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239.

 

SEDUTA DI VENERDÌ 29 MARZO 2019

 

(ANTIMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SONCINI

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

SESSIONE EUROPEA

 

OGGETTO 7880

Relazione per la Sessione Europea dell’Assemblea legislativa per l’anno 2019, ai sensi dell’art. 5 della L.R. n. 16/2008

 

OGGETTO 8117

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: «Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione Europea».

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Soncini)

BIANCHI, assessore

Lucia Serena ROSSI, Professore di diritto dell’Unione europea all’Università di Bologna e Giudice della Corte di Giustizia europea

POMPIGNOLI, relatore per la Sessione Europea

MONTALTI (PD)

BERTANI (M5S)

TAGLIAFERRI (FdI)

TORRI (SI)

GALLI (FI)

FACCI (Gruppo Misto)

BONACCINI, presidente della Giunta

BERTANI (M5S)

RANCAN (LN)

TARUFFI (SI)

CALIANDRO (PD)

BERTANI (M5S)

PICCININI (M5S)

PRESIDENTE (Soncini)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 8117

Emendamenti oggetto 8117

 

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SONCINI

 

La seduta ha inizio alle ore 10,48

 

PRESIDENTE (Soncini): Dichiaro aperta la seduta antimeridiana n. 239 del giorno 29 marzo 2019.

Sono assenti la presidente Saliera, i consiglieri Bagnari, Bessi, Calvano, Daniele Marchetti, Rainieri, Sabattini e gli assessori Caselli, Costi, Donini, Gazzolo e Venturi.

Iniziamo i nostri lavori di oggi che prevedono in sede esclusiva la Sessione Europea.

 

SESSIONE EUROPEA

 

OGGETTO 7880

Relazione per la Sessione Europea dell’Assemblea legislativa per l’anno 2019, ai sensi dell’art. 5 della L.R. n. 16/2008

 

OGGETTO 8117

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: «Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione Europea».

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Soncini): Chiamo, quindi, gli oggetti 7880: relazione per la Sessione Europea dell’Assemblea legislativa per l’anno 2019, ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale n. 16 del 2008, e 8117: risoluzione proposta dal presidente Pompignoli su mandato della I Commissione recante “Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione europea”.

Desidero ricordarvi che i due oggetti sono in trattazione congiunta e la discussione comprende il dibattito generale e le dichiarazioni di voto.

La Conferenza dei capigruppo ha stabilito che l’intervento per ciascun Gruppo in dibattito generale è di dieci minuti. Le dichiarazioni di voto per ogni Gruppo, come di consueto, prevedono cinque minuti di intervento.

Vi ricordo anche che dopo il mio saluto in apertura dei lavori ci saranno gli interventi dell’assessore Patrizio Bianchi, che ha predisposto anche della documentazione di approfondimento che vi è stata distribuita o vi sarà distribuita in questi minuti, e del giudice presso la Corte di giustizia europea, Lucia Serena Rossi.

Successivamente inizia la Sessione Europea e quindi darò la parola al presidente della I Commissione, relatore per la Sessione Europea, Massimiliano Pompignoli.

Seguiranno gli interventi dei rappresentanti dei Gruppi, quello del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, le dichiarazioni di voto e in conclusione la votazione della risoluzione.

 

POMPIGNOLI: Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.

 

PRESIDENTE (Soncini): Scusate. Ora la parola è mia. Adesso iniziamo con il mio saluto, come vi ho detto all’inizio.

Iniziamo con il mio saluto. Signore e signori, consiglieri, presidente Stefano Bonaccini, assessore Patrizio Bianchi, diamo il benvenuto agli ospiti che partecipano oggi alla nostra Sessione solenne, in occasione della discussione e votazione della risoluzione d’indirizzo sulla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e all’attuazione dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea.

Ringraziamo con particolare gratitudine Lucia Serena Rossi, giudice della Corte di giustizia europea e professore di diritto dell’Unione europea all’Università di Bologna.

La sua presenza qui oggi, professoressa Rossi, ci rende particolarmente orgogliosi, poiché lei è stata la prima giudice italiana a ricevere il prestigioso e delicato incarico nella Corte di giustizia ospitata dal Lussemburgo. Attraverso tale incarico, l’intero assetto della magistratura italiana ha potuto colmare un gap in un settore dello Stato storicamente poco permeabile alla valorizzazione delle donne.

A questo proposito, ricordando un appello lanciato proprio da lei qualche tempo fa in un’intervista rilasciata a un periodico specializzato in management, faccio nostre le sue parole: “Non esistono lavori da uomini e lavori da donna. Non credete mai che le donne in carriera non riescano al tempo stesso a costruire una famiglia”.

Gentili ospiti, non possiamo nascondere che l’annuale Sessione europea, oggi celebrata, avviene in un momento storico particolarmente delicato per le Istituzioni del nostro continente. La data odierna, 29 marzo 2019, avrebbe dovuto segnare l’uscita del Regno Unito dall’Unione e tale coincidenza l’avrebbe resa comunque una data infausta. Ciò che sta accadendo in queste ore a Londra tiene il mondo con il fiato sospeso, anche e soprattutto perché le massime Istituzioni britanniche dal referendum sulla Brexit in poi non si sono dimostrate all’altezza di portare a termine un negoziato, reso indispensabile da un mandato popolare, ovviamente rispettabile, ma gravido di enormi incongruenze e incognite, come le vicende successive hanno dimostrato.

Abbiamo ancora negli occhi le immagini della gigantesca manifestazione avvenuta nei giorni scorsi nella capitale inglese. La petizione on line affinché venga convocato un secondo referendum ha ormai raggiunto 5 milioni di firme, il che conferma quanto il desiderio di permanenza nell’Unione batta tuttora nei cuori di una larga parte del popolo britannico. Tuttavia, le scelte del Regno Unito, per quanto attiene alla competenza di ciascuno Stato sovrano nei propri assetti costituzionali in relazione con l’Unione europea, vanno comunque rispettate e, persino, agevolate, laddove si indirizzino verso una prospettiva, sia imminente sia a lungo termine, di reciproco scambio, fondato sulla tutela dei rispettivi interessi.

Non ci si schiera mai dalla parte delle altrui sventure, ma è doveroso operare a favore della propria.

Non si può negare che il tormentato percorso della cosiddetta “Brexit” abbia costituito uno shock nel progressivo percorso di integrazione continentale, nei suoi aspetti etici, sociali, culturali, materiali. Al momento attuale nessuno, tantomeno in Oltremanica, potrebbe consultare la sfera di cristallo per prevedere e anticipare le vicende della storia.

Eppure, in buona misura proprio per questo ciò che rende preziosa la nostra Assemblea di oggi, i cui contenuti e i risultati verranno espressi nella risoluzione conclusiva, a conferma dei costanti passi avanti nel processo di integrazione, che segna storicamente l’impegno dell’Emilia-Romagna, esige non la consultazione della sfera di cristallo, bensì il richiamo al senso più profondo e autentico dell’essere ciascuno di noi cittadino d’Europa.

Il mondo corre velocemente e, talvolta, sorprende le nostre previsioni e le diffuse certezze. Solo trent’anni fa, nella cavalcata liberatoria dei Paesi orientali, culminata a novembre con la caduta del Muro di Berlino, qualcuno azzardò persino l’ipotesi che la storia, la grande storia fosse metaforicamente terminata dinanzi al trionfo definitivo delle democrazie liberali. Parve, allora, che la profezia di Ventotene fosse giunta a una sua straordinaria e definitiva realizzazione. Non è stato così.

Signore e signori consiglieri, presidente, assessori, gentili ospiti, l’Emilia-Romagna può essere fiera del proprio essere Regione d’Europa. Lo può essere - sia detto senza presunzione - in ciò che i nostri concittadini hanno saputo costruire sul piano della convivenza civile, dell’equilibrio sociale, della prosperità economica e della solidità culturale. Lo può essere grazie anche all’opera della nostra Assemblea legislativa, che non ha mai perso un minuto né ha risparmiato sforzi per garantire e sostenere la partecipazione ai processi di conoscenza e consapevolezza della cittadinanza europea attraverso molteplici iniziative, indirizzate in particolare ai più giovani.

Ma ricordiamo, innanzitutto a noi stessi, che nessuna meta è raggiunta per sempre. Di nuovo, in questi anni sono stati evocati spettri di nuovi limiti, muri, confini.

Il nostro compito è guardare avanti, non alle nostre spalle, se non per conservare memoria delle immani tragedie novecentesche, causate dall’oblio della coscienza umana.

Costruire il futuro significa costruire civiltà. Il diritto comunitario e il suo impatto nella vita dei cittadini, di cui ci parlerà la giudice Lucia Serena Rossi, muove certamente in questa direzione. Un ringraziamento alla presidente di questa Assemblea legislativa, Simonetta Saliera, al presidente della I Commissione, Massimiliano Pompignoli, alle persone, ai collaboratori e ai servizi dell’Assemblea legislativa che si occupano da anni della Sessione Europea, con grande serietà e competenza. Vi ringrazio e dichiaro ufficialmente aperta la Sessione Europea 2019 dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna.

Do immediatamente la parola all’assessore Patrizio Bianchi, prego.

 

BIANCHI, assessore: Presidente, mi permetta innanzitutto di unirmi ai ringraziamenti a Lucia Serena Rossi per essere qui oggi. Grazie, Lucia, siamo tutti felicissimi e onoratissimi del grande lavoro che stai facendo.

Questa è l’XI Sessione Comunitaria che si tiene nella nostra Assemblea. Ed è, come ormai tutti gli anni, non solo il momento in cui si fa la verifica non soltanto della nostra capacità di adesione al progetto politico dell’Unione europea, ma è anche il momento in cui si fa la verifica dello straordinario lavoro che viene condotto in Commissione e in Assemblea: da una parte per partecipare in maniera attiva, dal basso verso l’alto al processo di costruzione del corpo normativo europeo; dall’altra parte per verificare il nostro corpo normativo, per riallinearlo, ma anche per semplificarlo.

Quanto alla manutenzione ordinaria e straordinaria del nostro corpo normativo, noi abbiamo in questi anni svolto una grandissima attività e il merito va a questa Assemblea. Sono 63 le risoluzioni di indirizzo che questa Assemblea ha formulato in questi anni per partecipare in maniera attiva, ma anche per dare un contributo potente su materie cruciali per la vita di tutti i cittadini, non solo per i cittadini dell’Emilia-Romagna, ma per i cittadini di tutta Europa. E sono oltre 60, però, anche gli interventi che sono stati condotti per riallineare la nostra normativa alla normativa europea.

Il lavoro di semplificazione è un lavoro straordinario. Bisogna tenere aggiornato un corpo normativo per renderlo adeguato alle esigenze, sfoltendo laddove non è più necessario intervenire direttamente, o anche semplicemente dove le norme successive hanno già dato risposta a quesiti precedenti. Da venticinque anni questo lavoro è stato imponente. Sono state 274 le leggi regionali che sono state abrogate. Sono state decine e decine i regolamenti e le disposizioni che sono state tolte perché ormai superate. È un’idea di un corpo legislativo che riesce a intervenire anche ripulendo quando c’è bisogno, anche facendo manutenzione, facendo anche questa idea di una trasparenza che diventa parte necessaria e fondamentale per lo sviluppo.

Voglio ringraziare – colgo questa occasione, l’ultima di questa legislatura – non soltanto il presidente della Commissione e la Commissione, ma anche i gruppi tecnici che hanno lavorato in questi anni con una capacità e una competenza e che sono diventati di riferimento in tutta Europa.

Credo che questo sia un elemento che non dobbiamo sottovalutare, questo credo di doverlo fare assieme al presidente Pompignoli, il lavoro di supporto continuo che i nostri gruppi tecnici della Giunta e dell’Assemblea hanno svolto per mettere in condizione non soltanto questa Assemblea di compiere delle scelte, ma anche per posizionare l’Emilia-Romagna come un luogo di straordinaria competenza tecnica, al servizio di tutto il Paese. Quindi, grazie, grazie veramente a nome della Giunta e a nome di tutti.

L’altro dato che diventa interessante è che quando parliamo di Europa diventa sempre più difficile parlare di qualcosa che è al di fuori di noi. Basta vedere i pochi dati sull’economia che abbiamo allegato e abbiamo messo oggi in distribuzione per verificare come per le nostre imprese, per la nostra economia, l’Europa è mercato interno, mercato interno nel senso più pieno. È quello su cui si dimensionano gli impianti. È quello su cui si verificano i bisogni dei consumatori. È quello su cui si organizza anche tutta l’attività produttiva. Stiamo parlando di una Regione, la nostra, che ha il 60 per cento della propria produzione rivolta al mercato interno europeo. Non è qualcosa da cui ci si può ritrarre. Non è qualcosa a cui si può venir meno. È qualcosa rispetto al quale si devono posizionare anche le proprie capacità, non solo di produzione, ma anche di ricerca.

Insisto su questo dato. La nostra capacità di ricerca oggi è tarata su una dimensione europea. Voi sapete che stiamo investendo moltissimo di capacità, di competenze, di intelligenza sulla parte della ricerca. Stiamo investendo moltissimo sul ragionamento che abbiamo fatto su quello che è il Big Data e il cambiamento climatico, tutto quello che oggi è la frontiera della conoscenza, tutti interventi che vengono fatti con risorse europee, all’interno di una strategia europea e con una capacità di organizzare competenze e intelligenze che ha come dimensione minima ormai quella europea.

La vicenda europea, a cui anche la presidente faceva riferimento prima, ci dimostra in maniera limpida e chiara che non c’è un’alternativa all’Europa. L’unica alternativa all’Europa è un’Europa migliore, non fuggirne. Non sfuggirne, anzi. Non “fuggirne”. “Sfuggirne”.

Tutto questo diventa chiarissimo nella linearità con cui noi abbiamo condotto le nostre attività insieme in questi anni. Io ho un dato che a me personalmente sta molto a cuore, ma che dà la misura di quanto questa Regione sia dentro l’Europa: la riduzione del tasso di dispersione scolastica, che siamo riusciti a riportare sotto il livello medio europeo. È un’attenzione che tutti insieme abbiamo dato in questi anni proprio ai giovani, alla loro necessità di avere un percorso educativo adeguato, che permetta, però, anche a loro di sentirsi assolutamente europei.

Lunedì abbiamo fatto un’iniziativa, che a me è piaciuta moltissimo, quella sulla cittadinanza europea. Avevamo ragazzi che, con il nostro contributo, sono andati a trovare altri ragazzi in Europa, sono andati a incontrare altri ragazzi in Europa. In questa riflessione che abbiamo fatto mi permettevo di dire una cosa. Tu c’eri. È una riflessione che, probabilmente, può essere scontata, ma la voglio riportare a voi. Erano ragazzi che avevano 16-17 anni. Ricordavo che per noi l’Europa è ormai scontata. È scontato poter viaggiare e non fare file alla frontiera. Ricordavo che semplicemente due generazioni fa ragazzi della loro età erano già sotto le armi, avevano già un fucile in mano e guardavano dall’altra parte della frontiera qualche altro ragazzo della stessa età, di cui non sapevano neanche il nome, semplicemente con un odio trasmesso e con l’idea che l’unico mandato che avevano era di farlo fuori.

Questo aspetto per noi fortunatamente oggi è dato per scontato. La dimensione della pace è una dimensione che non può essere data per ovvia. Soprattutto va insegnato ai nostri ragazzi che non può essere data per ovvia. Non è stata data per ovvia per centinaia di anni ed è stato il principale dei risultati che questa Europa ci ha portato.

Dopodiché, è chiaro, nessuno di noi può essere contento completamente di com’è la situazione. Io, ad esempio, esprimo oggi due insoddisfazioni. Le esprimo in maniera chiara e le esprimo qui con il nostro presidente, che è anche presidente delle Regioni italiane. È partito il negoziato europeo. Questo Parlamento europeo è in ritardo, quindi ormai chiude la sua avventura in ritardo, nel completamento del quadro di indirizzo dei prossimi Fondi europei. Lo sta definendo in un modo che io ritengo insoddisfacente, ancora una volta con un’enfasi sulla ricentralizzazione dei programmi e ancora una volta con un’enfasi ad avere come interlocutore essenziale il Governo nazionale.

Io credo che il momento del declino dell’Europa, almeno nel nostro sentimento, abbia una data precisa: è quando con la Commissione Barroso si è passati da una visione comune a una visione intergovernativa, cioè quando ogni decisione è diventata oggetto di negoziazione fra i diversi Governi. Il fatto che il Parlamento riponga gran parte dei fondi europei ancora una volta sulla base di un negoziato con il Governo, secondo me, è un passo indietro. Credo e spero che il prossimo Parlamento non soltanto ricominci da dove questo Parlamento ha lasciato, ma ci ripensi su e ripensi che il ruolo dei territori e delle Regioni è fondamentale per superare la crisi attuale dell’Europa. Ho trovato l’Europa e una crisi di un’Europa che è diventata intergovernativa, invece deve essere più comune, e nell’essere più comune il ruolo delle Regioni è fondamentale. Su questo io credo che non ci sia alternativa.

Eguale insoddisfazione devo esprimere per l’avvio dell’accordo di partenariato a livello nazionale. Tre giorni fa c’è stato un incontro con il ministro e devo dire che il risultato non è stato buono. Vedo risorgere l’idea di una politica di coesione, in cui dentro non c’è mai la parola “innovazione”. Vedo che torna l’odore di un vecchio meridionalismo asfittico, che ha come risvolto la ricentralizzazione di tutti gli interventi, mentre io credo che sia fondamentale - l’ho detto chiaramente tutte le volte che sono venuto in Commissione, me ne dia atto, presidente - che, se non vengono messe nelle mani delle Regioni le politiche di coesione, le politiche di coesione non vanno avanti.

Vedo, con grande preoccupazione, quasi una melanconia della vecchia Cassa per il Mezzogiorno, che di fatto riposiziona gli interventi di coesione diversamente come interventi di compensazione, non con misure per integrare le diverse Regioni italiane. Su questo approccio io non sono d’accordo. Credo che tutte le Regioni italiane insieme debbano esprimere forte il senso che le politiche di coesione sono quelle che devono essere, cioè politiche trasversali in cui forte sia la spinta verso l’innovazione, che si devono incrociare con i fondi strutturali, per avere un Paese più unito e non semplicemente posizionato su delle compensazioni, che di fatto cristallizzano le situazioni come sono.

All’interno di questo, io credo che la Regione Emilia-Romagna abbia sempre agito, a livello nazionale e a livello europeo, come collante di politiche di coesione. Noi abbiamo assunto diverse responsabilità. Nelle politiche di cooperazione territoriale noi abbiamo assunto la responsabilità di essere il soggetto autorità di gestione di ADRION, quindi di tutte le politiche che riguardano Adriatico, Ionio ed Area balcanica. Siamo il punto di riferimento nazionale del programma MED, cioè di tutti i programmi mediterranei.

Credo che sui programmi mediterranei in Europa e in Italia si debba spendere di più, perché se vi è un’attitudine a ritenere che bisogna aiutare i Paesi in via sviluppo là dove sono, questo però va fatto. Non si può fare a meno di questo, altrimenti stiamo raccontando sostanzialmente delle sciocchezze da una parte e dall’altra.

Sono tornato ieri sera dal Marocco, proprio nella mia funzione di vicepresidente del Comitato delle Regioni del Mediterraneo: vi è uno straordinario bisogno di sviluppare coesione sulle due sponde del Mediterraneo, altrimenti non basta bloccare, bisogna anche ricostruire. Ci siamo fatti carico, a livello europeo, della presidenza di Vanguard, che è l’associazione delle Regioni più avanzate, così come a livello mondiale ci stiamo impegnando in un fortissimo coordinamento dei governatori delle Regioni più avanzate, proprio in una logica di ricostruzione di un’idea fondante di coesione.

La Regione Emilia-Romagna quindi ha svolto e sta svolgendo una funzione fondamentale in questa operazione, di legame fra tutte le regioni europee, con grandissima attenzione al Mediterraneo, ai Balcani, quindi a tutto il mondo che è attorno a noi e di cui noi non dico che vogliamo essere il centro, ma assumiamo l’idea di essere comunque dei punti di riferimento.

Vi ringrazio moltissimo per tutto il lavoro fatto, ringrazio il presidente Pompignoli, con cui abbiamo lavorato in questi anni, credo esprimendo questa forte tensione comune, anche se da visioni a volte diverse, sul ripensamento del ruolo della Regione e delle Regioni, in un’Europa dei territori e delle persone. Grazie a tutti, quindi.

Grazie, presidente, grazie Lucia, grazie al nostro presidente, grazie a tutti voi e grazie a tutto il nostro personale che ha permesso in questi anni di rimanere sempre sulla parte più avanzata della competenza tecnica che è necessaria per affrontare questioni così importanti. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, assessore Bianchi.

La parola ora al giudice Lucia Serena Rossi.

 

Lucia Serena ROSSI, Professore di diritto dell’Unione europea all’Università di Bologna e Giudice della Corte di Giustizia europea: Grazie a tutti, grazie alla presidente, grazie di avermi invitato a questa Sessione Europea.

Sono particolarmente felice ed orgogliosa di essere qui. Io ora faccio parte di un’Istituzione. Ho lavorato per tantissimi anni all’Università di Bologna, ho cercato di portare l’Europa a Bologna, fondando un master, per esempio, sui Fondi europei, il dottorato, sul diritto dell’Unione, una Summer School a Bertinoro sui diritti fondamentali, tante strutture, facendo accordi con il King’s College di Londra per mandare i nostri studenti nelle università più prestigiose. Ora, mi trovo, vi dico sinceramente, anche a portare la nostra regione, la nostra città in Europa non certo perché io come giudice possa in qualche modo influenzare in maniera di parte, questo vi assicuro è impossibile, non è questo, i giudici della Corte di giustizia sono persone, sono giuristi eccellenti. C’è una grande armonia, c’è un desiderio congiunto di cercare la soluzione migliore per l’Europa.

Non ci sono conflitti legati alla nazionalità, assolutamente, quindi c’è, ovviamente, un obbligo per tutti noi di massima imparzialità. Questo è il ruolo che lo richiede, l’Istituzione. Questo vale per tutti. Io comunque cerco di portare l’Emilia in altro modo. Per esempio, adesso, per il 9 maggio, in realtà arriveranno la sera e verranno il 10, verrà una delegazione di altissimo livello della Corte di giustizia, gli spagnoli, cioè la vicepresidente della Corte di giustizia, che è una spagnola, il cancelliere, che è una persona importantissima, che è uno spagnolo, l’avvocato generale spagnolo con i rispettivi consorti e li portiamo a visitare il Collegio di Spagna e il FICO, perché il FICO – ho già portato il giudice inglese – mentre noi bolognesi siamo piuttosto indifferenti, siamo abituati al cibo, siamo abituati a tante cose, vi assicuro che per gli stranieri è una cosa meravigliosa. Sembra di portare un bambino a Disneyland. Mi sono detta: adesso pian piano porterò pezzi della Corte di giustizia. Con la scusa del FICO gli facciamo visitare altre cose.

Un’altra cosa. Per esempio, all’ambasciata di Lussemburgo, che organizza la Settimana del cibo italiano, anche lì ho detto: “Guardate che non potete prescindere da Bologna, dal FICO” e quindi quest’anno dedicheranno uno spazio.

 

(interruzione del presidente Bonaccini)

 

Ecco, benissimo. A monte ci sono io per questa cosa. Mi piacerebbe anche far conoscere Ravenna, tutta la parte bizantina, le nuove cose che si sono aperte, perché io sono emiliana di nascita, ma romagnola di vacanze e quindi conosco bene anche questo. A Lussemburgo, dove siamo, una città piccola, con un tenore di vita altissimo, vedo anche delle potenzialità, lo dico a tutti voi, al di là della Istituzione che è piccola. Comunque, anche proprio come città e come Stato incoraggio chi può e chi ha i mezzi a instaurare dei raccordi bilaterali. Si tratta di un mercato estremamente interessato e appassionato all’Italia in generale. Quindi, far sapere a tutti che non ci sono solo Roma, Firenze e Venezia, ma che c’è anche Bologna.

Detto questo, voglio solo fare un piccolo commento a quello che è stato già detto, per confermare quello che diceva sia Patrizio Bianchi che la nostra vicepresidente, cioè che l’Emilia-Romagna è veramente considerata una regione all’avanguardia. Noi non siamo una remota provincia dell’impero. Noi siamo al cuore e siamo un esempio per tante cose. Questo è dovuto sicuramente al buon operato di chi governa, agli enti locali, ma secondo me è anche dovuto proprio alla gente emiliana, alla sua laboriosità, alla sua curiosità, alla sua apertura verso il mondo.

Io ho visto passare generazioni di studenti. La loro curiosità di sapere quello che succede fuori è estremamente marcata. Quindi, sono particolarmente contenta che prosegua questa tradizione della Sessione Europea. Sono contenta di vedere la vostra attenzione. Sono molto contenta e fiera della nostra regione.

Vorrei dire qualche parola sulla nostra Istituzione, su come la Corte di giustizia, la nostra giurisprudenza ha influito e influisce sulla vita quotidiana di tutti i cittadini. La prima cosa che voglio dire è: non date retta ai giornali, che quasi sempre – così come la televisione – purtroppo confondono la Corte di giustizia dell’Unione europea, la nostra, quella di Lussemburgo, con la Corte di Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell’uomo, che, per intenderci, è quella che si è occupata recentemente del caso Berlusconi. Sono due Corti diverse. La Corte di Strasburgo è una Corte che appartiene al Consiglio d’Europa, un’Istituzione che ha cinquanta Stati, tra cui la Russia e la Turchia, non fa parte dell’Unione europea e tratta solo dell’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre noi ci occupiamo veramente di tutto. Ci occupiamo di tutto il diritto dell’Unione europea.

Lavoriamo – vi assicuro – tantissimo. C’è un ritmo pazzesco. Noi siamo solo ventotto giudici. Ognuno di noi è relatore di diverse cause e di regola mai relatore di cause del proprio Stato, però sediamo in Camera 3, in Camera 5 e, a turno, nella grande camera di quindici giudici. Vediamo proprio di tutto e abbiamo tantissimi casi.

Vi voglio fare qualche esempio delle questioni che in questo momento sono le più importanti e che sono destinate ad avere un grande impatto sui cittadini, sull’economia e sulla politica. Cominciamo da quest’ultima.

Oggi la Corte di giustizia si trova ad affrontare un numero crescente di questioni legate (non faccio nomi) alla situazione politica che c’è in alcuni Stati, in un paio di Stati in particolare, sul rispetto della rule of law. Purtroppo ci sono alcuni Stati in Europa che stanno limitando l’indipendenza della magistratura, l’indipendenza di tutti gli organi che devono essere autonomi, e su questo la Corte di giustizia è particolarmente vigile, perché chiaramente si può essere membri dell’Unione europea se si rispettano i valori dell’articolo 2 del Trattato, che sono i valori dello stato di diritto, della democrazia, del rispetto dei diritti fondamentali, eccetera. Quindi, abbiamo innanzitutto da trattare questioni che sono particolari, specifiche, che vengono da questi Stati e che chiaramente sono delicate, molto delicate, anche dal punto di vista politico. Si cerca, ovviamente, di trovare le soluzioni giuridiche nello spirito del Trattato, nello spirito della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ma con il massimo equilibrio.

Ancora, abbiamo in questo momento sempre più cause legate alle nuove tecnologie. Il problema della privacy è il primo che è stato affrontato dalla Corte di giustizia, ben prima che io arrivassi, la protezione dei dati personali, il caso Schrems su Facebook, il caso Google Ireland. Abbiamo adesso casi su Airbnb, abbiamo casi su Amazon, io stessa sono relatrice di un caso di una tassazione discriminatoria su Google. Abbiamo, quindi, un crescente numero di cause di questo tipo.

Perché arrivano da noi? Arrivano da noi, da un lato, perché ormai la disciplina dell’Unione europea è talmente vasta che copre tutti i settori, ma anche arrivano da noi, dall’altro, perché la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che non si sovrappone, non è in competizione con le Costituzioni nazionali, ma le integra, costituisce un modello molto più moderno, perché è stata adottata molti anni dopo le Costituzioni degli Stati membri, e arriva dove le nostre Costituzioni (la nostra è stata scritta nel 1948) non arrivano. Quindi, i giudici nazionali chiedono alla Corte di giustizia, e secondo me è un bene, perché noi dobbiamo trovare soluzioni europee davanti ai giganti che sono quasi sempre americani.

Abbiamo quindi questo numero crescente di sentenze che, vi assicuro, pone anche problemi non solo giuridici, ma anche proprio di sistema, di coerenza. Noi ovviamente siamo giudici che applicano il diritto, ma in questo caso, spesso, quando si applica la carta, il diritto è molto generale. Tocca a noi, poi, rispondere al giudice che fa una domanda molto precisa, molto concreta.

Vi ricordo che le competenze della Corte di giustizia sono sì quelle di condannare gli Stati in infrazione, sono sì quelle di annullare gli atti delle istituzioni dell’Unione quando vìolano il Trattato, spesso anche su richiesta degli Stati, o anche delle Regioni – abbiamo un caso adesso. Ma soprattutto, la grande quantità del nostro lavoro è rispondere ai quesiti preliminari, ai rinvii pregiudiziali che ci fanno i giudici. Giudici di ogni ordine e grado: dal giudice di primo grado, alla stessa Corte costituzionale. Questa è veramente la grande, grande quantità di casi: ci arriva di tutto.

Abbiamo quindi tutti i giudici dell’Unione che fanno riferimento, per l’applicazione del diritto dell’Unione, a noi. Abbiamo poi delle questioni che toccano direttamente i consumatori. Per esempio, ora abbiamo diversi casi, e abbiamo anche già deciso, sulle compagnie aeree. Le compagnie aeree sono delle potenze. Io ho la sfortuna di dover prendere quattro aerei la settimana perché la mia famiglia sta qui a Bologna, e non c’è un volo diretto – anzi, se qualcuno lo mettesse, sarei particolarmente grata – per Lussemburgo.

Detto questo, le compagnie aeree hanno una posizione dominante che è del tutto sproporzionata, come potenza, rispetto a quella dei consumatori.

Credo che più cause ci arriveranno dai giudici sulle compagnie aeree, meglio sarà. Veramente, infatti, in questo settore la disciplina che c’è, l’esistente, lascia purtroppo molto margine, molta libertà, forse troppa, alle compagnie aeree. E poi ci sono tanti casi: sui consumatori, le clausole abusive. Adesso abbiamo casi anche delicati e difficili, per esempio il caso sul glifosato. C’è già stata una sentenza che ha aumentato la trasparenza dell’informazione sul glifosato. Ora ce n’è un’altra, fatta in un modo forse troppo ampio, quindi non so come si riuscirà a dare una risposta al giudice. Abbiamo cause che riguardano la circolazione dei cittadini. C’è adesso un caso, per esempio, di un italiano che si è trasferito in Germania per lavoro. Lui è un campione di atletica e fa il trainer e gli è stato detto che non può partecipare ai campionati e nemmeno alle selezioni, nemmeno agli allenamenti in Germania. È una situazione piccola, particolare, di un singolo cittadino. Però, capite che – ancora non si sa come sarà decisa – comunque sia decisa questo può avere un grande impatto sull’integrazione dei nostri cittadini che si trasferiscono magari per lavoro in un altro Stato membro; quindi lo sport, anche questioni che possono sembrare minori.

Abbiamo poi questioni di grandissimo peso economico. Avete tutti visto la sentenza su Tercas che ha condannato la Commissione. Questo è un primo grado. La Commissione impugnerà. Quindi, non è definitiva la sentenza su Tercas. Comunque, vi dà l’idea di come possa influire una sentenza, una, su tutte le banche europee, così come estremamente importante è tutta la giurisprudenza che ha fatto la Corte di giustizia sui poteri della Banca centrale europea.

Riconoscendo alla Banca centrale europea, guidata da Draghi, la libertà, la competenza ad adottare certe misure, è stato qualcosa che ha, sicuramente indirettamente, ma molto concretamente, avvantaggiato l’Italia, che è stata beneficiaria di questo acquisto di titoli pubblici in maniera estremamente sostanziosa, con la contrapposizione molto forte della Germania.

Detto questo, quindi, è una Corte che decide su tutte le questioni, ma che non lo può fare ovviamente di sua spontanea volontà. Questo sia chiaro.

Ci deve essere un rinvio da parte di un giudice nazionale e comunque – questo è un altro limite – è una Corte che deve applicare il diritto che c’è. Lo può cercare di interpretare al meglio, può anche cercare di interpretarlo in maniera evolutiva, ma a volte, vi confesso, che il giudice è un po’ frustrato dal vedere che una certa situazione purtroppo non potrebbe essere decisa nella maniera più “giusta” perché c’è una norma dell’Unione europea molto chiara che dice un’altra cosa. 

Abbiamo sicuramente, adesso, anche una nuova competenza molto importante, che è quella sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che comincia a coprire il diritto penale, che copre l’immigrazione degli extracomunitari. L’immigrazione dei cittadini dell’Unione non è immigrazione. È a tutti gli effetti una libertà fondamentale, che esiste sin dall’inizio del Trattato.

Ci troviamo, a volte, ad applicare norme adottate in contesti diversi, norme frammentarie. Purtroppo, noi non abbiamo la possibilità, come giudici, di dire ai legislatori di cambiare le norme. Possiamo, magari, in quello che si chiama “obiter dictum”, cioè in una frasettina laterale, lanciare un messaggio sperando che le Istituzioni lo colgano.

Detto questo, per far capire la nostra attività, di tutte le Istituzioni dell’Unione europea la Corte di giustizia è sicuramente la meno conosciuta, perché è quella che sfugge dall’influenza politica. È anche la più piccola. Noi siamo ventotto giudici più il tribunale, che è l’organo sottostante di primo grado, che è in aumento come numero di giudici (diventeranno cinquantasei). Siamo un’Istituzione piccola. Ciononostante, se venite a visitarci a Lussemburgo, siamo un’Istituzione che occupa un grandissimo numero di persone. Perché? Perché dobbiamo lavorare, come le altre Istituzioni, in tutte le lingue. Questo rallenta il nostro lavoro, molto. Noi siamo molto rapidi a scrivere le sentenze, ma poi tutto va tradotto nelle ventitré lingue ufficiali. Questo è il costo della democrazia. È giusto che sia così. È meglio avere una sentenza un po’ più tardi, ma una sentenza che tutti i cittadini possano leggere, dall’estone al maltese. Questo è un costo economico, ma è anche un costo pienamente giustificato dal principio di democrazia, che è uno dei princìpi fondamentali inseriti con il Trattato di Lisbona e con la Carta dei diritti fondamentali nel diritto dell’Unione.

Quale sarà il futuro della nostra giurisprudenza? Qual è il trend che io vedo svilupparsi sempre più? È un trend molto interessante, che tocca tutti i cittadini, cioè quello di una crescente applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Penso che la Carta dei diritti fondamentali dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole, insieme alla nostra Costituzione. È un documento chiaro, moderno, addirittura accompagnato da spiegazioni che hanno, anche queste, un valore, ed è destinato sempre più ad essere applicato in tutte le materie.

Io, quindi, incoraggio tutti a prendere conoscenza della Carta dei diritti e a promuovere dibattiti, così come incoraggio, se è possibile, ogni tanto a guardare i comunicati stampa delle più importanti sentenze della Corte di giustizia, che sono ovviamente in tutte le lingue, anche in italiano.

Concludo questo mio discorso invitandovi, se passate da Lussemburgo, a visitare la Corte di giustizia, naturalmente compatibilmente con gli orari delle udienze. Sarà un piacere. Grazie.

 

(Applausi)

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, giudice Rossi. L’applauso è a testimonianza del suo intervento molto interessante, utile per conoscere bene il ruolo della Corte di giustizia europea, il diritto comunitario e il suo impatto sulla vita dei cittadini. Penso che le sue considerazioni potranno far parte anche del proseguimento dei nostri lavori e, chissà, anche di una visita ufficiale. Grazie.

Do ora la parola al presidente della I Commissione, Massimiliano Pompignoli, relatore della Sessione Europea.

Prego, consigliere Pompignoli.

 

POMPIGNOLI, relatore per la Sessione Europea: Grazie, presidente.

Questa volta è il mio turno. Ringrazio Lucia Serena Rossi per la presenza, ringrazio ovviamente anche l’assessore Patrizio Bianchi per le parole spese, nonché tutti gli uffici tecnici che hanno collaborato con me in questi anni per la Sessione Europea.

Faccio una premessa in relazione a quanto detto anche dall’assessore Bianchi, cui ne condivido in gran parte il ragionamento sul discorso legato all’Europa, a come migliorarla, al ruolo che le Regioni devono avere in Europa. Ovviamente, abbiamo concetti di un’Europa diversa, nelle reciproche posizioni politiche che abbiamo, sperando ovviamente che il nuovo Parlamento europeo possa dare quella svolta, che noi chiediamo da diversi anni, all’Europa e che in particolar modo ascolti gli Stati membri e le esigenze degli Stati membri e non, viceversa, fare o imporre delle direttive che gli stessi Stati membri poi devono subire.

Veniamo al ruolo della Regione Emilia-Romagna, che nel corso di questi anni ha fatto, come diceva sempre l’assessore Bianchi, diverse risoluzioni e ha sviluppato negli ultimi anni un proprio modello di partecipazione alla formazione e attuazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea, regolamentato, come ricordiamo, dalla legge regionale 16/2008, modificata poi lo scorso anno.

La Sessione Europea dell’Assemblea legislativa costituisce il punto di partenza dell’azione regionale. Questa è infatti la sede istituzionale di riflessione politica e confronto su ciò che la Regione ha fatto per adeguare l’ordinamento regionale all’ordinamento europeo, e su ciò che la Regione intende fare con riferimento alle iniziative preannunciate dalla Commissione europea nel proprio programma di lavoro annuale, con particolare attenzione a quelle considerate di interesse prioritario, per il loro potenziale impatto sul territorio, e sulle politiche regionali.

Per questo motivo, la Giunta ha presentato il rapporto conoscitivo per la Sessione Europea dell’Assemblea legislativa, predisposto con la collaborazione di tutte le direzioni generali, che per ogni settore dell’amministrazione regionale fa il punto sul rapporto tra politiche regionali e politiche europee, e fornisce all’Assemblea legislativa gli orientamenti e le priorità della Giunta sul programma di lavoro della Commissione europea.

Grazie all’esame del programma di lavoro, e dei documenti predisposti dalla Giunta, quindi, l’Assemblea legislativa individua le future iniziative dell’Unione europea, di interesse per la Regione, e formula gli indirizzi alla Giunta contenuti nella proposta di risoluzione oggi all’ordine del giorno.

In preparazione dei lavori di quest’anno, il 28 gennaio scorso la I Commissione da me presieduta ha svolto l’udienza conoscitiva sul programma di lavoro della Commissione europea per il 2019. L’audizione ha l’obiettivo di coinvolgere attivamente e in modo trasparente il sistema regionale nell’individuazione delle priorità da seguire, sia nel corso dei lavori della Sessione Europea annuale dell’Assemblea legislativa, sia nell’ambito delle iniziative che vi daranno seguito.

L’audizione ha visto il coinvolgimento dei parlamentari europei della Circoscrizione nordest, grazie alla collaborazione appunto dell’Assemblea, con l’ufficio di informazione a Milano del Parlamento europeo. Nel corso dell’incontro ai portatori di interesse è stato richiesto di formulare le proprie considerazioni, in generale sulle politiche dell’Unione europea, in particolare sulle iniziative valutate di maggiore interesse, elencate dalla Commissione europea nel suo programma annuale di lavoro.

Ai lavori, come detto, concorrono tutte le Commissioni assembleari, in relazione alle materie di rispettiva competenza. La procedura prevede l’assegnazione, ogni anno, in sede referente, alla Commissione assembleare competente, in materia di rapporti con l’Unione europea, che è la I Commissione, e alle altre Commissioni assembleari per il parere di loro competenza, del programma di lavoro annuale della Commissione europea, della relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento europeo e del rapporto conoscitivo della Giunta regionale per la Sessione Europea all’Assemblea legislativa.

I lavori delle Commissioni assembleari per la Sessione Europea 2019 si sono concentrati, quindi, sull’analisi dei documenti assegnati, con la successiva approvazione dei pareri contenenti le osservazioni sulla fase ascendente e discendente e per gli aspetti di rispettiva competenza, nonché di indirizzi sulle tematiche politiche valutate di maggiore rilievo.

Gli approfondimenti in Commissione si sono svolti in presenza e attraverso il confronto degli esponenti politici e dei tecnici della Giunta regionale.

Si sottolinea, al riguardo, che il raccordo tecnico e politico tra Assemblea legislativa e Giunta regionale, già a partire dai lavori per la Sessione Europea, è un elemento chiave. Questa attività istruttoria preliminare, infatti, è fondamentale per acquisire l’insieme di informazioni e conoscenze necessarie per i successivi lavori delle Commissioni assembleari che si sono conclusi con la redazione e l’approvazione, da parte della I Commissione, della relazione per la Sessione Europea dell’Assemblea legislativa per l’anno 2019 e la votazione del mandato al sottoscritto alla presentazione della proposta di risoluzione oggi presentata.

La Sessione Europea dell’Assemblea legislativa di quest’anno è l’undicesima dall’entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 2008 e sarà l’ultima di questa legislatura regionale. Di conseguenza, rappresenta l’occasione per fare un bilancio di questi cinque anni di attività della Regione, con riferimento alla partecipazione, alla formazione e attuazione delle politiche del diritto dell’Unione europea e per fornire indicazioni e indirizzi sulle prospettive future dell’azione regionale a poco meno di due mesi dalle elezioni europee che si terranno il prossimo 26 maggio.

Dai lavori delle Commissioni assembleari di quest’anno e dall’udienza conoscitiva sul programma dei lavori della Commissione europea sono emersi temi di particolare rilievo politico già affrontati in precedenza. In particolare, sono state ribadite le principali osservazioni e criticità sollevate sulla proposta della Commissione europea sul quadro finanziario pluriennale del 2020, post 2020, sulla prossima politica di coesione e sulle proposte di regolamento relative ai fondi strutturali alla politica agricola comune, la cosiddetta PAC, post 2020.

Sono emersi, inoltre, indirizzi politici sul tema centrale per il futuro delle politiche e degli interventi della Regione sul territorio quali ricerca, innovazione, energia, economia circolare, spreco alimentare, turismo, uso e protezione del suolo, concessioni demaniali, occupazioni, cooperazione allo sviluppo, nonché indirizzi sulla futura strategia europea per la parità tra donne e uomini, sulla violenza di genere e sul cyberbullismo.

Con riferimento specifico all’esame del programma di lavoro della Commissione europea per il 2019 sono state segnalate come priorità le seguenti iniziative: un futuro europeo sostenibile, attuazione degli accordi di Parigi, completare il mercato unico digitale con particolare attenzione alle raccomandazioni della Commissione per istituire un formato di cartella clinica elettronica europea, completare l’unione dell’energia, futuro della politica in materia di energia e clima, un mercato unico equo e a prova di futuro, un processo legislativo più efficiente sul mercato unico.

Sono stati formulati, inoltre, indirizzi precisi su alcuni atti europei ancora in discussione presso le Istituzioni europee e sui quali, per la loro importanza, è stata richiesta una particolare attenzione, soprattutto in considerazione del fatto che su tali atti la Regione Emilia-Romagna ha approvato la risoluzione con specifiche osservazioni che, in caso di mancata approvazione definitiva entro il termine dell’attuale legislatura europea, potrebbero non essere poi ripresentate.

In particolare, segnalo il pacchetto sull’economia circolare e il quadro finanziario pluriennale; in particolare le proposte legislative relative alla politica agricola comune, la proposta di regolamento relativo al Fondo europeo post 2020 e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo.

Per quanto riguarda l’adeguamento dell’ordinamento regionale alla legislazione europea, sulla base delle analisi della documentazione assegnata alle Commissioni assembleari, la Giunta ha invitato a verificarne le necessità in diversi settori di particolare rilievo, quali ambiente, trasporti, appalti pubblici, energia, ricorrendo, se necessario, allo strumento della legge europea regionale, ai sensi della legge n. 16/2008.

Sul punto si segnala che molte delle proposte e delle direttive europee sulle quali la Regione ha formulato osservazioni negli scorsi anni hanno concluso il loro iter di approvazione. Di conseguenza, molti sono i regolamenti e le direttive richiamate nella proposta di risoluzione che dovranno essere verificate ai fini dell’adeguamento del regolamento regionale.

In conclusione, si evidenziano alcuni indirizzi inseriti nella proposta di risoluzione per migliorare ulteriormente i meccanismi di partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e all’attuazione delle politiche del diritto europeo. Si segnala, a seguito dell’approvazione dello scorso anno delle modifiche della legge n. 16/2008, l’articolo 21-quinquies che, al comma 1, prevede che con delibera di Giunta e con delibera dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa, assunte d’intesa, previa informazione alla Commissione assembleare competente, sono disciplinati gli aspetti organizzativi interni alla Giunta e all’Assemblea che consentano il raccordo tra le strutture esistenti all’interno della Regione Emilia-Romagna, nonché tra queste e le altre strutture a livello nazionale ed europeo; la modalità per la costruzione e il funzionamento della rete europea regionale; le modalità per l’attivazione delle consultazioni informatiche; le modalità per garantire l’informazione tempestiva e senza eccessivi oneri organizzativi e procedurali.

Sul punto si evidenzia che questi atti dovrebbero consentire di dare attuazione concreta alle disposizioni più innovative della nuova legge regionale n. 16/2008, che riguardano il coinvolgimento del territorio nell’attività di partecipazione della Regione ai processi decisionali europei attraverso la costituzione della rete europea regionale e l’introduzione delle consultazioni informali, nonché la previsione di strumenti che consentano di valutare l’impatto delle politiche europee sul territorio ex ante ed ex post.

Questi, quindi, sono i principali argomenti della proposta di risoluzione che, sulla base della relazione approvata dalla I Commissione bilancio, contiene gli indirizzi alla Giunta e gli impegni all’Assemblea legislativa che guideranno l’adozione della Regione Emilia-Romagna nei prossimi mesi, con riferimento alle politiche europee, sulla quale oggi è chiamata a esprimersi l’aula. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Pompignoli, per la sua relazione.

Dichiaro aperta la discussione generale. Invito, quindi, i Gruppi a segnalare la propria volontà di intervenire. È aperta la discussione generale della Sessione Europea.

Ha chiesto di intervenire la consigliera Montalti per il Gruppo del Partito Democratico. Ne ha facoltà.

Prego, consigliera.

 

MONTALTI: Grazie, presidente.

Colgo subito l’occasione per ringraziare Lucia Serena Rossi, che è qua con noi oggi, in un momento per l’Assemblea legislativa importante. La Sessione Europea è, infatti, un’occasione fondamentale per confrontarci con la dimensione europea e le politiche dell’Unione europea, in un percorso che coinvolge annualmente i consiglieri e le Commissioni in un rapporto di dialogo con la Giunta regionale, questo sin dall’entrata in vigore della legge regionale n. 16/2008.

Proprio l’anno scorso - lo ricordava poco fa il collega consigliere Pompignoli - abbiamo affrontato la riforma di tale norma, dandoci l’obiettivo di mettere in campo strumenti e modalità sempre più efficaci per poter portare la voce dei cittadini emiliano-romagnoli in Europa, attraverso la partecipazione attiva della nostra Regione alla formazione e attuazione del diritto e delle politiche dell’Unione europea, e questo proprio rafforzando, passo dopo passo, quello che è l’impegno dell’Emilia-Romagna sia nell’implementazione delle politiche europee sia in tutto quello che è un lavoro costante che noi facciamo di informazione e coinvolgimento in questo processo dei cittadini emiliano-romagnoli.

Questa Sessione Europea è stata una Sessione Europea da un certo punto di vista eccezionale, perché è stata attraversata dal dibattito politico che riguarda il futuro dell’Europa, sempre più presente e sentito anche trovandoci alla vigilia delle elezioni europee.

A questa Assemblea legislativa è chiesto, dunque, da un lato di esprimersi mantenendo lo sguardo alto su questo tema del futuro dell’Europa, dall’altro anche di entrare nel merito di tutto quello che è un quadro di politiche che, nel breve e medio periodo, coinvolgeranno tutta la dimensione regionale.

Da questo punto di vista, dico subito che desta grande preoccupazione quello che è il quadro finanziario pluriennale post 2020, con particolare riferimento alla politica di coesione, che coinvolge in prima linea le Regioni, e alla politica agricola comune.

L’Emilia-Romagna, questo lo diciamo con orgoglio, testimonia, con l’efficacia della propria azione, come il protagonismo delle Regioni possa essere motore virtuoso delle politiche di coesione. Le regioni e i territori in un momento di difficoltà degli Stati nazionali possono rappresentare la chiave per superare l’empasse, lanciare ponti basati su modelli di cooperazione già esistenti e consolidati, e rilanciando i nuovi presupposti di un progetto di integrazione europea che sappia mettere al centro le persone e i territori.

La riforma della legge regionale 16/2008 è stata approvata proprio nella consapevolezza che le Regioni possono e devono giocare un ruolo importante e strategico di fronte al crescente euroscetticismo, portando in Europa le istanze dei cittadini, ma anche avvicinando l’Europa ai territori, attraverso programmi e progetti concreti.

L’Europa delle Regioni si può tradurre in un’immagine: quella di un’Europa che deve tornare ad avere il volto, o meglio, lo sguardo dei propri cittadini. La Regione Emilia-Romagna, già da tempo ha sottolineato, presentando la propria posizione in tutte le sedi di confronto a livello nazionale ed europeo, come le proposte sul prossimo quadro finanziario pluriennale e le proposte relative alla futura politica di coesione, dovrebbero contribuire concretamente al processo di integrazione europea, attraverso una forte valorizzazione del contributo e del ruolo delle Regioni.

La politica di coesione non va indebolita, va rafforzata. Il ruolo delle Regioni non va marginalizzato, va valorizzato. Senza il protagonismo delle Regioni, dei territori e dei cittadini, la crisi europea rischia di diventare irreversibile. Questo è il messaggio forte che come Partito democratico vogliamo oggi condividere con l’Assemblea legislativa, e questo vogliamo che diventi il monito della Regione Emilia-Romagna a Bruxelles. Lo stiamo già facendo, lo stiamo già dicendo, non da oggi. Ma questo messaggio dobbiamo farlo uscire forte, oggi, da questa Sessione Europea.

La politica di coesione è uno dei pilastri fondamentali su cui è stata costruita la storia dell’Europa. E proprio per questo va sostenuta, a partire da una strategia politica europea chiara – uso proprio la parola “europeo” per dire che deve essere una strategia politica che guardi all’insieme della dimensione europea e non ai piccoli e singoli interessi. Questa politica di coesione – l’abbiamo già detto e lo voglio ribadire – per essere efficace deve avere una adeguata dotazione finanziaria, deve conservare quel carattere universalistico e di funzione politica di investimento e sviluppo in tutte le regioni europee, insistendo sul ruolo strategico delle regioni e sul loro coinvolgimento attivo nel costruire e condividere insieme, a livello nazionale, le scelte della programmazione. Questo anche in linea con un principio che ci sta a cuore, quello della sussidiarietà.

Lo diciamo come Regione perché siamo forti dell’esperienza sul versante della programmazione europea che abbiamo maturato nei decenni, non da ieri, nei decenni, consapevoli di come la dotazione di fondi europei che è destinata alle regioni sia uno strumento fondamentale per le politiche locali di investimento e sviluppo. Voglio ricordare, e questo parlando solo dell’ultimo periodo di programmazione, che dal 2014 ad oggi, grazie alla politica di coesione, l’Emilia-Romagna ha potuto beneficiare di 2,5 miliardi di euro, che si sono tradotti in migliaia di progetti ed investimenti per imprese e cittadini su tantissimi temi: formazione, innovazione, cultura, agricoltura, lavoro, impresa, energia, sostenibilità, economia circolare e tanto altro. L’elenco sarebbe molto, molto lungo.

In maniera rapida faccio una carrellata di quelle che sono le tante preoccupazioni che abbiamo come Regione rispetto al quadro pluriennale: il rischio che vengano sminuite fortemente le capacità delle regioni di programmare (avere risorse senza avere la possibilità, l’autonomia di programmare è come avere uno strumento in mano spuntato); il problema del possibile aumento della quota di cofinanziamento da parte dello Stato e delle regioni. Noi non ci siamo mai sottratti a questa nostra responsabilità, tanto che, lo voglio ricordare, proprio in questa Assemblea nel bilancio 2019 abbiamo scelto di alzare la quota regionale di cofinanziamento ai fondi strutturali a 72 milioni di euro. Però, se si alza la quota di cofinanziamento, è importante che questa venga mantenuta al di fuori dei calcoli e dei vincoli del patto di stabilità.

Poi, preoccupazioni che riguardano i singoli fondi. Il Fondo sociale europeo è stato il primo fondo nato nel percorso di integrazione europea, un fondo importantissimo, perché è quello che permette di mettere in campo le politiche che riguardano il sostegno alla formazione e all’occupazione. Quindi, anche qui, l’autonomia, la possibilità di utilizzarlo appieno a favore del sostegno del capitale umano, del lavoro. Questo fondo rischia di essere soppiantato da una serie di altre politiche importanti, ma che non possono andare a soffocare uno strumento fondamentale per il sostegno al tema del lavoro e dell’occupazione.

Un altro tema caro al nostro territorio è il tema della politica agricola comune. L’Emilia-Romagna ha detto un “no” fortissimo al taglio del budget UE per l’agricoltura. Anche qui noi ribadiamo l’importanza di un ruolo della Regione nell’attuazione delle politiche e nella gestione delle risorse. Non vogliamo una PAC che sia completamente gestita a livello nazionale, perché è importante poter avere la possibilità di scegliere stando vicino al proprio territorio, stando vicino al proprio mondo dell’agricoltura, che ha tipicità diverse da regione a regione.

Mi avvio a conclusione. Vedo che il mio tempo sta terminando.

Io ho aperto ribadendo che l’impegno della nostra Regione deve andare in due direzioni: da un lato, entrare nel merito dei problemi e, dall’altro, cercare di guardare al futuro dell’Europa. In questo senso, continuiamo ad essere impegnati perché crediamo che il futuro dell’Europa sia in un percorso che continui nella direzione dell’integrazione, ma mettendo al centro le persone e i territori.

Noi abbiamo fatto anche un gesto concreto in questa direzione, che forse può sembrare piccolo di fronte ai grandi problemi globali che ci troviamo ad affrontare, ma che per noi ha un grandissimo valore simbolico. Nella riforma della legge n. 16/2008 abbiamo inserito un titolo dedicato alla cittadinanza europea. Grazie a questa scelta dell’Assemblea legislativa, quest’anno sono stati sostenuti settanta progetti di scuole ed enti locali che hanno permesso a duemila giovani emiliano-romagnoli di partecipare ai viaggi attraverso l’Europa, ai viaggi per andare a scoprire i luoghi simbolo dell’Europa unita. Un piccolo segnale, ma che per noi dà il senso dell’Europa in cui crediamo, l’Europa che mette al centro i giovani, le opportunità e i valori di libertà, di pace e di democrazia, che sono i valori fondanti dell’Europa unita. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliera Montalti.

Chi chiede la parola? Nessun Gruppo intende intervenire in dibattito generale?

Consigliere Bertani Andrea per il Gruppo del Movimento 5 Stelle.

Prego, consigliere.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

Rivolgo innanzitutto un saluto alla nostra ospite e un ringraziamento per il suo intervento. Oltre che andare a Parco agroalimentare FICO, le raccomando di portare il lussemburghese anche in un buon agriturismo romagnolo o emiliano, perché anche quella è la sostanza della nostra regione.

Io, più che un intervento tecnico, oggi faccio un intervento un po’ più politico, perché il 2019 sarà un anno di passaggio per l’Unione europea, perché a maggio si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, che avvieranno anche un processo di ricostituzione dell’assetto istituzionale dell’Unione europea. Si tratterà, infatti, oltre al Parlamento, di rinnovare la Commissione, con l’elezione del nuovo presidente, di nominare il nuovo alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, il nuovo presidente del Consiglio europeo. A ottobre poi scade il mandato dell’attuale presidente della Banca centrale.

I temi prioritari di questa fine legislatura sicuramente sono l’accordo con il Regno Unito, la famosa Brexit, per un’uscita ordinata, cosa che purtroppo sembra non essere in questi momenti, ma è quello che speriamo, perché quello che ci preme è il minor disagio possibile per i cittadini e per le imprese. Il prosieguo delle discussioni e del negoziato sul quadro finanziario pluriennale, al quale hanno accennato l’assessore e anche i colleghi, proprio perché questo deve allocare le adeguate risorse finanziarie, secondo le priorità dell’Unione, ma anche secondo le necessità dei Paesi e delle Regioni.

C’è ancora tutto il tema aperto sull’unione monetaria, sull’unione bancaria, su una strategia europea finalmente comune e corresponsabile sulla gestione del problema migratorio. Fra l’altro, pochi giorni fa si è concluso alla Camera il dibattito sulla relazione programmatica della partecipazione dell’Italia all’Unione europea e nella relazione finale si reca l’impegno di promuovere l’efficace partecipazione dell’Italia alle attività dell’Unione europea attraverso gli strumenti di coordinamento, indirizzo e impulso politico. Questo, anche come Regione Emilia-Romagna, è quello che vogliamo fare.

Un quadro, quello contrassegnato, che richiede non solo la nostra Regione – andrà a elezioni, fra poco, anche questa –, ma anche l’Europa, finalmente, di voltare pagina.

Voltare pagina, perché gli interessi e gli egoismi nazionali hanno avuto la meglio sul progetto iniziale. Per questo lo spazio comune ispirato ai valori di convivenza pacifica, libertà, tolleranza, solidarietà, è stato messo a dura prova.

Il tempo che ci è rimasto non è ancora lungo, e abbiamo il dovere di difendere quel progetto dalla disgregazione, perché il rischio non è che l’Italia esca dall’Europa, ma che l’Europa si disgreghi. Per farlo, quindi, dobbiamo ripensare completamente al nostro rapporto con l’Unione e all’Unione stessa, rinnovandola, per riscoprire e riaffermare quei princìpi originari ormai sopiti, e per dargli nuova forza, riattualizzandoli nel panorama contemporaneo.

Nella prima Sessione Europea qui in Regione ci definimmo europeisti radicali, nel senso che noi vorremmo, vogliamo, tornare alle radici di quei princìpi, a quelle origini, appunto. A quei princìpi e a quelle radici che nel tempo però sono stati traditi. L’Unione europea che noi contestiamo è quella che ha tradito queste radici, facendo scelte sbagliate come quella dell’austerità finanziaria, le scelte della mancanza di vera rappresentatività, scelte che hanno fatto allontanare milioni di cittadini dal progetto europeo.

Ad esempio, in questi giorni, nel Parlamento europeo si sono votate le modifiche all’iniziativa dei cittadini europei, l’ICE, lo strumento che permette ai cittadini di presentare proposte legislative. Poteva essere un’occasione per aumentare la partecipazione dei cittadini, per arginare quel deficit democratico che caratterizza l’attuale Unione europea, invece, il compromesso raggiunto fra Parlamento e Consiglio è stato indebolito.

Come ad essere indebolita, ormai, è anche la stessa democrazia europea. Il cosiddetto euroscetticismo, infatti, ormai, è proprio dentro le istituzioni, perché intendono spesso e volentieri evitare il confronto con la volontà popolare e negarne gli esiti.

L’altro aspetto importante, sempre rispetto alla democrazia all’interno dell’Unione Europea, è quello di mettere mano anche alla governance europea, perché va ripensato e ridimensionato il potere del Consiglio e incrementato invece quello degli organismi democraticamente e direttamente eletti dai cittadini, come ad esempio il Parlamento, rafforzando il metodo comunitario a discapito, invece, dell’eccessivo utilizzo che si è fatto – si diceva anche prima – del metodo intergovernativo, quello che poi ha generato mostri come il fiscal compact o l’accordo con la Turchia o quello che si sta utilizzando per la discussione sui fondi strutturali.

Quello che vogliamo è un’Unione europea che affronta i problemi reali dei cittadini europei o non europei, che si pone l’obiettivo di una direttiva europea, ad esempio, sul salario minimo o di un continente rapidamente plastic free o che operi rapidamente per l’indipendenza energetica, ovviamente quella appoggiata sulle rinnovabili e non sulla dipendenza da qualche petroliere o dai giacimenti fossili ormai esauriti.

Invece, nel caso del Parlamento europeo, cioè l’Istituzione che a breve rinnoveremo, poggia sull’indipendenza delle candidature e non sulla loro dipendenza da una visione elitaria della politica o da una politica che risponde alle lobby.

Giusto un paio di esempi. Citando la visione elitaria mi viene in mente – l’avevo già accennato – il caso di un nostro corregionale, proprio quello che ha proposto di raccogliere le firme per abolire il reddito di cittadinanza, Sandro Gozi, che è stato eletto nel Parlamento prima in Umbria, poi in Lombardia, poi quando si è presentato in Regione Emilia-Romagna, invece, non è stato letto.

Adesso si candiderà probabilmente con En Marche, in Francia, dove magari non conoscendolo potrebbero anche eleggerlo, in Francia con Macron contro l’Italia.

Oppure, parlavamo di lobby, mi viene da pensare a Verhofstadt, che ha offeso il Parlamento, il popolo italiano e che ancora deve chiedere scusa, persona che è legata alle lobby, perché mentre fa il parlamentare europeo, fa il direttore di Sofina, ha una grande multimiliardaria holding belga che si occupa di trasporti e imprese industriali e lavora anche per un gruppo belga che opera nel trasporto internazionale di gas e petrolio.

Mi viene in mente il finanziamento di Soros di questi giorni a Più Europa. Mi chiedo a chi rispondono e a chi risponderanno questi parlamentari europei.

A nostro avviso, l’Europa delle persone, dei cittadini, delle regioni e dei popoli è una cosa opposta all’Europa che emerge da questo quadro.

Noi, invece, vogliamo un’Europa che sia capace di essere quello che si affermava nel primo punto di una risoluzione approvata dal Parlamento europeo quasi dodici anni fa, che sosteneva che l’Unione europea è innanzitutto una comunità di valori in cui il rispetto dei diritti umani delle libertà fondamentali, la democrazia, lo stato di diritto, l’uguaglianza e la non discriminazione, sono fra i valori che più contano.

Era una risoluzione del 2007. Era una risoluzione che trattava di omofobia e qui in Regione ancora non siamo riusciti a concretizzare i lavori sul progetto di legge sul tema.

Gli interessi particolari, gli egoismi nazionali hanno avuto la meglio sul progetto iniziale. Noi oggi vogliamo che questo cambiamento si attui. Se l’Unione europea torna a concentrarsi su temi che riguardano da vicino i cittadini, se mette a punto strategie in grado di affrontare finalmente e risolvere il profondo divario che si è creato a più livelli tra gli Stati membri, ma anche all’interno degli Stati membri, tra i vari strati sociali, se affronteremo il radicale cambiamento del mondo del lavoro ripensando alle politiche per la crescita e lo sviluppo sociale, se capiremo che servono strumenti per controbilanciare gli squilibri prodotti nel breve termine dal mercato interno, pensando a politiche volte al sostegno al reddito e alla riqualificazione del lavoro, al salario minimo, come sta facendo il nostro Governo, se per l’altro aspetto ci ricorderemo e continueremo ad avere presente che, ad esempio, secondo quanto dice l’Agenzia europea dell’ambiente, il 95 per cento dei cittadini europei a rischio vive nel nord Italia – a rischio ambientale – e se ci vorremo concentrare sulle energie rinnovabili, sull’efficienza energetica, sull’economia circolare, sulla lotta al cambiamento climatico, riducendo le emissioni, allora questa sarà l’Unione vera.

Questo è un progetto al quale, come Movimento 5 Stelle, noi sicuramente diciamo “sì” e abbiamo tutti gli strumenti e le strategie per concretizzarlo già a partire dal 27 maggio. Ci dobbiamo ricordare, dobbiamo avere ben presente che la casa brucia: la casa comune europea dal punto di vista sociale e della coesione e la casa comune del nostro pianeta dal punto di vista ambientale. L’IPCC ci ricorda che abbiamo dodici anni davanti a noi. Dodici anni sono pochi. In questi dodici anni, a partire dall’Europa, dobbiamo impegnarci, come il colibrì della favola africana, ognuno a portare la sua goccia. Noi su questo in Regione saremo pronti e continueremo a farlo.

Ho finito il mio tempo. Avrei degli emendamenti, ma ne parlerò più tardi. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Ci sarà la discussione generale sugli emendamenti.

La parola al consigliere Tagliaferri, per il Gruppo Fratelli d’Italia. Prego.

 

TAGLIAFERRI: Grazie, presidente.

Con le modifiche al Titolo V della Costituzione, come è noto dalla riforma costituzionale e dalla legge n. 3/2001, la Regione, per le materie attribuite, ha il dovere di dare applicazione alle norme europee vigenti e ha il diritto di partecipare attivamente al procedimento di formazione della legislazione comunitaria, secondo anche le stesse norme procedurali contenute all’articolo 38 del nostro Regolamento dell’Assemblea legislativa.

Questa Sessione Europea della nostra Assemblea dovrebbe, quindi, fare certamente il punto per la nostra Regione in relazione agli obiettivi della Strategia Europa 2020, ma soprattutto, a mio personale avviso, anche offrire un contributo costruttivo in sede ministeriale nel merito di suggerimenti utili ai futuri rapporti tra i Paesi membri.

Un primo ragionamento, dunque, va fatto sul posizionamento della nostra Regione in relazione agli otto obiettivi della Strategia Europa 2020.

Il primo obiettivo prevede che il 75 per cento delle persone comprese tra i 20 e i 64 anni abbiano un lavoro. L’Italia si assesta tra il 67 e il 69 per cento e l’Emilia-Romagna al 73 per cento. Ma la prima perplessità che sorge è che questi dati si riferiscono agli occupati indistintamente tra lavoro stabile e precario, perché altrimenti, nel caso si analizzi solo l’occupazione stabile, i dati varierebbero notevolmente e andrebbero letti in termini ben diversi. Anche perché se il lavoro precario in altri Paesi è meno penalizzante poiché l’offerta lavorativa è molto più ampia e il precariato si traduce spesso in opportunità migliorative della propria situazione lavorativa in relazione a un ampio e variegato ventaglio di offerte, da noi purtroppo il precariato è sintomo di una condizione lavorativa penalizzante negli anni, spesso frustrante e priva di alternative migliori.

In materia di clima ed energia sappiamo di dover seguire il Piano 20-20-20 in attuazione del Protocollo di Kyoto. In futuro, dunque, occorrerà fare più attenzione a non cadere in contraddizioni, come finanziare impianti industriali a biomasse tra le fonti rinnovabili, per poi correggere il tiro intervenendo nel PAI (Piano Aria Integrato) limitando o vietando l’uso di combustibili solidi nel riscaldamento domestico. Possiamo fare di più a livello regionale in termini di riduzione delle emissioni dei veicoli, anche terminando opere di logistica fondamentali come la Cispadana, che sottraendo congestioni di traffico sulla A1 (vecchia via Emilia) agevola una viabilità più scorrevole e, quindi, meno inquinante, oltre a ridurre certamente il numero di incidenti stradali e, di conseguenza, i costi sanitari.

Occorre incidere con più determinazione anche per fermare la cementificazione nell’espansione delle città, ridurre a saldo zero il consumo di suolo e promuovere maggiormente la riqualificazione e il recupero di edifici pubblici e privati, coerentemente con la nostra legge urbanistica regionale, tenendo sempre presente che il nostro Paese si caratterizza per la forte dipendenza dai mercati energetici esteri e che, nel corso della nostra storia nazionale, ogni tentativo fatto per emergere da tale dipendenza in un modo o nell’altro è stato sempre impedito. 

Su questa fondamentale questione non possiamo ignorare che all’interno dell’Unione ci sono nazioni come la Francia che tramite la CFA (ora Acronimo di Comunità Finanziaria Africana) controllano l’economia di ben 14 Stati africani tra cui sette dei più poveri del mondo, alcuni dei quali con i numeri più alti di emigranti verso il nostro continente.

Vi sono Stati come il Burkina Faso, con miniere d’oro, o il Niger, per lo più senza energia elettrica, eppure con miniere di uranio che alimentano le centrali nucleari francesi. Un neocolonialismo che non può essere ignorato all’interno di una comunità come quella europea, che dovrebbe prefiggersi di trovare dinamiche comuni per aiutare i Paesi in via di sviluppo.

Se vi fosse il coraggio di dotare quei Paesi di moneta propria, sotto la tutela europea per scongiurare il rischio svalutazione, forse si farebbe quel determinante passo in avanti per una loro vera emancipazione, salvaguardandone il loro legittimo diritto di crescita a casa propria.

Una particolare attenzione occorre all’ultimo punto nel programma di impegni europei 2020, concernente la riduzione di 20 milioni di persone a rischio povertà o esclusione sociale, in cui l’Italia dovrebbe contribuire con un calo di 2.200.000 unità in meno.

L’obiettivo è raggiungibile per tutti, a causa della strisciante crisi economica degli ultimi anni, ma che si traduce nel nostro Paese nel drammatico dato che vede, rispetto a un calo dell’Unione europea di soli 4,5 milioni di unità tra il 2008 e il 2017, addirittura una crescita di poveri nel nostro Paese di 2,3 milioni di unità. Questo dato ci racconta di un’Europa a due velocità, in cui da noi, a livello nazionale, quasi il 29 per cento dei residenti a rischio povertà con le pesanti percentuali del Mezzogiorno.

Un’altra questione, oramai tanto annosa quanto spigolosa, è legata all’applicazione, nell’ordinamento italiano, della direttiva comunitaria 123/2006, meglio conosciuta come Bolkestein, sulle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative. Dopo la solenne dormita di chi ci governava in quegli anni in cui la norma fu votata, appare evidente che occorre ora trovare in tempi rapidi una soluzione che dia finalmente certezze agli operatori di un settore tanto importante come quello turistico-balneare in un Paese a vocazione turistica per eccellenza. Relativamente alle politiche regionali in materia di agricoltura, sempre nel merito delle segnalazioni avanzate in Commissione, si individuano diverse criticità. In primis sarà fondamentale, sulla PAC 2021-2027, non registrare una diminuzione delle risorse.

Ma soprattutto, accogliendo le segnalazioni che ci arrivano dalle associazioni degli agricoltori bisognerà battersi per l’“eat orginal! Unmask your food”, ossia, per l’etichettatura d’origine in tutti gli alimenti contro cibo anonimo. Questa sarà una delle grandi battaglie che dovremo portare avanti senza titubanze in Europa, perché non vi è Paese al mondo con una gamma di biodiversità e qualità di prodotti come il nostro. Perdere questa battaglia significherebbe nel nostro futuro dilapidare un patrimonio in produzioni agricole che non ha eguali al mondo.

Con riferimento al settore pesca, condividendo certamente la promozione di una pesca sostenibile per la tutela delle risorse biologiche marine, occorre rapportare le disposizioni normative previste per il nostro Paese con quelle dei Paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, soprattutto dell’Adriatico, poiché è evidente che tutti i nostri sforzi per la tutela dell’ambiente marino devono essere condivisi con le altre importanti flotte di pesca.

In tema di immigrazione è stato ribadito da tutte le forze politiche, malgrado le diverse posizioni sull’immigrazione clandestina e sulla gestione dei flussi, che servono strategie comuni e che gli altri Paesi dell’Unione devono finalmente assumersi le responsabilità che gli spettano nell’affrontare un fenomeno di carattere globale. È chiaro che comunque questa questione continua ad essere un banco di prova per la tenuta stessa dell’Unione.

Le ricadute del fenomeno immigrazione incidono in termini determinanti sulle politiche sociali a livello regionale, sul sistema welfare e sulla qualità della vita di interi quartieri nelle nostre città.

Una particolare attenzione merita il contrasto alla violenza sulle donne, purtroppo ancora lontano dall’essere debellato anche nella nostra società e ancora di più in quelle culture e religioni estremiste con adepti sempre più numericamente presenti nel mondo occidentale e in cui in larga percentuale la parità uomo-donna è molto lontana dall’essere non solo raggiunta ma talvolta persino immaginata. Malgrado la sottoscrizione da parte dell’Unione europea della Convenzione di Istanbul e il dichiarato impegno nel rafforzamento dell’attuale quadro giuridico sul tema, abbiamo assistito proprio recentemente in Italia a sentenze su reati di violenza alle donne che hanno tolto importanti aggravanti di pena, riducendo sensibilmente la condanna agli imputati.

Sembra davvero, in termini giuridici, un passo indietro che evoca quel delitto d’onore da tempo fortunatamente abrogato nella nostra legislazione.

Su questo tema non si possono fare sconti. L’impegno comune di tutte le forze politiche deve essere a senso unico. Ugualmente una maggiore sensibilità occorre nei processi di inclusione verso i portatori di disabilità e nei servizi di welfare in generale, in particolare in quelli che possono conciliare il lavoro e la famiglia (promozione di welfare aziendale e via dicendo). Proprio in un Paese vecchio come il nostro, in profonda crisi di natalità, ciò appare indispensabile come ogni altra politica per favorire le nascite e la costituzione dei nuovi nuclei familiari.

Per concludere, la Brexit non è l’unica questione di un’Europa in evidente difficoltà. Le prossime elezioni europee registreranno una consistente crescita dei partiti euroscettici e un corposo calo di quelli rappresentativi di chi ha condotto l’Unione dalla sua nascita ad oggi.

Sono segnali che non possono essere ignorati né rappresentati solo etichettandoli come fenomeni populistici e testimoniano un sentimento diffuso che, pur non mettendo in discussione l’Unione stessa, ne stigmatizza le difficoltà, le problematiche in una coesistenza di popoli che spesso non si sentono adeguatamente rappresentati e tutelati.

Abbiamo alle spalle vent’anni di trattative in cui gli Stati membri si sono confrontati impegnandosi più sulle questioni individuali di convenienza economica rispetto a privilegiare una visione unitaria di bene comune. Ciò che si dovrà realizzare da parte di chi avrà l’onere di condurre l’Europa nei prossimi anni è che non siamo un continente giovane, politicamente cresciuto congiuntamente all’unione dei propri Stati. Siamo un continente vecchio con una millenaria storia di culture e tradizioni diverse, pur legate nella comune radice cristiana, che non possono essere liquidate con un colpo di spugna o sacrificate sull’altare della finanza dei mercati, ma piuttosto valorizzate come nostra peculiare caratteristica.

La questione dell’immigrazione economica di massa è emblematica di una sostanziale mancanza di solidarietà e reciproco rispetto persino tra i Paesi fondatori. L’immagine che si è data sino ad oggi è quella di un’Europa che non riesce nemmeno ad aiutare se stessa e che, quindi, tanto meno riuscirà ad aiutare il resto del mondo. L’Europa potrà crescere ed essere più forte solo nel rispetto delle proprie differenze, trovando unitarietà nella solidarietà reciproca dei propri Stati per una crescita comune e non a velocità diverse, senza lasciare indietro nessuno, ma cogliendo da ogni Stato membro il meglio per il bene comune.

Basterà appellarsi coerentemente alla reciprocity, principio fondamentale del diritto internazionale. L’Europa del domani dovrà diventare rappresentativa di ogni Nazione, Regione e territorio con le sue peculiarità. Solo in questo modo di concepirla, anche noi potremo dare un utile contributo ed avere un ruolo nella nuova Europa. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere.

Siamo in dibattito generale. Ci sono altri Gruppi che intendono intervenire?

Consigliere Yuri Torri, per Sinistra Italiana. Prego.

 

TORRI: Grazie, presidente.

Un saluto anche alla professoressa Rossi e un ringraziamento per la relazione con cui ha aperto la Sessione Europea di questa mattina.

Il percorso che ha accompagnato nelle Commissioni la risoluzione che oggi andremo a votare e la risoluzione stessa dimostrano sicuramente un lavoro importante in ambito europeo che la nostra Regione svolge e che va riconosciuto in questa sede per l’impegno che viene profuso tanto dal confronto politico quanto soprattutto dall’attivismo dei funzionari che lo svolgono, un lavoro complesso, perché il ruolo delle Regioni all’interno del sistema europeo è di per sé complesso, che quindi merita innanzitutto un riconoscimento per il valore che i contenuti esprimono.

Penso anche vadano riconosciute alcune delle criticità che sono contenute nella risoluzione e che sono state esposte negli interventi in Commissione, criticità che nella fase che stiamo svolgendo oggi della Sessione Europea vanno rilevate e vanno fatte presenti.

Si parlava prima del tema del fondo sociale ed è stato richiamato anche, questione su cui mi soffermerò, il fondo di sviluppo rurale e in generale la politica agricola comune. Penso che le criticità che la nostra Regione solleva rispetto alle politiche europee in questi ambiti siano importanti e vadano sottolineate, in particolare quella riguardo alla politica agricola comune, perché è uno degli elementi, quello dell’agricoltura, della biodiversità e dei prodotti marchiati, quindi dei prodotti tipici, DOP e IGP, dell’economia della nostra regione che vanno tutelati, insieme all’innovazione, insieme a un tessuto industriale e culturale ai vertici europei, che però riusciamo a far valere.

Nel caso della politica agricola comune, come abbiamo detto anche nell’ultima seduta d’aula, è importante un attivismo della Regione, un mandato forte perché venga invertita la rotta, perché non si arrivi a una sommatoria puramente di politiche nazionali e soprattutto perché non si arrivi a una riduzione di fondi che sono importanti per i nostri agricoltori e si sono dimostrati importanti per i nostri agricoltori, tanto per il tessuto agricolo della nostra regione, quanto per le giovani imprese che in questo tessuto si sono inserite.

L’incertezza che il fondo sociale europeo, come questo settore, come altri, sta vivendo penso non sia altro che la dimostrazione molto concreta, la faccia estremamente concreta di contraddizioni più importanti che l’Europa e le Istituzioni europee stanno vivendo da anni e rispetto alle quali si fatica a uscire.

Penso che queste criticità dovrebbero dare, e nel mio caso daranno, il fianco ad una critica più complessiva, che di nuovo abbiamo avuto modo di fare in quest’aula anche in passato, rispetto a un momento storico cruciale, che chiama in causa le istituzioni europee, che chiama in causa i singoli Stati rispetto al quale non si riesce a dare una risposta soddisfacente. Basti vedere quella che abbiamo chiamato crisi economica.

In realtà, le difficoltà economiche e il mutamento di quadro che dal 2008 in avanti hanno portato situazioni drammatiche nella società italiana e di tanti altri Paesi europei, si è faticato a dare risposta se non con politiche di corto respiro, o con un adattamento a politiche liberiste, che di fatto non sono intervenute a chiudere le diseguaglianze, ma al massimo le hanno aumentate e hanno tamponato situazioni critiche.

Rispetto a questa situazione, l’Europa è stata un attore non sempre all’altezza. Lo dimostra la crisi greca, il ruolo che ha avuto la troika e le difficoltà che in quella nazione si sono avute, da un punto di vista sociale, ma anche di rappresentanza politica. Penso alla vicenda dei referendum, al modo in cui furono condotte le trattative con quel Governo. Penso siano aspetti politici di questa fase difficile dalla quale, anche se andiamo indietro di alcuni anni, si fatica ad uscire.

Quanto all’incertezza provocata dalla Brexit, qui, di nuovo, torniamo alla questione agricola. Il tema dei fondi europei, in particolare di quello per lo sviluppo rurale, l’incertezza del peso che avrà questo fondo è dovuta anche all’incertezza sul fatto che la Gran Bretagna sia o non sia nell’Unione, doganale o non doganale e in che modo.

Le spinte che hanno generato quella situazione sono diametralmente opposte rispetto a quelle che prevalsero in Grecia, e allo stesso tempo però chiamano in causa da un lato la necessità di una rappresentanza democratica delle istanze dei cittadini e dall’altro ci dicono chiaramente che una ricetta puramente isolazionista non è quella adatta a questo momento. Prima di tutto per le popolazioni che l’hanno sposata, ma in generale anche per il sistema nel suo complesso, dal momento che di queste incertezze e di questa incapacità di uscire da una situazione così complessa risentiamo anche noi, risentono i nostri agricoltori. Per questo dicevo che queste criticità sono la faccia strettamente concreta di un momento che l’Europa sta attraversando, dal quale non riesce a uscire. Non si può uscire sicuramente con l’austerity, come è stato fatto, non si può uscire con istituzioni puramente economiche, o spiccatamente economiche, perché nello scegliere di non modificare il modello economico non è che si sceglie di non fare politica e gestire solo l’aspetto monetario, ma si sceglie di adattarsi a un sistema liberista, che di fatto è politico, e che di fatto sceglie di non ridurre le diseguaglianze, ma di lasciare alla libera scelta e alla libera volontà delle singole persone la possibilità o meno di chiudere i gap che ci sono dentro la società. Il problema è che non c’è uguaglianza dai punti di partenza, ovvero i singoli cittadini, di fronte a entità sovranazionali, come veniva richiamato anche rispetto ad alcuni casi che sta seguendo la Corte di giustizia europea, se non hanno un aiuto da Istituzioni veramente rappresentative, che quindi vadano oltre i trattati attuali, non avranno mai la possibilità di confrontarsi e di esprimere tutta la loro soggettività e la loro rappresentanza di fronte a entità che ormai sfuggono anche al controllo degli Stati e nel caso dell’Unione europea, tanto più se guardiamo anche ai recenti trattati economici che pongono in capo ad arbitrati extra statali anche le controversie tra Stati e multinazionali.

Serve un riequilibrio di queste cose, servono Istituzioni che siano in grado di riequilibrare questi aspetti e anche se sembrano molto distanti questo riequilibrio, che chiama in causa il concetto di sovranità, un’analisi critica delle Istituzioni europee e un modello di società che si pensa di avere, anche se sembrano molto distanti, sono, in realtà, nodi fondamentali per risolvere questioni che riguardano i nostri agricoltori, che riguardano l’assistenza agli anziani, che riguardano la possibilità o meno di applicare leggi che consentano l’uguaglianza e la parità reale tra i cittadini, uomini e donne. Sono temi molto concreti e molto vicini a noi. È un passaggio appunto che l’Europa fatica ad affrontare. È un passaggio che chiama ogni forza politica e ogni rappresentante delle forze politiche a una responsabilità particolare che dobbiamo prenderci in questo confronto e che appunto dobbiamo utilizzare confrontandoci e pensando a quale può essere la via d’uscita, il ruolo delle regioni, veniva richiamato prima, sicuramente decisivo. In generale appunto, dal nostro punto di vista, è un cambio di modello rispetto a quello liberista e marcatamente economico e monetario che è stato fatto fino qui.

È chiaro, non è semplice, chiama in causa il tema della Costituzione, della rappresentanza degli Stati e della rappresentanza democratica delle Istituzioni. Però, bisogna andare su quella strada. Diversamente non si riesce a uscire da quella che chiamiamo crisi, ma in realtà è un mutamento di sistema rispetto al quale tante Istituzioni, quelle statali come quelle europee, faticano ad intervenire.

Faccio un ultimo passaggio, approfittando della presenza della professoressa Rossi, riguardo a una sentenza importante che la Corte di giustizia europea ha emesso sulla possibilità per le popolazioni del Sahara Occidentale di poter usufruire a pieno delle loro risorse. Ci tengo a sottolineare che questa sentenza è importante e deve essere fatta applicare. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie.

Interviene il consigliere Andrea Galli, per il Gruppo Forza Italia.

 

GALLI: Grazie, presidente.

Quando si parla di Unione europea, anche chi, come me, nutre dubbi sulla sua azione, soprattutto quella degli ultimi anni, non può dimenticare i presupposti da cui partirono i padri fondatori, i famosi padri fondatori, e che oggi paiono totalmente disattesi.

Ci sono personaggi, a partire dal sempre spesso citato, troppo spesso citato Juncker, che sembrano fatti apposta per creare schieramenti fra europeisti e europeisti scettici, per creare divisioni, per creare malanimo, per creare differenze. Un esempio che vediamo in questi giorni, in queste ore, è proprio quello che noi abbiamo visto nascere intorno al referendum, che ritengo legittimo, sulla Brexit. Non solo legittimo. Dobbiamo ricordare che, mentre in Italia, ad esempio, si è usato il meccanismo referendario infinte volte, fino a svalutare questo sistema di controllo dell’opinione dei cittadini, in Inghilterra – pensate – è stato usato solo tre volte dal Dopoguerra. Quindi, è un sistema che in Inghilterra viene usato con estrema attenzione per tematiche, come dovrebbe essere il referendum, estremamente importanti.

Il referendum di tre anni fa, del 23 giugno 2016, diede un risultato netto, chiaro, al di là di quello che oggi noi diciamo. Il 51,89 per cento degli inglesi votarono per uscire, contro un 48,11 per cento per restare. Per ricordare un ordine di valori che ogni tanto vanno ricordati e, soprattutto, contestualizzati, nel 2006 Berlusconi risultò sconfitto alle elezioni per 24.000 voti, uno 0,18. La Brexit viene messa in discussione da tre anni quotidianamente su tutti i giornali, su tutti i mezzi di informazione, su tutti i dibattiti, su tutte le televisioni. La Brexit ottenne un risultato positivo per uscire dall’Europa del 3,78. Lo 0,18 del 2006 portò a nessuna delegittimazione del voto popolare. Nessuno di quelli che furono sconfitti richiese la ripetizione del voto.

Sarebbe come se noi andassimo al casinò, giocassimo e volessimo far ritirare al croupier la pallina fino all’uscita del risultato a noi gradito.

Sono situazioni del genere che producono un sentimento di rancore nei confronti di quelle stesse Istituzioni che si vogliono difendere. Se in tutta Europa stanno prendendo piede questi movimenti, che vengono chiamati con un termine, un neologismo di non lunga durata, perché il termine “populismo” dieci, dodici, quindici anni fa non esisteva e oggi viene usato in senso dispregiativo (io non ritengo sia un uso consentito), oggi il termine “populista” viene usato per distinguere un nemico costruito a tavolino. 

Il progetto di rifondazione della Comunità europea non può e non deve superare quegli aspetti e quelle visioni da cui l’Europa stessa è nata. In caso contrario, se l’Europa continua a non accettare critiche, rischia di diventare sempre più autoreferenziale, andando a creare una seria e profonda spaccatura in una percentuale sempre maggiore di cittadini.

Deve essere successo qualcosa negli ultimi anni, perché quel sentimento di Europa estremamente positivo che ognuno di noi, ognuno dei cittadini italiani aveva non tanti anni fa, alla resa dei conti, alla resa dei fatti, al momento in cui si è vista in opera questa Europa, ha creato spaccature profonde. Probabilmente, se si fosse fatto un referendum per aderire all’Europa a ridosso dell’entrata dell’euro, avrebbe ottenuto un risultato estremamente positivo. Io stesso avrei votato a favore. Se questo referendum fosse fatto oggi, questo risultato sono certo che non sarebbe certo. Probabilmente nel 2000, nel 2001, nel 1999, quando si costruì il meccanismo della moneta unica, nel 1992, nel 1994, nei dieci anni prima dell’entrata nell’euro, in quel momento tutti avremmo votato a favore dell’euro. Oggi non credo.

La stessa cosa se dobbiamo fare un parallelo con la Francia. La Francia di Macron, che due anni fa fu eletto presidente in un clima di tripudio, clima di tripudio che va distinto, perché al primo turno Macron ottenne solo il 24,01 per cento, riuscendo a battere François Fillon di pochissimo, e questa sconfitta di François Fillon, lo stesso schieramento di centrodestra, sconfitta di Fillon che portò al ballottaggio l’attuale presidente Macron fu legata, probabilmente ad avviso di molti, a mio avviso sicuramente, a quello scandalo che scoppiò opportunamente a pochi giorni, a poche settimane dal voto presidenziale.

La differenza fra l’ondata di entusiasmo di Macron del 2017 e lo stato di malanimo, di avversione a questa Presidenza oggi è sotto gli occhi di tutti, ma non solo per quelle manifestazioni di piazza che ormai da tantissime settimane vediamo sconvolgere Parigi e tutta la Francia, ma perché tutti i sondaggi danno una caduta verticale, in picchiata della Presidenza di Macron, legata probabilmente a una visione di Macron legato a lobby, interessi economici, alla grande finanza, che fra l’altro è il suo milieu di riferimento.

Ma ancora peggio della figura di Macron e del suo Governo è quello che abbiamo visto accadere, poco contestualizzato in Italia, con la costruzione di quel duopolio di potere fra la Francia di Macron e la Germania di Angela Merkel. È una formazione plateale di un nocciolo duro che ha messo da parte qualunque etichetta, qualunque finzione, qualunque ricerca di almeno un bon ton parlamentare.

Stanno cercando di mettere in comune legislazioni, economia, eserciti, industria politica estera; persino la forza del frappe francese, la bomba nucleare francese e il seggio oggi francese nel Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Quando noi parliamo di Europa unica, di Europa unita, di Europa dei popoli, di Europa di nazioni e passiamo sotto tono la costruzione di questo soggetto, certamente qualcosa non funziona. Io non ho sentito, da parte dei colleghi, richiamare con attenzione questo aspetto: com’è possibile che in un’Europa comune, due dei soggetti principali, Francia e Germania, decidano un passaggio così importante come mettere in comune addirittura una parte del Parlamento? È evidente che questo passaggio serva a costruire un duopolio di potere in grado di infliggere al resto dell’Europa – e uso il termine “infliggere” apposta – la propria volontà, con sistemi politici, con sistemi economici, le stesse volontà che un tempo venivano espresse con le armi, con gli eserciti.

Questa costruzione franco-tedesca è stata accolta nel silenzio, nella disattenzione. La stessa cosa non è stata negli ultimi mesi, o negli ultimi tre anni, per quello che dalla Brexit era riuscito ad emergere: la volontà di un popolo di liberarsi delle catene, cosa legittima.

Oggi noi diamo all’economia l’importanza su tutte le nostre scelte. Cosa legittima: è chiaro che l’economia muove molte delle nostre scelte di individui, di famiglie e di popoli. Ma l’economia non è tutto. Tutti noi ricordiamo quei grandi movimenti di resistenza che hanno costruito il nostro Paese, a rischio della vita degli individui, dell’economia di città, dell’economia dei popoli.

Per chi oggi qui festeggia e ricorda legittimamente la Resistenza, non si è mai posto il dubbio se questi partigiani, combattendo contro l’invasore, seguivano il proprio interesse e la propria economia. Era ora di difendere i confini italiani, il popolo italiano, la volontà italiana e fecero una scelta legittima.

A Modena ricordiamo, ma ogni città emiliana e ogni città italiana ha un qualche eroe locale, Ciro Menotti, un benestante modenese che scelse di combattere contro quello che veniva ritenuto un tiranno. Perse le proprie attività, perse la propria economia, perse la propria vita e fu impiccato.

Io non credo che Ciro Menotti si pose la domanda: cosa rischia la mia economia, cosa rischia la mia azienda, cosa rischio un domani? Un popolo ha il diritto e il dovere di scegliere in prima persona il proprio futuro, ma così non è.

Chi ha deciso di votare per la Brexit, per uscire, da tre anni è nelle panie di questo tentativo di regolare i rapporti con l’Europa. In questi ultimi tre anni, questo 3 per cento abbondante che ha portato milioni di inglesi a votare per uscire è stato svillaneggiato, insultato, maltrattato in tutti i modi possibili. Li hanno chiamati vecchi, anziani, persone non scolarizzate.

Ricordavo adesso il presidente francese Hollande che aveva chiamato questa gente – in un contesto diverso, ma i riferimenti culturali sono gli stessi – sdentati. Pensate che parola vigliacca, sdentati, come dire persone che non sono in grado di vivere bene, non sono in grado di pasteggiare a champagne e sono costretti probabilmente a lesinare sulle spese di prima necessità, compreso il dentista.

Pensate a queste persone che da tre anni vengono svillaneggiate perché vogliono semplicemente decidere il proprio futuro. “Sdentati” è una parola che credo avrebbe fatto perdere la credibilità a chiunque, anche più credibile di Hollande.

I sostenitori di questa Europa provano ad ogni elezione a influenzare il voto parlando di pericolo per la democrazia, salvo poi criticare quella stessa democrazia che dicono di voler difendere. Delle due, l’una: o la gente è libera di votare legittimamente, anche a rischio di sbagliare, altrimenti prendiamo un Governo di ottimati, un Governo che molto spesso viene probabilmente rimpianto anche da chi governa questa maggioranza e togliamo via il diritto/dovere dei cittadini di scegliere per sé il proprio futuro.

I sostenitori di quest’Europa hanno avuto tanti motivi e tanti argomenti per difendere la legittimità di questa Europa. Uno è stato richiamato poco fa dall’assessore Bianchi ed è la stessa motivazione che più volte ha portato mia mamma. Lei ha avuto la stessa motivazione. Questa Europa ci ha portato la pace. Sono settant’anni che c’è la pace. Non è vero. La pace forse fra noi all’interno del nostro stretto condominio europeo, ma ricorrono in questi giorni, proprio il mese di marzo 2019, i vent’anni del bombardamento della Serbia che, a poche centinaia di chilometri dai nostri confini è stata il soggetto di una guerra violenta perché aveva deciso di non aderire alle imposizioni di Rambouillet quando l’Europa aveva cercato di prevaricare la volontà di questo Paese piccolo, ma orgoglioso.

La Serbia è un Paese europeo a tutti i titoli. Fu assalito a poche centinaia di chilometri dai nostri confini.

 

PRESIDENTE (Soncini): Consigliere, le chiedo di avviarsi verso la conclusione. Come avrà visto, ha esaurito il tempo. Grazie.

 

GALLI: 1.200 morti, distruzioni notevoli e quant’altro. Tra poco meno di due mesi andremo a votare il rinnovo del Parlamento europeo. Siamo all’elezione più importante probabilmente nella storia del Parlamento europeo, perché i popoli europei hanno avuto la consapevolezza in questi ultimi anni che in Europa si decidono delle cose importanti. I Governi europei, compresi i Governi di centrodestra, hanno mandato in questi anni in Europa persone in disarmo, persone non preparate, persone che, magari, erano attori e venivano mandati in Europa, in questo modo strappando qualche voto in più. Poche competenze, poche capacità e molta apparenza.

Bisogna che l’Europa venga vista, invece, come un motore decisionale del nostro futuro. In Europa bisogna che mandiamo persone con idee chiare e preparate, in grado di difendere gli interessi europei, ma soprattutto di difendere gli interessi italiani.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie.

Consigliere Michele Facci, Gruppo Misto.

 

FACCI: Grazie, presidente.

Ringrazio anch’io la nostra gentile ospite, la professoressa dottoressa Rossi, che ci onora della sua presenza.

Per intervenire in una materia così importante, così delicata, quale il programma della Commissione europea, i rapporti tra l’ordinamento regionale e l’ordinamento dell’Unione europea, a mio avviso, occorre affrontare un tema più vasto, più generale, ma ben più importante.

Io ho ascoltato con attenzione le relazioni introduttive, quelle dei colleghi, quella del relatore della I Commissione, dell’assessore Bianchi, naturalmente. Tuttavia, al netto dei dati economici, delle statistiche che ci vengono sottoposte, delle varie analisi circa il ruolo della nostra Regione nel contesto europeo, i risultati conseguiti, le percentuali maggiori o minori rispetto ad altre Regioni, la capacità di intercettare meglio di altri i fondi strutturali europei, al di là di questo, credo che occorra fare un ragionamento su quale sia la reale utilità del nostro ruolo come Regione rispetto al contesto europeo, la cosiddetta “partecipazione” alla fase ascendente e alla fase discendente dell’ordinamento europeo.

Dico questo perché, di fatto, le politiche dell’Europa pesano sopra la testa di tutti i territori come dei macigni, non solo delle Regioni, ma soprattutto degli Stati nazionali. Alla fine, dobbiamo chiarirci su quali siano i termini della discussione, cioè dell’attività fondamentale che anche noi, come Regione, ci troviamo a svolgere. 

Quando parliamo di Europa, parliamo dell’Europa dei popoli, dei territori, delle identità, delle specificità, o parliamo dell’Europa delle banche e delle élite finanziarie? Perché purtroppo, a discapito di quella che certamente era tutto sommato una nobile idea degli originari padri fondatori, io sostengo, ma non lo sostengo solo io per fortuna, che con la fondazione dell’Unione europea vi sia stata, di fatto, la cessione delle sovranità nazionali dei popoli, sovranità nazionali che non sono state recuperate a livello più alto, cioè la nuova sovranità del popolo europeo unificato. Magari fosse stato questo. Quindi, quando parliamo di fase ascendente e di partecipazione alla fase ascendente, evidenzio che questa perdita della sovranità nazionale non è stata recuperata nella fase successiva, nel livello più alto.

Di fatto, vi è stata una cessione a un ente privato, post nazionale, non democraticamente eletto, che si chiama Banca Centrale Europea. Il nostro Governo centrale, come Parigi, come Madrid, come Berlino, ha di fatto ceduto la propria sovranità, anzitutto monetaria, a una società privata, la Banca Centrale Europea appunto, diretta emanazione delle élite finanziarie dominanti. Quindi, abbiamo assistito e assistiamo tuttora purtroppo a un vero e proprio neocolonialismo finanziario dell’Unione europea, che decide della vita e della morte dei popoli degli Stati europei, Stati che hanno rinunciato così alla propria sovranità monetaria, senza essere stati sconfitti militarmente con guerre, bombardamenti, carri armati e compagnia cantante.

Oggi l’Unione europea, di fatto, è una comunità non comunitaria, il cui profilo è un freddo costrutto economico-finanziario, impolitico, tecnocratico, che è il risultato, come ho detto, dell’imposizione da parte dell’aristocrazia globalista e antinazionale del Vecchio Continente.

L’Unione europea, di fatto, opera per la desovranizzazione e, quindi, per la spoliticizzazione dell’economico, affinché il dato economico non possa essere gestito e governato dallo Stato nell’interesse delle comunità democratiche nazionali. D’altronde, è sufficiente guardare la storia dell’euro, introdotto giusto vent’anni fa, moneta che di fatto ha acuito gli squilibri fra gli Stati europei ed impedito definitivamente ad alcuni di essi, di uscire dalla crisi economica globale del 2008.

Secondo i dati disponibili, nel periodo che va dal 2007 al 2015, i Paesi dell’Europa non aderenti all’euro sono cresciuti dell’8,1 per cento, mentre quelli aderenti sono rimasti fermi allo 0,6 per cento. L’Eurozona non è un’area monetaria ottimale: non lo dico io, lo dicono i più grandi ed autorevoli esperti della scienza economica mondiale. D’altronde, quando lo Stato perde la sovranità monetaria, quindi la facoltà di emettere o stampare moneta in linea con le sue scelte di politica monetaria, viene privato della possibilità di adottare misure economiche adeguate alle esigenze contingenti e strutturali del Paese.

Uno Stato sovrano, come lo era l’Italia fino a vent’anni fa, ha il monopolio della propria valuta, che monetizza attraverso le banche centrali e immette sul mercato, per investire nella spesa pubblica e nei servizi sociali per i cittadini.

Oggi, invece, con la perdita di sovranità monetaria, lo Stato è costretto a prendere a prestito il denaro dai mercati finanziari internazionali, che applicano un tasso d’interesse da loro stabilito. Per poter effettuare spesa, ossia garantire ai cittadini l’accesso ai servizi pubblici, è costretto sia ad indebitarsi, sia a tassare, in modo consistente, i cittadini stessi.

Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia nel 2008, ha affermato che adottando l’euro l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del terzo mondo, che deve prendere in prestito una moneta straniera con tutti i danni che ciò implica.

Per concludere, affrontare il tema del ruolo della Regione nel contesto europeo mi sembra come chi guarda il dito e non la luna, posto che non possiamo non valutare il contesto di riferimento, quello che ho appena evidenziato, anche con enfasi, ma che è il contesto in cui anche come Regione ci troviamo ad operare.

Se poi aggiungiamo che come Stato nazionale non riceviamo nemmeno le più elementari tutele – penso alle politiche migratorie, penso alla tutela dei diritti dei lavoratori e dei salari, alla lotta alla contraffazione, alla concorrenza sleale dei Paesi che non hanno appunto tutele, alle politiche agricole, come è stato ricordato da chi mi ha preceduto – allora dobbiamo domandarci come possiamo raddrizzare questa Unione europea, come possiamo riconquistare quella sovranità, soprattutto monetaria, ma non solo, che oggi è inesorabilmente venuta meno.

Io ritengo, e approfitto della presenza della professoressa Rossi, che occorra rivedere anche i rapporti fra le normative, perché anche il rapporto fra le varie giurisdizioni, oltre che i rapporti legislativi fra gli Stati nazionali e l’Unione europea, vanno a mio avviso riconsiderati.

Assistiamo spesso a provvedimenti normativi a livello europeo che entrano a gamba tesa sui contrapposti interessi nazionali, vincoli finanziari, vincoli alle produzioni agricole, per esempio, vincoli alle attività produttive. Possiamo dirne molteplici, ma il tempo è tiranno.

Credo che la risposta a questa crisi oggettiva, tangibile, non è “più Europa”, la risposta è “più sovranità in Europa”, cioè rimettere gli Stati nazionali, e quindi a cascata anche le Regioni, al centro dell’Unione europea. Questa, a mio avviso, e solo questa, è l’unica sfida possibile, l’unica sfida che può permetterci di uscire dalla crisi economica a cui i tristi promotori di questo modello di Unione europea ci hanno, purtroppo, inesorabilmente portato. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie. Non ho iscritti.

Non avendo iscritti di altri Gruppi, procedo. Chiude la discussione generale sulla Sessione Europea il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini.

Prego, presidente.

 

BONACCINI, presidente della Giunta regionale: Grazie, presidente. Grazie ai relatori, grazie al presidente Pompignoli, grazie a tutti quelli che si sono succeduti. Io ho trovato anche molto sforzo e interventi davvero non banali, anche con il tentativo di entrare su argomenti che non sono né facili né soprattutto comprimibili in pochi minuti.

Ringrazio la professoressa Rossi per l’intervento e soprattutto la ringrazio per il ruolo che svolge con competenza e grande professionalità. Questa è un’ulteriore giornata per discutere di Europa, di Unione europea, contributo della Regione alla formazione del diritto.

Credo sia anche una grande occasione, a poche settimane dalle elezioni europee, per guardare insieme al futuro del processo di questo sistema europeo.

Persino in un equilibrio che si modificherà, ma che non credo sostanzialmente indebolirà granché le forze convintamente europeiste (quello lo decideranno gli elettori, non certo il sottoscritto), credo che persino nel Paese, dopo la formazione del Governo, alcuni elementi di robusta critica all’Europa, a partire dalla richiesta di uscire dall’euro, siano quasi scomparsi.

Ci sono state campagne elettorali fatte negli anni scorsi con presentazioni di libri, magliette indossate, eccetera, che invitavano legittimamente a uscire dall’euro. Oggi vedo messo molto da parte, quasi isolato chi lo propone nelle stesse forze politiche e partiti. Lo stesso Movimento 5 Stelle mi pare sul tema abbia davvero modificato, se non l’opinione, l’atteggiamento.

Credo questo sia utile per provare a fare un ragionamento, ognuno dalle proprie posizioni, rispetto a come noi possiamo immaginare l’Europa. La stessa uscita dall’Unione europea mi pare molto indebolita come richiesta, in particolare tra i giovani. Avete visto che un referendum, pochi mesi fa, in tutti i ventisette Paesi indicava che tra i ragazzi tra – mi pare – i 18 e i 25, o i 29 anni, adesso non ricordo l’età media, praticamente ovunque, tra exit e remain, avrebbe vinto, in alcuni casi stravinto il remain, probabilmente anche perché fanno parte di quelle generazioni che hanno conosciuto e celebrato l’Erasmus, che ha compiuto recentemente trent’anni. Più che altro, penso siano di quella generazione che ha molte meno barriere persino della mia, al di là delle convinzioni europeiste o meno, nei processi di integrazione, di conoscenza delle questioni, a partire dal diritto allo studio.

È evidente che avremo un banco di prova: le prossime elezioni. È un banco di prova che è stato preceduto, ad esempio, dalla Brexit. L’avete ricordata. Anch’io credo che un conto sia criticare, anche aspramente, i comportamenti elettorali e che altro sia deriderli. Come è stato detto, se li deridi vuol dire che non hai nemmeno capito, non ti poni nemmeno il problema del perché accadono. Altro è poterli criticare. L’elettorato ha sempre ragione, ma si può anche immaginare che certe scelte, anche plebiscitarie, del passato abbiano portato a costruzioni abbastanza drammatiche persino del futuro.

La Brexit oggi sarebbe tema di una discussione che meriterebbe un dibattito di qualche giorno forse qui dentro anche, perché ci riguarda tutti. Ci riguarda egoisticamente in bene, perché abbiamo portato a casa l’Agenzia meteorologica europea, togliendola a Reding grazie a una pressoché unanimità. Anche questo dovrebbe far comprendere qui dentro com’è guardata l’Emilia-Romagna in Europa, come una delle Regioni più avanzate, più europeiste dal punto di vista dell’integrazione e delle politiche, di come guardano i nostri imprenditori e le nostre maestranze, al tema, ad esempio, delle opportunità che l’export garantisce.

Ho apprezzato, ieri, le parole del vicepremier Di Maio a proposito dell’export. Non basta, non può bastare, l’abbiamo visto anche negli anni alle spalle, ma credo che la sua valorizzazione in termini di qualità sia qualcosa che per noi, soprattutto per una regione come la nostra, così manifatturiera, sapete che nelle ragioni di richiesta di autonomia ci sta parecchio di tutto il tema che riguarda le competenze professionali, il tema dell’impresa di qualità, il tema della ricerca e dell’innovazione, il rapporto con l’università, che ha molto a che fare con una regione così manifatturiera, tra le prime manifatturiere in Europa e nel mondo come l’Emilia-Romagna.

Ma c’è il tema anche del turismo, per quanti milioni di presenze turistiche accogliamo nella nostra regione, che dell’accoglienza, intesa come ospitalità, ha fatto - pensate alla Romagna - addirittura un’industria, laddove non è che ci fossero caratteristiche naturali al pari di altre realtà d’Italia, d’Europa o del mondo.

È un’Europa che da quelle elezioni vedrà anche a che punto è il processo di integrazione, che sembrava consolidato e irreversibile, e invece abbiamo visto, a partire dalla Brexit, addirittura in quel grande Paese. Oggi, se si votasse un altro referendum, non son mica convinto che andrebbe allo stesso modo. Ma il fatto che il voto maggioritario verso l’exit sia arrivato, altro che da sdentati, da gente che faceva parte comunque di ceti più bassi che alti, dalle campagne piuttosto che dalle città, da chi è povero piuttosto da chi è ricco, dovrebbe far riflettere sul fatto che, se è mancato un punto di comprensione e di vista per come l’Europa viene percepita in alcuni luoghi, è anche quello di non essere stata capace di redistribuire meglio le risorse stesse che vengono prodotte dal punto di vista della ricchezza.

Ricordiamoci che l’Europa continua ad essere il primo grande luogo industriale nel mondo di produzione. Però, ricordiamoci anche che l’Europa – ci tornerò alla fine – rappresentava il 20 per cento della popolazione mondiale nel 1950. Con questi ritmi di denatalità, nel 2050 dovrebbe rappresentare il 7 per cento della popolazione mondiale.

Dovremmo riflettere su quanto l’idea di chiuderci ognuno di noi nel proprio confine nazionale ci porterebbe ad essere spazzati via dalla competitività con altre economie. La voglio mettere su questo piano neutro, senza dover far polemica politica. Io mi auguro vi sia una curva che cambi il tema delle politiche, e dobbiamo fare tutti di più, dallo Stato a questa Regione, per la famiglia, per la natalità, dal punto di vista del sostegno a chi mette al mondo figli. Perché se l’intera Europa rappresenterà il 7 per cento, eventualmente, dell’intera popolazione mondiale, voi capite che cosa questo comporta dal punto di vista del sentirsi comunità tutta insieme per competere, oppure essere piccoli granelli che fanno fatica, nel chiuso delle loro eccellenze, a poter reggere la competizione globale.

Ci sono poi nuovi problemi, in particolare quello dei cambiamenti climatici insieme a quello dell’emigrazione. Quanto al tema del climate change, diciamoci la verità, fino a qualche anno fa accadeva ogni tot anni, o una volta all’anno. Oggi ci troviamo fenomeni che hanno costi di vite umane, e se non di vite umane, comunque costi economici e sociali così pesanti che comportano investimenti di denaro pubblico per riparare i danni che la prevenzione non fatta non ha evitato. Nei prossimi mesi ci sarà quindi anche una definizione dentro al nuovo Parlamento europeo, di quelle che saranno le risorse messe a disposizione, se stiamo all’Unione europea, dei singoli Paesi, dei singoli Stati.

La Brexit comporta anche questo: alcuni miliardi di euro in meno nel bilancio complessivo a disposizione della Commissione. Qui serve una sfida, una battaglia che il Paese dovrebbe fare. Sono stato chiamato in autunno, come presidente della Conferenza delle regioni e ho parlato a nome di tutti i presidenti, alla cabina di regia a Palazzo Chigi, guidata dalla ministra per il mezzogiorno, Barbara Lezzi. Erano presenti diversi ministri e dirigenti dei vari ministeri, perché si tratta di dover cominciare a discutere la programmazione 2021-2028.

Chi vi parla sente il dovere, indipendentemente da chi gli succederà, se sé stesso o qualcun altro del centrosinistra, qualcuno del centrodestra, qualcuno del Movimento 5 Stelle, di dire che la serietà delle Istituzioni e di chi le guida vuole che la programmazione che facciamo adesso sia la migliore e più condivisa possibile per permettere a chi guiderà la Regione di poter proseguire ad essere la prima Regione italiana, come il MEF ha certificato anche pochi mesi fa, per capacità di programmazione, velocità di spesa e messa a disposizione dei Fondi europei.

Dobbiamo andarne orgogliosi di questo. Io, peraltro, ho dovuto solo imparare da chi c’era prima di noi, che già faceva altrettanto bene: risorse messe a disposizione delle imprese, del mondo del lavoro, dei territori, quindi degli enti locali, delle università, dei centri di ricerca. Quei 2,5 miliardi quasi che abbiamo avuto a disposizione nella programmazione 2014-2020, che peraltro per la prima volta videro, per una scelta politica molto netta, metterne circa la metà, 1,190 miliardi a disposizione del Piano di sviluppo rurale a proposito di nuove politiche, penso all’agricoltura, alle zone che chiamiamo più svantaggiate…

Se noi ne avessimo il doppio probabilmente li sapremmo spendere tutti e io credo che bisognerebbe, a partire da lì, fare una battaglia in Europa con i Governi, insieme al Governo italiano…

Ho dato alla ministra Lezzi la disponibilità di tutte le regioni italiane a provare a lavorare insieme per provare a cambiare anche alcune definizioni di regole. Se alcune regioni non spendono tutti i fondi europei perché non possono essere messe a disposizione di chi sarebbe capace di spendere più di quelli che ha? In particolare, siccome ci troviamo alla vigilia di possibili tagli con meno risorse in due direzioni, una si chiama “politiche di coesione”, ho incontrato il commissario Oettinger in qualità di presidente del Consiglio delle Regioni e dei Comuni d’Europa e abbiamo detto che lì bisogna stare molto attenti, perché politiche di coesione significano risorse che arrivano ai territori.

Poi c’è il tema della PAC, politica agricola. Siamo una Regione che certo sulla meccanica, la meccatronica e i motori la fa da padrona, che ha nel ceramico e nel biomedicale grandi comparti, ma la seconda voce di export, ad esempio, è l’agroalimentare. Siamo una vera e propria Food Valley mondiale abbiamo detto, la più alta per numero di prodotti a certificata qualità europea a proposito della bontà di alcune politiche europee: IGP e DOP. Chi dice nicchia, sapete sempre la mia risposta: 2,980 miliardi di euro di volume economico lo scorso anno per quei prodotti. Ne avessimo di nicchie così in giro per l’Italia e non solo in Emilia-Romagna!

Il tema della PAC è un tema grande. Ne ho ragionato con le associazioni agricole e credo dovremo anche lì fare uno sforzo comune. Posto che nessuno può produrre moneta, proviamo a lavorare per ridurre al massimo i tagli e persino, magari, azzerarli. Certo, si era partiti – ricorderete – da tagli ben più consistenti e si è riusciti, con un’azione comune, a ridurli. Credo che in questo dovremmo insieme – Emilia-Romagna, Regioni italiane, Governo italiano – provare a indicare ciò che di buono si può continuare a fare o cosa di pericoloso potrebbe succedere se si sbaglia la distribuzione delle risorse per il futuro.

È importante provare a raccontare l’Europa. Certo, nei suoi difetti, ma anche nelle sue virtuosità. Da questo punto di vista, la Corte di giustizia – ne ha già parlato la professoressa – con la sua giurisprudenza vigila sull’applicazione uniforme delle regole, spesso ha anticipato l’integrazione dei sistemi normativi tra i vari Stati membri. Insomma, credo svolga un ruolo davvero rilevante e importante, imprescindibile.

Noi abbiamo cercato, come Regione, di provare a essere difensori dei valori fondanti dell’Unione europea in questi anni: la coesione, lo sviluppo, le politiche pubbliche, la solidarietà, i diritti fondamentali, a partire dal diritto alla tutela della salute e dell’istruzione. Il fatto che siamo l’unica Regione italiana – lo ricordava, mi pare, Bianchi – che è riuscita a scendere sotto il 10 per cento della dispersione scolastica lo considero un valore. Partivamo dal 14? Sulla sanità, lo riconosciamo tutti, al pari di Veneto e di Lombardia, abbiamo una delle migliori sanità pubbliche del mondo. Ieri mattina ho incontrato la ministra Giulia Grillo e insieme abbiamo deciso di provare ad accelerare, a riscrivere il Patto per la salute in tempi brevi. Il Governo aveva posto il 31 marzo come data ultima, ma credo ci sia un po’ di ritardo. Non sarà un mese in più o un mese in meno che cambierà la sostanza di provare a mettere in campo politiche che possano aiutare tutti quanti.

Abbiamo insieme condiviso e fatto condividere, anche a Regioni che erano un po’ refrattarie, il tema di evitare o, meglio, di fare in modo che venga superato il blocco del turnover, che le Regioni virtuose possano assumere personale al di là di quel curioso impedimento che era dato dai limiti assunzionali. Se non chiedo soldi allo Stato, ci metto quelli di un bilancio sano, assumo nuovi professionisti e li metto persino a tempo indeterminato, come facciamo con tutti quelli che assumiamo da alcuni anni, perché mi deve essere impedito?

Abbiamo provato a stare di fianco, ad esempio, con il Patto per il lavoro, alla necessità, secondo me e secondo noi, che le parti sociali non vengano indebolite. Hanno subìto un colpo, al pari della rappresentanza politica tradizionale, ma che possano essere una cerniera tra gli interessi dei cittadini, non lasciati soli come singoli, e le rappresentanze istituzionali elette, che non devono rimanere solo dall’alto della loro, magari a volte, protervia. E lì noi abbiamo condiviso politiche che, ad esempio, ci hanno fatto decidere, in questi quattro anni, con tutte le parti sociali, dove collocare, ad esempio, i fondi europei o le risorse anche raccolte dall’Europa, oltre ai fondi europei.

Abbiamo provato a metterci una visione strategica, che può essere condivisa o giustamente criticata, però credo che essere riusciti a ridurre la disoccupazione in maniera così rilevante, come pochi altri in questo Paese, non basta, ma certamente ha dato l’idea di un impegno, che abbiamo provato a rafforzare in ambito europeo e internazionale moltiplicando ponti e sinergie, dalla Cina agli Stati Uniti, al Canada, all’Argentina, al Sudafrica, e poi irrobustendo le relazioni europee, non solo con Assia, Nouvelle Aquitaine e Wielkopolska polacca, storicamente nostri partner, ma anche cercando di raccogliere altre opportunità. Abbiamo incontrato quasi tutte le ambasciate. Con il nuovo ambasciatore tedesco abbiamo deciso di collocare in Germania la cucina emiliano-romagnola nel mondo, il prossimo autunno, dopo aver girato il mondo. In Lussemburgo, dicevo, il 4 giugno parteciperò alla loro festa nazionale, dove andremo a promuovere - e spero vengano - consorzi, produttori, eccellenze del sistema agroalimentare emiliano-romagnolo, come facemmo a Lubiana in Slovenia tre anni fa.

Insomma, è una Regione che vuole essere Regione d’Europa, e permettetemi forse, al di là delle nostre qualità, semmai ci fossero, che il sottoscritto sia diventato tre anni fa il primo italiano nella storia presidente di un Consiglio che raggruppa 130.000 Enti locali per 41 Paesi d’Europa, quindi ben oltre l’Unione europea, avrà un valore dal punto di vista di come veniamo percepiti. Lasciate stare il nome e il cognome. Che Simona Caselli sia stata eletta, pochi giorni fa, per il secondo mandato a capo di AREFLH, l’associazione delle prime trenta regioni agroindustrializzate d’Europa, avrà un valore dal punto di vista di come veniamo riconosciuti. Il fatto che Patrizia abbia guidato il braccio operativo della macroregione adriatico-ionica, otto Paesi, quattro UE, quattro non UE, venti regioni, avrà un valore dal punto di vista di come veniamo riconosciuti. Questo, indipendentemente dalle differenze politiche, credo sia un fatto importante.

C’è un’Europa positiva abbiamo detto nei fondi europei a disposizione, nelle risorse per la ricostruzione, e ricorderete il più alto fondo mai assegnato nella storia di tanti fenomeni calamitosi in Europa è arrivato a questa Regione per i due disastrosi terremoti, a nove giorni di distanza, nel 2012.

Certo, siamo vicini a un passaggio imprescindibile. Dobbiamo adottare un quadro finanziario pluriennale, c’è il rinnovo della Commissione europea il prossimo autunno. Quanto a quel negoziato che deve farci prendere il 2021-2027, io sono perché in quest’aula, nelle prossime settimane, veniamo insieme a discutere e a valutare quale potrebbe essere, anche a vostro parere, la migliore espressione di una nuova proposta settennale possibile, a partire dal 2021 per i sette anni a venire.

L’Europa così va tutta bene, è tutta positiva? No. C’è un’Europa che anche a me, a noi non piace. È quella che a volte misura i centimetri di un ortaggio, che è troppo burocratica e non permette velocemente di dare risposte ai cittadini. È un’Europa che per diversi aspetti, realmente o dandone percezione, è parsa premiare, o ha davvero premiato più la speculazione e la rendita che il lavoro materiale, l’impresa e gli investimenti pubblici.

Attenti, però: questo è un problema anche per chi sta governando il Paese, indipendentemente dal suo colore politico. Attenti. Diamo pure la colpa all’Europa, ma se si fermano nel Paese gli investimenti pubblici che si portano dietro quelli privati; se non c’è una politica industriale seria; se non si taglia il costo del lavoro; se non si mette in giro l’economia, a partire da una sua crescita, attenti che c’è persino chi dice che non solo potrebbe esserci uno zero virgola poco di crescita. Qualcuno in questi giorni è arrivato persino a stimare che potrebbe esserci un segno meno. E quando è arrivato il segno meno, avete visto pochi anni fa cosa è accaduto: persino in Emilia-Romagna triplicò la disoccupazione e raddoppiarono i poveri in povertà assoluta.

Bisogna rimettere mano all’economia, stimolarla. Se non ci sono crescita e ricchezza prodotta, nemmeno i più capaci di distribuirla verso chi ha meno sono in grado di poterlo fare, e non ci sono più risorse. Allora, certo, c’è un’Europa da cambiare. Per quanto mi riguarda, dico un’opinione personale, per me bisognerebbe arrivare all’elezione diretta di chi guida la Commissione, perché permetterebbe secondo me ai cittadini di sentirsi parte di un voto che addirittura arriva a determinare persino, come si fa con un Sindaco di una città, o con un presidente di Regione. Farebbe sentire l’Europa più vicina, più democratica, più unita, più solidale.

E non basta averla unita con l’euro, perché servirebbero politiche comuni ben più estese. Secondo me dobbiamo provare a fare questo, e provare anche noi, che ci riteniamo virtuosi e orgogliosi di come siamo stati dentro questa discussione, e di come spendiamo detti fondi europei, con tre pilastri anche per il futuro - chiudo subito, mi scusi, presidente, se ho rubato due minuti che diventeranno massimo tre -: il tema del lavoro centrale, che significa dignità, il tema dei diritti, non solo quelli civili, a partire da quelli del diritto alla salute, alla conoscenza, ad avere un’opportunità per tutti a partire dai più deboli o i più fragili, e poi il tema della sostenibilità. Chiudo su questo. Abbiamo fatto tanto, ma ancora troppo poco.

Serve un impegno e uno sforzo più grande verso il tema dell’ambiente.

A San Francisco a settembre mi sono preso la responsabilità, al Global Climate Forum, di permettere all’Emilia-Romagna di entrare tra le sette regioni europee e diciannove del mondo che al 2030 dovranno ridurre del 40 per cento le emissioni inquinanti climalteranti in atmosfera. È un impegno non banale, ma è l’unico impegno che serve poter prendere per garantire ai nostri figli un futuro migliore, con anche più opportunità.

Su questo io credo che nella discussione che faremo abbiamo detto le prossime settimane quel segno di 30-40 milioni di euro, credo sia stata l’unica Regione a farlo, dagli FSC (Fondi sviluppo e coesione) che sono altri fondi che si accompagnano alla programmazione li abbiamo messi sulla rigenerazione urbana. Hanno comportato, con il contributo degli enti locali, 100 milioni di euro di investimenti per andare non a occupare, come veniva detto, suolo vergine, condivido, sempre meno bisogna occuparne, tendere al consumo a saldo zero, ma luoghi da bonificare, degradati, che poi portano problemi anche di insicurezza urbana nelle nostre comunità.

Io dico che lì dovremmo avere il coraggio, invece che 30-40 milioni, come abbiamo fatto, di mettercene quattro o cinque volte tanto la prossima volta, perché vorrebbe dire rigenerare con il complessivo contributo dei territori, mezzo miliardo di euro che non si era mai visto per politiche di questo tipo.

Ho fatto solo questo esempio, e chiudo su questo, perché credo davvero che su questo, a partire da noi, serva uno sforzo molto maggiore che in futuro. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, presidente Bonaccini, per il suo intervento. A questo punto apro la discussione generale sugli emendamenti. Sono dieci minuti per Gruppo.

Vi ricordo che sono state presentate quattro proposte di emendamento: la prima a firma della consigliera Sensoli, due a firma del consigliere Bertani e una a firma della consigliera Piccinini.

Se qualcuno intende intervenire in discussione generale sugli emendamenti, chiedo di prendere la parola adesso.

Consigliere Bertani, prego.

 

BERTANI: Brevemente illustro gli emendamenti.

L’emendamento n. 1 si riferisce alla parte in cui citiamo e trattiamo la direttiva Bolkestein all’interno della risoluzione, pensiamo sia più corretto sostituire il generico “lo Stato” puntualizzando che è una scelta fatta dal Parlamento in coerenza con gli orientamenti del Governo, raccogliendo anche le sollecitazioni della Regione. Questo è, nei fatti, quello che sta succedendo riguardo all’applicazione della cosiddetta “direttiva Bolkestein”.

Per quanto riguarda l’emendamento 2, anche qui una precisazione. Essenzialmente, nella risoluzione si dice che il reddito di cittadinanza è una misura sostitutiva della misura nazionale già in vigore. Sicuramente il reddito di cittadinanza andrà a sostituire strumenti precedenti, come il REI, ma non è una semplice norma sostitutiva. È un intervento strutturale di reinserimento nel mondo del lavoro e di integrazione dei redditi familiari. Secondo noi, va contestualizzata meglio questa parte della risoluzione.

Nell’emendamento 3 ribadiamo l’esigenza di una direttiva quadro dell’UE per salari dignitosi, che fissi i minimi salariali a livello nazionale, quindi con una discussione a livello europeo per ciascuno degli Stati membri.

Infine, l’emendamento n. 4 è diretto a richiamare, nell’ambito delle azioni della Regione in materia di violenza e discriminazione di genere, anche l’impegno in corso, tramite un progetto di legge che è già stato depositato e della discussione che è già stata iniziata, finalizzato a rendere disponibile finalmente uno strumento normativo a livello regionale per contrastare atteggiamenti omotransfobici.

Lo accennavo anche prima, la risoluzione di quasi dodici anni fa del Parlamento europeo. Vale la pena ricordare l’intervento di Martin Roure, parlamentare del Gruppo socialista, al quale tra l’altro aderiscono oggi anche i parlamentari del PD, che ricordò all’approvazione di quella risoluzione: “Non possiamo passare il tempo a votare risoluzioni volte a lottare contro le discriminazioni subite dagli omosessuali. Dobbiamo pensare a strumenti che ci permettano di agire con efficacia. Quindi, d’ora in poi, ognuno all’interno dell’Unione deve assumersi le proprie responsabilità”.

Con questo emendamento chiediamo, visto che ce lo chiede anche l’Europa, che anche come Regione Emilia-Romagna concludiamo quel percorso che si è iniziato, dotandoci di strumenti e non solo di risoluzioni. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie.

Ci sono altri in dibattito generale sugli emendamenti? Io non ho altri, quindi aprirei le dichiarazioni di voto congiunte su risoluzioni ed emendamenti. Vi ricordo che sono cinque minuti per Gruppo. Dichiarazioni di voto? Vi prego di iscrivervi, se intendete intervenire in dichiarazione di voto.

Consigliere Rancan, per il Gruppo Lega Nord, prego.

 

RANCAN: Grazie, presidente.

Questa mattina ho sentito parlare di tantissimi temi e cercherò, in dichiarazione di voto, di fare un piccolo sunto del nostro pensiero per quanto riguarda l’Europa e questa Europa che sicuramente non rappresenta il nostro modello di aiuto né per la nostra Regione né per il nostro Paese.

Si è parlato tanto e diverse volte di Brexit, come diceva anche il presidente, e concordo che bisognerebbe sicuramente avere più tempo per parlare di questo, perché è un tema che alla cronaca sta tornando alla ribalta anche in questi giorni. Sicuramente va detta, però, una cosa chiara e inequivocabile: per come e in base a come si possa pensare, a prescindere da quello, è stata una cosa altamente democratica, un ruolo democratico l’ha avuto la cittadinanza, e ha avuto sicuramente un impatto forte su quella che è la politica europea. Un’Europa che deve cambiare e che speriamo possa cambiare tra poco, perché vi è stato un periodo nel quale la germanizzazione dell’eurozona ha prevalentemente condizionato il lavoro della Commissione e di tutto il Parlamento europeo, influenza di lobby, influenza di banche e influenza di poteri forti, tante e troppe volte, che oggi si trovano addirittura in modo palese a finanziare dei partiti che si candidano alle prossime elezioni europee.

Nella nostra prossima Europa che cosa vogliamo? Vogliamo una difesa dei confini esterni dell’Unione europea, ma chiara, che possa prendere una difesa dei Paesi membri che sia quella di tutelare le nostre coste. Un’Europa che, però, sia anche più (passatemi il termine) a “misura d’uomo”, che sia più a difesa delle persone. Un’Europa che non ci voglia solamente consumatori o un’Europa che ha creato sulla nostra regione, sui nostri cittadini e sul nostro Paese una sorta di calotta, che in questo momento non riusciamo a combattere, che però dovremmo distruggere, questa calotta, per arrivare a un’Europa che salvaguardi davvero i nostri paesi, salvaguardi davvero la nostra identità, un’Europa che nelle varie identità territoriali possa trovare realmente un futuro.

Non vogliamo un’Europa che abbatta quelle che sono le nostre politiche territoriali. Tante volte abbiamo visto come in questi anni siano state date delle direttive, da parte di questa Unione europea, che hanno limitato tantissimo la nostra imprenditoria, la nostra agricoltura, e certe volte non hanno difeso quello che vogliamo difendere davvero, il made in Italy.

Tante sono state le battaglie che si sono susseguite. Noi però vogliamo che vi sia un’Europa che cambi sul serio, un’Europa che riesca ad essere dalla parte del cittadino, seriamente, e non solamente dalla parte di determinati interessi che troppe volte vedono il cittadino messo da parte.

Io penso che ci siano due modi di vedere l’Europa in questo momento: un’Europa ancora vecchia, allargata e attaccata ai vecchi sistemi di governo dell’istituzione europea; e un’Europa, invece, che vuole andare avanti e vuole cambiare in positivo, un’Europa che vuole davvero prendere – ed è questo che noi vogliamo fare – in considerazione le identità e le peculiarità territoriali.

Per questo noi ci proponiamo. La nostra idea è quella di cercare di combattere un’Europa per troppo tempo sbagliata, per far sì che i nostri cittadini possano avere realmente, una vera rappresentanza e per far sì che questa Europa possa cambiare davvero.

Noi non possiamo essere d’accordo con ciò che è stato detto prima dal Partito democratico, perché siamo su due binari completamente opposti. E voteremo contro la risoluzione presentata questa mattina perché noi vogliamo, e ci crediamo davvero, un reale cambiamento che possa davvero tutelare il nostro territorio e non solo quell’Europa che per troppo tempo ha attanagliato i nostri cittadini.

 

PRESIDENTE (Soncini): Consigliere Igor Taruffi, per Sinistra italiana.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Come sempre, in queste occasioni, il dibattito verte su temi di carattere ovviamente generale, come è giusto e normale che sia.

Per quanto riguarda la parte relativa ai documenti, noi voteremo contro gli emendamenti proposti dai colleghi del Movimento 5 Stelle e voteremo a favore della risoluzione della maggioranza. Però, mi sia consentito in questa occasione fare alcune valutazioni di carattere più generale, anche rispetto alle considerazioni che sono state espresse da alcuni colleghi durante il corso del dibattito generale e anche adesso durante le dichiarazioni di voto. Ovviamente, in un contesto come questo sarebbe opportuno e necessario tenere conto delle dinamiche generali e quindi tenere un ragionamento e concentrare il ragionamento avendo una visione generale di quelli che sono i problemi dell’Europa, che stanno attraversando l’Europa, che sono tanti, alcuni dei quali li abbiamo conosciuti, nominati e affrontati e altri sono ancora lì che attendono risposte. Però, senza cadere in dibattiti più da politica domestica in un contesto come questo, ho sentito alcune osservazioni che, secondo me, invece, meritano di essere puntualizzate, perché al netto del fatto che vorrei chiedere al consigliere Galli se lui oggi aderisce a Forza Italia, la stessa Forza Italia presente all’interno del Partito Popolare Europeo, che ha espresso Governi della Commissione europea e ha partecipato e ha votato e ha sostenuto tutti i Governi dell’Unione europea da quando praticamente esiste l’Unione europea. Chiedevo se Forza Italia è la stessa perché, altrimenti, bisognerebbe mettersi d’accordo con se stessi quando si parla. Non si può esprimere…

 

(interruzione)

 

Non siamo al bar, consigliere Galli. Per cortesia, almeno in questa sede, in questo momento, cerchi di tenere un contegno inusuale per lei.

Chiedevo se era lo stesso partito, perché fare una tirata contro l’Unione europea, contro i Governi e le Commissioni che avete, lei e il suo partito, sostenuto, formato, in cui il presidente del Parlamento europeo è di Forza Italia risulta un dibattito che ha questo tipo di disegno alquanto stravagante.

Come è abbastanza stravagante sentire i colleghi della Lega che appunto reclamano un’Europa diversa che deve avere tutte le caratteristiche che sono state ricordate, come se non fosse stata la Lega a governare l’Italia tra il 2001 e il 2006 e poi ancora tra il 2006 e il 2008 e poi ancora nell’ultimo anno, come se non fosse la Lega ad avere il principale esponente di quel partito al Parlamento europeo, noto per la sua assenza durante dibattiti importanti, come ad esempio quelli sul Trattato di Dublino, che sono stati fondamento delle politiche migratorie, solo per segnalare alcuni elementi di contraddizione in un dibattito che, ovviamente, ripropone per certi aspetti una ormai stanca litania, in cui sembra che tutte le colpe, tutti gli errori che arrivano, da qualunque tipo di fronte, siano solo ed esclusivamente colpe e responsabilità dell’Europa, come se noi non fossimo parte di questa organizzazione, che ovviamente va profondamente rivista, va profondamente modificata. Lo diciamo non da oggi, ma da tanti anni.

Chi, come me, ha partecipato ad esempio alle manifestazioni di Genova del 2001 e, prima ancora, alle manifestazioni che si sono svolte proprio qui a Bologna, sa che già da lontano arriva la critica nei confronti di questa Europa. Rivendico con orgoglio di essere stato a Genova nel 2001. Lo rivendico con orgoglio, perché là si dicevano esattamente le cose che puntualmente si sono verificate. Purtroppo, dico io, perché in nuce i problemi erano già evidenti allora.

Concludo. Questa Europa va, ovviamente, rifondata profondamente, va rifondata su altre basi, con un altro segno, che non può essere quello dell’austerity che abbiamo conosciuto in questi anni. Tante cose sono state dette anche da chi mi ha preceduto.

Se vogliamo dare un futuro vero all’Europa, che deve confrontarsi su un palcoscenico mondiale, non del cortile di casa, credo che le coordinate attorno alle quali dobbiamo costruire la nuova Europa possano anche essere fondate su un dubbio. Se contemporaneamente gli altri protagonisti della scena mondiale, dagli Stati Uniti, da chi oggi guida gli Stati Uniti, alla Russia di Putin e forse anche – dico io – alla Cina, vedono nell’Europa un avversario, vedono nell’Europa e nello spazio europeo un avversario e cercano di affossarlo in tutti i modi, forse per tutti quanti noi una riflessione sull’utilità vera e sul futuro che deve avere lo spazio europeo sarebbe il caso di metterla in campo con un pochino più di generosità e una visione un pochino più ampia, che non sia quella della piccola bottega di casa.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie.

Ci sono altre dichiarazioni di voto?

Consigliere Stefano Caliandro, per il Partito Democratico.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente.

Ringrazio la professoressa Rossi che è intervenuta oggi in questa Sessione solenne, importante, perché testimonia quella che è una tradizione dell’Ateneo bolognese di rappresentanza delle più alte cariche dell’Unione europea, penso al professore Federico Mancini e al professore Paolo Mengozzi, che grande contributo hanno dato alla costruzione dei diritti di questa nostra comunità, costruzione che evidentemente attraversa, nel dibattito tra europeismo e localismi, una fase intorno alla quale l’Istituzione Regione Emilia-Romagna ha il dovere di confrontarsi.

Penso, infatti, che sia utile interagire con questa risoluzione e con la relazione che la professoressa Rossi ha tenuto, interrogandosi su quello che è il percorso che il presidente Bonaccini ha avviato sul 116, fatto possibile perché negli anni Novanta venne avviata la discussione sul ruolo dell’Europa e sul ruolo dei localismi e sulle possibilità che questi stessi possano generare forme di legislazione integrata tra Europa e regionalismo, che il 116 ha saputo recepire nel 2001.

D’altro canto, lo studio, per chi ha il piacere di farlo, è molto diverso dalle chiacchiere da bar, perché ci permette di distinguere i processi dei diritti. Penso a cosa è stata la libera circolazione dei professionisti. Si iniziò con un calciatore, di cui fu relatore il professore Mancini del nostro Ateneo, con una sentenza importante, Bosman. In quel caso si è aperta la strada a tutta la discussione di fronte alla quale ci troviamo a parlare oggi in merito alla circolazione dei liberi professionisti, alla circolazione poi anche dei servizi, un dibattito che è diverso e che è lo strumento attraverso il quale oggi ERVET ci presenta i risultati eccezionali di questa Regione. Ce li presenta nel ruolo che l’impresa ha nella negoziazione europea, ma ce li presenta anche nel ruolo che questa Regione attribuisce ai diritti.

Si tratta, in buona sostanza, di una fase nuova. La mia generazione è stata abituata all’idea che l’Erasmus degli studenti fosse lo strumento col quale si era più europei. Oggi c’è un Erasmus dei manager, un vero e proprio studio di fattibilità che i nostri imprenditori, anche emiliani, fanno confrontandosi con modelli industriali diversi.

Ecco, di fronte al livello di discussione rispetto al quale siamo costretti a ragionare, perché siamo costretti a ragionare, non possiamo assistere in maniera frigida al dibattito che c’è tra la Via della Seta e la Via del Rublo. Abbiamo il dovere di emancipare questo ragionamento pensando che, invece, le nostre imprese e i nostri lavoratori meritino un’attenzione di gran lunga maggiore. 

Lo dico perché è evidente che, “saccheggiando” Bauman, possiamo riprendere quello che diceva prima il consigliere Taruffi, ma allo stesso tempo precipitare in una società moderna il concetto di diritti e doveri, ma soprattutto pensare che al tempo della società globale non esistono rendite di posizioni e che si possono avere capovolgimenti dei ruoli tra ricchi e poveri, che sono velocissimi. Lo testimonia l’est, lo testimonia l’Asia, lo testimonia la Cina. Evidentemente, guardare tutto dal buco della serratura e pensare che il mondo sia soltanto una querelle politica rende le cose molto meno interessanti.

Penso che sia mio dovere spiegare per quale motivo, quindi, in una Sessione solenne, considero una questione procedurale completamente sbagliata quella posta dagli emendamenti dei 5 Stelle. Si tratta di una cosa che quando è avvenuta, una sola volta – l’emendamento in Sessione – è avvenuta col consenso di tutti, mentre c’è stato il presidente Pompignoli, che ottimamente ha tenuto quel ruolo di presidente, che ha dato la possibilità di ricevere interazioni rispetto a quella risoluzione, che seppure la Lega ha deciso di non votare, ha dato la possibilità di discutere di temi. Infine, andando al merito, penso che sia importante ricordare tutti quanti che discutere di reddito, e non è questa la sede in cui devo spiegare che cos’è il reddito di cittadinanza, o il salario minimo, sia una questione che non può travalicare, in Sessione Europea quello che è stato lapidariamente scritto nel Trattato di Amsterdam del 1997.

Noi siamo convintamente europeisti. Siamo però convinti che così com’è stato per tante materie – penso al contratto a termine, o ad altri accordi che sono stati raggiunti dalle parti sociali –,  temi come il salario minimo richiedono l’intervento di quelli che sono tanto deprecati ma utilissimi corpi intermedi. Noi dobbiamo costruire un diritto dei cittadini europei, con dei doveri delle imprese europee, per creare un sistema che vada sì contro il dumping sociale, ma che non penalizzi i corpi intermedi.

Arrivo al dunque: è anche greve pensare di sovrapporre il tema della violenza di genere con un tema invece di discussione in Commissione pari opportunità, come l’omotransnegatività. Ci provate ogni volta, però dovreste avere più rispetto per i diritti che volete rappresentare, o che dite di voler rappresentare.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie.

Ci sono altri in dichiarazione di voto?

Consigliere Bertani, per il Movimento 5 Stelle.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

Sono un po’ stupito della reazione alla presentazione dei nostri emendamenti, che mi sembravano semplici, non polemici, alla risoluzione della Commissione I, non di maggioranza come qualcuno erroneamente ha detto, relazione di Commissione, alla quale noi ci asterremo proprio perché non è una risoluzione di maggioranza. Riassume diversi aspetti e diverse problematiche sulle quali, in parte, conveniamo in altre no. Volevo anche rilevare che rispetto al lavoro fatto, e fra l’altro di questo anch’io ringrazio gli uffici, volevo segnalare che nel lavoro della relazione di Giunta, al contrario di quanto è chiesto nella legge che è stata modificata recentemente riguardo alla Sessione Europea, per esempio, mancano, dettagliatamente, come specifica la legge, quali sono le parti della legislazione regionale che vanno cambiate, che vanno aggiornate, che vanno modificate rispetto ai temi che vengono trattati nella sessione di quest’anno.

Su quello, per esempio, penso che ci siano spazi di miglioramento, perché se nella legge abbiamo scritto, e l’abbiamo scritto anche grazie all’esperienza che abbiamo avuto quest’anno, che se – quando si farà – si farà la legge comunitaria o, come l’anno scorso, si è fatta una legge di adeguamento, è bene che nella relazione iniziale siano già ben indicati, perché il rischio, altrimenti, è quello che poi la legge comunitaria, la legge europea, si trasformi in un carrozzone in cui si infilano temi che non sempre sono adeguati.

Riguardo agli emendamenti, ovviamente, noi voteremo a favore e non ho capito quali siano le critiche e le criticità, anche perché i temi sono temi che sono all’interno della risoluzione.

Ovviamente, noi non siamo così acculturati e non usiamo questi termini aulici che oggi ho sentito nell’intervento del consigliere Caliandro, ma più semplicemente cerchiamo di portare il nostro apporto, e lo portiamo con serietà.

Per quanto riguarda il rapporto con l’Europa, pensiamo di essere stati chiari. L’Europa va cambiata, va cambiata partendo dalla Regione Emilia-Romagna e queste polemiche ci lasciano un po’ di amaro in bocca.

 

PRESIDENTE (Soncini): Chi chiede di intervenire? Se non ho iscritti in dichiarazione di voto congiunta su emendamenti e risoluzione, a questo punto apro la fase di voto nominando gli scrutatori: consigliera Lori, consigliera Mori, consigliera Sensoli, che mi aiuteranno nelle operazioni di voto.

Consigliera Piccinini, prego. 

 

PICCININI: Solo per chiedere il voto elettronico sull’emendamento – credo sia il 4 – a mia firma.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Votazione elettronica, quindi, sull’emendamento 4.

Chiedo l’assenso al presidente Pompignoli di poter mettere in votazione gli emendamenti. Grazie. Il consigliere dà l’assenso.

A questo punto, iniziamo con la votazione sugli emendamenti.

Emendamento 1, a firma della consigliera Sensoli.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È respinto.

 

Emendamento 2, a firma del consigliere Bertani.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È respinto.

 

Emendamento 3, a firma del consigliere Bertani.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È respinto.

 

Metto in votazione, con voto elettronico, l’emendamento 4, a firma della consigliera Piccinini.

Potete votare.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con registrazione dei nomi)

 

Presenti 36

Favorevoli 4

Contrari 30

Astenuti 2

 

È respinto.

 

A questo punto, metto in votazione la risoluzione proposta dal presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante “Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione europea”.

Metto in votazione la risoluzione 8117 sulla Sessione Europea, per alzata di mano.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È approvata.

 

(La risoluzione oggetto 8117 è approvata a maggioranza dei presenti)

 

Ringrazio tutti voi per il contributo al dibattito, il giudice Rossi, chi ha assistito con diligenza ai lavori odierni.

Dichiaro chiusa la Sessione Europea 2019 dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Grazie.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 13,43

 

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Fabrizio BENATI, Andrea BERTANI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Michele FACCI, Andrea GALLI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Giammaria MANGHI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Emma PETITTI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta la vicepresidente della Giunta Elisabetta GUALMINI, gli assessori Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO, Sergio VENTURI, la presidente dell’Assemblea legislativa Simonetta SALIERA e i consiglieri Mirco BAGNARI, Gianni BESSI, Paolo CALVANO, Daniele MARCHETTI, Fabio RAINIERI, Luca SABATTINI.

 

Ha partecipato alla seduta Lucia Serena ROSSI, Professore di diritto dell’Unione europea all’Università di Bologna e Giudice della Corte di Giustizia Europea.

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 8117 “Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: “Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione Europea”.”

 

Votazione emendamento 4, a firma della consigliera Piccinini

 

Presenti: 37

 

Favorevoli: 4

Andrea BERTANI, Silvia PICCININI, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI.

 

Contrari: 30

Fabrizio BENATI, Stefano BONACCINI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Michele FACCI, Andrea GALLI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Giorgio PRUCCOLI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luciana SERRI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Astenuti: 2

Silvia PRODI, Igor TARUFFI.

 

Non votanti: 1

Ottavia SONCINI.

 

Assenti: 13

Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Gianni BESSI, Paolo CALVANO, Alan FABBRI, Giulia GIBERTONI, Daniele MARCHETTI, Fabio RAINIERI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Katia TARASCONI, Yuri TORRI.

 

Emendamenti

 

OGGETTO 8117 “Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: “Sessione Europea 2019. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione Europea”.”

 

Emendamento 1, a firma della consigliera Sensoli:

«Nel paragrafo gg) le parole “lo Stato” sono sostituite “il Parlamento, in coerenza con gli orientamenti del Governo, raccogliendo anche le sollecitazioni della Regione,”.»

(Respinto)

 

Emendamento 2, a firma del consigliere Bertani:

«Nel paragrafo hh) il periodo:

“La recente istituzione del Reddito di cittadinanza, quale misura sostitutiva della misura nazionale già in vigore, comporterà nel corso del 2019 una revisione delle misure di contrasto alla povertà,”

È sostituito secondo la seguente formulazione:

“La recente istituzione del Reddito di cittadinanza, quale nuovo intervento strutturale di reinserimento nel mondo del lavoro ed integrazione dei redditi familiari, con gli obiettivi di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, aumentare l’occupazione, contrastare la povertà e le disuguaglianze, si configura come misura sostitutiva della misura nazionale già in vigore, e potrà comportare nel corso del 2019 una revisione delle misure di contrasto alla povertà,”.»

(Respinto)

 

Emendamento 3, a firma del consigliere Bertani:

«Dopo il paragrafo hh) è inserito il seguente:

“hh bis) in considerazione del fatto che il 9,6% dei lavoratori europei ha un salario inferiore ai minimi contrattuali  e che in Italia questa percentuale sale al 12% acquisisce particolare rilievo la raccomandazione della Commissione Occupazione ed Affari sociali del Parlamento europeo per “l’istituzione di minimi salariali a livello nazionale mediante la legislazione o la contrattazione collettiva, con l’obiettivo di fissarli almeno al 60% del rispettivo salario mediano nazionale e di superare il salario di sussistenza nazionale o regionale”. Da questo punto si può partire per arrivare a un obiettivo chiaro affinché non ci siano mai più lavoratori sottopagati, portando il salario minimo in Italia così come in altri 22 Stati membri dell’Unione europea. È una condizione indispensabile per trasformare l’Europa nel Continente dei diritti e delle opportunità per tutti i lavoratori bisogna intervenire subito. Per questo si ribadisce l’esigenza di una direttiva quadro dell’UE per i salari dignitosi che fissi minimi salariali a livello nazionale, nel dovuto rispetto delle prassi di ciascuno Stato membro. Occorre un programma europeo per il calcolo di salari dignitosi allo scopo di definire salari dignitosi ufficiali a livello di Unione su base regionale in ogni Stato membro, mediante un metodo standardizzato – messo appunto dalla Commissione Europea – e utilizzato congiuntamente ai cosiddetti bilanci di riferimento. In questo modo non solo si può dire “Basta ai lavoratori poveri”, ma anche alle delocalizzazioni, aiutando le imprese serie perché il salario minimo europeo serve sia a contrastare la povertà sia a combattere il fenomeno del “dumping sociale”.”»

(Respinto)

 

Emendamento 4, a firma della consigliera Piccinini:

«Al termine del paragrafo kk) è inserito il seguente:

“Si ricorda inoltre l’impegno in corso affinché la Regione si doti di uno strumento normativo per contrastare atteggiamenti omotransfobici completando rapidamente l’esame dei progetti di legge regionale “contro l’omotransnegatività e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere” di cui è stato avviato l’iter, giungendo al più presto all’approvazione del testo finale;”»

(Respinto)

 

 

LA PRESIDENTE

I SEGRETARI

Soncini

Rancan - Torri

 

 

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