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152.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 3 OTTOBRE 2017

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDI DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 5166

Comunicazione del Presidente della Giunta sul "Documento di indirizzi della Giunta regionale per l'avvio del percorso finalizzato all'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione"

(Continuazione discussione)

 

OGGETTO 5321

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.

(Continuazione discussione e approvazione)

(Risoluzioni oggetti 5336 - 5147 - 5359 - 5360 - Continuazione discussione e reiezione)

(Risoluzione oggetto 5361 - Ritiro)

PRESIDENTE (Rainieri)

BOSCHINI (PD)

RANCAN (LN)

PRODI (Gruppo Misto)

MONTALTI (PD)

PRUCCOLI (PD)

GIBERTONI (M5S)

BIGNAMI (FI)

MARCHETTI Daniele (LN)

POMPIGNOLI (LN)

SASSI (M5S)

SABATTINI (PD)

CALVANO (PD)

SENSOLI (M5S)

FOTI (FdI)

PRESIDENTE (Saliera)

PETITTI, assessore

BONACCINI, presidente della Giunta

SENSOLI (M5S)

PRESIDENTE (Rainieri)

FABBRI (LN)

CALIANDRO (PD)

ALLEVA (Altra ER)

TARUFFI (SI)

 

OGGETTO 5062

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifiche alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 Statuto della Regione Emilia-Romagna". A firma dei Consiglieri: Fabbri, Bargi, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

TESTO BASE

(Relazione della Commissione, discussione e reiezione)

 

OGGETTO 5071

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 'Statuto della Regione Emilia-Romagna' attribuzione d'iniziativa per referendum consultivo all'Assemblea legislativa". A firma dei Consiglieri: Bertani, Gibertoni, Piccinini, Sassi, Sensoli

(Ordine del giorno oggetto 5062-5071/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

PRESIDENTE (Rainieri)

FABBRI, relatore della Commissione

POMPIGNOLI (LN)

BERTANI (M5S)

BIGNAMI (FI)

MARCHETTI Daniele (LN)

BERTANI (M5S)

MOLINARI (PD)

PRESIDENTE (Rainieri)

 

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 5062-5071/1

Emendamenti oggetti 5321 - 5062-5071

Ordine del giorno “Non passaggio all’esame degli articoli” oggetto 5062-5071/1

Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,15

 

PRESIDENTE (Rainieri): Dichiaro aperta la centocinquantaduesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Sono assenti i consiglieri Francesca Marchetti, Mori, Soncini e gli assessori Gualmini e Mezzetti.

 

OGGETTO 5166

Comunicazione del Presidente della Giunta sul "Documento di indirizzi della Giunta regionale per l'avvio del percorso finalizzato all'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione"

(Continuazione discussione)

 

OGGETTO 5321

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.

(Continuazione discussione e approvazione)

(Risoluzioni oggetti 5336 - 5147 - 5359 - 5360 - Continuazione discussione e reiezione)

(Risoluzione oggetto 5361 - Ritiro)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo i lavori dalla discussione generale degli oggetti abbinati, ricordando che si erano iscritti a parlare i consiglieri Boschini, Rancan, Bignami, Prodi, Montalti e Pruccoli.

La parola al consigliere Boschini. Prego.

 

BOSCHINI: Grazie, presidente.

Io avevo delle cose da dire ai colleghi della Lega, soprattutto lo dirò al collega della Lega, che poi si farà portavoce.

 

PRESIDENTE (Rainieri): È più che degnamente rappresentata la Lega in Aula.

 

BOSCHINI: Lei come presidente è extra territoriale, in questo momento.

Io la vedo così. Io penso che questo tema, che anche oggi ci è stato sbandierato, dell’autonomia che arriva all’indipendenza, ma adesso cerchiamo di capire perché c’è tanta ambiguità, sia utilizzato dalla Lega con una lucidità che sfiora il cinismo.

C’è un bisogno reale, fra la gente, di trovare sicurezza e risposte nelle proprie comunità locali, e da qui capisco il fatto di dire: siamo favorevoli al referendum per separare l’Emilia dalla Romagna. Posso capirlo, perché c’è un bisogno reale di sentirsi sicuri fra le mura di una comunità ristretta. C’è uno Stato centrale, che a volte è percepito lontano, burocratico.

Certo, mi verrebbe da dire, ad essere conseguenti, che bisognerebbe poi appoggiare le stagioni in cui si cerca di riformare questo Stato centrale, e questo la Lega spesso non lo fa. Ma le incongruenze che vorrei mettere in evidenza sono soprattutto riferite al fatto che a mio parere il cuore dei miei colleghi leghisti non batte realmente per le bandiere che hanno sventolato oggi.

Faccio fatica a crederlo, mi assumo la responsabilità di quello che dico, ma io non credo che il cuore batta realmente, romanticamente, per la bandiera dell’Emilia. Io penso che ci sia grande costruzione, anche in Catalogna. Quindici anni fa nessuno parlava di autonomia. Poi la cosa è stata costruita a forza di felpe, di bandiere, di cartelli bilinguistici, eccetera. È stata costruita, e con grande attenzione, perché evidentemente c’è anche un interesse a lucrare su questo tipo di paura e di difficoltà che, ribadisco, esiste nelle nostre comunità, ma che viene con grande lucidità, quasi con cinismo – anche oggi lo abbiamo visto – utilizzato e sbandierato, a mio avviso, per lucrare consenso.

Quando mi viene detto che si potrebbe essere favorevoli, che si è favorevoli – perché il collega Pompignoli ha detto di essere favorevole a fare un referendum per staccare l’Emilia dalla Romagna –,   allora ci vuole anche la consequenzialità di dire che si è favorevoli all’esistenza di due Consigli regionali, con raddoppiamento delle poltrone, degli assessori, dei costi di rappresentanza, e probabilmente anche, con un aumento significativo dei costi amministrativi e burocratici. Altrimenti si stanno facendo delle operazioni che parlano al cuore, ma che nascondono poi i veri problemi.

Sono operazioni machiavelliche. Per questo dico che non credo fino in fondo alla buona fede dei colleghi che oggi hanno sbandierato la loro identità emiliana, distinta da quella romagnola. L’ha detto anche il Capogruppo della Lega. Intervenendo, a un certo punto, ha sentito il dovere quasi di giustificarsi. Ha detto: “ci dispiace di avere fatto questa cosa” –  c’è nella sbobinatura – “ci dispiace”. Ma allora, se vi dispiace, perché l’avete fatto? Ci credete o no a quello che andate dicendo in quest’Aula, che è un’Aula ufficiale, di impegni, di fronte ai cittadini, che volete una Romagna divisa dall’Emilia? Tanto da sbandierare una bandiera e l’altra separatamente? Io ve lo chiedo: ci credete, o no? E se ci credete, andate davanti ai cittadini a spiegare che volete due Consigli regionali.

Io penso che invece stiate cercando sostanzialmente di farvi vedere, quindi come dicevo prima, di lucrare in qualche modo consenso, attorno al bisogno reale che c’è della gente di avere, forse anche una diversa copertura all’interno di una comunità locale più coesa.

Io sarei anche disponibile a seguirvi, in alcuni di questi ragionamenti, perché a me, una certa cultura del localismo, dell’autonomia locale, non sta affatto aliena. Però ci vorrei una visione, non ci vorrei questo sfruttare, di volta in volta, l’argomento che capita. Per me una visione è questa, la semplifico: c’è la globalizzazione, quindi le navi degli Stati nazione, mononazionali fanno fatica, perché si è passati da un mare chiuso ad un mare aperto, che è la globalizzazione. La risposta qual è? Che siccome la nave dello Stato nazionale fa fatica, scendiamo tutti dentro alle scialuppe di salvataggio, alle barchette dei regionalismi: è questa la soluzione? Io posso anche capirlo, ma lo capisco se dalla nave dello Stato nazione quelle scialuppe le attacchiamo a un transatlantico, ad una nave più grande.

Per uscir di metafora, se voi mi dite che siete per un’Europa statuale, vera io vi vengo anche dietro sull’Europa delle Regioni, ma per definizione voi su questo siete in contraddizione, perché non volete né l’Europa, e nemmeno volete lo Stato nazionale fino in fondo, e lavorate per un regionalismo che nel mare in tempesta della globalizzazione ci lascerebbe ciascuno su delle scialuppe. Poi qualcuno si può consolare dicendo: la mia scialuppa è bellissima, va benissimo rispetto a quella della Calabria, ma è una scialuppa lo stesso, subirebbe il mare. Io allora lo dico: non capisco, quando di volta in volta vi vedo flirtare con la Le Pen, con la Brexit, con quello che avviene in Catalogna, con questi movimenti che a volte sono addirittura nazionalisti, perché la Le Pen a livello francese è nazionalista, non è regionalista, in generale, coi movimenti “no euro”, quindi, alla fine, la somma di queste cose è o una grande incongruenza, o un’assenza di visione. Ecco perché io dico che vedo tanta strumentalità nelle vostre opposizioni. State abilmente, vi va riconosciuto, cavalcando le paure e i bisogni della gente di ritrovarsi sicura in piccole comunità, ma non le state mettendo all’interno di una visione che possa tenere, e questa per me è una posizione pericolosa.

Quanto ai referendum lombardi e veneti, oggi abbiamo sentito discutere molto perché la proposta che fa l’Emilia-Romagna sarebbe indeterminata, non sufficientemente chiara, l’hanno detto anche i colleghi 5 Stelle. Ma vivaddio, i referendum lombardo e veneto, in cui si dà un sì o un no sul nulla, cioè, genericamente su una volontà di adire l’articolo 16, in che senso hanno una definizione? Non hanno merito.

Questa cosa, così cominciamo anche a chiarirci su alcuni princìpi, non si chiama democrazia, non si chiama neanche democrazia diretta. Se io consulto i cittadini, infatti, lo devo fare su delle domande precise, chiare. Questa cosa ha un nome e si chiama plebiscito, lo trovate definito in qualsiasi manuale di scienze politiche. Plebiscitarismo vuol dire chiedere un generico consenso per farne ciò che si vuole. È uno degli argomenti – ecco le contraddizioni della Lega come vengono a galla – che la Lega ha sempre usato contro l’unità d’Italia, dicendo che è stata fatta a colpi di plebisciti, ed è pure vero, potrei anche seguirvi in questo ragionamento, e a colpi di plebisciti, con lo stesso identico strumento che avete sempre condannato, voi volete adesso smontare l’Unità d’Italia, cioè, chiedendo dei sì o dei no semplicemente su un’idea vaga, che è quella dello star meglio a casa propria, non su un’idea precisa di una visione, come dicevo prima, per esempio, di un’Europa delle Regioni, di un modo di affrontare la globalizzazione, o come io penso, tutto sommato è la nostra proposta, che forse non sarà dettagliata al millesimo, ma si fa fatica a dire che non è chiara, entriamo in certe materie in maniera piuttosto specifica, parliamo di ticket, di lavoro, non mi sembra che andiamo a chiedere ai nostri interlocutori nazionali una maggiore autonomia sul nulla.

Tutto questo mi porta a pensare che c’è strumentalità nel dibattito a cui assistiamo oggi. Ora, non voglio arrivare a dire come ha sostenuto qualcuno, l’ho sentito anche l’altro giorno in televisione, che i referendum di Lombardia e Veneto addirittura sono una bega interna della Lega, perché non mi permetto di entrare in casa vostra, però c’è anche chi ha sostenuto che sono una zeppa messa da Maroni e da Zaia contro Salvini che vuole la Lega anche al sud, che gira tutto il Paese, eccetera. Allora ti richiamiamo alle radici lombardo-venete: io questo non lo voglio dire, l’ho sentito dire da molti, non arrivo lì, ma credo di aver già dimostrato che c’è strumentalità, perché non c’è coerenza, quindi per questo faccio fatica a credere che il vostro cuore batta davvero per queste bandiere.

Del resto, se voi foste davvero non interessati a far bella figura, sventolando, ma se foste interessati a sostenere la maggiore autonomia per i cittadini emiliano-romagnoli, vi avremmo trovati al nostro fianco, in questo lavoro, magari anche a dirci: così non va bene, aggiungi una riga, togli una parola, aggiungi una competenza, su questo non siamo d’accordo, chiarisciti meglio, eccetera, come molti di voi hanno detto oggi. Ma vi avremmo trovato al nostro fianco.

Questo dimostra che una battaglia di autonomia non vi interessa, vi interessa sventolare la bandiera. E in questo, ancora, vedo un’evidente contraddizione.

Mi fa piacere che sia rientrato il collega Foti. So che la cultura dell’Unità d’Italia gli appartiene – dico bene? – Gli chiedo, allora cosa pensa quando sente parlare i suoi futuri alleati al Governo nazionale della Lega, di specialità. Adesso facciamo pure i giochi di parole fra “specialità”, “statuto speciale”, eccetera: ma di specialità? Io chiedo a Foti: se la sente di vivere un’Italia dove ogni Regione è speciale? È questo il modello d’Italia che lui può sostenere insieme ai futuri alleati, all’interno del centrodestra? Lo chiedo anche ai colleghi di Fratelli d’Italia, di Forza Italia, se ci fossero: sono due partiti che hanno la parola “Italia”, dentro.

Allora chiariamoci: vedete perché sostengo che c’è tanta strumentalità nella posizione della Lega? Perché le incoerenze sono talmente evidenti, sia dentro il loro orizzonte, sia dentro l’orizzonte del centrodestra, che non può che essere così. È una sbandierata. Speriamo che i giornali ci diano successo e visibilità, la Catalogna è di moda, ma se andiamo a ritirare il filo, un filo che ribadisco, io sarei anche disponibile a seguire e dipanare insieme, purtroppo io questo filo non lo trovo più.

Non è, il referendum della Lombardia e del Veneto un attacco all’Unità d’Italia. Anche su questo ci ragionerei, perché questa magari è la risposta che mi daranno i colleghi della destra. Io ci ragionerei, perché è vero che oggi il referendum ha una formulazione che dice “mantenendo salda l’unità nazionale”, eccetera. Il Capogruppo Caliandro ricordava il testo su cui il Veneto ha provato a candidarsi a quel referendum, laddove dice: chiediamo di tenerci l’80 per cento dell’IRPEF.

Questa cosa non è compatibile con l’Unità d’Italia, punto. Poi, uno può scriverci “però, fatta salva l’Unità d’Italia”, ma se parliamo davvero nella sostanza, questa cosa non è compatibile. Facciamo un esempio. Sappiamo che Salvini, con la sua morosa, Isoardi, va spesso al mare sul Gargano (ho guardato un po’ di gossip). Quando Salvini prende la macchina da Milano e va al mare sul Gargano (a Pugnochiuso o non so dove), percorre delle autostrade nazionali, una volta che ha scavalcato i confini della Lombardia. Chi paga queste autostrade con cui Salvini, ma il cittadino lombardo o veneto va a Roma, o in qualsiasi altra parte d’Italia che sia oltre il Po?

A me allora verrebbe da dire: se l’80 per cento dell’IRPEF dei veneti rimane in Veneto per fare giustamente i passanti di Mestre più belli, o le autostrade del Veneto più belle, eccetera, o sistemare i cavalcavia che crollano, va tutto benissimo. Però, a questo punto, voi, coi soldi della fiscalità generale non contribuite più altrettanto, come tutti gli altri cittadini, alle infrastrutture nazionali. Io allora chiedo, per chi viene dal Veneto e dalla Lombardia, che ci sia il pedaggio triplicato sulla rete di Società Autostrade una volta passato il Po, perché questa è la coerenza.

Ora, vi sembra che l’Italia possa stare in piedi su dei princìpi del genere? Questo è se si vuole essere coerenti con quello che state dicendo. Se state facendo delle lenzuolate, va bene, ma se volete andare a fondo coi ragionamenti che state facendo, allora i ragionamenti portano qui. Io vi chiedo coerenza: abbiate il coraggio di dire fino in fondo dove volete attaccare l’asino del discorso che ci avete fatto oggi, sventolando bandiere diverse per l’Emilia e per la Romagna.

Io, e mi avvio a chiudere, penso che la nostra sia una proposta seria, che non strizza l’occhio, e quindi non insegue, perché gli argomenti che avete usato oggi, sono due, sostanzialmente, contro di noi: uno è che non abbiamo consultato abbastanza, e questo magari lo lascio ai colleghi che interverranno dopo di me, perché non ho quasi più tempo. Ma sulla strumentalità della nostra proposta, sul nostro rincorrere, sul fatto che noi non crediamo a questa cosa, io ve la ribalto contro.

Credo di aver dimostrato che quelli che fanno un’iniziativa strumentale siete voi per le incoerenze del vostro discorso, per la mancanza di una visione. Ci sono evidenti elementi che dicono che in questa Regione noi abbiamo sostenuto alcune delle cose che diciamo oggi, nella richiesta che faremo al governo del 116, da anni, da decenni.

L’ho già detto in Commissione e lo ribadisco: ricordo distintamente il dibattito che si fece ai tempi dell’assessore Bastico e della legge emiliano-romagnola sulla scuola – siamo negli anni 2002-2003 –, quando la Regione Emilia-Romagna chiese al Governo nazionale di poter integrare meglio, cosa che ritrovate esattamente scritta nella nostra proposta, la formazione professionale di competenza regionale e l’istruzione professionale di Stato. Oggi, a Cervia, Rimini e Riccione, nel raggio di cento metri c’è un istituto regionale che forma cuochi e un istituto statale che forma cuochi, indipendenti l’uno dall’altro: è una situazione che evidentemente non ha senso per dare un miglior servizio al territorio.

Questo problema noi non l’abbiamo posto il 31 luglio, con una dichiarazione del presidente ai giornali, ma l’abbiamo posto nel 2003. Guarda caso, a fermarci su questa strategia di maggiore integrazione, cioè di maggiore autonomia nella gestione integrata della proposta formativa sul territorio, non fu un trinariciuto governo centralista di sinistra, ma fu il ministro Moratti, e fu un governo a guida Forza Italia, con dentro la Lega.

Noi quindi lezioni di cultura, di maggiore autonomia sul territorio, di maggior responsabilità nella gestione dei servizi essenziali per i nostri cittadini, non ne prendiamo, perché noi questa cosa l’abbiamo sempre sostenuta fin da quando negli anni Settanta (il PD non c’era, c’erano altre forze) hanno sostenuto e combattuto per avere il regionalismo, che non era attuato nella nostra Costituzione. Per cui, di lezioni non ne prendiamo. Questa cosa che ci siamo svegliati all’ultim’ora, non sta né in cielo né in terra, se si conosce la storia di questo Paese.

Chiudo. Penso di aver chiarito perché ritengo che quello che abbiamo visto oggi sia appunto uno sbandamento alle cui spalle non c’è una visione coerente. Chiedo scusa se mi sono fatto trasportare, ma credo che la struttura istituzionale del nostro Paese sia una cosa talmente importante, talmente sacra, che merita anche un po’ di toni accesi.

Io chiedo soltanto una cosa, ai miei colleghi della Lega: semmai un giorno, io spero che non sia mai così, avrete la responsabilità istituzionale del governo di questo Paese, o di questa Regione, perché le Istituzioni sono di tutti, e in base alla democrazia possono andare in mano a tutti, vi chiedo di non mettermi in condizioni, per andare a Cattolica, cosa che faccio da tanti anni, tutte le estati, di dover usare il passaporto.

È una provocazione: non mettetemi in condizione di dover andare a Cattolica col passaporto. Vi chiedo questa cortesia, altrimenti dovrò andare al mare in Puglia, dove va Salvini, coerentemente.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Boschini.

Ha chiesto la parola il consigliere Rancan.

 

RANCAN: A parte il fatto che mi fa molto piacere vedere e constatare che nell’ultimo intervento del Partito democratico, quindi del consigliere Boschini, si sia parlato per circa due terzi della Lega di Salvini, piuttosto che della proposta di autonomia che oggi il Partito democratico porta.

Questa è l’ennesima dimostrazione che forse di contenuto vi è ben poco. Lei continua a parlare delle vacanze di Salvini, e mi fa piacere che lei segua così tanto Salvini da sapere anche dove va in ferie, anche perché probabilmente lo sa meglio lei di noi, a questo punto, tanto si è studiata la figura di Salvini, la figura di Bossi, magari Pontida, eccetera, nelle quali immagino abbia imparato davvero tanto, perché come posso vedere dalle sue esternazioni, quando lei parla di cuore per la bandiera, per le bandiere che noi abbiamo esposto stamattina, lei dice che noi non siamo in buona fede. Mi spiace dirlo, consigliere Boschini, ma attenzione, perché l’uomo che sospetta di qualcuno che non sia in buona fede, lui per primo non lo è.

Molte volte infatti ci si rispecchia nel comportamento di un altro perché è proprio il nostro, quindi su questo attenzione, perché credo che sia una parte fondamentale.

Ora, si parlava di lucro della Lega sulla questione autonomia. Noi abbiamo sempre avuto una posizione ben chiara, che era quella che l’autonomia territoriale fosse qualcosa di talmente serio da essere e dover essere discusso nelle maggiori sedi, con una massima partecipazione, con tutto quello che è un processo, un procedimento che vada ad inglobare tutti quegli aspetti di tutte le deleghe che sono in capo allo Stato e che possono essere trasferite alle Regioni.

Noi cosa abbiamo fatto, quindi? Abbiamo presentato una nostra proposta, ma non per lucrare. Mi permetta, presidente: quando si parla di lucrare, però escono prima dei comunicati stampa, o delle dichiarazioni, piuttosto che un passaggio formale, e solo dopo l’Assemblea e la stessa Giunta probabilmente vengono istruite e informate su quello su cui si andrà a trattare, questo è gravissimo. È gravissimo perché chi lucra prima fa il comunicato e poi fa l’azione. Chi lucra cerca di accodarsi a qualcuno che è già in procinto di arrivare a un referendum (parlo ovviamente di Lombardia e Veneto).

Sembra quasi, e dico sembra, che ci sia stato un voler rincorrere qualcuno che in un processo di autonomia era avanti negli anni, come ideologia, e che è arrivato a proporre un referendum – del quale poi vi parlerò perché c’è un aneddoto molto particolare e molto interessante che voglio portare all’attenzione dell’Assemblea – che andrà a sentire i cittadini. Questo credo che sia un vero punto: la democrazia, cercare di consultare più volte possibile i cittadini, e questo non è uno spreco. Mi permetto di dire che questo non è uno spreco perché il vero spreco sono i 15 miliardi di residuo fiscale che vanno a Roma tutti gli anni e che non ci tornano indietro. Questa è una battaglia forte che noi volevamo vedere in un processo di autonomia, un processo che deve portare a dare più autonomia al territorio partendo dal residuo fiscale di quei 3.500 euro all’anno che lo Stato centrale va a prendere nelle tasche di tutti gli emiliano-romagnoli.

Si parlava poi del fatto che qualcuno strumentalizza la paura della gente. Questa non è paura, questa è speranza. Noi vogliamo dare alla gente la speranza di poter vivere in una Regione in cui l’autonomia sia fondamentalmente il pilastro della politica della società. Noi vogliamo dare a questa Regione il potere di avere un’autonomia vera, non un’autonomia che non passa nemmeno dal problema del residuo fiscale.

Parlavo prima di quella che è stata la “questione referendum” perché vi è un fatto molto particolare, nel nome del partito che governa questa Regione, che è il Partito democratico. Fin qui, tutto okay. Poi, però, andiamo a sviscerare questa cosa. Il Partito democratico dovrebbe avere al suo interno come primo obiettivo, la democrazia. Quindi, al di là di chi propone un referendum, siccome quel referendum è indetto e siccome quel referendum si svolgerà in Lombardia e Veneto, forse sarebbe necessario anche in quel momento avere una discussione chiara, una discussione concreta e non invitare la gente a non andare a votare. Questo è gravissimo, perché tantissime volte, in quest’aula, abbiamo parlato dell’astensionismo, della disaffezione alla politica, del fatto che troppa gente non è andata a votare, quindi credo che sia abbastanza sotto gli occhi di tutti.

Ora vi faccio vedere una cosa, perché credo che il Partito democratico, visto il suo nome – anche se ultimamente è diventato antidemocratico, come diceva giustamente stamattina il consigliere Bargi –partecipa e promuove la non partecipazione al voto.

 

(Il consigliere Rancan mostra una locandina)

 

Vi faccio vedere questa locandina del referendum regionale del Veneto. L’assessore Emma Petitti venerdì 6 ottobre parteciperà a una serata che si chiama “referendum regionale non andare a votare “astensione”, dove fondamentalmente, l’assessore che è stato delegato dal presidente Bonaccini a seguire l’iter di autonomia sul nostro territorio, va a sponsorizzare la non democrazia nelle altre Regioni.

Attenzione perché questa cosa è importantissima e gravissima allo stesso tempo. Quindi, chi non è in buona fede, consigliere Boschini, e chi è in buona fede, forse è qualcun altro.

Qui forse qualcuno deve rendere chiaro ed evidente che la democrazia è il principio fondante della nostra società, e il referendum deve essere fondamentale e deve riuscire a coinvolgere più cittadini possibile.

 

BONACCINI: L’hai detto a Toti?

 

RANCAN: Adesso sto finendo il discorso, grazie.

Io parlo di Lombardia e Veneto. Il referendum deve andare avanti come è stato fatto in queste due Regioni. Chi continua a dire che non bisogna andare a votare secondo me sbaglia, perché quella non è democrazia. Detto questo…

 

BONACCINI: Rispondimi.

 

RANCAN: No, non è un dibattito.

Detto questo, quello che mi piace sottolineare è che la vera autonomia si basa sui territori e sul residuo fiscale: questo è quello su cui noi ci concentriamo. Non possiamo permettere che vi sia ancora così tanto residuo fiscale, 15 miliardi all’incirca, che possa togliere servizi ai nostri cittadini perché così veramente è un fallimento.

Ed è lo stesso fallimento della democrazia quando non viene inglobato in questo discorso un discorso referendario e di ascolto dei nostri cittadini. Non sono stati nemmeno ascoltati i consiglieri regionali, in questa fase. Quando è partito l’iter, l’Ufficio di presidenza e i Capigruppo non sapevano nemmeno dove girarsi perché erano uscite delle dichiarazioni che scavalcavano tutto. Addirittura, in una Commissione l’assessore Petitti ha detto “indipendentemente da quello che si deciderà oggi in Capigruppo la cosa andrà avanti lo stesso”. Questa è un’altra cosa gravissima.

In questo processo non vi è stata partecipazione, quindi noi dobbiamo continuare a far partecipare i nostri cittadini e dobbiamo continuare a far sì che i nostri cittadini partecipino alla vita e alle decisioni di questa Regione, soprattutto in un tema come questo, quello dell’autonomia, che è fondamentale per la crescita e lo sviluppo della nostra società.

 

(interruzioni del presidente Bonaccini)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Non è un dibattito, lei ha già finito il tempo. A lei, presidente, chiedo di non intervenire. Ha tempo poi, nella replica, dopo.

Grazie, consigliere Rancan.

Ha chiesto la parola la consigliera Prodi. Prego.

 

PRODI: Grazie, presidente.

In merito all’astensione, comunque, è sempre negativo chi chiede l’astensione. Ricordo che la Lega nel 2005 si proclamò a favore dell’astensione nel referendum per la fecondazione assistita, ho controllato ora per essere sicura, quindi è sempre meglio avere un buon passato prima di predicare, è molto importante studiare.

Visto che stiamo ragionando di tutti gli atti, volevo partire manifestando la motivazione della contrarietà alle risoluzioni presentate da Lega e Movimento 5 Stelle.

Partirò con la risoluzione 5336, perché è una risoluzione totalmente generica nella richiesta, c’è una lista appunto totalmente asettica. Si richiedono solo più soldi, senza specificare a quale scopo, presupponendo invece un’uscita, appunto, materiale dall’idea di solidarietà, sussidiarietà ed unità nazionale, e questo ovviamente non ci può vedere d’accordo.

La risoluzione 5024 del Movimento 5 Stelle è altrettanto generica nei contenuti, però qua inizia ad invocarsi il referendum consultivo, quindi con la richiesta dell’applicazione dell’articolo 116 attraverso questo strumento. Noi però ricordiamo, com’è già stato detto questa mattina anche in aula, che questa è già una prerogativa della Regione. Insomma, probabilmente bisogna iniziare a convincersi che noi siamo in grado di gestire questo passaggio, è anche un dovere che abbiamo, è una nostra prerogativa, ed è ora che impariamo, forse, ad esercitarla appieno.

Ugualmente, la risoluzione 5147 della Lega, ancora invoca la possibilità di chiedere un referendum consultivo per poi fare un copia e incolla del quesito della Lombardia.

Allo stesso modo, bisogna capire che se un processo è nelle nostre mani, dobbiamo poi avere la capacità e il coraggio di intraprenderlo, non dobbiamo avere dei timori, e magari consegnare a un referendum consultivo le nostre prerogative.

In materia poi di referendum consultivi, proprio perché noi siamo già Assemblea e abbiamo già per un processo democratico certi poteri, non sono sicurissima che noi dobbiamo offuscare i giusti poteri di altri istituti, dei cittadini. Questo è un dubbio di cui mi piacerebbe discutere, però non in questo campo, perché questo è un campo dove la Costituzione parla, secondo me, molto chiaro.

Per quanto riguarda poi l’idea di Romagna libera, onestamente mi sembra una boutade. L’unica risposta che io suggerisco è quella di Ivano Marescotti, che secondo me è stato capace di dare un quadro abbastanza scanzonato di queste istanze.

Per quanto riguarda invece la proposta della Giunta e del percorso che ha fatto presso le Commissioni, io credo che questo sia un processo formalmente corretto. Rispetto, come si diceva in precedenza, ai referendum della Lombardia e del Veneto, questi invece sono totalmente inaccettabili, perché il sito della Regione Lombardia dice che l’obiettivo è avere una Regione a statuto speciale, e questo è impossibile, con il referendum proposto, quindi è una contraddizione che inganna l’elettorato, fa delle false promesse che istigano però alla disunita nazionale. Questo per me è un atteggiamento gravissimo, e a chi diceva stamattina che non è vero, ricordo, come ho già detto in una Commissione, di leggersi le conclusioni della mozione n. 849 approvata dal Consiglio regionale il 13 giugno 2017. La quale dice chiaramente che a valle di un esito positivo del referendum, questo, d’intesa col governo, prevedrà anche l’inclusione della Lombardia come Regione a statuto speciale. Questa è una contraddizione che è proprio impossibile, quindi bisogna sottolineare quando ci sono delle Istituzioni che non sono coerenti rispetto al dettato costituzionale, che per noi rimane fondamentale.

La proposta della Regione Emilia-Romagna, invece, sta nel solco, come si diceva, delle possibilità concrete, ha una modalità pragmatica, e specifica con cura su quali punti si richiede autonomia. Non è quindi una lista della spesa, come purtroppo sono magari quelle di altre Regioni. Punti che sono territorio-specifici come il lavoro, la formazione, la sanità, il governo del territorio, l’ambiente: questi ultimi due punti poi sono stati in particolare oggetto di una profonda analisi politica. Anche col collega Taruffi siamo arrivati a concludere degli emendamenti anche firmati da tutta la maggioranza che hanno secondo noi migliorato il testo, perché a nostro avviso non è sulla frammentazione legislativa, ad esempio, della pianificazione territoriale, che bisogna intervenire, ma nell’assicurare risorse per arrivare a una rigenerazione urbana di qualità, pensando anche alla messa a punto della sicurezza sismica.

Siamo d’accordo sulla pianificazione del sistema, soprattutto ferroviario, come imprescindibile per una modalità effettivamente sostenibile. In materia ambientale, consolidando la gerarchia, cioè con la disciplina statale in testa, si propone che la Regione abbia un maggior controllo sull’applicazione efficiente, dando norme applicative chiare e cogenti e un’organizzazione coerente della propria amministrazione.

Anche sulla sanità, gli emendamenti proposti chiedono una visione più legata al territorio delle politiche con una gestione più equa delle risorse, come è stato anche chiesto dalle parti sociali. Quello che vogliamo dire è che c’è una richiesta anche in materia sanitaria, col passaggio fatto in Commissione, di ulteriori risorse che non vadano a inficiare l’apporto dei cittadini con ulteriori aggravi fiscali.

Riassumendo, quello che voglio dire è che avremmo sperato, in generale, che questa discussione fosse condotta in parallelo magari con altre Regioni che fossero interessate a questo processo, per dare una spinta unitaria a questo processo.

Oggi il collega Bertani citava un’interrogazione parlamentare del marzo 2015: lì forse c’erano già tutti i presupposti, anche da parte del governo di allora, di depotenziare un referendum, magari riunendo tutte le Regioni interessate. Se il governo poi è stato in grado di depotenziare il referendum sui voucher, forse avrebbe potuto spendere anche delle energie più approfondite politicamente per evitare un referendum che purtroppo avverrà e che spero non abbia conseguenze serie, perché è nella sostanza una boutade.

Confermiamo quindi l’atteggiamento favorevole a questo percorso e speriamo più che altro che si riesca a compiere entro la fine della legislatura. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Prodi.

Consigliera Montalti, prego.

 

MONTALTI: Io parto da un passaggio dell’intervento di stamattina del presidente, che ha detto che separare l’Emilia dalla Romagna ci renderebbe due terre più deboli.

Non potremmo infatti, è questa l’esplosione di quella riflessione, più mettere insieme le nostre eccellenze, le nostre tipicità e anche la nostra complessità, che è la sostanza della nostra ricchezza, in termini economici ma anche sociali. Questo è l’assunto da cui dobbiamo partire per poter spiegare e far comprendere il perché come Partito democratico siamo profondamente contrari alla scissione della Romagna dall’Emilia.

La nostra è una Regione che ha caratteristiche differenti, è vero, in termini storici, economici e territoriali, ma è proprio su queste sue differenze, riconoscendole e valorizzandole, che abbiamo costruito nel tempo il valore, l’unicità e la ricchezza dell’Emilia-Romagna. Penso ai pilastri della nostra economia: manifattura, turismo, agroalimentare, che anche nei periodi più difficili sono riusciti a fare da traino, potendo contare sulla varietà e la capillarità, anche territoriale, dei distretti produttivi, e potendo garantire un rilancio, in termini di investimento e innovazione, quindi quella ripresa economica a cui stiamo assistendo.

Mi riferisco anche al laboratorio istituzionale che da sempre ci vede come Regione lavorare in sinergia con gli enti locali, con le autonomie, proponendo innovazioni nel governo del territorio, dall’Unione dei Comuni alle fusioni, passando per il riordino istituzionale con la legge n. 13 del 2015, e oggi puntando sulla richiesta di una maggiore autonomia per la nostra Regione, con più competenze, quindi anche più risorse, da investire in tutto il territorio regionale.

In questo quadro di innovazione delle politiche regionali, allora, si può inserire un ragionamento anche sulla Romagna, un territorio a cui va riconosciuto l’impegno profuso in questi anni, in termini di innovazione istituzionale, di riorganizzazione e aggregazione dei servizi, con grandi sfide affrontate a partire dall’Azienda sanitaria unica, o con la nuova Agenzia romagnola della mobilità e anche con l’esperienza di gestione comune pubblica delle acque, che in un quadro di cambiamento climatico si conferma una scelta lungimirante e coraggiosa.

È in questo contesto di politiche regionali che si può inserire un’ulteriore sfida, ovvero quella della Provincia unica della Romagna, che potrebbe fare da capofila a livello regionale rispetto al tema della riforma delle politiche competenze provinciali.

In questo senso c’è un dibattito che da tempo coinvolge il territorio e i cittadini romagnoli, e sul quale stanno emergendo la lucidità e la concretezza dei nostri concittadini, dei sindacati e delle imprese che più che invocare la divisione della Romagna dall’Emilia ci chiedono una risposta ed un impegno concreto sui problemi e le necessità del territorio, e che difficilmente ci perdonerebbero lo spreco di soldi pubblici in passaggi referendari (inutili), o peggio, nella moltiplicazione di strutture istituzionali e burocratiche.

Penso poi al futuro di mio figlio, dei nostri figli. Non mi arrenderò mai ad un mondo che si restringe rendendo i confini più stretti, dividendo, provincializzando, e vedo la proposta della Lega di dividere la Romagna dall’Emilia come una proposta che va solo in questa direzione, che non aggiunge nulla in termini di possibilità, di opportunità, ma sceglie la strada che più impoverisce e ci impoverisce, che restringe i nostri orizzonti e le nostre possibilità. Quella della Lega è la strada dello specchio che riflette le nostre piccolezze, e ci limita, e non quella della finestra che ci spalanca al mondo e che apre alle opportunità.

Cari colleghi, io penso che ai nostri ragazzi, che sempre di più guardano al mondo come alla loro casa, che parlano due o più lingue oltre al dialetto, e che hanno un concetto di confine aperto e vivo, dobbiamo dimostrare che stiamo lavorando per rendere sempre più aperta, attrattiva, internazionale ed equa l’Emilia-Romagna. Dobbiamo dimostrare che come Istituzioni lavoriamo ogni giorno per offrire a tutti loro più occasioni ed opportunità. E la strada che ci si pone davanti è chiara, perché il percorso tracciato in questi anni sta già portando frutti importanti in termini di crescita dell’occupazione, crescita dell’export e contemporaneamente impegno costante per migliorare i servizi, i diritti, la tenuta sociale.

La strada dunque è una: quella della Romagna e dell’Emilia che insieme sono più forti, quella di una Regione che è pronta a rimettersi in gioco con più competenze e più autonomia.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Montalti.

Consigliere Pruccoli, prego.

 

PRUCCOLI: Purtroppo, ho verificato che il dibattito in aula non si è schiodato dal polverone estivo che le minoranze hanno sollevato un po’ per nascondersi su questo tema, perché ricordiamo tutti in principio era il metodo. È stata lamentata la lesione delle prerogative di questa Assemblea legislativa, come se il presidente di una Regione, oltre che coordinatore della Conferenza Stato-Regioni, non potesse avviare ragionamenti con i suoi interlocutori nazionali su temi così importanti.

Il presidente poi è andato a relazionare in Capigruppo e lì tutti forse hanno compreso che diventava piuttosto inutile continuare a fare molto rumore per nulla su una adesione che di fatto non c’è. Non c’è mai stata e non c’è. Allora, il dibattito – mi ostino a chiamarlo dibattito – si è spostato sulla primogenitura dell’autonomismo, un dibattito sterile, che ha creato anche una voluta confusione.

La rincorsa al referendum, è stato detto dalla Lega Nord, a cui si è aggiunto anche il coro dei colleghi del Movimento 5 Stelle sul referendum lombardo-veneto. Ebbene, io penso che dire questo significhi ignorare che il 4 dicembre scorso l’Italia ha bocciato la riforma costituzionale proposta dalla maggioranza parlamentare. È stata vinta, quella battaglia, non da me, non dal mio partito, ma dalle minoranze che siedono in quest’aula, e poi oggi come oggi quelle stesse minoranze non vogliono affrontarne le conseguenze, mi sembra. Dopo il 4 dicembre, le competenze regionali sono rimaste immutate, i problemi connessi alla legislazione concorrente pure, così come sono rimasti in vita, nella forma che abbiamo recentemente conosciuto, le Province. Da qui scaturisce la proposta del presidente e della sua Giunta, e non dalla necessità di reagire all’iniziativa di altre due Regioni del nord. Credo che almeno su questo dovremmo trovare un ragionevole punto d’incontro e da lì andare avanti per stimolare il dibattito.

La nostra Regione ha sempre dimostrato di saper sfruttare l’autonomia concessa e ha le carte in piena regola per spingere a fondo sull’attuazione del comma 3 dell’articolo 116, credo soprattutto ora che emerge come locomotiva d’Italia in base a diversi parametri statistici. Noi vogliamo seguire il percorso costituzionale. Mentre ho ancora nelle orecchie, per averlo ascoltato di persona, la voce del presidente Maroni durante il recente meeting di Rimini quando diceva “con il referendum voglio andare a Roma con un mandato popolare per avere più risorse per i lombardi”, pur sapendo che quel referendum non ha alcun valore istitutivo o abrogativo di alcun atto legislativo. C’è un’unica certezza che riguarda quel referendum: l’elevato costo (oltre 20 milioni di euro). Mentre, il percorso emiliano-romagnolo non costa assolutamente nulla.

Trovo personalmente peraltro discutibile che si pensi di istituire de facto altre due Regioni a Statuto speciale quando forse, semmai, andrebbero riviste le motivazioni che portarono all’istituzione delle prime cinque. Si creerebbe una situazione potenzialmente lesiva della tenuta del sistema Paese, sempre che siamo tutti d’accordo – questo concetto va ribadito – che l’unità d’Italia sia un valore repubblicano non negoziabile. Sempre che siamo tutti d’accordo.

Il percorso costituzionale che ci propone il presidente non ci candida a diventare la Catalogna d’Italia – riprendo un pensiero che ho espresso in Commissione quindici giorni fa, non lo dico due o tre giorni dopo quello che è successo a Barcellona – ma sancisce che è giusto venga premiato con maggiori spazi di autonomia anche finanziaria chi presenta i conti in regola ed è finanziariamente virtuoso dal punto di vista della spesa. Questa è l’Emilia-Romagna.

Noi, quindi, non dobbiamo rincorrere plebisciti popolari, ma dimostrare che saremo in grado di affrontare questa sfida nel merito, pensando che alla fine del percorso potrà esserci un’ulteriore fase di crescita nel nostro territorio e per la nostra popolazione. Quindi, non alzare polveroni – e mi dispiace – come quello che ho sentito questa mattina, perché davvero sembra l’ultimo appiglio da parte del collega Pompignoli, che dice “se questo referendum non andasse in porto, chiedo al presidente di dimettersi”. Vorrei sapere se la Lega Nord presenta medesima istanza alla Regione Lombardia o alla Regione Veneto non qualora ci fosse un esito, che prevedo scontato, del referendum, ma qualora dopo il referendum le Regioni Lombardia e Veneto fossero costrette magari a retrocedere sul percorso che l’Emilia-Romagna indica oggi.

Visto che il retropensiero ci accompagna dall’inizio del percorso, sulla secessione romagnola voglio dire che potremmo anche pensare – non lo pensiamo – che serva a risolvere quella lotta per la supremazia nel partito tra la Lega Emilia e la Lega Romagna. Ma noi non lo pensiamo, perché non abbiamo retropensieri. Quindi, andiamo avanti e stiamo nel merito. Allora, sull’ipotesi di dividere in due la regione locomotiva d’Italia, come i romani, dovremmo chiederci: cui prodest? A chi giova?

La Brexit insegna che ci si può pentire di utilizzare in un clima avvelenato lo strumento del referendum. Io credo che dovremmo guardare con attenzione a quella gestione imbarazzata del dopo Brexit. Non dico i cittadini, perché i cittadini hanno sempre ragione quando votano. Ma siamo noi tutti pronti a fare eventualmente una campagna referendaria pulita e onesta, senza sollecitare la pancia dell’elettorato, ma stimolandone il pensiero e la riflessione? Perché la responsabilità sarebbe nostra. Quando si fa il referendum, bisogna fare quello. Mentre si rischia un cortocircuito per cui la modifica costituzionale che avrebbe favorito l’incardinamento di leggi per iniziativa referendaria – oggi è solo abrogativo in Costituzione – è stata respinta dalle minoranze che siedono in quest’aula e oggi addirittura si vorrebbe sostenere pilatescamente un referendum non previsto da nessuna parte e da nessuna legge. Quindi, si rischia di innescare un cortocircuito del tutto incomprensibile.

Condivido con il collega Pompignoli: nessuno ha certezze assolute. Però, io una certezza ce l’ho: questa regione non va divisa e non si può dividere. Mi convince molto di più la strada della Provincia unica. Anche perché abbiamo una legge n. 12 che ci parla di Aree vaste, che evidentemente devono essere ridiscusse alla luce del fatto che c’è stato un 4 dicembre che ha lasciato le Province. E, da ultimo, mi piace ricordare che abbiamo in corso di approvazione una legge urbanistica che attribuisce alle Province la facoltà di progettazione strategica di area vasta. È una sfida tutta da cogliere e tutta da portare avanti, che sicuramente l’Area Romagna avrebbe interesse a giocare su quella scala, su quella dimensione, e non sulle tre scale della Provincia di Ravenna, della Provincia di Forlì-Cesena e della Provincia di Rimini.

Io penso che è di questo che noi abbiamo bisogno e non di dividere, per essere più deboli e per moltiplicare i costi dello Stato e, quindi, della macchina pubblica. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Pruccoli.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Non siamo certamente contrari a una richiesta di maggiore autonomia, anzi, ma non siamo convinti dell’iter, perché fin dall’inizio di questa legislatura abbiamo assistito a una serie di attività del Governo centrale che, a nostro avviso, hanno fatto sprofondare il Paese verso una deriva centralistica, proprio quelle azioni che probabilmente sono state in qualche modo sconfessate il 4 dicembre dell’anno scorso complessivamente, però queste derive avrebbero potuto essere sconfessate precedentemente anche da azioni regionali, potevano essere anche ostacolate. L’abbiamo segnalato con diversi atti in almeno tre occasioni.

Innanzitutto, il 10 gennaio 2015, quindi all’inizio di questa legislatura, era il termine per impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge n. 166/2014, la legge di conversione del decreto “Sblocca Italia”. Lo fecero sei Regioni su venti: Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche Puglia e Veneto. La Regione Emilia-Romagna all’epoca preferì assecondare il Governo nazionale e privarsi di quella che poteva essere, invece, una sua prerogativa. Quindi, ha accettato in quell’occasione che lo Stato violasse delle prerogative e delle competenze regionali. Anche in quest’aula sono state avanzate delle richieste, che fino ad oggi sono state ignorate, acché si difendessero le prerogative e le competenze regionali, impugnando le norme statali che sconfinavano in competenze regionali.

Fatale per il Ministero dello sviluppo economico è stata la recente sentenza n. 198, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato che non spetta allo Stato e, per esso, al MiSE adottare il disciplinare tipo senza adeguato coinvolgimento delle Regioni. Pertanto, il disciplinare del 2015 e quello successivo del 7 dicembre 2016 sono illegittimi. Le nuove norme per la valutazione di impatto ambientale (VIA) che introducono modifiche che consentono allo Stato di assumere un ruolo centrale ed esclusivo in materia di VIA, privando le Regioni di importanti prerogative legate alla tutela del paesaggio e al governo del territorio. C’è stata qua l’impugnativa di qualche Regione, ma non quella della Regione Emilia-Romagna. Certo, i motivi erano diversi, in quanto il provvedimento governativo era stato adottato oltre la scadenza del termine per l’esercizio della delega legislativa, oltre che per eccesso di deleghe e per violazione del principio di leale collaborazione, considerato che è stato adottato, tra l’altro, in assenza dell’intesa in Conferenza Stato-Regioni. Però, anche su questo c’è stato il silenzio della Regione Emilia-Romagna.

Ebbene, questi esempi fanno emergere che ci sono ragioni fondate per essere totalmente a favore di una richiesta di maggiore autonomia ed essere in questo totalmente a favore anche delle ragioni di buonsenso contenute in questa richiesta. Tuttavia, senza voler mettere in discussione questi princìpi e senza mettere in discussione la bontà di questa richiesta, non ne siamo affatto convinti perché non è mai emersa finora una reale volontà di contrasto al centralismo statale quando invade le competenze regionali, affievolendole. Questo fa pensare che effettivamente, se finora non è stata manifestata questa volontà, si rischia una deriva che riguardi soltanto la comunicazione pubblica. Sarà, quindi, importante, al di là di un referendum che poteva esserci all’inizio, monitorare più avanti quelle che saranno le ricadute, le azioni, le risultanze di questa richiesta che ora viene portata al Governo centrale.

Il Movimento 5 Stelle ha contribuito, in Regione Lombardia, alla compilazione del quesito e, quindi, alla richiesta di maggiore autonomia per la Lombardia, mentre qui abbiamo presentato un progetto di legge di modifica statutaria volto a colmare quel vuoto presente nello Statuto, che, pur riconoscendo all’Assemblea regionale il ruolo di indirizzo, nonché di organo rappresentativo della collettività regionale, non attribuisce alla stessa la facoltà di indire il referendum consultivo.

Ritenevamo – e riteniamo tuttora – che il percorso dell’articolo 116 dovesse essere accompagnato da un referendum consultivo anche per un altro motivo. Non possiamo ignorare che questa Giunta e anche questa Assemblea legislativa sono state elette con il voto del 37 per cento degli aventi diritto, per cui forse un referendum avrebbe creato quella maggiore legittimazione popolare e, quindi, forse avrebbe generato condizioni più importanti rispetto alla possibilità di negoziare e di trattare con la giusta forza, avendo esso stesso alla base un investimento a quel punto del tutto ufficiale di una larga maggioranza dei cittadini a seguito di una consultazione referendaria.

Un’altra circostanza che ci ha fatto dubitare della bontà dell’iter è rappresentata dai tempi. Qui si vuole trattare per creare un accordo che dovrà essere la base di una legge del Parlamento che riconosca la maggiore autonomia alla vigilia del rinnovo del Parlamento, come è già stato detto, quando forse si potrebbe formulare meglio e più approfonditamente la richiesta di autonomia, farla convalidare con la massima partecipazione possibile, presentarla al Governo espressione del nuovo Parlamento, che sarà determinato dalle prossime elezioni politiche. Resta, quindi, un non convincimento rispetto all’iter, ma resta certamente che possiamo essere contrari a una richiesta di maggiore autonomia, per quanto portata avanti con un singolare metodo di accentramento.

Tra le varie questioni che vengono trattate all’interno dell’articolo 116 e che verranno portate all’attenzione del Governo centrale è presente quella relativa alla materia sanitaria, ed entro brevemente nel merito di un paio di punti rispetto a tale competenza. È vero che una buona autonomia già esiste, ma credo si possa fare effettivamente di meglio, e a questo punto si aprono dei margini per farlo. Alla luce del quadro delle competenze che sono già in possesso della Regione Emilia-Romagna, si può rivendicare anche maggiore autonomia, in particolare esigere a questo punto – e questo è quello che noi proponiamo – la piena competenza in tema di organizzazione sanitaria e di governance del sistema sanitario regionale, svincolando la Regione da tutti quei princìpi fondamentali della materia che, per alcune pronunce della Corte costituzionale, sono inderogabili da parte delle Regioni. Quindi, durante la trattativa bisognerebbe chiedere che si attribuisca alla Regione Emilia-Romagna la piena competenza regionale in materia di organizzazione sanitaria, che si fissi il principio in base al quale tutto ciò che resta estraneo rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni rientri ora nella piena competenza del legislatore regionale, nella piena disponibilità, quindi, e nella piena gestione della Regione. Oltre alla competenza specifica, bisognerebbe rivendicare maggiore autonomia nell’ambito della programmazione territoriale dell’offerta formativa sanitaria. Questo credo che l’assessore Venturi lo sappia bene, considerato che abbiamo sollevato questo tema in più occasioni e in Commissione ci è stato dato ragione in un paio di occasioni. Aggiungo, con il coinvolgimento e la piena partecipazione delle università del territorio regionale, volte a costituire un sistema formativo universitario regionale in campo sanitario, al fine di coprire i bisogni del territorio di personale medico specializzato attraverso l’istituzione di corsi specifici inerenti la realtà regionale.

La Giunta ha dichiarato che porterà finalmente, dopo nostre innumerevoli sollecitazioni, il caso della grave carenza di medici di base in Conferenza Unificata, ad esempio, e di questo siamo soddisfatti. Effettivamente è stato riconosciuto qualcosa che ci sembrava una carenza. D’altronde, il fatto stesso che in Commissione è stato riconosciuto ed è stato ribadito che si sarebbero svolte azioni per colmare questa carenza – peraltro i tempi stringono –  credo che effettivamente rappresenti il segno che è stata colta l’importanza di questa tematica.

C’è il problema della mancanza di posti e di borse di studio per la specializzazione in medicina generale, che può rappresentare una grave minaccia per il buon andamento del nostro sistema sanitario. Al riguardo, aggiungiamo che possiamo rivendicare, a questo punto, la competenza a determinare localmente quelle borse di studio e la quantità delle borse di studio necessarie, senza farci imporre un numero insufficiente dal Governo centrale, che certamente non conosce le peculiarità e le esigenze del nostro territorio come le può conoscere il Governo territoriale, rivendicando ovviamente maggiori trasferimenti di risorse economiche.

Chiudo dicendo che non si può non constatare che le competenze in materia sanitaria devono essere acquisite attraverso la rivendicazione di maggiore autonomia, ma devono anche essere esercitate con un finanziamento adeguato. Dunque, occorre pensare a un sistema nuovo di finanziamento della sanità regionale che dia la possibilità all’Emilia-Romagna di crescere ancora anche nell’offerta sanitaria, come sta avvenendo nel campo economico e nel campo occupazionale.

La ripresa economica crea nuovi bisogni anche in campo sanitario e i due fenomeni sono correlati, ovviamente. Questi nuovi bisogni che la crescita economica crea anche nel campo sanitario vanno soddisfatti anche con maggiori introiti fiscali. Oggi il servizio sanitario nazionale è finanziato attraverso la fiscalità generale, attraverso le imposte dirette (IRPEF e IRAP), attraverso imposte indirette, attraverso alcuni trasferimenti erariali. Le Aziende sanitarie locali dispongono di entrate dirette derivanti dai ticket. Quindi, un’ultima proposta che avanziamo, che poi riproporremo in un atto specifico, come abbiamo già fatto, è che nella rivendicazione di maggiore autonomia prima di tutto bisognerebbe inserire un sistema di incameramento diretto attraverso la fiscalità generale alla Regione, evitando che le risorse vengano ovviamente incamerate dallo Stato e poi ridistribuite sul territorio, inoltre il sistema dovrebbe lasciare le risorse della fiscalità generale utile alla copertura della spesa sanitaria della Regione, vincolandone l’utilizzo ai fini del finanziamento del sistema sanitario regionale.

Questione ticket. In quelle Regioni dove esiste un piano di rientro si può anche accettare che sia imposto un sacrificio ulteriore ai cittadini e sia loro richiesta una compartecipazione rispetto alla spesa sanitaria, ma nelle regioni, come l’Emilia-Romagna, che hanno Aziende sanitarie pubbliche con i bilanci in regola non ci sono piani di rientro e, quindi, non ha ragione di esistere, a nostro avviso, l’imposizione della compartecipazione alla spesa del cittadino, che già con la fiscalità generale ha pagato la spesa sanitaria. Quindi, in tema di sanità, se vogliamo veramente dimostrare che andiamo verso un’autonomia forte, bisogna certamente riflettere anche sull’uso e sulle richieste che facciamo ai cittadini rispetto a ticket e superticket. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Gibertoni.

Consigliere Bignami, prego.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente.

Ricostruendo rapidamente la discussione che ha caratterizzato le posizioni sull’articolo 116, dobbiamo evidentemente rilevare come questa fase, forse un po’ per necessità, forse un po’ per virtù, si qualifichi come connotata da un perimetro assai soffuso e generico nella definizione di quelle che possono essere le linee di azione individuate dal presidente Bonaccini sui temi che hanno formato oggetto della relazione che egli ha testé svolto.

Le preoccupazioni, però, affondano proprio su questa opacità del perimetro, per non definirla genericità, che vogliamo credere essere evidentemente determinata dall’inevitabile esigenza che egli ha di dover svolgere una trattativa con il Governo, che consentirà poi di verificare i punti di caduta effettivi degli ampliamenti di competenze che, ai sensi dell’articolo 116, egli riterrà di avanzare nei confronti dell’Esecutivo, che inevitabilmente a propria volta comporterà una definizione, con un cesello tecnico abbastanza di dettaglio, capace e in grado di individuare sull'intero tessuto legislativo nazionale che viene evidentemente toccato dalle materie suscitate nella relazione stessa per attrarre le stesse in un ambito di legislazione e normazione regionale, che inevitabilmente però comporterà una puntuale definizione delle materie stesse.

Forse è un eccesso di ottimismo, forse è un eccesso di buonafede, ma riteniamo che sia questo il contesto per il quale, ad oggi, non si è riusciti a scendere in un dettaglio tecnico concreto che, al di là di enunciati di principio anche condivisibili, manca del punto di caduta effettivo di quello che si intende fare.

In tal senso siamo confortati dalle discussioni che si sono svolte all’interno della Conferenza dei capigruppo e in qualche occasione anche della Commissione, laddove si è definita l’esigenza di avviare in questa procedura bifasica, dopo questa discussione, una seconda fase, che dovrebbe avere il compito di individuare con maggior dettaglio quelle che saranno le singole azioni che si intendono realizzare. Prendo un esempio per tutti: laddove si intenda ragionare – tra l’altro, tema neppure particolarmente affrontato nella relazione – su un ampliamento delle competenze della polizia locale, è evidente che il Gruppo Forza Italia potrebbe anche essere a favore. Tuttavia, se poi quell’ampliamento è funzionale – gioco sempre sul filo del paradosso – a irrogare più sanzioni e non, invece, a svolgere un maggiore controllo, a contrastare il degrado e ad assicurare maggiori attribuzioni in materia di sicurezza, allora il Gruppo Forza Italia non sarebbe più d’accordo. Quindi, da un enunciato di principio vi sarebbe poi una declinazione fattuale che evidentemente non troverebbe la nostra soddisfazione. Questo, inevitabilmente, è un lavoro che deve essere compiuto di volta in volta e punto su punto quando il presidente andrà a trattare con il Governo anche a fronte della vicenda delle autonomie locali.

Vi è, inoltre, un aspetto procedurale. Ribadisco con estrema franchezza che la Giunta non si è mossa con grande trasparenza, e mi riferisco – non me ne voglia l’assessore Petitti – in particolar modo alla conferenza svoltasi prima dell’estate, che aveva disegnato un percorso, che poi è stato rivisto unilateralmente, senza consentire una partecipazione reale dei Gruppi di minoranza, dal momento che, pure a fronte della massima disponibilità dell’apparato tecnico della Regione, essi non possono godere di quella collaborazione istituzionale, d’altronde tutelata dall’articolo 97 della Costituzione, che consente alla Giunta, ma ritengo io anche ai Gruppi di maggioranza, di avvalersi di quelle tecnostrutture che noi evidentemente non abbiamo, se non limitatamente a singole questioni di volta in volta affrontate. Quindi, mancando un mese per poter valutare nel concreto quelli che, secondo noi, devono essere i punti di caduta effettivi degli enunciati di principio illustrati e ribaditi anche quest’oggi, non avendo noi la possibilità di svolgere una verifica tecnica, siamo stati non dico tagliati fuori, ma sicuramente non posti nelle condizioni, ad oggi, di operare pienamente in sinergia per raggiungere un obiettivo di differenziazione delle materie, che è ciò a cui si ispira l’articolo 116.

Vogliamo dire con chiarezza che la strada del voto di Lombardia e Veneto, che francamente ci pare essere una strada che per tanti aspetti si qualifica se non altro per il coinvolgimento popolare, è una strada diversa, più di discussione istituzionale, come quella che si è svolta e si sta svolgendo. Insomma, al Gruppo Forza Italia, come ricordava qualcuno, non interessa molto di che colore sia il gatto, purché acchiappi il topo.

È chiaro che, però, guardiamo con maggior simpatia e attenzione al percorso che la Lega ha individuato e che ha riversato anche in una delle risoluzioni in oggetto, su cui credo che il Gruppo Forza Italia orienterà il proprio voto a favore, con ciò però nulla precludendo in ordine alla volontà del presidente Bonaccini di andare a trattare direttamente con il Governo su temi che egli ha illustrato. Anche se faccio notare che tra i temi trattati ne manca uno, ed è il motivo per il quale, a nostro modo di vedere, si è reso opportuno depositare un singolo emendamento, che tra l’altro fa proprio il testo di un’analoga proposta avanzata dai colleghi della Lega, i quali hanno ritenuto – e li ringrazio –, insieme al Gruppo Fratelli d’Italia, evidentemente Enrico Aimi insieme a me, di riproporre il tema dell’organizzazione della giustizia di pace, perché, forse per deformazione professionale o forse per una spiccata sensibilità sui temi inerenti all’organizzazione della giustizia di pace, crediamo che la Regione, per non sopportare una riorganizzazione calata dall’alto, ben possa quantomeno affrontare il tema ponendolo all’attenzione del Governo, al fine di acquisire una competenza, che certo comporterà, anch’essa, un’attribuzione di risorse corrispondenti, ma che diversamente rischia di essere sempre appannaggio di logiche un po’ particolari. Non me ne vogliano i colleghi in questo caso avvocati che operano nel Meridione, ma il prolificare di uffici e giudici di pace in regioni del sud è sicuramente molto più consistente della presenza di uffici e giudici di pace in territori anche disagiati come quelli della nostra regione. Se noi pensiamo alla montagna, a volte non poter accedere per le questioni che evidentemente sono attratte nei limiti di competenze funzionali nella giurisdizione del giudice di pace perché ci si trova a un’ora e mezza di macchina dalla sede del giudice di pace competente sul territorio del capoluogo si traduce, di fatto, in un diniego di giustizia. Quindi, visto che parliamo tanto delle esigenze di velocizzare il contenzioso civile, seppure evidentemente di piccolo conto rispetto alle tante e ampie materie di cui si occupano i giudici togati, credo che la Regione possa farsi carico, visto che l’articolo 116 lo consente, anche dell’organizzazione della giustizia di pace. In ragione di ciò, abbiamo presentato un emendamento specifico in cui chiediamo che il presidente Bonaccini introduca anche questo tema nel dialogo con il Governo.

Qui ci fermiamo, nel senso che rispetto a questi temi noi non possiamo, oggi, esprimere né un giudizio a favore né un giudizio contrario. Del resto, se il presidente Bonaccini saprà rivendicare e acquisire quelle possibilità che noi auspichiamo, che quando saremo posti nelle condizioni di dirlo le diremo, noi non avremo difficoltà a votare a favore. Analogamente, se egli, invece, non saprà portare a casa quegli obiettivi che noi auspichiamo, tra cui quello di cui ho parlato, oppure ne porterà di meno importanti, esprimeremo un voto contrario, lealmente. D’altronde, l’ha detto anche il presidente stesso: sarà un percorso che si costruisce insieme e si realizza giorno per giorno, vedendo nel confronto con i tavoli tecnici di individuare i singoli punti. Quindi, al termine di questo percorso valuteremo azioni e materie e vedremo se effettivamente c’è stata un’azione per noi positiva.

Nell’impossibilità, quindi, oggi di esprimerci, diversamente sarebbe un giudizio, almeno da parte delle opposizioni, preventivo, dunque un pregiudizio, in una visione efficientista, come ha giustamente detto il collega Aimi quando ne abbiamo parlato, riteniamo che il Gruppo Forza Italia non possa che astenersi rispetto a una votazione. Così anticipo anche i contenuti di una dichiarazione di voto che eventualmente dopo svolgeremo. Ma aggiungo, presidente, una postilla: evidentemente le opposizioni non le hanno dato fiducia, Forza Italia non le ha dato fiducia all’inizio del mandato perché abbiamo ricevuto un’espressa indicazione dal nostro elettorato, purtuttavia vogliamo riporre un po’ di fiducia sulla sua possibilità di portare a casa dei risultati effettivamente concreti e utili, accompagnati però dall’attribuzione di risorse, perché questo è un aspetto che ci preoccupa. D’altronde, quando si andrà a definire il quantum, lì ci sarà il nodo da sciogliere, in quanto inevitabilmente il Governo nazionale ha tutte le intenzioni di farci fare più cose possibili dandoci meno soldi possibili. Quindi, lei lì dovrà essere bravo a portare a casa una buona corrispettività tra funzioni e danari dati per svolgere quanto intendiamo svolgere, e noi lì esprimeremo un giudizio definitivo.

In questa fase, pertanto, riponiamo una linea di credito nella sua azione, pur ritenendo che tanti dubbi espressi sulle procedure rimangano. Però, al di là della forma e guardando la sostanza, è giusto consentire che ci sia una valutazione e una verifica in concreto, che auspichiamo veda il coinvolgimento non tanto del Gruppo di cui sono presidente quanto di tutte le opposizioni, che credo al riguardo abbiano qualche consiglio da darle.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bignami.

Prego, consigliere Daniele Marchetti.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente.

Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei consiglieri di maggioranza…

 

BONACCINI: Chiedo scusa, devo uscire.

 

MARCHETTI Daniele: Non c’è problema. Magari dopo si riguarda il video.

Dicevo, ho ascoltato con interesse gli interventi dei consiglieri di maggioranza e vi confesso che mi aspettavo qualcosina di più, perché, oltre ad aver sentito degli interventi ripetuti a nastro, tra i quali ha spiccato quello del consigliere Boschini, che ci ha raccontato le sue vacanze estive, non abbiamo sentito molto di più.

Personalmente ritengo che, oggi, abbiamo perso una grande occasione, quella di poter avviare un iter per ottenere una vera autonomia per il nostro territorio. Questo lo dico convintamente per il semplice fatto che il nostro territorio, come è stato detto più volte da alcuni colleghi che mi hanno preceduto, comunque ha sempre dato allo Stato centrale, e penso, ad esempio, al residuo fiscale che oscilla intorno ai quindici miliardi di euro all’anno, con picchi addirittura di diciotto miliardi, soldi che sono stati versati nelle casse di uno Stato centrale che spesso ci ha messo in difficoltà, considerato che lo Stato centrale spesso si è dimostrato incapace di gestire le materie di sua competenza. Gli esempi potrebbero essere numerosi. Tante volte ci siamo trovati a discutere di tematiche che ci vedevano impantanati per la mancanza di alcuni decreti o per alcuni vuoti normativi a livello nazionale, che ci hanno costretti ad affrontare situazioni particolarmente complesse.

Ebbene, questa poteva essere l’occasione per cercare di ottenere più competenze possibili a livello regionale e gestire a livello locale le risorse dei nostri cittadini, i cittadini emiliani e romagnoli che hanno reso grandi i nostri territori con il loro lavoro e che non hanno mai preteso niente. Credo sia giunto il momento di iniziare a pretendere qualcosa, a battere cassa, iniziare a pretendere almeno buona parte di quel residuo fiscale che noi lasciamo nelle casse dello Stato ogni anno per riuscire a garantire servizi adeguati ai nostri cittadini. Del resto, un cittadino paga le tasse per ottenere servizi perlomeno adeguati. Penso sia un principio assolutamente basilare, che purtroppo, però, nel documento che ci è stato presentato non viene assolutamente menzionato.

Come abbiamo detto anche in IV Commissione, dove noi abbiamo presentato una bozza di parere alternativa a quella presentata dalla Commissione, noi chiedevamo uno sforzo maggiore. Sarebbe opportuno pretendere la piena gestione in autonomia del servizio sanitario regionale, come è stato detto poc’anzi anche dalla collega Gibertoni. D’altronde, leggendo i punti inerenti l’ambito sanitario, dove si parla di maggiore flessibilità, ci si rende conto che è tutto molto fumoso. Peraltro, come abbiamo ripetuto più volte, non leggiamo mai alcun numero, non leggiamo mai quanto ci rimarrà effettivamente in tasca, non leggiamo mai che cosa effettivamente potremmo fare con quel che andiamo a chiedere.

Io vorrei vivere in una regione dove, quando mi reco in un ospedale, non debba trovare un infermiere con l’acqua alla gola, perché magari negli anni non siamo mai riusciti a rimpiazzare tutti i pensionamenti, situazione che di conseguenza si riflette negativamente nel servizio che garantiamo a tutti i cittadini. Oggi come oggi, infatti, gli operatori sanitari non sono in grado di lavorare serenamente e nel modo più adeguato. Quindi, è giusto e doveroso pretendere le risorse e le competenze per gestire in piena autonomia il nostro servizio sanitario. Credo che non ci sia nulla di male in tutto questo.

Riprendo un po’ le parole del presidente Bonaccini, il quale, durante la seduta di Consiglio regionale del 12 luglio scorso, chiese chiaramente all’Assemblea: ditemi dove devo trovare i soldi per avere più posti letto negli ospedali, per garantire più aiuti sociali e via elencando. Proprio in quell’occasione – purtroppo il presidente dovette andare via per altri impegni, quindi magari non ha sentito la mia replica – gli dissi chiaramente di cercare di seguire ciò che stanno cercando di fare i governatori di Lombardia e Veneto, ovvero di trattenere più risorse sul nostro territorio. Del resto, tutto ruota attorno all’aspetto economico, è ovvio. Noi possiamo fare tutto quello che vogliamo, ma se non otterremo le risorse per portare avanti in autonomia le competenze che ci verranno affidate non riusciremo a far nulla. Per fare un esempio, proprio ieri sempre in IV Commissione, alla presenza di rappresentanti di ARPAE, si parlava di inquinamento ambientale, tema strettamente collegato alla sanità e alla salute dei cittadini, e ho posto una domanda molto semplice, che poteva sembrare addirittura banale, ma che in realtà non lo è: ho chiesto semplicemente se i fondi che fino ad ora sono stati stanziati sono sufficienti a portare avanti azioni adeguate per combattere l’enorme problema dell’inquinamento dell’aria. Ovviamente la risposta era scontata: mi è stato detto che oggi dobbiamo affrontare il problema con le risorse che ci sono e cercare di utilizzarle al meglio, ma che sicuramente servirebbero risorse economiche aggiuntive. È ovvio, perché se andiamo a vedere quanto è previsto per il Piano integrato dell’aria parliamo di 300 milioni di euro all’anno, e con queste risorse si fa fatica ad affrontare il tema della mobilità ecosostenibile e dell’efficientamento energetico, a mettere mano nel settore dell’industria e dell’agricoltura. Tutto con 300 milioni di euro all’anno a livello regionale. È ovvio che ti puoi limitare a contenere il problema, ma non lo riesci a contrastare con cifre di questo genere. E questa poteva essere l’occasione per andare a battere i pugni sul tavolo e pretendere risorse adeguate per il nostro territorio, che fa parte del cosiddetto “bacino padano”, che presenta questo problema in misura ben superiore rispetto a tante altre realtà del nostro Paese. Ma questo non è mai stato riconosciuto dallo Stato centrale, se non per aver costituito un semplice tavolo, che poi non ha portato ad alcuna risorsa aggiuntiva. Questa poteva essere l’occasione per tirare in ballo anche questa tematica e pretendere le risorse adeguate per poterla affrontare.

Inoltre, non leggiamo assolutamente nulla, ad esempio, in ambito sociale. Sui cittadini deboli e sulla non autosufficienza non c’è nemmeno una riga. Eppure, la situazione oggi non è delle migliori, considerato che gli Enti locali, sia di destra sia di sinistra sia di centro, con sacrifici e fatica riescono a far quadrare i conti. Il problema è che si scarica tutto, di conseguenza, sul cittadino in questo caso in difficoltà, perché certamente quando una persona percepisce risorse economiche per la non autosufficienza non gode di buona salute, ma anche sui propri cari, che si devono far carico di tutto. Anche su questa tematica non è stata scritta neanche una riga. Ma, a nostro avviso, era un tema fondamentale da affrontare.

Capisco che voi state portando avanti questa iniziativa perché volete, in un certo senso, arrivare prima della Lombardia e del Veneto, rifiutando tra l’altro anche l’opportunità di poter contare su una forza maggiore in fase di contrattazione grazie all’appoggio di milioni di cittadini emiliani e romagnoli, perché evidentemente avete qualche problema con le consultazioni referendarie o siete rimasti scottati dal referendum costituzionale. Non lo so. Però, mi sembra una situazione abbastanza surreale, dove, come ha detto prima il consigliere Rancan, un nostro assessore si reca in Veneto per esortare i cittadini a non partecipare al voto, dove si tace di fronte a quello che è successo in Europa, in Catalogna, dove sono stati manganellati dei cittadini che si recavano alle urne a votare. Ma anche a livello locale ci sono state altre occasioni. Io sono di Imola e, a suo tempo, avevamo raccolto le firme per uscire dalla Città metropolitana e aderire alla provincia di Ravenna. Avevamo raccolto le firme in pochissime settimane. Ma l’Amministrazione comunale del PD ci ha impedito di andare a votare quel referendum consultivo. Evidentemente avete un problema grosso. Io non lo so. Però, come abbiamo detto in più di un’occasione, in questo caso la consultazione dei cittadini poteva rappresentare un valore aggiunto nella fase di contrattazione che andrete ad avviare con lo Stato centrale. D’altronde, quando si è appoggiati dai cittadini si può ottenere sicuramente molto di più rispetto a quando si va a contrattare a mani vuote.

Ritengo sia doveroso spendere poche parole anche sulla questione Romagna, che sento tirar fuori spesso. Voi continuate a proporre questo “provincione” unico, province che sono state praticamente uccise dal vostro stesso partito, e oggi ne volete istituire una nuova, non so per far cosa. Giusto per dire che avete fatto qualcosa, avete riconosciuto comunque un’entità istituzionale a livello romagnolo. Ebbene, a questa proposta noi contrapponiamo la nostra, ovvero quella della Regione. Saranno, poi, i cittadini a decidere. Penso che non ci sia nulla di male in tutto questo. Magari i cittadini ci diranno “no, siamo contrari” o magari ci diranno “sì, siamo d’accordo alla nuova regione Romagna”.

Credo che non si debba aver paura della volontà degli emiliani e dei romagnoli, perché rappresentano sicuramente un elemento di forza anche per noi che siamo qui, all’interno di quest’aula, a rappresentare tutti i cittadini e che dovremmo seguire le indicazioni che ci vengono date.

Per chiudere, ribadisco che in più di un’occasione abbiamo cercato di dare il nostro contributo. Lo ripeto, in Commissione, addirittura, spesso abbiamo presentato dei pareri alternativi che davano qualche indicazione, pareri che sono stati bocciati e non tenuti minimamente in considerazione. Più di così, non sappiamo cosa fare. Vedremo che cosa otterrà il presidente Bonaccini. Noi siamo pienamente convinti che, con questa modalità, tornerà indietro a mani vuote.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Consigliere Pompignoli, ha quattro minuti.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente.

Intervengo dopo aver sentito le parole del consigliere Boschini, della consigliera Montalti e del consigliere Pruccoli, i quali mi hanno sollecitato l’intervento a seguito della lezione di coerenza che soprattutto il consigliere Boschini ha fatto a noi della Lega Nord, coerenza che, consigliere Boschini, non vedo molto dalla vostra parte. Prima proponete un referendum costituzionale per svuotare la Regione di competenza. L’esito referendario è noto a tutti. Oggi volete, invece, incrementare le competenze della Regione. Giustamente, no? Non le avete svuotate? Bene, allora le implementiamo. Quindi, andate un po’ a tentoni.

Dall’altro lato, volete abolire le Province. Ha fatto un passaggio prima il collega Marchetti. Istituiamo la Provincia unica. Visto che non siamo riusciti ad abolire le Province, istituiamo la Provincia unica. Dei geni. Se non è uno è l’altro. Non siete riusciti nel tentativo di portare a casa il referendum costituzionale. Almeno provate, con l’altro sistema, a portare a casa l’inverso di quello che chiedevate nel referendum costituzionale. Insomma, lezioni di coerenza, consigliere Boschini, è meglio che le facciate a casa vostra piuttosto che andare a dire qualcosa al nostro Gruppo. La Provincia unica. Oggi le Province non hanno soldi. Ne costituiamo una più grande per non avere ancora più soldi. L’incongruenza rispetto a quello che state facendo è sotto gli occhi di tutti. È evidente.

Non entro, poi, nell’ambito del merito (è stata già fatta una discussione in precedenza), del metodo e del contenuto della risoluzione. Lo abbiamo già detto, lo abbiamo già ribadito. Vogliamo qualcos’altro. Non vogliamo quell’autonomia che il presidente Bonaccini chiede oggi a noi di votare. Ora che questo passaggio, a mio avviso, deve rivoluzionare l’intero sistema, andiamo a chiedere di più, ma lo andiamo a chiedere sulla base di quello che ci dicono gli elettori. Chiediamo agli emiliano-romagnoli che tipo di autonomia vogliono. Spieghiamo agli emiliano-romagnoli che vogliamo l’autonomia con risorse che rimangono sul territorio.

È chiaro che i referendum per voi, ultimamente, non sono un gran banco di prova. Lo abbiamo visto anche nelle fusioni. La legge sul riordino istituzionale, sulle fusioni dei Comuni. Abbiamo fatto sei referendum e cinque sono andati male. La paura di chiedere ai cittadini quello che si vuole fare è evidente. Perché non lo facciamo? Perché decidete nella segreteria di partito di fare un qualcosa e poi di portarlo giù a Roma? Siete la stessa entità. Regione Emilia-Romagna e Governo centrale.

Presidente, io immagino che lei una chiamata a Gentiloni l’abbia fatta prima di proporre questa roba.

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Presidente, chiedo scusa, non è un dibattito.

Lei, consigliere Pompignoli, ha finito anche il tempo.

 

POMPIGNOLI: Ho finito anche il tempo?

 

PRESIDENTE (Rainieri): Se evitate il dibattito, riesce anche a finire, magari, il concetto.

 

POMPIGNOLI: Stavo semplicemente dicendo che lo avete fatto nelle vostre segreterie di partito, avete comunque deciso di agire in maniera unilaterale, senza confrontarvi con le altre forze. Bene, vediamo quello che riuscite a portare a casa.

Prima lei non c’era quando ho chiesto che, se non porta a casa qualcosa, auspico le sue dimissioni. Vediamo quello che succederà da qui a otto mesi, a dieci mesi. C’è tutto il passaggio sulla legge dello Stato. Non è solo l’intesa che dobbiamo firmare e sottoscrivere. Poi ci sarà un passaggio diverso. Non avete i numeri per fare la legge di bilancio al Governo. Non so se riuscirete e se riuscirà nel suo intento a mettere d’accordo due rami del Parlamento per fare una legge in otto mesi che comporta una maggiore attribuzione alle Regioni.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Pompignoli.

Consigliere Sassi, prego.

 

SASSI: Grazie, presidente.

Io sono andato sulla mia scrivania e da inizio legislatura ho questo, ingiallito anche, perché è un po’ che è lì: “Bologna, 26 gennaio 2015. Programma di mandato della Giunta”. Me lo sono riletto, sono andato a cercare i contenuti di questo documento, ossia la comunicazione del presidente Bonaccini, e non ne ho trovato traccia. O mi è sfuggito o proprio non c’è. Allora, penso, è una cosa nuova, una cosa di cui si sente una grande necessità.

Tralascio quanto detto poco fa dal collega della Lega, che ha già ribadito un’ovvietà. Lui ha parlato di mancanza di coerenza. Io potrei parlare di schizofrenia, ma non vorrei offendere nessuno. Il fatto di aver perso il referendum costituzionale che regalava allo Stato la maggior parte delle competenze di questa Regione riducendo la Regione...

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

No. Potete tirare fuori i documenti della Camera dei deputati per l’analisi fatta.

La maggior parte delle competenze, riducendo questa Assemblea a un consiglio di condominio, quasi, un passacarte o poco più. Fallito quel tentativo, secondo il consigliere Pruccoli, la conseguenza è non accettare quel risultato non acquisendo più competenza. È una visione, ma non è propriamente scritta sulla pietra una roba del genere. È molto fantasiosa come elaborazione.

Passiamo oltre. Io non capivo se questa era una gara ruba bandiera, una corsa di velocità o una pièce teatrale. Quando sono andato a leggermi, ovviamente, il contenuto di questa comunicazione, che va a identificare – secondo chi l’ha redatta – una richiesta allo Stato per maggiori competenze, una volta terminata la lettura, mi aspettavo di trovare il punto n. 4, ma purtroppo non c’è. Non so perché non ci sia anche la pace nel mondo.

Penso di aver perso il primato, come forza politica, di coloro ai quali veniva detto “siete superficiali”. Secondo me, siamo stati superati. Qualcuno ha detto in più occasioni, anche in Commissione, che bisogna entrare nel merito, che bisogna partire da questo documento ed entrare nel merito. Se questo documento avesse una concretezza, sì. Per me, non ce l’ha. È il tutto e il nulla redatto in burocratese (o politichese, chiamatelo come volete). Qualcuno che tratta e macina questa roba qua di professione da una vita, a un certo punto, leggendo ha detto: “Ma cosa sta chiedendo?”. C’erano punti proprio oscuri.

Se volessimo entrare nel merito, intanto bisognerebbe coinvolgere anche l’Assemblea, volendo, visto che tutta l’Assemblea rappresenta la volontà popolare. Poi, il fatto di osteggiare così convintamente un referendum popolare, una richiesta ai cittadini, un coinvolgimento della società civile in modo preventivo rispetto a quello che può essere un dialogo con il Capo dello Stato, con Roma, credo sia comprensibile. Comunque, c’è sempre quel 18 per cento che balla nella costituzione di questa Giunta, che ovviamente non piace. Quindi, chiedendo ai cittadini si rischia di sbatterci il muso. Può anche darsi che il pensiero che ha portato a prendere la decisione di non seguire quel percorso sia anche un altro. Io la leggo così politicamente. Posso sbagliare, ma non lo so fino a che punto.

Ho sentito dire che il coinvolgimento dei cittadini non è così necessario. Se fossimo qua per cambiare il Regolamento della bocciofila potrei darvi anche ragione, ma vorremmo chiedere allo Stato di cambiare la struttura della Regione, di aumentare le competenze. Prima di aumentarle bisognerebbe riuscire a fare quelle che si hanno, ma quello è un problema di un altro tipo. È un problema di efficacia. Su quello io sarei pronto a sedermi a un tavolo. Non parliamo di competenze. Le competenze arriveranno “in funzione di”. Se ci sono problemi dal punto di vista dell’efficacia, della tutela del suolo, per dire uno degli argomenti, andiamo a identificare dove sono le criticità e chiediamo allo Stato più competenze per quelle criticità, in modo che la Regione possa essere efficace nella sua azione in quell’ambito. Non general generico. Lì. Facciamo un bell’elenco. Vogliamo risolvere anche i conflitti dei temi concorrenti? La giurisprudenza costituzionale è bella corposa. Negli anni, da quando sono nate le Regioni ad oggi, c’è stata una giurisprudenza che ha dovuto dibattere su chi aveva ragione o competenza su una certa materia o in un certo ambito. Bene, prendiamo questa esperienza, vediamo quali sono le criticità e affrontiamole. Analizzandole si può anche ipotizzare di chiedere allo Stato maggiori competenze, nel merito. Quello, per me, è merito. Concretezza.

Signori, questa è troppo generica. Dice tutto e non dice niente. Manca l’hashtag “aiutiamoci a casa nostra” e siamo a posto anche nella comunicazione. Sinceramente, sentire parlare chi della coerenza ha fatto scempio di lezioni ad altri... Non entro nel merito, tanto non ci possono dire niente su questo punto. Quando si parla di intervenire nel merito, però, bisogna anche stabilire qual è il merito da cui si parte. Ripeto: io qui non riesco a identificare concretamente cosa. Su qualcosa si capisce, ma la maggior parte no. Sto cercando di entrare, a modo mio e secondo i miei canoni, nel merito. Il merito non c’è, per me, perché è poco concreto, poco preciso.

Abbiamo un problema di mobilità. Dobbiamo fare la Cispadana e abbiamo quattro ponti che stanno su con gli stuzzicadenti, uno appena chiuso. Non è competenza della Regione? La Regione può sbattere i pugni e andare a chiedere allo Stato di dare più soldi a chi di competenza che non ha fatto quello che doveva fare? Politicamente. Non dico che amministrativamente lo possa fare. Lo può fare amministrativamente? Lo faccia. Non ci sono i soldi? Li vada a chiedere. Su queste cose qui, la Regione ci trova al suo fianco. Quando si va a impattare sulla vita dei cittadini, bisogna risolvere i problemi.

Non più tardi di stamattina, il mio question time era molto pratico. Non chiedeva fondi. Si trattava di sistemare un problema concreto che esisteva. Punto. Lo faccia chi lo deve fare. A me non interessa. Il punto è che io ho una sensazione, non so se brutta o buona. Ho una sensazione a pelle, che mi viene su, ossia che questa roba sia molto più una gara che un interesse di migliorare la vita degli emiliano-romagnoli. Poi, che ottenendo più risorse si possa fare, ottenendo più competenze si possa fare può anche darsi, ma questa analisi qui non c’è.

Immagino che lei ci conosca molto bene, anche perché la sua vicepresidente, in tempi non sospetti, ci ha analizzato e ci ha scritto un libro, anche, quindi ci conosce...

 

(interruzioni)

 

Ci ha conosciuto. Ha conosciuto la struttura. Quindi, la nostra idea di politica la conosce dalle origini. Immagino, quindi, che anche lei sappia che uno dei motivi per cui siamo nati come Movimento 5 Stelle è di non dare deleghe in bianco. Questa, per noi, è una delega in bianco, perché non entra nel merito di niente. Io come faccio a darle...

 

(interruzioni)

 

No. Le ripeto: per me, è poco concreta. Tutto qua. Questo è il mio modo di entrare nel merito. Più di tanto come faccio a entrare, quando vedo che non ci sono ritorni?

 

(interruzioni)

 

È questo il punto. Io non ho problemi. Se parliamo di maggiore autonomia della Regione, pronti, parliamone. Qual è il problema? In Regione Lombardia il Movimento 5 Stelle collabora su questa questione. Non siamo contro il fatto di chiedere più autonomia, ma non in questo modo e certamente – e qui esco dal merito – non con questo metodo. Prima di andare a parlare a Roma e di redigere un documento, il documento deve essere condiviso.

Quando mi arriva una comunicazione, per quanto buona, superficiale, importa relativamente; quando si entra nel merito, invece, importa di più. Quando si entra nel metodo mi piacerebbe che ci fosse un confronto sul contenuto e ci si prendesse il tempo non solo di ascoltare l’Assemblea e di coinvolgerla in maniera un po’ più attiva (quindi, non solo il canonico passaggio in Commissione), ma ci fosse anche il discorso della società civile. Va bene che, magari, la Giunta l’ha sentita. Ci mancherebbe. È il suo mestiere e ha piena libertà di farlo, ha la propria autonomia per farlo. Ci mancherebbe altro. Il problema è che non è stata sentita anche da noi. Quindi, anche noi non sappiamo se c’è la possibilità, da parte nostra, in accordo con la società civile, magari chi da una parte e chi dall’altra, chi per un verso o chi per l’altro, di fare proposte di modifica a questo documento. Questo non ci è stato dato. Ci è stato dato per molte altre cose. Penso alla pianificazione. Ho sempre detto che efficienza e efficacia non sono sinonimi. Noi siamo molto efficienti a pianificare, ma nell’efficacia del risultato un po’ scarseggiamo. Lì potremmo andare a chiedere più autonomia su alcuni temi che ci rendano più efficaci nella cura del territorio. Lì sì, ma nel merito. Quello che, per me, è merito è la concretezza precisa di quello che si vuol andare a fare. Per questo dico che questa, per me, è una delega in bianco. Non entra in quel merito.

Se, poi, con un documento condiviso e costruito collegialmente si va a chiedere ai cittadini se sono d’accordo con una campagna informativa seria... Stiamo parlando di qualche mese, non di qualche settimana. Giocoforza – come dicevo all’inizio – non stiamo modificando il Regolamento della bocciofila, del circolo. Okay? Stiamo lavorando sull’ossatura della Regione, e questa è una cosa che impatta fortemente sulla vita dei cittadini. Quindi, i cittadini hanno il diritto di esprimersi. Per me, questo è il punto.

Per quanto riguarda il resto, se vogliamo discutere di temi e di problemi da risolvere che la Regione, con tutta la buona volontà, non riesce a risolvere perché le risorse sono quelle, le competenze sono limitate, perché c’è lo Stato, eccetera, siamo pronti, ma nel merito. Questo, per me, non è merito. Tutto qua. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Sassi.

Consigliere Sabattini, prego.

 

SABATTINI: Grazie, presidente.

Io non avevo intenzione di intervenire, però sono stato stimolato dal dibattito. Apro con una premessa: non sono un fine costituzionalista e non sono neanche un esperto di diritto interno spagnolo. Quindi, probabilmente, alcune delle grandi prese di posizione che ho sentito oggi non sono in grado di farle, però ci tenevo a dare un piccolo contributo e a fare una riflessione che ho provato a esporre anche in Commissione.

Oggi qui si è parlato tanto di referendum, di richiesta di grandissima autonomia, come se quello fosse l’unico obiettivo. Noi perché chiediamo l’autonomia? Io mi pongo questa domanda. Perché dobbiamo cercare di rendere più performanti e più utili le offerte di servizi per i cittadini. Questa è la richiesta che principalmente ci viene rivolta. Non credo non ci sia un interesse puntuale da parte dei cittadini emiliano-romagnoli nel costruire o nell’avere più bandiere che rappresentano l’Emilia-Romagna o confini più forti. A noi serve cercare di essere più performanti in quello che riusciamo a erogare.

Riprendo l’analisi che ha fatto la Giunta. Ho sentito tanti interventi richiamare la necessità di entrare nel merito, fermo restando il fatto di non starci troppo nel merito perché il documento alcuni elementi li richiama e fermo restando anche che, per stare nel merito, bisogna partire, secondo me, dall’articolo 116. Ragazzi, per quanto riguarda le funzioni previste dall’articolo 116 (vi dico la mia opinione, ma in un’analisi puntuale penso che potremmo trovare anche un accordo più generale), non tutte le funzioni sarebbe proprio il caso di prenderle e di richiederle tout court, in modo generalizzato.

L’analisi che è stata fatta dalla Giunta riguarda la volontà di provare a individuare, fermi restando i servizi che la Regione eroga, come questi possono essere potenziati e rafforzati in maniera più performante per i nostri cittadini, andando a vedere anche quelle che sono le difficoltà nella gestione delle funzioni che già abbiamo. Tanti sono i passaggi presenti all’interno del documento. Si poteva anche inserire qualche altro elemento in più, con un’analisi che, magari, poteva essere svolta anche in un tempo più lungo. Probabilmente. Io non mi attacco, su un tema come questo, solo ed esclusivamente a un metodo di discussione.

Mi dispiace, ma credo che il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, indipendentemente dal percorso che ha portato a questa risoluzione, potesse trovarsi su un accordo generale: per provare a erogare servizi migliori dobbiamo dare la forza maggiore possibile al nostro presidente nella negoziazione e trovare – come credo che stiano facendo anche nelle altre Regioni che hanno scelto un percorso diverso, che io non condivido, e dopo spiegherò il perché – più o meno tutti d’accordo, chi con più convinzione e chi con meno, sulla necessità di provare, nelle Regioni con maggiore virtuosità, a integrare funzioni diverse.

Prendiamo, poi, in considerazione anche un elemento di realtà pragmatica, come siamo noi emiliano-romagnoli. Anche per sentire i cittadini ci vuole tanta correttezza. Questa cosa, su posizioni diverse, l’abbiamo riscontrata anche durante il referendum del 4 dicembre. Come me, tanti di voi hanno portato avanti tante iniziative, su parti anche differenti di quel passaggio importante. Abbiamo visto quanto era complicato spiegare tecnicamente nel merito tante di quelle modifiche contenute all’interno di quel passaggio elettorale, che poi si è tradotto in una battaglia personale nei confronti del Capo di Governo presente in quella fase o in una battaglia di trincea, però non stando nel merito.

Andiamo a misurarci su elementi estremamente tecnici sui quali chiediamo ai cittadini un’espressione. Anche nel dibattito credo sia emerso: non è stato semplice neanche per noi entrare nel merito puntuale, nel corso delle nostre discussioni, di tutte le funzioni del 116. Richiamare l’esigenza di una consultazione ampia tra i cittadini non vorrei che rischiasse di essere un elemento di distrazione complessivo nel merito del quesito. Un po’ come sta avvenendo – credo che anche questo sia normale – nel dibattito che sto leggendo nelle Regioni che hanno scelto quel percorso.

Tornando al merito del percorso che stiamo facendo oggi, ripeto, non voglio sottolineare quello che secondo noi è stato fatto bene nel percorso o sottolineare le osservazioni che ho sentito fare oggi, assolutamente, secondo me, sin troppo dure. È una strada che la Regione Emilia-Romagna non aveva ancora percorso. Sicuramente, c’è stato anche qualche inciampo nel gestire tutta la procedura, il passaggio in Commissione, eccetera. Oggi, però, dobbiamo cercare di dare la massima forza al presidente in una fase di negoziazione. Credo sia questa la vera perdita di occasione che abbiamo davanti.

L’autonomia non si traduce, proprio per richiamare quello che dicevo prima, solo ed esclusivamente in un aspetto economico. L’autonomia non si traduce in funzione di quanti milioni di euro eventualmente trattengo sul territorio se questo non è conforme a un programma e a una strategia complessiva di erogazione delle funzioni fatte dalla nostra Regione.

Mi avvio alla conclusione. Al netto della rappresentazione, ognuno poi si comporta come ritiene, anche nell’esercizio delle proprie funzioni di amministratore. Io, sinceramente, sono emiliano, non sono romagnolo. In Emilia nessuno mi pone come primo quesito il fatto di costruire l’Emilia Libera o una forma, magari, di ricostituzione (vengo da Modena) del Ducato estense o di qualsiasi altro elemento diverso. A noi chiedono risposte sull’innovazione, sul lavoro, su quali sono le politiche di occupazione che facciamo, di sostegno, di welfare. Sono queste le priorità che io sento. Allo stesso modo, credo che neanche per i cittadini romagnoli stia in cima alle loro esigenze la priorità di potersi riconoscere all’interno di un’istituzione riconosciuta come Regione Romagna. Questi sentimenti, se alimentati sapendo bene che sono elementi che passano in un dibattito pubblico un po’ per azzuffare forze politiche diverse, rischiano non solo di non poter essere tradotti, perché c’è una Costituzione da rispettare, ci sono passaggi legislativi da fare, che sappiamo bene tutti che non possono portare a una soluzione pratica, ma rischiano anche di distrarre energie e forze da un dibattito che, invece, è importante e centrale su temi importanti come l’autonomia, come stiamo facendo oggi, ma anche su altri temi che amministriamo come Regione.

Anche quando si parla di merito, e su questo concludo, bisogna provare a sottotitolarlo sempre con quel pragmatismo che da emiliani abbiamo sempre avuto, anche nel nostro amministrare, nel nostro lavorare all’interno delle nostre comunità. Portare elementi che con questo c’entrano ben poco aiuta un pezzo della campagna elettorale, ma sicuramente non aiuta il nostro essere amministratori e la credibilità del nostro dibattito pubblico.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Sabattini.

Consigliere Calvano, prego.

 

CALVANO: Grazie, presidente.

Inizio il mio intervento cercando di confutare una fake news relativa all’iter con il quale siamo arrivati oggi in aula. Chiaramente, qualcuno potrebbe dire che si tratta di un iter velocizzato, e questa potrebbe essere una di quelle osservazioni che si potrebbero anche accogliere, ma non è accoglibile l’osservazione per la quale questo è un iter che non ha tenuto conto del dibattito all’interno di quest’aula e esterno a quest’Aula. Lo dico perché chi oggi ha ascoltato il dibattito, in particolare da parte di una parte delle opposizioni, rischia di avere un’immagine, su questo percorso, per la quale è la prima volta che discutiamo della richiesta di autonomia rafforzata da parte della Regione Emilia-Romagna. Non è così. In agosto la Giunta ha deciso di indicare un percorso, di mettere nero su bianco alcuni indirizzi sulla base dei quali chiedere maggiore autonomia al Governo. In funzione di quell’atto, questa Assemblea ha deciso come affrontare la discussione. Contemporaneamente e parallelamente alla discussione all’interno di quest’Assemblea e nelle relative Commissioni è partito un iter di confronto con il mondo esterno, quindi con tutte le organizzazioni di categoria, con i sindacati, con le università, con il mondo associativo, con gli enti locali. L’iter all’interno di quest’aula ha visto un passaggio in tutte le Commissioni, anche più di una volta in alcune Commissioni. In ognuna di queste è stato trattato appositamente il tema inerente quella Commissione che rientrava dentro quelle linee di indirizzo, fino ad arrivare alla discussione che c’è oggi in Aula.

Qui riprendo le parole del collega Taruffi. Ha ragione. Serve un po’ di onestà intellettuale per capire e vedere che le linee di indirizzo emerse dalla Giunta, che erano già molto chiare e esplicative dell’intento della Regione Emilia-Romagna, sono state, a mio avviso, ulteriormente migliorate dalla discussione che c’è stata nelle Commissioni e lo saranno ulteriormente sulla base della discussione che c’è stata oggi in aula. Quindi, se qualcuno vuol dire che questo iter non piace perché non c’è stato abbastanza confronto, rispondo che non può essere questo il tema per il quale si dice “no” e si vota contro la richiesta di un’autonomia rafforzata della Regione Emilia-Romagna.

L’altra fake news è quella relativa al referendum del 4 dicembre. Ci si è divisi tra il sì e il no. Nel farlo io immagino che tutti abbiano preso coscienza di ciò che stavano votando, però devo dire che sul 116, evidentemente, non c’è stata da parte di qualcuno una adeguata attenzione. Quella riforma costituzionale del 4 dicembre se, da un lato, aumentava le competenze statali su alcune materie, per quanto riguarda il 116 rafforzava l’opportunità per le Regioni virtuose di poter chiedere maggiori spazi di autonomia. È sufficiente prendere il testo e leggerlo per notare in modo chiaro che quella riforma guardava con interesse alle Regioni virtuose, alle quali diceva esplicitamente: “Avviate l’iter per chiedere più autonomia se avete i conti in ordine”. È una cosa che la Regione Emilia-Romagna ha iniziato a pensare da allora e che ha trasformato in fatti concreti e in qualcosa di più sostanziale nel corso di questa discussione.

Ha ragione il collega Sassi e chi come lui dice che questa idea non era nel programma del presidente. Non so chi abbia detto questa cosa, ma la utilizzo e la faccio mia. Governare vuol dire certamente programmare e realizzare ciò che si programma, ma governare vuol dire anche gestire ciò che succede. Sono successe delle cose in questa Regione. Abbiamo avuto una riforma costituzionale che non è andata a buon fine, nostro malgrado, e lo dico assumendomi la responsabilità. È chiaro cosa abbiamo deciso di votare in quella riforma e devo dire che una parte maggioritaria della Regione Emilia-Romagna l’avrebbe apprezzato. Però, purtroppo, non è andata a buon fine. E questo è un fatto.

C’è un altro fatto che è successo e che non potevamo immaginare quando abbiamo cominciato questa legislatura. Ci sono molte cose di questa legislatura che sono andate in porto, volenti o nolenti. Possono piacere oppure no dal punto di vista del merito, ma sono andate in porto. Ci eravamo ripromessi di mettere in campo un reddito di solidarietà per stare vicino alle persone più in difficoltà, e oggi è legge e azione. Avevamo proposto una riforma del welfare che andasse in una determinata direzione, del welfare, dell’edilizia popolare, e così è stato fatto. Avevamo proposto una riforma dello sport, e l’abbiamo fatta. Abbiamo proposto e messo in programma di riformare i servizi ambientali, e l’abbiamo fatto. Abbiamo proposto e messo in programma di riformare il turismo, con le destinazioni turistiche e quant’altro, e lo abbiamo fatto. Ci eravamo impegnati a mettere in campo il Patto per il lavoro, quindi avviare nuove politiche industriali per questa Regione, e lo abbiamo fatto.

A questo punto, mi permetto di aprire una parentesi. C’è chi dice che il merito di quello che succede in Emilia-Romagna non è del Patto per il lavoro, ma è delle imprese. Ci mancherebbe. Il PIL lo fanno innanzitutto le imprese e chi lavora all’interno di quelle imprese. Però chi ha avuto modo di fare un po’ di studi di politica industriale, l’assessore Bianchi ne è un esperto in qualità sia di assessore che di accademico, saprà molto bene che per un’impresa, nel momento in cui decide di fare un investimento, uno degli elementi fondamentali è il clima sociale che trova nell’area in cui decide di andare ad investire. Il Patto per il lavoro ha fatto questo. Ha creato un clima sociale favorevole agli investimenti, grazie all’intervento pubblico che ha messo in atto 15 miliardi di investimenti, grazie anche a un grande senso di responsabilità delle parti sociali, delle organizzazioni imprenditoriali che hanno creato un ambiente, un’atmosfera comune dentro la quale tutti si possono ritrovare.

Queste sono le cose che si sono verificate in questi due anni e mezzo, tre anni di legislatura. Ci sono molte altre cose da fare, è vero. Quelle cose sono fattibili tutte con i poteri oggi a disposizione della Regione Emilia-Romagna? Una parte di queste cose non sono fattibili. Quindi, la richiesta di autonomia si inserisce lì. Non può essere solo un tema di risorse, non può essere solo una bandiera. La richiesta di autonomia sta dentro l’idea di poter continuare e portare avanti quelle riforme che questa Regione, questa Giunta, il presidente Bonaccini hanno voluto e portato avanti in questi anni.

Anche qui faccio alcuni esempi, altrimenti sembra che si stia parlando di aria fritta. Invece, è evidente quello che si potrà fare nel momento in cui il Governo e il Parlamento – auspico – arriveranno a dare alla Regione Emilia-Romagna maggiori autonomie. Faccio un esempio. Siamo in una fase di ripresa economica? Siamo in una fase di ripresa economica. Qualcuno potrà dire che è più forte in altri Paesi. Comunque, siamo in una fase di ripresa economica. Cosa c’è da fare in una fase di ripresa economica? Ci sono da creare le condizioni affinché persone fuoriuscite dal mercato del lavoro possano in qualche modo rientrare in un mercato del lavoro diverso rispetto a quello che avevamo durante la fase precedente la crisi. Quindi, politiche attive per il lavoro. Uno dei punti centrali su cui chiediamo più autonomia sono le politiche attive per il lavoro, così come ulteriormente evidenziato in alcuni emendamenti proposti dal Partito democratico e da altri.

Abbiamo un sistema produttivo orientato all’export? Indubbiamente sì. Lo è il sistema nazionale e lo è ancora di più il sistema produttivo emiliano-romagnolo. Cosa inseriamo nella richiesta di maggiore autonomia? Più risorse, più possibilità normative in termini di internazionalizzazione delle imprese, con un’attenzione particolare – anche qui, i nostri emendamenti vanno in quella direzione – alle piccole e medie imprese. Abbiamo detto tutti che c’è la necessità, sul sistema sanitario, di fare un’operazione di razionalizzazione delle aziende (chiamiamola così)? Sì, lo abbiamo detto tutti. Con gli strumenti a nostra disposizione, oggi non saremmo in grado di accorpare aziende sanitarie, da un lato, e aziende ospedaliere e sanitarie, dall’altro. Non siamo in grado di farlo con la normativa attuale. Se ci daranno maggiori spazi di autonomia potremo fare anche questo. Lo dico da ferrarese, dove lì, così come in altri territori, il tema c’è ed è un tema caro a tutte le forze politiche.

C’è un problema che si è sviluppato in questi anni, in particolare in questi mesi. Abbiamo avuto, poco tempo fa, la manifestazione di quelli che vorrebbero fare i corsi di specializzazione nel settore sanitario. C’è un blocco a livello nazionale o, comunque, c’è un problema. Una delle cose che chiediamo è maggiore autonomia su questo versante per mettere in campo più corsi di specializzazione, quindi formare al meglio i professionisti della sanità.

C’è la necessità di rivedere le modalità di accesso ai servizi? C’è un tema che non viene toccato a livello nazionale su questo, che è l’accessibilità ai servizi utilizzando l’ISEE? C’è, infatti, nella bozza, noi andiamo a chiedere l’opportunità di rivedere le forme di compartecipazione alla spesa sanitaria, anche tenendo conto dell’ISEE.

È acqua fritta? Ci vuole del coraggio a dire che è acqua fritta o che è qualcosa di non concreto. Il tutto, anche qui è messo nero su bianco e lo potete vedere ulteriormente negli emendamenti del Partito Democratico, senza l’introduzione di nessuna nuova tassa. Questo è quello che si chiede attraverso la richiesta di maggiore autonomia.

Negare il fatto che nel fare queste richieste sia mancato il confronto è davvero negare anche ciò che c’è scritto nelle cose che andiamo ad approvare. Lo dico perché qui riprendo le parole del collega Fabbri rispetto alla manifestazione, chiamiamola così, che ha voluto fare la Lega oggi.

Il collega Fabbri ha detto: “Mi dispiace aver dovuto tirar fuori quelle bandiere”. Lo dico anch’io. Dispiace anche a me aver visto in Aula quel tipo di atteggiamento, perché la Lega, e uso le parole dei consiglieri Fabbri e Pompignoli, è stata la prima a dire: “Abbiamo preso atto che in quel documento avete raccolto alcune nostre istanze”. Da un lato c’è il fatto che il presidente torni in quest’aula a raccontare come sta andando l’iter e le risultanze di questo iter, dall’altro c’è il collega Fabbri che riconosce di aver accolto tra gli emendamenti presentati, anche questi da parte del Partito Democratico, l’inserimento di maggiore autonomia su tutto il tema della Protezione civile.

Se l’atteggiamento, anziché quello delle bandiere, fosse stato un atteggiamento costruttivo, come hanno avuto altri, anche la discussione di oggi ci avrebbe aiutato e ci aiuterà, in realtà, a migliorare quel testo, perché una proposta come quella che fa il collega Bignami non può che andare nella direzione da noi auspicata e non può che trovare, da parte di questa maggioranza, una piena condivisione. È la testimonianza di come anche un’aula, dove spesso le cose arrivano blindate, ce lo diciamo, succede a volte nelle aule dei Consigli comunali, succede a volte nelle aule dei Consigli regionali, succede ogni tanto anche in Parlamento, quest’aula ha dimostrato – cito il caso di Bignami, ma potrei citarne altri – che la discussione che si fa qua dentro può essere utile a migliorare i provvedimenti nell’interesse di tutti.

Due ultime considerazioni. La prima è sul referendum. Lombardia e Veneto hanno deciso un’altra strada, hanno deciso una strada sulla quale chi ha parlato prima di me ha già detto sostanzialmente tutto. Però, vi chiedo una cosa: è più delega in bianco quel referendum o quello che stiamo facendo noi oggi? Perché una volta che quel referendum andrà in porto, e io penso che abbia le condizioni anche per andare in porto, seppur in Veneto c’è anche un quorum da superare e vedremo se verrà superato, quando andrà in porto, sapete cosa succederà? Succederà che quando le opposizioni chiederanno di poter essere partecipi di quel procedimento io sono quasi certo che ci sarà qualcuno che dirà loro: “Il popolo ci ha detto di andare avanti così. Non potete dire e fare niente”. È molto più delega in bianco un referendum in cui non c’è il dettaglio di ciò che si chiede nella discussione che stiamo facendo qui oggi e credo che questo sia un tema su cui lombardi e veneti farebbero bene ad interrogarsi.

Aggiungo su questo l’altra questione posta dalle opposizioni, la divisione tra Emilia e Romagna. Le ragioni per cui Emilia e Romagna sono un corpo unico ce le racconta la storia. Non c’è neanche bisogno che perdiamo troppo tempo a raccontare le ragioni che ci tengono insieme. Io credo che quelle ragioni le dobbiamo rafforzare e non indebolire. Ammetto, oltretutto, che da ferrarese sarei in un certo imbarazzo, perché oggi mi considerano un trattino, se andasse avanti la secessione tra Emilia e Romagna diventerei un confine. Dei due preferisco essere un trattino, perché oggi c’è bisogno di unire, non di dividere. C’è bisogno nella nostra Regione di unire e non di dividere, c’è bisogno nel Paese di unire e non di dividere, c’è bisogno in Europa di unire e non di dividere. Credo che questo sia lo sforzo che dobbiamo provare a fare anche sul tema del 116.

Ho colto nelle parole del collega Fabbri qualche apertura in tal senso. Spero possa trasformarsi in qualcosa di concreto, perché io ricordo bene cosa è stato detto all’inizio della legislatura un po’ da tutti, che quando c’è una battaglia comune per la Regione dobbiamo ritrovarci tutti dalla stessa parte a farla.

Ecco, la richiesta di autonomia rafforzata credo che possa essere una battaglia comune a tutti e spero che tutti si decida di farla insieme, perché quello che facciamo qui oggi è un primo passo e c’è una strada lunga da percorrere, una strada dove ci saranno anche degli ostacoli, ma rispetto alla quale, se proviamo a marciare uniti, credo che si possa davvero arrivare in fondo.

Più che sfidare il presidente Bonaccini, io proverei a dirgli che si è pronti a dargli una mano. Questo, sicuramente, è ciò che farà il Partito Democratico.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Calvano.

Consigliera Sensoli, prego.

 

SENSOLI: Non sarei voluta intervenire nemmeno io, però un paio di osservazioni mi sento di farle. Il consigliere Calvano ha parlato di confronto con l’esterno. Vorrei sapere chi l’ha fatto questo confronto con l’esterno, se non il presidente che l’ha dichiarato, perché a me non risultano audizioni, non risultano confronti con l’esterno da parte dell’Assemblea legislativa, salvo che qualche consigliere di maggioranza abbia partecipato agli incontri fatti dalla Giunta. Ci sono arrivate delle relazioni dopo che l’iter in Commissione era terminato, senza avere nemmeno la possibilità di commentare un foglio scritto arrivato nelle Commissioni. Questo non è confronto con l’esterno da parte dell’organo legislativo dell’Emilia-Romagna, perché, altrimenti, parliamo di autonomia e a questo punto, già che ci siamo, parliamo di fare una Regione presidenziale e siamo a posto.

L’altra cosa che non condivido assolutamente riguarda l’affermazione del consigliere Pruccoli in merito ai costi del referendum. Il Partito Democratico – ha ancora questa parola all’interno del proprio nome – parla di costo del referendum, confondendo i costi della politica dai costi della democrazia, che sono due cose ben diverse e da tenere ben distinte l’una dall’altra.

La questione Romagna, purtroppo, esiste. Io sono romagnola, sono nata in Romagna, cresciuta in Romagna, vivo in Romagna e ogni tanto qualche voce tra i nostri anziani, ma anche tra i più giovani si sente. Dicono: “Fanno tutto a Bologna, decidono tutto a Bologna, i soldi se li tengono tutti in Emilia e in Romagna non arriva mai nulla. Ci siamo stancati”.

Sicuramente la soluzione non è l’indipendenza della Romagna e la Regione autonoma, assolutamente non voglio avallare questa teoria, però, presidente, la invito a fare una cosa, a non parlare più di autonomia all’emiliana, perché se lei parla di autonomia all’emiliana poi qualcuno raccoglie il mal di pancia e rilancia, gioca al rialzo e parla di indipendenza romagnola.

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

Sì, l’ha detto. Non si preoccupi. Abbiamo sentito la locuzione “autonomia all’emiliana”.

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

L’ha detto in qualche dichiarazione. Adesso non ho la data, il giorno o l’ora precisa dell’intervista, però ha parlato di autonomia all’emiliana.

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

Termino.

Vorrei semplicemente invitarla a fare attenzione a qualche piccolo particolare, perché a volte la forma diventa sostanza e cerchiamo di non far scadere ancora di più una discussione che, ad oggi, affrontata in questa maniera, per noi è già risultata sufficientemente superficiale.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Sensoli.

Consigliere Foti, prego.

 

FOTI: Molto brevemente, signor presidente, anche perché la modalità di discussione che è stata scelta evidentemente non pone al centro del dibattito e del protagonismo l’Assemblea legislativa che è qui oggi ad ascoltare delle comunicazioni sulle quali poi verranno approvate delle risoluzioni e il primo tempo della partita della riforma istituzionale sarà stato chiuso.

Dico subito perché sono contrario: non per quello che c’è scritto, ma perché rimango coerente con i miei voti. Ero parlamentare quando votammo la devolution. Oggi ho sentito parlare di tante cose, ma gli amici della Lega non hanno citato questo termine, che pure a loro era caro. Una delle norme, mi pare quella che era stata inserita, se non sbaglio, all’articolo 50 di quella riforma costituzionale, che poi non entrò in vigore in ragione del referendum popolare, ma che venne approvata dai due rami del Parlamento, era l’abrogazione dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione vigente.

Penso che il percorso dell’articolo 116, comma 3, sia un percorso che politicamente non mi appartiene e non mi apparteneva quando nel 2005 ho votato la riforma costituzionale, che si chiamava devolution. Non sono nato a Casablanca e non cambio idea. Non perché sia fermo e immobile come i paracarri, ma perché ritengo che l’articolo 116, comma 3, della Costituzione sia stata una delle peggiori norme costituzionali che il legislatore poteva scrivere. Non starò a dimostrarvi le ragioni. Basterebbe dire che quando venne approvato l’articolo 116, comma 3, il Governo Prodi uscì poi con un disegno di legge che disciplinava come poter procedere sul 116, comma 3, e quel disegno di legge, nonostante si siano succeduti più Governi, non è mai stato approvato.

Non dirò neppure, presidente Bonaccini, la cosa assurda, che un’intesa, anziché essere ratificata con legge dello Stato, presuppone una legge dello Stato che la prova, che è cosa diversa, perché la ratifica è semplicemente un atto con il quale simul stabunt simul cadent o la si approva in questo modo o cade. Il fatto di pensare, invece, ad una legge, approvata seppure con maggioranza rinforzata al 50 per cento più uno dei componenti dell’organo, da parte dei due rami del Parlamento, mi dice una cosa. Mi dice che è stata scelta una via suicida in allora e sarà ancora più suicida oggi perché tutti coloro che vorranno bloccare il processo… Anche qui, tra autonomia rinforzata e federalismo differenziato bisogna mettersi d’accordo sui termini, perché l’autonomia è una cosa, il federalismo è un’altra e la devolution e un’altra ancora. Sono tre argomenti del tutto differenti tra di loro. Ma in questo soccorre a me, che sono sicuramente l’ultimo della classe, il giudizio abbastanza sferzante che ebbe a dare sul tema il professor Pietro Ciarlo, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Cagliari, quando ebbe ad elaborare un suo saggio dal titolo “Dal regionalismo differenziato al regionalismo pasticciato”. È proprio questa la strada che, secondo me, non va seguita. Io penso che vi è e vi era la possibilità di incrementare i livelli di autonomia, che non sono dati dall’articolo 116, comma 3, ma tutt’al più dall’articolo 118 della Costituzione, che, peraltro, non ha mai trovato una concreta attuazione neppure in termini di definizione di quelli che erano alcuni principi, a partire dal principio di sussidiarietà.

Ciò detto, per andare subito al dunque, oggi abbiamo sentito parlare di una nuova Regione che con l’articolo 116, comma 3, c’entra niente, perché chiunque vuole istituire nuove Regioni deve appellarsi al 132, comma 1, della Costituzione.

Poi, abbiamo sentito dire che bisogna fare un’unica Provincia della Romagna, ma per questo caso non si segue l’articolo 116, comma 3, ma il 133, comma 1, ovvero la modifica dei confini delle circoscrizioni provinciali. Poi, per l’amor di Dio, io ho fatto anche una proposta di legge per realizzare la Regione Romagna, anche per andare incontro alle numerose liti degli amici romagnoli. Non mi sono permesso di indicare il capoluogo di regione, ma sicuramente, conoscendo la conflittualità che c’è tra Rimini, Forlì e Ravenna, mi pare che il miglior capoluogo potrebbe essere Predappio, che potrebbe mettervi d’accordo tutti.

Io non sono neanche tra quelli – lo dico sinceramente, presidente – che sventolano le bandiere per il referendum del 22 ottobre. Io capisco tutte le forme di consultazione dell’opinione pubblica, saranno positive, indispensabili o meno, ma personalmente ritengo che non si possa cadere, neanche con quel referendum o altro, che, a Costituzione vigente, nel 116, comma 3, della Costituzione. Questo perché le Regioni a Statuto speciale non è che uno se le inventi. Ci vuole una modifica costituzionale per farle. Ho cercato anche di spiegarlo in altri ambiti dicendo che va benissimo se si vogliono fare delle consultazioni, ma per applicare il 116, comma 3.

Poi ci sarà la distinzione tra quello che diceva il collega Calvano, di una che è una delega in bianco e l’altra che è una delega già più scritta, ma è quello solo l’ambito in cui il giudizio popolare si può esprimere. Se si vogliono fare, invece, delle nuove Regioni a Statuto speciale, mi permetto di dare una risposta che, a mio avviso, è esattamente l’opposto. Io toglierei anche le Regioni a Statuto speciale che ci sono, per il semplice motivo che sono venuti meno i motivi storici e culturali che le avevano in allora legittimate.

La mia operazione – se me lo permettete – di riforma costituzionale e poi istituzionale è esattamente in senso inverso a quella che si vuole seguire. Proprio per questa ragione io non penso che sia più una gara tra chi arriva prima alla presidenza del Consiglio. Tra l’altro, suggerirei a tutti di inviare non al Governo, ma al presidente del Consiglio e al ministro degli affari regionali il fascicolo, perché, con una legge che è nella legge di stabilità, è stato inserito un comma che prevede che entro 60 giorni il presidente del Consiglio e il ministro degli affari regionali si facciano carico della proposta che perviene dalla Regione.

Lo dico perché questa è l’unica norma attuativa dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione inserita nella legge di stabilità del 2014, articolo 1, comma 571. Ciò detto, faccio una seconda riflessione per dire il motivo per cui io non credo a questa strada. Non ci credo perché quando è stata inserita questa norma nella Costituzione vi era una situazione, a mio avviso, anche politica, del tutto differente. Vi era, cioè, una esigenza di autonomia che oggi, attenzione, se mal declinata, va effettivamente nella separazione.

Io ho sentito richiamare molto spesso in questi giorni il tema della Catalogna. A me non appartiene quel tema, lo dico sinceramente, perché l’autonomia amministrativa è un conto, quello che chiede la Catalogna è una separazione dalla Spagna, che è altro ragionamento.

Separazione e autonomia, a mio avviso, sono due concetti leggermente diversi che non mi sento di mischiare, soprattutto perché, se poi sento cosa cantavano i catalani, non posso stare che dalla parte degli spagnoli. Ho anche questo difetto. Mi è bastato sentire qual era il grido di battaglia della loro autonomia. Non entro ancora nella legge Fiano, perché non è ancora legge.

Se devo scegliere tra cosa cantavano i catalani e cosa cantavano molti spagnoli, io sto con [audio incomprensibile].

Ciò detto, proprio perché non mi voglio trovare in questa situazione e proprio perché non voglio, lo dico anche per chi non l’ha studiato, ad esempio, arrivare alle forme di aberrazione che oggi ha come Regione a Statuto speciale la Sicilia. Quando, amici, tutti contestano quello che fa la Sicilia su certi provvedimenti – parlo, ad esempio, degli ultimi, sui forestali – vi siete accorti che bisogna togliere potere legislativo anziché aggiungerne? Perché io penso che la funzionalità dello Stato si possa coniugare benissimo a legislazione vigente, che è una cosa, e autonomia amministrativa, che è un’altra. Qui, invece, si sta facendo confusione, molta confusione, tra autonomia amministrativa e autonomia legislativa.

Voglio ricordare a me stesso, perché tutti voi lo sapete, che a Costituzione vigente siamo arrivati a 1.500 casi di conflitto tra Stato e Regioni con sollevazione davanti la Corte costituzionale dei relativi giudizi.

Questa non è una fonte non indipendente, è una fonte sicuramente indipendente e i dati sono aggiornati all’anno scorso. Quindi, devo supporre che, nel frattempo, un altro centinaio di ricorsi sarà stato presentato. Ecco, quindi, che il mio giudizio negativo non è sul merito che vedremo nel momento in cui, scusatemi, si avrà una pre-intesa, mi permetto di definirla così, tra Regione, rappresentata dal presidente, e Stato rappresentato dal presidente del Consiglio.

Io penso, però, che in questo percorso ci siano altre due cose da chiarire. La prima, quando si arriva alla pre-intesa, possibilmente, non arriviamo ancora in questa sede con delle comunicazioni, perché vorrei ricordare a me stesso che pur non essendo disciplinata la procedura, questa è una procedura che è in capo, costituzionalmente, all’Assemblea legislativa e non alla Giunta.

Seconda cosa, che possibilmente non si faccia la furbizia a cui era ricorsa la Regione Lombardia nel 2007 di confondere enti locali con CAL, perché il CAL è disciplinato dalla Costituzione, gli enti Locali sono definiti dalla Costituzione. Quando il legislatore ha voluto usare e utilizzare la parola e il termine CAL l’ha utilizzata. Nel caso dell’articolo 116, comma 3, c’è scritto che il procedimento deve essere realizzato “sentiti gli enti locali” e non “sentito il CAL”. Mi permetto di dirlo ancora più in Emilia-Romagna dove il CAL non ha la presenza neppure dell’opposizione per come è stato riformato e per come è stato concepito.

Lo dico al collega Calvano. Voi in Lombardia e in Veneto direte così. Qui direte che il CAL ha sentito, ma peccato che tutti coloro i quali non appartengono a quel CAL non possono esprimersi e quello è un CAL monocratico e politicamente monocolore.

Ultima osservazione. Mi dispiace che non ci sia in nessuna delle risoluzioni, ma io penso che, finita la fase di approvazione dell’intesa Stato e Regioni, da parte di questa Assemblea legislativa, se si arriverà, sia l’Assemblea legislativa che si intesterà la proposta di legge da mandare alle Camere, non il disegno di legge del Governo o i disegni di legge dei parlamentari. Perché dico questo? Perché mi sembrerebbe abbastanza anomalo che un’iniziativa che nasce sotto il profilo amministrativo in questa fase, ma che deve diventare legislativo nella fase conclusiva, si limiti ad avere l’iter amministrativo in capo e non invece anche l’iter legislativo.

La mia richiesta – cosa che non è mai stata precisata nel corso dei vari dibattiti, ma che io qui formalizzo – è che se si dovesse arrivare a un’intesa, quella intesa, che deve essere poi trasfusa in un provvedimento di legge, nasca ex articolo mi pare 121 della Costituzione da parte dell’Assemblea legislativa come proposta di legge alle Camere, anche per evitare, e voi sapete che è molto facile, che quel testo che, a differenza del testo dell’autonomia catalana, non è un testo blindato, possa domani venire modificato in una o in più parti a tal punto da modificare quella che era la volontà raggiunta e, se me lo consentite, magari di trovarsi un’autonomia che è esattamente molto diversa da quella che si era andata a richiedere.

Questo lo dico sotto il profilo esclusivamente procedurale, ma che ha anche un suo contenuto politico. Altro non ritengo di aggiungere, se non molti auguri per il percorso che volete intraprendere.

Personalmente ho già detto il mio giudizio sul 116, comma 3. Se ad oggi, dopo ormai circa sedici anni e mezzo dalla sua entrata in vigore, non è mai stato applicato e non ha mai trovato applicazione concreta, ci sarà un perché. Non voglio dire qual è la mia risposta, ma probabilmente in tanti si sono accorti che si tratta di un vicolo cieco che non porta da nessuna parte.

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

Non ho più prenotati in discussione generale. Dichiaro conclusa la discussione generale.

Darei la parola all’assessore Petitti e poi al presidente per le repliche. Poi i consiglieri avranno cinque minuti sugli emendamenti.

Prego, assessore Petitti.

 

PETITTI, assessore: Grazie, presidente.

Alcune puntualizzazioni, alcuni passaggi che ritengo opportuni anche alla luce della discussione che abbiamo avuto oggi, a partire dal fatto che oggi l’aula è chiamata ad approvare la proposta di risoluzione che avvierà il procedimento che permetterà poi la sottoscrizione dell’intesa tra la Regione e il Governo per avere maggiore autonomia e forme particolari che sono sancite nella cornice della Costituzione dall’articolo 116. Dico questo perché c’è stato un mandato preciso dalla I Commissione, dalla Commissione competente.

Come veniva ricordato anche dal consigliere Calvano, c’è stato un iter che abbiamo deciso, abbiamo scelto come Regione Emilia-Romagna di avviare, quindi non la strada dell’intesa tra Esecutivi, ma la strada del confronto con l’Assemblea.

Il 28 agosto abbiamo approvato le linee di indirizzo e da lì è iniziato questo percorso, sia con la I Commissione, con la Commissione competente, ma poi con tutte le Commissioni in sede consultiva. Credo che ci sia stato un mese di confronto legato all’impianto procedurale, che va ricordato. È stato detto, ma va sottolineato, a mio parere, il fatto che anche dal punto di vista del procedimento siamo di fronte ad un percorso del tutto inedito e di questo, secondo me, anche l’Assemblea dovrebbe avere un orgoglio istituzionale nel fatto che per la prima volta si apre una strada anche dal punto di vista del procedimento che la Regione Emilia-Romagna ha deciso di intraprendere. Novità legate all’impianto procedurale, ma confronto nelle varie Commissioni competenti sugli assi portanti della nostra proposta.

Su questo lasciatemi dire due parole, perché io credo che gli ambiti che abbiamo individuato come Giunta siano ambiti strategici, importanti. Sono gli ambiti riconducibili alle priorità di questa legislatura. Lo ricordava in maniera molto chiara il presidente all’inizio. Noi abbiamo scelto, è stata una scelta politica precisa, di intervenire sulle misure di sostegno ai meccanismi di rafforzamento delle competenze nella materia del lavoro. Su questo avrei voluto sentire qualche parola in più, sul fatto che rispetto al tema delle politiche attive e delle politiche passive in questa Regione abbiamo fatto scelte strategiche importanti.

Penso soltanto all’investimento sull’Agenzia regionale per il lavoro, penso al fatto che andremo così a creare nuove competenze, che sono anche quelle che vengono oggi richieste dalle imprese del nostro territorio. Non solo, abbiamo deciso che per quanto riguarda il tessuto produttivo della nostra Regione, parliamo anche delle piccole e delle medie imprese, servano competenze, capacità competitive maggiori proprio per sostenere lo sviluppo e l’innovazione dello stesso tessuto produttivo.

Poi c’è tutto il tema dell’ambiente, tutto il tema legato allo sviluppo del territorio, a partire dalla grande sfida della rigenerazione urbana e delle misure per la tutela dell’ambiente.

Tutela della salute. È qui l’assessore Venturi. È stato fatto un lavoro io credo enorme da questo punto di vista, perché riparlare e rimettere a sistema tutto il tema della governance sanitaria regionale, a partire da quelle che sono già le sfide messe in campo da questa amministrazione, è importante.

Penso, e le cito molto rapidamente, a tutto il tema legato alla governance e all’accorpamento delle aziende sanitarie, ai criteri differenziati per la distribuzione dei farmaci, tema attualissimo, agli investimenti infrastrutturali e tecnologici nella sanità regionale, che significherà, per i prossimi dieci anni, avere la capacità di programmare e pianificare in maniera compiuta gli investimenti legati alla rete delle Case della Salute, investimenti che vanno fatti rispetto anche all’inadeguatezza del patrimonio edilizio e tecnologico.

Su questo ambito noi abbiamo fatto una scelta e mettiamo in campo una sfida ben precisa. Dico questo perché è chiaro che, e lo ricordava bene il consigliere Bignami, che l’art. 116 richiama l’elenco delle competenze legislative c.d. concorrenti e alcune competenze esclusive spettanti allo Stato, ossia l’istruzione, la giustizia di pace e l’ambiente.

Noi abbiamo fatto una valutazione politica e su alcuni settori cruciali abbiamo deciso di investire in maniera chiara. Sappiamo anche che questo meccanismo che noi oggi andiamo ad attivare potrà essere tutte le volte anche richiamato in causa laddove si determineranno i presupposti. È chiaro che se nel tempo, nei prossimi anni, noi penseremo di attivare nuovamente il 116, anche a completamento del percorso attuale, dove ci sono nuovi spazi di competenza rafforzata, questo potrà avvenire.

È chiaro che nel dibattito oggi questo è emerso in maniera credo importante. Noi stiamo facendo una scelta che non solo darà, nei prossimi anni, laddove il percorso verrà compiuto, una maggiore autonomia alla nostra Regione, ma abbiamo deciso di rimettere anche in campo tutto il sistema che oggi è tenuto proprio su un sistema istituzionale multilivello, che ha al centro il tema delle Regioni. Il tema di mettere alla discussione del Paese il tema del regionalismo differenziato e di un nuovo regionalismo crediamo che sia oggi centrale.

“Autonomia” per noi, però, si deve coniugare con la parola “responsabilità”. Dico questo perché nell’assumerci questa responsabilità istituzionale noi abbiamo, in maniera molto chiara – questo è stato uno dei punti fondanti della nostra scelta politica – deciso di investire sull’unità nazionale. È chiaro che non vogliamo alterare il ruolo dello Stato nella cornice dei principi guida, ma neanche tutti quei principi solidaristici che stanno alla base.

La differenza fondamentale tra il percorso della Regione Emilia-Romagna e i percorsi intrapresi dalla Regione Lombardia e Veneto sta proprio qui. Nessuno svantaggio competitivo nel sistema delle imprese, nessuna discriminazione rispetto al tema dei diritti per i cittadini. Nessuna discriminazione sui livelli essenziali delle prestazioni che devono per noi, per la Regione Emilia-Romagna, essere garantiti in tutto il territorio nazionale.

Questa scelta politica deve necessariamente, in qualche modo, essere accompagnata anche dal tema delle risorse e da come si andranno ad individuare in sede di trattativa con il Governo. Maggiori competenze inevitabilmente dovranno essere coniugate con maggiori risorse finanziarie per la nostra Regione. Tutto questo è sancito da un altro articolo, che veniva ricordato da alcuni consiglieri prima, della nostra Costituzione: dall’articolo 119. Però, la nostra non è una battaglia. Lo abbiamo detto tante volte in Commissione. È una battaglia sul tema del federalismo finanziario. Noi crediamo che si debba prima di tutto ragionare in termini di razionalizzazione della spesa pubblica per poi andare ad individuare nelle tre strade (entrate tributarie, tributi propri e fondi speciali) quella che, in accordo con il Governo, verrà riconosciuta a garanzia del percorso di l’autonomia differenziata della nostra Regione.

Se c’è un punto politico che è chiaro in questa legislatura, come ha detto dall’inizio il presidente, sin da quando ci siamo insediati, è che abbiamo scelto che non ci sarà nessun aumento di pressione fiscale. Crediamo che la strada più equilibrata debba essere quella, in sede di negoziato, di proporre una base di trattativa che andrà a rivedere la quota dell’entrata tributaria.

Questo è un punto di differenza sostanziale tra l’Emilia-Romagna e la Lombardia perché nel momento in cui la Lombardia parla di metà del residuo fiscale, il Veneto parla dei nove decimi di entrate tributarie è chiaro che non è solo un problema politico, ma è anche un problema tecnico di tenuta nazionale. Noi andiamo a rimettere in discussione quelli che sono i meccanismi di riparto delle risorse e mettiamo anche in discussione i meccanismi che obbligano ogni livello istituzionale a concorrere all’equilibrio della spesa.

Vengo al confronto. Da questo punto di vista, oltre a ringraziare tutti coloro che vi hanno preso parte presentando anche i propri  contributi, credo comunque che la discussione che abbiamo avuto in Assemblea, ci abbia permesso, in questo mese e mezzo, di allargare le possibilità di ascolto e di conoscenza delle questioni contenute nel documento presentato dalla Giunta con specifico riferimento alle questioni legate agli enti locali, nelle iniziative svolte nei Consigli provinciali ed in sede ANCI regionale, oltre al preziosissimo lavoro fatto con gli attori della nostra società e firmatari del Patto per il lavoro.

Questo percorso realizzato richiede un doveroso ringraziamento per la collaborazione che tutti i soggetti del Patto per il lavoro hanno messo in campo, perché oltre ad un consenso unanime, da quelle realtà sono arrivate anche osservazioni e proposte che noi valutiamo positivamente e crediamo che questo sia stato un lavoro che nel merito ci ha permesso di migliorare la proposta che abbiamo costruito.

Un punto su cui vorrei soffermarmi è anche il fatto che tra le questioni essenziali che riguardano la nostra richiesta di autonomia c’è il tema della governance istituzionale. Anche di questo abbiamo avuto modo di parlarne in Commissione, ma ne abbiamo parlato in maniera approfondita nella sede appropriata dell’ANCI regionale. Tutto il tema del governo territoriale e anche di quegli aspetti di crisi che oggi vive il nostro governo territoriale, perché sappiamo che, soprattutto in questa legislazione, sono stati aperti diversi fronti di riforma. Penso al tema dei Comuni, al tema delle Unioni dei Comuni, al tema delle Province, al tema delle Città metropolitane. Su alcuni fronti ci sono aspetti più definiti, su altri sappiamo che abbiamo la necessità di ritornarci, soprattutto a seguito dell’esito del referendum del 4 dicembre. Ecco, proprio sul tema, degli enti intermedi, credo che, nei prossimi mesi, debba essere focalizzata la nostra azione politica.

Se è vero, come è vero, che abbiamo già iniziato un percorso e un lavoro che ci ha permesso, con l’attuazione della legge Delrio, di andare a riformare le funzioni provinciali e anche i livelli di governo, noi oggi, proprio con i presidenti di Provincia e con il sindaco della Città metropolitana, stiamo rivedendo ed esaminando questo tema legato al sistema della governance territoriale, perché riteniamo che, al di là delle funzioni fondamentali che oggi sono in capo alle Province (viabilità e scuola e pianificazione territoriale), ci debba essere un ruolo più strategico di coordinamento che possa essere riconosciuto alle Province proprio rispetto ai temi delle politiche territoriali.

È chiaro che aver richiesto maggiore autonomia anche sui temi della governance territoriale ci permetterà di regolare, nei prossimi anni, anche l’assetto funzionale interno della nostra Regione, sui temi delle Unioni, sui temi delle Province, sui temi delle Città metropolitane. Il lavoro che in questi anni, negli ultimi mesi soprattutto, hanno realizzato alcune Province, penso, ad esempio, all’accordo di collaborazione tra la Provincia di Modena e Ferrara con la Città metropolitana di Bologna sulle strategie territoriali, penso al lavoro ed è stato ricordato che hanno avviato, dopo l’approvazione della legge n. 13, le tre Province della Romagna e dalle Province di Parma e Piacenza sulla convenzione per le gestioni associate abbia la necessità di un nuovo rilancio e di un nuovo impulso.

Alla luce di tutto questo, una Regione come la nostra, con alti livelli di rendimento di tutte le sue Istituzioni (rating altissimi) ritiene che sia necessario continuare a preservare e possibilmente anche ad innalzare, nei prossimi anni, la qualità dei propri servizi, credo che il percorso messo in campo debba necessariamente permetterci di garantire questo tipo di programmazione e di investimento da parte della politica.

Avremo nelle prossime settimane la possibilità di approfondire gli ambiti, che verranno definiti in sede di negoziato e anche in quel caso ci sarà la possibilità di sancire, ancora una volta, nel confronto istituzionale e politico con le forze sociali ed economiche della nostra Regione gli elementi che caratterizzeranno la nostra azione.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Petitti.

La parola al presidente Bonaccini. Prego.

 

BONACCINI, presidente della Giunta: Grazie, presidente. Grazie ad Emma Petitti e agli assessori che hanno seguito la parte di richiesta di competenze per il lavoro che è stato fatto. Io non vi voglio né annoiare né tediare. Vorrei dire tre cose.

La prima è che sul metodo io la critica la accetto. Se però si usa il metodo per non intervenire nel merito, dico che le parti sociali che hanno ieri apprezzato metodo e merito o sono tutti completamente fuori di testa, o parlando di organizzazioni che rappresentano decine, centinaia di migliaia di persone, forse nel merito ci sono entrati e voluti entrare perché il tempo che hanno avuto è stato lo stesso tempo che ha avuto comunque l’Assemblea legislativa.

Il che non significa che sul metodo ci possa essere una critica, di tempi, di come ci siamo organizzati. Ripeto, però: sul merito io credo che cose ce ne siano, altrimenti non capirei – proprio per non farvi annoiare non ripeto tutte le competenze. Sulla sanità, la richiesta di certezza degli investimenti, trattenendo alla fonte una parte di risorse e la parte di modulazione più equa dei ticket sanitari, che da tanto tempo viene chiesta, ma che non era possibile in termini di territorio, io mi chiedo se non è merito questo, dove sia il merito. Peraltro, nella discussione di oggi molti di voi vi hanno fatto riferimenti che io mi sono anche annotato, che ci siamo annotati, perché ne discuteremo.

Ad esempio, Giulia Gibertoni annotava alcune questioni sulla sanità e la specializzazione rispetto al tema degli universitari, gli specializzandi, che secondo me è una questione seria.

Altri interventi che sono stati fatti erano nel merito delle questioni del lavoro, o della questione territoriale sull’ambiente.

Io penso che su questi dovremmo sviluppare ulteriori specificità, posto il fatto che stiamo parlando di richiesta di autonomia su alcune competenze con le quali dovremmo andare a un confronto col Governo.

Ora, è stato portato anche un contributo di aggiunte. È stata fatta una richiesta sul tema dei giudici di pace. Questa abbiamo detto che riteniamo di poterla prendere a richiamo e di inserirla. Peraltro, al di là di dove proveniva, vi è una trasversalità che ho colto anche nella maggioranza di governo, e in ogni caso io penso che ci siano questioni che questa Assemblea legislativa può e poteva tranquillamente portare. Questa è una delle prove più evidenti, addirittura provando ad inserirla. Quanto all’ANCI, io ho partecipato ad un’assemblea da essa indetta, con alcune decine di sindaci, così come alcuni presidenti di provincia mi hanno invitato a partecipare ad assemblee, convocando i sindaci del loro territorio, che immagino proseguiranno nei prossimi giorni. Peraltro, in un comunicato di poco fa, l’Unione Province Italiane, coi suoi presidenti, apprezza, così come il sindaco della Città metropolitana (che in ogni caso sono eletti dai cittadini, almeno il Sindaco della Città metropolitana, il presidente di provincia essendo amministratore del territorio). Rispetto a questo, fanno parte del Patto per il lavoro, peraltro.

Seconda questione. Quanto alla specificità dell’articolo 116, io capisco che una parte di voi il Patto per il lavoro non l’abbia mai letto, ma nel Patto per il lavoro si fa riferimento, ad un certo punto – e non l’abbiamo scritto ieri, guardo l’estensore, Patrizio Bianchi –  al tema degli articoli 116 e 117 in merito ad alcune competenze che riguardano specificamente alcune questioni che noi andiamo a porre rispetto al tema del lavoro, della formazione e quant’altro: anche qui non voglio annoiare, ne ho parlato in parte all’inizio.

Secondo: quando ho fatto campagna elettorale pro referendum del 4 dicembre – questa Regione, peraltro, seppur di poco, è una delle tre aree del Paese in cui il sì ha vinto – indicavo due questioni. Una è che a mio parere, a nostro parere, ci sono materie che non si possono mettere nella richiesta di competenze in più nell’autonomia – penso al tema delle politiche energetiche: noi ce l’abbiamo il Piano energetico regionale –, materie che secondo noi dovrebbero stare in capo finalmente al Paese. Ma penso anche al tema delle infrastrutture di interesse nazionale, oppure al tema della promozione del turismo all’estero. Non è vero, come dice Sassi, che sarebbero state svuotate, le Regioni. Avrebbero tolto alcune competenze, riportandole prioritariamente in capo allo Stato. Si può essere contrari, come nel suo caso, è legittimissimo. Mentre però io dicevo questa cosa, e secondo noi era giusto che alcune competenze fossero dentro un ambito di politica nazionale, per un Paese che è tra i primi cinque-sette manifatturiere, industrializzate del mondo, aggiungevo: guardate, però, che c’è l’opportunità, come ha detto Calvano, di poter addirittura rafforzare l’utilizzo dell’articolo 116 per le Regioni che si ritengano virtuose, perché è giunta l’ora, in questo Paese – lo dicevo in quella campagna referendaria lì – di veder premiate quelle che hanno virtuosità evidenti e riconosciute.

Terzo punto, e chiudo. Mi si permetta di rivolgermi alla Lega con grande educazione, in questo senso: vedo tre contraddizioni sulle cose che avete detto oggi. La prima l’ha citata Foti: voglio dirlo anche ai consiglieri del Movimento 5 Stelle, nella loro legittima positività, rispetto al tema della consultazione referendaria. Se stiamo al merito e non al metodo, mi spiegate cosa c’entra la richiesta di Regioni a statuto speciale, che è stata cassata da un’espressione della Corte costituzionale per una legge regionale che il Veneto voleva fare, e che non c’entra assolutamente nulla con il merito della richiesta di autonomia differenziata? Se stiamo al merito, infatti, quella richiesta di Regione a statuto speciale non trova collocazione lì, troverà collocazione in un altro passaggio che dovrà vedere addirittura un intervento sulla Costituzione: o no?

 

POMPIGNOLI: Esatto. Infatti non è stata fatta.

 

BONACCINI: Infatti è la contraddizione, perché lei sta dicendo esattamente il contrario di quello che ha detto prima. Pompignoli, si guardi allo specchio quando dice le cose. Lei sta dicendo quindi che non chiedete le Regioni a statuto speciale in Lombardia e in Veneto? Non chiedete le Regioni a Statuto speciale.

 

POMPIGNOLI: La premialità.

 

BONACCINI: Si è risposto da solo, rendendosi conto, secondo me, della contraddizione evidente che è uscita oggi.

Non solo. Bargi ha parlato di Stato federale. Ma lo Stato federale è una roba ben precisa. O vi mettete d’accordo tra di voi rispetto all’idea di Stato che avete in mente, e allora però bisogna prendere delle decisioni conseguenti dal punto di vista della proposta, o costituzionale o politica; oppure guardate che non avete detto la stessa cosa, o le stesse cose: o sbaglio? Io l’ho capita così, può darsi che abbia capito male io. Ho sentito parlare di Stato federale.

Foti, non io, ha detto: c’è differenza tra devoluzione, federalismo e richiesta di autonomia. Peraltro, anche qui, rispettando qualsiasi attribuzione di parere, io dico solo che quella questione è una questione che ha a che fare con qualcosa di differente. Ricordo, nella Commissione a cui partecipai, presieduta dal consigliere Pompignoli, che Bertani disse: noi siamo a favore della consultazione in quanto espressione dei cittadini attraverso il referendum, ma siamo contrari – o sono contrario, adesso non ricordo – sul tema della richiesta di Regione a statuto speciale che viene chiesta.

Su questo mi dispiace, ma alla mia domanda in su cui chiedevo chiarimenti per correttezza, perché stiamo facendo una discussione sull’autonomia e sulla richiesta di autonomia, non solo non mi avete risposto, ma avete detto cose diverse tra di voi.

Ancora: voi giustamente avete espresso qualche legittimo pensiero sul fatto che l’abbiamo fatto per rincorrervi, nei tempi eccetera. Ci sta. Vi ho spiegato perché non è così, ma riconosco bene nei tempi e nelle modalità, che ci può stare. Ho qualche legittima preoccupazione per chi aveva una forza politica che aveva le parole “per l’indipendenza della Padania”, era così? Ho visto prima un sostenitore con la tuta con scritto “Padania”. Indipendenza è qualcosa persino di diverso dal tema del federalismo, dell’autonomia o della devoluzione.

Ma a parte questo che sta nel campo del dibattito politico e anche della giusta vocazione, poi, ad argomentare, io dico consigliere Pompignoli, quando le ho detto, e chiedo scusa di averla interrotta, “mi serve su un piatto d’argento, se dice delle contraddizioni”, io credo di aver speso pochi secondi o minuti per raccontare cos’è accaduto in questo Paese negli ultimi dieci, dodici anni. Le contraddizioni, se vogliamo prenderle, le prendiamo tutte e le vediamo ognuno in casa propria.

Io ho detto che il centrosinistra e il centrodestra non hanno mai richiesto o consentito di accedere al comma 3 dell’articolo 116 per attivare questa richiesta o per l’attivazione dell’autonomia. Peraltro, qualcosa, invece, era successo, ma non ho voluto farne elemento di polemica. Se lei viene a ribattere la contraddizione tutta di qua deve spiegare perché, nel momento in cui avete governato il Paese e contemporaneamente le Regioni di Lombardia e Veneto, non solo non è stato concesso alcunché di autonomia...

 

POMPIGNOLI: Dopo glielo spiego.

 

BONACCINI: Fa lo stesso. Ci siamo capiti e chiudo.

Il tema dell’Emilia e della Romagna, invece, è un tema politico generale. Io apprezzo molto, perché è un dato politico che ho sentito in quest’aula per voce della Capogruppo consigliera Sensoli, che il Movimento 5 Stelle è contrario all’idea di separazione tra Emilia e Romagna. Per me, questo è un dato politico molto rilevante. Lo è perché stiamo parlando dell’idea, per la prima volta, di tagliare in due questa regione non tanto per cancellarne il trattino, ma proprio per fare due Assemblee legislative diverse, due presidenti di Regione, due Giunte regionali, due bilanci separati. Per quanto riguarda la forza dell’Emilia-Romagna (con il trattino), non so se ho usato quella parola, ma se l’ho fatto non lo farò più, credo davvero che il tema dell’Emilia-Romagna sia un fatto rilevante dal punto di vista del tenere insieme le eccellenze che oggi ne fanno una Regione che compete con qualsiasi livello territoriale.

Chiaramente oggi, nel dibattito sull’autonomia, portare qui le bandiere di Emilia e di Romagna è un fatto politico dirompente e nuovo. Ne prendo atto e prendo atto del fatto che esponendo la bandiera della Catalogna, come qualcuno diceva, si sta portando in essere un dibattito del quale potremmo discutere anche nelle prossime settimane, volentieri. Sarebbe anche un esercizio utile, pur essendo noi in un altro Paese e in un altro contesto. Il tema dell’indipendenza e della separazione è un qualcosa che viene messo in campo, almeno a livello simbolico. Con il tema delle due bandiere di Emilia e Romagna voi ci dite: “Vogliamo separarci tra di noi”. Come ho detto prima, sarebbe un esercizio utile per la politica far partecipare i cittadini non per un referendum consultivo, ma per le prossime elezioni regionali. Al primo posto del programma ci può tranquillamente stare che, se vince la Lega Nord, la coalizione che rappresenta, la prima cosa che farà, immagino, sarà separare le due Regioni. Lo dico perché non è un semplice, banale esercizio per sentire i cittadini. Qui andremmo a stravolgere un dettato relativo a come sono costruite le Regioni, come sono governate dal punto di vista istituzionale e andremmo a tagliare in due l’idea, contenuta nel Patto per il lavoro, di territorio e territori che, attraverso il rapporto con tutte le parti sociali e le istituzioni, provano a definire un orientamento e un orizzonte nel quale i risultati, obiettivamente, al di là del fatto che si può sempre fare di più, e ci mancherebbe, mi pare sia stato dimostrato che sono stati ottenuti.

Avevo detto di provare a tenere tutto questo separato. È legittimo. Concedeteci, concediamoci la possibilità di provare a bussare alle porte del Governo italiano. Peraltro, se il Parlamento non sarà in grado e non fosse in grado di approvare la richiesta di autonomia o della Regione Emilia-Romagna o della Lombardia o del Veneto, al di là delle richieste di dimissioni di Bonaccini (possiamo anche tornare a votare, non è un problema), c’è un elemento: per il prossimo Parlamento, ma soprattutto il prossimo Governo, di qualunque colore politico, questa è una battaglia che, se condivisa, viene tenuta su e si prova a portare a casa. Stiamo parlando di una richiesta di autonomia non in nome del fatto che c’è un Governo oggi amico, altrimenti quella contraddizione che ho detto prima dovrebbe farvi avere persino il timore di giocare un elemento di ulteriore caricatura di quello che stiamo facendo. Il percorso è uguale, perché avrete dietro i cittadini di Lombardia e Veneto. Ieri sera ho partecipato a un dibattito a Vicenza di chi diceva che bisogna votare sì, a sostegno del referendum, ma se il referendum chiede più autonomia e non una Regione a Statuto speciale, è evidente che questo ha a che fare con un altro scenario. Se sull’autonomia, indipendentemente dal referendum o dal tentativo costituzionale che stiamo facendo noi, il percorso è lo stesso, io vi dico solo per quali motivi, se condividiamo che serve più autonomia – se chiedete una Regione a Statuto speciale avete sbagliato percorso, perché ne servirà un altro, e io lo rispetto – discutiamo di questo e dateci la forza per essere ancora più forti nel momento in cui andiamo a trattare con il Governo italiano. Se quello è l’obiettivo.

Se, invece, il tema è la discussione, il dibattito, la divisione tra di noi, io ne prendo atto, ci mancherebbe altro, ma temo che non ci aiuti a vedere un obiettivo che – ricordo anch’io di averlo sentito dire anche dai vostri banchi – è un obiettivo tutto sommato che condividiamo. Lo stesso Zaia disse: “Tifo se Bonaccini ce la farà a portare a casa quel risultato”. Dopodiché, torneremo qui per cercare di implementare. Come ho detto prima, abbiamo raccolto le cose che sono state dette anche in quest’aula o che arriveranno. Cerchiamo di realizzarle nel miglior modo possibile. Comunque, non è un esercizio, davvero, né banale né così semplice quello che mai nessuno è riuscito ad ottenere. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, presidente Bonaccini.

Continuiamo con la discussione generale sugli emendamenti. Cinque minuti per consigliere.

Gli emendamenti sono uno a firma dei consiglieri Caliandro, Calvano e Sabattini; tre a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano; cinque a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Calvano e Taruffi, di cui uno risulta ritirato, ed è il numero 3. Risulta anche ritirato quello che voi avete come numero 9, a firma dei consiglieri Bignami, Aimi, Foti, Fabbri, Liverani, Rancan, Rainieri, Bargi, Pompignoli e Taruffi. Rimane, invece, in votazione uno a firma dei consiglieri Bignami, Taruffi, Foti, Aimi, Caliandro e Bessi.

Non ho prenotazioni. Se non ci sono prenotazioni in merito, si procede con le dichiarazioni di voto congiunte, ovviamente, su tutti i documenti. Cinque minuti per Gruppo.

Intanto, nomino scrutatrici le consigliere Zappaterra, Prodi e Sensoli.

Non ci sono prenotazioni per le dichiarazioni? Consigliera Sensoli, prego.

 

SENSOLI: Grazie, presidente.

Oggi abbiamo assistito a un classico teatrino della politica, un panegirico propagandistico da parte della Giunta e del presidente e uno sbandierato – letteralmente parlando – gioco al rialzo della Lega sull’autonomia regionale dell’Emilia-Romagna, unita o meno dal trattino che sia.

L’Assemblea legislativa è stata convocata oggi in via straordinaria e fa seguito, purtroppo, ad un esame sommario e approssimato compiuto nelle Commissioni, che si sono espresse con pareri costituiti da pagine ricopiate per intero dal succinto documento della Giunta, pareri oggi concentrati nella risoluzione della I Commissione che, per larga parte, riprende puntualmente gli stessi fumosi contenuti.

La data della seduta di oggi, imposta con un atto di forza dalla maggioranza, che dimostra così, per l’ennesima volta, di essere ancella della Giunta, è a diciannove giorni dal referendum sull’autonomia indetto in Lombardia, partendo da un’iniziativa e dal quesito del Movimento 5 Stelle, e in Veneto. Questa scelta è funzionale, probabilmente, alla vera esigenza della Giunta, vale a dire arrivare prima degli altri con una non meglio definita bozza di accordo sottoscritta dal presidente e dal Governo, come confermato anche due giorni fa dal vicesegretario del PD, Maurizio Martina, dichiarando: “Vedrete che la Regione Emilia-Romagna, usando gli strumenti che già ci sono, arriverà prima di Lombardia e Veneto a chiedere il federalismo differenziato su alcune competenze”. Tralasciamo che gli strumenti che già ci sono esistono da sedici anni, risultando finora infruttuosi. Colpisce, però, la certezza sui tempi dichiarata da Martina, che oltre ad essere Ministro è, appunto, anche vicesegretario del PD. Forse perché, probabilmente, sa che il teatrino a cui finora abbiamo assistito si concluderà, da qui a pochi giorni, con una firma solenne su un foglio che prometterà una bolla di sapone chiamata “autonomia”.

La convocazione di oggi guarda più al 22 ottobre che all’autonomia, non guarda all’Emilia-Romagna, ai suoi cittadini, ai suoi bisogni, alle sue enormi potenzialità e alle sue imprese.

La convocazione di oggi non guarda qui, ma guarda a Roma, perché a Roma, rispetto a calcoli nazionali sulla base di valutazioni elettorali nel partito di maggioranza, è stata prodotta l’operazione annunciata qua a luglio, con qualche dichiarazione del presidente e proseguita con il documento di indirizzi della Giunta, che in un sistema democratico normale dovrebbe seguire gli indirizzi e non dettarli, con una discussione monca nelle Commissioni, con consultazioni sconosciute ai consiglieri, con pareri ricopiati dal testo che si sarebbe dovuto commentare, con la risoluzione di oggi pensata per fare in fretta e consentire al presidente di tornare, da qui a qualche giorno, con un’intesa basata sulla propaganda elettorale e non sui contenuti.

Questa è l’autonomia che si coglie dal documento della Giunta e dalle azioni portate avanti finora, un’autonomia subordinata a calcoli e bisogni elettorali. E cosa pensino davvero la maggioranza, la Giunta e il suo presidente lo dimostra bene il fatto che, come è già stato detto oggi, fino a dieci mesi fa sostenessero con forza, come se si trattasse di una linea del Piave da difendere a morte, una riforma costituzionale che avrebbe ridotto enormemente le possibilità per le Regioni di utilizzare gli spazi di ulteriore autonomia. La riforma costituzionale Boschi-Renzi, invece, si è tradotta in una Caporetto. Se fosse passata l’operazione avanzata oggi dalla Giunta, sarebbe stata impossibile, negata da loro stessi. Non lo dico io, ma lo dice il Servizio studi della Camera, le cui schede di lettura della riforma Boschi-Renzi affermavano: “L’impianto vigente del terzo comma dell’articolo 16 permane, seppur con alcune significative modifiche. Innanzitutto viene ridotto l’ambito delle materie nelle quali possono essere attribuite particolari forme di autonomia alle Regioni ordinarie”.

La Giunta oggi vuole ulteriore autonomia sulla tutela della salute, sulle politiche passive del lavoro, sulla vigilanza e sul governo del territorio, tutte materie che con la riforma rifiutata dal referendum non avrebbe mai potuto toccare. Ma probabilmente non l’avreste nemmeno proposto. Pochi mesi dopo, la forza di Governo della nostra Regione torna sui suoi passi e chiede maggiore autonomia rispetto a materie che avrebbe lasciato completamente allo Stato. Malgrado questo, però, lo fa, e lo fa smentendo sé stessa, lo fa smentendo la svolta centralista che aveva sostenuto con la riforma bocciata, lo fa senza aver voluto consentire a nessuno, soprattutto ai consiglieri, di ascoltare la società, gli Enti locali e le associazioni. Lo fa considerando l’autonomia su materie fondamentali una questione da piegare a valutazioni elettorali e di parte. Lo fa perché lo deve fare, perché le è stato probabilmente chiesto e perché intende ubbidire.

Noi pensiamo che l’Emilia-Romagna possa fare molto. È una grande regione. I cittadini emiliano-romagnoli, le sue imprese e il territorio hanno dimostrato negli anni di poter gestire con responsabilità competenze importanti. Per queste ragioni, la possibilità di richiedere e ottenere maggiore autonomia è una scelta importante e fondamentale, che può recare beneficio alla nostra regione. Questa opportunità, però, deve essere percorsa con impegno e serietà.

La nostra proposta, condensata nella risoluzione che abbiamo depositato, è diretta a questo: acquisire, sulla base della Costituzione, ulteriori forme e condizioni di autonomia ed esercitarle con responsabilità e profitto; mettere al centro di questa ipotesi e di questo percorso i cittadini, la comunità degli emiliano-romagnoli, i protagonisti reali di un’operazione che può assegnare ad essa maggiori opportunità e con esse maggiori responsabilità; riconoscere all’Assemblea e alla Giunta rispettivamente la piena titolarità delle funzioni di indirizzo, di governo e di attuazione; assicurare un ampio confronto con gli Enti locali e gli attori sociali; dare voce ai cittadini su un tema così importante, attribuendo loro, attraverso il referendum, la possibilità di esprimersi su una proposta concreta.

Questo è il percorso da seguire, secondo noi, prima di andare a parlare con il Governo. Invece, le undici pagine scritte durante le ferie sono piene di refusi in alcune parti, come segnalano anche importanti organizzazioni imprenditoriali, prive di indicazioni sulle modalità di finanziamento delle competenze, prive di indicazioni concrete sulle criticità oppure sulle potenzialità delle nuove competenze che si possono richiedere. Undici pagine il cui unico obiettivo è quello di giustificare un’operazione elettorale, che sminuisce una grande e fondamentale opportunità per i nostri cittadini.

È questo il motivo per cui non saremo complici di questa presa in giro e non parteciperemo al voto su nessuna delle risoluzioni che parta dal documento sbagliato, frettoloso e irrispettoso dei cittadini e del percorso democratico.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Sensoli.

Ci sono altri iscritti in dichiarazione di voto?

Consigliere Fabbri, prego.

 

FABBRI: Grazie, presidente.

In apertura della mia dichiarazione di voto intendo ribadire alcuni concetti che ha ripetuto proprio ora il presidente Bonaccini, anche sul metodo collaborativo, che non c’è stato, che il Partito Democratico ha inteso adottare nelle varie Commissioni. Parlo, nel caso di specie, di alcune proposte avanzate dalla Lega Nord, e vi porto un esempio. L’emendamento che andremo a votare a breve, protocollato 1075/2017, n. 11, lo stesso emendamento che oggi il PD va ad approvare, l’ha bocciato in I Commissione esattamente una settimana fa. Cambiavano soltanto le firme di presentazione dell’emendamento: in uno c’era la mia come prima firma, nell’altro la firma di un collega. Vi posso garantire che il testo è un copia e incolla di quello da me presentato. Certo, sono contento che passi, comunque non ho voluto sottoscriverlo perché mi sembrava una presa in giro nei confronti del mio Gruppo e anche nei confronti del Gruppo Partito Democratico, che prima boccia quell’emendamento e poi ne approva uno identico, modificando soltanto il nominativo del primo firmatario. Questo è il grado di collaborazione che c’è stato tra i vari Gruppi consiliari.

Al netto di questa questione davvero poco carina anche dal punto di vista della collaborazione tra le forze politiche, ribadiamo la nostra contrarietà alla risoluzione proposta dalla Giunta e dal Partito Democratico, dal momento che non ci appaga rispetto a ciò che, a nostro avviso, deve essere autonomia. Ovviamente, voteremo a favore della nostra risoluzione, in cui chiediamo al presidente il minimo sindacale in questo momento storico. Innanzitutto, la invitiamo a reclamare al Governo centrale tutte le competenze richieste dalle Regioni Veneto e Lombardia, quelle stesse competenze che sono scritte nero su bianco all’articolo 117 della Costituzione. Peraltro, nella nostra risoluzione aggiungiamo anche il tipo e la quantità di risorse da richiedere: i nove decimi del gettito dell’IRPEF, i nove decimi del gettito dell’IRES, i nove decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto, ovviamente risorse prodotte all’interno del territorio regionale. Solo così, a nostro avviso, si può parlare veramente di autonomia, perché autonomia significa anche meritocrazia, in quanto un territorio che ha la possibilità di spendere le proprie risorse è anche in grado di capire se la classe politica che lo amministra è adeguata a portare avanti i servizi e l’amministrazione dei cittadini emiliano-romagnoli. Inoltre, chiediamo al presidente, in seconda istanza, di rivedere altre deleghe da aggiungere eventualmente a quelle che egli andrà a chiedere al Governo in queste settimane e di non strumentalizzare eccessivamente una questione che noi riteniamo molto importante. Non intendo adesso ribadire che ci sembra molto strano, dopo sedici anni di vigenza dell’articolo 116, che una Regione a guida Partito Democratico oggi, o sinistra più in genere negli anni scorsi, a differenza di quanto fatto dalle Regioni Lombardia e Veneto, non abbia mai chiesto nulla sull’articolo 116. Ovviamente, oggi è tornato il dibattito politico sul tema dell’autonomia con il referendum di Lombardia e Veneto e stranamente, a qualche mese dal voto referendario, in quest’Aula si torna su questo tema. Spero solo che sia una coincidenza, anche se credo che non lo sia, e auspico che, al netto del presupposto politico o meno che si nasconde dietro questo documento che la autorizzerà, soltanto a nome della maggioranza che compone questo Consiglio, ad andare a trattare, si ottenga il più possibile, anche perché questo territorio ne ha bisogno. Come sottolineavano prima altri miei colleghi del mio Gruppo, se riuscissimo effettivamente a ottenere più risorse, non sarebbe un danno per l’Italia, anzi rappresenterebbe uno sviluppo ulteriore, oltre che del nostro territorio, anche del prodotto interno lordo nazionale, e contestualmente rappresenterebbe una libertà in più che ci concediamo come territori, dove la gente è abituata a lavorare. Personalmente, infatti, non credo che il prodotto interno lordo si stia sviluppando grazie all’introduzione del Patto per il lavoro, ma piuttosto grazie ai tanti imprenditori e ai tanti lavoratori che tutti i giorni lavorano per sbarcare il lunario, per portare avanti la propria azienda, per mantenere il proprio posto di lavoro, in un sistema politico in cui la tassazione è così vessatoria che molto spesso costringe gli imprenditori che non riescono a soddisfarne i pagamenti a ricorrere a strumenti illeciti per poter andare avanti.

Credo vi sia la possibilità di portare a casa molto.

Per questo, oggi diciamo di no a una proposta che non ha nulla a che fare con un percorso di autonomia; anzi, è molto frenata dalle stesse parole che la Giunta e il suo Presidente hanno appena pronunciato.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Fabbri.

Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Presidente, guardi, intervengo solo perché giustamente è stato ricordato che c’è una disponibilità rispetto all’emendamento del consigliere Bignami, che abbiamo accolto di buon grado e anche sottoscritto, perché ne condividevamo lo spirito, e non evidentemente tutti i confini che sono stati evidenziati dal consigliere Fabbri.

Mi piace, mi preme, mi corre l’obbligo di precisare che la formulazione non è esattamente quella che è stata riportata dal consigliere Fabbri, che pur chiedeva, nella formulazione presentata in Commissione, un’estensione di tutto il 116. In questo caso, si precisa nell’emendamento, pertanto accoglibile e condivisibile, il riferimento limitato all’organizzazione della giustizia di pace, che è una cosa molto differente.

È talmente differente che riprende l’equivoco nel quale la Lega Nord durante questo Consiglio ha continuato a navigare e che il presidente Bonaccini ha cercato di evidenziare, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, perché le deleghe, di cui pure impropriamente si parla quando si fa riferimento al Veneto e alla Lombardia, non esistono nel quesito referendario del Veneto e della Lombardia. Non potrebbero esistere in quel quesito. Se esistessero, non ci sarebbe scritto: “Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. È tutta una cosa che verrà dopo e c’è la discussione, che pure ho fatto questa mattina, quando ci siamo interrogati sull’opportunità della spesa dei soldi pubblici, che sono una cosa importante, perché stabiliscono il senso di rispetto che abbiamo nei confronti dei cittadini e anche il modo in cui spendiamo la cosa pubblica, per cui segnalavo la possibilità che la Corte dei conti un giorno possa interrogarsi sull’utilità di questa spesa.

Detto questo, invece, rimane la consapevolezza di aver contribuito, in questa fase di discussione, ad una fase che ha la sua importanza perché siamo passati indenni dalla speculazione politica, che pure ci poteva essere, e abbiamo cercato di fare un passaggio importante per quelli che saranno i prossimi mesi di legislazione riformista che questa Regione ha intenzione di mettere in campo.

Lo dico perché, al di là della retorica – in questo caso forse non è il caso di utilizzarla – c’è il dovere nel mandato da Consiglieri regionali di essere sinceri negli obiettivi che ci diamo. Noi pensiamo, per esempio, che sui temi dell’organizzazione della giustizia ci sia una grande possibilità di reintervenire, e per questo accolgo il passaggio del consigliere Bignami e del consigliere Taruffi, proprio lì dove i giudici di pace, in alcune zone di questa Regione, sono stati tolti e possono servire anche al reinsediamento, con la gestione nostra, di quel sistema di giustizia.

Voglio dire che noi abbiamo la possibilità, chiedendo di amministrare la sanità e alcuni settori del lavoro, di ristabilire degli equilibri. Questo fa la politica responsabile.

Chiaramente mi rendo conto che non tutto può essere condiviso, però neanche tutto può essere avversato con delle parole vacue, perché noi non siamo qui di passaggio, come in qualche modo si cerca di fare quando si ricorre a dei sotterfugi comunicativi. Noi siamo qui per scrivere la storia di persone che aspettano che li amministriamo. Quindi, rappresentiamo un elemento più importante anche dei nostri litigi individuali.

Allora, la speculazione individuale tra di noi e tra i Gruppi politici dovrebbe lasciare il passo al senso di responsabilità per quello che facciamo, se daremo seguito al federalismo fiscale, se daremo seguito al Patto per la salute, se daremo seguito agli impegni che prendiamo col Governo per la gestione dei servizi di controllo sui tirocini, che hanno un’importanza fondamentale. Noi li finanziamo e chiediamo di poter controllare che, oltre all’ispettore del lavoro, anche la Regione Emilia-Romagna possa dire qualcosa.

Sono dei segnali importanti per la qualità della formazione dei nostri giovani e per i soldi pubblici che spendiamo. Ci stiamo assumendo una grande responsabilità, sì. Ci assumiamo la responsabilità di fare delle cose e mi auguro pure che si comprenda quanto questo sia importante.

Mi verrebbe di dire a qualcuno di uscire dallo steccato e di ricordarsi, siccome il consigliere Fabbri è un amante come me della buona musica, che il bufalo può sterzare.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Caliandro.

Dopo passo alle votazioni e non vi faccio più parlare però, perché qua stiamo correndo a chi è l’ultimo a schiacciare il ditino.

Consigliere Alleva, prego.

 

ALLEVA: Vorrei dire questo, confermando la mia decisione di voto di astensione.

La buona fede si presume in tutti. Si presume pertanto, anche e soprattutto, nel Presidente della Regione e della Giunta. Si dice che è uno spot elettorale, o che è soltanto un teatrino. Voglio partire invece dal concetto che sia una iniziativa seria. È un’iniziativa serissima, perché la Regione che verrebbe fuori dall’applicazione dell’articolo 116, terzo comma, è molto diversa, molto più attrezzata in poteri normativi e in poteri gestionali rispetto alla situazione attuale. Quindi, in realtà, il giudizio dovrà essere ancora dato. Dipende da come questa iniziativa sarà in concreto implementata.

Stamattina ho fatto alcuni esempi: cosa si potrebbe leggere o non leggere per esempio nel capitolo “Tutela del lavoro”, cose anche importantissime. Non voglio dire che si tratterà soltanto di apparenze o di forme. Sarei molto felice invece che queste competenze siano sostanzialmente aumentate e ci consentano di dare una linea politico sociale diversa da quella che abbiamo a livello nazionale.

Proprio per questo però – ed questa la cosa che vorrei aggiungere –, siccome il procedimento dell’articolo 116, in sostanza, ha un nucleo convenzionale, un nucleo di accordo con il Governo, le proposte e le controproposte dove verranno valutate, studiate e messe a punto?

Andiamo verso una riforma profonda, in teoria, della Regione, senza che questa, almeno apertamente, si basi su una discussione, su un’approvazione da parte dell’Assemblea. Insomma, non c’è soltanto un problema contenutistico, che come dico è fondamentale, ma c’è anche un problema di democrazia. Bisogna che quei contenuti qualificanti siano, momento per momento quasi direi, seguiti, per capire dove si può arrivare, dove si deve, o si dovrebbe arrivare, sulle singole materie.

Quindi, per me, il credito della buonafede che va sempre dato ha ovviamente un limite, quello della prova contraria che riguarda questo aspetto: se si discuteranno in questa sede, con l’Assemblea, le proposte sui singoli punti per come verranno fatti, recepiti e controbattuti dell’autorità governativa.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Alleva.

Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Presidente, abbiamo parlato a lungo oggi di un tema che meritava una discussione apposita, una sessione dell’Assemblea interamente dedicata.

D’altronde, nella Conferenza dei Capigruppo a luglio, quando incominciammo a discutere dell’argomento, dicemmo che avremmo potuto utilizzare una seduta straordinaria dell’Assemblea, tra la fine settembre e i primi di ottobre, per discutere esclusivamente di questo punto, e così è stato, io credo giustamente.

All’inizio del mio intervento, questa mattina, ho ricordato come il percorso che ci ha portato qui non lo abbiamo particolarmente apprezzato e riconosco al presidente Bonaccini di aver fatto, nel suo discorso, un’autocritica rispetto a questo percorso e al modo in cui siamo ci siamo arrivati.

Nel merito, come abbiamo detto stamattina, siamo intervenuti e abbiamo modificato parti anche significative del testo. Mi spiace che non siano state accolte nel lungo dibattito che abbiamo fatto in queste ore, perché ribadisco il percorso fatto – ci tengo a sottolinearlo non per ragioni di firma, ma per ragioni di sostanza – tra le linee di indirizzo approvate dalla Giunta e il testo che oggi viene presentato nella sua risoluzione definitiva. Con gli emendamenti che arriveranno e che dovremmo votare, il testo viene modificato in modo significativo, ovviamente grazie al lavoro, al contributo e alla disponibilità di tutti quelli che ci hanno lavorato. In particolar modo, come sottolineavo stamattina, sui temi del governo del territorio e sulla tutela dell’ambiente, siamo intervenuti, abbiamo migliorato il testo e lo abbiamo reso più circoscritto e più preciso.

Sulle differenze tra il percorso che è stato scelto qui e quello che si fa da altre parti abbiamo già detto, come pure ho detto anche stamattina che credo sarebbe utile ricondurre tutta quanta la discussione a un carattere più sobrio, perché non stiamo discutendo della Rivoluzione d’Ottobre.

Penso che anche nel corso dei lavori di quest’oggi si siano prodotti miglioramenti al testo. Insieme ad altri colleghi ho sottoscritto l’emendamento a prima firma Bignami sull’organizzazione della giustizia di pace che credo essere un tema importante, che può avere ricadute significative sul territorio e che meritava di essere trattato. Quindi, a dimostrazione del fatto che quando si discute sul merito si possono trovare intese apparentemente impossibili, senza problemi devo dire che ho condiviso e sottoscritto quell’emendamento. Lo dico come simbolo che dimostra che se il percorso fosse stato diverso, forse avremmo ottenuto anche un risultato diverso.

Prima il professor Alleva, annunciando il suo voto di astensione, faceva una domanda alla quale credo che dovremmo dare una risposta molto precisa. Il consigliere Alleva chiedeva chi sarà a valutare l’esito finale di questo percorso, della contrattazione tra il Presidente della Regione e il Governo.

Ecco, penso che quella valutazione non potrà che passare dall’esame dell’Aula, nuovamente. Credo che nessuno meglio di noi potrà giudicare se quell’intesa meriterà di andare avanti, oppure no, e quindi se successivamente il Presidente potrà andare a firmare l’intesa con il Governo stesso. Credo che questo debba essere un impegno formale che viene preso in quest’aula, perché è questa l’aula che ha la responsabilità legislativa per conto dei cittadini che ci hanno eletto.

Al di là della di quello che è scritto nella risoluzione, ritengo che l’impegno che viene assunto in quest’aula e che noi ci assumiamo debba essere formale. Quindi, raccolgo in qualche modo le parole del consigliere Alleva e penso che collegialmente dobbiamo dare come unica risposta che dovremmo essere noi a valutare, in una prossima assemblea.

Stamattina, e chiudo, come abbiamo detto, non ci ha appassionato particolarmente il tema, sul quale forse si sono caricati un pochino troppi elementi e un po’ troppe strumentalizzazioni, devo dire da una parte e dall’altra.

Penso che avremo avremmo necessità di dare maggiore forza e attuare le competenze che abbiamo già, però è difficile sottrarsi a questo elemento, anche in considerazione del percorso che viene proposto dalla Giunta e che abbiamo esaminato in queste settimane, anche perché non possiamo ignorare che un pezzo importante del mondo là fuori, dalle categorie economiche al sindacato, ci ha dato un segnale di apprezzamento; e non solo da quel mondo è arrivato un segnale di apprezzamento.

Quindi credo che con laicità, senza esagerare, senza pomposità, con spirito sobrio e senza declamazioni eccessive, dovremmo andare a vedere le carte e proseguire questo percorso.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Taruffi.

Non ho più nessun iscritto a parlare in dibattito generale, passiamo alla votazione degli emendamenti alla risoluzione 5321.

Cominciamo con l’emendamento 1, a firma dei consiglieri Caliandro, Calvano e Sabattini.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 1.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 1 è approvato.

Passiamo all’emendamento 5, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 5.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 5 è approvato.

Passiamo all’emendamento 2, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 2.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 2 è approvato.

Passiamo all’emendamento 6, a firma dei consiglieri Taruffi, Prodi, Calvano e Caliandro.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 6.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 6 è approvato.

Passiamo all’emendamento 7, a firma dei consiglieri Taruffi, Prodi, Calvano e Caliandro.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 7.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 7 è approvato.

Passiamo all’emendamento 8, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 8.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 8 è approvato.

L’emendamento 3, a firma dei consiglieri a firma Caliandro, Prodi, Calvano e Taruffi è ritirato.

Passiamo all’emendamento 10, a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Taruffi e Calvano.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 10.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 10 è approvato.

Passiamo all’emendamento 4, a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Calvano e Taruffi.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 4.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 4 è approvato.

L’emendamento 9, a prima firma del consigliere Bignami, è ritirato.

Passiamo all’emendamento 11, a firma dei consiglieri Bignami, Taruffi, Foti, Caliandro e Aimi.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 11.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’emendamento 11 è approvato.

Passiamo alla risoluzione oggetto 5321.

Metto in votazione, per alzata di mano, la risoluzione oggetto 5321.

 

(È approvata a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): La risoluzione oggetto 5321 è approvata.

Passiamo alla risoluzione oggetto 5336, a firma dei consiglieri Fabbri, Bargi, Delmonte, Liverani, Marchetti Daniele, Pettazzoni, Pompignoli, Rainieri, Rancan.

Metto in votazione, per alzata di mano, la risoluzione oggetto 5336.

 

(È respinta a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): La risoluzione oggetto 5336 è respinta.

Passiamo alla risoluzione oggetto 5147, a firma dei consiglieri Pompignoli, Marchetti Daniele, Liverani, Rainieri, Fabbri, Bargi, Delmonte, Pettazzoni e Rancan.

Metto in votazione, per alzata di mano, la risoluzione oggetto 5147.

 

(È respinta a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): La risoluzione oggetto 5147 è respinta.

Passiamo alla risoluzione oggetto 5359, a firma dei consiglieri Sensoli, Bertani e Sassi.

Metto in votazione, per alzata di mano, la risoluzione oggetto 5359.

 

(È respinta a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): La risoluzione oggetto 5359 è respinta.

Passiamo alla risoluzione oggetto 5360, a firma dei consiglieri Bertani, Sensoli, Piccinini, Gibertoni e Sassi.

Metto in votazione, per alzata di mano, la risoluzione oggetto 5360.

 

(È respinta a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): La risoluzione oggetto 5360 è respinta.

La risoluzione oggetto 5361, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano, è ritirata.

 

OGGETTO 5062

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifiche alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 Statuto della Regione Emilia-Romagna". A firma dei Consiglieri: Fabbri, Bargi, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

TESTO BASE

(Relazione della Commissione, discussione e reiezione)

 

OGGETTO 5071

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 'Statuto della Regione Emilia-Romagna' attribuzione d'iniziativa per referendum consultivo all'Assemblea legislativa". A firma dei Consiglieri: Bertani, Gibertoni, Piccinini, Sassi, Sensoli

(Ordine del giorno oggetto 5062-5071/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Testo n. 16 del 2017, licenziato dalla Commissione bilancio Affari Generali Istituzionali nella seduta del 12 settembre del 2017, con parere contrario.

Il progetto di legge è composto da un articolo. Il relatore della Commissione, consigliere Alan Fabbri, ha preannunciato di svolgere la relazione orale.

Su tali oggetti insiste un ordine del giorno di non passaggio all’esame dell’articolato a firma del consigliere Poli.

Ha chiesto la parola il consigliere Alan Fabbri. Prego.

 

FABBRI, relatore della Commissione: Presidente, intervengo molto velocemente. Abbiamo presentato questo progetto di legge molto semplice per cambiare lo Statuto della Regione, dando la possibilità anche a quest’Aula, a questo Consiglio regionale di indire dei referendum su qualsiasi tipo di proposta che l’Aula reputi opportuna.

Non credo che, come preannunciava lei Presidente, ci siano i presupposti da parte del Partito Democratico di appoggiare la nostra richiesta, quindi chiudo qui l’intervento e grazie della collaborazione.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Fabbri.

Ha chiesto la parola il consigliere Pompignoli. Prego.

 

POMPIGNOLI: Solo per integrare l’argomentazione legata alla modifica dello Statuto.

È chiaro che il referendum per noi è importante come manifestazione della volontà popolare.

Presidente Bonaccini, visto che è ancora qua, due secondi per spiegare e fortunatamente ha colto l’assist. Evidentemente se ha detto che ancora nessuno è riuscito a portarsi a casa le competenze un motivo ci sarà. Forse, se Lombardia e Veneto hanno scelto la strada del referendum, vorrà dire che più forza si dovrà avere a livello di trattativa del Governo, non tanto perché siamo dello stesso Governo come è successo in precedenza, ma perché evidentemente sono modifiche talmente importanti che col Governo centrale bisogna andare a trattare, non tanto con un ruolo istituzionale, ma con un mandato popolare dietro.

La richiesta di referendum e di modifica dello Statuto non comporta solamente questo tipo di questione legata al 116, ma credo che siamo una delle poche Regioni a non prevedere nello Statuto il referendum, se non nei casi specifici legati agli 80.000 elettori, piuttosto che ai Consigli, per cui è evidente che sia una richiesta di buonsenso. Modificare uno Statuto in cui si preveda anche l’introduzione del referendum penso possa essere un passo in avanti anche per l’Assemblea legislativa.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Pompignoli.

Consigliere Bertani, prego.

 

BERTANI: Presidente, anche noi avevamo presentato un progetto di legge. È vero che questo progetto di legge è nato a seguito del dibattito che è cominciato sull’autonomia e proprio perché noi chiedevamo i referendum, però, andando a vedere il nostro Statuto chiaramente c’è un limite. Infatti, mentre gli Statuti di altre Regioni prevedono che sia possibile all’Assemblea di autodeterminarsi e di indire, se ritiene, un referendum consultivo, nel nostro Statuto questo non è previsto.

Quindi riteniamo, al di là del dibattito che abbiamo fatto oggi sul 116, che quel vuoto vada colmato. C’è una piccola differenza fra quello che proponevano i colleghi della Lega e quello che proponiamo noi, perché la Lega propone a maggioranza semplice e noi a maggioranza dei due terzi, a maggior tutela della scelta che viene fatta. Riteniamo comunque che sia importante modificare lo Statuto in questo senso, perché mantenere questo limite che è rimasto all’Assemblea ci sembra non corretto.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bertani.

Consigliere Bignami, prego.

 

BIGNAMI: Presidente, rispetto alla proposta avanzata dai colleghi della Lega, come avevamo già avuto modo di rappresentare in discussione in seno alla Commissione, riteniamo che si tratti di un progetto di legge che riuscirebbe, se approvato, a porre rimedio a un vulnus, determinato dall’assenza all’interno della nostra Carta fondativa di uno strumento che trova invece corrispondenza nella Costituzione italiana, ovvero l’indizione di una possibile forma di partecipazione su iniziativa da parte dei colleghi del Consiglio regionale.

Devo anche dire che l’individuazione di una soglia abbastanza significativa in termini di numero di richiedenti, ovvero la maggioranza, mette al riparo da un utilizzo improprio dello strumento.

Consapevole che la proposta verrà bocciata, tuttavia ritenendo importante ribadire il principio e pur trovando molto più centrata la proposta dei colleghi della Lega, annuncio voto favorevole anche rispetto alla proposta dei colleghi del Movimento 5 Stelle.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bignami.

Se non ci sono altri iscritti in discussione generale, chiedo al relatore Alan Fabbri se vuole replicare.

 

FABBRI: No.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Benissimo.

La Giunta non mi sembra che abbia intenzione di intervenire.

Apro le dichiarazioni di voto sull’ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli. Cinque minuti per gruppo.

Consigliere Daniele Marchetti, prego.

 

MARCHETTI Daniele: Presidente, chiedo la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Consigliere Bertani, prego.

 

BERTANI: Presidente, noi voteremo contro il non passaggio perché secondo noi il tema va affrontato e, ritornando un attimo sul discorso dei referendum, del senso che possono avere o meno, un referendum su una proposta già avanzata riguardo il 116, potrebbe riguardare ad esempio, eventualmente, le considerazioni che faceva il consigliere Alleva: chi dirà che quella trattativa è buona e serve alla nostra Regione? Un referendum.

Quindi, chiedere ai cittadini un mandato su una proposta sicuramente la renderebbe più forte. Andare in Parlamento con l’appoggio e il sostegno dei cittadini renderebbe il passaggio alle due Camere con la maggioranza più semplice e più agevolato. Andare a discutere con i parlamentari di tutte le Regioni con il mandato dei cittadini rafforzerebbe le nostre richieste.

Quindi, dare la possibilità all’Assemblea di indire un referendum sarebbe opportuno. Poi lo decideremo insieme. Noi diciamo i due terzi e la Lega dice la maggioranza, ma l’Assemblea è sovrana, quindi diamo questa possibilità all’Assemblea, poi la stessa, immagino, in questo caso, vista la maggioranza che c’è oggi, deciderà che indire quel referendum è inutile.

Mi chiedo però perché volete negare la possibilità all’Assemblea di decidere su questo, perché le diamo uno strumento in più. L’Assemblea, con le sue maggioranze, deciderà se utilizzare o meno quello strumento. Invece voi oggi volete negare uno strumento. Secondo noi questo è profondamente ingiusto e sbagliato.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bertani.

Consigliere Molinari, prego.

 

MOLINARI: Ho provato a leggere attentamente il 116 e non ho trovato alcun passaggio in cui si dice che un referendum dà più forza alle nostre richieste. Il referendum non è uno strumento inventato dai richiedenti con questi due PdL. Il referendum c’è per quanto riguarda la materia regionale, consultivo e abrogativo. Ha delle caratteristiche che lo rendono assolutamente uno strumento di democrazia diretta, perché arriva da una richiesta dei cittadini.

Di conseguenza, andremo avanti nella votazione sul non passaggio in Aula, disponibili a ragionare per quanto riguarda anche quelli che saranno stimoli futuri su questo argomento.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Molinari.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione dell’ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, oggetto 5062-5071/1, a firma del consigliere Poli, con l’uso del dispositivo elettronico.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese,

con registrazione dei nomi)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

38

Assenti

 

12

Votanti

 

37

Favorevoli

 

22

Contrari

 

13

Astenuti

 

2

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli è approvato.

A questo punto decadono anche i due emendamenti presentati dal Movimento 5 Stelle a firma del consigliere Bertani.

È così conclusa la fase dei nostri lavori del pomeriggio.

Auguro a tutti i bolognesi buon San Petronio per domani.

Buona serata.

 

(Le comunicazioni prescritte dall’articolo 69 del Regolamento interno sono riportate in allegato)

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 17,57

 

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO, Emma PETITTI, Sergio VENTURI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta la vicepresidente della Giunta Elisabetta GUALMINI, l’assessore Massimo MEZZETTI e le consigliere Francesca MARCHETTI, Roberta MORI e Ottavia SONCINI.

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 5062-5071/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli del progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: «Modifiche alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 Statuto della Regione Emilia-Romagna». A firma del Consigliere: Poli”

 

Presenti: 38

 

Favorevoli: 22

Mirco BAGNARI, Gianni BESSI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Massimo IOTTI, Barbara LORI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Roberto POLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luciana SERRI, Katia TARASCONI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Contrari: 13

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Galeazzo BIGNAMI, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Andrea LIVERANI, Daniele MARCHETTI, Silvia PICCININI, Massimiliano POMPIGNOLI, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI.

 

Astenuti: 2

Igor TARUFFI, Yuri TORRI.

 

Non votanti: 1

Fabio RAINIERI.

 

Assenti: 12

Stefano BONACCINI, Paolo CALVANO, Gabriele DELMONTE, Giulia GIBERTONI, Francesca MARCHETTI, Roberta MORI, Marco PETTAZZONI, Matteo RANCAN, Andrea ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Ottavia SONCINI.

 

Emendamenti

 

OGGETTO 5321 “Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.”

 

Emendamento 1, a firma dei consiglieri Caliandro, Calvano e Sabattini:

«II paragrafo 2.1.1. rubricato la "Tutela e sicurezza del lavoro" è sostituito dal seguente:

2.1.1. "tutela e sicurezza del lavoro"

a. le politiche attive del lavoro, anche alla luce dell'istituzione dell lAgenzia regionale per il lavoro prevista dalla legge regionale di riordino (n. 13/2015), perseguendo l'obiettivo di garantire il permanente esercizio differenziato sui propri territori delle funzioni amministrative già esercitate dai servizi provinciali per l'impiego. A tal fine occorre stabilire un quadro di finanziamenti stabile:

i) per i costi del personale e gli altri costi di funzionamento dell'Agenzia per il Lavoro, inclusi quelli connessi al "piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro" previsto dall'art. 15 del decreto legislativo n. 150/2015, in coerenza con il riparto dei costi relativi ai centri per l'impiego, come verrà definito a livello nazionale in attuazione dell'accordo politico del 7 settembre 2017 tra il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e gli Assessori regionali al lavoro e con l'obiettivo di ottimizzare la spesa complessiva statale e regionale in materia. Si tratta, infatti, di potenziare sia il personale addetto ai centri per l'impiego, in modo da contenere i tempi medi di attesa per la presa in carico dell'utenza, sia i servizi offerti dai centri stessi;

ii) per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 150/2015. L'obiettivo è quello di assicurare, nella logica di sinergia, sussidiarietà e collaborazione con il sistema dei soggetti accreditati, nel quadro dei principi di cui al decreto legislativo 150/2015, i seguenti servizi per le diverse fasce di utenza: orientamento di base e specialistico, supporto alla ricerca del lavoro, orientamento e supporto all'autoimpiego, attività per la qualificazione professionale, supporto all'attivazione di tirocini e strumenti di conciliazione. Tali prestazioni si affiancheranno alle misure di formazione e orientamento, nonché ai diversi programmi europei rivolti, in particolare, alla fascia dell'utenza "giovani";

b) le politiche attive del lavoro, al fine di ricondurre a unità il sistema, consentendo flessibilizzazione degli strumenti di politica attiva in modo da renderli adeguati e funzionali alla durata dei diversi strumenti di sostegno al reddito. I mercati del lavoro sono, infatti, "naturalmente" regionali e la Regione deve avere, quindi, la possibilità di regolare gli strumenti di politica attiva del lavoro definendo le priorità rispetto ai beneficiari degli strumenti di sostegno al reddito, anche al fine di garantire i principi di adeguatezza e appropriatezza;

c) vigilanza sulla regolarità degli strumenti di politica attiva del lavoro, con specifico riferimento ai tirocini, consentendo alla Regione di introdurre misure complementari di controllo sugli stessi e mediante l'avvalimento degli Ispettorati territoriali del lavoro. Si tratta, infatti, di rafforzare le azioni di controllo e ispettive per riuscire a contrastare tempestivamente eventuali situazioni di irregolarità nell'utilizzo dello strumento.»

(Approvato)

 

Emendamento 2, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano:

«La lettera a. del paragrafo 2.2.1 rubricato “Internazionalizzazione e commercio con l'estero” è sostituita dalla seguente:

“strumenti anche normativi per la promozione e realizzazione di iniziative riguardanti prioritariamente l'internazionalizzazione del sistema produttivo e commerciale regionale. Promuovere altresì il sistema educativo e formativo, universitario, della ricerca e dell'innovazione dell'Emilia-Romagna, anche al fine di rafforzare l'attrattività del territorio nel suo complesso. Si tratta di garantire supporto continuativo alle imprese, in particolare alle piccole e medie imprese, assicurando continuità e semplificazione dei procedimenti, nei loro percorsi di crescita e internazionalizzazione e sostenere le attività del sistema regionale attraverso azioni di promozione. Le risorse finanziarie connesse consentiranno, peraltro, di integrare le attività di promozione con le attività di sistema relative all'attrazione di investimenti in stretta relazione con ICE e Invitalia;”;

La lettera a. del paragrafo 2.2.2 rubricato “ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione per i sistemi produttivi e allo start up di impresa” è sostituita dalla seguente:

“strumenti, anche normativi, per lo sviluppo della ricerca scientifica e della ricerca applicata a supporto dell'innovazione di tutti i sistemi produttivi, dello sviluppo sostenibile e dell'innovazione sociale. Si tratta di dotare queste azioni delle risorse necessarie per garantire lo sviluppo di un sistema unitario, nel cui ambito sia possibile l'interconnessione di Università, centri di ricerca e imprese, al fine di innalzare il livello di ricerca, sviluppo e innovazione del territorio. L'obiettivo è mettere in campo con continuità azioni di sistema per sostenere la domanda e l'offerta di ricerca, assicurando il pieno coinvolgimento delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, rafforzando reti e filiere, al fine di accelerare la crescita del rapporto Ricerca e Sviluppo sul PIL regionale. Le risorse potranno essere destinate al sostegno continuativo delle imprese, compresa l'incubazione e lo start up d'impresa, e all'offerta regionale della ricerca, anche mutuando modelli di finanziamento della ricerca industriale già sperimentati in altri contesti europei;”.»

(Approvato)

 

Emendamento 3, a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Calvano e Taruffi:

«Al paragrafo 2.3.2 rubricato la "tutela dell'ambiente" sono apportate le seguenti modifiche:

- La lettera a. è sostituita dalla seguente:

a. Il riconoscimento in capo alla Regione della potestà legislativa in materia di ambiente con riferimento all'emanazione di norme di dettaglio nell'ambito della disciplina stabilita con legge statale finalizzate ad introdurre norme di semplificazione per il raccordo dei procedimenti con quelli di competenza regionale, nonché a disciplinare l'organizzazione delle funzioni amministrative assegnate alla Regione;

- alla lettera b. sono aggiunte, alla fine del periodo, le seguenti parole:

"Le agenzie agiscono nel quadro degli indirizzi normativi ed operativi stabiliti dalla Regione in coerenza con la lettera a. del presente paragrafo;".

- alla lettera d. tra le parole "dissesto e inquinamento del territorio" e le parole 'te assicurare una più rapida e certa gestione" sono inserite le seguenti:

“, di gestione delle acque per l'adattamento ai cambiamenti climatici,”

Al paragrafo 2.3.2 rubricato la "tutela dell'ambiente" è aggiunta la seguente lettera:

"e. il potenziamento del sistema regionale di protezione civile per lo svolgimento delle attività e dei compiti di cui all'art. 3 della legge n. 225/1992 (previsione e prevenzione dei rischi, soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria e indifferibile diretta al contrasto e al superamento dell'emergenza e alla mitigazione del rischio). Strumenti di finanziamento adeguati anche con la costituzione di appositi Fondi regionali;".»

(Ritirato)

 

Emendamento 4, a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Calvano e Taruffi:

«Al paragrafo 2.4.1 rubricato “tutela della salute” sono apportate le seguenti modifiche:

- alla lettera a., tra le parole "Livelli essenziali di assistenza (LEA)" e le parole “si chiede la possibilità” sono inserite le seguenti:

“, nonché nel rispetto dell'unitarietà del contratto collettivo nazionale di lavoro,";

- alla lettera b., alla fine del periodo, sono inserite le seguenti parole:

“nel rispetto del dettato del D.Lgs. n. 517/1999 e garantendo la coerenza con la L.R. 29/2004 e quindi in pieno accordo con le linee di programmazione regionale e con il parere obbligatorio degli atenei interessati;”;

- la lettera c. è sostituita dalla seguente:

“autonomia nella definizione qualitativa e quantitativa delle forme di distribuzione del farmaco garantendo, ove previsto la riscossione delle quote partecipate dei cittadini;”;

- la lettera d. è sostituita dalla seguente:

“possibilità di prevedere misure ulteriori di tutela della salute pubblica, a fronte di evidenze epidemiologiche o emergenze specifiche, anche attraverso la revisione del numero dei vaccini obbligatori, rispetto a quanto previsto a livello nazionale all'interno dei LEA per i residenti in regione Emilia-Romagna;”;

- la lettera e. è sostituita dalla seguente:

“possibilità di integrare il sistema formativo delle scuole di specializzazione mediche, in accordo con gli atenei della regione, per garantire la copertura del fabbisogno professionale del sistema sanitario regionale e del turn over, nel rispetto dei requisiti fissati a livello nazionale, anche attraverso il finanziamento diretto dei contratti di formazione lavoro;”;

- alla lettera f., alla fine del periodo, sono aggiunte le seguenti parole:

“, nel quadro della disciplina dell'ISEE (indice situazione economica equivalente);”;

- alla lettera g., al primo periodo, dopo te parole "patrimonio edilizio e tecnologico delle aziende sanitarie" sono aggiunte le seguenti:

“, escluso I' incremento della pressione fiscale da parte della Regione.”.»

(Approvato)

 

Emendamento 5, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano:

«La lettera b. del paragrafo 2.1.2. rubricato "Istruzione tecnica e professionale, istruzione e formazione professionale, istruzione universitaria" è sostituita dalla seguente:

“b. la competenza legislativa, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni universitarie, in relazione alle connessioni tra il sistema universitario e il sistema produttivo regionale, funzionale alla creazione di percorsi di formazione terziaria universitaria, con riferimento anche alle esigenze di formazione duale e/o permanente, progettati dalle Università in collaborazione con gli stakeholders di riferimento ed orientati ad un immediato inserimento nel mondo del lavoro. L'obiettivo è quello di realizzare percorsi di formazione terziaria di tipo universitario in grado di rispondere al bisogno dinamico di competenze del mondo del lavoro e del sistema economico produttivo regionale, accrescendo significativamente il livello di partecipazione all'istruzione terziaria e l'occupabilità dei giovani;”»

(Approvato)

 

Emendamento 6, a firma dei consiglieri Taruffi, Prodi, Calvano e Caliandro:

«Dopo le parole con riferimento alle competenze in materia di “Territorio e Rigenerazione Urbana, Ambiente E Infrastrutture”, la richiesta di ulteriori forme e condizioni particolari- di autonomia riguarda:", i paragrafi e i punti compresi fra “governo del territorio e rigenerazione urbana” e “- dato atto della riformulazione proposta dall'Assessore competente nella seduta della Commissione III Territorio, Ambiente e Mobilità del 21 settembre 2017 come di seguito riportata:” sono soppressi.»

(Approvato)

 

Emendamento 7, a firma dei consiglieri Taruffi, Prodi, Calvano e Caliandro:

«Nel paragrafo “governo del territorio e rigenerazione urbana”, al punto a., dopo le parole “regolarizzazione degli stati legittimi” inserire le parole “, per errori materiali o approssimazioni tecniche,”.»

(Approvato)

 

Emendamento 8, a firma dei consiglieri Caliandro e Calvano:

«Al paragrafo 2.3.1 rubricato “governo del territorio e rigenerazione urbana” sono apportate le seguenti modifiche:

- Alla lettera a. ove si prevede che “l’acquisizione di competenze legislative e amministrative volte a superare la frammentazione amministrativa per la disciplina dei procedimenti in materia di edilizia, infrastrutture e impianti produttivi, con l'obiettivo di incrementare l'attrattività del sistema territoriale, ai fini della regolarizzazione degli stati legittimi e della messa in sicurezza sismica” tra le parole “la disciplina dei procedimenti in materia edilizia” e le parole “ai fini della regolarizzazione” sono inserite le seguenti:

“, infrastrutture impianti produttivi, con l'obiettivo di incrementare l'attrattività del sistema territoriale,”;»

(Approvato)

 

Emendamento 9, a firma dei consiglieri Bignami, Fabbri, Liverani, Foti, Rancan, Aimi, Bargi, Rainieri, Pompignoli:

«A pagina 10, dopo la lettera e. aggiungere il seguente capoverso:

- Il Presidente della Giunta, fermo restando il carattere prioritario degli ambiti oggetto di contrattazione sopraelencati, ad avviare, in una seconda fase, il negoziato con il Governo ai fini dell'intesa prevista dal comma III dell'articolo 116 della Costituzione, sulle restanti materie di legislazione concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione e sulle materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s).»

(Ritirato)

 

Emendamento 10, a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Taruffi e Calvano:

«Al paragrafo 2.3.2 rubricato la "tutela dell'ambiente" sono apportate le seguenti modifiche:

- Il primo punto è sostituito dal seguente:

“- Il riconoscimento in capo alla Regione della potestà legislativa in materia di ambiente con riferimento all'emanazione di norme di dettaglio nell'ambito della legislazione e della normativa tecnica statale finalizzate ad introdurre norme di semplificazione per il raccordo dei procedimenti con quelli di competenza regionale nonché a disciplinare l'organizzazione delle funzioni amministrative assegnate alla Regione;”;

- Al secondo punto sono aggiunte, alla fine del periodo, le seguenti parole:

“Le agenzie agiscono nel quadro degli indirizzi normativi ed operativi stabiliti dalla Regione in coerenza con quanto previsto dal punto precedente;”.

Al quarto punto tra le parole “dissesto e inquinamento del territorio” e le parole “e assicurare una più rapida e certa gestione” sono inserite le seguenti:

“, di gestione delle acque per l'adattamento ai cambiamenti climatici,”

Al paragrafo 2.3.2 rubricato la “tutela dell'ambiente” è aggiunto il seguente punto:

“il potenziamento del sistema regionale di protezione civile per lo svolgimento delle attività e dei compiti di cui all'art. 3 della legge n. 225/1992 (previsione e prevenzione dei rischi, soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria e indifferibile diretta al contrasto e al superamento dell'emergenza e alla mitigazione del rischio). Strumenti di finanziamento adeguati anche con la costituzione di appositi Fondi regionali;”.»

(Approvato)

 

Emendamento 11, a firma dei consiglieri Bignami, Taruffi, Foti, Aimi e Caliandro:

«A pagina 10, dopo la lettera e. aggiungere il seguente capoverso:

- Il Presidente della Giunta, fermo restando il carattere prioritario degli ambiti oggetto di contrattazione sopraelencati, ad avviare, in una seconda fase, il negoziato con il Governo ai fini dell'intesa prevista dal comma III dell'articolo 116 sulla materia indicata dalla lettera l) del II comma dell'art. 117, limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace.»

(Approvato)

 

OGGETTO 5062 “Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifiche alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 Statuto della Regione Emilia-Romagna". A firma dei Consiglieri: Fabbri, Bargi, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli” TESTO BASE

Emendamento 1, a firma del consigliere Bertani:

«Al comma 1 dell’articolo 1, che introduce nel comma 1 dell’articolo 21 della legge regionale 31 marzo 2005, n. 13, la nuova lettera d), le parole: “a maggioranza semplice” sono sostituite da: “a maggioranza dei due terzi dei componenti”.»

(Precluso)

 

Emendamento 2, a firma del consigliere Bertani:

«All’articolo 1, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

“2. Nel comma 2 dell’articolo 21 della legge regionale n. 13 del 2005, dopo le parole:

“su materie o leggi di competenza regionale non escluse dalle procedure del referendum abrogativo ai sensi dell’articolo 20” sono aggiunte le seguenti:

“, nonché sull’attivazione delle iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.»

(Precluso)

 

Ordine del giorno

 

OGGETTO 5062-5071/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli del progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: «Modifiche alla legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 Statuto della Regione Emilia-Romagna». A firma del Consigliere: Poli”

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Bilancio, Affari generali ed istituzionali”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno

 

Nel corso delle sedute sono pervenuti i sottonotati documenti:

 

Interrogazioni

 

5353 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da attuare per sostenere iniziative di valorizzazione dell'area delle Valli Marecchia e Conca. A firma della Consigliera: Sensoli

5355 - Interrogazione a risposta scritta circa le associazioni di volontariato operanti presso l'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

5356 - Interrogazione a risposta scritta circa la riorganizzazione dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

5358 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per contrastare la riduzione dell'offerta di servizi sanitari presso l'Ospedale di Novafeltria. A firma della Consigliera: Sensoli

5362 - Interrogazione a risposta scritta circa l'affidamento del servizio di assistenza sanitaria relativo allo svolgimento della festa del Partito Democratico svoltasi ad Imola. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

5363 - Interrogazione a risposta scritta circa la tutela dei lavoratori dell'azienda Landi Renzo S.p.A. A firma dei Consiglieri: Torri, Prodi

5364 - Interrogazione a risposta scritta circa la realizzazione e la collocazione di una nuova sede dell'Istituto Statale Superiore "D'Arzo" di Sant'Ilario (RE). A firma del Consigliere: Delmonte

 

Interpellanza

 

5357 - Interpellanza circa le azioni da attuare per tutelare l'incolumità dei cittadini di San Giorgio di Cesena e della località Pontecucco, con particolare riferimento al rifacimento del ponte sulla Pro Cervese ed alla realizzazione di opere idrauliche. A firma del Consigliere: Bertani

 

Risoluzioni

 

5354 - Risoluzione per impegnare la Giunta a supportare adeguatamente i produttori agricoli danneggiati da batteriosi, che colpisce pomodori, patate e kiwi, prevedendo indennizzi idonei e finanziando adeguatamente, nel bilancio di previsione per il 2018, la L.R. n. 6/2010. (02 10 17) A firma dei Consiglieri: Lori, Tarasconi, Molinari, Cardinali, Iotti, Serri, Bagnari, Zappaterra, Calvano, Rossi Nadia

5359 - Risoluzione per impegnare la Giunta a svolgere una ricognizione degli ambiti di attuazione dell’autonomia, nonché a effettuare un esame delle condizioni e degli obiettivi cui ricondurre la richiesta di ulteriori forme di autonomia ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione, operando, tramite le Commissioni assembleari, un confronto con associazioni, enti locali e parti sociali e promuovendo articolate iniziative di informazione ai cittadini. (03 10 17) A firma dei Consiglieri: Sensoli, Bertani, Sassi

5360 - Risoluzione per impegnare la Giunta a caratterizzare il procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell’Intesa con il Governo per la concessione di ulteriori forme e condizioni di autonomia dalla partecipazione - in forma congiunta della Giunta, dell’Assemblea e degli enti locali - di una delegazione rappresentativa delle forze di maggioranza e opposizione. (03 10 17) A firma dei Consiglieri: Bertani, Sensoli, Piccinini, Gibertoni, Sassi

5361 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad avviare il negoziato con il Governo ai fini dell'intesa prevista dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione. (03 10 17) A firma dei Consiglieri: Caliandro, Calvano

(Comunicazione n. 53 prescritta dall’art. 69 del Regolamento interno - prot. NP/2017/1970 del 5/10/2017)

 

 

I PRESIDENTI

I SEGRETARI

Rainieri - Saliera

Rancan - Torri

 

 

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