Espandi Indice
Legislatura X - Commissione I - Resoconto del 23/07/2018 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 27

    Seduta del 23 luglio 2018

     

    Il giorno 23 luglio 2018 alle ore 14,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2018.42385 del 16/7/2018, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali in seduta ordinaria e in seduta congiunta con la Commissione Politiche economiche.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Presidente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BERTANI Andrea

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    3

    presente

    POLI Roberto

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    BESSI Gianni

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    BOSCHINI Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    CARDINALI Alessandro

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    assente

    IOTTI Massimo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    presente

    MOLINARI Gian Luigi

    Componente

    Partito Democratico

    6

    presente

    MUMOLO Antonio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    2

    assente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SERRI Luciana

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

     

    Sono presenti il consigliere Giuseppe PARUOLO in sostituzione di Alessandro Cardinali e la consigliera Manuela RONTINI in sostituzione del consigliere Paolo CALVANO.

    E’ altresì presente l’assessore all’agricoltura, caccia e pesca Simona CASELLI.

     

    Partecipano alla seduta: il direttore generale Frieri (Dir. Gen. Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni) e la dott.ssa Brancaleoni (Resp. Serv. Coordinamento delle politiche europee, programmazione, cooperazione, valutazione)

     

    Presiedono la seduta: Roberto POLI e Massimiliano POMPIGNOLI

    Assiste la segretaria: Claudia Cattoli

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    UDIENZA CONOSCITIVA

     

    6781 -Proposta recante: "Documento di economia e finanza regionale DEFR 2019 con riferimento alla programmazione 2019-2021". (Delibera di Giunta n. 990 del 25 06 18)

    Relatore consigliere Gianni Bessi

    Relatore di minoranza consigliere Daniele Marchetti

     

     

    Partecipano:

     

     

    Antonio

    Amoroso

    Segretario regionale CISL Emilia-Romagna

     

    Mario

    Bernardi

    Segretario Associazione Bancaria Italiana

     

    Lorenzo

    Fae

    AGCI Emilia-Romagna

     

    Alessio

    Festi

    Segreteria CGIL Bologna

     

    Fabrizia

    Forni

    Responsabile Relazioni istituzionali CNA Emilia-Romagna

     

    Antonio

    Guerrieri

    Funzionario Confcommercio Emilia-Romagna

     

    Marco

    Paci

    Confesercenti Emilia-Romagna

     

    Angelo

    Paletta

    Professore Università degli Studi di Bologna

     

    Piero

    Peri

    Funzionario CIA Emilia-Romagna

     

    Antonella

    Raspadori

    Segreteria CGIL Emilia-Romagna

     

     

     

    Presidente POLI

    Direi che possiamo iniziare i lavori di questa udienza conoscitiva. Io sono il vicepresidente della Commissione I, sostituisco il collega Pompignoli che, cosa che capita raramente a chi viene a Bologna tutti i giorni, è bloccato in autostrada. Quindi il tempo di arrivare, gli cederò la presidenza.

    A fianco a me c’è il relatore di maggioranza il collega Gianni Bessi. È giunta anche la nomina del relatore di minoranza che è il collega Daniele Marchetti. I lavori sono organizzati in questo modo: il relatore Gianni Bessi adesso illustrerà l’impianto del DEFR e i suoi contenuti, poi chiederò al collega Marchetti se vuole eventualmente aggiungere qualcosa e poi, siccome è un’udienza conoscitiva, la parola passa ai nostri ospiti, se riterranno di intervenire, per fornirci indicazioni che saranno utili al lavoro della Commissione da qui all’approdo in Aula del provvedimento.

    Io mi fermo e darei subito la parola al collega Bessi.

     

    Consigliere Gianni BESSI - Relatore

    Grazie, presidente. Grazie a tutti i partecipanti. Una relazione che mi permette di entrare nel documento di economia e finanza regionale; l’assessore Emma Petitti non partecipa oggi in quanto è in contemporanea lo svolgimento della Giunta con un importante appuntamento sull’autonomia regionale che la Regione Emilia-Romagna sta portando avanti, è ampiamente giustificato; il suo impegno e il suo lavoro con tutta la Giunta su questo documento è quello che io tenterò di rappresentarvi in una ventina di minuti perché, essendo chiaramente dettagliato e corposo, ma soprattutto essendo diventato giustamente uno dei pezzi importanti della programmazione della vita non solo della Regione ma di tutto il sistema economico, produttivo, sociale della nostra Regione e di tutti i territori, credo che sia opportuno delinearne i suoi contenuti in maniera sintetica, come ha detto il vicepresidente.

    Credo sia importante sottolineare che il DEFR che andiamo ad esaminare è il quinto dal suo insediamento, questo anche coerentemente con il decreto legislativo n. 118/2011 che, in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, ha introdotto questo strumento che è l’omologo a livello regionale del DEF nazionale che è in discussione proprio in questo periodo e che avrà più o meno lo stesso percorso a livello nazionale. Questo documento si inserisce nel quadro della programmazione nazionale, declinando gli obiettivi strategici in coerenza con il programma di governo e con gli indirizzi di finanza pubblica definiti in ambito comunitario e nazionale. A sua volta costituisce il documento di riferimento per la programmazione delle autonomie locali, il cosiddetto DUP. Quindi è l’atto, come viene definito dal legislatore, programmatorio fondamentale a livello regionale strettamente connesso al bilancio regionale per rendere anche in un rapporto di trasparenza l’azione di governo, esercitando appieno le sue funzioni di informazione verso l’intera collettività, e credo che l’audizione di oggi ne sia il primo e fondamentale momento. Si deve articolare in obiettivi strategici, secondo la struttura che gli viene data. Non è solo un documento di programmazione delle politiche regionali, ma costituisce anche il presupposto di un controllo strategico per la misurazione degli impatti prodotti dall’azione di governo. Aspetto che ritengo fondamentale anche per gli stakeholders qui presenti. La nostra Regione ha già due esperienze di rendicontazione al DEFR nelle annualità 2015 e 2016. Trovate le pubblicazioni nei siti ufficiali. Si è così dato corpo alla funzione di supporto al controllo strategico del nostro Ente e l’esito di questi risultati raggiunti in termini anche di cambiamento e di sviluppo del prodotto sul territorio sulla comunità dall’azione della Giunta. Credo che questo sia importante specificarlo.

    Quindi passiamo a ciò che è stato approvato dalla Giunta il 25 giugno scorso. Il documento che illustra gli obiettivi strategici che la Regione si propone di perseguire nel periodo di programmazione 2019/21, con riferimento all’ultimo anno di mandato che andremo ad affrontare, fornendo una puntuale informazione ai portatori di interesse e al sistema delle autonomie e degli impatti attesi sui cittadini, sul sistema produttivo e, più in generale, sul territorio della Regione. È presente anche una tavola di raccordo per ciascuno dei novantuno obiettivi tracciati dal DEFR, dove viene evidenziato il collegamento con gli stakeholders di riferimento, le Aziende sanitarie, Università, Enti locali, associazionismo, imprese agricole, sistemi imprenditoriali, cittadini e collettività, giovani, famiglie, disoccupati, persone in condizioni di svantaggio. Ritengo sia interessante anche evidenziare l’indice tematico corredato da una sitografia relativa alla banca dati che costituisce un altro punto di forza per la conoscenza e l’approfondimento dei diversi ambiti della Regione.

    Per ciascun obiettivo strategico il documento evidenzia gli impatti attesi sul sistema degli Enti locali, esplicitando quel collegamento tra il quadro complessivo della programmazione regionale e la programmazione locale. Il legislatore nazionale infatti, nel disciplinare il DUP per gli Enti locali, impone che le sezioni strategiche del DUP che, unitamente alle sezioni operative forma il documento unico di programmazione, sia definito in coerenza con le linee di indirizzo della programmazione regionale, oltre gli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambiti regionali. Questo raccordo chiaramente definisce la coerenza e la sinergia tra i diversi ambiti, che sono coinvolti.

    Il nostro documento si articola in tre parti. La prima è composta da tre sezioni: la prima analizza gli scenari economici e finanziari internazionali, nazionali e regionali e dà inoltre conto al quadro finanziario delle risorse per le politiche di sviluppo dell’Unione europea; la seconda approfondisce il contesto istituzionale relativo all’organizzazione della nostra Regione, dando rilievo alle azioni messe in campo sul fronte occupazionale con il Patto per il lavoro, sul fronte della razionalizzazione delle partecipate e sul fronte delle regole di finanza pubblica per il rilancio degli investimenti. Questo è uno dei punti più importanti su cui sicuramente ci sarà l’interesse dei protagonisti di questa audizione, credo. La terza sezione infine offre informazioni sul contesto territoriale con riferimento al quadro demografico, al sistema di governo locale, al quadro della finanza territoriale e ai patti e alle intese di solidarietà territoriale. Questo è l’aspetto che riguarda più i territori locali.

    Della prima sezione, dove si analizzano gli scenari economici e finanziari, traccio solo qualche riferimento sulla crescita economica che la nostra Regione continua ad avere, però c’è chiaramente il rapporto anche a quella dell’economia mondiale, quella dell’area euro, dell’economia nazionale e i positivi dati sull’export che vede un valore delle vendite estere che sfiora i 60 miliardi di euro. Credo che questo sia uno dei punti di interesse essendo, insieme alla regione Lombardia, le locomotive dell’export del made in Italy. Ovviamente tocca e impatta sulla crescita e performance macroeconomica della nostra Regione.

    La seconda parte del DEFR illustra gli indicatori del benessere ecosostenibile (BES), come la normativa in tema di riforma del bilancio richiede per il DEF nazionale, offrendo informazioni sulla multidimensionalità del benessere e sull’insieme degli aspetti che concorrono alla qualità della vita dei cittadini, agli indicatori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli obiettivi strategici di programmazione. Questo è uno degli argomenti che spesso si è dibattuto per superare il mero esame e analisi del PIL o solo di dati estremamente macroeconomici. È uno sforzo che credo sia importante continuare e sottolineare per definire anche alcuni dei valori principali del perché dell’attrattività della nostra Regione, della capacità, della qualità non solo della performance economico-produttiva, ma anche degli standard economici, produttivi, di livello culturale, dell’informazione, dell’educazione, della scolarità.

    Gli obiettivi strategici nel documento sono distinti in cinque aree afferenti i diversi ambiti: istituzionale, economico, sanitario e sociale, culturale e territoriale. Per ciascun obiettivo sono descritti i risultati attesi di legislatura, gli impatti sul sistema delle autonomie e i destinatari, gli strumenti e le modalità di attuazione. Quello che presentavo all’inizio. A questi vengono presentati i 91 obiettivi strategici, di cui 14 afferenti l’area istituzionale, che comprendono chiaramente tutta una serie di tematiche che vanno dal rafforzamento del sistema di un sistema della governance delle partecipazioni regionali, all’impegno a continuare nelle azioni di coordinamento della finanza regionale e locale che ha visto assegnare, senza ulteriori aggravi sulla finanza pubblica, per esempio oltre 1 miliardo di euro negli ultimi sei anni, semplicemente raccordando fabbisogni e disponibilità espressi dagli enti locali e assegnando disponibilità finanziarie laddove i processi di investimento sono attuabili. Questo è sempre nel lavoro tra la Regione e gli Enti locali. Per l’area sanità e sociale sono previsti 22 obiettivi, 8 sono gli obiettivi previsti dall’area culturale, 22 dell’area territoriale della sicurezza delle città, la promozione della legalità. Per dire che non c’è esclusivamente una tematica economica o macroeconomica, ma anche della vita stessa delle nostre comunità.

    La terza parte del documento descrive gli indirizzi che la Giunta assegna ai propri enti strumentali, quindi alle società controllate, partecipate, evidenziando inoltre il contributo atteso dal sistema delle partecipate per lo sviluppo dei diversi obiettivi strategici, tenendo conto anche delle modifiche richieste dalla legge regionale n. 1/2018, che ha voluto nel DEFR evidenziare gli aspetti sostanziali in tema di razionalizzazione delle partecipate.

    Questo è un po’ il quadro sintetico del documento. Posso parlare a nome dell’assessore, che ci tiene ad evidenziare l’impegno della Giunta ad introdurre e migliorare chiaramente gli strumenti della programmazione delle politiche finanziarie per favorire sempre di più il raccordo con le politiche attive tra Regione ed Enti locali e territoriali.

    Due note di servizio. La versione del documento di economia finanziaria sul sito è facilmente consultabile attraverso parole chiave, quindi credo che sia opportuno evidenziarlo. C’è anche una versione in inglese per andare incontro anche alle richieste che negli anni passati sono state presentate da alcuni degli stakeholders che partecipano a questa audizione, e credo che sia uno strumento utile per presentare la nostra Regione, le nostre strategie in un’ottica di marketing territoriale in una Regione sempre più vocata all’esportazione e quindi all’internazionalizzazione.

    Il percorso che iniziamo oggi con l’audizione va in un’agenda di lavori che con la Commissione si dipanerà nel mese di settembre, anche perché deve avere la tempistica di raccordo sia con la nota integrativa in ottobre, sia anche con il bilancio da presentare entro la fine dell’anno. Credo che con una tempistica misurata e con i giusti tempi sia un lavoro importante che possiamo fare anche prendendoci la riflessione giusta per arrivare a facilitare il lavoro di tutti.

     

    Presidente POLI

    Chiedo al relatore di minoranza Daniele Marchetti se vuole aggiungere qualche considerazione.

     

    Consigliere Daniele MARCHETTI - Relatore di minoranza

    Grazie, presidente. Proprio due considerazioni al volo, perché in gran parte è stata fatta l’illustrazione dal relatore di maggioranza. Posso sottolineare che tutto sommato il documento di economia e finanzia regionale è coerente con quanto fatto fino ad oggi dalla Giunta, ma è normale che sia così, quindi ovviamente in fase di discussione poi evidenzieremo come minoranza, dal momento che sono proprio relatore di minoranza, alcune criticità che abbiamo sempre avanzato dall’inizio del mandato ad oggi, ma non è questa oggi la sede. Oggi siamo qui più che altro per ascoltare i portatori di interesse che sono qui presenti e che magari avranno qualche suggerimento, segnalazione da farci, da tenere poi in considerazione quando avvieremo l’iter nelle varie Commissioni competenti per arrivare, mi sembra a metà settembre, con l’approvazione della Commissione referente.

    Posso sottolineare che un aspetto importante introdotto quest’anno, a differenza degli anni scorsi, è quello sull’autonomia regionale, una battaglia che rivendico come parte politica fortemente, che è sempre stato snobbato a livello regionale, ma che oggi entra di fatto nella programmazione della Regione Emilia-Romagna. Prendo atto positivamente dell’accelerazione che c’è stata su questo tema anche a livello di governo nazionale, quindi credo che ci potrebbero essere degli sviluppi interessanti sotto questo aspetto.

    Detto ciò, ritengo opportuno lasciare spazio agli ospiti, alle persone che sono oggi qui per dire la loro e mi riservo comunque di tenere in considerazione le loro segnalazioni.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Io non ho richieste di intervento. Se qualcuno vuole in questo momento chiedere la parola è il benvenuto. Vi ricordo, come hanno già ben illustrato i due relatori e il vicepresidente Poli, che noi questo documento andremo in Assemblea ad approvarlo a settembre, quindi faremo un percorso ancora lungo rispetto a quelle che sono le esigenze della Commissione e dell’Assemblea stessa. Ovvio che eventuali osservazioni che vorreste far pervenire alla Commissione poi verranno tenute in conto ed esaminate nel corso dei passaggi della Commissione che faremo a settembre.

    Se ci sono richieste di intervento, sono ben gradite. Se non ci sono richieste di intervento, chiudiamo questa udienza conoscitiva per poi riprendere i lavori di Commissione a settembre proprio sul DEFR.

     

    Antonio AMOROSO - Segretario regionale CISL

    Due minuti per dire che siamo venuti perché sapevamo dell’importanza di questo argomento e ci tenevamo ad interloquire. Naturalmente abbiamo visto che il DEFR è un documento molto corposo, molto importante, è una programmazione finanziaria, economica di obiettivi triennali, quindi il nostro silenzio credo non vada sottovalutato. Quindi faccio un ragionamento di metodo. Abbiamo appreso con piacere che abbiamo il tempo eventualmente per poter mandare delle osservazioni scritte o eventualmente per incontrarci; naturalmente noi come organizzazioni sindacali concentreremo i nostri interventi sulle cose che per noi sono ovviamente prioritarie, pur sapendo che facciamo parte dei firmatari del Patto per il lavoro regionale dove si affrontano questi temi. Volevo dire semplicemente questo, se no sembra che siamo venuti qui così, ci liquidate in due minuti, invece è importante questo passaggio. Quindi vi ringraziamo e daremo il nostro contributo.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    È chiaro che il documento è particolarmente corposo, capisco anch’io che oggi fare un’analisi su tutto il documento non è assolutamente facile, è per questo che comunque abbiamo lasciato ampio spazio e anche i relatori si rendono disponibili per eventuali incontri con le parti interessate per le osservazioni. Chiaro che, se le fate pervenire alla Commissione, io poi le farò girare a tutti i membri della Commissione Bilancio per fare le opportune valutazioni. Credo che la vostra disponibilità sia a trecentosessanta gradi. Se non ci sono altre richieste di intervento, possiamo chiudere e ringraziarvi per la vostra presenza. Per i consiglieri ovviamente la Commissione continua alle 15,30.

     


    La Commissione prosegue i propri lavori in seduta congiunta con la Commissione II Politiche economiche per la trattazione dei seguenti argomenti all’ordine del giorno:

     

    -          Informativa degli Assessori Patrizio Bianchi (coordinamento delle politiche europee allo sviluppo) e Simona Caselli (agricoltura) sul seguito della sessione europea 2018:

    -     Quadro Finanziario pluriennale 2021-2027: la proposta della Commissione europea, il peso delle politiche di sviluppo e le nuove priorità;

    -     il pacchetto Coesione: principali novità, criticità e opportunità;

    -     la PAC e lo Sviluppo Rurale: novità e criticità nelle bozze di regolamento pubblicate nel giugno 2018 dalla Commissione UE.

     

     

    Presidente Massimiliano POMPIGNOLI- Presidente della I Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali

    Come avete avuto modo di vedere, oggi la Commissione è stata convocata per la discussione sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027 della Commissione europea, il pacchetto Coesione e la PAC. È una seduta congiunta con la II, infatti è presente anche la presidente Luciana Serri.

    Io partirei, in attesa che arrivi l’assessore Caselli che dovrà sviluppare il tema in ordine all’ultimo punto sulla PAC, con il pacchetto di Coesione e il quadro finanziario 2021-2027. Vi è stata comunicata la lettera da parte dell’assessore Bianchi che purtroppo oggi non può essere presente, perché è stato convocato dal Ministro del lavoro sui Centri per l’impiego e quindi ha declinato il nostro invito e si è dedicato ad andare a Roma con Di Maio. All’interno di questa lettera lui aveva comunque inviato delle osservazioni sul pacchetto Coesione. Però ci sono i dirigenti, il dottor Frieri e la dottoressa Brancaleoni che potranno illustrare l’argomento e poi apriamo la discussione anche con i membri della Commissione. Non so chi partirà tra il dottor Frieri e la dottoressa Brancaleoni per l’illustrazione. Dottor Frieri, prego.

     

    Dott. Francesco Raphael FRIERI- Direttore generale a Risorse, Europa, Innovazione, Istituzioni

    Passeremo alla lettura di un messaggio che l’assessore Bianchi ha voluto rivolgervi e che la dottoressa Brancaleoni adesso leggerà.

     

    Dott.ssa Caterina BRANCALEONI – Responsabile del servizio Coordinamento delle politiche europee, programmazione, cooperazione, valutazione

    “Gentile presidente Pompignoli e gentile presidente Serri, mi scuso con voi e con i consiglieri delle Commissioni. Una convocazione urgente per un incontro con il Ministro del Lavoro in materia di rafforzamento dei Centri per l’impiego mi impedisce di essere presente a questa seduta congiunta. Mi permetto di inviare una nota che vi chiedo possa essere letta a mio nome e inoltre ho chiesto alla dottoressa Brancaleoni e al dottor Frieri di poter esporre i dati inerenti al bilancio comunitario qui in discussione, in allegato anche una nota più dettagliata. Vi ringrazio, Patrizio Bianchi.”

    “Signori presidenti e signori consiglieri, vi ringrazio per questa audizione che ci permette di rendere conto alle Commissioni assembleari delle attività svolte in materia di dialogo istituzionale per la definizione del bilancio comunitario.

    Io stesso venni in Commissione in primavera rendendo esplicito il nostro dissenso rispetto ad un progetto di bilancio comunitario che prospettava una riduzione drastica per le Regioni del Nord Italia dei fondi per le politiche di coesione. In quelle ipotesi i fondi per la coesione sarebbero stati orientati solo alle aree meridionali o addirittura ai soli Paesi dell’Est Europa. Tale ipotesi ci vedeva contrari, rifiutando una visione dell’azione pubblica rivolta alla sola erogazione dei sussidi alle aree in ritardo e sostenendo noi invece una prospettiva in cui i fondi strutturali europei dovevano essere intesi come strumento per favorire e accompagnare un profondo cambiamento strutturale dell’intera economia europea in una fase di così intensa trasformazione dell’intera economia mondiale.

    La nostra netta posizione ha infine prevalso sia a livello nazionale che europeo e per questo debbo rivolgere un ringraziamento a tutta la Commissione e all’Assemblea che ha sostenuto la posizione che avevamo espresso a favore del mantenimento dell’accesso ai fondi strutturali anche alle Regioni più avanzate del Nord Italia in una logica di maggiore integrazione, rendendo esplicito il ruolo delle Regioni, altrimenti compromesso all’interno dei soli quadri nazionali di programmazione.

    In questa prospettiva avremmo voluto una proposta di budget più coraggiosa, più esplicitamente rivolta alla crescita e più decisamente rivolta ad accelerare processi reali di integrazione fra le diverse Regioni d’Europa.

    Nondimeno debbo segnalare come alcuni punti fermi sono stati acquisiti ancora una volta spinti da una nostra posizione ben chiara. Noi come Autorità di gestione di Adrion abbiamo chiesto che nel prossimo Adrion fossero compresi anche i programmi bilaterali come Italia-Croazia, in modo da avere un robusto programma di integrazione europea e non solo programmi bilaterali.

    In questo senso voglio sottolineare come investire nello sviluppo dell’area mediterranea e, in particolare, dell’area adriatico-ionica sia un’azione necessaria proprio di fronte alle forti tensioni migratorie che premono sull’intera Europa.

    In conclusione, mi si permetta di ricordare come questo budget abbia due punti oscuri su cui dobbiamo esprimere con forza la nostra posizione presso il Parlamento europeo.

    1. I fondi per lo sviluppo rurale sono uno strumento fondamentale delle politiche del territorio e quindi debbono rimanere saldamente nella disponibilità delle Regioni. Il taglio di fondi per le politiche agricole è di per sé negativo poiché sono questi gli interventi più vicini ai cittadini, ma diviene inaccettabile se si ritiene di porre questi interventi così mirati in un unico quadro nazionale.

    2. Il Fondo sociale europeo non può essere inteso solo come strumento di sostegno sociale, ma deve essere visto come strumento per innalzare le competenze, la qualità delle risorse umane, le conoscenze di comunità che hanno forti radici nel territorio, in una prospettiva di uso integrato e complementare di tutti i fondi strutturali.

    Su questi due punti (politiche di sviluppo rurale alle Regioni e Fondo sociale europeo come politica strutturale) chiediamo un sostegno da parte della nostra Assemblea per affermare ancora una volta la visione di un uso dei fondi comunitari non come sussidi compensativi, ma come strumenti per lo sviluppo in un’Europa che ha bisogno di accelerare la crescita e che deve vedere nella nostra Regione uno dei motori del suo sviluppo.

    Signori consiglieri, sono personalmente convinto che oggi il costo della non-Europa - cioè di un’Europa debole e lontana dai cittadini - sarebbe altissimo per tutti noi, ma sono altrettanto convinto che una nuova Europa si costruisce con più sviluppo e più crescita. A questo servono i fondi strutturali, la politica di coesione, il bilancio comunitario: non sussidi, ma investimenti. In questa prospettiva ci siamo mossi e in questa visione, con il vostro consenso e il vostro sostegno, ci muoveremo. Grazie”.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Dottor Frieri, se passiamo ad un’illustrazione sul quadro finanziario. Avete le slide? Bene, a lei la parola, prego.

     

    Direttore FRIERI

    Grazie, proviamo a riassumere le nostre evidenze, tenendo conto che noi non abbiamo ancora, tutte le Regioni italiane non hanno ancora gli elementi per poter stimare la domanda che probabilmente tutti voi vi porrete: che cosa succede alle risorse disponibili per il territorio dell’Emilia-Romagna, alla luce del nuovo quadro finanziario pluriennale?

    Sottolineo queste parole “al territorio dell’Emilia-Romagna”, cioè imprese e famiglie dell’Emilia-Romagna, perché non è detto che una centralizzazione degli stessi programmi a gestione diretta o nazionale corrisponda necessariamente e logicamente ad una minore disponibilità di risorse per imprese e famiglie del territorio stesso, come vedremo, anzi. In alcuni casi la Commissione giustifica un riposizionamento delle Autorità di gestione e dei budget in termini di maggiore efficacia nella capacità di spesa. È evidente che le Regioni del Nord, a più alto tasso di avanzamento della spesa, non condividono questa posizione, ma ciò può sollevare dubbi per le Regioni invece del Sud che dovessero avere una minore capacità di spesa e cui replica lo Stato nazionale in sede di Consiglio europeo nel chiedere una maggiore centralizzazione sui programmi operativi nazionali, sui PON, delle risorse che invece prima gestivano anche Autorità di gestione locali.

    Le Regioni hanno preso una posizione, come diceva il professor Bianchi poco fa in questo messaggio, reputando questa proposta priva di grandi ambizioni. Questo perché, come abbiamo visto, non c’è stato un riposizionamento verso alcuni dei fronti che riguardavano soprattutto il FESR e l’FSE e, in generale, la gestione decentrata, come vedremo fra poco, della PAC che mantiene, come dirà l’assessore Caselli, un suo baricentro gestionale tendenzialmente sempre più improntato sull’orizzonte nazionale.

    Viceversa, vedete che c’è un quadro di risorse complessive che noi abbiamo cercato di stimare pari al reddito nazionale lordo dell’UE, cercando un’attualizzazione ai tassi reali, stimando l’inflazione progressiva e vedendo che cosa succede anche al lordo dell’inflazione progressiva e cercando di capire come questi tagli potevano oscillare tra 10 e un 30% a seconda di come fossero state le conseguenze a seguito della dipartita del Regno Unito dal plateau dei contribuenti. La notizia che noi abbiamo oggi, relativamente confortevole, è che questi tagli non si esplicheranno in una misura pari al 30%, ma soltanto pari ad un 10%. Quindi questa notizia è relativamente confortante per noi relativamente al quadro che potrà esserci per le politiche di coesione. Fondi per le politiche di coesione che, da un punto di vista esclusivamente tecnico, poi ovviamente dal punto di vista politico si può interpretare anche diversamente, non comprendono i FEASR.

    L’altro aspetto che va tenuto presente è la riduzione dei tassi di cofinanziamento a questo tipo di fondi da parte dell’Unione stessa. In particolare, con una diminuzione dal 50 al 40%. Questo vuol dire che, a fronte di tutto quello che diremo dopo, assisteremo o dovremo assistere nel pluriennale dal 2020 in poi ad un maggiore esborso, un maggiore onere per le Regioni che dovessero cofinanziare i fondi dei POR. Quindi potrebbe essere in alcuni casi che questi tagli non siano molto incisivi, ma sicuramente questo corrisponderà, se diminuisce il tasso di cofinanziamento, a una maggiore compartecipazione degli Stati nazionali e quindi anche delle Regioni.

    A sua volta, la Regione Emilia-Romagna in sede di Conferenza dovrà cofinanziare il livello di cofinanziamento con lo Stato nazionale. Voi sapete che oggi la ripartizione è 35/15, non è detto che lo Stato nazionale acconsenta alla stessa ripartizione, quindi 50/35/15 rispettivamente Unione/Stato/Regioni. Se lo Stato nazionale dicesse “a fronte di una riduzione del grado di cofinanziamento dell’Unione al 40%, tu, Regione ci metti il 20”, questo significherebbe sul nostro bilancio ovviamente un esborso e un’esposizione maggiore.

    Vedete la convergenza in questo momento della nostra percezione, con il passare delle programmazioni, di quanto sono posizionati gli stessi fondi e vedete come sempre di più si osserva una convergenza di queste tre grandi partizioni e una sostanziale stabilità, anche se mi permetto di dire che la derivata è leggermente crescente, dei costi della pubblica amministrazione europea, che vedremo in una torta successivamente quanto costa. Quindi la struttura dei 30.000 aggregati dipendenti della Commissione non soltanto concentrati a Bruxelles, perché – come sapete – esistono anche agenzie che sono dislocate sul territorio europeo e che si vanno a riposizionare.

    Vedete come in particolare quello che preoccupa, però ne parlerà l’assessore Caselli, è questa riduzione complessiva che potrebbe oscillare intorno ad un 20% della PAC, che costituisce una forma di sostegno rilevante alle imprese agricole e agroalimentari dell’intero territorio, nonché di indennizzi dovuti a fluttuazioni e instabilità che influiscono particolarmente sulla produzione di questo genere di materie prime. Vedete che invece i fondi delle politiche di coesione mantengono questa stabilità auspicata e invece, viceversa, a seguito di una rivisitazione del quadro complessivo dei programmi a gestione diretta, questi potrebbero conoscere una crescita. Ripeto ancora la precisazione: non significa per forza che questo diminuirà le opportunità per imprese e famiglie nel territorio della Regione Emilia-Romagna, dipenderà dalle loro capacità - la capacity building come viene chiamata - di concorrere a questi stessi programmi.

    La nuova agenda si assesta su questi sette titoli che potete vedere qui e che nella nuova agenda diventeranno di linguaggio comune, con cui si costruiranno anche le codifiche nella descrizione delle spese, che quindi cambia leggermente rispetto all’agenda precedente e trovate questo Asse 2 che si chiama “Coesione e valori”, che si riferisce probabilmente all’aggregato dei fondi complessivi di cui probabilmente qui stiamo parlando con grande attenzione e con grande preoccupazione. Vedete che compare un Titolo IV che porta il titolo di “Immigrazione e gestione delle frontiere” e il Titolo V, a cui soprattutto la Francia sta tenendo, che invece riguarda un impegno sempre maggiore dell’Unione su sicurezza e difesa. È evidente che nelle nostre simulazioni di crescita degli altri programmi rientrano anche questi titoli e queste esposizioni che prima pesavano significativamente sul bilancio dell’Unione, in cui questo tipo di esposizione finanziaria era relativamente contenuto.

    C’è una condizionalità, se così possiamo dire, un vincolo con una concentrazione tematica, perché i primi tre di questi titoli assorbiranno l’80% del totale e le priorità n. 4 e n. 5 potrebbero non arrivare al 5% del totale. Ovviamente stiamo esprimendoci alla luce delle informazioni che abbiamo in questo momento e probabilmente alcuni negoziati – ripeto, la Francia che insiste sul Titolo V – potrebbero modificare questo assetto, speriamo non ai danni dei primi tre Titoli.

    Ecco che allora andiamo a vedere in questa slide una distribuzione percentuale di come potrebbero essere posizionati questi fondi per titoli, così come di determinati dalla nuova agenda. Subito ci colpisce che due terzi di questi fondi sono rispettivamente distribuiti tra questo Fondo che si chiama “Cohesion and Values” (442 miliardi di euro) e l’altro terzo su questo “Natural Resource and Environment”, che verosimilmente racchiude non soltanto gli interventi in campo ambientale, ma si nutre anche di maggiori entrate dovute ai diritti di inquinamento e altri tipi di imposte sugli imballaggi, di cui parleremo fra poco. Quindi non per forza il sostegno di questi titoli corrisponderà ad un taglio sulle altre fette della torta decisamente più contenute, tra cui l’innovazione e la digitalizzazione, di cui al Titolo I che ha un più modesto posizionamento di poco superiore al 10%. Vedete il costo quindi complessivo della struttura organizzativa, che vedete quantificata in 85 miliardi, ed era quella curva che manteneva un assetto costante nella slide precedente. Queste sono le informazioni che abbiamo in questo momento.

    È evidente che, se Horizon fosse contenuto e fosse riassumibile integralmente nel Titolo di cui al colore arancione, questo vorrebbe dire che tutte le imprese che vogliono approvvigionarsi di questo tipo di incentivi dovranno partecipare, come accade per buona parte oggi, a dei tender gestiti direttamente dall’Unione e che l’accentramento di questo tipo di policy veda tendenzialmente un rapporto di una probabilità di vittoria correlata alla dimensione dell’impresa stessa. Questo può essere uno degli elementi di preoccupazione che un tessuto produttivo, invece, fatto di piccole e medie imprese può esprimere nel momento in cui la Commissione rivendicasse una titolarità su questi programmi di innovazione e digitalizzazione.

    Questo è un aspetto sicuramente da tenere presente, tenendo anche conto del fatto che il capacity building delle nostre amministrazioni pubbliche e delle nostre imprese private determina il fatto che – vi preghiamo anche di valutare questo aspetto quando faremo il consuntivo della programmazione attuale – non tutte le risorse che vengono impegnate vengono liquidate. Questa discrepanza è fisiologica, dipende dal fatto che il time to market di un’impresa che sta sviluppando prodotto cambia perché il mercato cambia o perché non c’è il capacity building da parte dell’impresa stessa. Questo non vale soltanto per il pubblico, ma vale anche per l’impresa. Ci può essere uno scostamento del 10, 15, 20% tra ciò che viene impegnato e ciò che viene liquidato. Un’impresa studia l’immissione di un prodotto sul mercato, cambia idea dal momento in cui deve fare la rendicontazione, deve venire ad accertare, noi diremmo ad accertare, ma ad incassare queste stesse risorse.

    Ecco quindi quale può essere il quadro sul fronte delle entrate che invece permetterebbe di non dover tagliare soprattutto i Titoli II e III, a cui teniamo particolarmente. E qui vedete, per chi ha fatto questi studi ricorderà il teorema di Coase e i diritti di inquinamento, l’introduzione di entrate dovute ad un mercato delle quote di emissioni: una sorta di mercato delle esternalità. In economia, in microeconomia queste teorie erano molto in voga negli anni Novanta, l’unico esempio italiano di questo tipo di imposte è la carbon tax, quindi non abbiamo esperienze di questo tipo. Negli Stati Uniti e nel Nord America sono molto diffuse questo tipo di imposte. Questo alimenterebbe buona parte delle entrate di cui al Titolo III che avete visto precedentemente. Inoltre, potrebbe esserci l’introduzione di una base imponibile consolidata comune dell’imposta sulle società, che si differenzia da Paese a Paese. Stiamo parlando dell’ex IRPEG, oggi IRES, misurata ad un livello che mi pare sia essere proporzionale intorno al 12,5% e che, eventualmente aumentasse, dovrebbe essere compartecipata dall’Unione stessa. Poi questo nuovo contributo nazionale calcolato in base alla quantità di rifiuti non riciclati e imballaggi di plastica, quindi anche qui sembrerebbe essere una tassa sulle esternalità negative che probabilmente è immaginata come un’imposta di scopo a finanziare il Titolo III. Non ultimo la riduzione della quota di imposte doganali che oggi per un 20% viene trattenuta dagli Stati nazionali, la cui riduzione passerebbe a un 10%. Anche qui faccio notare che produrrà delle tensioni tra Regioni e Stato questa disposizione, perché significherà una maggiore esposizione di risorse proprie nello Stato nell’attività di cofinanziamento dei fondi, in quanto lo Stato avrà una tax expenditure, quindi un maggiore risposta a fronte di un’entrata tributaria che aveva prima pari ad un 20%, che qui invece diventerebbe del 10 su questo tipo di imposte. Quindi è probabile che anche qui avremo un negoziato molto difficile da fare.

    Possiamo passare all’ultima slide con le considerazioni da parte della Giunta, del documento che avrebbe riportato sicuramente in modo efficace l’assessore Bianchi e che riporterà l’assessore Caselli, ma io mi limito semplicemente ad elencare i punti che voi avete conosciuto già e che sono largamente ripresi, largamente dico perché non tutte le Regioni sono uguali, ci sono alcune sfumature tra noi e alcune Regioni su questa impostazione, ma bene o male è ripresa da tutte le Regioni in Conferenza delle Regioni. Questa proposta pare una proposta a somma zero e quindi, come tale, non fa scelte politiche che provano a risolvere alcuni dei gravi problemi, il professor Bianchi avrebbe detto di sperequazione, che abbiamo all’interno della stessa regione e su cui alcuni di questi fondi - e quindi rialzo una palla all’assessore Caselli, la PAC - intervengono.

    Una proposta a somma zero non può intervenire in modo incisivo su alcune di queste sperequazioni che sopravvivono sul territorio in termini di tassi di occupazione, demografie che vedono delle sperequazioni significative, disoccupazione giovanile e anche opportunità di crescita per le imprese. I tagli alla politica di coesione che, pur contenuti, non ci vedono del tutto soddisfatti, perché pure questo avvicinamento al 10% invece del 30 di per sé potrebbe significare per noi, a fronte anche di un minore cofinanziamento da parte dell’Unione, un maggior esborso per le Regioni stesse, che dovrebbe venire contrattato con lo Stato, ma è verosimile che lo Stato non dirà “mi faccio carico io del maggiore cofinanziamento integralmente a fronte di una riduzione dell’Europa” e questo significherà per i bilanci regionali un maggiore sforzo. Inoltre una minore dotazione del fondo di 25 miliardi di euro.

    Faccio una parentesi prima di arrivare all’ultimo aspetto che riguarda la CTE (Cooperazione territoriale europea) e l’importanza che questi programmi hanno avuto storicamente per questa stessa Regione. Faccio un esempio. Noi siamo Autorità di gestione di Adrion e poi National Contact Point di MED; Adrion ha gestito in questa programmazione 115/120 milioni di euro bene o male e questi fondi si sono rivolti anche in buona parte con la seconda call che abbiamo chiuso in questi giorni con amministrazioni della regione Emilia-Romagna: nella prossima programmazione, di fronte ad una CTE che leggermente cala, ma che deve rafforzare le strategie macroregionali, l’anticipazione è di 450 milioni di euro. Se riuscissimo ad essere Autorità di gestione e riuscissimo a rafforzare il capacity building delle nostre amministrazioni pubbliche e le università potrebbe significare per noi un beneficio. Quindi ci sono anche delle buone notizie tra le righe.

    Nonché per il programma MED alcune preoccupazioni, perché la Francia ha chiesto di separarla in due parti e sostanzialmente l’Italia rimane un po’ in mezzo. Quindi la Francia chiede di diventare il baricentro della parte West MED. L’Italia invece rimarrebbe priva di quel ruolo centrale che ha avuto in questo tipo di programmi come National Contact Point e al centro del Mediterraneo. Questo programma è molto ricco. Perché sono importanti questi programmi? Perché molto spesso assegnano contributi da un milione e due, 3 milioni di euro a fondo perduto e voi comprendete come, non soltanto sui Balcani, ma anche per alcune delle nostre piccole amministrazioni questi programmi possono significare veramente la differenza, non dovendo intervenire con risorse proprie, a differenza invece di quelli che citavo prima, in particolare del FESR, che prevedono sempre una quota di cofinanziamento per l’aggiudicatario.

    Concludo dicendo che c’è un positivo accoglimento di aumento delle risorse e anche, quindi con una nota positiva che ci è stata consegnata dell’orizzonte Europa, l’introduzione di un nuovo programma che si chiama “Europa digitale” con un budget di 9 miliardi e del progetto Erasmus che si rivolgerà soprattutto alle università e, avendo questa regione delle università antiche e importanti, questo non può ovviamente che essere un elemento positivo.

    Passerei la parola alla dottoressa Brancaleoni per dare alcune anticipazioni sui regolamenti e su come abbiamo delle anticipazioni rispetto ai regolamenti, su cui si sta esprimendo in questo momento la Conferenza delle Regioni e successivamente anche il Consiglio delle Regioni a Bruxelles.

     

    Dott.ssa BRANCALEONI

    Grazie, direttore. A leggera integrazione di quanto illustrato sulle maggiori risorse che in questo tentativo di compensazione fatto dalla Commissione potrebbero arrivare al nostro Paese, parliamo di un 6% in più per l’Italia, quindi in questo equilibrio che ha illustrato il direttore Frieri minori risorse derivanti dal taglio del Fondo di coesione ai Paesi dell’Est Europa con invece una maggiore attenzione ai Paesi del Mediterraneo.

    L’altro tema importante è che viene confermata nella proposta del regolamento ombrello, che è quello che poi comprende tutti gli altri regolamenti della politica di coesione, è l’ipotesi di avere con gli Stati membri un accordo di partenariato, quindi una governance multilivello che parte dalle scelte delle priorità che vi illustro brevemente per poi, con ogni singolo Stato membro, negoziare sulla base di un “position paper” che propone la Commissione europea ad ogni Stato, dove identifica i punti di forza e di debolezza delle amministrazioni nazionali rispetto alle politiche di coesione, viene poi definito questo accordo di partenariato che diventa il contratto vincolante nel quale gli Stati membri si impegnano con la Commissione a definire le priorità, le azioni e i risultati attesi con cui verranno poi attuati i programmi operativi nazionali e – speriamo – regionali. Lo speriamo, perché i segnali di volontà anche dal nostro livello nazionale di avere una maggiore concentrazione delle risorse su programmi a regia nazionale sono sempre più frequenti.

    Andando alle principali priorità strategiche, che sono quelle che vi sono state presentate dal direttore nell’illustrare le principali rubriche del quadro finanziario pluriennale, sono quelle legate ad un’Europa più intelligente, che deve vedere una forte cooperazione tra reti di Regioni lungo le catene di valore. Questo è un elemento che noi consideriamo molto importante e, se ricordate, ha fatto anche parte di uno dei temi che la Giunta regionale ha posto nel primo “position paper” della Regione Emilia-Romagna che era stato condiviso con voi proprio come argomento di lavoro e di proposta da portare in fase negoziale alla Commissione europea; il tema della digitalizzazione con l’Europa più connessa e l’Europa più verde. Questo significa che su queste priorità strategiche la Commissione, nella proposta di regolamento comune che fa tra i vari regolamenti specifici, è che ci sia una concentrazione finanziaria su queste priorità strategiche, a partire dal Fondo europeo di sviluppo regionale. Quindi sulle priorità che avete visto prima ci sarà la richiesta di concentrare queste risorse, nel momento in cui si passerà alla programmazione nazionale e regionale.

    Per quanto riguarda invece il Fondo sociale europeo, le priorità strategiche si focalizzano su due temi: l’Europa più sociale e quindi questo che è anche fonte, per quanto ci riguarda, di preoccupazione e quindi di questo passaggio più spinto delle priorità del Fondo sociale europeo sui temi dell’inclusione e la lotta alla povertà, anche con delle quote di budget dedicate a queste misure, laddove ad oggi la Giunta regionale ha sempre inteso il Fondo sociale europeo come strumento importante di attivazione delle forme di occupazione attraverso tutti i meccanismi di formazione: da quella professionale passando per l’alta formazione con la rete dei Tecnopoli.

    L’altro tema, sempre collegato al Fondo sociale europeo, è un’Europa più vicina ai cittadini, quindi si prevede che dalla proposta di regolamento sia una quota del FESR, ma anche una quota del FSE, concorrano a delle azioni sullo sviluppo urbano sostenibile e quindi ci sia anche una quota di incremento della famosa Agenda urbana, che anche questa dovrà, secondo la proposta fatta di regolamenti della Commissione, avere un focus sul tema dell’innovazione alla scala urbana.

    Altre priorità strategiche importanti sulle quali concorre il FESR sono legate all’institutional building e quindi ai meccanismi di governance, che spiega anche la rubrica che è stata illustrata prima dei famosi 25 miliardi. Nella programmazione attuale, se vi ricordate, la Commissione aveva proposto le condizionalità ex ante, quindi chiedeva agli Stati membri e alle Regioni di dimostrare di avere tutte le strumentazioni adeguate per la gestione dei fondi. Per l’Italia i temi su cui eravamo in difficoltà erano gli appalti pubblici e gli aiuti di Stato. In questa programmazione invece si pensa di agganciarla al semestre europeo e quindi, rispetto anche alla verifica di quanto viene fatto con i piani nazionali di riforma, di identificare delle modalità, e quindi di sostegno con questa dotazione di 25 miliardi alla scala europea, per delle azioni di rafforzamento di “institutional building”.

    L’altro tema molto importante di priorità strategica che, alla luce di quanto è stato detto poc’anzi, diventa veramente rilevante, è la sinergia tra i programmi disciplinati dai regolamenti (dal regolamento ombrello e dai regolamenti specifici) con la Cooperazione territoriale europea. Quindi, se nell’attuale programmazione era stato fatto un generico richiamo in sede di programmazione agli Stati, ma soprattutto alle Regioni, a trovare un modo di correlare la possibilità di sostenere i progetti della Cooperazione territoriale europea con i fondi dei programmi operativi regionali, con questa nuova programmazione diventa un elemento decisivo obbligatorio. Quindi in fase di programmazione dei prossimi fondi dovremo anche capire come riuscire a intrecciare questo concorso.

    Da un punto di vista attuativo e gestionale i regolamenti prevedono un ritorno al passato, quindi torniamo alla regola dell’N+2 anziché all’N+3 in vigore adesso; questo significa che è ancora più stringente la possibilità di certificazione e rendicontazione della spesa. E inoltre qui vedete nella slide più in dettaglio come cambiano le misure di cofinanziamento per quanto riguarda le quote per le Regioni. Come dicevo, la cosa che più preoccupa, la maggiore criticità è legata all’N+2, quindi a ridurre la finestra di tempo per poter certificare la capacità di spesa e quindi accedere alle eventuali riserve di premialità che sembra vengano confermate.

    Per quanto riguarda i regolamenti, quindi, che cosa possiamo dire? Da un lato si indebolisce l’approccio territoriale per una serie di fattori. Sicuramente da oscurare il contributo del FEASR al quadro strategico comune. Il FEASR è una vera politica di sviluppo del territorio e quindi questa scelta che viene fatta, a nostro avviso, penalizza una lettura dei fabbisogni del territorio. Il collegamento del Fondo sociale europeo con il semestre europeo in modo da farlo diventare strumento per l’attuazione degli obiettivi dei piani nazionali di riforma: anche questo, a nostro avviso, fa presagire anche una decisione di avere una regia di questi fondi a livello nazionale. Così come i vincoli di concentrazione. Come vi dicevo in apertura, ci sarà una concentrazione sulle priorità strategiche per il FESR, ma anche per l’FSE. Nel dettaglio, sul tema dell’inclusione sociale almeno il 2% dovrà essere dedicato ad azioni per contrastare la deprivazione materiale, quindi già in questa programmazione si era sperimentata a scala nazionale la social card, probabilmente si continuerà in questa linea con azioni simili. Così come almeno il 10% delle azioni dell’FSE dovranno essere concentrate su politiche per ridurre la percentuale di NEET (giovani in età dai 15 ai 29 anni che si trovano in una condizione di nulla, cioè non si stanno né formando né stanno lavorando) attraverso misure adeguate con “Garanzia giovani”.

    Quali sono i prossimi passi. Ovviamente rispetto a quanto è stato detto (è la posizione della Giunta) occorrerebbe che continuassimo con delle azioni specifiche a partire dagli incontri del Comitato delle Regioni a poter portare con forza questa nostra posizione, che avversa anche il taglio che viene fatto sulla PAC e su questa decisione sullo sviluppo rurale e soprattutto anche sui Tavoli nazionali far presente con forza, con le altre Regioni che sono concordi, di avere attenzione ad una eccessiva ipotesi di centralizzazione dei programmi.

    Con il direttore Frieri abbiamo pensato di rendere disponibile una sintesi di tutti i regolamenti usciti in bozza, quindi non solo quelli che riguardano la politica di coesione, ma anche quelli che riguardano la ricerca, l’innovazione, tutti i fondi e le rubriche che avete visto prima. Questo materiale è fatto a forma di schede, sono schede molto sintetiche che danno sia il quadro totale della proposta di bilancio che anche queste schede specifiche. Ne abbiamo fatto una particolare solo per i fondi relativi alle politiche di coesione. Quindi eventualmente diamo alla segreteria il materiale, vi do il cartaceo, ma vi faremo avere il file con la possibilità di distribuzione. Grazie.

     

    Direttore FRIERI

    Ultima chiosa. In sostanza la forbice entro cui oscilliamo sono, per la prossima programmazione FESR e FSE - perché di FEASR parlerà fra poco l’assessore Caselli -, a seconda dei due scenari che abbiamo detto: uno è il mantenimento degli attuali livelli delle risorse e, nel caso dell’Italia, un bilanciamento tra maggiore impegno delle risorse, però a fronte di una maggiore esposizione, o invece un aumento delle risorse dovuto al fatto che viene rideterminato a livello europeo un Fondo, in particolare di cui beneficiavano i Paesi dell’Est, di coesione e quindi questo va ad aumentare la dotazione delle risorse nel Sud Europa. La forbice è tra 2,27 miliardi a 3 miliardi, quindi non è una forbice da poco. Affineremo queste previsioni nel corso del prossimo anno per comprendere. Faccio presente che nel primo caso l’esposizione da parte della Regione e dello Stato che ne dovesse derivare è di 1,3 miliardi, nel secondo caso è di 1,8 miliardi. Potrete comprendere come questo, anche rispetto all’esposizione dei nostri stessi bilanci, può causare elementi di forte preoccupazione data l’assoluta staticità delle entrate, anzi, come avete visto, una ridotazione delle entrate delle Regioni negativa per fare fronte alla riproposta necessità, giustamente e comprensibilmente, di finanziare il livello istituzionale delle Province. Quindi noi siamo un po’ tra l’incudine e il martello in questa dinamica. Vi terremo aggiornati sulle previsioni prossimamente.

     

    Presidente Luciana SERRI – Presidente della Commissione II Politiche economiche

    Diamo ora la parola all’assessore Simona Caselli. Con lei affrontiamo l’altra parte che è riferita alla PAC. Abbiamo visto le novità e le criticità anche dalla bozza di regolamento pubblicata all’inizio del giugno scorso e quindi volevamo un po’ ripercorrere ed entrare nel merito di tutti questi aspetti.

     

    Assessore Simona CASELLI - Assessore ad agricoltura, caccia e pesca

    Grazie, presidente. Direi che è effettivamente il caso di fare un aggiornamento perché, rispetto all’altra volta, ci sono stati due fatti fondamentali: uno che è uscito il quadro finanziario che vi è stato ampiamente descritto prima e comunque dopo rivedremo un po’ di corsa e l’altra che è uscita anche la bozza di regolamento per la nuova PAC, con una modalità abbastanza inusuale rispetto alle abitudini precedenti, in cui c’era normalmente un lavoro di gruppo tra i vari Stati che poi concorreva a scrivere il regolamento comune. Adesso ha fatto un po’ tutto la DG Agri per conto suo, avendo fatto solo delle consultazioni degli stakeholders generali.

    Le sfide sono quelle del reddito degli agricoltori, che è ancora inferiore ai salari del resto dell’economia; la volatilità peraltro di questo reddito con una instabilità dovuta ai mercati, ma anche al crescente numero di problemi e di catastrofi ambientali; il cambiamento climatico in aumento; pressioni dell’agricoltura sull’ambiente e risorse naturali, quindi suolo, acqua, aria e biodiversità e la necessità di preservare tutti questi elementi; il ricambio generazionale che è importantissimo e bisogna che avvenga in tempi brevi; la differenza di modelli agricoli in condizioni socio-economiche che c’è in Europa in agricoltura e la semplificazione del sistema e la sua modernizzazione.

    Qui c’è una slide di obiettivi che sembra complessa, ma in realtà ha un suo senso, perché si parte dalle priorità politiche (quelle degli obiettivi dello sviluppo sostenibile e dell’accordo di Parigi sul clima); se vi ricordate, l’altra volta avevo fatto vedere il grafico dei “Global Goals”: dei diciassette goals, dodici o tredici hanno a che fare con la PAC e, di conseguenza, la politica agricola è molto coinvolta. Quindi gli obiettivi generali sono quelli di fare una “smart agricolture”, quindi un’agricoltura intelligente, resiliente, diversificata che garantisca la sicurezza alimentare; tutelare l’ambiente ed il clima e rafforzare il tessuto socio-economico delle aree rurali.

    Gli obiettivi specifici che qui sono distinti nei tre grandi capitoli della sostenibilità (economica, ambientale, climatica e sociale) sono importanti perché nel nuovo schema di PAC, in realtà, sulla base di questa tripartizione verranno stabiliti gli indicatori di performance, nel senso che la Commissione tenderà a non fare più un gran lavoro di merito, ma a concentrarsi su alcuni indicatori di performance che seguono questa tripartizione. Gli obiettivi trasversali ovviamente sono sostenibilità, semplificazione (se ne è parlato molto come obiettivo della nuova PAC) e modernizzazione. In particolare, per fare quella che la DG Agri chiama “agricolture of knowledge” (“agricoltura della conoscenza”).

    Questo grafico ve l’ha fatto vedere prima anche il dottor Frieri, perché questo è l’andamento delle varie politiche e vediamo che la PAC, che peraltro diciamo che è la prima grande politica agricola comune, tant’è che all’inizio otteneva più del 60% del budget dell’Unione, adesso arriverà ad averne praticamente il 28,5, cosa di per sé non rilevantissima se consideriamo che la torta si è ampliata, ma il punto è che gli effetti sono quelli dovuti alla Brexit, che costa tra i 12 e i 13 milioni, e altrettanti vengono dalle nuove politiche (migrazioni, sicurezza, difesa e aumento dei programmi Erasmus e di ricerca). Il bilancio della PAC in prospettiva si assesterebbe ad un livello inferiore all’istogramma totale che abbiamo visto in questa programmazione, che è un istogramma fatto di varie componenti, tra cui i premi accoppiati che sono l’ultimo pezzo viola in alto e che è una parte facoltativa che gli Stati vedono come gestire. In prospettiva si starebbe su una linea più bassa, che non prevede più i premi accoppiati, nel senso che questo tipo di scelte vengono demandate ai singoli Stati, per cui nella visione dell’Unione c’è un istogramma più semplice e uniforme.

    Vi faccio vedere, solo per avere chiaro anche un po’ il lessico, la PAC totale dovrebbe essere a 365 miliardi e quindi avere una percentuale del bilancio UE che scende a 28,5, comunque ragioniamo di valori assoluti; è fatta di due parti: il primo pilastro, il FEAGA, che contiene i pagamenti diretti (quelli pagati agli agricoltori in base ai titoli che hanno, che dipendono grossomodo dalle loro superfici oltre che da altri elementi legati a dove sono i terreni) e questa naturalmente è la fetta grossa, quella che va un po’ erga omnes ed è quella che preme forse per certi versi più di ogni altra agli agricoltori; dentro il FEAGA ci sono le misure di mercato che sono quelle che noi conosciamo come OCM (ortofrutta e vino, api e olio) e poi ci sono alcune entrate con destinazione specifica. L’altro pilastro è il FEASR che è quello che viene alle Regioni per fare il Piano di sviluppo rurale.

    Nelle intenzioni della DG Agri la strategia è stata quella di lasciare il più possibile intonso il FEOGA e invece hanno dato una botta incredibile al FEASR, che vedete nella slide successiva, perché sostanzialmente noi ci troviamo, a seconda che facciamo i conti a prezzi correnti o costanti, con una diminuzione nell’ordine del 15/16% in prezzi correnti, mentre, se la andiamo a vedere a prezzi costanti, sarebbe addirittura del 26 per cento. Questi sono dati del MIPAAF, abbiamo confrontati i conteggi anche con i francesi (che sono un po’ complicati ma effettivamente collimano), quindi c’è una botta notevolissima che, in termini di valori costanti, è addirittura un quarto della programmazione. Quando si fa presente questo e si protesta nelle dovute sedi, cosa che abbiamo anche già fatto, ci becchiamo una risposta di questo tipo: “ma noi non abbiamo mica detto che bisogna calare il totale”, della serie “metteteci più soldi voi!”. Il cofinanziamento. Addirittura, in una prima fase della discussione sembrava che volessero che cofinanziassimo anche il FEOGA. Poi quella cosa non era possibile, hanno detto di no a tutti i Paesi. Sulla seconda è teoricamente possibile che lo Stato decide di aumentare il finanziamento, il problema è che si crea una situazione disuguale tra quei Paesi che hanno possibilità di spesa pubblica e quelli che ne hanno meno, perché hanno dei vincoli di spesa pubblica più forti. Tradotto, la Baviera potrà anche aumentarlo il cofinanziamento probabilmente, noi siamo un po’ più in difficoltà. Questo è quello che tra l’altro può far temere anche, al di là del sistema di governance che ha parecchi problemi a sua volta, che la PAC si vada perdendo per come è stata fatta questa proposta.

    Questa è una stima di quello che succede. L’ipotesi è che i pagamenti diretti, quindi il premio unico che abbiamo pagato tutti gli anni, possa calare del 3,9 per cento. Dico subito che è anche una stima per certi versi tutto sommato conservativa, perché c’è una tendenza (secondo me anche giusta) ad andare verso una cogenza maggiore delle misure ambientali e questo porterà ad avere una serie di attività rispetto all’ambiente che diventeranno obbligatorie per poter avere il premio PAC. Per cui è vero che uno magari lo prende uguale, ma deve prendere degli impegni aggiuntivi rispetto a prima. Soprattutto, siccome si parla di altre OCM, in particolar modo si era fatto riferimento ad una OCM del latte e a qualcosa sui cereali, ecco che questo vorrebbe dire che, dato che la torta del FEOGA è sempre quella, che danno il via a dei pagamenti diretti (aritmetica elementare).

    Dello sviluppo rurale vi ho già detto: una pesante riduzione, 15% a prezzi correnti e più del 25 a prezzi costanti e stabilità delle risorse per le misure di mercato che sono le OCM.

    Un nuovo modello di governance è la cosa secondo me più insidiosa in questa fase della discussione, quella che va presidiata di più, insieme alla questione delle risorse, perché la semplificazione l’Unione europea la intende così: loro se la cavano molto bene, nel senso che per loro si semplifica senz’altro; che poi questo voglia dire che è una semplificazione a casa dell’agricoltore ne corre parecchio. Anzi, secondo me si rischia molto, perché lo schema è che sostanzialmente l’Unione europea fissa un set di indicatori sulla base della tripartizione della sostenibilità e poi mette alcuni indici generali per i vari tipi di intervento; gli Stati membri invece devono fare un piano strategico nazionale (ognuno si fa il suo) e la cosa originale è che, mentre adesso le regole del gioco sono uguali per tutti, cioè quando nelle schede di misura del PSR, poi si possono fare i PSR di trecento pagine invece che di mille e due, questo non è in discussione, però attualmente dentro le misure c’è scritto come deve funzionare la misura stessa e funziona così dappertutto. Semmai dopo noi abbiamo delle aggravanti nazionali sul piano dei controlli, perché dobbiamo chiedere delle carte in più rispetto ad altri Paesi, però, dal punto di vista dell’impostazione tutta una serie di modalità sono fissate dal regolamento.

    A quel punto sarebbero fissati dai piani strategici nazionali e questo può creare di fatto 27 PAC parallele, che sì rispondono allo stesso set di indicatori alla fine, ma che possono portare a modalità di attuazione molto diversificate tra i vari Paesi con il rischio di concorrenza sleale interna all’Unione europea. Questo è un rischio molto sentito, che il Parlamento europeo in Comagri ha segnalato in maniera piuttosto evidente. In quel caso relatore della Commissione è Herbert Dorfmann, deputato altoatesino italiano, che ha fatto diverse osservazioni molto critiche proprio su questo punto. Oltretutto gli interventi mirati della PAC sarebbero fatti sì sui bisogni del Paese, ma questo impedisce poi di andare più in profondità sui bisogni regionali. Come voi sapete, l’Italia non è un Paese che abbia una grande uniformità dell’agricoltura, anche proprio per la conformazione che ha il Paese: conformazione fisica, situazioni climatiche molto diverse, situazioni dei suoli molto diverse, Regioni prevalentemente montuose rispetto ad altre che hanno delle piane importanti, quindi è molto difficile per l’Italia pensare di raggruppare tutte le esigenze in un unico piano. Questa è una delle preoccupazioni principali che ci sono.

    Qui vi ho messo anche un’altra slide relativa alla distribuzione più equa tra gli Stati membri, che è uno dei punti che viene posto continuamente dalla DG Agri, il fatto della convergenza dei pagamenti diretti, perché fino adesso c’è stata un po’ di dispersione intorno alle medie. L’Italia peraltro non è uno dei Paesi che ha particolari problemi, noi stiamo tenendo duro dicendo che abbiamo già dato, perché in questi anni abbiamo contribuito più di quello che abbiamo preso al bilancio dell’Unione che indubbiamente è un argomento, anche se non sempre bellissimo, perché alle volte non siamo stati capaci noi di spendere tutto quello che avevamo. Magari non tanto noi qui che abbiamo sempre speso tutto, ma in giro per l’Italia questo problema c’è, c’è anche in questa programmazione per certi versi.

    Cosa è previsto che ci sia dentro i piani strategici? È previsto che il contenuto per ogni Stato membro sia quello di una valutazione delle esigenze, di una strategia di intervento con alcuni obblighi, perché il tema ambientale e quello dei giovani e i programmi settoriali e la gestione del rischio devono essere coperti per forza. Dopo di che bisogna descrivere che i pagamenti diretti, che gli interventi settoriali e di sviluppo rurale si fanno. Si fanno i piani target e i piani finanziari, governance e sistema di coordinamento, elementi per assicurare la modernizzazione della PAC, elementi relativi alla semplificazione e alla riduzione degli oneri amministrativi per i beneficiari. Questo in realtà è il contenuto di un normale PSR, non c’è niente di diverso, solo che in questo caso viene declinato solo sul livello nazionale.

    Quali sono le criticità. Il fatto che una proposta, una costruzione così tende a marginalizzare se non ad azzerare il ruolo dell’autonomia delle Regioni nella gestione della PAC, tant’è che nel 116 abbiamo pensato bene di fare un inciso su questo adesso che torniamo ad occuparcene, perché abbiamo sempre dato per scontato che in Italia, visto che l’agricoltura è regionalizzata in base alla Costituzione, non ci fosse bisogno di ripeterlo, ma, visto che vengono fuori queste ipotesi, forse è il caso di ribadirlo. Questo vale per l’Italia, ma anche per Paesi come la Spagna, la Germania che è uno Stato federale, di conseguenza l’idea di avere un’unica Autorità di gestione per loro è impensabile. Quindi c’è il tema che si vada verso una rinazionalizzazione della politica agricola e quindi con un problema anche di concorrenza sleale all’interno dell’Unione.

    Gli obiettivi comuni ci saranno e saranno nuovi obiettivi stabiliti a livello europeo, ma ognuno ci potrà arrivare in vario modo. Il punto più preoccupante del testo del regolamento che è stato depositato in Parlamento europeo è che ogni Stato membro deve individuare la propria Autorità di gestione per il piano strategico nazionale, che è una sola. Questo significa che, mentre ora le Autorità di gestione in Italia sono le Regioni, almeno per il FEASR, a quel punto non è più possibile, quindi finiremmo in tutta la PAC primo pilastro e secondo pilastro dentro uno schema FEAMP, che è uno schema tremendo per come lo stiamo vivendo: è uno schema in cui noi non possiamo decidere di fare i bandi, seguire il nostro schema temporale, darci la nostra programmazione autonoma, perché dobbiamo sempre aspettare atti di terzi che spesso non arrivano. Quindi di fatto c’è una marginalizzazione totale nel ruolo di organismo intermedio nella migliore delle ipotesi. È chiaro che questo vorrebbe dire disperdere un patrimonio notevole di esperienze gestionali e di non riuscire a cogliere le specificità locali. Ne parlavamo anche nella Commissione politiche agricole, quel giorno avevo di fianco la collega dell’Umbria, lei ha una condizione completamente diversa dalla nostra: lei è piena di tabacco, non siamo pieni di latte o di frutta, siamo in situazioni veramente molto diverse dal punto di vista di cosa serve come politica per l’agricoltura.

    Noi cosa abbiamo chiesto finora e come? Abbiamo chiesto un incremento delle risorse per le ragioni che sono già state dette dai colleghi: riteniamo che l’approccio alle politiche di coesione e alla PAC sia tutto sommato poco ambizioso. È chiaro che poi questo vuol dire che gli Stati membri si facciano un esame di coscienza e decidano cosa vogliono fare, perché, se si vogliono fare delle politiche in più va benissimo, però farlo a detrimento di altre politiche indebolendole non è granché. Tra l’altro indebolire in questa fase l’agricoltura proprio mentre la stessa ONU dice che c’è davanti una sfida epocale, che è quella di dare da mangiare a nove miliardi di persone con un pianeta solo, mentre c’è il cambiamento climatico; disinvestire da un settore che avrà bisogno invece di forti investimenti, anche in innovazione, non sembra una grande scelta. È vero che poi dicono che raddoppiano i fondi di Horizon, però sappiamo che Horizon non va dritto in casa dei contadini, ma passa prima soprattutto dalla parte dell’università e della ricerca. Chiediamo poi di difendere e garantire il ruolo delle Regioni e l’attuazione della PAC, proprio per evitare di avere delle cose inapplicabili.

    Come ci stiamo muovendo, come ci siamo mossi. Abbiamo fatto una prima proposta che è stata accolta alla Conferenza delle Regioni di un testo accolto nella formulazione proposta da noi, con una aggiunta alla fine proposta dalla Lombardia. Abbiamo consegnato il documento al Ministro dell’agricoltura Centinaio pochi giorni prima del suo incontro a Bruxelles previsto per il 14 giugno, proprio perché volevamo mandarlo con una posizione unanime di tutte le Regioni, che ha posto le questioni che vi ho detto finora e che, con l’emendamento della Lombardia, ha chiesto che tutti i passaggi successivi venissero trasmessi alle Regioni per informazione.

    Per quanto riguarda invece il lavoro fatto a livello europeo, nei mesi di marzo e aprile si è fatto un primo lavoro su un documento comune della Rete europea REPO e REFL, che però era fatto in una fase in cui ancora non era uscito né il quadro finanziario né i regolamenti, quindi i due documenti delle due reti europee delle DOP e IGP e dell’ortofrutta sono stati poi aggiornati e le due reti hanno deciso di fare un documento assieme che è stato lanciato a Bruxelles dieci giorni fa, dopo di che è stato presentato il 12 luglio in una riunione delle due reti e in una riunione fatta in REFL con il Comitato delle Regioni molto affollato: c’erano molte Regioni collegate o presenti. Poi stiamo elaborando una posizione comune con un gruppo di Regioni europee più grosse dal punto di vista agricolo: c’è dentro la Baviera, ci sono dentro le Regioni principali spagnole, diverse Regioni francesi e italiane. Questa è la PAC Coalition che verrà presentata al Comitato delle Regioni il 31 agosto 2018 e al Parlamento europeo a Strasburgo il 3 ottobre 2018. All’interno di questa proposta si dicono le solite cose, ma si fa anche un passo in più: si prova a proporre un modello di governance alternativo. Non ci limitiamo a rivendicare che si ritorni a dare uno spazio alle Regioni, ma proviamo a dire anche come.

    Questo è il calendario. A febbraio-maggio 2017 c’è stata la consultazione pubblica, nel luglio 2017 la Conferenza “Have your say”, il 29 novembre 2017 c’è stata la comunicazione da cui abbiamo appreso che sarebbero arrivati dei tagli alle politiche comunitarie, dopo di che il 2 maggio la proposta di quadro finanziario, il primo giugno sono state fatte le proposte legislative. Ora c’è la fase di dibattito al Parlamento europeo e al Consiglio europeo per l’approvazione dei regolamenti della legislazione secondaria. Qui siamo abbastanza indietro, tant’è che si stima che in realtà non ci sarà il tempo per arrivare ad approvare i nuovi regolamenti, anche se la DG Agri ha intenzione di imporre delle tappe forzate. Però ci sono già diversi provvedimenti che sono all’ordine del giorno dell’Unione e uno di quelli che rischia di arrivare, io spero che arrivi per tempo entro la fine dell’anno, è quello sulle pratiche commerciali sleali, che sta seguendo l’onorevole De Castro in Comagri e che sta andando invece abbastanza a tappe forzate. Sono appena stati nominati i vari relatori per le varie materie, le sub materie della PAC, che quindi viene suddivisa tra vari parlamentari, ma deve ancora cominciare tutta la discussione nelle Commissioni e poi in tutti gli altri passaggi che ci sono, per cui viene ritenuto abbastanza improbabile che entro la fine dell’attuale legislatura sia possibile arrivare a definire lo schema. Alcuni dicono che si vorrebbe andare a dare un mandato e comunque a prendere per assodate alcune cose, tipo l’architettura. Quindi sono mesi in cui c’è da continuare a stare vigili e soprattutto a lavorare insieme con le altre Regioni italiane e con le altre Regioni europee.

     

    Presidente SERRI

    Grazie, assessore. Passiamo ora alla parte delle domande e degli interventi. Bagnari, prego.

     

    Consigliere Mirco BAGNARI

    Grazie presidente. Alcune considerazioni, anche alla luce, oltre che della documentazione che è stata inviata, anche delle precisazioni e degli approfondimenti che sono stati fatti. Mi sembra di poter partire da alcune considerazioni anche in parte positive. Sicuramente è stato scongiurato lo scenario peggiore dal punto di vista delle risorse che era stato paventato inizialmente e soprattutto, mi sembra di capire, questo credo sia un elemento positivo anche per la battaglia che è stata fatta dalla nostra Regione, c’è stato un riequilibrio in modo da non dare la priorità alle Regioni meno sviluppate, penalizzando le Regioni, come la nostra, che hanno un livello di sviluppo che può fungere da traino anche per le altre. Quindi l’idea è che non si vada a toccare, a penalizzare il quadro che riguarda Regioni come la nostra. Poi formalmente, come è stato evidenziato, viene mantenuto un sistema di governance multilivello. Va chiarito bene questo sistema che effettiva declinazione multilivello avrà. Credo che questo ci debba spingere a continuare una battaglia per cercare di mantenere alto il coinvolgimento del ruolo delle Regioni.

    Altri elementi positivi, perché secondo me va bene ricordare anche quello che di positivo c’è, che non è poco: il fatto per esempio di puntare anche ad una misurabilità e raggiungimento degli obiettivi dati dall’Unione europea e, in parte, anche positivamente un contributo del livello nazionale nella definizione e nella misurazione di questi. Questo credo sia un aspetto positivo proprio perché bisogna passare sempre di più da quella che è una priorità data al rispetto formale, rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere e che devono essere di sviluppo per i nostri territori, in particolare per il mondo agricolo, visto che una parte preponderante di quello di cui stiamo parlando riguarda la PAC.

    Si parla anche di una semplificazione di tutto quanto il sistema delle procedure e credo che questo sia un tema che vada approfondito perché, se così fosse, è importante, però è un tema su cui bisogna concretamente che l’Unione europea lavori perché è uno dei temi che si sono posti con grande forza dai territori e dalle imprese. In questo credo e spero che la nostra Regione faccia una battaglia, anche perché le Regioni possano ritagliarsi anche un ruolo di maggiore semplificazione possibile. Adesso abbiamo visto che su alcune partite c’è stato un impegno forte da parte della nostra Regione, credo che si debba però cercare di fare sempre di più. Quando si parla di semplificazione del sistema, c’è un riferimento, se non ricordo male, anche al sistema delle agenzie di pagamento. Su questo, quando parliamo di semplificazione, incrociando i due temi, mi auguro che il tema sia non di accentrare tutto a livello nazionale, dove sappiamo avere maggiori problemi andando a creare dei problemi a livello regionale, quindi una semplificazione in una direzione di effettivo miglioramento, non di accentramento o di peggioramento.

    All’interno della PAC si può rilevare anche una certa attenzione ai temi dell’ambiente, della resilienza, puntando anche all’attenzione sull’equità dei redditi degli agricoltori e, per quanto riguarda sempre l’agricoltura, sostegno ai redditi dei giovani agricoltori.

    Elencati questi punti positivi, che non sono cose da poco, credo che quello che è stato detto ci faccia capire che è bene che ci sia un’attenzione anche sugli aspetti critici e ci sia anche una presa di posizione da parte della nostra Regione (non da sola ovviamente) in un sistema delle Regioni che cerca di non difendere l’esistente, ma di cercare di migliorare quello che viene espresso dalle politiche europee.

    Sicuramente è stato detto – lo ribadisco – il rischio di un accentramento della gestione delle risorse europee che può creare dei problemi. Non è questione di portare via potere alle Regioni, ma di implementare in maniera corretta e a favore dei territori le politiche europee, come pure il tema della diminuzione del cofinanziamento europeo che diventerebbe veramente disastroso. Volendo riassumere, si potrebbe dire che c’è un rischio di allontanamento dell’Unione europea dai bisogni e dall’ascolto dei territori. Ritengo che dobbiamo porre veramente con forza il tema di un rilancio di una volontà di forte semplificazione e concreta semplificazione e snellimento.

    Un’annotazione, mi rifaccio a quello che diceva prima l’assessore Caselli, i tempi non sono un elemento secondario: un forte coinvolgimento, associato alla necessità di arrivare entro la primavera dell’anno prossimo a concludere tutto il percorso, non è cosa facile, ma credo che sia un elemento importante, perché altrimenti si rischierebbe con le elezioni europee di perdere quantomeno sei o sette mesi su queste politiche determinanti per la nostra economia. Credo che anche qui un segnale forte di volontà di raggiungere in tempi brevi questi obiettivi sia importante.

     

    Presidente SERRI

    Altri? Prego Iotti.

     

    Consigliere Massimo IOTTI

    Mi associo ai dubbi e alle considerazioni fatte in ordine al quadro della PAC che sicuramente ha rappresentato nella programmazione recente il pacchetto più significativo che ha posto anche nella nostra Regione credo le condizioni più importanti per vedere e per far comprendere quanto la spesa su fondi europei aveva realmente un’incidenza e un significato.

    Faccio subito una domanda che non ho compreso, anche se ho visto il calendario finale, ma mi aggiungo anche alla considerazione che ha fatto il collega Bagnari poco fa: se questo è un quadro ormai chiuso o se pure esistono margini di discussione. Io credo che ormai questa sia la griglia non dico rigida, ma molto vincolante, però credo anch’io che, se questo è il percorso e questi sono i tempi, non so con l’incrocio con il nuovo Parlamento, che ci dovrà per forza essere il prossimo anno, come tutte queste politiche poi raggiungano l’effettiva attuazione. Questo è un dubbio, lo faccio non conoscendo i dettagli, l’assessore sicuramente li conosce molto bene.

    Mi concentro invece su alcune considerazioni sul FESR e conseguentemente anche sull’FSE.

    Credo che questo in questi anni sia stato uno dei settori le cui priorità maggiormente sono state poste all’attenzione, anche dalle scelte fatte in questa Regione. Più volte si è verificata realmente la necessità di intervenire, lo dico molto chiaramente, sui temi della transizione energetica, quindi sulle energie rinnovabili, i cambiamenti climatici, ma soprattutto sul tema dello sviluppo urbano sostenibile, credo che sia una delle grandi questioni che abbiamo posto tutti con enorme evidenza, ma che si è fatto i conti con la difficoltà di mettere in atto delle politiche reali, proprio perché – non ce lo possiamo nascondere – i vincoli determinati degli equilibri di bilancio, sia in ordine della spesa dello Stato ma anche delle Regioni, pongono realmente dei vincoli di spesa relativi e delle inopportunità relative a quello che riguarda un quadro di investimenti che di per sé non può che alimentare un processo che riteniamo tutti virtuoso e importante, ma che in questo momento fa fatica a decollare.

    Tradotto, senza politiche pubbliche io credo che tutto quello che noi abbiamo detto in questi anni relativamente alle trasformazioni urbane, all’innovazione, alla rigenerazione... – e non mi dilungo – siano di difficilissima attuazione. Quindi, con tutto quello che riguarda la reale innovazione anche in ordine alle potenzialità di priorità e di programmazione, questo credo che sia uno dei temi a detta di tutti centrale, ma che oggi ha segnato il passo sulla reale disponibilità. Credo che su questi temi, ferme restando tutte le criticità che poi l’operazione della Brexit segna il passo anche su questo quadro complessivo generale di finanziamento pluriennale, io mi aspetto realmente un segnale, perché altrimenti i grandi obiettivi in cui quotidianamente ci vediamo coinvolti in una serie di programmi, risoluzioni, prese di posizione a livello europeo, faticano poi a prendere concretezza.

    Quindi, bene il fatto che comunque si sia riusciti a fermare quel concetto di continuità e sostegno delle politiche di coesione, che riguardano effettivamente le politiche di investimento che coinvolgono le Regioni. Se non ho letto male, questo significa anche sostanzialmente un riequilibrio tra le dotazioni rivolte alle Regioni dell’Est piuttosto che nell’ambito del Mediterraneo, così come il superamento, anche se graduale, ma credo necessario, dell’idea delle Regioni in ritardo di sviluppo come centrale in questa destinazione, io credo che siano comunque elementi che ci possano permettere di guardare avanti, ma concentrando le risorse sui settori strategici. Su questo lavoro credo che ci si vedrà impegnati perché, una volta definito il quadro complessivo finanziario pluriennale, all’interno delle stesse politiche qualcosa bisognerà pur cercare di incidere per portare alle reali priorità, alle reali capacità di incidere sui territori, perché è quello che ci preme di più.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Grazie consigliere Iotti, consigliera Serri.

     

    Presidente SERRI

    Alcune battute. Credo che sia questo un passaggio importante che si colloca un momento anche di grandi cambiamenti: la Brexit, ma non solo, probabilmente anche l’esigenza di riequilibrare una serie di situazioni fra i vari Paesi componenti.

    A me preoccupano alcune cose. Questo tema, lo chiamo PSR per intenderci, comunque di aiuti che abbiamo visto essere stato anche in quest’ultima fase veramente importanti e determinanti, questo allontanamento, quindi politiche gestite più sul piano nazionale, quindi con un ruolo in calare delle Regioni. È chiaro, abbiamo anche visto come funziona tutto questo in altre Regioni, abbiamo visto che ci sono Regioni che riescono comunque a cogliere in modo più preciso e più puntuale i bisogni e anche ad orientare meglio le risorse, i bandi in un’ottica di crescita, di sviluppo e di recupero delle problematiche e le difficoltà. Quindi questo aspetto mi preoccupa abbastanza. Il tema della riduzione delle risorse che esiste e viene in parte, e forse va capito meglio, recuperato: ci sono anche degli spostamenti. Adesso mi sembra di capire che anche sul tema dell’agricoltura ci sarà una maggiore propensione ad inserire e ad utilizzare maggiori OCM, che vuol dire probabilmente anche un sostegno maggiore alla rete, all’organizzazione dei vari settori, quindi probabilmente anche indirizzi che, al di là delle risorse che vanno ben quantificate, comunque non sono sempre negativi, ma hanno anche delle positività.

    Credo che questo tema però del ruolo delle Regioni debba essere un elemento centrale. Faccio abbastanza fatica oggi a pensare ad un percorso futuro di questo tipo, allontanando questo dai territori. Quindi mi premeva fare una sottolineatura ed evidenziare questo aspetto.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Se non ci sono altri interventi, non so se l’assessore Caselli voglia replicare. Prego.

     

    Assessore CASELLI

    Grazie, presidente. Questa è una proposta della DG Agri, quindi è una proposta della Commissione, che quindi è al vaglio del Parlamento, per cui non c’è niente di preconfezionato o fermo, anzi, perché il Parlamento in realtà ha fatto un grosso lavoro in Comagri e, in particolare, l’onorevole Dorfmann ha presentato una relazione finale molto articolata, che è stata poi votata dal Parlamento europeo sul contenuto e la visione della futura PAC, che è profondamente diversa da quello che c’è scritto sul regolamento, su alcuni punti anche abbastanza inconciliabili. Peraltro è stata una relazione approvata a larghissima maggioranza del Parlamento europeo, quindi anche molto trasversale rispetto agli schieramenti come voto. Quindi non sarà facile riportare ad una la faccenda, perché la visione attualmente tra la DG Agri, tra la Commissione e il Parlamento è abbastanza divaricata e non è solo questione di risorse, ma proprio del modello e, in generale, dell’impostazione.

    Uno degli argomenti su cui si dibatte, che poi nel merito sono sempre i soliti argomenti, è come fare a rafforzare il presidio delle attività di tutela ambientale, su cui si è tutti d’accordo, però si è visto che il greening è stato un disastro, ha complicato la vita e non ha ottenuto risultati. Cosa detta da tutti, anche dalla Corte dei Conti europea. Di conseguenza, adesso si sta vedendo come e dove metterla questa cosa, il che porterà ad avere tutta una serie di cosiddette “condizionalità rafforzate”, cioè degli elementi base che uno deve raggiungere per poter anche solo accedere alla richiesta di contributi. Su questo ci sono visioni anche abbastanza diverse.

    Una visione molto diversa, per esempio, è su chi debba essere il beneficiario della PAC. C’è la definizione famosa dell’agricoltura attiva, quello che ci vive sopra, che è facile da dire, ma meno facile da fare. Ci sono vari casi di abuso. Dorfmann cita sempre quello che magari da una regione del Sud prende in affitto un mucchio di ettari su una malga in Alto Adige, ci mette un ragazzo giovane, prende il contributo dei giovani, però lì non sta accadendo nulla, ma si incassa il premio PAC. Come fare ad evitare delle cose di questo genere e far arrivare chi veramente produce e vive di questo.

    Poi c’è tutto il tema che veniva ricordato anche dalla consigliera Serri di come fare a favorire l’aggregazione, quindi ridurre i temi che ci sono. C’è un’ipotesi di lavorare al superamento dei titoli per come sono calcolati ora, che sarebbe una rivoluzione totale, nel senso di non andare solo e soltanto sugli ettari, ma anche sul significato che hanno certe zone. E c’è tutto il tema del capping: il fatto di mettere un tetto a quello che si paga di primo pilastro, cosa che vede molta animazione, perché apparentemente uno dice tanto quello che è molto grosso poi… però questo rischia di passare sopra magari anche ad attività aggregate che, proprio perché sono aggregate, sono più grandi. Da un lato si chiede l’aggregazione, poi dopo si punisce la dimensione. Quindi è aperta una discussione che nel merito è molto complicata e che non lascia pensare che sia così semplice. La stessa proposta di governance che è stata fatta vede nel documento del Parlamento europeo un approccio assolutamente diverso, per cui non è per niente scontato che questa cosa potrà andare avanti a tappe forzate.

    Peraltro c’è un po’ di margine negoziale anche sulla parte dei fondi, perché la questione delle risorse è quella che veramente deve andare per forza a concludersi entro la fine dell’anno, perché il quadro finanziario comunitario bisogna avercelo e quindi quello di sicuro lo fissano. Per cui adesso c’è una parte di trattativa che è molto su questo, perché vedere se o si toglie qualcosa alle altre politiche e si cambiano le stime, altrimenti si vede di trovare delle altre fonti di entrata, che può essere proporre un contributo ulteriore agli Stati o andare accanto ad altre ipotesi. Si era parlato di riserve, di BCE o altre faccende. Comunque, c’è un lavorio che continua, ci sono dei documenti, c’è un appello per esempio di Spagna, Francia e altri Paesi del Mediterraneo (a cui di recente si è aggiunto anche il ministro Centinaio) per lasciare intonse le risorse della PAC. Su quello ovviamente si continua a lavorare sensibilmente e su quel tema entro la fine dell’anno arriveremo da qualche parte di sicuro ad avere quantomeno un quadro chiaro, per cui non bisogna mollare in questi mesi.

    Sull’altra vicenda del modello di governo obiettivamente anche qui bisogna lavorarci, ma qui che sia proprio uno schema chiuso non è affatto detto, perché è chiaro che nei desiderata della Commissione è uno schema chiuso, però, dato che viene sostenuto facendo appello al fatto che semplificherebbe, in realtà semplifica la vita di chi lavora là, ma non semplifica la vita degli agricoltori. Tra l’altro poi si ingenererebbe anche una situazione potenzialmente molto antipatica, con un gruppo in Europa che fa sostanzialmente da giudice e dà i voti agli indicatori che vengono presentati, una cosa anche antipatica: mentre adesso si negozia insieme, si ragiona, è proprio uno schema estremamente diverso.

    Per quanto riguarda invece l’OCM è vero che vengono proposte anche altre OCM; io, anche se penso che quello dell’OCM sia uno schema molto corretto, perché ha funzionato benissimo e tra l’altro ha permesso di avere ottimi risultati con una dimensione di risorse assolutamente favorevole, nel senso che il rapporto costo/beneficio è stato molto alto nel settore del vino e dell’ortofrutta, favorendo l’aggregazione dei produttori; è chiaro che farebbe benissimo anche nel campo dei cereali, piuttosto che delle carni, però io credo che, andando a scapito, visto che la torta del FEAGA è quella, del premio unico, non sia così facile fare delle altre OCM. Adesso vedremo. Anche quella è una discussione che entra molto nel merito, per ora siamo più sui macro temi.

     

    Dott.ssa BRANCALEONI

    Vorrei aggiungere, ricordo che nella programmazione precedente, nel 2012, il Parlamento di allora rigettò la prima proposta della Commissione, per cui uno dei motivi del ritardo dell’avvio di questa... poi bisogna anche capire il Parlamento cosa intende fare in questo scenario. Quindi le cifre anche per il quadro finanziario complessivo non sono scolpite nella roccia. Anzi, adesso che è il semestre dell’Austria, l’Austria è contraria a questo valore di PIL dei 27 dell’1,11 che porta le previsioni che abbiamo illustrato oggi, vorrebbero meno. E non sono i soli. Quindi bisogna capire nel dibattito tra Stati che cosa esce.

     

    Assessore CASELLI

    Tra l’altro sono migliaia di emendamenti già rispetto a questo regolamento presentati in Comagri in Parlamento europeo, per cui è un percorso abbastanza accidentato.

     

    Presidente POMPIGNOLI

    Bene, se non ci sono altri interventi, chiudiamo la seduta della Commissione. Grazie a tutti.

     

    Espandi Indice