche di utilità sociale ed i consumi alternativi a quelli che vertono sull’utilizzo di esseri senzienti in qualità di mezzi e risorse;

2.     La Regione Emilia-Romagna vieta la pratica dell’allevamento di animali allo scopo di utilizzare la loro pelliccia.

 

 

Articolo 2

Definizioni

 

1.     Ai fini della presente legge, si intende per:

 

a) Meo, Mumolo, Paruolo, Sconciaforni, Defranceschi, Barbati, Manfredini, Malaguti, Piva, Monari e Naldi: )“Pelliccia”: una o più spoglie di animali sottoposte ad un trattamento di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, o articoli con esse fabbricati.

 

b) “Animale da pelliccia”: ”:  Cane procione (Nyctereutes procyonoides), Castorino (detto Nutria – Myocastor coypus), Castoro (Castor canadensis), Cincillà (Chinchilla laniger), Coniglio (detto Lapin – Oryctolagus cuniculus), Donnola (Mustela nivalis), Ermellino (Mustela erminea), Karakul (detto Astrakhan o Agnello Persiano – Ovis aries platyura), Marmotta (Marmota marmota), Martora (Martes martes), Moffetta (o Skunk), Ondatra (detto Topo Muschiato – Ondatra zybethica), Opossum (Didelphis marsupialis), Procione (Procyon lotor), Puzzola (Mustela putorius), Scoiattolo (Sciurus carolinensis), Visone (Neovison vison), Volpe (Vulpes vulpes), Volpe Artica (Alopex lagopus), Zibellino (Martes zibellina).

 

c) “Allevamento di animali da pelliccia”: qualsiasi attività, professionale, amatoriale, individuale e collettiva, volta alla produzione di animali con la finalità di utilizzarne la pelle o pelliccia o per la riproduzione degli stessi per il medesimo fine.

 

 

Articolo 3

Divieti

 

1.     Sono vietati l’allevamento, la detenzione e l’uccisione di animali da pelliccia di cui all’articolo 2, ovvero di animali appartenenti a qualsiasi altra specie, per la finalità di ottenere pelle o pellicce.

 

 

Articolo 4

Regime transitorio

 

1.     Chiunque, all’entrata in vigore del divieto di cui all’articolo 3, detenga a qualunque titolo uno o più  animali per la finalità di produrre pelli o pellicce, ha l’obbligo di avviare un programma di dismissione degli animali detenuti comunicandolo in forma scritta al Comune nel cui territorio sorge l’allevamento entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

2.     La dismissione dell’allevamento, o comunque l’alienazione degli animali detenuti purché ciò non ne comporti la soppressione, deve avvenire entro il 31 marzo dell’anno successivo all’applicazione della presente Legge.

3.     A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge è vietato avviare nuove attività di cui all’articolo 2 comma 1 lettera c).

4.     Gli animali presenti negli allevamenti in fase di dismissione, possono essere ceduti ad associazioni  o  enti individuate con Decreto di cui all’articolo 3 della legge 20 luglio 2004, n.189.

5.     Gli animali di cui al comma 1 possono essere reintrodotti in ambienti naturali nell’ambito di progetti concordati con la Regione, anche a seguito della proposta di associazioni o enti di cui al comma 4.

6.     Nell’ambito delle attività connesse all’applicazione della presente legge, restano salvi gli obblighi per i proprietari, detentori e custodi di cui all’articolo 2 del Decreto Legislativo 146/01.

 

 

Articolo 5

Sanzioni

 

1.     Salvo che il fatto non costituisca reato, la violazione dell’articolo 3 comporta la sanzione da euro 1.000 a euro 5.000 per ciascun animale, oltre alla sanzione amministrativa  accessoria  della sospensione della licenza di allevamento per  un  periodo  da  tre mesi ad un anno e, in caso di reiterazione della  violazione,  la  sanzione amministrativa accessoria del ritiro della stessa.

2.     Salvo che il fatto non costituisca reato, la violazione dell’articolo 4 commi 1 e 2 comporta la sanzione da euro 10.000 a euro 25.000 oltre alla sanzione amministrativa  accessoria  della sospensione della licenza di allevamento per  un  periodo  da  tre mesi ad un anno e, in caso di reiterazione della  violazione,  la  sanzione amministrativa accessoria del ritiro della stessa.

3.     Le somme riscosse sono introitate dai Comuni, e sono destinate all’applicazione della presente legge, ivi compresa la gestione degli animali in fase di dismissione mediante appositi programmi.

4.     Le attività di accertamento delle infrazioni previste dalla presente legge competono alle ASL, ai Comuni, alle guardie zoofile volontarie ai sensi dell’art 6  legge 189 del 2004 ed alle forze dell’ordine.

 

 

Articolo 6

Entrata in vigore e applicabilità

 

1.     La presente legge entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale Regionale.

2.     Il divieto di cui all’articolo 3 si applica a decorrere dal 31 Dicembre dell’anno di approvazione della presente Legge.

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