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Legislatura XI - Commissione I - Resoconto del 08/03/2023 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 5

    Seduta dell’8 marzo 2023

     

    Il giorno 8 marzo 2023 alle ore 14,00 è convocata, con nota prot. n. PG.2023.5244 del 02/03/2023, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali in modalità “mista”, cioè con la presenza in sede dei Vicepresidenti e dei seguenti membri per Gruppo assembleare: Bessi, Costi, Fabbri, Marchetti F., Montalti, Pillati (PD); Bondavalli (BP), Amico (ERCEP); Catellani, Marchetti D., Occhi, Pelloni (Lega); Mastacchi (RCPER); Piccinini (M5S); nonché degli altri partecipanti in via telematica in applicazione dell’art. 124, comma 4 bis del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e della delibera dell’Ufficio di Presidenza 26 maggio 2022, n. 26 (Disposizioni per lo svolgimento in modalità telematica o mista delle sedute delle Commissioni assembleari).

    .

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Presidente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    5

    presente

    BARGI Stefano

    Vicepresidente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    4

    presente

    SABATTINI Luca

    Vicepresidente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    8

    presente

    AMICO Federico Alessandro

    Componente

    Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista, progressista

    2

    presente

    BESSI Gianni

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    7

    presente

    BONDAVALLI Stefania

    Componente

    Bonaccini Presidente

    3

    presente

    CASTALDINI Valentina

    Componente

    Forza Italia – Berlusconi per Borgonzoni

    1

    presente

    CATELLANI Maura

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    presente

    COSTI Palma

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    2

    presente

    EVANGELISTI Marta

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    1

    assente

    FABBRI Marco

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    2

    presente

    GERACE Pasquale

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    GIBERTONI Giulia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    assente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    MASTACCHI Marco

    Componente

    RETE CIVICA Progetto Emilia-Romagna

    1

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    OCCHI Emiliano

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    presente

    PELLONI Simone

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    PILLATI Marilena

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    assente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    2

    presente

    ZAMBONI Silvia

    Componente

    Europa Verde

    1

    assente

     

    È presente il consigliere: Michele Facci (Lega)

     

    È altresì presente l’assessore al Bilancio, personale, patrimonio, riordino istituzionale Paolo CALVANO.

     

    Partecipano alla seduta: David Sabatini (ABI), Guido Caselli (Unioncamere), Eleonora Verdini (Settore innovazione digitale, dati, tecnologia e polo archivistico)

     

    Presiedono la seduta: Massimiliano POMPIGNOLI e Luca SABATTINI

    Assiste la segretaria: Vanessa Francescon

    Funzionario estensore: Vanessa Francescon


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

     

    Relazione per la Sessione europea dell'Assemblea legislativa per l'anno 2023, ai sensi dell'art. 5 della L.R. n. 16/2008.

    Audizione dei rappresentanti di ABI (Associazione bancaria italiana), Agenzia delle entrate e Unioncamere sui temi fisco e credito

     

     

     

    Luca SABATTINI. Vicepresidente Apriamo ufficialmente la parte riguardante la Sessione Europea.

     

     

    SABATTINI. Invito l’assessore Calvano a svolgere il suo intervento introduttivo.

    Dopodiché, darei la parola ai relatori per un primo loro intervento, prima di audire i nostri ospiti.

     

    CALVANO, assessore. Di nuovo buongiorno a tutte e a tutti.

    Parte oggi il confronto vero e proprio sul rapporto conoscitivo 2023 della nostra Sessione Europea e, al contempo, anche una serie di audizioni volute dall’Assemblea sul programma della Commissione europea, come utili momenti di approfondimento, al fine di arrivare a definire un documento che possa essere anche rispettoso e accogliente delle proposte che provengono dal nostro territorio e dagli stakeholder.

    Colgo l’occasione per ringraziare chi ha lavorato al rapporto. È qui il dottor Ricciardelli. Ringrazio lui, quindi, e tutta la sua struttura. Non è mai un documento semplice. Implica un importante lavoro di approfondimento, di confronto. Su questo penso che anche il supporto che ci viene dato dai nostri uffici di Bruxelles sia sempre molto importante e fondamentale, nella logica delle relazioni che maturiamo con Commissione europea, Parlamento e altre Istituzioni europee.

    È evidente ‒ consentitemi davvero poche parole ‒ che la guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina stia lasciando un segno drammatico dal punto di vista umanitario, innanzitutto, e al contempo stia determinando effetti economici e sociali veramente molto preoccupanti, di cui vediamo gli effetti tutti i giorni nella nostra vita quotidiana. Quel dramma umanitario spero che si trasformi nel più breve tempo possibile in un percorso di pace, di pace giusta, che possa anche aiutarci a recuperare un equilibrio politico, economico e sociale a livello europeo e a livello globale.

    Dicevo prima, oltre ai drammatici effetti umanitari, quelli che sono gli effetti economico-sociali, che vediamo dai nostri indicatori di carattere macro economico, a partire dal tema dell’inflazione, fortemente trainato dal tema dei costi dell’energia. Di fronte a questo, è ovvio che tutti ci aspettiamo un ruolo importante da parte dell’Unione europea, che assume i contorni di un ruolo ancora più centrale.

    Stiamo assistendo in questa fase, in queste ultime settimane a un calo rilevante, ad esempio, dei costi del gas. Penso che l’operazione messa in campo sul tetto del prezzo a livello europeo sia stata una di quelle cose che abbia aiutato in questo percorso, combinato con tanti altri aspetti, che, ovviamente, non hanno risolto il problema, ma hanno aiutato a farci confidare in una risoluzione, sebbene le cose ormai abbiano assunto un livello di cambiamento tale e di shock con il quale dovremo fare necessariamente i conti.

    L’Unione europea può svolgere un ruolo importante attraverso le proprie politiche di bilancio, sulle quali si sta facendo una riflessione in sede di Commissione e di altre Istituzioni europee. Così come con la messa in campo di strumenti straordinari. Lo abbiamo già visto con il PNRR, la cui dimensione per l’Italia è una dimensione di oltre 200 miliardi di euro. Confidiamo di poterlo vedere anche sul versante dell’energia, con il programma REPowerEU, un programma che può davvero darci una risposta strutturale al problema di carattere energetico. È ovvio che dovremo essere in condizioni di usare queste risorse nel miglior modo possibile. Quante sono queste risorse? Saranno certamente 2,7 miliardi a disposizione per l’Italia, a cui ieri il ministro Fitto ci ha comunicato che si aggiungerà il 7,5 per cento dei fondi di coesione ‒ vedremo dove verranno in qualche modo individuati ‒ e che potrebbero andare a finanziare, a complemento, anche eventuali fondi del PNRR non utilizzati o che non trovano un punto di caduta nella programmazione attualmente condivisa con l’Unione europea. Quindi, può essere un pacchetto importante di risorse, rispetto al quale confidiamo possano esserci interventi che davvero modifichino l’assetto di fornitura energetica, di approvvigionamento energetico dei nostri territori, delle nostre comunità.

    Ieri in cabina di regia su questo tema, come regione Emilia-Romagna, insieme alle altre Regioni, mi sono sentito di proporre di inserire all’interno del REPowerEU anche un capitolo, una voce dedicata al tema delle comunità energetiche, che noi abbiamo già inserito nella nostra programmazione europea. Abbiamo già fatto un primo bando, che sta andando, oltretutto, molto bene, che, quindi, dà il senso di come imprese, cittadini e Enti locali si stiano organizzando, si stiano auto-organizzando per cercare una risposta. Di fronte a questa auto-organizzazione credo che ci debba essere un ruolo importante del pubblico, di accompagnamento e di affiancamento. Confido che, oltre alle risorse che abbiamo messo noi attraverso l’utilizzo dei programmi europei, possa arrivare un’ulteriore dotazione di risorse, magari proprio dal REPowerEU.

    Abbiamo anche evidenziato, sempre ieri, nel confronto con il ministro Fitto e il ministro Calderoli, il fatto che confidiamo che il ruolo delle Regioni nella gestione delle risorse europee rimanga centrale. Siamo venuti a conoscenza di un’interlocuzione del Governo con la Commissaria Ferreira, volta a proporre che la gestione FESR e FSE passasse a livello nazionale. Noi auspichiamo che questa cosa non succeda. Ammetto che emergerebbe una leggera contraddizione tra chi sostiene il percorso di autonomia regionale e chi decide di accentrare le risorse a livello governativo. Insomma, si creerebbe, a mio avviso, una dicotomia non sostenibile. E sicuramente non sarebbe utile. Credo che su FESR e FSE ci siano diverse Regioni ‒ Emilia-Romagna compresa ‒ che hanno dimostrato un livello di efficacia della spesa importante, da tenere assolutamente in considerazione.

    Concludo proprio sul ruolo delle Regioni, rimarcando che ciò che inizia oggi ‒ guardo la relatrice, ma non solo lei; guardo tutti noi ‒ può avere un effetto. Non è che la discussione che noi facciamo sulla Sessione Europea non determini degli effetti, sia nella fase discendente, quando dobbiamo fare nostre alcune cose che arrivano dall’Unione europea, sia nella fase ascendente. Ne abbiamo avuto una prima dimostrazione proprio in questi giorni. In coincidenza con la ricorrenza di oggi, abbiamo avuto notizia proprio ieri, direi, nei giorni scorsi, che la Conferenza delle Regioni ha fatto proprio il documento che, in fase ascendente, questa Assemblea, l’Assemblea dell’Emilia-Romagna aveva portato avanti e aveva messo all’attenzione delle Regioni, affinché la veicolassero sul versante europeo. Nel documento finale della Conferenza delle Regioni devo dire che c’è una ripresa quasi alla lettera di tutte le cose che voi, l’Assemblea ha fatto nella passata Sessione Europea.

    La collega Lori aveva, ovviamente, portato questo documento nelle sedi opportune e la Conferenza lo ha recepito. Nel documento di posizione comune, approvato dalla Conferenza delle Regioni, vengono, quindi, recepite tutte le osservazioni contenute nella risoluzione dell’Emilia-Romagna, partendo dal merito della proposta di direttiva di riunire in un unico strumento giuridico le norme minime applicabili a tutti i casi di violenza contro le donne e di violenza domestica, finalizzata a costruire una convergenza verso l’alto di queste norme, per garantire parità di trattamento alle vittime e prevenire e combattere queste forme di violenza, prima, durante e dopo il procedimento penale. Vengono anche recepite osservazioni relative ai reati di sfruttamento sessuale femminile e minorile e quelli legati alla criminalità informatica. Vengono recepite le osservazioni relative alla protezione delle vittime e all’accesso alla giustizia, come anche le osservazioni legate all’assistenza delle vittime, e tutto quello che in quel documento avevate, con lungimiranza e attenzione, previsto.

    Credo sia un risultato importante raggiunto dalla regione Emilia-Romagna in questa fase storica, proprio nella giornata di oggi. Un risultato importante per le donne e per tutta la società.

    Ora, dopo questa presa di posizione ufficiale da parte della Conferenza delle Regioni, serve un impegno concreto del Governo per elaborare la posizione italiana da rappresentare alle Istituzioni europee. Confidiamo che questo percorso possa proseguire. Nel caso così fosse, sarebbe un percorso partito dalla fase ascendente della Sessione Europea dell’Emilia-Romagna nel 2022. Credo che possa essere, questo, un piccolo grande segnale, un piccolo elemento anche di orgoglio, che ci dà anche il senso delle cose che in questi anni stiamo facendo.

    Grazie, presidente.

     

    SABATTINI. Ringraziamo l’assessore Calvano.

    Invito la consigliera Montalti, in quanto relatrice della futura risoluzione, a svolgere, come di consueto, l’intervento introduttivo, anche per i temi che andremo ad affrontare.

     

    Lia MONTALTI Consigliera Grazie, presidente.

    Oggi vorrei un attimo focalizzarmi su un metodo, anche rinnovato, che affrontiamo in questa Sessione Europea. Come i colleghi hanno visto e avranno modo di vedere anche nelle prossime sedute, sia della I Commissione che delle altre Commissioni, oltre ad affrontare, in termini anche generali, il programma della Commissione europea, il quadro conoscitivo della Giunta, ci saranno dei focus tematici a partire dai 43 obiettivi del programma della Commissione europea, ovviamente incrociati con il quadro conoscitivo di Giunta, quindi con tutto il lavoro che, come ben spiegava l’assessore Calvano, noi facciamo in fase ascendente e discendente nella formazione delle politiche del diritto europeo e anche nella sua attuazione.

    Mi sembra, quindi, utile per questa I Commissione provare a partire dal programma di lavoro della Commissione europea, un programma di lavoro che viene solitamente adottato alla fine dell’anno precedente a quello in cui viene attuato. Il programma del 2023 contiene, come anticipavo, 43 nuove iniziative strategiche, suddivise all’interno di 6 obiettivi che ne definiscono gli orientamenti. Oggi, in maniera molto rapida, vi racconto anche i 6 obiettivi, per poi focalizzarmi sugli obiettivi che ci interessano proprio per l’audizione in I Commissione.

    Faccio anche una premessa. Molti dei contenuti che troviamo all’interno del programma della Commissione europea sono anche legati al programma di lavoro emerso all’interno della Conferenza sul futuro dell’Europa.

    Gli obiettivi prioritari, come dicevo, sono 6. C’è l’obiettivo collegato al Green Deal, all’interno del quale, nel programma di lavoro della Commissione europea, c’è la riforma generale del mercato dell’energia elettrica, così come tutto il tema legato alla riduzione dei rifiuti.

    Poi abbiamo, come secondo obiettivo generale, un’Europa pronta per l’era digitale. Qui, per esempio, tra le varie cose, c’è la revisione delle norme sui ritardi di pagamento, per ridurre gli oneri per le piccole e medie imprese in un periodo di difficoltà economica. Così come c’è l’iniziativa che vuole ampliare e migliorare l’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario e anche, altrettanto importante, il lavoro sullo spazio comune europeo relativo ai dati sulla mobilità, per promuovere la digitalizzazione applicata al settore della mobilità.

    Il terzo macro obiettivo è un’economia al servizio delle persone. Qui dentro c’è tutto il tema del riesame della governance economica per capire se i temi della governance e della coesione sono ancora orientati rispetto all’obiettivo generale di integrazione del territorio e degli Stati dell’Unione europea. C’è la revisione ‒ anche questo è importante ‒ del bilancio dell’Unione europea per il periodo 2021-2027. Siamo più o meno arrivati a metà del periodo di programmazione. C’è la proposta di lavorare a una moneta comune dell’Unione europea nell’era digitale, quindi ad un euro digitale. Tra le varie cose ‒ in realtà sono molte; sono 43 i panel ‒ c’è anche l’obiettivo di lavorare a un nuovo quadro per i tirocini di qualità.

    Il quarto macro obiettivo riguarda l’Europa più forte nel mondo. Come focus c’è quello di intensificare gli sforzi dell’Unione europea nel settore della sicurezza e della difesa.

    Il quinto macro obiettivo riguarda la promozione dello stile di vita dei giovani europei. Una delle cose più interessanti riguarda l’Anno europeo delle competenze. C’è l’aggiornamento di tutte le politiche che riguardano la mobilità dei giovani rivolta all’apprendimento. Così come il tema anche dell’approccio legato alla salute mentale, che tratteremo anche in IV Commissione.

    L’ultimo macro obiettivo è lo slancio per la democrazia europea, quindi il pacchetto a difesa della democrazia europea, con un’iniziativa sulla protezione dello spazio democratico dell’Unione europea, e anche tutto il tema dell’unione e dell’uguaglianza.

    In tutto questo, per entrare nel merito di quello che verrà approfondito, anche grazie all’audizione di oggi, le indicazioni che vengono dalla I Commissione riguardano l’approfondimento di alcuni temi che sono proprio di competenza della Commissione, in particolare quelli collegati al fisco e al credito.

    Per non prendere troppo tempo, cerco di essere sintetica, anche se la tematica è enorme.

    La Commissione europea, nel suo programma di lavoro 2023, si è data come obiettivo quello di compiere ulteriori progressi nella costruzione dell’unione dei mercati dei capitali. Questo attraverso una serie di iniziative. Quali? Un pacchetto di misure per facilitare gli investimenti al dettaglio; un’iniziativa per un quadro di riferimento sulla finanza aperta, allo scopo di migliorare l’accesso ai dati nei servizi finanziari; e poi la revisione della direttiva relativa ai servizi di pagamento, per sostenere l’innovazione e garantire, nello stesso tempo, un uso più facile e più sicuro dei servizi di pagamento online e, ovviamente, una migliore protezione degli utenti da frodi e abusi.

    L’obiettivo 23, all’interno dei 43 inseriti nel programma di lavoro della Commissione, riguarda la tassazione delle imprese. Tassazione delle imprese, imprese in Europa, quadro per l’imposizione dei redditi. In particolare, lo strumento ‒ l’acronimo è BEFIT ‒ a cui l’Unione europea sta lavorando è il “Business in Europe: Framework for Income Taxation”. Qui c’è una parentesi dovuta. L’Unione europea, ovviamente, non ha un ruolo diretto nella riscossione delle imposte o nella fissazione delle aliquote. L’Unione europea, però, da tempo ragiona su come cercare di armonizzare la condizione, la fiscalità applicata nei vari Paesi, questo sempre con l’obiettivo di mantenere il mercato unico in equilibrio, quindi garantire, per esempio, la libera circolazione di merci, servizi e capitali nell’UE, garantire il fatto che le imprese di un Paese non godano di indebiti vantaggi concorrenziali rispetto ai concorrenti di altri Paesi e garantire che le imposte non discriminino i consumatori, i lavoratori e le imprese di altri Paesi. Quindi, armonizzare e tenere in equilibrio il nostro mercato comune.

    In tutto questo, da diversi decenni ‒ come vi dicevo ‒ si discute di proposte relative a questo percorso, quindi all’armonizzazione delle imposte sulle imprese. Ci sono stati diversi passaggi. Già nel 2001 era stato preparato uno studio analitico delle imposte sulle società della Commissione europea. Poi, nel 2004 un gruppo di lavoro istituito ha elaborato una serie di indicazioni, un documento in particolare che si chiama “base imponibile consolidata comune” per l’imposta sulla società, proprio per mettere in campo strumenti che andassero verso l’obiettivo di armonizzazione che vi dicevo. Ma la svolta vera c’è stata a metà del 2021, con la pubblicazione di una comunicazione sulla tassazione delle imprese per il XXI Secolo, che ha portato proprio all’elaborazione di quel programma, di una proposta, quella che vi anticipavo prima, cioè imprese in Europa, quadro per l’imposizione dei redditi.

    Veniamo, un pochettino più nel dettaglio, al lavoro e alla riflessione di fronte a cui ci troviamo oggi.

    Qual è l’obiettivo della Commissione? Mettere in campo un nuovo sistema di regole comuni sulla tassazione. L’acronimo BEFIT fa proprio riferimento alla proposta della Commissione. Questo, secondo le intenzioni della Commissione, assicurerà... La Commissione vuole assicurare... Come sapete, ed è la premessa, dalle proposte della Commissione che arrivano, poi, a determinare atti di diritto che hanno effetti diretti a livello statale e regionale territoriale il percorso è lungo. È per questo che serve la Sessione Europea: per provare ad anticipare e a capire quelle che sono anche le tendenze dal punto di vista politico e di diritto a livello europeo.

    Dicevo, questa proposta ‒ BEFIT ‒ secondo le intenzioni di Bruxelles vuole assicurare un unico sistema di regole sulle imposte societarie, anche per ridurre burocrazia, costi di attuazione e minimizzare le opportunità di elusione fiscale.

    In tutto questo ci dobbiamo ricordare che in Europa, nonostante il mercato unico di beni e servizi, ci sono 27 diversi sistemi fiscali. Quindi, come vi dicevo, il percorso non è semplice. È un percorso anche lungo. Ed è un percorso dentro cui ci sono anche grandi temi e grandi questioni, di cui da tempo si dibatte e che devono essere affrontate. Penso alla questione della tassazione delle multinazionali. Dentro al programma di lavoro della Commissione che affrontiamo quest’anno c’è anche tutto l’approfondimento per quello che riguarda il tema delle tassazioni delle multinazionali.

    Non mi dilungo molto di più. Solo due piccoli focus. Il primo sull’obiettivo 24, ovvero quello che riguarda l’accesso ai dati nei servizi finanziari. Anche questo è un obiettivo che si dà la Commissione europea per, da un lato, rivedere le norme sui servizi di pagamento e, dall’altro, migliorare anche il quadro relativo alla finanza aperta. L’altro obiettivo è il 26, che riguarda il pacchetto di investimenti al dettaglio, con l’obiettivo di migliorare anche i piccoli investimenti, nella logica di un’economia più vicina alle persone, più al servizio delle persone.

    Questo è quanto. Ovviamente c’è la nostra massima disponibilità, la mia massima disponibilità, poi, ad approfondire.

     

    SABATTINI. Grazie, consigliera Montalti, anche per l’inquadramento generale, assolutamente utile a tutti i commissari e anche ai lavori della nostra Commissione.

    Do la parola al consigliere Bargi.

     

    Stefano BARGI. Vicepresidente In maniera inusuale, nel senso che non ho ricevuto la reale nomina di relatore di minoranza, che a sua volta, in realtà, è una novità introdotta quest’anno. Proviamo questa nuova metodologia per affrontare la Sessione Europea. Mancando il presidente Pompignoli, sono in difficoltà per avere i numeri per poter avere la nomina oggi. Comunque, ringrazio per la fiducia e il credito sul futuro accordatomi.

    A me tocca fare un po’ la parte del bastian contrario, altrimenti sembra che qui fili tutto liscio e si rischia di sprecare le occasioni. Anche perché, a mio avviso, la Sessione Europea ha sempre avuto una visione un po’ diversa. Prima l’assessore Calvano ha espresso un po’ di entusiasmo rispetto alla capacità di portare messaggi da parte della Sessione Europea. Io, a suo tempo, dicevo: immagino quel tizio seduto a Bruxelles a cui arrivano da tutte le Regioni dei papiri politici; se li legge tutti e, da quelli, estrapola qualcosa di utile per la Commissione o il Parlamento europeo. Faccio un po’ fatica a immaginarmelo. Ecco perché, se alla Sessione Europea si vuole dare un qualche valore dal punto di vista politico, serve lanciare messaggi chiari. Tendenzialmente i messaggi chiari arrivano dove ci sono criticità. Se dobbiamo trovarci per dire che va tutto bene, non serve a nulla l’esercizio della politica. Soprattutto perché l’occasione è quella di portare un messaggio... Ovviamente c’è l’elemento politico e, se vogliamo, anche ideologico, ma anche il messaggio di un territorio che, di fronte a determinate modifiche, di fronte a determinate proposte, fa sapere le proprie posizioni.

    Oggi c’è stato il tema dell’Automotive, dell’Alleanza delle Regioni, l’Automotive d’Europa. È un tema che sicuramente nel nostro territorio è sentito. Ha pesato la mancanza dell’Emilia-Romagna alla prima riunione di questa Alleanza. È un esempio di politica. Ovviamente c’è un tema ideologico, ma c’è anche un tema di rappresentanza del territorio e di un settore che per noi è trainante, sul quale qualche parola bisogna che la spendiamo. Gli esempi, chiaramente, sono tanti.

    Prima la relatrice di maggioranza ha fatto l’analisi su tutta la parte nuova, la proposta che arriva dal programma di lavoro della Commissione europea, suddivisa in vari punti. Oggi, tra l’altro, abbiamo un focus. Questa apertura dei lavori apre anche il primo giro di incontri con gli stakeholder del territorio. Il focus di quest’oggi è sulla parte del BEFIT, riassunto brevemente, ma che ha una componente molto interessante, soprattutto dove c’è il tentativo di costruire una base imponibile per le imposte sui redditi, tale per cui quelle realtà più grandi, che hanno guadagni a livello globale oltre una certa soglia, possono essere tassate, banalmente le multinazionali, e come ripartire queste risorse tra gli Stati in cui queste ultime sono operative. Chiaramente, è un tema più a carattere, a mio avviso, nazionale, ma che in una Regione così ben integrata nel contesto globale, come l’Emilia-Romagna, che punta anche ad attrarre multinazionali sul territorio e punta a portare anche le proprie aziende in giro per il mondo, giustamente è un tema che abbiamo interesse a capire, sul quale avere un approfondimento in più o, perlomeno, sentire un parere da parte del nostro tessuto locale. Idem per quanto riguarda gli aspetti legati al credito. Sono un po’ i due focus sui quali ci concentriamo oggi.

    Adesso inizia un lavoro dove bisogna toccare tanti temi. Ci sarebbe da scrivere un romanzo su come ci vogliamo porre nei confronti dell’Europa, però è chiaro che serve lanciare dei messaggi, che devono essere il più uniti possibile, altrimenti l’esercizio si perde. È vero che festeggiamo quando si mette mano a questioni legate principalmente ai diritti civili, prima abbiamo fatto un esempio, che tendenzialmente toccano piccole nicchie. Io credo ci siano problematiche un po’ più macro in Europa. Quindi, se non c’è la capacità di andare a mettere mano su questioni, come quella energetica, dove, magari, mettiamo un po’ la polvere sotto il tappeto, dove noi continuiamo ad andare dritti per dritti con le politiche green, per poi avere gli Stati Uniti che ci fregano sullo stesso gioco, anticipandoci, e non riusciamo ad avere la capacità di direzionare l’apparato europeo che, per citare Umberto Bossi, rimane negli anni Duemila una macchina burocratica apolide, noi continuiamo a non sapere dove andare a sbattere la testa. L’idea che ci si muova un po’ alla giornata c’è in Europa. C’è! Quindi, se noi non siamo in grado di far percepire queste criticità e le problematiche che un territorio come il nostro, a vocazione produttiva, capace di essere ben integrato nel contesto europeo e mondiale, non riesce a far avere un messaggio chiaro da questo punto di vista, chiaramente, ragazzi, il dibattito si limita a dirci che va tutto bene, e la chiudiamo lì. Quindi, da qui inizia un percorso. È importante per noi raccogliere tutte quelle che sono le criticità e cosa non va, altrimenti il messaggio che passa è che qui va tutto bene, quindi continuiamo in questo modo. Eppure, anche parlando a tu per tu con i settori produttivi – del resto, quando si arriva a questo microfono c’è un po’ un appiattimento della linea da parte di tutti – non mi risulta che le cose stiano andando così bene.

    Grazie.

     

    SABATTINI. Grazie, consigliere Bargi.

    Cedo la parola al dottor Ricciardelli, come da programma, dopodiché cominciamo con gli interventi dei soggetti che abbiamo invitato a contribuire alla nostra discussione. Grazie.

     

    Dott. Maurizio RICCIARDELLI. Buon pomeriggio a tutti.

    Per quanto riguarda gli aspetti tecnici che caratterizzano l’apertura di questa Sessione, voglio ricordare alcuni elementi che per me sono importanti.

    Questa è la quattordicesima Sessione europea che viene svolta dalla regione Emilia-Romagna. Cioè, per quattordici anni, a partire dal 2009, sulla base della struttura che noi abbiamo creato nel 2008 con la legge n. 16, diamo vita ad una Sessione che consente all’Assemblea legislativa, anche sulla base di un lavoro fatto dalla Giunta per ricostruire la situazione dei diversi settori e la situazione complessiva in cui si pone l’Emilia-Romagna rispetto ai temi europei, di fare il quadro, di discutere sulle tematiche europee. Io ricordo che, quando facemmo quella legge, si disse, a differenza di altre legislazioni che esistevano in materia, le prime, che la centralità è la Sessione, cioè la centralità è la conoscenza. Quindi, portare in Assemblea questo ragionamento a noi sembrò molto importante.

    Questa è la quattordicesima Sessione europea che ho l’onore, per quanto riguarda la Giunta, di coordinare, ma anche l’ultima, perché sono vicino al pensionamento, dunque a dicembre di quest’anno sarò collocato a riposo. Quindi, a maggior ragione sento l’importanza di questo momento, che mi fa dire che abbiamo lavorato bene. Io sono veramente contento del lavoro che si è fatto e sono contento della collaborazione che abbiamo avuto con tutte le Direzioni generali e con l’Ufficio di Bruxelles per dare modo all’Assemblea legislativa di avere un quadro di conoscenza ogni volta aggiornato, perché questo è un mondo che cambia, aggiornato e in grado di portare la regione Emilia-Romagna a essere la prima, probabilmente, tra le Regioni che si interessano delle tematiche europee in maniera organica. Questo, secondo me, è un bel risultato.

    Fatta questa premessa, il rapporto conoscitivo, che è il documento che la Giunta approva e porta all’Assemblea legislativa per questa discussione nella Sessione, è un documento che ha determinate caratteristiche, oltre a essere un documento che tendenzialmente non viaggia da solo, perché abbiamo in fase di preparazione una legge di REFIT, che rappresenta l’applicazione del metodo REFIT legislativo di revisione delle norme a livello europeo nella Regione Emilia-Romagna, e stiamo anche lavorando, anche sulla base dei lavori di questa Sessione, per vedere, rispetto alla legge europea regionale, di preparare quello che servirà.

    La discussione, come sempre, si colloca in un punto particolare, perché la nostra Sessione si colloca all’interno di un percorso che, a livello europeo, è segnato dal Semestre europeo, cioè a che punto siamo. Questo è il mese di marzo e nel mese di marzo la Commissione europea si riunisce e dà a tutti gli Stati membri le linee guida operative per la preparazione dei propri Piani nazionali di riforma. Poi, ad aprile lo Stato presenterà il Piano nazionale di riforma, lo consegnerà alla Commissione europea e a maggio verranno le raccomandazioni per singolo Paese che l’Unione Europea dà. Quindi, già ci muoviamo in un contesto che è un contesto preciso. Perché siamo in grado di interloquire? Perché ci muoviamo nel solco di un semestre europeo che è consolidato e che rappresenta l’elemento chiave per il coordinamento delle politiche pubbliche all’interno dell’Unione europea. Quindi, è importante sapere qual è la situazione economica nella quale noi ci muoviamo.

    Tratteggio, perché le cose le conosciamo molto bene, che siamo in una situazione segnata da un lungo periodo di crisi. Il periodo di crisi è stato determinato in Europa prima dall’insorgere della pandemia di Covid-19 e successivamente dall’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina. Quindi, siamo in una situazione nella quale anche il regime economico in cui ci muoviamo è un regime particolare, è un regime caratterizzato, da un lato, da interventi speciali e specifici, i cosiddetti temporary framework, cioè la possibilità in materia di aiuti di Stato di andare oltre il limite che, altrimenti, la normativa europea impone. Abbiamo avuto un temporary framework Covid-19, abbiamo ora un temporary framework Ucraina. Perché servono? Servono perché, mentre la regola sugli aiuti di Stato è di evitare che gli Stati si facciano concorrenza l’uno con l’altro nei momenti ordinari, sprecando risorse e incentivando ognuno la propria impresa, qui siamo in una situazione di crisi. D’altronde, l’altro grande elemento è stato ricordato prima: il NextGenerationEU. Abbiamo una situazione in cui l’Unione europea ha messo a disposizione degli Stati per la ripresa da questa situazione economica circa 800 miliardi di euro, cui si sono aggiunti adesso quelli di REPowerEU. Quindi, è una somma veramente imponente. Quindi, somma imponente da un lato, regole particolari dall’altro, quelle che consentono la deroga temporanea al sistema di vincolo sugli aiuti di Stato.

    Voglio ricordare che oggi sugli aiuti di Stato per le imprese colpite dalla crisi ucraina è possibile concedere fino a 2 milioni di euro ad impresa, che è una cosa veramente notevole. Voglio altresì ricordare che questo, ovviamente, vale per il temporary framework Ucraina, perché il temporary framework Covid-19 si sta esaurendo. Quello Ucraina ha queste potenzialità.

    Mi piace anche ricordare in questa sede che l’Emilia-Romagna è comunque sempre tra i protagonisti anche sotto questo aspetto degli aiuti di Stato, occupandomi io anche degli aiuti di Stato in quanto sono responsabile del Servizio Affari legislativi e Aiuti di Stato. In particolare, la regione Emilia-Romagna ha dato vita a una “notifica ombrello” riguardo alla Regione. È una delle prime Regioni in Italia ed è la prima che ha fatto questa notifica ora che c’è un regime che consente di arrivare a 2 milioni di euro di incentivo per ogni impresa. Poi dipende dai fondi che abbiamo e dalla gestione che si farà. Però, anche in questo caso devo far notare che la Regione Emilia-Romagna ha un elemento di un ruolo attivo particolarmente importante.

    Credo che il punto fondamentale che noi dobbiamo esaminare sia, ovviamente, come fare a portare ogni volta il dibattito che si fa nella Regione a livello europeo. Questo è un esercizio che si fa nel corso del tempo, che porta a una legislazione europea e che porta, in particolare, alla partecipazione della regione Emilia-Romagna in fase ascendente. Noi siamo la Regione che partecipa di più in Italia in fase ascendente, che manda i propri orientamenti al Governo nazionale. Il meccanismo non è che non c’è. Il meccanismo c’è. E lo abbiamo visto nel caso della proposta di direttiva sulla violenza sulle donne e sulla violenza domestica. Noi, all’interno del Consiglio regionale, Assemblea legislativa, approviamo degli indirizzi, gli indirizzi vengono fatti propri dalla Conferenza delle Regioni, se li condivide, e a questo punto vengono mandati in questo caso al ministro Fitto. Noi abbiamo la nota con la quale il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, ha inviato al ministro Fitto le osservazioni, che sostanzialmente sono le nostre. E non sono irrilevanti. Del resto, quando si dice “ci sono problemi sulla preparazione, per esempio, della pubblica amministrazione in materia di capacità di risolvere i problemi che nascono dalla violenza sulle donne, favorire i centri che aiutano a risolvere o ad attenuare questo problema, fare una creazione culturale che dia vita a una cultura contro la violenza”, credo che abbiamo segnalato dei punti di grandissima importanza.

    Non ritorno assolutamente su quello che ha già egregiamente detto la consigliera Montalti sul tema relativo al programma annuale della Commissione europea, che si articola in questi quarantatré obiettivi, ma voglio ricordare un punto importante. La partecipazione si svolge sia attraverso il meccanismo previsto dalla legge n. 234/2012, per cui arriva un atto già confezionato, noi facciamo le osservazioni e si segue il percorso che si è detto, caso della direttiva sulla violenza sulle donne e sulla violenza domestica, ma esiste anche un altro sistema, che è partito dal 2019, e la Regione Emilia-Romagna è tra i protagonisti fin dalla prima fase. Non sono tante le Regioni in Europa che fanno parte del progetto RegHub. Il progetto RegHub è un progetto che si basa sull’analisi delle proposte non già strutturate, ma delle proposte che sono ancora in bozza, embrionali, che l’Unione europea fa su di una serie di materie di interesse europeo. Questa iniziativa è partita come una sezione particolare, creata dal Comitato delle Regioni, questo organismo importantissimo a livello europeo, ed è diventata oggi una sottosezione della piattaforma Fit for Future (F4F).

    La piattaforma Fit for Future è il principale sistema di coinvolgimento e partecipazione che usa la Commissione europea verso gli Enti locali, verso tutti gli stakeholder, per vagliare il fatto che le proposte che sono in esame funzionino o non funzionino. Quindi, vengono fatti dei questionari, ai quali noi partecipiamo regolarmente, sentendo anche quella che è la rete europea creata dalla Regione Emilia-Romagna, la cosiddetta RER-ER (Rete Europea Regionale-Emilia-Romagna), che è stata creata a seguito della più recente modifica che è stata fatta alla legge n. 16/2008 e che ha consentito di raccogliere una serie di stakeholder per fare un’analisi partecipata, al fine di arrivare a quella che è una tecnica che sta all’interno dell’AIR partecipato (Analisi di Impatto della Regolamentazione). In questo caso è la valutazione di impatto territoriale (VIT).

    Per la prima volta si chiede alle Regioni: ma voi, se noi facciamo un atto, per esempio, in materia di acque, di aria, un atto che riguarda i veicoli a fine vita, che sembra niente, ma invece sono molto importanti, hanno un grande impatto, che cosa ne pensate? Ecco, secondo me, partecipare a RegHub è un’esperienza che è stata assolutamente positiva e che ci consente di anticipare molte tematiche.

    Infine, una delle cose più importanti che mi piace sottolineare è che, quando si inizia una Sessione come questa, noi dobbiamo sempre sapere qual è la collocazione dell’Emilia-Romagna in Europa e rispetto alle altre Regioni italiane rispetto ad alcuni fattori, per esempio – oggi è l’8 marzo – il fattore di genere. È importante, quindi, che noi raccogliamo alcuni dati, e lo facciamo da molti anni. Anche quest’anno abbiamo una serie di tabelle che accompagnano il REFIT. Sintetizzerò le cose che, secondo me, sono più importanti.

    Il tema del lavoro. L’Emilia-Romagna è impegnata in tal senso e ha fissato un target al 2030. Una volta partivamo dal vecchio programma 2020, ma ora siamo con il programma dell’ONU, l’Agenda 2030. Il target per l’Europa è avere il 78 per cento dei cittadini tra i 20 e i 64 anni con un lavoro. A che punto è l’Emilia-Romagna? L’Emilia-Romagna è al 73,5 per cento, che è un dato sostanzialmente analogo a quello dell’Unione europea. La media europea, infatti, è pari al 73,1 per cento. Quindi, noi siamo lì. Naturalmente per arrivare al 2030 ad avere il 78 per cento ci vorrà ancora un po’. Ma qual è lo stato del Paese Italia, invece? Lo stato del Paese Italia è il 62,7 per cento. Dunque, la Regione Emilia-Romagna si colloca ad un livello che è quello medio dell’Unione europea, in un Paese che, invece, fa ancora un po’ fatica. Qual è il tasso di occupazione 20-64 anni per genere? Qual è il divario di genere? Come sappiamo, il divario è a favore dell’uomo rispetto alla donna. Ebbene, noi vediamo che in Emilia-Romagna il divario di genere è del 14,9 per cento, mentre a livello nazionale è del 19 per cento. Quindi, il nostro divario di genere sul mercato del lavoro è minore di quello esistente a livello nazionale. A che punto ci poniamo rispetto alle altre Regioni italiane? Siamo al secondo posto, con il nostro 73,5 per cento, secondi solo al Trentino-Alto Adige. Quindi, l’Emilia-Romagna è, come quasi sempre vedremo, in una delle prime posizioni.

    Abbiamo un tema nuovo. Per la prima volta ci siamo occupati del tema dei NEET. Questo è un tema che oggi è all’ordine del giorno, oggettivamente. Qual è la situazione dei NEET in Emilia-Romagna? I NEET sono il 15,1 per cento dei giovani. Il target europeo è abbassarsi al 9 per cento, quindi c’è da lavorare. Però, anche in questo caso noi siamo simili al livello europeo: noi abbiamo i NEET al 15 per cento, l’Europa al 13 per cento. L’obiettivo è sempre il 9 per cento. Ma qual è lo stato del Paese? Ahimè, lo stato del Paese è il 23,1 per cento. Cioè, i NEET in Italia sono molto elevati, considerato l’obiettivo del 9 per cento al 2030. Sembra niente, ma è vicino il 2030. Qual è la situazione uomini-donne rispetto al caso del NEET. Questa è una statistica che abbiamo per la prima volta: in Emilia-Romagna la situazione dei NEET è che le donne sono al 19 per cento e gli uomini all’11 per cento. Ecco dov’è il divario. I NEET sono molto più facilmente donne che uomini, quasi il doppio. Certo, non siamo ai livelli del Paese Italia, perché il Paese Italia ha come donne il 25 per cento di NEET e come uomini il 21 per cento. Quindi, è il doppio dei dati della Regione Emilia-Romagna. Come siamo nel rapporto dei NEET con le altre Regioni? Ancora una volta siamo al secondo posto. C’è qualcuno che viene prima di noi, il Veneto, che ha un dato un po’ migliore, il 13,9 per cento, mentre l’Emilia-Romagna il 15 per cento. Però, siamo sempre tra le Regioni che hanno i dati migliori in Europa e in Italia.

    Vi è, poi, un dato strategico: qual è la spesa in ricerca e sviluppo in percentuale sul PIL? Noi abbiamo i dati 2020. Questo è un dato che guarda al futuro, è importantissimo. Il target europeo è raggiungere il 3 per cento al 2030. Ebbene, l’Emilia-Romagna ha il 2,14 per cento, l’Unione europea ha il 2,30 per cento. Quindi, siamo ancora una volta in linea con l’Unione europea. E l’Italia? L’Italia è all’1,51 per cento. Anche su ricerca e sviluppo l’Italia ha degli elementi da recuperare. Qual è la situazione ricerca e sviluppo rispetto alle altre Regioni? Ancora una volta siamo al secondo posto, anche se cambia la Regione che è al primo posto, che in questo caso è il Piemonte. È sempre il Piemonte. Devo dire che da tanti anni è sempre il Piemonte perché, anche grazie ai centri studi FIAT, queste cose, il Piemonte ha dati di ricerca e sviluppo più alti del resto del Paese. Subito dietro ci siamo noi.

    Abbiamo, poi, un dato un po’ meno positivo. Sì, perché non è che il mondo è tutto positivo. Come veniva ricordato prima, ci sono anche cose che devono far riflettere. È un dato che riguarda la situazione green. Qual è la percentuale di energia da fonti rinnovabili che viene consumata in Emilia-Romagna? In Emilia-Romagna è il 13 per cento, in Italia è più alta, il 20,4 per cento. In Unione europea è ancora più alta: il 22 per cento. Tutti siamo lontani dal target del 45 per cento al 2030. Noi, però, siamo lontanissimi, diciamocelo. Ma lo siamo sempre stati. Anche questa non è una novità. Perché lo siamo sempre stati? Per via del gas. L’Emilia-Romagna, infatti, ha molta alimentazione a gas metano, essendo anche una Regione che preleva gas metano, quindi questo dato ecologico non è mai tra i più splendidi, anzi colloca la regione Emilia-Romagna tra le varie Regioni al terzultimo posto. Peggio fanno solo Lazio e Liguria.

    Torniamo adesso a un tema sociale che, per me, è assolutamente strategico: l’abbandono prematuro degli studi. Il target europeo è il 9 per cento al 2030, l’Emilia-Romagna è al 9,9 per cento. Quindi, effettivamente l’Emilia-Romagna è vicina al target europeo. Anche l’Europa non è lontana: registra il 9,7 per cento. Quindi, è un dato abbastanza buono. Il livello italiano è al 12 per cento. L’Italia, ancora una volta, si trova messa in condizioni peggiori rispetto all’Emilia-Romagna e alla media europea. Qual è la situazione tra gli uomini e le donne? Qui segnalo un caso particolare: il tasso di abbandono scolastico è molto più grave per gli uomini che per le donne. Questa è una cosa abbastanza nota. A livello italiano è del 14,8 per cento per gli uomini e dell’11 per cento in Emilia-Romagna. Per quanto riguarda i dati delle donne, si registra il 10 per cento a livello italiano e l’8,5 per cento in Emilia-Romagna. Cioè, le donne abbandonano meno gli studi, studiano di più. È dopo, è quando c’è l’inserimento nel mondo del lavoro che, come abbiamo visto, nasce quel gap che abbiamo visto prima.

    Se vogliamo, anche qui c’è un dato, però, che fa riflettere. Torno ancora al ragionamento che non tutto viene fuori perfettamente. Infatti, se ci paragoniamo con le altre Regioni, dobbiamo partire dal fatto che alcune Regioni hanno dati gravissimi, Sicilia, Puglia e Campania. In quelle Regioni l’abbandono scolastico è al 20 per cento, al 21 per cento e al 17 per cento. Noi, rispetto al livello italiano, siamo quasi a metà classifica. E non era così. Siamo stati superati da alcune Regioni, Basilicata, Veneto e Lazio, di poco. Siamo ancora tra i virtuosi, siamo ancora nella parte positiva. Però, su questo tema dell’abbandono scolastico credo che i dati ci segnalino un punto di attenzione.

    Vi è, poi, il tema determinante del livello alto, cioè della laurea. Quanti giovani emiliano-romagnoli sono laureati? Qui troviamo quel rapporto che più o meno abbiamo visto abbastanza classico: l’Emilia-Romagna ha un tasso di laureati del 33 per cento, molto superiore al 26 per cento dell’Italia. Naturalmente noi non arriviamo al livello europeo, perché il numero medio dei laureati in Europa è sempre molto più alto che in Italia. Infatti, l’Europa segna il 41 per cento, contro il 33 per cento dell’Emilia-Romagna e il 26 per cento dell’Italia. L’obiettivo del 50 per cento dei laureati è ancora un po’ lontano per tutti. I laureati, anche qui, sono di più tra le donne e di meno tra gli uomini. Anche questo è un dato importante. Segnalo, infine, che l’Emilia-Romagna, anche in questo caso, è al secondo posto. Quindi, i dati sono molto validi: il 33 per cento. In questo caso è preceduta dall’Umbria. C’è sempre un’altra Regione che ci precede, ma veramente per poco.

    Arrivo, infine, al tasso di rischio di esclusione sociale. Credo che sia una delle cose che ci rendono più orgogliosi: in Emilia-Romagna il rischio di povertà ed esclusione nel 2021 è l’11 per cento, mentre in Italia è il 25,4 per cento. In altri termini, chi vive in Emilia-Romagna ha un rischio di esclusione sociale molto basso. La media europea è il 21 per cento. Cioè, il rischio di esclusione sociale in Emilia-Romagna è molto inferiore rispetto a quello che si ha in Europa. Credo che questo sia importante. Anche qui l’Emilia-Romagna è la prima, preceduta in questo caso dalla Provincia di Bolzano. Ma, come vediamo, l’Emilia-Romagna è quasi sempre al secondo posto. Non proprio il primo, ma quasi sempre il secondo.

    Credo che questo inquadramento ci dica molto su cos’è l’Emilia-Romagna in Europa. Grazie.

     

    SABATTINI. Grazie, dottor Ricciardelli.

    Ringrazio anche i nostri ospiti, a partire dal dottor Bernardi di ABI Bologna, dal dottor Sabatini, responsabile dell’ufficio mercato dei capitali di ABI, al quale cederò fra pochissimo la parola, e dal dottor Guido Caselli, vicesegretario regionale di Unioncamere. Vi ringrazio anche per la pazienza di aver atteso una discussione in Commissione. Oggi era la prima seduta e occorreva fare un inquadramento generale della Sessione e dei lavori, che poi vedranno impegnate tutte quante le Commissioni.

    Il focus che avremmo chiesto a voi è ovviamente quello, come ricordava prima il consigliere Bargi, relativo al tema del Fit e, quindi, all’introduzione delle norme comuni sulla tassazione, sulla creazione della loro base imponibile, legata ovviamente anche al tema del credito.

    Quindi, ringraziandovi ancora della pazienza e della partecipazione, partirei dal dottor Sabatini, responsabile dell’ufficio mercato dei capitali di ABI, che è collegato da remoto e al quale cedo la parola, oltre che la Presidenza al consigliere Pompignoli. Grazie.

     

    Dott David SABATINI, responsabile ufficio mercato dei capitali di ABI. Buon pomeriggio. Mi sentite?

     

    Massimiliano POMPIGNOLI.Presidente Sì, la sentiamo.

     

    SABATINI, Buon pomeriggio, presidente. Buon pomeriggio anche ai consiglieri.

    Ringrazio innanzitutto la Commissione per aver invitato l’Associazione Bancaria Italiana a trattare un tema sicuramente di rilievo per il mondo bancario e finanziario, in particolare quello del pacchetto sugli investimenti al dettaglio.

    Mi scuso di non essere con voi oggi pomeriggio. Il mio contributo per la vostra discussione sarà volto da un lato a darvi un inquadramento generale della strategia per gli investimenti al dettaglio della Commissione europea, ma a darvi anche il punto di vista del settore bancario su alcuni punti che verranno affrontati nell’ambito di questa strategia.

    È stato già anticipato, se non erro, dalla relatrice che il tema degli investimenti al dettaglio si inquadra in un tema più ampio, connesso al rilancio del mercato dei capitali europeo, quindi il cosiddetto Piano di azione per il mercato dei capitali. L’obiettivo della strategia per gli investimenti al dettaglio è quello di individuare una serie di interventi normativi che vadano da un lato a rafforzare ulteriormente le tutele che già oggi la disciplina europea rivolge nei confronti degli investitori al dettaglio, ma anche e soprattutto – e qui è il collegamento con il Piano d’azione per il mercato dei capitali europei –  ad accrescere la partecipazione degli investitori al dettaglio, quelli che vengono anche chiamati gli investitori retail: parliamo sostanzialmente dei piccoli investitori, dei risparmiatori, quindi incentivare e accrescere la loro partecipazione al mercato dei capitali. Questo è un tema molto importante, perché come sapete è dal risparmio, soprattutto delle famiglie e dei piccoli investitori che si genera quel flusso finanziario che poi, tramite i mercati finanziari e tramite gli intermediari, gli strumenti finanziari, arriva all’economia reale.

    La strategia per gli investimenti al dettaglio ha un ambito di applicazione molto ampio, perché riguarda sostanzialmente tutte le discipline europee che attengono alla protezione degli investitori. La più importante, sicuramente, e anche forse la più nota è la disciplina contenuta nella direttiva MiFID, direttiva che fornisce un quadro regolamentare per l’attività degli intermediari, la protezione degli investitori, il funzionamento degli strumenti finanziari e dei mercati finanziari. Ma la strategia si occupa anche di altre normative: oltre alla MiFID, anche la direttiva che riguarda la distribuzione dei prodotti assicurativi, con particolare riferimento ai prodotti di investimento assicurativo; e poi, il regolamento cosiddetto PRIIPs, il Regolamento europeo, che qualche anno fa ha introdotto il documento chiave con informazioni sui prodotti di investimento preassemblati.

    Un quadro quindi abbastanza complesso. Il focus, come dicevo prima, è la tutela degli investitori al dettaglio. È bene precisare che ad oggi non è stata ancora presentata una proposta di strategia. La strategia mira quindi non ad aggiungere una nuova direttiva, un nuovo regolamento europeo, ma ad intervenire con delle modifiche mirate all’attuale disciplina.

    La proposta da parte della Commissione europea è attesa per i primi di maggio. Poi, una volta presentata, verrà avviato il processo di co-legislazione a livello europeo, quindi definizione della norma, grazie anche al confronto che la Commissione avrà con il Consiglio europeo e il Parlamento europeo.

    Quali saranno le principali aree di intervento di questa strategia per gli investimenti al dettaglio? Cercherò di non essere tecnico, ma mi scuserete se dovrò evidentemente citarvi alcuni aspetti forse un po’ più tecnici, ma è utile comunque inquadrare quali sono le possibili aree di intervento, anche per comprenderne le potenziali ricadute.

    La strategia per gli investimenti al dettaglio dovrebbe riguardare il tema dell’informativa sui prodotti e sui servizi resi dagli intermediari, con l’obiettivo di semplificare tutta l’informativa che i clienti al dettaglio ricevono in materia di investimenti e strumenti finanziari. L’altro aspetto che potrebbe essere oggetto di intervento da parte della Commissione riguarda i criteri di classificazione della clientela. Non è qui il mio obiettivo, quindi non entro nei dettagli, ma la direttiva MiFID definisce quali sono i criteri che devono essere utilizzati dagli intermediari per classificare i clienti nelle tre categorie: i clienti al dettaglio che, come dicevo prima, sono i clienti più piccoli, meno esperti; i clienti professionali e le cosiddette controparti qualificate.

    L’idea è quella di rivedere i criteri per classificare i clienti nelle categorie MiFID, con l’obiettivo di cercare di fare in modo che alcuni clienti che oggi sono classificati retail, ma che non corrispondono al piccolo risparmiatore, quindi clienti che oggi sono classificate retail, ma che hanno conoscenze, esperienze e anche disponibilità finanziarie elevate possono comunque accedere a prodotti rivolti alla clientela professionale. L’obiettivo, l’ho citato prima, è quello di consentire una maggior partecipazione dei clienti retail al mercato dei capitali, quindi facilitare anche il flusso di risorse finanziarie che va dai clienti al dettaglio verso l’economia reale, quindi verso le imprese. Altro tema di possibile interesse è quello degli incentivi. Tornerò su questo tema a brevissimo, perché è forse l’aspetto più importante e d’impatto della strategia per gli investimenti al dettaglio. Comunque, l’obiettivo è quello di intervenire sulla disciplina degli incentivi per migliorare la qualità della consulenza in materia di investimento offerta ai clienti.

    L’ultimo aspetto è quello che viene definito nel dibattito europeo internazionale il value for money, cioè sostanzialmente ricercare un maggior livello di rapporto tra qualità e costi dei prodotti e dei servizi di investimento.

    Dicevo che quello degli incentivi rappresenta senza dubbio il tema di maggiore rilevanza per i suoi potenziali impatti, quindi credo, anche per l’utilità della vostra Commissione, sia opportuno approfondirlo. Innanzitutto, cosa vuol dire incentivi? La MiFID, la direttiva europea li definisce come qualunque pagamento o remunerazione, sia monetaria che non monetaria, che gli intermediari ricevono da terzi, cioè da soggetti diversi dai clienti, in relazione alla prestazione dei servizi di investimento. Per farvi un esempio: la fattispecie di incentivo più comune è la retrocessione che gli intermediari percepiscono dalle case-prodotto – cioè dai soggetti che emettono gli strumenti finanziari, in particolare fondi comuni di investimento, piuttosto che polizze assicurative – come remunerazione dell’attività di distribuzione dei loro prodotti finanziari e del servizio di assistenza e consulenza che loro offrono ai clienti. È evidente quindi da questa definizione che il tema degli incentivi è molto spesso accostato alla questione dei potenziali conflitti di interesse che potrebbero derivare tra l’intermediario e il cliente nella percezione di questi incentivi.

    È bene dire però che se la MiFID effettivamente inquadra il tema degli incentivi nell’ambito più ampio dei potenziali conflitti di interesse tra intermediari e cliente, la normativa prevede tutta una serie di vincoli e requisiti che gli intermediari devono rispettare affinché gli incentivi si possano considerare legittimi. Questo in ossequio al principio generale sancito dalla MiFID, che gli intermediari devono agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi dei loro clienti.

    Quali sono brevemente queste specifiche condizioni? Gli intermediari devono preventivamente informare il cliente dell’esistenza degli incentivi e del relativo importo, nonché rendicontare periodicamente, su base annuale, all’interno del rendiconto sui costi e gli oneri sostenuti dal cliente specificatamente l’importo degli incentivi.

    Gli incentivi, quindi sono oggetto di una specifica disciplina di trasparenza. Gli intermediari, e questo è il secondo requisito, devono adottare delle misure specifiche per evitare il potenziale conflitto di interesse che può determinarsi dalla percezione degli incentivi. In ultimo, gli intermediari, a fronte degli incentivi percepiti, quindi delle retrocessioni, delle conversazioni ricevute, devono offrire ai clienti dei servizi aggiuntivi, volti ad innalzare la qualità offerta ai clienti in proporzione degli incentivi ricevuti.

    L’approccio normativo regolamentare europeo quindi è quello, come dicevo, di consentire da un lato la possibilità di ricevere tali retrocessioni, tali incentivi, ma a fronte di un insieme di regole, di requisiti abbastanza rigidi. Va detto tuttavia che in Europa, alcuni Paesi – due, in particolare, Regno Unito (quando era ancora nell’Unione europea) e Paesi Bassi – hanno deciso di adottare un approccio radicale in materia di incentivi, introducendo nella propria normativa nazionale un divieto espresso per gli intermediari che distribuiscono prodotti di investimento, in particolare fondi, nel caso del Regno Unito, divieto di percepire gli incentivi.

    Questo è un tema su cui tornerò, perché è anche oggetto di dibattito, in questo momento, a livello europeo, perché si sta valutando, lo vedremo fra poco, l’ipotesi di introdurre un divieto generalizzato di incentivi a livello europeo, quindi replicando l’esperienza inglese, e oggi nell’Unione europea, dei Paesi Bassi.

    Gli incentivi quindi, come vi ho appena spiegato, sono un elemento portante del sistema di remunerazione degli intermediari per l’attività di distribuzione dei prodotti finanziari e l’offerta di servizi di investimento. La MiFID, come abbiamo visto, non impone un modello preciso, quindi lascia di fatto agli intermediari di costruire il proprio modello di servizio, basandosi sugli incentivi, oppure basandosi sull’offerta di un servizio di consulenza che non si basa sulle retrocessioni percepite dalle case-prodotto, ma su una commissione diretta, pagata direttamente dal cliente.

    In Europa si confrontano quindi questi due modelli, quello che viene definito il modello Commission-Based, quindi basato sugli incentivi, e il modello cosiddetto Fee-Based, quindi il modello di retribuzione, di remunerazione basato sulle fee, quindi, sulle commissioni pagate direttamente dai clienti. Il primo, cioè il modello basato sugli incentivi è assolutamente il modello più diffuso in Europa, in Italia abbiamo questo modello. Invece, evidentemente, nei Paesi in cui è stato introdotto il divieto di percezione degli incentivi, l’unico modello ammesso è quello che si basa sul pagamento da parte del cliente di una commissione esplicita, diretta per il servizio di consulenza.

    La diversità dei due modelli ha un impatto anche sulla struttura dei costi, perché evidentemente, come vi spiegavo prima, nel modello Commission-based, cioè quello basato sugli incentivi, il cliente paga la Commissione, il costo del prodotto, incorporato nel valore dell’investimento che effettua, e parte di questo costo viene rigettato, retrocesso ai distributori, quindi agli intermediari. Dall’altra parte, invece, nel modello Fee-based, dove l’attività di consulenza è pagata direttamente dal cliente, il cliente deve sopportare due diversi costi: il costo del prodotto, che è incorporato nel valore dell’investimento effettuato, quindi nel valore del prodotto cui sta investendo; in più, deve aggiungere il costo del servizio di consulenza.

    È utile confrontare i due modelli in termini di impatto che questi hanno e hanno avuto sugli investitori, sull’industria finanziaria dei Paesi che li hanno adottati. Per fare questo richiamerò brevemente uno studio che è stato fatto da una società di consulenza indipendente, la società KPMG all’inizio dello scorso anno, che ha confrontato i Paesi nei quali vige il modello Commission-based, quindi il modello che si basa sugli incentivi, prendendo in considerazione quattro Paesi, tra cui l’Italia, ma anche la Francia, la Spagna e la Germania; dall’altra parte, invece, i due Paesi in cui oggi vige il divieto di incentivi, che quindi si battono sul modello, come dicevo, Fee-based, e che sono appunto Regno Unito e Paesi Bassi.

    Che cosa emerge da questo confronto, importante per comprendere degli impatti e anche delle scelte regolamentari che sono state fatte? Che nei Paesi in cui sono ammessi gli incentivi, i costi totali sostenuti dai clienti per investire, per effettuare i propri investimenti sono equiparabili ai costi che sono sostenuti nei Paesi in cui vige il modello Fee-based, quindi dove sono vietati gli incentivi. In termini di costo, quindi, i due modelli non comportano grandi differenze. Quello che però emerge, ed è sicuramente un impatto rilevante è che mentre nei Paesi dove vige il modello Commission-based vi è un diffuso accesso da parte degli investitori retail al servizio di consulenza, quindi il servizio di assistenza agli investimenti, nei modelli in cui sono stati vietati gli incentivi, gli investitori retail hanno difficoltà ad accedere al modello di consulenza. Vi è un cosiddetto advice gap, cioè una carenza di consulenza, soprattutto per gli investitori meno facoltosi, meno abbienti, che hanno minori patrimoni da investire. Questo per una serie di motivi che non sto qui a spiegare, ma sostanzialmente per una sorta di barriera all’accesso al servizio posto dai consulenti.

    Ovviamente, questa carenza di consulenza, quello che, come dicevo, viene definito advice gap ha un impatto importante. Questo vuol dire che gli investitori al dettaglio di fronte alla difficoltà di accedere al servizio di consulenza hanno due scelte, sostanzialmente: o investire in autonomia, quindi rivolgersi sostanzialmente all’investimento fai-da-te, con il rischio che però gli investimenti effettuati non siano adeguati al proprio profilo di conoscenze (profilo finanziario, profilo di rischio) perché manca la consulenza, quindi manca la valutazione di adeguatezza degli investimenti, che viene fatta dagli intermediari; oppure, decidono di non investire, quindi di rinunciare agli investimenti, determinando però un impatto, un danno sul meccanismo di flusso di risorse finanziarie dal risparmio verso l’economia reale.

    Ovviamente, questo impatto è tanto maggiore quanto minore è il livello di educazione finanziaria della popolazione, e minore è la disponibilità degli investitori retail, dei risparmiatori a pagare una commissione diretta per il servizio di consulenza.

    L’Italia sappiamo essere un Paese dove il livello di educazione finanziaria, per quanto si stia facendo tantissimo negli ultimi anni, rimane ancora sotto la media europea, quindi il modello Fee-based, il modello con il divieto di incentivi avrebbe sicuramente sul modello italiano un grande impatto.

    Brevemente, altre due evidenze che emergono dallo studio, che aiutano a completare il quadro. Nei Paesi in cui è adottato il modello Commission-based, quindi dove funziona il meccanismo degli incentivi, si nota che gli intermediari, proprio grazie alle regole MiFID, che abbiamo visto prima impongono una serie di requisiti da rispettare, offrono una pluralità di servizi aggiuntivi, a elevato valore aggiunto per i clienti, che sono resi possibili proprio grazie al meccanismo degli incentivi. Non mi soffermo, per questione di tempo, su questi servizi, ma quello che sto citando, lo studio KTMG che è accessibile su internet, riporta in dettaglio tutte le tipologie di servizi aggiuntivi.

    L’altra cosa che emerge è evidentemente che gli intermediari in questi anni hanno anche fatto sforzi molto importanti per conformarsi alle regole di gestione dei conflitti di interesse, quindi disegnando i propri processi di vendita degli strumenti finanziari e le politiche retributive e di governance interna, proprio per rispettare il principio generale della MiFID operato nell’interesse dei clienti.

    Tra l’altro, il modello di servizio offerto in Italia si è sviluppato proprio in questa direzione. Lo studio evidenzia come la quasi generalità, totalità dei clienti, delle banche italiane, del campione, ma ha una valenza abbastanza generale, vista la rilevanza del campione, il 98,7 per cento riceve dalla propria banca un servizio di consulenza; un servizio di consulenza basato sugli incentivi, sulle retrocessioni, quindi un servizio di consulenza che è definito dalla MiFID non indipendente, e una serie molto articolata di servizi a valore aggiunto.

    Vado quindi verso la conclusione per offrirvi come spunto di riflessione che in questo quadro evidentemente il modello di distribuzione basato sugli incentivi, sulla retrocessione delle commissioni, che è il modello, come dicevo, più diffusa in Europa e attualmente ammesso dalla normativa MiFID è quello che si adatta di più alle esigenze dei clienti con disponibilità finanziarie ridotte e a basso livello di educazione finanziaria, che guardate caso, è proprio, se volete, la situazione prevalente in Italia, perché appunto offre un servizio di assistenza e consulenza qualificata in maniera diffusa e generalizzata a tutti i clienti.

    Dall’altra parte, invece, l’introduzione di un divieto generalizzato di incentivi come si sta valutando da parte della Commissione europea, avrebbe di fatto, come effetto l’imposizione in Europa di un unico modello, il modello Fee-based, che quindi, come vi dicevo, vorrebbe dire sostanzialmente, un servizio di consulenza a pagamento diretto, da parte dei clienti. Questa imposizione di un unico modello, per quanto vi ho detto, appare non giustificato, e anzi, avrebbe impatti per i piccoli investitori al dettaglio.

    In questo modo si rischia, effettivamente, di fare forse scelte irreversibili, che avrebbero un impatto non solo a livello nazionale, ma direi anche a livello territoriale, quindi anche regionale, direttamente sui piccoli investitori, sui risparmiatori, e indirettamente sul tessuto imprenditoriale e sulle imprese che evidentemente potrebbero vedere a rischio il flusso che arriva dal risparmio attraverso i mercati finanziari.

    L’opzione preferibile, evidentemente, è quella di un approccio equilibrato, che non imponga un modello, ma che lasci flessibilità rispetto al modello da adottare, ma che evidentemente intervenga sull’attuale disciplina per effettuare degli aggiustamenti sull’attuale quadro normativo, che vadano a rendere più efficiente i meccanismi di tutela degli investitori, ad esempio, intervenendo per innalzare il livello di trasparenza sugli incentivi, rendendo anche gli investitori retail più consapevoli del meccanismo degli incentivi e delle retrocessioni; un miglioramento, probabilmente, delle regole per la gestione dei conflitti di interesse e un rafforzamento dei requisiti di legittimità degli incentivi.

    Io mi fermo qui. Vi ringrazio per la pazienza e l’attenzione, e ovviamente, se avete domande o richieste di chiarimento sono qui, a vostra disposizione.

    Grazie. Ho finito.

     

    POMPIGNOLI. Grazie mille per l’intervento.

    Chiamo adesso Guido Caselli, Unioncamere Emilia-Romagna, vicesegretario regionale, per il suo intervento.

     

    Dott. Guido CASELLI, vicesegretario generale Unioncamere Emilia-Romagna. Sarò breve.

    Sarò breve perché arrivo a questo incontro assolutamente impreparato, infatti non ho nemmeno le mie slide, la mia “coperta di Linus”, che mi porto sempre dietro. Arrivo impreparato, consapevolmente impreparato, perché in realtà le politiche europee, così come il fisco e il credito, non sono temi in cui Unioncamere o io siamo specializzati, per cui rischierei di dire un po’ di banalità, o cose comunque abbastanza ovvie.

    Ho ritenuto però importante partecipare a questo incontro perché forse non tutti di voi sanno che Unioncamere Emilia-Romagna e Assemblea legislativa hanno stretto un accordo, per cui Unioncamere Emilia-Romagna funge un po’ da ufficio studi per l’Assemblea legislativa; soprattutto, è a disposizione dei lavori della Commissione e dei consiglieri per dare una mano, per supportarli nella loro attività.

    Per cui, quello che vorrei fare veramente in pochissimi minuti è raccontare come Unioncamere può esservi utile nel vostro lavoro e nel lavoro anche di questa Commissione. È vero infatti che non siamo esperti in politiche europee di credito e fisco, ma abbiamo veramente tanti dati. Per cui, per esempio, per poter monitorare quale può essere l’impatto di alcune politiche europee sulle imprese e sul territorio, abbiamo sicuramente molti strumenti, e su questo magari racconto anche qualcosa. Una cosa su cui siamo esperti è sicuramente l’analisi macro di come va la Regione, di come vanno i settori, di come vanno i territori.

    Oggi, per esempio abbiamo presentato l’indagine congiunturale sul manifatturiero. Vi anticipo che l’industria manifatturiera chiude il 2002 ancora col segno positivo, ma ci sono forti segnali di rallentamento, soprattutto per quello che riguarda le piccole imprese.

    Continuiamo a dire che l’export è il vero volano per la crescita delle nostre imprese. È vero, però anche nel commentare i dati delle esportazioni dobbiamo fare attenzione. È vero infatti che cresciamo di un 17 per cento come valore, ma se andiamo a vedere quanto esportiamo, in realtà le quantità sono aumentate dell’1 per cento. Vuol dire che esportiamo le stesse cose dell’anno scorso, come quantità, però le esportiamo facendole pagare di più. Chiaramente, le facciamo pagare di più perché anche le nostre imprese hanno aumentato i costi di produzione.

    Tutto questo però si scarica sul consumatore finale, e lo vediamo dal dato dell’inflazione: nel 2022 in Emilia-Romagna abbiamo avuto un’inflazione media dell’8,3 per cento; ma se immaginate il grafico dell’inflazione da gennaio 2021 fino ad oggi, sembra veramente una cronoscalata del Giro d’Italia, c’è veramente cioè un grafico che sale in picchiata, fino a arrivare ad una pendenza, ad una punta massima di quasi il 13 per cento.

    Tenete presente che anche per il 2023 l’inflazione continuerà a crescere; anche se non ai ritmi del 2022, ma si prevede che mediamente rimarrà attorno al 6 per cento, ed è un 6 per cento che si aggiunge all’8 per cento avuto nel 2022.

    Come sappiamo, dal punto di vista di salari e stipendi non abbiamo incrementi della stessa portata.

    Analizzando tutti i dati per chiudere la presentazione che abbiamo fatto oggi, emerge una cosa anche questa ovviamente ovvia, che però va ribadita perché vera: quello che fa la differenza fra le imprese non sono tanto la dimensione o il settore, ma in questo periodo è soprattutto la capacità di investire, e investire soprattutto in innovazione, in digitale e sulle competenze delle persone, ma anche sulla cura delle persone che abitano l’impresa, quindi anche attenzione ai propri dipendenti. Sono fattori che stanno facendo la differenza: è un po’ la via maestra per rimanere competitivi. Tornando a quello che Unioncamere e Centro studi può fornirvi, su cui può supportarvi, è sicuramente analisi di questo tipo, ma anche informazioni molto più puntuali.

    Abbiamo creato due banche dati, una a livello comunale e una a livello di singola impresa, che credo, anzi, sono sicuro non hanno nessun uguale a livello nazionale.

    In particolare, una, quella a livello comunale, l’go realizzata per tutti i 7.901 Comuni a livello nazionale, e raccoglie tutte le informazioni disponibili su base comunale, da quelli dell’Istat, quindi, dati socio-demografici, a quelli delle imprese, ai dati del reddito, ai dati dell’ambiente, ai dati della scuola, c’è veramente di tutto di più. In un minuto di elaborazione sono in grado di produrre per ciascun Comune, o per ciascuna Unione dei Comuni un vero atlante di 60 pagine con tutte queste informazioni, magari mettendo a confronto un territorio con la propria Unione dei Comuni, con la propria Provincia o con altri territori.

    Questo è veramente un prodotto unico. Lo stiamo già sperimentando per varie politiche. Alcuni Comuni lo utilizzano per il PUG, altri per vedere l’impatto in termini di PNRR, oppure Next Generation EU. Penso per esempio alla Valle del Savio, penso per esempio alla Bassa Romagna, alla Romagna Faentina, al Nuovo Circondario Imolese, tutte Unioni dei Comuni con il quale stiamo collaborando con questo strumento per provare a supportare le politiche territoriali attraverso i dati.

    L’altra banca dati, che secondo me può essere molto utile è quella relativa alle singole imprese, non tanto alle singole imprese, ma proprio alle singole unità locali. Come sapete, un’impresa può avere più unità locali in Regione, oppure fuori Regione.

    Per queste imprese e per queste unità locali, abbiamo veramente tutte le informazioni che si possono raccogliere. Abbiamo i dati dell’occupazione; per tutti quelli che depositano i bilanci abbiamo tutti i dati di bilancio; abbiamo i dati degli assetti proprietari; abbiamo i dati di tutti quelli che hanno cariche all’interno delle imprese, o anche ruoli dirigenziali di tutto il management. Per esempio, con questo strumento, nella passata legislatura abbiamo fatto tutte le analisi sulle false cooperative, che poi abbiamo utilizzato anche con l’assessorato di Palma. Abbiamo veramente tutti i dati dei marchi, dei brevetti, i dati delle esportazioni per singola impresa.

    Un altro indicatore su cui sta lavorando con Moody’s, e anche qua siamo i primi in Italia a farlo, sono gli indicatori ESG, quindi gli indicatori su ambiente, sostenibilità ambientale, sociale, di government. È un algoritmo che va ad attribuire i valori a ciascuna impresa. Per cui, noi siamo in grado, per ciascuna impresa, di avere un valore dettagliato, come per tutto quello che riguarda il tema della sostenibilità. È un lavoro che stiamo facendo con Moody’s, anche con il supporto di Banca d’Italia, e anche qua siamo un po’ un progetto-pilota. Secondo me sarebbe bello condividerlo, farlo diventare un progetto-pilota proprio della Regione, magari supportato all’interno di politiche o strategie dell’Assemblea legislativa.

    Non vi racconto di Europa, quindi, non vi racconto di fisco e di credito, ma sono a disposizione di tutti voi per aiutarvi, per supportarvi nel vostro lavoro.

    Grazie.

     

    POMPIGNOLI. Grazie mille della sua testimonianza, anzi, ci ha fatto anche piacere sapere di queste cose.

    Finisce così l’audizione sulla Sessione Europea, che riprenderemo il 29 marzo.

     

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