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Legislatura X - Commissione I - Resoconto del 27/11/2017 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 37

    Seduta del 27 novembre 2017

     

    Il giorno 27 novembre 2017 alle ore 14,00 è convocata in seduta ordinaria e in audizione, con nota prot. n. AL.2017.60853 del 22/11/2017, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Presidente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BERTANI Andrea

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    3

    presente

    POLI Roberto

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BESSI Gianni

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    Forza Italia

    2

    assente

    BOSCHINI Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    CARDINALI Alessandro

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    FOTI Tommaso

    Componente

    Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale

    1

    assente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    MOLINARI Gian Luigi

    Componente

    Partito Democratico

    6

    presente

    MUMOLO Antonio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    PARUOLO Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Italiana

    2

    presente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

     

    Sono presenti i consiglieri: Marcella ZAPPATERRA e Manuela RONTINI.

    Sono altresì presenti l’assessore al Bilancio, Riordino istituzionale, risorse umane, pari opportunità Emma PETITTI, l’assessore a Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro Patrizio BIANCHI, i Parlamentari europei On. Damiano ZOFFOLI e On. Elly SHLEIN, il Capo Rappresentanza in Italia della Commissione europea dott.ssa Beatrice COVASSI.

     

    Presiede la seduta: Massimiliano POMPIGNOLI

    Assiste la segretaria: Claudia Cattoli

     


     

    - Audizione sulle iniziative di competenza regionale del Programma di lavoro 2018 della Commissione europea (Un programma per un’Unione più unita, più forte e più democratica)

     

     

    partecipano

     

     

    Susana

    Alves

    Cooperativa Sociale Katia Bertasi

    Mirto

    Bassoli

    Segreteria regionale CGIL Emilia-Romagna

    Alessandro

    Belluzzi

    Assistente Parlamento europeo

    Mario

    Bernardi

    Segretario Associazione Bancaria Italiana

    Chiara

    Berti

    Consigliere Unione dei Comuni Romagna Faentina

    Pier Paolo

    Busi

    Direttore generale Istituto Ramazzini

    Pier Virginio

    Dastoli

    Presidente Consiglio italiano Movimento europeo

    Cristina

    Di Ponzio

    YouNet

    Valentina

    Fiordelmondo

    Ufficio progetti AIAS Bologna Onlus

    Barbara

    Forni

    Ufficio Milano Parlamento europeo

    Fabrizia

    Forni

    Resp. Relazioni internazionali CNA Emilia-Romagna

    Alessandro

    Ghetti

    Resp. Ufficio legislativo Coldiretti Emilia-Romagna

    Gianluca

    Giordani

    Delegato regionale FIAIP

    Enza

    Negroni

    Presidente Associazione Documentaristi Emilia-Romagna

    Cecilia

    Odone

    Consulente diritto UE

    Rita

    Pareschi

    Resp. Ambiente territorio LegaCoop Emilia-Romagna

    Piero

    Peri

    Funzionario CIA Emilia-Romagna - Tavolo Regionale Imprenditoria

    Pierre

    Reverberi

    Dipartimento Statistica Università degli Studi di Bologna

    Eugenia

    Rossi di Schio

    Assessore Comune di Rimini

    Luca

    Rossi

    Confindustria Emilia-Romagna

    Gianluca

    Rusconi

    Resp. Servizio legislativo Confindustria Emilia-Romagna

    Anna

    Salfi

    Segreteria CGIL Area Metropolitana Bologna

     

     

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

     

    Presidente Massimiliano POMPIGNOLI – Presidente della Commissione assembleare Bilancio, Affari generali ed istituzionali

    Buongiorno, iniziamo questa Sessione europea che come tutti gli anni la Regione Emilia-Romagna ormai fa: come tutti sapete, l’avvio è con l’udienza conoscitiva da parte degli stakeholders, dove vengono individuate un po’ le criticità degli argomenti che devono essere trattati dall’Europa sia in fase ascendente che in fase discendente, per cui noi riteniamo come Regione Emilia-Romagna e quindi con la Commissione Bilancio che è deputata appunto a trattare questo argomento di iniziare la Commissione con le audizioni, ascoltare i portatori di interesse sugli argomenti che ritengono di maggiore rilievo da voler sollevare all’interno della nostra competenza regionale, all’interno della Commissione, per poi trasmetterli con una risoluzione che verrà inviata al Governo e all’Europa.

    Per cui oggi iniziamo questo percorso, che speriamo di chiudere abbastanza brevemente. Lascerei la parola all’assessore Bianchi, che fa anche le veci della presidente dell’Assemblea legislativa Simonetta Saliera, che oggi purtroppo non può essere presente, per l’introduzione dell’argomento. A seguire poi gli interventi da parte degli europarlamentari, attenderemo anche l’onorevole Elly Schlein che è in arrivo a breve. Intanto comunque lascio la parola all’assessore Bianchi per l’introduzione. Grazie.

     

    Assessore Patrizio BIANCHI – Assessore a Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro

    Grazie tantissimo, presidente. Cominciamo quindi una riflessione che deve portarci nel giro di alcuni mesi al momento solenne in cui in Assemblea avremo la nostra Sessione comunitaria anche quest’anno. Io porto i saluti sia del presidente Bonaccini che attualmente è ad Abidjan in quanto presidente degli enti locali europei alla Conferenza dell’Unione africana, sia della presidente Saliera che è impossibilitata a partecipare. È credo rilevante che abbiamo unito non solo in termini casuali questi due saluti, perché noi siamo consci che le istituzioni che rappresentano e governano questa Regione si devono muovere in maniera unitaria nei confronti di un tema che per noi diventa assolutamente rilevante e che come abbiamo già verificato negli anni passati vede la I Commissione assolutamente luogo non solo del dibattito interno, ma soprattutto luogo che raccoglie le visioni che ci vengono offerte dalla nostra società civile.

    È chiaro a tutti che quella di quest’anno è una Sessione comunitaria particolarmente delicata, perché è chiaro che nel 2019 si andrà verso un nuovo Parlamento e una nuova Commissione europea e quindi questa tornata del 2017-2018 diventa il momento assolutamente cruciale in cui noi facciamo tutti assieme una riflessione sull’Europa, sia nella fase in cui noi ci domandiamo in che misura abbiamo attuato delle linee e delle direttive europee, ma per quanto mi riguarda soprattutto nella fase che da questa Assemblea, da questa Giunta, deve salire fino a Bruxelles per dare un’indicazione chiara di che tipo di percorso noi vogliamo da questa legislatura alla prossima e quali sono i punti fondanti della prossima legislatura.

    Che l’Europa non sia in buonissima salute lo vediamo tutti. È assolutamente evidente che una fase che possiamo anche giustificare e ragionare, che ha visto preminente il ruolo del Consiglio, quindi degli Stati nazionali, oggi si trova a dover fare i conti con la debolezza degli Stati nazionali. Non è solo un problema dell’Italia o dei Paesi del sud, di quei Paesi che sono stati sempre definiti nella letteratura in termini direi spregiativi, ma oggi coinvolge la Germania, l’Olanda, l’uscita dell’Inghilterra. Il vero problema è che quello che sembrava essere il paradigma di un tempo: “gli Stati nazionali sono stabili e solidi, le Regioni sono fragili e non credibili” mi pare si stia rivoltando. Noi oggi vediamo Stati nazionali che non riescono a darsi un governo e vediamo Regioni straordinariamente attive e ancora di più mi dispiace che nei vari scenari che erano stati sviluppati negli scorsi anni sono stati sviluppati diversi scenari per l’Europa, ma non c’era quello che poneva al loro centro il sistema delle Regioni.

    Noi come Regione Emilia-Romagna abbiamo svolto e stiamo svolgendo una funzione credo importante. Noi abbiamo ottenuto per un anno, quindi per due cicli interi, la presidenza di Vanguard che è l’associazione delle 35 Regioni più avanzate d’Europa. L’abbiamo passata nel momento importante alla Lombardia, quindi adesso dopo di noi è la Lombardia che sta guidando Vanguard. Devo dire che le due Regioni messe assieme in Vanguard svolgono una funzione assolutamente di traino, non solo dell’idea che si possono sperimentare nuovi processi innovativi partendo dal territorio, ma stanno svolgendo una funzione importante che dice: “nella fragilità della condizione europea, il corpo centrale delle Regioni europee c’è ed è solido”.

    Con la Regione Lombardia, vi ricordo, abbiamo avviato un percorso congiunto di richieste di maggiore autonomia, ai sensi dell’articolo 116 e 117 della Costituzione, che – fatemi dire una cosa francamente – non è che ci stia stupendo, però ci sta cogliendo straordinariamente contenti da una parte e dall’altra di come le due Regioni, che comunque messe insieme fanno quasi il 50% del PIL di questo Paese (sicuramente più della metà della capacità innovativa di questo Paese), si stiano assumendo oggi la responsabilità importante di dare un riferimento di guida del Paese. Infatti l’idea di un nuovo non voglio dire federalismo, ma di un nuovo autonomismo dinamico credo che sia un elemento fondante e su questo devo dire – e guardo il presidente Pompignoli – stiamo dando anche lezione al Paese di come stiamo ragionando in termini istituzionali, al di là delle parti, uniti.

    Questo elemento diventa importante perché sia noi che la Lombardia stiamo svolgendo una funzione importante nelle cosiddette macro-Regioni, la Lombardia di più (ciao, onorevole Schlein). Dicevo che noi stiamo svolgendo una funzione importante come Regione Emilia-Romagna in un progetto di intervento diretto della Commissione che è il programma Adrion, lo strumento operativo di EUSAIR, cioè della macro-Regione Adriatico-ionica e ci stiamo facendo carico di tenere insieme quello che probabilmente è il quadrante più complesso oggi della vicenda europea, che è il quadrante sud-est, quel quadrante adriatico-ionico che è quello che soffre la maggior pressione da parte della spinta migratoria, quello che ha visibilmente i problemi di sviluppo più accentuati, quello che ha visibilmente le problematiche connesse con la coesione che sono più accese.

    Credo che uno dei temi che abbiamo da sviluppare nel prossimo giro – non può essere tuttavia rimandato al prossimo giro perché è un problema di questo tempo – è il tema ovviamente della coesione. Io credo che le politiche di coesione siano oggi messe in fortissima discussione a Bruxelles. Ho avuto una serie di colloqui, sono stato tutta la settimana a Bruxelles, ho parlato a lungo ad esempio con Nicola De Michelis, che è il capo di gabinetto di Corina Cretu, che ho invitato a venire anche per conto della presidente Saliera nella nostra Assemblea solenne. Ho parlato con molti e capisco perfettamente che vi sono dei dubbi sulla validità di uno strumento che vede molte Regioni e molti Governi nazionali non disporre di una capacità di progettazione e di esecuzione pari ai volumi di risorse che sono impegnati. Tuttavia la coesione non è un accessorio dell’integrazione e non credo che tutto possa essere risolto reinventandosi il fondo Junker per attività bancabili, che per dimensione e focalizzazione necessariamente mettono in crisi proprio quel sistema di piccole e medie imprese su cui si basano gran parte delle economie del sud Europa.

    Il secondo tema è il tema migratorio. Voglio qui ringraziare l’onorevole Schlein per quello che sta facendo su questo. Dobbiamo a lei se il tema sta trovando finalmente una soluzione, non lasciandolo totalmente in capo al Governo italiano e alle Regioni meridionali. Questo però è un altro tema su cui dobbiamo ragionare.

    Terzo tema su cui dobbiamo ragionare è il multilevel governance. Il multilevel governance vuol dire che la visione gerarchica per cui c’è Bruxelles, c’è Roma, poi c’è Bologna -non so dove sia Ferrara o la Romagna -, questa è una cosa che in realtà non può funzionare, questo è un meccanismo che quando si parla di multilevel noi richiediamo che vi siano due fasi discendenti e ascendenti di pari dignità.

    Allora, sulla base di questi temi credo che noi dobbiamo aprire la nostra riflessione, così come credo fondamentalmente che uno dei temi cruciali che vedremo sarà tutto il tema della ricerca e innovazione. Noi sappiamo che il prossimo budget sarà definito a maggio, sappiamo che vi è una forte intenzione di ridurre drasticamente i fondi della coesione e di raddoppiare o forse di più triplicare anche altri fondi per la ricerca (cosa che considero santa e positiva), non il taglio della coesione, ma l’aumento dei fondi della ricerca. Però attenzione: così come sono contrario ai fondi per la ricerca tutti centrati unicamente sulla parte terminale del processo, cioè sullo sviluppo innovativo, perché alla fine rischia di perdere l’elemento di connessione fra quelle che si chiamavano le ricerche di base e le ricerche di sviluppo, non possiamo neanche immaginare che sia soltanto disruptive, cioè soltanto una ricerca fatta da grandissimi sistemi che di fatto rompono il preesistente senza garantirci i sistemi di diffusione verso quel sistema di imprese che diventano cruciali per l’intero sistema europeo.

    Di questo ne abbiamo parlato molto a suo tempo con Moedas e la volta scorsa col suo capo di gabinetto. Credo che anche su tutti questi temi in un qualche modo noi siamo pronti come Regione Emilia-Romagna e il presidente Bonaccini come presidente delle Regioni italiane e presidente degli enti locali europei, la presidente Saliera come membro del Comitato delle regioni a essere presenti in questa discussione. Credo che sia assolutamente cruciale per avere il senso dei tempi. I tempi da quanto mi è chiaro - ma forse mi sbaglio, forse qualcuno mi può tranquillizzare – mi sembrano tempi straordinariamente stretti. Il tempo vuol dire da qui a febbraio, cioè l’impostazione delle nuove politiche da febbraio a maggio la loro specifica, a maggio la Commissione europea predispone un budget che viene passato al Parlamento, a ottobre le partite sono chiuse perché entriamo in fase pre-elettorale. Ditemi se mi sbaglio con i tempi. Se questi però sono i tempi mi sembrano strettini.

    Quindi vuol dire che questi nostri due-tre mesi che il presidente Pompignoli guiderà da par suo saranno assolutamente cruciali per dare a noi un quadro di riferimento, ma anche una voce e una capacità di esprimere quello che la nostra società è in grado di esprimere e credo che sia una Regione sia in termini di capacità di governo che di rappresentanza, sia di strutture sociali che voglio ricordare perché questo ormai è il nostro riferimento. Abbiamo raccolto un patto per il lavoro firmato da tutti, credo che abbia anche delle responsabilità nei confronti del Paese e nei confronti di tutto il resto dell’Unione europea. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie, assessore Bianchi. Ottima sintesi di quello che è il percorso che noi dovremo affrontare in questi mesi come Commissione e come Regione Emilia-Romagna. Come vedete, sul tavolo ci sono i relatori che ora vi presento: l’onorevole Damiano Zoffoli e l’onorevole Elly Schlein, e la dottoressa Beatrice Covassi che è il capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea. Questa sarà la scaletta di intervento, poi ovviamente daremo voce agli stakeholders. Adesso ho due richieste di intervento, quindi chiedo e invito chi vuole intervenire a iscriversi, così dopo lo programmeremo nella scaletta degli interventi, poi chiuderemo i lavori con la Commissione. Quindi lascerei subito la parola all’on. Zoffoli per il suo intervento. Prego, onorevole.

     

    On. Damiano ZOFFOLI – Parlamentare europeo

    Grazie, presidente. Grazie all’assessore che ben ha inquadrato il momento che l’Europa sta vivendo, che è sotto gli occhi di tutti. Nella dichiarazione di Roma, in occasione dei sessant’anni del Trattato del 25 marzo 2017, si dice l’Europa è nata dal sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Ecco, fra il sogno e la speranza c’è la realtà di oggi, dell’Europa. Attenzione, non faccio le premesse che faccio di solito. Dò per scontato che l’Europa siamo noi. Spesso infatti mi capita di interloquire a vari livelli e c’è questa idea che l’Europa sia un soggetto altro da noi, con cui noi andiamo a contrattare gli zero virgola dei bilanci. Quindi questo sentimento di estraneità, un rapporto sindacale, contrattuale con l’Europa che è il gendarme sostanzialmente dei conti pubblici per cui l’Europa che ci opprime, l’Europa delle regole, dei Regolamenti, delle direttive. L’Europa siamo noi, noi siamo cittadini europei. Il Trattato di Maastricht 1993 - lo ricordo sempre perché quel trattato viene ricordato per i famosi parametri economico-finanziari (3% deficit PIL, 60% debito PIL) -, lo stesso Trattato ha istituito la cittadinanza europea, ha costituito il Comitato delle regioni, quindi è l’altra faccia della medaglia.

    Noi dobbiamo vederle tutte e due le facce dell’Europa. Quella che va di moda oggi, che appare, è la prima che vi ho descritto, ma c’è anche l’altra ed è l’Europa del Centro meteo a Bologna, grande conquista di questa comunità, di questa Regione. È l’Europa che sa spendere bene i fondi strutturali. Nel bilancio di mandato di Bonaccini, se non ricordo male, su 15 miliardi 2 miliardi e mezzo son fondi europei, quindi già oggi la nostra vita, la vita in Romagna, in Emilia, nei nostri Comuni è regolata da risorse europee. Quindi la sfida è proprio questa, di dare un volto all’Europa: l’Europa non ha una faccia, non ha un volto, mentre i nostri Comuni, le nostre Regioni hanno una faccia con cui confrontarsi, discutere, poi uno lo vota, non vota, critica aspramente, contesta, esiste una relazione e un rapporto. Gli europei son tutti più soli. La crisi che viviamo è una crisi sostanzialmente di solitudine che vive anche la nostra Europa, di… Io sono nella Commissione Ambiente e quindi mi occupo – dirò brevemente – dei temi della sfida ambientale che è una delle sfide. Alcune sono state citate. Poi son tutte collegate: la sfida migratoria è anche una sfida ambientale perché la gente si muove non solo per guerra, terrorismo, ma anche carestie, desertificazione, siccità. Non esiste ancora il profugo climatico dal punto di vista giuridico, ma esiste nei fatti. Quindi anche il tema dell’ambiente, della sfida ambientale è un tema centrale. Quindi come dare un volto all’Europa? La gente incontra il sindaco, il presidente della Regione, gli amministratori locali, quando ci si relaziona con l’Europa si avverte questa lontananza, quindi c’è un tema anche di democrazia in Europa, ossia chi decide, come si decide.

    Abbiamo visto il sorteggio. Chiaramente quell’immagine, al di là del danno, al di là della sfortuna per Milano, per l’Italia, è un’immagine deleteria perché quest’idea di un’Europa e voglio dirlo di Stati nazionali, perché basta, mi sono stancato veramente, è ora di mettere i puntini sulle i. Quando si parla di istituzioni europee si deve aggiungere che stiamo parlando del Parlamento europeo, stiamo parlando del Consiglio europeo, o stiamo parlando della Commissione europea? Ognuno si assume le sue responsabilità, perché questi Stati che spesso scaricano come fosse il sacco delle botte sull’Europa tutte le responsabilità. E qui potrei dire che l’Europa ha le sue responsabilità, i suoi limiti, i suoi ritardi, ma spesso è anche un bersaglio facile e quella vicenda (l’ultima vicenda) è stata una vicenda tutta intergovernativa. Noi in Parlamento abbiamo assistito, anzi tutti gli italiani hanno lavorato per un risultato positivo, ma abbiamo lavorato nel senso che abbiamo coltivato delle relazioni, dei rapporti, abbiamo approvato dei documenti, ma le scelte sapevamo bene che non erano nelle nostre mani, erano in capo agli Stati. È una scelta che era in capo al Consiglio e agli Stati, una trattativa quindi che riguardava gli Stati.

    Quindi c’è un tema anche di democrazia quando ci si raffronta con l’Europa. Così come non va bene il sorteggio non va bene neanche l’unanimità. Non è possibile che in un’Europa a 28 e domani a 27 e 500 e rotti milioni su molte materie ancora si debba procedere all’unanimità. Non si governa un Comune all’unanimità, lo sappiamo tutti, quindi questo è un altro tema. Queste sono le questioni di fondo e nella Dichiarazione di Roma, un documento che ovviamente non è un trattato, ma ha un grande valore politico, si affronta anche questa questione. Si incomincia a dire: “procediamo con chi ci sta, porte aperte a tutti ma non fermiamoci” e questo sta avvenendo.

    Voglio mettere in luce anche gli aspetti positivi. Avete visto l’altro giorno l’accordo su una prima bozza che è stata definita impropriamente “esercito unico europeo”, ma comunque stiamo parlando di un’Europa che incomincia a ragionare per la difesa e la sicurezza in maniera comune. Abbiamo capito che Trump, sebbene già Obama avesse dato dei segnali in quella direzione, cioè l’indicazione “Europa attrezzati e organizzati”, Trump – dicevo prima - considera l’ambiente una fake news, i cambiamenti climatici. Quindi ci sono delle distanze notevoli. I cambiamenti climatici sono una realtà, non c’è bisogno di esperti. Noi tutti viviamo sulla nostra pelle, chi vive al mare il tema dell’innalzamento del mare su incidenza e erosione delle spiagge, chi vive nelle colline il tema delle frane, il clima - prima dicevo - e quindi le cose stanno su quel versante cambiando, noi Europa abbiamo preso degli impegni che intendiamo mantenere con l’accordo di Parigi sul clima, la riduzione delle emissioni climalteranti. E la sfida dei cambiamenti climatici poi mi apre un ragionamento più largo che interessa il nuovo modello di sviluppo. Infatti se questa crisi economica dura da dieci anni (noi stiamo uscendo lentamente, la nostra Regione ha dato prima di altri segnali di vitalità grazie alla capacità anche di aprirsi agli altri, alle esportazioni), dobbiamo leggere, trarre delle lezioni da questa crisi.

    Si parla di giorno del debito ecologico, cioè al 2 agosto di quest’anno abbiamo impiegato tutte le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare in un anno. Quindi noi dal 2 agosto in avanti stiamo consumando a debito. Abbiamo un modello di sviluppo che non può durare, che rigenera in un anno e mezzo quello che noi consumiamo in un anno. Ma io non sposo chiaramente la decrescita, qualcuno addirittura aggiunge felice: “non mi interessa, non mi è mai piaciuto”. Non credo che sia compito della politica promuovere la decrescita. Noi dobbiamo promuovere lo sviluppo, la crescita, dobbiamo crescere, svilupparci ma in maniera più intelligente, più rispettosa delle persone e dell’ambiente e quindi il pacchetto sull’economia circolare. E vado rapidamente a concludere su alcune questioni che riguardano la mia Commissione: voi sapete che la relatrice è la collega Simona Bonafé: questa Regione ha addirittura, mi vien da dire, anticipato gli obiettivi che in quella legislazione europea siamo nella fase del trilogo. Trilogo vuol dire che le tre istituzioni, ossia Commissione, Consiglio e Parlamento si stanno confrontando: le informazioni che abbiamo, che entro l’anno questa fase è conclusa, dopodiché le quattro direttive in realtà, il pacchetto è così composto, torneranno in Parlamento per l’approvazione definitiva. E in quel pacchetto si delinea una strategia che riguarda non solo i rifiuti ma anche rifiuti. Stiamo parlando dei rifiuti urbani che rappresentano – bisogna dirlo per correttezza – il 7% dei rifiuti. Quindi la partita che è interessata è quella dei rifiuti urbani e quindi tutto il cambiamento, il rifiuto è una risorsa non è un problema, se viene trattato, il tema dei sottoprodotti, delle materie prime secondarie, dell’andare a superare le discariche. Guardate che noi dire superamento di discariche in questo territorio vuol dire un obiettivo possibile e probabilmente non molto lontano, ma in Bulgaria ancora l’80% dei rifiuti finisce in discarica. Quindi in un’ottica europea siamo al 35-40% dei rifiuti.

    Per cui questa è una strategia molto ambiziosa dal punto di vista europeo, ma – ripeto – non riguarda solo i rifiuti, ma in generale un modello di sviluppo che spreca meno e qui lo voglio dire e sottolineare con orgoglio: quando abbiamo discusso questo pacchetto il tema dello spreco alimentare era affrontato in maniera piuttosto debole. Noi in Europa sprechiamo 175 chili al giorno di rifiuti, quindi frigo uguale pattumiera spesso. Ecco noi abbiamo portato in Europa il modello Segrè dell’Emilia-Romagna. Qui esiste un modello che è anche una pratica, non sono solo idee. Ecco, quel modello l’abbiamo introdotto in queste direttive perché per lo spreco alimentare non esisteva una definizione, cosa si intende, non c’era un sistema per misurarlo, perché se tu ti vuoi porre degli obiettivi e l’obiettivo è dimezzare al 2030 lo spreco alimentare dobbiamo essere d’accordo a livello europeo cosa intendiamo e come lo misuriamo chiaramente. Quindi questo è un altro esempio di come questo territorio è stato in grado di portare…

    Quindi noi dobbiamo con umiltà imparare tante cose perché c’è sempre un dare e un avere (questa è l’idea giusta dell’Europa), ma abbiamo anche cose positive da promuovere e da proporre. Nella fattispecie, io mi occupo di mobilità sostenibile e seguo le questioni in questo caso delle emissioni di CO2 e consumi dei mezzi pesanti. Lo dico perché è un tema che avremo modo probabilmente di affrontare anche assieme nei prossimi mesi, sono relatore in Parlamento di questo nuovo Regolamento. Voi sapete che la nostra Regione ha dei primati ma anche dei punti di debolezza e uno riguarda proprio la qualità dell’aria: Pianura Padana, particolato, ossido di azoto. Sappiamo che esistono delle criticità legate alle condizioni geografiche, all’organizzazione del traffico, al collocamento su Bologna nord-sud e soprattutto proprio ai mezzi pesanti. Infatti mentre le auto e i furgoni hanno una loro disciplina, poi ci sono gli abusi, ci sono gli scandali, i dieselgate, ci sono purtroppo anche questi, ma esistono delle regole e lì appunto sono state infrante delle regole che esistevano e quindi è scattato un meccanismo di sanzioni, sulla mobilità pesante - mi riferisco, pensate un po’, ai camion, agli autobus e ai pullman - non ci sono regole sostanzialmente. Vale a dire se un sindaco fa un appalto per un autobus per le scuole e i cosiddetti appalti verdi piuttosto che tutti quei TIR che noi vediamo circolare a ridosso delle nostre città, quando un imprenditore deve fare un acquisto, sostanzialmente si fida di chi glielo vende il mezzo. Non c’è la possibilità di confrontare realmente il dato dei consumi e delle emissioni, non esiste un registro europeo, non c’è un sistema trasparente e questo si cerca di fare.

    Siamo nella fase degli emendamenti e dei compromessi e quindi c’è già una proposta in Parlamento sostanzialmente che stiamo discutendo, perché era successo che i sette-otto gruppi costruttori di mezzi pesanti si erano accordati a livello europeo, avevano fatto cartello sui prezzi, per cui interessava meno investire sulla ricerca e l’innovazione mezzi puliti, i prezzi erano quelli più o meno per tutti. È intervenuta la Commissione e sanzione di oltre un miliardo. Fra l’altro i consumi dei camion sono il 30% dei costi di esercizio, quindi conviene all’imprenditore e a chi lavora nel settore ridurre i consumi perché è un terzo delle sue spese. Quindi questo è il tema molto tecnico, molto particolare su cui mi sto applicando e misurando. L’ho citato perché riguarda secondo me molto questo territorio.

    Ecco concludo da dove ero partito. Qui esiste un metodo sperimentato di confronto, di condivisione. È interessante che anche nel lavoro che la Regione sta facendo con la Lombardia di interlocuzione con lo Stato sull’articolo 116 della Costituzione, le deleghe e le materie nel rispetto della Costituzione e dell’integrità della nostra Italia rispetto ai poteri e alle deleghe delle Regioni, ci sia – ho visto, vediamo come si conclude il confronto – anche una puntualizzazione sul ruolo delle Regioni rispetto all’Europa, vale a dire su questo lavoro che oggi voi e noi stiamo facendo, su come renderlo ancora più forte, più puntuale, più significativo. E credo che questa sia la strada giusta se vogliamo, come dicevo prima, ridare voce sostanzialmente ai territori e ai cittadini. Guardate che la questione della programmazione post 2020 è una questione decisiva da questo punto di vista. A maggio avremo, come diceva l’assessore Bianchi, la proposta della Commissione europea, i tempi sono stretti, la politica di coesione va difesa e sostenuta. Credo che noi italiani su questo siamo tutti d’accordo, nel senso che deve interessare tutte le Regioni perché Europa significa solidarietà, condivisione, coesione, ci sono ancora tanti squilibri nella nostra Europa e quindi la politica di coesione… Fra l’altro il 40-50% di questi fondi vanno proprio sulla sfida ambientale. Lo sappiamo e lo vediamo che sia i fondi diretti che i fondi regionali in larga parte si indirizzano proprio su questa sfida che ho brevemente anche riassunto.

    Quindi siccome la politica lavora su tre gambe: idee, soldi e consenso, se noi a un’idea, a un progetto e a un tentativo di creare attorno a quel progetto una condivisione larga togliamo la risorsa economica, tutto si ferma. E qui c’è un problema serio perché gli inglesi se ne vanno, meno 12 miliardi all’anno nel bilancio dell’Europa. Chi li tira fuori quei soldi? Poi abbiamo 10 miliardi di maggiori spese. Prima si diceva: difesa, sicurezza, sfida dell’immigrazione, sono nuove spese. Per quello si dice che la nuova politica di coesione oltre ad essere più semplice e meno burocrazia, questo ce lo ripetiamo sempre, ma bisogna che ci fidiamo di più gli uni degli altri perché la complicazione nasce da una mancanza di fiducia. Siccome non ci si fida si tende a rendere tutto più complicato, poi spendiamo soldi e non andiamo avanti comunque, ci fermiamo. Quindi bisogna che la fiducia rinasca anche in un’ottica di sussidiarietà verticale fra l’Europa, gli Stati nazionali, le Regioni e le comunità locali. Bisogna che ci fidiamo di più gli uni degli altri perché altrimenti tendiamo a complicarci la vita.

    Dire complicazione non significa dire complessità. La complessità è di fronte a noi. Chi vuole semplificare sbaglia, le cose sono complesse, ma le rendiamo complicate noi. Le cose sono complesse, non vanno semplificate, ma le complicazioni sono spesso frutto del nostro lavoro e non vanno bene, per cui dobbiamo evitare queste eccessive complicazioni e ripeto dobbiamo trovare le risorse che ci mancano. Non è il momento, però io credo che l’Europa si debba dotare di risorse proprie. Ora è tutto un sistema di andare e venire, ognuno porta dei soldi in Europa, poi ci sono le contrattazioni che tornano indietro in base alla popolazione, in base al PIL. È un sistema limitato e i soldi si trovano soprattutto in due filoni: uno le tasse da far pagare alle multinazionali della comunicazione come Facebook o Amazon, sono miliardi di euro, multinazionali che producono profitti in Italia, in Europa e non pagano sostanzialmente le tasse per concorrenza sleale, per deficit della legislazione anche europea. Bisogna che andiamo verso un’armonizzazione fiscale, questo è fondamentale per fare anche delle politiche sociali dentro l’Europa. L’altro filone è quello chi inquina paga. Se noi riteniamo che l’ambiente sia da tutelare bisogna praticamente che chi inquina paghi, che si crei un meccanismo per cui si incentivino i comportamenti virtuosi e si disincentivino i comportamenti non virtuosi. Quindi le questioni aperte sono tante, il metodo giusto è quello del confronto, noi siamo sicuramente disponibili a farlo in queste sedi ufficiali ma anche nella quotidianità del nostro lavoro. Per cui tutti i giorni, in qualsiasi momento noi siamo deputati europei, dobbiamo fare gli interessi dell’Europa, i deputati nazionali invece sono a Roma, ma lo dobbiamo fare a partire dall’Emilia, dalla Romagna, dall’Italia da cui proveniamo e portando i problemi reali dei nostri cittadini. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie a lei, onorevole Zoffoli. Passerei ora la parola all’onorevole Schlein per il suo intervento. Prego.

     

    On. Elly SCHLEIN – Parlamentare europeo

    Grazie e buongiorno a tutti. Mi scuso per il ritardo e soprattutto mi scuso se non potrò trattenermi perché ho un aereo per Bruxelles che parte tra non moltissimo, ma ci tenevo anche quest’anno a essere presente e a provare a portare un contributo a questa nostra importante sessione. Anzitutto volevo ringraziare l’assessore Bianchi perché ha una presenza costante e significativa a Bruxelles e questo fa molta differenza soprattutto in giorni in cui si leggono molte polemiche sull’effettiva presenza degli italiani a Bruxelles, sulla capacità o meno di fare sistema. Sicuramente da questo punto di vista altri Paesi sono più bravi di noi a fare sistema. Tuttavia bisogna anche riconoscere che il problema si pone in modo molto più profondo e che ha più a che fare con l’idea che l’Italia ha dell’Unione che non viceversa. Ha più a che fare col fatto che molto spesso, ahimè, sembriamo troppo interessati a portare avanti o a ottenere tornaconti strettamente nazionali – lo diceva bene Damiano adesso in chiusura – quando invece altri Paesi tendono a imprimere una direzione a tutte le politiche dell’Unione, tendono a esercitare una leadership politica sulla direzione che deve prendere l’Unione. Allora su questo sicuramente noi possiamo fare di più come italiani.

    Tuttavia lasciatemi dire che il contributo che a questo dà la nostra Regione per come lavora anche a Bruxelles è assolutamente significativo, anche in relazione con le rappresentanze delle altre Regioni. Questo infatti volevo sottolinearlo, perché proprio ieri mi è capitato di partecipare a una discussione sulle dichiarazioni del presidente del Parlamento europeo. Dunque Monnet diceva che l’Europa si sarebbe fondata sulle crisi e sarebbe stata – guardo l’amico Pier Virginio Dastoli – la risultante dalla somma delle soluzioni trovate rispetto a queste crisi che sono di diversa natura. Se però guardiamo a come stiamo andando avanti, mi ricordo l’anno scorso, in questa stessa sala, stavamo discutendo del momento di crisi dell’Unione, è evidente che la risposta non sia ancora sufficiente rispetto alle sfide che ci troviamo di fronte.

    Molti sono stati i temi con cui l’assessore Bianchi ha aperto. Verissimo sulle politiche di coesione che in questo momento sono sotto attacco e che invece vanno tutelate. Si citava adesso il tema fondamentale del bilancio dell’Unione: noi stiamo per andare a discutere il nuovo quadro finanziario pluriennale e siamo già sul piede di guerra come Parlamento anche perché è necessario alzare questi tetti, è necessario dotare l’Unione delle risorse indispensabili per far fronte alle tante sfide di fronte alle quali poi si esige che l’Unione dia una risposta appropriata. Eppure, facendo una battuta, non si può voler far andare avanti una Ferrari con un motore di una Cinquecento, questo sarebbe impensabile. Il tema delle risorse proprie è da lungo dibattuto ma ancora non ha trovato una sua risposta compiuta. Noi lo riproporremo adesso in questa discussione sul bilancio anche se, vi ricorderete, abbiamo sentito parole importanti nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione da parte di Juncker, abbiamo sentito ad esempio l’intenzione di superare l’unanimità – e questo è un invito al Consiglio ovviamente – su importanti settori su cui è opportuno farlo. Qualche parola la vorrei spendere con voi su un tema a cui ho già accennato l’anno scorso qui e su cui lavoro molto che è quello appunto dell’evasione ed elusione fiscale delle multinazionali di cui già ha parlato anche Damiano. È un tema cruciale, ma ci arrivo con ordine.

    Prima volevo fare riferimento anch’io a quello che ci eravamo detti l’anno scorso. L’anno scorso alcuni di voi già c’erano, alcuni no, quindi lo ricordo, ho provato a fare un’analisi di quali sono le grandi sfide che l’Unione si trova di fronte e le rinomino brevemente: c’è quella climatica, c’è quella della dimensione sociale che ancora manca, c’è quella della dimensione della politica estera e di sicurezza comune, c’è quella migratoria – non sono in ordine di importanza, ovviamente le ritengo tutte importanti e profondamente interconnesse – e c’è quella della giustizia fiscale. Cercherò quindi di darvi qualche notizia su come stanno andando avanti, quali sono stati i passi avanti fatti in quest’ultimo anno su questi temi.

    Partiamo proprio dall’immigrazione. Io mi sono occupata come relatrice del mio gruppo della riforma del Regolamento di Dublino, che come sapete si trova al cuore del sistema d’asilo comune europeo. È il Regolamento che stabilisce per qualunque richiesta d’asilo fatta nel territorio dell’Unione quale Stato membro sia responsabile, un Regolamento che ancora prima era una convenzione sin dagli anni ‘90 e che si basa da veramente oltre vent’anni su un criterio profondamente ipocrita che è il criterio del primo Paese di accesso irregolare. Molto ipocrita anzitutto è parlare di accesso irregolare, quando si parla di persone che hanno un diritto legittimo di chiedere l’asilo e la protezione internazionale nell’Unione europea, un diritto garantito dal diritto internazionale, dalla Convenzione di Ginevra del ‘51, dai Trattati europei e anche dalla nostra Costituzione, con una formulazione particolarmente forte che è quella dell’articolo 10. Di fronte a questo è assurdo parlare di accesso irregolare, quando mancano completamente ancora vie legali e sicure per l’accesso all’Unione per venire a esercitare quello che è un diritto appunto fondamentale. Disinteressarci di come le persone possano venire a esercitare questo loro diritto è un po’ come dire che quel diritto nel territorio dell’Unione europea è inesigibile e questo noi non lo possiamo accettare.

    Allora, dirò appunto cosa siamo riusciti a ottenere sulla riforma di Dublino, ma mettiamolo in un contesto più complessivo. La sfida migratoria è particolarmente complessa e impone soluzioni di breve, di media e di lunga durata. Sulla breve durata vanno assolutamente rafforzate le risposte umanitarie. Ho trovato scandaloso tutto questo dibattito contro le organizzazioni non governative che stavano semplicemente facendo quello che dovrebbero fare le istituzioni europee e cioè una vera operazione di ricerca e soccorso in mare che sia in grado di sostituire davvero quello che ha fatto l’operazione italiana Mare nostrum, non l’operazione Triton e Sophia che sono del tutto insufficienti e che non hanno un mandato pieno umanitario di salvare le vite dal mare. Sul medio termine, appunto, bisognerebbe assolutamente aprire vie legali e sicure per l’accesso e non solo per chi scappa da guerre, discriminazione o dalle torture che stiamo vedendo nelle prigioni libiche, ma anche per chi semplicemente cerca una prospettiva decente per il proprio futuro. Questo perché, non nascondiamocelo, altro motivo di questi flussi verso l’Italia e verso la Grecia è che le politiche migratorie che non sono competenza dell’Unione europea, ma da noi ad esempio hanno una portata tutta italiana che si chiama legge Bossi-Fini, la quale non permette un canale legale di immigrazione. Ecco, queste politiche sono troppo restrittive in tutti gli Stati membri e finché rimarranno ad esserlo, ahimè, per molte persone l’unico modo di venire in questo nostro continente sarà quello di affidarsi a rotte che abbiamo sostanzialmente appaltato in questo modo ai trafficanti di esseri umani e quindi solo come unici punti di ingresso all’Unione l’Italia e la Grecia. Ecco, per superare questo, oltre a modificare le politiche d’asilo a livello europeo, bisogna modificare assolutamente le politiche migratorie in tutti gli Stati membri creando vie legali e sicure per tutti questi Stati membri.

    Sempre sul medio cosa abbiamo fatto? Abbiamo cercato di superare l’ipocrisia di quel criterio originale del primo Paese di accesso che aveva messo tutte le responsabilità sugli Stati ai confini caldi dell’Unione e siamo riusciti in un lungo negoziato di un anno e mezzo e 22 riunioni negoziali a cancellare finalmente dopo vent’anni quel criterio ipocrita e sostituirlo con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento che distribuisca equamente le responsabilità sull’accoglienza tra i 28 Stati membri. Ora, il principio è molto semplice. I Trattati chiedono già solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità sul tema dell’asilo. Noi non stiamo cercando di inventare nulla, stiamo cercando di far attuare quello che è già scritto nei Trattati. Ovviamente ci incontreremo nel negoziato coi Governi, con le grandi resistenze ad esempio dei Paesi Visegrad che non vogliono proprio saperne di ricollocamenti obbligatori.

    Allora cosa abbiamo fatto nel nostro testo approvato a maggioranza particolarmente ampia (390 voti a favore e 175 contrari) due settimane fa nell’Aula? È una riforma che ha trovato il voto favorevole di una maggioranza che sull’immigrazione è rara perché va dalla sinistra, ai socialisti, ai verdi, ai liberali, fino ai popolari, lasciando fuori soltanto i conservatori, l’estrema destra e, per motivi a me inspiegabili ma magari c’è qualche collega che potrebbe contribuire spiegandolo, il Movimento 5 Stelle italiano. Questa è una riforma che è tutta stata scritta nella direzione di diminuire il carico di responsabilità sui Paesi di primo arrivo (l’Italia e la Grecia) perché velocizza le procedure, inserisce una innovativa procedura di ricongiungimento familiare accelerata per evitare di vedere quello che abbiamo visto l’anno scorso a Como con 500 persone che dormivano davanti alla stazione, di cui 300 minori, che cercavano da soli di attraversare la frontiera, non perché non potessero chiedere l’asilo in Italia ma perché non volevano, perché sanno che con l’attuale Regolamento di Dublino potrebbe voler dire stare fino a due anni bloccati in un Paese dove le condizioni di accoglienza non sempre sono all’altezza prima di poter raggiungere la propria madre o la propria zia in un altro Paese d’Europa.

    Noi stiamo purtroppo facendo pagare a queste persone la nostra incapacità di mettere in campo politiche più efficaci. Allora, anche per questo procedure accelerate che facciano valere e valorizzino i legami significativi dei richiedenti con tutti gli Stati membri, sia quelli familiari per cui abbiamo esteso anche la nozione di famiglia che era troppo restrittiva, sia i titoli di studio a cui abbiamo deciso di dare rilevanza: se una persona ha fatto una laurea in Germania ha senso che la sua richiesta d’asilo venga esaminata in Germania dove almeno conoscerà probabilmente la lingua e avrà già una rete per essere più facilmente inserito nella società. Tuttavia, se non ci saranno dei legami significativi che abbiamo estremamente valorizzato in questa riforma, non ci sarà più modo di rimandare in Italia una persona solo per il fatto che sia entrata in Italia, né di tenerla in Italia per la stessa ragione, ma anzi vi sarà un meccanismo automatico e permanente che scatta immediatamente senza bisogno che in un Paese si arrivi a una certa soglia di richieste d’asilo e che quindi sia già sostanzialmente al collasso, ma immediatamente sulla base di un esame individuale o la persona avrà delle legami significativi oppure sarà ricollocata in un altro Stato membro avendo la scelta tra quattro Stati membri.

    Nessuno Stato membro potrebbe sottrarsi a questo meccanismo di ricollocamento, secondo quanto votato dal Parlamento, a pena di conseguenze sui fondi strutturali. Infatti bisogna dire anche questo ai Paesi Visegrad e a chi come loro e dietro di loro si nasconde con la stessa intenzione di non cambiare nulla nelle politiche d’asilo europee. Bisogna dire che non si possono volere solo i benefici di far parte di una grande Unione, ma bisogna condividere anche le responsabilità che ne derivano. Allora, questo è quello che siamo riusciti a fare, ma più complessivamente tutto il pacchetto del sistema europeo comune d’asilo è sotto riforma e il Parlamento europeo è riuscito a trovare una maggioranza su tutti i dossier aperti. Stiamo solo aspettando che il Consiglio dia un segno di vita. Lasciatemelo dire con grande rammarico, è vergognoso che i Governi europei trovino l’accordo solo sugli elementi di esternalizzazione delle nostre frontiere e di spostamento a sud delle nostre frontiere e in un anno e mezzo che hanno avuto questa riforma sul tavolo non siano riusciti a trovare nessun accordo sulla solidarietà interna e la condivisione interna delle responsabilità.

    Tuttavia noi abbiamo un mandato forte e chiaro del Parlamento che spero sarà rinforzato dagli esperti, dalle associazioni, dai territori, anche dalle istituzioni, dalla Commissione, che speriamo si faccia forte di questa proposta perché ultimamente – ha perfettamente ragione chi fa questo appunto – la Commissione non è la stessa che è partita. La Commissione Juncker era partita molto coraggiosa su questi temi e si è progressivamente sdraiata sulle posizioni del Consiglio su questi temi – lo dico con rispetto ovviamente dei rappresentanti qui della Commissione –, ma io ho parlato con il commissario Avramopoulos che era contentissimo di questo forte segnale del Parlamento perché rafforza anche la Commissione in un non facile dialogo con i Governi. Quindi cerchiamo di fare asse contro gli egoismi nazionali che prevalgono al Consiglio. Questo per quanto riguarda l’immigrazione.

    Sull’altro tema climatico veramente sarò rapidissima perché ne ha già parlato Damiano.

    Il pacchetto sull’economia circolare è molto ambizioso, portiamolo avanti. È chiaro che con un negazionista alla Casa Bianca o esercitiamo noi una leadership europea su questi temi o rischieremo di vedere passi indietro. Lo stesso si può dire sulla grande ambiziosa agenda per lo sviluppo sostenibile al 2030 di cui pure sono stata relatrice per il mio Gruppo, approvata nel 2015 all’Assemblea generale dell’ONU. Quegli obiettivi sono straordinariamente alti, servono risorse, perché non rimangano sulla carta e su questo c’è una tendenza pericolosa a ridurre le risorse che vanno nella cooperazione allo sviluppo, ma anche per implementare questi importanti obiettivi a livello nazionale visto che sono universali e obbligano tutti.

    Sulla giustizia fiscale due parole. Sono nella Commissione d’inchiesta sui Panama Papers e sono stata relatrice del Parlamento sul tema dell’evasione e dell’elusione fiscale nei Paesi in via di sviluppo, però gli strumenti sono gli stessi anche a livello europeo quelli su cui stiamo insistendo e siamo riusciti ad ottenere in questa legislatura passi avanti straordinari. Abbiamo ottenuto, nell’ambito della quarta direttiva antiriciclaggio, registri che siano accessibili a tutte le autorità fiscale degli Stati membri in cui sia obbligatorio avere piena trasparenza sui beneficiari finali delle aziende dei trust. Lo sappiamo che purtroppo per avere i paradisi fiscali non bisogna neanche più cercare le palme, ce le abbiamo in casa nostra. Guardate, non è solo il tema dell’Irlanda, del Lussemburgo o di Malta su cui si accendono spesso i riflettori. Tutti gli Stati membri, nessuno escluso, hanno la tendenza a sviluppare politiche fiscali aggressive, nell’erronea convinzione che in una competizione fiscale sfrenata tra Stati membri della stessa Unione uno sia più furbo dell’altro, quando invece così ci stiamo fregando risorse a vicenda, perché se è vero che l’Irlanda garantisce a una multinazionale un’aliquota dello 0,005% i soldi che sottrae e i 13 miliardi che molto opportunamente la Commissione europea ha finalmente chiesto di recuperare all’Irlanda (anche se l’Irlanda ovviamente in modo del tutto schizofrenico si oppone) sono 13 miliardi sottratti anche agli altri Paesi partner europei. Questo è inaccettabile in un’Unione che sia sostenibile per il futuro delle prossime generazioni. Quindi su questo piena trasparenza, scambio automatico di informazioni su cui abbiamo fatto molti passi avanti e sono felice di comunicarvi che il Parlamento quest’anno ha approvato una fortissima posizione su un altro strumento fondamentale di contrasto all’evasione e elusione fiscale: la rendicontazione pubblica Stato per Stato su cui già ci eravamo confrontati – vedo la collega Silvia Prodi – l’anno scorso proprio in questa sede. È uno strumento che obbliga tutte le multinazionali sopra un certo fatturato a dichiarare quanti profitti fanno e quante tasse pagano in tutti gli Stati dove lavorano. Ecco, questo sarebbe uno strumento di trasparenza già sufficiente a scardinare molti degli articolati schemi elusivi che riescono a mettere in atto sotto il nostro naso, nella nostra Unione europea, ma anche fuori. Quindi su questo abbiamo adottato una posizione molto ambiziosa.

    Arrivo brevemente a concludere sulle politiche estere e sicurezza comune. Non mi dilungo, è evidente che anche lì l’unione fa la forza per davvero e bisogna assolutamente superare questa conflittualità tra i 28 interessi nazionali che ci rendono sostanzialmente irrilevanti sul quadro geopolitico globale. Sono altre le grandi potenze che stanno facendo la differenza sul quadro, anche quello siriano che è particolarmente… Noi se vogliamo portare anche un messaggio di pace lo possiamo fare se riusciamo ad avere finalmente una voce sola e forte sul tema della politica estera e di sicurezza comune.

    Sulla dimensione sociale dell’Unione manca incredibilmente, si è volutamente lasciata fuori dai Trattati, mentre io credo sia indispensabile anche per riavvicinare i cittadini all’Unione e far capire loro perché è indispensabile dare delle risposte molto concrete sul tema della lotta alla povertà e alle disuguaglianze sempre crescenti nell’Unione europea, con strumenti molto precisi del tipo di quelli che si stanno immaginando anche in questa Regione, ma anche a livello nazionale.

    Concludo: c’è un tema che però li racchiude tutti questi che vi ho brevemente citato ed è quello della governance europea. L’assetto di governo si è dimostrato largamente insufficiente. Ricordiamo che le risposte alla crisi, anche queste insufficienti, sono però state sviluppate sostanzialmente in un quadro intergovernativo che ha tagliato fuori profondamente il Parlamento europeo e il suo ruolo. Credo che proprio da questa Assemblea legislativa possiamo avere solidarietà in questa battaglia che stiamo cercando di fare, per evitare e respingere questa tendenza a mettere sempre di più il Parlamento a margine per quanto riguarda la decisione sulla governance politica economica dell’euro che va profondamente rivista. Su questo credo che molti siamo d’accordo e non c’è bisogno di farci dare lezioni da nessun euroscettico. Anzi, agli euroscettici chiediamo quale risposta potrebbero dare al tema dell’Irlanda fuori da un forte quadro europeo di regole comuni che devono essere valide per tutti. Non c’è purtroppo soluzione. Concludo davvero, sappiamo che abbiamo fatto dei rapporti che tracciano questa direzione (il rapporto Bresso-Brok, il rapporto Verhofstadt), addirittura verso una modifica dei Trattati che sarà indispensabile per agire su alcuni di questi nodi. Sarà indispensabile e lo dico da convinta federalista europea. Non basteranno le soluzioni politiche che pure potremmo adottare domattina su cui manca solo la volontà politica e la capacità di visione comune dei 28. Servirà anche rivedere in alcuni punti fondamentali i Trattati europei e a questa sfida noi siamo pronti.

    L’ultima nota un po’ più politica se mi permettete è che c’è una retorica pericolosa nei corridoi di Bruxelles che l’anno scorso non c’era ed è quella del pericolo scampato. Infatti, se è vero che siamo tutti preoccupati dall’avanzata dei populismi delle estreme destre – tutti tranne le estreme destre stesse ovviamente, però siamo in tanti ad essere preoccupati da questa avanzata e dal rischio di disgregazione dell’Unione –, questa retorica del pericolo scampato è da evitare perché io segnalerei che non ci deve far solo paura il numero di voti che le forze di estrema destra o euroscettiche prendono nelle contese elettorali europee, ma ci deve preoccupare in che modo stanno riuscendo a spostare in quella direzione il dibattito e anche il posizionamento politico di alcuni partiti che poi restano al governo e formano i governi. Questo è particolarmente evidente nel caso olandese, dove abbiamo tutti gioito del fatto che Wilders rimanesse basso nell’esito elettorale, ma non dimentichiamo i toni euroscettici che ha assunto anche quel Governo durante la campagna elettorale e un po’ anche dopo, per non parlare dell’Austria, di quello che è appena successo nelle elezioni austriache. Quindi direi di tenere alta invece la guardia, siamo critici verso quello che ancora manca a questo impianto straordinario per poter funzionare al meglio. Servono partiti più europei, servono corpi intermedi più europei, serve una stampa più europea, un’opinione pubblica più europea. Se non riusciremo ad accettare questa sfida è evidente che rimarremo un passo indietro rispetto alle tante soluzioni che dobbiamo dare ai nostri cittadini.

    Guardate, il filo che ci lega tra il vostro lavoro in questa Assemblea e quello nell’Europarlamento è strettissimo, sono le stesse difficoltà quotidiane che noi affrontiamo tutti i giorni anche se per noi forse è più difficile comunicarlo e per quello il rapporto con voi e con il territorio è fondamentale e va curato. Vi ringrazio dell’attenzione e rimango a disposizione non solo per i prossimi appuntamenti, ma cerchiamo di vederci e di sentirci anche durante l’anno proprio per rafforzare questo filo conduttore che ci tiene uniti nelle sfide che affrontiamo tutti i giorni sia in questa sede che a Bruxelles. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie. Ringrazio innanzitutto i due eurodeputati che si sono prestati a intervenire in questo inizio di Sessione europea. Ovviamente se voi avete impegni noi proseguiamo poi in quella che è l’udienza conoscitiva, quindi ascolteremo anche gli stakeholder. Prima di passare la parola alla dottoressa Beatrice Covassi, non so se l’assessore Bianchi su questi interventi voglia a sua volta intervenire… no, proseguiamo poi faremo la scaletta di interventi, per il momento sono due interventi, se qualcuno si vuole iscrivere lo segnali. Prego dott.ssa Covassi, rappresentante in Italia della Commissione europea.

     

    Dott.ssa Beatrice COVASSI – Capo Rappresentanza in Italia della Commissione europea

    Buongiorno a tutti, anzi buon pomeriggio a tutti. Grazie di questo invito, a quella che per me almeno è una prima volta. Non so se fosse una prassi costante dei miei predecessori, ma ho trovato molto stimolante questo invito a partecipare ai vostri lavori e soprattutto a cogliere questo spunto che dall’Emilia-Romagna viene come Regione pilota un po’ precursore di una politica più proattiva in fase ascendente e discendente. Non so quante altre Regioni lo facciano in Italia, ma di sicuro anche nel quadro della prospettiva che era stata delineata dall’assessore Bianchi e da altri che sono intervenuti prima di me di un maggiore regionalismo e di un maggiore legame tra cittadinanza e i territori, quindi il livello di governo più vicino ai cittadini, è una prospettiva molto interessante, secondo me va sviluppata e possibilmente portata a Bruxelles come esempio pilota. L’altra sera ero con il ministro francese della coesione territoriale Mézard e chiaramente l’esperienza francese non è minimamente paragonabile alla nostra, perché le regioni francesi non hanno la stessa autonomia e la stessa capacità di intervenire così precisamente sui processi legislativi e anche di input alle decisioni comunitarie. Quindi grazie per questa occasione, grazie per l’audizione sul programma di lavoro della Commissione, quindi su qualcosa che è molto concreto.

    Come è stato ricordato, di sicuro questo programma di lavoro non è business as usual. Vorrei sottolineare il fatto che comunque se già con questa Commissione Juncker l’ambizione è stata ogni anno di dare un programma di lavoro che avesse anche un contenuto politico, che non fosse soltanto un numero di x direttive o di x proposte legislative, ma che avesse anche un contenuto tematico, capirete, se leggete il titolo di quest’anno, che è un programma per un Unione più unita, più forte, più democratica. Questo è un programma un po’ singolare perché questi tre elementi non si trovano nel programma dei lavori 2018, ma si trovano nel discorso stato dell’Unione del presidente Juncker nella parte in cui guarda alla strada verso Sibiu, quindi all’agenda post 2019, alla nuova Unione europea a 27 e quindi a quello che è un po’ il suo sogno, il suo lascito politico. Non solo è particolare per questo motivo, ma perché il tempo – e questo devo dire l’assessore Bianchi lo ha sottolineato molto giustamente – come dicono gli inglesi time is of the essence, quindi la tempistica quest’anno è pazzesca, siamo in tempi molto stretti e dobbiamo quindi in gran parte non solo proporre, c’è una parte del programma di lavoro che propone quello che resta da proporre da parte della Commissione per completare per esempio il mercato unico digitale, per completare l’unione dell’energia per completare anche l’agenda o meglio mettere in atto alcuni tasselli, com’è stato ricordato, dell’agenda immigrazione.

    Abbiamo proposto tanto come Commissione europea, e a volte noi stessi ci sbagliamo, diciamo: “la Commissione oggi ha proposto un pacchetto su questo e su quest’altro” - anch’io quando l’annuncio qui in Italia -, ma proporre è appunto una proposta. Quest’anno l’accento è sul co-legislatore, quindi sul Parlamento europeo e sul Consiglio, devo dire soprattutto sul Consiglio, perché il Parlamento europeo notoriamente è in tutte le nostre proposte più visionario, un alleato storico della Commissione, il Consiglio no. Quindi quest’anno l’accento è spingere il co-legislatore poi a rendere queste proposte realtà. Infatti se non viene fatto entro il prossimo anno, chiaramente si riinizia daccapo e se la prossima Commissione prenderà una scelta di discontinuità legislativa, come ha fatto questa, rischiamo veramente di riiniziare daccapo su una serie di dossier molto importanti. Quindi questo va sempre tenuto presente, non è di sicuro, anche se potrei dirvi che la Commissione ha già presentato l’80% delle proposte che si era prefissa, però ripeto in realtà in alcuni campi questo vuol dire che soltanto pochissime, come per esempio il mercato unico digitale, sono state poi seguite dal co-legislatore e quindi son diventate norma, son diventate realtà.

    Quindi anno e momento storico molto speciale in cui abbiamo detto l’Europa è a un bivio. I temi sono stati quasi tutti toccati, mi limito a ripetere che chiaramente continueremo a sottolineare alcuni dati, continueremo a spingere sulla ripresa. Come sapete, c’è una ripresa che alcuni definiscono “ripresina”: è una crescita del 2,2% nell’Eurozona con una media del 2% in tutti gli Stati membri, con un tasso di disoccupazione al 9% che è uno dei più bassi in realtà degli ultimi anni. Chiaramente sono segnali positivi e incoraggianti ma che non bastano. Quindi continueremo a spingere con il piano degli investimenti e stamattina c’è stata qui una grossa riunione a cui non ho potuto purtroppo partecipare sul piano Juncker in cui c’erano dei membri del mio team chiaramente. Stiamo andando in giro un po’ in tutta Italia per sottolineare l’opportunità, continueremo a spingere sulla politica industriale per l’Europa dove abbiamo già presentato chiaramente l’industria 4.0 e su quello che è il grosso pacchetto del prossimo anno, l’economia circolare. Stamani a Firenze ero con Simona Bonafè ed effettivamente abbiamo deciso insieme di avere il prossimo anno un grosso evento sull’economia circolare, proprio a sottolineare l’importanza di questo pacchetto. La Commissione in particolare guarderà alle materie plastiche, a come verranno riciclate e a come gestire e riutilizzare l’acqua potabile. Quindi ancora una volta si tratta di tasselli su qualcosa di molto importante che deve essere completato.

    È stato citato il digitale dove, come dicevo, abbiamo fatto ben 24 proposte, di cui soltanto 6 sono state adottate dai co-legislatori. Quindi qui c’è un deficit di adozione importante su cui vorrei veramente attirare la vostra attenzione, perché il digitale è una chiave positiva di sviluppo nel Paese ed è una chiave anche, se vogliamo, di sviluppo rapido in certi settori dove effettivamente si può arrivare prima col digitale (pensiamo all’economia dei dati, a quello che si può fare dall’agricoltura alla medicina di precisione personalizzata con l’intelligenza artificiale, con l’economia dei dati chiaramente si possono fare balzi incredibili e bypassare tutta una serie di fasi di sviluppo con le proposte giuste) e su questo noi ci concentreremo soprattutto il prossimo anno sul codice europeo delle comunicazioni elettroniche, anche sulla riforma del diritto d’autore e sulla direttiva sul contenuto digitale che è molto importante.

    Unione dell’energia, altro grande capitolo in cui abbiamo già presentato il pacchetto l’anno scorso sull’energia pulita, come sapete, a dicembre. Tuttavia cercheremo ancora di più di spingere sul legame con il cambiamento climatico e questo è un dato che mi ha molto colpito al G7, è stato messo in luce anche in precedenza, effettivamente ci troviamo in un momento in cui inizia a essere ben chiaro il collegamento tra cambiamenti climatici, impatto sulla salute umana e in particolare le aree urbane. Il fatto che per il 2050 ci sarà il 70% della popolazione mondiale che vivrà in centri urbani e che l’inquinamento urbano è oggi la principale causa di morte, una cosa che mi ha sconvolta apprendere, per via appunto di tutte le polveri sottili e di tanti altri fattori. Per cui c’è un legame molto chiaro tra energie pulite, inquinamento, cambiamenti climatici e chiaramente anche migrazioni perché ci saranno anche delle nuove categorie di migranti (i migranti climatici li potremmo chiamare) che saranno le centinaia di milioni di persone che si prevede saranno obbligati a spostarsi dalle loro terre a causa delle inondazioni, dei terremoti, di questi fenomeni sempre più frequenti, l’innalzamento dei mari e via dicendo. Quindi su questo fronte di sicuro c’è un grosso lavoro da fare e di sicuro vorrei aggiungere che penso che prima o poi anche gli Stati Uniti non potranno, almeno a livello di Governo, continuare a negare l’esistenza che ci sia un cambiamento climatico in atto e un impatto importante.

    Sulla migrazione, come ricordava molto bene l’onorevole Schlein, abbiamo iniziato a “mettere le pezze”, come dico a volte in modo molto colloquiale, su quello che non era un problema nostro, fra virgolette, nel senso che comunque non era competenza comunitaria e che ci ha veramente coinvolti con una forza senza precedenti, quindi un fenomeno nuovo, un fenomeno molto “di pancia” e come sapete per il mio ufficio in particolare, per la rappresentanza in Italia della Commissione europea, la migrazione è veramente una delle preoccupazioni al top, perché è uno di quei temi su cui si gioca nel bene e nel male tanta opinione pubblica italiana riguardo all’Europa (l’Europa incapace, cosa fa l’Europa, siamo invasi, non c’è solidarietà e via dicendo). Quindi Dublino è stato ricordato e ci auguriamo veramente che possa andare in porto. Abbiamo, vorrei ricordare oltre alla riforma di Dublino che è la priorità numero uno per il prossimo anno, entro l’estate, il piano di investimenti esterni e quindi il piano esterno per l’Africa, in particolare, di investimenti che segue la stessa logica del piano Juncker, quindi segue una logica non più assistenzialistica ma una logica che esce e che mira a creare economia e sviluppo laddove il pubblico e il privato insieme generano investimenti.

    Infine sottolineare, come è stato già ricordato, l’elemento di novità dell’ultimo pacchetto che abbiamo adottato di recente sulla migrazione che è l’esigenza ormai long overdue di vie legali alla migrazione. È un tema che è rimasto, perché era politicamente anche non appetibile come tema per molto tempo, è un tema che è rimasto nell’angolo per un bel po’ e finalmente timidamente però ha iniziato ad emergere anche nei lavori della Commissione e come ricorderete nell’ultimo pacchetto che abbiamo presentato quest’anno si parla di reinsediamento, quindi abbiamo tutto uno schema maggiore per il reinsediamento con 500.000 rifugiati che prevediamo nello schema e di progetti pilota negli Stati membri per le vie legali di migrazione. Quindi supporteremo questi progetti sperimentali che dovrebbero far passare comunque il concetto che di migranti abbiamo bisogno e che comunque, se non abbiamo delle vie legali per far entrare le persone in Europa, avremo sempre delle crisi e andremo avanti con una logica emergenziale. Quindi su tutto il pacchetto migrazione direi che di nuovo l’accento 2018 è avere risultati. Non è tanto nuove iniziative legislative, non è tanto nuove azioni ma avere risultati sull’agenda europea della migrazione, metterla in atto. Questo è molto importante.

    Un ultimo punto sul 2018 che vorrei ricordare è il cambiamento democratico - anche domani farò un mini dialogo con gli studenti -, in particolare abbiamo realizzato più di 300 dialoghi con i cittadini in questa Commissione, quindi abbiamo cercato di mettere l’acceleratore sulla dimensione cittadino e abbiamo lanciato il corpo europeo di solidarietà. Io ero Norcia con il primo gruppo di giovani che sono andati lì ad aiutare la ricostruzione post-terremoto e quindi cercheremo di mettere delle basi più forti, giuridiche su questo corpo europeo di solidarietà che unisce i giovani e la solidarietà come due elementi chiave per qualunque unione del futuro.

    Il quadro finanziario post 2020 è stato evocato. Chiaramente difesa, sicurezza, migrazione sono le sfide per cui abbiamo bisogno di risorse, faremo delle proposte sulle risorse proprie evidentemente perché senza risorse non si va da nessuna parte. Ma è anche importante riflettere per quanto riguarda la politica di coesione su due aspetti, di cui uno è stato menzionato e sarebbe la semplificazione. Sulla semplificazione sono ottimista per quanto riguarda la volontà politica, un po’ meno ottimista sui tempi, perché i tempi della semplificazione sono paradossalmente complessi. Vale a dire trovare dei modi coerenti per semplificare tutto l’insieme dei fondi e anche per mettere insieme l’addizionalità dei fondi strutturali con i fondi, per esempio con il piano europeo degli investimenti, essendo materia molto complessa potrebbe richiedere più tempo rispetto alla presente legislatura. Mi sembra però che la volontà politica ci sia e sia ben chiara.

    La seconda cosa che vorrei mettere in luce e sottolineare per quanto riguarda la politica di coesione è la condizionalità. Alcuni tipi di condizionalità sono stati evocati. Un altro esempio che vorrei fare è sul nuovo meccanismo di protezione civile europea, il RescUE, che si può anche leggere rescue, che è stato appena presentato e che per esempio sottopone e condiziona i fondi della protezione civile europea a tutta una serie di punti, di programmi che gli Stati membri devono mettere in atto. Quindi non soltanto l’analisi dei rischi, per esempio, ma anche la proposta delle misure che intendono attuare per prevenire questi rischi derivanti dai terremoti, dalle inondazioni, eccetera. Quindi il principio di condizionalità è un principio importante su cui ci sarà ancora un grosso dibattito, chiaramente è molto politico, non occorre che lo sottolinei ed è un principio però importante perché con la condizionalità finalmente avremo un legame tra solidarietà effettiva europea e accesso ai fondi, quindi non sarà più soltanto l’idea di andare a prendere un po’ di soldi di qua e di là, ma ci sarà effettivamente una visione più coerente e più unita.

    Permettetemi, prima di concludere, di venire alla seconda parte, la parte della tabella di marcia di Sibiu, e questa è la seconda parte del programma di lavoro della Commissione 2018, che è quella che guarda all’Unione dopo la Brexit, quindi all’Unione a 27 e a questi elementi che sono stati tracciati dal discorso del presidente Juncker per un’Unione più unita, più forte e più democratica. Più unita soprattutto vuole dire che ci siano più Stati che entrano in Schengen, che entrano nell’euro, quindi che questi strumenti non sono e non restano un club esclusivo, ma sono aperti a tutti. Vuol dire anche l’approfondimento dell’Unione bancaria e vuol dire anche il pilastro sociale che è stato annunciato a Göteborg ma che deve diventare realtà, deve essere incarnato nei fatti. Un’Unione più forte vuol dire, come è stato già evocato, decidere più spesso a maggioranza qualificata, quindi vuol dire trovare tutte quelle clausole passerella che ci sono già nel Trattato di Lisbona per attuarle e quindi portare il Trattato di Lisbona al suo compimento più profondo.

    Vuol dire anche riflettere su un ministro europeo dell’economia e delle finanze (e questa è una proposta che è stata fatta e che porteremo avanti), su un’unica intelligence europea e sull’Unione della difesa: anche lì abbiamo iniziato da un fondo difesa, come sapete quindi è una cosa molto concreta, ricerca e capacità con due volée, adesso andiamo avanti per vedere come questa Unione europea della difesa si possa effettivamente concretizzare in futuro.

    Più democratica, quindi con un occhio ai finanziamenti dei partiti europei, perché è stato detto chiaramente anche lì che la democrazia dà diritto di parola a tutti, però al tempo stesso dobbiamo stare attenti a chi finanziamo, quindi non possiamo finanziare chi ha come unico scopo quello di minare il progetto europeo. Con le liste transnazionali che non sappiamo ancora se si realizzeranno per queste elezioni europee ma probabilmente per le prossime, liste che sono state evocate come sapete anche da Macron, ma che non hanno ancora trovato una configurazione dal punto di vista della Commissione (quindi legislativo e di proposta) concreta. Abbiamo un nuovo codice dei commissari che per la prima volta potranno partecipare alle elezioni europee, quindi da politici e non dovranno dimettersi per poter partecipare alle elezioni europee del 2019 e abbiamo questa proposta forte, forse di tutte la più difficile di realizzazione o forse la più visionaria, di avere un presidente unico della Commissione e del Consiglio. Infatti manca un numero da chiamare per l’Europa e manca sempre questo famoso telefono o filo rosso con l’Europa e quindi nella visione dell’Unione nel 2025 vediamo un referente o un Parlamento ma poi un presidente unico per Commissione e Consiglio. Chiaramente questo vorrebbe dire superare completamente questa fase intergovernativa che è stata evocata più volte e che non ci permette di andare al di là di questa continua serie di summit che non sempre risolve.

    Vorrei citare anche la task force del vicepresidente Timmermans, perché questa è di diretto rilievo per l’Assemblea regionale per quello che riguarda la sussidiarietà, quindi non solo la semplificazione per la quale peraltro è stata fatta veramente un’azione molto importante perché avete tutti presente il programma REFIT, quindi tutta l’analisi che è stata fatta in questi anni della legislazione ormai inadatta, desueta, il numero di proposte legislative che abbiamo ritirato perché non andavano da nessuna parte, per cui invece di un proliferare di proposte legislative c’è stata una razionalizzazione legislativa importantissima con questa Commissione e infine il fatto che ogni anno non abbiamo mai proposto – quest’anno ne proponiamo 26 in questo programma di lavoro di cui 9, ripeto, sono per l’Europa post 2019, quindi sono iniziative che vanno al di là – in media più di 23-24 proposte legislative l’anno. Quindi c’è stato un grosso sforzo di semplificazione anche da questo punto di vista. Al tempo stesso Timmermans guarderà in particolare alla complementarietà, alla sussidiarietà e quindi a tutto quello che è il rapporto Commissione-Stati membri, ma quindi anche Stato membro e regionalismo per quelle che sono le materie di competenza esclusiva piuttosto che di competenza concorrente.

    Mi fermo qui, cito il presidente per una cosa – non lo cito quasi mai ma questa citazione mi sembra bella –, ossia per sottolineare di nuovo il fatto che il 2018 è un anno decisivo. Il presidente ha detto che l’Europa non sarà valutata sulla base del numero di direttive e di Regolamenti adottati, ma dai risultati tangibili che le nostre politiche avranno per i cittadini. Quindi di nuovo è un dato di realpolitik se volete, è un dato di pragmatismo, ma penso che quello che possa emergere come veramente stimolo importante da questa audizione e dai lavori della vostra Assemblea e della vostra Sessione comunitaria sia proprio quella di dare degli input concreti, tangibili e il più possibile vicini ai territori per far sì che tutto il lavoro dell’Unione diventi poi qualcosa di molto visibile e di molto percepibile da ogni cittadino. Vi ringrazio.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie, lavoreremo per questo. Finiamo con la serie di interventi dell’audizione: Dastoli, presidente del Movimento europeo. Prego, si accomodi.

     

    Dott. Pier Virginio DASTOLI – Presidente Consiglio italiano Movimento europeo

    Grazie dell’invito. Io presiedo il Movimento europeo, che è un’organizzazione di organizzazioni cui aderiscono partiti, sindacati, giovani, movimento federalista, imprese sociali e altre organizzazioni e che è anche strutturato, visto che siamo in una sede della Regione Emilia-Romagna, in comitati regionali fra i quali esiste anche un comitato regionale della Regione Emilia-Romagna. È la seconda audizione a cui partecipiamo. La prima è avvenuta qualche settimana fa con la Regione Lazio, speriamo che ce ne siano altre 18 nelle altre Regioni italiane. Non sono perfettamente convinto che questo avverrà in tutte le Regioni, ma credo che questo esempio debba essere seguito da tutte le Regioni, non soltanto dal punto di vista dell’interesse di chi vi parla, ma anche dal punto di vista delle Regioni, per acquisire degli elementi utili non soltanto di informazione e proposte ma anche per rafforzare la vostra iniziativa nei confronti delle istituzioni nazionali e anche delle istituzioni europee.

    Vorrei concentrare il mio intervento su due o tre cose. La prima, siccome è stato posto il problema anche attraverso una serie di interventi dialettici di questi giorni, sulla presenza dell’Italia in Europa (avete letto l’intervista del presidente Tajani e la replica del sottosegretario Gozi); credo che su questa questione del sistema Italia valga la pena forse di mettere sul tavolo una riflessione ulteriore, perché il sistema Italia può funzionare a condizione che il sistema Italia si organizzi anche in Italia, non soltanto a livello europeo. Su questo punto ci sono ancora molte cose da fare.

    Per esempio per darvi soltanto un’indicazione, come voi sapete esiste la legge comunitaria che ha assunto vari nomi (l’ultima si chiama legge Moavero, la prima era la legge La Pergola) ed esiste, attraverso questa legge, un organo che si chiama CIAE. Quest’organo prevede una serie di consultazioni, però da questo punto di vista credo che noi come società civile e voi anche come Regioni siamo un po’ come “parenti poveri” del CIAE, nel senso che il CIAE dovrebbe effettivamente aprire molto di più a un dialogo con le organizzazioni sul territorio. Questo dialogo con la società civile è sostanzialmente inesistente, non c’è nessuna norma della legge comunitaria che preveda questo dialogo e anche dal punto di vista del dialogo con le Regioni credo che si potrebbe fare molto di più. Noi come Movimento europeo naturalmente, essendo alla scadenza della legislatura, riteniamo che sia difficile anzi impossibile modificare la legge durante questa legislatura. Ci predisponiamo però già a sottoporre alla prossima legislatura italiana una proposta di modifica della legge comunitaria, sapendo che questo che noi chiediamo non è soltanto una petizione di principio, ma c’è un articolo 11 del Trattato che prevede il dialogo strutturato con i cittadini e con le organizzazioni rappresentative della società civile che non riguarda soltanto il dialogo che la Commissione fa meritoriamente con gli stakeholders, ma che riguarda il dialogo che anche le istituzioni nazionali e istituzioni regionali debbono fare. L’articolo 11 è un obbligo per tutte le istituzioni a tutti i livelli (a livello europeo, a livello nazionale e anche a livello regionale). Il fatto che il dialogo strutturato con la società civile non sia previsto nella legge comunitaria è una violazione dell’articolo 11 e quindi noi chiederemo che la legge comunitaria italiana si adegui e rispetti l’articolo 11 del Trattato di Lisbona. Questo è il primo punto sul quale credo che valga la pena attirare la vostra attenzione.

    Il secondo punto è che leggendo il testo della Commissione europea sulle priorità del 2018 ci si rende conto di due o tre punti sui quali noi vorremmo attirare la vostra attenzione.

    Il primo è che – lo è stato detto anche dagli onorevoli Schlein e Zoffoli – evidentemente il sistema comunitario non funziona. Il fatto che la Commissione abbia proposto molte proposte legislative e che una buona parte di queste proposte sia ancora nei cassetti molto ampi del Consiglio e del Parlamento, ma soprattutto del Consiglio, vuol dire che il sistema non funziona. Di mercato digitale e di agenda digitale se ne parla da anni. In ogni Consiglio europeo si dice: “il prossimo anno dobbiamo realizzare l’agenda digitale” e poi si aspetta l’anno successivo e si dice la stessa cosa. Non è certamente colpa della Commissione, anzi la Commissione le proposte le ha fatte, ma resta il fatto che molte proposte legislative non sono giunte a termine, non sono state adottate e restano a livello di proposte. Questo vuol dire che il sistema deve essere cambiato. Oltre ai cinque scenari del libro bianco della Commissione più il sesto che è stato annunciato da Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione, c’è in qualche modo un settimo scenario che è quello secondo il quale l’Europa debba essere cambiata attraverso una modifica dei Trattati, come ha ricordato anche l’onorevole Schlein.

    Altro elemento è quello della coerenza dei vari aspetti del programma, perché qualche volta si ha l’impressione che questi elementi del programma siano un po’ delle monadi o delle cose molto separate. Per esempio si parla dell’ambiente, poi si parla dello sviluppo sostenibile e poi si parla della politica industriale come se fossero delle cose separate. Il rilancio della politica industriale a livello di Unione europea deve essere strettamente legato per esempio al raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Ne parlavamo prima con l’assessore Bianchi per quanto riguarda l’economia circolare. Non a caso si chiama economia circolare, perché è un pezzo importante dell’economia, quindi se vogliamo sviluppare l’economia, l’economia circolare è uno degli strumenti attraverso i quali effettivamente l’economia può essere rilanciata. Da questo punto di vista nel testo di proprietà della Commissione europea questi aspetti devono essere visti come un insieme. Qualche volta si ha un po’ l’impressione che la coerenza non sia esattamente prevista dal programma.

    Cito un altro esempio. Si è parlato dell’industria 4.0. Se voi leggete il testo del pilastro sociale adottato a Göteborg, come sapete si tratta però di una bella dichiarazione di principio nel senso che molti avevano chiesto, a cominciare dai sindacati e anche dal Movimento europeo, che il pilastro dovesse essere giuridicamente vincolante, invece per ora vincola politicamente e adesso la Commissione dovrà – ne sono convinto – adattare e aggiornare le priorità del 2018, inserendo anche la road map per quanto riguarda la messa in opera del pilastro sociale di Göteborg. Nel pilastro sociale di Göteborg, se voi lo esaminate attentamente, non c’è nessun riferimento al rapporto fra la necessità di una formazione dei lavoratori o di chi entra sul mercato del lavoro o anche purtroppo di quelli che escono e le conseguenze dell’industria 4.0 e della robotizzazione. Non c’è nessun riferimento nel pilastro sociale alle conseguenze dell’industria 4.0 dal punto di vista del mercato del lavoro, né dal punto di vista della formazione dei lavoratori, né dal punto di vista di un’altra questione che a nostro avviso è molto importante, perché riguarda gli interessi e i diritti dei lavoratori che l’industria 4.0 rimette sul tavolo, il problema della democrazia economica. Quindi, per esempio, il tema che c’è in Germania della Mitbestimmung, per esempio, cioè della cogestione dei lavoratori nelle imprese o altri strumenti che possono essere anche diversi dalla Mitbestimmung, ma che riguardano la capacità dei lavoratori di incidere sulle decisioni delle imprese per quanto riguarda gli effetti dell’industria 4.0. Questi due aspetti per esempio nel pilastro sociale di Göteborg come altri aspetti non ci sono e quindi nella road map che dovrà fare la Commissione bisognerà prendere atto anche di questo e fare delle proposte in questo senso.

    L’ultimo elemento – ce ne sarebbero tanti da mettere sul tavolo dal punto di vista delle proposte della Commissione europea – è quello del dialogo strutturato con la società civile. Noi preferiamo utilizzare l’espressione dialogo strutturato, né dialogo, né convenzioni come quelle lanciate da Macron. La parola convenzione ci riporta qualche volta a dei ricordi non particolarmente entusiasmanti. La convenzione di Giscard si è conclusa con un risultato molto modesto sia dal punto di vista del testo sia pure dal punto di vista di come è andata la storia della costruzione europea. I dialoghi non possono essere soltanto dei luoghi nei quali i cittadini pongono delle domande, quindi è per questa ragione che noi come Movimento europeo stiamo lavorando sull’ipotesi di organizzare in Italia e anche in altri Paesi – abbiamo fatto il nostro congresso europeo a Bruxelles questo weekend dei dialoghi strutturati in cui i cittadini usino quella bella parola inglese che vuol dire empower, cioè che prendono su di sé il futuro del loro destino in qualche modo e quindi noi vorremmo organizzare la proposta che per esempio noi come Movimento europeo abbiamo sottoposto all’Assemblea nazionale francese. Siamo stati ascoltati in un hearing dall’Assemblea nazionale francese.

    Noi non riteniamo che la strada da seguire sia quella delle convenzioni nazionali, perché il rischio è di nazionalizzare il dibattito. La proposta che abbiamo fatto è di organizzare dei dialoghi strutturati a livello transnazionale e anche locale e quindi vorremmo per esempio che si organizzassero degli ideali strutturati anche a livello delle Regioni italiane. Eventualmente – questa è la proposta che vorremmo fare alla Regione Emilia-Romagna – associando Regioni di altri Paesi, in modo tale che il dibattito sia effettivamente con Regioni che abbiano gli stessi interessi. Quindi che la Regione Emilia-Romagna che ha buoni rapporti con altre Regioni di altri Paesi organizzi – noi ci offriamo come Movimento europeo a farlo con voi – dei dialoghi strutturati con i cittadini e con le organizzazioni della società civile da cui possano emergere delle proposte che possano effettivamente essere utili già nel 2018, ma in vista anche delle elezioni europee del 2019. Tuttavia qui ho qualche timore, come ce l’ha anche Beatrice Covassi, che da qui alle elezioni del 2019 possa essere adottata la proposta delle tre liste transnazionali che è stata sostenuta anche da Jean-Claude Juncker. La Commissione affari costituzionali doveva decidere il 23 di novembre, ha rinviato la discussione all’11 dicembre e poi pare che la rinviano al 23 di gennaio non per votare, ma per fare un’audizione con degli esperti. Quando si cominciano a fare delle audizioni con degli esperti vuol dire che non si vuole raggiungere nessuna decisione. Già si parla di un compromesso per ridurre i deputati transnazionali da 73 a 25 e poi scenderanno in quanto ci sarà forse un deputato transnazionale eletto in una lista transnazionale. Non è questa la strada da percorrere.

    Fra l’altro nei corridoi del Consiglio, e qui concludo, il servizio giuridico del Consiglio sta studiando attentamente delle proposte, non so come faranno, per impedire che nel 2019 si ripeta l’esperienza degli Spitzenkandidaten. Il servizio giuridico del Consiglio sta lavorando molto intensamente per dire quali sono gli strumenti del Trattato che ci consentono di evitare un’altra volta che i cittadini possano scegliere gli Spitzenkandidaten in modo tale da mettere il Consiglio europeo di fronte al fatto compiuto sostanzialmente (e il servizio giuridico del Consiglio è molto ben strutturato dal punto di vista giuridico). Speriamo che fallisca, ma per dirvi come vanno le cose a Bruxelles da questo punto di vista, bisogna attrezzarsi perché quel cambiamento democratico di cui parlava Beatrice Covassi possa effettivamente realizzarsi e non si vada invece nella strada inversa, cioè esattamente dalla parte opposta. Noi siamo a vostra disposizione non soltanto oggi ma anche nelle prossime iniziative. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie mille. Terremo a mente tutto quello che ha detto. Luca Rossi, rappresentante di Confindustria. Sempre presente alle nostre Sessioni europee Confindustria.

     

    Dott. Luca ROSSI – Confindustria Emilia-Romagna

    Alla sessione europea non si può mancare. Non si può mancare perché – parto da questo spunto messo sul tavolo della discussione – ormai è a tutti evidente come le politiche, soprattutto quelle economiche e di sviluppo ma non solo, si giochino sui tre livelli: Europa, Regione e Stato membro da intendersi però, attenzione, non in una logica di livelli gerarchici, ma in una logica di livelli di rete, di collaborazione rispetto a degli obiettivi che hanno una coerenza complessiva, ma che poi devono trovare attuazione in azioni e interventi sul territorio. Non a caso, ed è stato ricordato prima, la Regione Emilia-Romagna è una delle Regioni che meglio di tutte e più di tutte ha interpretato questa sfida e la presenza quotidiana e costante della Regione a Bruxelles ne è miglior testimone, così come, se posso citare una cosa che riguarda noi stessi, il nuovo statuto di Confindustria dice che Confindustria ha due sedi, una a Roma e una a Bruxelles, per evidenziare questo approccio verso l’Europa.

    Sono già state richiamate più volte in apertura tutte le grandi sfide che abbiamo di fronte, ma penso che la cosa più importante e più rilevante sia che probabilmente mai come in questo momento, almeno rispetto agli ultimi anni, siamo di fronte a un’opportunità di rilancio dell’idea europea dopo anni in cui ci siamo limitati, e la Commissione e altre istituzioni europee si sono sostanzialmente limitate, a una mera gestione. In questo momento pur tra mille tensioni, mille incertezze, da quello che accadrà in Germania con le incertezze sulla formazione del nuovo Governo, alle elezioni italiane che non sappiamo naturalmente che cosa ci lasceranno in eredità da questo punto di vista, fenomeni come l’immigrazione da gestire, però abbiamo sul tavolo molti temi che possono diventare una reale opportunità per i cittadini e per le imprese che vengono dall’Europa e che in quella sede trovano un momento di definizione fondamentale. Senza nasconderci il fatto che molto spesso l’Europa è stata da tutti noi percepita in un’ottica spesso burocratica, ma tenendo anche conto che delle volte ci siamo anche fatti male da soli rispetto al fatto che magari quando si trattava poi di recepire direttive o indicazioni della Commissione, spesso si attribuiva una generica responsabilità all’Europa e poi magari a livello nazionale o a livello locale ci si accaniva con quella cosiddetta pratica del gold plating per cui alla fine si attribuivano all’Europa colpe e responsabilità ulteriori rispetto a quelle che invece forse più propriamente dovevano stare più vicine ai nostri confini.

    Date queste premesse, vorrei citare solo i titoli di alcuni temi che sono per noi assolutamente fondamentali per poi fare un brevissimo approfondimento sulla questione dei fondi del quadro finanziario post 2020. I temi sono quello degli accordi di libero scambio su cui l’Unione può giocare e deve continuare a giocare un proprio ruolo di promotore e garante anche al di là delle spinte che arrivano da varie parti del mondo, la necessità di rivedere la normativa sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato perché spesso continuiamo a dimenticarci che il problema non è la concorrenza tra Paesi e tra imprese europee, ma è la concorrenza tra l’Europa e gli altri grandi blocchi a livello internazionale. Sono stati ricordati prima tre priorità che lo sono assolutamente anche per tutta l’industria italiana cioè il completamento del mercato unico dei capitali, di quello dell’energia, del mercato unico digitale, perché rappresentano pezzi decisivi per costruire un’unica vera economia europea.

    Il tema che in questo momento è al centro dell’agenda, ed è un tema assolutamente fondamentale per tutti noi, a partire da questa Regione e dalle sue imprese, è quello del quadro finanziario post 2020. Qui è chiaro che abbiamo di fronte in particolare due aspetti che vorrei sollevare molto rapidamente: quello delle politiche di coesione dove c’è certamente un tema di riequilibrio, ma c’è anche un tema di sviluppo di Regioni avanzate impegnate in un percorso di evoluzione e di qualificazione dell’industria, della digitalizzazione dell’industria manifatturiera e c’è un ruolo fondamentale che i programmi operativi a livello regionale giocano nella capacità di avvicinare questo obiettivo ai territori e alle imprese, di portare le grandi opportunità che arrivano dal livello europeo ai tessuti imprenditoriali che sono poi fatti anche alla fine di imprese e delle loro filiere fino a quelle più piccole, che poi in ultima analisi significa crescita, benessere e occupazione.

    Sul tema dei fondi strutturali e delle politiche di coesione, in particolare, credo che sia necessario un grande sforzo di semplificazione non solo dal punto di vista dei Regolamenti, della gestione e anche di flessibilità della pianificazione, ma anche nell’identificazione degli obiettivi. Si tratta di riuscire a trovare dei meccanismi, perché mi rendo conto che poi devono andare bene per 240 o 260 quelle che sono le Regioni europee, ma degli obiettivi reali e non strettamente burocratici o finanziari, che siano anche dotati della necessaria flessibilità. Infatti se da un lato è corretto dire che devono essere concentrati i fondi su poche priorità e magari si dice che l’x per cento deve essere concentrato sul tema della ricerca e l’innovazione, allora da un lato è innegabile che questa rappresenti una priorità per tutte le Regioni europee perché è una priorità per l’economia europea; dall’altro questo non può poi tradursi nell’obbligo di imporre ad una Regione (pensiamo ad esempio a una Regione del Mezzogiorno italiano) di spendere 5-6-700 milioni di euro in ricerca e innovazione. Realisticamente non c’è la possibilità di fare quel tipo di investimento su imprese, quando invece quelle risorse potrebbero probabilmente essere spese in modo molto più pragmatico su priorità più importanti per accelerare le dinamiche di sviluppo di quel territorio. È chiaro che tutto questo, cioè la richiesta di flessibilità e di semplificazione di obiettivi reali va di pari passo con la necessità di assunzione di responsabilità da parte degli enti gestori, delle Regioni e della capacità e della possibilità del Governo nazionale dello Stato membro di far rispettare questo tipo di impegni prevedendo anche meccanismi (tanto a livello nazionale quanto a livello europeo) di intervento, supporto, fino a forme di sussidiarietà.

    Sul tema dei fondi vorrei toccare brevemente un tema per noi assolutamente fondamentale che riguarda il tema dell’integrazione tra i fondi. Abbiamo avuto occasione di recente anche a un esponente del Governo italiano – siccome è un tema di cui si parla molto ma che nel concreto ha fatto sempre molta fatica a trovare forma vera e propria – di sollevare la questione del cosiddetto seal of excellence, cioè quell’etichetta di eccellenza europea che viene attribuita a progetti di ricerca e sviluppo approvati ma non finanziati per mancanza di risorse. Sul solo strumento per le piccole e medie imprese di Horizon abbiamo, a livello nazionale, una per l’altra, circa 400 aziende che hanno ottenuto il sigillo di eccellenza ma non sono state finanziate. Quello è uno spreco doppio, è uno spreco da parte dell’amministrazione europea che ha speso risorse qualificate dal punto di vista finanziario e umano per valutare quei progetti ed è uno spreco dal punto di vista delle imprese che hanno investimenti pronti a partire che restano assolutamente bloccati per la mancanza di risorse. È chiaro che, ad esempio, prevedere modalità per cui si possano utilizzare i fondi strutturali magari a livello nazionale per accelerare la realizzazione di questi progetti significa non tenere fermo nei cassetti importanti investimenti che potrebbero rapidamente tradursi in nuovi prodotti o in nuovi servizi e da questo punto di vista cito anche la discussione sul nuovo programma quadro – perché su questo grande attenzione andrà posta –, in particolare rispetto all’approccio che rischiamo di avere.

    Occorre grande attenzione che se da un lato diventano molto affascinanti tutte le letture rispetto all’innovazione disruptive, non perdiamo di vista il tema che dobbiamo confrontarci con dei modelli di innovazione che sono quelli dell’economia e dell’industria manifatturiera di questa come di altre Regioni d’Europa, che non significa rinunciare a un tipo di innovazione radicale, ma non significa necessariamente abbracciare un’innovazione “modello Silicon Valley” come se quella fosse l’unica traiettoria possibile.

    L’ultimo tema su cui vorrei portare la vostra attenzione riguarda il credito. Ritengo e riteniamo che il credito sia una grande questione europea ed è assolutamente necessario fare del credito alle imprese una questione di tutti i Paesi membri per cercare soluzioni pragmatiche, in modo da uscire da una situazione di instabilità che soprattutto per un segmento importante di piccole e medie imprese è assolutamente insostenibile soprattutto nel momento in cui verranno anche a mancare a breve gli scivoli da parte della banca centrale. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie mille anche a Confindustria. Gianni Bessi, consigliere regionale. Ultimo intervento e poi lascio la parola all’assessore Bianchi per la chiusura.

     

    Consigliere Gianni BESSI

    Grazie. Chiaramente, io rientro nella veste istituzionale che ricopro, quindi porto un contributo politico alla seduta di oggi, che credo sia importante non in termini di forma ma di sostanza. Faccio solo una riflessione da erasmiano convinto che ha avuto la fortuna di formarsi e di aver avuto questa grande opportunità anche generazionale. Si conferma il progetto europeo ancora una volta, e dobbiamo partire da questo punto, come l’unica consapevolezza che nessuna frontiera potrà fermare la voglia di libertà e di futuro dei giovani e delle giovani generazioni. Ancora oggi lo vedo non solo da politico, ma da osservatore, da padre o altro. Credo che questa sia la struttura portante e sia proprio questo spirito su cui poi dobbiamo andare a declinare tutto ciò che sono le nostre politiche. Può sembrare un argomento di carattere meno concreto di quelli che ho sentito precedentemente, ma senza la forza di quello spirito anche tutti quegli altri temi, politiche o oggetti che si andranno poi a definire nelle nostre politiche del programma di lavoro sia a livello europeo sia a livello regionale perdono di forza, perché diventa tutto chiaramente una comparazione o un confronto su desiderata diversi. È proprio il programma Erasmus, forse per la sua immaterialità, che però ha creato questo spirito e secondo me la prima cosa che dobbiamo fare come politici di questa Regione è portare avanti quello spirito e confrontarci non solo esclusivamente sui nostri desiderata, ma sui desiderata delle generazioni future. Grazie.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie, consigliere Bessi. Assessore Bianchi, a lei la parola per la conclusione.

     

    Assessore BIANCHI

    Due parole di ringraziamento innanzitutto a Virginio Dastoli che è ovviamente un pezzo di storia del federalismo europeo ma anche dell’organizzazione europea. Grazie a tutti per questi interventi, grazie anche per gli interventi che seguiranno, perché come abbiamo visto le altre volte nello svolgersi di questi lavori poi verranno coinvolti, come abbiamo fatto altre volte, tutte le parti sociali e tutte le Istituzioni. Quindi non si esaurisce qui sicuramente la fase di ascolto. Con il Patto per il lavoro dove, come abbiamo, detto abbiamo basato su quello la programmazione di lungo periodo per la Regione: il Patto per il lavoro però non è un accordino sul lavoro – volevo ricordare questo – ma è l’atto di programmazione generale della Regione. Credo che questo sia un segno molto forte che vogliamo dare a tutti i nostri lavori. Rispetto a questo, devo dire che in questi anni la Prima Commissione è sempre stata la sede in cui tutte le espressioni della Regione hanno trovato luogo. Rispetto a questo faccio soltanto alcune considerazioni.

    Ricordo che sui temi che sono stati detti noi stiamo facendo alcuni investimenti notevoli con il Governo nazionale e con la stessa Commissione. In particolare ricordo che, poiché è stato citato il Centro meteo, noi non stiamo portando qui il Centro meteo, noi stiamo facendo un grande Polo, che nel Patto per il lavoro è chiamato “hub europeo della ricerca”, in cui si concentra il data centre del Centro europeo meteo, CINECA che è il sistema di super calcolo di tutte le Università italiane, l’INFN che è il centro di tutto il sistema della ricerca fisica in Europa, l’ENEA che è l’Agenzia nazionale che si occupa dell’ambiente, tutte le banche dati del Rizzoli, il Centro nazionale per le competenze Industria 4.0 e abbiamo già una serie di grandi imprese che stanno trasferendo qui l’attività di ricerca. Dico questo perché noi mettiamo insieme quella che è la più grossa capacità di calcolo europea, largamente e probabilmente siamo non voglio dire la prima al mondo, ma fra i primi tre al mondo per capacità di super calcolo.

    Le materie che noi affronteremo in questa attività di concentrazione del calcolo non è soltanto lo storage dei dati, ma attraversa una materia fondamentale, il cambiamento climatico. Non solo cambiamento climatico, ma anche gestione della ricaduta del clima ad esempio sull’agricoltura, il tema della coltura di precisione è un tema assolutamente cruciale, così come per la navigazione e il trasporto aereo è fondamentale e cruciale quello che noi stiamo facendo qui.

    Secondo, tutto il tema sulla ricaduta delle attività produttive. Questa ricaduta dell’industria 4.0 sulle attività produttive diventa fondamentale perché cambia le condizioni di lavoro. Ho appena letto un articolo che ha scritto, appunto, Gabriele Marzano che riprende il dibattito americano sull’impatto della industria digitale sul lavoro. Quello che salta fuori non è che l’industria digitale taglia il lavoro, ma cambia il lavoro, cambiano i modelli organizzativi del lavoro. Ci mette di fronte a un modello diverso di lavoro ma anche di rappresentanza. Questo sarà una cosa non da poco, rappresentanza da tutte e due le parti.

    Terza cosa su cui lavoriamo è healthier ageing. È l’altro grande tema su cui dobbiamo misurarci, perché se è vero che noi abbiamo grandi popolazioni che dal sud del mondo spingono verso il nord, il nord del mondo sta cambiando, sta cambiando perché la nostra popolazione invecchia come risultato di settant’anni di politiche del welfare, ma comunque l’invecchiamento della popolazione porta dietro un cambiamento della società. Quindi stiamo di fronte ai grandi cambiamenti sociali. Per questo dobbiamo anche però tenere conto che l’innovazione non è soltanto innovazione tecnologica, non è l’innovazione delle macchine, ma è largamente l’innovazione delle persone, della società e qui c’è un tema di investimento sostanziale anche in tutte quelle scienze umane, in quelle scienze sociali che ci illustrano e ci devono aiutare nel cambiamento sociale che è il supporto della democrazia e in fondo anche la sua giustificazione, perché anche la rappresentanza in un mondo fermo è diversa dalla rappresentanza in un mondo in movimento. Questo è quello che ci preoccupa di più perché molto spesso le istituzioni vengono spiazzate dai cambiamenti sociali. Credo che questo sia un elemento fondamentale perché questo è, come abbiamo fatto negli anni passati, uno dei temi che tratteremo nella nostra Sessione comunitaria. Con la presidente Saliera abbiamo ricordato che a noi piacerebbe come Giunta anche accompagnare la Sessione comunitaria con una serie di eventi di approfondimento, che su richiesta della Commissione possono essere organizzati proprio per andare in profondità anche su aspetti che proprio per la loro complessità devono essere supportati da un’istruttoria scientifica adeguata. Grazie a tutti e grazie presidente.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Bene, grazie a tutti. Ringrazio i relatori, gli europarlamentari. Ovviamente oggi è iniziata la Sessione europea 2018 che speriamo di chiudere nell’arco di due o tre mesi per arrivare a dare il nostro contributo alle questioni che dovremo poi riferire sia al Governo che all’Europa. Pertanto sono ben accette tutte le varie osservazioni da parte delle varie parti sociali per cui oggi abbiamo sentito alcuni interventi. Non ci fermeremo qui, accolgo con piacere la richiesta dell’assessore Bianchi di fare Commissioni anche a tema proprio su questo punto, perché riteniamo appunto che la questione legata alla Sessione europea e il ruolo importante che la Regione può avere nei confronti dell’Europa debba avere un contributo preciso, particolareggiato e approfondito su tutti i temi. Pertanto ringrazio tutti i presenti e ci vediamo prossimamente per la realizzazione di questa risoluzione. Grazie a tutti.

     

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