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258.

 

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 24 LUGLIO 2019

 

(ANTIMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDI DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

Richiesta di inversione dell’ordine del giorno

PRESIDENTE (Rainieri)

BARGI (LN)

CALIANDRO (PD)

 

Iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno (8668)

PRESIDENTE (Rainieri)

DELMONTE (LN)

TARUFFI (SI)

 

Iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno (8689)

PRESIDENTE (Rainieri)

CALIANDRO (PD)

FACCI (FdI)

CALIANDRO (PD)

BARGI (LN)

PRESIDENTE (Rainieri)

 

OGGETTO 7159

Progetto di legge d'iniziativa del Consiglio comunale di Bologna "contro l'omotransnegatività e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere". (Deliberazione della Consulta di garanzia statutaria di ammissibilità n. 2 del 19 luglio 2018 pubblicata sul BURERT n. 230 del 25/07/2018) (TESTO BASE) (120)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 6586

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: «Norme per il diritto all'autodeterminazione, contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere». A firma dei Consiglieri: Piccinini, Sensoli, Bertani

PRESIDENTE (Rainieri)

MORI, relatrice della Commissione

FACCI, relatore di minoranza

PRESIDENTE (Saliera)

PICCININI (M5S)

TAGLIAFERRI (FdI)

MARCHETTI Daniele (LN)

SASSI (Gruppo Misto)

PRESIDENTE (Saliera)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 10,42

 

PRESIDENTE (Rainieri): Chiedo cortesemente al pubblico di accomodarsi e di rispettare le regole dell’Assemblea, cioè il silenzio, per fare in modo che i lavori si possano svolgere in modo regolare. So che avete già parlato con il questore, quindi avete già ben chiaro qual è il modo di comportarsi in quest’aula.

Chiedo scusa per l’orario, ma purtroppo è dalle 7 di mattina che sono in strada e con incidenti vari siamo arrivati adesso. Vi chiedo scusa per non essere potuto arrivare prima.

Apriamo la seduta antimeridiana n. 258 del giorno 24 luglio 2019.

Hanno giustificato la loro assenza gli assessori Mezzetti e Venturi.

Riprendiamo i lavori dalla seduta di ieri.

 

Richiesta di inversione dell’ordine del giorno

 

PRESIDENTE (Rainieri): È stata presentata una richiesta di inversione dell’ordine dei lavori, a firma dei consiglieri Rancan e Facci, per trattare prioritariamente i seguenti oggetti: l’oggetto 8599 “Richiesta di istituzione, ai sensi dell’articolo 60, comma 1, del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa e dell’articolo 40, comma 1, dello Statuto della Regione Emilia-Romagna, di una Commissione assembleare di inchiesta sulla rete dei servizi per l’infanzia che opera in questa Regione e sulle attività di educatori e assistenti sociali a seguito degli abusi emersi nell’inchiesta giudiziaria denominata ‘Angeli e demoni’” e l’oggetto 8619 “Richiesta di istituzione, ai sensi dell’articolo 60, comma 1, del Regolamento interno dell’Assemblea e dell’articolo 40, comma 1, dello Statuto della Regione Emilia-Romagna, di una Commissione assembleare d’inchiesta sul sistema regionale dell’affidamento dei minori”.

Dobbiamo fare un intervento a favore e uno contro per la richiesta di inversione dell’ordine dei lavori.

Può parlare anche il proponente. Assolutamente sì. Uno a favore e uno contro, chiunque.

 

(interruzione)

 

Lei può parlare essendo il proponente, ma a favore o contro.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: In realtà, mi sembra una anomalia, presidente. Lo dico perché la volta scorsa non ricordo su che punto discutevamo in aula da rinviare in Commissione, proprio l’oggetto che tratteremo tra poco, ovvero il progetto di legge sull’omotransnegatività, c’era stato un proponente che ha proposto e poi sono intervenute due persone, una a favore e una contro. Qui un po’ di chiarezza andrebbe fatta.

Chiaramente il mio intervento è a favore, perché ritengo che se quanto ho letto sulla stampa in questi giorni, che mi ha lasciato anche un po’ sbigottito, devo essere sincero, fosse vero, ovvero la volontà della Giunta, del presidente Bonaccini e della sua maggioranza di chiedere la costituzione di una Commissione d’inchiesta sui fatti dell’operazione “Angeli e demoni” noti come il caso Bibbiano e che tale richiesta è stata formulata e depositata correttamente come da me tra l’altro riportato nella Conferenza dei Capigruppo che abbiamo tenuto non per questa Assemblea, perché non c’ero, a cui chiaramente mi hanno sostituito i miei colleghi, ma per quella dell’Assemblea precedente. Se ci fosse stata veramente la priorità e la volontà di andare in quella direzione, esattamente con il metodo anomalo adottato per presentare, e dopo ci sarà l’oggetto, una Commissione d’inchiesta voluta sullo stesso tema dalla maggioranza di cui tratteremo tra poco, per poterla inserire nella discussione odierna, esattamente con la stessa metodologia, e tra l’altro non so quanto corretta perché poi sarà l’Assemblea, e infatti voteremo noi l’inserimento e non l’UP che mi è stato detto si è tenuto ieri sera, quindi con metodologie anche un po’ strane per forzare la mano all’aula. Insomma, i metodi c’erano. Se si voleva dare precedenza a questo tema, si poteva fare già nell’Assemblea scorsa. Io lo feci presente e mi fu detto “È arrivato fuori tempo massimo. Si va a quella dopo”. Non ho di certo contestato né detto nulla a riguardo, perché le procedure giustamente vanno rispettate. In questa seduta si tratterà questo tema. Se c’è veramente la priorità, non c’è bisogno della bandierina “lo presento io, lo presenti tu”.

La Commissione può essere costituita e regolarmente convocata. Basta semplicemente invertire l’ordine del giorno. Tra l’altro, ce ne sono anche due. Quindi, se vogliamo, sono già ridondanti. Sono due le richieste di istituzione di una Commissione d’inchiesta. Le spostiamo prima. Se siamo tutti d’accordo, sarà sicuramente una discussione veloce e intanto diamo il via a quella che è una questione sicuramente di grave importanza per questa Regione.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente. Resto abbastanza attonito rispetto alla posizione evidenziata dal collega Bargi, per due ordini di motivi. Il primo è che nella riunione della Conferenza dei Capigruppo si era dato seguito alla proposta dell’Ufficio di Presidenza sulla calendarizzazione dei lavori di oggi, ragione per la quale il pdl all’ordine del giorno era stato ritenuto, come opportunamente è stato poi deciso, che venisse trattato successivamente l’assestamento di bilancio. In quell’occasione, la Lega Nord e la destra si erano opposti a questa organizzazione e hanno espresso il loro dissenso.

Nella giornata di ieri si è votato sul loro dissenso e oggi ci ritroviamo di nuovo qui ad assistere a questo tentativo di cambiare l’ordine dei lavori. È possibile assolutamente arrivare alla votazione della Commissione d’inchiesta una volta approvato questo pdl. Noi sulla Commissione d’inchiesta abbiamo fatto delle scelte molto chiare e molto nette, e non ci fermeremo certamente rispetto a questo. Comunque, il tempo per approvarlo esiste anche nella giornata di oggi. Fateci approvare questo pdl e poi andiamo avanti con i lavori.

Il nostro voto, quindi, è contrario all’inversione dell’ordine dei lavori.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Mettiamo in votazione l’oggetto 8599 e 8619.

Nomino scrutatori i consiglieri Campedelli, Poli e Daniele Marchetti.

Favorevoli alla richiesta di inversione dell’ordine dei lavori? Contrari? Astenuti?

 

È respinta.

 

(La richiesta di inversione dell’ordine del giorno, con votazione per alzata di mano,

è respinta a maggioranza dei presenti)

 

Iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno (8668)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora alla richiesta di iscrizione, a norma dell’articolo 75, comma 3, del Regolamento del seguente oggetto: progetto di legge di iniziativa della Giunta recante “Interventi straordinari nei settori dell’alta formazione musicale, dei beni e delle attività culturali” (Delibera di Giunta n. 1202 del 15 07 19), a firma dell’assessore Caselli.

Sempre uno a favore e uno contro.

Consigliere Delmonte, prego.

 

DELMONTE: Presidente, grazie.

Faccio mie le parole del presidente Caliandro: la Capigruppo ha deciso un ordine del giorno, non vedo perché dobbiamo stravolgerlo. Ed ecco qui che, invece, la Giunta lo vuole stravolgere. Se voi avete appena detto che assolutamente non si tocca l’ordine del giorno uscito da una Capigruppo, su cui noi abbiamo, tra l’altro, posto il dissenso perché non eravamo d’accordo, oggi invece ci troviamo qui con due richieste che stravolgono l’ordine del giorno.

Allora, delle due l’una, presidente: se non si tocca l’ordine del giorno, non lo si tocca; se, invece, lo si può toccare solo per quello che volete voi, allora lo si dica subito.

Noi siamo contrari alla richiesta di questo inserimento all’ordine del giorno, perché in Commissione c’era stato detto che questo stralcio, che di fatto è avvenuto dall’assestamento, perché così è, e la proposta di un nuovo progetto di legge sarebbe arrivata in quest’aula a settembre. Così ci è stato detto in Commissione dagli uffici tecnici dell’Assessorato. Per cui, ci troviamo ventiquattr’ore dopo, anzi nemmeno, circa dodici ore dopo, al mattino in una Capigruppo a parlare di questo tema, che ci dite adesso che lo volete portare all’interno di quest’aula. Noi abbiamo detto che, invece, non era assolutamente una cosa da fare. Non l’avete fatto in Capigruppo, tant’è che la presidente Saliera ha detto che l’unica soluzione era quella di presentarlo qui oggi, forzando di fatto la mano sull’opposizione, e oggi l’avete fatto. Quindi, andate a stravolgere sia quello che avete detto in Commissione, ovvero che l’avreste portato a settembre, sia l’ordine del giorno dei lavori di oggi di quest’aula, in barba a quanto detto dal presidente Caliandro.

Noi, quindi, siamo assolutamente contrari all’inserimento di questo punto.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Ovviamente noi, invece, riteniamo che questo progetto di legge, così come anticipato nella Conferenza dei Capigruppo, possa e debba integrare l’ordine del giorno di questa due giorni che abbiamo di fronte, non foss’altro perché è complementare al progetto di legge complementare all’assestamento di bilancio, che abbiamo approvato ieri sera. Non sarebbe comprensibile non dare continuità amministrativa e legislativa a un atto che, nel suo insieme, dispone e dà continuità alle scelte assunte nell’assestamento di bilancio.

Ricordo, come è stato spiegato anche in Commissione, che si è trattato di uno stralcio necessario per far fronte ad alcune richieste di carattere amministrativo che sono arrivate dalla Corte dei conti nell’organizzazione e nella strutturazione della modalità di approvazione della legge di assestamento di bilancio.

Il progetto di legge è stato esaminato in Commissione, è stato votato dalla Commissione competente e nella Conferenza dei Capigruppo, a nome della Giunta, il sottosegretario ha anticipato che saremmo arrivati a questa proposta.

Oltretutto non si tratta di un progetto di legge molto cospicuo, sono pochi articoli, peraltro molto chiari, con indicazioni molto semplici, che voglio ribadire per l’ennesima volta che trasferiscono risorse ai Comuni e alle realtà associative e culturali del nostro territorio. Ovviamente, va da sé che, se l’atto viene approvato in questi due giorni, diventa operativo già dai prossimi giorni, riuscendo così, quindi, a dare risposte ai cittadini, cosa per la quale ovviamente siamo tutti impegnati in quest’aula quando si tratta di dover approvare progetti di legge che, come sappiamo, devono avere la priorità su tutto il resto, essendo quello il nostro lavoro. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Mettiamo in votazione la richiesta di iscrizione dell’atto 8668.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È approvata.

 

(L’iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno, con votazione per alzata di mano,

è approvata a maggioranza dei presenti)

 

L’oggetto 8668 verrà discusso dopo i progetti di legge, quindi alla fine di tutto l’iter dei progetti di legge, prima degli atti amministrativi e delle Commissioni d’inchiesta.

 

Iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno (8689)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora alla richiesta di iscrizione del nuovo argomento, l’oggetto 8689: richiesta di istituzione, ai sensi dell’articolo 60, comma 1, del Regolamento dell’Assemblea legislativa, e dell’articolo 40, comma 1, dello Statuto della Regione, di una Commissione assembleare d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella regione Emilia-Romagna, a firma dei consiglieri Caliandro, Taruffi, Prodi, Calvano.

Uno a favore e uno contro.

Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Presidente, noi chiediamo che venga iscritta questa istituzione di una Commissione, che evidentemente si inserisce in un dibattito che questo Consiglio ha avviato con lo spirito e la volontà di andare ad accertare le responsabilità amministrative e politiche senza sostituirci al ruolo della magistratura e senza costituire in questo Paese uno stato di polizia. C’è un potere giudiziario che si occupa delle indagini, che deve accertare le responsabilità, ma noi pensiamo di non poter rimanere inermi di fronte anche a quella che può essere un’analisi schietta e sincera di cosa funziona e cosa non funziona.

Nella nostra richiesta abbiamo puntualizzato anche che questa procedura è una procedura eccezionale. Solo nel 1987 vi è stato un precedente simile in questa assise. Pensiamo di doverlo ripresentare perché vogliamo fare chiarezza, schierarci dalla parte di chi onestamente lavora tutti i giorni, ma soprattutto dalla parte dei bambini e dei genitori che rischiano di vedere ulteriormente allargate le ferite ed i loro danni. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie a lei.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Grazie, presidente. Verrebbe da dire: “Benvenuti”. Finalmente si inizia a parlare di Bibbiano anche da parte del PD. Il problema, però, è assolutamente procedurale e di regole, perché non dice furbescamente il Capogruppo del PD che la Commissione d’inchiesta è già stata richiesta ed è già calendarizzata proprio per i lavori di quest’aula. Due richieste, la prima della Lega e la seconda di Fratelli d’Italia, giacciono da due settimane. Per due settimane non si è levata alcuna voce da parte del PD. Anzi, il presidente Bonaccini, proprio per evitare, per cercare di evitare che si arrivasse alla Commissione d’inchiesta, che è un organo importante, una Commissione importante, sarebbe stato, se tempestivo, un segnale politico anche da parte vostra di assoluto rilievo, ma il presidente Bonaccini ha cercato di svicolare inventandosi la Commissione tecnica di verifica, tutta amministrativa, tutta interna, nominando una serie di professionisti, ma naturalmente senza alcun controllo da parte dell’aula e quindi naturalmente anche delle opposizioni. Cosa è successo? A fronte del salire mediatico intorno al silenzio assordante, passatemi il termine, del PD anche nazionale sulla vicenda si è cercato di correre ai ripari. Ecco che arriva una Commissione d’inchiesta per cercare in limine litis di intervenire e non perdere la discussione, anzi addirittura volendola intestare, perché oggi passa che il presidente Bonaccini, in uno spirito di ricerca della verità e in uno spirito di trasparenza, vuole arrivare alla verità su Bibbiano. No, il presidente Bonaccini rincorre le opposizioni, che lo hanno messo all’angolo perché non parlava di Bibbiano e in generale del sistema dei servizi sociali a livello regionale. Quindi, è chiaro che oggi è strumentale.

Noi non siamo contrari alla Commissione d’inchiesta. L’abbiamo chiesta per primi. Siamo contrari alla strumentalità che oggi viene manifestata dal PD con questa proposta.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Caliandro, gli interventi sono già stati fatti. Lei interviene per?

 

(interruzione)

 

Provi a dirmi qual è il fatto personale.

 

CALIANDRO: In riferimento al “furbescamente”. Non so se deve riascoltare, io ho ascoltato bene. Se mi dà la possibilità, lo illustro.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Io, fossi in lei, eviterei in una fase così… Però, se vuole, io gliela lascio la parola.

 

CALIANDRO: La ringrazio, presidente.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Prego.

 

CALIANDRO: Il riferimento è al “furbescamente”. Io, in premessa, ho detto che è già iscritto e calendarizzato in questa Assemblea che ci siano due richieste, soltanto che la nostra richiesta muove da un grandissimo principio di diritto, che è il principio di non colpevolezza e di legalità. Quindi, non abbiamo presentato una richiesta in cui già emettiamo una sentenza, ma vogliamo fare delle ricerche, delle verifiche per comprendere come i fatti sono andati.

Si tratta non di galateo istituzionale, al quale evidentemente il collega non ha pensato di fare riferimento, ma semplicemente di rispettare le norme di diritto, e tra avvocati dovremmo esserci intesi.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: Anch’io intervengo visto che mi viene attribuito il ruolo di giudice, che evidentemente non ho, anzi la nostra richiesta è ben specifica, per cui la Commissione d’inchiesta è normata…

 

(interruzione)

 

Mi dice che io faccio già sentenze…

 

PRESIDENTE (Rainieri): Scusi, consigliere Bargi. Presiedo ancora io in questo momento. Se ho dato un fatto personale per una cosa che forse non ci stava, devo ascoltare anche il perché l’altro consigliere chiede di poter discutere su fatto personale. Quindi, evitiamo di alzare i toni, almeno per il momento. Poi vedremo.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: Ovviamente cerchiamo di tenerli bassi i toni, però se ci viene detto che quello che depositiamo noi sono sentenze e non atti di costituzione ai sensi del Regolamento della nostra Assemblea legislativa e delle Commissioni, mi vien da dire che, evidentemente, questo è un atto politico mascherato già da adesso da un’azione per cercare di piantare la bandierina su quello che è il tema della Commissione d’inchiesta.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Benissimo. Grazie.

Mettiamo in votazione la richiesta di istituzione dell’argomento 8689.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

 

È approvata.

 

(L’iscrizione di nuovo argomento all’ordine del giorno, con votazione per alzata di mano,

è approvata a maggioranza dei presenti)

 

L’oggetto è iscritto. Verrà discusso in ultimo, insieme alle altre due richieste di Commissione d’inchiesta.

 

OGGETTO 7159

Progetto di legge d’iniziativa del Consiglio comunale di Bologna “contro l’omotransnegatività e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”. (Deliberazione della Consulta di garanzia statutaria di ammissibilità n. 2 del 19 luglio 2018 pubblicata sul BURERT n. 230 del 25/07/2018) (TESTO BASE) (120)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 6586

Progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: “Norme per il diritto all’autodeterminazione, contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”. A firma dei Consiglieri: Piccinini, Sensoli, Bertani

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora al progetto di legge 7159: progetto di legge d’iniziativa del Consiglio comunale di Bologna “contro l’omotransnegatività e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”. Delibera della Consulta di Garanzia statutaria di ammissibilità n. 2 del 19 luglio 2018 pubblicata sul BURERT n. 230 del 25 luglio 2018.

È abbinato l’oggetto 6586: progetto di legge d’iniziativa dei consiglieri recante “Norme per il diritto dell’autodeterminazione contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere” (28.05.2018), a firma dei consiglieri Piccinini, Sensoli e Bertani.

Il testo n. 1 è stato licenziato dalla Commissione per la parità per i diritti delle persone nella seduta dell’11 luglio del 2019 con il seguente titolo “Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.

La legge è composta da 12 articoli.

La relatrice della Commissione, la consigliera Mori, ha preannunciato di svolgere la relazione orale.

Il relatore di minoranza, il consigliere Facci, ha preannunciato di svolgere la relazione orale.

Passo la parola alla relatrice della Commissione, la consigliera Mori. Prego.

 

MORI, relatrice della Commissione: Grazie, presidente. Alea iacta est dicevano gli antichi, ovvero il dado è tratto. L’approdo in plenaria della legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere ci consente, infatti, di mettere in fila dati, riflessioni e ragioni di una legge importante; un punto di arrivo che è anche un punto di partenza per il rafforzamento degli strumenti a nostra disposizione.

Come ogni anno, in occasione del 17 maggio, Giornata internazionale per il contrasto alla omotransfobia ILGA-Europe ha diffuso la Rainbow Map del 2019, che sottolinea il livello di rispetto e di tutela dei diritti delle persone LGBTI in Europa. Su 49 Paesi presi in esame, l’Italia è trentaquattresima, perdendo due posizioni dal 2018. In ultima posizione la Russia, e abbiamo detto tutto.

Il nostro Paese passa, dunque, nel giro di un anno soltanto, dalla trentaduesima alla trentaquattresima posizione. Tra le ragioni considerate dal report per questo peggioramento ci sono le prese di posizione pubbliche apertamente ostili alle persone omosessuali da parte di personalità dello Stato, quali il famoso “non esistono” pronunciato dal ministro Fontana a proposito delle famiglie arcobaleno, la partecipazione del ministro Salvini al Congresso di Verona e la controversa vicenda del patrocinio del Governo.

Il decreto sicurezza del ministro dell’interno viene definito come una legge che può far sì che il Paese smetta di offrire protezione alle persone LGBTI che scappano dalle persecuzioni e chiedono asilo su base umanitaria. Non mancano anche i tanti casi di insulti e aggressioni omofobiche denunciate nelle cronache quotidiane.

Il rapporto cita anche le azioni positive e la sempre maggior consapevolezza della popolazione europea, che si inserisce, però, in un periodo storico e politico complicato. La mancanza, infatti, in Italia di una legge nazionale contro la violenza omotransfobica è un fatto grave, che legittima sottovalutazioni e reticenze.

La nostra legge regionale, che non ha competenze penali e non può assumere nessuna competenza dello Stato, ha però l’ambizione di contribuire a rendere il contesto culturale e sociale nei confronti delle persone LGBTI sempre più inclusivo, superando forme di pregiudizio stigmatizzanti, francamente inaccettabili.

È vero che tanta strada è stata fatta, ma tanta ne resta da fare sul piano dei diritti sociali e civili delle persone, delle famiglie e delle comunità.

In un dibattito pubblico sempre più aggressivo e polarizzato su posizioni che a tratti inneggiano alla restaurazione del patriarcato, la politica dei cosiddetti “muscolari” costruisce ring quotidiani di conflittualità e qualunquismo, lasciando spesso i territori scoperti a cercare soluzioni per i tanti, complessi e variegati bisogni delle persone, linguaggio di istigazione all’odio sdoganato dalle massime cariche dello Stato, manciate di volgare sessismo travestito da acume politico, accostamenti beceri di inchieste giudiziarie ancora in via di svolgimento per colpire le persone omosessuali e intere comunità. Insomma, è un contesto difficile e a tratti intimidatorio.

Per non farci mancare nulla, registriamo la ripresa in aula dell’esame del famigerato disegno di legge Pillon, ieri rimandato a settembre, avversato e contestato nel merito in modo trasversale, perché sotto le mentite spoglie di un provvedimento volto ad equilibrare l’affido nelle separazioni in realtà disapplica la normativa sul divorzio, vìola la Convenzione di Istanbul, nega i diritti delle persone omosessuali e, riga dopo riga, si dipana per affermare la visione di una società misogina, con modelli precostituiti e forgiati su una visione illiberale e retriva della società.

Questo è il punto focale: ritroviamo il senso delle parole, ogni tanto.

La campagna contro i diritti delle persone omosessuali, brandendo il vessillo della famiglia naturale, come se qualcuno fosse contro la famiglia, e quindi confondendo i piani dei diritti individuali e collettivi, è una campagna apparentemente a tutela dei valori della tradizione, quale poi tradizione, ma in realtà rappresenta un attacco allo Stato laico, al diritto di famiglia e alle conquiste delle donne dal Settanta ad oggi. Di fatto, è un attacco al sistema pubblico di protezione sociale in modo che come con la legittima difesa ciascuno si difenda da sé.

La nostra terra, l’Emilia-Romagna, nella storia della conquista dei diritti e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite è stata protagonista, spesso antesignana, ostinatamente protesa al progresso della società, all’innovazione dei processi, alla competitività del sistema, ma senza mai dimenticarsi delle persone, dei primi come degli ultimi, delle minoranze, delle ingiustizie, delle discriminazioni, senza mai interpretare un ruolo notarile degli accadimenti, ma tentando sempre di lasciare un’impronta senza mai calpestare nessuno; di governare i processi e mai di subirli.

La lotta alle disuguaglianze che l’Agenda 2030 dell’ONU ha messo al centro degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile del pianeta, passa attraverso la lotta alle discriminazioni mediante misure di prevenzione e contrasto al tessuto culturale che nutre la repulsione per l’altro. Non bisogna mai avere paura dell’altro, perché “tu, rispetto all’altro, sei l’altro” diceva il maestro Camilleri.

L’azione della Regione Emilia-Romagna è stata sempre ispirata e promossa in coerenza con i princìpi antidiscriminatori di uguaglianza sostanziale e garanzia di diritti inviolabili dell’uomo, per prevenire ogni tipo di violenza e discriminazione in quanto lesive della libertà, della dignità, della inviolabilità della persona.

Già nella passata legislatura con l’approvazione della legge per la parità si era intrapreso un percorso di sviluppo di politiche antidiscriminatorie organiche, strutturali, integrate e trasversali per la parità tra uomini e donne in settori prioritari quali la rappresentanza nei luoghi della decisione, nella salute, nel lavoro, nella conciliazione dei tempi di vita, ma soprattutto per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne in particolare la violenza domestica, perché la violenza non è mai un fatto privato da sbrigarsi nelle quattro mura. La violenza è un problema di salute pubblica mondiale e ancora prima una questione culturale che ci riguarda tutti e tutte e sulla quale, in primis, le Istituzioni devono agire per evitare l’isolamento e la neutralizzazione delle vittime.

In questo alveo di consolidamento delle azioni regionali contro tutte le discriminazioni per lo sviluppo della società e per il benessere della persona la Regione Emilia-Romagna con la delibera di Giunta del febbraio 2014 ha aderito alla Rete READY, la rete nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazione per orientamento sessuale e identità di genere, a cui la sottoscritta, con decreto presidenziale del 2017, è stata delegata in via permanente.

Successivamente, su impulso delle città aderenti alla rete, che già promuovevano azioni positive molto avanzate sul territorio, si è costituito il Coordinamento regionale della rete Ready, nel quale è maturata la condivisione della necessità di dotarsi di strumenti legislativi a supporto delle azioni locali.

Questa necessità si è tradotta nella proposta di legge di iniziativa popolare approvata dai Consigli comunali delle città di Bologna, che per prima lo ha votato in aula il 28 maggio 2018, Parma, Reggio Emilia e San Pietro in Casale, ispirata al testo della proposta di legge a prima firma dell’allora collega consigliere Franco Grillini, già depositata nel luglio 2014 agli atti della Regione.

A luglio 2018, la Consulta di garanzia statutaria ha esaminato la proposta di legge di iniziativa popolare, emettendo il parere di ammissibilità nell’ottobre 2018, con la sua assegnazione alla Commissione Parità in sede referente, abbinata, come è stato detto, al progetto di legge di iniziativa dei consiglieri Piccinini, Sensoli e Bertani.

Da allora si sono succedute sedute di illustrazione del testo base da parte delle proponenti, di approfondimento comparato con i testi di legge già approvati in altre Regioni, ad esempio Toscana, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Sicilia e Umbria, le audizioni del CORECOM, per quanto di competenza incluso nella legge, nonché un’udienza conoscitiva, che ha registrato una nutrita partecipazione e molteplici contributi.

Il testo che oggi si sottopone all’aula è il testo approvato nella seduta dell’11 luglio scorso in Commissione Parità, un testo in cui confluiscono molteplici competenze e contributi da parte delle organizzazioni sindacali, delle associazioni LGBTI, dei funzionari dell’Assemblea legislativa e della Giunta, ma soprattutto dei colleghi e delle colleghe che si sono spesi in prima persona e con autentica passione per dare un proprio punto di vista per rafforzare e migliorare il testo legislativo.

Sì, perché su questo testo non si discute. Il testo di legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere è un testo rafforzato in molti passaggi e reso fortemente integrato con le competenze e le strutture regionali.

Abbiamo riproposto il titolo del testo a prima firma Grillini, perché il termine “omotransnegatività”, benché sia considerato un lessico più avanzato e adeguato a rappresentare il coacervo di pulsioni e odio contro le persone omosessuali, non avendo un riconoscimento formale nelle legislazioni di riferimento e generando strumentalizzazioni sull’effettivo significato, in accordo con le città proponenti abbiamo optato per superarlo, blindando la legge sugli obiettivi essenziali, prevenzione e contrasto alle discriminazioni e alle violenze.

La legge si compone di dodici articoli, di cui undici dispositivi e uno modificativo di altre leggi.

I princìpi e le finalità della legge sono chiari. Vi è stato dibattito per la sostituzione di un verbo rispetto al testo base. Il comma 2 dell’articolo 1 recita, infatti, testualmente: “La Regione riconosce il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere, secondo quanto disciplinato dalla legge n. 164/1982”. Perché la Regione riconosce e non garantisce? Ci sono due ragioni che mi preme sottolineare: l’uso del verbo “riconoscere” promana dal fatto che nell’ordinamento giuridico i diritti inviolabili dell’uomo sono preesistenti alla costituzione e hanno un valore pre-giuridico. L’ordinamento non li crea ex novo, ma si limita ad ammettere la loro esistenza.

Questo valore pre-giuridico ha consentito alla giurisprudenza di trasformare l’articolo 2 della Costituzione in una sorta di clausola aperta, lasciando all’interprete e al giurista la possibilità di individuare l’emersione di ulteriori diritti che hanno necessità di essere tutelati.

La Regione non può garantire il diritto all’autodeterminazione alle persone in ordine alla propria identità di genere, perché oggi, in Italia, il genere di elezione viene sancito tramite sentenza di un tribunale. Quello che può fare la regione, come specificato nella legge, è fornire misure di sostegno, come i farmaci, ad esempio, per la terapia ormonale sostitutiva, oggetto di un’interrogazione parlamentare per sollecitare l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, a rendere disponibili i farmaci a base di testosterone.

Sempre nel primo articolo la Regione aderisce formalmente alla rete READY. Nel secondo articolo sono citati gli interventi in materia di politiche attive del lavoro, che ha visto e vedrà per la sua attuazione il contributo esperienziale per competenza delle organizzazioni sindacali, che ringrazio per la collaborazione nella stesura, e della consigliera di parità regionale, di nomina ministeriale, con funzioni specifiche di pubblico ufficiale in materia di discriminazioni sul lavoro.

L’articolo 3 riguarda la promozione di attività di formazione del personale docente per favorire l’inclusione sociale e il superamento di discriminazioni e pregiudizi che possono favorire bullismo e cyberbullismo, motivato dall’orientamento sessuale, o dall’identità di genere, con il conseguente isolamento sociale delle vittime.

È previsto anche il sostegno all’associazionismo sportivo, per favorire l’equa partecipazione allo sport, nonché per contrastare stereotipi e l’abbandono sportivo.

L’articolo 4 dà atto dell’importanza di promuovere cultura della non discriminazione, attraverso progetti che, come molte leggi regionali, si basano sull’imprescindibile collaborazione con le associazioni e le organizzazioni di volontariato impegnate per le finalità della legge.

All’articolo 5 si promuovono iniziative di formazione, consulenza e sostegno sociosanitario, sulle specifiche necessità che riguardano le persone gay, lesbiche, transessuali, transgender e inter-sex, e il conseguente adeguamento degli strumenti di pianificazione programmatica all’interno del Piano sociale e sanitario per la promozione della salute e della prevenzione, anche mediante specifica formazione e aggiornamento di operatori e operatrici.

L’articolo 6, a mio parere, costituisce un salto di qualità nel protagonismo del sistema pubblico per la promozione di progetti di accoglienza, soccorso e protezione e sostegno alle vittime.

L’articolo 7 introduce anche per le discriminazioni e le violenze verso le persone omosessuali il monitoraggio e la raccolta dei dati relative al fenomeno, nell’ambito dell’Osservatorio regionale contro la violenza contro le donne già efficacemente attivati in materia di violenza, appunto, di genere, con le finalità di rendere sempre più adeguate le politiche di prevenzione.

L’articolo 8 specifica le competenze e gli interventi del Corecom.

L’articolo 9 introduce la facoltà, per la Regione Emilia-Romagna di costituirsi parte civile nei casi di violenza di particolare impatto per la comunità regionale.

All’articolo 10, la norma finanziaria autorizza la Giunta al finanziamento della legge. All’articolo 11, la clausola valutativa ogni tre anni impegna l’Esecutivo a relazionare alla Commissione competente sull’andamento del fenomeno delle discriminazioni e violenze, sia a livello regionale che nazionale, confidando che si vada oltre i dati dell’OSCAD, le azioni intraprese, i risultati ottenuti, l’ammontare delle risorse impegnate e la tipologia dei soggetti beneficiari, oltre ad eventuali criticità riscontrate nell’attuazione della legge.

Infine, l’articolo 12, modificativo e integrativo della legge 6 del 2014 per la parità: un principio di legalità che all’epoca dell’approvazione della legge non era emerso con la forza con cui è emerso durante la discussione di questo testo.

La Regione Emilia-Romagna non concede contributi alle associazioni che vìolano la legge 40 del 2004, ovvero, a chi realizza, organizza e pubblicizza la surrogazione di maternità. Questo significa, come qualcuno teme, silenziare il dibattito pubblico su un tema importante? Ovviamente no, perché esiste l’articolo 21 della Costituzione, ed è doveroso l’approfondimento dei temi che si considerano cruciali per la società. Al contempo, comprendiamo il portato simbolico dell’accostamento, ma non potevamo ignorare il dibattito che si è sviluppato. Abbiamo quindi collocato la norma nella sede propria, perché permettetemi, delle donne e del loro destino che dovrebbe essere una responsabilità di tutti, hanno il diritto di parlane prima di tutto le donne.

E da donna che si interroga su questo tema, confido che venga assunto nella sede propria del Parlamento ed affrontato senza ideologie, con spirito di ascolto, verità e concretezza.

Un articolato breve, dunque, ma denso, nel quale è stata espunta ogni possibile sbavatura che possa legittimare un ricorso da parte del Governo, non certo per sterile cautela giuridica, quanto piuttosto per consapevolezza di quello che potrebbero fare. Non è stata una sfida semplice, e siamo consapevoli che non è certo un’azione, un progetto, una legge a risolvere le discriminazioni e le violenze, ma tante leggi, tante azioni, tanti progetti possono imprimere un cambiamento.

Non è stato semplice, dunque, ma credo fermamente ne sia valsa la pena, e per questo risultato devo fare dei ringraziamenti: ai colleghi e alle colleghe della maggioranza, che sono stati nel percorso con pazienza e intelligenza; ai colleghi tutti, per gli spunti di discussione, eccetto quelli irricevibili, alle associazioni e in particolare alle associazioni LGBTI che ci hanno spronato, accompagnato e sostenuto, anche criticato, ma così deve essere; a Vincenzo Branà, presidente del Cassero, instancabile e competente interlocutore a cui va la mia solidarietà per le gravi minacce ricevute; a Franco Grillini, che, di fatto, nel 2014 ha dato il via al percorso e a tutte le persone che della comunità LGBTI hanno preso parola a vario titolo per contribuire a questo processo; ai funzionari dell’Assemblea e della Giunta, che hanno collaborato alle limature del testo nonché alla Presidenza per il supporto; grazie alle città promotrici della legge di iniziativa popolare e in particolare l’assessore Susanna Zaccaria, Natalia Maramotti, Nicoletta Paci che non hanno mai fatto mancare presenza e sostanza; infine, permettetemelo, al Capogruppo Caliandro e al collega Calvano senza i quali non saremmo qui oggi.

Infine, permettetemi una nota personale perché nelle battaglie per i diritti delle persone, nelle battaglie giuste, nelle battaglie importanti e difficili c’è tanto di noi. Ebbene, da eterosessuale se avessi avuto anche il minimo dubbio sull’esistenza dell’omotransfobia e dell’odio verso le persone omosessuali e transessuali per quello che ho subìto e patito anche solo per aver cercato di trattare con competenza rigore e passione questi temi, beh, me lo sono tolto completamente. Esiste l’omotransfobia, esiste l’omotransnegatività, esiste l’odio, esistono le discriminazioni, esiste il calcolo politico e la strumentalizzazione. Poi, esistono ragazzi e ragazze meravigliosi che attendono un segnale per potersi sentire accolti in un abbraccio. Esistono associazioni instancabili che combattono da tanto tempo e non smetteranno mai. Esistono persone che capiscono la fatica di lottare ogni giorno per un mondo migliore e tendono la mano, semplicemente.

Esiste l’Emilia-Romagna, terra di diritti e di libertà, terra dei fratelli Cervi e delle pastasciutte antifasciste, terra di sapere e di buonsenso, terra in cui un grande…

 

(Applausi)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Non lo ripeto, non lo ripeto. Faccio sgomberare l’aula. Faccio sgomberare l’aula. Se volete assistere ai lavori in modo educato, va bene, sennò faccio sgomberare l’aula. Questa è la terza volta. Alla prossima vi faccio mandar fuori.

Prego, consigliera.

 

MORI: Esiste l’Emilia-Romagna, terra in cui un grande comandante partigiano a chi gli domandava “perché” rispondeva “perché noi combattevamo per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro, perché le battaglie di civiltà prima o poi servono a tutti”.

Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie a lei.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI, relatore di minoranza: Grazie, presidente.

Se avessimo mai avuto dei dubbi sull’impronta squisitamente ideologica di questo progetto di legge, dopo la relazione della consigliera di maggioranza questi dubbi ce li siamo immediatamente tolti. I richiami in fondo al proprio intervento credo che siano più che significativi.

Io voglio fare un passaggio, però, iniziale, che forse non è stato colto o non è stato detto o è stato sfumato. Questo progetto di legge nasce volutamente non dall’aula. Bastava che chiunque di noi o di voi portasse un progetto di legge del genere. La collega Piccinini l’ha fatto. No, questo progetto di legge volutamente, con una precisa valenza simbolica, è stato fatto presentare alle Amministrazioni comunali. Ma quali Amministrazioni comunali? Da dove nasce? Da Reggio Emilia. Da Reggio Emilia. Poi arriva a Bologna, ma nasce a Reggio Emilia. Non è un caso che nasca a Reggio Emilia. Poi ci torneremo.

Reggio Emilia ha già adottato un protocollo, addirittura anticipando la Regione, un protocollo che parla proprio di omotransnegatività, parola che oggi viene espunta. Oggi questo termine non c’è più. Sembrava fosse la bandiera di questo progetto di legge, il termine “omotransnegatività”, per andare oltre, perché doveva essere un segnale forte, e cioè la regione Emilia-Romagna la terra dei diritti, delle garanzie. E si inventa l’omotransnegatività. No, non c’è più. Ma questo è un problema della maggioranza, che lo ha espunto. Ma a Reggio Emilia c’è, perché nel protocollo che nasce a Reggio Emilia c’è.

Perché nasce a Reggio Emilia? Evidentemente perché c’è una realtà del mondo cosiddetto “LGBT” più forte, più articolata, forse più coesa (non lo so) ma che, comunque, ha dato una precisa impostazione e che ha deciso di dare questo segnale: nasce dal basso, lo vuole il popolo, quindi i Consigli comunali. Una spinta gender evidentemente molto più forte. E non è un caso che poi finiremo per parlare di quel di Bibbiano e dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza. Perché? Perché sono coinvolte anche persone che a quel protocollo sulla omotransnegatività a Reggio Emilia hanno partecipato.

E allora, Reggio Emilia, e quindi l’adozione della consigliera di maggioranza che ha rivendicato il proprio ruolo nella rete READY porta in quest’aula la legge contro omotransnegatività. E allora andiamo a capire cosa si intende per omotransnegatività: la non adesione, la non condivisione, la contrarietà ad altre istanze, ad altri pensieri. Non sono azioni in quanto azioni, sono pensieri. Poi, l’omotransnegatività, come tutti i concetti, può tradursi in comportamenti contra legem, ma questa è un’altra questione.

Quello che si vuole invece contrastare è il pensiero diverso. È questa la gravità di questo impianto. In nome di una difesa di posizioni, di diritti asseritamente lesi, si vuole imporre una ideologia, si vuole imporre un comportamento sostanzialmente unico. Si vuole mettere il bavaglio al pensare diversamente, al dissenso. Ecco perché noi diciamo che sia liberticida. Quanto al fatto che sia poi incostituzionale, ci sarà chi parlerà di questo aspetto molto tecnico, io voglio stare alla questione di fondo.

Caro presidente, approfitto della sua autorevole presenza e del fatto che lei mi stia ascoltando con attenzione, io credo che sia grave che la Regione, che è il supremo Ente pubblico territoriale, decida di schierarsi a favore di uno specifico orientamento ideologico. Qui siamo infatti nel campo dell’ideologia, presidente, a favore e contro di chi questo orientamento lo critica, legittimamente, nella logica del poter dissentire: con la parola, senza scadere in comportamenti che possono costituire reato, che possono essere appunto illegittimi, illeciti, eccetera.

Quando, allora, l’Ente pubblico non è più garante del pluralismo, io credo che contravvenga a una sua funzione primaria e non faccia bene il proprio lavoro. Il fatto che, per volontà della stessa maggioranza, la paternità non la conosco, non mi interessa, ma è la maggioranza che ha presentato 22-23 emendamenti che hanno modificato l’originario impianto e il fatto che sia stato espunto il termine omotransnegatività non depotenzia la portata negativa, dal nostro punto di vista, di questo progetto di legge. Non lo depotenzia perché mantiene nell’impianto una serie di richiami assolutamente astratti. Cosa sono gli stereotipi discriminatori? Chi decide quali sono gli stereotipi discriminatori?

Ha ragione, sono nove articoli, sono solo nove, ma sono importanti, sono potenzialmente pericolosi, alcuni più di altri e dirò quali.

Se si vogliono tutelare persone, che assumono essere discriminate, c’è una legislazione nazionale e internazionale di tutto rispetto, c’è la Costituzione, ci sono le convenzioni internazionali, c’è il diritto positivo penale, c’è la repressione penale laddove si verificano fatti e vale per qualsiasi persona. Siccome parliamo di persone, vale per tutti. Non ci sono soggetti che in qualche modo devono avere una tutela maggiore o minore, vale per tutti.

Il punto è se questa legislazione già c’è, qual è il senso di questo progetto di legge? Perché dal punto di vista delle tutele, di fatto, è inutile. Le tutele già ci sono. Il vero dato è che vuol dire qualcosa di più questa legge, vuole, di fatto, affermare il pensiero unico della comunità LGBT, pensiero unico omosessualista, che certamente, dal nostro punto di vista, non può essere condiviso.

Perché non può essere condiviso? Perché nell’imporre questo pensiero unico, si vanno ad affermare e a prevedere una serie di azioni, in particolare nel campo dell’educazione, nel campo dei servizi socioassistenziali e anche nel campo della comunicazione/informazione. Quando si parla di educazione, e naturalmente vengono in mente tutte le iniziative a favore del gender, che anche questa Regione ha ampiamente finanziato, è evidente che si vuole ulteriormente rafforzare quella impostazione, ulteriormente rafforzare quelle iniziative. Allora, mi vengono in mente (non può non essere così) gli educatori di Bibbiano. Perché gli educatori di Bibbiano? E torniamo, guarda caso, in territorio di Reggio Emilia. Perché nel caso di Bibbiano, al netto delle questioni penali, che non sono oggetto di discussione, c’è la Magistratura che dovrà valutare i reati, ma nel sistema evidenziato dai fatti di Bibbiano emerge un sistema nella gestione dei servizi sociali, nella gestione dei rapporti con le Istituzioni, nei rapporti con le famiglie, emerge l’ideologia gender, emerge il fatto che in quel caso, che valuteremo poi se è un caso isolato oppure no, ci sono esponenti della comunità LGBT che hanno deciso le sorti di minori, affidandoli a coppie omosessuali. Quindi, è un’evidente implicazione ideologica, quindi politica, in un’azione che in quel momento era di carattere socioassistenziale, quindi di carattere istituzionale, quindi di carattere amministrativo. I reati sono a parte, se ci sono. Ci sono certamente delle politiche contro la famiglia, delle politiche contro la famiglia naturale e tradizionale, costituzionalmente riconosciuta.

Il punto è che quella ideologia, quel metodo, in questo progetto di legge, vuole diventare norma. Vuole diventare norma. Dietro questo pdl, presidente (credo siano stati significativi i richiami che ha fatto la relatrice di maggioranza), c’è il mondo LGBT, ci sono gli ideologi del pensiero unico in quel senso, quelli del “genitore 1” e “genitore 2”, dell’asterisco in fondo alla parola per non offendere nessuno. Questa è l’ideologia che con questo progetto di legge vuole diventare norma, norma regionale, valevole su tutto il territorio regionale.

Sempre al netto delle responsabilità penali, è un caso che chi è stato coinvolto a Bibbiano abbia avuto un ruolo nella gestazione di questo pdl? È un caso? Non è un caso. Mi hanno sempre insegnato che niente accade per caso, solo le calamità naturali accadono per caso – ma anche quelle possono avere una loro giustificazione.

È un caso che il sistema dei servizi sociali della Val d’Enza, dove l’ideologia gender che ha distrutto famiglie, che ha verosimilmente rovinato esistenze, soprattutto bambini, è un caso che questo sistema fosse esaltato da chi oggi esalta questo pdl e vuole questo pdl? È un caso? È normale? Non ci fa neanche pensare che possa esserci qualcosa che non va?

Purtroppo questo progetto di legge ha un approccio ideologico, culturale, è un fatto culturale, ideologico: vorrebbe imporre ogni scelta a chi la pensa diversamente. Io capisco l’imbarazzo a parlare di quello che succedeva nei servizi sociali della nostra regione. Ma quando leggiamo, e sono atti, a prescindere da quelle che saranno le vicende giudiziarie, che la Carta di Noto comprende linee-guida universalmente riconosciute come necessarie e doverose per quanto riguarda la tutela dei minori in stato di situazione pericolosa che potrebbe portare ad un’eventuale adozione, o comunque allontanamento, secondo la legislazione oggi vigente. Quando la Carta di Noto viene disattesa dai servizi sociali della regione, perché adottano un altro sistema, che è il metodo Bolognini, tanto per intenderci. Questo ci deve far riflettere, se stiamo andando sulla strada giusta anche su questo pdl, presidente. Poi ne parleremo quando ci sarà da affrontare la Commissione d’inchiesta, ma questo pdl vuole normare un sistema di quella portata drammatica, negativa e invasiva rispetto alle persone.

Il fatto che fosse il mondo LGBT a determinare quelle scelte ci deve far ulteriormente riflettere. Fondamentalmente qui si vuole far diventare legge una ideologia contraria, di fatto, alla famiglia, e mi spiace che nel progetto di legge non ci sia alcun richiamo all’articolo 29 della Costituzione. Si richiama l’articolo 30 dove si parla dei figli, non si richiama la famiglia. È un caso? Certamente non è un caso. È assolutamente voluto perché il progetto di legge vuole imporre una ideologia, vuole imporre una ideologia non solo per cercare di contrastare o per cercare di contestare le opinioni differenti, vuole imporre naturalmente dei privilegi, vuole determinare delle corsie preferenziali, ma lo vediamo nei pochi articoli che riguardano l’accesso ai servizi piuttosto che il campo del lavoro, il campo anche addirittura dello sport. Vogliamo istituzionalizzare le quote gay? Non so. Che cosa si vuole fare? Si vuole imporre una ideologia, si vogliono imporre delle corsie preferenziali. Quali sono i soggetti che, di fatto, subiranno le conseguenze di questo?

Di fatto, i minori, le famiglie, tutti quelli che in un qualche modo subiranno le conseguenze negative di un approccio ideologico in tal senso. Ecco perché ripeto che, purtroppo – dico “purtroppo” perché è un fatto talmente grave, talmente drammatico, talmente orribile che non si può certamente invocarlo nemmeno ad esempio – il fatto che la vicenda di Bibbiano sia capitata oggi, o quantomeno le ultime settimane, ci aiuta a capire quello che vuole essere portato avanti con questo progetto di legge. Ecco perché noi non possiamo non parlare di Bibbiano: è la prova provata di quanto sia aberrante una ideologia che, con questa legge, si vuole imporre a tutta la regione.

Noi ci opporremo, presidente, con tutti i mezzi che abbiamo a nostra disposizione. I voti li conosciamo, i rapporti di forza li conosciamo, quindi sappiamo perfettamente che le nostre prerogative sono limitate, ma noi faremo quello che ci è consentito. Poi, verosimilmente verrà approvata, ma dovrà essere approvata con la consapevolezza che, da parte nostra, vi è tutta l’avversione, tutto il disgusto, tutta la contrarietà a un progetto di legge che vuole imporre norme di legge per imporre una ideologia precisa, che tutela una realtà, che evidentemente sarà anche minoritaria, ma è anche evidentemente influente, quantomeno in questo territorio, conculcando i diritti di chi non la pensa diversamente, conculcando i diritti di chi ritiene che “genitore 1” e “genitore 2” siano delle assurdità, di chi ritiene che ci sia ancora il bisogno di avere figure di riferimento precise come padre e madre, conculcando i diritti di chi ritiene che l’affido a coppie omosessuali sia ancora, quantomeno nel nostro Paese, dal nostro punto di vista, un’aberrazione, che la maternità surrogata sia un’aberrazione, che chi si va a comprare i figli all’estero sia una persona che compie un reato, perché nel nostro Stato non è assolutamente…

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

PRESIDENTE (Saliera): Relatore Facci, ha finito il suo tempo.

 

FACCI: Finisco, presidente.

 

PRESIDENTE (Saliera): Rispetti anche lei le regole. Grazie.

 

FACCI: Sì.

Quindi, ci scuseranno i presidenti, i commessi e tutti quelli che dovranno osservare la nostra opposizione con i mezzi regolamentari che potremo, che abbiamo a disposizione e che non sono diversi.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Facci.

Ora procediamo con la discussione generale.

In discussione generale, ha chiesto la parola la consigliera Piccinini Silvia. Prego.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

In premessa, tengo a dire che abbinato a questo progetto di legge, come è stato detto, c’era anche un progetto di legge del Movimento 5 Stelle.

Io avrò solamente venti minuti perché è stata fatta una forzatura in Commissione, quindi oggi ci troviamo come relatore di minoranza il collega Facci a rappresentare tutte le minoranze, quindi anche il Movimento 5 Stelle.

Per questo io mi voglio assolutamente dissociare dalle parole che ho sentito fino ad ora. Quelle parole non rappresentano assolutamente il pensiero del Movimento 5 Stelle, rispetto a teorie aberranti, e quelle sì, disgustose. Se fosse per qualcuno, qui dentro l’omosessualità sarebbe ancora una malattia da curare, al pari, purtroppo, di alcune dichiarazioni che furono fatte da un esponente del Pd, la Binetti, che disse che l’omosessualità è una devianza della personalità.

Per noi, lo voglio dire chiaramente, la lotta contro la omo-transfobia è una questione di civiltà, una battaglia che dovremmo abbracciare tutti quanti. Un anno fa mi fu fatta un’intervista da una testata che si chiama Gay News, in cui mi venne chiesto se eravamo pronti a votare questa legge. La risposta fu: sì, siamo pronti e siamo pronti non solo a votarlo, perché è un provvedimento giusto e necessario, ma eravamo pronti anche a migliorarlo. E fu il motivo per cui io chiesi al Pd e alla collega Mori di non scegliere un testo base, che è quello dei comuni, ma di fare una sintesi del nostro testo, che prendeva spunti anche dalla legge dell’Umbria, e che quella fosse la base su cui lavorare e fare dei miglioramenti.

Purtroppo non è stato così. Mi fu anche chiesto come giudicavo alcune dichiarazioni fatte, sempre all’epoca, dal collega Paruolo, che non è propriamente favorevole a questa legge. Dissi che le sue parole erano arcaiche, fuori dal tempo e dalla storia, ed erano parole che io mi sarei sinceramente aspettata, come poi è accaduto, da un esponente della destra. Quindi io al collega Paruolo vorrei regalare, come dissi già un anno fa, l’articolo 3 della nostra Costituzione, che dice che “tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Purtroppo, quelle dichiarazioni non sono rimaste solo dichiarazioni, ma sono diventate emendamenti che hanno peggiorato questo testo. Altro che testo rafforzato come sentivo dire prima!

Voglio affrontare il tema più spinoso, perché, purtroppo, il dibattito si è concentrato solamente sul tema della GPA e poco sugli emendamenti che hanno totalmente depotenziato questo testo.

Ripeterò quanto ho già detto più o meno in Commissione. Spiace che questo tema sia stato infilato in questo testo di legge. Lo dicevo allora e lo ripeto oggi: quell’emendamento non c’entra nulla con questa legge e dispiace constatare la superficialità con cui si maneggia un tema così delicato. Farlo in questo modo porta, inevitabilmente, a inutili contrapposizioni.

Vi siete voluti infilare all’interno di una legge dello Stato. Il problema è che all’atto pratico questo creerà una vera censura nei confronti delle associazioni che vogliono anche solamente parlare di GPA, una censura.

Tra l’altro, la legge regionale non dice che le associazioni non possono pubblicizzare la GPA, dice “chiunque”. Voi avete inserito questo emendamento indirizzato solo alle associazioni il che significa che al lato pratico verrà sottoposta a screening preventivo e successivo ogni richiesta da parte di qualunque associazione che voglia ricevere fondi dalla Regione.

Questo significa che chi dovrà in qualche modo decidere farà un’istruttoria che può durare anche settimane. Questo per qualunque associazione voglia ricevere fondi dalla Regione.

Perché? Perché dobbiamo verificare se ha pubblicizzato o meno la GPA. Il problema principale è che chi decide che cosa è pubblicizzazione della GPA? Date una libertà di scelta a un funzionario della Regione che può interpretare in un senso o nell’altro che cos’è pubblicizzazione della GPA. Deciderà, quindi, chi ha diritto a questi contributi o meno, ma soprattutto deciderà chi sta violando una norma nazionale. Questo significa che se io decido che tu associazione non hai diritto ad avere i fondi per la pubblicizzazione della GPA…

Chiedo scusa, presidente. Significa che il giorno dopo che il funzionario decide che quell’associazione non ha diritto ad avere i fondi, il secondo successivo deve andare in Procura, perché significa che l’associazione vuole commettere un reato. Quindi, a parte la discrezionalità nelle mani di un funzionario, gli state attribuendo funzioni giudiziarie, giudiziarie.

Questo avrà delle conseguenze. La conseguenza principale è la possibilità che la Regione non dia più un euro a nessuno, il che significa denunciare tutti, oppure significa che la Regione si esporrà a ricorsi. Non so cosa ci sia da ridere, presidente. Insomma, se lei ride… Io non sono molto contenta di questo emendamento. Infine, comporterà il fatto che nessuna associazione si azzarderà più anche solo a toccare il tema della GPA (gestazione per altri). Dal mio punto di vista, questa è una censura bella e buona ed è una criminalizzazione delle associazioni.

Parlavo degli emendamenti che hanno peggiorato il testo. Li vorrei affrontare, perché vorrei in qualche modo evitare il dibattito e il rimpallo ideologico. Io vorrei stare sul tema, perché alla fine è questo con cui dovremo fare i conti, cioè il testo che verrà fuori da quest’aula, che ovviamente non verrà toccato, perché la maggioranza ha già un accordo per non spaccarsi in quest’aula, partendo dal titolo.

Il titolo è stato modificato nella versione originale, lo si diceva prima: è stata eliminata la parola “omotransnegatività”. Ma quel termine poteva essere tranquillamente normato all’interno del progetto di legge, nelle definizioni, e lì disciplinato. Siccome la parola in sé è un problema politico per la maggioranza, noi abbiamo voluto presentare un emendamento che almeno reinserisca le parole “omofobia” e “transfobia”, in quanto sono termini già utilizzati anche nella legge n. 6 del 2014 sulle discriminazioni di genere, mai contestate da nessuno e utilizzate anche negli atti europei.

Vengo all’articolo 1, e siamo nei princìpi e nelle finalità della legge. In Commissione è passata una modifica che grida vendetta. Altro che testo rafforzato! Si passa dalla “Regione garantisce il diritto all’autodeterminazione”, quindi un ruolo attivo della Regione, a “riconosce – quindi un ruolo passivo – il diritto all’autodeterminazione”. La Regione riconosce e poi ci penseranno i destinatari di questa legge a garantirsi da soli. L’impatto negativo che questo ha soprattutto sulle persone in transizione è evidente e lo capisce chiunque.

Posto che prima sentivo dello spauracchio dell’impugnazione da parte del Governo di questa legge, intanto diciamo che la Regione Umbria ha una formulazione identica, quindi utilizza la parola “garantisce” che è ancora in piedi, che nessuno si è mai sognato di toccare, che è passata anche grazie ai voti del Movimento 5 Stelle. Lo diciamo: nelle regioni dove queste leggi vengono avanti, i voti del Movimento 5 Stelle non mancano mai. Però, rilevo che avete qualche problema a portare la legge, come è successo qui, anche in Puglia e anche nel Lazio.

Purtroppo, ho letto sui social, oltre a sentirlo qua dentro, giustificazioni rispetto a una presunta impugnazione, che ritengo offensive quanto inverosimili da parte del nuovo Governo. L’ho letto sui social perché immagino già che il dibattito nel Pd non ci sarà. Lo scrivete sui social per non affrontare il tema.

Chi dice queste cose forse non sa che a impugnare la legge non è Salvini, ma è solamente il premier Conte, che non mi pare una persona omofoba. Tra l’altro, io so che le associazioni hanno anche dei contatti con Spadafora, perché ci sono dei tavoli aperti al Ministero. Vorrei invitarle a contattarlo e a chiedere lumi su questo: sono sicura che arriveranno rassicurazioni.

Ma chi racconta queste vere e proprie fesserie lo fa, e questo è il vero motivo, per nascondere ancora una volta un accordo al ribasso, finalizzato a tutelare gli interessi di partito. È la stessa persona che sottoscrisse la legge di Franco Grillini, che è qui, voglio salutare e che ringrazio, nel 2014, che riportava la stessa, identica formulazione: “La Regione garantisce il diritto all’autodeterminazione”. Non si capisce perché quella formulazione, sottoscritta all’epoca, oggi non vada più bene.

Tra l’altro, fare affermazioni di questo tipo significa anche mettere in discussione la professionalità di avvocati e giuristi della rete Lenford, che sono coloro che hanno collaborato alla stesura della legge umbra di cui sopra, che riporta la medesima formulazione.

Se per voi allora la preoccupazione è questa, va bene, non vi vogliamo lasciare alibi: facciamo un emendamento, l’abbiamo depositato, e diciamo che la Regione, per quanto di propria competenza, riconosce e garantisce il diritto all’autodeterminazione. L’emendamento è depositato. Io vorrei che voi lo votaste, visto che voi ponete dei problemi di impugnazione, che non esistono, ma va bene, facciamo finta che esistano e scriviamo “per quanto di propria competenza, la Regione garantisce”, così non ci sono più problemi per nessuno e non avete più alibi.

Io so, però, che questo emendamento non verrà approvato in virtù dell’accordo per cui questa legge non si tocca: è arrivata blindata e da lì non ci si muove. Purtroppo, la priorità non è fare una buona legge, ma è fare una legge che sia digeribile dall’ala cattolica del PD.

Siccome abbiamo capito il giochino e il tema del diritto dell’autodeterminazione è importante, vogliamo ripresentare anche un emendamento in cui chiediamo che nel perseguire le finalità della legge siano previste tutele e misure specifiche per le persone trans o comunque impegnate nei non facili, sotto tanti punti di vista, percorsi di transizione.

Sono persone che devono avere le Istituzioni dalla loro parte e in più presenteremo anche un ordine del giorno che avevo già annunciato in Commissione sul problema dell’irreperibilità della terapia ormonale.

Presenteremo anche un ulteriore emendamento, che è una proposta che facemmo già sempre in quest’aula con una risoluzione, che riguarda la possibilità che la Regione può offrire di supporto tecnico ai Comuni per l’iscrizione dei figli all’anagrafe delle coppie LGBT. È un argomento, come dicevo, non nuovo e che segue quanto già fatto a Roma, a Torino, ma anche a Bologna e che paradossalmente in Regione ha incontrato puntualmente le resistenze del PD.

La questione, come sappiamo, è tutta giuridica. È complessa da affrontare soprattutto per i Comuni più piccoli che possono trovarsi ad affrontare problemi di questo tipo. Anche qui in Commissione si fece un’operazione studiata per cui venne chiamato questo professore Schillaci che non conosceva il nostro progetto di legge, ma, guarda caso, sapeva già che noi avevamo presentato una risoluzione in cui chiedevamo proprio questo e poneva anche qui fantomatici dubbi di costituzionalità. Questi dubbi non ci sono, non esistono. Abbiamo chiesto a questo proposito un parere anche qui in Regione, che ci conferma che sono dubbi che non esistono, sono dubbi inesistenti. Anche questo è un emendamento che può essere approvato.

All’articolo 2, sulle politiche del lavoro, si parlava prima del coinvolgimento dei sindacati. Anziché agevolare l’accesso ai percorsi lavorativi di formazione delle persone discriminate sulla base dell’orientamento sessuale che cosa si fa? Si inserisce un ostacolo in più, un’ulteriore stigmatizzazione perché si dice che ogni progetto di inserimento lavorativo deve passare al vaglio dei sindacati su cui abbiamo visto anche le prese di posizioni sulla GPA, su quel convegno che fu fatto dalla CGIL. Diciamo che hanno opinioni variegate e questo sarebbe un ulteriore ostacolo che avete inserito per rendere le cose più difficili.

All’articolo 5 negli interventi in materia socioassistenziale e sociosanitaria siete passati dal fare qualcosa, quindi sostegno e consulenza in materia sociosanitaria, per le persone LGBT al fare qualcosa sulle tematiche LGBT. Di conseguenza, la formazione del personale non sarà più per le persone LGBT, ma sarà sulle tematiche che le riguardano. C’è una bella differenza.

Queste sono solo alcune delle modifiche peggiorative, nonostante si continui a raccontare che questo testo è stato migliorato, cercando ovviamente di raccontare una favola che non esiste. Davanti a questi emendamenti è chiaro ormai a tutti che il testo è stato peggiorato per evitare che il Partito Democratico si spaccasse in aula.

Allora, dopo questo stillicidio di emendamenti peggiorativi, che cosa portiamo a casa? Questo lo giudicherà in primis il mondo LGBT, a cui questa legge si rivolge. Per noi è una legge sensibilmente peggiorata, su cui avevamo offerto, sin dall’inizio, sin dalla prima seduta, collaborazione per migliorarla. Io penso di averlo detto in tutte le sedi che eravamo disposti a migliorarla. Una legge su cui avevamo dato disponibilità, anche nell’ultima seduta, a non mandarla in Commissione e a votarla senza emendamenti. E i numeri per farla passare, visto che sentivo qualcuno che diceva che siamo noi a isolarci, senza quegli emendamenti c’erano, senza l’appoggio dell’ala cattolica del PD. Quindi, una maggioranza diversa c’era. È una strada che non avete voluto percorrere. Bisogna dirlo, però, invece di scaricare le colpe sul Movimento 5 Stelle.

Ma nel PD hanno prevalso logiche di convenienza politica, perché sul piatto della bilancia tra approvare una legge all’avanguardia o una buona legge in favore delle persone arcobaleno e salvare i propri interessi di bottega il PD ha scelto di salvaguardare gli interessi di bottega. Avete consapevolmente accettato di giocare al ribasso, di prendere il testo a picconate, cosicché oggi questa legge porta i segni di visioni miopi, conservatrici e in qualche caso anche pericolosamente oscurantiste, facendo il gioco della destra.

È stato messo in atto un miserevole baratto tra favorevoli e contrari all’interno della maggioranza, tutto questo pur di non dividersi e mostrare pubblicamente una frattura che c’è, è evidente, è sotto gli occhi di tutti, tutto questo fatto sulla pelle sappiamo bene di chi.

Di fronte, però, alle posizioni retrograde della destra, vogliamo mettere un punto fermo e dire che al medioevo non si torna. Ma la strada da fare per arrivare anche a quel cambiamento culturale che porti all’accettazione di modelli diversi da quelli imposti e precostituiti, purtroppo è ancora molto lunga.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Piccinini.

La parola al consigliere Tagliaferri. Prego.

 

TAGLIAFERRI: Gentile collega Mori, è vero, il dado è tratto, alea iacta est. Ma il Rubicone è in piena.

Presidente, colleghi, innanzitutto scusatemi se non uso gli asterischi, ma chi mi conosce lo sa, io sono politicamente scorretto. O, più semplicemente, non amo dire bugie.

Ritengo sia evidenza di natura il fatto che un essere umano nasce donna o nasce uomo: tertium non datur. In quest’ottica, mi accingo ad illustrare i numerosi profili di incostituzionalità che a nostro avviso permangono all’interno del testo di questo progetto di legge, che nonostante modifiche decisamente migliorative, apportate dalla Commissione, resta comunque molto, ma molto lontano dalla nostra sensibilità, come da quella della maggioranza del popolo italiano.

Le disposizioni di principio rendono chiaro come il proposito della legge sia quello di promuovere e realizzare politiche, programmi ed azioni finalizzati a prevenire e superare le situazioni di discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica o fisica, pur non essendo più menzionato, perché eliminato con emendamento della relatrice di maggioranza in sede di Commissione, al centro della finalità della legge, continua ad aleggiare lo spettro della omotransnegatività, che nonostante le difficoltà abbiamo imparato anche a pronunciare, che seppure non più presente, rimane comunque a permeare un impianto che su di esso integralmente si basava.

Proponendosi di combattere le situazioni di discriminazione intese quali situazioni di negatività verso il fenomeno omosessuale, infatti, lo spettro semantico del lemma richiede un approccio positivo verso il fenomeno omosessuale, che come è evidente non si traduce unicamente nella stigmatizzazione dei comportamenti attivi di discriminazione e violenza, ma anche di tutti quei comportamenti non sufficientemente positivi e propositivi verso le realtà coinvolgenti omosessuali.

Volendo esemplificare, non è semanticamente discriminatorio soltanto chi insulta una persona perché omosessuale, ma anche chi, per esempio, sostiene che le coppie omosessuali non possono accedere a certi istituti giuridici come il matrimonio, perché li considera, sulla base di un pensiero giuridicamente razionale, riservati a coppie di sesso diverso. Anche questo pensiero, infatti, non può considerarsi positivo verso il fenomeno omosessuale e come tale ricade pienamente nello spettro semantico della discriminazione, quindi fra i comportamenti e i pensieri che la proposta di legge regionale intende contrastare e possibilmente debellare.

Il contrasto alle cosiddette situazioni di discriminazione implica, quindi, il contrasto, non soltanto e giustamente a chi usa violenza nei confronti di persone omosessuali o le fa oggetto di trattamenti differenziati privi di fondamento giuridicamente razionale, poiché è così che deve intendersi il concetto di discriminazione, ma anche a chi manifesta contrarietà rispetto a qualsivoglia forma di istanza proveniente dal contesto omosessuale.

L’ente pubblico, quindi, non si fa più garante del pluralismo del pensiero, non si fa più regolatore delle molteplici istanze culturali provenienti dalla società democratica, ma scende in campo per sposarne una e dire che tutte le altre sono sbagliate e da contrastare. Ci si pone, quindi, ben oltre al rispetto dei principi di pluralismo ideologico e culturale cui sono informati i princìpi supremi della nostra Costituzione, sponsorizzando un’omologazione del pensiero sul modello del pensiero unico e la normalizzazione delle posizioni di dissenso.

La lettura della relazione illustrativa appare emblematica in tal senso. Si considera la promozione delle istanze omosessuali come una causa di civiltà appellandosi a un presunto e indimostrato aumento della violenza fisica e psicologica contro le persone omosessuali e transessuali, senza rilevare che tale emergenza in Italia non può dirsi sussistere, come peraltro ho dimostrato, dati alla mano, in sede di Commissione.

Va poi evidenziato come la nostra Costituzione repubblicana rispecchi una cultura spesso diversa da quella proposta dal mondo omosessuale visto che conferisce, ad esempio, rilievo espresso degli articoli 3, 37, 51 al sesso biologico, così presumendo una coincidenza con esso del ruolo sociale della persona, ossia di quella che in alcuni testi sovranazionali viene indicata come identità di genere. Visto che collega il concetto di famiglia alla società naturale fondata sul matrimonio, articolo 29, con la conseguenza, chiarita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010, che le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.

In un quadro del genere, soltanto le ridotte competenze regionali in materia possono indurre a non qualificare come illiberale e autoritaria una proposta di legge come quella in esame, che sceglie una delle possibili culture presenti nella società civile, una da preferire alle altre e farle prevalere su di esse.

Come si vede, non è sufficiente, per migliorare il quadro sopra tratteggiato, eliminare o modificare il termine di “omotransnegatività“ dall’intitolazione e dall’articolo 1 della legge, così come realizzato dalla stessa relatrice di maggioranza.

È, infatti, l’intero impianto della legge a rispecchiare il carattere ideologico e antipluralista di un provvedimento che trovava la propria sintesi in quel lemma, così com’è il medesimo impianto a richiedere lo svolgimento di politiche attive volte a diffondere le istanze del mondo omosessuale e a scoraggiare i dissenzienti dal continuare a pensarla diversamente. Per cui, non basta cambiare la parola simbolo di tale approccio per evitare le gravi conseguenze dell’approccio stesso.

Per combattere i comportamenti attivi di violenza e discriminazione, sono già presenti nell’ordinamento strumenti più che adeguati, ossia in particolare la repressione penale. Per cui, o la legge è inutile e, quindi, incostituzionale per violazione del principio di razionalità, oppure vuol dire qualcosa di più. Ed è proprio questo qualcosa di più, ossia l’implementazione del pensiero unico omosessualista, che la legge si pone come obiettivo, che non può essere in alcun modo condiviso, in alcun modo condiviso.

All’eliminazione del concetto di omotransnegatività e del riferimento all’avversione verso le realtà omosessuali ha fatto da contraltare l’introduzione del concetto, altrettanto innovativo, di stereotipi discriminatori, che in verità non appare meno vago e più rassicurante di quello originario. Infatti, il proposto nuovo comma 2 bis dell’articolo 2 definisce gli stereotipi discriminatori, al cui contrasto e alla cui prevenzione è diretta tutta la legge, come pregiudizi che producono effetti lesivi della dignità, delle libertà e dei diritti inviolabili della persona, limitandone il pieno sviluppo.

Ben si vede come la questione attenga pur sempre alla dimensione e al giudizio individuali e, pertanto, ponga i medesimi problemi di compatibilità con l’articolo 21 della Costituzione, precedentemente evidenziati, con riferimento al testo originario.

In questa prospettiva, si comprende agevolmente come il richiamo che il medesimo nuova comma 3 effettua al pieno rispetto della libertà di pensiero, di educazione e di espressione costituzionalmente garantiti a tutta la cittadinanza abbia carattere meramente formale di stile, poiché è la stessa definizione di stereotipo che viene fornita a incidere sulle libertà appena menzionate.

Inoltre, la fattispecie dello stereotipo discriminatorio appare costruito in termini intrinsecamente vaghi, come tali suscettibili di far ricadere nel proprio alveo anche giudizi e pensieri che corrispondono specificamente ad alcune architravi del disegno costituzionale e all’esercizio di libertà costituzionalmente garantite. Si pensi ad esempio al caso dell’opinione secondo cui una coppia di persone dello stesso sesso non possa avere bambini: corrisponde essa, o meno, alla fattispecie dello stereotipo discriminatorio, disegnata dalla legge regionale? Non vi è dubbio che la negazione dell’accesso alla filiazione possa essere rappresentata come lesiva di una pseudo-libertà riproduttiva delle persone omosessuali, e pertanto ricadere nell’ambito dei pregiudizi che la legge regionale si pone di contrastare.

Si pensi ancora al caso dell’opinione secondo cui una coppia di persone dello stesso sesso non possa accedere al matrimonio: corrisponde essa, o meno, alla fattispecie dello stereotipo discriminatorio disegnata dalla legge regionale? Non vi è dubbio che la negazione dell’accesso al matrimonio possa essere presentata come lesiva di alcune pseudo-libertà della persona, e pertanto ricadere nell’ambito dei pregiudizi che la legge regionale si propone di contrastare.

Si pensi, infine, al caso della credenza religiosa secondo cui gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso costituiscono peccati gravi: corrisponde essa, o meno, alla fattispecie dello stereotipo discriminatorio disegnata dalla legge regionale?

Non vi è dubbio che ritenere gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso peccati gravi possa essere inteso come lesivo della dignità delle persone omosessuali, e pertanto ricadere in pieno nell’ambito dei pregiudizi che la legge regionale si propone di contrastare.

Senonché, si tratta, come è evidente, di tre ordini di pensiero che traggono il proprio fondamento direttamente in altrettanti princìpi costituzionali, in particolare l’articolo 2 della Costituzione come fondamento della protezione della dignità della persona, così come interpretato dalla Corte costituzionale tramite la sentenza n. 272 del 2017, secondo cui la maternità surrogata offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, l’articolo 29 della Costituzione, in base al quale le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio, come da sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale, e l’articolo 19 della Costituzione che riconosce la libertà di professare liberamente e fare propaganda della propria fede religiosa.

Appare quindi chiaro come neppure le modifiche apportate in sede di Commissione permettano di esprimere un giudizio giuridicamente positivo sulla legge. In verità, la Costituzione italiana è la prima fonte di quelli che la proposta di legge regionale indica come stereotipi potenzialmente discriminatori e si propone di combattere e superare.

Contrastare chi avversa posizioni che vogliono superare tali stereotipi significa contrastare chi si fa portatore delle istanze culturali su cui si basa la nostra Costituzione.

Il cardine della legge, come si è detto, è costituito da una serie di politiche attive che la Regione si impegna a compiere per inculturare la popolazione residente in Emilia-Romagna e scongiurare le opinioni dissenzienti.

Queste politiche attive interessano i versanti centrali del rapporto delle persone con il mondo giuridico esterno alla propria sfera domestica: il lavoro, la scuola, lo sport, la sanità, l’assistenza, le telecomunicazioni. Per quanto riguarda il lavoro si prevede al comma 1 dell’articolo 2 che regioni ed enti locali provvedano alla promozione di specifiche progettualità a sostegno delle vittime di discriminazioni nell’ambito delle politiche attive del lavoro, di formazione e riqualificazione professionale, nonché per l’inserimento lavorativo.

La formula utilizzata non è ben comprensibile, ma sembra preludere all’introduzione di una forma di riserva di posto di lavoro evidentemente nelle amministrazioni territoriali per le persone che abbiano denunciato atti specificamente discriminatori, magari l’Osservatorio regionale di cui all’articolo 7 che così diventerebbe una sorta di ufficio di pre-collocamento oppure per le persone offese da comportamenti illeciti accertati dalla magistratura.

L’assoluta vaghezza della clausola utilizzata non permette affatto di circoscrivere le misure in questione al solo ultimo caso menzionato, lasciando amplissima discrezionalità alle Amministrazioni.

Sempre relativamente al lavoro, l’articolo 2 sembrerebbe aprire all’introduzione delle quote gay nel personale delle Amministrazioni regionali e locali, all’introduzione nei codici di comportamento del personale di clausole che impongono al dipendente di rinnegare pubblicamente il sostegno a ogni stereotipo nel senso anzidetto e all’introduzione di corsi di formazione obbligatori per i dipendenti per debellare tali stereotipi.

Con il comma 2 dell’articolo 2 arriviamo al centro della propulsione ideologica e della natura antipluralista della proposta di legge. Se si vuole lavorare in Regione o nelle Amministrazioni, bisogna dunque essere gay-friendly e deve farsi pubblica abiura delle opzioni culturali che, fermo l’ovvio rispetto per la dignità di ogni persona, avversano le istanze omosessualiste. Poco male se tali opzioni culturali trovano il loro fondamento nella Costituzione o, comunque, in culture ben più radicate di quella omosessualista e oggetto di specifica protezione costituzionale, come ad esempio quella religiosa e in particolare cattolica, con riferimento alle quali è la Costituzione stessa a garantire espressamente il diritto di propaganda (articolo 19 della nostra Costituzione) per necessità familiari nella specie lavorativa dovranno abbandonarsi.

Infine, si osserva come l’ampiezza della formulazione della legge non escluda il fatto che tali misure (quote gay, codici di comportamento e corsi di formazione anti-stereotipo) possano essere imposte anche a datori di lavoro privati che intendono intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni regionali o locali.

Per quanto riguarda la scuola, l’articolo 3 della proposta di legge è ben chiaro nell’aprire all’introduzione di corsi di formazione obbligatori anti-stereotipi per gli insegnanti e all’introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado di progetti gender.

La modifica del testo operata in Commissione elimina il macroscopico aspetto di violazione dell’articolo 30 della Costituzione, ma non toglie l’assunzione di un impegno da parte della Regione a generalizzare l’introduzione nelle scuole dei corsi gender, così massimizzando le prospettive di indottrinamento delle giovani generazioni, ripeto, indottrinamento delle giovani generazioni.

La norma non circoscrive espressamente la propria portata applicativa alle scuole pubbliche, ma afferma che tali corsi e progetti saranno introdotti nell’ambito delle competenze regionali e in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale.

Non è certo quindi che le scuole non statali paritarie siano del tutto escluse dall’ambito applicativo della norma, se ricorre, invero, che il riconoscimento di parificazione è di competenza statale, ma deve essere richiesto proprio all’ufficio scolastico regionale. Non è quindi possibile escludere che si rinvengano interstizi per richiedere una forma di introduzione di tali corsi anche nelle scuole paritarie.

Per concludere sull’articolo 3, deve infine osservarsi come non sia possibile immaginare in modo giuridicamente razionale in cosa si risolva l’equa partecipazione allo sport contrastando stereotipi di genere, l’abbandono sportivo, cui è dedicato il comma 2 dell’articolo stesso. Forse si tratta di garantire, ad esempio, che gli uomini transessuali, o anche solo i transgender, possano gareggiare in sport femminili. Le statistiche porrebbero così l’Emilia-Romagna all’avanguardia, in termini di successi negli sport femminili, ma si porrebbe certamente un problema gravissimo per il movimento dello sport femminile, visto che in esso le donne risulterebbero certamente svantaggiate rispetto ai competitor transgender, viste le strutturali diversità di conformazione fisica.

Oppure, come molto più probabilmente sarà, l’obiettivo è quello di coinvolgere l’associazionismo LGBT nell’ambito sportivo, attuando collaborazioni tese all’indottrinamento dei giovani che sfuggono a scuola per la mancanza del consenso espresso dei genitori.

Per quanto riguarda i servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali, l’articolo 5 impegna gli enti pubblici coinvolti nel settore a fornire sostegno in favore delle persone omosessuali per il sol fatto di essere omosessuali. In cosa possa consistere questo sostegno non è specificato, ma si possono immaginare, ad esempio, ipotesi che vanno dalla distribuzione gratuita di profilattici, per arrivare fino alla riserva di posti-letto in case di riposo, o agevolazioni tariffarie per gli omosessuali. Misure che non appare possibile escludere neppure a seguito della riformulazione del testo originario da parte della Commissione.

Anche per il personale delle strutture sanitarie assistenziali saranno poi introdotti corsi di formazione gender. Vedo che il mio tempo sta per scadere, quindi continuerò successivamente la mia disamina degli articoli, al fine di poter bene evidenziare come la legge sia contraria al dettame costituzionale. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Tagliaferri.

La parola al consigliere Marchetti Daniele.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente.

Questa mattina, al di là della rincorsa a cui abbiamo assistito anche oggi tra il PD e i consiglieri del Movimento 5 Stelle qui in Assemblea legislativa su questo tema, abbiamo rivissuto un copione già visto nel corso di questi ultimi mesi. Abbiamo ascoltato anche la relazione della consigliera Mori, la relatrice di maggioranza, una relazione estremamente ideologica e condita anche con dei toni trionfalistici. Però, credo che sia assolutamente necessario tornare un minimo alla realtà e ripercorrere un po’ tutti insieme il percorso che ci ha portato a questa discussione oggi qui in Consiglio regionale.

Questo, se vi ricordate, non è stato un percorso semplice, è stato un percorso a dir poco accidentato e accidentato senza alcun dubbio per voi del Partito Democratico. Infatti, in varie occasioni sono emersi malumori sul testo che hanno poi portato a quelle modifiche che sono state introdotte, su cui entrerò un pochino più nel dettaglio successivamente, tanto oggi, domani e dopodomani di tempo comunque a disposizione ne abbiamo. Abbiamo la possibilità di portare avanti quel confronto che fino ad oggi, in realtà, non c’è stato. Questo progetto di legge ha iniziato il suo cammino con una prima illustrazione, dopo che il testo è giunto qui in Regione appunto da alcuni Consigli comunali. C’è stata l’illustrazione. Dopodiché siamo passati ad alcuni approfondimenti. Ricordo l’audizione con il Co.Re.Com., che è un soggetto interessato da questo progetto di legge; audizione che, detta come va detta, non mi ha aiutato a togliermi dei dubbi che ho tuttora su questo progetto di legge su molti aspetti.

Come è stato ricordato da alcuni interventi che mi hanno preceduto, c’è stata un’udienza conoscitiva dove ci sono stati numerosi interventi pro e contro, quindi a favore e critici. Dopodiché, il testo è riapprodato in Commissione per la discussione generale. Fin lì sembrava che tutto procedesse secondo i piani della maggioranza, ma in quella sede, evidentemente, oltre al dibattito che almeno in quell’occasione si sviluppò, degli emendamenti presentati dal Partito Democratico, da una parte del Partito Democratico, fecero saltare tutti i piani. Allora, la discussione generale io ricordo che si concluse con l’intervento della relatrice di maggioranza e poi con l’intervento del relatore di minoranza, il consigliere Facci e fu rinviata alla seduta successiva, quella che avrebbe dovuto esaminare anche l’articolato.

Ebbene, da quel giorno è calato il silenzio, un silenzio tombale sul testo, un silenzio che ha palesato quel malessere che dicevo prima, perché era evidente che quel silenzio calato sul testo era frutto di problemi interni a questa maggioranza.

Poi, dopo mesi di silenzio, durante i quali, comunque, come movimenti di opposizione abbiamo organizzato anche un evento per ribadire e spiegare le motivazioni per le quali ci opponiamo a questo testo, dopo alcuni mesi il progetto di legge ripiomba direttamente in Consiglio regionale, la volta scorsa, e sorprendentemente in quell’occasione non si sviluppò il dibattito, ma ripiombò sui nostri banchi una richiesta di riportare la discussione nuovamente in Commissione, richiesta pervenuta dagli stessi proponenti del testo, che hanno fatto inserire poi, a sua volta, il pdl in Consiglio senza il passaggio in Commissione, per i termini tecnici previsti dal Regolamento dell’Assemblea.

A quel punto noi, sicuri e convinti delle nostre argomentazioni, abbiamo ascoltato la giustificazione data dai consiglieri di maggioranza, mi pare che intervenne il consigliere Calvano, il quale disse (sintetizzo, poi magari mi correggerà se sbaglio): riportiamo l’argomento in Commissione per confrontarci e sviluppare il dibattito. Anche perché avevate presentato degli emendamenti qui in aula. Ci fu, infatti, il voto della Lega, perché abbiamo votato quel rinvio, nonostante la nostra già chiara convinzione di votare contro a questo testo. Sta di fatto che in tempi record è stata convocata una Commissione, due giorni dopo quel Consiglio regionale: mai vista una cosa del genere, mai vista una velocità di questo tipo, e qui apro e chiudo una parentesi: mi auguro che si dimostri la stessa volontà, che ci sia la stessa velocità anche per altre tematiche, come ad esempio la Commissione urgente che abbiamo chiesto, proprio per approfondire anche il tema degli affidi, per chiamare ad esempio la Garante dei minori, da più parti tirata per la giacchetta. Vorremmo approfondire questo tema al più presto, magari prima della pausa estiva. Chiudo questa parentesi. Mi auguro che la Commissione, della quale sono vicepresidente, dimostri la stessa celerità.

Io credo che sia bene chiarire, ancora una volta, che la Lega non è contro la lotta alle discriminazioni di genere. Sia ben chiaro, lo ribadisco: la Lega non è contro la lotta alle discriminazioni di genere. La Lega è contro un progetto di legge che ha dei contenuti che a nostro avviso sono assolutamente pericolosi, sono pesanti, portano alla censura, a mettere un bavaglio a chi magari osa alzare la mano per esprimere la propria contrarietà nei confronti di un modello di società propagandato da altri soggetti. Mi viene in mente ad esempio il mondo delle associazioni LGBT. È per questo quindi che a nostro avviso questo testo diventa assolutamente pericoloso.

Stiamo parlando di un progetto di legge. Inizialmente si parlava di omotransnegatività, termine poi rivisto, tagliato dal progetto di legge, come del resto avete limato un po’ tutto l’articolato. Ma la sostanza, credetemi, non cambia più di tanto: i contenuti e i princìpi rimangono gli stessi. Quel concetto, l’omotransnegatività, che seppur è stato eliminato il termine, comunque rimane all’interno di questo progetto di legge era un po’ un’acrobazia linguistica, non so come definirla, un termine coniato per definire un atteggiamento, la condanna ad un pensiero come è stato correttamente detto dal relatore di minoranza, il collega Michele Facci.

Siamo di fronte a un testo che ha l’obiettivo di condannare anche il solo pensiero contrario a un modello di società non condiviso. Questo è uno dei primi aspetti che noi abbiamo contestato fin dal principio, perché la libertà di pensiero deve essere garantita e non si può mettere il bavaglio a chi osa dire che un determinato modello di società non è condiviso. Credo che questo sia assolutamente un principio cardine della democrazia.

Oltre a questo aspetto, che già ci preoccupa e che ci ha portato a dire che questa, se approvata, sarà una legge bavaglio, ci sono altri aspetti che non condividiamo affatto. Ad esempio, ci sono diversi passaggi nel testo che richiamano in continuazione la formazione: formazione, formazione e ancora formazione, formazione per tutto e per tutti. Noi ci domandiamo: formazione per cosa? Per raggiungere quale obiettivo? Per contrastare le discriminazioni di genere?

Ho avanzato più volte delle richieste di chiarimento, soprattutto in quella Commissione che doveva essere sede di un dibattito, di un confronto richiesto dalla stessa maggioranza che ha riportato il testo in quell’aula. Però, ho assistito ad un atteggiamento – passatemi il termine – codardo da parte vostra, perché abbiamo assistito a un dibattito assolutamente assente, a cui ha partecipato soltanto l’opposizione, che ha espresso dei dubbi, ha avanzato delle richieste di chiarimento.

Da parte vostra soltanto bocche cucite. Evidentemente eravate ben consapevoli che l’equilibrio che avete raggiunto era talmente delicato che bastava una virgola fuori posto per far saltare quel castello di carte che avete messo in piedi a fatica. Però, è la dimostrazione che, in realtà, voi non volevate il confronto, voi volevate soltanto temporeggiare per trovare una soluzione, per mascherare i problemi interni che avevate. Quel rinvio che è stato chiesto dal Consiglio alla Commissione si è rivelato per quel che era, un tentativo di temporeggiare.

È comodo venire in Consiglio regionale a dire “torniamo in Commissione per confrontarci” e poi lì non interviene nessuno, se non sempre il consigliere Calvano, che al termine del dibattito ha preso la parola e ha detto: ho ascoltato gli interventi della destra, mentre li ascoltavo mi veniva voglia di intervenire, ma non l’ho fatto. Che cosa significa? Ma che cosa vuol dire? Che atteggiamento è? Soprattutto da parte di chi aveva chiesto un confronto ulteriore. È questo l’atteggiamento che noi abbiamo contestato fin dal principio, il metodo con cui voi avete portato avanti questa discussione, in maniera ideologica, forzando le tappe.

Addirittura in Commissione, per via dei numerosi emendamenti che alcuni consiglieri hanno presentato, legittimamente, visto il tema, ho chiesto di prendere un pochino più di tempo, in modo da gestire adeguatamente gli emendamenti presentati, perché ci siamo resi conto, durante quella seduta, che dal punto di vista del Regolamento stavamo forzando un pochino le cose. Non veniva gestita la seduta in maniera doverosa, tant’è che è stata interrotta più volte, abbiamo chiesto anche un Ufficio di Presidenza della Commissione, durante il quale avevo suggerito di prendere un po’ più di tempo per gestire i lavori della Commissione, in modo da garantire il più ampio spazio possibile al dibattito, dibattito che vi ricordo fu chiesto da parte della maggioranza.

Evidentemente c’era qualche tipo di urgenza che vi ha portato a saltare un po’ tutte queste tappe, a forzare i tempi, calpestando anche il regolamento. Il tutto per quale motivo? Non abbiamo capito nemmeno questo. D’altronde, proprio in quella sede vi chiesi: ma è così necessario andare e seguire questo ritmo, calpestando l’iniziativa dei consiglieri, che in maniera legittima hanno presentato degli emendamenti?

Qualcuno fuori microfono mi ha detto sì, però solo fuori microfono. Non ho capito, sinceramente, le motivazioni. Io immagino quali siano le motivazioni. Le motivazioni sono che avete un mondo alle spalle, quello delle associazioni LGBT, che non si sono confrontate con voi, ma vi hanno dettato i tempi, ed è ben diversa, la cosa. Questa Assemblea legislativa si è fatta dettare i tempi da quel mondo delle associazioni LGBT perché, avete iniziato questa rincorsa con il Movimento 5 Stelle regionale, tant’è che ci sono due testi abbinati, per accaparrarvi quella fetta di elettorato. Lo ripeto, lo state facendo in maniera ideologica, perché in questo testo, in realtà, di contrasto alle discriminazioni di genere, soprattutto quelle compiute sulla base dell’orientamento sessuale, ci ritroviamo ben poco. Le normative, in realtà, sono già chiare, su questo tema: non c’era bisogno di andare a costruire una nuova legge per intervenire su questa tematica. Le normative ci sono già. Voi però avete voluto fare qualcosa di più, infatti ci sono interventi, quelli che richiamavo prima, sulla formazione, che vanno ad insistere in molti ambiti: dalle Istituzioni, Regione, enti locali, alla sanità, alla scuola, addirittura allo sport. Sinceramente, riprendendo il discorso che facevo prima, non capisco su che cosa volete formare, ad esempio, un dipendente della Regione, un dipendente di qualsiasi ente locale: lo volete formare per rapportarsi adeguatamente con un cittadino omosessuale? Credo che sia offensivo anche nei confronti degli stessi cittadini omosessuali.

Queste sono tutte domande per le quali non ho mai ricevuto purtroppo una risposta. Ci ho provato in tutte le sedi, e credo che mi si debba riconoscere il fatto che comunque, anche durante il dibattito svolto in Commissione, ho sempre cercato di argomentare i miei interventi basandomi esclusivamente sui contenuti dei singoli articoli, perché noi siamo convinti delle nostre argomentazioni, siamo convinti della nostra contrarietà e quindi non abbiamo paura di confrontarci, cosa che invece ho visto tra i vostri banchi. C’è paura di confrontarsi perché non avete una linea ben precisa, avete un equilibrio delicato che, purtroppo, ha dato vita a un testo, modificato nel titolo, modificato nella sua struttura, nei vari articoli, è stato un po’ limato qua e là, ma rimane comunque lo stesso, basato sugli stessi princìpi di censura.

Lasciatemi dire che quel continuo richiamo alla formazione mi fa pensare anche a una marchetta elettorale.

 

(interruzione)

 

Sì, anche questa. Mi risponderete, magari.

 

(brusio in Aula)

 

PRESIDENTE (Saliera): Silenzio, silenzio.

 

MARCHETTI Daniele: Avete tutto il tempo per replicare.

 

PRESIDENTE (Saliera): Collega Marchetti, continui il suo intervento.

 

MARCHETTI Daniele: Si sa, quando si parla di formazione, ci sono i destinatari, ma ci sono anche coloro che organizzano questi corsi e i corsi di formazione vanno retribuiti. Stesso discorso può essere per gli eventi culturali. I destinatari potrebbero essere le associazioni. È per questo che mi viene da pensare che questa sia oltre a una legge bavaglio anche una marchetta elettorale, un modo per far arrivare qualcosina, per strizzare l’occhio ad un mondo che in questo momento batte cassa, perché tanto state distribuendo milioni di euro a pioggia. Per cui, anche quel mondo lì vorrà un attimo avere la sua parte, la sua attenzione.

Poi ci sono altri aspetti che non condividiamo…

 

PRESIDENTE (Saliera): Consigliere Marchetti, ha terminato il suo tempo. La invito a concludere.

 

MARCHETTI Daniele: Sicuramente entrerò più nel dettaglio durante la discussione dell’articolato, però ribadisco che questa, a nostro avviso, non è una legge contro le discriminazioni di genere, ma è soltanto una legge bavaglio, una marchetta elettorale, uno strumento per controllare addirittura la comunicazione a livello locale, perché c’è anche questo tramite quell’articolo che riguarda il Co.Re.Com., ma ne parleremo poi successivamente.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Marchetti.

Consigliere Sassi, sono le 12,41. Ha venti minuti. Sforeremo, al massimo, di un paio di minuti.

 

SASSI: Grazie, presidente. Sarò breve. Ci provo.

Siccome ho avuto notizia che sembra esistano carriole di emendamenti che stanno girando, che come Gruppo Misto a noi ne basta una copia. Gli altri non so cosa faranno come Gruppi, però, siccome sono, da quello che so, veramente tanti, per noi, che siamo in due, ne basta una copia. Lo dico come informazione tecnica.

Io devo essere concorde con una parte di intervento che ho sentito fare dalla collega Piccinini. Ovviamente, il consigliere Facci non parla a mio nome, anche se io faccio parte delle minoranze.

Per quanto riguarda i contenuti del testo, voi sapete bene che io ho usato molto spesso il termine “efficacia” sugli atti, l’ho usato molto spesso in quest’aula, che è diverso da “efficienza”. L’atto di per sé è efficiente una volta approvato, ha il suo funzionamento, ma la sua efficacia a livello pratico ovviamente non è detto che sia così come doveva essere. Ecco, secondo me, le modifiche fatte al testo originario hanno inciso sull’efficienza di questo provvedimento, depotenziandolo. Questo dispiace.

Al di là di questo, io non so se anche il presidente Bonaccini oggi due risate sotto i baffi se le sia fatte, ma ho sentito tante battute oggi, tante gag, ottime per Zelig…

 

(interruzione)

 

Non posso urlare.

Forse qualche puntata dei Flintstones…

 

PRESIDENTE (Saliera): Prego, continui.

 

SASSI: Forse qualche puntata dei Flintstones, tipo “Wilma, dammi la clava”, siamo a quei livelli lì quasi. Insomma, certi discorsi che sento oggi per me sono discorsi vintage, sono discorsi che affrontavo quando avevo tredici anni. Io a tredici anni già sapevo come girava il mondo e cos’era il rispetto della diversità altrui, perché nel mio quartiere c’era di tutto. Quindi, io sono cresciuto senza nessun problema con persone che erano assolutamente perfette come amici, come vicini di casa, come persone da frequentare. Non ho mai avuto questi problemi e non ne ho mai fatto un problema di diversità. Così come non lo faccio nella diversità di genere: io non tratto le donne come i panda. Io a quel paese mando una donna come un uomo, pari pari, senza problemi. Così come le riconosco pari valore. Per me, quindi, è una cosa che non dico che sia inutile, perché se oggi siamo ancora qui a dover parlare delle diversità e di quali diritti queste diversità devono avere, vuol dire che siamo indietro di almeno trent’anni, per me. Poi sbaglio, poi sono io forse che ero troppo avanti, allora, può essere. Oggi mi ritrovo a dover parlare ancora di queste cose. C’era qualcuno che ha detto: chi sono io per giudicare i gay? Chi sono io per giudicarli? Questo signore, che mi dicono si chiami Bergoglio, credo faccia il Papa.

Io sono uno che è cresciuto in quel quartiere, andavo in chiesa a servire messa. Sono cristiano, battezzato, cresimato, in chiesa mi sono sposato, servivo messa come chierichetto, i valori cristiani li conosco, son dentro di me. Ma questo non mi impedisce di rispettare chi come me non la pensa, o chi come me non vive, sono affari suoi. La libertà di una persona va tutelata finché non impedisce la mia. Punto. Ognuno è libero di fare quello che vuole, nelle more della legalità, del rispetto, eccetera. Ha diritto di fare ciò che vuole.

Io conosco persone che hanno contribuito, ovviamente, alla formazione di questo mio pensiero, di questo mio modo di essere, perché il mio non è un pensiero, è un modo di essere. Io non riesco a discriminare una persona solo perché vive la sua vita diversamente da me, non ce la faccio, mi dovrei fare violenza per questo. Queste persone sono ovviamente i miei genitori, che mi hanno cresciuto, nonostante fossero non di sinistra – allora la sinistra non esisteva, esistevano i comunisti e i socialisti –, nonostante fossero di quell’area, mi facevano andare a catechismo e a imparare i valori cristiani.

Loro mi hanno permesso di costruire un modo di vedere le cose completo, il più completo possibile per quanto era allora la possibilità di farlo. Poi c’era Samantha, mia coetanea, con la quale facevamo, insieme ad altri amici, delle “focacce” (si chiamavano così, quando si scappava da scuola, per averci a divertire, eccetera). Samantha, che era un bravo ragazzo, allora – Samantha era un bravo ragazzo – ha contribuito a far crescere in me il rispetto di chi sceglie una vita diversa dalla mia.

Ebbene, oggi ho sentito delle cose che non pensavo fosse possibile sentire dalla bocca di un avvocato. Strano. Questo è riferito anche al fatto che ho sentito dire – infatti quello mi ha scatenato un po’ l’idea di intervenire – che gli LGBT hanno rovinato le bimbe a Bibbiano. A parte il fatto che da un avvocato mi aspetto che si attenga a delle prove, me lo aspetterei da uno che sa di legge più dell’ignoranza mia. Se ci arrivo io, almeno quello lo doveva fare.

Il tema non è quello, e la chiudo qui, perché ci sarebbe tanto da dire sui teatrini politici fatti lì, con dei personaggi che non voglio nemmeno citare e non escludo nessuno, nessuno. Chiudiamo la parentesi perché il tema non riguarda quella vicenda oggi e credo che sia inopportuno anche tirarla fuori oggi per quel motivo lì, usandola pretestuosamente, quindi usando anche la sofferenza di famiglie e di bambini per poter imporre una propria ideologia.

Ho sentito parlare di ideologia, ma ideologia di che? Si chiama umanità. Poi, ognuno la può vedere in modo ideologico o meno. Qui si parla di bavaglio, di impedire la libertà di pensiero, ma se dovessimo impedire la libertà di pensiero qui chiudiamo baracca. Non è possibile. Non credo affatto che sia questo il punto. Il punto è che se uno vuole liberamente discriminare qualcun altro questa legge magari qualche paletto in più glielo mette in mezzo alle gambe e questo magari può dare fastidio o può dare fastidio il fatto che quando si parla di famiglia si parla di persone che si vogliono bene, indipendentemente da cosa hanno in mezzo alle gambe.

Detto questo, credo che oggi abbiamo, per quanti interventi ho sentito, ulteriormente perso del tempo. Abbiamo perso del tempo per fare una cosa più sensata e corale. Capisco che è impossibile perché se uno ha la voglia di discriminare su cosa sia la famiglia vera e la famiglia falsa è chiaro che dopo è difficile riuscire a fare qualcosa di corale. Ho sentito parlare anche di Costituzione. La Costituzione mi risulta essere ancora una Costituzione antifascista. È giusto? Visto che c’è la libertà di pensiero, visto che qualcuno pensa di avere diritto di discriminare, potrei dire – siamo alla libertà di pensiero – che qualunque persona che ripropone l’effige che riporta il ventennio non possa avere cariche istituzionali. Giusto? Bene, allora tutti coloro che sono calvi per me non possono essere eletti. Se ci guardiamo in giro, secondo me qualcuno qui è anticostituzionale, secondo questo mio pensiero, provocatorio ovviamente. Cioè, io devo discriminare? E, allora, discrimino chi mi pare. Perché solo per genere? Io voglio discriminare tutti quelli che sono sovrappeso, incidono sul sistema sanitario e, quindi, vanno a incidere sulla spesa pubblica. Quindi, via, tutti a dieta. Discrimino. Se dobbiamo discriminare, discrimino, e decido io su cosa discriminare.

Tengo, comunque, a precisare che queste mie provocazioni…

 

(brusio in Aula)

 

PRESIDENTE (Saliera): C’è molto brusio. Per cortesia.

 

SASSI: Stanno parlando di Costituzione o di famiglia vera e qualcuno non è interessato. Non è un problema, e non è un problema perché credo, come dicevo prima, che oggi si stia un pochino allungando il brodo. Lo vedo dalla quantità di emendamenti. Il numero di quelli che mi sono arrivati è veramente impressionante. Lo vedo dagli interventi fiume fatti per portare avanti il testo, magari oggi pomeriggio non riusciremo neanche a chiuderlo, per quanti vedo intervenire e probabilmente interverranno, e giustamente interverranno. Ognuno deve dire la sua e siamo in tanti, e con venti minuti a testa credo che arriveremo veramente molto vicino a quella che sarà l’intera giornata.

Il punto è questo: se uno deve discriminare, decide su cosa discriminare. Io sono convinto della mia formazione popolare, e mi vanto di questo, e credo che chiunque faccia discriminazioni nell’ambito personale, nella sua sfera privata sia una persona che ha capito ben poco di come si sta al mondo. Poi posso anche sbagliarmi. Non ultima una vicenda che riguarda il comune di Cavriago, che comunque adesso non dico, sennò faccio quello che allunga il brodo, e non è il caso, cambiando tema. Invece, rimanendo su questo tema, ripeto, io non ho nessun problema e continuerò ad avere nessun problema con persone che hanno scelto una vita differente dalla mia, finché la sua scelta non incide sulla mia libertà ed è nell’alveo della legalità e del rispetto. Per me non c’è nessun problema.

Poi ci sono questioni nel merito che ho sentito citare anche oggi sulle quali potrei anche trovarmi d’accordo. Sul famoso utero in affitto non sono d’accordo, ma per il semplice fatto che ci sono tanti bambini adottabili che non avrei nessun problema a vedere adottati da una coppia gay. Nessun problema. Se c’è l’amore, va tutto bene.

 

PRESIDENTE (Saliera): Collega Sassi, la interrompo un secondo per invitare chi è appoggiato alla barriera fra il pubblico di spostarsi dalla barriera per regolamento e sicurezza.

Consigliere Sassi, prego.

 

SASSI: Ci sono delle questioni sulle quali forse delle criticità le vedo, ma sono criticità che vanno affrontate per cercare di capire come risolverle, come succede per ogni criticità, per ogni problema. Lo si affronta serenamente senza ideologie, né ideologie totalmente da una parte né ideologie totalmente dall’altra. A mio avviso non si tratta mai di fare una questione di tifo per una squadra o per un’altra, si tratta di trovare un equilibrio di giusta convivenza, perché sennò si arriva lì e questa questione non sarà mai non dico risolta, perché si evolve, ogni cosa che ha attinenza con l’essere umano evolve, ma non riuscirà mai a essere metabolizzata nella società. Tra qualche anno ci troveremo ancora qui a disquisire di alcune cose che magari non sono state assimilate, non sono state assorbite, non sono state capite e in qualche modo omogeneizzate nella società.

È chiaro che una legge è necessaria laddove esistono le discriminazioni, è necessaria perché siamo un popolo che al di fuori di certi stereotipi non è andato evidentemente e questo mi dispiace perché avremmo tanto di più cose da fare piuttosto che non meno importanti, ma magari più urgenti, magari più cogenti. Adesso c’è la questione della Commissione speciale di inchiesta. Magari su quello sarebbe da discutere, anche perché è una cosa proprio urgente, che grida anche un po’ vendetta. Su quel caso a me un po’ la carogna mi è salita. Visto che ho ancora il ruolo da consigliere regionale mi son guardato bene dal fare esternazioni fuori dal seminato.

Il punto è riuscire a fare in modo che questo argomento non debba essere discusso per l’ennesima volta tra cinque anni, dieci anni, eccetera. Questo è il punto.

Credo che non ci sia bisogno di sapere di qualcuno che ci dà il timbro, la certificazione del tipo “tu sei una famiglia e tu no”, anche perché, io non so se qualcuno lo sa, avendo frequentato don Giuseppe, che è il parroco del mio quartiere, il matrimonio…

Oggi c’era questa diatriba sul fatto che i gay non possono chiamarlo matrimonio, ma devono chiamarlo unione civile. Il matrimonio è una convenzione ecclesiastica. Non è un insegnamento cristiano, è una convenzione ecclesiastica, che l’ha chiamata matrimonio, e rimane ecclesiastica, ci mancherebbe. Chiamalo matrimonio civile: qual è il problema? Per me è un problema di riconoscere la famiglia in quanto tale. Poi se in questa famiglia capita che due persone abbiano la stessa origine biologica, sono affari loro. Finché non vengono a imporlo a me, che ho altre modalità, ho altri stili di vita, io non ho problemi. Questo è il punto.

Questo per dire – concludo, perché non voglio fare quello che allunga il brodo, e non mi piace – che credo sia chiaro che per me ogni discriminazione è da combattere, ma da combattere non da preferire rispetto ad altri, ma da rendere uguale il sistema di trattamento e riconoscimento di tutte le persone. Questo è il punto. Non c’è nulla di sconvolgente o di eclatante. Il mio è un pensiero (me ne rendo conto) molto popolare. Io non ho parlato latino, non ho citato la Costituzione, non ho fatto la disamina degli articoli, ma poco mi importa, perché alla fine è sempre una questione di umanità, e riuscire a legiferare sull’umanità è sempre molto complesso, perché andiamo nella sfera personale, ed è sempre molto complicato.

Tengo, comunque, a precisare che io non ce l’ho con la famiglia naturale. Io sono sposato, ho due figli, come dicevo prima, mi sono sposato in chiesa. Quindi, non ho problemi di questo tipo. Se mio figlio o mia figlia mi venisse a dire che hanno scelte di vita diverse dalla mia e vogliono mettere su famiglia, non potrei che dire: sii felice! Cos’altro potrei dire? Non avrei nessun problema. Anzi, ho sempre esortato i miei figli a parlare di tutto. Tra noi non c’è argomento che sia tabù. Nessun argomento a casa mia è tabù. E questo fin da quando i miei bambini erano piccoli. Sono cresciuti sapendo subito le cose come stanno. A parte Babbo Natale, che abbiamo cercato di tirarglielo avanti per un po’. Però, per il resto sulla realtà della vita hanno imparato molto presto. Ad oggi, devo dire che sono mediamente venuti su bene, anche se non devo dirlo io che sono il padre.

Chiudo, visto che l’intervento l’ho concluso, praticamente. Credo che legiferare, quando si entra nella sfera personale, sia sempre molto complicato e molto delicato. Farlo con il machete, come ho sentito oggi da certi interventi, usando vari strumenti, sinceramente non credo che porti un miglioramento a niente e nessuno, né all’atto né alle persone che questo atto comunque coinvolgono. Credo che occorra continuare a essere abbastanza umili da poter rimanere sempre in ascolto di chi ci esterna delle difficoltà, e quelle difficoltà vanno affrontate e possibilmente eliminate. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Sassi.

Riprendiamo la seduta alle ore 14.

 

La seduta ha termine alle ore 13,01

 

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Fabrizio BENATI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Fabio CALLORI, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Michele FACCI, Andrea GALLI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Giammaria MANGHI;

gli assessori: Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Paola GAZZOLO, Emma PETITTI.

 

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta l’assessore Sergio VENTURI.

 

 

I PRESIDENTI

I SEGRETARI

Rainieri - Saliera

Rancan - Torri

 

 

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