Testo
Verbale n. 5
Seduta del 21 settembre 2009
Il giorno 21 settembre 2009 alle ore 16,00 si è riunita presso la
sede dell'Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro 50, la
Commissione Attuazione dello Statuto convocata in udienza
conoscitiva con nota Prot. n. 24763 del 9 settembre 2009.
Partecipano alla seduta i Commissari:
Cognome e Nome Qualifica Gruppo Voto
LOMBARDI Marco Presidente Forza Italia - Popolo 2 presente
della Libertà
BORGHI Vice Partito Democratico 4 presente
Gianluca Presidente
VARANI Gianni Vice Forza Italia - Popolo della 5 presente
Presidente Libertà
BARBIERI Marco Componente Partito Democratico 3 assente
BORTOLAZZI Componente Partito dei Comunisti 1 assente
Donatella Italiani
BOSI Mauro Componente Partito Democratico 3 presente
DELCHIAPPO Componente Misto 1 assente
Renato
DONINI Monica Componente Partito della 2 assente
Rifondazione Comunista
ERCOLINI Componente Partito Democratico 4 assente
Gabriella
GUERRA Daniela Componente Verdi per la pace 1 assente
LEONI Andrea Componente Forza Italia - Popolo 1 assente
della Libertà
MAJANI Anna Componente Partito Democratico 1 assente
MANFREDINI Componente Lega Nord Padania 3 assente
Mauro Emilia e Romagna
MAZZA Ugo Componente Sinistra Democratica 2 presente
per il Socialismo Europeo
MONACO Carlo Componente Per l'Emilia-Romagna 1 assente
NANNI Paolo Componente Italia dei Valori 1 assente
con Di Pietro
NERVEGNA Componente Forza Italia - Popolo 1 assente
Antonio della Libertà
NOE' Silvia Componente Unione dei Democratici 1 presente
Cristianie Democratici di
Centro
SALSI Laura Componente Partito Democratico 5 presente
VECCHI Alberto Componente Alleanza nazionale 4 presente
- Popolo della Libertà
ZANCA Paolo Componente Uniti nell'Ulivo - SDI 4 assente
Sono presenti i consiglieri: Massimo MEZZETTI (Sinistra Democratica
per il Socialismo Europeo).
Presiede la seduta: Marco Lombardi
Assiste il segretario: Nicoletta Tartari
Resocontista: Nicoletta Tartari
UDIENZA CONOSCITIVA
4624 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Mazza e
Mezzetti: Norme per la definizione, riordino e promozione delle
procedure di consultazione e partecipazione alla elaborazione delle
politiche regionali e locali (12 05 09).
Partecipano all'udienza conoscitiva:
Baietti Alessandro Regione Emilia-Romagna
Baruzzi Valter Direttore scientifico Associazione Camina
Bellotti Bruna Presidente Associazione Diritti senza
barriere
Breveglieri Riccardo Forum Terzo Settore
Casali Luigi Vice Sindaco Comune di San Leo
Cerri Giorgio Docente
Cesion Massimiliano Funzionario Comune di Forlì
Condemi Antonio Regione Emilia-Romagna
Donati Daniele Ricercatore Università di Bologna
Fattori Marcello Sindaco Comune di Maiolo
Foresti Sandra Associazione Diritti senza barriere
Gandini Lucia Confartigianato Emilia-Romagna
Gasparini Giada Presidente Associazione Noi consumatori
Ghetti Alessandro Responsabile Ufficio legislativo
Coldiretti E-R
Gioiellieri Antonio Direttore ANCI Emilia-Romagna
Lombardi Carlo Responsabile Relazioni istituzionali
Confindustria E-R
Lugli Daniele Difensore civico Regione Emilia-Romagna
Maccaferri Carlo Associazione Ingegneri Emilia-Romagna
Mantello Nicola Regione Emilia-Romagna
Mengozzi Alessandro Ricercatore Università degli Studi di
Bologna
Montalti Francesca Consigliere ANFFAS onlus Cesena
Montanari Massimo Segretario regionale WWF Emilia-Romagna
Ozzola Filippo Dottorando Università di Bologna
Palladino Francesco Regione Emilia-Romagna
Pancaldi M. Giuseppina Vicepresidente AIDO Emilia-Romagna
Pareschi Rita Legacoop Emilia-Romagna
Paron Francesca Regione Emilia-Romagna
Passarelli Giorgio Regione Emilia Romagna
Poli Giancarlo Regione Emilia-Romagna
Rimondini Maddalena Funzionario Confcommercio Emilia-Romagna
Sacchetta Leonardo Assessore Comune di Pennabilli
Sebastiani Vincenzo Sindaco Comune di Novafeltria
Tolomelli Marta Presidente ALISE
Valenti Lorenzo Presidente Comunità montana Alta
Valmarecchia
Zanelli Michele Regione Emilia-Romagna
MARCO LOMBARDI (Presidente della Commissione): Vi ringrazio per
essere intervenuti a questa udienza conoscitiva. Il relatore Mazza
illustrerà la questione che ci riguarda, ma siamo qui soprattutto
per ascoltare le vostre indicazioni. Tengo a precisare che siamo
sempre nell'ambito dell'attuazione del nuovo Statuto che prevede, in
casi come questo, un'ampia consultazione con tutte le forze
interessate. Abbiamo anche cercato, con una novità rispetto agli
orari in cui solitamente vengono svolti questi incontri, di rendere
più accessibile non solo alle compagini strutturate ma anche a
quelle più spontanee la partecipazione a questa udienza conoscitiva,
perché vogliamo dare da subito il segnale, visto l'argomento che
tratta la legge, di volere la più ampia partecipazione possibile.
Do subito la parola al relatore, che - sempre in base alle modifiche
dello Statuto - segue l'andamento dell'iter legislativo dall'inizio
e quindi con una differenza rispetto al passato dove non c'era la
possibilità di una azione di questo tipo.
Nel cedere la parola al relatore vorrei salutare con particolare
calore, senza fare torto agli altri, la presenza di alcuni dei sette
sindaci dei Comuni dell'Alta Valmarecchia che sono recentemente
entrati a far parte della Regione Emilia-Romagna e che i nostri
uffici in maniera molto solerte hanno già provveduto a convocare,
quindi di buon grado gli diamo il benvenuto.
La parola al consigliere relatore Mazza.
UGO MAZZA (Consigliere relatore): Buonasera, grazie per la presenza.
Cercherò di essere il più possibile sintetico, confidando che
l'articolato se non è già stato letto lo sarà. Per quanto mi
riguarda vorrei evidenziare le questioni più rilevanti del progetto
di legge.
Noi oggi iniziamo il percorso, come ha già detto il Presidente, un
percorso che sarà abbastanza breve per certi versi, perché la
legislatura termina fra pochi mesi; la speranza è che ci possano
essere delle convergenze sufficienti per riuscire a portare in porto
un progetto di legge che a me pare particolarmente rilevante per la
Regione Emilia-Romagna e per i suoi cittadini.
Noi abbiamo presentato questo progetto di legge facendo riferimento
ad alcune esperienze, che sono conosciute da tutti quelli che un po'
seguono questi argomenti. Tenuto conto del dibattito in Europa,
abbiamo fatto riferimento particolarmente all'esperienza francese
del debat public che ha previsto e prevede una procedura basata
sulla figura del garante della terzietà nel procedimento di
confronto tra gli interessi che sono in campo. Questo ci pare un
elemento importante perché l'impostazione del processo, il suo
svolgimento e le conclusioni sono questioni importantissime per
l'esito stesso della partecipazione.
Abbiamo anche tenuto conto delle esperienze che si sono svolte in
Emilia-Romagna, perché la partecipazione non nasce oggi, questo
sistema, questo confronto esiste da molti anni in Emilia-Romagna:
c'è una forte esperienza di Agenda 21, ci sono forti esperienze di
assemblee fatte dalle istituzioni elettive per sentire il parere dei
cittadini, di forum, di esperienze di democrazia partecipata, quindi
ci inseriamo in un contesto molto ampio.
Questa legge tende a cogliere un aspetto di questo procedimento che
a volte ha avuto degli elementi di insoddisfazione e cioè la
genericità del rapporto tra la discussione e la conclusione. Molte
volte nelle assemblee si dice Bene, abbiamo ascoltato, ora vedremo
cosa fare , invece con questo processo si tenta di affiancare alla
democrazia rappresentativa una struttura abbastanza precisa di
democrazia partecipativa. Noi crediamo che questo sia un punto
importante proprio per consolidare la democrazia nel nostro Paese e
per consolidare anche la democrazia rappresentativa che non può
pensare di farsi vedere ogni cinque anni e nel frattempo chi è stato
eletto governa da solo. I processi sono più dinamici, la complessità
del governo è altrettanto difficoltosa, emergono conflitti, emergono
diversi interessi e quindi il governo di questi processi ha bisogno,
secondo noi, anche della presenza di cittadini tramite forme
articolate, una delle quali è quella che noi oggi presentiamo.
La nostra è una proposta aperta alla discussione, aperta ai
cambiamenti, invitiamo anche a fare pervenire atti scritti, proposte
di modifica, di cui terremo conto in Commissione. La proposta di
legge che abbiamo avanzato ovviamente ha una dimensione regionale,
perché opera nell'intendimento di realizzare un diritto
partecipativo minimo per tutti i cittadini, da Piacenza a Rimini.
Come dire che sostanzialmente c'è un minimo di diritto di
cittadinanza che è riconosciuto a tutti e che poi i Comuni e le
Province possono ampliare, migliorare, accrescere ancora di più, ma
intanto c'è questa base minima che a noi pare importante da tenere
presente. Abbiamo cercato di sottolineare che questa partecipazione
avviene su modalità predefinite e abbastanza precise, pur lasciando
la flessibilità necessaria per adattare il procedimento alle singole
situazioni che sul territorio si manifestano.
Questo progetto di legge trae origine da due strumenti per noi
fondamentali, il primo dei quali è la Costituzione italiana, che
all'art. 118 ha riconosciuto l'autonoma iniziativa dei cittadini
singoli ed associati per lo svolgimento di attività generali. Questo
è un tipo di sussidiarietà molto più importante e più ampia di
quella settoriale che è stata enfatizzata per rendere possibile
l'accesso dei privati nell'ambito dei servizi pubblici, che è pure
una questione importante ma è sempre settoriale. Questo tipo di
sussidiarietà, invece, evidenzia che i cittadini possono partecipare
con un riconoscimento delle istituzioni alle decisioni che
riguardano i grandi temi generali. Quindi sono protagonisti del
governo del proprio territorio, anche sulla base della Costituzione:
è un principio che non viene sufficientemente enfatizzato, mentre io
lo ritengo un elemento di forte innovazione della Costituzione
stessa.
Le altre fonti sono il nostro Statuto, su cui abbiamo avuto lunghe
discussioni proprio per accrescere le modalità della partecipazione.
Così, è stata approvata dall'Assemblea legislativa una serie di
possibilità di partecipazione durante la formazione degli atti,
oltre che ovviamente una serie di forme di democrazia diretta.
Quindi noi parliamo di democrazia rappresentativa, democrazia
partecipata anche tramite ciò che è previsto in questo progetto di
legge e di democrazia diretta tramite gli istituti che sono già
previsti, quali petizione, istruttoria pubblica, iniziativa
legislativa popolare, consultazioni dell'Assemblea legislativa,
referendum abrogativo e consultivo. Tutte queste modalità danno il
senso di un'ampia possibilità di presenza, ma molte volte non
risultano del tutto organicamente incardinate nel sistema
decisionale di governo rappresentativo.
Il nostro obiettivo è migliorare la qualità democratica delle scelte
di governo; creare maggiore coesione sociale governando i conflitti,
che non vanno negati; aumentare la qualità delle risorse
immateriali, quindi anche la fiducia collettiva, il capitale
sociale, il rapporto con le istituzioni, che sono questioni
fondamentali per la democrazia; creare un percorso definito in modo
preciso per ridurre i tempi e i costi amministrativi dei processi
decisionali; valorizzare le competenze diffuse nella società;
rimuovere ogni discriminazione; far sì che i cittadini da soggetti
amministrati e esclusi siano soggetti attivi, che si prendono cura
dei beni comuni e degli spazi pubblici.
Questo a me pare un elemento importante, cioè definire il modo con
cui si può partecipare e come si sottolinea la partecipazione.
Ovviamente tutti sappiamo che la società è formata di interessi e
gli interessi vanno regolati, ma molte volte sorge il dubbio che
solo gli interessi forti abbiano accesso al dialogo con le
istituzioni e che quindi ci sia un limite, che il dialogo venga in
qualche modo negato a quelli che fanno parte di associazioni più
diffuse sul territorio e più deboli. Forse con una forzatura si può
sostenere che il conflitto molte volte si misura con l'ente
pubblico, il Comune, la Provincia, la Regione, poiché a volte ci
sono tavoli diversi, uno di discussione più riservata, in cui c'è
quasi una tendenza alla privatizzazione della decisione, e un altro
basato su un confronto più ampio, più pubblico, più aperto. Questo è
quello che vorremmo instaurare con il procedimento partecipativo per
far sì che la decisione sia anche il frutto di questo confronto
nelle modalità che poi la legge stabilisce.
Una parola chiave che volevo sottolineare è iniziativa dei
cittadini . Questa proposta di legge riconosce il diritto di
iniziativa ai cittadini, i cittadini possono avanzare istanze e
petizioni alle istituzioni interessate, chiedendo l'apertura di un
processo partecipativo. L'istituzione può accettare la richiesta e
quindi si avvia il processo partecipativo oppure può respingerla; se
viene respinta, il garante avrà un ruolo di mediazione tra i
cittadini e le istituzioni per cercare di comporre le differenze e
portare ad un accordo verso il percorso partecipativo. Dunque c'è
una possibilità di richiesta per il cittadino, una possibilità di
risposta anche negativa delle istituzioni e una possibile mediazione
del garante: quindi il processo partecipativo non è un obbligo (ci
tengo a sottolinearlo perché questo è un elemento che molte volte
emerge come preoccupazione), è una possibilità. È chiaro che un ente
elettivo che dice no si assume una responsabilità politica, ma
questo fa parte delle regole, del prendersi delle responsabilità,
non è un problema; l'importante è che comunque ci sia apertura al
confronto e quindi anche un doveroso rispetto delle richieste con
una risposta precisa.
L'altro elemento forte di questa proposta è quello della terzietà,
per questo si vuole istituire una figura, il garante, che garantisca
lo svolgimento del percorso partecipativo, che ne valuti il
progetto, che verifichi la conclusione del progetto stesso. Si
tratta di una figura sopra le parti rispetto all'ente locale, ai
cittadini, agli interessi in campo, che garantisca lo svolgimento di
un percorso coerente con gli accordi che vengono stabiliti, nel
rispetto delle leggi e degli statuti comunali e provinciali. Quindi
è un organo terzo che viene eletto dall'Assemblea legislativa per
garantire questa funzione di autonomia di intervento.
Il garante si avvale dell'ufficio della partecipazione, che è il
luogo necessario per gestire questi provvedimenti, dato che
ovviamente c'è la necessità di guardare, progettare, intervenire sui
processi di partecipazione, valutare anche i processi che vengono
presentati, verificare e ammettere a sostegno finanziario questi
progetti. Il compito della Regione è quello di finanziare e di
sostenere questi percorsi, riconoscendo risorse agli enti che li
attivano; occorre qualcuno che verifichi che il percorso sia
coerente con l'impostazione e la progettazione, lo svolgimento e le
conclusioni (ma non nel merito, perché questo non riguarda il
garante, l'esito è un'altra cosa). Il garante della partecipazione
dovrà anche affrontare il problema dei tempi, che è un'altra delle
questioni molto delicate che abbiamo di fronte.
Il procedimento partecipativo si svolge secondo un metodo abbastanza
consolidato: viene approntato un tavolo per la discussione in cui
sono ammessi tutti quelli che hanno un qualche titolo sulla
questione in esame, dai cittadini che sono presenti nell'area
diffusa, fino ai portatori di interessi più concreti, oltre alle
istituzioni coinvolte. Tutti costoro avviano un confronto partendo
da una conoscenza precisa del materiale, degli atti, dei progetti
preparatori e discutono di quali possono essere le possibili
mediazioni tra gli interessi diversi che sono presenti a quel
tavolo. Il compito quindi è quello di giungere a delle scelte che
possano trovare il consenso di tutti. L'obiettivo è quello di
includere i cittadini e i vari interessi in questo confronto; è
chiaro che può anche essere che alla fine il procedimento non si
concluda all'unanimità, ma si lavora tutti per raggiungere questa
possibilità, quindi chi siede a quel tavolo accetta questo
confronto.
Sono consapevole che ci possano anche essere persone che possono non
ritenere questo tavolo valido e che preferiscono il conflitto e
quindi lo scontro, oppure altre che non ritengono di riconoscerlo
come sede adeguata per i loro interessi; ma questa è un'altra
questione. Chi invece partecipa a questo procedimento accetta una
metodologia che porta al confronto, all'inclusione, ad una
discussione di merito ed anche, possibilmente, ad una soluzione
concordata tra cittadini, interessi presenti ed istituzioni: questo
mi pare il punto importante.
I risultati possibili del processo partecipativo sono due: uno è
l'annullamento del processo, nel caso in cui non si arriva alla
conclusione per ragioni diverse, che la legge affronta e analizza.
L'altro risultato possibile è la conclusione del processo con un
documento di indirizzo che viene approvato - all'unanimità, è
sperabile, o a maggioranza - dal tavolo insediato.
Abbiamo previsto una clausola di cedevolezza , per citare una norma
europea, che è un'opportunità per l'istituzione, la quale può
scegliere, su alcune questioni precedentemente individuate, di
assumere come proprie decisioni gli atti, le proposte che sono state
avanzate dal tavolo. Deve comunque essere una libera decisione
dell'ente che, di fatto, assume come proprie le decisioni dei
cittadini.
In questo percorso vogliamo affermare l'elemento della qualità, una
qualità condivisa dell'abitare, delle scelte che vengono fatte,
dell'ambiente, del paesaggio. Una qualità che nasce da un incontro
di diversi punti di vista, si riconosce che un punto di vista da
solo non è sufficiente, la qualità è frutto del confronto fra punti
di vista diversi e della capacità di trovare una sintesi, una
intesa, una concertazione, dopo un confronto anche molto preciso.
Se il tavolo è molto ampio, come può succedere in certe occasioni, è
possibile istituire un comitato di pilotaggio, cioè un gruppo che
viene scelto per governare i vari passaggi fra una riunione plenaria
e l'altra del tavolo, per cercare di costruire le condizioni di una
intesa e di un accordo. Tutto questo si accompagna ad una pubblicità
molto precisa, anche tramite web, dei lavori che vengono svolti,
quindi si creano le condizioni perché i cittadini non siano esclusi
dal percorso che deve essere quanto mai aperto e chiaro.
Un altro nodo è la questione dei tempi, di cui ci siamo trovati più
volte a discutere con le persone che hanno voluto darci una mano
nella preparazione della proposta di legge, ma anche con chi ha
qualche perplessità sulla legge stessa. Definire i tempi è un
elemento necessario alla democrazia, dato che evidentemente chi
decide da solo, senza coinvolgere nessuno, fa prima, ma non mi pare
un processo molto democratico, soprattutto nelle questioni che
riguardano tutti. Il problema è vedere come assieme ci si dà dei
tempi da rispettare per giungere ad una conclusione, per questo
abbiamo indicato come un elemento importante quello di limitare i
tempi e quindi, nell'atto che avvia il percorso, sono definiti i
tempi per la conclusione del procedimento. Sarà il garante a
regolare e contribuire a definire un tempo condiviso, sulla base
anche delle esperienze maturate. I tempi potranno essere anche
aumentati se si rendesse necessario, ma restano un inizio ed una
fine definita e questo vuol dire che il processo non si può
trascinare ma si deve arrivare ad una conclusione.
Il documento di indirizzo è quindi la conclusione del procedimento
stesso, è un documento che deve tenere conto della discussione
fatta, deve essere elaborato. Quindi contano molto l'ufficio della
partecipazione, il comitato di pilotaggio e il garante, per cercare
di liberare il dibattito dalle questioni già decise, con una
conduzione del dibattito che venga eventualmente facilitata da
persone che abbiano questo compito, per spostare la discussione un
punto dopo l'altro con una certa concatenazione, evitando
discussioni generiche, secondo un sistema di conduzione dei
confronti partecipati che chi ha avuto occasione di leggerne o di
esserne protagonista conosce: sono metodologie che ormai hanno anche
un supporto di sperimentazione elevata e quindi ben possono essere
pensate come realizzabili, dato che sono già state attuate.
Anche l'autonomia è un nodo molto importante. Anche quando abbiamo
discusso dello Statuto della nostra Regione è emersa la questione di
quanto e cosa contano le assemblee elettive: i cittadini eleggono
un'assemblea, che sia il Consiglio di quartiere, comunale,
provinciale o regionale, e poi si deve tenere conto anche della
partecipazione? Penso che il problema debba essere ribaltato, nel
senso che un consigliere svolge la sua funzione e se ne assume la
responsabilità fino in fondo dialogando con i cittadini, non lo fa
chiuso nelle stanze, ma confrontandosi e discutendo. In questo
progetto di legge l'autonomia è quanto mai netta: è sempre
l'assemblea elettiva che decide se attivare o meno il procedimento
partecipativo, può anche dire di no assumendosi la responsabilità
del diniego, oppure definisce assieme a tutti gli attori il
percorso, lo riconosce e contribuisce a formarlo e si impegna a non
cambiare le regole durante il percorso stesso. L'ente pubblico deve
poi recepire il documento conclusivo, e può recepirlo interamente e
quindi assumerlo come un elemento che porta dentro la decisone
conclusiva, o accettarlo in parte, o rifiutarlo, dichiarando di non
riconoscersi nelle conclusioni. Tutte queste decisioni devono essere
motivate, ma nessuno può interferire nell'autonomia istituzionale
dell'ente locale riguardo alla decisione finale, di cui dovrà
rendere conto in termini politici ma che resta piena e salva,
nessuno può metterla in discussione, perché è la Costituzione a
riconoscerla, visto che riconosce che i singoli eletti operano senza
nessun vincolo di mandato e pertanto votano sulla base della propria
libera coscienza e delle valutazioni personali.
Vorrei evidenziare che in questo progetto di legge abbiamo inserito
un elemento di garanzia: abbiamo previsto che al momento della
validazione del percorso da parte del garante venga elargito il 60%
del finanziamento concordato all'ente locale che l'ha chiesto,
l'altra parte viene elargita solo se il procedimento si conclude in
modo positivo (indipendentemente dall'accettazione o meno da parte
dell'istituzione coinvolta, in piena autonomia, delle decisioni di
merito).
Nella legge abbiamo previsto che il garante potrebbe essere anche il
difensore civico. In questo caso si dovrà modificare la legge
istitutiva del difensore civico e rivederne anche la struttura
organizzativa; si tratta di una possibilità, per evitare di
istituire ulteriori organi e per evitare ulteriori spese che in ogni
caso valuteremo con grande serenità.
L'ultima cosa che segnalo è che la legge prevede anche una verifica:
dopo cinque anni dovrebbe esserne verificata la validità e
corrispondenza alle esperienze, e potrà quindi essere reiterata o
cambiata. C'è quindi una fase sperimentale, che riteniamo importante
e sarebbe altrettanto importante che nella prossima legislatura
questa legge fosse già approvata, per poter poi avviare le
esperienze concrete nella nostra regione, come già sono avviate in
altre regioni, a partire dalla Toscana, da cui abbiamo preso qualche
spunto.
MARCO LOMBARDI: Apriamo ora agli interventi. Per ora ho solo due
richieste, chi intende parlare può farci avere la sua prenotazione.
Comunico inoltre che sarà possibile far avere eventuali scritti e
osservazioni anche in un secondo momento alla Segreteria della
Commissione; dunque il confronto con voi non si esaurisce in questo
momento. Colgo l'occasione per segnalare che sono presenti il
Vicepresidente Borghi, come avrete visto, la consigliera Salsi e il
consigliere Mezzetti e si sono momentaneamente allontanati i
consiglieri Bosi e Varani.
CARLO LOMBARDI (Confindustria Emilia-Romagna): Grazie presidente,
buonasera a tutti. Accogliamo volentieri l'invito della Commissione
Attuazione dello Statuto ad esprimere il punto di vista della
Confindustria regionale su un tema che nei fatti e nelle cose è un
tema trasversale e quindi non è ascrivibile a questa o a quella
categoria o a questa o a quella parte. Per questo, indipendentemente
dalla rappresentanza di interessi di cui noi ci facciamo carico,
accoglimento volentieri questo invito per portare un punto di vista
che speriamo possa aiutare nelle riflessioni.
Ho guardato con attenzione la presentazione del relatore consigliere
Mazza e la prima riflessione che faccio è che ogni provvedimento -
sia esso un progetto di legge, un regolamento o una delibera - ha
bisogno di essere contestualizzato. Il relatore ha citato
l'esperienza francese, di cui avevo conoscenza molto generica, che è
un'esperienza molto interessante, ma che va collocata nel contesto
di uno Stato che ha un'amministrazione fortemente centralizzata, non
ha quelle connotazioni regionalistiche che ha il nostro territorio e
non ha vissuto, credo, quella riforma nel senso regionalista e
federalista che abbiamo conosciuto a partire dal 2000 in poi. È
un'esperienza interessante ma come tutte le esperienze va
contestualizzata.
Personalmente, nella mia precedente esperienza professionale - parlo
di diversi anni fa - ho vissuto alcune delle modalità che vengono
qui suggerite per ricercare il consenso di gruppi o di persone, ad
esempio la consensus conference e altre modalità di questo tipo.
Senza entrare nel merito, ricordo che sono modalità che possono
funzionare su gruppi molto ristretti e comunque fanno parte di un
processo in cui c'è sempre qualcuno che alla fine decide e rientrano
in un procedimento già ben definito e inquadrato dal punto di vista
normativo.
Questa legge così come si presenta, in un articolato piuttosto
elaborato, interviene in modo abbastanza marcato sulla disciplina
esistente del procedimento amministrativo, alcune parti della quale
si possono e si dovranno cambiare, anche alla luce delle recenti
disposizioni del collegato alla finanziaria 2009, che interviene sul
tema. Questa disciplina richiede dei cambiamenti, ma a nostro
personale avviso in un altro senso, perché va tenuto presente, come
il consigliere Mazza ha segnalato, l'art. 118 della Costituzione che
riguarda il principio della sussidiarietà orizzontale, che è un
principio molto interessante, finora davvero poco praticato, ma
anche l'art. 117, lettera m), che sancisce un altro principio,
quello dei livelli essenziali delle prestazioni, all'interno del
quale si dice che ogni cittadino ha diritto alla certezza dei tempi.
È importantissimo che la partecipazione sia ampia, consapevole e
diffusa, però secondo me attiene ad una fase politica di una
discussione, non è riferibile al procedimento di quel particolare
tema su cui si vuole sollevare la discussione. Quindi la
partecipazione va benissimo ed è importantissima, vanno benissimo
tutti questi gruppi di riflessione che fanno una sorta di
brainstorming collettivo per ricercare unanimità, che è tanto più
difficile da trovare quanto più sono le persone, le organizzazioni,
gli interessi che intervengono in queste sedi (sappiamo tutti che in
un gruppo dove ci sono più di tre persone le complessità si
moltiplicano e ogni persona in più moltiplica esponenzialmente la
complessità). Tutto questo migliora indubbiamente la qualità di una
scelta finale consapevole che fanno le istituzioni interessate,
siano esse locali o regionali, però deve essere esterno al
procedimento.
Qui invece ci troviamo davanti ad un meccanismo piuttosto lento e
dettagliato, l'ho dovuto rileggere per poter capire bene: ci sono
conformità tecnico-procedurali, conformità sociale, apertura di
tavoli di confronto... Tutto sommato, qual'è il problema, in una
regione che alle elezioni politiche, regionali, europee o ai
referendum, conosce uno dei tassi più elevati di partecipazione e
crediamo anche di impegno civico da parte dei cittadini?
Personalmente, come cittadino, non vedo la contrapposizione fra
cittadino amministrato e cittadino attivo, come se il primo fosse un
soggetto passivo: siamo cittadini amministrati, abbiamo dato il
nostro voto ed è giusto che nel dibattito quotidiano ci siano anche
momenti di responsabilità che le istituzioni si devono assumere, di
cui non danno conto solo dopo cinque anni ma su una base molto più
costante, come fortunatamente accade in questa regione.
Il processo partecipativo immaginato in questa legge è un processo
fortemente intrecciato al procedimento normativo e legislativo: ci
sono dei finanziamenti regionali, c'è un supporto consulenziale
metolodogico da parte della Regione, ci sono delle proposte di
finanziamento molto cospicue (e francamente in tempi di vacche magre
bisogna pensare a come spendere i soldi), ci sono diverse forme che
rendono l'istituzione regionale e gli enti locali partecipi di
questo processo che si vuole innescare. Questo, dal nostro punto di
vista, rischia di appannare il grado di autonomia delle istituzioni
che sono responsabili del procedimento o quanto meno di renderle
attori comprimari. Si vuole raggiungere un massimo consenso, trovare
un documento di indirizzo fra molte personalità od organizzazioni,
c'è una funzione di mediazione particolarmente spinta che fa capo ad
una figura che è quella del garante, il quale non è eletto dai
cittadini ma nominato dall'Assemblea, sulla base di una selezione o
di un concorso.
Se ho ben capito, questo garante ha una funzione che va ben oltre la
mediazione. Di solito delle persone si incontrano, cercano di
trovare un punto di incontro e se non si riesce a trovare qualcuno
magari ne tira le conseguenze. Invece nel progetto di legge il
garante interviene per favorire una ricerca di mediazione,
interviene per favorire la partecipazione degli enti locali nel caso
in cui gruppi di cittadini non siano riusciti ad ottenere l'apertura
del processo partecipativo da parte degli stessi enti, interviene a
favore degli enti locali nel caso in cui questi non siano riusciti a
raccogliere un certo numero di cittadini, e via via in una
complessità procedurale che mi ricorda un po' le procedure per
partecipare ad un progetto di ricerca e sviluppo della Comunità
europea, con tanto di rendicontazione.
Quindi la partecipazione è qualche cosa che è importante stimolare,
ma è importante che resti fuori dal contesto procedimentale, perché
con queste norme si allunga, si crea una massima incertezza dei
tempi del procedimento. Leggevo in un passaggio che il garante,
sulla base delle esperienze maturate, può richiedere tempi correlati
alle difficoltà dei processi che si vogliono attivare: quindi, anche
se poche righe prima si dice che il processo non può durare più di
dodici mesi, qualora, sulla base delle esperienze precedentemente
maturate, si sia visto che per dibattere e trovare un documento di
indirizzo su un determinato tema serva di più, allora il garante
farà in modo che il processo duri di più e questo sconvolge la
certezza dei tempi.
La clausola di cedevolezza, poi, è qualcosa forse dubbio dal punto
di vista strettamente normativo.
Vorrei svolgere ancora qualche altra considerazione. Lo Statuto
prevede diversi strumenti di partecipazione (le udienze conoscitive,
le istanze, le petizioni, i referendum e così via) e la proposta di
questo procedimento consultativo rischierebbe di creare istituti di
consultazione di serie A e istituti di serie B. Se un gruppo di
cittadini, magari ignari di questa legge, decide di fare una
petizione o una istanza, lo fa, la trasmette all'ente locale
interessato e finisce lì; se altri, invece, nel fare la petizione
attivano la domanda di processo partecipativo, se questa è conforme
ad una serie di requisiti, ottengono il sostegno. Questo rischia di
minare il funzionamento degli altri istituti previsti dallo Statuto
e su questo occorre riflettere perché creerebbe una disparità fra
istituti.
Le procedure sono effettivamente piuttosto articolate, non è chiaro
se la priorità che viene assegnata ad un determinato progetto
partecipativo viene data anche e in quale misura laddove mancano
alcune organizzazioni, che hanno ritenuto opportuno non partecipare
o non intendono farlo. Poi ci sono gli articoli da 15 a 17 con una
serie di previsioni da cui sembrano derivare modalità piuttosto
complesse.
Una clausola valutativa dovrebbe prevedere una valutazione ad un
lasso di tempo più breve rispetto i cinque anni previsti, che
oggettivamente sono troppi. Bisogna partire innanzitutto da un
problema locale: qual è il grado di partecipazione oggi delle
comunità di cittadini, delle organizzazioni, alle scelte dell'ente
Regione o degli Enti locali; se c'è un problema, in cosa consiste e
come si può migliorare. Queste sono delle valutazioni che si possono
fare in un lasso di tempo non così lungo come quello previsto,
cinque anni sono un'intera legislatura, l'onere di dimostrare i
soldi spesi incombe su chi viene dopo.
La riflessione conclusiva che noi facciamo è: ben venga uno
strumento di partecipazione nella misura in cui non interferisca con
quella che è l'autonomia piena, totale - dal primo momento fino
all'ultimo - che tocca alle istituzioni locali, le uniche
responsabili, che già hanno una idea di partenza, se la possono
formare, cambiare radicalmente in corso d'opera, ma bisogna dare
certezza a determinate procedure e credo che questo provvedimento
non aiuti in questo senso.
Noi prepareremo delle considerazioni, qualche proposta magari; oggi
volevamo contribuire alla riflessione con delle considerazioni di
tipo generale che ci pare possano aiutare a meglio riflettere sui
contenuti e su una serie di questioni che sono alla base di questo
progetto di legge.
DANIELE LUGLI (Difensore civico): Sono spinto ad intervenire intanto
perché il difensore civico è citato come una possibile attivazione
concreta nel ruolo del garante; in ogni caso, anche se così non
fosse, credo che una collaborazione del difensore civico con il
garante dei processi partecipativi sarebbe necessaria.
Credo che sia sotto gli occhi di tutti una difficoltà che non è
semplicemente del singolo cittadino rispetto ad una sua attesa, un
suo diritto o una sua pretesa, e quindi come tale magari si rivolge
al difensore civico per una difficoltà rispetto ad una pubblica
amministrazione o ad un servizio pubblico. Abbiamo di fronte un
elemento di difficoltà che riguarda decisioni assunte dalle
amministrazioni pubbliche, sulla base delle procedure che le
amministrazioni stesse hanno attivato e che sanno usare, ma che poi
in concreto non riescono ad attuarsi.
Succede che le amministrazioni chiamino a partecipare i cittadini,
tramite percorsi come per esempio quelli di Agenda 21, ma i
cittadini non ci vanno; ma quando le amministrazioni, dopo aver
vagliato ciò che secondo loro era da vagliare, vanno sul territorio
per realizzare un'opera importante e quei cittadini che non hanno
trovato prima se li ritrovano riuniti in combattivi e differenti
comitati, per cui il progetto si trova ad essere bloccato per ben
più dei tempi che sono indicati nella legge. Questo avviene, avviene
anche nella civilissima Emilia-Romagna, non in luoghi che non
conosciamo, il problema esiste.
Allora sì a tutte le attenzioni perché la partecipazione effettiva,
sostenuta e sostenibile, ci sia e non si risolva in aggravamento di
procedimenti che sono già pesanti e lunghi nel tempo; questa
attenzione va portata fino in fondo nel disegno della legge. Ma
bisogna porsi il problema: le decisioni che prendiamo sono le
migliori che potevamo prendere? Sono le più robuste? Hanno ottenuto
non solo un consenso dei cittadini (perché per questo ci sono
sondaggi tutti i giorni e quindi ci atteniamo a quello che dice il
sondaggio), ma sono anche decisioni che hanno messo a frutto le
competenze e le conoscenze dei cittadini attraverso le procedure e i
procedimenti che sono stati inventati e anche sperimentati?
Questo è il senso della proposta e questo è un senso che io ritengo
di dover condividere, proprio sulla base dell'esperienza di
difensore civico, laddove molto spesso la singola cosa che viene
chiesta dal cittadino deriva dal fatto che quell'azione complessiva
non è stata digerita, non è stata compresa, non ha avuto quegli
apporti che poteva avere. Ecco perché c'è interesse, con tutta
l'attenzione e la puntualità da usare entrando nel merito delle
disposizioni proposte; credo sia un'occasione, della quale
personalmente ringrazio i promotori, nel senso che un pezzo
importante previsto dallo Statuto e anche dalla Costituzione
riformata, come giustamente è stato richiamato, cerca di dare
traduzione a questo aspetto.
Sarà l'Assemblea legislativa, naturalmente, a trattare la procedura,
verificando se può essere portata a buon fine, ma credo che questa
proposta possa aver colto un problema che effettivamente esiste e
possa essere salutata non come una partecipazione aggiuntiva a tutto
il resto, ma come un tentativo di andare a modificare delle
procedure che mostrano di avere dei punti di inceppo, questo credo
che sia essenziale.
So che è molto difficile, anche in passato abbiamo visto, per
esempio, nuove forme di lavoro, nuove forme di politiche e
programmazione, che non hanno sostituito le precedenti, ma si sono
aggiunte. Quindi può esserci il rischio che tutto si riduca al
mettere un timbro abbiamo partecipato e questo non cambia nulla,
anzi diventa veramente un aggravamento, ed è un rischio che accada
anche con le forme condotte con la miglior buona volontà e con buone
esperienze anche in sede locale (considerata l'esperienza larga che
della partecipazione si fa anche nella nostra regione). Dalla
presentazione mi pare di aver capito che ci sia lo spazio per
modifiche e miglioramenti, comunque questa legge porta al fatto che
la Regione si assume delle responsabilità rispetto a delle forme
partecipative avviate in sede locale e quindi anche a trarne un
bilancio e ad indirizzarle ad una maggiore capacità di incidenza,
che vuol dire anche una accresciuta capacità e responsabilità dei
cittadini e di esercizio della loro cittadinanza.
MARCO LOMBARDI: Mentre invito il prossimo richiedente ad
intervenire, segnalo che ci ha raggiunto anche la consigliera Noé.
VALTER BARUZZI (Associazione Camina): Innanzitutto ringrazio
dell'opportunità che ci è data e che mi è data di intervenire su un
tema così importante come quello di cui si dibatte e naturalmente il
merito va, in prima istanza, agli estensori della proposta di legge.
Premetto subito che io condivido pienamente le premesse politiche
della proposta e che da un punto di vista dell'esperienza personale
- lavoro in un'associazione che si occupa di metodologie
partecipative e di rapporti fra città e infanzia - ho un'esperienza
diretta di coordinamento, di gestione, di facilitazione di processi
partecipativi, piccoli e grandi. Cito solo l'esempio del comparto
dell'ex mercato di Bologna, dove un processo partecipato coraggioso
- credo che sia stato il primo organizzato a Bologna con metodologie
innovative - ha sbloccato un conflitto che determinava uno stallo
pluriennale. Questo per dire che la partecipazione non sempre
allunga i tempi, ma a volte li accorcia.
La mia idea della partecipazione è non ideologica: secondo me la
partecipazione è una scelta politica e, da un punto di vista
operativo, è una scelta che io direi utile , perché aiuta ad
arrivare a scelte più condivise. Non l'immagino solo in occasione di
conflitti conclamati, anzi credo che andrebbe promossa e sviluppata
per fare emergere i punti di vista diversi. La partecipazione non
serve per mettere tutti d'accordo, serve per aiutare a capire quali
sono le alternative in gioco e questo processo di comprensione aiuta
a crescere anche noi in quanto cittadini e dà i migliori strumenti
di scelta anche all'amministrazione pubblica.
Il mio intervento si struttura in quattro brevi riflessioni. La
prima riguarda la premessa della relazione della legge, laddove si
dice che in questa legge si pone in continuità con altri strumenti
(si fa riferimento fra l'altro alle norme in materia di
riqualificazione urbana e per la partecipazione dei cittadini alle
scelte urbanistiche) e si dice che la legge intende offrire un
quadro di intervento più ampio e generale. Da questo punto di vista,
invece, leggendo la legge, trovo che lo sfondo di riferimento è
essenzialmente l'urbanistica.
In realtà, chi lavora sul territorio sa che le occasioni di
coinvolgimento della popolazione, la necessità di coinvolgere
cittadini e più in generale gli abitanti, è una necessità che tocca
e riguarda moltissimi ambiti. Per esempio la mobilità: potremmo
intenderla in senso urbanistico, ma diciamo che la partecipazione va
promossa non solo quando c'è un'opera pubblica in gioco e sulla
mobilità a volte sono in gioco regole, stili di vita, comportamenti
che non cambieranno mai - anche se un piano del traffico li
presuppone - se non c'è un processo di cambiamento culturale che può
avvenire solamente se si lavora insieme alla popolazione.
In questo senso, non ideologico, dico che la partecipazione si è
dimostrata in alcuni casi (non tantissimi) utile. Il tema della
promozione alla salute, il tema della sicurezza, i temi
dell'ambiente: potrei fare l'esempio di progetti ambiziosi che
presupponevano cambiamenti culturali nella popolazione e che, caduti
dall'alto, hanno rappresentato solo una spesa ma non hanno portato,
in città anche significative, a quei risultati che erano attesi.
Quindi, secondo me, una legge come questa deve chiarire e proporre
un respiro politico, in primo luogo, che considera la partecipazione
come uno strumento, un'occasione fondamentale di esercizio della
vita politica, della democrazia.
(Sono schematico, credo che questa sia la sede in cui esserlo, poi
se necessario ci saranno magari altre occasioni).
Quando si legge c'è un meccanismo di cooperazione testuale che ci fa
interpretare ciò che leggiamo alla luce della nostra esperienza:
evidentemente ciascuno di noi ha letto la legge con i suoi occhi,
quindi ci possono essere delle sviste, ci possono essere dei
fraintendimenti. Tuttavia mi pare - e questo è il secondo punto -
che in qualche modo, fra le righe del progetto di legge, si
prefiguri un'idea: c'è la democrazia rappresentativa, con le sue
procedure consolidate che spesso sono svuotate di significato,
spesso sono dei rituali, e ci sono parallelamente forme di
democrazia diretta accanto alle procedure, che poi dialogano
attraverso una serie di regole e di criteri.
Il garante della partecipazione mi fa un po' pensare al garante
della democrazia, il tema della partecipazione è un tema fondante
della democrazia.
Forse noi dovremmo pensare, e questa è la proposta che faccio, alla
partecipazione come ad un continuum che un'amministrazione pratica
attraverso livelli diversi. Il primo livello è l'impegno a rendere
accessibili le informazioni, facilmente leggibili attraverso tutti
gli strumenti esistenti. Ma in realtà questo è il livello zero, il
primo livello è quello di informare, che quindi è una azione
proattiva, l'impegno a raggiungere i cittadini. Poi ci sono altri
livelli che coesistono: c'è il livello della consultazione, in cui
si ascolta; c'è il livello della concertazione, esiste una grande
esperienza di tavoli di concertazione nella nostra regione, nei
quali però - la premessa lo dice chiaramente - non sempre tutte le
fasce di cittadini sono rappresentate, sono rappresentati interessi
consolidati. Noi dobbiamo immaginare che accanto ai tavoli di
concertazione ci possono essere esperienze di progettazione delle
scelte insieme agli abitanti. Non solo, c'è un livello ulteriore:
come l'amministrazione si attrezza per interagire con le iniziative
promosse autonomamente dagli abitanti.
Tutto questo per spiegare come intendo questo unicum: è un campo
poliedrico che ha molte facce, che vanno praticate. Quindi faccio
fatica a pensare ai due binari; può darsi che sia un lettura un po'
schematica della legge da parte mia, ma io vi intravedo questa
cultura.
Nella terza riflessione riprendo un discorso che ho accennato prima,
quando dicevo che il garante della partecipazione è il garante della
democrazia e la partecipazione è l'elemento fondante della
democrazia. La sovranità appartiene al popolo e, diceva Tocqueville,
quando la gente se ne sta in casa sua, non si interessa più del bene
comune e non partecipa, a quel punto la democrazia va in crisi.
Credo che la partecipazione abbia un po' anche il compito di
restituire i problemi ai cittadini, e non mentre stiamo per
approvare l'esecutivo di un'opera pubblica, ma restituirli nella
fase del dibattito preliminare; trovare l'occasione, il modo, è
indispensabile. Una delle preoccupazioni - condivise e assolutamente
dimostrate, a mio avviso - che la legge propone è il distacco dei
cittadini dalla vita pubblica, che deve trovare un'azione
antagonista efficace e la partecipazione deve muoversi in quella
poliedrica possibilità di fronte alla quale noi ci troviamo, per
promuovere responsabilità e fiducia.
Gli abitanti, i cittadini, non spingono per partecipare, anzi! Il
rapporto con la pubblica amministrazione è difficile, è un po' un
rapporto adolescente, noi siamo in una situazione di cittadinanza
adolescente, dove l'amministrazione pubblica è come una mamma: se ti
da dà da mangiare, se fa le cose che ti piacciono, questo è dovuto,
ma appena ti tocca, fa qualcosa, anche piccola, che non ti aggrada,
allora è una strega. Questo della cittadinanza adolescente è un tema
molto serio, molto grave, che va preso in considerazione. Quali sono
le occasioni che abbiamo per promuovere cittadinanza? La scuola?
Beh, la vita pubblica è la più grande occasione di educazione alla
cittadinanza e la partecipazione è uno strumento straordinario.
Naturalmente, abbiamo grandi esempi di cose chiamate partecipazione
dove si vende aria fritta, o anche casi clamorosi di manipolazione
raffinata, che producono esattamente il contrario di quello che
stavo dicendo prima, azioni antagoniste di una cittadinanza
adolescente. Allora, secondo me, e questa è la terza osservazione,
dovremmo immaginare la partecipazione non solo come ad un itinerario
stringente nei confronti di un'opera pubblica, ma una legge
regionale dovrebbe avviare un grande dibattito culturale che
coinvolga gli amministratori, ma anche i tecnici e i dirigenti,
perché accade anche che si facciano dei laboratori partecipati e i
dirigenti e i tecnici intanto vadano avanti per conto loro. Il tema
è interessante, entusiasmante, ma anche molto delicato.
Sono d'accordo con il termine dei cinque anni perché il tema è così
delicato che richiede una parabola temporale per essere valutato ed
esaminato. Però, parlando di partecipazione, mi chiedo perché si
debba costruire un modello così stringente che rischia di diventare
una gabbia. Perché questi cinque anni non li pensiamo con un primo
anno in cui si attiva un osservatorio, che diventa occasione per
coinvolgere gli amministratori pubblici, tutti quegli amministratori
che vedono con terrore questa proposta di legge? Perché allora non
immaginiamo un primo anno dove la legge attiva un osservatorio e, in
maniera partecipata - e quindi comincia con l'applicare già nel
primo anno i valori e le procedure - non stabilisce di costruire in
maniera condivisa un meccanismo rigoroso per i successivi quattro
anni.
Tra l'altro, un osservatorio che parta con una seria ricognizione e
una valutazione delle esperienze - e un anno è un tempo giusto, si
riesce a fare moltissimo in un anno se si lavora - ci indurrebbe a
costruire e a valutare gli indicatori utilizzati finora, a mettere a
punto indicatori condivisi, ci consentirebbe di individuare, sulla
base degli indicatori, delle buone pratiche.
Noi abbiamo in Emilia-Romagna delle pratiche di cui possiamo vedere
gli esiti, perché hanno già un po' di anni. Allora l'invito accorato
che faccio, perché secondo me è un'occasione straordinaria, è
proprio di evitare di chiudere subito la legge e di stringerla in
una gabbia così rigorosa, perché potremmo trovarci fra qualche anno
a dire che è stata un'occasione perduta.
DANIELE DONATI (Università di Bologna): Grazie. Devo dire che questo
nuovo strumento che ci è dato, di partecipare, di intervenire sulla
discussione prima dell'iter legislativo, lo trovo un ottimo esempio
di partecipazione.
Il tema incrocia i miei interessi di studio. Segnalo che il più
forte finanziamento in materia giuridica ed istituzionale dell'anno
scorso del Ministero è stato il nostro progetto di ricerca nazionale
sulla partecipazione, quindi il tema è avvertito. Parlo di undici
università italiane e di sei paesi americani ed europei coinvolti, è
un progetto di ricerca serio.
Quando ho letto il disegno di legge, perciò, non mi sono domandato
se era opportuno o meno intervenire, perché vorrei sottolineare che
la partecipazione c'è: le ultime pubblicazioni dell'Ocse
rappresentano la partecipazione come il fenomeno più evidente nei
paesi a democrazia avanzata degli ultimi dieci anni. Ho recentemente
finito un lavoro, assieme ad altri, sulle leggi regionali: la
partecipazione c'è già nella legge 241, c'è in numerosissime leggi
regionali e, come ci dicevano il rappresentante dell'associazione
che è intervenuto prima di me e il difensore civico, c'è nei fatti,
è innegabile che è un fenomeno che preme alle porte.
Quindi non mi porrei il dubbio se alimentiamo o non alimentiamo un
fenomeno che esiste, e non partire da questa considerazione
significa non avere capito o non condividere l'evoluzione che ha
fatto l'amministrazione negli ultimi quindici anni.
L'amministrazione è cambiata per far cambiare il ruolo dei
cittadini, non per altro, e il ruolo dei cittadini è cambiato,
eccome! Allora la domanda che ci dobbiamo fare è se è opportuno
lasciare la partecipazione al suo spontaneismo o darvi disciplina e,
in assonanza con alcuni degli interventi precedenti, vi devo dire
che sono assolutamente convinto della necessità di darvi disciplina:
questa legge la Regione Emilia-Romagna la deve avere. Intanto perché
ce l'hanno già anche altre Regioni e le esperienze sono
assolutamente positive (non c'è solo il caso francese, ma c'è anche
il caso italiano di successo), nella difficoltà di governare un
fenomeno nuovo, ma scegliendo di governarlo. A chi chiede perché
regolare la partecipazione io chiederei perché non regolarla, che
cosa c'è da salvare nel non regolarla.
Vi elenco brevemente tre o quattro dei vantaggi che immagino.
Innanzitutto maggiore tutela dei cittadini e maggiore tutela delle
amministrazioni. Senza regolazione, con spontaneismo partecipativo,
i cittadini rischiano o di essere non rappresentati o di essere
falsamente rappresentati. Sono abbastanza disgustato dalle forme
incoerenti e cortocircuitanti la rappresentanza dei cittadini che si
vedono nei fenomeni spontanei in giro per il paese. Trovo che dargli
una corretta rappresentanza sia un dovere democratico, molto
importante. Questa società orizzontale ci ha dato più autonomia come
cittadini, più armi, più coscienza; ma se non ci facciamo sentire
non esistiamo, gli interessi che noi chiediamo siano rappresentati
non sono rappresentati da nessuno.
La regolazione della partecipazione dà anche una tutela anche alle
amministrazioni: intanto perché le aiuta a migliorare l'istruttoria,
che è il passaggio fondamentale del procedimento decisionale delle
amministrazioni. In secondo luogo, come dice una dottrina
amministrativa, c'è un effetto deflattivo della litigiosità: se tu
spieghi prima, ti confronti prima, ti trovi meno davanti al Tar e al
Consiglio di Stato e questo è un dato di fatto. In terzo luogo, è
vero che c'è un rischio di allungamento dei tempi, ma è anche vero
che è un sistema da governare. Credo che ci sia un rischio di non
governo dei tempi molto di più nel non disciplinare i tempi stessi,
che il rischio sia maggiore nel lasciare questi fenomeni allo
spontaneismo piuttosto che darvi un pur criticabile e rivedibile
riferimento temporale nella legge.
Un altro effetto, per me fondamentale ed essenziale: disciplinare la
partecipazione significa aumentare la trasparenza, e secondo me
trasparenza è la parola chiave dell'amministrazione prossima
ventura. Il fatto di lasciare le cose come stanno, allo
spontaneismo, ai comitati e alle iniziative del singolo mi fa
pensare a due cose: la prima è che ci sono degli interessi che non
hanno piacere di partecipare pubblicamente; la seconda è che ci sono
degli interessi che non riescono a manifestarsi.
Preferisco che ci siano delle strade aperte, delle strade
istituzionalizzate, che poi siano percorse o non percorse è un gioco
della vita, però il fatto di non mettere in evidenza e dichiarare
apertamente chi partecipa e a che scopo, lo trovo qualcosa che non
va nel senso della trasparenza. Ricordo che nel Parlamento italiano
sono stati 23 i progetti di legge presentati in materia di lobbying
e nessuno è riuscito a diventare legge.
Secondo me il fenomeno va chiaramente incastrato in un modello di
democrazia rappresentativa: nessuno si sogna ideali hippy di
cittadini che decidono seduti sui prati al posto
dell'amministrazione, ma davanti alla messa in chiaro delle esigenze
dei cittadini l'amministrazione è rafforzata a decidere,
l'amministrazione deve decidere. L'amministrazione deve decidere,
non è che può decidere: decidere è una funzione, quindi è una cosa
che l'amministrazione deve esercitare, non è che può esercitare. Se
è vero che da una parte c'è la tendenza a non ascoltare, dall'altra
c'è la preoccupante tendenza a procrastinare i comitati per non
essere costretti alla fine alla decisione. Quindi una legge che dia
tempi e modi per rappresentare le istanze presenti nella società
chiaramente ed efficientemente, non fa altro che mettere
l'amministrazione con le spalle al muro davanti al dovere di
decidere, e sottolineo al dovere, non al potere, di decidere.
Ultimo punto: la sussidiarietà. Con alcuni ce ne occupiamo da
diversi anni: non credo che la sussidiarietà sia dar da gestire i
servizi pubblici ai privati, quello si chiama privatizzazione ed è
tutta un'altra cosa, anche giuridicamente. La sussidiarietà è
un'altra cosa, che nasce nel pensiero inglese e americano perché gli
studiosi, i sociologi inglesi e americani - Giddens, Putnam e altri
- si rendono conto che l'amministrazione della cosa pubblica del
futuro da sola non ce la fa, perché i bisogni crescono e le tasse
non possono crescere, quindi se non c'è un'alleanza con i cittadini
non c'è modo di garantire il progresso.
Quindi quando parlate di sussidiarietà, il discorso delle
privatizzazioni toglietelo perché non c'entra niente, qui c'entra il
fatto che io mi devo mettere d'accordo con i cittadini perché certe
cose le ritornino a fare loro: se non c'è partecipazione è difficile
venire a sapere che c'è un'associazione di madri che è disposta a
gestire un asilo nido al posto del quartiere San Vitale.
Partecipazione e sussidiarietà sono cose profondamente diverse, ma
l'una è l'anticamera dell'altra.
Poi naturalmente c'è un effetto etico, l'Ocse lo dice chiaramente:
la partecipazione aumenta l'eticità dell'amministrazione. Giorno per
giorno, vedere insieme che cos'è giusto e cosa non è giusto, questa
è l'etica in un sistema democratico; non c'è un etica a monte,
altrimenti saremmo in uno stato teocratico, c'è un etica a valle.
Questo significa che se sai che i cittadini ti guardano e vengono a
chiedere, ti comporti un po' meglio.
Tutto questo è naturalmente sul se di questa legge, poi ci sono
cose da dire sul come ed io ho avuto modo di mandare già una
e-mail con alcune osservazioni di tipo tecnico. Sul come della
legge c'è molto da dire, c'è molto da dire sul rapporto con legge
241, che però è una legge generale, non è una legge di procedura
amministrativa, sono principi, quindi le leggi regionali possono
migliorarla.
Quindi esprimo un assoluto plauso all'iniziativa, con molta
attenzione sui contenuti.
MARCO LOMBARDI: Vista anche la corposità degli interventi, ricordo
che è possibile, e forse anche auspicabile, inviare anche qualche
scritto, in modo che il ragionamento possa essere più articolato.
ANTONIO GIOIELLIERI (Anci Emilia-Romagna): Ringrazio
dell'opportunità e segnalo che intervengo anche in rappresentanza
dell'Unione delle Province e di Legautonomie, che non potevano
essere presenti e si scusano; le cose che dirò sono state
confrontate con loro.
Primo punto: non è in discussione se serve una legge o no, mi pare
di capire che c'è una convinzione sulla necessità di aiutare,
supportare e consolidare i processi di partecipazione che nella
nostra comunità territoriale regionale ci sono. Non voglio entrare
nel merito e fare una disamina sulla loro qualità, ma il punto di
partenza per noi è questo, nel momento in cui ci viene proposto un
provvedimento di legge, noi sappiamo, come enti locali, che viviamo
una polarizzazione: da un lato sperimentiamo, promuoviamo,
sosteniamo processi di partecipazione che possano produrre
un'innovazione della pubblica amministrazione locale e del suo
rapporto con i cittadini. Lo testimonia lo stesso intervento di
Valter Baruzzi, che non a caso è il direttore scientifico di
un'associazione, Camina, di cui la Regione è socia, così come lo
sono gran parte degli enti locali dell'Emilia-Romagna, e
l'associazione fa un lavoro che dura ormai da dieci anni, non da
pochi giorni.
Dall'altro lato, nonostante questo, dato che i percorsi
partecipativi avvengono su diversi temi, come è già stato ricordato,
abbiamo un problema di relazione, che è emerso criticamente anche
dalla discussione di oggi, con l'organizzazione degli enti, con il
procedimento amministrativo, con ciò che dicono le norme statutarie
degli enti e come effettivamente la strumentazione di partecipazione
dei cittadini, così come è prevista negli statuti degli enti, opera
concretamente in modo generale.
Questa è la contraddizione alla quale siamo; auspichiamo che la
legge ci aiuti ad affrontare questo problema e per questa ragione il
suggerimento è di svincolarla, condividendo gli obiettivi generali,
da un paio di procedimenti amministrativi secchi, questo forse ci
può aiutare a vedere l'ampiezza dell'impatto che invece possiamo
avere sul sistema territoriale in generale.
Provo a spiegarmi, Baruzzi prima di me ha fatto un ragionamento
sull'educazione alla cittadinanza, io faccio un ragionamento
sull'e-government. Noi abbiamo sperimentato, anche con finanziamenti
regionali, il progetto Partecipa.net, abbiamo costruito dei software
per la democrazia on line; ora, anche per l'investimento di
infrastrutture telematiche e di software, c'è la necessità di
standardizzare i sistemi, ed è possibile farlo e questo è un punto
di connessione tra trasparenza, procedimento amministrativo,
accessibilità all'informazione e possibilità di supportare processi
di partecipazione. Abbiamo bisogno di standardizzare, per esempio, i
siti istituzionali degli enti locali; la legge non affronta questo
problema, ma standardizzare i siti istituzionali, anche in
allineamento con quelli regionali, avendo presente anche il criterio
del favorire alla partecipazione, è un punto importante e penso che
la logica dovrebbe essere garantire certi standard e avere una
premialità su chi investe in questa direzione.
La legge prevede di sostenere finanziariamente i processi di
partecipazione nell'ambito del procedimento amministrativo e di
opere pubbliche e urbanistiche. Bene, prendiamo quel principio e
proviamo ad allargarlo e a ricollocarlo rispetto alla complessità e
alla vastità di un sistema premiale. Questo può essere utile, però
bisogna fare una ricognizione su tutto quello che è in moto, perché
siamo convinti che la partecipazione sia molto utile, per tutte le
cose che sono state dette anche precedentemente, se affianca la
progettazione, se alimenta la progettazione della politica, se aiuta
la politica e l'amministrazione a decidere meglio, in tempi certi ed
in modo trasparente.
Tutto questo va bene nel momento in cui però riconosciamo che la
tempistica dei processi di partecipazione, a seconda anche dei temi
affrontanti, ha caratteristiche diverse. Torno a quello che ci
propone la legge, prendo l'urbanistica: se devo fare un percorso di
partecipazione su un PRU o un contratto di quartiere, ho una
dinamica e una tempistica; se devo fare una partecipazione per
impostare un piano strutturale comunale, ho un'altra dinamica e
un'altra tempistica, anche se è sempre urbanistica.
Proprio perché condividiamo i principi della legge, sarebbe
importante renderla più versatile e più flessibile rispetto a come è
stata pensata. Questo ci interessa molto perché abbiamo realtà in
questa regione che hanno già sperimentato qualcosa che è volta a
quel tipo di impianto. Dato che ci sono, io sono per non frustrare
queste eccellenze, anzi per dare loro più vigore, più forza e
conoscere meglio queste esperienze, renderle più note agli altri
colleghi, agli amministratori che non hanno avuto il coraggio di
sperimentare. Questo credo sia un punto importante su cui lavorare.
Torniamo alla questione degli statuti. Qualcuno prima di me ha usato
il termine istruttoria : l'istruttoria è anche uno strumento
previsto dalla legge 142, i Comuni mettono in istruttoria gli
strumenti di partecipazione e costruiscono un istruttoria pubblica
per fare una politica. Conosco un solo caso realizzato in questa
regione: 5 anni fa il comune di Bologna ha fatto un'istruttoria
pubblica durata un anno per rivedere le politiche per l'infanzia.
Questo è stato uno strumento completamente ignorato dagli enti
locali, a mio parere ingiustamente, perché con l'istruttoria
pubblica si fa un percorso in cui, con le associazioni, si
riarticola una politica di sistema, come nel caso delle politiche
dell'infanzia. Allora io sarei per ipotizzare nella legge una norma
che rinvigorisca questi istituti statutari che non hanno il vigore
che invece dovrebbero avere. Questo a noi interessa molto, perché
siamo in una situazione nella quale c'è necessità di far maturare
una diversa cultura amministrativa ed organizzativa degli enti.
Sulla figura del garante abbiamo notevoli perplessità per come è
congegnata, perché anziché configurare un'autorità terza che
sovraintenda alcuni percorsi, noi vediamo con maggior favore una
condivisione. Costruiamo un percorso in cui fra il livello
regionale, che norma, e il livello della gestione amministrativa,
con l'ambito attribuito dalla Costituzione per gli enti locali, si
definisce uno strumento - a noi convince un osservatorio, ma si può
vedere quale potrebbe essere il presidio di queste politiche - che
aiuti un avanzamento, un consolidamento di questo percorso. Mettere
una figura terza che si erge a giudice di determinati percorsi non
aiuta, a mio parere, a responsabilizzare a sufficienza le
amministrazioni locali che noi rappresentiamo. Invece dobbiamo
responsabilizzarle in quest'ottica e chiamarle ad una sfida e ad una
condivisione di un percorso, così come, viceversa, la Regione ha sì
il potere di legiferare sulla materia, ma ci aspettiamo che anche
sulle politiche di sistema regionali si possa trovare il modo di
produrre quel grado di partecipazione che a un certo livello è
possibile che venga richiesto anche al rango regionale.
Occorre quindi una messa a punto normativa. Chiediamo che i
proponenti della legge e la discussione nella Commissione ci diano
modo di svolgere questo confronto e collocarlo in un contesto, dal
punto di vista istituzionale, che impatta sulle forme organizzative
degli enti e che deve tenere distinto il procedimento
amministrativo. Il procedimento amministrativo ha indubbiamente
bisogno di essere semplificato e reso più trasparente e la
partecipazione può aiutarci in questo - parzialmente, a mio parere -
ma terrei distinte le due cose, tra cui vedo le relazioni, le
connessioni, ma vedo anche le distinzioni.
Tutto questo richiede, a mio parere, un patto, culturale e
istituzionale, che tenga conto delle attribuzioni reciproche e che
consideri la discussione che stiamo facendo avendo come sfondo la
discussione istituzionale che ci apprestiamo a fare sul nuovo codice
delle autonomie locali, sulle attribuzioni agli enti, che
richiederanno delle tarature, degli aggiustamenti. Non sappiamo come
verrà fuori questo testo, che ci preoccupa molto, e va tenuto
presente che incrocia alcune tematiche che ci sono nel progetto di
legge, che è incardinato sull'urbanistica e sui procedimenti
amministrativi per le opere pubbliche. Su questo, il testo Calderoli
prevede una partecipazione alla pianificazione da parte dei Comuni.
Questo cosa significa? Vuol dire che la pianificazione viene
trasferita alle Regioni? O vuol dire che viene trasferita allo Stato
per avere le corsie preferenziale sulle opere pubbliche? Questa
partita è tutta da chiarire; il patto fra istituzioni ci aiuta anche
a calibrare meglio questo tipo di disegno, in relazione con il
contesto istituzionale che si va profilando e con lo schema di
attribuzioni di poteri che verrà fuori da questa discussione sul
codice.
Presidenza del Vicepresidente Gianluca Borghi.
RICCARDO BREVEGLIERI (Forum Terzo settore): Io vengo dall'esperienza
del Forum del terzo settore che mette assieme un po' di
associazioni, cooperative sociali e altre esperienze organizzate.
Per segnalare l'utilità della legge - sul merito tecnico non entro
perché non ho avuto la possibilità di guardarci nei dettagli - vi
cito alcuni limiti delle esperienze di partecipazione che noi
abbiamo.
Io ho avuto esperienze nell'area degli interventi nelle politiche
sociali su cui la legge regionale in materia incardina molto la
partecipazione e questa legge prevede la Conferenza del terzo
settore, che ha oggettivamente due limiti: uno è la
rappresentatività dei partecipanti, creando a volte una situazione
in cui i partecipanti sono coloro che se lo possono permettere, per
condizione economica, per possibilità, per materiale opportunità di
tempo, di relazione politica, culturale e via dicendo.
L'altro limite è che si passa dalla Conferenza a seconda della
diversa sensibilità su materie che riguardano diversi assessori
della Giunta regionale e quindi diverse disponibilità a discutere i
temi in questione con la Conferenza. Quindi la cosa è legata alla
volontà; lo dico perché non vorrei sbagliare, ma quando guardavo la
legge francese sul dibattito pubblico mi pare di ricordare che in
alcuni casi non è libera scelta, per alcuni temi le amministrazioni
devono passare per il dibattito pubblico.
Credo che questo può diventare interessante, se facciamo serenamente
un ragionamento, anche per quanto riguarda la democrazia partecipata
e le valutazioni che vi sono legate. Ci sono scelte che non
riguardano, non coinvolgono solo quel quinquennio di mandato, ma
riguardano questioni ormai generazionali, come i temi ambientali, e
qui può avere senso che la partecipazione a definire le scelte (che
pur restano in ultima istanza in mano alle assemblee elette e su
questo non credo vi sia discussione) debbano avere un percorso di
partecipazione molto più ampio e quindi anche un'assunzione di
responsabilità sull'esito finale, se condiviso dagli organismi
eletti, molto più ampia.
Non credo che questa legge debba servire a risolvere solo più
rapidamente i conflitti, partendo dall'idea che i conflitti ci sono,
ma anche a trovare soluzioni e mettere in campo competenze e saperi
che non stanno più sempre rinchiusi nelle pubbliche istituzioni o
solo nelle figure professionalmente dedicate a quell'intervento.
Credo che per fare questo si possa fare tesoro delle esperienze:
Agenda 21 è una; poi le RAB, Residential advisory board, che in
Italia si usano poco, sono quelle che riguardano gli interventi
specifici di contrattazione su siti particolari, fra imprese e
cittadini (ce n'è una a Ferrara sull'inceneritore, ce n'è un'altra
ad Imola); i piani di zona, che io conosco meglio, che prevedono
meccanismi di partecipazione. Se qualcuno ha voglia e tempo di
andare a leggere alcuni piani di zona del triennio appena partito,
si vede con molta intensità la differenza che c'è fra piani di zona
definiti con una sensibilità ed un'attenzione alle esigenze e ai
bisogni della gente e piani di zona che questa intensità non ce
l'hanno messa; si vede non nello spirito etico, si vede nei
risultati finali, nella capacità di leggere i bisogni della gente,
di essersi sforzati di andarli a percepire.
Quindi, trovare meccanismi, anche perfettibili, che implementano
questa opportunità e la forniscono - anche con una chiarezza di
rappresentanza che vada al di là delle organizzazioni che hanno la
possibilità ed il tempo di relazionarsi con le rappresentanze
politiche - è sicuramente un'opportunità da non perdersi. Anzi,
credo che su questo ci sia da dare un'attenzione in più: noi abbiamo
ecceduto a volte nel prevedere strumenti di partecipazione, penso
che la Regione abbia un lungo elenco delle varie commissioni e
sottocommissioni previste nelle varie leggi. Credo che questa legge
potrebbe dare una spinta a trovare un po' più di ordine, perché
quando si eccede di solito si annullano i meccanismi di
partecipazione significativi.
Diceva prima Gioiellieri sull'esperienza dei Comuni,
sull'istruttoria o sull'applicazione dei famosi articoli 4 degli
Statuti comunali, tanto dibattito per scriverli, poco impegno di
spesa per andare poi a forzare quella partecipazione che
inevitabilmente in questo decennio è venuta meno alla sua spinta
naturale.
L'ultimo elemento, proprio perché come Forum terzo settore abbiamo
valutato con molto interesse questa proposta di legge, è il fatto
che il Consiglio regionale non si assuma la responsabilità di non
contribuire fortemente ad approvare questa legge prima della fine
della legislatura per non dover riprendere un altro percorso per
qualche anno in quella futura.
BRUNA BELLOTTI (Associazione Diritti senza barriere): Mi scuso con i
pochi che sono rimasti e anche con la Presidenza se quello che starò
per dire non sarà molto puntuale e preciso. Innanzitutto
un'osservazione, non so a chi dover far riferimento: la
comunicazione del Presidente Lombardi è datata 9 settembre, la busta
datata 14 settembre, la ricevo il 17 settembre e l'incontro è
fissato per il 21. Molto prima avevo estratto il progetto di legge,
però essendo stata impegnata come associazione per la festa del
volontariato non ho potuto rileggerla in maniera puntuale ed
approfondita. Ho fatto questa premessa per specificare perché non
sono molto ferrata, però sono venuta ugualmente, pur non essendo
preparata come avrei desiderato, per sollevare alcune obiezioni.
Innanzitutto mi congratulo con il signor Gioiellieri riguardo alle
perplessità rispetto alla figura del garante che nella legge fa
riferimento al difensore civico (mi dispiace che non ci sia più, il
difensore civico ha fatto il suo intervento e se ne è andato pur
essendo lautamente retribuito, a differenza della sottoscritta che
svolge un'attività di volontariato rimettendoci di tasca propria).
Speriamo che in futuro venga rivista la figura del difensore civico,
ora come ora noi come associazione abbiamo molte riserve al riguardo
rispetto appunto alla terzietà di questa figura, di questa
istituzione.
Per quanto riguarda invece il contenuto del progetto di legge, noi
come associazione abbiamo fatto una bandiera della partecipazione.
Ci occupiamo, nell'ambito della sanità, della difesa dei diritti dei
malati che non hanno voce e riteniamo che la partecipazione sarebbe
addirittura un metodo di prevenzione, perché crediamo che molti
disturbi, anche di avvicinamento alla droga, di demoralizzazione, di
mancanza di stima di se', se ci fosse un'educazione al senso civico,
un maggior coinvolgimento, siamo convinti che le persone sarebbero
maggiormente considerate e tanti disturbi sarebbero molto ridotti.
Ritornando all'impianto della legge, abbiamo rilevato un po' di
contraddizioni. Nella prima parte si fa una gran inno alla
partecipazione, poi quando andiamo a vedere chi sarebbero costoro
che possono partecipare, l'art. 18 sull'attività del garante propone
il 5% fino a 1.000 residenti, 3% a 5.000 e via a scendere...
UGO MAZZA: Chiedo scusa, per chiarire: quelle sono il numero di
firme da raccogliere per chiedere l'attivazione del garante.
BRUNA BELLOTTI: Certo il numero di firme, allora le associazioni che
spazio hanno? Io non ho trovato che si sentano le associazioni.
Un'altra riflessione riguarda il costo, è uscito anche il
rappresentante di Confindustria che mi pare sia stato l'unico che ha
fatto questo riferimento. Io sono saltata sulla sedia quando ho
letto che per il primo anno di attuazione è prevista una spesa di
1.500.000 euro. Facciamo un po' il rapporto con le vecchie lire, si
arriva a quasi 3 miliardi, il rappresentante di Confindustria ha
aggiunto in tempo di vacche magre ... Chi estende questi progetti
di legge ha presente come vive la gente comune? Mi sembra che qui ci
sia una distanza abissale con i cittadini. Ecco l'importanza della
partecipazione!
Quindi fornirò al consigliere Mazza, relatore della presente legge,
le nostre osservazioni più puntuali, mi dispiace di non averlo
potuto fare ora, ma sono contenta di essere venuta, almeno ai pochi
rimasti facciamo sentire le nostre osservazioni soprattutto in tema
di costi.
GIANLUCA BORGHI (Vicepresidente della Commissione): Ricordo, come ha
già fatto il Presidente Lombardi, che la Commissione acquisirà
ulteriori contributi che dovessero giungere e sono certo che così
sarà, anche rispetto alle cose ascoltate qui oggi dagli intervenuti
a questa udienza conoscitiva, che ringrazio ancora per la
disponibilità. Lascio la parola al relatore Ugo Mazza per una
riflessione finale rispetto a quanto emerso durante questo incontro.
UGO MAZZA: Grazie per la partecipazione. La riflessione sarà molto
sintetica, perché in questo momento abbiamo avviato il percorso e
dovremo quindi rifletterci, tutta la commissione dovrà valutare le
proposte che verranno avanzate e poi dovremo vedere come proseguire
i lavori sulla base del testo di legge presentato.
Alcune considerazioni generali. Intanto, per l'ultimo intervento sui
costi, quella prevista è una definizione di possibilità di spesa,
cioè un impegno che non riguarda ogni singolo procedimento
partecipativo, a cui il finanziamento sarà attribuito sulla base
della valutazione del progetto presentato e via discorrendo. Quindi
è soltanto un generico riferimento, non è una spesa prevista, se non
c'è nessun procedimento partecipativo non si spenderà niente, se
sono tantissimi si spenderà. Però la democrazia - e vorrei dirlo
anche alla Confindustria - costa, ma meno male che c'è democrazia. I
referendum, le elezioni, tutte queste cose qualcuno le rapporta ai
costi, ma se ragioniamo così ovviamente non c'è democrazia, perché i
cittadini come fanno? Come lei, signora Bellotti, tanti partecipano
volontariamente e questo è encomiabile e di grande rispetto, anzi
grazie; però non è che i procedimenti amministrativi, le attività
sono cose che non tengono conto anche della necessità di informare,
della necessità di produrre materiale, della necessità di presentare
progetti e via discorrendo, che sono supporti necessari perché la
gente possa conoscere, essere informata e partecipare.
Mi pare quindi che su questo elemento si può discutere sulla
quantità, ma non certo sulla necessità di avere anche risorse per la
partecipazione. Confindustria forse ragiona molto di più sulle
risorse che vengono date ai singoli segmenti industriali o
produttivi, e su questo non lesina certo richieste, però quando si
parla di partecipazione credo che anche questa possibilità sia da
tenere presente.
Per quanto riguarda altre questioni, sono molto d'accordo con quanto
ha detto il prof. Donati, lo condivido: intanto impegniamoci a
lavorare in questa direzione e a vedere se è possibile raggiungere
questo obiettivo. Il come, il merito lo discuteremo, grazie quindi a
tutti gli interventi di carattere generale e anche delle proposte
modificative del testo, che ci aiutano a ragionare sugli emendamenti
e a rafforzare, mi auguro, questa proposta.
Volevo esporre due o tre questioni. La legge francese è citata nel
testo come esempio, molte volte si usa l'esperienza francese come
dimostrazione che là le opere si fanno più rapidamente che in
Italia, e in Francia c'è appunto questa metodologia di dibattito
pubblico sulle grandi opere, che si fa con tempi rapidi perché la
procedura favorisce questo. Se io prendo come riferimento la TAV di
Torino, dove la gente si è trovata un progetto buttato lì sul
tavolo, i Comuni stessi, senza che neanche lo conoscessero e poi
qualcuno gli vuole imporre di decidere, questo non si può accettare.
Si discute la TAV, bene; è un problema nazionale, bene, ma lo si
discute in un modo giusto: c'è il materiale, ci sono i tempi per la
decisione, partecipa la gente e via discorrendo. Questo deve essere
predefinito se si vuole una partecipazione responsabile e cosciente,
non che uno debba essere costretto a prendere un cartello e fare
blocchi stradali per potere dire la sua su una cosa che riguarda il
proprio territorio, la propria realtà di vita, il proprio tessuto
economico, sociale e civile! È questo che secondo me va evidenziato,
dobbiamo cercare di fare un progetto di questo genere.
Gli esempi sono tanti: ricordo che quando ero amministratore a
Bologna fu presentato il progetto dell'Alta Velocità, quella che si
sta realizzando adesso, il Comune di Bologna lo bocciò dopo dure
assemblee con i cittadini che negavano un consenso al quel progetto.
Infatti era un progetto inammissibile, è stato cambiato radicalmente
ed oggi si sta realizzando, con tutti i problemi che oggi leggiamo
sui giornali, però è stato frutto di una discussione. Gli stessi
cittadini che allora contestarono quel progetto, a San Rufillo, per
esempio, sono oggi i protagonisti del controllo dell'attuazione del
progetto, perché sono stati coinvolti in un procedimento molto
casuale, in quel caso, non c'erano regole, ma di partecipazione e
quindi di responsabilizzazione sull'esito a cui si è arrivati.
Qualcuno ha osservato che il testo dà il senso che sotto vi sia un
ragionamento incentrato molto sull'urbanistica: questo è dovuto
forse ai riferimenti posti ad esempio nella relazione, perché nel
testo di questo non si parla. Nel testo ci sono questioni che
attengono alle scelte dei cittadini che fanno l'istanza, dei Comuni
che l'accettano, dei Comuni e delle Province che la propongono, non
è limitato a nessun settore; è chiaro che il processo partecipativo
è diverso da settore a settore, da problema a problema.
Ecco perché qui non è definito un processo partecipativo modello, ma
è definita un'ipotesi di processo, che ovviamente andrà dal garante
e poi sarà governato e costruito assieme a quelli che lo
presenteranno, per adeguarlo in modo positivo alla questione di cui
si discute, che può essere teorica, può essere generale, può essere
anche concreta, materiale, su un asilo nido o su un'altra questione,
dipenderà da quello che viene chiesto. Per questo volevo dire anche
a Gioiellieri che non viene leso lo statuto dei comuni, perché i
Comuni attueranno il procedimento secondo le norme del loro statuto.
Gioiellieri ha ragione quando dice che non si può pensare che non ci
sia un dialogo fra le istituzioni e sicuramente ricorreremo ad un
confronto, ne discuteremo, come è sempre stato fatto, è fuori
discussione. Però la proposta non si pone contro lo statuto dei
Comuni, i Comuni, sulla base del loro statuto, attiveranno questa
possibilità che la Regione rende possibile, con il finanziamento da
una parte e con la legislazione dall'altra. Quindi si dice al Comune
che se attiva questo procedimento gli si danno le risorse per
poterlo sviluppare e pagare quindi i costi che sono necessari per
l'informazione, per pubblicazione del materiale, per la produzione
dei plastici eventuale, per quanto è necessario affinché il
cittadino possa essere consapevole di quanto potrebbe avvenire e
quindi intervenga nel merito dei progetti.
Il punto è proprio questo, come è stato detto anche da Donati:
evitare una discussione ideologica, confrontarsi sul tema e sulla
questione che è oggetto del dibattito, facendo anche gli affinamenti
che sono necessari. L'ex mercato di Bologna è un esempio molto
positivo e ce ne sono tanti altri in tutta la regione che hanno
questo peso, perché si permette ai cittadini di partecipare e di
entrare nel merito e di confrontarsi su quello, poi l'esito sarà un
esito che può soddisfare o non soddisfare, però il problema è che il
meccanismo si metta in moto e si determini.
Un'altra questione che volevo affrontare è il garante. È un concetto
abbastanza complesso, secondo me in linea teorica non dovrebbe
esserci questo bisogno, perché si pensa che le istituzioni di per
se' siano un elemento di garanzia. Però nella situazione concreta si
vede tutti i giorni, per dei meccanismi - lo citava prima anche
Gioiellieri - di legislazioni mutate, una sorta di prevalenza di una
privatizzazione della decisione . Adesso la dico seccamente, si può
ragionare a lungo su questo termine, però sicuramente ci sono delle
legislazioni che riconoscono un ruolo all'intervento privato che va
al di là delle stesse programmazioni territoriali che i Comuni hanno
fatto. Basta dire che un'ultima decisione del Governo sul tema delle
conferenze di servizio dice che dall'unanimità della procedura di
conclusione di una conferenza si passa alla posizione prevalente.
Vuol dire che non c'è più unanimità, ma c'è una maggioranza che si
costruisce e che decide le conclusioni della conferenza dei servizi
su questioni molto delicate. La legislazione è dunque in forte
cambiamento e questo è un elemento molto pesante.
Con la nostra proposta di legge non pensiamo di risolvere questi
problemi, non siamo in grado di farlo e nemmeno possiamo
permettercelo, però ci poniamo il problema di come i cittadini
entrano nel procedimento decisionale. Qui c'è un punto sul quale è
bene riflettere, il rapporto tra quello che è l'istruttoria propria
del procedimento unico e via discorrendo e quello che è il modo di
come si partecipa. Qualcuno lo ha ricordato, la partecipazione può
essere anche prima di questo evento e quindi deve essere un elemento
che definisce come il Comune o la Provincia partecipa ad eventuali
sedi di istruttoria più generale di cui è protagonista. In questo
senso vanno sicuramente cercati e individuati gli equilibri, ma
ribadisco che il tema della legge è quello di tendere a definire una
metodologia di partecipazione che si affianca a quelle che già
esistono, non ne sostituisce e non ne nega nessuna, anzi questo
strumento può essere usato per realizzare quelle procedure ancora
meglio di come è stato fino ad oggi. Che presenti poi degli elementi
di burocratizzazione posso essere d'accordo anch'io, come diceva
prima Baruzzi rischia che possa diventare una gabbia, quindi su
questo ci ragioneremo attentamente e se c'è questo pericolo terremo
conto anche dei vostri suggerimenti per modificare la legge.
La figura del garante non è però in discussione, dal mio punto di
vista, perché vuol dire garantire una terzietà nelle relazioni. Devo
dire che in molti procedimenti non ho colto questa terzietà nel modo
in cui gli enti locali si pongono di fronte ai cittadini su molte
questioni, lo dico molto apertamente, c'è un mio giudizio personale
su questo. Ho letto delle dichiarazioni di assessori che dicono che
certi impianti si faranno anche se la valutazione di impatto
ambientale non è ancora conclusa: se un assessore prende una
posizione di questo genere, è chiaro che un cittadino che sta
partecipando al dibattito si chiede cosa sta a fare lì. La terzietà
per me è questo: fino a che non si è chiuso il procedimento, non c'è
nessuno che può dire una cosa di questo genere rispetto al
procedimento in corso e per i cittadini, per le istituzioni e per
tutti c'è un regolatore del percorso, che garantisce a tutti di
essere pari nella discussione e nella partecipazione; poi il Comune
o la Provincia o la Regione, a seconda di qual'è l'ente coinvolto,
nella sua sede deciderà autonomamente e se ne prenderà la
responsabilità. Questo è il grande fatto: che di fronte ad un
procedimento pubblico uno si prende la responsabilità di decidere e
lo fa sulla base della conoscenza di tutte le opinioni in campo. Per
me questo è il grande problema, molte volte io vedo il tavolo
pendere da una parte perché appunto c'è chi può partecipare in tutte
le forme, in tutti i modi e in tutte le sedi e chi ha difficoltà a
partecipare.
Ricordava il prof. Donati che 23 progetti di legge sul lobbying
presentati dal Parlamento non hanno avuto conclusione: anche in
Regione Emilia-Romagna il mio progetto sul lobbying non ha avuto
conclusione, è stato bocciato, perché riconosceva un diritto, che
non garba molto, al fatto che quelli che discutono ai tavoli siano
tutti alla pari. Questo ha bisogno di approfondimenti, forse anche
quel progetto di legge che ho presentato io era molto schematico,
poco efficiente, ma per me è essenziale il principio che sulle
questioni che riguardano i cittadini che le pongono ci possa essere
un confronto alla pari. Ecco perché ritengo che la terzietà abbia un
valore: perché da a tutti la garanzia che c'è un conduttore del
procedimento, che si concluderà con un documento che l'ente locale
si assume la responsabilità di votare, accettandolo totalmente o in
parte o anche respingendolo. Quindi - ribadisco - i Comuni, le
Province e la Regione sono liberi di scegliere come meglio credono,
non è in discussione la loro libertà di scelta.
Un'ultima battuta sul difensore civico perché non vorrei confusione:
il dott. Lugli ci aveva informato che sarebbe dovuto andare via
perché aveva un impegno istituzionale a cui non poteva mancare; il
suo stipendio non lo ha deciso lui ma lo ha deciso il Consiglio
regionale e quindi la critica eventualmente va fatta a noi e non a
lui. Il fatto che la sua azione non sia molto efficace dipenderà
ancora una volta dalla legge che noi abbiamo fatto, non credo che
sia un problema personale. Le sue osservazioni, signora Bellotti,
sono interessanti perché attengono alla legge della Regione che
definisce il ruolo che deve avere il difensore civico e forse c'è
qualcosa su cui riflettere.
La nostra idea di attribuire al difensore civico, eventualmente,
questa funzione di garante anche nei procedimenti partecipativi era
un po' per evitare di aumentare i costi e per vedere quindi se,
modificando il difensore civico, si poteva contemplare anche questo
obiettivo. Questo era il senso, non per lasciare le cose come
stanno, ma eventualmente per ampliare le sue prerogative ed avere
qui una voce, invece che realizzare un'altra autorità. Di questo ne
discuteremo, tenendo anche conto delle cose che sono state dette.
Io vi ringrazio molto e ovviamente aspettiamo suggerimenti e
proposte di emendamento di cui la commissione terrà sicuramente
conto ed io personalmente prenderò contatto con chi li invia anche
per eventuali chiarimenti.
Grazie molto.
La seduta termina alle ore 18,00.
Approvato nella seduta del 13 ottobre 2009.
Il Segretario Il Presidente
Nicoletta Tartari Marco Lombardi