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181.

 

SEDUTA DI LUNEDÌ 19 DICEMBRE 2022

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 5835

Interpellanza in ordine alla realizzazione dei grandi hub della logistica sul territorio regionale. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

GIBERTONI (Misto)

LORI, assessora

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 5890

Interpellanza in merito alla soppressione del passaggio a livello n. 13 della linea ferroviaria Reggio Emilia – Ciano d'Enza e alla realizzazione di una viabilità alternativa. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

GIBERTONI (Misto)

CORSINI, assessore

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 5903

Interpellanza per conoscere le intenzioni della Regione riguardo il punto di nascita di Mirandola (MO), in particolare per sapere se l'esternalizzazione di alcune prestazioni ospedaliere sia temporanea oppure definitiva. A firma del Consigliere: Bargi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

BARGI (Lega)

DONINI, assessore

BARGI (Lega)

 

OGGETTO 5920

Interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno estendere la gratuità del trasporto pubblico, già prevista per le Forze dell'Ordine, anche agli appartenenti alle Forze Armate, al fine di garantire maggiore sicurezza al personale e agli utenti del trasporto pubblico regionale. A firma dei Consiglieri: Facci, Rainieri, Occhi, Pelloni, Montevecchi, Pompignoli, Delmonte

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

FACCI (Lega)

CORSINI, assessore

FACCI (Lega)

 

OGGETTO 5910

Proposta d'iniziativa Giunta recante: "Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) 2023". (115)

(Relazione di minoranza e discussione)

PRESIDENTE (Rainieri)

CATELLANI, relatrice di minoranza

MARCHETTI Daniele (Lega)

PELLONI (Lega)

EVANGELISTI (FdI)

BARGI (Lega)

CASTALDINI (FI)

PICCININI (M5S)

RONTINI (PD)

ZAMBONI (EV)

PRESIDENTE (Rainieri)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,46

 

PRESIDENTE (Rainieri): Buon pomeriggio.

Dichiaro aperta la seduta pomeridiana n. 181 del giorno 19 dicembre 2022.

Ha giustificato la propria assenza l’assessore Salomoni.

 

Svolgimento di interpellanze

 

PRESIDENTE (Rainieri): Iniziamo i nostri lavori con lo svolgimento delle interpellanze.

 

OGGETTO 5835

Interpellanza in ordine alla realizzazione dei grandi hub della logistica sul territorio regionale. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Rainieri): Partiamo con l’interpellanza 5835, in ordine alla realizzazione dei grandi hub della logistica sul territorio regionale, a firma della consigliera Gibertoni, a cui risponderà l’assessore Lori.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Buongiorno, assessora Lori. Torniamo sul tema degli hub della grande logistica, perché ci sono sviluppi e ci sono stati sviluppi, nel senso che pare che si stia un po’ diffondendo la consapevolezza che questi grandi hub non ci portano benessere economico, ci portano il malessere dell’inquinamento e portano molto spesso anche attività lavorative dequalificate, quindi lavoro che a volte è più sfruttamento che lavoro in regola.

In particolare faccio riferimento in questa interpellanza alla zona della Città metropolitana di Bologna. Salutiamo quindi con favore la votazione del Consiglio comunale di Budrio che ha portato al naufragio del gigantesco hub della logistica di Altedo. Invece il nuovo hub nella stessa zona sta ancora andando avanti. Dovrebbe essere, appunto, realizzato nella stessa zona, ma nel territorio spostato verso il comune di San Pietro in Casale prosegue.

Quello di Altedo era uno dei quattro ambiti individuati dalla Città metropolitana di Bologna con il PUMS per la destinazione grandi poli della logistica, gli altri essendo Valsamoggia, Imola e Castel San Pietro, previsioni tra l’altro che rendevano inutile la pianificazione territoriale precedente, che aveva programmato degli insediamenti simili soltanto nell’area dell’interporto di Bologna.

Ci sono state grandi manifestazioni, contrarietà con ottime ragioni e pian piano, finalmente, c’è una consapevolezza, credo, trasversale nella popolazione che sta cercando di difendere questo territorio dal diventare quello che questa Giunta, assieme agli enti locali, spingeva questo territorio a diventare, ossia un hub nazionale della logistica con i suoi vari poli, quindi hub nazionale dello smaltimento dei rifiuti, hub nazionale della logistica, nello stesso tempo terza in Italia l’Emilia-Romagna per consumo di suolo, con 658 ettari cementificati nel 2021. Ma tanto, finché c’è suolo, si cementifica e quindi si prosegue così.

Nel momento in cui si prende coscienza del fatto che siamo la terza regione in Italia più cementificata, cosa succede? Che la Città metropolitana di Bologna deve prenderne atto. A fine luglio di quest’anno sancisce un accordo territoriale, sancito anche dalla delibera di Giunta regionale della stessa giornata, la n. 1289, per contenere il consumo di suolo. Prendendo atto che il PUMS della Città metropolitana di Bologna aveva favorito l’esplosione delle domande per la realizzazione di nuovi poli logistici nel territorio bolognese, quindi di fatto stava dando il via a una pericolosissima tendenza e moda semplicistica del dire viviamo in pianura, vendiamo il territorio per far diventare la regione un hub della logistica a livello nazionale, una scelta che dire miope è dire poco, cosa fa la Regione con la Città di Bologna? Blocca i poli logistici non ancora autorizzati, ma evita accuratamente di bloccare i progetti di nuovi hub logistici, appunto, a San Pietro in Casale e Valsamoggia, per esempio.

Le piattaforme logistiche comportano un impiego di suolo molto elevato, appunto in una regione che già è la terza a livello nazionale e che è la peggiore a livello internazionale per la qualità dell’aria e per inquinamento. Portano, come dicevo, un lavoro dequalificato, dove spesso i diritti dei lavoratori non sono garantiti.

Quello che chiedo è di fare qualcosa in più, cioè non di limitarsi semplicemente a dire, va bene, non faremo così tanti danni per il futuro come ne abbiamo fatti fino ad oggi, ma di cercare di limitare quelli in essere e di essere un po’ più creativi. Ci sono le competenze e le risorse per avere qualche idea un po’ più nuova che dire: “Sai cosa c’è? Mi trovo in una Regione che ha già tanto terreno, ne ho cementificato una gran parte, ma resta ancora qualcosa da cementificare, aspetta che lo vendo alle multinazionali della logistica”. Qualcosa che rispetti un pochino di più il nostro territorio, la nostra vocazione e magari anche qualche promessa che la Giunta ha fatto di preservare biodiversità, ecosistema e non aumentare ancora di più l’inquinamento, che già miete vittime da anni in questa Regione.

Mi pare inutile chiederle all’assessore se ritiene di fare qualcosa di più, però io glielo chiedo lo stesso, perché ormai l’atto è depositato, quindi io glielo chiedo così, nutrendo cautissime speranze. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Lori, prego.

 

LORI, assessora: Grazie, presidente. Grazie alla consigliera Gibertoni.

Proviamo e proveremo a fare qualcosa di più, nella consapevolezza che noi stiamo attuando - credo in maniera anche abbastanza virtuosa - gli obiettivi della legge urbanistica n. 24, approvata, come è noto, alla fine del 2017, che in questa fase, seppur ancora con dei dati assolutamente parziali, ci restituisce, dopo il termine della fase transitoria decorso lo scorso 31 dicembre 2021, comunque un risparmio di consumo di suolo, rispetto a quanto pianificato in precedenza nei vari strumenti urbanistici comunali, decisamente significativo.

Nei primi mesi del prossimo anno avremo dati puntuali, che quindi interesseranno gli esiti di tutti i Comuni del nostro territorio, per ora ne abbiamo monitorati in modo puntuale più della metà e siamo ad oltre 11.000 ettari di territorio che torna ad essere destinato ad usi agricoli, quindi dire che non si sta facendo proprio nulla mi sembra forse eccessivo.

È evidente che il tema della logistica preoccupa, la pressione è significativa, non sempre riusciamo a monitorare in modo puntuale quanto accade sui territori, proprio per quei livelli di competenza che anche la legge riafferma in maniera forte.

Andando a provare a dare qualche risposta rispetto ai quesiti della consigliera Gibertoni, è noto che la logistica è un settore, come si diceva, in forte sviluppo sia a livello nazionale, con circa 85.000 operatori nel 2020 e un fatturato di 82 miliardi e 658.000 lavoratori sia nella dimensione regionale, che conta indicativamente 10.000 operatori nel 2020, un fatturato di circa 13 miliardi e 77.000 lavoratori.

È inoltre utile ricordare che il fatturato regionale della logistica nel 2020 rappresenta il 16 per cento di quello nazionale di settore e si colloca al quarto posto in Regione, sia per fatturato che per numero di lavoratori. I magazzini logistici più frequentemente presenti nel territorio regionale hanno una superficie coperta che varia tra i 70.000 e i 10.000 metri quadrati, con circa sette addetti ogni 1.000 metro quadrati e 120 automezzi al giorno, contro i 17 addetti per metro quadrato e 38 automezzi, che è il dato attribuibile all’industria manifatturiera.

La tendenza è in crescita nel settore e deve necessariamente confrontarsi con l’obiettivo principale della legge regionale che richiamavo, di contenimento del consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile, che esplica funzioni vitali e produce servizi ecosistemici attraverso la tutela dei territori agricoli e delle relative capacità produttive agroalimentari.

Del resto, il tetto del 3 per cento di consumo di suolo ammissibile fino al 2050 fissato dalla legge richiede un’attenta selezione rispetto a natura e impatti degli insediamenti futuri, con particolare riferimento a quelli caratterizzati dall’elevata dimensione degli insediamenti quali sono quelli per la logistica, privilegiando viceversa, azioni di rigenerazione urbana e il riuso di volumi produttivi dismessi.

Si rileva infatti che in particolare a Bologna, nel periodo che va dal 2008 al 2021, le aree insediate per funzioni logistiche sono raddoppiate, e come tale tendenza sia tuttora in corsa. Alla luce di queste dinamiche insediative, la Regione e il sindaco metropolitano hanno considerato il rischio concreto che fosse consumata in pochi anni, e solo per questa funzione a basso valore aggiunto la quota di suolo assegnata dalla legge regionale al territorio metropolitano. È stata di conseguenza valutata, come venivo richiamato anche dalla consigliera Gibertoni, congiuntamente l’opportunità di definire un accordo territoriale per attivare politiche di contenimento di questa funzione, che con la scelta di non accogliere altre iniziative imprenditoriali di logistica fuori dal territorio urbanizzato, e di concentrare lo sviluppo futuro di questa funzione all’Interporto, e di aumentare la possibilità di ampliamenti una tantum degli insediamenti logistici.

Abbiamo definito, come credo sia noto, questo tetto al massimo del 20 per cento. L’accordo è stato approvato con la delibera di Giunta regionale n. 1289 lo scorso 27 luglio e sottoscritto il 28 ottobre. In merito alla necessità, sostenuta dall’interrogante, che l’attuale quadro vedrebbe l’abbandono di ogni relazione con l’intermodalità presente, quindi con una possibilità di sviluppo di modalità sostenibile di trasporto, si evidenzia che il Piano regionale integrato dei trasporti promuove la sostenibilità del sistema della modalità sotto i diversi profili ambientali, sociale, economico e di partecipazione. Ha tra i propri obiettivi la realizzazione di piattaforme logistiche integrate, la promozione di politiche di intermodalità, la crescita del trasporto ferroviario merci e di altre modalità e mezzi più sostenibili, anche con riferimento alla logistica urbana.

Il Piano prevede inoltre che l’organizzazione della rete infrastrutturale del sistema produttivo eviti la diffusione disordinata degli insediamenti sul territorio, sprawl insediativo, che nel tempo ha determinato criticità del sistema trasportistico logistico di accessibilità negli ambiti territoriali produttivi regionali.

In particolare il PRIT, così come il PTM, riconosce il ruolo strategico del polo funzionale dell’Interporto di Bologna, in quanto è la principale piattaforma intermodale della Regione, oltre ad essere una delle più importanti del Paese.

L’Interporto è e sarà oggetto di investimenti strategici, quali il potenziamento del terminal ferroviario con l’allungamento dei binari; una totale riorganizzazione dell’accesso sud fino al casello autostradale Bologna Interporto; la realizzazione di un nuovo accesso nord solo per trasporto pubblico e con mezzi leggeri.

Con l’accordo territoriale sulla logistica sopra richiamato, la Regione e la Città metropolitana hanno condiviso che la piattaforma intermodale dell’Interporto possa essere anche eventualmente ampliata attraverso successivo, eventuale e specifico accordo.

Quindi, la direzione di marcia naturalmente vede in questo centro logistico il centro logistico di riferimento.

Per quanto riguarda invece la possibilità di estendere quanto disposto dalla delibera e dall’accordo territoriale che veniva richiamato all’intero territorio regionale e a tutti i progetti già in corso, nello specifico quello di San Pietro in Casale Val Samoggia, si evidenzia come la funzione logistica rivesta un ruolo fondamentale per il mantenimento e lo sviluppo delle attività produttive insediate nel territorio regionale.

Quindi, parliamo sì di pressione insediativa logistica ma dobbiamo, ed è necessario farlo, considerare anche le differenti tipologie di logistica che in tanta parte hanno una strettissima connessione con la struttura produttiva presente in Emilia-Romagna e che quindi va comunque trattata, pone l’autonomia naturalmente pianificatoria dei territori e nel limite del 3 per cento, come si si diceva e come veniva richiamato, è funzionale in tanti casi al sistema produttivo locale.

In questi casi che venivano richiamati, l’accordo che è stato definito con la Città metropolitana naturalmente non poteva non tenere conto, pur volendo porre delle condizioni molto nette e molto puntuali alle previsioni insediative, non si poteva non tener conto di quanto già in itinere e soprattutto di quanto funzionale al sistema produttivo. In particolare, in merito ai progetti di insediamenti logistici già in corso o con procedimenti avviati e in uno stato avanzato come quello di San Pietro in Casale e Valsamoggia, si precisa che: l’insediamento logistico di San Pietro in Casale ricade in una zona destinata dallo strumento urbanistico, il Piano strutturale comunale, a zona produttiva commerciale terziaria, inclusa nel perimetro del territorio urbanizzato, in buona parte area già impermeabilizzata, ex zuccherificio AIE. Il relativo accordo di programma è stato approvato nella primavera del 2021 e oggi i lavori di urbanizzazione sono pienamente in corso.

Per quanto riguarda l’insediamento logistico di Valsamoggia si sottolinea che interessa un’area in parte costruita da rigenerare, in parte già pianificata come produttiva e in una parte più limitata agricola. Si tratta comunque di un accordo di programma in corso e dunque rientra nel novero di quei procedimenti che sono a tutti gli effetti, sto finendo, da considerare avviati.

Preme tuttavia sottolineare che l’accordo territoriale ha comunque comportato il blocco dell’andamento tendenziale di utilizzo del suolo per funzioni logistiche, che era circa di 66 ettari all’anno, calcolato sul periodo 2018-2022. Grazie quindi all’operatività di questo atto è possibile stimare una concreta e reale riduzione del consumo di suolo per funzioni logistiche, in relazione anche ai procedimenti attuativi potenziali e futuri. Inoltre, grazie a questo accordo, circa 70 ettari a destinazione logistica, di cui si prevedeva la prossima attivazione in località Altedo – Malalbergo, non potranno essere più attuati.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Assessore, io chiedevo appunto se non era il caso di fare una riflessione più concreta, anche rispetto alla delibera di luglio e quindi allargare, come dicevo nell’interrogazione, quella che pareva una sostanziale moratoria, pur tardiva, ma che aveva un senso. Io credo, quindi, che il segnale che si poteva dare su San Pietro in Casale e su Valsamoggia era da dare oggi e quella sarebbe stata davvero la manifestazione di un’inversione di rotta da un’ebbrezza per la logistica, direi senza freni, a un livello di maggiore razionalità.

Un conto è la logistica selvaggia che si è fatta finora in Emilia-Romagna dal punto di vista degli hub, come se fosse stata una grandissima scoperta rilanciare addirittura un territorio come un punto di riferimento, però sotto un aspetto che non ha nessuna attrattività turistica, ha un impatto ambientale fortissimo e, in fin dei conti, non riposava neppure sull’intermodalità, perché nelle prime pianificazioni, quando si parlava dei quattro grandi hub di cui però resta in piedi Valsamoggia e San Pietro in Casale, per le quattro uscite autostradali lì si abbandona ogni relazione con l’intermodalità presente, quindi non c’è nessuna possibilità di sviluppo per una modalità sostenibile di trasporto.

Io quindi chiedevo che la Regione Emilia-Romagna non rimanesse indietro rispetto a un “divorare” un territorio al ribasso, favorendo e agevolando insediamenti che non hanno un valore aggiunto. Non è che non hanno valore aggiunto evidente, non hanno proprio un valore aggiunto, quindi evitando che la Regione continui ad offrire il proprio territorio a un aumento incontrollato e anche, a volte, alla mancanza di prudenza, o anzi, alla corsa sfrenata degli enti locali a regalare il proprio territorio, a ragionare soltanto sul presente, cioè finché ci sono, poi quelli che verranno si arrangeranno. Ognuno basa il suo mandato solo sul proprio punto presente, e intanto si combinano pasticci che poi non verranno più risolti, quindi a non aprire spudoratamente alla grande logistica. Un conto del resto è la logistica selvaggia; un conto è una logistica addomesticata agli interessi non solo produttivi, ma di salvaguardia ambientale. Penso che non siamo ancora arrivati a liberarci da questa ebbrezza, da questa dipendenza, dall’idea che sia giusto svendere l’Emilia-Romagna alla grande logistica, e di questo mi dispiace molto.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 5890

Interpellanza in merito alla soppressione del passaggio a livello n. 13 della linea ferroviaria Reggio Emilia-Ciano d’Enza e alla realizzazione di una viabilità alternativa. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo all’oggetto 5890: interpellanza in merito alla soppressione del passaggio a livello n. 13 della linea ferroviaria Reggio Emilia-Ciano d’Enza e alla realizzazione di una viabilità alternativa, a firma della consigliera Gibertoni.

Consigliera, prego.

 

GIBERTONI: Buongiorno, assessore. L’assessore Corsini è giusto che risponda a questa. Assessore, ripercorrendo brevemente i fatti: nel 2020 si delibera di chiudere il passaggio a livello n. 13, un passaggio a livello che sta sulla linea Reggio Emilia-Ciano d’Enza, però si dice che si chiuderà temporaneamente. Si chiuderà temporaneamente un passaggio a livello in attesa di reperire i fondi per poter implementare una viabilità alternativa, ossia chiudo un passaggio a livello, certo, ma i cittadini in quel momento non si spaventano perché dicono: va bene, viene chiuso temporaneamente, poi, quando ci saranno i fondi, faranno un sottopassaggio, quindi si potrà comunque usufruire della viabilità che c’era prima e mantenere ovviamente – nessuno avrebbe pensato – la stazione ferroviaria, che era in esercizio da decenni e decenni. Ma chi chiude le stazioni ferroviarie nel 2022? Nessuno, soprattutto una Regione che predica il trasporto su ferro, che predica la riduzione dell’impatto ambientale e del trasporto pubblico. Chi l’avrebbe potuto immaginare quindi nel 2020? Eppure, nel 2022 un’altra delibera di Giunta contraddice quella del 2020 e dice no, abbiamo cambiato idea a questo punto sopprimiamo definitivamente il passaggio a livello, non facciamo più nessuna viabilità alternativa, quindi non ci sarà nessun sottopasso, sovrappasso, o quello che doveva essere, per impedimenti.

Quindi, due anni di limbo, due anni di stallo e una decisione clamorosamente passatista, cioè chiudere una stazione ferroviaria.

Qui stiamo parlando della stazione ferroviaria di Codemondo su cui già sono state raccolte tante firme e su cui tra l’altro si toglie un servizio veramente a un intero abitato. Un abitato piccolo, certamente, ma che su quel servizio faceva affidamento, perché la fermata Codemondo è sempre esistita e quando è stata soppressa è successo senza alcuna comunicazione all’utenza che si è ritrovata letteralmente da un giorno all’altro senza un servizio essenziale in particolare per studenti, lavoratori, categorie fragili o anche persone che decidono di investire nella risoluzione dell’impatto ambientale magari rinunciando all’auto e pensando anche di fare una buona azione. Di fatto la fanno ma in questo non sono facilitati dalla loro Regione che gli chiude la fermata ferroviaria in modo che non possono più facilmente raggiungere il treno che li portava a Reggio Emilia, per esempio.

Quindi oggi siamo in una situazione di gravi contraddizioni sia rispetto alle dichiarazioni generali della Regione, che si definisce Regione della transizione ecologica, sia alla dichiarazioni dell’Assessorato che dice di voler puntare sul trasporto su ferro e anche rispetto ad una delibera che appunto aveva detto soltanto chiudiamo ma è temporaneo, soltanto subordinato temporalmente al reperimento dei fondi e delle risorse finanziarie necessarie, per esempio, per fare un sottopasso.

I sopraggiunti impedimenti non so se siano perché appunto non si sono trovati i fondi o si sono spesi questi fondi altrove, però per la Cispadana i fondi ci sono, lì non vengono mai meno i fondi.

Invece, non per fare una nuova stazione ferroviaria, attenzione, che già sarebbe comunque qualcosa che si potrebbe magari pretendere in territori isolati, ai margini e molto lontani dalla via Emilia, ma qui era proprio semplicemente mantenere l’esistente, cosa che di solito il PD è sempre stato abbastanza bravo a fare, cioè mantenere lo status quo, mantenere l’esistente. In questo caso era sufficiente, per una volta sarebbe stato sufficiente quello che il PD normalmente è in grado di fare.

Invece no, si fa un passo indietro rispetto all’esistente e su una cosa virtuosa come il servizio di una stazione ferroviaria vicino a casa.

Quindi, io chiedo all’Assessorato, chiedo all’assessore Corsini, intanto ovviamente se sia chiara la domanda della mia interpellanza, cioè se non ritenga opportuno modificare quella delibera, ma io aggiungo una richiesta, chiedo se non ritenga opportuno dire che magari riaprirà, che potrebbe essere ancora subordinata temporalmente, assessore, al reperimento di fondi che, se oggi non c’è, potrebbe esserci tra un anno, potrebbe esserci tra un anno e mezzo.

Questo è quello che chiedo, perché le stazioni sono pietre miliari e chiuderle è un atto di inciviltà.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Corsini, prego.

 

CORSINI, assessore: Grazie, presidente.

Al fine di rispondere a questa interpellanza, ricordo che i passaggi a livello impattano - ovviamente a livello generale - sia sull’esercizio ferroviario, sia sulla circolazione stradale. In particolare, la valutazione dell’impatto sulla circolazione stradale è ovviamente di competenza del proprietario della strada, mentre le valutazioni sulla sicurezza dell’esercizio ferroviario sono di competenza del gestore dell’infrastruttura ferroviaria, che, nel caso delle Ferrovie di proprietà della Regione Emilia-Romagna, è appunto FER, società in house, al 100 per cento controllata dalla Regione.

Le competenze dell’Amministrazione regionale sono quindi quelle relative al proprietario dell’infrastruttura ferroviaria.

Fatta questa debita premessa, gli interventi previsti nel Protocollo di intesa, approvato con delibera di Giunta nel 2020, sono stati condivisi da questa Amministrazione e da FER con l’Amministrazione comunale, che aveva analizzato le soluzioni progettuali relativamente alla viabilità stradale, oggetto di sua competenza.

In questo primo Protocollo d’intesa si prevedeva di deviare parte del traffico di via Orsini su via Antica, prevedendo su quest’ultima un’opera di superamento del binario.

La sottoscrizione dell’atto integrativo da parte del Comune di Reggio presuppone che siano state svolte da esso le adeguate valutazioni sulla viabilità stradale interessata. Nello specifico, la rimodulazione contenuta nell’accordo integrativo produce, rispetto alla prima soluzione, un minore impatto sulla viabilità della frazione di Codemondo, in quanto la soluzione inizialmente proposta per la chiusura del PL di via Orsini prevedeva la realizzazione di un sottopasso in loco, la realizzazione di una viabilità alternativa, che costringeva circa 3.800 veicoli al giorno ad un allungamento della percorrenza di un chilometro e mezzo per superare l’interruzione.

La chiusura di via Antica comporta invece un allungamento della percorrenza di soli 700 metri, e, per di più, per un numero di molto inferiore di veicoli, corrispondente a circa 450 al giorno.

Nella prima versione del Protocollo, i veicoli di via Orsini sarebbero transitati su via Antica, attraversando l’abitato di Codemondo, causando notevoli ripercussioni in termini di sicurezza e qualità della vita dei residenti e delle attività insediate.

È evidente, quindi, come la rimodulazione delle scelte di chiusura abbia effetti benefici, oltre che in termini di risparmi di percorrenze e di tempo degli utenti della strada, anche in termini di sicurezza stradale e di impatto sull’aggregato urbano.

Il numero esiguo di veicoli interessati alla chiusura del PL n. 13 non richiede quindi la realizzazione di opere compensative. L’implementazione del sistema di controllo marcia-treno, fondamentale per aumentare la sicurezza dell’esercizio ferroviario comporta un allungamento dei tempi di chiusura dei passaggi a livello qualora siano presenti più attraversamenti ravvicinati. L’eliminazione del passaggio a livello n. 13 di Via Antica comporterà una riduzione dei tempi di chiusura di Via Orsini di sei minuti, che calcolata su 24 treni al giorno porterà ad una riduzione dei tempi di chiusura di 144 minuti al giorno.

Si evidenzia che essendo correlato il rischio di incidente con i tempi di chiusura del passaggio a livello, la soppressione del passaggio a livello in oggetto comporta un beneficio in termini di sicurezza, sia sulla stessa Via Antica che su Via Orsini.

La Regione potrà valutare, fatte salve le esigenze in merito alla sicurezza ferroviaria e alla disponibilità di risorse, eventuali interventi finalizzati a ridurre eventuali disagi. Di questo stiamo discutendo con il Comune di Reggio Emilia.

Per quanto attiene alla soppressione della fermata di Codemondo, si ricorda che la stessa in periodo pre-Covid era frequentata da non più di dieci persone al giorno; inoltre, è collegata al trasporto pubblico urbano di Reggio Emilia.

La sua soppressione porta a una riduzione dei tempi di viaggio sulla linea ferroviaria Reggio Emilia-Ciano d’Enza oltre a una riduzione dei tempi di chiusura del passaggio a livello di Via Orsini di 5-6 minuti. Tutto ciò incentivando comunque l’uso del mezzo pubblico ed abbreviando i percorsi viari con la mobilità privata.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Mi dispiace e mi preoccupa sentir dire che la chiusura di una stazione ha effetti benefici. Io credo che nel 2020 fosse chiaro che non ce li ha. Poi, nel 2022 si è deciso che già che c’eravamo chiudevamo tutto e non facevamo nessuna viabilità alternativa.

Va bene chiudere il passaggio a livello e sostituirlo con un sottopasso, cosa che non si farà. Ma dire che ha effetti benefici chiudere una stazione… Tra l’altro, quando è chiusa ci va anche meno gente, mentre se si tiene aperta e si valorizza veramente il trasporto su ferro, le persone cominciano a essere sempre di più, si incrementa il servizio. Se ragionassimo così, non ragioneremmo da ente pubblico, ma ragioneremmo con una mentalità privatistica. Non ci sono abbastanza passeggeri rispetto a quali vostri standard non si capisce, quindi chiudo tutta la stazione.

Mi sembra eccessivo questo comportamento. La linea ferroviaria ha perso degli utenti, e voi quindi avete fatto perdere utenti, in generale, alla complessità della linea ferroviaria.

Aggiungo, a livello di mero suggerimento, che non avete neanche provato a fare un sottopasso pedonale. Almeno fare un sottopasso pedonale avrebbe permesso alle persone perlomeno di arrivare in prossimità della stazione e poi lasciavano la macchina magari lì in un parcheggio e potevano almeno scendere a piedi, attraversare e andare a prendere il treno.

Ritengo, quindi, incredibile, miope, passatista e molto sbagliato quello che avete fatto. Tra l’altro con questo cambiamento in corso tra il 2020 e il 2022, la gente non crederà più alle vostre chiusure temporanee, perché la prossima volta che direte “chiudiamo ma non vi preoccupate è temporaneo”, diranno che dovevano cominciare subito con la protesta, perché dicono che chiudono temporaneamente, poi di fatto tra poco smantellano tutto: e così è stato. Quindi, anche un brutto esempio dal punto di vista del rapporto fiduciario tra territorio e Amministrazione.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 5903

Interpellanza per conoscere le intenzioni della Regione riguardo il punto di nascita di Mirandola (MO), in particolare per sapere se l’esternalizzazione di alcune prestazioni ospedaliere sia temporanea oppure definitiva. A firma del Consigliere: Bargi

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora all’oggetto 5903: interpellanza per conoscere le intenzioni della Regione riguardo il punto nascita di Mirandola, in provincia di Modena, in particolare per sapere se l’esternalizzazione di alcune prestazioni ospedaliere sia temporanea oppure definitiva. Ha la firma del consigliere Bargi, a cui risponderà l’assessore Donini.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: Grazie, presidente.

L’interpellanza in oggetto tratta del tema ormai noto dei punti nascita. In particolare facciamo un focus su quello di Mirandola per il quale nel 2017 ricordo che insieme all’ospedale di Cento, poi c’era stata una deroga anche su Scandiano, ma insieme a Cento vennero derogate rispetto al tema ormai arcinoto dei 500 parti, perché insistono sul territorio colpito dal sisma del 2012. Quindi, quella concessione fatta dal Ministero della salute su richiesta della Regione rispetto a questa deroga.

Perché di questa interpellanza? Perché allora il Ministero era stato chiaro rispetto a che cosa doveva attendere la Regione su interventi rispetto al punto nascita per poter arrivare a superare questo status di deroga e avere la riapertura definitiva del punto nascita. Ovvero quello di tendere, allora c’era l’elemento abbastanza forte dei 500 parti - poi vi spiego perché dico abbastanza forte - e quindi venivano fatte delle osservazioni precise: la presenza 24 ore su 24 dell’anestesista, del ginecologo, del pediatra e dell’ostetricia. Quindi, degli obiettivi chiari che è necessario raggiungere come sanità Emilia nei confronti dell’ospedale se si voleva mantenere il punto nascita.

Dicevo, 500 parti era considerato un elemento forte, poi nel 2019, quando i parti nell’ospedale di Mirandola ammontavano a 364, c’è stata una revisione del decreto ministeriale 70 del 2015, se non sbaglio, che trattava proprio di questa tematica. In particolare veniva rafforzato il concetto dei punti nascita nei luoghi orograficamente più fragili, quindi nei territori un po’ più difficili, cercando di derogare al tema dei 500, però rimaneva comunque chiaro che l’obiettivo della nostra Amministrazione regionale, se l’intenzione (questo è lo scopo dell’interpellanza) di mantenere il presidio fosse quella di investire per raggiungere gli standard di sicurezza necessari per garantire il parto.

Nel 2021 siamo arrivati a quota 338 più 390 del 2020, e, pur rimanendo comunque uno dei centri parto più importanti all’interno della struttura dell’ASL modenese, ha visto un progressivo calo l’ospedale di Mirandola, dovuto in particolare al fatto che la mancanza di personale ha costretto a limitarsi al solo parto fisiologico. Questo ha fatto sì che diverse donne abbiano dovuto scegliere forzatamente altre realtà, il più vicino a Carpi, più lontano a Modena o anche il sicuramente più vicino Suzzara, che però è oltre il nostro confine e genera un’uscita di denaro in forma di mobilità passiva nei confronti della Regione Lombardia.

Questo è un elemento già conosciuto nell’ASL modenese, in particolare per l’ortopedia, però così si rischia di generare un flusso negativo per la nostra ASL anche nei confronti delle nascite.

C’è poi l’elemento, su cui si è discusso tanto a inizio dell’anno, del coinvolgimento delle cosiddette “cooperative”, realtà private che vengono a sopperire alla mancanza di personale. Sarebbe stato interessante da questo punto di vista, ma sicuramente avremo modo di entrare nel dettaglio, capire anche se i livelli di sicurezza del punto nascite vengano garantiti da questo personale oppure se, come è apparso a noi che interroghiamo, ma anche alla stessa Amministrazione comunale del Comune di Mirandola, andando in questa strada non si vada a rendere ancora più fragile la sicurezza del punto nascita, quindi, invece che garantire e potenziare il servizio, lo si mette in una condizione, che può essere anche temporanea (ci arriverò, c’è qualche nota di stampa che rende obsoleta parte di questa interpellanza, ma allo stesso tempo, essendo orientata al futuro, ci consente di svolgere una discussione più completa), ma se effettivamente l’obiettivo è superare questo sistema che ovviamente non ci garantisce in piena sicurezza il punto nascita.

Lo dico perché è uscita questa nota, che fa presente che la direzione sembra essere intanto quella di ottenere un’ulteriore deroga rispetto a quanto abbiamo letto ormai un paio di mesi fa da parte della Commissione tecnica sui punti nascita, che non solo per Mirandola, ma anche per Cento e Faenza, se non ricordo male, riteneva di dover interrompere e, quindi, chiudere il punto-nascita perché non garantiva gli standard di sicurezza. Da quello che è emerso dai dai giornali ultimamente sembra che la direzione sia quella della deroga, quindi immagino che si voglia continuare ad appoggiarsi a quella che però per noi rimane una scusa debole, cioè quella del cratere sismico, perché a un certo punto bisogna che ci sganciamo da lì e che iniziamo a operare per garantire il servizio. Dall’altra parte, si annuncia anche l’apertura di un nuovo bando per continuare sulla strada dell’intervento della cooperazione. Questo rende un po’ obsoleta in parte la risposta a questa interpellanza.

Dall’altro lato però l’interpellanza nella sua forma più pura è orientata a capire gli intendimenti dell’amministrazione. Da quello che è parso a noi in questi anni si è andati nella strada opposta a quella di dire: cerchiamo di garantire il servizio e di farlo rimanere lì. Vogliamo capire quindi qual è la strada, qual è l’approccio che vuole tenere l’amministrazione rispetto al punto nascita di Mirandola da qui in avanti.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Donini, prego.

 

DONINI, assessore: Grazie, presidente. Grazie, consigliere Bargi.

L’ospedale di Mirandola, come lei dovrebbe sapere, e immagino sappia, anche perché ci sono state ampie pagine di giornali a testimonianza di quello che le sto dicendo, non si caratterizza solo per la presenza del punto-nascita. L’ospedale di Mirandola ha visto investimenti della Regione e dell’ASL in diversi servizi a forte crescita, e saranno potenziati con investimenti già in corso di realizzazione, o finanziati e programmati nei prossimi anni.

Si tratta di sostegni tangibili all’attività presente e futuro dell’ospedale su cui i sindaci della zona sono costantemente informati, una modalità di lavoro chiara e concreta che molti di loro hanno dichiarato anche pubblicamente di apprezzare e sostenere.

A ulteriore prova dell’impegno volto a creare le condizioni per una piena funzionalità di tutto l’ospedale di Mirandola, le ricordo le strutture complesse richieste a gran voce dal territorio e già nominate: Struttura complessa di ostetricia e ginecologia del dottor Ferrari, nominato nel dicembre 2020; Struttura complessa di chirurgia, dottor Sassi, nominato nell’aprile del 2021; Struttura complessa di ortopedia, dottor Calogero, nominato nel febbraio del 2022; Struttura complessa di Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza, dottoressa Grossi, nominata nell’agosto di quest’anno; Struttura complessa di pneumologia, dottor Andreani, nominato nel novembre di quest’anno. Per la Struttura complessa di cardiologia riabilitativa il bando scade oggi; poi ci sarà il concorso e la successiva nomina. È prevista anche l’indizione della selezione per la Struttura complessa di radiologia. Inoltre, si sono attivati i coordinamenti infermieristici ex novo per i reparti di ginecologia, pediatria e cardiologia.

Per quanto attiene al servizio anestesia e rianimazione, poiché la progettualità di sviluppo e programmazione dell’attività chirurgica deve rispondere ad una logica di rete sovradistrettuale, con l’obiettivo prioritario di rispettare i tempi di recupero delle liste di attesa, si ritiene opportuno avvalersi di un’unica regia organizzativa capace di massimizzare l’utilizzo delle piattaforme chirurgiche. Questo potenziamento, del quale immagino lei fosse a conoscenza, ha comportato un aumento del 6,5 per cento dell’attività chirurgica generale nei primi nove mesi dell’anno; un aumento del 36 per cento dell’attività chirurgica ortopedica; un aumento del 200 per cento del day surgery polispecialistico. Inoltre, sono stati recuperati oltre al 94 per cento degli interventi scaduti a dicembre del ‘21, andando ben oltre l’obiettivo del Ministero attestato all’80 per cento. Sul piano degli investimenti, si stanno avviando i lavori edili per la subintensiva multidisciplinare, quattro letti, e per la medicina d’urgenza, otto letti. Sul piano delle tecnologie, dopo la nuova TAC arriverà anche la nuova risonanza magnetica.

Per quello che riguarda il punto nascita, agli stessi sindaci del distretto il dottor Ferrari, direttore dell’unità operativa Ostetricia e ginecologia dell’azienda ASL di Modena, professionista serio, generosissimo nel suo impegno e universalmente stimato, ha indicato nel corso di una recente riunione tutte le criticità al momento presenti e la difficoltà che la Regione in ogni modo sta cercando da tempo di affrontare per non mettere a rischio il lavoro dei professionisti ma prima ancora per garantire la sicurezza delle partorienti e dei nascituri. Se ragionassimo con serietà e soprattutto con oggettività, si dovrebbe oggi capire, anzi porci magari una domanda diversa, anch’essa ovviamente posta in modo rigoroso e trasparente, ossia: cosa dovevano fare e cosa hanno fatto la Regione e l’ASL per affrontare le criticità del punto nascita di Mirandola, nonostante il parere negativo della Commissione nascita regionale in ordine al suo mantenimento in esercizio? Ricordo che questa Commissione è un organismo tecnico e non politico. Poi, nonostante la strutturale voragine del personale sanitario, nella fattispecie professionisti specialisti in ginecologia, quali azioni si siano messe in campo. Ecco, la informo che la Regione e l’ASL hanno sempre lavorato per mantenere attivo il punto nascita di Mirandola. Credo che lei sia informato del fatto, e spero che ne convenga, che la Regione ha chiesto un’ulteriore deroga al Ministero della salute per i punti nascita inferiori ai 500 parti all’anno, nonostante il parere tecnico non favorevole della suddetta Commissione Nascita regionale. Delibera inviata dalla Regione al Ministero della salute lo scorso agosto per la quale al momento non si è ancora avuta risposta. Il presupposto rimane ovviamente quello che l’attività possa e debba proseguire fino a che siano garantite le condizioni di sicurezza basilari a tutela e protezione delle donne e dei bambini. La Regione e l’ASL di Modena hanno messo in campo ogni possibile azione per ampliare il reclutamento del personale dipendente, nella fattispecie ginecologi. Infatti, non le sfuggirà che da alcuni anni l’équipe di ostetricia e ginecologia dei due ospedali di Carpi e Mirandola, soffrono di una carenza di personale determinata da una ridotta disponibilità di specialisti ginecologi sul mercato del lavoro.

L’ASL di Modena ha cercato modalità organizzative per garantire con continuità i livelli di sicurezza necessari, tra cui la collaborazione e l’integrazione tra le équipe mediche dei punti nascita di area nord e l’applicazione di specifici protocolli di contenimento del rischio. L’ASL di Modena ha garantito anche la turnazione dei professionisti di tutta la provincia di Modena, Sassuolo, Policlinico compresi. L’ASL di Modena ha avuto mandato dalla Regione di provvedere ad integrare con costante reclutamento l’équipe medica dei punti nascita di area nord, attivando contratti anche libero professionali per l’espletamento dei turni necessari per supportare le attività di reparto, procedure sempre aperte, così come sono sempre aperti i bandi per il reclutamento di personale dipendente. La strada non è però quella delle cooperative, che possono essere utilizzate per un periodo e per turni limitati, la strada è quella delle assunzioni, che per ora non trovano personale adeguato che ci dia garanzia di risolvere i problemi di tutta la nostra rete di Modena. È sempre in corso anche l’attività di scorrimento di graduatorie di concorso delle altre Aziende della Regione (Bologna, Reggio Emilia, Parma, Ferrara) e anche di graduatorie fuori regione, che stiamo cercando ovunque.

Altre integrazione è avvenuta con il personale dei consultori, chiamato a garantire l’ospedale e l’ambulatorio della gravidanza a rischio. Ancora, pubblicazione negli ultimi 12 mesi di 4 bandi per il reperimento di ore di specialistica ambulatoriale, andati deserti, oltre alla richiesta di disponibilità di specialisti in formazione. Nel triennio 2020-2022 sono state esperite per la disciplina di ginecologia e ostetricia le seguenti procedure per il reclutamento di personale: 3 concorsi, 2 avvisi, 2 avvisi per specialisti in formazione anche sulla base dei contratti Covid. Pur a fronte di tali sforzi, le dotazioni organiche dei 4 punti nascita provinciali risultano ancora carenti e a Mirandola in particolare permangono forti criticità di organico a disposizione.

Il turnover dei ginecologi del sistema provinciale è stato pari negli ultimi tre anni a 36 unità in meno, 19 del 2020, 9 nel 2021, 8 nel 2022. A questo si devono aggiungere eventuali assenze più che giustificate per gravidanza (6 solo a Carpi, di cui 1 con trasferimento in altra azienda), per le quali non sono al momento previsti rientri entro i prossimi 6-10 mesi. Al termine di questa mia informazione, conveniamo almeno sul fatto che si è fatto ogni sforzo possibile per il reperimento del personale, e conveniamo che al primo posto si debba sempre mettere la sicurezza delle partorienti e dei neonati, la quale dovrà essere innanzitutto valutata dai clinici e dall’Azienda responsabile di quella struttura.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: Faccio fatica a dichiararmi soddisfatto, se non altro perché se io faccio delle richieste per avere una risposta, se poi lei si “auto fa” la domanda e si auto risponde, se risponde a una domanda con un’altra domanda crea qualche difficoltà, facciamo fatica a capirci. Giustamente lei ha letto, si è segnato probabilmente i punti in cui diceva… Saranno noti a lei, ma io in premessa gliel’ho detto: il giornale, checché ne dicesse De André, “una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale”, noi il giornale bisogna che lo leggiamo. Il fatto che la delega fosse richiesta era noto, l’ho detto subito in premessa che questa interpellanza andava incontro ad una vetustà che le si attribuisce perché la notizia era già uscita. Però il nostro tema era qual è l’intenzione politica dell’Amministrazione, questa è l’interpellanza. Se lei mi dice cosa ha fatto, è noto cosa ha fatto. È noto che però ancora oggi quegli elementi che chiedeva il Ministero per poter garantire la sicurezza del punto-nascite anche a prescindere dal tema dei 500 parti mancano.

Di conseguenza, io capisco il tema del personale, anche se su questo bisogna aprire un capitolone, nel senso che o diciamo che i reparti che non si riescono a garantire perché non c’è personale, li accorpiamo tutti in pochi centri; però bisogna che facciamo un’operazione, allora, a livello regionale, e bisogna ammettere che effettivamente negli anni si è sbagliato e non poco.

Poi, è colpa della Regione, è colpa del Ministero, è colpa dell’Università che ha preferito magari mettere sul mercato pochi professionisti, così avevano più potere contrattuale…? Insomma, raccontiamoci quello che ci vogliamo raccontare, però c’è un problema enorme che va gestito sul livello regionale.

Questa chiaramente è un’interpellanza su una questione specifica. Lei mi ha fatto un discorso generale, mi fa piacere; però il tema è una questione specifica, perché è un territorio che seppure sicuramente meno della montagna, comunque tende a essere particolarmente isolato, soprattutto perché lì c’è una direzione che poteva essere quella dell’ospedale baricentrico che è stata accantonata. Capisco i costi e le difficoltà; c’era il tema della Cispadana superstrada, che avrebbe consentito di rendere collegato questo ospedale e di garantire a tutta la Bassa di poterci arrivare in tempi rapidi, ma è un tema politico che è stato tutto accantonato, è un percorso che è stato aperto in passato e messo da parte: sono scelte, scelte che però oggi evidentemente hanno un peso.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 5920

Interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno estendere la gratuità del trasporto pubblico, già prevista per le Forze dell’Ordine, anche agli appartenenti alle Forze Armate, al fine di garantire maggiore sicurezza al personale e agli utenti del trasporto pubblico regionale. A firma dei Consiglieri: Facci, Rainieri, Occhi, Pelloni, Montevecchi, Pompignoli, Delmonte

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora all’oggetto 5920: interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno estendere la gratuità del trasporto pubblico, già prevista per le Forze dell’Ordine, anche agli appartenenti delle Forze Armate, al fine di garantire maggiore sicurezza al personale e agli utenti del trasporto pubblico regionale, a firma dei consiglieri Facci, Rainieri, Occhi, Pelloni, Montevecchi, Pompignoli e Delmonte.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Grazie.

Questa interpellanza ha qualche mese in realtà, perché è stata presentata nell’immediatezza del ritorno di fenomeni che in realtà non sono mai venuti meno, purtroppo, però in quel periodo erano particolarmente frequenti, cioè quello di aggressioni a personale delle ferrovie, e anche a utenti delle ferrovie, sui treni, o comunque nelle stazioni. Baby-gang, piuttosto che persone senza biglietto, insomma fenomeni purtroppo abbastanza frequenti e che hanno visto un’escalation anche preoccupante.

Allora si è riproposto il tema della sicurezza sui treni, sui mezzi di trasporto e in questo caso sui treni.

Nell’andare a individuare un po’ le varie proposte e le varie iniziative che in un qualche modo provavano ad essere messe in campo, diciamo che siamo andati noi a controllare come si comportano le altre Regioni.

Per esempio, impariamo che vi sono delle Regioni come la Lombardia, come il Piemonte, come il Lazio, che non solo hanno previsto, come l’Emilia-Romagna, l’accesso gratuito al trasporto pubblico per quanto riguarda le Forze dell’ordine nella loro accezione più ampia, quindi Polizia, Polizia stradale, Carabinieri, penitenziaria, Finanza, eccetera, ma hanno previsto la possibilità di questo accesso gratuito agli appartenenti delle Forze armate, quindi Esercito, Aeronautica e Marina militare che naturalmente sono molti di più e potrebbero consentire un maggior controllo e soprattutto un ausilio nei confronti in favore del personale del trasporto pubblico locale. Il meccanismo di accreditamento ovviamente prevede una serie di passaggi, nel senso che non è una gratuità tout-court ma nel momento in cui soprattutto il personale non è in divisa, ha la necessità di palesarsi al personale in servizio presso il trasporto pubblico, in modo tale che costoro sappiano che su quel treno, ad esempio, viaggia personale che può essere coinvolto in caso di necessità. Pertanto l’interpellanza è molto semplice. Visto che si fa un riferimento alla necessità di garantire maggior sicurezza al personale e agli utenti del trasporto pubblico, ovviamente sempre per quanto riguarda la competenza regionale (tra l’altro, sono obiettivi che la Regione Emilia-Romagna ha rappresentato in varie delibere, quali le delibere 2082 del 2004, 1103 del 2016, 538 del 2017) prevedere l’estensione della gratuità del trasporto pubblico, già prevista per le Forze dell’ordine, anche agli appartenenti alle Forze armate con le stesse modalità procedurali.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Corsini, prego.

 

CORSINI, assessore: Grazie, presidente. In relazione ai temi posti nell’interpellanza, ricordo che la Regione ha da tempo riconosciuto l’importanza della presenza di personale appartenente alle Forze dell’ordine sui servizi di trasporto pubblico e sui treni in particolare, anche come semplici viaggiatori, in un clima di reciproca sinergia e di collaborazione con il personale viaggiante delle imprese ferroviarie.

Il primo atto, necessario all’attuazione di queste finalità, è stata la delibera del 25 ottobre 2004, che rappresenta la ricognizione delle normative nazionali riferite appunto all’accesso gratuito ai servizi di TPL da parte delle Forze dell’ordine, come elencate nella delibera stessa. Infatti, la legge regionale n. 30 dispone il divieto di trasporto gratuito, salvo i casi previsti dalle disposizioni vigenti in materia.

La finalità dell’intervento è stata poi confermata anche dal pronunciamento al ricorso al TAR, promosso dalle società di gestione verso la Regione. Tale sentenza ribadisce infatti che le disposizioni contenute nel provvedimento regionale rispettano il divieto di istituire nuove ipotesi di gratuità, limitandosi ad esprimere l’indirizzo all’uniformazione di trattamento e all’armonizzazione delle modalità con cui soddisfare gli obblighi esistenti.

Le categorie che sono elencate di personale in servizio di pubblica sicurezza, di Polizia stradale, di Polizia giudiziaria, in virtù delle funzioni loro attribuite, finalizzate alla sicurezza dei cittadini e alla tutela dell’ordine pubblico, incrementano il livello di sicurezza a bordo dei mezzi del trasporto pubblico e dei viaggiatori, coadiuvando al bisogno il personale delle società di trasporto, che all’occorrenza potrà chiederne l’intervento, secondo la discrezionalità del personale delle Forze dell’ordine di agire in autonomia e, comunque, nel rispetto dei rispettivi protocolli di intervento. La delibera del 2017 ha definito, inoltre, la modalità di accesso degli appartenenti alle Forze dell’Ordine sui treni, confermando quindi le categorie già individuate nella richiamata delibera del 2004.

In merito invece alla possibilità di estendere tale accesso anche agli appartenenti delle Forze Armate si evidenzia che ad oggi le singole Regioni possono decidere i criteri che le Forze Armate devono rispettare per beneficiare della gratuità sui mezzi pubblici, assumendone i consistenti relativi oneri finanziari. Tra le Regioni che riconoscono ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine il diritto a viaggiare gratuitamente sui servizi di TPL, come ricordato dai consiglieri, la Lombardia prevede la libera circolazione su tutto il proprio territorio, e ha esteso la medesima agevolazione per il servizio ferroviario regionale anche ai rappresentanti delle Forze Armate, quindi dell’Esercito italiano, della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare, purché appartengano a comandi del territorio regionale. La Lombardia, data la vastità della platea interessata, è impegnata a corrispondere alla società di trasporto pubblico un contributo di oltre 6 milioni di euro all’anno per la copertura dei mancati introiti da parte delle imprese del trasporto pubblico.

La Regione Lazio ha invece previsto tale accesso nell’ambito della sottoscrizione del vigente contratto di servizio, che in ogni caso prevede un equilibrio del PEF, quindi anche in questo caso con un incremento di risorse da corrispondere nell’ambito del contratto stesso.

In considerazione di quanto esposto, nulla osta naturalmente alla possibilità di una riproposizione della tematica a livello nazionale nelle opportune sedi tecniche e politiche, dato che si parla di Forze Armate nazionali, al fine di uniformare la normativa di riferimento per l’eventuale equiparazione del trattamento di accesso ai servizi di trasporto pubblico anche alla Forze Armate, fermo restando ovviamente l’opportuno impegno finanziario da parte statale competente in materia.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Io ringrazio per la risposta. È chiaro che la possibilità c’è. Lo fanno altre Regioni; lo possiamo fare anche noi. Certo, bisogna trovare le risorse.

Vorrei ricordare che la Regione Emilia-Romagna per esempio ha avviato un servizio di vigilanza armata presso la stazione Zanolini di Bologna, basato su ronde ispettive all’interno delle stazioni della fermata con guardie giurate, cioè, si è fatta una scelta politica rispetto a quell’infrastruttura, appunto perché ha problemi di sicurezza. Ci sono, cioè, delle scelte che possono essere compiute. È chiaro che se poi però le scelte politiche sono diverse e, per esempio, guardando il bilancio che stiamo ragionando in questi giorni, Missione 3 Ordine pubblico e sicurezza, abbiamo risorse previste in calo rispetto agli anni passati, è chiaro che sono scelte politiche anche queste ed evidentemente non sono considerate priorità.

Quindi, io sono soddisfatto per il fatto che l’assessore riconosce che lo possiamo fare e quindi non si sottrae. Il punto è che le risorse vanno trovate all’interno di una scelta politica condivisa che veda la sicurezza urbana, in questo caso sul trasporto pubblico locale, al centro dell’attenzione.

Sarà sicuramente oggetto di ulteriore approfondimento perché è evidente che se questo non verrà fatto, vorrà dire che magari questa Amministrazione avrà altri criteri prioritari a cui pensare.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 5910

Proposta d’iniziativa Giunta recante: “Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) 2023”. (115)

(Relazione di minoranza e discussione)

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora all’oggetto 5910 sul quale aveva già fatto la relazione la relatrice Marilena Pillati.

Ora tocca alla relatrice di minoranza, la consigliera Catellani. Prego, collega.

 

CATELLANI: Grazie, presidente.

Ringrazio l’assessore Calvano e anche tutti gli altri assessori che sono sempre stati presenti durante la discussione di questa nota.

Ringrazio la collega Pillati soprattutto per le belle parole che mi ha riservato.

Ringrazio tutto lo staff della Regione ma soprattutto i nostri collaboratori perché hanno, con sollecitudine e discernimento, analizzato la nota di aggiornamento in tutti i documenti e alla stessa correlati.

Purtroppo questa Nota è deludente, neanche modesta, deludente. So bene che il mio malcontento non sposterà di un millimetro i vostri intendimenti, però era corretto dirlo.

Una nota priva di contenuti, una nota che può essere letta soltanto con l’incrocio dei dati delle tabelle, tabelle che erano talmente tanto inconferenti tra loro e manchevoli dei dati, che la maggior parte degli emendamenti presentati dalla Giunta sono andati proprio a correggere quelle tabelle.

Peccato, perché questo documento rappresenta i vostri obiettivi di politica economica e le strategie per raggiungerli. Quindi, se intendete annichilire la vostra programmazione, prego, andate pure, certamente non ci troverete compiacenti.

Sicuramente qualcosa cambierà, perché anche ad esempio il codice degli appalti prevede, per esempio per il DEFR, di mettere al centro rispetto alle opere prioritarie proprio il DEFR, quindi accadrà anche sicuramente per il DEFR. Dovrete rivedere senza ombra di dubbio il modo in cui elaborate questa nota. Abbiamo lavorato tantissimo sulla nota e gli emendamenti presentati sono tanti. Rispetto ai contenuti, quindi a come avete formulato la nota, mi permetto di parlare di uno di questi ordini del giorno, che è quello legato al Patto per il lavoro e per il clima. Abbiamo chiesto di costituire una Commissione che restituisca a questa Assemblea il giusto coinvolgimento. Questo perché purtroppo la Nota di aggiornamento ormai è assolutamente vuota rispetto ai contenuti degli assessori e rimanda costantemente al Patto per il lavoro e per il clima, che però contemporaneamente non si può cambiare, quindi è chiaro che viene violato il diritto dei consiglieri, che peraltro sono eletti, di poter svolgere la propria funzione anche di carattere legislativo.

Il Patto nasce sul sistema del modello concertativo di politica economica tripartita. Torniamo indietro agli anni Novanta e assumiamo che questa tecnica conservativa si è accompagnata negli anni a tantissimi problemi collegati proprio alla validità costituzionale degli stessi, per lesione delle prerogative costituzionali della funzione legislativa.

Noi non ci stiamo, non va bene che narriate DEFR e Nota di aggiornamento con il Patto, quindi chiediamo la costituzione di questa Commissione, che ci consenta ex ante almeno di condividere quelli che sono gli argomenti.

Tanti emendamenti, tanti ordini del giorno, non mi dilungherò su moltissime tematiche, mi fermo sul lavoro e sanità, anche perché, parlando soltanto di lavoro e sanità, avrò comunque ha parlato più di quanto avete fatto voi nella vostra Nota.

Lavoro, Centri per l’impiego, GOL, agenzia per il lavoro. Il bluff del Centro per l’impiego è oramai una materia da cronaca dei giornali (non lo diciamo più soltanto noi), dai quali emerge che i Centri per l’impiego sono soltanto uno strumento per raggiungere le agenzie per il lavoro, quelle chiaramente private. Centri per l’impiego incapaci di un servizio effettivo sulla profilazione dei disoccupati, dei percettori del Reddito di cittadinanza.

Sbandieriamo il 4,4 miliardi del PNRR per i GOL come un successo, e probabilmente lo è anche, in Emilia-Romagna i soldi per il Programma GOL sono 56 milioni, però purtroppo i Centri per l’impiego non funzionano. Stanno arrivando circa 11.000 nuovi dipendenti a livello nazionale, non sappiamo a livello regionale quanti saranno, ma è inutile alimentare una struttura se non funziona.

Il modello della PL funziona, almeno proviamo a copiare quello. Il nostro modello è vecchio e ve lo stiamo dicendo da tanto tempo.

Un altro modello, forse non vecchio, ma che sicuramente che non funziona, è quello della sanità. È il tema dei temi, mi soffermo soltanto brevemente, perché lascerò chiaramente al collega Facci di soffermarsi sui numeri e su ogni, ulteriore riflessione per voi, anche perché criticarvi sulla sanità oggi è veramente facile.

La perfetta sanità emiliano-romagnola, l’infallibile sistema sanitario emiliano-romagnolo, sono mesi e mesi che chiediamo incessantemente gli esiti dei monitoraggi, chiediamo un confronto, urliamo che il problema è grande, non è soltanto economico, ma è anche organizzativo. La vostra tendenza è stata fin dall’inizio dire che andava tutto quanto bene.

Mi limito soltanto a due parole sulla sanità reggiana, e credo che la sanità regionale in realtà abbracci la figura di tutta la Regione Emilia-Romagna. Le dichiarazioni uscite in questi giorni da parte di alcuni colleghi del PD – scusate, sono un po’ senza voce – che non solo ammettono l’esistenza delle criticità che finalmente ci diciamo, e ve ne do atto, si dichiara urbi et orbi che c’è carenza di medici, risorse non adeguate, rischio di depotenziamento degli ospedali, contenimento delle prestazioni. Ma finalmente si ammette una cosa che ha un difetto peggiore che è stato tenuto celato alacremente fino ad oggi: la carenza di dialogo, di pianificazione, condivisione e programmazione.

Sulla stampa, il PD locale reggiano ammette addirittura che stia venendo meno la programmazione a livello provinciale, quindi a livello dei sindaci – e i sindaci sono praticamente tutti vostri –, evidenziando delle carenze nella Conferenza territoriale sociale e sanitaria.

Questi accoglimenti, queste ammissioni sono quelli che ci preoccupano perché non attengono soltanto al bilancio che è in attesa di ricevere fondi dal Governo e dal PNRR, ma attengono alla capacità di visione, di programmazione e di concertazione di un PD che inizia a litigare anche a casa propria.

Siamo davanti al tramonto della solidità tetragona del sistema del PD. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Passiamo ora alla fase della discussione generale. Ci sono consiglieri che vogliono intervenire sul DEFR in discussione generale?

Consigliere Marchetti, prego.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente.

Riprendendo un discorso che ho fatto durante lo scorso Consiglio, quando ho chiesto alla Giunta di fare i compiti a casa perbene, se dovessi dare un voto su questa Nota di aggiornamento al DEFR darei “gravemente insufficiente”. Perché dico questo, ricollegandomi anche a quanto già dichiarato dalla relatrice di minoranza, collega Catellani? Perché in sostanza stiamo vivendo sicuramente un momento critico dal punto di vista economico della nostra Regione, più che altro difficoltà legate alla gestione del Servizio Sanitario Regionale. Abbiamo sentito, quindi, parlare di azioni straordinarie e irripetibili nei mesi scorsi, quindi ci si attendeva da questa Nota di aggiornamento di un Documento così importante qualche elemento di novità più impattante. In realtà, l’unica vera novità che abbiamo trovato per quanto riguarda la parte sulla sanità e politiche sociali è quella sull’attuazione regionale del sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici. È sicuramente un tema importante, anche questo, ma ci aspettavamo qualcosa di più sulla gestione a 360 gradi di tutta la nostra sanità.

Proprio per questo abbiamo ritenuto opportuno presentare diverse proposte a nostro avviso migliorative sia in Commissione che oggi qui in Assemblea, e parto ricordando le nostre proposte, approvate anche nella Commissione referente, riguardanti sempre la sanità, ovvero due emendamenti approvati per istituire il Tavolo regionale per l’organizzazione degli ambulatori dei cosiddetti “codici bianchi” nei pronto soccorso della nostra regione, due emendamenti importanti perché stiamo notando, almeno prendendo atto delle risposte date ad alcune nostre interrogazioni e atti ispettivi, che purtroppo non c’è uniformità a livello territoriale. Ogni Azienda sanitaria si sta muovendo un po’ per conto proprio, con criteri e caratteristiche proprie, senza dare un’immagine comune a questi ambulatori che dovrebbero andare ad alleggerire il carico di lavoro dei pronto soccorso del nostro territorio. Per fare alcuni esempi, ci risulta che per queste aperture l’ASL di Imola, ma anche quella di Parma, se non erro, sta pensando di aprirli al di fuori e lontani dai pronto soccorso dei nostri ospedali, facendo perdere così il senso della proposta iniziale che come Lega abbiamo sempre condiviso, tant’è che già cinque anni fa avevamo chiesto di coinvolgere i medici di continuità assistenziale in questi progetti, in ambulatori specifici da aprire nei pressi dei pronto soccorso, in modo da trattare con appropriatezza – un termine che piace tanto al Centrosinistra – queste casistiche. Ringrazio, quindi, per l’approvazione, perché credo sia sicuramente un tema prioritario da affrontare, un tema sentito da tutti i cittadini, ma anche dagli operatori sanitari, che devono subire una pressione enorme come carico di lavoro.

Altro emendamento che avevamo presentato in Commissione e che è stato approvato è quello riguardante la conclusione dell’iter per arrivare a definire una vera e propria banca dati per gli accessi ZTL per disabili, accessi ZTL per tutti i Comuni del nostro territorio regionale.

 È una banca dati che in forma sperimentale era già partita con dei Comuni campione, è un tema che avevamo già affrontato sempre con un nostro emendamento due anni fa, e anche all’epoca venne approvato, e noi oggi chiediamo di concludere quell’iter e arrivare a garantire una copertura totale su tutto il nostro territorio regionale.

L’emendamento è stato approvato e per questo ringrazio anche in questo caso i colleghi di maggioranza, ma anche l’assessore Taruffi, con cui ho avuto un confronto a margine dell’ultima Commissione che si è tenuta, durante la quale è stata approvata questa nostra proposta.

La nostra iniziativa di indirizzo non si è fermata certamente alla seduta di Commissione Bilancio, in cui si è discusso preliminarmente questo atto. Anche oggi, infatti, abbiamo ritenuto doveroso presentare diverse proposte, sempre al fine di migliorare gli indirizzi contenuti all’interno di questa Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023.

Sono proposte che riguardano (almeno quelle che illustrerò in questo momento) sempre la sanità, perché crediamo che sia il tema principe in questo momento, viste le difficoltà che dobbiamo affrontare, e per questo parto da un tema che ritengo cardine, quello dell’innovazione.

In un momento di difficoltà, per rilanciare un intero sistema sanitario crediamo che sia fondamentale parlare proprio di questo aspetto. Innovazione significa investire sull’innovazione farmaceutica, ma anche sui dispositivi medici da applicare negli interventi chirurgici, oppure innovazione che riguardi l’acquisto di nuovi macchinari.

Questo perché crediamo che, a fronte di un investimento iniziale, nel corso degli anni si potrebbero ottenere risparmi grazie ad un calo dell’ospedalizzazione, che credo sia l’obiettivo comune che dovrebbe caratterizzare tutte le forze politiche che siedono all’interno di quest’aula. Infatti, abbiamo presentato diversi emendamenti su questo tema, proprio per puntare sull’innovazione dell’assistenza farmaceutica, quindi ad esempio andando ad aggiornare il PDTA, i programmi che prevedono la presa in carico di varie patologie. Possiamo fare l’esempio della sclerosi multipla: il PDTA della sclerosi multipla è fermo al 2015, quando nel frattempo la rete sanitaria, le possibilità farmaceutiche sono cambiate totalmente. Chiediamo quindi un aggiornamento su questo, non solo ovviamente sulla sclerosi multipla, ma per fare una rivalutazione totale anche su questo fronte.

Ma chiediamo un cambio di passo anche sull’acquisto dei dispositivi medici, come dicevo prima anche macchinari ad alto costo. Faccio un piccolo esempio: ci risulta che alcune Regioni applicano dei criteri nel momento in cui vanno ad approvare le gare per l’acquisto, che prevedono anche l’aggiornamento durante il servizio di questi apparecchi del software e dell’hardware, in modo da andare a ottenere risparmi senza interrompere servizi ai cittadini, come sulle risonanze magnetiche. Pensiamo di andare a cambiare la componentistica andando ad inserire, ad installare componenti più avanzate nel corso della vita di questo macchinario, senza doverli cambiare e comprarli nuovi tutte le volte. Anche questo potrebbe essere uno spunto da portare avanti e da inserire e integrare in questa visione incentrata sull’innovazione.

Un’altra proposta che abbiamo presentato riguarda il laboratorio analisi. Anche questo è un tema molto sentito, soprattutto nei territori più periferici. So che ad esempio molti sindaci, anche di Centrosinistra, dell’Appennino, sono molto preoccupati su questa tematica. L’assessore Donini ha annunciato una vera e propria riforma gestionale di questi soggetti, puntando molto su nuovi macchinari, mandando a depotenziare ciò che c’è a livello territoriale, e soprattutto depotenziare il tessuto di professionisti che c’è a livello territoriale.

Noi quindi chiediamo in sostanza, viste proprio queste preoccupazioni, di elaborare un Regolamento chiaro, che preveda ad esempio un’adeguata formazione di quel personale, garantendo così un servizio efficace, andando a sedare tutte quelle preoccupazioni che a livello territoriale, come dicevo prima, ci sono eccome, anche tra le fila dei sindaci di Centrosinistra.

Poi, anche per quanto riguarda il capitolo “Rafforzare la prevenzione”, contenuto sempre nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, abbiamo ritenuto opportuno inserire un tema che in parte è già stato affrontato in Commissione, ma abbinato al pacchetto bilancio. Stiamo parlando di quella proposta che tanto ha fatto discutere, anche impropriamente, prendendo atto delle dichiarazioni che abbiamo letto e che abbiamo sentito. Parliamo, infatti, del tema della salute riproduttiva, che è un tema che è contenuto anche nel Piano prevenzione regionale. Quindi, c’è poco da sorridere. È un tema importante, che è previsto da un Piano regionale, quindi approvato anche dalla maggioranza, che oggi evidentemente si diverte su questa tematica, ma che è importante ed è da affrontare.

In Commissione ne avete dette di tutti i colori, anche con comunicati stampa. Avete detto che è una proposta contro le donne, che era sbagliato legare questo tema alla natalità. Ecco, con questa nostra riformulazione abbiamo scremato la nostra proposta da tutte queste contestazioni che avete avanzato. Oggi vi inventerete qualcos’altro per bocciarlo, immagino. Però, noi continuiamo ad essere convinti che sia opportuno, proprio per andare in questa direzione di un obiettivo contenuto anche nel Piano regionale di prevenzione, introdurre uno screening destinato agli uomini e alle donne proprio sulla fertilità, volontario ovviamente. Nessuno è obbligato a far nulla. Ma crediamo che sia una possibilità e un’opportunità che come Regione dovremmo garantire alla nostra popolazione, se davvero vogliamo raggiungere questi obiettivi che ci proponiamo anche con i nostri piani regionali. Altrimenti, veniteci a dire che senso ha introdurre queste tematiche all’interno dei piani che parlano di prevenzione se poi fattivamente non portiamo avanti delle proposte che possono portarci in questa direzione.

In ultimo, ne approfitto di questo tempo che ho a disposizione per illustrare anche un ordine del giorno che ho abbinato, a mia prima firma, alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, e l’ho collegato prendendo spunto dal capitolo “La sanità a misura di cittadino”. C’è un capitolo denominato così. Ebbene, all’interno di questo ordine del giorno trattiamo il tema del parcheggio in ospedale. Il tema dei parcheggi gratuiti in ospedale è un tema che abbiamo già affrontato qualche mese fa, fece borbottare anche un po’ il presidente Bonaccini, perché - me ne rendo conto - fu una sua promessa che ancora oggi non è stata mantenuta.

All’epoca, il consigliere Costa, durante la fase di dibattito (lo ricordo benissimo) ci disse che erano in corso comunque dei tavoli regionali a livello aziendale per elaborare delle proposte, riteniamo opportuno che sia giunto il momento di chiudere un po’ il cerchio, stringere i tempi e cercare di capire, comprendere in che modo ci stiamo muovendo.

Questi sono gli obiettivi che ci poniamo con queste nostre proposte, sia emendamenti sulla Nota di aggiornamento al DEFR e un ordine del giorno, con l’unico obiettivo di cercare di migliorare la proposta politica e di indirizzo che, a quanto pare, ad oggi è totalmente insoddisfacente.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Se c’è qualche altro collega che vuole intervenire in discussione generale, altrimenti chiedo alla collega Pillati se vuole intervenire. Prego, consigliere Pelloni.

 

PELLONI: Grazie, presidente.

Solo per la presentazione degli emendamenti. Quindi, non interverrò come i miei colleghi, che sono già stati abbastanza esaurienti sull’intero tema. Ripropongo una cosa che ho già sollecitato più volte. Qui non siamo neanche alle promesse, siamo a degli atti programmatici chiari, che avevano anche delle scadenze, avevano un cronoprogramma, non avendo trovato in questo bilancio l’esecutività a quanto concordato e votato in quest’aula, devo riproporlo, però sperando di avere un riscontro positivo e soprattutto una tempistica che verrà rispettata.

Può accadere che qualche tempistica non venga rispettata, però almeno una spiegazione sul perché sarebbe doverosa. Mi riferisco al tema dell’IRAP alle ASP. Abbiamo già avuto diversi documenti programmatici nelle varie Note, dove alla fine del 2022 doveva arrivare una proposta non più programmatica, dichiarativa o promessa, ma un atto concreto di compensazione non solo tramite vari fondi, ma una compensazione proprio nell’imposizione fiscale che le aziende pubbliche di servizi alla persona oggi hanno, con un 8,5 per cento di IRAP, in parte compensato con dei fondi che spesso arrivano a fine anno. Abbiamo contestato più volte sui bilanci sanitari la mancanza di programmazione. È chiaro che non aiuta neanche i bilanci “sociosanitari”, la programmazione delle ASP che imparano normalmente da metà anno verso fine anno quali sono effettivamente le compensazioni legate all’IRAP.

Oggi le aziende pubbliche pagano un 8,5 per cento di IRAP. Il privato, se ha personale a tempo indeterminato, zero; non “0,” ma proprio 0. Capite bene che da una Regione che ha una Giunta che continuamente dichiara “vogliamo il pubblico, vogliamo il pubblico, incentiviamo il pubblico”, qua il privato è quello privilegiato e il pubblico è quello che ha un balzello, un onere abbastanza importante.

Ci aggiungiamo che dopo il Covid, dopo tutto quello che c’è stato, ovviamente sulle aziende di servizi alla persona gravano anche, ovviamente, quelli che sono tutti i vari costi energetici importanti, quindi, ripeto, per una programmazione importante, ma con impegno preso nella passata legislatura, preso in campagna elettorale, preso ufficialmente in quest’aula con un emendamento uguale a quello che sto presentando oggi, che aveva anche una data, e inizialmente era la data di fine 2021, poi ci è stato chiesto 2022, andiamo alla fine del 2022; siamo alla fine del 2022, e salvo che la Giunta non arrivi con un provvedimento d’urgenza entro la prossima settimana credo che questo impegno sia disatteso.

Ripropongo quindi il tema che già in questo bilancio ci possa essere, l’ho messo come emendamento alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale, che visti gli obiettivi che si erano già dichiarati, già espressi, in un qualche modo si arrivi ad un’esecutività di quanto detto. Questo è il primo emendamento.

Quanto al secondo emendamento, su questo non era stata trovata un’intesa collegiale (spero che si possa arrivare almeno ad una intesa parziale): è il tema delle borse di studio e delle specializzazioni, vista la carenza cronica di personale medico, visto l’investimento. E qua è un riconoscimento che diamo all’Assemblea e che diamo alla Giunta, visto che Regione Emilia-Romagna sulle borse di studio più di altre Regioni spende, credo che sia doveroso che personale che è stato formato grazie ai soldi esclusivi degli emiliano-romagnoli possa almeno, come avviene anche per il personale del pubblico impiego dei Comuni e quant’altro, dove si mette un limite di tre, quattro o cinque anni, che nel momento in cui si è avuto accesso alla borsa di studio dopo, quando si passerà a tempo indeterminato, per quattro o cinque anni… Qua nell’emendamento si scrive “pari alla durata del corso che si è fatto”, visto che i corsi di specializzazione hanno durate diverse, quindi almeno pari al corso che si è effettuato. Quindi, tanto investe Regione Emilia-Romagna tanto c’è un “dovere”, non solo morale, di riconoscimento in termini di lavoro effettuato.

Sono due piccoli emendamenti, che comunque hanno una portata, uno, significativa per quanto riguarda il poter trattenere chi formiamo e, l’altro, certamente di equità, perché se nel sociosanitario il privilegio ce l’ha il privato capite bene che allora mandiamo un messaggio molto chiaro a tutti i Comuni che conviene esternalizzare. Allora, smettiamola di fare alcuni ragionamenti o della retorica sul pubblico e quant’altro. Il sociosanitario sappiamo che è una componente estremamente importante, collegata anche al tema salute, anche al tema sanitario, e quindi dobbiamo vedere nell’insieme, altrimenti non ci può essere un settore completamente non dico non considerato, ma che non abbia la possibilità di programmare questi servizi.

Vado avanti oltre, anzi sono già stato più lungo di quello che mi ero messo in premessa. Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Prego, consigliere Evangelisti.

 

EVANGELISTI: Grazie, presidente.

Interverrò su questo documento che ci è stato consegnato, questo corposo documento, che credo valga la pena sia esaminato non soltanto riguardo alle proposte, agli emendamenti dei lavori d’aula, ma anche per rendere onore a chi ci ha lavorato, quindi facendo riferimento anche ai contenuti.

Nella prima parte di questo documento vi è una descrizione sintetica dello scenario nazionale e internazionale rispetto alla situazione economica e troviamo l’elenco dei documenti. La parte generale fa spesso riferimento al programma di mandato del presidente Bonaccini 2020-2025 e, rispetto ad esso, notiamo una sorta di disallineamento. Si parla di investimenti, ma, scorrendo la tabella che ce li elenca, si può evincere che rispetto a questi investimenti l’unica contribuzione aggiuntiva, cioè la Regione mette qualcosa in più soltanto quando si fa riferimento ai 400 che riguardano i finanziamenti europei.

Questo trend positivo di cui si fa menzione è quindi strettamente correlato a questi fondi, e questo va detto.

Compatibilmente con il tempo che ci è stato assegnato, affronterò alcune tematiche per noi importanti. Di sanità abbiamo parlato molto in riferimento a questo documento e anche ai documenti collegati, abbiamo appreso come la Regione sia intervenuta sul bilancio sanitario con risorse proprie, con risorse straordinarie per quasi 1.500.000 euro nel 2021-2022.

Il bilancio è stato dotato di ulteriori 100 milioni, oltre ai 120 milioni che erano già stati riconosciuti. Abbiamo ascoltato in Commissione questa espressione “sono stati messi i soldi anche dal bilancio extra sanitario, quello ordinario, sforzi atti a garantire l’universalità del servizio”. Noi vorremmo dire per noi sforzi davvero necessari e doverosi per scongiurare il dissesto.

Il segnale d’allarme, lanciato dalla Corte dei Conti nel luglio 2021, ha definitivamente messo a nudo la situazione e certificato che era necessario intervenire con misure straordinarie a legislazione vigente.

Entrando nel dettaglio degli investimenti, 2 miliardi riguardano per lo più il Piano di riordino della geografia sanitaria. Lo abbiamo detto e vogliamo riaffermare oggi a gran voce che non ci convince, non abbiamo supportato questo tipo di progettualità, non lo faremo, auspichiamo un cambiamento di rotta da parte dell’Amministrazione anche regionale e speriamo che nella stessa direzione vada il Governo nazionale, secondo quanto il ministro Schillaci ha già rappresentato.

Crediamo (ne troviamo ampia dimostrazione nella parte dedicata dal NADEF all’edilizia sanitaria) che si continuerà a creare scatole che rimarranno vuote, senza professionisti, senza risolvere i problemi della medicina territoriale. Secondo noi, viene da lontano la malattia che colpisce l’ambito della sanità in Emilia-Romagna. Qualcuno in Commissione – non me ne voglia – ha detto che non è forse giusto oggi chiedersi quali siano le cause e chi siano i responsabili. Per noi è profondamente sbagliato: è sbagliato e non ne vogliamo fare soltanto una battaglia politica. È sbagliato, perché se non si conoscono le cause non si comprende perché la situazione oggi è così. Non si possono spiegare gli effetti, trovare cure e correttivi. Ma soprattutto, si tende a credere che il progetto, quello che ci viene illustrato in questo plico in materia sanitaria sia quello corretto, e così non è per noi.

Lo ribadisco, l’abbiamo detto in Commissione, lo vogliamo ribadire: che cosa non ha funzionato? Non ha funzionato che dal 2012 ad oggi, per dieci anni di Governo, siano stati molti i tagli alla sanità: 41 miliardi. E in che cosa si è tradotto questo? In 70.000 posti di lavoro in meno negli ospedali, 197 ospedali in meno, 5.700 medici, 11.700 infermieri, 46.000 dipendenti nel sistema nazionale. Sono dati che proprio la Regione ha fornito qualche mese fa al nostro Gruppo.

Questi 41 miliardi di tagli non sono stati casuali, sono stati frutto di scelte politiche, quindi oggi è corretto valutare di cambiare direzione, come noi avremmo voluto fare e avremmo voluto che si facesse, e così non è. Non è casuale quindi un buco di bilancio pari a 589 milioni sul bilancio sanitario per l’anno 2022, che non è stato spiegato compiutamente, che non può essere giustificato soltanto col rincaro dell’energia e il rimborso spese per la gestione Covid.

La politica secondo noi è fatta di scelte e di responsabilità, e questo sarebbe il momento per porvi rimedio. Quindi lo vogliamo dire che il Partito democratico ha tagliato negli ultimi dieci anni 41 milioni in Italia, lo vogliamo dire che è stata una scelta politica, che nel 2022 ha speso oltre 35 milioni per il reddito di cittadinanza.

Noi vorremmo un ripensamento, vorremmo scelte completamente diverse. Cito anch’io, è stato fatto diverse volte, ma lo cito perché la risposta non è stata data, una frase che è stata ripetuta spesso: “sono stanca di questo schifo, questo è solo l’ultimo episodio, questa è una gestione della cosa pubblica che non condivido”. Le parole dell’allora direttore generale a cosa facevano riferimento? Non lo abbiamo saputo compiutamente; proviamo a fare delle ipotesi: forse al fatto che negli ultimi tre anni in Emilia-Romagna sono stati tagliati 2.904 posti-letto, 242 nella provincia di Bologna; le Regioni Emilia-Romagna, Lazio e Toscana hanno il primato di questi tagli, che non portano, l’ho detto in Commissione, e per onestà lo ripeto, la firma di questo assessore, che però ci sono, quindi la verità sui tagli alla sanità sta nei numeri. Diciamo che la virtuosa Regione Emilia-Romagna si è distinta in questo caso in negativo, e ne ha dato atto di questo anche la Corte dei conti, che rileva come ancora manchino posti letto. Inoltre, abbiamo un debito delle Aziende sanitarie elevatissimo, che andrebbe, anch’esso, spiegato.

Mi soffermo, perché è parte di questo programma, sul tema dei medici di emergenza-urgenza e sulla riorganizzazione dei pronto soccorso. Separare i percorsi dalla vera emergenza-urgenza rispetto ai percorsi delle piccole contingenze medico-generalistiche o mono-specialistiche trova oggi il nostro compiacimento. È stato affermato che così si farà, speriamo che la direzione sia questa. Noi riteniamo che sia giunto il momento di riattivare realmente il ruolo unico di assistenza primaria. È ovviamente una sorta di consiglio che traduciamo e cerchiamo di inserire in questo documento. Lo si farebbe con un ritardo di appena vent’anni rispetto alla relativa delibera regionale.

Oggi i medici della ex continuità assistenziale ricoprono un ruolo unico con la medicina di famiglia e possono essere inseriti nei nuclei di cure primarie e gestire ambulatori diurni di supporto alle piccole contingenze, a cui oggi la Regione non ha voluto dare seguito. Per il suo tramite, assessore Donini – l’abbiamo riconosciuto in Commissione e lo facciamo oggi –, sono stati avviati diversi corsi di formazione, che tuttavia il suo apparato regionale e quello aziendale hanno gestito con lentezza. Quindi, questi corsi che dovevano finire entro l’anno sono partiti, di fatto, a fine novembre, inizio dicembre. Parlo sempre dell’emergenza-urgenza. Lo abbiamo rilevato nell’audizione urgente che abbiamo richiesto e ci siamo stupiti – lo ribadiamo – del perché la Regione Emilia-Romagna non eserciti il proprio potere di controllo rispetto a quei fabbisogni dichiarati dalle Aziende e a quelli reali dei territori. Per noi già oggi serve prevedere nuovi bandi e avviarne ulteriori, visto che alla fine rispetto a quelli indetti la capienza c’è stata.

Il sistema 118 deve essere messo in grado, quindi, di rispondere capillarmente per noi alle esigenze del territorio e la gestione deve essere indipendente dal pronto soccorso. Questa è una battaglia che porteremo avanti, e non soltanto oggi.

Vorrei molto velocemente soffermarmi anche sul depotenziamento dei servizi, uno tra questi il laboratorio analisi o procedura POCT, che è stata testé menzionata. È una procedura che si è deciso di applicare in diversi territori della Provincia, in diversi presìdi ospedalieri della Provincia. Abbiamo citato di recente un parere autorevole, perché proviene da un organismo competente, il quale ci dice che l’utilizzo di questi POCT non è sostitutivo del sistema di laboratorio analisi.

Su questo, assessore, visto che questo parere è stato ricevuto anche dal direttore dell’azienda, noi chiederemo alla Regione davvero un ripensamento, perché crediamo che ci siano anche degli aspetti in termini di responsabilità.

Quando parlate di razionalizzazione anche nelle pieghe di questo documento, quindi di razionalizzazione ai fini del risparmio, noi pensiamo in realtà che si voglia tagliare, non siamo in malafede, ma lo riscontriamo sempre nelle pieghe di questo plico che ci è stato consegnato.

Non sempre alla rimodulazione consegue il risparmio, e lo spiego. Nel presidio ospedaliero, ad esempio, di Vergato, oltre alla rimodulazione POCT, risultano altre pratiche che secondo noi portano non risparmio, ma soltanto tagli. Mi riferisco al percorso Gastropack, che non è eseguibile per la parte della colonscopia, se non mediante trasporto ad altro presidio ospedaliero, e la stessa pratica è utilizzata per la TAC, cioè si trasportano i pazienti altrove.

Vorrei parlare delle liste d’attesa, vorrei parlare del payback, ma è già stato fatto prima, quindi diciamo che, per quanto riguarda l’aspetto della sanità, confido in un ripensamento della visione generale.

Concludendo questo tema, vorrei fare un accenno al Fondo per la non autosufficienza. Ho letto pochi giorni fa che “nella riunione di oggi, nella Conferenza territoriale sociosanitaria metropolitana, è emersa la forte preoccupazione da parte dei sindaci del territorio rispetto al finanziamento del Fondo per la non autosufficienza da parte della Regione per il 2023. Si parla di 2,7 milioni di euro che occorrerebbero in più per Bologna e per i Comuni della Città metropolitana”. Questo comunicato non è firmato da Qui Quo e Qua, ma è firmato dal sindaco metropolitano, è firmato dai vicepresidenti della Commissione Territoriale e Sociosanitaria, Ferranti e Panieri. Avevamo capito altro. Avevamo capito che non c’erano problemi, e che anzi ci sarebbe stato un importo corrispondente alle richieste dei sindaci, proprio a fronte di interlocuzioni che c’erano state. L’assessore annuisce, però questo comunicato è grave: se c’è il confronto tra le Istituzioni, vuol dire che non è un confronto che ha portato risultati, se stiamo a quanto è scritto. Ma aspettiamo smentite. In una parte corposa di questo documento troviamo una sezione dedicata al riordino istituzionale. Sul riordino istituzionale leggiamo considerazioni che per noi non attengono assolutamente alle realtà che vivono i Comuni. Sarebbe auspicabile intanto una revisione della legge Delrio, che speriamo il legislatore nazionale prenda in seria considerazione. Una cosa però la dobbiamo dire: il riordino istituzionale anche della Regione Emilia-Romagna non ha portato i frutti sperati. Le fusioni dei Comuni hanno per noi annullato le identità territoriali, sono servite nella maggior parte dei casi a sanare bilanci in crisi, oltre che ad eliminare qualche amministratore di colore opposto, non eliminando certamente gli sprechi, non riducendo le spese.

Ci piacerebbe leggere, ma non è possibile, in merito, i dati dell’Osservatorio regionale: non è possibile perché quelli più recenti arrivano all’anno 2019 e alcuni Comuni hanno depositato relazioni, altri no. L’ultima seduta risale al 2016.

Lo stesso dicasi per le Unioni, già poco chiare ai cittadini, ma rispetto alle quali tutti hanno ben chiaro come non abbiano certo contribuito a migliorare la qualità dei servizi, soprattutto per coloro che abitano i Comuni più disagiati: “chi sarà in Unione avrà, chi sarà fuori dall’Unione non avrà”, disse allora un amministratore della Regione Emilia-Romagna. Anche chi è stato in Unione non ha poi tratto questi vantaggi che erano stati annunciati.

Vogliamo ricordare, visto che la parte del riordino istituzionale è così corposa che la Corte costituzionale il 7 dicembre 2021 con la sentenza n. 240 ha statuito come sia ingiustificato il diverso trattamento degli elettori residenti nel territorio della Città metropolitana rispetto a quelli della Provincia, e per l’elezione diretta del sindaco e per l’elezione degli amministratori. Lo dico consapevole che ora c’è un legislatore nazionale che dovrebbe provvedere, ma lo dico anche, come avevo già detto un anno fa in Comune a Bologna, pensando anche dal punto di vista giuridico, che forse sugli atti che nelle more si stanno sottoscrivendo, anche atti che riguardano anche progetti europei, una riflessione andrebbe fatta.

Per quanto riguarda l’accordo straordinario sulla montagna troviamo 13 milioni per le tre annualità, come per la rivalorizzazione dei beni pubblici della costa, ripetuti per le tre annualità i 44 milioni. Nella parte descrittiva, però, che accompagna queste tabelle nulla si dice, parlando di montagna, ad esempio, di azioni congiunte di sostegno e promozione per le stazioni sciistiche di Corno alle Scale e Cimone, facendo riferimento agli impianti tosco-emiliani, ma senza fare diretto riferimento a come e soprattutto ad un ipotetico collegamento che dovrebbe essere in progetto. Non possiamo che essere contenti, ovviamente, dell’impegno assunto dalla Regione, che traspare meno in questo documento e più in altri, per rilanciare il nostro Appennino, se appunto ci sarà.

Credo, però, che, oltre ad annunciare progetti, le Istituzioni debbano operare un cambio di rotta rispetto a quei territori di mentalità. Non si deve più pensare all’Appennino in un’ottica emergenziale. Le strade, ad esempio. L’assessore Taruffi ha annunciato che nel 2023 ci saranno 11 milioni di euro a disposizione dei Comuni per la manutenzione delle strade, come un fatto straordinario. Purtroppo per certi aspetti lo è. Ma la manutenzione delle strade secondo noi deve diventare qualcosa di ordinario, di normale amministrazione. Certamente gli 11 milioni aiuteranno, ma non saranno sufficienti per tutto quello che c’è da sistemare in Appennino. Con questo non voglio dire, assessore, che l’iniziativa non sia lodevole o degna di nota, ma nemmeno la si può annunciare come se fosse la risoluzione di tutti i mali che affliggono la viabilità in montagna. Per quello che mi riguarda, è il minimo dovuto ai territori che troppo a lungo sono stati dimenticati e che si vogliono rilanciare.

Quello che, invece, andrebbe fatto è rendere strutturali e costanti questi interventi, agendo prioritariamente sulla prevenzione, senza attendere che le strade franino e vengano chiuse, per poi essere riaperte molti anni dopo. Da questo punto di vista guardiamo con molto interesse al Piano del dissesto idrogeologico. La Regione ha annunciato interventi per 57 milioni di euro e 227 già programmati. Intendiamo vigilare su questo. Così come auspichiamo un coinvolgimento di tutte le forze politiche quando si tratterà di varare, grazie ai fondi europei, quelle misure di innovazione e turismo sostenibile, i cui criteri andranno certamente definiti.

Su tutti questi temi saremo attenti per far sì che queste risorse vengano effettivamente impiegate nel modo migliore, per fare scelte che consentano di vivere in montagna, ma rappresentino anche un’attrattiva per il turismo.

Per quanto riguarda l’ambiente l’abbiamo detto, siamo preoccupati per la diminuzione dei fondi a difesa di ordinanze e i piani di protezione civile. Per quanto riguarda le infrastrutture, ne parleremo negli interventi successivi, vediamo che gli interventi si aggirano attorno ai 7,2 miliardi, riguardano il territorio regionale e tutto l’apparato del trasporto locale autostradale, aeroporti, ferrovie e porti.

Registriamo un ritardo rispetto al completamento di alcune opere, su opere in progetto ovviamente auspichiamo una revisione del PRIT o comunque infrastrutture che colleghino anche la parte sud del comprensorio bolognese sul passante che, come ha detto l’assessore Calvano, comunque non di completa competenza della Regione Emilia-Romagna, che avrà ripercussioni sul nostro territorio.

Avendo evidenti contatti in questo periodo con ASPI, ci permettiamo di porre l’attenzione sulla fase n. 2. Ovviamente il passante resta un’opera per noi non satisfattiva, sbagliata, ma, siccome è stata presentata questa fase n. 2, quella relativa agli interventi in qualche modo compensativi, come la fase risolutiva, a noi non risulta.

Ci preoccupa il contenzioso legale anche a fronte della risposta che è stata fornita dalla Regione, ci preoccupa la situazione delle società partecipate. Rispetto ad una società in attivo come TPER ci viene da sottolineare, anche se non di stretta pertinenza della Regione Emilia-Romagna, come da gennaio 2023 i costi dei biglietti aumenteranno. Riserveremo una riflessione sul lavoro in ordine all’illustrazione di un nostro ordine del giorno, mi soffermo molto velocemente sul tema della cultura. A pagina 57, nella tabella per interventi su sedi di spettacolo viene imputata per l’annualità 2023 la somma di 12.070.000 euro. In questo momento ci pare doveroso, assessore Felicori, portare alla sua attenzione l’incresciosa situazione dei lavoratori del Teatro Comunale, che da più di un mese vivono uno stato di agitazione. Il tema del Teatro Comunale è citato nel suo programma, credo che per lei sia un tema caro e le chiediamo di farsi carico di dirimere questa situazione, che probabilmente a qualcuno è sfuggita di mano.

Concludo evidenziando come questo documento sconti necessariamente le difficoltà del momento, ma come sia anche frutto di scelte programmatiche trascorse, passate, che non sono con condivisibili. Non potete dire, a differenza magari del Governo nazionale, che prima di voi c’era qualcun altro. In Emilia-Romagna non è così.

Riteniamo quindi che un po’ di autocritica servirebbe a rivedere scelte per noi sbagliate almeno in settori di particolare importanza.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Colleghi, chiedo un po’ di silenzio, sennò non si sentono bene gli interventi.

Prego, consigliere Bargi.

 

BARGI: Grazie, presidente.

Con questo intervento, vorrei tornare sui temi un po’ più di carattere generale rispetto a una Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale che ovviamente deve anche darci uno spaccato socioeconomico di quello che sarà il futuro, in questo caso della Regione, ma che si aggancia inevitabilmente in maniera forte al Documento di finanza nazionale e alla situazione che stiamo vivendo.

Ci sono concetti con i quali ormai ci eravamo abituati a non avere a che fare: inflazione, recessione ed industrializzazione, concetti che di fatto avevamo lasciato al passato, convinti, in un periodo storico di particolare benessere, di non doverci più avere a che fare.

Purtroppo ci pensa, come spesso accade, la realtà a svegliare dalla sbornia del Bengodi. Andiamo verso un periodo storico veramente difficile, qualcuno potrebbe dire a livello globale, ma io noto una difficoltà maggiore proprio in questo continente – non dico neanche in Occidente, dico proprio in questo continente – a sapersi raffrontare con quello che sta succedendo.

Sicuramente, abbiamo dimostrato tutta la nostra fragilità come organismo europeo. È di questi giorni il cosiddetto “Qatar-gate”, che di sicuro ci mostra un lato che a me personalmente non ha nemmeno sorpreso. Capisco che faccia scalpore beccare qualcuno con una valigia piena di soldi; ma il rapporto che ha il mondo lobbistico con una realtà non ben definita com’è la struttura europea, che tanto influenza i governi, ma che ha poco controllo da parte del basso, non mi sorprende più di tanto.

Il vero tema sarà capire come mai scoppia ad orologeria questa indagine, e in che modo noi ci rapporteremo sul tema delle forniture del gas, considerando che quel Paese è il principale fornitore di gas, è il più grande deposito di gas al mondo, e ENI solo a luglio era entrato nella cordata. Sarà interessante, quindi, capire come ci porremo adesso, visto che si volevano eliminare le dipendenze. Non è che andiamo a eliminarne troppe e poi dobbiamo fare senza gas. Mentre noi soffriamo su questa tematica ormai ben conosciuta, ovviamente il nostro principale, perché così purtroppo dobbiamo definirlo, ovvero gli Stati Uniti, vara una manovra da 370 miliardi di dollari di sgravi fiscali e sostegno al mondo delle imprese che investono soprattutto nel green (automobili, batterie). Insomma, fanno esattamente quella che doveva essere la transizione green europea e l’hanno fatta in una mossa sola, con un investimento talmente cospicuo da rendere pressoché difficile, se non impossibile per l’Europa riuscire a rispondere, perché non è un’entità unica, perché è composta da varie anime, perché rispetto alla paura della dipendenza dal gas russo… Comunque, ricordiamoci che ci siamo costruiti, italiani e tedeschi in primis, negli ultimi vent’anni, ma non perché cercassimo la dipendenza, perché fosse comodo, ma perché ci sono fattori anche geografici che devono essere per forza tenuti in considerazione quando si fa politica. Non c’è solo “io voglio”, c’è anche la geografia. Se vuoi dare una risposta ai tuoi cittadini, la devi fare tenendo conto anche di questi elementi, e comodo, a basso costo, vicino, con un Paese con cui puoi trattare. Hai staccato la spina e oggi ti ritrovi ad avere il tuo principale alleato che ti fa competizione su quella che doveva essere la grande innovazione europea, di cui parliamo da 3-4 anni, ma che evidentemente facciamo fatica a mettere a terra, soprattutto con strumenti che noi avevamo criticato e giudicato già obsoleti prima ancora di entrare in campo, come il PNRR, che sta dimostrando, soprattutto per un territorio come il nostro, come se non ci conoscessimo, tutte le difficoltà di essere messo a terra. Parlo in questo caso del Paese intero, non tanto magari del “blocco nord”, che riesce a dare risultati migliori. Ma è evidente che lo strumento non riesce a darci quella via di fuga migliore.

È così che nei mercati, dove oggi noi abbiamo aziende che chiudono, in tutta Europa, metalli, fertilizzanti, che sono fondamentali per il rendimento dell’agricoltura, quindi del cibo, che rischia di diventare un altro problema nel prossimo futuro, ed è inutile andare a cercare colpe in altri Paesi, in altri leader, ma bisogna guardare anche sé stessi, entrano aziende americane prepotentemente, occupando fette di mercato che prima erano di aziende europee. Ecco, di fronte a questa difficoltà io faccio fatica a vedere oggi delle risposte. Si parla di questo fondo, questo Sovereign Fund, e vedremo se sarà in grado di dare una risposta. Si parla di liberare, di rendere più facili gli aiuti di Stato alle imprese. Sappiamo che con il debito pubblico italiano e le regole europee saremo in grado di erogare ben poco. Questo, quindi, fa temere anche di nuovo sugli strumenti che verranno utilizzati.

Fa paura che quando noi questionavamo sul Price cap (oggi qualche giornale, tra l’altro, non so perché ha plaudito al fatto che qualcosa si sia aperto nel dibattito europeo grazie all’ex premier Draghi) i tedeschi strappavano la solidarietà sul gas, quindi, se loro ne hanno, preparatevi a consegnarglieli.

Insomma, ci sono tanti elementi che purtroppo ci lasciano in una situazione dove sembra che ci sia veramente una totale incapacità di comprendere la criticità del momento storico, e, purtroppo, se il mondo cambierà, e cambierà, e non saremo pronti ad accogliere questi cambiamenti, rischieremo di essere sbalzati completamente fuori.

Perché dico questo? Perché non trovo, in realtà, dei riferimenti a questa preoccupante situazione all’interno della Nota di aggiornamento. Questo forse è il momento in cui bisognerebbe andare a rivedere scelte che vengono fatte per pianificare il futuro anche del territorio regionale, perché è vero che alla Regione non si possono imputare chissà quali possibilità o strategie, ma è molto facile dire “noi ci limitiamo a mettere a terra i soldi che arrivano da Enti sovraordinati, quindi non è colpa nostra”.

Io credo che invece un ruolo dovremmo giocarlo, anche perché poi, quando vogliamo essere i primi su altre questioni, vedo che corriamo, alle volte corriamo più veloci della normativa nazionale, poi ci tocca fare qualche passo indietro, come è successo in passato.

Anche su questi temi, quindi, sarebbe bene che la Regione cominciasse a suonare qualche sveglia, visto che ci vantiamo di essere comunque - e lo siamo, soprattutto grazie al nostro tessuto socioeconomico e produttivo - una locomotiva di questo Paese.

Ci sono alcune tematiche che noi avevamo messo in moto quando si parlava di DSR, la strategia di sviluppo regionale, e noi dicevamo “attenzione, ci sono alcuni modelli che forse sarebbe bene andare a ritoccare se vogliamo essere ancora competitivi ed esserlo in maniera anche più forte, perché questo territorio ha bisogno sì di attrarre, ma ha bisogno anche di sviluppare al suo interno capacità produttiva”, siamo forti ad esportare, ma abbiamo bisogno di dare anche un cambio alle nostre imprese, perché, se mi sapete dire qual è l’età media delle grandi imprese del nostro territorio, vi accorgerete che non bastano le dita di due mani, forse neanche dei piedi, quindi vi accorgerete che non stiamo creando un nuovo business, ma ci agganciano quelli che sono strutture antecedenti, distretti che sanno ancora rendere tanto e ci permettono di essere ancora riconosciuti a livello mondiale, ma ci stiamo adagiando sugli allori di un passato che ha bisogno necessariamente di essere rispolverato.

C’è quindi anche la tematica legata alla rete ad alta tecnologia. Mi sembrava inutile riempire di emendamenti uno strumento come il DEFR, che cerca di presentare la proposta, la visione dell’Amministrazione in carica, quindi non avrebbe senso cercare di farvi deviare dal vostro percorso, ma ci avevamo provato allora sul DSR, dicendo “attenzione, c’è tutta una serie di iniziative che si possono fare cercando di alleggerire questa transizione che c’è tra il pubblico e il privato”, cercando di coinvolgere ancora di più non tramite intermediari, Agenzie, il Cluster, il Tecnopolo, l’impresa, ma cercando di mettere a più diretto contatto col pubblico. Serve la formazione: perché non coinvolgiamo direttamente le imprese, invece che enti intermedi? Serve cercare di spingere per incubare le nostre start: perché non coinvolgiamo le aziende capi di distretto e diamo un aiuto a loro perché procedano direttamente a inglobarsele, che sicuramente hanno il senso del business decisamente superiore rispetto al nostro, e soprattutto sviluppano ciò che ritengono più opportuno?

Avevamo detto – adesso non c’è l’assessore Colla, ma sicuramente ricorderà il dibattito di allora – proprio queste parole: perché non prendiamo una torta, se facciamo 100 la torta delle risorse che finiscono all’interno di questa rete, e cominciamo a prenderne uno spicchio da 20 o da 30 e cominciamo a ragionare direttamente con il mondo privato? Lo fanno altre Regioni, non mi sto inventando niente di nuovo; lo fanno appena passi il Po, infatti c’è una capacità di attrarre superiore alla nostra. Di conseguenza, c’è una capacità anche di saper mettere in contatto il pubblico col privato in maniera più legata non intermediata. È vero, vuol dire qualche agenzia in meno, vuol dire evidentemente qualche possibilità di intervenire direttamente dentro quelli che sono dei canali che dovrebbero trovare per forza di cose un apporto importante da parte del privato; però vuol anche dire che il pubblico può continuare a controllare perché i soldi da qui vengono erogati, ma lo fa con un’interazione maggiore.

C’è un’altra tematica – su questa invece ci siamo tornati, la relatrice Catellani ha presentato anche un emendamento –: i disoccupati di lungo corso che hanno più di cinquant’anni. Noi l’avevamo presentato nel mandato precedente; l’abbiamo ripresentato in questo mandato. Ogni volta questo tentativo di voler agevolare la riassunzione, che comunque è difficile, perché il primo elemento sarebbe creare posti di lavoro, sennò non c’è reddito di cittadinanza, o strumento sussidiario che tenga, se non si creano i posti di lavoro non serve a nulla creare strumenti che permettano di superare un momento di crisi. Questo particolare elemento però ci preme perché sono tanti, sono oltre 50.000, ed era un accesso atti ormai di un annetto fa. Forse dovrei ripeterlo, ma erano oltre 50.000 gli over 50 disoccupati da più di un anno che sono iscritti all’Agenzia del lavoro e non trovano un collocamento in Emilia-Romagna, iscritti all’Agenzia del lavoro, perché poi bisogna capire quanti altri, invece, hanno scelto altre strade.

È un tema forte, un tema importante, un tema che, finché non vede un riassorbimento serio di questi numeri, dovrebbe trovare risposte in azioni strutturali da parte della Regione Emilia-Romagna. Ecco perché la risposta che è stata data l’altra volta, “adesso arriva il GOL”, che comunque si aggancia al PNRR, che comunque ha una durata limitata, che comunque è uno strumento che ha le sue tempistiche e si appoggia sempre su strutture vetuste, che hanno già dimostrato di non riuscire a mettere a lavorare queste persone, non è una risposta, perché – lo ripeto – riguarderà un periodo che, tra l’altro, come stiamo dicendo, sarà particolarmente complicato. Quindi, voglio capire in che modo i numeri stiano girando in questo senso, voglio capire questi 50.000 se, grazie ai GOL, ammesso che sia già entrato in piena funzione, stanno trovando un’occupazione.

Noi che cosa dicevamo? Diamo un sostegno. Lo fa già il Governo e lo fa coprendo metà dei contributi. La Regione potrebbe coprire l’altra metà, l’80% dell’altra metà. Troviamo una formula, anche a valere sull’FSE? Questa è una misura per la quale potremmo tranquillamente utilizzare fondi europei, che ricordo sono soldi nostri che ci tornano indietro. Non è che ci vengono regalati, non è che crescono sulle piante a Bruxelles. Con uno strumento di questo tipo potremmo agevolare molto le imprese a trovare i lavoratori, che chiaramente non è un ragazzo che ti formi, ma è la persona già formata che ti porti in azienda, che quindi ha anche molte difficoltà vista anche l’età, a riformarsi su percorsi diversi. Però, se l’azienda è agevolata e la persona ha bisogno di lavorare, perché spesso e volentieri ci sono dietro anche delle famiglie, questo potrebbe essere uno strumento che permette alla nostra Regione anche in questo caso di non essere la prima, perché purtroppo esistono già strumenti di questo tipo nelle Regioni vicino a noi, però ci permette sicuramente di dare una risposta importante, perché il problema si sta allargando. È un problema, se vogliamo, un po’ più di nicchia rispetto al classico tema della disoccupazione giovanile, che supera il 20%, quindi capite bene che sono misure molto diverse, ma è anche diverso il tipo di strumenti che ha a disposizione il giovane con la formazione rispetto alla persona di una certa età, che l’unico vantaggio che può avere per tornare nel mondo del lavoro è che l’azienda sia in qualche modo coperta dal pubblico in questo caso per riassorbirlo.

In questo senso abbiamo ripresentato l’emendamento, cercando di trovare un accoglimento per poter rivedere – lo dico in termini generali – perché, visto il periodo che abbiamo davanti, forse il prossimo anno sarebbe interessante rivedere un po’ la pianificazione del futuro di questa Regione. D’altronde, andare avanti come se niente fosse, con le bende davanti agli occhi, e un po’ questa situazione c’è anche quando sento dire “facciamo il rigassificatore, a Ravenna tutto va benissimo”, però nel contesto internazionale questo è da inquadrare in qualche maniera, perché altrimenti non è una passeggiata, ci mancherebbe altro, però bisognerà capire cosa succederà sul tema del mercato del gas, presidente, basti vedere cosa stanno dicendo i giapponesi, i contratti sul GNL sono fermi per i prossimi anni, sul lungo termine.

Ci muoveremo a spot, e a spot vuol dire che c’è speculazione, vuol dire che qualcuno ci mangia e qualcuno ci perde, quindi sarà facile per un Paese del nord come l’Olanda mangiare su un Paese sprecone come l’Italia, però o riusciamo a far invertire questa logica e serve che lo faccia anche una Regione virtuosa come questa, anche se è la prima a tirare il carro, o altrimenti saremo sempre schiacciati, e dopo è inutile festeggiare perché costruiamo il rigassificatore, perché siamo schiacciati a livello mondiale. È questo il tema, non è il rigassificatore. Bisognerà in qualche modo che questa cosa emerga e questa Regione deve esserne cardine. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Castaldini, prego.

 

CASTALDINI: Grazie, presidente. Grazie anche per la presenza del presidente Bonaccini, che non è scontata, e dell’assessore che ha seguito i nostri lavori.

In quest’aula abbiamo lungamente discusso qualche mese fa sul DEFR 2023, avendo modo di incidere, in alcuni casi, su schede e obiettivi, in altri senza riuscire a intaccare un sistema che io definisco ideologico, che sembra purtroppo inespugnabile, parlando di natalità, disabilità e fragilità.

Ci troviamo ora a discutere dell’aggiornamento del DEFR e inizia - credo - dal mio punto di vista ad esserci qualche crepa. Noto ad esempio una presenza meno consistente del Patto per il lavoro e per il clima che ci ha accompagnato in questi due anni e mezzo, che incide per due pagine e mezzo in un documento corposo, che come aggiornamento propone solo la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Magari è solo una mia impressione, ma mi pare che su questo fronte l’aria sia cambiata da qualche tempo.

Altra importante novità, citata dalla consigliera Pillati, è l’aumento importante, sul lato investimenti di 1 miliardo rispetto al DEFR 2023 e di 6 miliardi rispetto a quello 2021. Sono molto contenta di questa spinta allo sviluppo, come la consigliera l’ha descritta, noto che i segni più sono concentrati in sanità (1 miliardo in più), cultura, ambiente e infrastrutture, però mi si accende una lampadina che si collega ai settori con i segni meno del bilancio, ma anche questa potrebbe essere solo una mia impressione.

Una certezza, invece, ce l’ho ed è imponente: dopo questa sessione nessuno potrà non dirsi europeista. Questo bilancio, e il DEFR in particolare si basa esclusivamente su fondi europei. L’ho già detto nelle varie Commissioni, lo stanno ripetendo per fortuna i miei colleghi, anche quelli meno europeisti. Non voglio essere noiosa, visto che l’argomento è stato ripreso da più parti e lo ha sottolineato poco fa in aula la relatrice di maggioranza, Pillati: la scelta politica della Giunta è di concentrare i fondi del settennato nei primi tre anni. Questo in un certo senso ci dà la speranza, nel 2025, di avere una buona possibilità di vittoria, visto il bilancio in questa situazione.

Ma questa Giunta, chiaramente, sta pensando, io temo, alla sopravvivenza dovuta, necessaria, di una Regione forte, che ha un carattere sicuramente forte, ma che si basa su fondi strutturali che dovrebbero avere un respiro di sette anni. Ne hanno solo tre, senza una visione per il futuro, e forse si collega in un certo senso il discorso che ho sempre fatto tra natalità e pensare al futuro di questa Regione. L’abbiamo visto con l’ordine del giorno sulla sanità approvato la scorsa seduta in aula, che oggi ho ripreso nell’intervento di inizio seduta, perché quel modo di pensare, perché quella visione è la visione in realtà contenuta in tutto il bilancio.

Manteniamo tutto. Continuiamo a dire che tutto, giustamente, l’impostazione culturale della regione Emilia-Romagna è così e poi si vedrà. Invece mi piacerebbe poter discutere insieme del futuro. La Giunta si è regalata tre anni in cui potrà coprire buchi con fondi strutturali, ma tre anni passano in fretta, troppo in fretta.

Bisogna farsi trovare pronti: lo dobbiamo ai cittadini di questa Regione, a quelli che spettano ore ai pronto soccorso e a quelli che non riescono mai a prenotare prestazioni gratuite e sono costretti a pagare prestazioni private. Credo che anche la favola della sanità universale gratuita oggi, stamattina, grazie all’assessore Donini, in un certo senso abbia visto la prima crepa. Dobbiamo iniziare a ragionare sui nuovi modelli sussidiari di sanità, di welfare, di istruzione.

Chiedo in quest’aula al presidente Bonaccini di aprire subito gli stati generali della sanità, quelli che sono stati annunciati. Credo che sarebbe un ottimo segnale coinvolgere tutti, coinvolgere anche noi e provare a pensare a un modello di sanità che vada oltre quell’atto di indirizzo che sicuramente a noi dell’opposizione non è piaciuto perché racconta una storia vecchia ormai di 15 anni. Però, c’è sempre un però e ci sono punti positivi da cui ripartire sempre, anche in politica.

In un certo senso, allora, vorrei ringraziare per il lavoro che è stato fatto, vorrei ringraziare la relatrice di maggioranza e la relatrice di minoranza, perché su alcuni emendamenti c’è stata un’apertura. Io sono veramente felice che sia stato approvato un emendamento già in Commissione che ritengo fondamentale. Su questo, invece, cerco di elogiare il lavoro fatto dal presidente Bonaccini e dalla Giunta della Regione Emilia-Romagna per l’Ufficio di rappresentanza che noi abbiamo a Bruxelles, per il lavoro che sta facendo. Ho presentato un emendamento proprio perché nell’attuale contesto di sfide e cambiamenti la Regione Emilia-Romagna possa rafforzare il raccordo costante con le Istituzioni europee, le Agenzie europee e la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’UE. E qui ho avuto soddisfazione, nel senso che questo emendamento è già stato accolto in Commissione.

Per quanto riguarda una cosa piccola, ma che piccola non è, che riguarda proprio la nostra formazione, pensando anche alla grande attenzione che c’è sugli eventi sportivi all’interno della nostra Regione, ho chiesto di sperimentare progetti formativi personalizzati per supportare la formazione professionale degli studenti-atleti come definiti dal decreto ministeriale n. 279 del 10 aprile 2018. Come sapranno i miei colleghi, ci sono dei percorsi legati alla scuola che sono tagliati su misura sugli studenti-atleti anche per agevolare la loro partecipazione allo sport e mi sembrava strano che ad oggi non ci fossero i medesimi percorsi anche per la formazione. Ho presentato, su questo, un ordine del giorno, dopo averlo ritirato come emendamento, e mi è stato dato l’assenso a poter andare avanti con questo lavoro anche insieme alla maggioranza, per cui ringrazio anche in questo caso.

Avrei voluto e vorrei ancora, ma ci sarà modo e tempo, poter sperimentare anche progetti di un tavolo di lavoro condiviso per quanto riguarda l’università, emendamento, questo, che invece mi è stato bocciato. Però, io credo, stando almeno al discorso che ho fatto inizialmente, che un dibattito serio sui fondi strutturali, sul PNRR e su tutto ciò che l’Europa in questo momento ci sta dando e che ci permette ancora di offrire ai cittadini emiliano-romagnoli rispetto ai fondi europei sia fondamentale.

Mi riserverò di parlare di bilancio e soprattutto di sanità domani. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Piccinini, prego.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

Parliamo oggi di un documento che evidentemente è pesantemente condizionato anche dalla situazione economica che sta vivendo la nostra Regione riguardo alle mancate coperture (ne abbiamo parlato tanto) per quanto riguarda le spese legate al Covid e alla sanità, al caro energia, ma la vera novità è l’impatto negativo che questo ha evidentemente anche sul nostro bilancio.

È però un atto programmatico, quindi un atto che ha un taglio politico preciso rispetto alle politiche regionali, che a volte ci vede concordi, a volte no, nell’immaginare risposte ai problemi che ci vengono evidenziati tutti i giorni e provengono dalla società civile.

Mi concentrerò quindi su due o tre temi chiave, a partire dal tema energia. Da poco abbiamo approvato il Piano energetico, anche qui abbiamo detto che ci sono luci e ombre che ritroviamo anche all’interno del documento oggi in discussione, luci, e voglio citare ancora una volta la legge sulle Comunità energetiche, che è uno strumento innovativo. Questa Regione ha buttato il cuore oltre l’ostacolo nel fare il primo bando, utilizzando i fondi del FESR, a normativa nazionale ancora non definita completamente, per andare a finanziare l’avvio delle comunità energetiche.

Più che pensare di andare a modificare quella legge, bisognerebbe pensare a fare una battaglia rispetto alla bozza di schema di delibera dei decreti attuativi, che contiene delle criticità importanti, che potenzialmente potrebbero andare a limitare e ostacolare la diffusione di questo strumento.

L’ho già detto e torno a dirlo: non mi vede favorevole un intervento rispetto a quella legge, ma sono certa che avremo modo di parlarne anche oggi in maniera esaustiva, perché penso che toccare quella legge anche con un ordine del giorno che non vada a inficiarla direttamente, ma con un impegno politico, sia assolutamente un errore, perché a tutte le iniziative a cui partecipo nessuno mi chiede complicazione rispetto a quella legge, ma tutti vogliono semplificazione, e soprattutto perché siamo in una fase di avvio, come dicevo, dove ancora ci sono elementi che devono essere definiti molto bene a livello locale, quindi è inutile che andiamo a complicarci la vita, soprattutto senza motivo, con la nostra legge regionale.

Ci sono poi delle ombre, e cito il tema del rigassificatore, che è stato più volte tirato in ballo. Lo chiamo rigassificatore 1, perché non sappiamo se questa Regione si accontenterà di quello che sta arrivando qui a Ravenna o se dovremo prendere anche quello di Piombino. Io quindi metto le mani avanti.

Lo dico perché nel dibattito pubblico ho sentito un certo silenzio, quindi la mia preoccupazione è evidente rispetto a questo. Ma lo dico anche perché, è cosa nota, su Ravenna si sta puntando molto per far diventare quel sito un hub del gas. Visto che il rigassificatore di Piombino dopo tre anni prenderà il largo, non vorrei che in qualche modo casualmente arrivasse poi sulle nostre coste. Penso che ci sia un tema di transizione ecologica che va affrontato, e sicuramente non va affrontato con tecnologie che puntano sulle fonti fossili, che sappiamo quanto impattano sul nostro clima. Mi piacerebbe quindi in questo senso che venisse fuori una posizione dalle parti politiche che compongono questa maggioranza, perché su questo tema io non ho sentito nulla e sono particolarmente preoccupata.

Questo vale anche per le trivelle. Ne abbiamo parlato tanto, c’è un tema di subsidenza, c’è anche il tema di mettere a rischio anche il delta del Po. Sono tutti temi, questi, che a mio avviso vanno ad accentuare la contrapposizione tra clima e lavoro che il Patto che è stato stipulato in questa Regione dovrebbe invece tenere insieme. Poi c’è il tema della sanità, ci sono criticità evidenti che tutti quanti noi tocchiamo con mano. Conosciamo la mancanza del personale sanitario, le liste di attesa infinite. Io ci voglio aggiungere anche gli screening, gli screening sui tumori che hanno una diagnosi di un mese. Bisogna attendere un mese per sapere l’esito di uno screening sui tumori.

È evidente allora che dobbiamo intervenire in maniera assolutamente urgente. Purtroppo pare anche che le notizie che arrivano dal nazionale rispetto alla battaglia che io voglio riconoscere all’assessore Donini non siano particolarmente confortanti. Evidentemente, in questo senso mi pare ci sia una volontà da parte della Destra che governa questa Regione di aprire in qualche modo le porte al privato. Con questa pandemia abbiamo visto quanto sia stato pericoloso investire così tanto sulla sanità privata. La Lombardia, da questo punto di vista dovrebbe averci insegnato qualcosa; evidentemente, purtroppo, non è così.

Dal mio punto di vista abbiamo un altro rischio davanti, cioè che alle risposte che non abbiamo dato prima, agli strumenti e alle iniziative che non abbiamo messo in campo prima oggi dobbiamo rispondere, qualcuno chiede di rispondere con il MES sanitario. Allora, io su questo ho presentato un emendamento, perché sapete che il Movimento 5 Stelle è da sempre contrario a questo strumento, perché parliamo di prestiti che incidono sul debito nazionale rispetto a un accordo che ci vincolerebbe a misure rigide e ad aggiustamenti fiscali che rischiano di minare la nostra autonomia. Anche qui mi piacerebbe capire, invece, dalla parte del Centrodestra che cosa vogliono fare rispetto alla ratifica di questo strumento. Ma nel mio emendamento chiedo che non si acceda, appunto per i motivi che citavo prima, al MES. Evidentemente ci vede, questa tematica, su una posizione totalmente contrapposta rispetto alla volontà di questa maggioranza.

Io, però, ho fatto una richiesta che riguarda la nostra situazione economica che impatta sulla sanità e sul bilancio regionale, ovvero che si eviti o si cerchi di toccare il meno possibile il sociale, perché non possiamo andare a penalizzare le persone già fragili. Anche rispetto ai chiari di luna che vediamo a livello nazionale, di un Governo che vuole smantellare il reddito di cittadinanza e che ce l’ha con le fasce più fragili della nostra popolazione, è evidente che la risposta di questa Regione non può essere quella di andare a toccare proprio quelle voci di bilancio, perché ci sono persone che non ce la fanno, ci sono persone che rischiano da ogni punto di vista di rimanere indietro, e rischiano quando parliamo di transizione ecologica ed energetica, ma rischiano anche dal punto di vista sociale. Io avevo sottolineato l’importanza di intervenire – anche qui non se ne parla mai –, quando si fa riferimento al caro-bollette, a favore di quelle persone che sono costrette a vivere in dipendenza da macchinari alimentati ad energia elettrica, a cui evidentemente non puoi chiedere di ridurre l’energia o il riscaldamento, perché quelle sono spese per loro non comprimibili. Evidentemente non si sta facendo nulla o quasi nulla per intervenire rispetto a questo, come rispetto a un dialogo che con le multiutility ci deve essere rispetto a una responsabilità di cui, a mio avviso, si deve far carico la politica, ma lo deve fare seriamente, e si devono far carico proprio le multiutility stesse. Mi pare che da questo punto di vista, però, non ci siano passi in avanti rispetto a questo tema.

Poi c’è una questione climatica. Ischia e quello che è successo a Ischia purtroppo è l’ultimo in ordine di tempo degli eventi drammatici che fanno seguito ai mutamenti climatici e al surriscaldamento globale. Però, se ci guardiamo intorno ci accorgiamo che forse la società e i ragazzi stessi spesso e volentieri sono molto più avanti di noi, sono molto più avanti della politica stessa e hanno soluzioni che vorrebbero anche mettere in campo. Noi abbiamo una bellissima legge che ci consente anche di coinvolgerli, al di là di quello che è stato fatto dai singoli Assessorati, che è la legge n. 15 del 2018, la legge sulla partecipazione. Peraltro, voglio dare atto rispetto anche a una novità che è stata inserita dentro a questa legge, che è appunto l’aver inserito le comunità energetiche e, quindi, andare a finanziare i percorsi partecipati sulle CER, perché sembra che la risposta sia positiva. Poi vedremo i dati, quando il bando sarà chiuso, però evidentemente c’è stata una risposta anche su questo tema.

Io penso, tuttavia, che sia necessario allargare questo strumento e fare anche un passo in più. Proprio perché la sensibilità è cambiata, la gente vuole partecipare, e noi dobbiamo metterla in condizione di farlo e anche di contaminarci e ascoltare quello che viene dalla società civile, oltre a essere noi a proporre soluzioni. Abbiamo bisogno di ascoltare molto di più, e questo ascoltare io credo possa essere tradotto nell’andare a sostenere le assemblee pubbliche dei cittadini, esattamente come sta facendo Bologna, che sta mettendo in campo un’iniziativa di questo tipo. Ci sono esempi in tutto il mondo e io credo che la nostra Regione possa, alla luce della narrazione che viene fatta nel tenere insieme clima e lavoro e nel provare, perché ci sono state delle iniziative, penso a YOUZ, nel provare a dare ascolto alle nuove generazioni, che sono coloro che in questo momento pagano il prezzo più alto. Io penso, allora, che sia utile dare loro voce attraverso queste assemblee.

In questo senso ho presentato un ordine del giorno proprio alla NADEFR che chiede alla Regione di fare questo passo importante. So che ci sono colleghi che sono d’accordo su questo, allora io penso che si possa arrivare a una condivisione di massima da parte di tutta la maggioranza e da parte della Giunta, proprio per trovare due risorse per sostenere questi nuovi modelli di partecipazione.

Io mi fermo qui. Per il momento non tocco tutto quello che c’è dentro la NADEFR perché tanto è stato anche già detto. È un documento molto articolato, però chiedo alcune risposte su questo e sul tema appunto – in qualche modo in Commissione ce lo siamo già detti – di evitare di toccare il sociale proprio perché abbiamo un Governo che sugli ultimi, su quelli più in difficoltà non sta prestando nessuna attenzione e addirittura li vuole in qualche modo colpevolizzare, e sul tema appunto del rigassificatore su cui c’è silenzio. È il rigassificatore 2, lo chiamo così, perché il primo è purtroppo già dato per certo, su cui purtroppo io, ad oggi, ho riscontrato un silenzio assordante.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Rontini, prego.

 

RONTINI: Grazie, presidente.

Quasi in chiusura di questa giornata ci tenevo ad aggiungere anch’io qualche considerazione sulla discussione relativa al NADEFR, sul tema della sanità. Durante la pandemia le Regioni hanno trovato nei medici un alleato prezioso. Sin dalle fasi iniziali dell’emergenza, la prima cosa che hanno fatto è stata ascoltarli per compiere le scelte più opportune. Assieme a loro abbiamo potuto affrontare le indubbie difficoltà del servizio sanitario del nostro Paese, che non sono connesse al Covid, ma che con la pandemia sono emerse ancora più nettamente.

Ad esempio, la mancanza di professionisti, di medici di cui si è parlato anche in quest’aula oggi pomeriggio è il frutto di una ventennale mancata programmazione. Sappiamo che per formare un medico ci vogliono anni, non un mese o due. Occorre, allora, una programmazione di medio periodo. Dobbiamo fare, insieme al sistema formativo, a livello nazionale, una pianificazione seria, partendo dai numeri per formare i medici necessari.

Con il sistema regionale noi ci siamo. Peraltro, le Regioni, l’Emilia-Romagna, integrano anche con fondi propri le borse per le specializzazioni, ma mancano risorse. Va detto con chiarezza: mancano fondi, ad esempio per tutta la parte premiale. È insostenibile pensare che questi costi aggiuntivi siano a carico delle Regioni. Il rischio è che i Sistemi sanitari di molte Regioni vadano in disavanzo.

Per questo motivo abbiamo chiesto almeno di saldare in parte questo deficit. Se non troveremo adeguata soddisfazione, saremo di fronte a un problema di carattere nazionale, che si riverserebbe poi su tutti i cittadini.

Quelle che vi ho letto non sono parole mie, ma sono parole del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, il presidente Massimiliano Fedriga, che sta guidando la Conferenza Stato-Regioni, e che con parole che in questo caso sottoscrivo, denuncia le difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale, difficoltà ventennali legate alla mancata programmazione. Ribadisce come sia necessaria una pianificazione di lungo periodo; parla con chiarezza della mancanza di risorse, della mancanza di fondi e fa un passaggio in cui dice “è insostenibile che questi costi aggiuntivi siano a carico delle Regioni, è insostenibile che questi costi aggiuntivi siano a carico delle Regioni”. Sono considerazioni, dichiarazioni che anche noi di maggioranza in questa Regione abbiamo fatto più volte, e mi perdonerete, ma dal momento che da alcuni colleghi ho sentito ribadire, in ottica di questa discussione sul NADEFR, discussioni che avevamo fatto anche nelle scorse sedute, perdonerete se anch’io torno in quest’aula su questo tema, perché ancora non ho capito, colleghi, qual è la vostra timidezza nel chiedere insieme, al Governo, che ci dia le risorse necessarie per garantire davvero il diritto alla salute dei nostri concittadini.

Il giorno dopo potremmo discutere su come impiegarle, su dove metterle, su quale sia la modalità migliore per spenderle. Ma davvero io non ho ancora capito come mai siete così timidi per chiedere quanto spetta non a noi, non alla Giunta di questa Regione, non al Presidente della Regione, non all’assessore alla sanità ma ai concittadini emiliano-romagnoli. Entro mercoledì sera spero di capirlo meglio.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Mi unisco all’appello della consigliera Rontini: speriamo di trovare anche la minoranza d’accordo sulla possibilità veramente di fare squadra insieme per chiedere un riconoscimento di spese extra che ci sono state, che vanno valutate rispetto alle spese, non alla popolazione, sennò ci sono Regioni che hanno speso di meno che ci guadagnano solo perché sono più popolose. C’è qualcosa che non funziona in questo.

Non torno sul dibattito sulla sanità perché è già stato fatto più volte, ho sottoscritto e approvato un ordine del giorno della maggioranza che traccia un percorso molto chiaro rispetto agli indirizzi da dare alla sanità regionale, che è da sempre un’eccellenza. Capisco anche il bisogno, ed è giusto, fa parte del gioco politico, della minoranza di continuare a cannoneggiare sulla sanità regionale, perché sicuramente è stato uno dei traini del consenso alla maggioranza di Centrosinistra. Capisco quindi dal loro punto di vista questo continuare a battere sullo stesso chiodo.

Resta il fatto che noi non abbiamo aumentato la pressione fiscale e che quindi con le risorse proprie stiamo facendo fronte a costi invece eccezionali.

Molto velocemente, quindi, rispetto al DEFR, un’osservazione al volo. Europa Verde, è noto, e quindi lo ricordo anche a chi fosse distratto e fa finta di non aver sentito, non è mai stata favorevole al rigassificatore, per un motivo molto semplice: perché questo rigassificatore ha una durata prevista di quarant’anni, cioè quando noi invece dovremmo andare verso la neutralità carbonica, ed è questo il motivo.

D’altra parte, però, abbiamo votato con convinzione il piano di attuazione del Piano energetico che, vorrei ricordare, visto che si diceva che siamo in una fase di collasso finanziario… No: abbiamo appena approvato un piano di attuazione del Piano energetico che mette in campo 4,5 miliardi tra risorse pubbliche regionali o del PNRR europee, e ne mobilita con effetto leva altre degli investimenti privati che vengono calcolati nell’ordine di una stima generale di 8,5 miliardi. Questo l’abbiamo fatto solo due settimane fa. È questa quindi la traiettoria di navigazione della nostra Regione.

Su questo DEFR io ho presentato due emendamenti molto semplici, ma che richiamano due tematiche che sono care a Europa Verde. Una riguarda la questione della resilienza ai cambiamenti climatici e la gestione della risorsa idrica per scopi irrigui. In questo caso, dopo le parole “irrigazione di precisione”, chiediamo di aggiungere queste parole: “promuovere le misure di adattamento delle attività agricole ai cambiamenti climatici”. Visto che è in corso il dibattito sul mega invaso di Vetto, noi crediamo che prima siano da fare tante altre misure che in parte sono anche investimenti infrastrutturali, ma in parte sono anche proprio modifiche da portare alle pratiche agricole, quindi favorire per esempio la sostituzione delle colture più idroesigenti con quelle meno idroesigenti. Anche questo è un processo che va accompagnato con risorse adeguate.

L’altro emendamento riguarda la riduzione dei rifiuti alimentari, quindi si inserisce al capitolo 4 “promuovere l’economia circolare e definire le strategie per la riduzione dei rifiuti e degli sprechi”. Qui chiediamo di aggiungere il punto “promozione dei sistemi di compostaggio nelle forme dell’autocompostaggio e del compostaggio di comunità, intesa come attività di riciclo dei rifiuti umidi, con l’obiettivo di ridurre gli impatti sull’ambiente derivanti dalla raccolta e trasporto degli stessi, in particolare nei territori appenninici e nelle località più isolate”. La produzione di compost, tra l’altro, fa fronte anche a un problema che era stato sollevato prima dal consigliere Bargi, ossia che la guerra in Ucraina ha portato, tra l’altro, alla diminuzione dell’importazione di emendanti, che possono essere, quelli chimici, adeguatamente sostituiti da quegli organici prodotti con il compost.

Questi sono i due emendamenti. Spero che con la minoranza si possa fare lo stesso lavoro che è stato fatto con il Piano di attuazione del Piano energetico, dove molti emendamenti sono stati condivisi tra maggioranza e minoranza.

Infine, mi soffermo sulle dichiarazioni della capogruppo del Movimento 5 Stelle, che di nuovo torna, in modo quasi ossessivo, ad attaccare un mio ordine del giorno che ha la sfrontatezza di voler inserire tra i criteri premianti nei bandi per le comunità energetiche al cui interno ci siano delle imprese anche il criterio che le imprese siano in possesso di certificazione di responsabilità sociale. È un affronto micidiale, a quanto pare, perché ci torna insistentemente di aula in aula. Penso che, se noi premiamo le imprese che con la loro attività, certificata dalla certificazione di responsabilità sociale, portano benefìci ai territori in cui insistono, sia giusto premiarle con le risorse pubbliche che vengono messe a bando.

Un’ultima cosa, sempre che riguarda la capogruppo dei Cinque Stelle. Mi dispiace, io evito sempre di fare riferimenti personali, però non posso fare il pesce in barile. Allora, sentire che ha presentato un ordine del giorno a sostegno delle assemblee dei cittadini per il clima, quando io ho depositato una risoluzione venerdì scorso che tratta di questo argomento, argomento, tra l’altro, che ho portato anche all’interno del convegno che si è tenuto nella Giornata della Partecipazione, dove tutte e due siamo intervenute per i reciproci ruoli, francamente mi sconcerta. Io penso di essere una persona corretta, non faccio ricatti, vorrei essere ricambiata con la medesima correttezza.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Amico, mancano meno di otto minuti alla fine dell’aula: preferisce domani? Okay, grazie. Chiudiamo qui i lavori della seduta pomeridiana.

I lavori riprenderanno domani mattina, alle ore 9,30.

Buonasera a tutti.

 

La seduta ha termine alle ore 17,22

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO; Stefano BARGI, Fabio BERGAMINI; Gianni BESSI, Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI, Andrea COSTA, Palma COSTI, Luca CUOGHI, Matteo DAFFADÀ, Gabriele DELMONTE; Marta EVANGELISTI; Marco FABBRI, Michele FACCI, Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Lia MONTALTI, Matteo MONTEVECCHI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI, Giuseppe PARUOLO, Simone PELLONI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN; Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Silvia ZAMBONI, Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il Presidente della Giunta Stefano Bonaccini;

il sottosegretario Davide Baruffi;

gli assessori Paolo CALVANO, Vincenzo COLLA, Andrea CORSINI, Raffaele DONINI, Mauro FELICORI, Barbara LORI, Irene PRIOLO, Igor TARUFFI.

Ha comunicato di non partecipare alla seduta l’assessora Paola SALOMONI.

 

IL PRESIDENTE

I SEGRETARI

Rainieri

Bergamini - Montalti

 

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