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Legislatura X - Commissione Parità - Processo Verbale del 07/06/2017 antimeridiano

 

Processo verbale n. 13

Seduta del 7 giugno 2017

 

Il giorno 7 giugno 2017 alle ore 11,30 è convocata, con nota prot. n. AL.2017.27332del 1/06/2017, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50, la Commissione per la parità e per i diritti delle persone in seduta congiunta con la Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità.

 

Partecipano alla seduta i consiglieri:

 

Cognome e nome

Qualifica

Gruppo

Voto

 

MORI Roberta

Presidente

Partito Democratico

7

presente

MARCHETTI Daniele

Vicepresidente

Lega Nord Emilia e Romagna

4

assente

MUMOLO Antonio

Vicepresidente

Partito Democratico

7

presente

AIMI Enrico

Componente

Forza Italia

2

assente

ALLEVA Piergiovanni

Componente

L’Altra Emilia-Romagna

1

assente

BESSI Gianni

Componente

Partito Democratico

1

presente

FOTI Tommaso

Componente

Fratelli d’Italia AN

1

assente

GIBERTONI Giulia

Componente

Movimento 5 Stelle

5

assente

LIVERANI Andrea

Componente

Lega Nord Emilia e Romagna

5

presente

LORI Barbara

Componente

Partito Democratico

2

assente

MARCHETTI Francesca

Componente

Partito Democratico

2

presente

PRODI Silvia

Componente

Gruppo Misto

1

presente

RAVAIOLI Valentina

Componente

Partito Democratico

2

presente

ROSSI Nadia

Componente

Partito Democratico

6

assente

SERRI Luciana

Componente

Partito Democratico

2

presente

TORRI Yuri

Componente

Sinistra Italiana

2

assente

 

Sono presenti i consiglieri: Enrico CAMPEDELLI in sostituzione di Lori; Marcella ZAPPATERRA in sostituzione di Rossi; Giuseppe PARUOLO (PD).

 

 

Partecipano alla seduta: Barbara Attili (Direzione generale Assemblea legislativa); Virginia Peschiera (Servizio politiche sociali e socio educative); Patrizia Gigante (Personale distaccato all'Agenzia del lavoro); Gino Passarini (Servizio politiche sociali e socio educative); Paola Alessandri (Servizio qualificazione delle imprese).

 

Presiede la seduta: Roberta MORI

Assiste il segretario: Adolfo Zauli

Funzionario estensore: Antonella Agostini

 


Alle ore 11,50 i presidenti MORI e PARUOLO dichiarano aperta la seduta congiunta tra le commissioni “Per la parità e per i diritti delle persone” e “Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità”.

 

-          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un'iniziativa per sostenere l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare di genitori e prestatori di assistenza che lavorano – COM (2017) 252 final del 26 aprile 2017;

 

-          Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio Relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio – COM (2017) 253 final del 26 aprile 2017

 

La presidente MORI introduce l’argomento in esame sul quale le commissioni devono rendere il parere consultivo alla commissione referente Bilancio, Affari generali e istituzionali e cede la parola alla dottoressa Attili e, a seguire, ai rappresentanti della Giunta.

 

Intervengono le dottoresse ATTILI, PESCHIERA, GIGANTE, il dottor PASSARINI e la dottoressa ALESSANDRI, ciascuno per la parte di propria competenza.

 

La presidente MORI ricorda che i commissari si devono esprimere sulla bozza di parere distribuito.

 

Intervengono il presidente PARUOLO e la consigliera SENSOLI per proporre modifiche alla bozza di parere.

 

La presidente MORI propone una breve sospensione per dar modo ai commissari di valutare le proposte emerse dagli interventi.

 

Intervengono nella discussione la consigliera PRODI e nuovamente il presidente PARUOLO.

 

Le commissioni concordano una breve sospensione della seduta.

 

Al termine della sospensione, di circa dieci minuti, la presidente MORI riassume le proposte di modifica della bozza di parere.

 

Intervengono le consigliere MARCHETTI e SENSOLI per confermare la volontà di concordare la formalizzazione di emendamenti alla bozza di parere alla commissione referente Bilancio, Affari generali e istituzionali.

 

La presidente MORI svolge ulteriori brevi considerazioni e ringrazia i tecnici per il lavoro svolto.

 

I presidenti MORI e PARUOLO rispondono alla consigliera PRODI, che chiede spiegazioni riguardo alla modifica della bozza di parere e, in assenza di ulteriori interventi, invitano i commissari ad esprimersi sulla seguente bozza di parere:

 

“Con riferimento alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'iniziativa per sostenere l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare di genitori e prestatori di assistenza che lavorano e alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, si esprimono le seguenti considerazioni:

In linea generale si segnala che il pacchetto di misure, composto dalla Comunicazione e dalla proposta di direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare di genitori e prestatori di assistenza che lavorano, sono le prime misure attuative del Pilastro europeo per i diritti sociali, considerato che “l’equilibrio tra l’attività professionale e la vita familiare” è uno dei 20 diritti e principi sanciti dal Pilastro.

Si premette, inoltre, che, e tale considerazione è valida per la maggior parte dei settori che saranno interessati dal Pilastro europeo per i diritti sociali, questo pacchetto di misure interviene in settori che rientrano per lo più nelle competenze degli Stati membri e sulle quali l’Unione europea intende intervenire migliorando, riorganizzando e rendendo più incisivo il corpus normativo europeo; favorendo il monitoraggio delle iniziative degli stati e la raccolta di dati per la definizione di politiche più adeguate a tutti i livelli; mettendo in campo le risorse finanziarie dell’UE per supportare le attività degli Stati membri. A questo si deve aggiungere che sul piano interno queste materie vedono la “compresenza” di competenze dello Stato e delle regioni e la complementarietà degli interventi e delle azioni attuate ai vari livelli, di conseguenza si evidenzia la necessità di porre grande attenzione alla programmazione (e attuazione) delle politiche nel quadro degli orientamenti e delle strategie previste a livello UE.

Per quanto riguarda la strategia che emerge dalla Comunicazione, si valutano positivamente le misure di supporto agli Stati membri finalizzate al monitoraggio delle politiche, all’introduzione di soluzioni nuove che consentano la conciliazione tra vita e lavoro anche attraverso il finanziamento di progetti pilota e la raccolta di dati, e si sottolinea l’importanza, di fronte alle criticità che ancora permangono, di un approccio innovativo e fortemente integrato, a tutti i livelli, europeo nazionale e regionale, tra le diverse politiche per lo sviluppo, il welfare, l’istruzione e la formazione professionale.

Con riferimento al primo settore di intervento previsto dalla Comunicazione, che riguarda i congedi per motivi familiari e modalità di lavoro flessibile, il principale strumento di intervento previsto dalla Commissione europea è la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio. La proposta di direttiva interviene in una materia di competenza statale, per l’ordinamento interno, rafforzando strumenti giuridici importanti per conseguire l’obiettivo di un mondo del lavoro realmente centrato sul principio dell’equilibrio tra attività professionale e familiare. In questo senso, al di là delle competenze in termini di futuro recepimento della direttiva, si evidenzia l’importanza di supportare l’attuazione della direttiva a tutti i livelli. Questo strumento, infatti, per funzionare realmente necessiterà, in primo luogo, di un cambio di approccio culturale sul quale la Regione, nell’ambito delle sue prerogative di intervento e attraverso le diverse politiche attivate sul territorio, può contribuire in modo decisivo. Si condivide pienamente l’assunto della Comunicazione secondo cui la concreta attuazione del principio di equilibrio tra vita professionale e familiare implica un’assunzione di “responsabilità” condivisa a tutti i livelli istituzionali e una forte integrazione delle diverse azioni e politiche. Di seguito si evidenziano una serie di considerazioni che dovrebbero chiarire come il “lavoro” che spetta alle istituzioni, a partire da quelle europee, pur essendo la proposta di direttiva un fondamentale punto di partenza, dovrà essere molto più ampio di quanto emerge anche dalla Comunicazione.

Le misure introdotte dalla proposta di direttiva sono importanti perché contribuiscono ad attuare concretamente il principio delle pari opportunità tra donne e uomini, in particolare con riferimento al mercato del lavoro, cercando di contrastare le discriminazioni ancora esistenti, che spesso derivano dall’inadeguatezza delle politiche a favore dell’equilibrio tra vita personale e professionale. Tuttavia, poiché come detto le pari opportunità presuppongono un mutamento culturale che coinvolga l’intera società, per rendere queste misure più efficaci, è essenziale che siano accompagnate da politiche e interventi finalizzati alla promozione di cambiamenti culturali tesi a diffondere il concetto chiave della condivisione degli impegni di cura tra donne e uomini. In quest’ottica, si evidenzia che, accanto agli interventi normativi, è fondamentale prestare grande attenzione alla diffusione e all’implementazione di una cultura paritaria, attenta alle differenze e al contrasto degli stereotipi, soprattutto tra le giovani generazioni, attraverso progetti laboratoriali e formativi, già a partire dall’infanzia, per proseguire poi nelle scuole di ogni ordine e grado.

Come già affermato nella Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2013 sull'eliminazione degli stereotipi di genere nell'Unione europea , infatti, gli stereotipi di genere rappresentano un forte ostacolo al raggiungimento della parità di genere, proprio perché tendono a condizionare le scelte individuali di uomini e donne, creando aspettative differenti rispetto ai comportamenti femminili e maschili nella divisione dei ruoli in famiglia, nei percorsi formativi ed educativi, nelle scelte occupazionali, nelle carriere professionali, con ripercussioni anche segreganti nel mondo del lavoro, in particolare in alcuni settori disciplinari specifici. Per questo motivo, si evidenzia l’importanza di promuovere una maggior partecipazione delle ragazze a percorsi tecnici, tecnologici e scientifici nei diversi livelli dell’istruzione, volta a rafforzare la presenza femminile nei settori dell’economia che utilizzano queste competenze.

In questa stessa prospettiva, si segnala che l’attuazione della Comunicazione deve svolgere un ruolo fondamentale nel diffondere una cultura capace di valorizzare le differenze, contrastare discriminazioni e pregiudizi legati agli stereotipi di genere, alimentati dagli stessi canali di comunicazione, e promuovere messaggi che favoriscano cambiamenti nei comportamenti, nelle mentalità e negli stili di vita.  Troppo spesso, infatti, la pubblicità presenta messaggi ed immagini discriminatori e/o degradanti o stereotipi che tendono a proporre le persone come oggetti oppure a riprodurre un’iniqua distribuzione del potere tra i sessi o ad accreditare l’ineluttabilità della divisione dei compiti all’interno della famiglia, perpetuando la disparità anche di ripartizione dei carichi del lavoro di cura fra uomini e donne. Come da tempo sottolineato negli orientamenti sia europei che internazionali, una comunicazione responsabile in tema di pari opportunità può contribuire a promuovere e valorizzare il ruolo sociale ed economico della donna, e a sviluppare il rispetto delle identità di donne e uomini in modo coerente con l’evoluzione dei ruoli di genere nella società. Inoltre, tenuto conto che il linguaggio rispecchia la cultura di una società e ne influenza i comportamenti, educare al rispetto delle differenze e al contrasto degli stereotipi e di visioni degradanti del mondo femminile, contribuisce alla lotta alla violenza sulle donne, che da tali stereotipi trae alimento.

Si ritiene, quindi, che la strategia europea così come emerge dalla Comunicazione dovrebbe concentrarsi maggiormente sul tema culturale e della comunicazione. È importante ricordare che la conciliazione non è una questione che riguarda le donne in quanto tali, ma incide sulla qualità della vita di tutti, di conseguenza non può essere considerata una questione privata lasciata unicamente alle singole persone o alle aziende, e necessita del coinvolgimento del sistema sociale nel suo complesso, essendo per sua stessa natura, un tema trasversale che chiama in causa diversi aspetti, attori e politiche, e presuppone un approccio integrato e di sistema.

Anche con riferimento specifico alle politiche occupazionali, quindi, si ribadisce l’importanza di promuovere una maggior partecipazione delle ragazze a percorsi tecnici, tecnologici e scientifici nei diversi livelli dell’istruzione, volta a rafforzare la presenza femminile nei settori dell’economia che utilizzano queste competenze, attraverso azioni di orientamento e di qualificazione delle transizioni tra sistema formativo e lavoro. L’obiettivo, anche in questo caso, è contrastare le discriminazioni che producono ingiuste differenze sugli sviluppi delle carriere e delle retribuzioni, oltre che sulle scelte di conciliazione dei tempi di cura e di lavoro e sui ruoli familiari. È questo un elemento che ci accomuna con il contesto europeo ove le 20 professioni più importanti, in termini di peso occupazionale, annoverano solo una stretta minoranza che si possono definire “miste”, mentre la maggioranza è ancora prevalentemente maschile o prevalentemente femminile. Il settore della cura, ad esempio, continua ad essere dominato dalle donne, alcune a salario alto (si pensi al campo medico), ma molte a basso salario e scarsa professionalità. Il settore dell’innovazione è invece resta a dominanza maschile, con salari e professionalità mediamente più alti.

Premesso che l’azione congiunta delle nuove tecnologie e della nuova regolamentazione dei contratti di lavoro spingono verso una mobilità crescente tra un lavoro e l’altro, fra lavoro e disoccupazione, in un contesto orientato verso lo smart working e una maggiore flessibilizzazione del lavoro, si rende necessario, inoltre, garantire parità di trattamento nei contratti collettivi e nei sistemi di protezione sociale e processi di riorganizzazione ed innovazione per rispondere alle nuove e diverse esigenze dei cittadini e delle cittadine. È necessario puntare ad un sistema di welfare più inclusivo, aperto, dinamico e partecipato, chiamando alla corresponsabilità gli utenti stessi, attraverso politiche di co-progettazione in grado di far interagire tutte le risorse economiche e umane presenti sul territorio. Un welfare nel quale possano crescere nuove professionalità e nuova occupazione, in un sistema di servizi multilivello, in grado di soddisfare le domande diversificate dei cittadini e pagati in ragione delle capacità reddituali delle famiglie.

In questo senso, non deve essere sottovalutato il ruolo determinante delle imprese ai fini del superamento del divario di genere nell’utilizzo degli strumenti di conciliazione promossi dalla proposta di azione legislativa contenuti nella direttiva. In un contesto europeo in cui il 93% delle imprese private nei settori industria e servizi è costituito da micro imprese al di sotto dei 10 addetti (95% in Italia), che occupano il 29,8% dei lavoratori UE (46% in Italia), un ampliamento del ricorso agli strumenti di conciliazione rischia, infatti, di essere percepito dalle imprese perlopiù come un onere aggiuntivo e quindi difficilmente incentivato all’interno delle politiche di valorizzazione del capitale umano o nei piani di welfare aziendale. La recente ricerca “Welfare index PMI 2017”, compiuta su un campione di 3422 imprese, ha evidenziato la dimensione ancora marginale delle iniziative di conciliazione vita-lavoro, sostegno ai genitori e pari opportunità all’interno dei piani di welfare aziendale, e come queste siano ancora in gran parte (66,8%) determinate da iniziative volontarie e unilaterali di un numero ristretto di imprese, spesso di grandi dimensioni o prevalentemente femminili ed operanti nel terzo settore. Si ravvisa quindi la necessità di promuovere un piano di azioni di stimolo (incentivi, sgravi contributivi, certificazioni mirate di qualità) volto a premiare comportamenti proattivi delle imprese sia verso l’utilizzo degli strumenti di conciliazione che per il superamento dei differenziali di genere, anche attraverso il supporto ad iniziative di messa in rete per le PMI, finalizzate a favorire un cambio di paradigma rispetto all’attuale approccio culturale che tende a considerare le politiche di conciliazione e il superamento del divario di genere come un costo aggiuntivo anziché un investimento in capitale umano per l’innovazione e la competitività.

Risulta, infatti, ancora scarsamente percepita la perdita economica determinata dal differenziale di genere, anche in relazione al maggiore investimento delle donne nell’istruzione terziaria, mentre stenta ad affermarsi la consapevolezza di quanto le iniziative volte a favorire la conciliazione vita-lavoro, venendo incontro alle esigenze familiari dei dipendenti, permettendo loro di gestire gli orari in modo flessibile o di lavorare parzialmente da casa, possano determinare impatti positivi sulla produttività del lavoro, favorendo l’attrazione di talenti e competenze qualificate, una maggiore fidelizzazione e responsabilizzazione che induce a dare il meglio di sé, impattando positivamente anche sull’assenteismo. A tal fine, si valuta positivamente la proposta di inserire appositi finanziamenti a progetti pilota rivolti ai datori di lavoro, per l’elaborazione di meccanismi di lavoro innovativi quali congedi familiari e modalità di lavoro flessibili e misure per l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare all’interno del Fondo sociale europeo e di altri fondi di investimento strutturali. Tali azioni si configurano peraltro coerenti con l’attuazione degli SGDs delineati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e in particolare con l’obiettivo 5 che definisce specifici target dedicati all’uguaglianza di genere.

Per quanto riguarda l’assistenza all’infanzia e l’assistenza a lungo termine si segnala l’importanza di focalizzare l’attenzione sul ruolo del welfare e dell’offerta dei servizi alle famiglie rispetto alla priorità dell’occupazione femminile. La partecipazione femminile all’economia e al lavoro ha un riflesso sulle scelte e sui bilanci familiari e, in ultima analisi, sulle strategie di ripresa e sull’economia nel suo complesso. Decisivi, in questo senso, sono i servizi 0-6 anni, per garantire da una parte i diritti costituzionali delle bambine e dei bambini e dall’altra i diritti delle persone. Per questo con le ultime modifiche alle norme regionali si sono potuti realizzare servizi più flessibili, garantire un sistema integrato di servizi pubblici e privati equo e di qualità diffusa, pur alleggerendo il più possibile procedure e requisiti per la loro realizzazione. Condizioni di reddito diversificate, tipologie di lavoro diverso, provenienze etniche differenziate, condizioni di fragilità conclamate sono tutti elementi che rendono particolarmente complesso l’intervento di conciliazione: la sfida, quindi, è offrire una gamma modulata e innovativa di servizi in grado di conservare nella prassi i valori fondanti dei nostri servizi, ma nello stesso tempo di rispondere in maniera versatile alle esigenze specifiche delle donne che lavorano. Infine, è compito della Regione facilitare, nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali, processi di diffusione di esperienze anche innovative di contrattazione di welfare aziendale e territoriale integrativo.

Si rileva, tuttavia, che la Comunicazione sembra concentrarsi più sulla valenza di assistenza dei servizi alla prima infanzia, lasciando in secondo piano un aspetto centrale che è la loro valenza educativa. In quest’ottica, premesso che la competenza delle regioni in questo campo si limita alla regolamentazione dei servizi per la prima infanzia per bambini da zero a tre anni, mentre la regolamentazione dalla scuola dell’infanzia dai tre anni in poi spetta allo Stato, si evidenzia il diverso approccio della legge 13 luglio 2015, n.107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti e i successivi decreti attuativi), e del recente decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 (Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107) che riconoscono la valenza conciliativa dei servizi da zero a tre anni, ma ne valorizzano soprattutto la valenza educativa. Si ritiene, quindi, che sarebbe opportuno, anche nella Comunicazione, l’esplicito riconoscimento dell’importanza educativa connessa ai servizi per la prima infanzia e che, di conseguenza, e le azioni di supporto poste in essere tenessero conto di questo aspetto. A tale riguardo si evidenzia, inoltre, che la Regione Emilia Romagna, già dal 2015, prevede, per il personale educativo che opera nei servizi per bambini in età compresa tra 0 e 3 anni, il possesso di un titolo di laurea in ambito educativo; tale requisito è ora richiesto anche a livello nazionale, proprio a seguito della recente approvazione del citato decreto legislativo n. 65 del 16 maggio 2017. L’introduzione del titolo di laurea, per un verso, riafferma, in linea con quanto evidenziano diverse raccomandazioni europee, il valore un’educazione precoce e di qualità e la centralità degli interventi attuati nei primi anni di vita per un positivo sviluppo dei bambini, dall’altro, valorizza la competenza e la professionalità di chi opera nei servizi 0-3 anni e riconosce la necessità di collocare anche la formazione di questo personale, nella quasi totalità femminile, all’interno di un percorso formativo, di base e in servizio, qualificato, in linea con quello dei professionisti dei successivi livelli scolastici, anche in coerenza con l’inserimento dei servizi educativi per l’infanzia all’interno di un unico percorso di educazione ed istruzione.

In virtù della valenza conciliativa e assistenziale, ma soprattutto educativa, dei servizi per la prima infanzia si segnala l’importanza di prevedere modalità si sostegno  economico alle famiglie per il pagamento delle rette di frequenza dei servizi per la prima infanzia, per far fronte ai casi di allontanamento dovute alla difficoltà, da parte di molte famiglie, di sostenerne i costi; a tal proposito si evidenzia che questo fenomeno ha interessato anche la Regione Emilia-Romagna che, rispetto alle liste di attesa che esistevano prima del 2008,  ha attualmente superato la percentuale del 33% di posti per i bambini di età compresa tra  zero e tre anni e che, di conseguenza, al momento non presenta un’esigenza immediata di fruire di più servizi.

In conclusione, si esprime una valutazione positiva in merito alla previsione di sviluppare un'offerta di servizi di assistenza all'infanzia (o, meglio, educativi), al di fuori dell'orario scolastico e a lungo termine, di qualità e accessibili, in quanto, come emerge da numerose indagini e analisi, accanto al noto ed evidente aumento di famiglie con figli minori di età in situazione di povertà, si sta assistendo ad un aumento della “povertà educativa”, in parte legata alle nuove difficoltà economiche delle famiglie. Tra le prime spese familiari a subire una flessione a fronte di un calo di disponibilità economica si trovano, infatti, oltre alle spese sanitarie, le spese per istruzione e cultura. Alcuni dati sulla partecipazione dei bambini e dei ragazzi italiani alle attività culturali sono poco incoraggianti, seppur a livello regionale meno critici rispetto alla situazione nazionale.

Pertanto la programmazione di servizi che possano integrare l’offerta scolastica sia in relazione all’ ampliamento dell’orario e del calendario (mensa, pre e post scuola, servizi in periodi di chiusura scolastica….) sia in relazione all’offerta di attività extra curricolari (progetti culturali, di promozione di cittadinanza attiva….) risulta certamente strategica sia per sostenere le famiglie, anche le più deboli, nelle azioni di conciliazione cura-lavoro, sia per offrire al più ampio numero di bambini e ragazzi esperienze ricreative e culturali ricche e stimolanti.”.

 

La commissione Per la parità e per i diritti delle persone esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con 29 voti a favore (PD), nessun contrario e 1 astenuto (Misto).

 

La commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con 23 voti a favore (PD), nessun contrario e 6 astenuti (M5S, Misto).

 

 

La seduta congiunta termina alle ore 13,05.

 

 

 

Approvato nella seduta del 14/06/2017.

 

 

 

 

 

Il segretario

La Presidente

Adolfo Zauli

Roberta Mori

 

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