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Legislatura X - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 3343
Presentato in data: 07/10/2016
Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'art. 121, comma 2 della Costituzione, recante: "Modifica del D.L. 30/10/1995, n. 451 "Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze Armate in attività di controllo della frontiera marittima nella Regione Puglia". Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 ottobre 1995, n. 255 e convertito in legge con l'art. 1 comma 1, L. 29 dicembre 1995, n. 563." (07 10 16) A firma del Consigliere: Foti

Presentatori:

Foti

Relazione:

RELAZIONE

 

L’Italia, a partire dall’unificazione del 1861, è stato un Paese di forte emigrazione, tant'è che si calcola che siano circa 28 milioni gli italiani che - nel tempo - hanno preso la via dell'esodo, diretti in diversi Paesi di tutti i continenti. E' solo verso la fine del 1979 che il numero dei rimpatri ha cominciato a prevalere su quello degli espatri.

Nei fatti, ad oggi vivono all’estero circa 4 milioni di cittadini italiani, mentre si stima che la comunità italiana allargata (inclusi cioè i figli che hanno ormai la cittadinanza del luogo in cui vivono, i nipoti e i pronipoti) sia di oltre 60 milioni di persone.

E' invece, all'incirca, nel 1970 che il fenomeno dell’immigrazione comincia ad evidenziarsi in Italia (i cittadini stranieri sono meno di 300.000 unità, per un terzo comunitari), mentre, alla fine degli anni ’80, il numero degli stranieri cresce a circa 500.000 unità (i comunitari rappresentano un quarto del totale).

E proprio a partire dalla metà degli anni ‘80 che l’Italia viene considerata uno sbocco per i flussi di extracomunitari in partenza dai paesi del terzo Mondo, soprattutto dopo che altri Paesi dell'Europa hanno varato leggi particolarmente restrittive.

Ne è la riprova il fatto che, fino al 1986, si applicano all'immigrazione le norme di cui al Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Titolo V - DEGLI STRANIERI - Capo I. Del soggiorno degli stranieri nel Regno. Articoli dal 142 al 152) e molti aspetti riguardanti il soggiorno e il collocamento sono soggetti a discrezionalità amministrativa e regolati con circolari ministeriali. E ciò nonostante la sentenza n. 46 del 20 gennaio 1977 con la quale la Corte Costituzionale “ritiene...di dover affermare che la materia in esame, per la delicatezza degli interessi che coinvolge, merita un riordinamento da parte del legislatore che tenga conto dell’esigenza di consacrare in compiute e organiche norme le modalità e le garanzie di esercizio delle fondamentali libertà umane collegate con l’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia”.

Per meglio comprendere le ragioni che portarono il legislatore ad approvare solo nel 1986 una legge sulla materia che qui interessa, occorre ricordare due episodi, tra gli altri, che provocarono particolare emozione nell'opinione pubblica:

- il 13 maggio 1981, a Roma, un giovane turco (Alì Agca) in Piazza San Pietro spara due colpi di pistola contro Papa Giovanni Paolo II, ferendo gravemente lui e altre due donne;

- il 27 dicembre 1985, quasi contemporaneamente, negli aeroporti di Roma e Vienna attentati condotti da gruppi terroristici palestinesi causano svariati morti e feriti.

E' il 30 dicembre 1986 quando viene approvata la legge n. 943, recante “Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”. Detta legge mira a definire le norme per i lavoratori extracomunitari e le loro famiglie, facendo riferimento unicamente al lavoro subordinato, senza nessun accenno al lavoro autonomo. Si precisano inoltre le condizioni per l'espulsione e le sanzioni per i datori di lavoro che non denunciano l'assunzione di lavoratori extracomunitari. La legge n. 943/1986 dispone anche la prima “regolarizzazione” legislativa (in precedenza, a beneficio di alcune migliaia di lavoratrici domestiche, era stata emanata dal Ministro del lavoro la circolare 9 settembre 1982) a beneficio degli immigrati inseritisi irregolarmente nel mercato di lavoro, che, nel volgere di circa un biennio, consente la "emersione" di circa 120.000 lavoratori.

Sulle ali di un luttuoso episodio verificatosi in Campania (campagne di Villa Literno) ove nella notte del 24 agosto 1989 viene ucciso il sudafricano Jerry Essan Masslo per essersi rifiutato di consegnare i pochi sudati risparmi, si diffonde in Italia l'idea dell'affermazione imminente di un razzismo strisciante al quale occorre porre argine. Il 7 ottobre 1989, si tiene a Roma una manifestazione nazionale contro il razzismo e sfilano in corteo più di 100 mila persone, tra le quali molti immigrati.

Sul piano politico - parlamentare sono maturi, almeno per quanto riguarda i partiti rappresentati nel Governo, i tempi per una nuova legge in materia d'immigrazione.

Il 30 dicembre 1989, viene emanato il decreto legge n. 416, il cui cammino parlamentare non è - tuttavia - esente da difficoltà per l'opposizione portata avanti in modo durissimo dal Movimento Sociale Italiano (la Lega Lombarda vanta allora un solo senatore). Tuttavia, anche all'interno della maggioranza di Governo si manifestano problemi, soprattutto per il dissenso espresso dal Partito Repubblicano che, in sede di conversione in legge, ottiene l'introduzione di alcune significative norme (regime dei visti di ingresso, necessità del permesso di soggiorno anche in caso di turismo, apposizione della data d’ingresso sul passaporto, riduzione del termine per la regolarizzazione del lavoro autonomo, potenziamento della polizia di frontiera).

La legge 28 Febbraio 1990, n. 39 - altrimenti e comunemente detta "legge Martelli"- di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, reca dunque "norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Disposizioni in materia di asilo”.

Con la detta legge, l'Italia accetta ufficialmente la presenza stabile di stranieri che vivono e lavorano sul territorio nazionale e vengono riconosciuti agli stranieri diritti non più legati solo al lavoro ma, più in generale, alla persona. Per quanto riguarda la regolarizzazione della presenza degli stranieri sul territorio nazionale, la legge vara una sanatoria generalizzata, anche a prescindere dal rapporto di lavoro, a beneficio di quanti sono in grado di dimostrare di essere entrati in Italia entro il 31.12.1989 (Al riguardo i beneficiati sarebbero circa 220.000, ma c'è anche chi sostenne che il quel numero andava moltiplicato per dieci).

E' il 7 marzo del 1991 quando l'Italia è presa d'assalto da migliaia di persone in fuga dall'Albania, Quel giorno arrivano nel porto di Brindisi, a bordo di navi mercantili e di imbarcazioni di ogni tipo, circa 27.000 albanesi che fuggono dalla crisi economica e dalla dittatura comunista. Un vero e proprio esodo biblico, il primo verso l'Italia, approdo naturale - per quelli che vengono chiamati i "boat people" - a "una terra promessa".

Se è vero che nel marzo di 25 anni fa i pugliesi reagirono con grande umanità ad un evento che metteva a dura prova istituzioni, forze dell'ordine e molti volontari, altrettanto vero è che l'Italia non era pronta ad accogliere un flusso migratorio così ampio. Mancano, infatti, le strutture dove ospitare i profughi: scuole, parrocchie, centri sociali si trasformano in improvvisati punti d'accoglienza.

Passano alcuni mesi e, in piena estate, segnatamente l'8 agosto 1991, attracca nel porto di Bari il mercantile partito da Durazzo con ventimila clandestini a bordo: è il secondo grande sbarco in Puglia. Gli albanesi vengono trasferiti dalla banchina del porto allo stadio della Vittoria. Quel giorno lascia impresso nella memoria collettiva le immagini della nave "Vlora" con a bordo migliaia e migliaia di persone. La nave dei profughi, prima respinta a Brindisi e dirottata a nord verso Monopoli, viene poi agganciata da rimorchiatori e ormeggiata nel porto del capoluogo pugliese.

A fronte di una tale situazione, in deroga alle norme della "Legge Martelli", il governo italiano accorda ai migranti un permesso di soggiorno straordinario per la durata di un anno, nel corso del quale gli albanesi devono frequentare dei corsi di formazione, trovare un lavoro e una casa, dimostrando così di non essere un peso per lo Stato Italiano. Contemporaneamente in una Conferenza tra Stato e Regioni viene raggiunta l'intesa per la ripartizione degli stessi profughi in diverse regioni al fine di un loro più facile inserimento nel tessuto socio-economico del territorio di accoglienza.

Si apre quindi la stagione delle "operazioni speciali" per contrastare il fenomeno dell'esodo dalle coste albanesi: vuoi attraverso una politica di aiuti in loco, vuoi attraverso una più efficace azione di vigilanza lungo le nostre coste: per la prima volta dal dopoguerra reparti delle Forze Armate vengono impegnati in attività di pattugliamento sulle coste salentine per impedire i massicci sbarchi di clandestini che fuggono dall'Albania, dall'ex Jugoslavia e - addirittura - dalla Turchia e dal Pakistan.

In questo contesto il Parlamento, dopo alcune reiterazioni di precedenti decreti legge decaduti a seguito della mancata conversione in legge, il Parlamento approva la legge 29 dicembre 1995, n. 563, di conversione del decreto legge 30 Ottobre 1995, n. 451.

Se è vero che gran parte della discussione parlamentare si concentra sui risultati conseguenti l’impiego del personale delle Forze armate nei servizi di controllo lungo le coste e sulla efficacia degli stessi (pur essendo evidente a tutti che detto impiego ha ridotto sensibilmente il numero e la frequenza degli sbarchi di clandestini), ciò che rileva - ai fini del presente progetto di legge, - e' l'articolo 2 che prevede l'istituzione di un apposito capitolo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno, sia per fronteggiare interventi d'emergenza nei confronti di gruppi di immigrati privi di ogni mezzo di sostentamento, in attesa del loro rimpatrio, sia per la costituzione di tre centri di prima assistenza dislocati lungo la frontiera marittima della regione Puglia, sentita l'Amministrazione regionale.

Non solo, ma il comma 2 del detto articolo reca una disposizione con la quale si estendono a tutto il territorio nazionale gli interventi assistenziali (di cui al comma 1) a favore degli immigrati privi di mezzi di sostentamento, con le stesse modalità e nel limite dei fondi disponibili. Pur risultando infatti la frontiera salentina quella attualmente più esposta, non possono ignorarsi le concrete esigenze di assistenza agli immigrati clandestini in attesa di identificazione o espulsione in altre aree del territorio nazionale. A tale riguardo occorre evidenziare la situazione nelle isole del canale di Sicilia (Pantelleria e Lampedusa), ove sbarcano clandestini, principalmente maghrebini, provenienti dalla Tunisia, quella sulla costa sud-orientale della Sicilia (provincia di Ragusa) ove da Malta vengono - con mezzi veloci - trasferiti clandestini provenienti dal Sud-est asiatico, e, infine, la situazione della fascia costiera di Reggio Calabria ove, parimenti, vengono fatti sbarcare clandestini provenienti - principalmente - dall'India, dal Pakistan, dallo Sri Lanka e dal Bangladesh.

Infine, detto articolo 2 prevede, al comma 3, che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, siano determinati i criteri e le modalità di utilizzazione dei fondi per l'attuazione degli accennati interventi straordinari a favore degli immigrati.

E' qui - da questa legge - che trae origine quel flusso vertiginoso di danaro che in vent'anni ha trasformato, così come poco commendevoli vicende giudiziarie confermano, l'assistenza agli immigrati in un vero e proprio business.

Non c'è stata legge successiva - né la Turco-Napolitano, né la Bossi-Fini, né le modifiche alle stesse introdotte a seconda delle maggioranze di governo succedutesi - che ha posto mano, quanto meno, ad una più stringente normativa, volta ad evitare che del drammatico scenario dell'immigrazione clandestina si facesse occasione di lucro e di affari da parte di veri e propri sciacalli.

D'altra parte è evidente che dovendosi affrontare sempre e comunque delle emergenze più al risultato immediato si mira (dare ai clandestini un rifugio) piuttosto che verificare come vengono spesi i soldi pubblici, che poi sono quelli dei cittadini.

Nel 2011, anno in cui il numero dei cosiddetti sbarchi definito “eccezionale”, in ragione di eventi che toccano da vicino l'Italia - la rivoluzione in Tunisia prima, la guerra in Libia poi - gli arrivi di clandestini superano le 63.000 unità. Viene decretata la cosiddetta "emergenza Nordafrica" e approntato un sistema d’accoglienza straordinario, in cui accanto a quello “ordinario” si dà mandato alle prefetture di identificare palestre, alberghi, palasport e luoghi di vario genere da adibire a strutture per ospitare i clandestini arrivati via mare.

In tutta la penisola si afferma un sistema diffuso di centri d'accoglienza - gestito da cooperative, associazioni, soggetti vari già operanti nel terzo settore oppure del tutto improvvisati - che si prende cura dei clandestini dietro il pagamento di una retta media di 45 euro al giorno per ospite. L’emergenza è chiusa per decreto il 28 febbraio 2013 dal ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri: i clandestini che sono ospitati nelle strutture d'accoglienza sono invitati a lasciarle e viene loro assegnata una " buonuscita" di 500 euro.

Passano gli anni dall’inizio della “emergenza Nordafrica” ed oggi siamo al punto di partenza. Nell’ultimo anno - complici la crudeltà che caratterizza la guerra in Siria e la situazione drammatica che affligge la Libia - i flussi migratori continuano inesorabili e i clandestini si disperdono un po' ovunque, anche per l'Europa, vuoi forse per l'applicazione permissiva, da parte del governo italiano, dell’obbligo di identificarli mediante le impronte digitali.

Nulla in fine dei conti è cambiato: alle prefetture viene di continuo richiesto di individuare luoghi temporanei dove ospitare i clandestini e, quindi, di nuovo scatta la ricerca di alberghi, palestre, palazzetti dello sport e altre strutture, per altro palesemente inadeguate. E, intanto, i soldi girano vorticosamente e l'immigrazione clandestina continua ad essere - non certamente per coloro che meritoriamente s'impegnano in un volontariato non assistito, né retribuito - un'occasione per molti di facili, quando non illeciti, guadagni.

Ciò nonostante non pare che il legislatore, pur in presenza - come detto - di vicende criminali già accertate, si sia fatto carico d'intervenire al riguardo. Anzi, è sintomatico il fatto che anche nel Decreto Legislativo 18 agosto 2015 n. 142, recante "Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.", si rimandi in più occasioni alla lettera della legge 29 dicembre 1995, n. 563. E' così all'articolo 8, comma 2 ("Le funzioni di soccorso e prima assistenza, nonché di identificazione continuano ad essere svolte nelle strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563."), all'articolo 9, comma 3 ("Le strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'interno, alle finalità di cui al presente articolo. I centri di accoglienza per richiedenti asilo già istituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono le funzioni di cui al presente articolo."), all'articolo 11, comma 2 ("Le strutture di cui al comma 1 soddisfano le esigenze essenziali di accoglienza nel rispetto dei principi di cui all'articolo 10, comma 1, e sono individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. E' consentito, nei casi di estrema urgenza, il ricorso alle procedure di affidamento diretto ai sensi del decreto- legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle relative norme di attuazione.")!!!

Come chiaramente risulta dalla lettura del comma 3, dell'articolo 2, la regolamentazione dei criteri e delle modalità di utilizzo e di erogazione dei fondi per l’attuazione degli interventi straordinari di cui al comma 1 del D.L. 30/10/1995, n. 451, convertito in legge con l’art. 1 comma 1, L.29 dicembre 1995, n.563, è rimandata all'adozione di un successivo decreto del Ministero dell'Interno.

 

Il decreto del Ministero dell’Interno 2 gennaio 1996, n. 233, emanato - dunque - al riguardo:

  • regolamenta l’attuazione e la tipologia di interventi straordinari a carattere assistenziale, alloggiativo ed igienico-sanitario per i gruppi di stranieri giunti o comunque presenti sul territorio nazionale in condizione di non regolarità;
  • prevede che l’attivazione e la gestione dei centri di accoglienza siano disposte dalle prefetture interessate e realizzate dagli enti locali, appositamente individuati, che dovranno provvedervi anche avvalendosi di enti pubblici o privati, associazione di volontariato e cooperative di solidarietà sociale;
  • comprende nelle spese relative alla realizzazione dei suddetti interventi straordinari anche quelle per l'allestimento, riadattamento, manutenzione e trasporto di strutture destinate alla temporanea accoglienza degli stranieri, nonché oneri per vitto, vestiario, trasporti, spese igieniche, sanitarie e funerarie;
  • autorizza aperture di credito di risorse pubbliche a favore dei prefetti delle province interessate ed autorizza le Prefetture anche a rimborsi diretti a favore dei soggetti pubblici e privati, coinvolti nell’attuazione degli interventi di accoglienza degli stranieri;
  • dispone (articolo 4, comma 3), in relazione alla rendicontazione degli enti locali che: "ai fini della rendicontazione delle somme liquidate gli enti locali sono tenuti a trasmettere alle prefetture competenti, entro sessanta giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario o del completamento dell’intervento, una dettagliata relazione sulle attività svolte e sulle spese sostenute".

Il D.M. del Ministero dell'Interno 2 gennaio 1996, n. 233, per i soggetti privati, non prevede alcun tipo di rendicontazione della spesa effettivamente sostenuta. Inoltre, ai fini della rendicontazione, nelle intese delle prefetture, si richiama quale unico documento necessario per la liquidazione del corrispettivo quello contabile, integrato dal prospetto riepilogativo delle presenze riferite al periodo di fatturazione.

Se si considera che:

a)      il sistema di accoglienza in Italia ospita 107.387 clandestini (Ministero dell'Interno, dati aggiornati al 29 febbraio 2016), con un aumento esponenziale rispetto agli anni precedenti;

b)      le spese a carico dello Stato per gli interventi di accoglienza ai clandestini sono stati pari a 628 milioni di euro (2014) e a 800 milioni di euro (2015);

c)      la rete di accoglienza in Italia (dati aggiornati al 2015) si compone di:

d)      14 centri di accoglienza (CPsa, Cda, Cara)

e)      5 centri di identificazione ed espulsione (Cie)

f)        1.861 strutture temporanee;

g)      430 progetti del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)

Appare, quindi, necessario ed urgente modificare la normativa vigente, tramite l’introduzione di un nuovo comma al termine dell’articolo 2 del D.L. 30.10.1995, n. 451, convertito dalla L.29 dicembre 1995, n.563, con il quale si provvede a disporre l’introduzione di un rendiconto puntuale e dettagliato delle spese effettuate (sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati) e disponendo, altresì, che il conseguente rimborso avvenga sulla base della spesa effettivamente sostenuta dagli operatori e non in ragione di un rimborso forfettario pro-capite e pro-die, legato alla sola presenza dei clandestini nelle strutture allestite per l’accoglienza, come si verifica ancora oggi nelle convenzioni stipulate tra Prefetture e soggetti operanti.

Il presente progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'articolo 121, comma 2, della Costituzione, fuori e contro ogni strumentalizzazione per ogni partito preso, ha solo il fine di efficacemente contrastare il tentativo, in essere e - in buona parte - di certo riuscito, di trasformare l'immigrazione in un business.

Per le suesposte ragioni si chiede un'approvazione urgente della norma qui proposta.

 

 


 

Testo:

 

Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'articolo 121, comma 2 della Costituzione, recante: "Modifica del D.L. 30/10/1995, n. 451 “Disposizioni urgenti per l’ulteriore impiego del personale delle Forza armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia. Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 ottobre 1995, n.255 e convertito in legge con l’art. 1 comma 1, L.29 dicembre 1995, n.563"

 


Articolo 1

(Modifica dell'articolo 2 del D.L. 30.10.1995, n. 451

convertito dalla L.29 dicembre 1995, n.563)

 

All’articolo 2 del D.L. 30/10/1995, n.451, convertito dalla L.29 dicembre 1995, n.563, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente comma:

 

“4. In relazione ai fondi di cui al comma 3, sia che gli interventi straordinari siano attuati da soggetti pubblici che da soggetti privati, deve essere redatto e trasmesso alle Prefetture competenti, entro sessanta giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario o dal completamento dell’intervento, il rendiconto delle spese sostenute cui devono essere allegate le relative fatture quietanzate che comprovino l’effettivo acquisto di beni e/o servizi.”

 

 

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