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Legislatura IX - Commissione V - Verbale del 28/06/2013 antimeridiano

     

     

     

     

    Verbale n. 13

    Seduta del 28 giugno 2013

     

    Il giorno 28 giugno 2013 alle ore 10,20 si è riunita presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50, in udienza conoscitiva la Commissione Turismo Cultura Scuola Formazione Lavoro Sport, convocata con nota prot. n. 26442 del 20/06/2013.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e Nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    PAGANI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    FIAMMENGHI Valdimiro

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    3

    presente

    LEONI Andrea

    Vicepresidente

    PDL - Popolo della Libertà

    5

    presente

    BARBATI Liana

    Componente

    Italia dei Valori – Lista Di Pietro

    2

    assente

    CASADEI Thomas

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    CAVALLI Stefano

    Componente

    Lega Nord Padania Emilia e Romagna

    4

    presente

    DEFRANCESCHI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it

    1

    presente

    GARBI Roberto

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    LOMBARDI Marco

    Componente

    PDL – Popolo della Libertà

    3

    assente

    MALAGUTI Mauro

    Componente

    PDL – Popolo della Libertà

    2

    presente

    MARANI Paola

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MEO Gabriella

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà – Idee Verdi

    2

    assente

    MORICONI Rita

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    NOE’ Silvia

    Componente

    UDC – Unione di Centro

    1

    presente

    PARUOLO Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PIVA Roberto

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    RIVA Matteo

    Componente

    Gruppo Misto

    4

    assente

    SCONCIAFORNI Roberto

    Componente

    Federazione della Sinistra

    2

    assente

    VECCHI Luciano

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

     

    Sono presenti: il consigliere Andrea POLLASTRI (PDL); il consigliere Franco GRILLINI (Misto); Paola CICOGNANI (Servizio Lavoro)

     

     

    Presiede la seduta: Giuseppe PAGANI

    Assiste il Segretario: Adolfo ZAULI

    Resocontista: Laura SANVITALE

     


    Udienza conoscitiva

    sul seguente progetto di legge:

     

    4147 -                            Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: "Disposizioni in materia di tirocini. Modifiche alla legge regionale 1 agosto 2005, n. 17 (Norme per la promozione dell'occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro)" (delibera di Giunta n. 765 del 10 06 13).

    (Relatore consigliera Paola Marani)

     

    Laura Zambrini

    Fare Comunità soc.coop.sociale

    Mauro Grazia

    Pres. Collegio Periti Industriali (Bo)

    Giovanna Lobietti

    Funzionario Provincia di Ravenna

    Valerio Vignoli

    ARIFEL

    Francesca Mattioli

    Funzionario Provincia di Reggio Emilia

    Giorgio Zani

    Direttore ENAIP Parma

    Patrizia Piccinini

    Resp. Segreteria consorzio Fit

    Giuseppe Sarti

    Direttore CFP

    Ilaria Benedetti

    Il Sestante srl Confindustria Ravenna

    Daria Doltini

    Piscologa Sinergie soc. ARL (ente formazione)

    Milena Giardini

    CRT U.R UIL Emilia Romagna

    Grazia Fabbri

    Funzionario Prov. di Ravenna

    Barbara Castagnetti

    CIOFS FP/ER Formazione Professionale

    Simonetta Ponzi

    CGIL Emilia Romagna

    Sandro Zabbini

    Resp. Politiche del lavoro Cgil E.R.

    Chiara Gafforio

    Referente ente formazione Artioli&Sala

    Mattea Crivellenti

    COOP Rupe

    Valeria Tinti

    Resp.Politiche Europee e Formazione ANCI E.R.

    Michele Fioraio

    Funz. Confini  Impresa Modena

    Giorgia Lipparini

    Centro servizi AMPI srl

    Gabriele Marzano

    Dirig. Provincia di Parma

    Stefania Leoni

    Funz. “TECHNE” Formazione Professionale

    Giancarlo Mazzoli

    Presidente IDEM

    Federica Terlizzesi

    Amministratore Penta.Com srl

    Paola Borromello

    COFIMP

    Sergio Donati

    Confcommercio E.R.

    Mario Mazzei

    Dirett. Centro Form. Professionale Guastalla

    Gianni Grassi

    Pres. CFP “Bassareggiana” Guastalla (RE)

    Saverio Gaggiol

    Coordinatore Didattico Fiom-Fidae

    Emanuela Rocco

    Direttore Fondazione A. Simonini

    Adrio Vezzani

    Pres. Coop Calecanto Reggio E.

    Marco Rovatti

    Confindustria E.R.

    Mara Massai

    Pres. AS.SO.GRAF.

    Mara Tamburini

    Formatrice Scuola Arti e Mestieri

    M.Chiara Ricci

    Resp. Scuola Pescarini (Ra)

    Mirco Potami

    CDO

    Matteo Iavicoli

    Morphè  SCARL

    Alessandro Monzani

    Tavolo Regionale Imprenditroriale

    Margherita Collareta

    ENAIP Forlì-Cesena

    Sergio Nigro

    Consorzio FIT

    Nicoletta Tallerico

    ISCOM Bologna

    Claudio Cattini

    CGIL E.R

    Antonio Amoroso

    Segretario Regionale CISL

    Federica Balestri

    Confindustria E.R

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

     

    L’udienza conoscitiva inizia alle ore 10,20.

     

    Presidente PAGANI

    Iniziamo l’udienza conoscitiva sul progetto di legge d’iniziativa della Giunta regionale "Disposizioni in materia di tirocini. Modifiche alla legge regionale 1 agosto 2005, n. 17 (Norme per la promozione dell'occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro)" (delibera di Giunta n. 765 del 10.06.13)”. Molti di voi sapranno l’iter che ha portato alla stesura di questo progetto di legge, che inizia oggi con l’udienza conoscitiva il proprio percorso per arrivare nella V commissione consiliare mercoledì prossimo, ove speriamo di poterlo licenziare per portarlo in Assemblea entro il mese di luglio: anzi, dobbiamo portarlo in Assemblea entro il mese di luglio, perché le linee guida della Conferenza Stato-Regioni ci obbligano a legiferare entro il 24 luglio. È un percorso che è stato ampiamente condiviso sia all’interno della Commissione tripartita della Regione Emilia Romagna, sia del percorso istituzionale della Conferenza con gli Assessori delle Province della nostra regione. La relatrice nominata dalla commissione consiliare per questo progetto di legge è la collega Paola Marani, che è qui con me. Oltre al funzionario della Commissione Consiliare, dr. Zauli, è con noi al tavolo anche la dr.ssa Paola Cicognani in rappresentanza dell’Assessore e dell’assessorato, guidato dall’Assessore Patrizio Bianchi. Dico solo due regole all’inizio per chi non le sapesse: c’è un’introduzione da parte della relatrice della legge, dopodiché i consiglieri regionali componenti della V Commissione, qui presenti, sono qui per ascoltare – ascoltare, non interloquire in un dibattito – le posizioni, i suggerimenti, le proposte che vengono fatte da voi che avete partecipato e vi ringrazio per la vostra presenza. Se ci sono eventualmente dei chiarimenti specifici su alcune questioni della legge abbiamo sia la relatrice che la dr.ssa Cicognani. Siete già in otto che avete chiesto di poter intervenire: direi di partire con dieci minuti a testa, senza dover essere troppo fiscali, per poter chiudere i nostri lavori a fine mattinata. Bene, grazie. Cedo la parola a Paola Marani. Scusate, dovrei giustificare dei colleghi della commissione: il collega Thomas Casadei, il capogruppo in Commissione del Partito Democratico, che questa mattina è a sostituire la Presidente dell’assemblea Palma Costi in una riunione che si svolge qui al piano superiore e il Consigliere Roberto Piva, che ha degli impegni istituzionali.

     

    Consigliera MARANI (relatrice)

    Buongiorno. Per rispettare quello che diceva il Presidente della commissione consiliare sarò molto breve, anche perché molti di coloro che sono presenti oggi conoscono benissimo il testo proposto e la giornata di oggi è proprio dedicata ad ascoltare ulteriori contributi o richieste di precisazione sul testo di legge. Non è presente l’Assessore Bianchi: se lo fosse credo che comincerebbe dando una rappresentazione di quello che è il provvedimento di cui oggi discutiamo nell’ambito di una delle politiche di questo mandato amministrativo e quindi della costruzione di quello che viene rappresentato in una pubblicazione che ben conoscete, come questa infrastruttura educativa rappresentata con l’albero, dentro la quale si trovano già provvedimenti importanti che sono stati assunti nel corso di questo mandato amministrativo; provvedimenti che hanno riguardato l’istruzione e la formazione professionale, la rete politecnica, l’alta formazione e provvedimenti sul lavoro come il piano di stabilizzazione dei giovani. Oggi ci apprestiamo a operare su questo pezzo che riguarda appunto i tirocini formativi, sapendo che il completamento di questo albero comporta il completamento di una serie di provvedimenti importanti che riguardano le politiche per il lavoro, la riforma dei servizi per il lavoro e anche l’altro provvedimento al quale si sta lavorando, ossia il progetto di legge che riguarda l’inclusione sociale. Con questa proposta di legge che riguarda i tirocini formativi costruiamo questo ponte verso il lavoro, ancorandoci fortemente al sistema formativo e alle qualifiche professionali. Il nostro progetto di legge, come il progetto formativo, hanno come riferimento le qualifiche professionali e gli obiettivi ovviamente sono quelli di favorire l’acquisizione di competenze da un lato e dall’altro di supportare l’inserimento lavorativo. Si tratta di una modifica alla legge 17 che sta nell’alveo di quelle che sono le linee guida nazionali adottate dal governo e dalle regioni. Cosa dire della situazione alla quale vogliamo rimettere mano con questo progetto di legge? I dati della nostra regione rispetto ai tirocini nel 2012 ci danno un dato importante: abbiamo 10.448 tirocini, il 52% di questi è rivolto alle donne e il 48% agli uomini. Questo, però, non toglie il fatto che ci sia stata nel triennio una notevole riduzione del numero dei tirocini, con un calo costante e assolutamente preoccupante, per cui l’obiettivo di questa proposta di legge è quello di rafforzare fortemente questo strumento. Occorre rafforzare gli aspetti che riguardano gli elementi formativi e la capacità di contrastare un uso distorto o elusivo di questo strumento. Il progetto di legge propone un’indennità, che peraltro era prevista dalla legge 92, come rimborso forfettario di 450 Euro mensili e vengono definite tre tipologie di tirocini: i tirocini che riguardano i diplomati, i laureati, coloro che hanno una qualifica professionale, coloro che possono accedere al tirocinio entro un anno dal titolo di studio conseguito (diciamo che questa è la categoria nella quale si raggruppa il numero più alto di tirocini: sono circa l’80% i tirocini che riguardano questa tipologia); vi è poi quella che viene definita la tipologia B, che si rivolge ai disoccupati e inoccupati ed è finalizzata all’inserimento o reinserimento lavorativo. La temporalità è quella di un anno, l’attività didattica aggiuntiva è finalizzata all’acquisizione di nuove competenze, credo che questa sia stata – poi lo sentiremo nei vostri contributi di oggi - una delle tipologie in merito alle quali vi è stata più discussione e vi sono state anche più posizioni. Confindustria rispetto a questo ha chiesto che potesse essere messa a verbale la necessità di far sì che quelle che vengono definite attività didattiche aggiuntive possano essere previste solo se necessarie. E’ stato il punto su cui sono state sollevate delle perplessità da parte di alcuni soggetti che hanno fatto parte di questo percorso concertativo. Rispetto alla riconversione verso una nuova attività lavorativa, nella legge si specifica come sia necessario che questa riconversione sia supportata da un’attività formativa che punta a riqualificare. Devo dire che in questa tipologia di tirocinio non hanno diritto all’indennità coloro che fruiscono già di altre forme di ammortizzatori o, più in generale, di sostegno al reddito. Il 12% si stima sia la percentuale di coloro che possono utilizzare questo tipo di tirocinio. Vi è infine il terzo tipo di tirocinio, rivolto a soggetti che fanno riferimento a persone che hanno disabilità (coloro che vengono normalmente classificati con la legge 68) o a persone svantaggiate come previsto dalla legge 381 o ai richiedenti asilo e titolari di protezione, che esce dalle norme e i vincoli delle due tipologie precedenti. Si offre la possibilità, già stabilita in legge, di una durata fino a 24 mesi, prevedendo – e questo verrà rimandato a un atto successivo di Giunta regionale – la possibilità che, con motivate deroghe, si possa intervenire sia sulla ripetibilità del tirocinio che sulle modalità d’indennizzo del tirocinio stesso. Questa è una tipologia di tirocini per la quale credo che la legge che ho citato prima, quella concernente il lavoro e l’inclusione sociale, rappresenti il completamento dell’intervento nei confronti delle persone disabili o svantaggiate, che ovviamente hanno esigenze di carattere diverso. I promotori di questi tirocini sono tutti i soggetti che sono stati previsti dalla legge 17, fatta eccezione per le Camere di Commercio. Quali sono i vincoli che vengono posti nella legge, dei quali non entro nel dettaglio, perché sicuramente sono le questioni che porrete voi stamattina? Abbiamo tre soggetti che sono i protagonisti di queste norme sui tirocini: il tirocinante, il soggetto ospitante e un soggetto terzo. Per ogni tirocinante è previsto un solo tirocinio nella stessa tipologia di formazione. Occorre che l’azienda ospitante non abbia effettuato licenziamenti nei dodici mesi precedenti, che non fruisca di cassa integrazione. La legge fissa in modo molto preciso anche il rispetto del rapporto tra numero dei tirocinanti e quello dei dipendenti dell’azienda stessa. Queste sono alcune delle questioni: ovviamente, per ragioni di tempo e perché la parola è a voi, non sono entrata nelle questioni e nei contenuti della legge, rispetto alla quale vi è stato un percorso concertativo molto importante e quindi diciamo che l’audizione di oggi è finalizzata non certo a rimettere in discussione l’impianto della legge, ma a comprendere, attraverso le parole di coloro che hanno meno partecipato a questo percorso concertativo, quali possono essere le perplessità, le questioni e i suggerimenti, poiché è iniziato l’iter in commissione consiliare. L’Assessore ha illustrato i principi generali della legge e avremo la possibilità nei momenti successivi, in sede di discussione dell’articolato, di poter raccogliere e sentire le vostre osservazioni. Vi ringrazio.

     

    Presidente PAGANI

    Bene, cominciamo. Come ha detto la relatrice, vi ricordo che il percorso che ha portato alla stesura del testo è passato attraverso la Conferenza regionale per il sistema formativo, il Comitato di Coordinamento Istituzionale e ha acquisito il parere positivo delle parti sociali componenti la Commissione regionale tripartita. La commissione V ha ritenuto, nonostante questo importante percorso già fatto, di aprire un momento di confronto e di ascolto di eventuali altre proposte, interventi, critiche o suggerimenti che vi possono essere. La parola adesso la diamo a voi.

     

    Matteo IAVICOLI (Morphè SCARL)

    Buongiorno. In realtà la mia era una domanda: chiedo scusa fin da ora se non sarà pertinente, spero di sì. Riguardava una casistica che non ho ritrovato in questa legge e chiedevo se per i cittadini comunitari che vengono considerati nella normativa come cittadini italiani si applicano le stesse regole che ci sono in questa normativa sui tirocini: se parliamo di addestramento, di mobilità transnazionale che viene promossa in uno dei punti di questa legge, chiedo se si può parlare della stessa modulistica e delle stesse regole. Nella fattispecie, nella nostra attività promuoviamo tirocini attraverso il Progetto Leonardo, e promuoviamo progetti che riguardano la mobilità tra lavoratori e lo scambio di buone pratiche a livello di addestramento: in particolare, ci accingiamo a ospitare otto lavoratori francesi che desiderano addestrarsi in aziende di eccellenza dell’Emilia Romagna. Notando che non era previsto questo tipo d’intervento per quanto riguarda i dipendenti, che non rientrano in una di queste categorie, chiedevo se era da escludere per loro questa normativa. Grazie.

     

    Presidente PAGANI

    Bene, a questa domanda tecnica penso che daremo una risposta alla fine, per non aprire una discussione.

     

    Alessandro MONZANI (Tavolo Regionale Imprenditoriale)

    Buongiorno a tutti, grazie al Presidente e a tutta la Commissione per l’opportunità che ci viene data. Parlo a nome del Tavolo Regionale Imprenditoriale. Riteniamo che i tirocini formativi siano una politica attiva del lavoro di cui non si può fare a meno, in una situazione di grave difficoltà come questa. Sappiamo che, quando ci sono delle situazioni complesse, non si può pensare di risolverle con un unico strumento. Questo è uno strumento, non è l’unico, non possiamo – ripeto – permetterci di non utilizzare tutto quello che abbiamo. L’iniziativa della Regione Emilia Romagna – l’abbiamo visto – rinnova la legge 17, è una legge che ha prodotto buoni risultati, ci sono stati molti tirocini con buone percentuali di trasformazioni in lavoro, è una legge che – lo dice la data, 2005 – è intervenuta per tempo sul tema. Oggi interveniamo perché si è creata una situazione d’incertezza a livello nazionale con il decreto legge 38 e con i successivi interventi del Ministero, che hanno creato molta confusione e poi con la sentenza della Corte Costituzionale che, per la verità, avendo dichiarato illegittima la legge, aveva riportato tutto all’anno zero. È comunque necessario l’intervento, perché c’è stato l’accordo Stato-Regioni che ha introdotto alcune regole, pur con qualche appesantimento, ma insomma ha introdotto qualche regola per mettere in carreggiata le cose. Riteniamo che la concertazione che c’è stata con le parti sociali sia stata soddisfacente per il tempo dedicato e per l’approfondimento che c’è stato. Il TRI ha parlato allora con un’unica voce e intende farlo anche oggi. La nostra posizione all’inizio era diversa da quella che ha trovato una sintesi nel nostro dibattito e poi nella legge: non vogliamo essere troppo autoreferenti e non siamo l’unico soggetto che interviene su questa materia, per cui è evidente che poi c’è stata una mediazione frutto di tante sensibilità. Avevamo e abbiamo qualche riserva riguardo all’obbligo di fare della formazione strutturata attraverso enti di formazione accreditati e riguardo alcune modalità di definizione dei soggetti ospitanti, quindi non siamo pienamente soddisfatti, ma riteniamo che l’accordo e la proposta di legge siano un utile punto d’equilibrio. Non devo insegnarlo io a tutti voi, che ne sapete molto più di contrattazione, ma un accordo che accontenta una sola parte è sempre un brutto accordo, poi alla fine finisce male. Riteniamo che a questo punto l’equilibrio ci sia e siamo soddisfatti di questo. Sottolineiamo che le parti datoriali fin dai primi confronti dell’autunno 2011 sono state favorevoli a introdurre delle norme per contrastare gli abusi. Anche sul rimborso minimo non ci sono state particolarmente tensioni; ricordiamo che si tratta di un minimo superiore a quello dell’accordo Stato-Regioni, superiore a quello che si erano date le regioni e superiore alla richiesta del coordinamento dei tirocinanti, che faceva riferimento al compenso per i giovani impegnati nel servizio civile nazionale. Detto ciò, anche perché vengo dal mondo della cooperazione, vorrei fare un momento il punto sul tema dei soggetti svantaggiati. Abbiamo riscontrato e diamo atto a tutti che c’è stata una notevole sensibilità nei confronti di questo tema da parte di tutti: da parte della Regione Emilia Romagna, da parte delle organizzazioni sindacali e da parte delle organizzazioni imprenditoriali. È una sensibilità che ha trovato riscontro nel testo del progetto di legge; ci sono dei rimandi, per la verità non tantissimi, ad atti amministrativi successivi e ci sembra una tecnica utile e importante. L’ambito dello svantaggio è un ambito vasto, è un ambito che richiede attenzione, che si evolve, è un ambito che può richiedere interventi che si modificano nel corso del tempo e quindi da questo punto di vista la tecnica che si propone ci convince. Riteniamo – non abbiamo alcun motivo per dubitare – che ci sarà anche in questa fase un coinvolgimento di tutti gli attori che porterà a dei risultati soddisfacenti. Concludendo, ribadiamo che, se questo punto d’incontro rimarrà, il mondo imprenditoriale rappresentato dal tavolo manterrà il suo giudizio positivo. È chiaro che rimettere in discussione delle cose, per la verità, é pienamente legittimo, ci mancherebbe altro, perché altrimenti prenderemmo veramente il posto dei Consiglieri Regionali, cosa che non facciamo. Il nostro giudizio è che quello che è stato raggiunto con un po’ di fatica, sia un equilibrio importante e riteniamo sia giusto mantenerlo. Una riapertura potrebbe portare ad alcuni squilibri che riteniamo inopportuni. Grazie per l’attenzione.

     

    Margherita COLLARETA (ENAIP Forlì-Cesena)

    Ringrazio il Presidente e ringrazio la Commissione di averci convocati per quest’audizione. Intervengo a nome dell’Associazione Aeca e della rete Enaip regionale. Mi concentrerò sull’articolo 25, in particolare quando si parla della tipologia C dei tirocini, ossia dei tirocini rivolti a persone disabili e a fasce svantaggiate. Il sistema dei nostri enti di formazione, sia Aeca, sia Enaip, ha maturato negli anni una significativa esperienza nell’ambito dell’inclusione sociale e ha sempre posto come obiettivo fondamentale del proprio intervento formativo fornire i fruitori di strumenti che consentano loro la massima integrazione sociale. La legge regionale prevede all’articolo 25, comma c) un’occupabilità che molti di questi soggetti non potranno raggiungere, oppure potranno raggiungere solo con grandissime difficoltà e con tempi lunghi. Pertanto chiediamo che venga offerta loro e che venga mantenuta l’opportunità di un’esperienza di lavoro intesa come reale occasione per esprimere tutte le proprie potenzialità e per vivere un momento importante d’integrazione. L’esperienza lavorativa, infatti, per loro e anche per le loro famiglie rappresenta un mezzo per migliorare la qualità della loro vita. Chiediamo quindi che anche alle esperienze lavorative di questi soggetti venga data dignità di tirocini. È chiaro che con una richiesta di questo genere il coinvolgimento del mondo produttivo avverrà nella corresponsabilità dell’inclusione sociale, ma non intendiamo assolutamente scaricare sulle imprese i costi di quest’operazione, che è un’operazione che rientra in una responsabilità sociale, ma anche in qualcosa di più ampio come un riconoscimento di merito sociale. Per tale motivo riteniamo fondamentale che venga prevista una specifica tipologia di tirocini che contempli alcune deroghe nella durata, magari prevendendoli più lunghi, nella certificazione delle competenze, che potranno non essere specifiche professionali, ma magari competenze più trasversali non afferenti direttamente al sistema regionale delle qualifiche e nella retribuzione, che non potrà essere erogata dall’azienda, ma da altri soggetti (gli enti stessi che inseriscono il tirocinante). Riteniamo che in questa logica e in quest’ottica, quell’inclusione sociale che venne avviata nel nostro paese attraverso l’inserimento scolastico dei soggetti disabili possa trovare una propria piena attuazione ed estensione anche in una lettura inclusiva del sistema del lavoro. Vi ringrazio.

     

    Sergio NIGRO (Consorzio FIT)

    Buongiorno a tutti. Rapidamente alcune riflessioni, di cui la prima è questa: è del tutto evidente che, in una situazione come quella che stiamo vivendo, che è particolarmente pesante dal punto di vista economico e non solo – lo scenario di fondo non è uno scenario di ordinarietà, è uno scenario di straordinarietà purtroppo negativa – e soprattutto dopo la cosiddetta riforma Fornero, gli accessi al mercato del lavoro sono diventati ancora più difficili (i risultati si vedono) e, nonostante ci siano abbondanti ripensamenti in materia al momento, la situazione non è certo quella che aiuta a immaginare che sia meno difficile entrare nel mercato del lavoro. È del tutto evidente che i tirocini formativi hanno una loro peculiarità: non sono la soluzione, sono soltanto uno strumento, come giustamente qualcuno ha detto prima, ma sono uno strumento che, proprio per questo, in questo momento sta diventando l’unico strumento mediante il quale si entra nel mercato del lavoro. E allora attenzione perché inserire rigidità ulteriori non serve. In termini assoluti, si possono fare dei ragionamenti storicizzando i provvedimenti quando questi vengono assunti, ma diventa importante capire l’impatto che provocano operativamente all’interno delle imprese. Ci sono alcune cose che destano già adesso perplessità d’interpretazione e quindi varrebbe la pena di chiarirle subito, evitando equivoci: mi riferisco in particolar modo all’articolo 5, comma 6, quando si parla di ulteriori attività didattiche, sia all’articolo 6, quando si parla d’indennità. Comincio da quest’ultimo, perché è il più semplice: il comma 6 definisce indennità di 450 Euro ciò che si dà. Piccolo dettaglio di scarso rilievo: già l’interpretazione da parte degli addetti ai lavori è che l’indennità, a differenza del passato, quando era un rimborso forfettario, è tassabile. In realtà non stiamo aumentando l’indennità, ma ne stiamo dando una parte allo Stato. Dato che non mi pare sia questa l’intenzione, allora si può fare una semplice correzione: togliamo il termine “ indennità” e torniamolo a chiamare rimborso forfettario, eliminando il problema, in modo da evitare una serie di contenziosi interpretativi che sono il pane quotidiano di chi ha a che fare con queste attività. Analogamente, stabilire un termine - anche qui una semplice soluzione: basta aggiungere un minimo – di fatto riduce, ottiene l’effetto opposto. Noi facciamo continuamente tirocini, quindi l’esperienza è abbastanza importante e mediamente i compensi che le aziende riconoscono per i tirocini sono maggiori. Stabilendo l’indennità secca di 450 euro, l’interpretazione è già automatica da parte delle imprese: costa quello, non un centesimo di più, il che mi pare controproducente rispetto all’obiettivo. Anche qui la soluzione è semplicissima: reinserire la parolina “ almeno”, in modo che il problema sia già risolto. Riguardo all’articolo 5, comma 6, invece, – e mi riferisco alle ulteriori attività didattiche – qui la perplessità diventa molto grossa, nel senso che il tirocinio formativo è di per sé, per sua natura formazione on the job, formazione sul lavoro, se vogliamo con l’eccezione della parte della sicurezza, che do sempre per scontata e conseguentemente non entro in questo merito. È vero, è solo un’eventualità, non è un obbligo e quindi da questo punto di vista è una cosa che non necessariamente crea problemi: corre il rischio d’inserire ancora una volta un elemento di difficoltà nel rapporto fra chi propone, l’azienda interessata al tirocinio e lo stesso tirocinante. Se un tirocinante che apprende sul lavoro – questa è la natura del tirocinio – ha bisogno di una formazione aggiuntiva, questa formazione aggiuntiva o porta l’azienda a non sceglierlo, o porta a una soluzione diversa: si fa un corso prima. Sono due strumenti diversi, non si incrociano e allora prevederlo o è inutile, nel senso che non sortisce effetto alcuno, o – e questo è il mio timore – diventa peggiorativo, nel senso che innescano delle dinamiche – non voglio fare il processo alle intenzioni negative a nessuno – nel senso che intanto chi paga questa formazione? Immagino lo si chiederà all’azienda: è facile immaginare ciò che succede. Chi lo propone, propone “ah, però ha bisogno sicuramente di altro”, chi lo riceve dice “assolutamente non ha bisogno di niente” e il risultato è che si ferma l’operazione. Visto che la formazione on the job, il tirocinio, è cosa diversa rispetto alla formazione ordinaria, che è abbondantemente presente e disciplinata, perché le mettiamo insieme? Corriamo il rischio di generare nella migliore delle ipotesi confusione aggiuntiva e nella peggiore dei contenziosi. Diventa sostanzialmente inutile, nella migliore delle ipotesi – e le cose inutili è sempre meglio toglierle – oppure potenzialmente dannosa e soprattutto non aggiunge niente di più, anche perché la cosiddetta formazione aggiuntiva o è piccolissima e nel qual caso aggiunge oggettivamente poco o, se è consistente, trasforma la natura del tirocinio: non è più on the job, si fa fuori. Mettiamoci d’accordo su che cosa fare. Quest’elemento credo che sia oggettivamente inutile e potenzialmente pericoloso. Sempre nella logica della semplificazione, dell’agevolazione e del tentare di utilizzare al meglio questo strumento che all’attualità – ripeto – è rimasto praticamente l’unico usabile, perché altri non ce ne sono, diventa necessario eliminare ancora una volta ulteriori rigidità. L’articolo 5 al comma 3 parla di collegamento al servizio delle qualifiche regionali. Non entro nel merito di quest’infinita polemica delle qualifiche e di questa rincorsa, altrettanto infinita, fra le esigenze che si manifestano continuamente sul mercato e quello che è un sistema di codifica di qualifiche con tutti gli annessi e connessi, prendo semplicemente atto di quello che c’è. Irrigidire ulteriormente questo rapporto di riferimento rende ancora più problematico realizzare i tirocini formativi, nel senso che le qualifiche disponibili spesso e volentieri non corrispondono, se non in misura parzialissima, a quelle che sono le figure e i tirocinanti che si vanno a realizzare. E allora, oltre ai salti mortali e ai doppi carpiati per tentare di far rientrare nelle declaratorie esistenti le attività, si corre il rischio, rafforzando questo rapporto, di escludere immediatamente una quantità impressionante di tirocini. Propongo di mantenere una cautela che c’è sempre stata e che possiamo mantenere tutt’ora, che è quella di inserire “ove applicabile”. “Ove applicabile” significa semplicemente che la norma è quella che dice che il mio faro, il mio punto di riferimento è il sistema delle qualifiche, se il sistema delle qualifiche non mi “risponde” a quella che è l’esigenza specifica e quindi non posso trovare applicazione, la soluzione non può essere invento e nemmeno non faccio tirocinio. E allora la formula “ove applicabile” da una parte consente di mantenere il punto di riferimento del sistema delle qualifiche e dall’altra evita di inserire una rigidità ulteriore che corre il rischio di penalizzare in maniera significativa questo strumento. Un’ultima osservazione e ho finito. All’articolo 4, comma 5, quando parliamo di limiti numerici, si fa un’operazione saggia. E’ evidente che per un’azienda che non arriva a cinque dipendenti quando ha un tirocinante è una bella fatica tenerci dietro: non può averne due/tre/quattro, con chi li affianca? E via di questo passo. Proprio per questo mi preoccupa l’ultimo comma, ai fini di evitare abusi - che mi pare un principio generale abbondantemente condivisibile - perché si può derogare nei numeri proprio per chi ha maggiore bisogno di affiancamento, il che è una contraddizione logica. Voglio dire, se dobbiamo prendere un extracomunitario che entra a fare un tirocinio, un richiedente asilo – lascio perdere tutte le graduatorie, le do per scontate – probabilmente avrà problemi di lingua, probabilmente avrà molti altri problemi e avrà bisogno di un sostegno molto più forte e allora ci sta che si prolunghi la durata, ma non ci sta che si aggiungano numeri. Se la stessa azienda di cinque addetti si ritrova con un extracomunitario ce la può fare, ma se ne ha due salta e allora delle due l’una: chi non ha la condizione non lo farà, chi vuole fare abusi utilizzerà tranquillamente questa norma e allora da questo punto di vista attenzione, perché il rischio è che la lettera finisca per contraddire la volontà. Non ho osservazioni sull’allungamento del periodo, proprio perché mi rendo perfettamente conto che un portatore di handicap, un soggetto con disagio sociale o un extracomunitario in condizioni particolari ha sicuramente bisogno di un periodo più lungo, quello che contesto è che questa deroga venga usata anche per il numero dei soggetti che possono entrare in impresa, perché la ripartizione fatta nei precedenti commi è logica e quindi da questo punto di vista è illogico eliminare questa ripartizione per chi ha maggiormente bisogno di essere seguito. Paradossalmente, se uno volesse ragionare in astratto, dovrebbe averne meno, proprio perché ha bisogno di essere maggiormente seguito. Noto quest’illogicità rispetto alla quale varrebbe la pena, anche qui, evitare fraintendimenti che potrebbero creare ulteriori problemi. L’ultima cosa sul serio: la legge nel suo complesso in questo momento è un interrogativo, dato che purtroppo viviamo un momento particolarmente straordinario per cui è appena uscito un decreto del governo che interviene anche su questa materia, il cui testo è già cambiato tre volte nell’arco di 48 ore e non c’è ancora quello definitivo e la cosa mi spaventa, non mi preoccupa più, ma mi spaventa letteralmente. Mi sto domandando come, alla fine, si armonizzano le cose, perché da quello che si sente c’è un po’ di sgomento, al di là dei principi e dell’obiettivo, abbondantemente condivisibili. Da una parte prevediamo delle cose e dall’altra se ne annunciano di segno in parte significativamente diverso, per cui il contrasto è chiaro. E allora diventa veramente molto problematico partire con una legge e trovarsi immediatamente in contrasto con un altro provvedimento del governo. Grazie.

     

    Antonio AMOROSO (Segretario Regionale CISL)

    Buongiorno a tutti. Ringrazio anch’io per la disponibilità ad ascoltarci. Come diceva il collega Monzani a nome delle imprese, ci troviamo di fronte a un progetto di legge che ha avuto una discussione vera in Commissione tripartita tra le parti sociali: vera e, per alcuni aspetti, in alcuni momenti, anche difficile e sofferta. Conseguentemente anche noi ribadiamo che il punto d’equilibrio che è stato raggiunto è un punto d’equilibrio che, ferma restando la potestà dell’Assemblea legislativa, che ha tutto il diritto di intervenire, crediamo debba essere tenuto in forte considerazione, perché ovviamente nelle soluzioni che sono state trovate ognuna delle parti sociali ha lasciato qualcosa rispetto agli obiettivi che si era posta. Diciamo che il punto d’equilibrio è soddisfacente e pensiamo debba essere mantenuto nella sua sostanza. Pensiamo che la Giunta regionale abbia fatto la scelta giusta, non facendo una legge nuova e intervenendo su un impianto consolidato e sostanzialmente condiviso. Intervenire in questo modo con questa tecnica legislativa è sicuramente condivisibile anche dal punto di vista del metodo, tuttavia già si diceva nella legge 17 che i tirocini sono fondamentalmente strumenti finalizzati a sostenere le scelte professionali e a favorire l’acquisizione di competenze delle persone che sono ospitate nelle aziende, competenze necessarie alla conoscenza diretta all’interno del mondo del lavoro dentro un percorso formativo, quindi non si tratta di rapporti di lavoro. Per dare sostanza a questa cosa, si sono trovate delle soluzioni opportune che tra l’altro si collocano all’interno di quell’albero di cui la relatrice diceva, proprio perché quell’albero non è una cosa banale, in quanto mette in piedi degli strumenti che nel tempo - tra l’altro è stata concertata in questa regione con le parti sociali tutta una serie di strumenti, e mi riferisco a quelli preliminarmente di carattere formativo – ben si attanagliano a questo strumento, uno strumento che vede il soggetto dal nostro punto di vista sindacale come un soggetto al quale effettivamente bisogna prestare attenzione, che è il soggetto ospitato, che sia il ragazzo che ha appena acquisito un diploma o la persona disoccupata o inoccupata o, nel terzo caso, la persona disagiata o disabile che ha bisogno di un intervento specifico. Per dare sostanza a questo criterio sottolineo solo alcuni aspetti che tra l’altro sono coerenti con il sistema complessivo, tra i quali quello di aver messo in gioco non solo il soggetto ospitante, ma anche i soggetti promotori che hanno le competenze per favorire questo percorso, con la presenza dei tutors. Apprezziamo il fatto che si faccia una formazione non solo per acquisire le competenze, ma anche legata alla sicurezza e che questa formazione debba fare riferimento al sistema regionale delle qualifiche con almeno l’acquisizione di un’unità di competenza. Credo che queste siano le situazioni più qualificanti per le quali si è trovato un punto d’equilibrio. Riteniamo però che la necessità eventuale di prevedere un pezzo di formazione che non sia on the job per ulteriori competenze da acquisire in riferimento all’obiettivo formativo, sulla base a una verifica delle competenze già in possesso del soggetto ospitato, non sia un’attività così pesante e così distogliente dentro l’azienda. Ripetiamo: per noi l’equilibrio raggiunto è un equilibrio che deve essere sostanzialmente mantenuto. Un’ultima osservazione: in coerenza con l’accordo in Conferenza Stato-Regioni, dove si è detto che per quest’indennità dovremo trovare delle soluzioni per identificarla come un’indennità che possa avere la minore erogazione, riduzione possibile per motivi di rispetto delle norme fiscali, se fosse considerata come un livello minimo, come peraltro indicava l’accordo Conferenza Stato-Regioni, il quale però prevedeva una soglia minima di 300 Euro e qui siamo a 450, sarebbe sicuramente una cosa da noi non contestata. Grazie.

     

    Federica BALESTRI (Confindustria Emilia Romagna)

    Buongiorno a tutti. Ringrazio il Presidente della Commissione Consiliare, nonché i Consiglieri Regionali della Commissione Consiliare stessa e la relatrice per consentirci un ulteriore ascolto, un ulteriore momento per illustrare quelle che sono le posizioni che la stessa relatrice ha brevemente ricordato, in relazione a una posizione di parziale difformità di Confindustria Emilia Romagna su alcuni punti di questa proposta di legge. Senza dubbio, come ricordavano i colleghi, questa proposta di legge arriva dopo un intenso percorso di concertazione che l’Assessore ha portato avanti nei mesi scorsi, ma questo non significa che il testo non possa essere migliorabile. Ecco il motivo per cui siamo qui a illustrare la nostra posizione, posizione che peraltro è stata riportata persino nei “visti” della delibera di Giunta regionale. Prima vorrei ricordare l’iter normativo che ci ha visti arrivare a questo momento: sapete che l’articolo 11 del decreto legge 138/2011 aveva improvvisamente tolto competenza alle regioni, stabilendo per via nazionale quali dovevano essere i soli tirocini formativi da mettere in campo. Abbiamo sostenuto, allora, la Regione Emilia Romagna nel presentare un ricorso in Corte Costituzionale, perché ovviamente quell’articolo 11 ammetteva soltanto la possibilità di tirocini formativi, con l’esclusione di quelli che oggi chiamiamo inserimenti o reinserimenti lavorativi, limitando la possibilità d’incontro da parte dei tirocinanti e mondo del lavoro solamente ai giovani, escludendo persone magari fuoriuscite per brevi periodi dal mondo del lavoro che invece oggi ritroviamo nel progetto di legge. Ricorso che poi ha avuto successo, portando all’abrogazione dell’articolo 11 del decreto legge 138. La sentenza è di fine anno scorso e le linee guida sono di quest’anno, questo è il motivo della riduzione dell’utilizzo dei tirocini: evidentemente le imprese non si sono sentite abbastanza tutelate nell’inserire al proprio interno tirocinanti con un quadro legislativo non perfettamente chiaro e idoneo. La riduzione che abbiamo in effetti visto – i numeri parlano chiaro – è determinata prevalentemente da questa situazione, che veramente ha portato un vulnus, un vuoto legislativo per più di un anno. Come dicevo, all’inizio dell’anno sono intervenute le linee guida approvate in Conferenza Stato-Regioni, che abbiamo sostenuto, e abbiamo chiesto all’Assessore nei vari momenti di concertazione che questi standard minimi fossero di riferimento per la Regione Emilia Romagna nel legiferare in questa materia, cercando di qualificare maggiormente i tirocini, ma non appesantendo la stessa qualificazione dei tirocini, come vedremo che in alcune parti è successo. Le linee guida sono uno standard e riconoscono dei momenti importanti che questa proposta di legge ha ripreso. Perché l’importanza delle linee guida? Perché molto spesso, quando si parla di tirocini, troviamo disaccordo da parte di alcune forze sociali, soprattutto nel timore che ci siano forme di abuso nell’attuazione dei tirocini. In realtà sosteniamo che il governo e le regioni nell’individuazione delle linee guida, indicando una durata massima dei tirocini, ma soprattutto il concetto di non ripetibilità del tirocinio – ripreso nel progetto di legge – abbiano permesso di superare questa visione distorta di abuso del tirocinio da parte di alcune forze sociali. La non ripetibilità da parte dello stesso tirocinante di un tirocinio presso lo stesso datore di lavoro e la limitazione di una durata consentono davvero all’istituto del tirocinio di realizzare quella che è la sua finalità: inserire, avvicinare al mondo del lavoro un giovane, ma non solo un giovane, anche persone che sono fuoriuscite dal mondo del lavoro e persone che vogliono rientrare nel mondo del lavoro. Pensiamo alle donne che, dopo un periodo di maternità, vogliono reinserirsi nel mercato del lavoro e il tirocinio d’inserimento o reinserimento lavorativo ha anche questa funzione. Ora vorrei illustrare quella che è la posizione di Confindustria Emilia Romagna sul famoso punto di cui all’articolo 26 ter, comma 6, in merito al quale abbiamo espresso con forza le nostre perplessità. Vorrei dire alla persona che mi ha preceduto che in realtà quel punto dell’articolo pone un obbligo, non una facoltà di individuare situazioni formative diverse da quelle on the job. E’ contro quest’obbligo che ci siamo espressi, perché il tirocinio formativo, come dicono le linee in guida, è “una misura formativa di politica attiva – cito – che ha lo scopo di arricchire il bagaglio di conoscenze, l’acquisizione di competenze professionali e l’inserimento o reinserimento lavorativo. Il tirocinio consiste in un periodo di orientamento al lavoro e di formazione in situazione”; le linee guida parlano chiaro, la formazione è in situazione, il tirocinio deve avvenire sul luogo di lavoro, perché questo è l’unico modo per poter acquisire quelle conoscenze da parte del tirocinante giovane – mi riferisco al tirocinio A – e da parte di chi deve reinserirsi nel mercato del lavoro e qui mi riferisco in particolar modo ai tirocini d’inserimento, ai tirocini B. La Regione Emilia Romagna ha inserito un obbligo – è questo il punto – non la facoltà del soggetto promotore e del soggetto ospitante di valutare la necessità di ulteriori modalità didattiche rispetto a quelle in situazione, passaggio che consideriamo non solo un vulnus delle linee guida - per altro questa modalità individuata nella proposta di legge non trova, almeno per i testi che conosco io, riferimento in altre regioni a cui noi normalmente guardiamo – ma porta una contraddizione in sé con tutto il sistema regionale delle qualifiche. Il sistema regionale delle qualifiche - a cui questo progetto di legge fa riferimento, perché nell’individuare il progetto formativo per i tirocinanti bisogna fare riferimento a una qualifica – consente da sempre in questa regione il riconoscimento delle competenze acquisite direttamente nel mondo del lavoro in situazione, on the job. La Regione Emilia-Romagna negli anni scorsi ha elaborato un sistema di formalizzazione e certificazione delle competenze che porta al riconoscimento di una qualifica e che vede questa qualifica acquisita non solo in un percorso formativo strutturato in aula, ma anche in situazione, on the job. In questo testo, ci troviamo di fronte a un obbligo di ritorno in aula da parte di soggetti che probabilmente possono averne bisogno – ma allora è una potestà che il promotore e il soggetto ospitante andranno a valutare - invece qui abbiamo un obbligo posto dalla Regione Emilia Romagna di ritorno in aula come modalità ulteriore didattica da mettere in piedi. Vorrei essere chiara nello spiegare che un’azienda e il soggetto promotore possono benissimo ritenere necessario e opportuno un ricorso in aula in un tirocinio che, ricordiamolo, può durare fino a dodici mesi, soprattutto laddove vi sia un reinserimento lavorativo dopo molto tempo, ma viene tolta la possibilità alle parti di decidere se questo bisogno c’è o meno, con l’inserimento di un obbligo. Questo è il motivo per cui, nel corso dell’iter concertativo, ci siamo fortemente differenziati dalle altre parti sociali. Riconosciamo che il testo in gran parte è un testo assolutamente soddisfacente, se non altro perché riprende quegli standard faticosamente raggiunti in sede di Conferenza Stato-Regioni, consentendo uno standard minimo nazionale e non dovendo sempre avere venti legislazioni diverse. Riconosciamo questo come un punto migliorabile non nel voler eliminare il riferimento a una situazione formativa diversa da quella on the job, ma lasciando la possibilità di scegliere ai soggetti che in questo caso devono fare incontrare il mercato del lavoro e il mondo del lavoro a un tirocinante, ossia il soggetto promotore e il soggetto ospitante. Volevo anche ricordare un altro punto rispetto al quale avevamo chiesto la possibilità di una modifica, vale a dire l’articolo relativo alle durate, alla tipologia dei tirocini e alle durate, l’articolo 25. I tirocini di tipo A, i tirocini formativi e di orientamento, sono rivolti a giovani in possesso di un titolo di studio: titolo che deve essere acquisito entro e non oltre i dodici mesi. Avevamo chiesto se si poteva allungare questo periodo fino a diciotto mesi, come era nella passata legislazione con il decreto 142 di applicazione della legge Treu, proprio per consentire, in un momento storico così difficile per i giovani, la possibilità di utilizzare un tirocinio anche da parte di chi è uscito, ha già acquisito il titolo di studio oltre i dodici mesi non allungandolo sine die, ma tornando a una tempistica che possa essere quella dei diciotto mesi. Questo perché? Perché basta avere acquisito un titolo di studio nei tredici mesi successivi e si ricade per forza di cose in quel tirocinio B, quello d’inserimento e reinserimento, che prevede quel famoso obbligo di ritorno in aula di cui forse una persona che è appena uscita da una scuola o da un corso di laurea non ha alcun bisogno, non ha neanche voglia di ritornare in aula, ma ha voglia di conoscere e di sperimentare le proprie competenze all’interno dei luoghi di lavoro. Vi ringrazio.

     

    Claudio CATTINI (C.G.I.L. Emilia Romagna)

    Buongiorno a tutti. Come vi sarete resi conto, il dibattito è articolato e interessante: sottolineo interessante, questa è la questione. Non è la prima volta che esprimiamo una soddisfazione in discussioni di questo tipo con questa Commissione; nelle occasioni che abbiamo avuto di discussioni di leggi – non ultima quella sull’IFP etc. - con la Commissione Consiliare, abbiamo sempre affrontato discussioni approfondite, serie e vere anche in udienza conoscitiva, con un confronto tra posizioni in parte diverse. Due cose ci hanno convinto in tutto questo percorso: rafforzare il contenuto formativo dei tirocini e contrastarne un uso distorto, i due punti di principio che reggono – e secondo noi reggono positivamente – l’intervento della Regione Emilia Romagna sui tirocini. Una piccola premessa storica: non è che la legge non abbia mai parlato di tirocini; c’è una legislazione secondo me molto avanzata (la legge 12/2003, articolo 9) che ha poi avuto un’applicazione discutibile. In primo luogo, noi come organizzazione sindacale – non dico neanche “organizzazioni sindacali”, noi come organizzazione sindacale – probabilmente non abbiamo dato il giusto grado d’interesse all’argomento tirocini: ce l’hanno fatto presente da un po’ di tempo anche i giovani che lì c’è qualcosa che non va. Ci hanno detto “lì c’è qualcosa che non va: lì c’è qualcosa che non va, perché la formazione con quello strumento non si fa, perché c’è stato un uso distorto”, ad esempio. Perché bisogna rafforzare il pezzo formativo legato ai tirocini? Beh, guardate, non cito me stesso, cito semplicemente l’Europa, la quale ci dà dei criteri, degli elementi di valutazione, rispetto ai quali lo stock formativo dell’Emilia Romagna è calato, è sotto un livello di accettabilità. Lo sviluppo in questa regione – lo ripeto di nuovo – è dato anche dalla straordinaria rete degli istituti professionali e tecnici, dalla rete della formazione professionale e dalla straordinaria rete delle scuole dell’infanzia, dei tempi pieni, delle scuole medie e dell’università, che hanno prodotto uno stock formativo annuale che ha sostenuto lo sviluppo economico e sociale di questa regione. Negli ultimi sette anni è calato a dismisura, quindi non bisogna deprimere i pezzi formativi di tutti gli strumenti che abbiamo, ma bisogna qualificarli. Piccola nota, ma solo per gli addetti al lavoro tecnici: bisogna rafforzare la formazione, perché i dati dell’Europa ve li cito rapidamente: noi non abbiamo neanche la metà dei laureati che l’Europa richiede, il 40% di giovani laureati in età; noi ne abbiamo il 20% in Emilia Romagna. L’Europa ci chiede il 95% di ragazzi di quattro anni che devono andare in una scuola dell’infanzia, oggi in Emilia Romagna siamo circa al 90%, un tempo eravamo i primi, ma adesso non è più così. L’Europa ci chiede un numero di diplomati e noi siamo a metà, l’Europa ci chiede il 18% di adulti in formazione continua: se va bene siamo al 6% in Emilia Romagna, e così via. Questo deve essere chiaro, perché si ragiona dell’idea formativa dei tirocini, perché siamo in una situazione di crisi economico-sociale che richiede quell’intensità che poi si collega con l’utilizzo distorto, ovviamente. Banalmente, per quanto riguarda l’utilizzo distorto, in situazioni di crisi – sette anni di crisi di posti di lavoro – i giovani hanno capito che coprire un posto di lavoro con un falso rapporto di lavoro è meglio non farlo. Se ci sono dei posti di lavoro non vanno coperti con situazioni che non sono rapporti di lavoro, perché è contro il loro interesse sostituire dei posti a tempo determinato o addirittura indeterminato con dei tirocini, ovviamente non è nel loro interesse. Torniamo sul pezzo della formazione, perché credo sia necessaria, dal mio punto di vista, una precisazione sostanziale. La legislazione dell’Emilia Romagna, legge 12, articolo 9, dice esattamente quale è la natura del tirocinio: secondo noi non è quella che è stata detta finora qui. La natura del tirocinio è una modalità didattica on the job, di affiancamento, non sono formazione di per sé: sarebbe come dire che il laboratorio, che è una modalità didattica, di per sé è formazione. Il laboratorio è laboratorio, se è inserito in un percorso formativo ha un senso formativo, sennò è laboratorio, come anche il tirocinio se non è inserito in un percorso formativo è un pezzo di lavoro. La dimostrazione è che non c’è nessuno che gira all’interno di un’impresa con il cartellino “tirocinio”; hanno tutti la tuta – permettetemi la banalità – o il camice e fanno quel lavoro. È ovvio, se il tirocinio è una modalità didattica, è evidente che ci sono delle conseguenze molto concrete: oltre a quella di non essere un rapporto di lavoro, deve essere un percorso formativo. Se è un percorso formativo, in questa regione chi ha fatto quel percorso formativo è un ente accreditato per farlo, perché non è che si possa pensare, secondo me, che l’impresa o un altro decida che cosa ti manca per la formazione; in questa regione lo fanno enti accreditati in grado di fare quell’operazione. È per quello che riteniamo interessante il ragionamento sviluppato dalla Regione Emilia-Romagna di quel pezzo obbligatorio di formazione formale. La banalizziamo? Un’ora prima o un’ora dopo? Banalizziamola, ma mi interessa il concetto che il tirocinio in sé non è esaustivo, il tirocinio è una modalità didattica all’interno di un percorso di formazione. Che poi adesso quel percorso di formazione, per questioni di crisi, debba essere rivolto principalmente all’inserimento va bene, ma vale il percorso di formazione. Non ci sono diversi tirocini, ci sono diversi soggetti che fanno il tirocinio. Il tirocinio, essendo una modalità didattica, è uguale per tutti, cambia solo chi ci va: fare tirocinio di tipo A, B e C secondo noi è sbagliato, però capiamo perché viene fatta quest’operazione, ossia per le competenze diverse tra lo Stato e le regioni. A seguito della riforma del titolo V della Costituzione, il tirocinio curriculare lo deve decidere lo Stato, mentre quello extracurriculare è di competenza della regione. Capisco perché si dividano in questo modo i tirocini, ma in sé è corretta, secondo me, la definizione che viene data nel progetto di legge del testo, dove c’è scritto “diverse modalità di tirocinio rispetto ai soggetti coinvolti”, perché è questo in realtà, perché il tirocinio in sé, che sia curriculare o extracurriculare o per disabili, svantaggiati etc., è sempre la modalità didattica sul lavoro. Ciò significa che il tirocinio, o meglio il percorso formativo che contiene il tirocinio - ricordo che per tirocinio adesso si intende anche l’alternanza scuola/lavoro, lo stage, tutte quelle modalità didattiche che prevedono un rapporto in azienda - deve raggiungere almeno un’unità di competenza non posseduta. Non c’è scritto “non posseduta” nel testo, secondo noi ci si potrebbe ragionare, perché se faccio un tirocinio, cioè un percorso formativo che contiene il tirocinio, deve essere per un’unità di competenza non posseduta. Sono dettagli della legge che però sono importanti per il punto. L’altra questione importante per le sollecitazioni dei giovani è la questione dell’indennizzo o dell’indennità o dell’assegno. Se non abbiamo capito male, crediamo che la Regione si sia impegnata a trovare la formulazione corretta dal punto di vista fiscale. Mi riferisco all’opportunità di fare riferimento a “almeno 450 euro”, perché ci sembra una questione di pura logica e di puro buonsenso. Per quanto riguarda l’impianto complessivo dei tirocini, è un grandissimo pregio poter dire tutti che è un punto di mediazione accettabile. Quando si riconosce che non che c’è uno che ha vinto e c’è l’altro che ha perso, ma si riconosce che è un punto di mediazione accettabile, credo che sia un passaggio importante. Ritengo che il metodo con cui si è arrivati a costruire quel progetto di legge sia importante da sottolineare, cioè il percorso istituzionale della Commissione regionale tripartita che segnalo, per chi non lo sapesse, che esiste solo in questa regione e sta dando – e ha dato da quando c’è – quel percorso di confronto che non toglie nulla alle competenze della politica e del Consiglio, non toglie nulla alle relative competenze. E’ un percorso svolto e sviluppato con la soddisfazione di quasi tutti i partecipanti.

     

    Dr.ssa Paola CICOGNANI (Responsabile Servizio Lavoro della Regione Emilia-Romagna)

    Grazie, Presidente. Solo tre precisazioni di ordine tecnico. Per quanto riguarda i destinatari del progetto Leonardo e la relazione con questa nuova disciplina, occorre trovare soluzioni di compatibilità, ma questa disciplina è la disciplina che vale per tutti i tipi di tirocini che vengono attivati. Non esiste un’altra disciplina, a maggior ragione dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che indica il legislatore regionale come il legislatore esclusivo. Le linee guida da questo punto di vista si propongono come una disciplina cedevole, nel senso che sono una disciplina pattizia che o viene recepita dalle regioni, o non esiste; non entrano in vigore automaticamente, perché non c’è una competenza statale a tal proposito. È chiaro che anche per il Progetto Leonardo andranno trovate le opportune forme di coordinamento, ma il riferimento è la nostra legge regionale. Il secondo chiarimento tecnico riguarda i tirocini rivolti a persone con disabilità o con svantaggio di cui alla categoria di tipo C del nostro disegno di legge. Tre sono i criteri che entrano in deroga: la ripetibilità del tirocinio sulla persona in svantaggio o con disabilità, il valore della borsa e la possibilità che sia un soggetto altro diverso dall’ospitante a pagare il valore della borsa e in terzo luogo la definizione del computo. Ora tutto ciò è affermato in termini di principio e tutto ciò è rinviato nel testo di legge a una regolazione che verrà fatta con una delibera della Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare, che dovrà affrontare il valore di queste deroghe. Lì ci sono i principi, poi come sarà regolato è tutto da affrontare; non è che per il solo fatto che ci sono i principi sia conclusa la regolazione rispetto a questi destinatari. Infine, per quanto riguarda la questione del valore economico della borsa, mi dichiaro totalmente incompetente in materia, nel senso che quella dicitura è quella che ci ha chiesto il combinato disposto del legislativo e dell’Agenzia delle Entrate, avendo ricevuto due mandati. Il primo è quello di rendere il più evidente possibile che non stavamo parlando in nessun modo di una forma di salario. Questo non poteva essere equivocabile in nessun modo e non solo perché avrebbe contravvenuto la natura stessa del tirocinio, ma perché avrebbe messo a rischio tutti gli ospitanti. La chiarezza su tale punto non è solo a tutela della natura giuridica dello strumento, ma anche di tutti gli ospitanti che sarebbero stati in difficoltà se il rimborso spese fosse stato equivocabile. Il secondo mandato, che non sta in nessun modo nella potestà legislativa della regione, riguardava la necessità di raggiungere un equilibrio complicato per evitare la tassazione di questo rimborso spese. Ora la non tassazione di quei 450 Euro è fissata da limiti statali, non regionali, in ragione dei quali quei 450 Euro costituiscono non solo il punto d’equilibrio, ma il punto che non incrocia la tassazione, perché riconoscere una somma maggiore equivarrebbe a farglieli tassare e il risultato sarebbe annullato. Naturalmente siete voi i sovrani, ho semplicemente spiegato tecnicamente quali erano gli argomenti. Grazie.

     

    Presidente PAGANI

    Bene, prima di salutarci volevo ricordare per tutti che la Commissione Consiliare si riunirà per cominciare la discussione generale e poi entrare nel merito degli articoli, mercoledì 3 luglio e mercoledì 10 luglio. È facoltà di tutti i presenti e anche non presenti di poter comunicare tramite e-mail alla segreteria della Commissione Consiliare eventuali proposte di modifica, di emendamento o di suggerimento, affinché possano essere distribuite ai commissari della commissione consiliare per poter entrare nella discussione e nell’approvazione dell’articolato. Grazie a tutti per la vostra partecipazione.

     

     

    L’udienza conoscitiva termina alle ore 11,50.

     

     

     

     

     

     

    Approvato nella seduta del 18 luglio 2013.

     

     

     

     

     

     

     

    Il Segretario

    Il Presidente

    Adolfo Zauli

    Giuseppe Pagani

     

     

     

     

     

     

     

                 

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