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Legislatura X - Commissione I - Resoconto del 20/07/2016 antimeridiano

    Resoconto integrale n. 29

    Audizione del 20 luglio 2016

     

    Il giorno 20 luglio 2016 alle ore 10,30 è convocata, con nota prot. n. AL.2016.35093 del 14/07/2016, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali in seduta congiunta con la Commissione Politiche economiche.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Presidente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BERTANI Andrea

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    3

    presente

    POLI Roberto

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    presente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BESSI Gianni

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    Forza Italia

    2

    presente

    BOSCHINI Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    CARDINALI Alessandro

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    FOTI Tommaso

    Componente

    Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    MOLINARI Gian Luigi

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    MUMOLO Antonio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    SONCINI Ottavia

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

     

    Sono presenti i consiglieri: Barbara LORI in sostituzione di Alessandro CARDINALI e Silvia PRODI in sostituzione di Lia MONTALTI.

    E’ presente la Presidente dell’Assemblea legislativa Simonetta SALIERA.

     

    Sono altresì presenti i consiglieri: Giuseppe PARUOLO (PD), Manuela RONTINI (PD) e l’Assessore alle Attività produttive, piano energetico, economia verde e ricostruzione post-sisma Palma COSTI.

     

    Partecipa alla seduta: il Presidente di BolognaFiere Spa Franco Boni.

     

    Presiede la seduta: Massimiliano POMPIGNOLI

    Assiste la segretaria: Claudia Cattoli

     

    Trascrizione a cura della segreteria


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    -       Audizione del presidente di «BolognaFiere spa» Franco Boni sulla situazione attuale e sul piano industriale della società.

     

    Presidente Luciana SERRI – Presidente della Commissione II Politiche economiche

    Abbiamo atteso che finisse l’ufficio di Presidenza per permettere a tutti i Consiglieri di partecipare a questa seduta di Commissione.

    Intanto saluto ringrazio il presidente di “BolognaFiere spa”, il dottor Franco Boni per la disponibilità: è la seconda volta nelle ultime settimane che partecipa alle nostre Commissioni, saluto anche Isabella Bonvicini, responsabile ufficio stampa della Fiera di Bologna.

    L’audizione di oggi è un’audizione congiunta con la Commissione I, così come abbiamo fatto un po’ in tutto il percorso che ci ha visto affrontare questa tematica, a partire dell’esame della legge regionale che abbiamo in discussione. Noi avevamo fatto qualche settimana fa già un incontro, avevamo visto la partecipazione dei tre presidenti Fiere: in modo particolare, avevamo esaminato tutto il tema del processo di razionalizzazione delle sinergie viste in prospettiva legate alle tre fiere. In quell’occasione uscì in modo forte l’esigenza, esplicitata da diversi componenti della Commissione, anche di fare un approfondimento più specifico sul tema di “BolognaFiere”. Un’esigenza che era strettamente legata al contenuto della legge che abbiamo in discussione, perché ovviamente l’obiettivo della legge è quello di rilanciare la fiera di Bologna e quindi di renderla competitiva anche in un ambito internazionale, quindi partire da un esame approfondito di quella che è la situazione attuale della fiera di Bologna, quindi chiedere al presidente di darci la possibilità di avere queste informazioni, in un’ottica anche di strategie future e quindi di capacità competitive di “BolognaFiere” in un ambito internazionale, credo che sia assolutamente importante per tutti noi, sia per avere informazioni rispetto anche a questa tematica di grande attualità, rispetto anche al tema che ha coinvolto anche l’aspetto dei dipendenti, ma soprattutto legato all’aspetto dell’esame della legge che dovremo affrontare.

    Prima di dare la parola al dottor Boni, volevo anche informare che siamo in streaming, quindi oggi sarà possibile seguire la nostra audizione.

    Io do la parola al dottor Boni subito per entrare nel merito delle comunicazioni che ci darà. Grazie.

     

    Dott. Franco BONI – Presidente BOLOGNAFIERE SPA

    Grazie Presidente. Buongiorno a tutti. Sono molto lieto, sono grato a voi di poter ogni tanto esporre la situazione, perché nella partenza del nostro piano di lavoro, nella costruzione del piano industriale per recuperare lo sviluppo della fiera, c’è un passaggio molto delicato che stiamo vivendo che è il riposizionamento della struttura – altrove part time, qui consolidata – con determinati orari annui garantiti, orari che non hanno tenuto conto del fatto che abbiamo perso purtroppo, per furti milanesi o quant’altro, circa 10 milioni di fatturato negli ultimi anni, quindi praticamente sono orari che non possono più essere portati avanti; ne è nata una vertenza che noi speriamo nei prossimi giorni possa entrare nel vivo del confronto senza ulteriori indugi. Stiamo cercando di convincere i lavoratori che i tempi sono cambiati, che purtroppo le necessità della fiera oggi sono diverse e che noi tentiamo di trovare delle soluzioni che salvaguardino l’occupazione, pur cambiando i termini del rapporto con l’azienda. Questo per non volere sfuggire al tema caldo del momento.

    Credo che l’occasione sia importante per cercare doverosamente di rendere edotti voi che avete responsabilità ben più ampie delle mie, di come si sta evolvendo la situazione del mondo fieristico in generale, di come la Fiera di Bologna si sta proponendo all’interno di questo contesto. Innanzitutto, parto subito da una chiarificazione, che credo indispensabile: la solidità della società Fiera di Bologna, perché anche lì si è detto e si è scritto un po’ di tutto per il fatto che nel segnare la discontinuità tra le gestioni passate e quella straordinaria, che siamo costretti ad affrontare in questo momento per recuperare il tempo perso, evidentemente alcune poste di bilancio che prima venivano diluite nel tempo, sono state tutte congelate ad un determinato momento. Se poi vorrete, vi posso spiegare cifra per cifra che cosa è avvenuto e perché è uscito questo tipo di bilancio. La società patrimonialmente è molto solida, gode ancora di una buona stampa a livello internazionale, è una società che fa della serietà nella diffusione dei suoi dati anche un suo punto rilevante di riferimento, questo ve lo dico cambiando un attimo cappello, perché sono il presidente della società che fa la certificazione delle fiere e debbo dire che le Fiere di Bologna sono “in bolla”, mentre purtroppo abbiamo altri quartieri, di cui per riservatezza non posso fare i nomi, che buttano fuori delle cifre poco simpatiche nei riguardi della competizione con gli altri quartieri italiani e quelli esteri, che sono un po’ difficili da difendere, perché molto improbabili. Quindi una Fiera di Bologna solida, una Fiera di Bologna che ha tra i propri marchi cinque o sei di valenza internazionale che nel mondo che si sta evolvendo, continuano mantenere una loro posizione privilegiata, ma un quartiere fieristico che si è un po’ fermato non ieri o ieri l’altro, ma una decina o dozzina d’anni fa, quando il mondo fieristico è radicalmente cambiato. Questo cambiamento non è arrivato a Bologna.

    Perché il mondo delle fiere è radicalmente cambiato? Io ho mandato alcuni dei collaboratori all’ultimo forum a Milano del 6 luglio, dove da parte dell’osservatorio Cermes dell’Università Bocconi viene fatto continuamente il monitoraggio del sistema fieristico italiano e di quello europeo e mondiale: c’è stata una rivoluzione culturale nel mondo fieristico che aveva vissuto sempre come venditore di spazi, ad un ruolo completamente diverso; sono finite le fiere campionarie, le fiere sono sempre più verticali e specializzate; non si è più nell’ambito delle vecchie fiere di un tempo, il rapporto è cambiato, sono cambiati gli equilibri, ormai l’Europa non è più l’unica dominante del mondo, ma abbiamo dei quartieri in Asia e in America che ci stanno facendo delle concorrenze spietate e quindi nel conquistare, a fronte delle realtà distrettuali e quindi delle necessità delle imprese dei vari territori, i buyers internazionali, il discorso non è più legato soltanto al quadrante europeo come fino a una dozzina d’anni fa, ma si stanno presentando massicciamente sul mercato internazionale delle fiere molto importanti allocate o negli Stati Uniti o in Asia che richiamano dall’Europa i buyers. Mentre noi abbiamo vissuto fino ad una dozzina d’anni fa che era l’Europa, con le sue prime tre grandi realtà fieristiche (Germania, Italia, Francia) a richiamare il resto del mondo. Qui i dati sono tanti, le statistiche si prestano a tutto quello che volete, ma in ogni caso sulla piazza Europa vi posso dire che mentre negli anni Novanta l’Italia giocava nella torta generale per il 32 per cento, nei primi anni Duemila ci siamo ridotti a un 26 per cento e adesso stiamo marciando sul 21/22 per cento.

    L’altro aspetto che vorrei sottolineare è che bisogna stare attenti perché quando noi parliamo di Fiera di Bologna, parliamo di una società alla quale sono collegate ventitré società, o perlomeno erano collegate ventitré, perché nelle prime due o tre settimane sette le ho già cancellate, una realtà che a livello di consolidato ha una valenza piuttosto interessante anche da un punto di vista dei valori. Voi sapete che per il valore di una società, a seconda dei settori, ci sono praticamente tre metodi di valutazione, ma quello più immediato e più spontaneo, è quello di prendere il MOL (Margine Operativo Lordo), quello come oggi EBITDA” (Earnings Before Interest, Depreciation and Amortization) e moltiplicarlo per il moltiplicatore medio del settore. Chiaro che se stiamo parlando del quadrilatero della moda di Milano, usiamo dei moltiplicatori folli: venti, trenta volte quello che è il margine lordo si scambiano le griffe della moda. Nei settori industriali, i moltiplicatori sono molto inferiori. Quello che è mediamente accettato nel campo fieristico, è il moltiplicatore 6. Se noi prendiamo il nostro patrimonio, il nostro quartiere e cerchiamo di capire, perché ci serve sapere dove siamo, il suo valore, se noi prendiamo come riferimento il consolidato, abbiamo una fiera che ha un discreto valore. Se noi prendiamo invece come riferimento la capogruppo: “BolognaFiere” a piazza della Costituzione, il quartiere, il suo valore è zero. Attenzione, perché i numeri bisogna anche cercare di leggerli e interpretarli. Perché è zero? Perché negli ultimi anni, al di là di quella che è chiamata la gestione caratteristica, al di là quindi degli eventi straordinari: perché si è incassata la penale di una fiera che se n’è andata, perché si è incassata una assicurazione, perché si è fatta una rimessa dall’estero maggiore, perché abilmente negli anni passati è stata sviluppata molto bene la presenza in Asia e quindi arrivano degli utili da lì, e speriamo che durino, togliamo tutti questi perché e arriviamo alla gestione caratteristica che è molto facile da individuare. Ho un tot di fiere mie, ho un tot di fiere ospitate, tiro la riga sotto costi e ricavi – questa è la gestione caratteristica molto semplificata – valore del margine operativo lordo: zero. Voi lo zero, lo sapete meglio di me, lo insegniamo voi ai vostri bambini, io ai miei nipoti, zero lo puoi moltiplicare per qualunque moltiplicatore, fare finta di essere una azienda di moda, lo moltiplico per trenta, fa sempre zero. Perché parto da qui? Perché in effetti in una società come la nostra dove il dominio non è neanche più della velocità, ma addirittura dell’accelerazione: quando si resta indietro, riuscire a recuperare è molto difficile, perché gli altri non stanno fermi. Sapete meglio di me la storia del leone e della gazzella: alla mattina parti veloce, non chiederti chi dei due sei, ma comunque vai via come una scheggia perché se no non arrivi alla sera; se qualcuno di voi ha buttato l’occhio lunedì sui due inserti molto interessanti che ci sono, uno “Affari e finanza” di “Repubblica” e l’altro “Il Corriere dell’economia”, ogni volta che si legge lì, viene un po’ freddo: c’è un mondo che sta andando ad una velocità da far paura. Addirittura c’era un articolo, che denunciava come ormai la stessa Silicon Valley, che è stata per alcuni decenni l’emblema dell’innovazione, della velocità, del cambiamento e quant’altro per tutto il mondo, adesso cominci a perdere qualche colpo, perché ci sono delle schegge impazzite che partono, che vanno a destra e a manca a delle velocità impressionanti. Vi confesso che mentre leggevo quell’articolo, mi sentivo un po’ datato, perché io alla fine degli anni Ottanta me ne andavo su con la mia valigina proprio in Silicon Valley: servivano delle schede elettroniche molto avanzate per certe macchine di controllo e le trovavi solo in Silicon Valley in America.

    Finendo questo capitolo, il mondo si sta muovendo velocemente; ormai credo che un po’ mi conosciate, io non ho l’abitudine di fare scaricabarile, soprattutto di dare delle colpe a delle persone che non ci sono e non si possono difendere, io prendo atto di una situazione: ci sono stati dei ritardi, il mondo fieristico è cambiato, ma soprattutto è avvenuto un fatto che ha portato alla reazione di tutte le altre fiere, Bologna pare che invece non lo abbia recepito nella sua portata, mentre cambiava il mondo fieristico, controtendenza al cambiamento del mondo fieristico, Milano ha inaugurato il più grande quartiere fieristico che tremare il mondo fa, che non sarà mai riempito fino al 3000, al 5000, finché non crollerà, perché è stato fatto contro ogni logica, soprattutto fuori tempo, e quindi si è scatenata la caccia alle fiere importanti degli altri quartieri per cercare in qualche maniera di riempirlo. So di non dirvi niente di nuovo, ma è un fatto che ha fatto sì che le altre fiere si siano date delle belle mosse importanti. Hanno cercato intanto di rinnovare il loro approccio con i loro esibitori, i loro clienti, cercando di tenerli legati tra una manifestazione e l’altra, accompagnandoli all’estero, facendogli lavatura e stiratura: delle situazioni assolutamente avvolgenti per cercare di avere un rapporto diverso dal passato. Ma soprattutto hanno modernizzato i quartieri. Uno dei problemi che noi abbiamo qui, è che siamo stati invitati a cercare nella nostra piena autonomia di fare un percorso di aggregazione per creare un sistema che si possa difendere meglio qui in Emilia-Romagna, ci stiamo muovendo e credo che a breve potranno esserci anche su questo tema delle novità interessanti. Io però qualche problemino ce l’ho, perché questa aggregazione o questa creazione del sistema fieristico emiliano – chiamiamola come si preferisce, ma il senso credo sia molto chiaro – tutto oggi nel mondo deve cercare di trovare alleanze, sponde, possibilità di mettere a sistema, di mettere insieme delle forze perché è diventato tutto più grande e quindi bisogna avere più forze per cercare di vincere la propria battaglia: io ho un po’ un qualche disagio, perché i miei due compagni di strada hanno due quartieri nuovi, un bel palacongressi uno, fin troppo bello uno, un palacassa quell’altro che non è così bello ma comunque è molto ben funzionale, io qui ho un quartiere vecchio da rinnovare e un palacongressi che fa un po’ pena. Quindi anche in vista di questa unificazione, che io auspico da tempo, perché non è una novità, le sollecitazioni, gli inviti ad affrontare il problema, a cercare di superare i campanilismi fuori tempo e fuori luogo ci sono venuti da tempo, però finora non si è riusciti a fare grandi passi avanti, ma io credo proprio che in questo momento, come vi accennavo prima, finalmente verrà qualche novità. Bisogna però che gli altri due quartieri, proprio perché vivono nello stesso territorio e sono coinvolti in molte cose che ci riguardano tutti, abbiano la “pazienza” di aiutarci, di attenderci, perché noi siamo obiettivamente un po’ in ritardo.

    C’è un altro passaggio che ritengo fondamentale, perché come sapete io sono stato invitato a dare il mio contributo, perché nell’ultimo decennio ho fatto un certo tipo di esperienza, anche se rimango orgogliosamente un vecchio “meccanicaccio”, io mi ritengo un uomo di fabbrica, non mi ritengo un uomo di fiere, anche se sono dieci anni che ci lavoro, vengo dal ciclo continuo, quindi capite cosa vuol dire per uno abituato a vivere in un ambiente dove si lavora giorno, notte, sabati, domeniche, trecentosessantatre giorni all’anno, fermata unica Natale e Ferragosto, arrivare qui e vedere delle migliaia di metri quadri di roba dove non c’è neanche una farfalla che vola, perché non bisogna mai dimenticare che il settore fieristico ha una sua ritmica particolare: ci sono centocinquanta, centosessanta giorni all’anno nei quali si deve correre, perché c’è da allestire la fiera, da gestire l’arrivo dei visitatori e quant’altro, gli altri giorni si preparano le fiere successive. Ma un conto è preparare qualche cosa, lavorare a qualcosa che avverrà sei mesi dopo, un conto è essere legati al ritmo di una macchina, per la quale a livello sindacale giustamente si fanno anche i discorsi dei cosiddetti bisogni fisiologici, se uno si deve allontanare, deve chiedere il sostituto al capolinea, non puoi mollare la macchina lì da sola. Quindi mi scuso, lo dico per dire che io vengo da un mondo completamente diverso, quindi anche se ho fatto gli ultimi dieci anni in un’altra fiera, faccio un po’ fatica a capire questo ambiente. In ogni caso, io sono arrivato, mi sono stati dati sette punti da affrontare da parte dei soci e quindi io credo doveroso relazionarvi su tutti questi punti.

    1. Fare una transazione con “Lineapelle”, una delle grandi fiere che ci ha abbandonato e che se ne è andata a Milano. La transazione è stata fatta, è stata un po’ difficoltosa perché era già stata impostata, c’erano già gli arbitrati in corso, era già stato raggiunto un livello di compromesso e quindi rimetterlo in discussione è sempre difficilissimo, però con la scusa della novità: io sono nuovo, non so, sono foresto, siamo riusciti a chiuderla anche un pochino meglio di quella che era stata l’oggettiva linea di compromesso precedente. Abbiamo preso 800 mila o 1 milione in più, quindi non è male. Quindi transazione “Lineapelle” fatta.

    2. Revisione dello statuto l’abbiamo fatta. Ho già precisato prima che il nostro dovere era solo proporre, adesso giustamente nella loro libertà saranno i soci che decideranno quando adottare il nuovo statuto.

    3. Consolidamento delle manifestazioni esistenti. È evidente, la preoccupazione dei nostri soci che, a fronte delle ultime uscite, l’ultima è stata questa primavera “Lamiera”, si potessero realizzare anche delle altre fughe di fiere importanti. Devo dire che soprattutto ad opera del direttore Bruzzone e dei suoi collaboratori commerciali, è stato fatto in questo campo, sembra che poi io vi parli di una storia della “Guerra dei trent’anni”, io sono qua da tre mesi, tre mesi e mezzo, comunque il consolidamento sta funzionando, i primi di settembre ci sarà SANA che parte con un 40 per cento in più dell’anno scorso; abbiamo il CERSAIE sempre alla fine del mese di settembre che è già sold out; EIMA che sarà a novembre, anche questo tutto esaurito, quindi questo consolidamento per adesso fatto.

    4. Accordo EIMA. Qui la faccenda si complica, perché già tre settimane fa avevamo raggiunto con l’ufficio legale dell’Unacoma che è l’organizzazione che sostiene questa fiera EIMA, l’intesa, il telaio contrattuale ve lo sintetizzo perché mi sembra corretto che lo conosciate, perché è una delle cose veramente più importanti: EIMA sta chiedendo di fare 30/40 mila metri quadri di padiglioni in più. Tutti voi sapete che oggi viviamo nel periodo della smaterializzazione più assoluta, si parla di cloud, la “Nuvola”, “industria 4.0”, andare ad investire sul mattone a me viene freddo e non credo solo a me. Voi sapete che i distinguo fondamentali nel mondo fieristico sono due: ci sono le fiere proprie o le fiere ospitate, come dicevo prima. L’altra grande distinzione: le fiere B2C o le B2B. Le fiere fatte per il grande pubblico, per il consumatore, oppure il B2B (Business to business) che sono le fiere dedicate alle imprese. Tradirei quello che vi ho detto, che è la mia origine, se non dicessi che bisogna essere concentrati soprattutto sulle B2B, perché la fiera per i consumatori è importante per la città, per il territorio, per l’indotto, ma la vera forza, la vera ricchezza è quando riesci a portare il mondo che viene a vedere, a comprendere, a capire, ad apprezzare le produzioni del territorio. Bologna si è un po’ addormentata, senza voler offendere, perché vive in una posizione che è sempre stata estremamente privilegiata: è nel cuore del mondo produttivo italiano, perché andare in giù si arriva al massimo fino alle Marche come sapete, purtroppo, poi c’è quasi il deserto, ma tutta la parte grossa dei distretti industriali ce li abbiamo qua in Emilia-Romagna, poi andiamo su, il famoso Nordest, la Lombardia, ormai un po’ meno il Piemonte e la Liguria, era il vecchio triangolo industriale degli anni Cinquanta. Quindi Bologna ha una posizione veramente molto interessante, molto bella, molto privilegiata che però non deve essere un alibi per aspettare che gli altri ci vengano a cercare. Oggi il mondo non è più così.

    L’accordo con EIMA è pronto, è stato fatto, valutato, vagliato; prevede un impegno da parte nostra nei prossimi sei anni, dato che EIMA è biennale, a costruire questi benedetti nuovi 35 mila metri quadri e accanto a quello, riorganizzare, ristrutturare, “revampizzare” come è di moda dire oggi, gli altri padiglioni. In effetti, voi siete di Bologna e quindi avrete visto che ci sono dentro nel quartiere purtroppo alcuni padiglioni che non solo sono datati, ma quando sono stati fatti, sono stati fatti come precari: sono passati venticinque anni e sono ancora lì; sono dei precari robusti.

    L’accordo con EIMA è pronto, EIMA però non è pronta a firmarlo, perché una delle situazioni derivate dalla realtà che c’è in questo periodo: un po’ di contestazione di ricerca di portare avanti una riorganizzazione con fatica da parte nostra, che non è certamente gioioso tra le tante cose fatte dovere anche andare attorno agli organici, ma soprattutto sofferta dagli altri, ha portato manifestazioni anche nei riguardi di “Unacoma”, per cui questi in questo momento stanno tenendo la penna sospesa. Quindi il discorso è stato affrontato e portato quasi a soluzione, ma adesso bisogna togliere dai piedi questo “quasi”, perché la soluzione sia definitiva.

    5. I rapporti con il territorio. Io vi confesso che non ho dormito qualche notte, perché il Motor show ha avuto una storia che potrei sintetizzare in questi termini: è stato uno dei simboli più conosciuti di Bologna per decenni; ho avuto la fortuna qualche giorno fa di conoscere l’inventore, che adesso vive a Panama ma ogni tanto viene a Bologna, non ho la fortuna di conoscere molto bene il dottor Cazzola, che ne è stato il grande sviluppatore negli anni, però purtroppo negli ultimi sette, otto anni si è infilato questo benedetto Motor show in una situazione abbastanza penosa. Non si capiva più bene di chi era, di chi non era, quindi negli ultimi anni ci sono state alcune edizioni floppate, addirittura quella dell’anno scorso saltata a piedi pari, dopo che erano stati avanzati rapporti con le varie case automobilistiche e quant’altro. Credibilità non zero; meno cinque, meno dieci o roba del genere. Strada tutta in salita, case automobilistiche che invece di pagare per venire, vogliono essere pagate per venire a Bologna: questa è la verità. Quindi una decisione non facile da prendere, perché è chiaro che – se mi passate l’espressione un po’ pesante – è il morticino nella cassa in questo momento il Motor show: se noi non lo facciamo quest’anno, mettiamo il coperchio e rimane uno dei bei ricordi del glorioso passato. Se invece quest’anno ci diamo tutti da fare, ci rimbocchiamo le maniche, cerchiamo di ringiovanirlo, di riproporlo in termini più attuali, quindi proprio con una formula “passato, presente e futuro”, perché oggi c’è anche un futuro del mondo automobilistico che è esattamente il contrario di quello che abbiamo vissuto prima: il rombo, la sgommata, quella roba lì; adesso andiamo verso la tecnologia che ci deve portare nel giro di poco più di un decennio a sederci in macchina a leggere il giornale e dire voglio andare a casa e la macchina ti porta a casa. Io non sono giovane, non ci sarò più, perché sono rimasto molto con il cuore legato alle sgommate: io quando sento il rombo di una delle nostre macchine della Motor Valley, mi sento più vivo. Al di là di queste note più o meno di colore, la sostanza è che poi abbiamo preso la decisione di accettare la sfida. Quindi io approfitto dell’occasione per chiedere anche a voi, tutti dovrete venire al Motor show, tutta la città, tutto il territorio, tutta l’Emilia-Romagna deve cercare di rilanciare, di tenere in piedi questo gioiello, perché di fiere importanti ne abbiamo perse purtroppo tante e questa bisogna che facciamo dei sacrifici. Io l’ho “budgettata” con i miei collaboratori come se fosse una startup, quindi accettando che per due o tre anni non si guadagni niente, bisogna rimboccarsi le maniche, cercare di inventare delle formule nuove, delle formule più attuali e rilanciarla completamente. Quindi il rapporto con il territorio si incentra molto su questo Motor show, ma abbiamo stabilito un rapporto anche molto interessante con l’università, il giovane rettore che c’è adesso è molto innovativo, ha voglia di cambiare e ci ha assicurato un grande appoggio, se metteremo insieme a posto con qualche formula il palacongressi, di dirottare il più possibile la grande influenza che ha l’Alma Mater, questa università che tutto il mondo ci invidia, i congressi, i convegni, gli incontri internazionali scientifici che Bologna sicuramente può attrarre sul territorio. Attenzione perché non è da sottovalutare questo aspetto, perché molte fiere, che vedono calare il patrimonio fieristico classico in senso stretto, stanno cercando di far crescere l’altra gamba: il congressuale, perché può diventare altamente compensativo. Quindi tante altre cose sul marketing territoriale che però non sto a dirvi, perché vedo che sto andando lungo.

    6. La razionalizzazione del gruppo e il piano industriale sono l’ultimo punto, al quale volevo farvi un accenno. Si fa un po’ di confusione sui titoli e i contenuti delle cose, io ho visto scrivere molte volte dei numeri involontariamente imprecisi che erano riferiti al bilancio o allo stato patrimoniale, non si capivano bene le cose, devo dire che anche sul piano industriale bisogna intendersi sui termini. Giustamente noi vogliamo discutere del piano industriale con i lavoratori, con i nostri collaboratori e siamo disponibili a confronti a tutti i livelli, primo tra tutti questo che è il più prestigioso, però bisogna intendersi sui termini: per avere un piano industriale, oltre ad aver fatto un percorso di verifica organizzativa, di modifica organizzativa, di risparmio sui costi, di attenzione al divaricamento tra le due linee che adesso sono piatte qua (costi e ricavi), bisogna togliere dei costi e aumentare i ricavi, quindi fare in modo che non sia più come le convergenze parallele di “morotea memoria”: sono due cifre che devono allargarsi il più possibile. Al di là di quello, noi qui abbiamo da valorizzare il progetto architettonico. Quindi finché non c’è il progetto completo, che non vengono fatti i bandi per i lavori di attuazione dei nuovi padiglioni, il piano industriale in senso stretto non c’è, perché è quando ci sono tutti questi fattori combinati insieme che si può vedere come si muoverà quella sostenibilità richiesta prima di tutto dai soci, perché mentre i pubblici, come sapete, hanno dichiarato la loro disponibilità da subito ad accompagnare lo sforzo di aggancio alla nuova realtà, lo sforzo di aggiornamento, lo sforzo di crescita della fiera, i privati hanno nicchiato, non hanno dichiarato la loro disponibilità finanziaria. Quindi bisogna fare un piano che prima di tutto abbia la sostenibilità, che ci sia in sostanza un cash-flow tale da giustificare l’assunzione da un lato dei nuovi finanziamenti dai soci privati, dall’altro soprattutto da giustificare la richiesta di finanziamento alle banche. Attenzione perché le banche non si accontentano mica delle chiacchiere: non puoi mica andare lì a dire di avere una certa fretta per aver perso una dozzina d’anni e chiedere 30 milioni per poi dopo quindici o venti giorni spiegare il perché. Noi abbiamo fatto un piano di lavoro, stiamo già realizzando la prima parte di questo piano di lavoro; chi mi conosce sa che io parto sempre dalla testa e mai dalla base: io ho eliminato da subito la metà dei dirigenti che erano in “BolognaFiere” e aggregate. Tra l’altro, continuano a scrivere che non ho toccato la cassaforte (Sogecos) dove ci sarebbe ancora il vecchio presidente Campagnoli con il suo amministratore delegato Tavazzi con un costo di x/k e avanti. Non è vero, non ci sono più, solo che non mi sembra corretto: parlare di numeri sì, parlare di persone quando è indispensabile. Il primo dirigente che è uscito, era un direttore commerciale del quale io non capivo il perché, perché c’erano due direttori vendite e un direttore generale, il direttore commerciale in mezzo: cosa fa questo qui? Non lo so. Cominciamo a risparmiare i soldi e andiamo avanti. Quindi il gruppo dirigente nelle mie abitudini – ed è troppo facile la battuta – il pesce puzza dalla testa, è altrettanto facile però la battuta che quando uno cerca di ristrutturare è semplicemente un “tagliatore di teste”. Guardate che non è così simpatico, quando si fanno interventi: io ho tolto 2,5 milioni di consulenze appena arrivato; ho cancellato sette società, sono tre mesi che sono lì e non sono Batman, come ho letto prima. Però ho l’abitudine di lavorare duramente, di dare l’esempio agli altri. Tutto questo senza sbandierarlo ai quattro venti, fa sì che sembra sia arrivato uno che vuole ammazzare dei poveri lavoratori, come se fossero loro i colpevoli del fatto che l’azienda è in ritardo nel suo sviluppo. Vi prego di credere che non è così.

    Certamente, se nell’ambito della realtà bilancistica degli ultimi anni viene fuori che la fiera paga per dei lavori che non servono più, perché sono sparite delle fiere, ma non sono sparite quelle ore lì, io non voglio neanche essere accusato di negligenza. La cosa c’è, è un problema, va segnalato, va risolto e va risolto con l’attenzione che merita il fatto che non si tratta di numeri, ma dietro quei numeri ci sono delle persone e quindi io mi sono impegnato in queste settimane a cercare delle soluzioni per risolvere quel problema.

    Io mi fermerei qua, perché ho paura di aver parlato anche troppo, vi chiedo scusa. Penso che qualcuno possa avere il desiderio di avere una risposta su qualcosa che io posso avere involontariamente saltato in questa mia volata, quindi ridò la parola alla Presidenza e sono a vostra disposizione. Grazie.

     

    Presidente SERRI

    Grazie Presidente. Il quadro che ci ha fatto, credo che sia un quadro molto prezioso, quindi che ci può dare la possibilità ora di valutare e di entrare nel merito, quindi io aprirei la discussione e do la parola a chi me la chiede. Piccinini

     

    Consigliera Silvia PICCININI

    Grazie Presidente.

    Io ringrazio il presidente Boni per avere un po’ illustrato la situazione di “BolognaFiere”. Noi questa audizione l’abbiamo chiesta come Movimento cinque stelle innanzitutto per avere chiarezza su quello che è il buco di bilancio, notizia uscita pochi mesi fa, quindi volevamo capire un attimo da dove derivava questo buco di bilancio, perché la situazione di “BolognaFiere” secondo noi non è stata gestita in modo trasparente. Al di là di quello che ci diceva l’Assessore in aula, per noi questa trasparenza non c’è, e questa audizione è quanto mai opportuna anche alla luce degli accadimenti di queste settimane, dell’arresto del numero due della fiera, del direttore generale Bruzzone che era colui che, se non sbaglio, seguiva anche la questione dei 123 lavoratori e, se non sbaglio, seguiva anche il piano di rilancio e il piano industriale.

    La nostra posizione l’abbiamo già espressa pubblicamente: noi troviamo illogico e profondamente ingiusto che vengano lasciate a casa 123 persone incolpevoli di questa situazione; si è arrivati con l’accetta ma si fa presto a risanare così i bilanci, non è questa secondo noi la soluzione. Abbiamo detto che serve azzerare la dirigenza, perché le persone che hanno gestito la fiera in questi anni, non possono essere le stesse che si occuperanno del rilancio della fiera, perché se sono state fatte delle scelte sbagliate in questi anni, qualche responsabilità queste persone l’avranno e non si può pensare che siano le stesse che adesso si inventino un qualsiasi rilancio della fiera.

    Sui lavoratori noi avevamo presentato una risoluzione in aula, che il Partito Democratico non ha voluto discutere purtroppo, innescando tutta una discussione infinita sull’apologia del fascismo, ci siamo persi in tutte queste belle cose qui: evidentemente qualcuno ha altre priorità. Però io ribadisco qui la nostra richiesta e mi rivolgo all’Assessore, visto che domani ci sarà la riunione con i soci, mi piacerebbe che la Regione andasse con una posizione chiara rispetto a questi licenziamenti: no alla sospensione, sì al ritiro dei licenziamenti. Se è vero che la situazione socioeconomica e quant’altro è mutata, dall’altro lato non si può far pagare loro una situazione che è stata creata non per loro responsabilità. Se la situazione socioeconomica è cambiata, allora dobbiamo avere alla guida della fiera delle persone che sono in grado di stare al passo con i tempi. Quindi abbiamo chiesto l’azzeramento della dirigenza, abbiamo chiesto di mettere mano agli sprechi. Poi, sui dirigenti mi risulta che almeno una parte di questi che sono stati lasciati a casa, alcuni lo abbiamo scelto volontariamente. Almeno a quanto risulta a me, ci sono state persone che hanno scelto volontariamente di non continuare la propria collaborazione con la fiera.

    Io avrei delle domande specifiche. Lei parlava dei sette punti, io però vorrei capire questo balletto di dichiarazioni sui lavoratori, da una parte abbiamo Merola che ci dice che è contento, che la politica ha fatto la sua parte: io vorrei capire da chi è arrivato questo mandato di lasciare a casa 123 lavoratori. Dall’altra parte abbiamo le dichiarazioni ieri di “Unindustria”, che questa è una scelta che non è stata ratificata da nessun Cda. Quindi voglio capire se è un’iniziativa sua; se è un mandato dei soci pubblici che nella schizofrenia più totale adesso rivendicano meriti nella sospensione della procedura di licenziamento. Voglio capire su quale mandato ha scelto di lasciare a casa 123 persone così dal giorno alla notte, senza avere un piano industriale.

    Altra questione secondo noi importante. Io in tempi non sospetti avevo chiesto il bilancio 2015, a parte l’ultima richiesta che abbiamo fatto, che con la scusa delle ferie – che mi sembra veramente una scusa ridicola – non ci è stato dato il bilancio definitivo, però forse gli uffici si saranno sbagliati, comunque siamo riusciti ad avere la bozza di bilancio e ci sono dei dati che secondo noi giustificano il fatto che probabilmente non era opportuno partire da quei 123 licenziamenti. C’è un dato che si chiama “incidenza del fattore lavoro” che voi non avete esplicitato nel bilancio 2015, però noi l’abbiamo ricavato e ci dice che il peso dei lavoratori è pari ad un 20 per cento, quindi non è un dato preoccupante. Non si capisce come mai ancora una volta si debba partire da lì a tagliare. Poi, ci sono diversi dati che ci dicono che questa fiera andava molto male, gli indici di redditività sono tutti negativi, per cui è evidente che questa fiera ha bruciato ricchezza anziché crearne.

    Poi c’è un altro dato che ci lascia un po’ perplessi, perché se da una parte i costi per i servizi 2014 e 2015 sono più o meno simili: i costi dei servizi hanno più o meno lo stesso importo, dall’altra parte però sul bilancio 2015 abbiamo, per quanto riguarda i ricavi, un meno 3,764 milioni di euro. Io mi domando come mai non ci sia stato nessuno che in un certo periodo dell’anno, vedendo che i ricavi non arrivavano, non abbia proposto di fare economie di spesa, anziché continuare a spendere quando non ce lo potevamo permettere.

    L’altra questione che ci lascia abbastanza perplessi, secondo noi è ciò che ha incrinato definitivamente la situazione della fiera, è la partecipazione ad EXPO. Su questo io avrei una domanda specifica, alla quale vorrei una risposta in termini numerici. Vorrei capire esattamente quanto ci è costata la partecipazione di “BolognaFiere” a EXPO e in termini numerici quant’è la perdita effettiva da questa partecipazione. Vorrei capire che cosa non ci abbiamo guadagnato e che cosa abbiamo perso, soprattutto perché ci sembra che quello sia un dato importante e che sia quello che abbia effettivamente incrinato la situazione di “BolognaFiere”. Nonostante i politici – Bonaccini in prima persona – ci racconti che EXPO è stata una sfida vinta, a noi non risulta assolutamente così.

    Altra questione che ritengo importante, sulla quale vorrei una risposta, è la Fiera del Levante: vorrei capire quali sono le intenzioni del nuovo presidente, perché io ritengo che sia francamente un azzardo partecipare, visto che la situazione della Fiera del Levante non è per niente rosea: da quel che mi risulta, è stata abbandonata anche dai soci pubblici e sicuramente in questo momento non abbiamo bisogno di andarci a complicare la vita ulteriormente. Quindi volevo capire qual è la posizione da questo punto di vista, visto che se ne parla da tanto tempo.

    In ultimo, una domanda per l’Assessore, visto che si fa tanto parlare anche in questi giorni dello statuto della Fiera, perché c’è chi vuole andare verso una sostanziale privatizzazione, Bonaccini non ha escluso questa possibilità, dall’altra parte abbiamo Merola invece che continua a dire – e secondo me, è una posizione corretta – che le nomine del presidente della Fiera devono rimanere in capo ai soci pubblici, volevo capire qual è la posizione punto dell’Assessore: se ritiene che le nomine del presidente di “BolognaFiere” debba rimanere in capo ai soci pubblici, oppure se ritiene che debba essere una scelta condivisa con i soci privati.

     

    Presidente SERRI

    Marchetti.

     

    Consigliere Daniele MARCHETTI

    Ringrazio il presidente Boni per essere qui presente oggi, che comunque ci dà l’occasione per confrontarci su un tema assolutamente importante. Speravo di arrivare in questa Commissione comunque con qualche dato in più, ma non è un rimprovero che faccio a voi, più che altro alla nostra struttura, dato che ho fatto qualche accesso agli atti per arrivare un minimo documentato qui in Commissione, ma pare che per una semplice richiesta servano dei mesi. Mi riferisco, ad esempio, ad una semplice richiesta di un bilancio di una società controllata al 100 per cento da “BolognaFiere”.

    Detto questo, parto dalla dichiarazione che ha fatto, che comunque “BolognaFiere” è una realtà solida: sarà pur solida, però penso che sia ovvio riconoscere che non vive un momento felicissimo. Così mi pare di aver capito dalle sue parole. Da un lato ci sono i 123 esuberi dichiarati; sta avanzando un po’ una spaccatura tra i soci pubblici e privati; la questione dell’arresto del direttore generale che certamente non ci voleva, spero che venga fatta chiarezza al più presto, perché “BolognaFiere” non ha bisogno di queste cose in un momento così delicato; dobbiamo fare i conti con un’eredità comunque che pesa sul presente. Infatti io non ne faccio una colpa a lei come presidente, però dobbiamo riconoscere che negli anni ci sono state sfilate parecchie manifestazioni importanti, sono stati fatti errori. La questione di ”Sogecos” ad esempio, penso che lei si riferisse ad un’agenzia stampa uscita qualche tempo fa dal sottoscritto, perché proprio da una di quelle richieste di accesso agli atti che ho fatto, risultava ancora Campagnoli. Prendo atto che comunque è stata fatta finire questa situazione che mi preoccupava, perché – lei non ha fatto nomi prima, io però mi permetto di farli – secondo me Campagnoli è tra i primi responsabili della situazione in cui ci troviamo oggi. Come dicevo, l’eredità è pesante, basta fare qualche esempio: la questione del parcheggio che è in continua perdita. Infatti le chiedo un aggiornamento magari, perché io gli ultimi dati che ho, riguardano qualche anno fa, quelli che vennero pubblicati sulla stampa; si parlava di una perdita del 77 per cento mi sembra di media annua come ricavati rispetto alle previsioni iniziali. Poi, mi incuriosisce anche ad esempio l’attività di una delle società controllate da “BolognaFiere”, come “BolognaFiere Cina”, che non so sinceramente quanto porti nelle casse di “BolognaFiere”, perché a me risulta che siano stati fatti investimenti anche in quelle zone, senza aver avuto mai un ritorno significativo. So che sono state lanciate delle iniziative, una sorta di “Artefiera” a Shanghai mi pare. Anche questa non credo sia stata un grandissimo successo. Ci sono una serie di situazioni che secondo me andrebbero analizzate bene, perché poi alla fine il rischio è che paghino i lavoratori, che sono qui 123 esuberi di cui stavamo parlando prima. Quindi è importante analizzare a trecentosessanta gradi tutta la situazione, comprese le società controllate al 100 per cento da “BolognaFiere”.

    In sostanza, io le chiedo un aggiornamento un po’ ad esempio sulla situazione del parcheggio; sulla situazione di «BolognaFiere Cina», il suo stato di salute perché io ho fatto un accesso agli atti, però mi hanno detto che arriverà verso fine luglio, quindi continuerò ad attendere. Poi, ovviamente non posso non fare un rimprovero anche ai soci pubblici, che oggi comunque si erigono un po’ a paladini dei dipendenti, ma fino ad oggi hanno dormito, sia Regione che Comune, e non hanno nemmeno investito sul territorio, perché ad esempio ci sono stati degli errori come, secondo me, anche un mancato collegamento tra aeroporto, fiera e centro città. Si cerca di mettere una pezza con il cosiddetto People mover, ma che secondo me è soltanto una spesa inutile che non andrà a dare un servizio adeguato agli obiettivi che ci si vuole porre per “BolognaFiere”. Quindi una serie di questioni da analizzare bene, perché ripeto alla fine della fiera – per rimanere in tema – a rischiare sono i lavoratori, che pagano per errori di persone che sono stati commessi in passato con la complicità di tutti i soci sia privati che pubblici soprattutto.

     

    Presidente SERRI

    Alleva.

     

    Consigliere Piergiovanni ALLEVA

    Anch’io voglio occuparmi di alcuni argomenti, il primo dei quali senz’altro è quello della procedura di licenziamento collettivo nei confronti dei 123 lavoratori. Io ho guardato la lettera di apertura della procedura, quella che è stata sospesa; dalla lettera stessa risultano gli scopi politicamente non condivisibili e giuridicamente illegali della procedura stessa, che pertanto non deve essere semplicemente sospesa, ma deve essere revocata. Mi spiego meglio. Non si comprende se ci siano delle ore semplicemente eccedenti, un monte ore eccedente per cui occorre qualche lavoratore in meno, oppure ridurre ancora l’orario: già sono lavoratori a part time. Oppure si vuole fare un’altra cosa: in certe posizioni si vuole fare prima piazza pulita e poi andare a soluzioni economicamente più vantaggiose, che significa di maggiore sfruttamento verso il lavoratore.

    Se noi guardiamo quella lettera di apertura della procedura, vediamo che è frazionata per molte posizioni come non si dovrebbe fare: sono le cosiddette “procedure fotografia”, di cui parla tanta giurisprudenza, ma si vede che in tante posizioni c’è il numero delle persone presenti (1), gli eccedenti (0). Quando poi arriviamo a certe qualifiche, quelle riguardanti i controlli, accoglienza, eccetera: abbiamo presenti diciotto, eccedenti diciotto; presenti quindici, eccedenti quindici. Perciò è impossibile, è irrazionale. Ammettiamo pure che ci sia stato un calo di attività, avrei per esempio diciotto; esuberanti tre/quattro. Qui sì che si pone la domanda: perché se le diciotto persone che fanno un’accoglienza, un controllo, io li dichiaro esuberanti tutti e diciotto, poi dopo questa attività chi la fa? Risposta: la fanno gli stessi chiamati attraverso agenzia interinale o sistemati in cooperativa di sfruttamento. Questo è quello che non deve assolutamente accadere, ma che è già dichiarato, già prospettato, già visibile nella stessa lettera di apertura della procedura. Quindi questa va semplicemente e puramente revocata. Poi si potrà vedere quali sono i mezzi per superare una fase o di crisi o di riavvio se c’è, non lo so, perché dobbiamo sapere – alla fine nessuno l’ha detto – qual è l’eccedenza oraria vera, perché quella lettera non me lo dice. Ponendo l’esubero totale in certe qualifiche, in realtà mi nasconde la realtà, non me la fa vedere. E lì ci potrebbero essere tante cose. Questa è una spa che applica il contratto collettivo del commercio, ha più di centocinquanta dipendenti, può essere ammessa alla cassa integrazione, se ce ne fosse bisogno. Ma l’impostazione di questa vicenda è sbagliata in radice, l’ho detto in maniera molto dura, presidente, però in piena coscienza, anche perché questo è il mio mestiere da quarant’anni.

    Veniamo ad un punto importante che mi pare di aver sentito, quello in cui si parla del bilancio e si è detto che questo è un bilancio – come si dice in gergo bancario – di “ripulitura”: c’era una situazione di sofferenza, di partecipazioni di imprese andate male che dovevano essere abbattute, per cui si possono fare due politiche di bilancio: tenerle lì come se fosse ancora un valore vero, oppure un bel giorno lo passi a perdita e non ci pensi più. Cosa igienica ogni tanto. Quindi lei ha detto che questo bilancio ultimo è un bilancio di “ripulitura”, ma la sostanza dietro è valida. Io di questo ne prendo nota, nel senso che se le cose stanno in questo modo, non mi sembra che bisogna fare un ragionamento di tipo emergenziale, facendo quasi capire che bisogna cambiare la mano che guida e bisogna soprattutto passare dal pubblico al privato fondamentalmente. Discorso che ci rimanda immediatamente alla problematica del mutamento di statuto, problematica che a sua volta ci rinvia alla problematica del piano industriale. Come si fa a fare un cambio di statuto prima ancora di avere discusso il piano industriale? Lo statuto oggi rappresenta una condizione un po’ particolare, se vogliamo, un po’ bizantina ma comprensibile di equilibrio, nel senso che i soci pubblici, pur essendo una minoranza in realtà, se andiamo a contare le azioni che però, come ci insegnava Cuccia, non solo si contano ma si pesano anche, avranno il 47 per cento ma esprimono il presidente, il quale – non scordiamocelo – ha voto doppio. Quindi cambiare queste regole, significa evidentemente voler avviare nel concreto una privatizzazione, sulla quale si può essere d’accordo o meno: io sicuramente non sono d’accordo. Soprattutto non sono d’accordo nel momento in cui il piano industriale non è fatto, e molto correttamente il presidente Boni ci ha anche detto quali sono le idee, più o meno gli atteggiamenti dei soci. I soci pubblici, come sempre nella storia di questa fiera, sono più disponibili a pagare, a investire con i soldi dei cittadini e i soci privati invece tirano indietro. Ed è proprio ai soci privati, però, che andiamo a dare la mano vincente. Questa storia per come si sta mettendo, a parere mio e dell’opposizione, presenta molti profili di sofferenza.

     

    Presidente SERRI

    Paruolo.

     

    Consigliere Giuseppe PARUOLO

    Non è la prima volta che mi capita di sentirla parlare, presidente Boni, e confermo l’impressione che ho avuto anche la prima volta che l’ho sentita: una persona competente che parla di fiere, che è quello che dovrebbe fare un presidente di “BolognaFiere” e in questo tutto sommato devo dire che vedo un elemento di positiva novità rispetto ai suoi predecessori, e non mi riferisco semplicemente alla presidenza di cui ha preso il posto, ma a tutto l’arco temporale che lei stesso ha indicato in questo quindicennio in cui non si è avuta la prontezza di reagire ad un mutamento che era in corso nel resto del Paese, del mondo e ci si è lasciati andare un po’ colpevolmente indietro.

    In particolare, ho apprezzato che appena preso possesso di questo suo incarico, abbia stoppato l’ipotesi di espansione edilizia a nord della ferrovia e la costruzione di un nuovo quartiere fieristico, che a me appariva un po’ come un tentativo di buttarla non su un tema di fiere, di qualità dei servizi, di attrattività ma pensare che il mattone potesse in qualche modo sopperire a delle difficoltà, credo sia stata e fosse una pesante sottovalutazione. Voglio sottolineare una delle cose che ha detto, perché credo sia il punto da cui dobbiamo partire; lo dico in modo leggermente diverso, ma poi mi dirà se concorda: c’è stata una stagione in cui le fiere erano una costante, le fiere c’erano e si doveva semplicemente cercare di comprendere come ospitarle al meglio e quale punto di equilibrio raggiungere fra i livelli di servizio che si offrivano ai visitatori e agli espositori e il livello di introiti, incassi, benefici che venivano alla società o alle società che partecipavano all’organizzazione delle fiere e alla città e all’indotto più in generale. Oggi viviamo in una stagione in cui le fiere non possono essere viste più come una costante, ma sono una variabile ed è una variabile dipendente dalla capacità di essere attrattivi, ed è una capacità che dipende innanzitutto dal quartiere: lei ci ha dato in modo molto crudo una valutazione dell’attrattività dell’attuale quartiere fieristico, ma anche della città e in generale del territorio in cui questo viene a introdursi. Questo cambiamento di fase è il cambiamento che credo debba essere il punto da cui partiamo per ragionare di questo futuro, anche in un senso autocritico rispetto alle mancanze che non possiamo semplicemente delegare o scaricare su chi ha avuto pro tempore il compito di dirigere la fiera, ma che in qualche modo fanno parte di tutta la compagine che la fiera aveva il diritto/dovere, e oggi ha il diritto/dovere, di guidare. Quindi se da parte dei soci pubblici c’è stata forse una sottovalutazione di quelle che erano le sfide e la necessità di visione che c’era di fronte, e c’è stata ad un certo punto la fase di ampliamento della compagine societaria con l’ingresso dei privati che, ricordo per la particolarità di come tutto ciò è avvenuto, sono privati che non hanno partecipato in quota proporzionale agli ingenti investimenti che sono stati fatti sul quartiere fieristico, perché il quartiere fieristico è stato sostanzialmente largamente finanziato soltanto dalla parte pubblica e i soci privati sono stati poi accolti in un secondo momento, pensando – sulla base di una valutazione non so quanto fondata – che questo ingresso potesse aumentare la capacità di riuscire a gestire l’ente organizzatore delle manifestazioni fieristiche con la massima soddisfazione possibile dei potenziali espositori e visitatori, e quindi in qualche modo dare un servizio positivo. Elemento questo su cui una qualche riflessione, secondo me, occorre anche fare e anche qui in senso autocritico: non ne ho sentite molte fino adesso, ma credo che su questo punto ci sarebbe un po’ da ragionare. Ed è evidente che questo passato pesa sul fatto che a fronte di una tradizione in cui è il pubblico che ha sempre pagato e il privato che ha sempre “cogestito”, se vogliamo dirla in termini sintetici, è abbastanza naturale una reazione conservativa e tradizionale in cui a fronte del bisogno di investire nuovamente sulla fiera, c’è una risposta positiva dei soci pubblici in linea con la tradizione e una risposta invece molto più timida da parte dei soci privati che evidentemente preferirebbero che continuasse la tradizione precedente: che fosse il pubblico ad investire e loro a gestire. In questo senso, non per una deriva pubblicistica non motivata, anch’io esprimo delle forti perplessità su un cambiamento di statuto che dovesse portare ad una diminuzione del peso dei soci pubblici in questa fase, proprio perché ancora non si è chiarito se l’ingresso dei soci privati, così importante e così imponente, ha effettivamente portato dei benefici, perché ricordiamoci che l’ingresso dei soci privati data più o meno al momento in cui è iniziato questo periodo di stagnazione della fiera, che lei ha definito in dieci, dodici anni in cui non sono stati fatti gli investimenti. Quindi mettendo insieme quello che lei ha detto con il fatto che l’ingresso dei soci privati è avvenuto più o meno nello stesso periodo, siamo ancora in attesa di vedere quali sono i benefici effetti dell’ingresso nella compagine societaria di questi soci privati. In ogni caso, non è il momento questo per pensare di fare un ulteriore passo nell’ottica di dare ai soci privati la totale controllabilità della fiera. Quindi uno statuto che dovesse andare in questo senso, secondo me in questo momento non è che sia ingiusto per motivi di tipo politico generale, è proprio non motivato dal ragionamento basato sulla realtà delle cose, su quanto lei stesso ci ha raccontato.

    Per poter ragionare davvero sul futuro delle fiere, perché “BolognaFiere” deve pensare alle fiere, ai congressi, a quello che è il core business della società, e lei ce ne ha parlato anche dandoci dei tagli di cui la ringrazio, molto interessanti, è evidente che serve aspettare il piano industriale che lei ci ha promesso come in fase avanzata di composizione ed è su quello che potrà essere dato un vero giudizio. È evidente che c’è da aspettarsi che questo piano industriale possa portare anche a delle razionalizzazioni, però se dobbiamo parlare di razionalizzazioni, iniziamo a parlarne.

    Qui tutti hanno espresso preoccupazione per la procedura che ha riguardato i 123 lavoratori della fiera, anch’io esprimo una preoccupazione ma facendo alcune differenze. Se qui oggi lei ci annunciasse il ritiro del provvedimento, probabilmente tutti direbbero: «benissimo, crisi risolta, possiamo continuare a disinteressarcene». Non credo sia così, nel senso che questo è un tassello ma rispetto ad un complesso di vicende e al futuro della fiera, che ci interessa tutto e ci interessa comunque non soltanto legato a questo, però nel momento in cui lei parla di razionalizzazione, io vorrei vedere, vorrei comprendere qual è il tipo di risparmio connesso al fatto che, se ho capito bene dalle sue parole, non c’è nessuna intenzione di mandare a casa delle persone, ma c’è semplicemente la proposta di riaverle sotto una forma contrattuale diversa. Se è semplicemente un cambiamento di forma contrattuale, vorrei capire quali sono i benefici rispetto alle cifre di cui stiamo parlando, che sono connesse a questa razionalizzazione. È palese che una sofferenza è evidente in tutto questo, e vorrei comprendere fino a che punto il gioco vale la candela. Anche perché le confesso, io credo invece che qualunque piano industriale di rilancio della fiera, possa e debba partire da un rilancio forte del ruolo delle persone che lavorano nella fiera, e da una motivazione di queste persone nel cercare di non viversi semplicemente come dipendenti o collaboratori di una società che per pensare ai suoi momenti di gloria, deve pensare al passato, ma a qualche cosa che è proiettato davvero nel futuro. Mi chiedo se non sarebbe meglio e più opportuno inserire nel piano industriale una ristrutturazione, che invece di penalizzare dei lavoratori in questo modo, non li rivalorizzi magari in modo diverso, impiegandoli anche sulle nuove frontiere che la fiera deve cercare di affrontare. Questa è la prima domanda.

    Però se parliamo di razionalizzazioni, bisogna che si alzi lo sguardo e si vada a cercare anche in senso autocritico, senza voler colpire nessuno nello specifico, e avere il coraggio anche di porsi delle domande. Quindi un primo elemento certamente sono i duecentocinquanta lavoratori che sono direttamente dipendenti di ”BolognaFiere”, quindi quale ruolo e quale futuro per loro, ma la seconda domanda è tutto l’indotto. L’indotto è fatto in parte da collaborazioni con società che detengono parte del patrimonio immateriale della fiera: la collaborazione con le organizzazioni fieristiche, e queste sono evidentemente collaborazioni irrinunciabili, ma una parte dell’indotto è fatto di collaborazioni che vengono appaltate, invece di essere gestite direttamente, e mi chiedo quanto sia stato fatto e quanto sia opportuno per lei fare un attimo una disamina per capire se qui siamo di fronte a scelte fatte su basi squisitamente meritocratiche, cercando di vedere quali sono le migliori collaborazioni di cui poter disporre per organizzare nel modo migliore le fiere nel quartiere fieristico, e quanto invece non si tratti di un indotto dovuto più ai legami di conoscenza, magari in alcuni casi anche personali, che si hanno con società esterne o con organizzatori esterni che magari hanno una lunga tradizione e di cui poi magari alla fine si rischia che non sia la qualità del lavoro fatto la prima cosa che viene in mente, ma i legami personali che possono avere con responsabili di vario genere che sono in qualche modo coinvolti nell’affidamento di questi lavori. Chiudo ritornando al tema dei soci privati, io credo che una qualche riflessione dovrebbe essere fatta anche sul conflitto di interessi latente, o in qualche modo più o meno strisciante, che c’è nel momento in cui per esempio c’è una parte significativa dei fornitori di “BolognaFiere” che siede all’interno del Cda. Quanto è libera la fiera di poter andare ad assegnare con procedure trasparenti, e magari andando a rivolgersi al mercato, servizi di qualità, e quanto invece è legata nel momento in cui è stata fatta la scelta di portare dentro in parte fornitori, che sono o fornitori diretti di “BolognaFiere” oppure persone che hanno rappresentanza di associazioni che hanno comunque un’evidente relazione che è per certi versi positiva ma per altri potrebbe anche essere problematica. Spiego in modo concreto con degli esempi banali. È evidente che la disponibilità di un taxi, come la disponibilità di un posto in albergo siano dei fattori essenziali nel momento in cui uno partecipata ad una fiera, e avere all’interno dell’ente fieristico chi ha la rappresentanza di interessi di questo genere, è importante nella misura in cui questo consente di dare dei servizi; potrebbe essere un problema se si continua a ragionare in questa stagione attuale, come se fossimo nella stagione precedente, in cui uno dice comunque ti do il servizio fino a questo punto, perché mi interessa di più garantire il riempimento o la possibilità di mettere certi prezzi in certe stanze. Io credo che la riflessione debba essere a tutto campo e debba partire dal ragionamento che, essendo cambiata la stagione, i presupposti sulla base di cui era stato immaginato che un allargamento della compagine societaria potesse effettivamente portare dei benefici, adesso rischia di avere degli elementi di controindicazione. Quindi se dobbiamo fare una riflessione per il bene della fiera, credo che debba essere fatta davvero a tutto campo. Se verrà fatta, io penso e confido che possa essere trovata una soluzione diversa, che possa puntare sul rilancio anche del ruolo dei dipendenti e non sul loro allontanamento.

     

    Presidente SERRI

    Mi chiedevo questo adesso: ovviamente non si vogliono limitare i tempi, dobbiamo avere tutti possibilità, vi chiedo di essere un po’ più sintetici, se no rischiamo di non dare a tutti la possibilità di intervenire. Taruffi.

     

    Consigliere Igor TARUFFI

    Grazie presidente.

    La situazione descritta è molto pesante, è molto preoccupante, lo sapevamo, purtroppo non c’è nulla di particolarmente nuovo. Per andare al succo della questione, riteniamo che il tema dei licenziamenti debba essere posto in cima all’agenda della nostra discussione e quindi noi crediamo e chiediamo che quei licenziamenti debbano essere ritirati, perché non si può – lo dico molto chiaramente – non si può dire che di fatto non c’è un piano industriale, di fatto non sappiamo esattamente – almeno questo è quello che abbiamo compreso da questa Commissione – non c’è un quadro ancora chiaro su quello che è l’assetto futuro, lo sviluppo e il piano industriale, però intanto si procede con gli esuberi. Siccome sui giornali in molti dicono, anche il presidente della fondazione «Carisbo» dice che è ragionevole prima avere il piano industriale e poi discutere dei licenziamenti, io non capisco perché sui giornali diciamo di fare prima il piano industriale, credo che sia il minimo, per poi procedere con i licenziamenti, quando in realtà stiamo facendo l’esatto contrario. Lo dico anche ovviamente pensando ai soci pubblici, che detengono il 30 per cento di “BolognaFiere”, che ovviamente hanno un ruolo di controllo e di indirizzo che non possono in alcun modo far venir meno. Sulla modifica dello statuto dirò qualcosa dopo.

    È chiaro che quando si fanno queste operazioni, bisogna farle con massima trasparenza e massima chiarezza da parte di tutti, quindi è stravagante che qualcuno dica che il Cda non ha mai proceduto nella definizione di questi esuberi, qualcun altro dica no, sta nei patti, andiamo avanti. Io credo che una società che ha il 30 per cento di controllo pubblico, non possa in nessun modo permettersi di agire in questa confusione nei confronti, anche e soprattutto, delle lavoratrici e dei lavoratori. Ribadisco, la richiesta è molto semplice: revochiamo quei licenziamenti, ripartiamo con un piano complessivo in cui ci possa essere la possibilità di vederci chiaro fino in fondo.

    Sono tutti problemi che sono stati sollevati, perché lei, presidente Boni, ha elencato una serie di elementi che sono di responsabilità anche e soprattutto in parte dei soci pubblici, perché il rilancio per esempio del quartiere fieristico, tema annoso del quale dibattiamo da molto tempo, è chiaro che chiama in causa direttamente anche il lavoro di uno dei soci pubblici di riferimento, insieme ad altri aspetti. Lei ha detto che non le piace scaricare le responsabilità su quelli che c’erano prima, però nella relazione che ci è stata sottoposta, sono chiamati molto direttamente in causa quelli che hanno gestito la fiera fino ad oggi. Anche qui non possiamo girarci troppo intorno: i soci pubblici ci sono oggi, c’erano ieri, c’erano ieri l’altro, io credo – l’ho detto anche in aula, quando ne abbiamo discusso – che le responsabilità ce le dobbiamo prendere tutti, perché altrimenti verrebbe meno il ruolo stesso che abbiamo come istituzione. Non è che Comune, Regione e Provincia prima, Città metropolitana oggi fossero da un’altra parte in questi anni, quindi io più che indicare le responsabilità dei gruppi dirigenti, credo che sarebbe il caso forse di fare un’autocritica complessiva su quella che è stata la gestione di “BolognaFiere” in questi anni. E da qui parto per dire che non si può partire dicendo che, siccome c’è un problema grande, c’è una situazione per cui abbiamo perso tante occasioni, partiamo innanzitutto mettendo a casa 123 persone. Questo è un modello che per noi non può essere condivisibile.

    Chiudo, cercando di assecondare l’appello della Presidente sui tempi, sulla questione della modifica dello statuto. Anche qui credo che affrontare questa discussione adesso in questo modo, in questa situazione sia un errore. Se non dobbiamo avere tabù, cosa che va sempre bene, però dobbiamo avere punti di riferimento importanti: io penso che il ruolo pubblico all’interno di “BolognaFiere” debba rimanere un ruolo importante, preminente e penso che una modifica degli statuti, che prelude a una modifica sostanziale degli equilibri all’interno di “BolognaFiere”, siano modifiche che secondo noi non vanno nella giusta direzione. Il punto di riferimento è proprio questo: io continuo a pensare, noi continuiamo a pensare che di fronte ad una situazione complessa, la soluzione non sia di fatto abdicare dal nostro ruolo pubblico per dare più spazio ai privati. Lo dico chiaramente, perché tanto qui dobbiamo cercare di capirci dando un contributo, senza girarci troppo intorno alle questioni. Quindi non bisogna avere tabù, ma bisogna avere punti di riferimento: noi chiediamo che per la Regione questo sia un paletto e sia un punto di riferimento. Lo chiediamo alla Regione ovviamente, lo chiediamo anche al Sindaco di Bologna, che oggi è anche Sindaco della Città metropolitana, grazie ad una riforma che ha contribuito moltissimo a snellire l’assetto dello Stato. Lo dico ovviamente ironicamente.

    Penso che il lavoro di questa mattina sia stato un lavoro importante, quindi ringrazio il presidente Boni per la disponibilità; penso anche che la Commissione potrebbe utilizzare questa giornata, vista la concomitanza della presenza anche dei rappresentanti dei lavoratori, dei sindacati che sono fuori qua sotto, per ipotizzare di audire anche i rappresentanti dei lavoratori. Visto che siamo rappresentanti, ciascuno di noi, dell’organo Assemblea legislativa che detiene come Regione una quota non maggioritaria, ma nemmeno irrilevante, di “BolognaFiere”, penso sia nostro compito, come abbiamo fatto oggi ascoltando il presidente Boni, anche ascoltare le ragioni dei rappresentanti dei lavoratori. Non per avere chissà quale ambizione particolare, ma per svolgere fino in fondo il nostro ruolo, perché se vogliamo stare nella discussione e vogliamo starci con il ruolo che ci è stato assegnato cioè di legislatori, di componenti del Consiglio regionale, credo dovremmo farlo assumendoci fino in fondo le nostre responsabilità e facendo una discussione chiara e aperta: quella che forse è mancata quantomeno in questi mesi, se non in questi anni. Lo dico, perché delle volte siccome la forma spesso è sostanza, ma un metodo corretto aiuta anche ad individuare soluzioni di merito forse migliori e più adeguate.

    Queste sono le considerazioni che volevo fare e chiudo con non so se una domanda o una osservazione. Sicuramente il presidente Boni ha ovviamente molta più esperienza di me nella guida delle società e nella gestione manageriale, però un punto rimane: senza piano industriale rimango sorpreso nel momento in cui mi si dice che il piano industriale di fatto lo facciamo in divenire, work in progress: vediamo quello che succede e andiamo. Io non ho l’ambizione di essere un manager, ho la preoccupazione di concorrere ad assumere decisioni, che corrispondano all’interesse generale di “BolognaFiere” e ovviamente anche all’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori che lì sono occupati. Non riesco a disgiungere i due elementi: credo che lo sviluppo di “BolognaFiere” e la tenuta occupazionale siano due elementi che stanno insieme e che difficilmente potranno e possono essere disgiunti.

     

    Presidente SERRI

    Caliandro.

     

    Consigliere Stefano CALIANDRO

    Ringrazio il presidente Boni per l’illustrazione ci ha fatto questa mattina rispetto al percorso che è stato definito su Bologna, ma anche penso per esempio al ragionamento che è stato esposto rispetto al sistema di evoluzione dei sistemi fieristici in generale, e alla crisi di un modello che ha una sua trasversalità, sulla quale peraltro ci stiamo confrontando anche nell’ambito di una legislazione regionale che è in corso, in fieri e della quale abbiamo discusso invece in un appuntamento precedente, sempre in questa Commissione. Trovo di assoluto interesse la distinzione che è stata fatta, e che mi preme sottolineare, tra il patrimonio consolidato e invece quello che riguarda “BolognaFiere”, perché costituiscono il vero campanello d’allarme della discussione, nella quale noi oggi ci troviamo precipitati.

    Se seguo lo schema dei sette punti fondamentali intorno ai quali il mandato del presidente Boni si è svolto, da quando è stata assegnata a lui questa fase, non posso non considerare con positività ciò che è stato fatto per il SANA, per l’EIMA ma anche per il CERSAIE, così come ci è stato esposto. D’altro canto, anche l’accordo EIMA e i rapporti con il territorio costituiscono il sale del rilancio di questo sistema fieristico, che passa anche attraverso la valorizzazione del piano architettonico, ma che passa anche attraverso la valorizzazione del personale e delle persone che intorno a questo sistema funzionano. Si tratta sostanzialmente di capire e individuare quello che nel dibattito la gente si aspetta da noi rispetto alla valorizzazione del lavoro nella sua accezione di sviluppo industriale e di tutela della dignità delle persone, intorno alle quali il nostro impegno come Regione non è nuovo. Ieri, per esempio, si è svolto nell’ambito della nostra Regione un importante appuntamento sul rilancio del patto per il lavoro a distanza di un anno, con gli impegni rispetto alla programmazione e le attività di concertazione che devono essere sviluppate per rilanciare e scendere sotto un tasso di disoccupazione del 7 per cento. Penso che quel modello, quella strumentazione con la quale ci stiamo confrontando, debbano essere i punti di riferimento, i punti cardine intorno ai quali noi avviamo, chiediamo di avviare – evidentemente al presidente e al suo gruppo dirigente – un tavolo di trattative per cercare di identificare quali possono essere le soluzioni per il rilancio industriale e la tutela dei posti di lavoro. Dico questo, perché se è vero e le considerazioni che ci sono state anche da parte degli altri Consiglieri, devono tenere conto dell’importanza di un’impostazione strategica, non v’è dubbio che anche la nostra idea di sviluppo al tempo del rilancio debba essere socialmente sensibile, ovvero dare la possibilità a chi si sente parte di una comunità, di non essere lasciato indietro. Occorre quindi che i nostri rapporti, la nostra valorizzazione con il capitale umano passi anche da una piena consapevolezza di quali sono i margini e le prospettive di crescita di un territorio. Credo quindi che il piano industriale così come verrà rilanciato – lo ricordava anche chi mi ha preceduto negli interventi – abbia la sua trasversalità anche tra gli attori privati, che non considero insensibili socialmente. Anzi, per quelle che sono state le dichiarazioni che si sono susseguite in questi giorni, penso che quella strada possa essere arata; penso che significativa sia la posizione di Unindustria, ma anche quella della fondazione Carisbo, costituiscono sostanzialmente degli elementi attorno ai quali noi possiamo pensare di costruire una rete relazionale tra attori privati, attori pubblici per cercare di identificare sia quello che è il rilancio del piano industriale, ma anche quella che può essere la tutela, al netto del fatto che un imbarazzo strisciante ce l’abbiamo tutti. Siamo imbarazzati, sia perché ci può essere nel corso di questa gestione un cortocircuito di relazioni, perché abbiamo la necessità di dare l’imprimatur di una nuova sobrietà che passa anche attraverso degli elementi simbolici. Quindi io mi auguro che anche la magistratura possa risolvere con celerità la situazione, nella quale ci troviamo precipitati, perché abbiamo la necessità di dare un’immagine anche alla nostra società che sia quella della specchiatezza intorno alla quale tutta l’azione delle pubbliche amministrazioni, ma anche delle società partecipate, hanno il dovere di muoversi. Così come la stessa franchezza dobbiamo avere nel cercare di trovare soluzioni, che siano di minor impatto sociale possibile rispetto al rilancio del nostro territorio. D’altro canto, non esiste progresso, non esiste possibilità di migliorare la propria azione di governo se non attraverso la cerniera dei diritti: occorre rilanciare il nostro distretto industriale. Evidentemente non sono io a dover fare la trattativa e i patti sociali territoriali, per spiegare quanto importante sia anche la capacità di scegliere quali sono le necessità per un rilancio; penso che affidando nelle mani del presidente Boni, abbiamo affidato in buone mani questo percorso, perché mi è parso di capire da quello che ha detto, che questa sensibilità ci sia. D’altro canto, anche l’aver interrotto quello che era un processo che era stato avviato, dimostra intelligenza strategica oltre che opportunità politico-amministrativa. Confido che questo percorso, che il paziente lavoro dei rappresentanti sindacali che ci stanno seguendo in streaming, che sono anche qui davanti al nostro palazzo, con il lavoro del consiglio d’amministrazione del nostro ente Fiera, possa arrivare a tenere ancora una volta unita e salda la cerniera dei diritti con quella del rilancio industriale. Grazie.

     

    Presidente SERRI

    Saliera.

     

    Presidente Simonetta SALIERA – Presidente dell’Assemblea legislativa

    Buongiorno dott. Boni.

    Mi ha fatto molto piacere ascoltare il dottor Boni e ascoltare la sua relazione nei diversi punti di approfondimento. Raccogliendo l’invito della Presidenza di fare in fretta, posso dire che condivido molto di ciò che lei ha detto in termini di prospettiva, di disegno della realtà di oggi della fiera e di prospettiva, così come condivido gli interventi del consigliere Paruolo, di Taruffi, di Alleva e di Caliandro sui temi che le pongono.

    Io mi soffermo solo su due considerazioni. Uno è un aspetto prettamente politico, d’altra parte siamo in una sede politica, amministrativa. L’iniziare qualcuno ha detto cortocircuito (Caliandro), su altri temi, ma creando un cortocircuito fra le istituzioni con una azione così forte rivolta alla mobilità e al licenziamento, consapevole che è pur vero che il pubblico ha il 47 per cento complessivamente, ma che nomina il presidente, e che il pubblico, in particolare Regione e Comuni, quando succedono in questa regione fatti di questo tipo, aprono tavoli e chiedono alla controparte di revocare, di ritirare e c’è grandissimo biasimo, mi chiedo perché si è partiti da lì. In una concezione semplicemente, dove il pubblico ha un forte peso nella fiera. Mi viene da sorridere: il pubblico in una trattativa così com’è, da che parte siede nella situazione in cui lei ha messo il pubblico? Forse è un po’ provocatorio, però è la sintesi alla quale io non riesco a dare risposta. Io so come pubblico da che parte sedermi: dalla parte dei lavoratori, perché così sono in tutte le altre trattative; per trovare soluzioni occupazionali, non per dismettere.

    L’altro aspetto è il piano industriale. Se ho capito bene, e capisco il mondo della globalizzazione, ormai sono anni che ne discutiamo in tutte le sedi, anche in quelle politiche si conoscono i temi della crisi internazionale globalizzata ormai e come in pochi giorni, non dico in anni, cambiano valutazioni e sicurezze: il piano industriale mi pare di aver capito che è un piano, che finalmente si pone l’obiettivo, perché questa città è da anni che sulla fiera va avanti e indietro sul tema di svilupparla o no; di fare degli investimenti sì o no; di approvare piani urbanistici, sì o no. Se finalmente ci sono le condizioni per ragionare e per avviare, e quindi sicuramente non sta tutto nelle sue mani, nel senso che come in passato non è stato nelle mani esclusivamente del Cda della fiera, perché ci sono valutazioni dal punto di vista di programmazione degli interventi, di strumenti urbanistici e di denaro. Lei lo ha chiamato cash, nel senso di chi ci sta realmente. Dalle sue parole mi sembra di capire che questo in qualche modo si sta sviscerando e si potrebbe avviare. Tant’è che i soci pubblici si avviano con propri atti a ragionare su un investimento, così la Regione, almeno la Regione, ma so anche il Comune, i privati – come lei dice – tentennano un po’, ma forse è il momento proprio per chiarire cosa vuol dire lo statuto di oggi e lo statuto di domani? Fino a oggi chi ha messo i soldi, chi ha investito, chi ha messo le aree, chi nel bene e nel male ha fatto lo sviluppo o chi non è riuscito al meglio, e sicuramente Bologna poteva fare di più: essere più attenta ad un processo di sviluppo e di esigenze delle nuove fiere, per mantenere anche le fiere. Ma modificare lo statuto, e io non ho visto bozze di modifica di statuto, quindi non so a che punto sia la discussione e verso quali obiettivi vada, è certo che se il pubblico investe, il pubblico ha anche un’idea di sviluppo, dovrebbe quindi attraverso un piano industriale incidere molto nel piano industriale, perché le risorse della fiera vengano reinvestite tutte nella fiera, nel suo sviluppo e nel consolidare. Altro è se si pensa invece che la fiera debba dare dei dividendi, ad esempio. Io non lo so, sono quesiti perché quando non si sa, si va a tentoni, si buttano domande, poi magari si raccoglie anche qualcosa in termini di informazione e quindi si cambiano anche le idee e si fanno le valutazioni. Quindi sostanzialmente credo che mettere da parte il tema dei lavoratori sia assolutamente un sano presupposto per ragionare a tutto tondo su ruolo pubblico, ruolo privato, investimenti e assumere anche le giuste e doverose decisioni.

    Ultimo aspetto. Visto che come sempre dove avvengono le discussioni di questi giorni, ci sono i sindacati, c’è una delegazione dei dipendenti, credo che sia utile, necessario che una piccola delegazione possa entrare in questa sala alla fine dell’incontro con il dottor Boni e ascoltarli dieci minuti. È una proposta che faccio.

     

    Presidente Massimiliano POMPIGNOLI – Presidente della Commissione I Bilancio, Affari generali ed istituzionali

    Grazie presidente Saliera. Ultimo intervento perché non ho altri iscritti è il consigliere Foti.

     

    Consigliere Tommaso FOTI

    Molto brevemente: signor presidente, io non ho il mito del pubblico, lo dico subito, anche perché forse dopo tanti elogi al pubblico, bisognerebbe anche chiedersi che cosa ha fatto per evitare che la Fiera di Bologna si trovasse in questa condizione, perché questa è la prima domanda che correttamente ci dovremmo fare.

    Io ho ascoltato un po’ in streaming e un po’ qui direttamente la sua relazione, e penso che gran parte della discussione graviti attorno ai 123 licenziamenti. Per cultura le farei questa domanda, anziché limitarmi soltanto a dire ritiriamo i licenziamenti, forse una domanda più opportuna potrebbe essere: che cosa potremmo fare in un piano industriale per crescere e fare in modo che non ci siano 123 licenziamenti. Questo potrebbe essere un modo e un approccio forse più dinamico.

    Io le chiedevo solo una cosa, presidente, a fronte anche del recente matrimonio – poi vedremo se sarà effettivo – tra la Fiera di Rimini e la Fiera di Vicenza, in relazione all’ipotesi anche che c’era stata di una non dico fusione delle tre fiere, ma nella legge che noi dovremmo andare ad approvare, c’è un forte riferimento a delle sinergie forti tra le tre fiere emiliano-romagnole, e anche in relazione al mercato internazionale delle fiere, che penso debba essere quello che ci interessa di più, perché stiamo parlando di fiere, anche per acquistare dei nuovi spazi sul mercato delle fiere perché, diversamente, al di là di tutte le razionalizzazioni, se non si aumentano i fatturati e non si portano nuove, significative e attrattive fiere, penso che parliamo abbastanza del nulla, per cui le chiedevo al di là di quando verrà adottato fisicamente il piano industriale, lei dall’esperienza che ha fatto in questi tre mesi – ma ne ha anche pregresse di esperienze – vede fortemente la possibilità che la Fiera di Bologna possa acquisire un ruolo effettivamente importante come secondo, terzo, se non primo, polo nazionale nell’ambito del sistema fieristico italiano? Penso che anche gli sforzi fatti prima dal pubblico, o eventualmente che il pubblico dovrebbe nuovamente fare, non possono prescindere da una valutazione prospettica: facciamo un piano, ma lo facciamo perché abbiamo anche degli obiettivi ambiziosi.

    L’ultima considerazione che mi permettevo di fare è questa. Lei ha detto correttamente, io sono partito dalla testa, perché è un ragionamento che mi è piaciuto abbastanza, sia dei dirigenti che anche del numero di società tolte di mezzo, senza conferenze stampa, perché diversamente sarebbe tutti i giorni in conferenza stampa, ma qui è più di moda la conferenza stampa che fare l’azione vera e propria, allora le chiedo di queste sette società tolte di mezzo nella razionalizzazione delle varie società, lei fino ad oggi ha visto un inutile insieme di scatole cinesi o erano società operative che avevano un senso e che poi i fatti hanno superato? Io penso che questo sia fondamentale anche per capire un attimo, senza voler buttare la croce addosso a nessuno, però se si è arrivati a un certo punto, evidentemente ci si è arrivati anche perché certe scelte o sono state rinviate sine die o non sono state mai fatte. Se lei in tre mesi ha sciolto sette società, devo pensare che in dodici anni si potesse pensare se serviva costituirle o meno.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Consigliere Bignami.

     

    Consigliere Galeazzo BIGNAMI

    Ringrazio il presidente Boni per la disponibilità.

    Devo dire che la vicenda dei 123 dipendenti dà l’opportunità di spendere una riflessione a tutto campo sul tema fiera, e in questo senso, pur condividendo la battaglia che i lavoratori stanno svolgendo, anche in aula evidentemente ho preso posizione a riguardo, credo che rispetto anche all’affermazione che un collega poc’anzi ha profferito: nel momento in cui il pubblico deve schierarsi, so da che parte schierarsi, dalla parte dei lavoratori, sia vera nella misura in cui i lavoratori sono dalla parte della città e del sistema complessivo che regge. E credo che ad oggi i lavoratori si trovino in quella condizione di necessaria condivisione del futuro della città, quindi non ci sono sicuramente dubbi sul fatto che siamo tutti dalla stessa parte. Però credo che, anche per evitare una schizofrenia interpretativa che altrimenti rischia poi di diventare un alibi politico per qualcuno, sia importante fissare due o tre passaggi. Se oggi noi ci troviamo a dover fare i conti proprio nel senso di bilancio, in Fiera di Bologna, è perché per troppo tempo e troppo a lungo non si sono voluti fare i conti. Se oggi ci troviamo nella drammatica situazione di dover prendere misure nei confronti dei lavoratori, che tutti noi vogliamo evitare, è perché il pubblico ha lasciato che si incancrenisse una situazione, perché le varie avvisaglie che dai privati arrivavano negli anni passati sono state sistematicamente ignorate. Io non voglio ricordare il fatto che Campagnoli venne messo a presidente della Fiera per ritirarsi dalle primarie nel 2010, perché questo molti sospettano; quel che è certo, è che dopo che noi avemmo quella nomina, si è iniziato a registrare un tema da un lato di scarsa capacità di performance della governance chiamata su fiera, ma anche un gioco di mercato che produceva un meccanismo per il quale non solo iniziarono a diminuire le fiere (Linea Pelle, Motor Show e quant’altro), ma anche quelle che rimanevano, per essere più competitive abbassavano i ricavi, determinando un minor introito per fiere che quindi si trovavano – come detto dallo stesso presidente – a perdere settori di mercato, ma anche a poter marginalizzare sempre meno il profitto, perché poi di questo parliamo: non possiamo pensare che i privati non pensino a quello, a causa della competitività su cui Bologna doveva evidentemente cercare, mantenendo un minimo di attrattiva, di essere performante con il risultato che però c’erano meno incassi. Non è che ci sia molto da dire. Quindi c’è un problema sia di quelle che sono andate via, di quelle che sono rimaste, che però producendo e guadagnando meno, determinano meno utili, se si può parlare di utili, perché poi tutti questi utili non li vedo. Quindi parlare oggi dell’esigenza dei dipendenti che è fondamentale, però serve un passo: bisogna anche dire come siamo arrivati qui. Siamo arrivati qua, perché purtroppo si è lasciato che la situazione si incancrenisse, e qui c’è una responsabilità politica ben precisa da parte del Partito democratico che ha conferito, tramite i vari Sindaci, presidenti, un mandato ben preciso al presidente che è quello di cercare di raddrizzare un legno che sta crescendo storto. Oggi sentire che viene perorata la causa giustamente dei lavoratori, quando non più tardi di due mesi fa, non mi ricordo, è stato conferito un mandato ben diverso al presidente, c’è qualcosa che non torna: noi possiamo anche come pubblico chiedere la tutela dei lavoratori, ma i privati non hanno questa interpretazione; non possiamo far finta di niente. Noi oggi continuiamo a chiedere delle ricapitalizzazioni, degli aumenti di capitale, tutto quello che vuoi, per che cosa? Il primo punto è, e forse sfuggo un po’ dalla logica dell’udienza, ma mi permetto di porre una domanda al presidente: facciamo l’investimento immobiliare, facciamo tutto quello che vogliamo, ma per metterci cosa dentro? Oggi il primo problema è che cosa ci portiamo dentro: se io adesso costruisco un bellissimo padiglione – la banalizzo – poi che cosa ci metto dentro? Perché più che i contenitori, il problema sono i contenuti, perché Fiera di Bologna fu generata non dal ruolo importante, e anche a volte un po’ periglioso, di figure come il dottor Boni che devono mettere a posto i conti; fu generata, la grande capacità di Fiera di Bologna, da una classe imprenditoriale che riuscì a riempire di contenuti nuovi una fiera che comunque aveva una attrattività e una capacità di suggestione su quel mercato, ma furono i contenuti a rendere forte la fiera di Bologna. Oggi, al di là di un assessore che dice che il Motor show non porta valore aggiunto, perché questo è stato detto dall’assessore del Comune di Bologna, perché i lavoratori li salvi se porti del lavoro dentro fiera. Non li salvi, perché gli fai la mobilità, la cassa integrazione, li tieni dentro, perché poi il risultato è che invece che 123, mettiamo anche che noi oggi decidiamo di chiudere la procedura, tra due anni non la riapri per 123, ma la apri per 1.123. Se oggi ritardi, l’abbiamo già visto anche nella gestione privatistica – penso a “Saeco” e ad altre aziende – se oggi tu non intervieni su questo, puoi anche per due anni far finta che tutto vada bene, ma tra due anni il mercato di costringerà a fare i conti e non saranno 123, saranno molti di più con sanzioni molto più pesanti, perché i conti continueranno ad andare peggio. L’unico tema che secondo me bisogna recuperare, è quali contenuti mettere dentro fiera, con quali energie, con quali risorse, con quali persone. Il presidente Boni è venuto qua, ha detto io sto qua un anno e cerco di raddrizzare.

    Anche la vicenda di Bruzzone, io me la sono letta, al di là dei profili penali su cui io non voglio entrare, però questa persona stava cercando di tenere in linea di galleggiamento la Fiera di Bologna con manovre più o meno particolari, io non lo so, non ho letto gli atti di inchiesta, però non voglio giudicare il lavoro della procura di Torino, ma stava cercando di tenere in linea di galleggiamento la Fiera di Bologna, perché in un quadro di poca mobilità economica, ha cercato di vendere più di quello che aveva per cercare di capitalizzare qualcosa che non aveva, nel tentativo di maturare dei crediti da portare su Bologna. Non stiamo parlando di uno che si metteva dei soldi in tasca suoi. Io non voglio spezzare lance in difesa di chi non ne ha bisogno, tanto meno condividere la gestione di un management, che non è espressione di una parte politica, però in questa fase se vogliamo salvare fiera, dobbiamo parlarci con realtà e lealtà, e la prima lealtà è dire se siamo arrivati a questo punto è perché le scelte condotte fino ad oggi sono sbagliate. Vogliamo andare a capo o vogliamo continuare la frase? Se vogliamo continuare la frase, continuiamo così: diciamo ai lavoratori che li salviamo, tutto tranquillo, tra due anni i soci privati se tolgo l’appoggio, non sono più disponibili ad un piano imprenditoriale di salvataggio fiera, escono, non ricapitalizzano e poi succederà quel che succederà.

    Quindi massima attenzione ai lavoratori, tutte le azioni in campo per salvarli, massima attenzione per la fiera, tutte le azioni in campo per salvare fiera, perché il problema diventa cosa far fare dentro questi investimenti immobiliari, perché se io devo comprare una scatola dentro cui non ci metto dentro niente, perché non ho niente da metterci dentro, il pubblico può anche fare un ragionamento, perché tanto paga Pantalone quindi alla fine non siamo noi, ma il privato questo ragionamento non lo fa. Il privato – e aggiungo giustamente, perché il nostro codice civile ci insegna che l’imprenditore è colui che trae profitto dal rischio d’impresa – dice: se io a fronte di un rischio, ho la possibilità di generare profitto, ci sono; se la situazione è andata in malora, gestitevela voi. Lo dico, perché diversamente noi oggi diamo l’idea magari ai lavoratori, a fianco di cui mi schiero, che ho dimostrato essere dalla loro parte, condivido tutte le loro azioni, rischiamo di dire a questi lavoratori che li abbiamo salvati, ma tra un anno la situazione non ne riguarderà 123, ma 246 o 369. Attenzione, vi richiamo per quel che posso fare al senso di responsabilità, ma rivolgo anche al presidente della Fiera una domanda: cosa ci facciamo di questo “Vaticano”.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie consigliere Bignami, consigliere Calvano.

     

    Consigliere Paolo CALVANO

    Grazie presidente.

    Molto bene. Credo che siamo in un contesto, nel quale obiettivamente un incontro come questo sia utile a ciascuno di noi per farci un’idea del lavoro che è in corso da parte della nuova governance della fiera, che è una struttura sicuramente fondamentale, indispensabile per l’economia non solo di Bologna ma dell’intera regione Emilia-Romagna. La fiera va indubbiamente rilanciata, se ne sente questa necessità, credo che la decisione presa dai soci pubblici e privati di modificare la governance, vada chiaramente in quella direzione: con l’obiettivo di rilanciare la fiera.

    Gli obiettivi da perseguire per questo tipo di rilancio ce li ha chiaramente indicati nelle sette linee di indirizzo, di azione che i soci le hanno conferito. La Regione in tutto ciò, oltre ad indicare le linee di azione, ha deciso anche di fare degli investimenti, di metterci risorse: lo ha fatto la Giunta, è una discussione che abbiamo fatto anche in Consiglio regionale, perché ovviamente è sulla competitività di questa fiera che se ne gioca il futuro e che se ne gioca anche la capacità di ritrovarci qua magari non a discutere di come gestire un’eventuale fase di esuberi, ma di trovarci qua magari a capire come gestire una fase di crescita della fiera. Credo che questo sia l’obiettivo: creare questa tendenza, anziché la tendenza che purtroppo è in corso adesso.

    La competitività ci deve portare anche ad immaginare di essere attrattivi e competitivi rispetto anche a player molto forti di carattere europeo, ma anche a player nazionali molto forti come gli amici di Milano, rispetto ai quali noi vogliamo avere la capacità di competere. Per cui, il ragionamento anche di sinergia con Parma e Rimini, credo debba andare in questa direzione. Le modalità con cui avverrà quella sinergia, devono essere ovviamente valutate per capire qual è la soluzione migliore, però l’obiettivo deve essere chiaro: costruire un polo fieristico che abbia anche una dimensione regionale e che sia competitivo sul livello sia nazionale che europeo.

    Per raggiungere questi obiettivi, è evidente che serva un piano industriale molto dettagliato e che tenga conto dei diversi punti, compresi quelli che il presidente Boni ci ha indicato. Io credo che per il rilancio in Emilia-Romagna abbiamo uno stile, che è quello di provare a fare azioni di questo genere di rilancio in un clima sociale favorevole: noi dobbiamo quindi creare le condizioni per avere un clima sociale favorevole. È ovviamente più complicato averlo in fasi difficili come questa, però dobbiamo fare ogni tentativo possibile per provare a costruirlo quel clima sociale. Se la scelta che è stata fatta in questa legislatura, è stata di ripartire sul versante dell’economia attraverso il patto per il lavoro, voluto dal presidente Bonaccini, da tutti gli assessori a partire da Palma Costi, Patrizio Bianchi che ci hanno lavorato, è stata una scelta non solo di merito ma anche di metodo, dentro il quale dobbiamo provare a muoverci. Nella consapevolezza delle difficoltà, però proviamo a muoverci tutti dentro quel metodo, sia la parte privata che la parte pubblica.

    Ieri sono stati raccontati alcuni vantaggi, alcuni risultati che sono emersi da quel metodo, a mio avviso potrebbero essercene altrettanti di buoni, se utilizziamo al meglio quel metodo anche su una vicenda delicata e complicata come quella della fiera. Quindi l’invito che mi permetto di fare in questo senso, è questo: merito del piano industriale sul quale ognuno fa il suo mestiere, io credo che la scelta su di lei per la presidenza sia stata una scelta giusta che hanno fatto bene a fare i soci e quindi credo che lei abbia tutte le competenze, insieme al suo consiglio d’amministrazione, per poter prendere le decisioni al meglio.

    Mi permetto sul metodo di dire che per crescere e creare competitività c’è bisogno di un clima sociale favorevole, e credo che in Emilia-Romagna possiamo avere le condizioni per poterlo creare. Dentro quel piano industriale credo che si possa andare a fare anche quella revisione, che lei stesso ha accennato, di quel lavoro che ormai ovunque stiamo facendo – lo ha annunciato anche Bonaccini, ne ha anche indicato le caratteristiche di spending review – e che abbiamo fatto ad esempio in Regione e che è necessario fare anche in una struttura complessa come la fiera. Facciamo anche quella spending review. Magari non partendo dai lavoratori, partendo prima da quelle che sono tutte le cose che si possono andare a toccare. Con i lavoratori e con le parti sociali è necessario invece, in un contesto di ristrutturazione, tenere aperto costantemente un tavolo, un momento di confronto senza darci scadenze troppo stringenti, perché c’è il rischio di accelerazioni che poi interrompono un clima sociale positivo. Io credo che se mettiamo insieme il merito delle cose che sono certo, lei con il consiglio d’amministrazione, è in grado di mettere in campo, con un clima sociale favorevole, noi non solo usciamo da una situazione sicuramente non semplice, ma siamo nelle condizioni di determinare un rilancio che ci potrà magari portare in quest’aula discutere non dico di assunzioni, perché non è una competenza di quest’aula, ma delle strategie future di crescita della Fiera di Bologna in un contesto nazionale ed europeo.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Consigliere Bessi.

     

    Consigliere Gianni BESSI

    Grazie, io credo che l’approfondimento di oggi ci permetta, anche come relatore di maggioranza e di minoranza, la prossima settimana di arrivare ad un esame di un’agenda di lavori, visto anche il dibattito delle proposte per un’articolazione dell’esame dell’articolato, un’agenda dei lavori, viste anche le finalità che ci sono nel pdl proposto. A parte chiaramente i ringraziamenti al presidente e a tutti coloro che hanno partecipato oggi. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Mi aggiungo un secondo sulle considerazioni fatte dal consigliere Bessi; individueremo per settembre un piano di lavori per arrivare poi all’approvazione del progetto di legge sull’aumento di capitale di “BolognaFiere”, tenuto conto – aggiungo nell’ampia discussione che si è fatta questa mattina – del fatto che, a mio avviso, per andare a verificare esattamente quelli che sono i contenuti dell’aumento di capitale, quindi del progetto di legge, sarebbe opportuno quantomeno avere tutti gli elementi a posto: che i Consiglieri siano in grado di valutare questo progetto di legge in maniera complessiva, quindi avere anche un piano industriale da valutare al fine di fare poi una valutazione complessiva su questo progetto di legge. Credo che questo sia opportuno per avere un quadro complessivo della situazione.

    Prima di passare la parola al presidente Boni, sull’ordine dei lavori perché sapete benissimo che c’è anche un secondo oggetto che è l’atto europeo, che credo possa essere rinviato: e qui chiedo ai Consiglieri se c’è disponibilità per un rinvio. È anche vero che questo rinvio presuppone che la prossima settimana faremo nuovamente una Commissione congiunta I e II su questo atto europeo nel mezzo dell’Assemblea. Quindi chiaro è che se si vuole continuare, noi siamo anche in grado di continuare oggi a fare l’atto europeo, se si vuole interrompere – e questo chiedo a voi – di non fare l’atto europeo oggi e di mandarlo alla prossima settimana.

    Votiamo sulla proposta, se rinviarla alla prossima settimana.

    Chi è a favore? Chi è contrario? Chi si astiene?

    Votazioni delle Commissioni I e II

    Quindi, l’atto lo facciamo la prossima settimana, pertanto individueremo un giorno – credo mercoledì pausa Assemblea – per fare questa Commissione.

    Secondo aspetto per quanto riguarda le richieste pervenute dalla presidente Saliera e dal consigliere Taruffi, di sentire anche i rappresentanti sindacali, o chi per loro, dei lavoratori oggi: la cosa che ritengo utile fare, anche dal punto di vista del regolamento, è se si vuole – e chiedo anche a voi della Commissione – chiudere la Commissione dopo aver sentito il presidente Boni e invitare i rappresentanti in Commissione per ascoltarli.

    voci fuori microfono

    Purtroppo i tempi sono questi, è chiaro che lo streaming ha un effetto pesante nelle Commissioni. Non sarebbe neanche mio compito rinviare la Capigruppo, né tantomeno la Commissione Pari opportunità che c’è alle 14:30; io chiedo a chi ha presentato questa istanza di sentire i lavoratori, di capire come gestire al meglio questa cosa.

     

    Presidente SERRI

    Io credo che se vogliamo ascoltare due o tre rappresentanti dei lavoratori, ma non penso che dobbiamo riaprire un dibattito su questo. L’oggetto può essere quello di riceverli dieci minuti, di ascoltare comunque loro, chiudendo prima la Commissione – come diceva Pompignoli – quindi non stiamo ragionando di un incontro che ci porta via moltissimo tempo. Adesso non so, la Capigruppo l’avete alle 13:30? Sono già le 13:05, sulla Capigruppo non possiamo decidere noi.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    A questo punto, io intanto darei la parola al presidente Boni per le risposte, poi ci organizzeremo sul da farsi. Dipende quanto tempo il presidente Boni richiede per rispondere alle innumerevoli domande che sono state fatte.

     

    Dott. BONI – PRESIDENTE BOLOGNAFIERE SPA

    Io ringrazio tutti, perché ho visto che c’è stata una serie di domande che riflettono obiettivamente una voglia di approfondimento e una intenzione positiva di dare un contributo nel portare avanti i lavori che stiamo facendo per il risanamento e il rilancio della fiera.

    Purtroppo siete tanti, avete fatto tante domande, quindi vi chiedo di scusarmi se nella risposta inevitabilmente trascurerò qualcuno o qualcosa, sicuramente non totalmente perché ho preso molti appunti, quindi spero di essere fuori binario il meno possibile.

    Per quanto riguarda il primo intervento, che è stato in effetti totalizzante: sono state tante le domande che meriterebbe da solo una cosa molto lunga, partirei subito da una cosa che è stata anche ripresa in chiusura da un altro intervento, il problema Bruzzone. Qualcuno ha detto giustamente che non era possibile stare lì a scartabellare, a guardare tutta questa ordinanza; io l’ho fatto, sono stato continuamente, anche durante il weekend, in contatto con i legali e devo dire che ci aspettiamo che ad horas, da un momento all’altro ci sia l’istanza di revoca del provvedimento. Provvedimento che leggendo le carte non aveva nessun senso. Purtroppo qualche volta capita che ci sia qualche mano un pochino pesante, perché in effetti quando si cade nella maglia di una indagine mirata su alcuni fatti, si allarga un po’ la nuvola, ma siccome non è stato provato né che ci fosse un intervento di carattere personale, né che ci fosse un intervento – come qualcuno ha detto – per cercare di dare un vantaggio alla fiera, perché non è arrivato assolutamente niente, il provvedimento non si giustifica. Quindi io ringrazio chi ha citato questo caso. Vi prego di credere che un professionista che ha delle bambine piccole, che si trova per otto giorni – perché sono otto giorni oggi – in una condizione del genere, oltretutto quando per un po’ una giusta foga legata alla difesa più che legittima delle proprie posizioni, si mescolano capre e cavoli, per cui vengono fuori le mafie, la corruzione, la credibilità che non esiste: questo aveva in mano il piano industriale dell’azienda! No, Bruzzone assiste, il piano industriale dell’azienda non l’ha in mano Bruzzone. Il confronto con le organizzazioni sindacali e con il mondo politico e industriale non l’ha in mano Bruzzone; l’ha in mano il commissario straordinario, che sarei poi io travestito da presidente. Bruzzone, come potete ben capire, è indispensabile per la fiera, perché mentre ci si sta a smazzare e a guardare come risolvere qualche problema ereditato dal passato e dove andare nel futuro, bisogna pensare al presente, quindi Bruzzone con la sua esperienza, una grande esperienza commerciale soprattutto, che è quello che serve in questo momento, si deve dedicare, insieme agli altri commerciali e agli altri dirigenti, senza essere trascinato su altre vicende, a quel punto che vi ho detto di consolidamento e sviluppo. È quella la sua funzione, alla quale io spero, come credo anche voi, perché non credo che abbiate dei problemi personali a riconoscerlo, che sia restituito alla sua famiglia in piena libertà, e alla fiera nella pienezza della sua operatività spero proprio da domani stesso.

    Per quanto riguarda le osservazioni della signora: mandato del Cda non votato. Sia ben chiaro, questo l’ho chiarito anche questa mattina al presidente Vacchi: nessuno ha chiesto di votare niente, io ho fatto vedere dei numeri in consiglio d’amministrazione che, se mi consentite l’esempio, hanno fatto drizzare i capelli a qualcuno. Quindi quando ho detto quello che era il piano per procedere nella prima fase, nessuno ha chiesto votazioni per determinare questo o quell’altro. Per obiettività, devo dire che uno dei vicepresidenti ha detto ci dovremo preparare a mettere mano alla borsa, perché ci sarà probabilmente qualche caso che merita di avere un aiuto, un supporto. Qui si è chiusa, non si è fatta nessuna votazione, perché non era richiesto. Nessuno l’ha chiesta e quindi non è stata fatta nessuna votazione. Il consiglio ha assunto all’unanimità nella sua componente pubblica/privata una certa linea del piano di ristrutturazione, nella quale evidentemente non c’è soltanto questa brutta situazione delle fiere che sono calate e quindi di persone che, avendo degli orari garantiti, non possono più fare quegli orari; io non so come fare a dirla questa roba qua: io non posso far fare qualcosa che non c’è, non ho quel potere. Chiarito questo, io non ho mai parlato di licenziamenti. L’apertura di una procedura di mobilità è un “attenti a”: attenzione, perché si è creata una situazione in funzione della quale se nei prossimi due mesi e mezzo – e qui continuiamo a pestare l’acqua nel mortaio, invece di approfondire le cose – non troviamo delle soluzioni, e io delle soluzioni ne ho già trovate, sono già stato stamattina anche a parlarne all’«Unione industriali» per avere un appoggio, un aiuto così come l’aiuto che mi è stato garantito subito dal mondo pubblico: se stiamo qua a parlare dei voli di fantasia, il tempo passa, la procedura è fatta proprio per evitare che si arrivi ai licenziamenti. Quindi quello di continuare a parlare di licenziamenti, già quello a me dà un po’ fastidio, perché sono il primo che sta cercando di tirare fuori dalle secche questa benedetta fiera, perché i licenziamenti veri, come ha detto qualcuno prima, non vengano. Se no, se non sta in piedi, allora sì che arrivano i licenziamenti, perché il mercato non sta aspettando le nostre teorie, i nostri passetti, i balletti, i valzer o quelle robe lì. Siamo nel 2016, non siamo nel Settecento.

    Economie di spesa, EXPO, Fiera del Levante. Il bilancio aveva queste cifre che io giustifico tutte, in risposta alla legittima domanda della signora. Il totale di quello che qualcun altro ha definito un riassetto, una “pulitura” della situazione di bilancio, è legata al fatto che se c’è continuità nella gestione alcune cose vengono ammortizzate in un arco più lungo di tempo, se c’è una discontinuità, c’è un momento di straordinarietà, come mi sembra inevitabile definire questa, si fa uno stop. Svalutazione della partecipazione di “BF Parking”: 3,860 milioni di euro, io ho sempre arrotondato a 4 quando parlavo in giro, ma sono 3.860.845 euro. L’EXPO 2015, la domanda cosa è successo per l’EXPO, non EXPO: EXPO ha dato una perdita a bilancio di 2,142 milioni di euro. Questo però noi pensiamo che in parte possa essere recuperato, perché c’è una questione in atto con la struttura di EXPO. Qui se mi consentite, faccio una parentesi: io sono l’amministratore unico della società che ha fatto “CibusèItalia” a EXPO, io non riesco a sciogliere la società – era una società di scopo, è finito EXPO, dovrebbe essere sciolta – semplicemente perché c’è una pendenza anche lì analoga a quella che noi abbiamo dovuto registrare a bilancio, perché EXPO non è molto rispettosa degli impegni economici che ha preso con chi ha organizzato i padiglioni. Poi, svalutazione di immobilizzazioni tecniche per 1,369 milioni di euro; accantonamento Imu di 1,269 milioni di euro; attenzione perché sapete che c’è in ballo una vertenza con l’Agenzia delle entrate perché hanno semplicemente pensato, tanto per aiutare le fiere che sono in crisi in Italia, di assimilare i quartieri fieristici ai centri commerciali, con una lieve differenza che noterebbe anche un cieco: che il centro commerciale sfrutta i suoi immobili trecentosessantacinque giorni all’anno, la fiera quando va bene, sì e no la metà. Molto meno della metà in generale, purtroppo. Comunque, questo non era stato previsto, nella fiducia che venisse l’emendamento di modifica della legge: l’emendamento non è arrivato, quindi questo va messo dentro ed è una cifra importante.

    Perdita «Motor show». L’anno scorso il «Motor show» all’ultimo momento non si è fatto, però erano già stati assunti degli impegni per portare avanti determinate cose, però sembrava che i conti non riuscissero a quadrare e a quagliare e si è interrotto all’ultimo momento, ma quell’interruzione è costata comunque 700 mila euro.

    Svalutazione Guangdong International Exhibition Limited, partecipazione crediti 800 milioni di euro, una perdita del SAIE di 423 mila, una svalutazione di “Comunica-PA” per 200 mila. In totale, sono i 10 milioni e rotti di euro che, con il gioco della tassazione, si sono trasformati a piè di pagina nei famosi 8,9 milioni di euro del bilancio. Qui è spiegato il gol minuto per minuto.

    Bruzzone ne abbiamo parlato; del parcheggio abbiamo fatto vedere quei dati lì. Analisi a trecentosessanta gradi. Il nostro interlocutore è nel primo banco, dove in genere ci stanno quelli bravi a scuola, in effetti ha fatto delle domande molto importanti e molto interessanti.

    Vorrei rispondere a lei, ne prendo una o due per ciascuno, se ne avete fatta più di una, e vi torno a chiedere scusa, ha parlato della Cina tra le altre cose. Ne approfitto perché secondo me è un argomento molto importante, proprio perché nella stessa pagina ho annotato che lei cita il presidente Campagnoli tra i principali responsabili di cose che oggi non riteniamo più valide o di situazioni che abbiamo trovato e non condividiamo. Come ho detto, io non amo parlare delle scelte che fanno le altre persone, conosco il dottor Campagnoli da almeno vent’anni e lo stimo come professionista, certamente non tutte le ciambelle riescono col buco, né a me per primo, e probabilmente neanche a lui, quindi quando io dico alcune cose, non vuole essere mai una critica alle scelte che sono state fatte: oggettivamente c’è la necessità di prendere atto di certe situazioni, della loro evoluzione. Per esempio, lui non aveva notato che poteva esserci questo milione e tre, perché in effetti da parte dell’AEFI «Associazione nazionale delle fiere» ci si aspettava di settimana in settimana che venisse bloccato questo provvedimento Madia; non è stato bloccato, quando sono arrivato io, l’ho dovuto mettere a bilancio. Questa è una critica a Campagnoli? Non direi: è una presa d’atto della realtà.

    Cina. La Cina invece mi consente di fare un grande elogio al presidente Campagnoli, perché da tempo lui è stato il grande portatore, il fautore dell’espansione della presenza di “BolognaFiere” in questo enorme continente con un potenziale spaventoso, dal quale noi adesso, grazie alla lungimiranza sua e di altri dei suoi tempi, traiamo effettivamente dei buoni risultati. Risultati che poi sono serviti in parte nel tempo, perché secondo me questo era il vero senso, se ho capito bene, della sua domanda, a mascherare quello che succedeva a Bologna. Con il gioco del consolidamento sono cambiate le regole del consolidamento nel bilancio e compagnia bella, quest’anno arriva a tre, quest’altr’anno arriverà a cinque, la linea di galleggiamento della capogruppo è stata molto aiutata negli anni dagli introiti molto buoni, frutto di una bella visione del mercato che venivano dall’estero. Qui qualcuno potrebbe chiedere, perché non affido questo piano in buona parte, invece che volerlo basare sull’aumento di capitale e su un finanziamento bancario, a sfruttare molto bene, a tirare su con la cannuccia questi utili che vengono dall’estero. Semplicemente perché non sono incisi sulla roccia; questa io la considero come una rete di sicurezza. Nel fare certi investimenti, già che si parte da un indebitamento abbastanza importante, ancorché sostenibile, perché lo stato patrimoniale della società è molto solido, c’è da fare delle operazioni che sono decine di milioni di euro. Quindi noi dobbiamo pensare di studiare una struttura di ricavi e di costi che ci consenta di pagare mutui e interessi, e in un arco temporale massimo di dieci anni di toglierci quel debito. Ci viene mal di testa, perdiamo una fiera, c’è questo, c’è quell’altro? Dietro c’è la rete di sicurezza: quello che può arrivare come utili dall’internazionalità. Ma lei mi insegna, è molto giovane, magari fa degli sport estremi, che non si butta giù, se non ha un paracadute piccolo di sicurezza se non funziona il principale. Quindi noi a questo teniamo.

    Ho voluto parlare della Cina, ripeto, non solo per chiarire questo aspetto, ma anche perché mi serviva bilanciare un discorso critico, che sentivo molto nel sottofondo nei riguardi del presidente Campagnoli. Può aver fatto degli errori, può avere fatto qualche sbaglio nella gestione, sono il primo che ne fa, attenzione però perché sul discorso della Cina, lui ha visto prima e più lontano di tanti altri in Italia, quindi questo bisogna dargliene atto.

    Il terzo intervento: revoca della procedura pubblico e privato, impegno anche nei privati agli investimenti. Qui inevitabilmente questa procedura in atto che, ripeto, non si tratta di licenziamenti ma di mobilità, ne abbiamo già parlato tanto e tornerà a venire fuori, ma non è questo il luogo perché io debba entrare troppo nel merito. Io sto aspettando che ci sia il tempo, lo spazio, la volontà. Finito lo sfogo e il fuoco di sbarramento comprensibile, ma che nasconde una difficoltà ad entrare nel merito, perché nel merito io non ho nessuno ancora che mi abbia detto che le altre fiere italiane hanno fissi quelli che noi abbiamo fissi; che le altre fiere italiane fanno male ad affidare i lavori variabili a delle società specializzate in quella maniera, ma soprattutto nessuno ancora mi ha detto che io devo continuare a pagare delle ore, se quelle ore non sono richieste. Comunque, questa non è l’aula per affrontare questo tema; il tema spero sarà affrontato venerdì nel corso di un incontro con le organizzazioni sindacali e con i lavoratori e con chi li rappresenta.

    Il quarto intervento, ringrazio perché ci sono state delle parole di approvazione per gli sforzi che stiamo facendo. Qui c’è stata una definizione del progetto vecchio se ho capito bene, a fronte del progetto nuovo e quindi io credo di dover dare una spiegazione. Innanzitutto non è che i privati si siano rifiutati di partecipare agli investimenti che saranno necessari per il rilancio della fiera. Il mondo privato e il mondo pubblico si muovono su dei campi e con dei criteri, per cui il mondo pubblico ha bisogno delle sue riunioni, le leggi, i decreti, i regolamenti, questo e quell’altro; il privato aspetta di vedere. Quando vede e capisce che c’è da spendere tanto in tanto tempo, lo si ammortizza in questa maniera: on/off e fine della gita. Ha meno vincoli. Comunque, non ha mai negato di partecipare all’operazione di risanamento, che risulti a me, non ha accettato il piano che era stato presentato. Questo è stato anche il motivo per cui io sto cercando di lavorare ad un piano industriale che sarà completo, quando ci sarà anche il piano esatto e il costo del revamping del quartiere. La scelta è stata diversa, perché era stato scelto di fare 40 mila metri fuori dai piedi al di là del cavalcavia, per rispondere alle esigenze di EIMA. Ricordo che EIMA è una fiera biennale, occupa il quartiere quindici giorni, fare 40 mila metri nuovi solo per loro, significa spendere 40 milioni per usare gli spazi quindici giorni. C’è da pensarci un attimo, secondo me. Chiunque di noi ci penserebbe un attimo.

    Seconda considerazione. Se i soci privati nella proposizione che è stata fatta, a differenza dei pubblici che hanno cominciato il loro iter per aiutare giustamente la fiera in questo sforzo di investimento, si sono per il momento bloccati, immaginatevi voi se dopo cinque anni, sei anni, dieci anni, quello che è, torni lì a dire: abbiamo fatti i 40 mila metri nuovi fuori, ma siccome qui ci sono due padiglioni che sono precari da vent’anni, uno che guarda verso piazza della Costituzione che è usato soltanto in caso di pistola alla tempia, perché andare lì dentro non si sa se vieni fuori e così discorrendo. In sostanza, se mai fosse avvenuto che venivano finanziati concordemente da pubblici e privati i 40 mila metri quadri nuovi, chi sarebbe mai riuscito ad avere i 40 o gli 80, quelli che serviranno, per mettere a posto il quartiere che non sta in piedi così com’è? Non può funzionare così e mi dispiace. Vorrei che fosse diversamente, ma la realtà non si modifica in base ai propri desideri. Se voi entrate con la macchina in un cortile, c’è un albero in mezzo, cercate di evitarlo; non è che spacco il parafango della macchina, perché l’albero lì non dovrebbe esserci.

    La risposta timida dei soci privati. Io ho una grande collaborazione da parte del consiglio d’amministrazione, perché prendesse il passo. All’inizio non era così facile, perché veniva da una frattura tra pubblici e privati abbastanza pesante, quindi io per i primi tempi facevo un consiglio d’amministrazione tutte le settimane, così hanno imparato ad amalgamarsi e a lavorare insieme. Quindi credo che al momento non ci siano sicuramente dei problemi. Ci troveremo tra poco per un incontro anche oggi.

    In questo intervento c’è un passaggio che è importante, viene ripreso da altri, quindi mi soffermo: bisognerebbe inserire nel piano una valorizzazione del personale su nuove frontiere. Questo è molto bello ed è quello che in genere si fa; è quello che io ho fatto nella fiera alla quale mi sono interessato prima di arrivare qui. C’è voluta una decina d’anni, ma c’è stato un certo tipo di ricambio, di valorizzazione del personale, di immissione di giovani e quant’altro. Io spero che chi verrà dopo di me, abbia questo tempo per fare questo progetto. Teniamo presente però che non è un progetto di facile realizzazione: noi abbiamo del personale che ha una media di età di cinquantaquattro anni. Purtroppo come al solito la teoria è una bella cosa, ma la pratica è un’altra. Qui prima bisogna fare un processo lento, graduale perché se vogliamo fare posto ai giovani che non trovano lavoro, bisogna che ci sia un processo graduale di accompagnamento verso l’età pensionabile, perché possano entrare delle forze giovani. Qui l’età media è cinquantaquattro.

    Indotto. Io ho dato l’obiettivo minimo ai dirigenti sopravvissuti, che sono quattro, di ridurre del 10 per cento tutto, indipendentemente da che cosa si tratta. Ho visto proprio ieri pomeriggio i primi risultati: in un settore, del quale ovvie ragioni di riservatezza non vi faccio il nome, il 28 per cento è andato a casa. Qui c’è un passaggio molto delicato, perché la stessa persona che mi ha posto la domanda, dice che bisogna stare molto attenti perché ci sono dei legami. Io qui purtroppo non riesco a vedere tutto dalla sera alla mattina. Naturalmente siccome sono libero da condizionamenti personali, grazie al cielo, io guardo dove riesco a guardare, dove posso guardare, dove mi viene chiesto di guardare. Di questo potete essere sicuri.

    Il quinto intervento, intanto non c’è un piano industriale, siamo partiti dal tema dei licenziamenti che vanno ritirati. Intanto non sono licenziamenti. Noi abbiamo cominciato immediatamente con un piano di lavoro che è consistito in un’analisi prima di tutto dello stato di fatto, come strutture fisiche, come organizzazione, come risultati e compagnia, poi naturalmente abbiamo impostato, come si fa con le case che parti dalle pietre angolari, abbiamo tre fasi del piano industriale: una prima fase con l’obiettivo nel breve; una seconda per studiare e rendere operative le azioni indispensabili per aumentare i livelli di redditività; la terza, realizzate le prime due, per reperire quell’equilibrio e quella sostenibilità che consenta alla fine di dire ho il piano industriale finanziario per attivare, eccetera. La prima fase è già operativa, vi leggo i sette punti della prima fase, poi mi consentirete se non entro in troppi dettagli, perché io queste cose le devo discutere giustamente con le organizzazioni sindacali, ma già che è stata fatta la domanda, non voglio sfuggire.

    La prima fase: incisiva azione per scongiurare la perdita di manifestazioni importanti nel calendario di “BolognaFiere” (EIMA, Motor show). Mentre qui stiamo facendo un po’ di melina, teniamo conto che se perdiamo anche le fiere autunnali, quindi non abbiamo il coraggio di tentare di fare il Motor show, perdiamo il CERSAIE, noi alle ore che mancano già adesso, perché sono mancate delle fiere, abbiamo fatto finta che non fossero mancate, si aggiungono altre ventimila ore in meno. Quindi continuiamo a girare il cucchiaio nella tazza, invece di risolvere i problemi e il rischio è di perdere altre fiere e quindi altre ore di lavoro.

    Secondo punto: ripresa dei contatti con gli altri enti fieristici italiani ed esteri per sinergie e possibili partnership. Questa è la sede adatta per dire che, oltre alla presenza che io ho considerato la perla della “BolognaFiere” nel continente asiatico, noi siamo in una avanzata fase di relazioni adesso con le fiere tedesche che sono le fiere numero uno in Europa. Io a Parma avevo fatto un accordo con la Fiera di Francoforte e a Parma sono arrivati tutti i robot, tutta la fiera dell’automazione, che la numero uno è a Francoforte, a questo punto in Europa la numero due è a Parma. Il mio collega, l’amministratore delegato, ha fatto la stessa operazione con Colonia, che è la numero uno nel mondo per l’alimentare con ANUGA, come sapete Parma con Cibus è la numero uno per il cibo italiano, lui è stato bravissimo, ha fatto un’alleanza, quindi sia per le macchine di tecnologia alimentare che per l’alimentare, noi portiamo le aziende italiane in Germania e i tedeschi portano mezza Europa a Parma a fare queste fiere. Questo meccanismo è vitale, stiamo tentando di agganciare anche noi questo discorso, sia con la Germania che con la Svizzera. Certamente dobbiamo presentare un quartiere che sia competitivo. Scusatemi, ma tutti questi discorsi hanno una loro circolarità.

    “Intervento di prima razionalizzazione della struttura societaria per una semplificazione e riduzione dei costi”. Vi ho detto che io ho trovato ventitre società, mi sembrava di essere arrivato alla General Motors; già sette sono sparite, c’è un piano. Molte società hanno dei contenuti, quindi non sono tutte scatole vuote – non vorrei essere frainteso – quindi ci vuole la pazienza di andare un po’ a smontare certi contenuti e vedere in che misura sono aggregabili, assimilabili con altri, per arrivare comunque a ridurre al minimo questo numero. È ovvio per esempio che due o tre società sul mercato asiatico bisogna averle, perché a Hong Kong, a Shanghai sei obbligato ad avere un partner locale, quindi quello lo capisco, ma alcuni giri qui a livello periferico bolognese li capisco un po’ meno. Quindi stiamo lavorando su quello.

    “Riduzione delle posizioni dirigenziali”: già fatto.

    “Razionalizzazione delle consulenze”: già fatto. Sono belli e arrivati a casa da qui 2 milioni e mezzo, perché ci si tira su le maniche, si cerca di fare un pochino di più dentro di quello che prima veniva mandato fuori. Non erano mica cose regalate. Basta impegnarsi un pochino di più, strutturare meglio alcuni percorsi dell’organizzazione e si riesce a portare a casa qualche risparmio.

    Razionalizzazione del parco fornitori”, ve ne ho già parlato.

    Settimo punto. “Soluzione alternativa dell’anomalia delle strutture di front line in organico permanente e primo riallineamento competitivo con gli altri enti fieristici”. Questa frase un po’ da azzeccagarbugli è quella, il settimo punto, nella quale si cela la questione sindacale, della quale penso che troveremo con un po’ di buona volontà una soluzione che difenda l’occupazione.

    Poi, piano commerciale marketing, piano organizzativo li lascio perdere; il piano degli investimenti e i prospetti triennali del gruppo economico, patrimoniale e finanziario anche ve li risparmio, perché se no divento troppo lungo anch’io.

    Qui si torna ai licenziamenti ritirati: non ci sono licenziamenti, quindi non li posso ritirare. C’è una procedura di mobilità che va discussa e sono qui solo per parlarne. Qui ovviamente intesa con i sindacati.

    Sulla definizione degli esuberi c’è confusione. Negli ultimi cinque anni si sono persi 10 milioni di euro di fatturato; con un margine di approssimazione del 6 per cento, servono 54 mila ore e il consuntivo del 2011 sono 107 mila ore. Non vi dico niente di più in dettaglio, perché giustamente sono cose che io devo discutere per trovare delle soluzioni insieme ai lavoratori e ai loro rappresentanti. Ma il rapporto è da uno a due, e qui c’è il distinguo, e siamo pronti e dobbiamo doverosamente parlarne con i lavoratori, siamo al coordinamento, all’interpretariato, le biglietterie, la sicurezza, i mezzi di sollevamento, i padiglioni, i pedonali e i carrai, abbiamo fatto un’analisi molto dettagliata e ci serve l’analisi dettagliata perché io sono già andato in giro un po’ a cercare di rioccupare queste persone: non stiamo parlando di numeri, stiamo parlando di persone, e questa mattina l’incontro qui era alle 10:00, io alle 8:00 ero già all’Unione industriali a chiedere l’aiuto, come credo sia doveroso fare da parte mia, dell’Unione industriali e della Lega delle cooperative, perché mi possano dare una mano nel rioccupare certe persone.

    I soci pubblici hanno responsabilità, perché sono sempre lì anche in passato. Lo statuto è un errore, non bisogna dare più spazio ai privati. Vi dico come la penso su questo tema, perché allo statuto mi è stato chiesto di metterci mano, è stato fatto, adesso giustamente devono fare le loro riflessioni e trovare le loro composizioni i soci pubblici e privati. Qui sento continuamente ritornare questa storia della responsabilità dei pubblici, privati che arrivano a prevalere. Vi dico subito come uomo d’azienda, che non è questione di essere pubblici o privati; la questione è solo quella di riconoscere che un’azienda è un’azienda: il discorso del palo che facevo prima in mezzo al cortile. Quindi essendo un’azienda, ha il dovere, prima ancora che il diritto, di essere gestita come un’azienda. Dopo di che non è questione di pubblico o privato perché è risaputo, le prime cinque fiere nel mondo sono fiere tedesche, che sono totalmente pubbliche, sono in mano ai Lander, alle banche locali, alle loro casse locali. Sono pubbliche in una maniera che noi non potremmo neanche immaginare, ma filano come dei treni. Io ho fatto una trattativa con la Fiera di Francoforte, che tra l’altro anche quest’anno ha aumentato i suoi ricavi, e che tra l’altro sta aspettando 900 milioni di euro di nuovi investimenti che arrivano da chi? Tutti dai pubblici. Sono pubbliche, ma sono gestite molto bene, con i criteri che giustamente si devono utilizzare in un’azienda.

    Campanello d’allarme Bologna, quartiere: confronto vero senza limiti di tempi. Io sono il primo a chiedere un confronto vero e sono il primo a scusarmi, se per caso mi sono spiegato male, se non sono riuscito a farmi capire. La fretta, il tempo, la necessità di risolvere il più rapidamente possibile alcuni problemi, di dare alcuni segnali importanti; non ritengo assolutamente di essere sempre nel giusto, quindi non c’è nessun cortocircuito fra i pubblici e i privati, non mi sembra di avere rilevato quello. Io credo che ci sia oggi una buona atmosfera, una buona volontà ben consolidata e ben indirizzata da parte sia dei soci pubblici che privati di raggiungere un certo risultato. Certamente c’è questo delicato problema, che nella prima fase che dobbiamo fare di ristrutturazione per affrontare la completezza del piano industriale, è molto delicata perché tocca delle persone e perché tocca evidentemente delle situazioni anche in alcuni casi di privilegio che si sono consolidate nel tempo. Quindi mi rendo perfettamente conto che non è un discorso facile.

    Rimini e Vicenza. Era qui da me Matteo Marzotto ieri, mio caro amico, credo che il nostro Lorenzo Cagnoni, persona di grandissima abilità, di grande visione nel sistema fieristico, abbia trovato Marzotto piuttosto esacerbato perché ha fatto una lunga trattativa con Verona, che poi l’ha mollato in mezzo alla strada, e quindi Marzotto con il suo elicotterino, come ieri è volato a trovarmi, è volato qualche mese fa trovare Cagnoni e la rete l’ha subito catturato.

    Credo che il discorso sia molto interessante, che le fiere debbano cercare sinergie, come tutto e tutti, perché altrimenti non si riesce a reagire e sopravvivere nel mondo di oggi. Credo che questo non ostacoli assolutamente, anzi, è un processo che dobbiamo cercare di fare con le altre fiere del territorio. È chiaro che viene più immediato parlare delle fiere vicine, che sono nella stessa regione, ma ormai non possiamo mica più ragionare sulla strada di Marco Emilio Lepido: non è che si vada da Rimini a Piacenza e più nulla. Abbiamo Firenze a trentacinque minuti di treno adesso, quindi è molto più vicina Firenze di Piacenza. Per cui, il processo va avanti.

    Un’altra domanda: il ruolo delle società cancellate, se erano operative o scatole. Qualcuna nel tempo ed è stato abbastanza rapido eliminarla, era diventata poco più che una scatola, ma molte sono società operative e quindi bisogna lavorare con molta cautela e molta attenzione.

    Per l’altro signore, ho scritto fortemente i contenuti. Il discorso si gioca sicuramente molto sui contenuti, bisogna che diventi una società di intermediazione: i bei tempi nei quali uno rispondeva al telefono, sono passati da molto. Io a Parma su cinquantasette persone ne avevo trentasei tra marketing e vendite, qui a Bologna il gruppo di lavoro prevalente è ancora quello amministrativo. Questo vi definisce a che punto è la situazione. Quindi c’è molto da fare, c’è molto da lavorare e credo che nei contenuti si debba guardare molto a quello che fanno gli altri, perché nessuno nasce imparato, bisogna stare con gli occhi aperti, vedere cosa fanno gli altri in Italia e all’estero. Quindi le fiere tedesche, che sono tuttora le numero uno al mondo, ormai sono diventate non solo degli hub giganteschi dove si incrocia di tutto e di più, ma hanno imparato ad inseguire, a seguire il loro espositore durante tutti i suoi movimenti, ad organizzargli i meeting, i convegni, i viaggi all’estero, le presenze nelle fiere competitor: c’è molto da fare e dobbiamo prepararci a farlo.

    Mi scuso, salto a piè pari, ma è venuto molto tardi e non voglio mancare di rispetto alle persone, perché le osservazioni sono state tantissime. Renderci attrattivi anche per i premi internazionali, questa è stata un’osservazione che condivido pienamente. Così come condivido – e qui vado a concludere se me lo consentite – chi ha detto che bisogna cercare di creare le condizioni per un clima sociale favorevole. Sono perfettamente d’accordo, e vorrei dirvi che non è assolutamente vero che siamo partiti dai lavoratori per cercare di risolvere certi problemi dell’assetto. Io sono partito da un dato drammatico, dal mio punto di vista di uomo d’azienda: budget 2017 – sapete che nelle fiere c’è anche il fatto che ci sono le biennali, non biennali – come a Parma gli anni ricchi sono i pari, perché c’è Cibus, qui gli anni ricchi non sono certamente i dispari e quindi mi hanno presentato un budget di meno 2 milioni. Secondo voi, io devo lavorare da qui a fine anno con tutti quanti per cercare di creare e completare il piano industriale, con anche le prospettive finanziarie e quant’altro per andare a chiedere dei soldi ai soci e alle banche, aprono il piano, vediamo la prima pagina: meno 2. Torni più avanti, per favore, perché se il primo gradino invece che un gradino è un buco, che credibilità hai per quello che viene dopo? Quindi è per quello che noi abbiamo cercato di mettere in pista subito, nella fase uno del piano industriale, degli interventi di riduzione dei costi che non sono più sostenibili e di allineamento alle altre fiere, per essere competitivi sugli elementi che sono più ancora una volta evidenti e distorcenti rispetto alla competizione con gli altri.

    Vi dico una cosa con molta onestà, con molta franchezza e con molta lealtà intellettuale nei vostri confronti, ringraziandovi per la pazienza che avete avuto e le domande che mi avete fatte: io vado a trattare venerdì con serietà, spero con un po’ di competenza, ma con piena libertà e dando piena libertà ai miei interlocutori, non metto nessuna scadenza. Questo lo dico qua a voi. Siccome vedo che molti hanno sottolineato togliere questo; ovviamente io non posso revocare niente, come potete ben capire, ma se il fatto che avevamo fissato cinque incontri, due sono saltati perché il direttore generale è incappato in questa incredibile grana di carattere personale, io non mi limito neanche a dire come dissi allora che se sarà necessario, perché sapete che se si vuole, anche il problema più grosso, compri o vendi un’azienda in quarantott’ore, però sono persone, non bastano tre incontri – ho detto – ne faremo di più. A voi oggi dico ancora di più, faremo tutti gli incontri che servono. Ok, grazie e buona giornata.

     

    Presidente SERRI

    Grazie a lei presidente. Darei la parola all’Assessore.

     

    Assessore Palma COSTI – Assessore alle Attività produttive, Piano energetico, Economia verde e Ricostruzione post-sisma

    In primo luogo, permettetemi di ringraziare il presidente Boni. Ci tengo a fare una sottolineatura, però, perché il presidente Boni è il presidente di un’azienda che chiaramente ha la sua autonomia, io oggi parlo in veste di assessore e in veste anche di rappresentante per la mia quota parte dell’azienda, per cui alcune cose possono avere anche una leggera differenza.

    Prima si parlava della responsabilità dei soci pubblici; io ci tengo a precisare che la responsabilità dei soci pubblici, assieme ai soci privati, è stata totale, nel momento in cui in questa legislatura si sono decise due cose: nella discussione delle partecipate decidere se le fiere erano soggetti importanti per l’economia e lo sviluppo, che fa parte ancora della nostra funzione, e abbiamo detto di sì. Quindi noi abbiamo ritenuto che le fiere, con quel progetto che abbiamo all’interno del nostro programma di mandato, quello del rafforzamento del sistema fieristico regionale è un punto chiave per il sistema manifatturiero della nostra regione, che conta ancora un bel po’ di posti di lavoro e li sta creando, perché li sta creando il manifatturiero quelli che oggi sono stati costruiti, assieme ad alcune altre piccole parti. La seconda cosa, abbiamo cambiato la governance: ci siamo assunti la nostra responsabilità e la governance ad un certo punto di questo nostro ente è cambiata, perché i soci pubblici e i soci privati hanno deciso che il rilancio della Fiera di Bologna, il progetto industriale e quant’altro dovesse essere fatto sulla base anche di punti diversi rispetto al passato. I sette punti che ha detto prima il presidente Boni, sono i punti programmatici, quindi gli obiettivi che noi abbiamo posto al presidente e al consiglio d’amministrazione; mi permetto una leggera sottolineatura, che la parte del rilancio del famoso restyling chiamato così nel punto n. 5, credo, del programma, sottoscritto e firmato da tutti i soci pubblici e privati, ci sta l’impegno da parte di tutti agli investimenti. Ci tengo a dirlo, perché questo è quanto hanno siglato e firmato nell’eventualità che si decida che il piano industriale di rilancio, con tanto anche di parte strutturale, sia condivisa e quindi questo è il lavoro che dovranno fare il Consiglio d’amministrazione e poi chiaramente anche l’Assemblea nel momento in cui ci sia.

    Mi pare di poter dire che in questa fase, oggi ne è la dimostrazione, ma mi permetto di dire che è la seconda – l’altra audizione l’abbiamo fatta con tutti e tre i presidenti – c’è la massima trasparenza: qui stiamo parlando di un bene comune, quindi qui c’è la massima trasparenza anche con delle leggere opinioni diverse, perché questa è una società partecipata, quindi ci possono essere anche delle opinioni diverse nelle società partecipate. Però quello che si è deciso, sono i sette punti, questo è stato il mandato e oggi il mandato viene onorato da parte del presidente del consiglio d’amministrazione, rispetto chiaramente alle logiche anche aziendali che devono essere tenute in considerazione in questa fase.

    Io mi permetto di dire immediatamente sul tema della mobilità, che la penso esattamente come la Saliera. Oltretutto ho tutte le crisi, quindi non è che io mi dimentichi di che cosa sto parlando, le ho tutte, quindi anch’io mi siedo dalla parte dei lavoratori per trovare delle soluzioni occupazionali. Queste sono le testuali parole: nessuno deve stare a casa. Dopo di che, come io credo sia giusto, c’è un tavolo regolarmente istituito, come in tutti i processi di riorganizzazione, dove c’è l’azienda e ci sono le parti sindacali, prendo atto dal presidente che dice non esserci un limite di tempo rispetto alla trattazione, quindi al confronto; io credo che il confronto, l’ho detto sempre dappertutto – perché questo l’ho detto sin da subito – deve essere fatto sulla base del progetto industriale. E questo deve essere l’oggetto che secondo me – l’ho detto e scritto ovunque – deve essere l’oggetto che deve essere discusso, e anche il tema occupazionale deve essere discusso e rispetto a questo nessun lavoratore deve essere lasciato da solo. L’occupazione è il primo obiettivo, ripeto, lo faccio anche in un’altra sede, quindi io non me lo dimentico. Devo dire, però, che questo è il meccanismo, il metodo che sto utilizzando con le parti dappertutto. Quindi per me non ci sono tempi, per me c’è la necessità che si lavori in modo stretto raccordo, ci si chiarisca e ci si confronti e si entri nel merito delle soluzioni, perché credo che questo sia quello di cui noi abbiamo bisogno.

    Sullo statuto, quando sono arrivata come assessore, mi sono trovata un lungo dibattito che veniva dalla precedente legislatura, dove facevo un altro mestiere, dove c’era questa richiesta dell’adeguamento degli statuti, chiaramente di enti partecipati con caratteristiche economiche come la Fiera di Bologna, perché esistono delle norme europee, su cui qualcuno ha fatto quintali di documenti, note legali, giuridiche, giurisprudenza e quant’altro, perché si ritiene rispetto a queste norme europee che i poteri speciali siano in contrasto con le norme della libera iniziativa. Questo era il dibattito che io ho trovato, quando sono arrivata. Uno dei punti che è stato inserito all’interno del programma, è stata la valutazione dello statuto e la verifica rispetto alle normative europee: questo è stato il mandato che abbiamo dato. Noi come soci pubblici non abbiamo mai pensato di delegare ad altri quanto ci compete, anche perché è chiaro che i soci pubblici conteranno in primo luogo rispetto alle quote che hanno, e credo i soci pubblici anche con altri strumenti. Detto questo, noi ad oggi non abbiamo ancora ricevuto alcuna bozza di statuto, quindi è una proposta che il consiglio d’amministrazione, da quello che ho capito, perché io onestamente l’ho appreso dalla stampa, non è che l’ho appreso perché qualcuno mi ha chiamato e me l’ha detto; nel momento in cui la bozza di statuto avrà una sua validazione in consiglio d’amministrazione e si deciderà di portarla alla discussione dell’assemblea dei soci, sarà un tema da parte nostra di grande attenzione. I soci pubblici non hanno alcuna intenzione di abdicare rispetto ad un ruolo che hanno e che hanno avuto anche nel passato, sapendo benissimo però che trattiamo di una società dove ci sono delle regole alle quali dobbiamo attenerci.

    Certo, un indirizzo preciso l’abbiamo dato ed è quello che ha anticipato anche il presidente Bonaccini, che è quello che come abbiamo fatto ovunque, si può procedere anche ad una riduzione del numero dei consiglieri del consiglio d’amministrazione. Questo è un tema che abbiamo dato. Sul resto, vedremo e discuteremo nel momento in cui ci sarà, e credo che ci sarà, l’opportunità chiaramente di discuterla. Ne stiamo discutendo oggi, avremo modo di discuterne anche nel prosieguo rispetto a queste tematiche, che sono tematiche abbastanza difficili e complicate.

    Ricordo che la Fiera di Rimini, proprio perché ha deciso, e questa non è un’ipotesi che in futuro non ci potrà essere, però oggi non siamo a questo livello, ha deciso la quotazione in Borsa e l’adeguamento dello statuto di Rimini è stato obbligatorio per poter quotare chiaramente la società di Rimini in Borsa. Quindi con questo i pubblici hanno mantenuto competenze, eccetera, le loro quote e quant’altro, però ad oggi non esiste una bozza che l’Assessorato ha in mano per poter discutere di che cosa c’è scritto dentro. Quindi ci tengo a dirlo, perché alcuni dibattiti credo che siano dibattiti un po’ anticipatori rispetto a delle questioni, che qui dovremo guardare e discutere all’interno del merito. Però ripeto, la vicenda è nata rispetto a tutta una serie di carteggi che vengono da lontano, rispetto ai requisiti che oggi la normativa europea chiede agli statuti, soprattutto delle partecipate dove c’è una libera iniziativa.

     

    Presidente SERRI

    Grazie assessore.

    Allora, noi chiudiamo la Commissione. Voglio anch’io ringraziare moltissimo il presidente Boni per la pazienza e per le informazioni che ci ha dato in modo veramente dettagliato, così come anche le risposte. Non abbiamo voluto porre limiti alla discussione e agli interventi, proprio per dare a tutti la possibilità oggi di farsi un quadro preciso. Grazie.

    Quindi liberiamo il presidente Boni, la Commissione si chiude qui e riceviamo in questo poco tempo che ci avanza i rappresentanti dei lavoratori.

     

     

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