Testo
Verbale n. 24/2006
Seduta del 12 dicembre 2006
Il giorno 12 dicembre 2006 alle ore 10,00 si sono riunite in seduta
congiunta presso la sede dell'Assemblea Legislativa in Bologna Viale
A. Moro n. 50, in UDIENZA CONOSCITIVA le Commissioni assembleari
Bilancio Affari Generali ed Istituzionali, Politiche per la salute e
Politiche sociali, Turismo Cultura Scuola Formazione Lavoro Sport
convocate con nota prot. n. 19820 del 1 dicembre 2006.
Partecipano alla seduta i Consiglieri:
Cognome e nome Qualifica Gruppo Voto
NERVEGNA Antonio Presidente Forza italia 5 presente
BERETTA Nino Vice Uniti nell'Ulivo - DS 7 presente
Presidente
MANFREDINI Mauro Vice Lega Nord Padania 3 presente
Presidente Emilia e Romagna
AIMI Enrico Componente Alleanza Nazionale 4
BORTOLAZZI Componente Partito dei Comunisti 1
Donatella Italiani
CARONNA Salvatore Componente Uniti nell'Ulivo - DS 5 presente
GUERRA Daniela Componente Verdi per la Pace 2
MANCA Daniele Componente Uniti nell'Ulivo - DS 1 presente
MASELLA Leonardo Componente Partito della 3 presente
Rifondazione Comunista
MONACO Carlo Componente Per l'Emilia-Romagna 1
MONARI Marco Componente Uniti nell'Ulivo-DL 3 presente
Margherita
NANNI Paolo Componente Italia dei Valori con 1 presente
Di Pietro
NOE' Silvia Componente Unione Democratici 1
Cristiani e di Centro
PIRONI Massimo Componente Uniti nell'Ulivo - DS 2 presente
RICHETTI Matteo Componente Uniti nell'Ulivo-DL 4 presente
Margherita
RIVI Gian Luca Componente Uniti nell'Ulivo - DS 2 presente
VARANI Gianni Componente Forza Italia 4 presente
ZANCA Paolo Componente Uniti nell'Ulivo - SDI 1
Presiedono la seduta: Antonio Nervegna, Tiziano Tagliani e Massimo
Pironi
Assistono i segretari: Claudia Cattoli, Lidia Testoni e Adolfo Zauli
UDIENZA CONOSCITIVA
in seduta congiunta della Commissioni assembleari
BILANCIO AFFARI GENERALI ED ISTITUZIONALI
POLITICHE PER LA SALUTE E POLITICHE SOCIALI
TURISMO CULTURA SCUOLA FORMAZINE LAVORO SPORT
12 dicembre 2006 ore 10,00
sull'esame abbinato dei progetti di legge:
1537 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Nervegna,
Dragotto, Filippi, Leoni, Lombardi, Salomoni, Varani, Villani e
Francesconi recante: Interventi regionali per la tutela della salute
psicofisica sui luoghi di lavoro (12 07 06)
1544 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Parma,
Manfredini e Corradi recante: Misure per la prevenzione ed il
contrasto del fenomeno del 'mobbing' nei luoghi di lavoro (14 07 06)
1890 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Masella,
Bortolazzi, Guerra e Zanca recante: Norme per contrastare e
prevenire il fenomeno mobbing e lo stress psico - sociale sui luoghi
di lavoro (02 11 06)
Partecipano:
Alberghini AUSL Bologna
Villiam
Baldi Stefania S. Orsola - Malpighi Bologna
Balestri Federica Confindustria Emilia-Romagna
Bellotti Bruna MD Medicina Democratica Bologna
Bergamini Lorena Sindacato DICCAP - CONFSAL RER
Bignami Rossella Servizio Salute Mentale RER
Bonora Carlo Fondazione Istituto per il lavoro
Cavallari Carla Sindacato RdB RER
Cenni Paola ENEA Centro di Bologna
Colombari Sabrina AUSL di Bologna
De Mitri Giuseppe Istituti Ortopedici Rizzoli Bologna
Florini Maria Azienda Usl di Modena
Cristina
Folegani Milvia Regione Emilia-Romagna
Giello Letizia Centro Confsal Antimobbing Rodolfo
Degoli Modena
Krantz Sylvia Associazione Intercomunale Bassa Romagna
(Ra)
Lodi Maria Rita Presidente Comitato Mobbing Azienda Osp.
Univ. Ferrara
Lombardi Carlo Confindustria Emilia-Romagna
Melloni Barbara Azienda Osp. Univ. S. Orsola - Malpighi
Bologna
Monterastelli Regione Emilia-Romagna - Servizio
Giuseppe Sanitario Pubblico
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Morisi Leonildo SIRS Azienda Usl Bologna
Ollari Bruno ANMIL (Associazione nazionale Mutilati
Invalidi lavoro)
Pedrini PRIMA (Associazione italiana Contro
Giuseppina Mobbing)
Pizzolante Commissione Pari Opportunità Riccione
Valeria
Pozzi Maurizio Regione Emilia-Romagna
Rossi Fiorenza Sindacato RdB- CUB RER
Rubini Gino CGIL Emilia Romagna
Salfi Anna CGIL Emilia Romagna
Savorani Germano Amministrazione Provinciale Ravenna
Scapoli Chiara Università Ferrara - Comitato Pari
Opportunità
Schiavina Paolo PRIMA
Serantoni Laura Consigliera Regionale Comitato Pari
Opportunità RER
Succi Paolo CISL RER
Zanardo Enio D. AUSL Bologna
Zullo Federica Comitato Pari Opportunità d'Ateneo UNIBO
Il Presidente della I^ Commissione Bilancio Affari Generali ed
Istituzionali ANTONIO NERVEGNA dichiara aperta la seduta e
introduce l'udienza conoscitiva presentando il Presidente della IV^
Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali Tiziano
Tagliani e il Presidente della V^ Commissione Turismo Cultura
Scuola Formazione Lavoro Sport Massimo Pironi. I tre Presidenti
hanno infatti concordato di svolgere la consultazione odierna in
forma congiunta, ritenendo che le due Commissioni assembleari
coinvolte in sede consultiva abbiano una competenza specifica nella
materia e possano contribuire anche ai lavori successivi nel
prosieguo dell'iter legislativo.
Il Presidente NERVEGNA ricorda che l'udienza conoscitiva è stata
convocata il 24 novembre scorso, quindi in tempo utile per dare la
possibilità a tutti gli interessati di prendere visione sia dei
progetti di legge presentati, che del documento di lavoro
predisposto dalla segreteria con i testi a confronto. Tutta la
documentazione è pubblicata sul sito internet della Regione
Emilia-Romagna, alla pagina della I^ Commissione.
Auspica che dal confronto scaturisca il massimo contributo e
apporto di proposte ed osservazioni. I tre progetti di legge sono
stati presentati rispettivamente: uno dal gruppo di Forza Italia,
primo firmatario Nervegna, uno presentato dalla Lega Nord, primo
firmatario il consigliere Parma, e uno ad iniziativa dei consiglieri
Masella (Partito della Rifondazione Comunista), Bortolazzi (Partito
dei Comunisti Italiani), Guerra (Verdi per la Pace), Zanca (Uniti
nell'Ullivo-SDI).
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Ringrazia i presenti per la loro partecipazione e cede la parola
agli interventi richiesti.
SYLVIA KRANTZ - Associazione Intercomunale Bassa Romagna (Ra)
Mi occupo di relazioni sindacali, contenzioso del lavoro e
procedimenti disciplinari per conto di 10, anzi 16 Comuni associati
della Bassa Romagna, 16 della provincia di Ravenna, 10
dell'Associazione.
Intendo fare una piccola sollecitazione. In un'ottica
fondamentalmente preventiva mi pare manchi, in tutti e tre i
progetti di legge, un occhio di riguardo per l'organizzazione del
lavoro. Nelle proposte di legge infatti è molto centrato l'interesse
per la prevenzione dal punto di vista sanitario, ma manca tutta una
serie di previsioni che riterrei importanti: la presenza di un
consulente o di un membro all'interno delle commissioni, o nei
centri di ascolto, che sia competente in materia di organizzazione
del lavoro, relazioni industriali, relazioni sindacali.
Questo perché, a mio avviso ed alla luce della nostra esperienza,
gli atti prodromici di mobbing sono molto spesso atti di
riorganizzazione aziendale, assegnazione di nuovo personale o,
viceversa, mancata assegnazione di nuovo personale, variazioni
rilevanti nel carico di lavoro, il cambiamento di un dirigente o di
un caporeparto. Dall'esperienza che ho maturato anche nel settore
privato, posso affermare con certezza che il cambiamento del vertice
di un ufficio o di un'unità organizzativa, sia esso un accorpamento
che una disaggregazione di uffici o unità organizzative, ben può
determinare variazioni di atteggiamenti e comportamenti dei
dipendenti. Variazioni che possono essere determinate anche da cause
personali o eventi traumatici dei singoli dipendenti che si
ripercuotono sul lavoro ed i colleghi.
Ritengo che alcune delle attività che fondamentalmente dovrebbero
essere messe in campo dal punto di vista della prevenzione debbano
essere quelle relative ad indagini o collaborazioni con l'azienda o
l'ente, allo scopo di individuare forme di controllo. Controllo è
forse un termine troppo forte, ma comunque dovrebbe trattarsi di una
forma di affiancamento nei momenti particolari di cambiamento nella
vita organizzativa dell'ente o dell'azienda.
Riterrei quindi utile prevedere nella legge un occhio di riguardo a
queste problematiche e prevedere consulenti in materia di
organizzazione del lavoro. Prevedere quindi, oltre all'ottica
sanitaria, l'ottica riorganizzativa. Penso ad affiancamenti nel
momento in cui si verificano, per esempio, atti di organizzazione,
l'inserimento di un nuovo dirigente o del suo nuovo ufficio. In
un'ottica preventiva potrebbero poi essere distribuiti questionari,
sondaggi da rilevarsi tra i dipendenti addetti all'unità
organizzativa. Si tratta di attività che a mio avviso sono
fondamentali in un'ottica di benessere organizzativo dell'azienda e
dell'ente. Grazie.
LEONILDO MERISI - SIRS (Servizio Informativo Rappresentanti
Sicurezza) Azienda Usl Bologna
Buongiorno, mi chiamo Morisi, sono coordinatore di un progetto
regionale che si chiama SIRS, Servizio informativo per
rappresentanti della sicurezza della Regione Emilia-Romagna, mi
occupo da sempre di prevenzione nei luoghi di lavoro e quindi in
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merito a questo aspetto intendevo fare alcune osservazioni,
soprattutto due di carattere generale.
Per quanto riguarda la prima, ritengo che tutte le azioni
politiche, istituzionali e sindacali che vanno nel senso di
evidenziare problematiche che sul posto di lavoro possono portare a
problemi di salute, siano le benvenute. Vorrei tuttavia richiamare
il fatto che aspetti dello stress e del mobbing si stanno
riscontrando in relazione all'introduzione nel nostro ordinamento
del decreto legislativo 626 del 1994. Con queste norme
l'organizzazione del lavoro è entrata a far parte dei rischi che
sono in qualche modo da valutare sui luoghi di lavoro, in quanto una
cattiva organizzazione può diventare una patologia per i lavoratori.
Ritengo che sia questo il punto di partenza e che nelle varie
proposte di legge manchi attualmente un aggancio diretto e preciso a
tutto il sistema 626 che invece dovrebbe essere considerato in
quanto prevede tutta una serie di analisi, di valutazioni, di
indagini legati alle patologie sul posto di lavoro ed in modo
particolare al disagio psico - sociale e al mobbing.
L'articolo 4 del decreto 626 obbliga le aziende a valutare,
all'interno del posto di lavoro, l'organizzazione del lavoro e le
implicazioni negative che un'organizzazione può determinare sulla
salute dei lavoratori. Credo pertanto che questo costituisca il
punto di partenza e l'aspetto fondamentale di un progetto di legge
di questo genere.
Vi sono, all'interno dei posti di lavoro, delle figure che possono
dare un contributo a questo sistema di emersione degli aspetti di
mobbing sul lavoro, partendo dalla valutazione dei rischi che il
datore di lavoro deve fare, avvalendosi del medico competente, delle
organizzazioni sindacali ed in modo particolare del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza. Esiste quindi già un sistema ed una
serie di figure che in qualche modo operano al fine di far emergere
patologie e problemi di salute legati a una cattiva organizzazione
del lavoro. Inoltre vi è anche l'organo di vigilanza che in qualche
modo agisce nell'ambito di questo sistema, mediante analisi e
valutazioni di intervento specifico su questi aspetti.
Si tratta quindi di integrare tutto questo sistema con le proposte
contenute nei progetti di legge in esame.
La seconda osservazione che intendo fare riguarda in particolare la
figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Mi occupo ormai da dieci anni di questa figura ed in modo
particolare dei rapporti che ha all'interno del posto di lavoro.
Ritengo che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
proprio in qualità del suo ruolo, sia una delle figure che è più
soggetta a mobbing. Riceviamo quotidianamente notizie e informazioni
di lavoratori che subiscono ripercussioni a causa del ruolo che
svolgono. Molti di essi denunciano che, al momento della loro
elezione, vedono in qualche modo troncata la loro carriera, senza
possibilità di avanzamenti di carriera. Vengono in qualche modo
adibiti a mansioni dequalificate, isolati dal resto dei lavoratori,
perché questi potrebbero in qualche modo dare indicazioni in merito
alle questioni di sicurezza, proporre una diversa organizzazione del
lavoro oppure aspetti legati alla tutela della salute dei
lavoratori. Alcuni giorni fa mi è addirittura arrivata sul tavolo
una lettera di licenziamento in tronco di un rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza che aveva cercato in qualche modo di
porre problematiche di questo genere.
Si tratta quindi di un soggetto potenzialmente sottoposto a
mobbing, per questo credo che in un progetto di legge non si possa
ignorare tale figura, anzi, dovrebbe rivestire un ruolo fondamentale
per due motivi: è una figura soggetta a mobbing (e quindi una figura
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più esperta di altri lavoratori su questi argomenti ed in grado di
fornire giudizi più specifici, i primi segnali di malessere) ed
inoltre, essendo a diretto contatto con i lavoratori, ben può
raccogliere problematiche, confidenze e capire in quale direzione
stanno andando eventualmente certe vessazioni psicologiche,
iniziative mirate a dequalificare o allontanare il lavoratore o
indurlo addirittura alla risoluzione del rapporto di lavoro. Credo
quindi che, nell'ambito di una proposta di legge sull'argomento, il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, proprio per il ruolo
che svolge, debba avere un ruolo fondamentale quale cerniera tra il
mondo del lavoro, dove effettivamente avvengono questi casi, e le
strutture politiche, istituzionali, sindacali e di vigilanza che in
qualche modo debbono intervenire nell'ambito di questo rapporto.
Grazie.
VILLIAM ALBERGHINI - AUSL Bologna
Buongiorno. Vorrei completare l'intervento di Morisi, in quanto
lavoro nel servizio di prevenzione, che è il servizio di vigilanza e
pertanto ci occupiamo quotidianamente anche di mobbing. Abbiamo
infatti istituito, sin dal 2001, un punto di ascolto per tutti i
lavoratori che ritengano di subire delle violenze morali. In
generale poi ci occupiamo di tutti gli aspetti connessi a
problematiche di salute, psichica o psicologica, relative a problemi
organizzativi dell'ambiente di lavoro.
Dalle nostre osservazioni (sono oltre 150 i casi di mobbing
analizzati da quando abbiamo iniziato la nostra attività) emerge un
dato comune e cioè che il mobbing rappresenta una malattia
dell'organizzazione e non una malattia del singolo lavoratore. Ciò
in quanto il lavoratore manifesta sintomi e disturbi provocati
dall'organizzazione del lavoro, dalle relazioni interne, dalle
strategie attuate. Credo quindi che, nel momento in cui si affronta
questo problema, occorre partire dalle radici, altrimenti si rischia
di mancare l'obiettivo.
Ho letto questi progetti di legge e devo dire che mi lasciano
estremamente perplesso. Uno, in particolare, prevede un percorso di
medicalizzazione del soggetto che ritengo estremamente pericoloso in
quanto si rischierebbe di cronicizzare tali disturbi, come in parte
avveniva prima della legge 180 del 1978. Cronicizzare i disturbi di
chi ha subito queste violenze morali, senza intervenire nelle cause,
costituisce un grave rischio.
Ritengo che una legge regionale su questo argomento debba partire
dal richiamo alle normative esistenti, in particolare alla normativa
di igiene e sicurezza del lavoro che è il decreto legislativo 626
del 1994. Giustamente il collega Morisi proponeva di considerare la
valutazione prevista in tale normativa per affrontare i rischi in
generale e prevenire fenomeni di mobbing.
Occorre infatti partire dalla valutazione dei rischi, che
rappresenta un obbligo del datore di lavoro e dei propri consulenti,
inclusi il medico competente aziendale ed i rappresentanti dei
lavoratori. Valutazione che poi è soggetta, in un percorso già
definito, alla vigilanza dell'organo pubblico. Quando un
organizzazione manifesta dei problemi e da questi derivano casi di
mobbing, come possono essere gestiti?
Credo che il sistema sanitario disponga già di presidi necessari
per far fronte a questi casi. Prima di tutto, se si sono verificati
problemi tali da provocare casi di mobbing, occorre innanzitutto
rivolgersi a chi ha dei compiti di vigilanza su quella valutazione e
su quella organizzazione. Noi, che svolgiamo questo compito da
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diversi anni, abbiamo eseguito approfondimenti ogni qual volta un
lavoratore ha manifestato problemi e violenze subite ed ha chiesto
il nostro intervento. Dal momento in cui abbiamo appurato
l'esistenza di problemi e la fondatezza del disagio del lavoratore,
interveniamo per verificare e far rimuovere le cause patogene
interne all'ambiente di lavoro. Il lavoratore colpito, che ha subito
violenze e che ne risente pesantemente sul piano della salute, si
rivolge ai servizi specialistici che già esistono nell'ambito del
servizio sanitario nazionale, con i quali noi manteniamo strette
interazioni.
Non occorre quindi creare ulteriori e particolari presidi sanitari
deputati specificamente al mobbing, in quanto la patologia
psicosomatica, psichiatrica o psicologica che caratterizza questo
fenomeno non è diversa dalle altre di questo genere che abbiano
delle altre origini.
Per concludere, ritengo che un'azione legislativa sia comunque
necessaria, dato che tra le patologie che sorgono all'interno dei
luoghi di lavoro il mobbing ha certamente una rilevanza particolare,
tuttavia auspico un provvedimento di legge che da una parte
istituisca un punto di osservazione del fenomeno (c'è ancora bisogno
di rilevare da un punto di vista epidemiologico l'andamento di
questo fenomeno), una sorta di osservatorio della rete di servizi
esistenti in grado di fornire indirizzi e suggerimenti per le
aziende; dall'altra che indirizzi i lavoratori, coinvolti in queste
vicende, a seguire percorsi definiti.
C'è inoltre da considerare tutto l'aspetto dell'informazione e
della formazione che, se in gran parte è già inclusa tra gli
obblighi delle aziende, dovrebbe essere ampliata e sviluppata da
tutta un'altra seria di soggetti, sia pubblici che privati, connessi
alle organizzazioni delle categorie dei lavoratori e delle imprese.
Grazie.
LAURA SERANTONI - Consigliera Regionale Comitato Pari Opportunità
Regione Emilia-Romagna
Buongiorno e grazie per questo invito a poter esercitare la
facoltà di intervento che viene concessa in questa sede. Dal nostro
osservatorio di consiglieri di parità, sia regionali che
provinciali, osserviamo situazioni di mobbing soprattutto a carico
delle donne.
Ho provveduto ad inviare ai Presidenti delle Commissioni un
documento, piuttosto corposo, di esame dei tre progetti di legge.
Tralascio quindi in questa sede, per ragioni di tempo, l'esame sia
delle relazioni che dei progetti di legge su questo tema che noi
consiglieri di parità riteniamo molto importante.
I contenuti e le proposte dei progetti di legge sono davvero buoni,
se pur con approcci disciplinari e interdisciplinari diversi. Le tre
proposte si differenziano sia riguardo la valutazione dell'impatto
di genere che riguardo alla soluzione proposta, tuttavia toccano, a
mio parere, tutti gli aspetti della prevenzione, del contrasto, del
contenimento dei fenomeni, dell'informazione, della formazione (in
alcuni casi anche della ricerca), nonché della istituzione e
collaborazione di organi e strutture istituzionali specificamente
preposti.
Ritengo che la legge regionale definitiva dovrà considerare due
importanti fattori: le particolari dinamiche del fenomeno mobbing al
femminile, la sua connessione con la fattispecie delle molestie
sessuali e le discriminazioni di genere e, in secondo luogo,
l'esigenza di realizzare il mainstreaming di genere anche in questo
7
ambito, integrando le disposizioni con un approccio al femminile e
quindi prevedere la partecipazione della consigliera di parità alle
eventuali iniziative.
Importante sicuramente è anche il profilo della tutela di genere,
perché se si generalizza il fenomeno senza prevederne la tutela, si
rischierebbe di rendere il mobbing una figura assorbente delle
molestie sessuali e della discriminazione di genere, privando la
persona colpita di queste tutele. Ritengo sia molto importante
pensare alla tutela, e su questo aspetto ho apprezzato il progetto
di legge che prevede l'onere della prova. Sappiamo quanto sia
difficile, nel corso di cause giudiziarie, portare prove
testimoniali, è quindi auspicabile prevedere l'onere della prova e
la possibilità di avvalersi di tutela legale gratuita.
Sul previsto ruolo dell'Ispettorato del lavoro, devo ricordare che
già c'è un rapporto tra l'Ispettorato del lavoro e le consigliere di
parità, in merito all'accertamento e alla raccolta di dati
riguardanti discriminazioni di genere ed in particolare quando si
attuano con pratiche di mobbing. In questi casi è sufficiente il
sospetto e la segnalazione di una discriminazione di genere perché
la consigliera di parità possa chiedere l'intervento sui luoghi di
lavoro. Anche su questo punto sarebbe importante che l' attività di
monitoraggio del fenomeno, nello svolgimento delle attività
assegnate ai diversi organismi individuati dai progetti di legge,
avvenga sempre avendo cura di fornire dati disaggregati per genere
ed età.
Infine ritengo che la legge regionale non possa trascurare
l'incidenza del mobbing su attività di lavoro precario, su tutte le
forme di lavoro autonomo e dipendente, tipico e atipico. Dai disegni
di legge presentati, sembra infatti che il mobbing venga considerato
solo per i lavoratori in forma subordinata e non per le altre
categorie e questo non lo ritengo corretto. Grazie.
LETIZIA GIELLO - Centro Confsal Antimobbing Rodolfo Degoli Modena
Buongiorno, ringrazio anch'io per l'invito. Desidero rilevare
alcuni aspetti dei progetti di legge che, a nostro parere sono
critici, ringraziando comunque per l'iniziativa che, come Centro
Antimobbing riteniamo molto importante.
Il Centro Antimobbing Rodolfo Degoli di Modena, fondato dalla
Confsal - Confederazione dei sindacati autonomi - ma autonomo dalla
confederazione - ha al proprio interno professionalità quali uno
psicologo ed un comitato tecnico-scientifico composto da nomi
illustri: il professor Luberto, presidente del primo comitato
paritetico sorto nella nostra provincia, l'unico che sia riuscito a
costituirsi, previsto dai contratti nazionali del pubblico impiego e
del parastato (l'Università di Modena è riuscita a costituire un
comitato paritetico che ha già lavorato ampiamente e che ha già
prodotto un codice di comportamento approvato dal Senato
dell'Università, accolto da tutti organi dell'Università); la
dottoressa Servitori, sociologa del lavoro presso il Ministero del
lavoro; la dottoressa Cremonini; la dottoressa Roberta Evadi,
responsabile risorse umane; la professoressa Mirella Guicciardi,
consigliera supplente di parità della provincia di Modena; il
professor Giuseppe Pellicani, legale di diritto del lavoro. Essendo
la Confsal socia Adapt del Centro studi internazionali di relazioni
industriali, fondato da Marco Biagi e la cui opera viene continuata
dal professor Tiraboschi, collaboriamo anche con il dottor Russo
dell'Università di Modena che opera all'interno del gruppo
Tiraboschi. Ne fa parte anche il dottor D'Angelo che esercita la
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propria attività in un centro in cui equipes di neuropsichiatri e
psicologi sono in grado di elaborare i danni biologici alla persona.
Collaboriamo anche con Eighe, che ha portato in Italia tra il '95 e
il '96 il termine e la definizione di mobbing, fenomeno che crea
tanto disagio e tanta sofferenza tra i lavoratori del mondo del
lavoro. Abbiamo esperienza di due anni e, sulla base di questa,
intendiamo contribuire alla proposta di legge che abbiamo letto
attentamente.
Riteniamo innanzitutto che sarebbe stato opportuno inserire un
articolo dedicato alla definizione del fenomeno mobbing. Occorre
sapere cosa si vuol contrastare e contro che cosa organizzare un
sistema ed una rete di prevenzione.
All'articolo 3, comma 2, del disegno di legge presentato dalla
maggioranza, laddove si prevede che le denunce debbano essere
inviate alle consigliere di parità regionale, perché non si prevede
di trasmetterle anche a quelle provinciali che poi dovrebbero essere
in rete con quelle regionali? Riteniamo che le consigliere di parità
provinciali siano più vicine di quelle regionali.
In merito all'articolo 5, e dato che i lavoratori non si rivolgono
ai centri di ascolto istituzionalizzati, riteniamo che sia sbagliato
ipotizzare un processo di medicalizzazione del soggetto che porta a
cronicizzate i disturbi e che in conclusione non incide sulla causa
che lo ha prodotto.
I centri d'ascolto istituzionalizzati non offrono al soggetto
mobbizzato alcuna certezza di riservatezza, senza trovare quelle
professionalità che invece possono essere disponibili all'interno di
Centri antimobbing privati, o con la eventuale partecipazione del
pubblico. Le persone che si rivolgono al Centro hanno solitamente
delle difficoltà a raccontare i propri problemi e vivono il proprio
disagio come un fallimento totale, sia sul piano lavorativo e di
conseguenza anche su quello personale e familiare. In molti casi,
infatti, il lavoratore messo in crisi all'interno del posto di
lavoro, ne ha conseguenze nella vita e nei rapporti all'interno
della famiglia. Quando si verifica un caso di mobbing, ben studiato
dal mobber e dal branco che il mobber di solito riesce a crearsi, il
lavoratore ha bisogno di riservatezza e di un contatto costante. Dal
punto di vista sindacale deve conoscere cosa può pretendere
nell'ambito del proprio contratto di lavoro, se è opportuno un
supporto psicologico, ecc.
Il Centro di cui faccio parte opera in maniera gratuita e, nel caso
non si riesca ad intervenire a livello sindacale, si interviene
all'interno del posto di lavoro, dialogando con il datore di lavoro
o di chi lo rappresenta. Nei casi più ostici e se non si riesce
attraverso queste azioni, si ricorre ad azioni legali. Quest'ultima
viene intrapresa allorquando non si ravvisino altre possibilità per
tutelare il lavoratore.
Nel Centro sono presenti tutte le professionalità del caso e le
persone che si sono rivolte a noi si sono sentite seguite e tutelate
a 360 gradi, sia dal punto di vista psicologico che per le
competenze offerte in materia di lavoro. E' chiaro quindi che
ipotizzare la istituzionalizzazione di strutture simili non
garantisce la presenza di tutte le professionalità necessarie.
Sono d'accordo sul fatto che la normativa 626 sia un aggancio
opportuno e necessario: sarebbe importantissimo che gli allegati, a
cui il decreto 626 fa riferimento nell'elencazione delle malattie
professionali, riconoscessero anche lo stress e la depressione
reattiva ad una situazione di stress nel mondo del lavoro. L'INAIL
ha tentato tutto questo, attraverso la diffusione di una circolare,
ma poi ne è seguita una denuncia della CNA a cui il TAR ha dato
9
ragione, ritenendo che non si possa integrare una legge mediante una
circolare.
Ritengo che la Regione possa farsi carico di questa problematica e
riconoscere lo stress, la depressione che nasce da uno stress
lavorativo, come una malattia professionalizzante, anche nel momento
in cui si ha un tentativo di conciliazione o una controversia
giudiziaria vera e propria. Ci sono dei numeri diversi per
quantificare il disagio, il danno biologico, il danno morale, il
danno esistenziale che il fenomeno mobbing provoca sulla persona,
sul lavoratore. I lavoratori preferiscono quindi rivolgersi ad un
centro antimobbing qualificato, fuori dal controllo diretto di
istituzioni che sentono come invadenti e di fronte alle quali
tendono a bloccarsi.
L'esperienza che ci viene da due anni di attività del Centro
Confsal antimobbing Rodolfo Degoli di Modena ci insegna che è
preferibile un Centro regionale aperto a quanti svolgono sul
territorio attività di prevenzione sul fenomeno del mobbing e di
tutela dei lavoratori vittime delle persecuzioni messe in atto dal
mobber o dal mobber unitamente al branco che ha saputo crearsi
intorno a sé. Proponiamo quindi di creare a livello regionale, così
come propone uno dei disegni di legge, un osservatorio che compia un
attento monitoraggio e di cui facciano parte un rappresentante di
ciascun centro antimobbing sorto sul territorio. Si tratterebbe di
un'iniziativa positiva e importante, facile da attuare e da cui
avviare un percorso concreto.
Manca, come dicevo in apertura, una definizione di mobbing che
invece ritengo indispensabile.
L'articolo 8 inoltre prevede azioni disciplinari che, al di fuori
di una legislazione autorizzante, vengono ritenute incostituzionali.
La Regione non ha competenza esclusiva sulla materia, come invece ha
lo Stato, dunque potrebbe ragionevolmente incorrere in censure della
legge.
Noi proponiamo altro. Mentre consideriamo il progetto di legge,
così com'è è stato presentato, troppo barocco in quanto prevede una
clonatura di comitati, commissioni, livelli, ecc., proponiamo la
creazione di strutture più semplici, snelle e funzionali. Se si
creano comitati di diversi livelli, e comitati all'interno di altri
comitati, non si andrà da nessuna parte ed il lavoratore, ancora una
volta, si sentirà schiacciato da una burocrazia che non capisce e
che quindi eviterà.
Proponiamo invece di chiedere alla Conferenza Stato-Regioni di
formare un gruppo di lavoro bipartisan che studi un testo unificante
dei vari disegni di legge da sottoporre poi alle Regioni per un
intervento operativo del contrasto e della sanzione. Su questo la
legge francese, ad esempio, si è dimostrata molto efficace.
Chiediamo che la Conferenza Stato-Regioni si faccia carico di metter
insieme tutti questi disegni di legge per giungere alla formulazione
di un unico testo a livello nazionale, con possibilità alle Regioni
di intervenire su alcune cose molto importanti, sia in termini di
contrasto che di sanzioni. Su questo la legge francese del 2002 ha
dimostrato di funzionare bene.
In attesa di questa che è l'unica soluzione, in quanto tutti gli
altri Paesi europei si avvalgono di una legislazione nazionale,
riteniamo opportuno costituire un'authority regionale con compiti di
informazione, sensibilizzazione, segnalazione alla magistratura. In
attesa di una legislazione nazionale creiamo un'authority regionale,
un comitato regionale, un osservatorio, ecc. Non importa come lo
chiameremo, composto dai rappresentanti di coloro che operano sul
territorio, qualificati per poter discutere di mobbing e sulle
malattie che ne derivano. Da qui, pian piano, si potrebbe cominciare
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a lavorare per contrastare questo fenomeno di persecuzione vera e
propria sul posto del lavoro. Questa è la nostra proposta. Grazie.
GIUSEPPE MONTERASTELLI - Assessorato Politiche per la salute della
Regione Emilia-Romagna
Buongiorno. Vorrei intervenire su alcuni punti generali, più che
sui progetti di legge specifici. Come ha detto poc'anzi il dottor
Alberghini, che da molti anni svolge il ruolo di responsabile del
servizio di prevenzione e sicurezza nell'ambiente di lavoro presso
l'azienda USL di Bologna, il mobbing, nell'accezione in cui lo
trattiamo, è sostanzialmente l'espressione di una cattiva
organizzazione negli ambienti di lavoro. Come sappiamo,
l'organizzazione dell'ambiente di lavoro si sta progressivamente
trasformando, assumendo caratteristiche sempre più competitive, ed è
questa la causa del mobbing che oggi trattiamo.
Credo che alcuni interventi precedenti abbiano invece spostato
l'attenzione presentando il mobbing come una malattia indipendente,
idiomatica, che non ha un'origine causale specifica. Non siamo
infatti di fronte ad una malattia psichiatrica o psicologica per la
quale il cittadino accede direttamente ai servizi sanitari, bensì ad
una malattia causata dall'esterno, cioè dall'organizzazione. Il
trattamento di una malattia psichiatrica è logicamente quello che si
opera all'interno delle strutture sanitarie, poi con difficoltà si
può cercare di risolvere i problemi familiari, sociali ed altro.
Nel caso del mobbing si ha una malattia causata
dall'organizzazione, per cui il primo intervento da farsi e l'unico,
secondo me, innovativo è sulla organizzazione del lavoro, che
risulta estremamente complesso e difficile. Successivamente occorre
prendere in carico il paziente che manifesta sintomi derivanti dal
mobbing, non esistendo una vera e propria patologia da mobbing ,
bensì sintomi vari. Se il lavoratore diventato sordo a causa del
rumore in fabbrica si recherà dall'otorino per essere curato, il
lavoratore che ha subito, a causa del mobbing, una alterazione del
suo stato psichico o psichiatrico, si recherà a seconda della
gravità presso luoghi di cura e di riabilitazione previsti dal
servizio sanitario nazionale.
Il problema è quindi agire sull'organizzazione, in una società
nella quale le aziende sono progressivamente trasformate e non vi è
più la grande azienda industriale nella quale il lavoratore aveva un
ruolo. Oggi siamo di fronte ad aziende che cambiano continuamente,
che danno luogo a cessione di rami d'azienda, in cui il lavoratore
non sa più per quale azienda lavora. La situazione è estremamente
difficile e complessa, tuttavia ritengo indispensabile agire
sull'organizzazione dell'azienda in quanto è lì che occorre trovare
la patologia.
La proposta di dare una precisa definizione al mobbing non mi trova
d'accordo. Ritengo che sia sbagliata da un punto di vista legale.
Ogni qual volta si è cercato di definire delle malattie dal punto di
vista legale, si sono costruite delle cornici troppo rigide e
definire una malattia psichiatrica che non è il mobbing, ma la
malattia che è conseguente al mobbing, non ha secondo me alcun senso
dal punto di vista medico-legale. Credo che sia opportuno collocare
il mobbing in un'area generale rappresentata dal disagio psicologico
che diventa patologia, senza definirlo nei particolari.
Cosa fare di concreto? Ritengo sarebbe opportuno potenziare le
azioni già in atto all'interno dei dipartimenti di sanità pubblica,
senza istituire nuovi organi di vigilanza che si sovrapporrebbero
agli organi di vigilanza già esistenti. I datori di lavoro già ne
11
hanno abbastanza di organi di vigilanza che intervengono all'interno
dell'organizzazione dl lavoro. La legge ne prevede solo uno ed è il
servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro delle
unità sanitarie locali. Gli ispettorati del lavoro, in questo campo,
non hanno nessuna competenza se non quella del recupero su alcune
posizioni di genere della donna, ma nè gli ispettorati del lavoro nè
la direzione regionale o provinciale del lavoro hanno alcuna
competenza.
I soggetti preposti sono i servizi di prevenzione e sicurezza
negli ambienti di lavoro, istituiti sin dal 1978 anno della riforma
sanitaria, e debbono essere probabilmente potenziati, formati,
istruiti. Una parte molto interessante dei progetti di legge punta
sulla formazione degli ispettori del lavoro delle unità sanitarie, e
non dell'Ispettorato del lavoro che probabilmente si trova
impreparato rispetto ad una società molto cambiata negli ultimi
anni, in cui le aziende non sono così facili ad essere identificate.
Ribadisco che lo strumento utile è rappresentato dai dipartimenti
di sanità pubblica, in modo particolare dei servizi di prevenzione e
sicurezza negli ambienti di lavoro.
Cosa costruire di nuovo? Una cosa assolutamente necessaria, in un
campo come questo, è costruire un osservatorio che osservi e
registri il fenomeno. Quando un paziente è mobbizzato può essere
avviato alle cure attraverso il servizio sanitario regionale,
tuttavia è necessario offrirgli un sostegno per le azioni
assicurative e giudiziarie che debbono essere eventualmente
intraprese.
Molti di voi sapranno che l'INAIL aveva proposto, attraverso una
circolare, di includere il mobbing fra le patologie che conseguono
una rendita. La circolare dell'INAIL è stata bloccata dal Consiglio
di Stato, per alcuni motivi attinenti la legge delega che regola le
funzioni dell'INAIL.
L'osservatorio dovrebbe monitorare i fenomeni e, in base alla
legge di riforma dell'INAIL, informare l'Istituto dei casi accertati
e in questo modo creare una situazione in cui le patologie
conseguenti al mobbing vengano riconosciute, semplicemente perché
denunciate, senza oneri a carico dei lavoratori. Si tratta della
procedura seguita e che ha portato al riconoscimento di molte
malattie.
Il servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro ha
il potere di accedere in qualsiasi momento a qualsiasi luogo di
lavoro, per intervenire nel contesto in cui il lavoratore è soggetto
ad un'azione di mobbing. Il servizio stesso, come si è verificato
nel caso dell'amianto, in cui i lavoratori con tumori ai polmoni si
sono trovati in condizioni di debolezza rispetto agli imprenditori
ormai scomparsi, ha sostenuto azioni giudiziarie per conto dei
lavoratori (parlo del caso dei mesoteliomi), non sostituendosi agli
avvocati bensì svolgendo quelle azioni di polizia giudiziaria a
sostegno degli avvocati individuati dalle organizzazioni sindacali.
La Regione ha potestà di agire in merito alle regole previste, ad
esempio potrà decidere misure sanzionatorie a carico dell'azienda.
Nelle proposte di legge, ad esempio si prevede l'invalidazione delle
certificazioni ottenute. Come molti di voi ricorderanno, la modifica
costituzionale consente alle Regioni di intervenire in materia di
sicurezza del lavoro con potestà legislativa concorrente.
L'importante azione della Regione Emilia-Romagna nella legislazione
precedente portò, proprio sulla concorrenza della materia, ad
affermare la competenza concorrente delle Regioni in questo settore,
tale da consentire un intervento giuridico nella tutela al paziente
o al lavoratore mobizzato. Grazie.
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FEDERICA BALESTRI - Confindustria Emilia-Romagna
Buongiorno a tutti, a voi presidenti. Vi ringraziamo della
convocazione. Prima però è doverosa una premessa di carattere
metodologico, in quanto oggi Confindustria Emilia-Romagna è presente
per rispetto nei confronti delle Commissioni assembleari, ma formula
una premessa metodologica perchè, pur ritenendo che i tempi di
svolgimento delle attività sui progetti di legge siano tempi
assolutamente legittimi dal punto di vista regolamentare, quindi
rispettosi del regolamento dell'Assemblea regionale, ritiene siano
tempi poco adeguati per un dialogo con le parti sociali e quindi con
Confindustria Emilia-Romagna. Per affrontare un tema così delicato e
difficile occorrono tempi, come dire, un pochino più elastici; se
pensiamo ad esempio al fatto che l'Unione Europea ha assegnato alle
parti sociali ben 9 mesi di tempo per arrivare ad un confronto, ad
un accordo di tipo volontario, ma di questo poi preferisco parlarne
più avanti.
Quindi, pur nel rispetto del regolamento dell'Assemblea regionale,
riteniamo che questi tempi siano stati un po' troppo brevi per
consentirci un confronto serio, un confronto corretto e direi anche
equilibrato su tre progetti di legge di cui per altro facciamo un
po' fatica a capire questa accelerazione, perché così almeno
l'abbiamo interpretata sulla tempistica.
Questa premessa doverosa mi permette di dire che non entrerò nel
merito dei tre progetti di legge. Esprimeremo quindi alcuni concetti
di carattere generale, senza entrare nel merito degli articoli
proprio perché ci è stato impossibile attuare un confronto con il
nostro sistema associativo, sistema articolato sul territorio.
Esprimeremo quindi soltanto concetti di carattere generale.
Il primo problema che vorrei sollevare riguarda l'assegnazione dei
progetti di legge alla I^ Commissione. Sinceramente non abbiamo ben
compreso il motivo per cui i progetti di legge, ovviamente in esame
abbinato, siano stati assegnati alla prima Commissione Bilancio,
Affari generali ed istituzionali. Una rilettura del regolamento
forse disattenta, lo chiedo al Presidente stesso, ci ha ricordato
nuovamente che i progetti di legge devono essere assegnati alle
Commissioni di competenza e la materia del mobbing riteniamo sia una
materia attinente prettamente il lavoro, attiene i lavoratori,
attiene il luogo di lavoro, quindi questo è un punto che segnaliamo
di poca comprensione.
Il tema riguarda il mondo del lavoro; sulla base quindi della
natura dei provvedimenti stessi in esame, riteniamo fosse opportuno
un maggior rispetto nei confronti del quanto stabilito dai
regolamenti e quindi eventualmente un ripensamento della stessa
assegnazione dei progetti di legge alla Commissione competente. Una
riflessione e un ripensamento sull'assegnazione ci permetterebbe
anche un'eventuale aggiornamento della udienza di oggi, che ci
permetterebbe quindi di poter entrare davvero nel merito dei tre
progetti di legge per un esame e un confronto equilibrato. Ci piace
definirlo equilibrato e corretto.
I tre progetti di legge in esame entrano, più o meno in modo
marcato, nel definire delle norme di carattere organizzativo e di
dettaglio su un concetto, quello del mobbing, che ancora non esiste,
che non è stato definito a livello di normazione di rango primario.
Dal punto di vista giuridico, il mobbing è stato ovviamente preso in
considerazione dalla giurisprudenza: sono molte oramai le sentenze
dei tribunali e le Corti di Cassazione che se ne sono occupate.
Dal punto di vista della tutela giuridica, il nostro ordinamento
già dispone di norme in grado di tutelare la posizione del
lavoratore, pensiamo al Codice civile, all'art. 2087 che pone in
13
capo al datore di lavoro una responsabilità di tutelare il
lavoratore, di mettere insieme tutte quelle misure necessarie per
garantire la tutela, l'integrità fisica e la personalità del
lavoratore.
Negli interventi precedenti ho sentito citati alcuni articoli del
decreto legislativo 626; mi piace ricordare però l'art. 5 del
decreto legislativo 626, che sentiamo sempre poco citato e che pone
in capo a ciascun lavoratore di prendersi cura della propria salute,
di quella delle altre persone presenti nel luogo di lavoro su cui
possono ricadere degli effetti derivanti dalle proprie azioni ed
omissioni.
Il fatto che l'ordinamento giuridico conosca già strumenti idonei
per far fronte a comportamenti che degenerano, che possono
degenerare in pratiche vessatorie, non significa un intento di
Confindustria Emilia-Romagna di disconoscere l'esistenza del
fenomeno; fenomeni che appunto ci sono, esistono, e che possono
portare come abbiamo sentito prima ad eventuali conseguenze
medico-legali.
A maggior ragione si tratta di un tema complesso, di un tema
delicato, un tema su cui la stessa Unione Europea ancora non è
riuscita a dare una definizione, ancora non è riuscita ad arrivare
ad una normazione di carattere vincolante proprio, perché ha
intrapreso un approccio diverso, ossia ha preferito ricercare il
dialogo sociale. Che cos'ha fatto l'Unione Europea? L'Unione Europea
ha affidato alle parti sociali la possibilità di accordi volontari
tra le parti sociali. Non parliamo di cose che sono lontane e di là
da venire, bensì di un accordo volontario tra le parti sociali a
livello europeo che non soltanto è in corso di definizione, ma che
sta arrivando a termine. Tra la fine di questo anno e l'inizio di
Gennaio, questo accordo volontario tra le parti sociali si dovrebbe
chiudere.
Noi stessi, come sistema, partecipiamo ovviamente alla definizione
di questo accordo per cui riteniamo che il guardare al quadro
europeo, circa soprattutto la definizione del problema, sia
doveroso. Non si potrà quindi non tener conto delle indicazioni che
l'Unione Europea fornisce, tramite appunto le parti sociali, non
soltanto al legislatore nazionale, ma soprattutto, e qui chiamo in
causa le stesse parti sociali, a livello nazionale.
L'accordo - invito tutti a leggerne il testo - definisce il
concetto di molestie, di violenza, stabilisce un codice di condotta,
partendo dal presupposto del riconoscimento del problema del
mobbing, del fatto che esiste, degli effetti che potenzialmente può
creare sul workplacement, il posto di lavoro e sui lavoratori,
indipendentemente dalla tipologia e dalle dimensioni delle aziende
stesse.
Perché cito questo accordo che dovrebbe definire a giorni questi
aspetti? Lo sottolineo non soltanto per i contenuti, ma per
l'approccio ed il metodo seguiti dall'Unione Europea che sono
diversi, diametralmente opposti rispetto al metodo seguito dalla
Regione.
Come sistema Confindustriale, come sistema dell'impresa noi siamo
stati coinvolti nella discussione, nella consultazione di un tema
che, ribadisco, attiene al luogo di lavoro, al mondo del lavoro, ai
lavoratori e quindi ai datori di lavoro. In questo metodo ravvisiamo
una forzatura da parte delle istituzioni. Il rischio quindi che
vediamo in questi progetti di legge è che possano definire delle
procedure che creino contrapposizione fra le forze sociali, che
generino contenziosi e che vadano a irrigidire la stessa struttura
organizzativa dell'azienda. Vogliamo prevenire quest'approccio,
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vogliamo arrivare ad un altro approccio che è quello indicatoci
dall'Unione Europea.
Un altro punto trattato dagli interventi precedenti è quello
relativo alla competenza, alla competenza delle Regioni in materia.
Può la Regione intervenire in questa materia ora, alla luce delle
modifiche dell'art. 117 della Costituzione? Bene, immagino che tutte
le persone qui presenti conoscano e abbiano letto attentamente le
numerose sentenze della Corte Costituzionale in materia, in
riferimento alle leggi regionali che altre Regioni hanno emanato.
Ora, alla luce della lettura delle sentenze della Corte
Costituzionale, noi ravvisiamo che, pur non entrando nel merito, ma
facendo dei discorsi di carattere generale, ci siano alcune parti
dei progetti di legge che siano andati oltre i confini posti dalla
stessa Corte Costituzionale. Per questo non possiamo non
sottolineare ancora una volta l'esigenza di evitare contenziosi
nonché censure da parte della Corte stessa.
Ribadisco che le parti sociali, per lo meno Confindustria
Emilia-Romagna, non hanno avuto modo di dialogare nell'attività
preparatoria dei progetti di legge in esame. Fondamentale l'attività
di sensibilizzazione e di informazione che deve ritornare in mano
alle parti sociali nei modi, negli approcci, nei metodi che il
livello europeo vorrà indicarci. Grazie.
ANTONIO NERVEGNA - Presidente della Commissione assembleare
Bilancio Affari Generali ed Istituzionali
Grazie, sono costretto a fare alcune precisazioni in merito alla
metodologia di lavoro seguita. L'Ufficio di Presidenza
dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia-Romagna ha scelto di
individuare la I^ Commissione Bilancio Affari Generali ed
Istituzionali, quale Commissione referente dei progetti di legge in
questione. In apertura di questa udienza conoscitiva ho premesso che
da parte delle tre Commissioni coinvolte vi è l'intenzione di
proseguire l'approfondimento dei progetti di legge in maniera
congiunta. Ciò significa quindi riunire le tre Commissioni
competenti per esprimere le rispettive opinioni e pareri sui
progetti di legge. Ritengo che sia quindi offerta la massima
opportunità di partecipazione.
Tengo anche a precisare che non mi permetterei mai di entrare
all'interno dell'organizzazione di Confindustria per sindacarne i
procedimenti interni, ritenendo ogni organizzazione libera di
decidere come affrontare al proprio interno le varie procedure.
Ritengo allo stesso modo che l'Assemblea legislativa della Regione
Emilia-Romagna sia autonoma nelle proprie scelte, nell'assumere le
proprie decisioni, senza nulla togliere ai tempi ed alle modalità
con cui si approfondiscono i progetti di legge. Sulla questione dei
tempi vorrei ricordare che dei tre progetti di legge oggi in
consultazione, il primo è stato presentato il 19 luglio 2006, il
secondo il 20 luglio 2006, l'ultimo il 6 novembre 2006.
Il progetto di legge finanziaria e di bilancio della Regione
Emilia-Romagna è stato presentato il 15 novembre 2006 (e cioè dopo
il terzo progetto di legge sul mobbing) e abbiamo già svolto
l'udienza conoscitiva in cui Confindustria si è presentata
preparata. Mi viene da pensare che se il tempo è stato sufficiente
per analizzare a fondo quei progetti di legge avrebbe dovuto esserlo
a maggior ragione per questi tre progetti di legge. Concludo dicendo
che c'è comunque la massima disponibilità da parte dei tre
Presidenti di Commissione a svolgere ulteriori udienze conoscitive
per continuare questa consultazione con chi lo chiederà. I tempi ci
15
sono e da parte della Commissione non c'è alcuna fretta di
concludere l'iter di proposte di legge che affrontano un tema tanto
delicato. Vi è quindi la massima disponibilità ad affrontare, dal
mese di gennaio 2007 in avanti, un percorso ulteriore di
consultazioni.
Anche negli interventi odierni ci sono stati contributi e proposte
importanti che sarà opportuno approfondire. Occorrerà affrontare il
tema dell'organizzazione del lavoro, che è stato uno di quelli più
ricorrenti emersi questa mattina, il problema delle competenze,
altro nodo da affrontare. Non entro quindi ora nel merito, in quanto
non l'ho fatto per nessuno degli interventi ascoltati, che saranno
ovviamente esaminati da parte di tutti i consiglieri regionali, ma
dispiace che si sia voluto comunque proseguire in una polemica,
iniziata a titolo privato, che sarebbe stato opportuno mantenere a
titolo privato.
MARIA CRISTINA FLORINI - Azienda Usl Modena
Buongiorno a tutti. Intervengo per riprendere alcuni interventi
iniziali, ringraziando le tre Commissioni assembleari per avere, con
questa udienza conoscitiva, reso possibile un ampio spettro di
consultazione al fine di mettere a confronto e affrontare questa
tematica.
Mi ricollego soprattutto all'intervento del dottor Monterastelli
facendo una breve premessa. L'Azienda USL di Modena ha costituito un
Comitato paritetico per le pari opportunità. All'interno del
Comitato paritetico per le pari opportunità è presente un
sottogruppo di lavoro (in questa fase non abbiamo ritenuto di aprire
un Comitato paritetico mobbing che tuttavia è in proposta) che si
occupa del benessere organizzativo e della prevenzione del mobbing.
Io sono una psicologa e all'interno della l'Azienda USL di Modena mi
occupo di tematiche che riguardano la prevenzione, l'organizzazione
e la formazione ed oggi sono in rappresentanza del Comitato
paritetico per le pari opportunità, di cui faccio parte.
Ritengo importante ricondurre la tematica degli stress
psico-sociali e della prevenzione del mobbing al tema
dell'organizzazione lavorativa. Tutti gli interventi che ci sono
stati questa mattina hanno giustamente evidenziato quanto sia
complessa questa problematica. Le parti in causa ed i punti di vista
in merito sono veramente tanti. Vorrei riprendere alcuni concetti,
vecchi ma ancora attuali, riguardanti la salute e la prevenzione.
Credo che ci si possa allontanare da quella che è una prevenzione
primaria, secondaria e terziaria.
Cos'ha fatto l'azienda USL di Modena? Ha promosso alcune ricerche
sul benessere organizzativo. Quando parliamo di stress
psico-sociale, esiste un primo livello che è quello delle aziende
pubbliche e ci riferiamo anche a una direttiva delle funzione
pubblica oltre che al decreto 626 di cui è stato parlato. Abbiamo
compiuto ricerche sperimentali nei distretti di Modena e Sassuolo
per lavorare sulla prevenzione primaria, ricercando la qualità della
vita lavorativa e la promozione di un benessere organizzativo.
Secondo me questo è un primo livello, anche se non è ritenuto
sufficiente, come abbiamo sentito dire.
Esiste poi una prevenzione secondaria che riguarda i lavoratori che
stanno male. In quindici anni di esperienza chiedo: come è possibile
coniugare all'interno di un'azienda la flessibilità che oggi ci
viene richiesta? Le aziende sono cambiate, cambiano le modalità di
lavoro, cambia l'organizzazione, per cui non sempre è facile. Un
problema riscontrato soprattutto all'interno delle Aziende sanitarie
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è quello di far partecipare i lavoratori ai cambiamenti. Infatti
spesso accade che tutta una serie di malesseri e di stress
psico-sociali derivino dal fatto che il lavoratore molte volte non
capisce dove sta andando, cosa sta succedendo all'interno
dell'azienda dove lavora.
Un'azione utile sarebbe quindi quella di coinvolgere maggiormente e
di informare i lavoratori, così come prevede la ricerca e per
intervenire sul benessere organizzativo, favorendo la partecipazione
dei lavoratori ai cambiamenti e cioè, quello che si dice in
psicologia di comunità, l'empowerment del lavoratore .
Come terzo livello si verifica la persona che sta male, che
manifesta uno stress lavorativo, uno stress post traumatico, la
persona che finisce in depressione, che ha un attacco di panico o
altro. Le strutture sanitarie sono già predisposte a trattare queste
patologie, tuttavia in questi casi occorre dare, oltre ad una
risposta di cura se la persona ha bisogno di aiuto, anche una
risposta all'organizzazione in quanto si tratta di patologie
generate nel rapporto, nel contesto e nella relazione che c'è fra
soggetto lavoratore e organizzazione.
La risposta al lavoratore che sta male viene attraverso i servizi
specialistici, e quindi può trattarsi di qualsiasi intervento
specialistico, occorre poi lavorare per quello che riguarda invece
l'organizzazione. Grazie.
LORENA BERGAMINI - Sindacato DICCAP - CONFSAL Regione
Emilia-Romagna
Vorrei fare una brevissima precisazione, a seguito degli
interventi precedenti, mirati in particolare al settore sanitario.
Mi chiedo come mai non ci sia stato l'intervento di un sindacato di
quelli, tra virgolette, normali. Ciò mi dice che, forse, la
definizione di mobbing è strettamente necessaria in quanto il
mobbing è un fenomeno che può portare e problemi di salute, ma può
anche portare ad altre cose che sono problemi di ordine lavorativo,
come ha detto giustamente una oratore che mi ha preceduto.
Il mobbing è, in moltissimi Paesi, una vera strategia aziendale.
Indurre una persona alle dimissioni piuttosto che a chiedere un
trasferimento, non vuol dire necessariamente mandarla all'ospedale o
dallo psichiatra, ma vuol dire operare una riorganizzazione sotto
vario genere.
Vale la pena ricordare che il mobbing deriva da to mob , cioè
dall'accerchiare, come fanno gli animali, un soggetto per isolarlo,
perché è malato o altro Questo è il mobbing, e chiunque faccia una
ricerca in rete è questo il significato che trova. Trova casi di
sottodimensionamento del lavoro, la carriera negata e non
necessariamente l'insorgere di una malattia. In questo ultimo caso
si ricorre naturalmente a chi di competenza, ma resta
fondamentalmente un problema aziendale e secondo me è giustamente
per questo motivo che è stata ravvisata, in prima battuta, la
competenza della I^ Commissione Bilancio Affari Generali ed
Istituzionali competente per l'organizzazione del lavoro in Regione.
Non è un problema solo sanitario, altrimenti avrebbero assegnato
tale competenza alla Commissione Politiche per la salute e Politiche
sociali, e non è un problema culturale, altrimenti l'assegnazione
sarebbe stata fatta alla Commissione Turismo Cultura Scuola
Formazione Lavoro Sport. Tenevo a chiarire questo aspetto. Grazie.
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ANNA SALFI - CGIL Emilia Romagna
Grazie. Informo innanzitutto il Presidente che invieremo una nota
con le osservazioni scritte, in modo da poterle mettere agli atti.
Le osservazioni che farò vogliono essere un contributo alla stesura
di un unico progetto di legge e quindi necessariamente avranno un
carattere più generale rispetto alla disamina dei singoli progetti.
Voglio sottolineare anche l'auspicio per la continuazione di questo
confronto, che riteniamo utile, se non altro per l'importanza di
aver posto in rilievo un fenomeno che nei posti di lavoro esiste e
come tale va affrontato.
Vorrei partire da tre presupposti.
La necessaria sottolineatura della validità delle disposizioni
contenute sia nel codice civile, che nella legislazione del lavoro,
che nel codice penale a tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro. Questo in alcuni progetti già c'è, ed io penso che
sia importante partire da questo, cioè dalla valorizzazione delle
norme che già esistono nell'ordinamento legislativo italiano. Questo
progetto di legge ha tuttavia una sua validità perché permette di
considerare questa regolamentazione come chiusura del sistema.
In secondo luogo è importante la necessità che la regolamentazione
legislativa regionale sia volta alla prevenzione del fenomeno:
ricollocare dunque tutta questa attività nell'ambito e nell'alveo
prioritario della prevenzione del fenomeno ed in particolare, nella
responsabilità sociale d'impresa finalizzata alla ricerca del
benessere organizzativo. Questo per noi è, come dire, una
finalizzazione che deve essere esplicitata, e che deve risultare
abbastanza chiara. Anche perché già in passato, soprattutto nelle
pubbliche amministrazioni, ci sono stati progetti e ricerche sul
benessere organizzativo, concretizzate nell'adozione anche di una
circolare ministeriale. Quindi un normazione considerata cogente per
le amministrazioni pubbliche, finalizzata al perseguimento, appunto,
del benessere organizzativo nelle imprese.
Un altro punto è evitare che il mobbing assorba tutte le
espressioni del disagio ambientale relazionale vissuto nei luoghi di
lavoro. E' stato già detto che le situazioni di disagio vissute dai
lavoratori e dalle lavoratrici nell'ambiente di lavoro non sono e
non devono essere tutte ricondotte alla fenomenologia del mobbing.
C'è un disagio più generale di cui soffrono i lavoratori e le
lavoratrici e quindi occorre collocare il mobbing in uno di questi
aspetti.
Da ultimo, considerare il diverso impatto che il fenomeno ha sui
generi, come ha già detto la consigliera di parità. Penso che se ci
dovessimo dotare di strumenti, poi valuteremo rispetto al testo
finale del progetto di legge di quali strumenti dotarci, la
considerazione del diverso impatto fra uomini e donne di questi
fenomeni va tenuto in considerazione.
Una considerazione conclusiva va fatta riguardo alla stesura di un
progetto di legge unificato: vorremmo sottolineare la necessità di
evitare la definizione di interventi e responsabilità di tipo
unilaterale, attraverso invece il riconoscimento del ruolo della
rappresentanza collettiva sindacale nel contrasto al fenomeno del
mobbing, sotto il duplice aspetto da un lato dello sviluppo della
prevenzione, dall'altro della contrattazione degli interventi. Ciò
peraltro è già considerato nella normazione di cui la 626 è
espressione.
C'è un problema di relazione con le organizzazioni sindacali nel
posto di lavoro anche per le definizioni degli interventi di
contrasto. Penso che sia importante favorire la creazione di un
clima che rilevi i segnali del disagio ambientale e relazionale e
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che faccia scattare gli allarmi e le azioni di contrasto attraverso
un monitoraggio sull' ambiente e le relazioni interpersonali. Mi
spiego meglio. Faccio un esempio, riferendomi alla legge sul fumo,
una legge che oggi noi abbiamo e che funziona nel momento in cui fa
scattare nelle persone una sorta di controllo sociale rispetto a
comportamenti che sono considerati non opportuni. Penso ad un
intervento di questo tipo, un intervento che incentivi la
disapprovazione, e quindi la condivisione di una censura rispetto a
comportamenti che possono indurre ad attività mobbizzanti. Mantenere
insomma un approccio di sistema al tema del disagio nei luoghi di
lavoro, distinguendo gli effetti prodotti dai processi di
riorganizzazione aziendale e quelli invece che sono più connessi al
sistema relazionale tra individui. Si tratta di due aspetti che
vanno tenuti insieme, ma distinti in maniera molto chiara rispetto
all'azione.
Da ultimo mi preme sottolineare la possibilità di sviluppare il
sistema di monitoraggio, la rilevazione e il contrasto alle azioni
mobbizzanti conseguenti a molestie o violenze sessuali contro le
donne. Nell'esperienza maturata, infatti, abbiamo colto che molto
spesso ad atti di molestie sessuali fanno seguito atteggiamenti
mobbizzanti. Questa è una peculiarità che ci piacerebbe fosse colta.
Per concludere, riteniamo sia opportuno contrastare la deriva
sanitaria insita in alcune proposte: si deve evitare che il
soggetto, presunta vittima dell'azione di mobbing, venga
pregiudizialmente condannato. Nella procedura di analisi del caso
dovrà essere raccolta, in via prioritaria, la narrazione di contesto
e svolta un'istruttoria sui fatti. In una seconda fase, se
necessaria, dovrà essere proposta un'indagine clinica. In sostanza
dovrà essere data precedenza all'indagine sul contesto ambientale di
riferimento.
Riteniamo sia inoltre opportuno contrastare la deriva di eccesso di
regolamentazione giuridica per tutti gli aspetti. Il fenomeno del
disagio ambientale e relazionale nei luoghi di lavoro richiede, per
sua stessa natura e per essere risolto, l'utilizzo di mezzi che
siano flessibili e negoziati. Occorre quindi che l'intervento
legislativo eviti una eccessiva regolamentazione. Grazie.
ANTONIO NERVEGNA - Presidente della Commissione assembleare
Bilancio Affari Generali ed Istituzionali
In conclusione di questa udienza conoscitiva e dopo essermi
consultato con i colleghi Presidenti, informo che intendiamo
pervenire in sede di Commissioni ad testo unificato e quindi
emendato. Sulla base di questo intendiamo riaprire una ulteriore
consultazione in modo tale che ci possa essere una seconda fase in
cui riascoltare interventi della società regionale, in tutti i suoi
settori, per proseguire successivamente l'iter di approvazione.
Ritengo che sia il percorso e la metodologia più utili da seguire.
Ringrazio per i contributi forniti alla discussione, per la
partecipazione e l'attenzione dimostrata e saluto tutti i presenti.
Grazie.
La seduta termina alle ore 12,00.
Verbale approvato nella seduta del 23 gennaio 2007.
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Il Presidente Il Presidente Il Presidente
Antonio Nervegna Tiziano Tagliani Massimo Pironi
Il Segretario Il Segretario Il Segretario
Claudia Cattoli Lidia Testoni Adolfo Zauli
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