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61.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 23 FEBBRAIO 2016

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

INDI DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 1660

Interpellanza circa l'acquisizione dei dati, specie sismici e geologici, riguardanti concessioni di stoccaggio, estrazione e trattamento di gas naturale, con particolare riferimento alla situazione esistente a San Potito ed a Cotignola (RA). A firma del Consigliere: Bertani

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

BERTANI (M5S)

GAZZOLO, assessore

BERTANI (M5S)

 

OGGETTO 1712

Interpellanza circa le azioni da attuare per dare corso ad una approfondita caratterizzazione ambientale che chiarisca, circa la discarica "Tre Monti" di Imola, le cause della presenza di elementi e composti inquinanti, applicando comunque il principio di precauzione a tutela della cittadinanza. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

GIBERTONI (M5S)

GAZZOLO, assessore

GIBERTONI (M5S)

 

OGGETTO 1759

Interpellanza circa le iniziative che si intendono assumere per la proroga dei dazi antidumping sulle importazioni di piastrelle in ceramica cinesi. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

FOTI (FdI)

COSTI, assessore

FOTI (FdI)

 

OGGETTO 1899

Interpellanza circa le azioni da attuare per inserire nelle priorità dell'agenda nazionale e di quella europea la navigabilità del fiume Po, anche tramite la promozione di una specifica conferenza nazionale. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

FOTI (FdI)

DONINI, assessore

FOTI (FdI)

 

Interpellanza oggetto 1917

(Rinvio)

PRESIDENTE (Saliera)

 

Ricordo di Giulio Regeni

PRESIDENTE (Saliera)

 

OGGETTO 1671

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica alla legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l'uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro)". A firma dei Consiglieri: Bargi, Fabbri, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

(Discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 1671/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”- Presentazione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

BIGNAMI (FI)

PRESIDENTE (Rainieri)

BOSCHINI (PD)

BARGI (LN)

FOTI (FdI)

RONTINI (PD)

 

OGGETTO 1989

Petizione popolare per consentire che la caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale con l’uso del fucile possa essere svolta solamente con l’ausilio del/i cane/i da caccia. (Delibera dell'Ufficio di Presidenza di ammissibilità n. 5 del 19 01 16)

OGGETTO 1961

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Modifiche alla legge regionale 15 febbraio 1994, n. 8 “Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria” in attuazione della legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni sulla Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro unioni” e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”» (26)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

PRESIDENTE (Rainieri)

FOTI (FdI)

PRESIDENTE (Rainieri)

MOLINARI, relatore della Commissione

POMPIGNOLI, relatore di minoranza

BERTANI (M5S)

FOTI (FdI)

MOLINARI (PD)

POMPIGNOLI (LN)

CASELLI, assessore

PRESIDENTE (Rainieri)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Ordine del giorno 1671/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

La seduta ha inizio alle ore 15,11

 

PRESIDENTE (Saliera): Dichiaro aperta la sessantunesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta il sottosegretario Andrea Rossi, a norma dell’articolo 65 del Regolamento interno. Hanno inoltre comunicato di non poter partecipare alla seduta i consiglieri Alleva, Delmonte, Lori e gli assessori Bianchi, Corsini, Gualmini, Venturi.

 

Svolgimento di interpellanze

 

OGGETTO 1660

Interpellanza circa l'acquisizione dei dati, specie sismici e geologici, riguardanti concessioni di stoccaggio, estrazione e trattamento di gas naturale, con particolare riferimento alla situazione esistente a San Potito ed a Cotignola (RA). A firma del Consigliere: Bertani

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Iniziamo i nostri lavori con lo svolgimento delle interpellanze.

Oggetto 1660: Interpellanza circa l’acquisizione dei dati, specie sismici e geologici, riguardanti concessioni di stoccaggio, estrazione e trattamento di gas naturale, con particolare riferimento alla situazione esistente a San Potito ed a Cotignola (RA), a firma del consigliere Bertani.

Risponde l’assessore Gazzolo.

Ricordo che avete otto minuti ciascuno a disposizione.

La parola al consigliere Bertani per l’illustrazione dell’interpellanza in oggetto.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

Da diversi anni è in progetto uno stoccaggio di gas nella concessione “San Potito e Cotignola Stoccaggio”. Questa concessione è stata rilasciata a Edison Stoccaggio Spa e interessa il territorio dei comuni di Lugo, Bagnacavallo, Cotignola, Faenza Solarolo e Castel Bolognese. In pratica, si tratta di realizzare una nuova centrale di compressione e trattamento presso la vecchia centrale di San Potito, riutilizzando i pozzi esistenti, perforandone dei nuovi e realizzando infrastrutture per il trasporto del gas.

Quando Edison ha cominciato a lavorare su questa concessione, però, si è accorta che qualcosa non andava, dal momento che sono state rilevate pressioni residue maggiori di quelle attese, quindi immagino difficoltà a ripompare il gas nel sottosuolo, risalite di acqua e altre difficoltà. Quindi, Edison ha proposto di fare ulteriori rilievi, i famosi rilievi 3D. Sostanzialmente, si tratta di un rilievo geofisico eseguito con onde riflesse, poi registrate in superficie. Fra le prescrizioni per realizzare questo rilievo ce n’era una importante, che era richiesta dal Ministero, ma che era stata anche ripresa nella delibera regionale. In pratica, si disponeva che i dati raccolti venissero forniti ai Ministeri competenti ma anche, su richiesta, alle Pubbliche Amministrazioni coinvolte fornendo una copia informatizzata dei risultati dei rilievi eseguiti, opportunamente interpretati e con le relative ubicazioni. Stessa cosa, appunto, nella delibera regionale: Edison dovrà fornire copia informatizzata dei risultati e dei rilievi eseguiti. Resta inteso che le Pubbliche Amministrazioni si impegnano a utilizzare quei dati solamente per i propri compiti istituzionali, senza divulgarli.

Una volta acquisiti, però, questi dati, sono stati negati a richieste di vari consiglieri comunali, prima adducendo il fatto che erano disponibili solo presso la sede di Milano di Edison, poi altri motivi. A questo punto anch’io ho fatto una richiesta di accesso agli atti e anche a me non sono stati forniti perché – mi è stato risposto – Edison non è obbligata a fornirli se le Amministrazioni non li richiedono. Ebbene, perché la Regione Emilia-Romagna non ha richiesto questi dati? Anche perché pensiamo che siano dati importanti. Ricordiamo, ad esempio, il gruppo di lavoro multidisciplinare che ha lavorato sullo stoccaggio di Rivara utilizzando tutti i dati disponibili. Questi dati potrebbero essere importanti anche per la Regione. Chiedo, quindi, all’assessore se ha intenzione di assumerli.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

La parola all’assessore Gazzolo per la risposta.

 

GAZZOLO, assessore: Grazie, presidente.

Come richiesto dal consigliere Bertani, la Giunta regionale ha provveduto a richiedere a Edison Stoccaggio Spa i dati relativi al rilevo geofisico 3D effettuato nell’ambito della concessione di stoccaggio gas San Potito e Cotignola, con nota del 15 dicembre 2015. Tale documentazione relativa al rilievo geofisico è stata trasmessa dal proponente alla Regione Emilia-Romagna in data 4 febbraio 2016 e acquisita al protocollo regionale (il consigliere troverà tutti i dettagli nella risposta che consegno).

Confermo, quindi, al consigliere Bertani che la documentazione, qualora richiesta, può essere trasmessa al consigliere. Confermo altresì che i dati possono essere utilizzati solamente per i compiti istituzionali della Regione Emilia-Romagna, con l’obbligo di mantenerli riservati per i soli fini istituzionali dallo stesso consigliere, il quale, qualora volesse renderli noti, dovrà preliminarmente ottenere l’assenso della società Edison Stoccaggio Spa.

A tal riguardo specifico che la riservatezza dei dati è strettamente correlata alla normativa di settore, che stabilisce l’esclusività della concessione di ricerca mineraria. Infatti, le attività di ricerca e produzione di idrocarburi in Italia sono considerate di pubblico interesse e sottoposte a un regime giuridico di concessione, il cosiddetto “titolo minerario”. La legge n. 6/1957 “Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi” regolamenta le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi sulla base di quanto indicato dal regio decreto n. 1443/1927. In tali norme si stabilisce, in sintesi, che i permessi di ricerca in terraferma e le concessioni di coltivazione di stoccaggio in terraferma sono di tipo esclusivo. Tali titoli vengono rilasciati dal Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con la Regione interessata. Per quanto riguarda le concessioni al concessionario, è dato il diritto di produrre in base a un programma di sviluppo del giacimento, approvato all’atto del rilascio della concessione, con l’obiettivo di massimizzare la produzione.

La diffusione, quindi, di dati relativi alla concessione, che viene rilasciata in esclusiva dallo Stato, deve essere pertanto autorizzata dal Ministero dello sviluppo economico e dal concessionario. In alternativa, i dati possono essere utilizzati solo per i fini istituzionali.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Gazzolo.

La parola al consigliere Bertani per la replica. Ha cinque minuti a disposizione.

 

BERTANI: Grazie, presidente. Intanto sono felice che la Regione abbia deciso di acquisire quei dati, proprio perché quei dati, a mio avviso, la Regione, per i fini istituzionali della Regione stessa, può utilizzarli. Innanzitutto non li userò certamente per fare io proposte di stoccaggio, visto che sono contrario. Quindi, l’intento di avere quei dati è semplicemente legato alla volontà di utilizzarli ai fini degli impatti e della sicurezza.

Del resto, mi risulta che dai primi sondaggi di microzonazione eseguiti su quel territorio sembra che esso sia soggetto al fenomeno di liquefazione sabbiosa in seguito al sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012. Quindi, avere a disposizione dati ulteriori su come funziona il nostro sottosuolo, aggiunti agli altri dati relativi alla microzonazione e a quelli derivanti dal famoso rapporto, ci permette di costruire un quadro multidisciplinare che ci può aiutare a capire che cosa succede nel nostro sottosuolo. Anche perché è vero che quei dati sono riservati, ma quei dati in parte li paghiamo anche noi, dal momento che Edison, quando realizza un progetto di stoccaggio, riceve dallo Stato, attraverso la Regione, un rimborso di parte dei costi che sostiene per realizzare questi studi. Tant’è che ha già ricevuto un sostanzioso contributo di 3,6 milioni di euro da parte della Regione Emilia-Romagna. Quindi, quei dati sono assolutamente importanti per noi.

A me sembra, peraltro, che qui si giochi un po’ a fare i piccoli stregoni, ovvero si va avanti per tentativi. Prima si è detto che si voleva eseguire questo stoccaggio e che non c’era nessun problema, poi invece al primo tentativo ci si accorge che vi sono delle sovrappressioni, per cui si rende necessario compiere lo studio 3D. Poi veniamo a sapere che possono crearsi delle interferenze sismiche che creano ulteriori sovrappressioni, e anche qui ci sono dei dubbi da risolvere. Poi vediamo esempi, come succede in California, di fenomeni in cui, di fronte a uno stoccaggio che non tiene bene, si verifica la ri-emissione in atmosfera di metano.

Occorre, quindi, rivedere nel suo complesso lo stato di questo territorio e gli interventi che si vogliono realizzare, perché se vogliamo andare verso un’economia decarbonizzata dobbiamo riconsiderare tutte quelle infrastrutture che stiamo pensando di realizzare che, invece, rimangono fortemente ancorate a una forma di economia ancora carbonizzata. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

 

OGGETTO 1712

Interpellanza circa le azioni da attuare per dare corso ad una approfondita caratterizzazione ambientale che chiarisca, circa la discarica "Tre Monti" di Imola, le cause della presenza di elementi e composti inquinanti, applicando comunque il principio di precauzione a tutela della cittadinanza. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 1712: Interpellanza circa le azioni da attuare per dar corso ad una approfondita caratterizzazione ambientale che chiarisca, circa la discarica “Tre Monti” di Imola, le cause della presenza di elementi e composti inquinanti, applicando comunque il principio di precauzione a tutela della cittadinanza.

Risponde l’assessore Gazzolo.

La parola alla consigliera Gibertoni per l’illustrazione dell’interpellanza in oggetto. Prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Parliamo di nuovo della discarica Tre Monti di Imola, perché chiarezza non è stata fatta né rispetto all’applicazione vera del principio di precauzione, rispetto a cittadini di Imola, e come diciamo nell’interpellanza delle generazioni sia presenti che future, e neanche, non tanto rispetto al porsi l’idea su se e come vada ingrandito questo sito, quanto al motivo per cui non venga bonificato nel modo più corretto. Ricordiamo infatti che ARPA ha fatto dei rilevamenti, in due scansioni temporali almeno (ottobre 2015, se ricordo bene, e dicembre-gennaio 2016) e ha rilevato delle criticità, sia dentro che fuori dal sito della discarica.

Sono mesi che lo diciamo. Sono mesi che lo portiamo in aula. Sono mesi che chiediamo risposte. Quindi si conferma, sia delle analisi fatte dai privati, sia a questo punto dai dati di ARPA, che il problema resta quello dell’applicazione del principio di precauzione, e non dell’ingrandimento, ma semmai della bonifica del sito.

Ricordiamo anche quando abbiamo parlato, qui in aula, di un’effettiva valutazione di impatto sanitario, che non ha a che fare con il monitoraggio come vedevamo nelle osservazioni della Giunta, in relazione alla procedura di VIA sull’ampliamento della discarica, ma che deve essere uno strumento di valutazione predittiva, per cui si prendano almeno tre mesi di tempo affinché sia considerata uno studio di valutazione di impatto sanitario serio e non uno strumento di monitoraggio in corso di esercizio dell’impianto, come si dice qui.

La domanda che ora riponiamo è: rispetto al principio di precauzione applicato, per quale motivo non ci si pone con sufficiente serietà, dal nostro punto di vista, e non con sottovalutazione il tema della bonifica della discarica Tre Monti di Imola, e per quale motivo i dati ARPA, che continuano a confermare non soltanto le criticità dentro, ma anche fuori, dal sito della discarica, rio Rondinella compreso, sembra che non destino le giuste preoccupazioni nell’assessore Gazzolo?

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Gibertoni.

Prego, assessore Gazzolo.

 

GAZZOLO, assessore: Grazie, presidente.

Ho risposto in parte questa mattina al consigliere Bignami, proprio in relazione all’interpellanza in oggetto e anche alle recenti dichiarazioni a mezzo stampa, oltre che a quelle appena ascoltate dalla consigliera Gibertoni in quest’aula. Voglio ribadire che sulla discarica Tre Monti sono in corso due procedimenti: uno di bonifica, attivato dall’ordinanza della Città metropolitana, a seguito dei valori riscontrati in alcuni pozzi spia presenti all’interno dell’area della discarica; e l’altro di VIA, relativo al progetto di ampliamento della discarica stessa.

Entrambe le procedure di valutazione e indagine ambientale sono rigorose e puntuali e assicurano la massima trasparenza e informazione sullo stato di avanzamento dei lavori, anche nelle more del completamento dei rispettivi iter. È proprio il sistema pubblico che ha chiesto tutti gli approfondimenti necessari. L’esito finale dei due procedimenti sarà prodotto solo una volta completato tale iter, nell’assoluto rispetto della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.

La consigliera Gibertoni non può pertanto anticipare conclusioni sull’iter del procedimento di bonifica in corso, perché privo ancora delle necessarie conferme previste dai protocolli di indagine; né tanto meno segnalare i dati di ARPAE come se questa fosse altro dalla Regione, dato che l’Agenzia si muove esattamente nel solco delle sue competenze, in coerenza con l’indirizzo assegnatole dalla Regione; o ancora affermare la contaminazione del rio Rondinella, quando le indagini di ARPAE, sin dal 2009, non hanno evidenziato anomalie scientificamente riferibili alla presenza della discarica.

Anche in questo caso sono in corso gli approfondimenti. Infatti, a maggiore conforto di questa indagine sul rio Rondinella, per l’anno 2016 è stato attivato un protocollo di monitoraggio mensile delle acque estendendo il profilo analitico a numerosi altri metalli.

Il campionamento effettuato su quattro punti del rio Rondinella l’11 gennaio 2016 non ha rilevato anomalie. Sono in corso di elaborazione le analisi del campionamento dello scorso 11 febbraio. Anche in questo caso, bisogna attendere tutti gli accertamenti per potersi pronunciare.

È proprio per l’interesse pubblico che ARPAE ha in corso indagini nei suoli e nelle acque, sia all’interno che all’esterno della discarica Tre Monti; indagini i cui esiti sono stati portati alla Conferenza dei servizi del 10 febbraio scorso e che rilevano, a valle della discarica, presenza di inquinanti quali nitriti, solfati, arsenico, nichel e selenio.

A seguito di questi esiti, ARPAE, che opera come già sottolineato per conto della Regione, ha richiesto di effettuare analisi aggiuntive, anche in area a monte della discarica, per avere ulteriori elementi di studio; così come, sempre ARPAE, ha inviato a Con.Ami ed Hera Ambiente, i soggetti proponenti della VIA in corso per il progetto di ampliamento della discarica, una articolata richiesta di integrazioni della documentazione presentata, scaricabile dal sito ambiente della Regione; integrazioni relative anche ad una richiesta di approfondimenti sugli aspetti sanitari, legati al progetto di ampliamento, frutto dell’assembramento dei contributi di tutti i partecipanti alla Conferenza dei servizi, con particolare evidenza le richieste della USL di Imola e Ravenna e dei Comuni di Imola e Riolo, e delle osservazioni pervenute alla Regione sul tema della salute pubblica.

Più nel dettaglio, sulla salute pubblica sono stati richiesti sette punti, tra i quali: uno studio di impatto volto a valutare le ricadute sanitarie legate all’attività di discarica sulla popolazione residente potenzialmente esposta, quindi residente nel raggio di 2 e 5 chilometri, che dovrà essere utilizzato come strumento di monitoraggio in corso di esercizio dell’impianto; la esplicitazione di un percorso di valutazione del rischio, che porti alla stima qualitativa e quantitativa degli effetti attesi sulla salute della popolazione interessata; la descrizione dettagliata, sotto il profilo della salute pubblica, delle azioni e attività che verranno messe in opera nell’eventualità dell’ampliamento, in modo da consentire la verifica di tutte le indicazioni previsionali di progetto. Una volta pervenute tutte le integrazioni, la Conferenza dei servizi potrà ulteriormente esprimersi.

In relazione ai quesiti posti dall’interpellanza in oggetto, preciso anche quanto segue: le indagini sono ancora in corso per approfondire e valutare correttamente il modello concettuale, ovvero ricostruire l’origine e la diffusione degli inquinanti nell’area. A seguito dell’ordinanza emessa dalla Città Metropolitana, ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 152/2006 del novembre 2015, visti i superamenti di alcuni contaminanti, erano svolte indagini, condotte alla presenza dei tecnici dell’ARPA, nei suoli e nelle acque, sia all’interno dell’area della discarica, sia all’esterno, che confermano la presenza degli inquinanti citati.

A seguito dell’ipotesi avanzata da Hera che possa trattarsi di valori di fondo di origine naturale, ARPAE ha richiesto di effettuare analisi aggiuntive, anche in aree a monte della discarica, da considerarsi come bianco, per valutare la veridicità di tali affermazioni.

In relazione alla procedura di VIA attualmente in corso per il progetto di ampliamento della discarica Tre Monti di Imola, in data 24 dicembre 2015, è stata inviata a Con.Ami ed Hera Ambiente, che sono i soggetti proponenti, una articolata richiesta di integrazioni della documentazione presentata, scaricabile dal sito web regionale, all’indirizzo che poi consegno ovviamente insieme alla risposta alla consigliera.

I predetti soggetti proponenti hanno 45 giorni di tempo per rispondere a tale richiesta, prorogabili di ulteriori 45 giorni, su istanza del proponente, come previsto dalla legge regionale n. 9 del 1999.

La citata nota comprende, tra l’altro, la richiesta – lo ribadisco – di una serie di approfondimenti sugli aspetti sanitari, legati al progetto di ampliamento della discarica. Tale nota è stata redatta infatti attraverso l’assembramento dei contributi di tutti i partecipanti alla Conferenza di servizi ed in particolare grande evidenza è stata data alla richiesta delle aziende sanitarie di Imola e di Ravenna e dei Comuni di Imola e Riolo competenti in materia, tenendo conto anche delle osservazioni pervenute alla Regione sul tema della salute pubblica.

Sulla matrice delle valutazioni ambientale e salute pubblica sono stati richiesti sette punti, tra i quali è stato richiesto lo studio di impatto volto a valutare le ricadute sanitarie legate alle attività di discarica sulla popolazione residente potenzialmente esposta nel raggio di 2 e 5 chilometri, che dovrà essere utilizzato come strumento di monitoraggio in corso di esercizio dell’impianto.

Come ribadisco, è stato inoltre richiesto di esplicitare il percorso di valutazione del rischio che porti alla stima quali-quantitativa degli effetti positivi e negativi attesi sulla salute della popolazione target interessata e un’analisi di tutte le fasi dell’opera, prendendo in considerazione tutte le matrici ambientali impattate in rapporto ai ricettori sensibili, al fine di calcolare i livelli di esposizione della popolazione residente. Infine, è stato chiesto di descrivere in dettaglio, sotto il profilo della salute pubblica, quali azioni e attività verranno messe in opera per monitorare la realizzazione dell’opera nel breve e nel lungo periodo, in modo da consentire di verificare, in fase di esercizio, le indicazioni previsionali di progetto.

Il Piano di monitoraggio dovrà descrivere gli indicatori da considerare, nonché le analisi da condurre per valutare lo stato di salute della popolazione target e l’eventuale scostamento rispetto alle previsioni.

Una volta pervenute tali integrazioni, la Conferenza di servizi potrà esprimersi in merito a tali chiarimenti confrontandoli con i dati attualmente a propria disposizione, al fine di giungere a una scrupolosa valutazione ambientale del progetto oggetto di procedura di VIA.

Da parte mia non posso che ribadire quanto già affermato in ogni risposta alle sue interrogazioni nella successione cronologica con cui sono state proposte, non rinunciando ad un’informazione trasparente che ha sempre restituito lo stato di avanzamento dei lavori, che non può essere strumentalizzata per gettare ombra su un percorso di valutazione e analisi che assicurerà le scelte migliori per l’ambiente e per la salute dei nostri cittadini.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Gazzolo

La parola alla consigliera Gibertoni per dichiararsi soddisfatta o meno della risposta.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Vorrei che voi non ci prendeste in giro nei termini che usate. A me non risulta alcun procedimento di bonifica in corso, un procedimento di bonifica che costerebbe decine di milioni di euro, e non mi risulta che bonifiche e ampliamento siano azioni cumulabili. A me risulta che bonifica e ampliamento sono azioni contrarie e non cumulabili. Mi risulta che il principio di precauzione, sempre per parlare di termini, sia un concetto che si comincia ad abbracciare a monte e che, se ARPA già ad ottobre aveva rilevato nitriti, solfati, arsenico, cromo esavalente e nichel, del principio di precauzione bisognava cominciare a parlarne prima. Non mi risulta, quindi, nessuna azione di bonifica, ma al massimo un’azione investigativa fatta con i pochi mezzi di ARPA. Mi risulta una VIA che abbiamo già detto in aula andrebbe rigettata perché basata su un quadro che era quello di ieri e che risulta inattendibile dagli attuali fatti, incluse le analisi dei privati che ho citato nell’interpellanza e procedere attualmente con quelle richieste di integrazione in novanta giorni che adesso, secondo me, sono settanta o meno. Risulta, oltre che scorretto, assolutamente non proficuo, non coerente.

Assessore, quando diciamo che vogliamo una VIS predittiva e diciamo che la Valutazione d’Impatto Sanitario seria è per sua natura predittiva, non vogliamo monitorare. Lo diciamo perché vuol dire che non vogliamo che la gente si ammali banalmente, non vogliamo monitorare persone che si ammalano, vogliamo evitare che succeda e per farlo ci si prende i tempi giusti, gli strumenti giusti e si applica intanto il principio di precauzione in attesa di essersi chiariti le idee che non mi sembra siano molto chiare. Tra l’altro l’azione investigativa, che non risulta al momento adeguata, anche per una questione di costi, non è sufficiente nelle analisi. La Conferenza dei servizi, quindi, al momento, e mi chiedo se in futuro li avrà, non ha gli elementi per fare un adeguato Piano di caratterizzazione rispetto alla discarica Tre Monti, perché abbiamo detto che per fare un adeguato Piano di caratterizzazione dentro e fuori del sito Tre Monti servono mesi. Aggiungo, oltre al fatto che ho già detto, che bonifica e ampliamento sono quindi azioni contrarie e non cumulabili, che è un danno erariale procedere in questo modo; rischia di essere un danno erariale procedere davanti a questo quadro nel modo in cui si sta facendo. Quindi, allo stato attuale stiamo indagando con le poche risorse di ARPA in modo insufficiente. Quello che chiediamo, e che continueremo a chiedere, è un cambio di direzione e di evitare perlomeno di prenderci in giro e di prendere in giro i cittadini che rischiano l’ambiente e la salute.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Gibertoni.

 

OGGETTO 1759

Interpellanza circa le iniziative che si intendono assumere per la proroga dei dazi antidumping sulle importazioni di piastrelle in ceramica cinesi. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Proseguiamo con l’oggetto 1759: Interpellanza circa le iniziative che si intendono assumere per la proroga dei dazi antidumping sulle importazioni di piastrelle in ceramica cinesi.

L’interpellanza è a firma del consigliere Foti. 

Risponderà l’assessore Costi.

La parola al consigliere Foti per illustrare l’interpellanza in oggetto. Prego.

 

FOTI: Grazie, presidente.

Com’è noto alla signora assessora, il problema dei dazi antidumping è un problema molto serio per quanto riguarda la possibilità di competere in Europa da parte delle imprese che producono ceramica. Lei sa meglio di me che nel 2010 il consumo comunitario di piastrelle di ceramica era pari a 970 milioni di metri quadrati, ma vi era stata una quota di mercato ormai raggiunta di circa il 7 per cento da parte del materiale di importazione della Repubblica popolare cinese.

Il 15 settembre del 2011 il Consiglio d’Europa ha istituito questi dazi antidumping che hanno avuto una prima collocazione in una fascia pari al 26,3 per cento per un insieme di produttori, quelli che avevano collaborato all’indagine dell’Unione europea, mentre quei produttori che non avevano neppure collaborato all’indagine dell’Unione europea avevano applicato un dazio antidumping che andava dal 30 per cento a circa il 70 per cento. I dati ci hanno dimostrato che l’applicazione di questi dazi ha effettivamente riequilibrato le condizioni del mercato, tanto è vero che oggi, se prendiamo i dati di questi periodi, le importazioni cinesi sono diminuite dell’80 per cento e quindi sono passate da 65 milioni di metri quadrati, dei quali 20 erano importati in Italia, a complessivamente 15 milioni di metri quadrati.

Come le sarà noto, i dazi introdotti dal Regolamento di esecuzione n. 917 del 2011 scadranno nel prossimo mese di settembre e quindi è probabile che dal mese di settembre o comunque dai mesi successivi si riapra l’invasione di piastrelle di provenienza cinese che indubbiamente finirebbe per alterare, per l’ennesima volta, quello che era un equilibrio ad oggi raggiunto in termini di mercato sia in Italia che nell’Unione europea.

Alla luce di tutto ciò, pur nelle competenze ristrette della Regione, io ritengo sia auspicabile un intervento diretto anche nei confronti del Governo affinché, in sede europea, si possano ripristinare o comunque prolungare quei dazi che hanno, nei fatti, dimostrato di essere particolarmente utili per il caso di specie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

La parola all’assessore Costi per la risposta. Prego.

 

COSTI, assessore: Ricordo che stiamo parlando di una competenza che la Costituzione ha sempre affidato allo Stato e oggi a questa competenza è subentrata quella comunitaria, per cui le Regioni non hanno voce diretta in capitolo. È vero che quello che possiamo fare e che stiamo cercando di fare è esercitare un ruolo di affiancamento, di appoggio politico, di attivazione di politiche industriali oltre chiaramente che di elaborazioni nostre, di proposte e di analisi.

Ricordo anche che la Regione Emilia-Romagna per quanto riguarda il settore ceramico è in stretto contatto con i vertici di Confindustria Ceramica, sia per quanto attiene alle politiche industriali che fanno capo proprio alle nostre competenze, sia rispetto alla realizzazione di opere fondamentali, opere logistiche, che sono per quel distretto di fondamentale importanza. Anche rispetto ai rischi rappresentati dalla competizione internazionale, in modo particolare da quella cinese, la nostra attenzione è massima e anche noi concordiamo con quanto ha affermato il presidente di Confindustria Ceramica, ovvero che la richiesta, soprattutto su un tema enorme che si sta aprendo e che rischia di mettere in discussione chiaramente non solo questo comparto, ma tutto il resto, che è quella della richiesta da parte della Cina di ottenere lo stato di economia di mercato, contrasta con le evidenze che quotidianamente ci troviamo ad affrontare.

La nostra Regione è attenta anche a un altro obiettivo sul quale dobbiamo sempre stare attenti e non dimenticare mai, che è quello dell’apertura economica della Regione e del rispetto della massima libertà economica. Da questo aspetto noi abbiamo sempre tratto e continuiamo a trarre particolare utile.

La Regione Emilia-Romagna si sta muovendo su due elementi per noi fondamentali. In primo luogo, continuare a dedicare un’attenzione particolare alle azioni da portare avanti affinché il nostro sistema produttivo sia sempre più competitivo. Credo che questo sia uno dei temi che, dazi o non dazi, dobbiamo assolutamente tenere sempre presente. Per noi, dunque, si tratta di lavorare sempre sul tema della formazione, dell’innovazione e della ricerca, della costruzione delle infrastrutture adeguate, dell’identificazione e del perseguimento delle strategie commerciali raffinate non solo ricercando l’introduzione di norme protettive, che sono importanti certamente in alcuni casi. In questo caso, lo sono state. Ricordiamoci, però, che in alcuni Paesi questo gioca contro le nostre imprese, essendo noi imprese fortemente esportatrici.

Sono trascorsi cinque anni di protezione dall’imposizione delle misure (il secondo elemento è questo), durante i quali − come prevede la norma europea − si sarebbe dovuto permettere la ripresa di condizioni di libera competizione tra le parti, superando altresì le condizioni che hanno portato alla procedura. Condivido i dati su cui lavoriamo tutti: vi è un 80 per cento di calo delle esportazioni, 20 milioni in Italia (gli attuali 15 milioni). Dobbiamo, però, tenere conto che parliamo del periodo nel corso del quale vi è stato il massimo crollo del settore abitativo. Dobbiamo sempre ricordarci che in Cina sono assenti i grandi brand e numerosi studi evidenziano che oltre il 70 per cento della produzione cinese è realizzata in nome e per conto dei marchi occidentali. Si tratta di uno strumento, quindi, ma dobbiamo sapere anche che ci sono altri meccanismi che possono creare problemi.

Vorrei anche ricordare l’aspetto che maggiormente insidia le nostre produzioni. I cinesi oggi detengono circa il 5 per cento della quota di mercato europea. Dobbiamo sempre avere una visione a trecentosessanta gradi. I mercati che insidiano maggiormente le nostre produzioni sono quelli spagnoli. Inoltre, ci sono la Turchia, il Brasile e gli Emirati Arabi. Vi sono una serie di Paesi con i quali non ci sono elementi di protezione, ma che rischiano di avere influenze molto forti rispetto a questo settore. Devo dire, però, che l’industria italiana dei materiali ceramici, in questi anni, ha portato avanti operazioni davvero eccezionali. È migliorata, è riuscita a competere attraverso l’innovazione e la qualità di produzione e di stile. Forse rimane ancora aperto il tema, soprattutto per il mercato interno, di immettere prodotti a costi accessibili per tutte le fasce di mercato, se consideriamo necessario aumentare la parte che riguarda le costruzioni, le nostre aziende hanno svolto un lavoro straordinario.

Dall’altro lato, noi stiamo seguendo quello che sta facendo l’Unione europea, in quanto questa è la parte di sua competenza. Ricordo che l’Unione europea e la Cina sono le due principali aree commerciali al mondo. La Cina oggi è diventato il secondo partner commerciale dell’Unione europea, dopo gli Stati Uniti. La UE è il primo per la Cina e ogni giorno questi due grandi mercati si scambiano beni per circa 1 miliardo. È un dato importante. L’Unione europea ha un obiettivo finale, al di là delle operazioni transitorie che sono state adottate correttamente, comprese quelle dei dazi e di aprirsi al commercio cinese, ma solo dopo aver verificato che questo sia corretto. In questo senso, vi sono regole che devono essere rispettate, in modo particolare il rispetto di tutti gli obblighi dati dall’appartenenza al WTO. Vi sono negoziazioni in atto, che noi stiamo cercando di seguire, per la parte di nostra competenza, assieme al Governo.

Noi continueremo a lavorare sulle due parti. Per una Regione come la nostra, che esporta per 55 miliardi l’anno, il fatto di avere una libertà di scambio rimane fondamentale perché è ciò che ci permette, oggi, di avere benessere e, credo, una crescita economica. Le misure protettive, che in certi casi si sono rese necessarie, devono essere accompagnate da azioni che nel tempo permettano, però, di superarle. Noi lavoreremo esclusivamente per essere coerenti rispetto a questo tema. Permettere, con regole condivise, la libertà di scambio, per una Regione come la nostra, è fondamentale. Proprio per questo motivo, come Regione, continueremo le due azioni, quindi saremo al fianco dei nostri produttori del sistema ceramico, in costante contatto anche con l’associazione.

Ricordo che il presidente Bonaccini ha partecipato, proprio il 1° dicembre scorso, al “Ceramic Days” a Bruxelles, con l’intergruppo parlamentare dedicato alle piastrelle. In occasione del prossimo evento sarà presente anche l’USA. Continueremo questo nostro lavoro, sia rispetto ai dazi sia rispetto alla parte che bisogna assolutamente mettere in campo per superarli con regole condivise con la Commissione europea, per garantire un posizionamento più competitivo sul mercato nazionale e internazionale delle piastrelle. Questo lo abbiamo sempre fatto e lo continueremo a fare, assieme al Governo e alla Commissione europea.

Termino dicendo che lo stesso impegno noi lo stiamo mettendo per rendere più competitivo il nostro sistema. Lo dico perché, anche nell’ultimo bando di ricerca, quello sui laboratori, i progetti innovativi per la ceramica sono stati molto importanti. Credo che, lavorando sui due assi, potremo assicurare a questo nostro importante comparto prospettive molto più positive.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Costi.

La parola al consigliere Foti. Ha quattro minuti. Prego.

 

FOTI: Assessore, penso che nessuno oggi voglia sospendere o chiedere di sospendere la libertà di mercato. Il problema, come lei sa, è che l’intervento dell’Unione europea è servito, a suo tempo, anche per realizzare proprio quanto entrambi siamo consapevoli servisse, ossia offrire la possibilità alle imprese italiane − soprattutto le imprese di questo distretto l’hanno sfruttata appieno – di una rigenerazione, quasi, della loro attività produttiva.

Indubbiamente, i passi in avanti compiuti sono stati significativi e, forse, fondamentali per salvare quelle imprese e quelle aziende da una sorte che pareva segnata. Sotto questo profilo, è evidente che il sistema Italia − e, nella fattispecie, quello dei produttori di ceramica − ha dimostrato di avere una tempestività di azione, dopo l’introduzione dei dazi, che altri settori di altri comparti produttivi non hanno avuto, nonostante l’Europa avesse lasciato ampi spazi per provvedere.

Ciò detto, rimane una situazione di medio periodo, però. Purtroppo, questa è la conseguenza, forse, dei dazi antidumping, che hanno un ottimo effetto quando vengono introdotti, ma hanno anche, ovviamente, aspetti negativi quando vengono tolti del tutto. Una soluzione auspicabile è quella di un periodo transitorio prima di arrivare a ciò che lei diceva, ossia alla possibilità di una competizione in un mercato libero, anche se lei, con me, vorrà convenire che può reclamare il mercato libero chi, poi, all’interno del proprio territorio pratica il mercato libero. Se andassimo a vedere le pastoie burocratiche che riescono a impedire alle aziende italiane non di insediarsi in Cina, perché forse lì è molto facile, bensì di essere imprese italiane in Cina, che è cosa ben diversa, faremmo interessanti scoperte. Del resto, per essere chiari, la difficoltà oggi di molte imprese italiane è dover andare in Cina e diventare cinesi nei fatti, non rimanere imprese italiane. E la Regione in questo può avere un ruolo di supporto notevole, soprattutto la nostra Regione, avendo un distretto delle ceramiche che penso sia invidiato da molte regioni, non solo italiane ma anche europee.

Ebbene, proprio per le ragioni a cui lei faceva riferimento, vale a dire che noi come italiani abbiamo una concorrenza che non è solo cinese ma anche in parte europea e in parte extraeuropea, con la quale sicuramente non possiamo pensare di confrontarci attraverso dazi e antidumping, io penso a maggior ragione che sia utile che la Regione sostenga una posizione di una proroga dei dazi che porti a una loro estinzione nel tempo, ma con effetti graduali, andando così incontro a coloro i quali oggi marginalmente non hanno ancora provveduto a raggiungere quel livello qualitativo di produzione che la gran parte dei produttori ha raggiunto. Naturalmente, condivido perfettamente che rispetto agli ultimi otto-dieci anni abbiamo compiuto passi in questi settori inimmaginabili, apprezzati anche dal consumatore interno nonostante la crisi, perché è un settore che meglio di altri ha retto alla crisi edilizia.

In conclusione, se si realizzassero tutti questi fattori, io penso che avremmo quantomeno consentito a una eccellenza di questo territorio di avere una proiezione futura migliore di quella che, se dovessero decadere i dazi sic et simpliciter nel mese di settembre, probabilmente potrebbero avere.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

 

OGGETTO 1899

Interpellanza circa le azioni da attuare per inserire nelle priorità dell'agenda nazionale e di quella europea la navigabilità del fiume Po, anche tramite la promozione di una specifica conferenza nazionale. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Proseguiamo con l’oggetto 1899: Interpellanza circa le azioni da attuare per inserire nelle priorità dell’agenda nazionale e di quella europea la navigabilità del fiume Po anche tramite la promozione di una specifica Conferenza nazionale.

Risponde l’assessore Donini.

La parola al consigliere Foti per l’illustrazione dell’interpellanza in oggetto.

 

FOTI: Se questo intervento non viene inteso in senso ostruzionistico, così come malamente potrebbe essere definito da osservatori non attenti, mi permetto di sottolineare che questa è un’interpellanza che, a mio avviso, rappresenta una di quelle possibili novità che potrebbero caratterizzare l’atteggiamento di questa Regione rispetto al passato.

Del tema della navigabilità del fiume Po si dibatte ormai da cinquant’anni, quindi probabilmente il fatto che questo progetto non sia stato realizzato nella prima parte del secolo scorso è la dimostrazione che la successiva è servita a poco sul punto. Tuttavia, a prescindere da questo elemento, io ritengo che gli studi che sono stati commissionati, che AIPO ha consegnato alle Regioni, significativamente alle Regioni che rappresentano la parte del Paese forse più industrializzata d’Italia, perché è un quadrilatero che vede Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, rappresentino una buona base di partenza.

Si parla, peraltro, di progetti collegati a un tema a cui lei, assessore Donini, sicuramente non è insensibile. Infatti, proprio di recente in Commissione ha prodotto dati che non possono non far nascere interrogativi, vale a dire che, nonostante tutte le iniziative introdotte, nonostante tutte le buone volontà, il numero di chilometri percorsi su strada è in aumento rispetto al passato. Allora, l’idea di creare le cosiddette “autostrade dell’acqua” può rappresentare un’alternativa, sempreché il sistema imprenditoriale segue questa idea e che, contestualmente, il sistema politico ne persegua le finalità. Mi pare ovvio, infatti, che mai nessuno si sognerà di realizzare un trasporto lungo il fiume quando basta arrivare alla prima ansa del Po per essere costretti a fermarsi. Quindi, bene farebbe la Regione Emilia-Romagna a prendere seriamente in esame questi studi e soprattutto a manifestare questa sua volontà in un confronto con le quattro Regioni, che politicamente non sono omogenee, ma che hanno le stesse identiche caratteristiche e potenzialità di sfruttamento, di dar vita a un corridoio ben diverso dai corridoi europei, tutti tradizionalmente dedicati al trasporto su gomma.

È in questo quadro che mi permetto di sollecitare almeno un livello di attenzione superiore rispetto al passato al tema che qui ho proposto.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

La parola all’assessore Donini per la risposta. Ha otto minuti a disposizione.

 

DONINI, assessore: La ringrazio, consigliere Foti, per aver presentato questa interpellanza, in quanto mi consente di ribadire alcuni concetti che abbiamo già sviluppato nella discussione in Commissione, alla quale peraltro lei faceva riferimento.

Innanzitutto le Regioni Lombardia, Veneto e Piemonte fanno parte, insieme all’Emilia-Romagna, sia del Comitato di indirizzo di AIPO sia dell’Intesa interregionale per la navigazione interna. Io tendo sempre a non cercare di duplicare le sedi di concertazione, di discussione e di confronto sui temi infrastrutturali, ma quelle che ci sono penso debbano essere utilizzate pienamente. Quindi, su questi temi già abbiamo avuto modo di aprire un confronto e di discutere, ma la Regione Emilia-Romagna in queste sedi è disponibile ad andare fino in fondo in una discussione anche più approfondita sul tema da lei citato.

Con riferimento all’inserimento della navigabilità del Po tra le priorità europee, ricordo che il sistema idroviario padano veneto, di cui il Po fa parte, è stato inserito a pieno titolo nei corridoi europei – lei ne faceva riferimento – nella cosiddetta core network della Rete transeuropea dei trasporti 2014-2020. Quindi, del tema si dibatte da decenni, ma il tempo della discussione puntuale e approfondita è proprio in questa legislatura per noi.

La Commissione europea ha approvato le linee-guida del programma TEN-T, che è il principale strumento chiamato a dare attuazione allo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto, e all’interno di questo programma l’intero sistema idroviario padano veneto, ovvero il tracciato che si sviluppa attorno all’asta principale del fiume Po, fa parte della core network, ed è costituita da nove corridoi di trasporto ritenuti prioritari dall’Unione europea. Quindi, quando noi riprendiamo il tema della navigabilità del Po, penso che non dobbiamo abbandonarci a battute o a caricature di tipo provinciale, in quanto si tratta di un tema, come lei giustamente richiamava, che nasce anche ai livelli di governo sovraordinato, come appunto il Governo europeo.

La informo, consigliere, che la Giunta regionale, approvando il quadro complessivo delle infrastrutture prioritarie per l’Emilia-Romagna nell’ambito del Piano infrastrutture strategiche, ha quindi tentato un primo livello di dettaglio fra le proposte da avanzare al Ministero delle infrastrutture anche per interventi di promozione della navigabilità del Po in Emilia-Romagna. D’altra parte, lei faceva riferimento a un dato che a me interessa molto: esplodere nella discussione e poi, magari fra quattro anni, misurare quanto le nostre politiche siano state efficaci, sul tema della mobilità del trasporto merci non su strada.

Ci siamo focalizzati molto spesso sul tema trasporto merci su ferro e penso che questa Regione abbia dei risultati e delle performances di primissimo piano in Italia, perché nel 2015 sono tornate a circolare sulle ferrovie della nostra Regione 18 milioni di tonnellate di merci. I dati sono ancora suscettibili di perfezionamento, ma questo significa 720.000 camion che trasportano merci in meno sulle strade.

La geografia ci impone anche di considerare, nell’ambito del trasporto merci, il tema della navigabilità del Po, che oggi, dal punto di vista quantitativo, è irrisorio sul piano della quantità delle merci trasportate, perché non possiamo trascurare che, diversamente dalla strada, riguarda un 7-8 per cento del trasporto merci complessivo.

Siamo una delle Regioni maggiormente virtuose, anche sulla base degli aiuti e degli incentivi, che abbiamo subito firmato come Amministrazione, per esempio con la legge n. 10 del 2014, capaci di muovere un mercato in espansione.

Ci troveremo a questi tavoli con la determinazione di chi vuole esplorare fino in fondo la possibilità di dotare questa infrastruttura naturale che può essere il fiume Po, inteso come navigabilità, facendo appunto il confronto serrato non solo con le altre Regioni, ma anche col Governo.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Donini.

Consigliere Foti, ha quattro minuti. Prego.

 

FOTI: A me pare che l’assessore abbia detto – non c’ero nelle passate consiliature, quindi ho letto soltanto dei documenti – delle cose nuove rispetto al passato, seppure con le precauzioni del caso. Le precauzioni ci vogliono tutte ovviamente, perché stiamo parlando di investimenti che non possono essere sostenuti da una Regione e neppure dal sistema delle Regioni, ma che devono essere affrontati, come lei ricordava, sia a livello europeo in termini finanziari, sia in termini dello Stato italiano, perché sono infrastrutture nazionali e sovranazionali.

Ad ogni modo, come dicevo, a me pare che sia significativa l’attenzione che lei ha prestato sul punto, anche perché, come avevamo visto, nonostante i risultati notevoli che la Regione ha ottenuto per il trasporto su ferro, quello che ancora incide in modo pesantissimo su una Regione, che tra l’altro per la sua collocazione fatalmente deve essere attraversata, è il trasporto su gomma.

Il dato che lei prima riferiva, cioè quell’8 per cento di trasporto su ferro, che equivale però a 720.000 camion in meno sulle nostre strade, penso che significhi ben più di un dato. Significa una scelta politica che non si basa sui massimi sistemi, ma sulla realtà dei fatti. Tra la realtà dei fatti vi è anche la possibilità/opportunità di vedere se in questa sede si riesce a trovare una soluzione tra le Regioni, l’Europa e il Governo italiano per rendere possibile, come sfruttamento di autostrade dell’acqua, anche il Po.

Accolgo dunque positivamente le osservazioni che ha fatto l’assessore Donini. Mi sembra di poter anche condividere la sua idea che è inutile moltiplicare i centri di confronto. Le sedi che istituzionalmente ci sono devono essere le uniche che vengono allertate per verificare, nel concreto, se si vuol passare dalle parole e dai disegni ai fatti concreti. Se si dovesse realizzare un fatto concreto di questo tipo, penso che ne gioverebbero la Regione, l’Italia ed Europa, in termini non soltanto economici, ma anche di minori costi ambientali.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

 

Interpellanza oggetto 1917

(Rinvio)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’argomento di cui all’oggetto 1917 viene rinviato, in quanto l’interpellante, il consigliere Alleva, ha comunicato di non poter partecipare alla seduta.

 

Ricordo di Giulio Regeni

 

PRESIDENTE (Saliera): Chiedo un momento di raccoglimento, in ricordo di Giulio Regeni. Vi chiedo di alzarvi e poi osserveremo un minuto di silenzio.

La verità non può cancellare il dolore. La verità non può sostituirsi alla giustizia, alla riparazione di un torto e alla punizione dei responsabili. La verità è un diritto, il diritto di quel genitore che ha visto assassinare un proprio figlio. È il diritto di una nazione di vedere sicuri i propri cittadini quando sono all’estero. La verità non può far tornare a vivere chi è stato barbaramente assassinato, ma può lenire le ferite e soprattutto far sentire meno impotenti verso la disumanità di chi sa solo usare la barbarie e la violenza.

Per questo, certa di interpretare il sentimento di tutti noi, l’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia Romagna chiede a gran voce che si faccia tutto ciò che serve perché si arrivi ad avere la completa verità sull’omicidio di Giulio Regeni. Giulio Regeni chiede verità e giustizia. Grazie.

 

(L’Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)

 

OGGETTO 1671

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica alla legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l'uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro)". A firma dei Consiglieri: Bargi, Fabbri, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

(Discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 1671/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”- Presentazione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Torniamo all’ordine del giorno, all’oggetto 1671. Siamo in discussione generale.

Era iscritto a parlare il consigliere Bignami, a cui chiedo se vuole la parola.

Prego, consigliere Bignami.

 

BIGNAMI: Anche in questo caso ci è stata già affidata una preclusione all’esame dell’articolato e conseguentemente viene cassato il provvedimento di proposta di legge rispetto a quanto già illustrato dal collega Liverani. Il tema invece, a nostro giudizio, merita una riflessione soprattutto laddove, nell’articolo 2, afferma che bisogna tener conto dei risultati occupazionali raggiunti dalle istituzioni formative, in relazione agli studenti qualificati e diplomati nell’anno formativo precedente.

Diciamo questo perché, a nostro modo di vedere, il sistema di formazione, è pur retto da dirigenti assolutamente validi e capaci, che hanno già dimostrato una buona permeabilità rispetto ai mutamenti sociali e che, soprattutto con la crisi economica, hanno mostrato una diligenza e un adattamento costante e continuo da parte del mondo professionale per i drammatici livelli di crisi occupazionale che si sono toccati in questi anni, ma al contempo, nonostante un impianto tutto sommato positivo, dobbiamo registrare alcune criticità, di cui il follow up, o la sua assenza, descritta nel progetto di legge, di cui il collega Liverani si è fatto portatore, è sicuramente uno dei maggiori punti di cesura tra ciò che è il percorso professionale di adattamento complessivamente inteso e la ricaduta sul territorio e sull’effettiva possibilità di ricollocazione dei medesimi.

Come veniva detto da importanti esponenti dei Governi scorsi, se esiste a fianco della drammatica situazione in cui spesso tanti giovani versano di non facile collocamento nel mondo lavorativo, se già questa situazione rileva nella sua drammaticità, si può davvero parlare di una situazione tragica laddove invece questa difficoltà di ricollocazione all’interno del mondo lavorativo vada a colpire soggetti che magari sono gli unici portatori di reddito all’interno del nucleo familiare e che, pertanto, in una situazione di difficoltà e di sofferenza del mondo del lavoro, inevitabilmente, trovandosi espulsi dal circuito del mondo lavorativo stesso, difficilmente riescono a ricollocare le loro competenze e le loro professionalità.

Si potrebbe indagare a lungo sulle cause di questa situazione, si potrebbe parlare dell’automazione dei processi produttivi, della delocalizzazione; si potrebbe parlare delle scelte che anche in parte sono state individuate poc’anzi da parte del collega Foti nell’interrogazione cui è stata data risposta sulla scelta di non introdurre dei sistemi di preclusione e sbarramento vero e proprio nell’ingresso di determinate aree di mercato nel settore che una volta costituivano, e ancora oggi costituiscono, un’eccellenza per il sistema produttivo italiano, cose che, però, hanno depauperato la catena professionale lavorativa e hanno invece, ahimè, arricchito il numero di soggetti che richiedono una riconversione professionale non sempre semplice.

Nell’introduzione della modifica alla legge n. 12/2003 individuiamo un altro punto di valutazione positiva, ovvero il fatto che abbiamo avuto troppe volte la percezione che i corsi di formazione professionale fossero corsi autoreferenziali organizzati da determinate sigle sindacali per poter poi, magari, al tavolo di partito, andare a individuare delle differenze e delle segmentazioni utili a far cadere a determinate sigle, a determinati enti di formazione, i proventi, in realtà ormai ridotti rispetto a qualche anno fa, di provenienza comunitaria appunto sul percorso della formazione.

In questo senso l’introduzione di una clausola di follow-up, cioè di verifica effettiva di quella che poteva essere l’efficienza, l’efficacia e la fruibilità, e soprattutto la funzionalità, da parte di questi corsi a reintrodurre nel settore lavorativo coloro che erano stati espulsi, a nostro modo di vedere, è e rimane una delle principali modalità di valutazione della bontà dei corsi di formazione.

Aggiungo un’ultima riflessione in ordine al fatto che proprio l’assenza di una effettiva ed efficace azione di verifica in ordine a quella che può essere la sostanziale utilità di questi corsi, e anche quindi la concreta pragmaticità che agli stessi può essere conferita, è dimostrata purtroppo dal fatto che diversi corsi e diversi centri di formazione professionale sono andati incontro a vicende non limpidissime sul piano della gestione economica dovendone anche sopportare gli effetti in ordine alla nomina di liquidatori o di curatele che ne hanno accompagnato a esaurimento la vita sociale e formativa.

Pertanto, in questo senso riteniamo che anche importanti centrali di formazione – non voglio fare i nomi – che però hanno lavorato in partnership con la Regione senza avere, però, ottenuto rispetto alla sollecitazione che il mercato stava realizzando, dimostra la difficoltà, da parte del sistema legislativo medesimo, di poter andare incontro a una effettiva sostenibilità dell’attuale assetto in assenza di una clausola come quella che viene suggerita. Credo che anche questa volta ci sentiremo dire quello che ci siamo sentiti dire poc’anzi, ovvero che si intende riaffrontare complessivamente il tema con un’organica revisione del tessuto legislativo al fine di arrivare ad approdare in Aula con un testo di legge che sia condiviso da parte di tutti. Ci aspettiamo che le opposizioni sappiano offrire il loro contributo in maniera tale, eccetera, eccetera. Non proseguo perché sennò faccio auto ostruzionismo. Lo sappiamo che verrà detto.

Nel frattempo, giustamente, i colleghi della Lega e anche quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia continuano a porre delle evidenti situazioni di difficoltà nell’attuale tessuto legislativo. La iscriveremo tra i testi che da qui a breve dovranno essere esauriti da quest’Assemblea consapevoli che, tuttavia, sarà uno dei tanti testi che invece rimarranno esattamente come sono, perché con questo attuale assetto della formazione sappiamo che in tanti riescono a ripartire eventuali fette di finanziamenti senza magari preoccuparsi troppo di chi in effetti ne beneficia, ovvero i lavoratori.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bignami.

Ha chiesto di parlare il consigliere Boschini. Ne ha facoltà.

 

BOSCHINI: Grazie, presidente.

Vedo che il consigliere Bignami se ne va, però ci tenevo a dire una cosa in risposta a quello che diceva testé, cioè che, come al solito, dalla maggioranza arriverà semplicemente un rinvio a dire che questa legge non si può recepire perché dobbiamo fare un intervento organico.

Mi permetta, caro collega, ma farò un intervento che va dritto al merito. Visto che l’ha detto lei adesso, mi permetto di interloquire. Andrà dritto al merito, non farà riferimento a nessun rinvio e dirà, con estrema chiarezza, che questa legge è, a mio avviso, a ad avviso del Gruppo PD, irricevibile. Lo abbiamo già detto in Commissione e lo diciamo con chiarezza. Se posso rincarare la dose, dirò chiaramente che anche tecnicamente presenta delle problematiche molto serie a riprova che quando stamattina si facevano delle polemiche strumentali sulla qualità del lavoro di altri Gruppi o di altri soggetti all’interno di quest’Aula, probabilmente, come sempre, occorre anche un pochino guardarsi in casa, perché non dimentichiamoci che anche nel dibattito in Commissione la presentazione da parte del proponente di questo atto è stata particolarmente problematica e debole, addirittura più volte assente. Mi permetto, però, di entrare nel merito. La proposta è tutt’altro che una proposta da prendere sottogamba, perché è una proposta che propone di cassare un apparentemente innocuo comma dell’articolo 2 della legge n. 12/2003, nota come una delle leggi fondamentali per quanto riguarda il sistema di istruzione e di formazione della nostra Regione, il quale recita come segue, in estrema sintesi: “Gli stranieri immigrati godono di diritti di cui al comma 1, in condizione di parità con i cittadini italiani”. I diritti di cui al comma 1 sono quelli di accesso sostanzialmente alla formazione e all’istruzione in questa Regione.

È evidente che, in quanto esseri umani, anche gli stranieri godono dei diritti fondamentali della persona, e ci mancherebbe altro. Però, non mi pare affatto pleonastico e quindi non mi sembra affatto da eliminare come se niente fosse un comma che ribadisce che anche i cittadini stranieri hanno il pieno e pari diritto all’accesso alla formazione. Può darsi che in altri settori del welfare la discussione sull’accesso degli stranieri al sostegno dei servizi pubblici possa essere oggetto di qualche discussione e volentieri la faremo quando ce ne sarà l’occasione, e l’abbiamo fatta in passato. Ma in questo caso, a mio avviso, anche da un punto di vista puramente tecnico, quindi non sto sollevare problemi valoriali, sollevo un aspetto puramente tecnico, direi quasi sociologico, pensare di avere ormai nelle nostre comunità percentuali in doppia cifra di cittadini stranieri e non pensare che le politiche formative sono il fulcro dell’integrazione è un’evidente approccio miope, permettetemi, colleghi, di carattere ideologico, in cui si vuole sollevare il danno allo straniero, ma in realtà si fa il male delle nostre comunità, perché mentre si stuzzica in qualche modo una sensibilità diffusa che purtroppo qualcuno nutre nelle nostre collettività contro gli stranieri, in realtà nel limitare una norma che dice chiaramente che hanno diritto all’accesso alla formazione, stiamo occludendo, limitando e riducendo proprio il canale più importante per l’integrazione, cioè il fatto che queste persone possano nelle nostre città lavorare, vivere fianco a fianco con noi quotidianamente, con un modello di vita pienamente integrato con il nostro.

Quindi, è l’esatto contrario di quello che ognuno di noi si propone e devo dire anche la Lega. Ho sentito tante volte Salvini dire: “Io non ho niente contro gli stranieri. Chiedo solo che lavorino correttamente e che paghino le tasse”. Vogliamo che i cittadini stranieri paghino le tasse e stiano qui con noi a lavorare e, poi, riduciamo un pezzo della nostra legge che sancisce il loro pieno diritto all’accesso alla formazione e all’istruzione. Io davvero non capisco questo corto circuito. Senza alcuna vis polemica, ma con la massima serenità di cui sono capace, vi dico che lo considero un corto circuito. Considero davvero un “non senso” pensare che una norma che sancisce questa pari dignità sia un problema, se non la si vuole strumentalizzare per fini ideologici. Credo che questo sarebbe grave e ritengo che nessuno di noi voglia pensarlo.

Non abbiamo bisogno, anche se si tratta di una legge di principio, di sancire un principio in maniera più debole rispetto a come lo abbiamo fatto oggi, ossia che è utile che la nostra formazione, la nostra istruzione in questa regione sia destinata tanto ai ragazzi italiani quanto ai ragazzi stranieri o agli adulti italiani come agli adulti stranieri. È nel merito, proprio dal punto di vista della filosofia, quasi della costruzione della società del futuro, che noi dobbiamo dire di no a questa proposta.

Per quanto riguarda, invece, l’altro passaggio che propone di essere più espliciti nel dire che la formazione professionale deve essere vincolata ai risultati occupazionali (ci mancherebbe, siamo tutti d’accordo; il principio è corretto), facciamo attenzione. In realtà, dal punto di vista tecnico, questa proposta di legge omette completamente il fatto che sia già così. In base alle norme nazionali sull’accreditamento della formazione professionale, che non sono norme disponibili della Regione Emilia-Romagna, perché sono frutto di accordi in Conferenza Stato-Regioni, quindi si tratta del classico livello essenziale delle prestazioni che è compito dello Stato fissare nell’ambito dell’autonomia che il Titolo V ci attribuisce su questa materia, è chiaramente previsto dai decreti nazionali che la formazione è vincolata ad un accreditamento basato sulla valutazione dell’efficacia. L’efficacia è stata definita dalla Regione Emilia-Romagna, con la DGR n. 177/2003, il numero di allievi o di studenti, a dodici mesi dal termine del corso, che risultano occupati.

L’efficacia della formazione professionale, come richiesta dal decreto nazionale di accreditamento degli enti di formazione, in Regione Emilia-Romagna, con atto specifico della Giunta, è descritto come “efficacia occupazionale”, ossia percentuale di allievi che trovano un lavoro al termine del corso, entro dodici mesi. Questo vuol dire che già oggi è così ciò che chiedete, e lo è in maniera esplicita negli atti della Regione. Pertanto, non capisco il significato di questo atto, se non quello di voler genericamente – come, del resto, ho sentito ribadire nel corso degli interventi − adombrare l’idea che la nostra formazione professionale non serva a niente, serva soltanto a mantenere qualcuno e non abbia una reale efficacia occupazionale. Già oggi gli enti di formazione che non hanno questo livello di efficacia occupazionale prescritto dal decreto nazionale e prescritto dalla delibera di Giunta regionale, che lo recepisce, rischiano di perdere l’accreditamento, e lo perdono concretamente quando questi livelli si perpetuano.

Ribadisco anche che quella formulazione, tecnicamente, sarebbe difficile da attuare. Mentre l’accreditamento va sulle strutture, quella formulazione riguarda i singoli corsi. Come sappiamo tutti, non è possibile approvare a priori un corso in base ai risultati occupazionali che si produrranno necessariamente ex post, né è vero che tutti i corsi si ripetono uguali nel tempo, così da poter riapprovare un corso in base al risultato che ha dato nell’anno precedente. Anche per il fatto di non poter dare per scontato che tutte le attività di formazione professionale siano valutabili in base a quello che hanno fatto per il passato, perché − vivaddio − si producono anche nuove qualifiche e nuovi percorsi, è evidente che l’unica strada è quella dell’accreditamento dell’ente e di avere, fra i criteri di accreditamento, quello del risultato occupazionale. Però, è già così.

Spero di aver sufficientemente dimostrato che il Partito Democratico è perfettamente in grado di rigettare una legge, quando è il caso di rigettarla, con argomenti − credo – circostanziati.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Boschini

Ha chiesto di parlare il consigliere Bargi. Ne ha facoltà.

 

BARGI: Grazie, presidente.

Diciamocela tutta: qui si parla di altri argomenti, non di accreditamento. Capisco che l’accreditamento funzioni con alcuni criteri nazionali, e mi va benissimo. Io parlavo, nello specifico, del fatto di destinare risorse. Si tratta di un principio che vogliamo inserire. Volete inserire un rafforzativo senza che ve ne sia bisogno, proprio perché, per legge, non possiamo discriminare i soggetti che vogliono partecipare ai corsi di formazione. Credo che in questo Paese sia sancito che non lo si possa fare. Quindi, non capisco per quale motivo bisogna inserire un criterio aggiuntivo che, poi, ci porta − nei dati relativi alla formazione 2011-2012 − ad avere, per quanto riguarda i corsi personalizzati, ossia strutturati ad hoc per le esigenze di coloro che vi partecipano, il 75 per cento destinati a stranieri. Ovviamente, presenteranno caratteristiche per quanto riguarda la lingua o altro, il che richiede di intervenire in maniera più puntuale con conseguente dispendio di risorse.

Se parità deve esserci, bisogna partire tutti dallo stesso punto. Non deve esistere chi parte più avanti e chi parte più indietro. Non voglio ripetermi, perché, alla fine, rientriamo nel concetto della residenzialità storica, che citavo anche stamattina con l’esempio della cooperativa. Credo sia abbastanza chiaro quello che noi intendiamo in merito al funzionamento della società sia per quanto riguarda il welfare sia per quanto riguarda tutto questo che, se non è welfare, è comunque un sostegno nei confronti di un determinato tipo di persone.

Passo al punto che − se volete − alla fine era quello più interessante, ossia il punto che riguarda il criterio secondo cui si danno risorse a questi enti di formazione, a questi istituti − se non piaceva la terminologia, bastava presentare un emendamento − in modo tale da tenere in considerazione anche la capacità di questi istituti, di questi enti, di piazzare sul mercato del lavoro coloro che partecipano al corso di formazione. L’accreditamento funziona già così. Nelle delibere in cui si assegnano le risorse − mi dispiace non averlo sottomano, ma le manderò, consigliere Boschini, se le interessa, il dettaglio – i criteri erano, effettivamente, il corso erogato e avere gli scritti, quindi offrire il servizio alle persone. Fatto questo, sei accreditato. Una volta garantito tutto questo, hai le risorse.

A noi sembra poco. Voi dite che esiste già il principio, ma nelle delibere in cui si assegnano le risorse non c’era. Evidentemente, stiamo parlando di due questioni diverse. L’aspetto che ci interessa riguarda la fase esatta di erogazione delle risorse, perché è lì che si attua il dispendio economico. Dovendolo fare, vogliamo rivolgerci alle realtà che consentono a chi si iscrive una reale prospettiva di trovare un impiego. I metodi si trovano. Si può pensare di dare una parte delle risorse in percentuale in base ai due criteri che citavo prima, quindi l’effettiva erogazione del servizio, e tenere una parte di risorse sbloccata solamente in base ai risultati ottenuti, e il tutto si valuta l’anno successivo. Non è una cosa complicatissima. A noi, che governiamo, interessano i princìpi, come spesso succede, perché alla fine ci limitiamo a quelli.

Noi volevamo evitare il proliferare di enti e di istituti con carattere quasi − passatemi il termine – assistenziale. Io apro il mio corsettino, effettivamente lo erogo, presento le mie spese e mi vengono rimborsate. Benissimo. Io parlo principalmente delle attività di formazione per trovare un’occupazione, chiaramente. Se la formulazione non piaceva alla maggioranza, si poteva trovare la quadra, assolutamente, discutendone prima e non arrivando allo sbarramento.

Per quanto riguarda questi tipi di formazione, se solo il 30 o il 20 per cento di persone trovano lavoro, evidentemente io o sto erogando un tipo di formazione che non è richiesto nel mercato del lavoro della zona oppure non ho i giusti contatti, non ho la giusta capacità di inserirli.

L’accreditamento è un aspetto per poter ottenere le risorse, ma quando le vado ad erogare fisicamente devo poter introdurre un criterio come questo. Se voi dite che è già così, si tratta di un rafforzamento di legge, esattamente come avviene per gli stranieri. Già di per sé nessuno li può escludere né costringerli a restare fuori dai corsi di formazione. Non si può fare. È già così.

Non si capisce per quale motivo dobbiamo stabilire questo punto ulteriormente in una legge dell’Emilia-Romagna. Evidentemente, c’è un interesse particolare nel voler stabilire e ritornare in modo ridondante su questo aspetto, mentre, per quanto riguarda l’erogazione di risorse nei confronti di chi, magari, si dimostra più efficace ed efficiente nel garantire la tipologia di servizio, che di fatto si interseca fortemente con la rete pubblica dal momento in cui si accredita, in questo caso c’è maggiore difficoltà a essere più incisivi.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bargi.

Ha chiesto di parlare il consigliere Foti. Ne ha facoltà.

 

FOTI: Signor presidente, non mi si potrà sicuramente accusare che intervengo oggi in aula perché non ero intervenuto in Commissione. D’altronde, come sa bene il consigliere Boschini, sono intervenuto, e lungamente, in Commissione anche perché ritengo, anche se gli interessati non l’hanno detto, che l’accusa che velatamente lui rivolge al Gruppo della Lega non sia un’accusa sicuramente poco simpatica quantomeno. Un conto è dire che un Gruppo propone l’abrogazione di una norma – si può condividere o meno l’abrogazione di una norma – altra cosa è costruire su quell’abrogazione ciò che in realtà, indipendentemente da quella abrogazione, la norma di legge non direbbe affatto.

È vero che il comma 6, che lei ha letto, consigliere Boschini, e che aveva già obiettato sul punto in Commissione, si riferisce agli stranieri immigrati e stabilisce che essi godono dei diritti di cui al comma 1 in condizione di parità con i cittadini italiani, ma se dovessimo proprio spaccare il capello in quattro dovremmo dire che la vera norma che lo fa dubitare è proprio questa. Infatti, tolta questa norma l’impalcatura rimane esattamente la stessa, se non altro perché, proprio perché si parla del comma 1, il comma 1 dell’articolo 2 è molto chiaro: “La Regione, in attuazione dei diritti garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale in materia di diritti degli uomini, delle donne e dei fanciulli, pone la persona al centro delle politiche dell’istruzione […]”. Questo credo dimostri chiaramente l’insussistenza di quella che, se fosse effettivamente come sostiene il consigliere Boschini, sarebbe una proposta di legge sulla quale non bisognerebbe applicare l’articolo 92, ma chiedere invece il giudizio di conformità rispetto alle norme costituzionali ed europee, come è previsto dal nostro Regolamento, e dichiararlo inammissibile, perché è ovvio che questa Assemblea legislativa non può legiferare in difformità dalla Costituzione e dalle normative europee di riferimento.

Acclarato, dunque, che il comma 6 dell’articolo 2, nel momento in cui ne viene richiesta l’abrogazione, non incide minimamente con finalità – scusatemi, nessuno l’ha detto – di tipo razzista sull’impalcatura della legge regionale in esame, che rimane perfettamente in piedi così com’è, rimane da esplorare il discorso che il consigliere Boschini ha riservato a quella che io non vedo, invero, come una proposta di legge mal scritta dai consiglieri che l’hanno presentata.

Badate, sulla formazione professionale la valutazione degli accreditamenti – non vorrei aver seguito male l’intervento del consigliere Boschini – lui ci ha detto che viene eseguita entro un anno. In realtà, consigliere Boschini mi permetto di dirle che la valutazione non avviene entro un anno, dal momento che la determina dirigenziale n. 631 del 28 gennaio 2008 stabiliva per il periodo di programmazione 2007-2013 che le valutazioni degli Enti accreditati sarebbero state compiute dopo dodici mesi dal termine dell’intervento formativo. Nel frattempo, essendo entrato in vigore, come lei sa meglio di me, un nuovo Regolamento europeo, precisamente il Regolamento (UE) n. 1304/2013, per la programmazione avviata dal 2015 si applica la determina n. 9955 del 17 luglio 2014, che modifica la determina dirigenziale n. 631/2008 sull’accreditamento e che porta a sei mesi dal termine dei percorsi formativi la valutazione degli accreditamenti, anziché a un anno. Quindi, prima ancora di affermare che è scritta male la norma per come l’ha scritta il Gruppo della Lega, preoccupiamoci di conoscere almeno nei fatti le determine dirigenziali che applichiamo ai casi di specie, perché se ci occupiamo del periodo 2007-2013 e in realtà stiamo esaminando il biennio successivo a fare confusione non è l’opposizione, quantomeno.

Proprio perché sul tema avevo chiesto chiarimenti all’assessore Bianchi, il quale, come sempre, mi ha dato una documentazione enciclopedica, per vagliare la quale occorre impiegarci del tempo, io penso che quanto testé sosteneva il consigliere Bargi è pienamente fondato. Ma per una sola ragione: i dati di cui noi siamo in possesso ci fanno sorgere forti dubbi sull’efficacia che una parte degli istituti di formazione professionale vanta.

Ho sottomano un tabulato, che mi è stato allegato, per cui si può estrarre facilmente, alla risposta all’interrogazione n. 1146 del 27 agosto 2015, tabulato che risale al 5 ottobre 2010, su cui occorre necessariamente soffermarsi, dal momento che sono stati fissati dei valori di soglia relativamente alle verifiche a cui si faceva riferimento e che il consigliere Bargi propone di introdurre in legge, anziché lasciarle vaghe nello spazio. Ebbene, il tasso di efficacia e il tasso di occupazione pertinente, rispetto ai limiti che sono stati scelti non dall’opposizione bensì dalla Regione, sono molto diversi e contraddittori. Non a caso, consigliere Boschini, ho sottomano il tabulato e leggo che vi sono degli enti di formazione dove effettivamente si registrano risultati ottimi, per non dire eccezionali, ma ve ne sono altrettanti dove i risultati non sono mediamente buoni e non sono neanche mediamente sufficienti, ma sono fortemente scarsi. E io penso che l’introduzione di questa norma di legge favorisca non chi svolge il lavoro con eccellenza ma chi purtroppo – e bisogna riconoscerlo – consegue risultati meno soddisfacenti magari – attenzione – anche mal ricompensato dagli sforzi che compie. Del resto, se uno lavora in un centro di formazione professionale presente in una realtà che è presa dalla più grossa delle crisi economiche probabilmente consegue risultati negativi indipendentemente dagli sforzi che lo stesso compie. Tuttavia, questo tipo di esame veramente noi riteniamo che sia un esame inutile, anziché invece un esame proprio utile a sapere come finalizziamo le risorse che andiamo a spendere? Se me lo consentite, è un controllo di risultato, quello che tradizionalmente si esegue proprio per verificare la bontà o meno delle attività che si stanno svolgendo.

Io penso che si possa sicuramente dire – lo ricordava prima qualche consigliere che mi ha preceduto – che è sufficiente fare una delibera e non metterlo in legge. Purtuttavia, se scriviamo in legge che certe verifiche vengono compiute secondo certi criteri che sono penalizzanti al fine della distribuzione dei fondi, probabilmente anche la qualità dei progetti viene più attentamente vagliata.

Ad ogni modo, vorrei ricordare anche a quest’aula che del tema abbiamo discusso anche di recente, e lo stesso assessore delegato ha ammesso che effettivamente bisogna introdurre qualche criterio diverso per meglio poter verificare non solo la qualità offerta dai centri di formazione professionale, ma persino il tipo di corsi – e anche su questo siamo intervenuti, se qualcuno si ricorda –, la tipologia di corsi che vengono prospettati; a tal punto che ricordo di essere stato ripreso perché avevo parlato della professione del tornitore che mi era stato detto non essere più esistente ormai da decenni, peccato che abbia trovato su internet immediatamente tre corsi di formazione professionale riservati ai tornitori.

Il bello e il brutto del mancato sbobinamento dei lavori di Commissione è che uno, per poterli riprodurre deve andare a sentirli su internet. Se avessimo il resoconto stenografico, vedreste che queste cose – che fanno sorridere effettivamente, ma perché diversamente dovrebbero far piangere – si verificano nell’anno di grazia 2015-2016 e non in qualche bocciofila, ma nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna.

Per andare alla conclusione, ritengo che questa sia una proposta di legge che si può condividere o meno politicamente. Fa parte del gioco di quest’aula, ovviamente.

È certo un elemento però, ossia che risultati che ad oggi promanano dalla formazione professionale non vanno nel senso di dire che il tentativo di introdurre un meccanismo perché vi sia non solo una verifica più puntuale, ma un’erogazione dei fondi più indirizzata, sia sbagliato. Questo solo volevo rassegnare, senza alcun intervento ostruzionistico, tenuto presente che mi avete riempito il tavolo di emendamenti che sono già stati presentati sui provvedimenti, nessuno dei quali a firma mia, ma poi arriveranno.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Foti.

Consigliera Rontini, prego.

 

RONTINI: Grazie, presidente.

Nel merito del provvedimento, che si possa condividere o meno, è già ampiamente intervenuto il mio collega Boschini, però il collega Foti mi ha servito su un piatto d’argento un pezzo di un mio intervento, perché ha parlato della difficoltà dovuta al mancato sbobinamento delle Commissioni, su cui posso essere d’accordo.

Ecco, in questo caso, anche qualora fosse stato possibile lo sbobinamento dei lavori in Commissione, noi, per due volte consecutive, e la prima passi, abbiamo assistito ad una Commissione con l’assenza del relatore e con nessuno dei colleghi della Lega Nord che è intervenuto per spiegarci la ratio del provvedimento.

L’abbiamo fatto qui oggi. Lo stesso collega Foti – gliene do atto – nella seduta di Commissione ha cercato di interpretare questo Progetto di legge. Lo ha definito allora inutile, poi nel frattempo ha articolato…

 

(interruzione del consigliere Foti)

 

No, non mi sbaglio. Collega Foti, potrà anche andare a rivedere gli estratti.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Non è un dibattito. Foti andrà a sbobinare tutti gli interventi.

Prego, consigliera.

 

RONTINI: Nel senso che abbiamo assistito tutta la mattina ad una discussione in cui la minoranza ha accusato la maggioranza di prevaricare le loro prerogative. Penso che ci siano degli spazi che la stessa minoranza in alcuni casi ha deciso di non percorrere, nonostante la nostra disponibilità.

La sottoscritta – e penso che si possa darne atto –, anche all’ultima Conferenza dei capigruppo, si è preoccupata di mettere in campo tutte le modalità organizzative, al fine di evitare sovrapposizioni, per dare la possibilità a ciascun Consigliere di svolgere il suo ruolo in quest’aula e di avere rispetto nei confronti delle istituzioni.

Questo rispetto lo si ha anche nel momento in cui, qualora si viene nominati relatori di un progetto di legge, si è presenti in Commissione insieme ai colleghi di altre forze e si discute.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliera Rontini.

Non avendo più nessun iscritto in discussione generale, passiamo ora alle dichiarazioni di voto dell’ordine del giorno a firma Paruolo, il 1671/1.

Nominiamo anche gli scrutatori: Sensoli, Prodi e Tarasconi.

Apro le dichiarazione di voto sull’ordine del giorno. Nessuno chiede di intervenire in dichiarazione di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli è approvato. È così concluso l’iter del progetto di legge.

 

OGGETTO 1989

Petizione popolare per consentire che la caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale con l’uso del fucile possa essere svolta solamente con l’ausilio del/i cane/i da caccia. (Delibera dell'Ufficio di Presidenza di ammissibilità n. 5 del 19 01 16)

 

OGGETTO 1961

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Modifiche alla legge regionale 15 febbraio 1994, n. 8 “Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria” in attuazione della legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni sulla Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro unioni” e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”»(26).

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora al provvedimento n. 1989, “Petizione popolare per consentire che la caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale con l’uso dei fucili possa essere svolta solamente con l’ausilio dei cani da caccia. Delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 5 del 10 gennaio 2016 e al progetto di legge n. 1961, “Modifiche alla legge regionale 15 febbraio 1994, n. 8 “Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria” in attuazione della legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni sulla Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni le loro unioni” e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio””. Delibera di Giunta n. 12 dell’11 gennaio 2016.

La Commissione politiche economiche ha provveduto all’abbinamento del PDL 1961 alla petizione 1989, a norma dell’articolo 121, comma due, del Regolamento, e al testo del PDL n. 1 del 2016, licenziato dalla Commissione politiche economiche, nella seduta del 15 febbraio 2016, con il titolo ““Modifiche alla legge regionale 15 febbraio 1994, n. 8 “Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio dell’attività venatoria” in attuazione della legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni sulla Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro unioni” e della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”. Abrogazione della Legge regionale 6 marzo 2007, n. 3 “Disciplina dell’esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva 2009/147/CE””.

Il progetto di legge è composto da sessanta articoli e dalla scheda tecnico finanziaria. Ricordo che il relatore della Commissione è il consigliere Molinari, che ha preannunciato di svolgere la relazione orale, e che il relatore di minoranza è il consigliere Massimiliano Pompignoli, che ha preannunciato di svolgere la relazione orale. Il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere favorevole.

La parola al consigliere Foti.

 

FOTI: Riservandomi di chiedere per fatto personale la parola al termine della seduta, perché mi sono state attribuite dichiarazioni che non ho mai pronunciato, aspettavo – mi sarei risparmiato l’intervento – una risposta al quesito che ho posto stamattina.

Stamattina ho posto un quesito relativamente all’abbinamento non in Commissione, che è previsto, ma in aula, dove io francamente non ho trovato norma che lo sostenga, tra questa proposta di legge, che sicuramente andremo ad esaminare, e una petizione, presentata ai sensi dell’articolo 121, della quale mi sfugge quale sia il percorso finale.

Dico questo perché, come ho già avuto occasione di rilevare questa mattina, la petizione ha come sua naturale sede di esame la Commissione che, entro sei mesi, si deve pronunciare con un giudizio, una relazione che viene poi portata, questa sì, all’attenzione dell’Assemblea.

Il Regolamento prevede che nel momento in cui la Commissione avverta che vi siano delle proposte di legge, o delle petizioni, che possono avere argomento affine le si trattino congiuntamente, ma questa trattazione congiunta evidentemente ha un termine che è logico. Il procedimento legislativo va in Assemblea e la Commissione, per non fare due discussioni inutili, fa le discussioni congiunte, ma poi assume una posizione che è la relazione che viene comunicata all’Assemblea, oltre che all’interessato.

Nel caso di specie, non vi sarà relazione della Commissione perché non è allegata in atti, e non ci sarà relazione dell’Assemblea, perché in questa fase non è titolare della relazione stessa che, come ho detto, deve essere comunicata, quindi non viene neanche discussa, all’Assemblea.

Sarei grato di capire quindi quale procedura seguiamo oggi, a meno che qualcuno non mi dica che, essendo stati trattati congiuntamente i due argomenti, a questo punto la petizione perde il suo significato e l’approvazione delle modifiche legislative fa decadere la petizione stessa. Non mi pare che sia scritto da nessuna parte, né nel Regolamento né altrove. Sono favorevole al diritto creativo, purché sia diritto e non fantasia dei popoli.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Foti, la Commissione politiche economiche, nella seduta del 3 febbraio scorso, ha deciso l’abbinamento, in merito alla sua richiesta, a norma dell’articolo 121, comma 2, del Regolamento.

 

FOTI: Non è quello l’argomento.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Essendo fatta in Commissione, il comma due dell’articolo 121 recita: “L’esame in Commissione si conclude entro sei mesi con una relazione comunicata all’Assemblea, ovvero con una decisione di abbinamento con un eventuale provvedimento legislativo, regolamentare o amministrativo, all’ordine del giorno della Commissione stessa, riguardante l’analogo oggetto”.

Quindi, in Commissione era possibile fare l’abbinamento e poi in Aula la discussione. In base a questo articolo, la struttura ha deciso di fare l’abbinamento.

 

FOTI: La struttura non fa nessun abbinamento.

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’Ufficio di Presidenza della Commissione. Chiedo scusa, consigliere Foti.

 

FOTI: Ho letto cinque volte cosa volesse dire, perché se l’ovvero significa che con l’abbinamento la petizione conclude la sua strada e se conclude la sua strada non c’è spazio per l’Assemblea, c’è solo comunicazione all’Assemblea che, essendo avvenuto l’abbinamento la petizione è preclusa, e in tal senso si risponde anche al presentatore primo della petizione, che se non sbaglio reca 36 firme.

Diversamente, è inutile che l’Ufficio di Presidenza, non della Commissione ma dell’Assemblea, impieghi un’ora, due ore o tre ore, ogni volta, a vedere se una petizione è ammissibile o meno, anche – lo sa bene lei, come il collega Rancan, o la collega Soncini – con delle difficili interpretazioni che devono essere rese rispetto a queste petizioni che, spesso e volentieri, non incidono solo sulla legislazione regionale.

Tuttavia, è chiaro fin dall’inizio che ad una decisione la Commissione debba andare. La decisione della Commissione non può essere quella di dire “Abbiamo accorpato così come è consentito”. Quella non è una decisione, ma una facoltà che si esercita nell’ambito dell’articolo 121, comma due. Non ho bisogno di leggerlo. Lo so perfettamente.

Il problema è: ma l’Assemblea che c’azzecca con questa storia? Siamo o non siamo convinti che è iscritto all’ordine del giorno dell’Assemblea? Se quell’ovvero significa – io non lo so – che l’abbinamento ne preclude, o ne conclude, l’esame a prescindere, allora la Commissione deve comunicare all’Assemblea e non iscrivere all’ordine del giorno dell’Assemblea la petizione, ma semplicemente che, avendo applicato l’articolo 121, comma due, la petizione è preclusa.

In tal senso, si deve rispondere anche ai sensi dell’articolo 121, comma tre, al presentatore. Il resto è fantasia dei popoli. Torno a ripeterlo.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Foti, lei ha esattamente interpretato la questione. Come detto anche qui, è stata data comunicazione che la Commissione delle politiche economiche ha provveduto all’abbinamento e quindi è finito l’iter della petizione popolare.

 

FOTI: Non è quello l’argomento.

 

PRESIDENTE (Rainieri): No, qui è stata data comunicazione di questo.

Oggi noi discutiamo solo il PDL n. 1 del 2016.

 

FOTI: È abbinato.

 

PRESIDENTE (Rainieri): No, non è abbinato.

 

FOTI: Come no?

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Foti, qui è stata data la comunicazione che il provvedimento ha terminato il suo iter in Commissione e che oggi, adesso, in questo momento, iniziamo l’iter del testo del PDL n. 1 del 2016.

Quindi quella sopra nell’ordine dei lavori è una comunicazione che è stata data all’Aula per informare i consiglieri che la petizione ha avuto l’iter programmato e che è finito in Commissione.

Adesso iniziamo l’iter del testo n. 1 del 2016. Quello che lei chiedeva è giusto e verrà poi fatta la comunicazione ufficiale e a questo punto l’iter che lei diceva è terminato. Ci apprestiamo ora a iniziare il lavoro solo ed unicamente sul testo n. 1.

Non avendo più nessuno iscritto, iniziamo con il relatore della Commissione, consigliere Molinari. Prego.

 

MOLINARI, relatore della Commissione: Sono dispiaciuto per questi fraintendimenti tecnici, comunque cerchiamo adesso di arrivare all’argomento di oggi.

Credo che il lavoro fatto in questi mesi dall’assessorato e dagli uffici per quanto riguarda la volontà della modifica della legge n. 8, legata al consentire l’operatività della pratica venatoria per l’anno 2016 sia stato un lavoro ben strutturato e che, anche nei contenuti della legge stessa, dimostri l’obiettivo anche di questa revisione.

La legge n. 13, la legge del riordino ha posto la necessità di modifiche impellenti che, se non affrontate, avrebbero reso impossibile l’attuazione, e quindi l’avvio della stagione venatoria 2016, e così ci siamo mossi. Sono state inserite all’interno del PDL tutte le modifiche necessarie per spostare le competenze previste in passato sulle Province alla Regione, cercando di aprire ed affrontare in un secondo tempo quelle che saranno le modifiche sostanziali che dovremmo convenire insieme a tutti gli attori del mondo venatorio, che non è legato essenzialmente al mondo della caccia, ma comprende il mondo ambientale, agricolo soprattutto.

Rappresenta una realtà che ha una propria rilevanza per quanto riguarda anche la gestione del territorio e il rapporto con il territorio stesso, su cui noi, tutti insieme, avvieremo il percorso di confronto che ovviamente non sarà rapidissimo, però sarà un percorso serrato. Come Regione, sarà importante mettere in atto un percorso di condivisione con la stessa Assemblea, con chi vorrà partecipare alla costruzione anche di queste revisioni, il che porterà a una riorganizzazione di un mondo venatorio che è particolarmente cambiato sotto il profilo degli attori, del territorio coinvolto e della stessa filosofia della pratica venatoria.

Oltre alle modifiche operative e tecniche necessarie a imprimere un’accelerazione al percorso di approvazione del Calendario venatorio, del Piano faunistico e, quindi, di tutte le scadenze fisse che riguardano questo settore, credo sia importante sottolineare anche l’importanza dell’approvazione a livello nazionale del Collegato ambientale, che è il portato di un lavoro svolto d’intesa anche con le minoranze per cercare di risolvere i problemi che definirei più burocratici che urbanistici legati soprattutto agli appostamenti fissi. Si discuterà anche in emendamenti successivi un passaggio relativo al problema delle altane, proprio perché abbiamo cercato di intervenire sui coni d’ombra legati spesso a interpretazioni e discussioni, su cui la maggioranza, in collaborazione sicuramente anche con parti importanti della minoranza, ha cercato di trovare soluzioni che andassero nella direzione soprattutto di risolvere alcune questioni procedurali.

L’obiettivo di questa legge sarà quello di condurre a un percorso che già si sta avviando con i territori e che sta coinvolgendo le associazioni venatorie e le associazioni agricole, su cui potremo essere anche più precisi nelle settimane successive per quanto riguarda anche tutti gli appuntamenti.

Inoltre, anche cogliendo quelle che sono un po’ le preoccupazioni dei territori stessi, ovviamente legate alla legge di riordino, di un forte accentramento anche sulla Regione dei processi decisionali, abbiamo cercato di tutelare i confronti a livello locale. Quindi, ci ha senz’altro fatto piacere che dalla discussione avvenuta in Commissione sia emerso il recepimento del mantenimento delle forme consultive a livello locale che investono un po’ tutti gli attori del mondo venatorio, che non avranno certo un potere decisionale, ma avranno comunque un potere consultivo, perché questo dovrà essere l’obiettivo dei prossimi mesi, un serrato confronto con un mondo che è complicato, perché è un mondo diverso da Piacenza a Ferrara, perché è un mondo spesso rappresentato da forti tensioni ideologiche, sulle quali noi dobbiamo cercare di sederci attorno a un tavolo e insieme trovare le soluzioni migliori rispetto alle richieste specifiche.

In merito non tanto alla questione procedurale quanto alla questione di concretezza rappresentata anche dalla petizione stessa, abbiamo avuto modo di confrontarci anche con l’estensore della petizione, che comunque contiene alcuni elementi indubbiamente da tenere in considerazione per quanto riguarda la filosofia iniziale e anche la futura discussione della revisione della legge n. 8. Semmai, si riscontra un abbinamento sproporzionato al concetto della caccia senza cane, al bracconaggio. Il bracconaggio ovviamente è una pratica illegale, per cui abbinarlo al concetto della caccia e al riconoscimento concesso dalla legge n. 157, che consente di andare a caccia senza cane, è un concetto sbagliato, che nasce probabilmente da casi singoli e sporadici che possono essere capitati a tutti i praticanti di questa attività, con cui però non vorremo si creasse una corrispondenza. Ci sono all’interno della petizione anche alcuni spunti di riflessioni che dovremmo tenere in considerazione nei prossimi appuntamenti, cercando in questo modo di mantenere l’attenzione su alcuni particolari aspetti che arrivano dal basso o, comunque, da spicchi particolari del mondo venatorio e ambientale.

Abbiamo cercato di recepire – al riguardo ci sarà anche una discussione successiva – anche alcuni suggerimenti che sono arrivati dal mondo ambientale relativamente ad alcune figure legate soprattutto all’attività di vigilanza.

Insomma, questo è un lavoro che oggi si apre di fatto, e si apre per quanto riguarda l’azione più importante che noi dovremo in tempi brevi ma sostenibili portare avanti nei prossimi mesi. Questo è il nostro impegno, è un impegno che ci porta a dire che la Regione c’è, è una Regione che ascolta, è una Regione che cerca di risolvere senza limiti ideologici una questione delicata come è quella di tutto il tema legato al mondo venatorio. E l’unico modo che avremo di cercare di trovare soluzioni sarà quello di proseguire anche in un lavoro di confronto serrato, non sempre condiviso, che ci possa portare a trovare le soluzioni più appropriate per quanto riguarda soprattutto le azioni di riorganizzazione, che sono legittime, che sono auspicabili, perché comunque anche lo stesso mondo venatorio, al di là di tutti i regolamenti e le interpretazioni che emergono di volta in volta, ha manifestato la necessità di avviare una revisione complessiva, che noi inizieremo a mettere in atto dopo che avremo garantito l’operatività attraverso l’approvazione di tale progetto di legge.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Molinari.

Ha chiesto di parlare il consigliere Pompignoli. Ne ha facoltà.

 

POMPIGNOLI, relatore di minoranza: Grazie.

Torniamo a parlare finalmente di caccia, dopo le risoluzioni che sono state approvate l’anno scorso, ma fondamentalmente questo è un progetto di legge che noi, se fossimo stati al Governo di questa Regione, non avremmo mai predisposto. Piuttosto avremmo dato vita a un programma di riforma integrale, parlando anche di riforma degli ATC e del Calendario venatorio, in un unico progetto di legge.

Oggi ci troviamo due progetti di legge, il primo che è quello che andremo a votare in Assemblea e il secondo che arriverà prossimamente. Naturalmente, la parte sostanziale di quello che riguarda l’arte venatoria è sicuramente presente nel pezzo successivo, non in quello di oggi. Quello di oggi riguarda semplicemente un adeguamento alla legge sul riordino istituzionale e al Collegato ambientale, con l’introduzione di alcune modifiche che entrano nello specifico, come diceva il relatore di maggioranza, della questione riguardante le altane e gli appostamenti fissi.

Si tratta di un lavoro costruito insieme, e ne do atto alla maggioranza in quanto abbiamo comunque condiviso determinati emendamenti, che sono stati poi inseriti nel progetto di legge, un lavoro che è stato condiviso, sì, ma che comunque prendeva le mosse dalle risoluzioni e dai progetti di legge presentati dalla Lega precedentemente. Mi riferisco in particolar modo al discorso legato alle altane, al progetto di legge che avevamo presentato l’anno scorso, contraddistinto come oggetto 508, che riguardava le altane ma andava a modificare la legge sull’urbanistica, che oggi ovviamente è superato dal Collegato ambientale e da questo progetto di legge. Quindi, è ovvio che l’oggetto 508 dovrà necessariamente essere ritirato.

Entrando nel merito del progetto di legge oggi in esame, tutta la parte iniziale, fino all’articolo 46 del progetto di legge, riguarda essenzialmente il trasferimento delle funzioni dalle Province alla Regione e, quindi, l’adeguamento alla legge sul riordino istituzionale.

Cambiano l’articolo 47 e i seguenti, che vanno a modificare l’articolo 52 della legge n. 8/1994 e che entrano nel merito della questione delle altane e degli appostamenti fissi. Qui c’è stato un lavoro di condivisione ovviamente su quelle che sono le varie sensibilità delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, che hanno trovato una forma di organizzazione tale per cui si è arrivati a ottenere un emendamento e, viceversa, una modifica dell’articolo 52 della legge regionale che ha portato, appunto, a evitare che vi siano adempimenti burocratici per quanto riguarda sia gli appostamenti fissi che le altane eccessivamente gravosi per chi le costruiva attraverso l’eliminazione della cosiddetta SCIA e l’introduzione di una semplice comunicazione.

Queste sono le uniche modifiche che sono entrate nel merito della legge n. 8/1994, che merita assolutamente una revisione complessiva, considerato che sono più di vent’anni che questa legge è in vigore, per cui dobbiamo necessariamente modificarla e adeguarla ai tempi attuali. Di fatto, poi sono stati presentati ulteriori emendamenti, che valuteremo nel prosieguo della discussione, da parte del Movimento 5 Stelle. Inoltre, in ordine alla petizione popolare, rispetto alla quale il consigliere Foti ha sollevato in modo procedurale le sue perplessità, condivido le osservazioni del consigliere Foti al riguardo, mentre non condivido l’oggetto della petizione popolare. Vincolare l’animale al cacciatore è eccessivamente gravoso per lo stesso cacciatore e per quei cacciatori che effettivamente cacciano senza animale. Quindi, non si può vincolare la caccia all’animale. Quindi, quella petizione avrebbe trovato il parere contrario di questa opposizione.

Chiudo qui il mio intervento. Poi avrò occasione di reintervenire in occasione della discussione dei relativi emendamenti e dell’ordine del giorno che abbiamo presentato come Lega Nord. Al riguardo, il relatore di maggioranza ha anticipato i termini, nel senso che noi riteniamo opportuno che le modifiche sostanziali della legge n. 8/1994 vengano approvate entro il 1° giugno 2016. Questo perché? Vige un termine entro cui la Regione deve emanare il Calendario venatorio, vale a dire il 1° giugno, e se dovessimo andare oltre tale data è chiaro che tutto ciò che verrà modificato varrà a partire dall’esercizio venatorio del 2017 e non del 2016. Del resto, oggi andiamo ad approvare il Calendario venatorio che parte da settembre 2016, per cui se non venissero apportate le modifiche sostanziali alla legge sulla caccia entro il 1° giugno 2016 ovviamente andremmo a modificare tutto il modificabile però solo dal 2017 in avanti, non dal 2016.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Pompignoli.

Apriamo, quindi, la discussione generale. Ciascun consigliere ha venti minuti a disposizione.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bertani. Ne ha facoltà.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

Questa legge ci è stata venduta come la conseguenza del riordino istituzionale, e in effetti per il 90 per cento degli articoli si tratta di sostituire il termine “Provincia” con il termine “Regione”. Per quanto riguarda invece il grande lavoro di condivisione, io lo chiamerei più un asse PD-Lega pro caccia più che grande lavoro di condivisione fra maggioranza e minoranza. Anzi, mi stupisco che si vadano a toccare taluni aspetti. Invero, non mi stupisco della Lega, che ha il DNA celtico, quindi del cacciatore, bensì mi stupisco di parte del PD, dal momento che in particolare si vanno a toccare i vincoli paesistici. Ho sentito, al riguardo, un grande silenzio, che francamente mi stupisce.

Vengo, allora, al punto critico di questo progetto di legge, anche se più che di punto critico sarebbe opportuno parlare di polpetta avvelenata, visto che parliamo di caccia. Infatti, qualcuno ha detto che degli aspetti più controversi di questa legge e di tanti altri aspetti che sono da modificare ne parleremo in corso d’anno e che ad oggi ci limitiamo a una mera ristrutturazione per quel che riguarda il riordino. Invece no, forzatamente si è voluto inserire l’aspetto degli appostamenti fissi, perché le modifiche che si introducono confliggono con la normativa edilizia ambientale e paesaggistica, in quanto si esentano gli appostamenti fissi, ma non solo, all’assoggettamento al regime del titolo abilitativo edilizio e all’autorizzazione paesaggistica. Tra l’altro, sull’autorizzazione paesaggistica esiste una sentenza della Corte costituzionale di giugno 2013 che interveniva proprio contro una legge della Regione Veneto che esentava dalla presentazione dell’autorizzazione paesaggistica gli appostamenti per la caccia al colombo. Quindi, non vorrei che ci ritrovassimo anche noi in questi termini.

Il nuovo testo, peraltro, quello che ci viene proposto oggi, al comma 1 dell’articolo 52 specifica cosa sono gli appostamenti fissi di caccia, ovvero quelli costituiti in muratura, legno, materie plastiche o plastificate e materiali vari. Dopodiché, al comma 13-ter, quando andiamo a recepire il Collegato ambientale, si precisa che gli appostamenti fissi devono essere realizzati in legno o con altri materiali leggeri o tradizionali della zona, oppure con strutture in ferro anche tubolari o in prefabbricato. Quindi, nel comma 1 parliamo di murature e materie plastiche, mentre nel comma 13-ter di strutture in ferro anche tubolari: come si conciliano questi due commi? Secondo noi, nella fretta di andare a sistemare questo aspetto nella norma, che immagino ai cacciatori prema molto, siete caduti in una incongruenza che potrebbe essere fonte di problemi interpretativi.

Altro problema interpretativo. Nel nuovo articolo del Collegato ambientale si parla di titolo abilitativo, ma mai di autorizzazione paesaggistica. Invece, in questo progetto di legge diamo per scontato che anche l’autorizzazione paesaggistica non serva. Voi ovviamente pensate sia giusto, mentre a mio giudizio dal punto di vista delle norme del Collegato ambientale non è così scontato. Ciò, infatti, significa che posso costruire un’altana alta trenta metri in mezzo a un bosco, magari su un crinale con vincolo paesistico, senza previa richiesta dell’autorizzazione paesistica. A me sembra un po’ forte. A questo punto consiglierei all’agricoltore che vuole costruire la sua casetta per gli attrezzi di tre o quattro metri quadri in legno in una zona con vincolo paesistico di chiamarla capanno per appostamento fisso di caccia, perché così sicuramente l’iter burocratico sarà molto più snello.

Vengo alla petizione. Concordo, al riguardo, con le osservazioni formulate in precedenza dal consigliere Foti, tant’è che alla fine della Commissione scorsa sollevai al Presidente alcuni dubbi circa la fine che avrebbe fatto questa petizione. Aggiunsi poi al relatore di maggioranza che gli estensori della petizione non erano mai stati contattati né dal relatore di maggioranza né dal relatore di minoranza. E ci trovavamo nella situazione in cui si dava per scontato che quella petizione decadesse senza neanche averne parlato. Al di là che sia condivisibile o meno, al di là che si sarebbero potuti fare ulteriori approfondimenti, magari chiedendo un parere a ISPRA, perché la caccia con il cane magari non è sempre indicata in tutti i tipi di caccia, era così tanta la fretta di arrivare a sistemare gli appostamenti fissi che della petizione non ci siamo affatto interessati.

Chiedo oggi, pertanto, un impegno al relatore di maggioranza e al relatore di minoranza che questi temi, al di là che siano condivisibili o meno, almeno siano ripresi nella discussione che si terrà in corso d’anno.

Un ultimo aspetto che richiamiamo nei nostri emendamenti riguarda l’utilizzo delle guardie zoofile per garantire una forma di vigilanza venatoria. Proponiamo due integrazioni poiché siano uniformati e facilitati l’ingresso e l’utilizzo di queste persone, anche perché si registra un’estrema disomogeneità nelle varie province, dal momento che alcune hanno provveduto a predisporre un Regolamento, altre lo applicano in un certo modo. Addirittura, mi sembra che in provincia di Modena si impongano 150 ore a testa per ogni volontario, idem per le guardie ecologiche volontarie, che però non possono svolgere questo servizio per più di 96 ore. Praticamente, di fatto si impedisce loro di prestare concretamente questo servizio. Pertanto, al riguardo abbiamo presentato questi due emendamenti per uniformare e facilitare l’utilizzo di queste persone.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Bertani.

Ha chiesto di parlare il consigliere Foti. Ne ha facoltà.

 

FOTI: Come sanno bene i relatori di maggioranza e di minoranza, su questo tema, in Commissione, ho sottoscritto soltanto un emendamento, in quanto ritenevo − e ritengo − che la discussione, per quello che può valere, dovesse avere un naturale sbocco in aula, anche in relazione ad alcune osservazioni, cui ha cortesemente risposto l’assessore Caselli, che ci comunicano in partenza che questa non è una legge di riforma, ma è una legge di adeguamento ad altra pregressa legge che ha trasferito le competenze dalla Provincia alla Regione.

Peccato che noi viviamo una determinata situazione. Chiunque abbia letto − non l’ha letta praticamente nessuno − la petizione che è stata preclusa, si sarà reso conto che si tratta di una petizione che, addirittura, prevedeva l’obbligatorietà dell’esercizio dell’arte venatoria solo ed esclusivamente con il cane. Cosa c’entri tutto questo con le norme di cui si è discusso lo lascio, ovviamente, agli esegeti di quella che definirei non so se più ignoranza o più stupidità.

A prescindere da questo, rimane un dato di fondo. Noi abbiamo una regione cui, a questo punto, viene attribuita, sotto tutti i profili, la regia di una materia che è stata trattata − mi sia consentita la brutta espressione, il neologismo − in modo parcellizzato. Bene o male, ogni Provincia, nell’ambito, attenzione, dei poteri alla stessa conferiti, ha dato degli ATC una interpretazione differente. Sicché, noi passiamo da una Provincia − lo sa il relatore di maggioranza, che è presidente di un ATC − come quella di Piacenza con undici ATC a Province dove gli ATC sono due o tre.

Attenzione. Io lo dico perché è argomento su cui facilmente verranno a crearsi problemi. Ovviamente, non è una situazione che si è creata ieri. Si tratta di una situazione che si è stratificata. La provincia di Piacenza ha già visto una riduzione degli ATC, che inizialmente erano quattordici (o quindici). Se tenete presente il territorio e il numero di abitanti, vi rendete conto di come vi fosse una parcellizzazione anche del territorio, a cui ha fatto − dobbiamo dirlo − da contraltare una presenza di selvaggina e una presenza di tipologie e di specie da altre parti non più cacciabili (mi riferisco alla pernice rossa) che erano scomparse dai nostri territori. Oggi i veri problemi, ad esempio, nascono da ATC presenti nella pianura. Si tratta di ATC che hanno meno presenza di cacciagione, forse perché anche in passato si sono molto occupati di commercializzare le lepri e hanno tenuto poco presente il fatto che prima o poi questa attività poteva finire.

Passo a un secondo aspetto fondamentale. Visto che la materia torna nella sua − se mi si consente − originaria funzione regionale, bisogna porre un’attenzione particolare anche alle strutture degli ATC sotto il profilo amministrativo e burocratico. Penso − i relatori di maggioranza e di opposizione potranno convenire − che certe rendicontazioni degli ATC, così come fatte fino ad oggi, non possano proseguire oltre. Purtroppo, occorrerà un determinato livello di professionalità. Mi auguro che, proprio perché la Regione, a questo punto, deve sovrintendere tutti, assessore Caselli, mi permetto di dirlo, onde evitare troppe repubbliche sotto il profilo amministrativo, si diano almeno schemi di bilancio (chiamateli come volete), strumenti uguali in tutte le Province ai quali adeguarsi.

Non mi esprimo in questi termini per togliere originalità a chi sino ad oggi ha interpretato la funzione in modo meritorio e, molto spesso (non sempre), gratuito, ma soprattutto perché, essendovi, oggi, la Regione in primo piano, non vorrei che tra le tante vicende di carattere più o meno giornalistico finissimo per aver anche “cacciopoli”.

Proprio per questo motivo, la riforma di sistema, che tutti riteniamo indispensabile adottare, sarebbe stata auspicabile ottenerla con questo provvedimento. L’assessore Caselli, su questo punto, è stata molto prudente e ha detto: “Io mi auguro, ma non lo assicuro a nessuno, che entro la fine dell’anno, probabilmente, un disegno di riforma organica dell’attuale legge arrivi alla nostra attenzione” e, con essa, finalmente, la conclusione di un processo di revisione, che, allo stato, non riguarda comunque − come lo si vuol far credere – il solo cambiare “Provincia” con “Regione”. Non è così in questo testo. È così per numerosi articoli di questo testo; non è così, un semplice adeguamento, per tutta la parte del testo sulla quale − lo dico obiettivamente − insiste anche una normativa nazionale uscita quasi in contemporanea alla proposta approvata dalla Giunta e che, per certi versi, introduce alcuni argomenti. Ne sentivamo prima uno affrontato dal collega Bertani. Io non condivido l’interpretazione del collega Bertani solo perché, magari, sono favorevole alla caccia, anziché essere contrario. Ad ogni modo, è vero che è uscita una normativa nazionale che qualche dubbio lo pone in ordine esattamente a come, poi, ci si debba riferire, in termini di adeguamento, alla normativa sovraordinata.

Voglio anche precisare che questa legge non risolve quella parte di problemi − non poteva risolverli − che erano stati sottolineati un paio di mesi fa quando, se non sbaglio, i colleghi Pompignoli e Rontini presentavano risoluzioni in ordine ad alcune direttive europee che, di fatto, rappresentano ancora oggi un non senso rispetto al tema della caccia.

Assessore, l’aspetto che mi lascia abbastanza perplesso riguarda alcuni dati che, forse, meritano qualche riflessione da parte dell’Assemblea, se non altro per non confrontarci in modo preconcetto, la prossima volta, sul tema. Pare che tutti i mali derivino dalla caccia. Eppure, la deliberazione del 23 marzo 2015, n. 265, della Giunta ha in sé un insieme di elementi che andrebbero, a mio avviso, attentamente valutati. Non sto parlando di trent’anni fa. Sto parlando di dati che sicuramente i relatori conoscono meglio di me, ma che ci comunicano, ad esempio, che i cacciatori residenti in Emilia-Romagna passano da 60.000 dell’anno 2000-2001 a 38.781 del periodo 2014-2015. È un dato – lo dico molto sommessamente – che io non ritengo dipenda esclusivamente (non è l’unica causa) dall’invecchiamento della popolazione che pratica lo sport della caccia non adeguatamente sostituito dalle giovani leve.

Il secondo dato che mi permetto, altresì, di commentare con voi in un periodo più ristretto, ma non per questo meno significativo, riguarda il numero dei cacciatori iscritti agli ATC, tenendo presente, come voi sapete, che si può, nella stessa Provincia, esseri iscritti a più ATC. Anche sotto questo profilo (che dovrebbe portare a pensare che, se ci sono meno cacciatori, ci sarà più selvaggina da cacciare, quindi si prenderanno più tesserini di ATC in modo da divertirsi di più), dal 2008 al 2009 si passa da 69.000 cacciatori iscritti agli ATC a 50.437. Non si tratta dello stesso calo del periodo precedente, anche perché era un periodo molto più lungo, ma evidentemente sono dati che devono far riflettere.

Dobbiamo chiederci se in questa sede noi vogliamo o meno pensare di intervenire sulla materia della caccia, in quanto materia ancora esistente, o attendere che questa materia non necessiti più, per il futuro, di particolari modifiche. La situazione si è modificata talmente tanto che la strada del tramonto risulta essere solo quella che precede la strada del decesso di questa attività, che io continuo a ritenere ludico-ricreativa-sportiva e non un’attività di macellazione.

Io non conosco le ragioni per le quali oggi ci siamo un po’ chiusi nel ristretto di un esame sparagnino delle problematiche in campo, ma se qualcuno si illude che sarà il tempo a risolverle vi dico che, probabilmente, non le risolverà nel senso positivo da tutti auspicato. Il tempo penserà soltanto a fare in modo che sempre meno ci sia da discutere al riguardo.

Io non pretendo silenzio, però, presidente, anche dare le spalle alla Presidenza in genere è oggetto di richiamo.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Il consigliere Foti chiede un minimo di attenzione da parte dei colleghi.

 

FOTI: Io chiedo il silenzio. L’attenzione non mi interessa.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Silenzio, va bene.

 

FOTI: Non essendo avvezzo a disturbare gli interventi altrui, chiedo, per una questione di educazione, lo stesso atteggiamento nei miei confronti. Se bisogna essere maleducati, d’ora innanzi non parla più nessuno. Presidente, lei sa che per me non esistono il brigante e il brigante e mezzo; esiste il brigante o l’esercito di briganti.

L’argomento, quindi, non è di lana caprina e non è neanche di semplice soluzione. Mi auguro che l’assessore Caselli utilizzi questo tempo, che si è riservata per il futuro disegno di legge, anche per cercare di interpretare, di quest’aula, lo spirito di coloro i quali sono favorevoli alla caccia, ossia non una caccia senza limiti, senza regole, una caccia che non fa onore a chi la pratica, ma anche per introdurre o reintrodurre quel rispetto per chi la esercita che, spesso e volentieri, viene additato agli occhi dell’opinione pubblica in modo negativo più di quanto in realtà – e chi fa il cacciatore lo sa – positivamente si comporti. Dirò solo che vi sono sul territorio decine e decine di cacciatori che quando trovano una lepre morta la portano agli istituti per farla esaminare affinché sia accertato quali ragioni, eventualmente esterne, abbiano provocato quella morte.

Vi sono cacciatori che provvedono alla tabellazione negli ATC per garantire ai cittadini e ai cacciatori i limiti delle aree in cui si possono muovere o devono stare attenti. Parlo della tabellazione perché è l’attività più elementare, ma c'è la recinzione dei vasconi (come mi insegna il collega Molinari) e vi sono tante altre piccole attività che vengono svolte senza alcuna finalità secondaria. Nessuno indossa la maglia e dice di essere nel direttivo dell'ATC...

 

(interruzioni)

 

Quella della DC era una cosa diversa.

 

(interruzioni)

 

Il collega Poli non è mai stato iscritto alla DC, quindi il problema è risolto all’origine.

Chi si trova nel direttivo di un ATC, alla fine, ci sta più per – dobbiamo dirlo fino in fondo – far bella figura e far fare bella figura al proprio ATC che per altro. Vi è quasi una religione del rispetto della natura da parte della stragrande maggioranza dei cacciatori. Certo, ogni realtà ha le proprie eccezioni. Noi sappiamo bene, ad esempio, quando negli ATC vengono richiesti tesserini dalle Province di Brescia, l’attenzione che viene prestata al loro rilascio, non per uno spirito inutilmente polemico o per un pregiudizio nei loro confronti, ma perché alcuni precedenti impongono una particolare attenzione.

Penso che il calendario venatorio di prossima – nel senso che va emanato entro certi termini – emanazione sarà a legislazione vigente ancora, scusatemi, non voglio che nessuno se ne abbia a male, frutto di una non scelta. Questa legge consente di adottarlo, ma non è la legge delle scelte. Lo dico sapendo benissimo che tra il niente e il qualcosa i cacciatori preferiscono il qualcosa. Quindi, tra non avere il calendario venatorio e avere il calendario venatorio, è indubbio che preferiscano − e siamo tutti d’accordo – il calendario venatorio.

Però, che sia l’ultimo calendario venatorio possibilmente che viene emanato senza che quella legge di sistema, che io penso tutti rivendicano, sia stata approvata. Il problema è tutto lì, non è altro. Poi ci possiamo affrontare, io penso molto laicamente, sui temi perché qui nessuno parte dalla presunzione che tutta la caccia deve essere esercitata senza regole e spero anche che tutti partano dall’altro presupposto che la caccia non debba essere esercitata per principio, perché sennò non è un atteggiamento laico, è un atteggiamento di parte.

Per chi crede, invece, di poter dare delle regole e al tempo stesso – lo dico anche sinceramente – regole che non facciano diventare anche questo sport un’attività amministrativa, perché a me pare che spesso e volentieri sia più difficile capire come si va a caccia rispetto a quanto possa essere più facile riuscire ad abbattere un capo una volta che ci si è andati.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Foti, la invito a concludere.

 

FOTI: Per le ragioni prima esposte e sopra esposte religiosamente mi taccio.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Foti.

Ha chiesto di parlare il consigliere Molinari. Ne ha facoltà.

 

MOLINARI: Farò alcune precisazioni. Al di là dei contenuti che discuteremo negli emendamenti, per quanto riguarda anche quanto sostenuto dal consigliere Bersani… Scusate, Bertani. In quanto piacentino, è una persona seria. Questo non posso negarlo, l’ho fatto.

In questo provvedimento non c’è traccia di un provvedimento che vada ad aumentare la pressione venatoria e vada a favorire un aumento della caccia. Semplicemente, visto che nel momento in cui l’attività della caccia non è vietata ed è normata, si è cercato, ovviamente con chi ha voluto seguire questo orientamento, di trovare delle soluzioni a problemi che erano irrisolti e non era – attenzione – il concetto di vietare e autorizzare, ma semplicemente il concetto di rendere più snelle e sostenibili determinate comunicazioni, e parliamo degli appostamenti fissi. Per quanto riguarda il discorso dell’intervento del consigliere Foti, innanzitutto lo ringrazio perché per chiunque non sia un tecnico della caccia si capisce che c’è padronanza dell’argomento; una padronanza che, però, riflette un po’ anche tutto il discorso iniziale. Questo è un settore complicato, enormemente complicato, perché è un hobby – non sta a me a difendere i cacciatori, perché non lo faccio in questa sede –, comporta anche aspetti importantissimi di gestione del territorio.

Il collega Foti ha ricordato le attività ovviamente legate alle attività venatorie. Sia il collega Rancan che lo stesso Foti, me a parte, possono testimoniare che all’interno della recente alluvione – io parlo dei fatti che posso toccare con mano – le squadre di cacciatori del luogo, e anche non del luogo, erano tra le più attive nel cercare di aiutare la popolazione. Questo penso sia un elemento importante, così come l’attività di mantenimento di tutto l’ambiente rurale, dall’apertura dei sentieri, dalla gestione comunque di un ambiente che, come diceva Foti, è un ambiente totalmente diverso rispetto ad alcuni anni fa, proprio anche nel cercare di trovare le motivazioni per quanto riguarda la diminuzione del numero dei cacciatori emiliano-romagnoli. Credo che sia oggetto di un approfondimento che dovremo fare, perché apre anche una partita legata alla pressione venatoria, su cui non c’è una visione ideologica del pro o contro la caccia, semplicemente c’è un approccio gestionale, perché il territorio si trasforma, si trasforma chi lo abita per quanto riguarda le popolazioni e si trasforma anche tutto l’aspetto faunistico, dettato da una fauna che fino ad alcuni anni fa – per esempio parlo del territorio piacentino, ma anche sul resto della regione – non esisteva (caprioli, cervi). Dalle nostre parti c’è il problema del lupo, la questione del lupo. Fino a qualche anno fa di tutto questo non si parlava. Credo, quindi, che l’intervento dell’assessorato sia stato volutamente un intervento per dare una risposta rapida a un problema imminente, ma l’apertura di tutto il dibattito per quanto riguarda effettivamente l’entrare di più nel merito di quelle che sono state le trasformazioni e le opportunità rappresentate anche da tutto questo settore, comportano necessariamente del tempo, dell’approfondimento che ovviamente non può essere chiuso nel giro di pochissimi mesi.

Credo che anche le osservazioni portate avanti dal collega Foti, come dal consigliere Pompignoli e anche dello stesso collega Bertani, siano comunque osservazioni che dovranno essere colte. Per quanto riguarda la petizione, ci sono ovviamente specifiche che non possono collegare al concetto della caccia senza cane in modo stretto il bracconaggio, perché è una forzatura. La petizione io l’ho letta, ho cercato anche di capire la filosofia, ma è un termine su cui possiamo comunque ragionare su quelli che sono gli obiettivi finali, di collegare dal punto di vista anche etico il concetto del cacciatore al cane. Quello ci può stare. Lo dico da soggetto che pratica questo tipo di attività, ma nel momento in cui la legge n. 157 lo consente noi non possiamo intervenire su questo argomento.

Detto questo, credo che ci sarà bisogno delle competenze, e soprattutto anche dell’impegno di tutti, che in modo – lo dico per l’ennesima volta – laico e non ideologico, possono affacciarsi su un tema che non è solo legato all’attività venatoria, ma è un tema più ampio di gestione complessiva di tutto il territorio, perché riconduce anche a un mondo articolato di quelli che sono gli attori stessi, a partire dalle popolazioni che comunque vivono sul territorio, a partire dagli agricoltori, a partire da tutti i soggetti delle associazioni ambientaliste che comunque portano avanti le loro istanze.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Molinari.

Ha chiesto di parlare il consigliere Pompignoli per la replica. Ne ha facoltà.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente.

Condivido al cento per cento le osservazioni del consigliere Foti, anche perché sono osservazioni che derivano da una discussione fatta in quest’aula mesi or sono, in relazione alle risoluzioni che sono state presentate sia dalla Lega che dal partito di maggioranza; soluzioni che ponevano dubbi e perplessità in ordine proprio alla gestione faunistica dell’attività venatoria. C’è la direttiva europea, c’è la caccia in deroga, c’è la necessità di una riforma sostanziale.

In Regione Emilia-Romagna abbiamo cinquantadue o cinquantatré ATC. Non è proponibile, non è pensabile che vengano mantenuti questi ATC. È ovvio che, sulla base del riordino istituzionale, questi ATC devono essere necessariamente rivisti, ridotti, anche perché, e lo diceva il consigliere Foti, si è ridotto il numero dei cacciatori in Regione Emilia-Romagna. Non si è ridotto perché la gente non va più a caccia, ma perché la gente emiliano-romagnola va a caccia da altre parti. Non è pensabile che su cinquantadue o cinquantatré ATC un cacciatore debba comunque corrispondere una quota per ogni ATC in cui deve andare a cacciare, perché in ogni caso si svenerebbe ad andare a cacciare in tutti gli ATC. È ovvio ed evidente che il dialogo e la costruzione di quella che deve essere una riforma sostanziale della caccia non deve partire necessariamente da oggi, ma doveva già partire un anno fa, quando il problema si è posto in Assemblea.

L’assessore Caselli ci aveva rassicurato che già a settembre-ottobre dell’anno precedente avremmo messo mano alla normativa sulla caccia. Poi è intervenuto il collegato ambientale, poi sono intervenute le norme nazionali. Tutto è comprensibile, ma in questo caso si doveva pensare di arrivare oggi già con una modifica sostanziale di tutti gli attori inerenti la legge regionale sull’attività venatoria che riguardavano sia agli ATC, cioè gli ambiti territoriali di caccia, sia i costi delle licenze, sia cose più importanti come il calendario venatorio.

Oggi ci troviamo che il calendario venatorio verrà approvato sulla base della legge regionale non modificata, quindi sarà la fotocopia di quella dell’anno 2015, per settembre-gennaio del 2017. Poi, se la legge non verrà modificata entro il primo giugno 2016, solo a settembre 2017 si arriverà a rivedere il nuovo calendario venatorio con gli ambiti territoriali di caccia.

Come dicevo, le osservazioni del collega Foti sono assolutamente condivisibili, frutto di discussioni fatte nei mesi precedenti, ed è evidente che dovremmo in qualche modo cercare di accelerare il meccanismo collegato alla riforma complessiva della legge del 1994, perché è cambiato sostanzialmente il mondo dal 1994 al 2016. È cambiata l’attività dei cacciatori, il modo di andare a caccia ed è cambiato anche il mondo faunistico.

Dobbiamo necessariamente cercare di accelerare la riforma sulla legge del 1994 ed è una discussione che sicuramente porterà via tempo, una discussione che dovrà coinvolgere tutte le associazioni ambientalistiche e quelle dei cacciatori. Si dovranno coinvolgere tante realtà e sarà difficile – questo lo credo – riuscire a fare una sintesi per accontentare tutte le persone che sono coinvolte. Sarà difficile perché comunque – questo lo dice anche il collega Molinari – da Piacenza a Rimini ci sono sostanziali differenze e un modo di vedere gli ambiti territoriali di caccia assolutamente e diametralmente opposto. È difficile riuscire a trovare una sintesi, ma se non ci si mette mano in tempi rapidi, è ovvio che ci troveremo ad affrontare questa discussione sicuramente per molti mesi.

Una decisione deve essere presa. Credo che già l’assessore Caselli abbia in testa la sua modifica alla legge regionale. Dovremo dunque decidere insieme, visto che l’attività collaborativa tra opposizione e maggioranza c’è, quali saranno gli adempimenti da svolgere; condivido tutte le osservazioni del relatore di maggioranza in merito.

Domani avremo un iter allucinante perché gli emendamenti presentati dal consigliere Foti sono numerosi. Parliamo di 160 emendamenti. Speriamo che nel corso della nottata il consigliere Foti ripensi agli emendamenti presentati per non intasare l’argomento sulla caccia e cercare di capire quali sono le condizioni migliori affinché questa legge venga approvata in fretta, ma anche che necessariamente si debba andare a riformare la successiva legge.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Pompignoli.

A conclusione del dibattito generale, ha chiesto la parola l’assessore Caselli, prego.

 

CASELLI, assessore: Rubo all’Assemblea pochi minuti visto che ormai l’ora è abbastanza tarda, però mi premeva fare due o tre considerazioni anche per chiudere il dibattito che ho ascoltato.

Intanto a me premeva ringraziare la Commissione in primis per il tipo di lavoro che è stato fatto e anche per la collaborazione e lo spirito che c’è stato nella modalità con cui è stato affrontato questo argomento, nel senso che gli effetti della collaborazione, di cui poco fa anche il consigliere Pompignoli dava atto, secondo me sono importanti e soprattutto sono un viatico fondamentale per altri due aspetti: la questione del calendario venatorio, di cui dirò, e l’iter della parte sostanziale della modifica della legge, che affronteremo nel corso di quest’anno.

Le mie precisazioni non sono tanto sul testo, perché quello che è già stato detto dai relatori è ampiamente sufficiente, ma su alcune questioni che sono state sollevate sulle tempistiche. Su questo vorrei che fossimo abbastanza chiari tra di noi. Chi mi conosce meglio sa che non sono incline a perder tempo, così, proprio come struttura mentale mia.

Il punto è che su questa vicenda abbiamo avuto dei tempi oggettivi, dettati da norme che non sempre davamo noi, nel senso che, per ricordarlo a tutti noi, a fine luglio è stata approvata la legge di riordino, la n. 13, da cui scaturisce il fatto che a questo punto abbiamo titolo per modificare in questi termini la norma.

Nel frattempo non siamo stati con le mani in mano ovviamente, perché in tutto il periodo, anche nel primo semestre dell’anno scorso, abbiamo fatto i passaggi necessari di consultazione con i portatori di interesse, quindi le associazioni venatorie, le associazioni ambientaliste e le associazioni agricole. Soprattutto, a settembre abbiamo fatto il primo passaggio di consultazione su questa norma.

In quel momento, però, ricordo a noi tutti che c’era un’assoluta confusione intorno alla vigilanza, perché sul lato nazionale ancora non era stato chiarito dove stava allocata la polizia provinciale. Sappiamo che la vigilanza, rispetto alla norma di cui parliamo, non è un elemento di poco conto, ma è un elemento fondamentale.

A settembre non eravamo ancora in grado di blindare un testo, perché erano in movimento alcune cose, e questa Assemblea lo sa bene perché ha fatto anche degli ordini del giorno sull’argomento. Poi è stato chiarito a livello nazionale come funzionava questo aspetto; il che ha consentito alla Giunta di adottare, all’inizio di dicembre, una proposta di legge. La proposta della Giunta, però, non poteva recepire, perché ancora non c’era, il Collegato ambientale che è stato approvato negli ultimi giorni dell’anno e che è entrato in vigore, lo ricordo, il 2 febbraio di quest’anno.

Proprio per questa ragione, ringrazio l’Assemblea e la Commissione per aver collaborato a emendare il testo, perché io stessa ho chiesto che a quel punto si prendesse atto che c’era una norma superiore, nazionale, che doveva essere inserita nel testo venuto in proposta.

Da questo punto di vista non aggiungo nulla a quello che è già stato detto nella discussione precedente, però, dico questo per spiegare che l’iter è fatto così, perché non c’erano molte alternative.

Nel frattempo si è condiviso anche con i portatori di interesse, quindi con le associazioni venatorie, con quelle agricole e con quell’ambientaliste anche l’iter dei due tempi. L’abbiamo fatto formalmente, in quella riunione di settembre, e poi l’abbiamo fatto a dicembre nella Conferenza annuale degli ATC che si tiene sempre, durante la quale francamente gli stessi ATC e i rappresentanti delle associazioni venatorie non hanno posto ostacoli rispetto a questi due tempi, perché tutti sono molto consapevoli che la discussione sarà delicata e non sarà breve, per le ragioni che avete detto anche voi questa sera.

Rispetto alla questione della parte sostanziale la legge, e quindi all’ordine del giorno, che mi pare d’aver capito prevedrebbe di approvare la parte sostanziale della legge il primo di giugno, vi segnalo che la cosa è infattibile, secondo me anche politicamente, anche sulla base di quello che ho appena sentito dire rispetto al fatto che è necessario un iter di consultazione serio.

Il punto è che per arrivare in aula ed approvarla all’inizio di giugno bisognerebbe cominciare con le Commissioni venti giorni prima. Dato che saremo impegnati fino all’inizio di aprile a fare il calendario venatorio, e quindi a discutere di quello con le associazioni, ragionevolmente avremmo un mese di tempo per fare una consultazione su una norma così complessa. Credo che veramente non se lo meriti una norma così un mese di consultazione su materie oggettivamente controverse, perché sappiamo che gli animi sono vivaci intorno a queste vicende, compresse in trenta giorni di tempo. Francamente non lo vedo possibile e non lo trovo neanche giusto insomma. Non è lo stile che c’è in questa Regione di relazionarsi.

Richiamo semplicemente questo. Poi è chiaro che abbiamo in testa un’idea; tant’è che gli ATC lo sanno benissimo, perché abbiamo detto in italiano, a dicembre, che non è possibile pensare che rimangano in 53. Del resto, in un mondo che sta cambiando e sta semplificando tutti i livelli amministrativi, è chiaro che non ci possono essere delle zone franche; tant’è che gli stessi ATC stanno discutendo tra di loro, perché sanno bene, soprattutto in quelle Province dove magari ce ne sono nove che così non possono stare e quindi stanno già facendo dei ragionamenti.

Concordo con alcune osservazioni del consigliere Foti sul fatto che dovremo dare degli schemi di comportamento e anche di bilancio. Su questo con me sfonda una porta aperta.

Il tema su cui invece non concordo è che il calendario sarà la solita storia di altre volte, perché in realtà sarà un problema. Ve lo dico subito. Sarà un problema che porteremo in Giunta per il 4 di aprile, per cui non andiamo a tempi biblici, perché il 15 si apre la caccia al cinghiale e con la tensione che c’è intorno alla presenza dei cinghiali, capite bene che non è pensabile per nessuno di noi, responsabilmente, rinviare quel momento.

È chiaro che, essendoci questa scansione di tempi, abbiamo una riunione venerdì in cui cominciamo a discutere del calendario con i portatori di interesse, formalmente. Informalmente, tutti lo sanno già e abbiamo già capito che sarà un problema, perché la differenza fondamentale rispetto a prima è che prima facevamo una delibera che si intitolava “Istruzioni alle Province per la formulazione dei calendari venatori”. Davamo delle istruzioni, cioè davamo uno schema entro il quale le Province si adattavano e si facevano il loro calendario.

L’esito finale è che abbiamo nove calendari diversi, tanto diversi, con dei livelli di dettaglio che forse quelli che in quest’aula si occupano di più di caccia conoscono, ma gli altri neanche si immaginano. Ve lo posso garantire. Quindi, è evidente che andare dietro a quel livello di dettaglio non sarà possibile e non sarebbe neanche igienico; altrimenti vuol dire che abbiamo fatto una norma di regionalizzazione che dopo neghiamo per primi.

Nel momento in cui il calendario venatorio dovrà essere unico, è chiaro che dovranno essere fatte delle scelte, perché se tutti provano a difendere il livello di dettaglio che c’era prima non ci si salta fuori, per ragioni proprio matematiche, aritmetiche. Non so come dire.

È evidente che lì a un certo punto ci saranno delle controversie. Probabilmente ognuno di voi verrà tirato per la giacca da quelli del suo territorio, della parte ambientalista, della caccia, degli agricoli che cercheranno di difendere tutto lo specifico del mondo. Io vi prego. Cerchiamo di darci una mano, perché noi di sicuro come Giunta una proposta la facciamo, per la ragione che vi ho detto prima, cioè non è possibile pensare che non facciamo partire il calendario venatorio, visto che sappiamo che il tema della fauna selvatica è molto sentito. D’altra parte, è anche un tema delicato sul quale non bisogna prendere delle scorciatoie di nessun tipo.

Di conseguenza, questo è lo schema. Adesso cominciamo la discussione. Per marzo facciamo questa discussione molto aperta e sapete che sul tema del calendario abbiamo il parere dell’ISPRA che è obbligatorio e vincolante. Peraltro, una parte delle norme che dobbiamo applicare sono superiori a noi. Sono nazionali e comunitarie; tant’è che parte delle risoluzioni ci impongono di discutere nelle sedi dedicate che spesso sono a Bruxelles.

Alcuni temi del calendario, legati alla decorrenza di alcuni termini di caccia, o alla fine di alcuni periodi di caccia, ci derivano dall’Unione Europea, rispetto ai quali pendono sul Paese anche possibili infrazioni, sulle quali o agiamo là, o altrimenti, obiettivamente abbiamo le mani legate davanti, dietro e di fianco.

Il tema di fondo è che questo calendario invece sarà molto diverso da quello di prima e darà luogo sicuramente a dei mal di pancia, perché non si potrà accontentare tutto e tutti. Quello che a me sembra ragionevole è che nell’affrontarlo si possa cercare di mantenere una certa flessibilità almeno tra le zone territoriali che sono oggettivamente diverse rispetto all’approccio alla caccia, perché sono diverse anche per il tipo di fauna. Di conseguenza bisognerà essere ragionevoli, però l’elemento di andare dietro col calendario alle strade poderali, sul livello regionale, non sarà accettabile. Come ripeto, marzo passerà per questo e per le associazioni venatorie non è una questione di lana caprina, come potete ben immaginare.

Dopodiché, apriamo la discussione vera su tutto il resto della parte della caccia, sapendo che nel frattempo è in discussione anche la n. 157, che ci sono dei gruppi di lavoro che stanno cominciando a proporre alcune cose. Alcune questioni a livello nazionale sono trattate dall’ambiente e ci sono delle Commissioni paritetiche. È un problema anche discutere tra gli assessori, perché gli assessori all’agricoltura mica sempre hanno anche la delega alla caccia, per cui alle volte anche solo fare un tavolo nazionale delle Regioni su questi argomenti, complessi di loro, è complesso.

Credo che sia ragionevole e mi sento di dire che non andiamo con il calendario a giugno. Il calendario lo approviamo all’inizio di aprile, mentre il resto del periodo va dedicato a una discussione seria che ci porti ad avere una modifica veramente sostanziale della legge che vada in una direzione da un lato di modernità, ma anche di tutela e gestione molto attenta del territorio, che è una cosa fragile che abbiamo, rispetto alla quale la sensibilità alla tutela ambientale, che spesso viene anche dai cacciatori, su questo sono assolutamente d’accordo, sia il faro che ci guida.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore Caselli.

Devo fare una precisazione. Gli emendamenti che il consigliere Pompignoli citava prima non sono solo a firma Foti, ma Foti e Bignami, per chiarezza.

Abbiamo finito la discussione generale e chiudiamo anche l’Assemblea, non prima però di aver dato la parola per fatto personale al consigliere Foti.

 

(interruzione del consigliere Foti)

 

Il consigliere Foti rinuncia, per cui chiudiamo la seduta di stasera e ci rivediamo domani mattina. Grazie e buonasera.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 18,08

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

gli assessori: Simona CASELLI, Palma COSTI, Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO, Massimo MEZZETTI, Emma PETITTI.

 

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI, ai sensi dell’art. 65 del Regolamento interno.

Hanno inoltre comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Patrizio BIANCHI, Andrea CORSINI, Elisabetta GUALMINI, Sergio VENTURI e i consiglieri Piergiovanni ALLEVA, Gabriele DELMONTE e Barbara LORI.

 

OGGETTO 1671/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Bargi, Fabbri, Rainieri, Delmonte, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli, recante: "Modifica alla legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro)”. A firma del Consigliere: Paruolo”

 

«L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELL’EMILIA-ROMAGNA

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

 

I PRESIDENTI

I SEGRETARI

Rainieri - Saliera

Rancan - Torri

 

 

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