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Legislatura X - Commissione speciale tutela minori - Resoconto del 26/09/2019 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 10

    Seduta del 26 settembre 2019

     

    Il giorno 26 settembre 2019 alle ore 14,30 è convocata, con nota prot. n. AL.2019.20796 del 20/09/2019, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella Regione Emilia-Romagna

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    BOSCHINI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARUFFI Igor

    Vicepresidente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    BERTANI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    CALLORI Fabio

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    4

    assente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Misto

    1

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    assente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

     

    È presente il consigliere Stefano CALIANDRO in sostituzione di Roberta MORI.

     

    Partecipa alla seduta: D. Abram (Presidente AIAF Emilia-Romagna)

     

    Presiede la seduta: Giuseppe Boschini

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

    Funzionario estensore: Vanessa Francescon

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    -     Approvazione del processo verbale n. 7 del 2019

     

    Giuseppe BOSCHINI, presidente della Commissione. Buonasera a tutti. In primo luogo, abbiamo l’approvazione del processo verbale. 

    Pongo in votazione il processo verbale n. 7. Chi è favorevole? Chi è contrario? Astenuti?

    È approvato all’unanimità.

     

    -     Audizione dell’Avv. Daniela Abram (Presidente AIAF Emilia-Romagna)

     

    Presidente BOSCHINI. Oggi abbiamo come successivo punto all’ordine del giorno l’audizione dell’avvocato Daniela Abram, presidente dell’AIAF Emilia-Romagna. È l’associazione – ce lo dirà meglio lei in persona – degli avvocati che si occupano del diritto di famiglia dei minori. Ci porterà il punto di vista dell’Avvocatura con competenze specifiche sui temi del diritto di famiglia e minorile. Il tema che abbiamo consegnato all’avvocato per questa udienza è così formalizzato. Ve lo leggo: organizzazione e funzionamento della giustizia minorile in Italia e in Emilia-Romagna nell’esperienza dell’Avvocatura, con particolare riferimento alle procedure di allontanamento e di affido. Il secondo punto è: limiti e possibili miglioramenti nella normativa vigente relativi a procedure per la tutela e l’allontanamento, anche in riferimento al tema della rappresentanza della famiglia d’origine e delle possibilità di contraddittorio.

    Prima di dare la parola alla dottoressa, che ringrazio per la sua disponibilità e per la sua presenza, leggo come sempre le condizioni di svolgimento della nostra audizione.

    Ricordo ai commissari e ai nostri ospiti che la Commissione d’inchiesta istituita in ambito regionale non gode delle prerogative di cui all’articolo 82 della Costituzione, ossia dell’equiparazione ai poteri e ai limiti dell’autorità giudiziaria. L’eventuale audizione da parte della Commissione di persone indagate in procedimenti penali avviene esclusivamente in ragione del loro ruolo e della loro funzione a prescindere dalla circostanza che essi siano coinvolti o meno in procedimenti giudiziari. La nostra istruttoria in tali casi non mira all’accertamento di eventuali reati spettando l’azione penale esclusivamente al pubblico ministero.

    Gli esiti e gli atti della nostra inchiesta potrebbero tuttavia essere richiesti o messi a disposizione della magistratura.

    Ricordo ai collaboratori regionali che da parte loro non è opponibile alla Commissione il segreto d’ufficio. Ricordo, inoltre, ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio presenti in aula i doveri e gli obblighi derivanti dal loro ruolo in merito alla denuncia all’autorità giudiziaria o ad altre autorità che a quella abbia obbligo di riferirne di un reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale nonché alle eventuali sanzioni derivanti dalla omessa o ritardata denuncia ai sensi dell’articolo 361 del codice penale.

    Ricordo, altresì, che ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 184 del 1983 i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio sono tenuti a riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio e in caso contrario sono punibili ai sensi dell’articolo 328 del codice penale.

    Ricordo che la nostra attività è come di ordinario soggetta alle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali e in particolare alla normativa che tutela i dati sensibili dei minori nonché alle norme in materia di offesa della altrui reputazione come la diffamazione ex articolo 595 del codice penale.

    Infine, si fa presente che l’audizione, oltre ad essere verbalizzata integralmente in forma audio e trascritta, è soggetta a diffusione in diretta tramite streaming sul sito istituzionale dell’Assemblea legislativa, salvo diversa indicazione o richiesta. Pertanto, ricordo che la normativa vigente prevede sanzioni in caso di diffusione di dati sensibili e giudiziari, quali nomi di minori o di persone sottoposte ad indagine o altri dati e informazioni che ne consentano, anche in via indiretta, l’identificazione.

    Tutto ciò premesso, darei la parola all’avvocato Daniela Abram per una breve presentazione e introduzione, anche se vuole entrare già un po’ nel merito del tema che abbiamo posto o come ritiene, brevemente. Poi procederemo, come sempre, con le domande dei commissari.

    Grazie, avvocato, a lei la parola.

     

    Avv. Daniela ABRAM, presidente AIAF Emilia-Romagna. Ringrazio voi di questo invito in un momento molto particolare, non solo per i noti fatti di Bibbiano, ma altresì in un momento in cui il diritto di famiglia e il diritto minorile in particolare è attraversato, nel mondo dell’Avvocatura, da una serie di problematiche importanti e che soprattutto attraversano in particolare gli stili di vita, i modi quotidiani, le relazioni affettive nelle coppie, nelle relazioni del nostro Paese. Dico questo perché l’AIAF, che è una associazione che rappresenta 2.100 avvocati matrimonialisti e familiaristi, si è sempre occupata di questo tema, anche se considerato fino a poco tempo fa un tema minore. Scusate l’assonanza con “minori”. Era un po’ un’appendice dove si mettevano un po’ i giovani di studio a occuparsi dei poveri dei Tribunali dei minorenni. È una semplificazione naturalmente questa. Questo per dire che in questo modo lo si relegava a una serie B del diritto, perché c’è ovviamente ancora oggi il pregiudizio che il diritto di famiglia e il diritto minorile siano un po’ quel diritto dove basta il buon senso, un pizzico di pedagogia e il gioco è fatto. Non ci si accorge, se non quando siamo di fronte a fatti estremi, che nel diritto di famiglia e nel diritto minorile si giocano diritti soggettivi di primaria importanza che riguardano innanzitutto le persone e poi le formazioni sociali quali sono le famiglie.

    Questi fatti sono accolti con grande scandalo da chiunque opera nel settore. Ovviamente, come già anticipava il presidente, il mio è lo sguardo dell’Avvocatura, e non è per fare sempre quelli che si devono lamentare, ma una serie di vulnus e di criticità notevoli le avevamo sempre sottolineate nel mondo dell’ordinamento anche delle competenze.

    Sapete che una delle doglianze principali è quella delle competenze tripartite, quadripartite, ognuno ci metta l’aggettivo che vuole tanto va bene lo stesso, ma siamo ben lontani da un modello Italia che si pone come giudice unico con un processo unico. A seconda del giudice con cui ti trovi a dibattere, per esempio, il Tribunale ordinario o il Tribunale minorile oppure il giudice tutelare, abbiamo un rito diverso e delle volte abbiamo dei riti non preordinati dal codice e questo favorisce la discrezionalità del magistrato.

    Un rito privo di forme – la forma è garanzia di diritti – è un rito che si presta, nel bene come nel male, alla soggettività di interpretazione. Questo lo abbiamo visto molto bene se noi compariamo le varie pronunce dei Tribunali minorenni italiani nel corso di questi anni di vita dei tribunali. Ovviamente, non sono qui a tediarvi delle varie giurisprudenze che interessano il giusto, ma per dire che non è infrequente trovarsi di fronte a un rito distrettuale.

    Voi sapete che in linea di principio vi è un Tribunale dei minorenni per ogni Corte d’appello, con competenza generalmente distrettuale, diremmo volgarmente regionale. In Emilia-Romagna abbiamo nove Tribunali ordinari e un Tribunale distrettuale minorile. Perché cito questa considerazione? Perché ora, anche dopo la legge del 2012, la famosa legge della filiazione, sono rimaste le competenze ancora sventagliate tra diverse autorità giudiziarie (il giudice ordinario, il giudice minorile, il giudice tutelare) di modo che, per esempio, il Tribunale dei minorenni di Bologna ha competenza su nove circoscrizioni dell’Emilia-Romagna. Tanti sono, ovviamente, i tribunali dell’Emilia-Romagna. Questo avere in un certo senso non dato la giusta valorizzazione alla giustizia resa o non resa nel Tribunale dei minorenni ha consentito il fatto che si creassero delle zone – dire “zone d’ombra” è anche di moda – per noi molte volte di diritti violati, per noi avvocati, vissuti, al di là della frustrazione personale, che non è qui il caso di ricordare perché mi pare abbastanza intuibile, ma vissuti come vere e proprie aree in cui il cittadino non rende giustizia. La giustizia per il cittadino è molto importante, perché non vuol dire avere ragione, vuol dire avere delle regole a cui lealmente ci si attiene. Questo vuole il cittadino in linea di principio e soprattutto dove la giustizia tocca degli aspetti sostanziali della vita.

    Parlare del figlio in comunità o del figlio da portare ai servizi per i genitori è un dramma perché l’istituzione, e in particolare qui debbo dirlo, purtroppo, l’istituzione di assistenza, la fascia amministrativa diremo, non quella primariamente giurisdizionale, viene vissuta come un tribunale inquisitorio dove si va, si spera che l’avvocato ti accompagni e devi stare attento a quello che dici perché l’assistente sociale poi relaziona al tribunale che ti può togliere il figlio. Semplifico quello che può essere anche un pregiudizio. Già introduce anche un altro aspetto che a noi avvocati sta molto a cuore: il diritto al contraddittorio. Basta con la giustizia dove le prove vengono preformate fuori del processo, perché uno Stato civile vuol dire uno Stato dove le prove si formano nel processo davanti a un terzo imparziale che è il giudice e con l’assistenza ognuno dei propri difensori.

    Questo introduce già subito il tema dei servizi sociali. Tecnicamente per noi avvocati, e lo troviamo su qualsiasi manuale, le relazioni dei servizi sociali sono prove atipiche, cioè che soggiacciono al prudente apprezzamento del giudice (così ci insegnano). Benissimo, ma andiamo nel concreto. È evidente che in una dinamica del procedimento minorile le relazioni dei servizi sociali assurgono al primo aspetto di quelle che sono le carte processuali, ed è un aspetto di primaria importanza perché su di esso si decidono aspetti fondamentali, come sapete, della vita. Anche qui c’è il problema del contraddittorio. Bene che i servizi facciano davvero il loro lavoro, ma perché lasciare il cittadino soggetto di potenziali diritti compromissori, di diritti soggettivi... Perché il diritto alla genitorialità è un diritto soggettivo di un individuo. Quindi, per comprimere un diritto occorre che vi sia la difesa di quel diritto, altrimenti andiamo nello Stato inquisitorio.

    Mi scuso per avervi messo frettolosamente, subito in cantiere uno dei tanti problemi che ci sono, ma questo è un primo approccio e, forse, detto in maniera così disordinata, dà il senso anche di come noi avvocati viviamo questo mondo della giustizia. Ovviamente, dato il tema sotteso all’incontro di oggi, mi riferisco alla giustizia minorile civile e non alla giustizia minorile penale, che ha tutt’altro ambito di competenze, ed è questa più altre ragioni che hanno portato la nostra associazione a pronunciarsi per l’abolizione del Tribunale dei minorenni. Primo: è un tribunale che spreca risorse. Secondo: un giudice unico per un minore unico. Non si può pensare che esistano più giudici per lo stesso minore. Inevitabilmente, si rischia anche di vedere il problema sotto diverse sfaccettature. Non è mica obbligatorio avere l’unanimità. Per noi, quindi, diventa una questione non di principio, ma una questione di tutela dei diritti, che la giurisdizione deve garantire. Se li deve garantire, vuol dire che le prove si devono formare nel processo.

    Termino qui, altrimenti proseguo all’infinito.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, avvocato, per l’introduzione, che ci ha già fatto capire alcuni possibili temi di lavoro.

    Passiamo alle domande dei commissari. Si è già prenotato il collega Pettazzoni. Come sempre, prendiamo nota delle persone che si prenotano. Pettazzoni e Galli. Raccogliamo queste prime due domande. Poi facciamo un primo giro di risposte.

    Collega Pettazzoni, prego.

     

    Consigliere Marco PETTAZZONI. Grazie, presidente.

    La ringrazio per la sua introduzione. Ieri avevamo in audizione un giudice onorario del Tribunale di Bologna. Ho posto una domanda, che rivolgo anche a lei partendo da una considerazione. Da un giornale, da un’intervista abbiamo avuto questo tipo di informazioni: il Tribunale dei minori di Bologna si componeva di 7 giudici togati, di cui uno era il presidente, e 28-30 onorari. Sempre in questo articolo, però, si legge che, in realtà, regnava confusione all’interno di questo tribunale.

    Leggo alcuni virgolettati: “I collegi si componevano a geometria variabile. Tutto era organizzato per far prevalere l’impostazione dei servizi sociali, sempre inevitabilmente favorevoli all’allontanamento del minore”. Si legge ancora che c’è stato il caso di un giudice onorario che, in quel caso di specie, era contemporaneamente giudice e tutore. Quindi, ci sono sia situazioni particolarmente difficili dal punto di vista organizzativo, per la composizione del tribunale stesso, sia qualche stranezza rispetto al ruolo dei giudici onorari.

    Visto che mi è parso di capire dal suo intervento che anche lei rileva particolari criticità rispetto all’organizzazione dei tribunali, chiedo se, anche alla luce di quanto emerso, questa composizione, questa mancanza di personale, se vogliamo, questa difficoltà di metodo di lavoro dei tribunali possa aver generato il problema che, come stiamo vedendo, è esploso nel caso di Bibbiano. Mi riferisco, soprattutto, alla non dico “comprovata”, ma a quella che sembra una grossa disorganizzazione e, soprattutto, al ruolo un po’ ambiguo dei giudici onorari.

     

    Presidente BOSCHINI. Raccogliamo un’altra domanda, se questa non è eccessivamente articolata, e poi la faccio rispondere, avvocato. Grazie.

    Collega Galli, prego.

     

    Consigliere Andrea GALLI. Grazie.

    In realtà, la mia domanda è molto semplice. Da quello che so e dalla sua relazione, mi sembra di aver capito che l’aspetto importante è la formazione della prova nel corso del processo del contraddittorio. A suo parere, a sua esperienza, questi due aspetti nella valutazione del prelievo di un minore dalla propria famiglia sono stati rispettati finora nei nostri casi, nel nostro territorio? Oppure i minori sono stati sottratti alle famiglie ‒ uso il termine “sottratti”, quello più sgradevole, per brevità ‒ senza che il giudice potesse avere una valutazione da parte anche della famiglia o da parte di un legale proposto alla famiglia? Il magistrato formava la sua opinione solamente sulle relazioni degli assistenti sociali?

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Avvocato, prego.

     

    Avv. ABRAM. Comincio dalla prima domanda, che è anche complessa perché si nutre di sub-domande. Il problema è chi è il giudice minorile. Per dare un’idea, il giudice minorile civile è quasi una bizzarria italiana. Però, magari, le bizzarrie servono a qualcosa. Il rapporto giudici togati-giudici minorili è da uno a quattro: c’è un togato ogni quattro giudici minorili. Non minorili. Parlo di giudici onorari, naturalmente. Il giudice del Tribunale ordinario può essere incardinato nell’ufficio per dieci anni. Inamovibili sono i giudici minorili. Quindi, uno può entrare in funzione e finire la carriera in quella funzione. Questo non accade nel tribunale ordinario, per esempio.

    C’è dell’altro. L’organizzazione degli uffici. Al di là dei discorsi (sono pochi, sono tanti, il personale amministrativo, come viene ripartito il lavoro, che è già un tema a sé), una delle lamentazioni degli avvocati è stata sempre quella (perché proviene da lontano nel tempo) dell’istruttoria affidata ai giudici onorari. Per quale ragione? Giudici onorari, cioè neuropsichiatri, psicologi, responsabili di servizio, eccetera. Perché noi crediamo che, se il processo crea un setting particolare, con regole proprie, non possiamo applicare le regole di altre discipline, perché quel giudice onorario è formato per altre discipline, quindi applicherà ragionevolmente i criteri di quelle discipline, quindi non può conoscere le regole e le tecniche che presiedono la formazione della prova. Per noi questo è importante. Una delle nostre richieste, in certi tribunali accolta, è quella che la formazione della prova nel processo appartenesse al giudice togato, il quale, poi, riferiva in Camera di Consiglio ai colleghi, sia togati che non. Questa ci sembrava un’esigenza minima, cioè che un tecnico del diritto fosse un po’ il vigile urbano che smistava le varie scansioni del processo.

    Mi vuole ripetere la seconda domanda che ha fatto? Non ho preso nota.

     

    (interruzione)

     

    Avv. ABRAM. Io posso...

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo solo. Riassumiamo al microfono, altrimenti non rimane registrato.

    Mi sembra che la domanda volgesse a questo tema, cioè se secondo lei le eventuali difficoltà organizzative specifiche del Tribunale di Bologna ‒ se lei ne ha esperienza, questo non lo so ‒ sono presenti, innanzitutto, e se possono aver influito nella fattispecie del caso della Val d’Enza.

     

    Avv. ABRAM. Io questo non lo posso dire. La valutazione del rapporto di causa-effetto, secondo me, non si può lasciare all’apprezzamento di uno degli attori del processo, come l’avvocato. Personalmente posso dire ‒ perché questo è vero ‒ che mi è capitato in un procedimento minorile chiuso, quindi non vìolo nulla, che l’assistente sociale (una vicenda abbastanza complessa e pesante, di miseria in senso generale del termine, non tanto economico) avesse chiesto di deporre senza la presenza degli avvocati. È accaduto questo: il giovane ha detto “sì, me ne vado” e io ho detto che mi incollavo alla sedia, perché era un mio diritto sentire cosa la signora ‒ una dottoressa ‒ avesse da dire e fare le mie contro-domande. Ovviamente, il giudice ha accolto la mia obiezione, perché è un’obiezione minimale che un avvocato assista al processo.

    Perché vi racconto questa, che può sembrare una bagatella? Perché dimostra la mentalità che c’è dietro. Come si può pensare, anche una persona che non conosce il diritto, che tu deponi se l’avvocato difensore va fuori? Non viene in mente a nessuno una cosa di questo genere. Quindi, c’è anche un discorso ‒ che sarebbe lungo tirar fuori, forse ‒ di formazione di tutti i protagonisti. Certamente gli avvocati, ma anche gli operatori extragiudiziari, extra-giurisdizionali, come gli operatori dei servizi sociali. Si vedono relazioni che, francamente, lasciano molto perplessi, perché sono ridondanti in se stesse: “questo è il migliore interesse del minore”, ma siamo il Tribunale dei minorenni, vorrei anche vedere che non si cerchi di fare il miglior interesse del minore.

    Quello su cui insisto è la formazione degli elementi probatori che reggono una decisione, perché la decisione dovrebbe essere “sì” o “no”, e ti dico “sì” o “no” perché ci sono queste prove: semplifico, naturalmente, il ragionamento.

    Quindi, per esempio, la nostra associazione a livello nazionale, dopo essersi quasi stancata di avere proposto grandi riforme ha proposto, per dire come si possono fare piccole cose, che alle relazioni dei servizi, o alle audizioni dei servizi, nel servizio, venisse esteso a tutte quelle norme che attualmente nel codice di procedura civile sono estese ai consulenti di ufficio: c’è il CTU e puoi nominare i CTP? Bene. Quando vai all’audizione del servizio sociale, portati il tuo consulente di parte, che può essere il tuo medico, il tuo avvocato, o chi ti pare. Il problema, è questo che volevo anche dirvi, è quello delle incompatibilità. La nostra associazione si è premurata di emendare, nel senso della proposta di legge, naturalmente, non è norma già fatta, le incompatibilità dei CTU estese anche ai giudici onorari, dimodoché si crei un processo dove il giudicante è trasparente e scevro di interferenze anche non volute. È importante perché chi lavora sul territorio è inevitabile che o conosca, o sappia per altri rivoli la situazione. Quindi, creare una trasparenza, anche in rapporto alla propria libera professione, perché qui c’è tutto il problema di chi è CTU, poi CTP, e poi CTU, e CTP: si crea un circuito che va su se stesso, destinato prima o poi ad implodere.

     

    Presidente BOSCHINI. L’altra domanda che era stata posta dal collega Galli è il tema della formazione della prova. Mi sembra che il collega chiedesse se nella sua esperienza, in occasione di un allontanamento dalla famiglia, a suo parere vi sia sempre un’adeguata valutazione da parte del giudice e anche in presenza dell’avvocato, della formazione della prova: era questo il senso.

     

    Avv. ABRAM. Io quando non ho visto questo ho proposto appello, perché evidentemente l’appello è il rimedio giuridico, è una risposta un po’ codina, mi rendo conto, ma ho proposto appello.

    Posso dire, ma non per autoincensarmi che la Corte d’Appello di Bologna è molto sensibile all’attenzione della tutela dei diritti. Qui alludo in particolare, anche se non è magari strettamente oggetto di questa audizione, alle relazioni dei servizi sociali in tema di adozione, dove si leggono delle perle autentiche, è il caso di dire delle autentiche sciocchezze. Non è questione di cosa ne pensa uno, ma è questione che sono delle sciocchezze (non sempre, per fortuna).

    Come voi sapete, c’è una fase molto robustamente amministrativa, dove il giudice in un certo senso è quasi vincolato alla relazione dello stesso giudice, e qui ci sarebbe da parlare della riforma dell’adozione, ma è un altro rivolo. Il problema quindi diventa quello della formazione della prova in cui la parte possa contraddire, perché è chiaro che se io giudice, che non ho partecipato agli incontri con l’utente, mi trovo una relazione stretta, su cosa formo il mio convincimento? Lo formerò su quella relazione.

    Sì, posso poi audire i relatori. Il Tribunale di Bologna ascolta gli operatori sociali, quindi c’è anche una sorta di possibilità di spazio difensionale. L’altro grande discorso diventa l’audizione del minore. Come sapete, per l’audizione del minore noi avvocati veniamo pregati di uscire dalla porta.

    Io personalmente trovo ingiusto questo provvedimento che viene adottato anche nel Tribunale ordinario, perché siccome siamo in sala di giustizia, a meno che uno non compia azioni o ponga domande scomposte, in un’aula di giustizia stiamo tutti come si deve stare in un’aula di giustizia. Trovo veramente, questa, una inutile umiliazione del ceto forense. Non ha senso che un ragazzino di 15 anni non possa essere audito alla presenza dei difensori, non suoi, perché il suo difensore può entrare, ma i difensori, per esempio, dei suoi genitori. Il giudice regola sempre il processo e le eventuali domande inopportune. Certamente, le relazioni hanno grande peso. Anche perché il Tribunale dei minorenni per quella che è la mia esperienza anche di Bologna, ricorre poco, sto parlando del civile, alle perizie. Si dice che le perizie sono di questi tecnici scelti, dove la parte può effettivamente nominare un proprio consulente. Ma si dice, ed è vero, questo, che i consulenti costano molto, perché vengono liquidate parcelle di una certa robustezza. Allora i servizi sociali diventano anche un modo per non far pagare all’utente dei costi inverosimili del processo.

    Però qui per la riforma, ripeto, basterebbe estendere le norme del 190 del codice di diritto ai servizi sociali, dimodoché quando l’operatore viene sentito, o quando il giudice chiede le relazioni, ci sia anche il difensore.

    A me è capitato delle volte di andare ai servizi; l’assistente sociale mi faceva capire che la mia presenza era sgradita e io non mi sono mossa. È quel minimo anche di intelligenza che si vuole: se una parte ti dice che avrebbe piacere, che ti importa se arriva anche l’avvocato? Capisco che magari ti stia un po’ antipatico, però fa parte di quelle cose che stanno nel quotidiano.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Proseguiamo con altre domande.

    Prego, consigliere Galli.

     

    Consigliere GALLI. Finora il giudice formava la sua valutazione, però, senza contraddittorio delle parti. Mi spiego: i genitori del ragazzo, del bambino, del minore che veniva allontanato dalla famiglia non avevano la possibilità di essere la controparte della relazione dell’assistente sociale. Cioè, il giudice in realtà formava la sua valutazione essenzialmente sulla relazione dei servizi sociali. Se queste erano sbagliate, lui era condotto a sbagliare.

     

    Presidente BOSCHINI. Risponda accendendo il microfono se no non viene registrato e non si sente nello streaming.

     

    Avv. ABRAM. Il processo civile minorile risente degli anni che furono, quando i processi civili erano processi inquisitori. Fino a poco tempo fa il procedimento civile minorile non cominciava col ricorso, cominciava perché qualcuno aveva detto, magari scrivendo una letterina, che c’era un minore che stava male.

    Aver conquistato il fatto che un processo civile cominci con un ricorso di qualcuno, magari anche del Pm, ma con un ricorso, quindi con un atto ufficiale che poi diventa ostensibile alle parti, è stata una conquista non certamente da sempre. È stata una conquista conquistata davvero. Quindi, è chiaro che se nel fascicolo del magistrato si trova la relazione tecnica, il magistrato legge la relazione tecnica, e lo spazio che si ha nel dibattimento – chiamiamolo così anche se il termine non è esatto – è minimale, perché io mi devo confrontare con una valutazione dei servizi, che però sta come modello di paragone a quello che io dico. Non posso dire: bene, adesso le faccio sentire cosa dice il mio tecnico, dottor Pistolazzi, contro il parere del neuropsichiatra dei servizi. Quando si dice “contraddittorio”, vuol dire per esempio che i test che vengono somministrati, sì, certo, devono essere poi a lettura anche degli altri periti della parte. Non è solamente immaginarci che i genitori, la famiglia di origine venga ascoltata, ma che chiunque sia il soggetto, abbia gli stessi e eguali strumenti. Perché non devono avere un tecnico? Intendo dire, per esempio, un neuropsichiatra. Ci sono situazioni che davvero è molto difficile capire e giudicare. Non voglio fare la sempliciotta; però è anche vero che occorrono dei tecnici.

    Quando ci sono dei maltrattamenti in famiglia, non è davvero molto semplice dover emettere un provvedimento, perché devi bilanciare se è vero l’interesse del minore ad essere salvaguardato; se non è vero il fatto che il minore ha diritto alla sua famiglia di origine. Non è semplice, non invidio certo questo compito. Ma a maggior ragione si deve riuscire a comprendere che l’avvocato non è l’imbroglione che mescola le carte, è uno che ti offre un pezzo di verità. Poi te la offre anche il tuo tecnico. Tu, giudice, hai questo particolare potere, e devi esercitarlo molto bene, di mettere insieme tutti quei pezzi per capire dove sta la verità. Questo è compito del giudice di un processo minorile.

    Per quello devono essere rafforzati i poteri delle parti: perché altrimenti arrivi a scatole… È come se uno, faccio un esempio di altro genere, in un processo penale leggesse le valutazioni che dà il testimone di una rapina. No, io il testimone lo voglio interrogare davanti al giudice, non limitarmi a leggere le carte. Anche perché le deposizioni testimoniali o delle audizioni sono sempre una cosa diversa come risultato anche di credibilità della parte rispetto a sentire una persona che depone. È una cosa molto diversa. Può essere molto diversa, anche la verbalizzazione. Molte volte noi avvocati insistiamo per la verbalizzazione non perché ci piace chissà che cosa la fonetica di una parola anziché di un’altra, ma perché ci mettiamo nella testa di quel giudice che un giorno leggerà quelle carte e dovrà essere convinto di una certa tesi.

    L’altra cosa che volevo sottolineare è questa, per cercare di essere ancora più chiara. Dicevo prima nell’incipit che è un processo a forma libera, cioè un giudice può condurre quel processo nei tempi che ritiene opportuni, con le forme e le scadenze che ritiene opportune.

    Questo apparentemente può sembrare una forma malleabile e duttile che di per sé si adatta all’interesse del minore. Però, facciamo un esempio: i decreti urgenti e provvisori. I decreti urgenti provvisori, come dice la parola stessa, vengono emessi alla bisogna su un fatto o un accadimento urgente, dove si decide perché un provvedimento urgente poi decide molte cose. Anche perché se poi aspetti molto tempo il giudice ti risponde che ormai è adattato a quella situazione. Pensate solo a questa circostanza, che mentre il provvedimento definitivo è reclamabile davanti alla Corte d’appello, quindi a Bologna, in dieci giorni se viene notificato, il decreto provvisorio non può essere reclamato, che è quello che decide le sorti davvero, perché se io emetto un decreto provvisorio di allontanamento dalla famiglia e non posso reclamarlo, e lo tengo lì “x” tempo è chiaro che poi il minore si adatterà a qualcosa. Si spera anche per lui che si adatti a qualcosa perché altrimenti la vedo dura con la sua psiche.

    Insisto proprio molto, scusate se magari continuo a sottolineare questo discorso del decreto provvisorio, perché per noi avvocati è un dramma. Cosa potresti fare teoricamente contro un decreto provvisorio? Una revoca, ma la revoca la chiedi allo stesso giudice che ti ha emesso il decreto provvisorio. Secondo voi lo revoca? È evidente e la risposta è scontata. Qui c’è veramente, secondo noi, un vulnus di giustizia.

    L’altra considerazione è, sempre per andare sulle cose che si possono fare e che magari non sempre si fanno, è capire se può avere una sua importanza per una migliore trasparenza e anche una migliore efficienza redigere dei protocolli tra i vari tribunali e i servizi sociali, i consorzi di servizio e i vari Comuni.

    Mi astengo dal dare una mia risposta perché ho visto di tutto un po’, perché il rischio è che esistano 2.000 protocolli tanti quanti siano le Amministrazioni pubbliche e alla fine si sfarina tutto. Questa è una mia opinione personale.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera Silvia PRODI. Ringrazio ovviamente l’avvocata per la presenza. Quando lei si riferiva al processo adesso ho capito meglio perché quello che noi andiamo ad analizzare in particolare sono i momenti dell’affido. Se capisco bene, quando l’affido è giudiziale da lì in poi può scattare una procedura che poi può andare a processo.

    La mia domanda infatti era – in parte sta rispondendo – sul cosiddetto 403, sulla sottrazione in urgenza del minore con un provvedimento che può essere firmato solo dal servizio sociale e poi in un secondo momento in qualche modo può essere “vidimato” dal tribunale.

    Visto che uno scopo della nostra Commissione sarà formulare delle raccomandazioni che andranno a impattare quasi certamente sulla normativa regionale, però avranno anche una valenza che può andare oltre e ci saranno raccomandazioni anche nei confronti della legislazione statale, concretamente l’articolo 403 è un po’ senza appello e quindi qual è una proposta concreta? Stante che ci sono ovviamente situazioni di effettiva urgenza in cui il minore non può essere lasciato in famiglia, quale può essere una raccomandazione concreta da porre?

    Lei parla di processo. Stiamo parlando del processo a valle che può avvenire in un affido giudiziale. Giusto per inquadrare bene i termini. Quali possono essere i tempi se ci sono dei processi nella sua esperienza? Qual è uno spazio temporale indicativo di queste procedure? Quale formazione fanno gli avvocati in tema di abuso minorile? Ho sentito anche l’avvocata Giovanna Fava a Reggio in un dibattito pubblico e anche lei sosteneva che il Tribunale minorile così com’è strutturato presso la Corte d’Appello con questa valenza regionale diceva che penalizza anche l’espletamento di tutte le funzioni perché comunque anche banalmente bisogna sempre recarsi a Bologna. Parlava anche di una sottodotazione del personale del tribunale. La soluzione che lei potrebbe raccomandare è un Tribunale minorile presso ogni Tribunale ordinario? Queste sono le domande. 

     

    Presidente BOSCHINI. Risponda pure a queste domande, sennò capisco che diventa complicato visto che sono tante. Prego, dottoressa. 

     

    Avv. ABRAM. Io non mi auguro un Tribunale minorile presso ogni Tribunale ordinario. Io mi auguro la soppressione del Tribunale dei minorenni perché sono risorse economiche sprecate, anche per la stessa edilizia giudiziaria. Io non so quanto costi via del Pratello, ma se il rapporto è 1 a 4 dei giudici si fa presto a fare dei conti. È contro ogni principio, anche internazionale, di giustizia minorile perché il principio internazionale è il giudice di prossimità. Vogliamo creare un giudice unico della famiglia, delle relazioni familiari, chiamatelo come vi pare. Non capisco perché i giudici di via Farini non si possano occupare dei minori del circondario di Bologna invece di avere dei minori che possono essere scomposti in via Farini o in via del Pratello a seconda di quello che fanno…

     

    (interruzione)

     

    Avv. ABRAM. Scusi, facevo alla bolognese. Non ha senso creare una sezione specializzata del giudice minorile. In ogni rapporto giuridico dove si trovi un minore ci deve essere un giudice specializzato, formato ovviamente. Devono essere formati anche gli avvocati.

    La formazione degli avvocati è affidata alle associazioni di avvocati. Noi abbiamo una scuola di formazione a Milano che dura tre anni, una scuola di formazione su base nazionale, ma poi i Consigli dell’Ordine istituiscono dei corsi di formazione in materia minorile. Io sono formatore in questa esperienza e devo dire che essenzialmente è fatta da ragazzi giovanissimi, benissimo, in attesa di poter trovare una collocazione sul mercato del lavoro. Questo è un altro argomento che ci fa uscire dal seminato. Però, volendo essere sloganistici si può dire processo unico e giudice unico. 

    Il giudice che pronuncia un divorzio o una separazione dove ci sono minori, dopo che la legge della filiazione del 2012 ha detto che anche il Tribunale ordinario si può occupare dei provvedimenti ex articolo 333, cioè della limitazione della potestà, e c’è una sentenza di Cassazione che dice anche della decadenza della potestà, perché dobbiamo avere sempre questa dualità che può riemergere? Noi adesso abbiamo un sistema che rimane ancora duale, però dipende da chi arriva prima. Per cui, se io prima ho fatto un ricorso per separazione dove chiedo la limitazione di potestà metto fuori gioco il Tribunale dei minorenni. Se il mio avversario ha più interesse e va prima al Tribunale dei minorenni è messo fuori gioco l’altro. È una logica veramente tutta da vedere e da scoprire, perché crea anche perdita di tempo giudiziario, perché un giudice si deve pronunciare sull’incompetenza o meno. È una perdita di tempo. Poi magari io glielo impugno con il regolamento di competenza davanti alla Corte di Cassazione. Ma vi pare possibile parlare di un minore in questa maniera? Non per fare la mammoletta, ma perché bisogna parlare dei problemi concreti e risolverli nel più breve tempo possibile, anche perché noi abbiamo un articolo riformato della Costituzione che si chiama 111, che è il processo breve. Processo breve vuol dire che la giustizia deve essere efficiente, deve giungere nel più breve tempo possibile con il minor dispendio possibile. Questo è costantemente violato.

    Volevo porre alla vostra attenzione una sentenza che ho portato del Tribunale ordinario di Modena, quindi il giudice di prossimità. Si trattava di una vicenda in un Comune di Modena. È una separazione giudiziale molto tormentata, pronunciata nel 2017. Penso che sia un unicum, questo. Ho provato a fare i raffronti con il nostro computer e non risultano altri provvedimenti. Leggo quasi testualmente, saltando quello che non ci interessa: “Il tribunale, definitivamente pronunciando, dispone la separazione tra X e Y, affida la minore X al Comune di [...] con la limitazione della responsabilità genitoriale corrispondente ai poteri conferiti al servizio sociale perché la mantenga in idoneo ambiente protetto, possibilmente di tipo familiare, ovvero in una comunità che abbia caratteristiche adeguate per un sostegno psicologico ed altamente educativo della minore, per un periodo di due anni, salvo ulteriore proroga, riferendo periodicamente a questo giudice sull’andamento degli interventi predisposti a favore della stessa e, comunque, non oltre sei mesi; mantenga e regolamenti i rapporti della minore con i genitori e gli altri familiari secondo modalità che garantiscano la positività dei rapporti, sospendendoli se disturbanti; predisponga le cure; provveda ad avanzare le richieste necessarie; riferisca al giudice tutelare ogni volta che lo ritenga necessario; prescriva ai genitori la massima collaborazione”, eccetera.

    Questo è un provvedimento che ha un suo pregio dal punto di vista giuridico ‒ infatti, ripeto, non mi risultano altri provvedimenti del Tribunale di Modena ‒ perché è un provvedimento che, contrariamente ad altri, in cui solitamente si affidano i minori al servizio sociale perché vadano a costruire un progetto di riavvicinamento alla genitorialità, che è il provvedimento più vuoto che si possa dare, questo ha cura di ripercorre tutti i passaggi. Se vedete, ripercorre pari-pari l’articolo 4 della legge sull’adozione, cioè ci dice cosa deve contenere un provvedimento. Se lo analizziamo un po’ più approfonditamente, per quello che possiamo, è chiaro che qui ci sono vuoti: “Riferisca al giudice tutelare ‒ che è il giudice di sorveglianza, chiamiamolo così ‒ ogni volta che lo ritenga necessario”. Chi è che lo ritiene necessario? Se è affidato ai servizi, è molto semplice: il servizio. E se succede qualcosa e il servizio non lo ritiene necessario, cosa facciamo? Non riferisce. Questo è un bel provvedimento, sotto il profilo tecnico, capiamoci. Se mettiamo insieme tutto, cominciano ad aprirsi delle falle. Intanto, non dice (faccio un esempio): “Riferisca al giudice tutelare ogni quattro mesi”. Tu mi devi dire se va bene o va male o non so cosa succeda. Qui cominciano a intravedersi possibili vuoti di tutela.

    Il Tribunale, per esempio, di Bologna ‒ ma anche altri tribunali, veramente ‒ quando c’è l’affidamento a terzi, che vuol dire “servizio sociale”, ma il minore è mantenuto nella famiglia, dà l’affidamento ai servizi perché vigilino sulla coppia (salvo poi scoprire che in due anni il servizio li ha visti una volta sola, ma questo è un altro discorso), e incarica il servizio di riferire alla Procura minorile qualora si verifichino fatti particolari, ovviamente ritenuti nocivi per il minore.

    Se noi mettiamo insieme queste frasi, che è il massimo che si possa fare... Si è creato un altro problema con la recente riforma. Come sapete, nelle separazioni e nei divorzi, quando c’è un figlio minore, ci deve essere il parere della Procura della Repubblica, ma se chiunque si prende la briga di guardare i fascicoli delle separazioni e dei divorzi dove c’è un minore scoprirà che il Procuratore della Repubblica non si fa mai vedere in udienza e c’è uno stampone dove c’è scritto “Visto il PM, si accolga”. Qualsiasi cosa si accolga. Quindi, il PM è un fantasma in sede civile del Tribunale ordinario. Quindi, non abbiamo un organo, come uno potrebbe immaginare sulla carta, bello, vivace, pronto, che legge e fa quello che dovrebbe fare. Abbiamo un depotenziamento del Pubblico ministero ordinario.

    Occorrerebbe una revisione delle competenze, ma qui siamo nella fantascienza, quindi lasciamolo perdere, e quantomeno estendere articoli di garanzia (il 190 del Codice di diritto, cioè le stesse garanzie che si hanno per il consulente tecnico e il CTU) al processo minorile. Questo vuol dire che l’avvocato può partecipare alla formazione della prova e accompagnare ‒ detta volgarmente ‒ il suo cliente quando viene “interrogato” dal servizio sociale. È un diritto del cittadino avere una difesa.

     

    Presidente BOSCHINI. C’era, credo, una domanda anche sull’articolo 403, dottoressa, cioè sulle procedure di urgenza che nascono direttamente per iniziativa o del servizio sociale o della forza pubblica, che poi vengono successivamente...

     

    Avv. ABRAM. Sì...

     

    Presidente BOSCHINI. Una sua valutazione sull’articolo 403.

     

    Avv. ABRAM. L’articolo 403 è la manu militari della Pubblica amministrazione. Testualmente, l’articolo 403 parla della pubblica autorità a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia e lo colloca in modo sicuro. Dice testualmente, perché non voglio interpretarlo con giudizi miei: “sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”. Qui non ci sono paletti. Qual è la prima critica che si vede? Che non ci sono paletti. Il servizio si deve prendere la responsabilità, nel bene o nel male (si spera nel bene), di prendere un minore e collocarlo ove crede opportuno per provvedere alla sua incolumità o alla sua protezione morale (usiamo questo termine), in attesa di una convalida da parte dell’Autorità giudiziaria, perché è un provvedimento limitativo della circolazione. Tutti i provvedimenti ex articolo 13 della Costituzione devono essere validati quantomeno dall’Autorità giudiziaria.

    Uno dei problemi grossissimi è quello, ovviamente, del rifiuto del minore. Qui non parliamo del pacco postale che viene portato. Penso al caso famoso che fu trasmesso anche in televisione. Non mi ricordo il nome della cittadina. Se un minore di 14 anni, che ha due anni in più per essere audito e ha capacità di discernimento, dice “io voglio stare” a seconda dei casi “con papà” o “con mamma”, ha senso che i Carabinieri, o chi per loro, lo prendano di peso e lo portino in casa- famiglia o dove pensano di portarlo? Perché si decide di audire un minore se non si tiene conto della sua volontà? Certo, la volontà del minore non può essere coattiva rispetto a un giudice. Non può essere “vincolante”, meglio (non “coattiva”), però questo ripropone il fatto che le garanzie devono essere attivate da subito. Se c’è un provvedimento della pubblica autorità deve essere trasmesso subito all’Autorità giudiziaria e i genitori e chi per essi, chi rappresenta il minore o, meglio, chi ha la legale rappresentanza deve essere avvisato per nominare un difensore. È un rimedio eccezionale e, come tutti i rimedi eccezionali, ci deve essere il contrappeso anch’esso eccezionale. Non puoi mettere un contrappeso da niente a una limitazione alla libertà personale, perché non ci sta proprio come proporzione. Solo che questo, probabilmente, è uno degli articoli che si ha più difficoltà a modificare, perché possono esserci anche considerazioni e sensibilità diverse, opzioni ideologiche, eccetera.

    Uno dei motivi per cui la giustizia minorile stenta ad andare avanti è che è fortemente condizionata dalle diverse sensibilità (filosofiche, eccetera). Dietro ogni iniziativa c’è un imprinting culturale. Si dovrebbe riuscire a trovare un minimo comune denominatore. Secondo me, il minimo comune denominatore sta nella difesa dei diritti. La difesa dei diritti è un patrimonio che appartiene a tutti, non appartiene a chi sta da una parte o a chi sta dall’altra, a chi sta sopra o a chi sta sotto.

     

    Presidente BOSCHINI. Abbiamo risposto a tutti.

    Forse sui tempi medi delle procedure era stata posta una domanda. Quanto dura mediamente...

     

    Avv. ABRAM. Un procedimento minorile?

     

    Presidente BOSCHINI. Sì.

     

    Avv. ABRAM. Fino a non molto tempo fa, i procedimenti minorili cessavano quando il minore diventava maggiorenne. Noi trovavamo i provvedimenti che ci venivano notificati con “non luogo a provvedere perché divenuto maggiorenne”. Sembra una barzelletta. Vi assicuro che questi erano anche dei modi con cui terminava, in maniera quasi barzellettistica, il procedimento minorile.

    Adesso c’è una sensibilità diversa, anche dei giudici. Il diritto che un processo possa e debba essere celere in relazione alle esigenze anche di protezione del minore è un principio che sta avanzando. Di passi ne sono stati fatti moltissimi. Adesso il fatto che ci sia una diversa sensibilità anche da parte dell’Avvocatura e da parte degli stessi cittadini, che quindi si rivolgono anche in tempi utili agli avvocati per poter per esempio impugnare un provvedimento, o per potere intervenire in tempo utile. Non è più come una volta, che il processo minorile era in mano delle carte, della gente che si presentava in cancelleria senza avvocato, perché potevi andare senza avvocato, il che veniva scambiato per libertà di difesa, quando invece era il modo peggiore per non far difendere le persone, quello di privarle del tecnico che li poteva in qualche modo aiutare per sgarbugliare una vicenda molto particolare della loro vita.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Consigliera Sensoli, prego.

     

    Consigliera Raffaella SENSOLI. Grazie, presidente.

    In realtà, a buona parte delle mie domande è già stato risposto indirettamente, però volevo magari qualche chiarimento in più, a costo magari di farle delle domande a cui ha già dato le risposte.

    Ha parlato delle relazioni dei servizi come “prove atipiche”, che cioè comunque hanno un determinato peso agli occhi del giudice. Questo peso, secondo lei, è ormai un uso che si è consolidato? Ha un fondamento? È dovuto a condizioni ambientali, nel senso che i giudici sono troppo pochi, quindi hanno troppo da fare e non avendo tempo danno per buone le relazioni dei servizi e non si preoccupano più di tanto del contraddittorio? In conseguenza, eventualmente, cosa si può fare per migliorare la condizione degli avvocati che difendono magari il genitore che in quel momento è accusato di maltrattamento, o che comunque sono coinvolti nella difesa del minore? In conseguenza, terza e ultima domanda, ha fatto un esempio, nel suo intervento, dicendo che magari il giudice chiede ogni tre mesi di confrontarsi sulla situazione del minore dato in affido, che sia eterofamiliare, in casa-famiglia, eccetera. Quindi, ascolta i servizi, se non ho capito male. Il minore quindi non viene più riascoltato nel corso del tempo, o la famiglia d’origine non viene più sentita? Questa è proprio una cosa che è sfuggita a me, evidentemente, quindi su questo ho bisogno di un chiarimento.

    Sicuramente ci sono delle cose che non sono di competenza nostra regionale, ma immagino che tutti noi abbiamo contatti con i nostri parlamentari di riferimento a Roma, o comunque, penso che essendo questa Commissione, pubblica, possa essere d’aiuto eventualmente anche a chi la ascolta. Grazie.

     

    Avv. ABRAM. Intanto occorre dire che le sensibilità che si possono chiamare politiche, sono cambiate. Una volta questa era una materia, come già dicevo prima, messa nel dimenticatoio, di competenza delle parlamentari donne, le due, tre che c’erano, eccetera, quindi se ne discuteva un po’ per competenza di genere, il che dimostrava che era sottovalutata. Se bastava che ci fosse una donna per parlare di bambini, siamo messi malissimo, insomma.

    Adesso, come noi sappiamo, sono già stati presentati due progetti di legge, quello Ascari e quello di Ronzulli, che mi sembrano due buoni progetti su cui poter parlare. Finalmente si pongono un problema articolato, e tutte queste parole che anche oggi abbiamo usato “contraddittorio”, “diritto alla difesa”, “competenze ripartite”, e così via, hanno trovato una sensibilizzazione. Quindi, crisi politiche permettendo, i lavori sono già iniziati e per quello che mi risulta c’è anche una volontà di poter proseguire, nonostante le intemperie politiche, i lavori di questa Commissione.

    Non ho capito molto bene la domanda sull’audizione del minore. Dobbiamo dire questo: il minore generalmente viene udito – io sto parlando del processo civile, sia ben chiaro, perché il maltrattamento evoca anche il processo penale, il minore che è testimone, che è tutta un’altra dinamica – una sola volta, per una ragione molto semplice: che l’audizione davanti ad un estraneo, qual è un giudice o anche solo uno psicologo, viene considerato un vero e proprio stress; si cerca di eliminare soprattutto quello che è il fenomeno degli ascolti plurimi, per cui viene interrogato da questo, da quello, dal giudice, dallo psicologo, dallo psichiatra, con uno stress infinito. Un conto sono i processi in corso, un conto sono i processi terminati. Il giudice tutelare è il giudice della sorveglianza minorile, chiamiamolo così, anche se il termine non è proprio perfetto, perché prima o poi, appunto, i processi si chiudono.

    Ci sarà anche un grado d’appello, ci sarà anche una Cassazione, ma poi giungono al termine, grazie al cielo. Vengo a quello che bisogna fare. Innanzitutto c’è un compito che riguarda l’Avvocatura, che è la formazione dell’avvocato alla specificità del processo. Questo lo dico ben sapendo quello che dico perché sono nella scuola di formazione: non basta la scuola di formazione. I ragazzi del mio studio vengono con me in aula al processo e devono capire cos’è un processo dal vivo, non perché lo vanno a leggere sulle pratiche, perché devono farlo. Bisogna viverlo, il processo, per capire quello che devi fare, anche per capire persone che sono molto diverse da te, che hanno strumenti culturali probabilmente nemmeno comparabili, eccetera. Oltre lì, secondo me le idee vengono, perché vedo che la volontà c’è. Occorre, per esempio, dare degli strumenti. Il problema del gratuito patrocinio è un dramma nel processo minorile, e non vedo ragione per cui un giovane avvocato debba rimettere le marche di tasca propria perché l’istituto del gratuito patrocinio non funziona.

    Dico una delle cose che i giovani avvocati pongono all’attenzione delle autorità, perché è un modo, ovviamente, anche quello, di essere sul mercato. C’è una Commissione, al Consiglio dell’Ordine, che si sta occupando specificatamente di questo, cioè di gratuito patrocinio e processo minorile, quindi la nostra attenzione l’abbiamo focalizzata anche su questo punto.

    Poi forse c’è un’altra domanda, ma non le ricordo tutte in fila. Ho sbagliato?

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, consigliera Sensoli.

     

    Consigliera SENSOLI. Sì, era sulle relazioni dei servizi, cioè se una causa del fatto che abbiano tutto questo peso sono anche le condizioni del Tribunale, cioè pochi giudici, molto carico di lavoro, se c’è un uso dietro. Rispetto al sentire il minore, invece faccio una precisazione: parlo di minori già dati in affido, quindi se poi nel corso del tempo, a questo punto non so se il giudice tutelare o chi, se vengono risentiti, oppure, per avere un aggiornamento sulla situazione del minore nel tempo se vengono ascoltati solamente i servizi. Cioè, bambino dato in affido eterofamiliare: vengono sentiti i genitori della famiglia d’origine, per dire, mio figlio lo vedo, non lo vedo, il bambino, il ragazzo viene sentito per dire: come ti trovi nella famiglia affidataria, stai bene, non stai bene, eccetera? L’ho fatta molto semplice ma per cercare di chiarire la mia domanda.

     

    Presidente BOSCHINIPrego, avvocato.

     

    Avv. ABRAM. Io non penso che sia un problema di organici, anche se è vero che il monte-carichi dei processi pendenti dei giudici è estremamente elevato, in Italia, quindi occorrerebbero nuove forze proprio da immettere nella magistratura, e soprattutto negli addetti agli uffici amministrativi, dove veramente assistiamo a reclutamenti straordinari trimestrali: questi non fanno in tempo ad imparare l’organizzazione degli uffici, che è già ora che tornino a casa.

    Io vedo che molto dipende anche dagli avvocati, se ovviamente sollevano questioni o meno, quindi anche dall’esperienza e dalla capacità degli avvocati di attenzionare il giudice. Non mi sento di dire che è colpa dei giudici perché sono pochi o perché sono lavativi, non mi piace porre le questioni in questo modo.

    Sta cambiando la mentalità di tutti, anche degli avvocati, come dicevo prima, ma anche dei giudici. Nessun giudice in cuor suo è pigramente adagiato sulla carta dei servizi, non solo perché ci sono i recenti fatti e ancora prima ce n’erano degli altri, ma perché nessuna persona, in cuor suo, ha questo atteggiamento. Poi, potrà sbagliare, gli potrà piacere o non piacere il diritto di famiglia, ma questa è un’altra cosa.

    Per quanto riguarda le audizioni, come dicevo, avvengono in particolare perché la Corte di cassazione ha messo quella sentenza per cui se non c’è l’audizione, il processo è nullo. È stata emessa in un procedimento di separazione, in un procedimento contenzioso. Avvengono generalmente nella pendenza del procedimento. Io mi ricordo, questa è un’esperienza personale, che avevo chiesto una seconda audizione di una minore. Il giudice sorridente mi ha detto: ma scusi, noi non siamo mica qui per audire sempre minori. Questa può essere una battuta non molto simpatica, ma mediamente non vengono riascoltati. Su questo, sto parlando, ripeto, tengo a sottolinearlo, del civile, perché nel penale valgono tutt’altri princìpi.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Consigliere Calvano, prego.

     

    Consigliere Paolo CALVANO. Grazie, presidente, grazie avvocato.

    Lei ha parlato di diritto alla genitorialità, ma ovviamente esiste anche un diritto del minore ad avere la massima tutela e il massimo grado di attenzione. Dov’è il confine, a suo avviso?

     

    Avv. ABRAM. È evidente che esiste un diritto soggettivo, e come tale ci deve essere una tutela di legge, altrimenti non sarebbe un diritto soggettivo, alla genitorialità. Io ho diritto ad essere tutelata nella mia genitorialità. Il minore, il figlio, diciamo meglio, ha diritto ad essere tutelato alla bigenitorialità. La bigenitorialità ormai è un principio che è scolpito nel nostro ordinamento, perché c’è una legge che lo dice espressamente. Era iscritto anche prima, ma in maniera non espressa.

    Il confine è il caso concreto. È difficile dirlo teoricamente, perché significa tagliare con l’accetta, e tagliando con l’accetta rendi l’ingiustizia suprema. Perlomeno, così lo vediamo nelle sentenze. Non potrei fare un caso che è sempre quello dove il confine è ben tracciato.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Calvano.

     

    Consigliere CALVANO. Mi sono permesso di chiederglielo perché ovviamente essendo questa una Commissione d’inchiesta che parte dai fatti avvenuti in Val d’Enza, ma che si estende al tema della tutela dei minori nella loro interezza, il punto è che c’è una tutela del minore, e un diritto del minore a rimanere nella propria famiglia, a poter crescere nella propria famiglia; ma dall’altro lato c’è anche il diritto a che il minore non venga lasciato in una situazione di grave pericolo nel momento in cui la famiglia rappresenta un grave pericolo.

    È ovvio che l’inchiesta in corso sui fatti della Val d’Enza tende a farci concentrare sul primo caso come se fosse solo quello il problema, cioè gli allontanamenti affrettati, sbagliati del minore dalla famiglia, perché quello crea un danno enorme. La sensazione è che si rischi di perdere di vista l’altro diritto, quello del minore di trovarsi in una condizione di massima protezione e di massima tutela, nella condizione in cui è.

    La domanda nasceva da questo, perché ho la sensazione che il dibattito oggi sia molto concentrato sul diritto violato nel momento in cui ti porto via dalla famiglia in maniera non adeguatamente approfondita, o in maniera eccessivamente rapida. Ho la sensazione che si stia concentrando molto su questo, dimenticandoci l’altra parte, ma purtroppo, come dice lei, c’è una contemperazione di interessi di cui dobbiamo tenere conto.

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo, dottoressa. Prego.

     

    Avv. ABRAM. Scusi l’interruzione. Dicevo che probabilmente questo è il risvolto massmediale ed è quello che si paga quando la notizia diventa patrimonio, ma solo massmediale, perché un processo non potrebbe svolgersi in questa maniera. È evidente che la contemperazione deve essere il vero indicatore che ci sarà nel processo. Non c’è dubbio che ci debbano essere la tutela del diritto soggettivo e dell’integrità psicofisica di questi minori, la dico in generale, perché non voglio entrare nel processo, ovviamente.

     

    Presidente BOSCHINI. Consigliere Facci, prego.

     

    Consigliere Michele FACCI. Grazie, avvocato.

    È stata molto esaustiva su molti punti. Condivido per esempio, come considerazione introduttiva alla domanda, il fatto che non abbia senso un Tribunale dei minori concentrato a Bologna, tra l’altro sotto organico, sottodimensionato, è stato ricordato ieri dal giudice onorario del Tribunale, dottoressa Buccoliero, che poi deve di fatto fare ricorso anche a tanti ausiliari perché non riesce a gestire i territori.

    Condivido quindi il fatto che sarebbe meglio che fossero, a mio parere, le sezioni del diritto di famiglia già esistenti nei tribunali ordinari a seguire, così sono più vicini ai territori, ce ne sono almeno nove in ogni provincia, quindi questo aiuterebbe molto.

    La mia domanda è sostanzialmente questa: secondo la sua esperienza, nella fase antecedente al reale momento in cui si instaurano in pieno le garanzie difensive, quindi davanti al magistrato finalmente l’avvocato può interagire, i genitori, ci sono tutte le parti del procedimento che garantiscono appunto i diritti di tutti. Prima di quel momento, però, è possibile che il minore in qualche modo possa entrare in contatto con soggetti che in genere sono i servizi sociali, ma non necessariamente loro – potrebbe essere anche la polizia giudiziaria – che in qualche modo possono poi condizionare la fase vera dove si instaura il contraddittorio con le garanzie? Vi siete trovati casi in cui voi arrivate, intervenite, costituite questo sostanziale momento di piena esplicazione di queste garanzie, e vi rendete conto che magari c’è stato un condizionamento, un’ingerenza? Secondo la sua esperienza questo è accaduto, e può accadere, in astratto?

    Seconda domanda: chiedo se secondo voi, secondo lei, secondo la sua esperienza, nella materia ampia di questa problematica, dell’intervento di soggetti terzi, che può determinare affidi, allontanamenti, o comunque situazioni di temporanea sottrazione dei minori rispetto alla famiglia: in questa fase, secondo lei, il potere e/o discrezionalità dei primi soggetti che intervengono, cioè i servizi sociali, è eccessivo? Andrebbe in qualche modo meglio regolamentato, secondo la sua esperienza?

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, avvocato, schiacci il microfono.

     

    Avv. ABRAM. Il problema è composito. Uno: vi è una sovrapposizione di norme di vario genere che impediscono di capire esattamente dove c’è il limite del dovere d’ufficio e dove c’è uno spazio che viene lasciato al primo che arriva che lo occupa.

    Per i minori il problema si coniuga anche con le modalità attuative, vedi per esempio il prelievo forzoso del minore, sto pensando in questo momento. È evidente che è un momento drammatico. Personalmente sono molto perplessa, ma questa è un’opinione personale, che si debba eseguire un provvedimento coattivo su un minore, perché mi dà l’idea, impressione personale, che poi non faccia altro che favorire formazioni reattive o positive, inutilmente, eccetera. Ma mi rendo conto che il problema è molto più complesso. Capire se ci sono meandri, io mi sono trovata personalmente, se mi si chiede la mia esperienza, a dover contestare delle relazioni dei servizi sociali sia sotto la valutazione scientifica, ovviamente grazie ai suggerimenti dei miei consulenti, sia anche sotto il profilo della contraddizione dei fatti, perché si contraddicevano. Non mi sembrava che dovesse essere ascritto a un dolo, ma mi sembrava più la disorganizzazione di quello che m’ha detto “ah no, forse ho capito male perché me l’ha detto quell’altro”. Lì il problema è che manca forse una struttura veramente di responsabilità. Cioè, chi prende le decisioni quando ci sono delle situazioni che vanno tenute ancora non dico secretate ma fortemente protette? Il superiore gerarchico, che ne risponde civilmente, penalmente eccetera? Probabilmente, quello che qui manca, quello che manca anche a noi avvocati, è veramente un monitoraggio sul territorio, perché non riusciamo a capire quali sono le strutture e che tipo di organizzazione hanno le strutture, quanti sono i minori.

    Queste notizie le abbiamo ricavandole dai fascicoli dei processi dove vediamo di volta in volta la struttura oppure compaiono più strutture di un certo tipo anziché un altro.

    Il resto non mi sento di dirlo, perché non ne ho la prova.

     

    (interruzione)

     

    Avv. ABRAM. La discrezionalità in una valutazione psicologica come si fa a dire? È discrezionale. La mia sensazione è che c’è un personale non perfettamente preparato, un turnover eccessivo per cui ti trovi l’assistente sociale fino a ieri degli anziani che adesso va ai minori, quella che era negli handicap ritorna ai minori. Si ha l’impressione di parlare con persone che esse stesse ti dicono “Magari si facessero i corsi di formazione”, per dire una battuta che mi ha fatto un assistente sociale. Il personale non è come quello di una volta, preparato ai compiti e alle responsabilità. Molti mi sembrano delle persone messe lì che dicono “Va bene, mi hanno messo qui”. C’è un problema grosso, secondo me, di formazione, anche proprio di educazione giuridica, di cosa vuol dire la responsabilità, di cosa vuol dire firmare un certo rapporto o non firmarlo. Chi è che deve andare a riferire all’autorità giudiziaria quando confermano i rapporti? Ci va il responsabile, quello che ha firmato o quello che ha redatto? Ci vanno tutti e due? Io generalmente preferisco, quando interrogo, nella validation delle relazioni, preferisco il soggetto che ideologicamente l’ha scritta perché era quello presente. Se arriva il capo ufficio come testimone non mi dice nulla. Che mi dica “Il tal signore mi ha riferito che il tal giorno il minore ha fatto questo” a me non interessa. Mi interessa chi può dire “Ho visto questo, ho visto quello”. Questo forse sarebbe più interessante nel penale che nel civile. 

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Callori, prego.

     

    Consigliere Fabio CALLORI. Grazie, presidente. Grazie, avvocato, della sua presenza oggi qui. Una domanda relativa al ruolo che lei ricopre.

    Lei è il presidente dell’AIAF, Associazione italiana per le famiglie e i minori, quindi un’associazione dove famiglie e minori sono comprese in tutto quello di cui stiamo discutendo. È un po’ il soggetto, perché poi il problema riguarda sì il minore, ma anche la stessa famiglia.

    Lei nei comunicati usciti appena dopo i fatti di Bibbiano dice in un passaggio che ritiene che i servizi sociali abbiano troppo potere. Lo diceva anche prima quando diceva che le relazioni degli assistenti sociali sono molte volte proprio atipiche.

    In questi mesi, da quando è scoppiato questo caso della Val d’Enza, ha avuto lei direttamente o l’associazione che rappresenta, delle richieste di genitori a cui è stato tolto il figlio per chiedere aiuto come poter fare o non avete avuto nessuna richiesta dalle famiglie? 

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, avvocato.

     

    Avv. ABRAM. Abbiamo avuto delle richieste sulla falsariga dei fatti di cronaca, ma generalmente, come associazione, riceviamo sempre delle richieste, soprattutto che vanno a incrementarsi quando ci sono dei fatti di cronaca che vengono riportati alla stampa. Praticamente sono persone che lamentano male condotte processuali, anche di avvocati per carità, di situazioni che però sono già chiuse irreversibilmente. Dal punto di vista giuridico non c’è nulla da fare.

    Noi siamo un’associazione nazionale, come dicevo, siamo 2.100 avvocati, quindi di richieste che possono giungere via e-mail o con telefonate non di conoscenza ad personam ne riceviamo. Le valutiamo in relazione al fatto se c’è una vicenda di pertinenza giuridica o meno.

    Non abbiamo notato – se questo era il senso della domanda – una particolare escalation in occasione dei noti fatti.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego. 

     

    Consigliere CALLORI. Penso che succeda anche ad altri consiglieri, ma noi siamo contattati da famiglie che hanno avuto un allontanamento del minore e ci chiedono tante volte cosa possiamo fare per cercare di capire se quello che è stato fatto è stato fatto nel giusto o è stato fatto un abuso. Chiedo a lei che rappresenta un soggetto importante in questa materia, se un genitore si approccia in questo modo, io l’ho già chiesto altre volte e mi hanno risposto, a chi può rivolgersi? Certo, a un avvocato, ma c’è una associazione o qualcuno che può ascoltarlo? 

     

    Presidente BOSCHINI. Dottoressa, deve sempre aprire il microfono, altrimenti non viene registrato.

     

    Avv. ABRAM. È chiaro che io non posso venire qui a fare propaganda gli avvocati dell’AIAF. Si deve rivolgere all’Ordine degli avvocati. C’è una lista di avvocati specializzati anche nella famiglia, che sono quelli per cui si può poi accedere al gratuito patrocinio, per esempio.

    La cosa che mi sconforta sempre è vedere che l’istituto del gratuito patrocinio, di cui do “per scontata” la conoscenza, vedo che invece che è questo sconosciuto tra gli utenti. È una cosa che mi impressiona sempre.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera PRODI. Ho una domanda perché dalla sua esposizione, per cui la ringrazio molto, mi sembra di cogliere che l’associazione di cui lei è presidente sia prettamente, in questi casi di processo in sede civile, configurata come difesa dei genitori.

    Posto che riguarda un’affermazione che ha fatto prima, quando un minore può sul 403 opporsi al prelevamento, però il minore può essere o condizionato o minacciato o non conoscere aspetti della vita dei propri genitori che possono essere molto lesivi (alcolismo, tossicodipendenze, magari un’overdose che si è venuta a creare). Sono un po’ brutale, nel senso che l’avvocato è avvocato di parte dei genitori anche nel caso di evidenze. Il servizio sociale probabilmente rappresenta per default il complemento all’autonomia che un maggiore ha. Il servizio sociale dota il minore di funzioni che non avrebbe come autonomia di diritto. Nel processo ci sono anche avvocati del minore? Afferiscono alla vostra associazione o no?

     

    Presidente BOSCHINI.  Prego, avvocato.

     

    Avv. ABRAM. Per esempio, molti di noi vengono nominati curatori del minore. Si cerca la nomina di curatore dei minori all’interno di avvocati che siano esperti in diritto minorile, come per esempio il curatore del minore nell’adozione, che ha facoltà anche di proporre appello. È l’unico avvocato che ha la possibilità, se il minore lo chieda, di essere presente al suo interrogatorio, di presentare atti in sua difesa. A me è capitato e devo dire che è anche un’esperienza in cui credo molto, perché questi minori sono persone che hanno le idee molto chiare. La cosa che mi ha in un certo senso sorpreso è che hanno le idee molto chiare i minori che denunciano. È come se avessero una capacità di difendere anche se stessi, fuori delle aspettative che magari uno gli attribuisce, specialmente nelle situazioni difficili. Ci sono ragazzi e ragazze che hanno un istinto di sopravvivenza straordinario. Comunque, è una possibilità che ha la nostra professione di vedere anche l’altra faccia del problema. È un arricchimento anche sotto il profilo umano per forza, ma anche sotto il profilo di diritto. È una figura che andrebbe infatti potenziata, con l’istituzione magari di albi speciali anche presso i tribunali, perché richiede determinati requisiti di professionalità e di sapere. Questo sì. 

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Le pongo una domanda anch’io, dottoressa, se posso approfittare. Provo a fare un po’ una sintesi di tante cose che lei ci ha detto e che cerco anche un pochino di portare a conferma. Intanto lei ci ha detto che sui minori agiscono tre processi, sostanzialmente, tra riti diversi in Italia, quello penale minorile, quello civile familiare e quello vero e proprio del Tribunale per i minorenni. Ci ha anche ricordato le diversità di approccio di questi tre riti. Ci ha ricordato che quello del Tribunale per i minorenni è, in realtà, un procedimento scarsamente ritualizzato. Ci ha detto che si potrebbe probabilmente eliminare quest’ultimo a favore di un intervento esclusivamente della giustizia civile familiare e quindi intanto ci ha disegnato un quadro in cui, a seconda del primo rito a cui viene ascritto un fatto o un procedimento, gli altri livelli della giustizia vengono in qualche modo esclusi e tagliati fuori.

    Mi riferisco a questo punto al livello specifico del Tribunale per i minorenni, quindi non entro nell’aspetto del diritto civile di famiglia, ma mi attengo al Tribunale per i minorenni. Intanto lei ci ha detto che questo procedimento quasi sempre nasce da un dovere d’ufficio di segnalazione. Lo ricordiamo anche noi all’inizio delle nostre sedute: se uno di noi come pubblico ufficiale viene a conoscenza che un minore è in condizioni di abbandono o di non corretto accompagnamento da parte della sua famiglia noi abbiamo il dovere d’ufficio di segnalare. Intanto è un procedimento che nasce da questo tipo di dovere e questo spesso non viene ricordato.

    Lei ha detto – se poi può confermare la correttezza di quello che sto dicendo – che a partire da queste segnalazioni, che possono essere dei servizi sociali, ma possono essere della scuola, delle forze dell’ordine, eccetera, si attiva il giudice dei minori.

    Le chiedevo di ripercorrere insieme un attimo quali sono i punti in cui effettivamente l’avvocato che tutela la famiglia, a cui rischia di essere sottratto il minore, può intervenire all’interno pure di una ritualità che lei ci ha detto non così formalizzata. C’è una segnalazione che è in mano al giudice e immagino che a questo punto dal giudice parta qualcosa che comunica alla famiglia questa situazione oppure chi è che intanto informa la famiglia? Nel procedimento dei minori l’udienza della famiglia è quasi sempre prevista o sempre prevista – le chiedevo anche questa conferma – ed è alla presenza dell’avvocato della famiglia questa udienza.

    Lei ci ha detto che se invece viene fatta un’udienza del minore, per esempio, perché è un minore che ha 12 anni, di norma l’avvocato della famiglia lì non c’è. Poi ci ha detto che al decreto del giudice non ci si può opporre, se ho capito bene, però ha detto che si possono fare altri tipi di opposizione.

    Le chiedevo, ripercorrendo un attimo in ordine cronologico la ritualità del Tribunale dei minori, quali sono i punti fondamentali in cui interviene l’avvocato che può tutelare la famiglia che rischia di perdere il minore? A livello della segnalazione, a livello della udienza, dell’udienza della famiglia mi è parso di capire non dell’udienza del minore, come ci si può opporre a eventuali atti e decreti del tribunale e se ci sono altre istanze che l’avvocato della famiglia può produrre.

    Le chiedo un po’ di ripercorrere cronologicamente in ordine in maniera che noi ci rendiamo conto di quali sono concretamente i due o tre punti in cui anche in questa ritualità molto aperta l’avvocato può comunque intervenire. Grazie.

     

    Avv. ABRAM. Supponiamo che Gigetto a scuola picchi i suoi compagni e non si tratti di un episodio occasionale, ma è il suo modo di sfogare un suo malessere.

    La scuola chiama i genitori i quali convengono che, in effetti, Gigetto ogni tanto allunga le mani per picchiare qualcuno e questi episodi continuano a ripetersi.

    L’autorità scolastica cosa può fare o cosa deve fare? Il dirigente dell’autorità scolastica dovrebbe informare non il giudice, ma la Procura della Repubblica, perché il procuratore della Repubblica non è un giudice, ma un magistrato. Non giudica il procuratore, inizia le azioni. Il procuratore della Repubblica apre un fascicolo, chiede delle informazioni al servizio sociale su Gigetto e la sua famiglia e a questo punto la madre e il padre avranno già intuito che la scuola qualcosa ha fatto. Vanno da un avvocato. Cosa può fare l’avvocato? L’avvocato può farsi dare un mandato per difendere il soggetto in Procura. Va in Procura e gli atti non sono ostensibili. Come fa il difensore a sapere se c’è un fascicolo aperto? È molto semplice. Se l’impiegato ti ritira la nomina vuol dire che c’è il fascicolo aperto e che la deve mettere nel fascicolo, se non te la ritira vuol dire che non c’è nessun fascicolo.

    Supponiamo, però, che il fascicolo ci sia e che il bravo impiegato ritira la nomina. Non ho diritto all’ostensibilità degli atti, anche se faccio la richiesta. Non si ostende a Bologna, generalmente. Il procuratore reputa che ci sia un comportamento inadeguato dei genitori perché, in effetti, questo bambino ha dei comportamenti impropri, reiterati, tutti lo emarginano, e incarica i servizi sociali di presentare la relazione, come dicevo prima. La relazione tratteggia dei genitori che sono sempre fuori di casa, non si capisce a che ora rientrano a casa, dove sta Gigetto quando i genitori sono fuori. Cosa può fare il difensore? Sollecitare il procuratore all’archiviazione, che non è proprio il caso perché se ha aperto il fascicolo evidentemente a suo dire c’erano delle risultanze positive, e a questo punto il procuratore cosa farà? Farà lui ricorso perché avevo detto prima che rispetto a una volta occorre sempre che il processo civile, avanti l’autorità minorile, sia iniziato da un ricorso e anche il procuratore della Repubblica può fare ricorso al giudice.

    Il fascicolo dalla Procura scende al Tribunale dei minorenni, che è sotto, a Bologna, e viene nominato il giudice relatore, che è quello che studia il fascicolo e poi farà la relazione al Collegio. Valuterà se accogliere o meno la domanda del pubblico ministero per l’emissione di un decreto urgente e provvisorio. Dopodiché farà le sue istanze istruttorie. Poi succederà il processo, cioè l’audizione dei genitori, i quali si faranno assistere da un avvocato. Per esempio, la cosa che mi colpisce – scusate il termine “utenza”, ma si usa gergalmente – nell’utenza è che vengono quando le cose sono quasi finite. Uno riceve una comunicazione di un giudice e arrivano il giorno prima. La mia sarà una deformazione professionale, però non la capisco. Quindi, bisogna sempre fare le cose all’ultimo minuto e in fretta. Cosa significa? Significa che bisogna attrezzare una difesa. Non bisogna sottovalutare il procedimento minorile. Forse questo è un retaggio di antichi tempi, quando al processo minorile andavi lì, dicevi quattro cose al giudice, il giudice è un buon papà e via discorrendo. Adesso non c’è il problema del buon papà, il problema è che il giudice minorile conduce un processo vero e proprio. Questo per dire ai colleghi avvocati che è possibile sin dall’esordio del processo condurre un’efficace difesa, che sarà fatta, per esempio, di richieste di audizioni, sarà fatta per esempio sulla sindrome ipercinetica di Gigetto, di cui la madre se ne era già accorta e giù il certificato del pediatra o del neuropsichiatra. Si organizzeranno le difese che verranno ritenute opportune.

    Ecco perché ci tenevo a correggere la ricostruzione effettuata dal Presidente, che non è il contatto cittadino-giudice. Il contatto è cittadino-organo di giustizia, in questo caso il procuratore della Repubblica, perché è lo smistamento, dove si forma il fascicolo. L’avvertenza che si deve sempre avere è che quando c’è una carta che arriva dal tribunale è una cosa seria. L’autogestione o il self-help del processo è una pessima cosa, perché, come in tutte le cose tecniche, ci vuole un tecnico. Non è una pubblicità progresso questa, però mi dispiace quando la gente non si difende. Questo mi dispiace molto. Forse c’era un’altra domanda, ma non l’ho segnata. 

     

    Presidente BOSCHINI. No, ma magari le chiederei di proseguire nel percorso. Lei è arrivata fino al punto in cui il fascicolo dal procuratore scende al tribunale. Le chiedevo a quali altri livelli arriva. Già qui ci ha detto che la famiglia, se ha la precauzione di nominare un avvocato, può già fare alcuni interventi. Ero interessato a capire gli ulteriori passaggi in cui l’avvocato può difendere la famiglia che rischia l’allontanamento del minore o che ha già subìto un decreto del procuratore di allontanamento, quindi quali sono gli ulteriori livelli in cui la famiglia viene difesa o rappresentata nel percorso attuale. Tutti auspichiamo una revisione di questo processo. È evidente.

     

    Avv. ABRAM. Certo.

    Il decreto del giudice minorile può contenere un semplice invito ‒ chiamiamolo così ‒ a presentarsi all’udienza per essere audito e dare spiegazioni che la parte, cioè i genitori generalmente, reputerà di dare oppure può contenere prescrizioni. Comunque, questo decreto provvisorio urgente, che ha efficacia fino a quando non venga sostituito e assorbito dal decreto definitivo oppure da un altro decreto urgente, non può essere impugnato ‒ come dicevo prima ‒ e diventa un ago della bilancia che dura e può durare per l’intero processo, quindi anche per anni. Cosa può contenere? Può contenere prescrizioni riguardanti minori che andranno verso un percorso psicologico presso lo psicologo dell’USL, faccio per dire. Però non può essere impugnato.

    Avviene l’audizione dei due genitori. Il giudice si riunisce in Camera di Consiglio ‒ facciamo l’ipotesi semplificata ‒ dove ci sono i giudici togati e i giudici onorari, per esempio uno psicologo e un neuropsichiatra. La legge prescrive che siano almeno una donna e un uomo, a pena di nullità. I giudici onorari. Dopodiché, esce un provvedimento definitivo che rende inefficaci i provvedimenti provvisori. Questo decreto se ti è favorevole, ovviamente, te lo tieni; se ti è sfavorevole, hai dieci giorni per poter reclamare in Corte d’appello. Dieci giorni è un termine assurdo. Pensate a uno a cui, magari, viene notificato il decreto a Rimini e ha dieci giorni per trovarsi un avvocato. È facile ‒ dico per assurdo, naturalmente ‒ che a Rimini non ci siano minorilisti. Se il processo è a Bologna, è un po’ difficile che a Piacenza o a Rimini ci siano minorilisti, che non si capisce quale clientela possono assorbire. Quindi, diventa anche un problema di minorata difesa. In dieci giorni non riesci a organizzare seriamente un processo. Poi si fa tutto, naturalmente. Però anche questo termine così ristretto mi sembra davvero una violazione del buonsenso, prima che altro.

    Competente per il reclamo è la Corte d’appello, quindi la Corte d’appello di Bologna. Qui non abbiamo la Corte d’appello minorenni, ma la Sezione minorenni: Corte d’appello più giudici non togati. Dopodiché, viene reso un decreto definitivo della Corte, che in certi casi è impugnabile in Corte di cassazione. Questo è sommariamente l’iter. La particolarità del procedimento civile che, vedo, colpisce molto i clienti è che non vengono sentiti testimoni. Molti vengono con la lista dei testimoni: “Avvocato, ho testimoni dappertutto”; “Guardi, quello non serve proprio”. Perché? Perché sul minore prevale la valutazione. Per quello sono cosi importanti il neuropsichiatra e lo psicologo. Il quadro è valutativo. Siccome per legge il teste non può fornire valutazioni, ma solo fatti, la testimonianza è inammissibile.

    Quindi, cosa ci si deve procurare? Un buon perito di parte, per esempio. Il teste non serve a nulla.

     

    Presidente BOSCHINI. Chiedo scusa, collega Pompignoli. Puntualizzo un ultimo aspetto della mia domanda. Prima che venga emesso il decreto dal collegio, la famiglia è ascoltata?

     

    Avv. ABRAM. Sì.

     

    Presidente BOSCHINI. Sempre? Di rigore?

     

    Avv. ABRAM. Sì.

     

    Presidente BOSCHINI. Non può non essere ascoltata.

     

    Avv. ABRAM. Se c’è un distacco, l’avvocato va dal giudice e chiede l’audizione della parte, naturalmente.

     

    Presidente BOSCHINI. Okay. Benissimo. Grazie.

     

    Avv. ABRAM. È un diritto del genitore. La genitorialità è un diritto. Io ho il diritto di essere ascoltato, altrimenti si lede un mio diritto.

     

    Presidente BOSCHINI. Anche il procuratore, prima del decreto provvisorio, ascolta la famiglia?

     

    Avv. ABRAM. C’è un suo parere, sì. Il fascicolo viene rispedito al piano di sopra, dove c’è la procura...

     

    Presidente BOSCHINI. No, chiedevo se il procuratore ascolta la famiglia prima del decreto provvisorio.

     

    Avv. ABRAM. No. Il decreto provvisorio può essere inaudita altera parte, perché è provvisorio e urgente.

     

    Presidente BOSCHINI. Può essere o lo è sempre? Chiedo scusa.

     

    Avv. ABRAM. Generalmente è provvisorio e urgente, quindi inaudita altera parte.

     

    Presidente BOSCHINI. Di solito è così.

     

    Avv. ABRAM. Poi c’è l’eccezione delle eccezioni, se per sbaglio passi di lì. Nella mia esperienza inaudita altera parte devo averne visto uno-due, proprio per sbaglio.

     

    Presidente BOSCHINI. Benissimo. Grazie.

    Collega Pompignoli, prego.

     

    POMPIGNOLI. Grazie, presidente.

    Alcune domande. Questa di Gigetto è l’ipotesi naturale nella quale il bambino rimane nella disponibilità della famiglia d’origine. Viene avviato tutto il percorso, si arriverà al provvedimento inaudita altera parte da parte del presidente del tribunale e poi al decreto definitivo. Il percorso sappiamo tutti che dura tantissimo. Sappiamo tutti che c’è una problematica collegata agli uffici. Tutto noto.

    Le chiedo, invece, l’ipotesi in cui il bambino viene immediatamente sottratto alla famiglia d’origine. Ipotesi di abusi, di maltrattamenti, di violenza da parte dei genitori. Presunti, ovviamente. All’inizio diamo una presunzione di innocenza a tutti, però viene temporaneamente ‒ criterio cardine dell’affido ‒ sottratto dalla famiglia d’origine. L’iter processuale è sempre lo stesso che lei ha elencato, però qui c’è un problema diverso: la famiglia d’origine non ha la disponibilità del minore o ce l’ha sotto visite eventualmente protette. È chiaro che si è in una condizione, anche psicologica, morale, completamente diversa rispetto ad avere il bambino lì e subire un procedimento minorile.

    Quali sono i rimedi, gli strumenti che i genitori hanno, dal punto di vista della difesa, per intervenire? Quali sono i tempi di intervento? Qual è, mediamente, l’iter di chiusura del procedimento, cioè quando teoricamente si arriva a prendere una decisione nella quale o si affida a terzi, perché la famiglia d’origine non è più in grado di gestire il bambino, o ritorna nella famiglia di origine? Se lei ha una casistica, quanti casi che lei può aver trattato, alla fine di questo percorso, ritornano alla famiglia di origine?

     

    Avv. ABRAM. Può essere banale dirlo. Occorre innanzitutto un primo coordinamento tra la difesa penale e la difesa civile minorilistica. Può sembrare banale, ma, in base alla mia esperienza, sono processi che hanno oggetti diversi. Nel processo penale, ovviamente, si accerta se un certo signore o una certa signora ha commesso un fatto che si chiama “reato”. Il processo minorile si occupa della protezione del minore, che è svincolato, teoricamente parlando, dall’accadimento minorile. Io posso far vedere un figlio in condizioni protette e ad un padre violentatore. Estremizzo con parole un po’ grevi la realtà.

    Avendo processi diversi, il primo problema che si pone, per esempio, in questo tipo di processi sono le audizioni. Bisogna evitare l’ascolto plurimo. Nel processo penale bisogna far fare la validation dell’audizione del minore, cioè se è in grado ‒ il minore o la minore ‒ di poter rendere testimonianza valida. Un certo numero di processi si chiudono perché non c’è la validation sulla testimonianza minorile, cioè il procuratore della repubblica ordinario preferisce fare istanza di archiviazione perché non è in grado di reggere l’accusa al dibattimento. Quindi, piuttosto che logorare e tormentare un minore da cui non si ricava nulla di processualmente apprezzabile, è meglio un’archiviazione. Questo forse, per paradosso, naturalmente, può essere il caso più interessante: non saprai mai se è vero o non è vero. Potrebbe essere vero come, naturalmente, non essere vero. Quindi, tu vedi questo processo civile che va avanti con tutti che hanno il dubbio, chi in un senso e chi in un altro, però non può occuparsi dell’accertamento del fatto. Si tratta, in un contesto ambivalente e ambiguo, di segnare un percorso a questo minore, che può prevedere ‒ e in effetti ci sono processi dove questo si vede ‒ il recupero della figura maltrattante o abusante, perché in linea di principio non vuol dire che l’abusante non possa recuperare. Faccio un po’ di capovolte, ma il principio è questo. 

    È chiaro che sarà un procedimento dove sarà facile vedere diversi provvedimenti urgenti e provvisori, che saranno segnati da perizie valutative e analisi dei servizi e da, in realtà, ricoveri in strutture protette. Si comincerà, per esempio, a vedere se gli incontri protetti perturbano il minore o la minore. L’iter, insomma, che si può immaginare che esista.

    Per rispondere sul concreto e non sul teorico, ho visto ragazzi ‒ per “ragazzi” intendo “maschi” ‒ che hanno ripreso il rapporto con il padre, però è sempre stato un rapporto nella lontananza. Ormai quel rapporto è perso ed è difficile dire cosa avverrà nell’età più adulta. Certamente sono fatti che vorranno cancellare. Penso che una persona abbia il diritto di cancellare fatti perturbanti per la propria coscienza e di affrontarli quando è in grado umanamente di farlo. Sono cose, come si può immaginare, psico-devastanti. Paradossalmente, un ragazzo ha più problemi di una ragazza a raccontare un certo tipo di comportamenti abusanti. C’è tutta una letteratura che andrebbe sviscerata rispetto alle violenze in famiglia e agli autori di genere, rispetto alla vittima. Questo è un grande capitolo, ancora un po’ oscurato in Italia.

    Forse non ho risposto a tutte le domande. Me ne dimentico sempre una parte. Le ripeta.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Pompignoli.

     

    Consigliere Massimiliano POMPIGNOLI. Ha risposto a tutto.

    Volevo capire a livello percentuale, ma è chiaramente difficile saperlo. Ci ha già detto, fondamentalmente, che è difficile il ritorno alla famiglia d’origine, questo è fuori discussione, anche se nel procedimento penale, dovesse essere accertato... Lei, giustamente, ha detto prima che se il Pubblico ministero non può sostenere l’accusa in giudizio emette il decreto di archiviazione che, comunque, presuppone che il reato non sia stato commesso. Nel momento in cui il Pubblico ministero emette un provvedimento di archiviazione nei confronti del genitore teoricamente abusante, è evidente che l’archiviazione presuppone che il reato per il quale era scaturita l’ipotesi non era stato commesso.

    Le chiedo un’ultima cosa. Provvedimento inaudita altera parte. Ho avuto modo di vedere, dal punto di vista professionale, che comunque quei provvedimenti ‒ non so se sia già stata fatta questa domanda; mi scuso se eventualmente è stata già fatta ‒ sono, sostanzialmente, la trasposizione della relazione dei servizi sociali. Il giudice si basa esclusivamente, per emettere il provvedimento (essendo inaudita altera parte non ascolta nessuno), le relazioni dei servizi sociali. È corretto?

     

    Presidente BOSCHINI. Prego.

     

    Avv. ABRAM. Contestualizzerei questo pensiero. Parlo per la mia esperienza. È un mio parere, che può essere anche contraddetto. Io lo vedo quando c’è un atteggiamento di rassegnazione del difensore, quasi come se lo desse per scontato: “Signora, i servizi dicono questo. Andiamo avanti”. Intanto il processo prende su di sé la responsabilità di una linea difensionale e deve percorrerla verso un obiettivo.

    Capisco che questo poteva essere vero un po’ di tempo fa. Adesso comincia anche una generazione di magistrati che, per loro sensibilità, non va più così. Si trova il magistrato ‒ e io l’ho visto nei miei processi ‒ che fa la ramanzina all’assistente sociale e dice: “Perché hai scritto questo?”, nel senso che non ci crede proprio e non si controlla nemmeno nell’eloquio, nel senso che lo fa vedere.

    Forse è un grossolano modo di esprimere una certa realtà ambientale, ma ormai vecchia, per fortuna. Questo è anche merito degli stessi avvocati, oltre che dei cittadini che, naturalmente, lo hanno pagato con pronunce passate sopra la loro testa. Non vedrei adesso, però, tutta questa rassegnazione. Una volta sì, perché c’era il PM inquisitorio, il giudice che procedeva d’ufficio faceva quello che voleva. Tu potevi andare a casa e facevamo prima. Adesso è già più combattuto il procedimento, anche lo stesso procedimento civile. Poi ci sono le cause risarcitorie. Abbiamo altri mezzi adesso.

     

    Presidente BOSCHINI. Se non ci sono altri interventi o domande, ringrazio l’avvocato per l’ampiezza delle informazioni e dell’interlocuzione che abbiamo potuto avere.

     

    -     Eventuale dibattito e discussione.

     

    Presidente BOSCHINI. Se non ci sono esigenze di dibattito o di intervento per l’ultimo punto...

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Se c’è solo bisogno di un chiarimento, do la parola alla collega Sensoli. Prego.

     

    (interruzione: “Non alla dottoressa”)

     

    Presidente BOSCHINI. Quindi, possiamo salutare e ringraziare la dottoressa.

    Grazie mille. Noi proseguiamo un attimo con i lavori della Commissione. Grazie di nuovo per la sua presenza e il suo contributo.

    Prego, collega Sensoli.

     

    Consigliera SENSOLI. Lo dico a microfoni aperti proprio perché voglio che la segnalazione rimanga a verbale.

    È arrivata una mail dagli uffici informatici che dice che i video delle sedute precedenti non saranno più visibili al pubblico, ma saranno visibili solamente dai consiglieri tramite l’accesso a Magnetofono. Non c’è motivazione. Vorrei, ovviamente, che l’Ufficio di Presidenza si informasse rispetto a questa decisione, capirne le motivazioni e, se non ci sono motivi particolari, vedere ripubblicate le vecchie sedute di Commissione. Credo che la trasparenza sia uno dei princìpi che ci siamo dati. Quindi, salvo motivazioni particolari che ci possono essere, eventualmente sollecitare gli uffici perché vengano di nuovo rese pubbliche tutte quante.

     

    Presidente BOSCHINI. C’è un lavoro in corso. Mi riservo di fare una verifica. Ne riparliamo in Ufficio di Presidenza.

    Come sapete, i servizi streaming sono allocati, in realtà, presso una società esterna con cui l’Assemblea ha un contratto. Credo che il tema riguardi la disponibilità della versione revisionata della nostra diretta streaming. Il tema non riguarda la visibilità della diretta streaming, ma il fatto che le dirette streaming venivano registrate e archiviate in un luogo da cui erano comunque ancora accessibili in seguito. Rimane, naturalmente, accessibile l’audio nella sua versione completa e revisionata. Siccome in alcuni casi c’è stata l’esigenza di una revisione del video, per esempio quando sono stati nominati i minori o cose del genere, questo ha determinato una diversa procedura. Comunque, adesso la verifichiamo e vediamo qual è il tipo di esito che si può ottenere, anche con i servizi esterni.

    Se non ci sono altre esigenze di dibattito e di chiarimento, chiudiamo la seduta.

    Buona serata a tutti.

     

     

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