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Legislatura X - Commissione V - Resoconto del 07/02/2019 antimeridiano

    Bozza

    Resoconto integrale n. 4

    Seduta del 7 febbraio 2019

     

    Il giorno 7 febbraio 2019 alle ore 10,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2019.2762 del 31/01/2019, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50, la Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    PARUOLO Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    PETTAZZONI Marco

    Vicepresidente

    Lega Nord

    4

    presente

    RAVAIOLI Valentina

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    BOSCHINI Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    CALIANDRO Stefano

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    CAMPEDELLI Enrico

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    FACCI Michele

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    assente

    IOTTI Massimo

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord

    3

    assente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord

    2

    presente

    RONTINI Manuela

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    4

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    TARASCONI Katia

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

     

    È presente la consigliera Lia MONTALTI (PD).

     

    Partecipa alla seduta: Patrizio BIANCHI (assessore alla scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro).

     

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

     

     

    OGGETTO 6244

    Progetto di legge di iniziativa della Giunta recante: “Disposizioni in materia di tirocini. Modifiche alla Legge regionale 1 agosto 2005, n. 17 (Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro)”. (delibera di Giunta n. 356 12 03 18)

    (Relatore consigliere Giuseppe Boschini)

    (Relatore di minoranza consigliere Matteo Rancan)

     

    PARUOLO. Grazie di essere intervenuti.

    Prima di chiedervi di sedervi, vi comunico che aspetteremo ancora qualche minuto, perché ci sono degli incidenti sulle autostrade e abbiamo qualcuno che sta tardando. Poi, volevo aspettare un attimo anche l’assessore, per poter iniziare già con lui.

    Vi chiedo scusa, ma avete ancora qualche minuto per chiacchierare, così le persone si conoscono e hanno occasione di socializzare.

     

    (La seduta è sospesa)

     

    PARUOLO. Buongiorno a tutti. Vi chiedo di prendere posto, così fra un attimo cominciamo.

    Dichiaro aperta la seduta di questa Commissione. Siamo qui in udienza conoscitiva sul progetto di legge di iniziativa della Giunta “Disposizioni in materia di tirocini. Modifiche alla legge regionale n. 17/2005”.

    Sono con me presenti al tavolo, oltre alla segreteria della Commissione, l’assessore Patrizio Bianchi e il consigliere relatore di maggioranza, Giuseppe Boschini. Comunico che il relatore di minoranza è il consigliere Rancan, che potrà intervenire dopo, se lo ritiene.

    Ricordo ai presenti, che ringrazio ovviamente della presenza, il funzionamento dell’udienza conoscitiva. È una modalità particolare delle Commissioni, in cui avremo un’introduzione – adesso darò la parola all’assessore Bianchi, a seguire al relatore Boschini – dopodiché ci metteremo in ascolto delle vostre osservazioni. Non ci sarà un dibattito, non ci saranno consiglieri che interverranno per fare delle valutazioni di tipo politico, ma ci sarà semplicemente l’ascolto delle persone che avranno ritenuto di iscriversi, oltre che essere presenti.

    Vi chiederei solo, come cortesia, se intendete parlare, di iscrivervi presto, in modo tale che io abbia un’idea di quanti sono i presenti che desiderano parlare e possa valutare il rispetto dei tempi: se sono poche persone, si può dare qualche minuto in più; se, invece, sono tanti che chiedono di parlare, ovviamente i tempi concessi ad ognuno devono essere un pochino più stringati.

    Se avete, oltre al discorso che volete fare, dei testi scritti da lasciarci, è tutto materiale che viene raccolto e che poi diventa patrimonio della Commissione nella discussione che avverrà successivamente. Parlavamo adesso con il relatore: presumibilmente affronteremo il testo dell’articolato in Commissione il giorno 21 di questo mese e nella prima metà di marzo conteremmo di portare il provvedimento in aula per l’approvazione.

    Ricorderete che abbiamo già avuto un’occasione prima ancora della presentazione della legge, adesso abbiamo il testo approvato dalla Giunta e sussistono tutte le condizioni per poter effettuare questa udienza conoscitiva.

    Ringrazio ancora tutti gli intervenuti e do la parola, per cominciare, all’assessore Bianchi. Prego.

     

    BIANCHI, assessore. Grazie. Buongiorno a tutti.

    L’udienza conoscitiva è uno strumento dell’Assemblea per sentire le voci di quanti nella nostra società intendono partecipare in maniera attiva alla costruzione di un provvedimento che noi dobbiamo fare, perché ormai, oltre un anno fa, a livello nazionale sono state costituite delle linee guida per giungere a un’armonizzazione di interventi che in realtà molte Regioni avevano già avviato.

    Bisogna arrivare ad un’armonizzazione e non ad una unificazione semplicemente perché il contesto nazionale è fatto di situazioni molto differenti. Io lo dico sempre: se, ad esempio, a Bolzano abbiamo un NEET, in Sicilia ne abbiamo sei, quindi i mercati del lavoro sono, per loro definizione, molto legati al territorio. Le condizioni di transizione fra i momenti di studio e i momenti di lavoro sono legate a situazioni territoriali. Quindi, è giusto che ci sia una certa flessibilità, che però deve essere ricondotta – è questo il lavoro fatto con le linee guida – nell’ambito di un contesto nazionale che dà indicazioni molto chiare per le tutele sia di chi offre un tirocinio, sia di chi richiede un tirocinio.

    Sappiamo tutti che il tirocinio è una situazione di transizione, è una situazione formativa, ritenendo che questa condizione di formazione sul luogo di lavoro sia essenziale per passare da una condizione all’altra, per passare dalla condizione di studente che ha concluso il proprio percorso a quella di lavoratore, che però ha condizioni diverse, un periodo, quindi, definito, un periodo che permette di guidare la persona, di fatto dandole quelle competenze che si imparano su un luogo di lavoro. Oppure, persone che hanno un lungo periodo di disoccupazione e che si devono riposizionare nel mercato del lavoro. Quindi, hanno bisogno anche loro di un periodo di transizione, che però richiede anche l’acquisizione di competenze diverse da quelle cumulate nel lavoro precedente e ormai abbandonato. Oppure, persone che sono in una condizione di particolare fragilità.

    Noi qui abbiamo individuato, come sapete, proprio sulla base delle linee guida nazionali, situazioni diverse di fragilità. Le prime sono quelle certificate, per le quali tra l’altro abbiamo previsto un periodo più lungo di possibile tirocinio, considerando anche che le competenze che devono essere acquisite sul luogo di lavoro devono essere più articolate. Poi ci sono persone in una condizione di fragilità che consideriamo temporanea e, infine, un gruppo di persone che sono giunte sul nostro territorio con una dichiarazione formale di rifugiato, che si trovano in situazioni differenti e che pesano anche in maniera differente nel nostro contesto. Per cui, è chiaro che noi diamo i titoli, ma poi il peso dei diversi gruppi di persone è differente.

    Io ricordo che, l’anno scorso, in Emilia-Romagna sono stati fatti poco meno di 30.000 tirocini (29.900 e qualche cosa) un “y” a piacere meno di 30.000, come direbbero i matematici. Queste sono largamente le prime due categorie: studenti che hanno concluso il loro percorso di studio e che si stanno orientando nel mercato del lavoro; persone che hanno perso il lavoro e che si sono messe nelle condizioni di cercarne uno nuovo, però anche riposizionando le loro competenze. Le altre categorie le abbiamo studiate a lungo.

    Fatemi, però, spendere due parole sull’ultima categoria, quella dei rifugiati. Questi si sono rivolti ai nostri centri per l’impiego, alla nostra rete attiva sulla base di una dichiarazione esplicita di rifugiato. Cioè, non è che uno va lì e lo dice. Su circa 30.000, quelli autorizzati dai nostri uffici sono stati circa 1.700, che costituiscono circa il 5-6 per cento del totale. All’interno di questi, quelli pagati con fondi regionali perché erano in condizioni particolari sono sostanzialmente 260, che sono lo 0,8 per cento. Quindi, sono una cifra molto definita: lo 0,8 per cento.

    Questo, però, mi dà l’occasione per fare una riflessione. Se le dichiarazioni con cui uno si presenta sono mendaci, allo stato attuale dobbiamo ovviamente assumere le dichiarazioni che ci vengono fatte, in quanto sono altre le autorità che hanno il compito di verificare se queste dichiarazioni sono false.

    Noi abbiamo chiesto nell’articolo 116 – a questo tengo molto – di avere più capacità ispettive sui provvedimenti su cui noi interveniamo direttamente. È chiaro che, se ci viene riconosciuta questa richiesta, che io ritengo importante, dell’articolo 116, noi avremo strumenti per poter verificare direttamente se questi casi si stanno realizzando oppure no. Questo non solo nel caso del gruppo C, ma nel caso di tutti e 30.000 (o quelli che saranno) i nostri tirocini. In questo modo, potremo verificare ciò che sta oggi appurando l’Ufficio dell’Ispettorato del lavoro, che qui voglio ringraziare, dal momento che sta facendo un lavoro importante di verifica puntuale dell’esecutività degli atti.

    Noi dobbiamo essere molto chiari: non c’è spazio, in questa Regione, per utilizzi impropri o per abusi di uno strumento che ha un chiarissimo indirizzo formativo e di transizione.

    Quello con cui noi arriviamo è un testo portato e proposto dalla Giunta, ormai molto tempo fa, sulla base di un lavoro lungo e straordinario, condotto in sede di CRT. Voglio sottolineare molto il ruolo della CRT. Credo che sia fondamentale, per una Regione come la nostra, che sia attivo, funzionante e partecipante un tavolo che in continuo, non in termini discontinui, porta la voce e il confronto delle diverse istanze sociali presenti nel territorio. Credo che questo sia fondamentale.

    Voglio qui rivolgere un ringraziamento a tutti i partecipanti della Conferenza tripartita, perché, come in altre occasioni, questi sono stati momenti fondamentali, che poi hanno trovato riscontro nell’ambito del Patto per il lavoro e delle riunioni semestrali del tavolo del Patto per il lavoro. Quindi, ringrazio veramente tutti coloro che, con continuità, fanno le CRT, le sotto CRT, le sotto-sotto CRT, e comunque un lavoro continuo. Insisto sull’idea del continuo, che è alla base di un’elaborazione che è, appunto, continua e partecipata. Così come ringrazio tutte le altre istanze che, nell’ambito dell’attività della Giunta, portano la voce di tutte le istanze. Voglio, quindi, ringraziare i tanti momenti di volontariato, che sono fondamentali per dare densità e spessore alla nostra vita collettiva.

    Come Giunta, ovviamente, abbiamo consegnato questo testo all’Assemblea e siamo pronti e disponibili ad ogni riflessione. Mi pare che i punti su cui avevamo ragionato siano stati oggetto di una riflessione attenta, quindi siamo oggi qui ad ascoltare tutti coloro che vorranno essere presenti, ancora una volta, in questo ulteriore momento di nostra partecipazione collettiva.

    Ringrazio moltissimo il presidente della Commissione e i relatori di maggioranza e di minoranza per questa fase ulteriore di consolidamento e anche di una coscienza collettiva di responsabilità.

    Faccio un’ultimissima riflessione. Certamente abbiamo bisogno di intensificare i nostri poteri di controllo, così come abbiamo richiesto nell’articolo 116, tuttavia credo che, prima ancora di poter mettere in campo – e lo dobbiamo fare – strumenti di repressione e attività di tipo ispettivo-repressivo, per strumenti come questo, in cui deve essere molto chiara la funzione di accompagnamento al lavoro, la misura migliore per garantire il successo sia la partecipazione e la responsabilità di tutte le parti sociali. Questo è fondamentale ed è questo che, secondo me, caratterizza e deve caratterizzare il ruolo di questa nostra società.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie, assessore Bianchi.

    Do la parola a Giuseppe Boschini, consigliere relatore di maggioranza del progetto di legge.

     

    BOSCHINI. Buongiorno a tutti. Grazie della vostra presenza. Un grazie davvero autentico e non formale, perché penso sia sempre un momento importante quello in cui si mette a disposizione un po’ del proprio tempo prezioso per contribuire ad un’attività legislativa.

    Come sapete, la legge sui tirocini, in realtà, non è una legge auto-consistente, ma è una modifica della legge n. 17/2005, e ritengo che tutti noi abbiamo già avuto modo di entrare nel merito, per cui non sarei per fare un esame particolarmente approfondito di presentazione della legge e del testo. La scorriamo un attimo insieme e poi facciamo alcuni ragionamenti, anche per introdurre la fase di ascolto che seguirà.

    Mi unisco ai ringraziamenti dell’assessore. Penso che il lavoro istruttorio, svolto in fase di concertazione sociale in CRT, sia un lavoro di grande qualità. Sappiamo che il testo depositato dalla Giunta ha avuto questo attento esame. Anch’io, davvero, in maniera non formale, mi unisco ai ringraziamenti. Il lavoro svolto è un lavoro di grande valore. Dobbiamo ringraziare sinceramente anche le persone che si mettono a disposizione nel merito per condividere le loro competenze.

    Sappiamo che il testo è prevalentemente un testo di recepimento dell’accordo nazionale in Conferenza Stato-Regioni, quindi il lavoro è stato fatto con un binario forte, guida, che era l’accordo nazionale, tant’è che anche il testo di legge in molte parti riprende quasi testualmente l’accordo della Conferenza Stato-Regioni. Si è scelto, comunque, di fare una legge di dettaglio, una legge che rientra davvero – se avete avuto modo di scorrerla – anche nei meccanismi attuativi dell’istituto del tirocinio. È una scelta, naturalmente, quella di fare una legge di dettaglio che regolamenti in maniera molto puntuale almeno alcune delle fasi. Chiaramente, il risultato è un testo particolarmente complesso, organico, carico di elementi di dettaglio, il che spiega la necessità di un esame particolarmente attento e approfondito.

    Non ripercorro, se non rapidamente, i vari elementi. La definizione del tirocinio che ne esce è sostanzialmente quella della linea guida nazionale, quindi di una misura di politica attiva che consiste in periodi di orientamento al lavoro, di formazione in situazione, che naturalmente non si configura come un rapporto di lavoro. Cose ormai consolidate nell’ordinamento italiano.

    Naturalmente, la legge non si applica ai tirocini curricolari, quindi a tutti quei tirocini dipendenti da un percorso formativo di istruzione, di università, non si applica ai tirocini legati alle professioni regolamentate e non si applica ai tirocini, oltre ad alcune altre casistiche, legati, per esempio, alle leggi sulle quote di ingresso dei cittadini stranieri.

    Non ci sono sostanziali modifiche neanche nella struttura della compagine che dà luogo all’istituto del tirocinio, quindi soggetto promotore, soggetto ospitante, tutori, la necessità di un progetto formativo, di una convenzione, che viene trasmessa alla Regione in via telematica. Questo la legge ormai lo sancisce in maniera formale. Da questo punto di vista, i meccanismi a cui tanti di noi sono abituati nella gestione dei tirocini non sono sul punto di essere stravolti dalla legge, assolutamente.

    Vengono meglio definite, all’articolo 26-bis, alcune condizioni di esclusioni fra i soggetti promotori, però non ci sono particolari novità. Novità un pochino più rilevanti riguardano, invece, il tema delle durate e, quindi, anche delle tipologie a cui eravamo un po’ abituati nel lessico familiare dei tirocini, sostanzialmente con la previsione fino a ventiquattro mesi per i disabili, come sancito dalla legge n. 68 (vado veramente a grandi linee, poi, se volete, entriamo più nel dettaglio), fino a dodici mesi per le persone in condizioni di svantaggio e fino a sei mesi per tutte le altre casistiche, con una durata minima prevista di due mesi, naturalmente al netto delle sospensioni per maternità, infortuni, malattie, che sono un elemento di tutela. Non è possibile, naturalmente, fare le stesse tutele del mondo del lavoro per queste fattispecie, però anche i tirocini, attraverso questa legge (venivano usati, naturalmente, anche prima, ma in maniera più formalizzata), vengono sospesi a tutela di queste eventualità che possono avvenire.

    Per quanto riguarda il numero di tirocini attivabili per le singole realtà d’impresa, la normativa prevede un tirocinio fino a cinque dipendenti, due da sei a venti dipendenti, il 10 per cento dai ventuno dipendenti in su, con nel testo la comprensione dei tempi determinati, oltre ai tempi indeterminati, per individuare questa base numerica di calcolo, tempi determinati che siano, però, attivati prima dell’avvio del tirocinio e che si concludano dopo l’avvio del tirocinio, quindi con un elemento – su cui poi, magari, tornerò – di una certa delicatezza di calcolo.

    È previsto anche un nuovo sistema premiante (chiamiamolo così). Il sistema premiante non può che svolgersi sul fatto di garantire a chi assume tirocinanti la possibilità di fare qualche tirocinio in più (non ci sono ricchi premi o cose del genere). Però, mi sembra corretto, anche nel senso della qualificazione dell’istituto del tirocinio, che chi riesce davvero a rendere questo strumento anche uno strumento di integrazione e socializzazione al lavoro, in particolare dei giovani, dando luogo a delle assunzioni, possa essere premiato nel realizzare ulteriormente queste esperienze dal punto di vista della numerosità.

    Passiamo al 26-ter. A questo punto, ci dobbiamo avventurare nel fatto che l’articolo 26 della legge n. 17 viene spacchettato, arrivando fino al novies, il che rende un po’ complicata la gestione della legge. La tecnica normativa è questa. Al 26-ter sono riviste un po’ le procedure di autorizzazione, i tempi e le modalità rispetto all’Amministrazione per la gestione dei tirocini. Al 26-quater viene ribadita l’indennità e ne viene definito l’importo a 450 euro. Al 26-quinquies ci sono gli strumenti di monitoraggio e di vigilanza. Al 26-sexies e septies le sanzioni. Qui è stato rivisto il sistema sanzionatorio rispetto a eventuali inadempienze o colpe del soggetto promotore e del soggetto ospitante, con la possibilità anche di una sospensione per tre anni. Quindi, è un sistema sanzionatorio importante. Il 26-novies, invece, introduce una norma speciale per tutto ciò che riguarda i tirocini destinati all’inclusione sociale. In qualche modo, si tratta di una norma derogatoria su tutta una serie di aspetti, introducendo una normativa speciale per questa fattispecie di tirocini, che in sostanza esisteva già.

    A me pare che, nel complesso, il lavoro che ci è stato consegnato dalla Giunta, che è stato anche oggetto di un lavoro davvero prezioso in sede di concertazione con le parti sociali, sia un lavoro organico e compiuto, che ha prodotto un buon testo e che ha trovato un equilibrio che – per quanto possa valere l’opinione del relatore – penso ci trovi largamente d’accordo (non voglio dire per forza tutti) nel considerare il tirocinio uno strumento importante, che non si vuole necessariamente a priori comprimere, ma che deve, naturalmente, realizzarsi e svilupparsi nell’alveo della sua finalità sociale, lavoristica e formativa, cioè quella di facilitare, come definisce l’articolo 1, una formazione, un potenziamento delle competenze, soprattutto attraverso la formazione in un contesto lavorativo (non parliamo di esperienza lavorativa) per il tirocinante, auspicabilmente con un esito di socializzazione al lavoro che produca, laddove possibile, anche una facilitazione dell’accesso al mondo del lavoro, in particolare per i giovani o per le persone in situazioni di fragilità.

    Il testo descrive esattamente questa preoccupazione, questo equilibrio: avere uno strumento funzionante e, se possibile, anche semplificato da alcuni punti di vista, ma che non semplifica e non abbassa la soglia sulla necessità di garantire questo tipo di tutela, di evitare possibili abusi eccetera. Davvero il buon testo, a mio avviso, si vede in questo tipo di equilibrio.

    Perché, allora, l’Assemblea ha, soprattutto attraverso i suoi diversi Gruppi consiliari, svolto comunque un’ulteriore fase di attento esame? Innanzitutto perché è un testo, come vi dicevo, molto articolato, molto di dettaglio, in cui anche i richiami e i rimandi normativi, sia al suo interno che esternamente, sono a volte delicati. In secondo luogo perché il fenomeno che stiamo trattando è un fenomeno di grande rilevanza sociale. Parliamo di circa 30.000 giovani, adulti o persone in situazione di fragilità all’anno, quindi parliamo di una parte corposa della nostra popolazione che va a fare un’esperienza importante e delicata. Quindi, il legislatore ha sicuramente avvertito la responsabilità di mettere mano ad un tema così rilevante, come certamente l’hanno avvertita tutti coloro che hanno potuto contribuire alla fase gestazionale del testo.

    Sono arrivate ulteriori sollecitazioni da mondi che non fanno strutturalmente parte di quel prezioso lavoro organico di concertazione che richiamava anche l’assessore, per esempio dal mondo dei Comuni e dei servizi sociali, che fanno largo uso dello strumento del tirocinio, dai soggetti accreditati per la gestione dei servizi per l’impiego della formazione e persino da mondi associativi giovanili, che chiaramente vivono forse in una logica anche un po’ diversa da quella da cui magari alcuni altri operatori arrivano, vale a dire lo strumento del tirocinio come una parte importante e, a volte, delicata della loro esperienza di transizione al lavoro.

    Richiamo, in conclusione, alcuni punti su cui, in questa fase di attenta riflessione in Assemblea, ci siamo soffermati. Quindi, stiamo riflettendo. A tal riguardo, ci tengo a specificare che non c’è nessun emendamento depositato. È davvero una riflessione aperta, quindi, e con la massima trasparenza, probabilmente non con la massima opportunità e tattica politica, ma con la massima trasparenza, perché ritengo che sia così che si debba lavorare. Metto sul tavolo la sottolineatura forte che non c’è nulla di scritto, che non c’è nulla di depositato, e che il nostro atteggiamento, oggi, è un atteggiamento di ascolto.

    Nel sottoporvi alcuni punti interrogativi che ci siamo posti, li ribadisco come tali, cioè come punti interrogativi sui quali ascolteremo e siamo disponibili naturalmente a rivedere o a chiudere qualsiasi interrogativo, qualora fossero queste le vostre indicazioni, consapevoli anche che trovare gli equilibri è stato faticoso e ancora lo sarebbe. Sicuramente occorrono anche saggezza e prudenza.

    Stiamo riflettendo su alcuni passaggi di ordine più puramente legislativo, quasi di drafting, nel senso che il testo consegnato aveva, come vi ho detto, proprio per la sua complessità davvero forte, alcuni punti non completamente perfezionati. Alcuni passaggi di drafting, o di mera revisione legislativa mi pare davvero di poter dire che siano senza impatto sulla sostanza del meccanismo legislativo.

    Su alcune riflessioni che ci sono state sollecitate, ci interroghiamo rispetto alla definizione formativa dell’esperienza del tirocinio. Ci paiono anche accoglibili, senza snaturare, anzi a volte avvicinandoci persino al testo delle linee guida nazionali. Faccio un esempio – spesso sono cose più nominalistiche che di sostanza, ma le parole sono importanti, quindi anche i nomi vanno guardati con grande attenzione –: all’articolo 1 il testo depositato definisce il tirocinio come misura di politica attiva “finalizzata a”. È una misura di politica attiva. La linea-guida la definiva una misura formativa di politica attiva. A noi parrebbe utile – però, ribadisco, per una comune valutazione – ripristinare questa definizione come misura formativa di politica attiva, che credo non vada a snaturare nulla del resto del dispositivo, ma ne sancisce anche questa caratteristica.

    Ho una malinconia personale, invece, ve lo dico francamente – ogni tanto dovete lasciar sfogare anche i relatori – ma ve la motivo: terrei a introdurre la definizione di tutore non solo per il responsabile del soggetto promotore, ma anche per il responsabile del soggetto ospitante. Oggi la legge lo definisce “responsabile del soggetto ospitante”. In questi termini può essere tranquillamente ed esclusivamente un responsabile amministrativo.

    Siccome credo molto alla natura formativa delle esperienze in situazione, credo che non si debba venir meno ad una definizione formativa di tutore anche per la persona che affianca, accompagna, segue il soggetto tirocinante all’interno dell’impresa ospitante. È una malinconia, me ne rendo conto. È un nome, però a me parrebbe utile che il rango di tutore fosse sia nel promotore che nell’impresa, anche perché sanciamo in qualche modo una piena corresponsabilità, una logica di alleanza formativa che a me pare di grande valore. Poi, naturalmente, se è una malinconia del relatore, il relatore le sue malinconie le mette via molto rapidamente.

    Sempre in questa logica mi chiedevo, però ci è stato anche sollecitato, se potesse aver senso mantenere quella piccola parte della legge n. 17 – che invece era stata sostanzialmente abrogata – che non escludeva la possibilità di inserire nel progetto di tirocinio anche una formazione complementare, oltre naturalmente alla formazione obbligatoria, su sicurezza, antinfortunistica, mantenendo, laddove fosse necessario, questa possibilità. Possibilità che non prelude assolutamente, siamo chiari, al finanziamento di percorsi formativi connessi al tirocinio, men che meno riconduce il tirocinio solo all’interno di una logica curricolare. Non preclude la possibilità che nel progetto formativo uno dica “ti prendo per imparare l’Autocad e contemporaneamente ritengo che venti ore di formazione – scusate, non dovrei far pubblicità ad una marca piuttosto che a un’altra – le puoi fare”. Questo, eventualmente, come punto ce lo siamo posti.

    Ci siamo posti – ho finito, presidente –, anche sul tema della semplificazione, alcuni altri elementi che, però, rimetto alla vostra valutazione. Ci sembrava che il meccanismo che ci avete consegnato, che alcuni di voi ci hanno consegnato, che la Giunta ci ha consegnato, sulla premialità fosse comunque un meccanismo abbastanza complicato. Per cui, ci era venuta in mente la possibilità di semplificarlo in un senso che più o meno riassumo così: per ogni tirocinante assunto, si dà la possibilità di attivare un tirocinio in più. Questo, invece di prevedere una serie di fasi, perché poi ognuno si deve avventurare nel calcolo del 75 per cento, fino ad un massimo di quattro, naturalmente, non infinito. Ma è solo un’ipotesi. Da parte mia e di altri c’era qualche valutazione di ordine puramente di semplificazione amministrativa, anche sul tema dell’inclusione dei tempi determinati nella base di calcolo.

    Mi rendo conto che è un tema molto delicato. Tengo a specificare che non sottende nessun retropensiero di ordine giuslavoristico, eccetera. Semplicemente, da alcune simulazioni fatte in sede legislativa, ci siamo accorti che non è che il numero di tirocinanti ospitanti aumenti in maniera significativa, soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni. Questo porta anche alla conclusione opposta, cioè non modifica molto il mercato dei tirocini, usiamo questo brutto termine, né in un senso, né nell’altro, quindi lo si può anche per questo lasciare. L’unico dubbio che avevo era se introdurre questa complicazione del calcolo ulteriore dei tempi di avvio dei tempi determinati, prima o dopo il tirocinio, anche con tutti i rischi di errore amministrativo che può comportare, però è un’esigenza meramente di semplificazione. Se chi opera, soprattutto come promotore e come ospitante, non trova difficoltà, anche su questo, davvero, non ci sono problemi, anche perché mi è chiaro che è frutto anche di un ragionamento più complessivo di equilibrio del testo.

    Abbiamo ragionato poi anche sulle fasi di attuazione, di avvio di autorizzazione con gli uffici. Il testo era un po’ macchinoso. Ci pare di poter provare anche lì a semplificarlo, senza modificare, però, tempi e modalità, soprattutto dal punto di vista informatico. Abbiamo ragionato sulla parte di monitoraggio, perché il testo ci consegnava un’ambizione che io condivido molto, di un monitoraggio sia qualitativo che quantitativo dei tirocini. Se però poi andavamo a leggere gli strumenti effettivi, c’erano quelli per il monitoraggio quantitativo, mentre quelli di ordine qualitativo erano particolarmente semplificati, per non dire assenti.

    È ovvio allora che dobbiamo sancire in maniera più chiara il fatto che c’è un accordo con il ministero del lavoro, con gli uffici regionali dell’Ispettorato per il controllo, perché fino all’articolo 116 possiamo intervenire noi. Ci chiedevamo se magari arricchire, per esempio, con un questionario non obbligatorio, di fine esperienza, gli elementi qualitativi raccolti, se questo ci permetta anche, da legislatori, da operatori sociali, di agire nel tempo anche al fine del miglioramento di questo strumento. Se, infatti, il monitoraggio non serve a chiudere il cerchio del miglioramento, diventa puramente un rompere le scatole a chi deve caricare dei numeri. E allora così è inutile.

    Ho finito. Ribadisco: queste ultime cose che vi ho detto sono degli interrogativi, nulla di deciso, nulla di depositato. Siamo in posizione assolutamente di ascolto, e mi taccio per assumere questo atteggiamento. Voglio solo dire che se qualche emendamento dopo il dibattito di oggi dovesse essere depositato, sicuramente anche su quelli c’è spazio, eventualmente, per un ulteriore tempo di confronto, seppur rapido, perché il nostro obiettivo tendenzialmente è quello di approvare il provvedimento per marzo, così ho finito. L’entrata in vigore non l’abbiamo ancora fissata in via definitiva, dipende naturalmente da quando vediamo che potremo approvarlo effettivamente in Assemblea, pensiamo attorno a metà marzo.

    Tendenzialmente, quindi, fatta una fase di sperimentazione, l’ipotesi è che la norma possa entrare in vigore prima dell’estate, attorno a giugno. Questo indicativamente. Scusate se sono stato lungo, ma il testo è complesso e tenevo ad essere chiaro, anche nei passaggi che sono stati fatti, perché magari ci può essere stata anche qualche interpretazione non corretta dei passaggi avvenuti.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie, consigliere Boschini.

    Il consigliere Boschini ci ha dato anche una visione del lavoro preparatorio che è stato fatto. Anche su questo potrete evidentemente dare la vostra opinione. Quanto alla citazione del software, non è tanto un problema per la pubblicità, quanto che ti data, inesorabilmente, però questo è un altro discorso.

    Io ho sei iscritti. Sono le 10,55. Iniziamo con le sei persone iscritte. Vi chiederei cortesemente, entro le 11, di sciogliere il dubbio se parlare o meno, consegnando qui o all’esterno l’eventuale richiesta. Ci sono anche alcuni dubbiosi, che devono sciogliere i dubbi, però hanno dato la loro cosa. Spero che ci sia anche qualche donna, perché vedo solo nomi di uomini e qui siamo quasi tutti uomini. Per fortuna qualcuno ci viene in soccorso per cercare di rompere un po’ l’accerchiamento.

    Iniziamo con Alessandro Manzini, di Confcooperative Emilia-Romagna.

    Si prepari Claudio Cattini.

    Vi do due scelte: quella, se preferite, di parlare seduti, a fianco dell’assessore, oppure col “gelato”, in piedi, da qua.

    Direi di stare nei cinque minuti, come standard, lasciando un minuto o due di sforamento per quelli che hanno più argomenti da portare.

    Prego.

     

    MONZANI, Confcooperative Emilia-Romagna. Grazie per questa opportunità.

    Io rappresento Confcooperative, quindi sono uno di quelli che ci hanno lavorato. Tento di prendere poco spazio, appunto perché già tanto spazio ci siamo presi ragionando su questi temi.

    Non è la prima volta che ci troviamo in questa situazione. Credo che sia anche giusto ragionare sulle modalità, quindi magari vedere in futuro come possono uscire queste operazioni, anche in accordo, con più collegamento con l’Assemblea.

    Io credo di essere qui per “difendere” le ragioni di questo lavoro, che essendo frutto di mediazioni, certamente, come sempre capita in questi casi, lascia tutti con qualche scontentezza, nel senso che non può piacere a tutti, altrimenti uno se lo sarebbe scritto da solo e l’avrebbe fatto come gli piaceva. Come rappresentante della cooperazione, vorrei sottolineare, con molta forza all’inizio, il tema delle categorie di persone disabili e svantaggiate. I tirocini formativi sono una modalità di avvicinamento di queste persone al mondo del lavoro, che è indispensabile.

    Noi ci siamo accorti, nel 2013, delle difficoltà di attuazione della macchina che aveva un po’ bloccato i meccanismi. È stata una cosa veramente deleteria per queste categorie di persone. In questo senso, quindi, lo dico con forza, direi che sia giusto dare atto di un dibattito che ha visto tutti molto concordi, cioè tutte le parti sociali e datoriali. Anche quelle che erano forse meno lontane da questo mondo, noi le abbiamo incorporate nella cooperazione sociale che ci richiama molto a questi temi, ma tutte le parti datoriali e sindacali hanno sempre mostrato grande sensibilità.

    Si diceva che siamo stati aderenti e che abbiamo seguito le linee guida. Certo, le abbiamo seguite, ma non sempre. Noi abbiamo preso atto che i tirocini di 12 mesi potevano anche essere troppo lunghi, un po’ perché non venivano tanto utilizzate queste lunghe durate, poi forse perché per la finalità del tirocinio ci si poteva fermare a sei, quindi siamo andati oltre (o prima delle linee guida, non so come la si possa vedere).

    Dall’altra parte ci siamo detti: perché non fare una sperimentazione sul tempo determinato per includere magari alcune aziende che con un computo diverso dei lavoratori potrebbero avere meno opportunità? Anche questo è in una logica oltre le linee guida, ma ci sembra giusto provare, anche in una logica di sperimentalità, a fare queste cose.

    Come parti datoriali, credo un po’ tutte, non ci è piaciuta la declinazione delle norme che inibiscono l’attivazione dei tirocini per quanto riguarda i licenziamenti. Noi riteniamo che in alcuni casi, banalmente, il licenziamento in un periodo di prova, che tra l’altro consente assunzioni di apprendisti, non fosse opportuno. Anche qui, però, è stato raggiunto un equilibrio, ci è stato detto: sono regole dettate dall’Ispettorato nazionale del lavoro, in qualche modo le abbiamo prese, stanno un po’ all’interno del pacchetto, tutto sommato abbastanza mitigato dal fatto che tutte queste norme si vanno poi a misurare sul singolo luogo di lavoro e sulla mansione che si introduce. Le sanzioni sono molto pesanti e un po’ preoccupano, da questo punto di vista.

    La Regione ci ha proposto di modificare le regole procedurali, passiamo ad una logica di autorizzazione, prima di far partire i tirocini, e speriamo che questo in qualche modo faccia sì che ci siano meno sanzioni, che tutta una serie di questioni siano risolte prima, il tutto nella logica che la Regione sia veloce nelle autorizzazioni, e noi abbiamo fatto questa scommessa.

    Da ultimo, riprendo la questione dei tempi. I tempi dell’entrata in vigore sono importanti, proprio per la ragione che dicevo prima, cioè dobbiamo avere un sistema di tirocini sempre in funzione, ovvero, quando finisce quello vecchio, devono esserci i nuovi, altrimenti siamo in oggettiva difficoltà, non solo per le persone fragili, vulnerabili, cosiddette svantaggiate, ma credo per l’intero settore. Anche perché, parliamo appunto di 30.000 persone, e parliamo di una quantità di persone che entrano nel mondo del lavoro con un rapporto di lavoro subordinato, dopo questa esperienza, che è veramente molto alto, quindi è veramente una misura di politica attiva per il lavoro.

    Cinque minuti, credo. Grazie.

     

    PARUOLO. Bravissimo. Grazie ad Alessandro Monzani (chiedo scusa se prima ho letto pedissequamente come era stato scritto, si vede che l’interpretazione delle calligrafie era rimasta questa).

    La parola a Claudio Cattini, così mi hanno scritto qui, spero che sia giusto, Formazione e ricerca della CGIL.

    Si prepara Ermes Francesconi.

     

    CATTINI, Dipartimento formazione e ricerca CGIL Emilia-Romagna. Io sconterò un problema, magari alcuni di voi sentiranno delle cose che hanno già sentito, perché non è che abbiamo cambiato idea in modo particolare su alcune cose dei tirocini.

    Dovrò quindi ripetere due o tre cose che alcuni, ripeto, purtroppo, ahimè, hanno già sentito. Vado in maniera schematica e sto dentro i cinque minuti, ovviamente.

    La prima cosa che va detta, perché forse lasciarla solo intendere non è sufficiente, è la positività di tutto questo percorso e dei temi trattati. Il fatto che l’Emilia-Romagna rivendichi una propria capacità di definizione su un tema come quello dei tirocini, in ogni caso, non è una cosa che si può ignorare facilmente. Noi siamo d’accordo che venga esercitata questa capacità, questa volontà e, ovviamente, partecipiamo con il nostro pensiero nel modo migliore possibile, a cominciare da alcune cose. La prima: noi non siamo particolarmente d’accordo nel dire che le linee guida nazionali sono proprio così belle. Non siamo d’accordo, nel senso che non sono così belle le linee guida nazionali, ma hanno dei problemi. Il primo, che è lo stesso problema che viene ripreso nella legge regionale, è quello della definizione di tirocinio. Adesso, con la precisazione fatta dal relatore, la cosa migliora leggermente, ma qui bisogna essere molto chiari.

    I tirocini, da norme regionali e da ragionamenti politici regionali, sono modalità didattiche, cioè sono formazione di competenze. Punto. Si tratta di sapere come utilizzare un laboratorio per fare elettrotecnica applicata. È una modalità didattica.

    Il tirocinio, quindi, di per sé, non è una misura attiva. È la cosa all’interno della quale c’è il tirocinio, che può essere finanziata come misura attiva dallo Stato o dalla Regione. Altrimenti, diventerebbe misura attiva anche il liceo classico. È come dire che qualsiasi attività formativa è una misura attiva. Invece no. Bisogna essere precisi su questo.

    Il tirocinio può essere inserito, molto utilmente, secondo noi, in una misura attiva, ma non è di per sé una misura attiva. È un’attività formativa. Se è un’attività formativa, alcune cose, secondo noi, si possono risolvere. Pensiamo a quella più delicata, ad esempio: i controlli. Se è una misura attiva, i controlli non li fa solo il ministero del lavoro. I controlli sulla formazione li può fare la Regione, come li fa ad oggi: bene, male, pochi, di più, fatti meglio, non è questo il punto. Il punto è che se le si toglie dall’ottica del mercato del lavoro e lavoristico del tirocinio, tutte le cose diventano leggermente diverse, tra cui, ad esempio, banalmente, la materia dei controlli.

    Non a caso c’è una cosa che ci continua ad inquietare (ma avanti pure): che i tirocini servano per diminuire il numero dei disoccupati in qualsiasi luogo di questo Paese. Sarà un problema dell’ISTAT che continua a mettere i tirocini insieme agli occupati, però continuiamo a dire che il tirocinio non è un rapporto di lavoro. Questa cosa stride un po’ con la definizione di misura attiva.

    Non solo. Bisogna poi che non ci scordiamo che i tirocini sono stati, sono e saranno dei problemi per l’occupazione. Adesso non citiamo McDonald’s, eccetera, ma sono utilizzati a volte – per fortuna non in maniera così diffusa – in maniera distorta. “Distorta” vuol dire che mettiamo in competizione i rapporti di lavoro tipo apprendistato, tempo determinato, eccetera, con il tirocinio perché costa molto meno. Dove lo mettiamo in competizione? Sulle figure basse. Molti tirocini che vengono fatti, in base ai nostri dati (sbagliati, parziali, eccetera), che sono in numero rilevante, e anche solo per questo bisognerebbe discuterne in maniera approfondita, sono su figure basse. Si fa presto a fare il tirocinio per un barista. Altro discorso è fare il tirocinio per un ingegnere termonucleare. Lasciamo stare. Ho fatto due esempi a caso. Ad ogni modo, spesso sono figure basse. Questo è un piccolo problema. Quei numeri (30.000 in Emilia-Romagna) vanno a diminuire il numero dei disoccupati. Questa è una cosa che l’ISTAT fa – continuerò sempre a dirlo – in un modo in cui non dovrebbe. Gli occupati infatti sono quelli con un rapporto di lavoro; i tirocinanti non lo hanno. Sennò diamo dati non proprio precisissimi.

    Ricordiamo una cosa sui tirocini. Perché è importante discutere della definizione di tirocinio? A parte che una volta messo nel percorso lavoristico e tolto dal percorso formativo, fa una signora grande operazione politica, anche se per me sbagliata, intendiamoci. Fare questo tipo di operazione significa infatti fare una cosa pesante, forte. In più, ha un problema: non arriva a definire esattamente il concetto di tirocinio.

    Oggi, se uno si mette a fare l’elenco di che cosa vuol dire la parola “tirocinio” in questo Paese, alla fine ne esce sconvolto. Tra i tirocini definiti in Europa, definiti in Italia, definiti in Emilia-Romagna, tra quelli per disabili, quelli per gli studi professionali, quelli per le professioni, per questo, quello e quell’altro, tra quelli curricolari, extracurricolari, eccetera, si trova davanti a una tale varietà. Non mi spaventa il fatto che la stessa parola significhi cose completamente diverse in diversi settori. Non mi spaventa perché a volte non si può fare altro. La lingua italiana è eccezionale, ma non arriva dappertutto. A un certo punto si ferma. Qui si è fermata, ma si è fermata un po’ troppo presto. Si sta facendo troppa confusione sulla definizione di tirocinio. Una legge, regionale o meno, sulle definizioni non deve fare confusione. Può fare confusione nei regolamenti, nei dettagli, eccetera, ma non sulle definizioni, ovvero non sull’articolo 1, l’articolo di una legge che noi riteniamo importante.

    Il rapporto con le organizzazioni sociali c’è stato ed è stato intenso. Credo, però, che vada definito con un parere dato dalla Commissione regionale tripartita (CRT) delle parti sociali, piuttosto articolato e sfaccettato. Nessuno ha detto no e nessuno ha detto sì, senza nessuna modifica. La sfaccettatura dei pareri è stata piuttosto articolata.

     

    PARUOLO. La parola a Ermes Francesconi, direttore dell’ EnAIP di Forlì-Cesena.

    Si prepara Maurizio Mirri.

    A questo punto, chiuderei le richieste di iscrizione. Ho undici iscritti sicuri, compresi quelli che hanno già parlato, più quattro persone che hanno dato il proprio nome, ma si riservano di decidere se intervenire o meno. Direi che quindici persone sono già un buon numero.

    La parola a Ermes Francesconi. Prego.

     

    FRANCESCONI, direttore EnAIP Forlì-Cesena. Grazie.

    Cerco di fare un intervento più tecnico che politico, perché rappresento un ente gestore. Dal punto di vista delle norme, quindi, mi interessano alcuni passaggi abbastanza tecnici. Per quanto riguarda la norma in generale, credo che l’applicazione della norma esistente sui tirocini sia stata un’applicazione attenta e buona, con grande collaborazione di tutto il sistema, soprattutto dei soggetti promotori e del mondo del lavoro. Al di là di piccoli disguidi che possono capitare, errori umani nella gestione della documentazione, e così via, mi sembrava un impianto già abbastanza fluido.

    Vi segnalo precisamente due o tre punti sui quali credo sia importante dare un segnale più utile alla gestione di questi tirocini, da adesso in avanti. Il primo punto riguarda l’articolo 1, comma 9: il passaggio sull’assicurazione. Premetto che l’assicurazione è un punto fondamentale. Sia il soggetto promotore che il soggetto ospitante si devono preoccupare assolutamente che il tirocinante sia assicurato con l’INAIL, con le varie assicurazioni previste dalla norma. Il messaggio che arriva dalla scrittura del progetto di legge è che la responsabilità primaria è in capo al soggetto promotore. Credo che la responsabilità primaria debba essere in capo al soggetto promotore sul controllo, non sull’attivazione dell’assicurazione. Dal punto di vista gestionale, attivare un’assicurazione oggi INAIL con i vari codici di rischio, presenti nel mondo del lavoro, che sono molto complessi, è un’operazione molto complessa e anche costosa, di cui attualmente non si tiene conto. Prioritariamente in questo momento sono i soggetti ospitanti che pensano all’assicurazione INAIL dei tirocinanti.

    Qui viene un po’ rovesciata la cosa. Si dice “soggetto promotore e responsabile dell’assicurazione”. Se ci si mette d’accordo, è il soggetto ospitante. Credo sia opportuno rovesciare questo ordine. Ripeto, il punto fondamentale è che il tirocinante deve essere assicurato. Toglierebbe molte incombenze dal punto di vista organizzativo e burocratico al soggetto promotore che, invece, per il soggetto ospitante, sarebbe una semplice aggiunta numerica per le lavorazioni che già ha al suo interno.

    Il secondo punto è stato già accennato prima. Abbiamo notato che in molte realtà lavorative c’è il problema del licenziamento nel periodo di prova, il non superamento del periodo di prova. Abbiamo anche notato, come gestori, che molto spesso le aziende si trovano al loro interno lavoratori che magari, dopo qualche giorno che provano un lavoro, lo lasciano e quindi devono essere catalogati nella fattispecie “non superamento del periodo di prova”, anche se l’azienda non ha agito attivamente, ma ha “subìto” questo tipo di comportamento. Questo inibisce il tirocinio.

    Probabilmente questo istituto del periodo di prova potrebbe essere rivisto, o comunque è superabile, di solito, con un accordo con le parti sindacali. Ma non sempre questo tipo di accordi, di relazioni, consentono di fare un approfondimento di questo tipo e aprire la via del tirocinio.

    È apprezzabile lo sforzo di dare un’approvazione entro dieci giorni dalla predisposizione della documentazione. Credo, però, che la logica contenuta nell’articolo sia un’altra: se si sceglie di partire comunque, senza aspettare i dieci giorni, si esclude qualsiasi integrazione documentale. Credo che ormai in tutti gli appalti, anche di tipo pubblico, anche abbastanza importanti, l’integrazione documentale sia un aspetto possibile e penso che questo possa essere reso possibile anche qui e non escluso esplicitamente, come invece mi sembra di aver interpretato.

    Vengo all’obbligo dell’indennità. Nella scrittura dell’articolo 6, al comma 1, abbiamo notato questa variazione. Dalla descrizione di diritto al recepimento dell’indennità da parte del tirocinante, e quindi l’obbligo dei soggetti promotori e ospitanti di definire chi la paga, per dirla in maniera chiara, qui c’è l’obbligo del soggetto ospitante secco. A nostro avviso, questo tipo di imposizione messa giù così, secca, senza aperture diverse, esclude tutta una serie di soggetti del privato sociale che in questo momento stanno collaborando per la promozione dei tirocini, in alcuni casi con categorie anche particolari che magari non sono prese in carico dai servizi.

    Noi adesso abbiamo concretamente attiva una convenzione, o un accordo di collaborazione con la Caritas, e con un’altra associazione abbastanza importante, Homo Viator, che finanziano questo tipo di tirocini. Noi pensiamo che questo tipo di scrittura, per come è messa adesso, escluda tutti questi soggetti dalla possibilità di partecipare e di finanziare. Contribuire direttamente all’azienda e non sul lavoratore con questa cosa, come stiamo facendo in questo momento, comporta poi una serie di passaggi di fatturazione e di prestazioni che complicherebbe ulteriormente la vicenda.

    Mi rendo conto che questo non è numericamente importante, però fa parte di quel segnale che la società civile e il privato sociale in particolare, che vuole in qualche modo intervenire sull’organizzazione dei tirocini, possa avere uno spazio di contribuzione, di organizzazione, di promozione anche con un contributo economico diretto e non solo magari con un impegno alla promozione senza un coinvolgimento economico.

    Un’ultima cosa. Sono perfettamente d’accordo che il tirocinio debba essere visto come una misura formativa e, quindi, tutte le interpretazioni che sconfinano in maniera confusiva nell’assimilarlo a un rapporto di lavoro credo mettano in difficoltà il sistema e gli utenti stessi nell’interpretare. In particolare, vi faccio un esempio: nel conteggio della percezione dell’indennità, se un tirocinante porta il certificato medico, l’assenza è contata come un’assenza consentita e quindi continua il percepimento dell’indennità.

    Per quello che conosco e per quello che ricordo, nessun utente in formazione percepisce qualche riconoscimento di qualsiasi tipo, anche della presenza stessa, in nessuna attività formativa. È fatta salva – c’è sia nell’accordo nazionale che nelle norme precedenti, nelle norme che sono in vigore oggi – la precisazione che, se uno ha una malattia importante, ha la possibilità di recuperare questo tempo, che è un tempo formativo se uno lo fa, non se uno sta a casa per qualche motivo. I motivi per cui sta a casa non debbono essere sovrapposti alle tutele di un rapporto di lavoro.

    Abbiamo visto che in casi rari c’è qualcuno che ne approfitta un po’. Siccome stare a casa con un certificato e andare al tirocinio è la stessa cosa, chi ha la possibilità di produrre un certificato medico si prende la sua indennità, finisce il tirocinio, chiude l’esperienza e non appare neanche minimamente preoccupato di chiedere dei prolungamenti, delle reiterazioni del periodo che ha perso per malattia. Credo che questo sia un segnale chiaro per riassestare il tirocinio come misura formativa, e non solo come misura di tutela del lavoro, che è altra materia, secondo me.

     

    PARUOLO. Grazie.

    La parola a Maurizio Mirri, Gi Group.

    Si prepari Maurizio Cini.

     

    MIRRI, direttore Italia politiche attive Gi Group. Buongiorno a tutti.

    Rivolgo un ringraziamento all’assessore, al presidente di Commissione e ai consiglieri che hanno consentito la partecipazione anche di soggetti come la società che io rappresento a questa importante audizione su un testo di legge per noi particolarmente significativo.

    Sono Maurizio Mirri, direttore Italia delle politiche attive di Gi Group. Gi Group è un’agenzia per il lavoro associata ad Assolavoro che, in questo momento, esprime anche la delega alle misure di politica attiva. Non a caso usiamo il termine “politica attiva” perché riteniamo il tirocinio uno strumento di politica attiva in grado di migliorare il tasso di occupazione giovanile.

    Dati della Regione Emilia-Romagna, dati prodotti a fine novembre, ci dicono che in Regione Emilia-Romagna la percentuale di disoccupazione giovanile, per quanto ben al di sotto della media nazionale, sia una percentuale che ancora oggi si attesta attorno al 23 per cento. I dati ANPAL, che considerano la trasformazione dei contratti di tirocinio in contratti di apprendistato, ci dicono che il 36 per cento dei tirocini realizzati in ambito di Garanzia Giovani si trasforma in contratti d’apprendistato.

    Metto in relazione questi due numeri perché – aggiungo un terzo elemento –, leggendo la relazione tecnica, siccome nomina sunt consequentia rerum, compare il termine “impennata dei tirocini”. Io mi sarei aspettato una positiva crescita, perché “impennata” dà un po’ l’idea di qualcosa che corre il rischio di essere fuori controllo.

    Nello scorrere il testo di legge avanziamo qualche preoccupazione in questi termini. Riteniamo, come abbiamo detto, ma questi sono, lo ripeto, anche i dati ANPAL, che lo strumento del tirocinio sia un formidabile strumento di trasformazione di un’esperienza di politica attiva a contenuto formativo in contratti di lavoro. Quindi, applicando un’equazione anche molto banale, più se ne attivano, più si trasformano i medesimi in contratti di lavoro stabile.

    Leggere, nel corso del testo di legge, alcuni passaggi, in realtà ci fa intendere – non credo sia questa la volontà precipua – una sorta di diffidenza verso la misura, diffidenza verso l’impresa e un’esigenza quasi di calmierare, onde domare l’impennata di questa misura. Mi riferisco, in particolare, all’articolo 5, laddove vengono esplicitati anche 45 giorni di tempo per addivenire a un pronunciamento definitivo circa la bontà qualitativa formale e anche contenutistica del tirocinio stesso.

    Le imprese che richiedono di attivare tirocini sono imprese normali, cioè imprese che stanno con i tempi dell’impresa, in lassi di tempo decisionale molto breve. Dire già ad un’impresa: “partiamo con il tirocinio, però, nel caso in cui la documentazione non fosse precisa, ci sono 45 giorni di tempo per avere un pronunciamento” sicuramente non è un booster per innalzare – perché noi riteniamo che questo debba essere un obiettivo – il numero di tirocini, quindi, conseguentemente, anche le trasformazioni dei medesimi, ma è un primo segnale di diffidenza che, sicuramente, corre il rischio di limitare la disponibilità di imprese ad avviare la misura.

    Ultima cosa. Anche scorrendo il testo delle sanzioni, noi non siamo assolutamente per la deregolamentazione. Riteniamo che il tirocinio sia uno strumento di politica attiva a contenuto formativo, che vada valutato e regolamentato. Quando, però, troviamo due articoli che recitano, in termini draconiani, l’elenco delle sanzioni, nella lettura del disegno, chi se lo trova di fronte capisce che il tirocinio è una cosa che va fatta, ma sembra quasi qualcosa che porta in sé un contenuto pericoloso dal punto di vista del non corretto utilizzo.

    Credo che esistano già tutti gli strumenti di controllo di legge per perseguire i casi di non corretta applicazione dello strumento del tirocinio. Mi sarei aspettato più coraggio da questa Regione, che ne ha sempre avuto ed è sempre stata anche all’avanguardia nell’ambito delle politiche comunitarie, dicendo: “Bene, quell’impennata la domiamo in positivo. Facciamo galoppare il cavallo dandogli delle regole. Facciamolo galoppare non istillando la paura che ci si trovi di fronte ad uno strumento che, in qualche modo, si prefigura come un contratto di lavoro subordinato mascherato”, cosa che nessuno, fra i soggetti promotori, ma nemmeno le imprese che ospitano, nel rispetto della legge, può sognarsi di fare.

    Finisco dicendo che ho fatto questo intervento partendo dal fatto che noi gestiamo all’interno delle misure di politica attiva circa 5.000 tirocini come soggetto promotore a livello Italia, di cui 500 in questa Regione. Vorremmo poterne gestire di più, non tanto in termini economici, ma in termini di capacità di mediare fra le opportunità che le imprese mettono a disposizione e la disponibilità di persone interessate a un processo di politica attiva a contenuto formativo con un esito occupazionale, almeno per la media censita da ANPAL del 36 per cento. Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie.

    La parola a Maurizio Cini, dell’Associazione farmacisti.

    Si prepari Francesco Falcone.

    Cerchiamo di restare nei tempi, come l’ultimo intervento, che è stato giusto nel timing.

     

    CINI, Associazione farmacisti Emilia-Romagna. Grazie, presidente.

    Io rappresento una piccola associazione di farmacisti, ma mi occupo a livello nazionale dei problemi di questa categoria. Sto seguendo, fin dal marzo dell’anno scorso, il disegno di legge della Regione Emilia-Romagna, ai fini del recepimento di ciò che fu concordato in sede di Conferenza Stato-Regioni in relazione al divieto di attivazione di tirocini di formazione e di orientamento relativo ai laureati e abilitati all’esercizio di una professione.

    Questa situazione riguarda prevalentemente i farmacisti, perché credo che pochi siano i tirocini che sono stati attivati per medici, per veterinari, per infermieri. Quella di farmacista è una professione di cui si ottiene l’abilitazione a seguito di un percorso formativo universitario di cinque anni, comprensivo di un tirocinio curriculare di sei mesi. A seguito del conseguimento del titolo di studio, il laureato in farmacia supera l’esame di Stato e l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di farmacista e, dopodiché, si iscrive anche all’Ordine professionale.

    Quello che ci si chiede è perché finora siano stati attivati centinaia di tirocini con giovani farmacisti, per formare e orientare ci si chiede a che cosa, in quanto, giuridicamente, l’abilità con l’esercizio della professione non ha bisogno di ulteriori abilitazioni. Poi, qualunque persona che entra in un mondo professionale è indubbio che qualcosa dovrà impararla, ma questo è nell’ordine delle cose in qualunque attività.

    Quello che ci preoccupa, e preoccupa anche gli Ordini professionali, ai fini dell’occupazione, è che talvolta – leggo la disposizione che è praticamente speculare rispetto all’accordo Stato-Regioni – “non sono attivabili tirocini in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione”. Qui c’è un complemento di limitazione: qualora il laureato abilitato, eccetera, andasse a svolgere un’attività, sia in farmacie pubbliche che in farmacie private, sarebbe legittimo il tirocinio qualora non svolgesse attività tipiche, ovvero, riservate alla professione.

    A questo punto, io mi appello alle attività di controllo, non ultime anche a quelle repressive, che sono state evocate negli interventi sia introduttivi che di alcuni relatori che mi hanno preceduto.

    Onestamente, auspico la celere approvazione ed entrata in vigore di questa legge regionale, perché, a questo punto, la problematica riguarda – sicuramente – una nicchia rispetto ai circa 30.000 tirocini attivati, come è stato riportato dall’assessore, una nicchia che riguarda alcune centinaia di lavoratori in un settore, quello dei farmacisti, che vede livelli di disoccupazione non irrilevanti.

    Questo problema esiste e quindi occorrerà che anche la Regione, a livello di controlli, verifichi su tutto. Qualora vengano attivati tirocini per farmacisti abilitati e iscritti all’Ordine va verificato che non siano attivati per svolgere formalmente delle attività non riservate alla professione, ma che, di fatto, si manifestano con l’esercizio della professione, che è facilmente dimostrato, secondo norme ordinistiche, dall’indossare il camice bianco, il distintivo di appartenenza all’Ordine e, come recentemente previsto dal nuovo codice deontologico, anche da un cartellino identificativo con il numero di iscrizione all’Albo.

    Questo è quello che il presidente della Commissione ben sa, perché gliene ho parlato più di una volta. Siamo giunti alla conclusione di questo iter, che è stato molto lungo, partito a maggio 2017 con l’accordo Stato-Regioni, nel quale è stata prevista l’impossibilità di attivazione del tirocinio per questi laureati.

    Io ho finito. Spero che le mie parole vengano raccolte non tanto nell’approvazione, ma nell’applicazione pratica, dopo l’entrata in vigore.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Ringrazio Maurizio Cini.

    Interviene Francesco Falcone, IAL Emilia-Romagna.

    Si prepari Anna Olivieri.

     

    FALCONE, IAL Emilia-Romagna. Anch’io vi ringrazio per l’opportunità. Farò brevi considerazioni sull’articolo 8 e sull’articolo 26-sexies per quanto riguarda le sanzioni verso il soggetto promotore.

    Quando ho ricevuto la convocazione per questa opportunità ho riletto l’articolato che precedentemente avevo avuto modo di osservare e si è rafforzata in me qualche preoccupazione. Non ho notato differenze, per esempio, tra il dolo e la buona fede, aspetto che nell’ambito di questo sistema penso che in qualche modo possa essere considerato.

    Seconda questione. Ho notato, per l’ente che rappresento, differenze non esistenti tra un piccolo e un grande. Se un ente promuove dieci tirocini e ne sbaglia tre parliamo del 30 per cento. Per un ente che ne fa cinquecento, con tre errori c’è l’interdizione permanente, però assolutamente irrilevante sul piano percentuale in termini di errori.

    Vi è un’altra questione che mi sento di porre alla vostra attenzione. Nel momento in cui un soggetto si assume la responsabilità di aspettare, quindi di avere l’autorizzazione preventiva, diverse questioni si risolvono. Nella malaugurata scelta che si decida di spartire e si verifichi un errore soltanto formale, per esempio, di mancato invio… Io ho avuto un caso, proprio nei giorni scorsi, che ho potuto considerare, nonostante la firma dello studente. Lo dico per semplificare, perché anche io lo considero uno strumento di formazione, di preparazione che possa poi sfociare in lavoro. Su questo non c’è alcuna distinzione né alcun dubbio, anche al nostro interno.

    Questa persona ha firmato il progetto. Lo ha firmato il datore di lavoro, l’SRFC ha fatto il suo percorso, ma ha dimenticato di dare l’ultimo input. Probabilmente, anche in questo caso il sistema potrebbe generare una sorta di ricevuta immediata, come accade per i bonifici bancari, del tipo “tirocinio predisposto correttamente”. Questo potrebbe aiutare, perché siamo in presenza di errori assolutamente formali, che sono sicuramente deprecabili, perché non devono avvenire. A me non sfugge la questione dell’avvio prima e dopo. Tutta quella partita la conosco bene. La sanzione, però, è assolutamente eccessiva rispetto a un errore meramente formale.

    Il comma a) del primo articolo, sempre dell’articolo 26-sexies, recita: “A meno che non dimostri l’assenza di responsabilità”. Su questo sono rimasto nel buio, nel senso che non ho ben compreso che cosa voglia dire, se è uno spazio di giustificazione, di confronto o quant’altro. In base all’esperienza europea, mi veniva in mente questa soluzione dopo il secondo o il terzo caso. Non a caso ho fatto prima l’esempio di tre per un ente piccolo e tre per un ente grande come il mio, che ha sedi in tutte le Province della nostra Regione. Quindi, può capitare da una parte e dall’altra, con un’incidenza assolutamente su tutti, con effetti anche occupazionali, mi sento di dire.

    Faccio un esempio. Tutti gli effetti per quanto riguarda la gestione della legge n. 14 sull’inclusione sono nella stessa fattispecie. Tre errori su questo vuol dire complicarsi molto su quella tipologia di lavoro, se non spezzettando – e non so come – queste cose, perché non si potrebbe più fare un percorso integrato, come avviene oggi, nella presa in carico della persona per fare tutto il percorso, compreso il tirocinio.

    Probabilmente, servirebbe uno strumento in grado di prevedere una procedura di infrazione da aprire in Regione con l’ente che eventualmente si trova in queste condizioni, per comprendere e capire che cosa è successo realmente, in modo tale da valutare l’errore che è stato fatto: se c’è dolo o malafede, se c’è volontà di superare il livello formativo per altre tipologie contrattuali. Prima alcuni hanno fatto presente l’utilizzo improprio del tirocinio. Non c’è dubbio che quello debba essere interdetto, prendendosi tutte le sanzioni. Tra l’altro, viene rinviato anche all’Ispettorato del lavoro, se sfocia nella tipologia del lavoro. Quando facevo il sindacalista la normativa scattava automaticamente: lo assumi e lo tieni. Penso che sia ancora così. Mi potranno confortare i sindacalisti. Penso sia ancora così in presenza di illecito rispetto a questo. La sanzione è chiarissima.

    L’ente promotore, però, si ritrova in presenza di determinate situazioni. Pur avendo il tutore, pur dovendo controllare, pur dovendo verificare, rispondere esattamente in merito a che cosa avviene all’interno dell’azienda ospitante, avendo tutta quella parte di sanzioni, rischia di essere particolarmente gravoso.

    Per questo motivo mi permettevo di chiedere, con tutta l’umiltà possibile, un supplemento di considerazioni: se è possibile modulare, intervenire diversamente facendo alcune distinzioni che possano permettere di correggere gli errori, correggere e sanzionare i comportamenti che dovranno essere sanzionati.

    Assessore, i comportamenti sbagliati devono essere assolutamente corretti e sanzionati, però bisogna considerare anche che i vari errori possono avere natura e fattispecie diverse. Rispetto a natura e fattispecie diverse, penso sia giusto per tutti noi individuare la soluzione giusta per correggere i comportamenti e non per dare l’inabilità permanente. In questi casi, si tratta di interdizione perpetua e non vi è appello di nessun genere.

    Se faccio tre errori, che possono capitare, non ho più la possibilità di lavorare. Questo non vale solo per i tirocini, ma vi è il rischio che il tutto si perpetui su una serie di altre attività che si incrociano direttamente con i tirocini. Mi permetto di considerare molto attentamente questa fattispecie, perché rischia di essere molto negativa per quello che ho rappresentato.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Ringrazio Francesco Falcone.

    Interviene ora Anna Olivieri, di Confcommercio.

    Si prepari Barbara Maccato.

    So che è faticoso restare a sentire, però penso che tutti possiate apprezzare gli interventi svolti molto nel merito. Qui vicino a me il consigliere Boschini sta prendendo appunti in cirillico per riuscire a scrivere tutto dentro i fogli che ha. È scritto fitto fitto.

    La parola ad Anna Olivieri. Prego.

     

    OLIVIERI, Confcommercio. Buongiorno.

    Abbiamo partecipato ai lunghi e approfonditi lavori che hanno, poi, portato al progetto di legge. L’oggetto era il recepimento delle linee guida nazionali, quindi un aggiornamento della legge regionale. Non tornerò sui vari aspetti che abbiamo già approfondito, presi in considerazione anche da chi mi ha preceduto.

    Per provare a fare un passo avanti, vorrei reagire un po’ ai punti che ha evidenziato il relatore Boschini dicendo tre cose. La prima: laddove vi fossero parole in grado di qualificare gli oggetti o renderli più chiari, dovrebbe essere un aspetto valutabile.

    Per quanto riguarda la semplificazione, che è sempre opportuna ed utile, ad esempio per quanto riguarda la procedura di autorizzazione, se vi fossero delle possibilità di semplificazione sarebbero ben accette. È stata inserita per evitare di sentir dire che, alla fine, il tirocinio non aveva i requisiti. Questo crea sempre problemi per tutti, sia per l’azienda che per i tirocinanti, per la Regione e per eventuali finanziamenti. Anche in questo caso, quindi, se vi fossero possibilità di semplificazione, magari in tempi rapidi, sarebbe opportuno valutarle.

    Lo stesso discorso vale per il computo della premialità. Noi ci siamo attenuti a quello che prevedevano le linee guida cercando di migliorare questo aspetto. Però, anche in questo caso, se fosse possibile semplificarlo, senza alterare il contenuto, il tutto andrebbe valutato.

    Da ultimo, riteniamo che la possibilità di inserire i tempi determinati nel computo dei dipendenti rispetto ai quali è possibile ospitare tirocinanti sia un’occasione in più per qualcuno. Come giustamente lei sottolineava, non stravolge evidentemente l’impatto sul numero dei tirocinanti, però per quei pochi per i quali è possibile fare un’esperienza di formazione in situazione e, successivamente, anche per avere la possibilità di trovare un lavoro, riteniamo sia un’opportunità in più. Visto che lei sottolineava, in base alle simulazioni, che il tutto non viene stravolto, riteniamo possa essere utile lasciare questa possibilità prevista dalle linee guida.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Ringrazio Anna Olivieri.

    Interviene Barbara Maccato, di Confartigianato.

    Si prepari Lauro Borsato.

     

    MACCATO, Confartigianato. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio. Sarò velocissima. Forse utilizzerò anche meno di cinque minuti.

    Credo che il testo che abbiamo faticosamente consegnato alla Commissione sia stato un lavoro di confronto, a volte anche molto complesso e duro, in cui si è tentato di produrre un equilibrio, con un punto di partenza, che erano le linee guida nazionali, non semplicissimo da calare anche nella realtà emiliano-romagnola, sapendo che quel punto di partenza era un punto di partenza che tentava di assimilare realtà, anche sul piano del mercato del lavoro, molto diverse.

    Lo sforzo è stato quello di tentare di trovare una mediazione, che, come diceva il mio collega Monzani, ha lasciato in molti di noi l’amaro in bocca, perché, ovviamente, dentro quel testo siamo consapevoli esserci degli elementi sui quali non siamo così entusiasti. Tuttavia, nel complesso è stata una mediazione sulla quale, alla fine, tutti quanti hanno convenuto.

    Comprendo le sottolineature di criticità che da parte di alcuni dei soggetti promotori oggi qui sono emerse. Credo che la fase di applicazione e di sperimentazione dovrà essere tale per cui tutti siano messi in grado di avere l’opportunità di mettere i sistemi informativi in una situazione di dialogo perfetto, perché il sistema sanzionatorio siamo consapevoli essere un sistema sanzionatorio anche molto importante, sapendo che il punto di partenza non era quello che oggi vedete scritto. A qualcuno chiedo di andare a leggere quello che c’era scritto nelle linee guida sul piano del sistema sanzionatorio. Con un esercizio complicato si è arrivati lì, sapendo che, comunque, non si poteva totalmente abbandonare quell’indicazione da parte delle linee guida che erano state condivise a livello nazionale.

    Due parole sulle sottolineature da parte del consigliere Boschini, che è il relatore. L’elemento critico è quello del computo. È stato introdotto, tra le tipologie di lavoro, anche il tempo determinato. Il testo vi è stato consegnato un anno fa. La situazione, nel frattempo, si è fortemente modificata sul piano normativo. Prego tutti di tenere anche in considerazione questo elemento, perché l’utilizzo del tempo determinato si è fortemente ridotto. La possibilità di utilizzarlo da parte delle imprese con l’introduzione di modifiche sul piano legislativo ha fatto sì che quelle considerazioni che erano state fatte un anno fa debbano essere tarate su un quadro anche molto diverso.

    Un’ultima cosa e poi termino. Se vogliamo chiamare tutor anche il responsabile che dovrà seguire i tirocini all’interno del soggetto ospitante, non ho alcun problema, però dobbiamo essere consapevoli che, dopo avergli attribuito tale appellativo, non possiamo pensare poi di dover fare formazione suppletiva a questi soggetti, perché questi soggetti devono avere delle caratteristiche precise, che sono quelle di possedere professionalità utili a trasferire delle competenze al tirocinante.

    Abbiamo aderito alla richiesta della Regione di limitare il tirocinio in massimo sei mesi, avendo un punto di partenza che ci consentiva di dire che la durata, invece, era quella di dodici mesi. Sei mesi sono un tempo molto limitato, nel quale deve essere consentito al tirocinante di acquisire delle competenze che siano quelle effettive del progetto. Quindi, deve essere assolutamente indirizzato in tal senso.

    I dati oggi ci dicono che, in questa regione, i tirocinanti che hanno un’esperienza lavorativa supera il 60 per cento dei tirocini che sono stati attivati. Questo credo sia un elemento che ci consente di dire che è uno strumento di avvio e di inserimento al lavoro che è sicuramente utile all’intero sistema.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Ringrazio Barbara Maccato.

    Vi chiedo scusa perché erroneamente era rimasto acceso il mio microfono e, quindi, la telecamera non inquadrava chi stava parlando. Stiamo sperimentando questo nuovo sistema automatico. Anche noi dobbiamo imparare.

    Interviene adesso Lauro Borsato di CNA Emilia-Romagna.

    Si prepari Gianluca Rusconi.

     

    BORSATO, CNA Emilia-Romagna. Buongiorno a tutti.

    Io sarò schematico e veloce. Devo cominciare complimentandomi e ringraziando l’assessore e il relatore di maggioranza perché hanno aperto confermando l’importanza per l’Istituzione Regione della concertazione sociale. Questo è un punto di partenza che non è mai scontato e che è sempre importante ribadire, anche perché abbiamo parlato e abbiamo lavorato tutti quanti, partendo da presupposti diversi, per dare struttura a un’importantissima misura di politica attiva e – aggiungo – efficace, perché abbiamo un tasso di trasformazione superiore al 60 per cento in questa regione per quanto riguarda l’artigianato, per il piccolo mondo che vedo io. Siamo anche al di sopra.

    Aggiungerei che è una misura di politica attiva che ha un rapporto costi-benefici assolutamente favorevole. Attivare un tirocinio costa, a livello di oneri pubblici, veramente poco e il risultato è più che evidente. Il lavoro svolto è stato importante, un lavoro sul quale le parti datoriali non hanno lasciato poco per quanto riguarda, ad esempio, la durata del tirocinio, sancita a non oltre sei mesi, per quanto riguarda il sistema sanzionatorio, quantomeno severo, per quanto riguarda le norme sui licenziamenti che escludono dalla possibilità di attivare il tirocinio, dove troviamo anche il licenziamento durante il periodo di prova o la mancata trasformazione dei contratti di apprendistato, che onestamente ritenevamo non corrette. Tuttavia, abbiamo aderito a questo testo e lo difendiamo, anche nelle parti che non ci soddisfano pienamente. Questo lo sottoscrivo.

    Con riferimento alle proposte, per arrivare rapidamente al dunque, innanzitutto per quanto riguarda la premialità avete proposto una cosa semplice, ma limpidissima e pulitissima. Mi pare veramente un meccanismo ragionevole.

    Per quanto riguarda il tutor aziendale, farei questo breve ragionamento. Parliamo di imprese che hanno quattro o cinque dipendenti, forse sei addetti se c’è un socio oltre al titolare. Queste imprese fanno ampio uso del dispositivo dell’apprendistato, che prevede già un tutoraggio per tutta la formazione interna. Quindi, la figura del titolare, che spesso se ne fa carico, è già preparata per svolgere questa funzione. Non ho problemi a chiamarlo come di fatto si chiama. Il mio timore è che non generi oneri formativi obbligatori, perché sono persone che, oltre ad occuparsi dell’azienda, oltre a lavorare direttamente in produzione, hanno anche tutti gli altri oneri dei datori di lavoro delle piccole imprese.

    Per quanto riguarda il tempo determinato, visto l’ultimo rapporto sul lavoro fatto dal Centro studi di CNA, che rappresenta uno sguardo di carattere nazionale e non regionale, emerge che dal 2014 al 2018 l’incidenza dei contratti a tempo determinato nella base occupazionale complessiva è passata dal 5,6 al 24 per cento. Credo che la risposta data con questa legge (sostanzialmente, prendere in considerazione solo i contratti a tempo determinato che durano più di sei mesi, visto che devono iniziare prima e finire dopo) sia un ottimo compromesso.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie.

    Interviene ora Gianluca Rusconi.

    Si prepari Eugenia Rossi di Schio.

     

    RUSCONI, Confindustria Emilia-Romagna. Buongiorno a tutti.

    Sono il rappresentante di Confindustria, per chi non mi conoscesse.

     

    PARUOLO. Chiedo scusa. Ho mancato io, che non l’ho presentata.

     

    RUSCONI, Confindustria Emilia-Romagna. Nessun problema.

    Ringrazio il presidente della Commissione e i membri tutti per questa occasione ulteriore, definiamola così, di approfondimento.

    Vorrei fare un paio di sottolineature di metodo e un paio di merito, per fornire una prima risposta alle proposte che il consigliere relatore ha avanzato in questa occasione e anche per fornire ulteriori elementi ai fini dell’esame in Commissione.

    Partiamo dal metodo. Il metodo non è secondario nel momento in cui si arriva alla definizione di un progetto di legge così importante. Mai come in questa occasione il metodo che l’assessore ha ricordato nel suo intervento, cioè quello della discussione in CRT (che non nasce oggi, ma nel 1999, con la legge n. 3, la cosiddetta “Bassanini regionale”), è un metodo di cui la CRT si è fatta portavoce, ma rappresenta un metodo che abbiamo condiviso in un altro strumento, ossia il Patto per il lavoro, in base al quale – è un impegno che hanno preso tutti, noi compresi – sui provvedimenti di maggiore rilievo, di carattere regionale, ci devono essere sedi di concertazione. La concertazione è un valore. Lo ricordo perché quello che voi oggi trovate in sintesi in un progetto di legge è un metodo che ha consentito alla Giunta di fare una scelta, cercando di trovare il punto di equilibrio rispetto ad esigenze diverse.

    Capisco che ognuno oggi abbia voluto rappresentare e mettere i puntini sulle “i” delle proprie esigenze, ma non è secondario il fatto che questo progetto di legge sia frutto di un approfondimento di diversi mesi su un tema così delicato. Il tema così delicato è quello che attiene a come implementare la forza occupazionale giovanile nel mondo del lavoro della nostra regione. Questo è l’obiettivo.

    L’obiettivo che noi abbiamo condiviso con questa Amministrazione è quello di creare maggiori occasioni di lavoro in un momento – lo ricordo – non così lontano, anzi, purtroppo, anche oggi, molto attuale, dove l’economia aveva serie problematiche. Lo ricordo perché quel metodo ha consentito a questa Amministrazione di trovare un punto di sintesi, punto di sintesi che ovviamente presenta del malcontento anche da parte degli attori di quel tavolo. Noi avremmo voluto altre cose, ma per responsabilità abbiamo accettato la soluzione che ci è stata fornita, ripeto, per responsabilità.

    Ho voluto fare questa sottolineatura perché non è secondario il fatto che questo metodo ha portato ad un testo che noi condividiamo. Noi vorremmo che quei 27.000 tirocinanti riportati nella relazione di accompagnamento al progetto di legge – l’assessore poi ci ha dato un dato più aggiornato, di quasi 30.000 per il 2018 – potessero raddoppiare nei prossimi cinque anni. Per farli raddoppiare, però, dobbiamo creare le condizioni. I primi che devono creare le condizioni siamo noi, soggetti ospitanti, i soggetti che noi rappresentiamo. I soggetti ospitanti devono avere le condizioni per poter avviare questi tirocini in una logica quantomeno di uniformità nel territorio nazionale. Non è semplice tradurre le linee guida in un articolato di legge.

    Parità di condizioni significa che non possiamo entrare in un livello di dettaglio definitorio che ci porti ad aprire possibili forme di contestazione sull’aspetto maggiormente formativo, o meno, rispetto a quel tirocinio. Non è quella la finalità. La finalità è insegnare un mestiere a un giovane o a chi è fuori dal mondo del lavoro da diverso tempo e vuole rientrarvi con una logica di politica attiva e non di sussidio, come stiamo vedendo in questo momento. Noi vogliamo che questa possibilità sia fornita attraverso una strumentazione semplice, lineare, di immediata attuazione. Non possiamo permetterci di riaprire un dibattito su contratti a termine e contratti a tempo determinato. È finita quella stagione. Noi dobbiamo andare oltre, dobbiamo guardare avanti. Non possiamo soffermarci sul computo del tirocinante in funzione dei contratti a tempo indeterminato e non determinato. È una sintesi la scelta che trovate nel progetto di legge, frutto di una discussione di mesi e mesi. Non riapriamola in questo contesto. Abbiamo bisogno di dare risposte a questi giovani. Non a caso abbiamo firmato un addendum del Patto per il lavoro pochi mesi fa proprio con il focus sui giovani. È lì che vogliamo puntare.

    A questo punto, arrivo al merito dei primi tentativi di risposta che lei, consigliere, merita rispetto alle anticipazioni che ci ha fornito. Non ci impicchiamo – uso un termine non giuridico – sulla parola in più o in meno nella definizione dell’articolo 1, enfatizzando o meno l’aspetto formativo. A noi interessa la sostanza. Peraltro, lo riportano le linee guida. Non è quello il discorso. Attenzione, però, a dove andiamo a parare. Se dobbiamo caricare di maggior onere formativo un tirocinio che dura sei mesi, capite anche voi che parliamo di un termine (sei mesi) non così lungo per fare un certo tipo di investimento. A questo punto, do già la risposta alla sua seconda proposta, cioè quella di rafforzare questo elemento della formazione. Attenzione. Dobbiamo rimanere nell’alveo dello strumento. La formazione ha altri istituti, altre fattispecie.

    Fornisco un ultimo elemento, sempre per il confronto. Non abbiamo condizioni ostative al fatto di modificare l’elemento della premialità rispetto alla trasformazione in contratti di lavoro. Lo diceva prima la collega Maccato: il 61 per cento dei tirocinanti è stato confermato con contratti di lavoro. Se la modifica al testo serve per semplificare la premialità all’aumento del tirocinio in funzione di elementi virtuosi, siamo d’accordo. Non conosciamo bene l’articolato, ma non abbiamo elementi ostativi. L’importante – ripeto – è l’obiettivo: insegnare un mestiere ai giovani. Non dimentichiamoci l’obiettivo.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Ringrazio Gianluca Rusconi.

    Interviene Eugenia Rossi di Schio, dell’Università di Bologna.

    Si prepari Antonio Amoroso.

     

    ROSSI DI SCHIO, Università di Bologna. Buongiorno a tutti. Grazie per la vostra attenzione. Ringrazio l’assessore Bianchi, il presidente di Commissione Paruolo e il relatore Boschini per questa occasione.

    Io sono una docente delegata dell’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna. Ho attivato una piccola fettina dei 30.000 tirocini avviati nella nostra regione. Questa piccola fettina, però, ne rappresenta qualche centinaio. Quella dell’Università è una visione differente, una visione molto di nicchia. Ovviamente, i tirocini che l’Università attiva sono riferiti ai propri studenti, quindi ai propri neolaureati. Vi ho detto che ne abbiamo attivato qualche centinaio. Con riferimento, però, ai tirocini curricolari, quelli per i nostri studenti, vi comunico che ne abbiamo attivati più di 20.000 (precisamente 20.497). Abbiamo maturato un’esperienza consolidata e ampia sull’uso di queste tipologie.

    Io ho dato un’occhiata ai dati nazionali. In Italia si sono attivati lo scorso anno – o, meglio, forse nell’anno antecedente, perché sono dati relativi a comunicazioni obbligatorie 2018 – più di 1.000 tirocini al giorno, comprese anche le domeniche e i festivi, e la metà di questi sono restati attivati per giovani con meno di venticinque anni, senza significative differenze di genere. Ciò significa che tutto sommato è una politica ampiamente utilizzata e che, quindi, merita una riflessione.

    Da questo punto di vista, a proposito di quanto veniva proposto e di quanto era emerso da sollecitazioni esterne all’articolato di legge così com’è, va benissimo l’idea di ripristinare l’aggettivo “formativo”. Siamo assolutamente convinti che si debba sottolineare l’aspetto formativo delle esperienze di tirocinio, prima ancora della politica attiva.

    Evidenzio anche, proprio dal punto di vista dei tirocini per gli studenti neolaureati, che con questo articolato di legge è stata abolita la categoria del tirocinio formativo, ossia del tirocinio riservato al neolaureato entro un anno dal conseguimento del titolo. Ebbene, gli organi accademici dell’Università di Bologna hanno deliberato che, comunque, i tirocini saranno eventualmente attivati presso l’Università di Bologna sempre nell’ambito dei dodici mesi dal conseguimento del titolo, però forse potrebbe essere interessante ripristinare anche nello specifico questa tipologia. Tecnicamente potrebbe venire da noi a chiederci di attivare un tirocinio una persona che ha conseguito il titolo una trentina di anni fa. È giustissimo, per il mio modo di pensare, che il tirocinio possa essere utilizzato anche per momenti di riconversione o acquisizione di nuove competenze nei percorsi della vita, ma il tirocinio formativo sarebbe interessante farlo rimanere.

    Faccio un piccolo cenno sull’articolo 9. Anch’io ritengo che sarebbe opportuno ribaltare l’obbligo dell’assicurazione, mettendolo prima sul soggetto ospitante e poi, eventualmente, in seguito ad apposite delibere in merito, sul soggetto promotore. Lo so che oggi è sul soggetto promotore, però penso che questo potrebbe snellire un pochino la situazione.

    Sempre a proposito del tecnico, nell’articolo 26-ter (sostanzialmente l’articolo 5 dell’articolato di legge, quello che disciplina i tempi di autorizzazione e verifica), nella seconda riga, è scritta la locuzione “dopo dieci giorni” che mi piacerebbe diventasse “entro dieci giorni”. Lo dico perché “dopo dieci giorni” non è chiaro, è un tempo infinito. Buonsenso vuole che siano dieci giorni, però mi piacerebbe che si scrivesse “entro dieci giorni”, questo perché molto spesso c’è il desiderio di partire con il tirocinio il prima possibile. Nel momento in cui il soggetto ospitante e il giovane desiderano accedere al tirocinio, c’è sempre l’esigenza di accorciare il più possibile i tempi.

    Da questo punto di vista, riuscire a snellire, a non rendere la sanzione evidente, a togliere l’obbligo di “rinuncia rettifiche” per chi desidera rinunciare a questi dieci giorni, potrebbe rappresentare un alleggerimento della procedura. Del resto, sommando tutti gli intervalli di tempo (dieci più quarantacinque più trenta), si potrebbe arrivare a tempi davvero molto dilatati. Faccio fatica a dare suggerimenti in merito, però mi piacerebbe poter snellire questa parte.

    Un ultimissimo commento riguarda la fase di monitoraggio. Prima era emersa l’idea di introdurre un questionario. In questo momento, però, c’è la certificazione tramite SIFER. Probabilmente, è il potenziamento della certificazione l’attività più giusta da fare. Anziché introdurre un ulteriore strumento parallelo, il suggerimento è di potenziare lo strumento della certificazione tramite SIFER.

    Mi piacerebbe che la certificazione viaggiasse di più nella direzione di una riflessione sull’esperienza fatta, nel senso che l’esperienza formativa è davvero tale se si ha un momento, oltre che per acquisire nuove competenze, anche per riflettere e acquisire consapevolezza delle competenze acquisite. Peraltro, questo potrebbe essere anche lo strumento da utilizzare nel momento in cui si vogliono superare eventuali possibili abusi del tirocinio nel caso di malattie prolungate. Qualche collega che mi preceduto ha posto questo tema durante il proprio intervento. Si potrebbe semplicemente non certificare la qualità del tirocinio in assenza di tempi congrui per poter davvero acquisire le competenze.

    Vi ringrazio per l’attenzione. In merito al recepimento delle linee guida attraverso ventuno norme regionali o di Province autonome differenti, va benissimo “niente omogeneizzazione”, come diceva l’assessore Bianchi, ma pensiamo all’armonizzazione. Forse l’armonizzazione poteva essere un pelino più efficace. Guardiamo queste norme. Le Regioni Veneto e Lazio hanno piattaforme dedicate in cui inserire i dati; la Regione Lombardia prevede un raccordo quindicinale con il tirocinante, quindi una verifica quasi continua, estremamente frequente della qualità delle attività svolte; la Regione Campania prevede il questionario con l’espressione dell’opinione del tirocinante. Insomma, siamo molto ampi. L’Università di Bologna ha il 50 per cento degli studenti che viene da fuori regione. Ovviamente, ci sarebbe il desiderio di attivare tirocini rispettando tutte le norme regionali, ma questo diventa molto difficile in quanto sono davvero molto distanti e molto complesse. Viceversa, dal punto di vista di un’azienda, cosa succede? Un’azienda che ha sedi in più regioni può scegliere secondo quale normativa attivare un tirocinio? Lo lascio come punto di domanda.

    Grazie a tutti.

     

    PARUOLO. Ringrazio Eugenia Rossi di Schio.

    Interviene Antonio Amoroso, che è l’ultimo, a meno che Paola Seminara, che aveva lasciato un punto interrogativo, una fiche sul tavolo, non decida di esercitarla. Non vedo mani alzate. Quindi, se Paola Seminara non lo segnala, consideriamo questo come intervento conclusivo.

    Prego, Antonio Amoroso.

     

    AMOROSO, CISL Emilia-Romagna. Anch’io ringrazio tutti. Rappresento la CISL, componente della Commissione regionale tripartita. Come hanno sottolineato finora i colleghi che seguono insieme a noi i lavori della Commissione tripartita, anch’io voglio evidenziare che questo è il risultato di un lungo lavoro di confronto, che ha portato a questo equilibrio e a questi punti di caduta, ovviamente con le competenze che massimamente siamo riusciti a mettere insieme e con le aspettative di ciascuno.

    Naturalmente, come abbiamo detto in un’occasione precedente, da parte nostra, fermi restando il potere, la responsabilità e il diritto dell’Assemblea legislativa in particolare, a partire dalla Commissione, riteniamo giusto che possano intervenire. Come ha detto il relatore di maggioranza, è una materia così delicata e così complessa, per i numeri, le persone e le aziende coinvolte, che è assolutamente corretto, giusto e opportuno che l’Assemblea legislativa abbia tutte le informazioni. È anche apprezzabile l’atteggiamento di ascolto che ci viene proposto in questa fase, in questa scelta che ha fatto la Commissione. Vi ringraziamo anche per questo.

    Fatta questa premessa, relativamente alle proposte avanzate dal relatore, già a partire dall’articolo 1, il nomen iuris, così come veniva proposto, al di là di come la si possa pensare, come Commissione tripartita, ma sicuramente come organizzazione sindacale pensiamo che il peso fondamentale di questo strumento debba essere la parte formativa, ribadendo che, in effetti, non si tratta di un rapporto di lavoro. Il suo obiettivo fondamentale è di dare competenze e conoscenze ai giovani e ai meno giovani che partecipano a un tirocinio.

    D’altra parte, riguardando bene l’articolato, ci sono due passaggi fondamentali che danno un senso alla questione. Il primo attiene al fatto che il progetto formativo deve avere a riferimento una qualifica del sistema regionale. Quindi, mettiamo in rete anche questo importante strumento, ossia quello del repertorio regionale delle qualifiche, che deve portare sempre di più le professionalità e le competenze che vengono fornite ad un sistema riconosciuto dal sistema produttivo. Scusate la ripetizione.

    Vi è, poi, un articolo in cui si stabilisce che si deve garantire l’acquisizione delle conoscenze, che fanno parte almeno di una unità di competenze previste dalla qualifica. Va assolutamente in questa direzione il lavoro svolto. In base a questo, la formazione che si vuole fornire non è solo misurata con la realtà produttiva, ma può essere trasversalmente utilizzata anche in altre situazioni. Il discorso è esattamente questo. Non so se questa in parte possa essere una risposta. Non ho capito bene la proposta del relatore nella parte in cui parlava di formazione complementare. Naturalmente, voi avete la libertà di intervenire. L’importante è che non ci siano aggravi. Credo sia già ben qualificato l’articolato che viene proposto.

    Vengo alla semplificazione. Se nel testo l’Assemblea legislativa, la Commissione riesce a introdurre miglioramenti che non stravolgono gli obiettivi, gli equilibri che sono stati posti, per noi non c’è nessun problema. D’altra parte, ci sono anche alcune osservazioni che vale la pena tenere in considerazione, di cui hanno parlato i rappresentanti degli enti di formazione.

    Non è mai stato nel nostro spirito individuare una modalità sanzionatoria persecutoria. Ci sono anche atti amministrativi, attuativi, in grado di meglio specificare il tutto nel caso di errori formali. Adesso, magari, possiamo vederlo nel testo di legge. Non tutto si può risolvere in un testo di legge. Ci sono alcune questioni pratiche che, ascoltando anche chi ci lavora, chi formalmente fa determinate procedure, si possono sicuramente migliorare. La nostra filosofia non è quella di sanzionare inutilmente o pesantemente chi comunque lavora bene. Ogni tanto può capitare di fare un errore. Vanno sanzionati i comportamenti distorsivi e gli abusi, eventualmente, dello strumento.

    Stessa filosofia sulla premialità. Se si può semplificare, nessun problema. La base di calcolo a tempo determinato – ripeto quanto detto da chi mi ha preceduto, della Commissione tripartita; l’ultimo in particolare che l’ha sottolineato è Confindustria – è un punto di equilibrio faticosissimo che è stato trovato. Pensiamo che vada mantenuto così com’è.

    Credo di aver rispettato i cinque minuti.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie.

    Passiamo all’ultimo intervento.

    Paola Seminara non ha dato segno di voler intervenire.

    Si era persa la richiesta di intervento di Mario Bernardi, che adesso invito ad intervenire, dell’Associazione Bancaria Italiana. Sarà l’ultimo intervento.

     

    BERNARDI, Associazione Bancaria Italiana. Buongiorno a tutti. Grazie per l’opportunità che ci viene concessa di esprimere alcune considerazioni. Sono Mario Bernardi, dell’Associazione Bancaria Italiana. Mi scuso, non sono un tecnico della materia, quindi vi leggerò alcune considerazioni che hanno espresso i nostri specialisti.

    ABI condivide l’importanza della definizione di una compiuta, organica e omogenea disciplina della materia su tutto il territorio nazionale. Considerata la rilevanza dell’istituto quale modalità privilegiata di integrazione della relazione tra giovani e mondo del lavoro, la presenza di una cornice normativa uniforme nei territori regionali costituisce elemento di particolare rilevanza ai fini dello sviluppo dei tirocini stessi, in particolar modo per quelle realtà produttive multi-localizzate quali sono le aziende bancarie che operano sull’intero territorio nazionale. Certamente, oltre all’importanza condivisa di un corretto utilizzo dell’istituto in esame, di rilievo risultano essere gli obiettivi del progetto di legge, in commenti espressi nella relazione illustrativa, di un costante monitoraggio anche qualitativo dei tirocini nell’ottica di favorire e sostenere l’efficace e buon utilizzo dello strumento del tirocinio.

    In tale prospettiva si portano, peraltro, all’attenzione alcune previsioni contenute nel progetto di legge che, pur nella loro condivisibile finalità, introducono oneri procedurali aggiuntivi che rischiano di penalizzare l’utilizzo di tirocini medesimi e conseguentemente la loro importante funzione di politica attiva. Ci si riferisce innanzitutto alla previsione di cui all’articolo 26-ter del progetto di legge, che, nel modificare l’attuale normativa regionale, introduce una specifica disciplina non contenuta nelle linee guida della Conferenza Stato-Regioni del 25 maggio 2017 relativa ad una procedura informatica di autorizzazione e verifica preventiva da parte dell’Agenzia regionale per il lavoro dell’Emilia-Romagna sul rispetto degli adempimenti documentali relativi all’attivazione dei tirocini.

    L’effettiva attivazione del tirocinio viene subordinata all’esito positivo di tale procedura informatica ed il mancato rispetto di quanto ivi previsto è sanzionato con l’interdizione per la durata di tre anni dall’attivazione di tirocini. Ferma l’opportunità di un monitoraggio dello strumento in parola, si ritiene che gli oneri burocratico-amministrativi correlati a tale procedura possano frenare il ricorso al tirocinio limitandone l’efficacia di politica attiva, ritenendo, viceversa, che il profilo qualitativo sia adeguatamente garantito dalle organiche previsioni già sul punto contenute nelle linee guida del 2017.

    Per quanto concerne, poi, le disposizioni relative all’apparato sanzionatorio, si ritiene che quanto definito dalle leggi guida del 2017 costituiscano adeguato e proporzionato apparato sanzionatorio già rafforzato rispetto alla previgente disciplina del 2013.

    Sul punto si segnala, inoltre, l’importanza, in particolar modo per le imprese multi-localizzate, per le ragioni già sopra esposte, che anche in relazione a questa specifica tematica si disponga di un apparato normativo unitario sull’intero territorio nazionale, che si ritiene già puntualmente e compiutamente definito nelle citate linee guida del 2017, di cui si auspica il conseguente recepimento nella normativa regionale.

    Si segnala, infine, come il progetto di legge fissi, per le principali casistiche, in sei mesi la durata massima dei tirocini rispetto ai dodici previsti dalle linee guida. Anche in relazione a tale ultimo aspetto, sempre in un’ottica di uniformità normativa, si auspica, invece, il recepimento di quanto contenuto nelle richiamate linee guida.

    Grazie.

     

    PARUOLO. Grazie.

    Con questo intervento abbiamo concluso gli interventi. Abbiamo fatto un po’ tardi, ma è stata davvero una mattinata utile ad avere molti spunti e suggerimenti nel merito. Vi ringrazio non soltanto a nome mio e della Commissione, ma anche a nome del relatore Boschini e dell’assessore Bianchi, che non intervengono proprio per non appesantire ulteriormente, dal punto di vista solo del tempo, evidentemente, questo momento.

    Cercheremo di dare un riscontro, magari informalmente, rispetto a emendamenti che potranno essere messi a punto per venire incontro alle sollecitazioni che ci sono state fatte.

    Vi chiedo scusa, ma devo salutare tutti gli ospiti, perché come Commissione chiedo ai consiglieri di restare presenti, dal momento che abbiamo un altro punto. Abbiamo fatto un po’ tardi, per cui vi chiedo di uscire in tempi abbastanza rapidi. Vi ringrazio ancora.

    Invito, invece, i consiglieri ad avvicinarsi alle prime file, in modo da affrontare il resto dei nostri punti all’ordine del giorno. Accordiamo due minuti di sospensione per consentire ai nostri ospiti di uscire.

    Grazie.

     

     

     

     

     

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