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Legislatura VIII - Commissione VI - Verbale del 21/09/2009 pomeridiano

    Testo

    Verbale n. 5
    Seduta del 21 settembre 2009
    Il giorno 21 settembre 2009 alle ore 16,00 si è riunita presso la
    sede dell'Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro 50, la
    Commissione Attuazione dello Statuto convocata in udienza
    conoscitiva con nota Prot. n. 24763 del 9 settembre 2009.
    Partecipano alla seduta i Commissari:
    Cognome e Nome Qualifica Gruppo Voto
    LOMBARDI Marco Presidente Forza Italia - Popolo 2 presente
    della Libertà
    BORGHI Vice Partito Democratico 4 presente
    Gianluca Presidente
    VARANI Gianni Vice Forza Italia - Popolo della 5 presente
    Presidente Libertà
    BARBIERI Marco Componente Partito Democratico 3 assente
    BORTOLAZZI Componente Partito dei Comunisti 1 assente
    Donatella Italiani
    BOSI Mauro Componente Partito Democratico 3 presente
    DELCHIAPPO Componente Misto 1 assente
    Renato
    DONINI Monica Componente Partito della 2 assente
    Rifondazione Comunista
    ERCOLINI Componente Partito Democratico 4 assente
    Gabriella
    GUERRA Daniela Componente Verdi per la pace 1 assente
    LEONI Andrea Componente Forza Italia - Popolo 1 assente
    della Libertà
    MAJANI Anna Componente Partito Democratico 1 assente
    MANFREDINI Componente Lega Nord Padania 3 assente
    Mauro Emilia e Romagna
    MAZZA Ugo Componente Sinistra Democratica 2 presente
    per il Socialismo Europeo
    MONACO Carlo Componente Per l'Emilia-Romagna 1 assente
    NANNI Paolo Componente Italia dei Valori 1 assente
    con Di Pietro
    NERVEGNA Componente Forza Italia - Popolo 1 assente
    Antonio della Libertà
    NOE' Silvia Componente Unione dei Democratici 1 presente
    Cristianie Democratici di
    Centro
    SALSI Laura Componente Partito Democratico 5 presente
    VECCHI Alberto Componente Alleanza nazionale 4 presente
    - Popolo della Libertà
    ZANCA Paolo Componente Uniti nell'Ulivo - SDI 4 assente
    Sono presenti i consiglieri: Massimo MEZZETTI (Sinistra Democratica
    per il Socialismo Europeo).
    Presiede la seduta: Marco Lombardi
    Assiste il segretario: Nicoletta Tartari
    Resocontista: Nicoletta Tartari
    UDIENZA CONOSCITIVA
    4624 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Mazza e
    Mezzetti: Norme per la definizione, riordino e promozione delle
    procedure di consultazione e partecipazione alla elaborazione delle
    politiche regionali e locali (12 05 09).
    Partecipano all'udienza conoscitiva:
    Baietti Alessandro Regione Emilia-Romagna
    Baruzzi Valter Direttore scientifico Associazione Camina
    Bellotti Bruna Presidente Associazione Diritti senza
    barriere
    Breveglieri Riccardo Forum Terzo Settore
    Casali Luigi Vice Sindaco Comune di San Leo
    Cerri Giorgio Docente
    Cesion Massimiliano Funzionario Comune di Forlì
    Condemi Antonio Regione Emilia-Romagna
    Donati Daniele Ricercatore Università di Bologna
    Fattori Marcello Sindaco Comune di Maiolo
    Foresti Sandra Associazione Diritti senza barriere
    Gandini Lucia Confartigianato Emilia-Romagna
    Gasparini Giada Presidente Associazione Noi consumatori
    Ghetti Alessandro Responsabile Ufficio legislativo
    Coldiretti E-R
    Gioiellieri Antonio Direttore ANCI Emilia-Romagna
    Lombardi Carlo Responsabile Relazioni istituzionali
    Confindustria E-R
    Lugli Daniele Difensore civico Regione Emilia-Romagna
    Maccaferri Carlo Associazione Ingegneri Emilia-Romagna
    Mantello Nicola Regione Emilia-Romagna
    Mengozzi Alessandro Ricercatore Università degli Studi di
    Bologna
    Montalti Francesca Consigliere ANFFAS onlus Cesena
    Montanari Massimo Segretario regionale WWF Emilia-Romagna
    Ozzola Filippo Dottorando Università di Bologna
    Palladino Francesco Regione Emilia-Romagna
    Pancaldi M. Giuseppina Vicepresidente AIDO Emilia-Romagna
    Pareschi Rita Legacoop Emilia-Romagna
    Paron Francesca Regione Emilia-Romagna
    Passarelli Giorgio Regione Emilia Romagna
    Poli Giancarlo Regione Emilia-Romagna
    Rimondini Maddalena Funzionario Confcommercio Emilia-Romagna
    Sacchetta Leonardo Assessore Comune di Pennabilli
    Sebastiani Vincenzo Sindaco Comune di Novafeltria
    Tolomelli Marta Presidente ALISE
    Valenti Lorenzo Presidente Comunità montana Alta
    Valmarecchia
    Zanelli Michele Regione Emilia-Romagna
    MARCO LOMBARDI (Presidente della Commissione): Vi ringrazio per
    essere intervenuti a questa udienza conoscitiva. Il relatore Mazza
    illustrerà la questione che ci riguarda, ma siamo qui soprattutto
    per ascoltare le vostre indicazioni. Tengo a precisare che siamo
    sempre nell'ambito dell'attuazione del nuovo Statuto che prevede, in
    casi come questo, un'ampia consultazione con tutte le forze
    interessate. Abbiamo anche cercato, con una novità rispetto agli
    orari in cui solitamente vengono svolti questi incontri, di rendere
    più accessibile non solo alle compagini strutturate ma anche a
    quelle più spontanee la partecipazione a questa udienza conoscitiva,
    perché vogliamo dare da subito il segnale, visto l'argomento che
    tratta la legge, di volere la più ampia partecipazione possibile.
    Do subito la parola al relatore, che - sempre in base alle modifiche
    dello Statuto - segue l'andamento dell'iter legislativo dall'inizio
    e quindi con una differenza rispetto al passato dove non c'era la
    possibilità di una azione di questo tipo.
    Nel cedere la parola al relatore vorrei salutare con particolare
    calore, senza fare torto agli altri, la presenza di alcuni dei sette
    sindaci dei Comuni dell'Alta Valmarecchia che sono recentemente
    entrati a far parte della Regione Emilia-Romagna e che i nostri
    uffici in maniera molto solerte hanno già provveduto a convocare,
    quindi di buon grado gli diamo il benvenuto.
    La parola al consigliere relatore Mazza.
    UGO MAZZA (Consigliere relatore): Buonasera, grazie per la presenza.
    Cercherò di essere il più possibile sintetico, confidando che
    l'articolato se non è già stato letto lo sarà. Per quanto mi
    riguarda vorrei evidenziare le questioni più rilevanti del progetto
    di legge.
    Noi oggi iniziamo il percorso, come ha già detto il Presidente, un
    percorso che sarà abbastanza breve per certi versi, perché la
    legislatura termina fra pochi mesi; la speranza è che ci possano
    essere delle convergenze sufficienti per riuscire a portare in porto
    un progetto di legge che a me pare particolarmente rilevante per la
    Regione Emilia-Romagna e per i suoi cittadini.
    Noi abbiamo presentato questo progetto di legge facendo riferimento
    ad alcune esperienze, che sono conosciute da tutti quelli che un po'
    seguono questi argomenti. Tenuto conto del dibattito in Europa,
    abbiamo fatto riferimento particolarmente all'esperienza francese
    del debat public che ha previsto e prevede una procedura basata
    sulla figura del garante della terzietà nel procedimento di
    confronto tra gli interessi che sono in campo. Questo ci pare un
    elemento importante perché l'impostazione del processo, il suo
    svolgimento e le conclusioni sono questioni importantissime per
    l'esito stesso della partecipazione.
    Abbiamo anche tenuto conto delle esperienze che si sono svolte in
    Emilia-Romagna, perché la partecipazione non nasce oggi, questo
    sistema, questo confronto esiste da molti anni in Emilia-Romagna:
    c'è una forte esperienza di Agenda 21, ci sono forti esperienze di
    assemblee fatte dalle istituzioni elettive per sentire il parere dei
    cittadini, di forum, di esperienze di democrazia partecipata, quindi
    ci inseriamo in un contesto molto ampio.
    Questa legge tende a cogliere un aspetto di questo procedimento che
    a volte ha avuto degli elementi di insoddisfazione e cioè la
    genericità del rapporto tra la discussione e la conclusione. Molte
    volte nelle assemblee si dice Bene, abbiamo ascoltato, ora vedremo
    cosa fare , invece con questo processo si tenta di affiancare alla
    democrazia rappresentativa una struttura abbastanza precisa di
    democrazia partecipativa. Noi crediamo che questo sia un punto
    importante proprio per consolidare la democrazia nel nostro Paese e
    per consolidare anche la democrazia rappresentativa che non può
    pensare di farsi vedere ogni cinque anni e nel frattempo chi è stato
    eletto governa da solo. I processi sono più dinamici, la complessità
    del governo è altrettanto difficoltosa, emergono conflitti, emergono
    diversi interessi e quindi il governo di questi processi ha bisogno,
    secondo noi, anche della presenza di cittadini tramite forme
    articolate, una delle quali è quella che noi oggi presentiamo.
    La nostra è una proposta aperta alla discussione, aperta ai
    cambiamenti, invitiamo anche a fare pervenire atti scritti, proposte
    di modifica, di cui terremo conto in Commissione. La proposta di
    legge che abbiamo avanzato ovviamente ha una dimensione regionale,
    perché opera nell'intendimento di realizzare un diritto
    partecipativo minimo per tutti i cittadini, da Piacenza a Rimini.
    Come dire che sostanzialmente c'è un minimo di diritto di
    cittadinanza che è riconosciuto a tutti e che poi i Comuni e le
    Province possono ampliare, migliorare, accrescere ancora di più, ma
    intanto c'è questa base minima che a noi pare importante da tenere
    presente. Abbiamo cercato di sottolineare che questa partecipazione
    avviene su modalità predefinite e abbastanza precise, pur lasciando
    la flessibilità necessaria per adattare il procedimento alle singole
    situazioni che sul territorio si manifestano.
    Questo progetto di legge trae origine da due strumenti per noi
    fondamentali, il primo dei quali è la Costituzione italiana, che
    all'art. 118 ha riconosciuto l'autonoma iniziativa dei cittadini
    singoli ed associati per lo svolgimento di attività generali. Questo
    è un tipo di sussidiarietà molto più importante e più ampia di
    quella settoriale che è stata enfatizzata per rendere possibile
    l'accesso dei privati nell'ambito dei servizi pubblici, che è pure
    una questione importante ma è sempre settoriale. Questo tipo di
    sussidiarietà, invece, evidenzia che i cittadini possono partecipare
    con un riconoscimento delle istituzioni alle decisioni che
    riguardano i grandi temi generali. Quindi sono protagonisti del
    governo del proprio territorio, anche sulla base della Costituzione:
    è un principio che non viene sufficientemente enfatizzato, mentre io
    lo ritengo un elemento di forte innovazione della Costituzione
    stessa.
    Le altre fonti sono il nostro Statuto, su cui abbiamo avuto lunghe
    discussioni proprio per accrescere le modalità della partecipazione.
    Così, è stata approvata dall'Assemblea legislativa una serie di
    possibilità di partecipazione durante la formazione degli atti,
    oltre che ovviamente una serie di forme di democrazia diretta.
    Quindi noi parliamo di democrazia rappresentativa, democrazia
    partecipata anche tramite ciò che è previsto in questo progetto di
    legge e di democrazia diretta tramite gli istituti che sono già
    previsti, quali petizione, istruttoria pubblica, iniziativa
    legislativa popolare, consultazioni dell'Assemblea legislativa,
    referendum abrogativo e consultivo. Tutte queste modalità danno il
    senso di un'ampia possibilità di presenza, ma molte volte non
    risultano del tutto organicamente incardinate nel sistema
    decisionale di governo rappresentativo.
    Il nostro obiettivo è migliorare la qualità democratica delle scelte
    di governo; creare maggiore coesione sociale governando i conflitti,
    che non vanno negati; aumentare la qualità delle risorse
    immateriali, quindi anche la fiducia collettiva, il capitale
    sociale, il rapporto con le istituzioni, che sono questioni
    fondamentali per la democrazia; creare un percorso definito in modo
    preciso per ridurre i tempi e i costi amministrativi dei processi
    decisionali; valorizzare le competenze diffuse nella società;
    rimuovere ogni discriminazione; far sì che i cittadini da soggetti
    amministrati e esclusi siano soggetti attivi, che si prendono cura
    dei beni comuni e degli spazi pubblici.
    Questo a me pare un elemento importante, cioè definire il modo con
    cui si può partecipare e come si sottolinea la partecipazione.
    Ovviamente tutti sappiamo che la società è formata di interessi e
    gli interessi vanno regolati, ma molte volte sorge il dubbio che
    solo gli interessi forti abbiano accesso al dialogo con le
    istituzioni e che quindi ci sia un limite, che il dialogo venga in
    qualche modo negato a quelli che fanno parte di associazioni più
    diffuse sul territorio e più deboli. Forse con una forzatura si può
    sostenere che il conflitto molte volte si misura con l'ente
    pubblico, il Comune, la Provincia, la Regione, poiché a volte ci
    sono tavoli diversi, uno di discussione più riservata, in cui c'è
    quasi una tendenza alla privatizzazione della decisione, e un altro
    basato su un confronto più ampio, più pubblico, più aperto. Questo è
    quello che vorremmo instaurare con il procedimento partecipativo per
    far sì che la decisione sia anche il frutto di questo confronto
    nelle modalità che poi la legge stabilisce.
    Una parola chiave che volevo sottolineare è iniziativa dei
    cittadini . Questa proposta di legge riconosce il diritto di
    iniziativa ai cittadini, i cittadini possono avanzare istanze e
    petizioni alle istituzioni interessate, chiedendo l'apertura di un
    processo partecipativo. L'istituzione può accettare la richiesta e
    quindi si avvia il processo partecipativo oppure può respingerla; se
    viene respinta, il garante avrà un ruolo di mediazione tra i
    cittadini e le istituzioni per cercare di comporre le differenze e
    portare ad un accordo verso il percorso partecipativo. Dunque c'è
    una possibilità di richiesta per il cittadino, una possibilità di
    risposta anche negativa delle istituzioni e una possibile mediazione
    del garante: quindi il processo partecipativo non è un obbligo (ci
    tengo a sottolinearlo perché questo è un elemento che molte volte
    emerge come preoccupazione), è una possibilità. È chiaro che un ente
    elettivo che dice no si assume una responsabilità politica, ma
    questo fa parte delle regole, del prendersi delle responsabilità,
    non è un problema; l'importante è che comunque ci sia apertura al
    confronto e quindi anche un doveroso rispetto delle richieste con
    una risposta precisa.
    L'altro elemento forte di questa proposta è quello della terzietà,
    per questo si vuole istituire una figura, il garante, che garantisca
    lo svolgimento del percorso partecipativo, che ne valuti il
    progetto, che verifichi la conclusione del progetto stesso. Si
    tratta di una figura sopra le parti rispetto all'ente locale, ai
    cittadini, agli interessi in campo, che garantisca lo svolgimento di
    un percorso coerente con gli accordi che vengono stabiliti, nel
    rispetto delle leggi e degli statuti comunali e provinciali. Quindi
    è un organo terzo che viene eletto dall'Assemblea legislativa per
    garantire questa funzione di autonomia di intervento.
    Il garante si avvale dell'ufficio della partecipazione, che è il
    luogo necessario per gestire questi provvedimenti, dato che
    ovviamente c'è la necessità di guardare, progettare, intervenire sui
    processi di partecipazione, valutare anche i processi che vengono
    presentati, verificare e ammettere a sostegno finanziario questi
    progetti. Il compito della Regione è quello di finanziare e di
    sostenere questi percorsi, riconoscendo risorse agli enti che li
    attivano; occorre qualcuno che verifichi che il percorso sia
    coerente con l'impostazione e la progettazione, lo svolgimento e le
    conclusioni (ma non nel merito, perché questo non riguarda il
    garante, l'esito è un'altra cosa). Il garante della partecipazione
    dovrà anche affrontare il problema dei tempi, che è un'altra delle
    questioni molto delicate che abbiamo di fronte.
    Il procedimento partecipativo si svolge secondo un metodo abbastanza
    consolidato: viene approntato un tavolo per la discussione in cui
    sono ammessi tutti quelli che hanno un qualche titolo sulla
    questione in esame, dai cittadini che sono presenti nell'area
    diffusa, fino ai portatori di interessi più concreti, oltre alle
    istituzioni coinvolte. Tutti costoro avviano un confronto partendo
    da una conoscenza precisa del materiale, degli atti, dei progetti
    preparatori e discutono di quali possono essere le possibili
    mediazioni tra gli interessi diversi che sono presenti a quel
    tavolo. Il compito quindi è quello di giungere a delle scelte che
    possano trovare il consenso di tutti. L'obiettivo è quello di
    includere i cittadini e i vari interessi in questo confronto; è
    chiaro che può anche essere che alla fine il procedimento non si
    concluda all'unanimità, ma si lavora tutti per raggiungere questa
    possibilità, quindi chi siede a quel tavolo accetta questo
    confronto.
    Sono consapevole che ci possano anche essere persone che possono non
    ritenere questo tavolo valido e che preferiscono il conflitto e
    quindi lo scontro, oppure altre che non ritengono di riconoscerlo
    come sede adeguata per i loro interessi; ma questa è un'altra
    questione. Chi invece partecipa a questo procedimento accetta una
    metodologia che porta al confronto, all'inclusione, ad una
    discussione di merito ed anche, possibilmente, ad una soluzione
    concordata tra cittadini, interessi presenti ed istituzioni: questo
    mi pare il punto importante.
    I risultati possibili del processo partecipativo sono due: uno è
    l'annullamento del processo, nel caso in cui non si arriva alla
    conclusione per ragioni diverse, che la legge affronta e analizza.
    L'altro risultato possibile è la conclusione del processo con un
    documento di indirizzo che viene approvato - all'unanimità, è
    sperabile, o a maggioranza - dal tavolo insediato.
    Abbiamo previsto una clausola di cedevolezza , per citare una norma
    europea, che è un'opportunità per l'istituzione, la quale può
    scegliere, su alcune questioni precedentemente individuate, di
    assumere come proprie decisioni gli atti, le proposte che sono state
    avanzate dal tavolo. Deve comunque essere una libera decisione
    dell'ente che, di fatto, assume come proprie le decisioni dei
    cittadini.
    In questo percorso vogliamo affermare l'elemento della qualità, una
    qualità condivisa dell'abitare, delle scelte che vengono fatte,
    dell'ambiente, del paesaggio. Una qualità che nasce da un incontro
    di diversi punti di vista, si riconosce che un punto di vista da
    solo non è sufficiente, la qualità è frutto del confronto fra punti
    di vista diversi e della capacità di trovare una sintesi, una
    intesa, una concertazione, dopo un confronto anche molto preciso.
    Se il tavolo è molto ampio, come può succedere in certe occasioni, è
    possibile istituire un comitato di pilotaggio, cioè un gruppo che
    viene scelto per governare i vari passaggi fra una riunione plenaria
    e l'altra del tavolo, per cercare di costruire le condizioni di una
    intesa e di un accordo. Tutto questo si accompagna ad una pubblicità
    molto precisa, anche tramite web, dei lavori che vengono svolti,
    quindi si creano le condizioni perché i cittadini non siano esclusi
    dal percorso che deve essere quanto mai aperto e chiaro.
    Un altro nodo è la questione dei tempi, di cui ci siamo trovati più
    volte a discutere con le persone che hanno voluto darci una mano
    nella preparazione della proposta di legge, ma anche con chi ha
    qualche perplessità sulla legge stessa. Definire i tempi è un
    elemento necessario alla democrazia, dato che evidentemente chi
    decide da solo, senza coinvolgere nessuno, fa prima, ma non mi pare
    un processo molto democratico, soprattutto nelle questioni che
    riguardano tutti. Il problema è vedere come assieme ci si dà dei
    tempi da rispettare per giungere ad una conclusione, per questo
    abbiamo indicato come un elemento importante quello di limitare i
    tempi e quindi, nell'atto che avvia il percorso, sono definiti i
    tempi per la conclusione del procedimento. Sarà il garante a
    regolare e contribuire a definire un tempo condiviso, sulla base
    anche delle esperienze maturate. I tempi potranno essere anche
    aumentati se si rendesse necessario, ma restano un inizio ed una
    fine definita e questo vuol dire che il processo non si può
    trascinare ma si deve arrivare ad una conclusione.
    Il documento di indirizzo è quindi la conclusione del procedimento
    stesso, è un documento che deve tenere conto della discussione
    fatta, deve essere elaborato. Quindi contano molto l'ufficio della
    partecipazione, il comitato di pilotaggio e il garante, per cercare
    di liberare il dibattito dalle questioni già decise, con una
    conduzione del dibattito che venga eventualmente facilitata da
    persone che abbiano questo compito, per spostare la discussione un
    punto dopo l'altro con una certa concatenazione, evitando
    discussioni generiche, secondo un sistema di conduzione dei
    confronti partecipati che chi ha avuto occasione di leggerne o di
    esserne protagonista conosce: sono metodologie che ormai hanno anche
    un supporto di sperimentazione elevata e quindi ben possono essere
    pensate come realizzabili, dato che sono già state attuate.
    Anche l'autonomia è un nodo molto importante. Anche quando abbiamo
    discusso dello Statuto della nostra Regione è emersa la questione di
    quanto e cosa contano le assemblee elettive: i cittadini eleggono
    un'assemblea, che sia il Consiglio di quartiere, comunale,
    provinciale o regionale, e poi si deve tenere conto anche della
    partecipazione? Penso che il problema debba essere ribaltato, nel
    senso che un consigliere svolge la sua funzione e se ne assume la
    responsabilità fino in fondo dialogando con i cittadini, non lo fa
    chiuso nelle stanze, ma confrontandosi e discutendo. In questo
    progetto di legge l'autonomia è quanto mai netta: è sempre
    l'assemblea elettiva che decide se attivare o meno il procedimento
    partecipativo, può anche dire di no assumendosi la responsabilità
    del diniego, oppure definisce assieme a tutti gli attori il
    percorso, lo riconosce e contribuisce a formarlo e si impegna a non
    cambiare le regole durante il percorso stesso. L'ente pubblico deve
    poi recepire il documento conclusivo, e può recepirlo interamente e
    quindi assumerlo come un elemento che porta dentro la decisone
    conclusiva, o accettarlo in parte, o rifiutarlo, dichiarando di non
    riconoscersi nelle conclusioni. Tutte queste decisioni devono essere
    motivate, ma nessuno può interferire nell'autonomia istituzionale
    dell'ente locale riguardo alla decisione finale, di cui dovrà
    rendere conto in termini politici ma che resta piena e salva,
    nessuno può metterla in discussione, perché è la Costituzione a
    riconoscerla, visto che riconosce che i singoli eletti operano senza
    nessun vincolo di mandato e pertanto votano sulla base della propria
    libera coscienza e delle valutazioni personali.
    Vorrei evidenziare che in questo progetto di legge abbiamo inserito
    un elemento di garanzia: abbiamo previsto che al momento della
    validazione del percorso da parte del garante venga elargito il 60%
    del finanziamento concordato all'ente locale che l'ha chiesto,
    l'altra parte viene elargita solo se il procedimento si conclude in
    modo positivo (indipendentemente dall'accettazione o meno da parte
    dell'istituzione coinvolta, in piena autonomia, delle decisioni di
    merito).
    Nella legge abbiamo previsto che il garante potrebbe essere anche il
    difensore civico. In questo caso si dovrà modificare la legge
    istitutiva del difensore civico e rivederne anche la struttura
    organizzativa; si tratta di una possibilità, per evitare di
    istituire ulteriori organi e per evitare ulteriori spese che in ogni
    caso valuteremo con grande serenità.
    L'ultima cosa che segnalo è che la legge prevede anche una verifica:
    dopo cinque anni dovrebbe esserne verificata la validità e
    corrispondenza alle esperienze, e potrà quindi essere reiterata o
    cambiata. C'è quindi una fase sperimentale, che riteniamo importante
    e sarebbe altrettanto importante che nella prossima legislatura
    questa legge fosse già approvata, per poter poi avviare le
    esperienze concrete nella nostra regione, come già sono avviate in
    altre regioni, a partire dalla Toscana, da cui abbiamo preso qualche
    spunto.
    MARCO LOMBARDI: Apriamo ora agli interventi. Per ora ho solo due
    richieste, chi intende parlare può farci avere la sua prenotazione.
    Comunico inoltre che sarà possibile far avere eventuali scritti e
    osservazioni anche in un secondo momento alla Segreteria della
    Commissione; dunque il confronto con voi non si esaurisce in questo
    momento. Colgo l'occasione per segnalare che sono presenti il
    Vicepresidente Borghi, come avrete visto, la consigliera Salsi e il
    consigliere Mezzetti e si sono momentaneamente allontanati i
    consiglieri Bosi e Varani.
    CARLO LOMBARDI (Confindustria Emilia-Romagna): Grazie presidente,
    buonasera a tutti. Accogliamo volentieri l'invito della Commissione
    Attuazione dello Statuto ad esprimere il punto di vista della
    Confindustria regionale su un tema che nei fatti e nelle cose è un
    tema trasversale e quindi non è ascrivibile a questa o a quella
    categoria o a questa o a quella parte. Per questo, indipendentemente
    dalla rappresentanza di interessi di cui noi ci facciamo carico,
    accoglimento volentieri questo invito per portare un punto di vista
    che speriamo possa aiutare nelle riflessioni.
    Ho guardato con attenzione la presentazione del relatore consigliere
    Mazza e la prima riflessione che faccio è che ogni provvedimento -
    sia esso un progetto di legge, un regolamento o una delibera - ha
    bisogno di essere contestualizzato. Il relatore ha citato
    l'esperienza francese, di cui avevo conoscenza molto generica, che è
    un'esperienza molto interessante, ma che va collocata nel contesto
    di uno Stato che ha un'amministrazione fortemente centralizzata, non
    ha quelle connotazioni regionalistiche che ha il nostro territorio e
    non ha vissuto, credo, quella riforma nel senso regionalista e
    federalista che abbiamo conosciuto a partire dal 2000 in poi. È
    un'esperienza interessante ma come tutte le esperienze va
    contestualizzata.
    Personalmente, nella mia precedente esperienza professionale - parlo
    di diversi anni fa - ho vissuto alcune delle modalità che vengono
    qui suggerite per ricercare il consenso di gruppi o di persone, ad
    esempio la consensus conference e altre modalità di questo tipo.
    Senza entrare nel merito, ricordo che sono modalità che possono
    funzionare su gruppi molto ristretti e comunque fanno parte di un
    processo in cui c'è sempre qualcuno che alla fine decide e rientrano
    in un procedimento già ben definito e inquadrato dal punto di vista
    normativo.
    Questa legge così come si presenta, in un articolato piuttosto
    elaborato, interviene in modo abbastanza marcato sulla disciplina
    esistente del procedimento amministrativo, alcune parti della quale
    si possono e si dovranno cambiare, anche alla luce delle recenti
    disposizioni del collegato alla finanziaria 2009, che interviene sul
    tema. Questa disciplina richiede dei cambiamenti, ma a nostro
    personale avviso in un altro senso, perché va tenuto presente, come
    il consigliere Mazza ha segnalato, l'art. 118 della Costituzione che
    riguarda il principio della sussidiarietà orizzontale, che è un
    principio molto interessante, finora davvero poco praticato, ma
    anche l'art. 117, lettera m), che sancisce un altro principio,
    quello dei livelli essenziali delle prestazioni, all'interno del
    quale si dice che ogni cittadino ha diritto alla certezza dei tempi.
    È importantissimo che la partecipazione sia ampia, consapevole e
    diffusa, però secondo me attiene ad una fase politica di una
    discussione, non è riferibile al procedimento di quel particolare
    tema su cui si vuole sollevare la discussione. Quindi la
    partecipazione va benissimo ed è importantissima, vanno benissimo
    tutti questi gruppi di riflessione che fanno una sorta di
    brainstorming collettivo per ricercare unanimità, che è tanto più
    difficile da trovare quanto più sono le persone, le organizzazioni,
    gli interessi che intervengono in queste sedi (sappiamo tutti che in
    un gruppo dove ci sono più di tre persone le complessità si
    moltiplicano e ogni persona in più moltiplica esponenzialmente la
    complessità). Tutto questo migliora indubbiamente la qualità di una
    scelta finale consapevole che fanno le istituzioni interessate,
    siano esse locali o regionali, però deve essere esterno al
    procedimento.
    Qui invece ci troviamo davanti ad un meccanismo piuttosto lento e
    dettagliato, l'ho dovuto rileggere per poter capire bene: ci sono
    conformità tecnico-procedurali, conformità sociale, apertura di
    tavoli di confronto... Tutto sommato, qual'è il problema, in una
    regione che alle elezioni politiche, regionali, europee o ai
    referendum, conosce uno dei tassi più elevati di partecipazione e
    crediamo anche di impegno civico da parte dei cittadini?
    Personalmente, come cittadino, non vedo la contrapposizione fra
    cittadino amministrato e cittadino attivo, come se il primo fosse un
    soggetto passivo: siamo cittadini amministrati, abbiamo dato il
    nostro voto ed è giusto che nel dibattito quotidiano ci siano anche
    momenti di responsabilità che le istituzioni si devono assumere, di
    cui non danno conto solo dopo cinque anni ma su una base molto più
    costante, come fortunatamente accade in questa regione.
    Il processo partecipativo immaginato in questa legge è un processo
    fortemente intrecciato al procedimento normativo e legislativo: ci
    sono dei finanziamenti regionali, c'è un supporto consulenziale
    metolodogico da parte della Regione, ci sono delle proposte di
    finanziamento molto cospicue (e francamente in tempi di vacche magre
    bisogna pensare a come spendere i soldi), ci sono diverse forme che
    rendono l'istituzione regionale e gli enti locali partecipi di
    questo processo che si vuole innescare. Questo, dal nostro punto di
    vista, rischia di appannare il grado di autonomia delle istituzioni
    che sono responsabili del procedimento o quanto meno di renderle
    attori comprimari. Si vuole raggiungere un massimo consenso, trovare
    un documento di indirizzo fra molte personalità od organizzazioni,
    c'è una funzione di mediazione particolarmente spinta che fa capo ad
    una figura che è quella del garante, il quale non è eletto dai
    cittadini ma nominato dall'Assemblea, sulla base di una selezione o
    di un concorso.
    Se ho ben capito, questo garante ha una funzione che va ben oltre la
    mediazione. Di solito delle persone si incontrano, cercano di
    trovare un punto di incontro e se non si riesce a trovare qualcuno
    magari ne tira le conseguenze. Invece nel progetto di legge il
    garante interviene per favorire una ricerca di mediazione,
    interviene per favorire la partecipazione degli enti locali nel caso
    in cui gruppi di cittadini non siano riusciti ad ottenere l'apertura
    del processo partecipativo da parte degli stessi enti, interviene a
    favore degli enti locali nel caso in cui questi non siano riusciti a
    raccogliere un certo numero di cittadini, e via via in una
    complessità procedurale che mi ricorda un po' le procedure per
    partecipare ad un progetto di ricerca e sviluppo della Comunità
    europea, con tanto di rendicontazione.
    Quindi la partecipazione è qualche cosa che è importante stimolare,
    ma è importante che resti fuori dal contesto procedimentale, perché
    con queste norme si allunga, si crea una massima incertezza dei
    tempi del procedimento. Leggevo in un passaggio che il garante,
    sulla base delle esperienze maturate, può richiedere tempi correlati
    alle difficoltà dei processi che si vogliono attivare: quindi, anche
    se poche righe prima si dice che il processo non può durare più di
    dodici mesi, qualora, sulla base delle esperienze precedentemente
    maturate, si sia visto che per dibattere e trovare un documento di
    indirizzo su un determinato tema serva di più, allora il garante
    farà in modo che il processo duri di più e questo sconvolge la
    certezza dei tempi.
    La clausola di cedevolezza, poi, è qualcosa forse dubbio dal punto
    di vista strettamente normativo.
    Vorrei svolgere ancora qualche altra considerazione. Lo Statuto
    prevede diversi strumenti di partecipazione (le udienze conoscitive,
    le istanze, le petizioni, i referendum e così via) e la proposta di
    questo procedimento consultativo rischierebbe di creare istituti di
    consultazione di serie A e istituti di serie B. Se un gruppo di
    cittadini, magari ignari di questa legge, decide di fare una
    petizione o una istanza, lo fa, la trasmette all'ente locale
    interessato e finisce lì; se altri, invece, nel fare la petizione
    attivano la domanda di processo partecipativo, se questa è conforme
    ad una serie di requisiti, ottengono il sostegno. Questo rischia di
    minare il funzionamento degli altri istituti previsti dallo Statuto
    e su questo occorre riflettere perché creerebbe una disparità fra
    istituti.
    Le procedure sono effettivamente piuttosto articolate, non è chiaro
    se la priorità che viene assegnata ad un determinato progetto
    partecipativo viene data anche e in quale misura laddove mancano
    alcune organizzazioni, che hanno ritenuto opportuno non partecipare
    o non intendono farlo. Poi ci sono gli articoli da 15 a 17 con una
    serie di previsioni da cui sembrano derivare modalità piuttosto
    complesse.
    Una clausola valutativa dovrebbe prevedere una valutazione ad un
    lasso di tempo più breve rispetto i cinque anni previsti, che
    oggettivamente sono troppi. Bisogna partire innanzitutto da un
    problema locale: qual è il grado di partecipazione oggi delle
    comunità di cittadini, delle organizzazioni, alle scelte dell'ente
    Regione o degli Enti locali; se c'è un problema, in cosa consiste e
    come si può migliorare. Queste sono delle valutazioni che si possono
    fare in un lasso di tempo non così lungo come quello previsto,
    cinque anni sono un'intera legislatura, l'onere di dimostrare i
    soldi spesi incombe su chi viene dopo.
    La riflessione conclusiva che noi facciamo è: ben venga uno
    strumento di partecipazione nella misura in cui non interferisca con
    quella che è l'autonomia piena, totale - dal primo momento fino
    all'ultimo - che tocca alle istituzioni locali, le uniche
    responsabili, che già hanno una idea di partenza, se la possono
    formare, cambiare radicalmente in corso d'opera, ma bisogna dare
    certezza a determinate procedure e credo che questo provvedimento
    non aiuti in questo senso.
    Noi prepareremo delle considerazioni, qualche proposta magari; oggi
    volevamo contribuire alla riflessione con delle considerazioni di
    tipo generale che ci pare possano aiutare a meglio riflettere sui
    contenuti e su una serie di questioni che sono alla base di questo
    progetto di legge.
    DANIELE LUGLI (Difensore civico): Sono spinto ad intervenire intanto
    perché il difensore civico è citato come una possibile attivazione
    concreta nel ruolo del garante; in ogni caso, anche se così non
    fosse, credo che una collaborazione del difensore civico con il
    garante dei processi partecipativi sarebbe necessaria.
    Credo che sia sotto gli occhi di tutti una difficoltà che non è
    semplicemente del singolo cittadino rispetto ad una sua attesa, un
    suo diritto o una sua pretesa, e quindi come tale magari si rivolge
    al difensore civico per una difficoltà rispetto ad una pubblica
    amministrazione o ad un servizio pubblico. Abbiamo di fronte un
    elemento di difficoltà che riguarda decisioni assunte dalle
    amministrazioni pubbliche, sulla base delle procedure che le
    amministrazioni stesse hanno attivato e che sanno usare, ma che poi
    in concreto non riescono ad attuarsi.
    Succede che le amministrazioni chiamino a partecipare i cittadini,
    tramite percorsi come per esempio quelli di Agenda 21, ma i
    cittadini non ci vanno; ma quando le amministrazioni, dopo aver
    vagliato ciò che secondo loro era da vagliare, vanno sul territorio
    per realizzare un'opera importante e quei cittadini che non hanno
    trovato prima se li ritrovano riuniti in combattivi e differenti
    comitati, per cui il progetto si trova ad essere bloccato per ben
    più dei tempi che sono indicati nella legge. Questo avviene, avviene
    anche nella civilissima Emilia-Romagna, non in luoghi che non
    conosciamo, il problema esiste.
    Allora sì a tutte le attenzioni perché la partecipazione effettiva,
    sostenuta e sostenibile, ci sia e non si risolva in aggravamento di
    procedimenti che sono già pesanti e lunghi nel tempo; questa
    attenzione va portata fino in fondo nel disegno della legge. Ma
    bisogna porsi il problema: le decisioni che prendiamo sono le
    migliori che potevamo prendere? Sono le più robuste? Hanno ottenuto
    non solo un consenso dei cittadini (perché per questo ci sono
    sondaggi tutti i giorni e quindi ci atteniamo a quello che dice il
    sondaggio), ma sono anche decisioni che hanno messo a frutto le
    competenze e le conoscenze dei cittadini attraverso le procedure e i
    procedimenti che sono stati inventati e anche sperimentati?
    Questo è il senso della proposta e questo è un senso che io ritengo
    di dover condividere, proprio sulla base dell'esperienza di
    difensore civico, laddove molto spesso la singola cosa che viene
    chiesta dal cittadino deriva dal fatto che quell'azione complessiva
    non è stata digerita, non è stata compresa, non ha avuto quegli
    apporti che poteva avere. Ecco perché c'è interesse, con tutta
    l'attenzione e la puntualità da usare entrando nel merito delle
    disposizioni proposte; credo sia un'occasione, della quale
    personalmente ringrazio i promotori, nel senso che un pezzo
    importante previsto dallo Statuto e anche dalla Costituzione
    riformata, come giustamente è stato richiamato, cerca di dare
    traduzione a questo aspetto.
    Sarà l'Assemblea legislativa, naturalmente, a trattare la procedura,
    verificando se può essere portata a buon fine, ma credo che questa
    proposta possa aver colto un problema che effettivamente esiste e
    possa essere salutata non come una partecipazione aggiuntiva a tutto
    il resto, ma come un tentativo di andare a modificare delle
    procedure che mostrano di avere dei punti di inceppo, questo credo
    che sia essenziale.
    So che è molto difficile, anche in passato abbiamo visto, per
    esempio, nuove forme di lavoro, nuove forme di politiche e
    programmazione, che non hanno sostituito le precedenti, ma si sono
    aggiunte. Quindi può esserci il rischio che tutto si riduca al
    mettere un timbro abbiamo partecipato e questo non cambia nulla,
    anzi diventa veramente un aggravamento, ed è un rischio che accada
    anche con le forme condotte con la miglior buona volontà e con buone
    esperienze anche in sede locale (considerata l'esperienza larga che
    della partecipazione si fa anche nella nostra regione). Dalla
    presentazione mi pare di aver capito che ci sia lo spazio per
    modifiche e miglioramenti, comunque questa legge porta al fatto che
    la Regione si assume delle responsabilità rispetto a delle forme
    partecipative avviate in sede locale e quindi anche a trarne un
    bilancio e ad indirizzarle ad una maggiore capacità di incidenza,
    che vuol dire anche una accresciuta capacità e responsabilità dei
    cittadini e di esercizio della loro cittadinanza.
    MARCO LOMBARDI: Mentre invito il prossimo richiedente ad
    intervenire, segnalo che ci ha raggiunto anche la consigliera Noé.
    VALTER BARUZZI (Associazione Camina): Innanzitutto ringrazio
    dell'opportunità che ci è data e che mi è data di intervenire su un
    tema così importante come quello di cui si dibatte e naturalmente il
    merito va, in prima istanza, agli estensori della proposta di legge.
    Premetto subito che io condivido pienamente le premesse politiche
    della proposta e che da un punto di vista dell'esperienza personale
    - lavoro in un'associazione che si occupa di metodologie
    partecipative e di rapporti fra città e infanzia - ho un'esperienza
    diretta di coordinamento, di gestione, di facilitazione di processi
    partecipativi, piccoli e grandi. Cito solo l'esempio del comparto
    dell'ex mercato di Bologna, dove un processo partecipato coraggioso
    - credo che sia stato il primo organizzato a Bologna con metodologie
    innovative - ha sbloccato un conflitto che determinava uno stallo
    pluriennale. Questo per dire che la partecipazione non sempre
    allunga i tempi, ma a volte li accorcia.
    La mia idea della partecipazione è non ideologica: secondo me la
    partecipazione è una scelta politica e, da un punto di vista
    operativo, è una scelta che io direi utile , perché aiuta ad
    arrivare a scelte più condivise. Non l'immagino solo in occasione di
    conflitti conclamati, anzi credo che andrebbe promossa e sviluppata
    per fare emergere i punti di vista diversi. La partecipazione non
    serve per mettere tutti d'accordo, serve per aiutare a capire quali
    sono le alternative in gioco e questo processo di comprensione aiuta
    a crescere anche noi in quanto cittadini e dà i migliori strumenti
    di scelta anche all'amministrazione pubblica.
    Il mio intervento si struttura in quattro brevi riflessioni. La
    prima riguarda la premessa della relazione della legge, laddove si
    dice che in questa legge si pone in continuità con altri strumenti
    (si fa riferimento fra l'altro alle norme in materia di
    riqualificazione urbana e per la partecipazione dei cittadini alle
    scelte urbanistiche) e si dice che la legge intende offrire un
    quadro di intervento più ampio e generale. Da questo punto di vista,
    invece, leggendo la legge, trovo che lo sfondo di riferimento è
    essenzialmente l'urbanistica.
    In realtà, chi lavora sul territorio sa che le occasioni di
    coinvolgimento della popolazione, la necessità di coinvolgere
    cittadini e più in generale gli abitanti, è una necessità che tocca
    e riguarda moltissimi ambiti. Per esempio la mobilità: potremmo
    intenderla in senso urbanistico, ma diciamo che la partecipazione va
    promossa non solo quando c'è un'opera pubblica in gioco e sulla
    mobilità a volte sono in gioco regole, stili di vita, comportamenti
    che non cambieranno mai - anche se un piano del traffico li
    presuppone - se non c'è un processo di cambiamento culturale che può
    avvenire solamente se si lavora insieme alla popolazione.
    In questo senso, non ideologico, dico che la partecipazione si è
    dimostrata in alcuni casi (non tantissimi) utile. Il tema della
    promozione alla salute, il tema della sicurezza, i temi
    dell'ambiente: potrei fare l'esempio di progetti ambiziosi che
    presupponevano cambiamenti culturali nella popolazione e che, caduti
    dall'alto, hanno rappresentato solo una spesa ma non hanno portato,
    in città anche significative, a quei risultati che erano attesi.
    Quindi, secondo me, una legge come questa deve chiarire e proporre
    un respiro politico, in primo luogo, che considera la partecipazione
    come uno strumento, un'occasione fondamentale di esercizio della
    vita politica, della democrazia.
    (Sono schematico, credo che questa sia la sede in cui esserlo, poi
    se necessario ci saranno magari altre occasioni).
    Quando si legge c'è un meccanismo di cooperazione testuale che ci fa
    interpretare ciò che leggiamo alla luce della nostra esperienza:
    evidentemente ciascuno di noi ha letto la legge con i suoi occhi,
    quindi ci possono essere delle sviste, ci possono essere dei
    fraintendimenti. Tuttavia mi pare - e questo è il secondo punto -
    che in qualche modo, fra le righe del progetto di legge, si
    prefiguri un'idea: c'è la democrazia rappresentativa, con le sue
    procedure consolidate che spesso sono svuotate di significato,
    spesso sono dei rituali, e ci sono parallelamente forme di
    democrazia diretta accanto alle procedure, che poi dialogano
    attraverso una serie di regole e di criteri.
    Il garante della partecipazione mi fa un po' pensare al garante
    della democrazia, il tema della partecipazione è un tema fondante
    della democrazia.
    Forse noi dovremmo pensare, e questa è la proposta che faccio, alla
    partecipazione come ad un continuum che un'amministrazione pratica
    attraverso livelli diversi. Il primo livello è l'impegno a rendere
    accessibili le informazioni, facilmente leggibili attraverso tutti
    gli strumenti esistenti. Ma in realtà questo è il livello zero, il
    primo livello è quello di informare, che quindi è una azione
    proattiva, l'impegno a raggiungere i cittadini. Poi ci sono altri
    livelli che coesistono: c'è il livello della consultazione, in cui
    si ascolta; c'è il livello della concertazione, esiste una grande
    esperienza di tavoli di concertazione nella nostra regione, nei
    quali però - la premessa lo dice chiaramente - non sempre tutte le
    fasce di cittadini sono rappresentate, sono rappresentati interessi
    consolidati. Noi dobbiamo immaginare che accanto ai tavoli di
    concertazione ci possono essere esperienze di progettazione delle
    scelte insieme agli abitanti. Non solo, c'è un livello ulteriore:
    come l'amministrazione si attrezza per interagire con le iniziative
    promosse autonomamente dagli abitanti.
    Tutto questo per spiegare come intendo questo unicum: è un campo
    poliedrico che ha molte facce, che vanno praticate. Quindi faccio
    fatica a pensare ai due binari; può darsi che sia un lettura un po'
    schematica della legge da parte mia, ma io vi intravedo questa
    cultura.
    Nella terza riflessione riprendo un discorso che ho accennato prima,
    quando dicevo che il garante della partecipazione è il garante della
    democrazia e la partecipazione è l'elemento fondante della
    democrazia. La sovranità appartiene al popolo e, diceva Tocqueville,
    quando la gente se ne sta in casa sua, non si interessa più del bene
    comune e non partecipa, a quel punto la democrazia va in crisi.
    Credo che la partecipazione abbia un po' anche il compito di
    restituire i problemi ai cittadini, e non mentre stiamo per
    approvare l'esecutivo di un'opera pubblica, ma restituirli nella
    fase del dibattito preliminare; trovare l'occasione, il modo, è
    indispensabile. Una delle preoccupazioni - condivise e assolutamente
    dimostrate, a mio avviso - che la legge propone è il distacco dei
    cittadini dalla vita pubblica, che deve trovare un'azione
    antagonista efficace e la partecipazione deve muoversi in quella
    poliedrica possibilità di fronte alla quale noi ci troviamo, per
    promuovere responsabilità e fiducia.
    Gli abitanti, i cittadini, non spingono per partecipare, anzi! Il
    rapporto con la pubblica amministrazione è difficile, è un po' un
    rapporto adolescente, noi siamo in una situazione di cittadinanza
    adolescente, dove l'amministrazione pubblica è come una mamma: se ti
    da dà da mangiare, se fa le cose che ti piacciono, questo è dovuto,
    ma appena ti tocca, fa qualcosa, anche piccola, che non ti aggrada,
    allora è una strega. Questo della cittadinanza adolescente è un tema
    molto serio, molto grave, che va preso in considerazione. Quali sono
    le occasioni che abbiamo per promuovere cittadinanza? La scuola?
    Beh, la vita pubblica è la più grande occasione di educazione alla
    cittadinanza e la partecipazione è uno strumento straordinario.
    Naturalmente, abbiamo grandi esempi di cose chiamate partecipazione
    dove si vende aria fritta, o anche casi clamorosi di manipolazione
    raffinata, che producono esattamente il contrario di quello che
    stavo dicendo prima, azioni antagoniste di una cittadinanza
    adolescente. Allora, secondo me, e questa è la terza osservazione,
    dovremmo immaginare la partecipazione non solo come ad un itinerario
    stringente nei confronti di un'opera pubblica, ma una legge
    regionale dovrebbe avviare un grande dibattito culturale che
    coinvolga gli amministratori, ma anche i tecnici e i dirigenti,
    perché accade anche che si facciano dei laboratori partecipati e i
    dirigenti e i tecnici intanto vadano avanti per conto loro. Il tema
    è interessante, entusiasmante, ma anche molto delicato.
    Sono d'accordo con il termine dei cinque anni perché il tema è così
    delicato che richiede una parabola temporale per essere valutato ed
    esaminato. Però, parlando di partecipazione, mi chiedo perché si
    debba costruire un modello così stringente che rischia di diventare
    una gabbia. Perché questi cinque anni non li pensiamo con un primo
    anno in cui si attiva un osservatorio, che diventa occasione per
    coinvolgere gli amministratori pubblici, tutti quegli amministratori
    che vedono con terrore questa proposta di legge? Perché allora non
    immaginiamo un primo anno dove la legge attiva un osservatorio e, in
    maniera partecipata - e quindi comincia con l'applicare già nel
    primo anno i valori e le procedure - non stabilisce di costruire in
    maniera condivisa un meccanismo rigoroso per i successivi quattro
    anni.
    Tra l'altro, un osservatorio che parta con una seria ricognizione e
    una valutazione delle esperienze - e un anno è un tempo giusto, si
    riesce a fare moltissimo in un anno se si lavora - ci indurrebbe a
    costruire e a valutare gli indicatori utilizzati finora, a mettere a
    punto indicatori condivisi, ci consentirebbe di individuare, sulla
    base degli indicatori, delle buone pratiche.
    Noi abbiamo in Emilia-Romagna delle pratiche di cui possiamo vedere
    gli esiti, perché hanno già un po' di anni. Allora l'invito accorato
    che faccio, perché secondo me è un'occasione straordinaria, è
    proprio di evitare di chiudere subito la legge e di stringerla in
    una gabbia così rigorosa, perché potremmo trovarci fra qualche anno
    a dire che è stata un'occasione perduta.
    DANIELE DONATI (Università di Bologna): Grazie. Devo dire che questo
    nuovo strumento che ci è dato, di partecipare, di intervenire sulla
    discussione prima dell'iter legislativo, lo trovo un ottimo esempio
    di partecipazione.
    Il tema incrocia i miei interessi di studio. Segnalo che il più
    forte finanziamento in materia giuridica ed istituzionale dell'anno
    scorso del Ministero è stato il nostro progetto di ricerca nazionale
    sulla partecipazione, quindi il tema è avvertito. Parlo di undici
    università italiane e di sei paesi americani ed europei coinvolti, è
    un progetto di ricerca serio.
    Quando ho letto il disegno di legge, perciò, non mi sono domandato
    se era opportuno o meno intervenire, perché vorrei sottolineare che
    la partecipazione c'è: le ultime pubblicazioni dell'Ocse
    rappresentano la partecipazione come il fenomeno più evidente nei
    paesi a democrazia avanzata degli ultimi dieci anni. Ho recentemente
    finito un lavoro, assieme ad altri, sulle leggi regionali: la
    partecipazione c'è già nella legge 241, c'è in numerosissime leggi
    regionali e, come ci dicevano il rappresentante dell'associazione
    che è intervenuto prima di me e il difensore civico, c'è nei fatti,
    è innegabile che è un fenomeno che preme alle porte.
    Quindi non mi porrei il dubbio se alimentiamo o non alimentiamo un
    fenomeno che esiste, e non partire da questa considerazione
    significa non avere capito o non condividere l'evoluzione che ha
    fatto l'amministrazione negli ultimi quindici anni.
    L'amministrazione è cambiata per far cambiare il ruolo dei
    cittadini, non per altro, e il ruolo dei cittadini è cambiato,
    eccome! Allora la domanda che ci dobbiamo fare è se è opportuno
    lasciare la partecipazione al suo spontaneismo o darvi disciplina e,
    in assonanza con alcuni degli interventi precedenti, vi devo dire
    che sono assolutamente convinto della necessità di darvi disciplina:
    questa legge la Regione Emilia-Romagna la deve avere. Intanto perché
    ce l'hanno già anche altre Regioni e le esperienze sono
    assolutamente positive (non c'è solo il caso francese, ma c'è anche
    il caso italiano di successo), nella difficoltà di governare un
    fenomeno nuovo, ma scegliendo di governarlo. A chi chiede perché
    regolare la partecipazione io chiederei perché non regolarla, che
    cosa c'è da salvare nel non regolarla.
    Vi elenco brevemente tre o quattro dei vantaggi che immagino.
    Innanzitutto maggiore tutela dei cittadini e maggiore tutela delle
    amministrazioni. Senza regolazione, con spontaneismo partecipativo,
    i cittadini rischiano o di essere non rappresentati o di essere
    falsamente rappresentati. Sono abbastanza disgustato dalle forme
    incoerenti e cortocircuitanti la rappresentanza dei cittadini che si
    vedono nei fenomeni spontanei in giro per il paese. Trovo che dargli
    una corretta rappresentanza sia un dovere democratico, molto
    importante. Questa società orizzontale ci ha dato più autonomia come
    cittadini, più armi, più coscienza; ma se non ci facciamo sentire
    non esistiamo, gli interessi che noi chiediamo siano rappresentati
    non sono rappresentati da nessuno.
    La regolazione della partecipazione dà anche una tutela anche alle
    amministrazioni: intanto perché le aiuta a migliorare l'istruttoria,
    che è il passaggio fondamentale del procedimento decisionale delle
    amministrazioni. In secondo luogo, come dice una dottrina
    amministrativa, c'è un effetto deflattivo della litigiosità: se tu
    spieghi prima, ti confronti prima, ti trovi meno davanti al Tar e al
    Consiglio di Stato e questo è un dato di fatto. In terzo luogo, è
    vero che c'è un rischio di allungamento dei tempi, ma è anche vero
    che è un sistema da governare. Credo che ci sia un rischio di non
    governo dei tempi molto di più nel non disciplinare i tempi stessi,
    che il rischio sia maggiore nel lasciare questi fenomeni allo
    spontaneismo piuttosto che darvi un pur criticabile e rivedibile
    riferimento temporale nella legge.
    Un altro effetto, per me fondamentale ed essenziale: disciplinare la
    partecipazione significa aumentare la trasparenza, e secondo me
    trasparenza è la parola chiave dell'amministrazione prossima
    ventura. Il fatto di lasciare le cose come stanno, allo
    spontaneismo, ai comitati e alle iniziative del singolo mi fa
    pensare a due cose: la prima è che ci sono degli interessi che non
    hanno piacere di partecipare pubblicamente; la seconda è che ci sono
    degli interessi che non riescono a manifestarsi.
    Preferisco che ci siano delle strade aperte, delle strade
    istituzionalizzate, che poi siano percorse o non percorse è un gioco
    della vita, però il fatto di non mettere in evidenza e dichiarare
    apertamente chi partecipa e a che scopo, lo trovo qualcosa che non
    va nel senso della trasparenza. Ricordo che nel Parlamento italiano
    sono stati 23 i progetti di legge presentati in materia di lobbying
    e nessuno è riuscito a diventare legge.
    Secondo me il fenomeno va chiaramente incastrato in un modello di
    democrazia rappresentativa: nessuno si sogna ideali hippy di
    cittadini che decidono seduti sui prati al posto
    dell'amministrazione, ma davanti alla messa in chiaro delle esigenze
    dei cittadini l'amministrazione è rafforzata a decidere,
    l'amministrazione deve decidere. L'amministrazione deve decidere,
    non è che può decidere: decidere è una funzione, quindi è una cosa
    che l'amministrazione deve esercitare, non è che può esercitare. Se
    è vero che da una parte c'è la tendenza a non ascoltare, dall'altra
    c'è la preoccupante tendenza a procrastinare i comitati per non
    essere costretti alla fine alla decisione. Quindi una legge che dia
    tempi e modi per rappresentare le istanze presenti nella società
    chiaramente ed efficientemente, non fa altro che mettere
    l'amministrazione con le spalle al muro davanti al dovere di
    decidere, e sottolineo al dovere, non al potere, di decidere.
    Ultimo punto: la sussidiarietà. Con alcuni ce ne occupiamo da
    diversi anni: non credo che la sussidiarietà sia dar da gestire i
    servizi pubblici ai privati, quello si chiama privatizzazione ed è
    tutta un'altra cosa, anche giuridicamente. La sussidiarietà è
    un'altra cosa, che nasce nel pensiero inglese e americano perché gli
    studiosi, i sociologi inglesi e americani - Giddens, Putnam e altri
    - si rendono conto che l'amministrazione della cosa pubblica del
    futuro da sola non ce la fa, perché i bisogni crescono e le tasse
    non possono crescere, quindi se non c'è un'alleanza con i cittadini
    non c'è modo di garantire il progresso.
    Quindi quando parlate di sussidiarietà, il discorso delle
    privatizzazioni toglietelo perché non c'entra niente, qui c'entra il
    fatto che io mi devo mettere d'accordo con i cittadini perché certe
    cose le ritornino a fare loro: se non c'è partecipazione è difficile
    venire a sapere che c'è un'associazione di madri che è disposta a
    gestire un asilo nido al posto del quartiere San Vitale.
    Partecipazione e sussidiarietà sono cose profondamente diverse, ma
    l'una è l'anticamera dell'altra.
    Poi naturalmente c'è un effetto etico, l'Ocse lo dice chiaramente:
    la partecipazione aumenta l'eticità dell'amministrazione. Giorno per
    giorno, vedere insieme che cos'è giusto e cosa non è giusto, questa
    è l'etica in un sistema democratico; non c'è un etica a monte,
    altrimenti saremmo in uno stato teocratico, c'è un etica a valle.
    Questo significa che se sai che i cittadini ti guardano e vengono a
    chiedere, ti comporti un po' meglio.
    Tutto questo è naturalmente sul se di questa legge, poi ci sono
    cose da dire sul come ed io ho avuto modo di mandare già una
    e-mail con alcune osservazioni di tipo tecnico. Sul come della
    legge c'è molto da dire, c'è molto da dire sul rapporto con legge
    241, che però è una legge generale, non è una legge di procedura
    amministrativa, sono principi, quindi le leggi regionali possono
    migliorarla.
    Quindi esprimo un assoluto plauso all'iniziativa, con molta
    attenzione sui contenuti.
    MARCO LOMBARDI: Vista anche la corposità degli interventi, ricordo
    che è possibile, e forse anche auspicabile, inviare anche qualche
    scritto, in modo che il ragionamento possa essere più articolato.
    ANTONIO GIOIELLIERI (Anci Emilia-Romagna): Ringrazio
    dell'opportunità e segnalo che intervengo anche in rappresentanza
    dell'Unione delle Province e di Legautonomie, che non potevano
    essere presenti e si scusano; le cose che dirò sono state
    confrontate con loro.
    Primo punto: non è in discussione se serve una legge o no, mi pare
    di capire che c'è una convinzione sulla necessità di aiutare,
    supportare e consolidare i processi di partecipazione che nella
    nostra comunità territoriale regionale ci sono. Non voglio entrare
    nel merito e fare una disamina sulla loro qualità, ma il punto di
    partenza per noi è questo, nel momento in cui ci viene proposto un
    provvedimento di legge, noi sappiamo, come enti locali, che viviamo
    una polarizzazione: da un lato sperimentiamo, promuoviamo,
    sosteniamo processi di partecipazione che possano produrre
    un'innovazione della pubblica amministrazione locale e del suo
    rapporto con i cittadini. Lo testimonia lo stesso intervento di
    Valter Baruzzi, che non a caso è il direttore scientifico di
    un'associazione, Camina, di cui la Regione è socia, così come lo
    sono gran parte degli enti locali dell'Emilia-Romagna, e
    l'associazione fa un lavoro che dura ormai da dieci anni, non da
    pochi giorni.
    Dall'altro lato, nonostante questo, dato che i percorsi
    partecipativi avvengono su diversi temi, come è già stato ricordato,
    abbiamo un problema di relazione, che è emerso criticamente anche
    dalla discussione di oggi, con l'organizzazione degli enti, con il
    procedimento amministrativo, con ciò che dicono le norme statutarie
    degli enti e come effettivamente la strumentazione di partecipazione
    dei cittadini, così come è prevista negli statuti degli enti, opera
    concretamente in modo generale.
    Questa è la contraddizione alla quale siamo; auspichiamo che la
    legge ci aiuti ad affrontare questo problema e per questa ragione il
    suggerimento è di svincolarla, condividendo gli obiettivi generali,
    da un paio di procedimenti amministrativi secchi, questo forse ci
    può aiutare a vedere l'ampiezza dell'impatto che invece possiamo
    avere sul sistema territoriale in generale.
    Provo a spiegarmi, Baruzzi prima di me ha fatto un ragionamento
    sull'educazione alla cittadinanza, io faccio un ragionamento
    sull'e-government. Noi abbiamo sperimentato, anche con finanziamenti
    regionali, il progetto Partecipa.net, abbiamo costruito dei software
    per la democrazia on line; ora, anche per l'investimento di
    infrastrutture telematiche e di software, c'è la necessità di
    standardizzare i sistemi, ed è possibile farlo e questo è un punto
    di connessione tra trasparenza, procedimento amministrativo,
    accessibilità all'informazione e possibilità di supportare processi
    di partecipazione. Abbiamo bisogno di standardizzare, per esempio, i
    siti istituzionali degli enti locali; la legge non affronta questo
    problema, ma standardizzare i siti istituzionali, anche in
    allineamento con quelli regionali, avendo presente anche il criterio
    del favorire alla partecipazione, è un punto importante e penso che
    la logica dovrebbe essere garantire certi standard e avere una
    premialità su chi investe in questa direzione.
    La legge prevede di sostenere finanziariamente i processi di
    partecipazione nell'ambito del procedimento amministrativo e di
    opere pubbliche e urbanistiche. Bene, prendiamo quel principio e
    proviamo ad allargarlo e a ricollocarlo rispetto alla complessità e
    alla vastità di un sistema premiale. Questo può essere utile, però
    bisogna fare una ricognizione su tutto quello che è in moto, perché
    siamo convinti che la partecipazione sia molto utile, per tutte le
    cose che sono state dette anche precedentemente, se affianca la
    progettazione, se alimenta la progettazione della politica, se aiuta
    la politica e l'amministrazione a decidere meglio, in tempi certi ed
    in modo trasparente.
    Tutto questo va bene nel momento in cui però riconosciamo che la
    tempistica dei processi di partecipazione, a seconda anche dei temi
    affrontanti, ha caratteristiche diverse. Torno a quello che ci
    propone la legge, prendo l'urbanistica: se devo fare un percorso di
    partecipazione su un PRU o un contratto di quartiere, ho una
    dinamica e una tempistica; se devo fare una partecipazione per
    impostare un piano strutturale comunale, ho un'altra dinamica e
    un'altra tempistica, anche se è sempre urbanistica.
    Proprio perché condividiamo i principi della legge, sarebbe
    importante renderla più versatile e più flessibile rispetto a come è
    stata pensata. Questo ci interessa molto perché abbiamo realtà in
    questa regione che hanno già sperimentato qualcosa che è volta a
    quel tipo di impianto. Dato che ci sono, io sono per non frustrare
    queste eccellenze, anzi per dare loro più vigore, più forza e
    conoscere meglio queste esperienze, renderle più note agli altri
    colleghi, agli amministratori che non hanno avuto il coraggio di
    sperimentare. Questo credo sia un punto importante su cui lavorare.
    Torniamo alla questione degli statuti. Qualcuno prima di me ha usato
    il termine istruttoria : l'istruttoria è anche uno strumento
    previsto dalla legge 142, i Comuni mettono in istruttoria gli
    strumenti di partecipazione e costruiscono un istruttoria pubblica
    per fare una politica. Conosco un solo caso realizzato in questa
    regione: 5 anni fa il comune di Bologna ha fatto un'istruttoria
    pubblica durata un anno per rivedere le politiche per l'infanzia.
    Questo è stato uno strumento completamente ignorato dagli enti
    locali, a mio parere ingiustamente, perché con l'istruttoria
    pubblica si fa un percorso in cui, con le associazioni, si
    riarticola una politica di sistema, come nel caso delle politiche
    dell'infanzia. Allora io sarei per ipotizzare nella legge una norma
    che rinvigorisca questi istituti statutari che non hanno il vigore
    che invece dovrebbero avere. Questo a noi interessa molto, perché
    siamo in una situazione nella quale c'è necessità di far maturare
    una diversa cultura amministrativa ed organizzativa degli enti.
    Sulla figura del garante abbiamo notevoli perplessità per come è
    congegnata, perché anziché configurare un'autorità terza che
    sovraintenda alcuni percorsi, noi vediamo con maggior favore una
    condivisione. Costruiamo un percorso in cui fra il livello
    regionale, che norma, e il livello della gestione amministrativa,
    con l'ambito attribuito dalla Costituzione per gli enti locali, si
    definisce uno strumento - a noi convince un osservatorio, ma si può
    vedere quale potrebbe essere il presidio di queste politiche - che
    aiuti un avanzamento, un consolidamento di questo percorso. Mettere
    una figura terza che si erge a giudice di determinati percorsi non
    aiuta, a mio parere, a responsabilizzare a sufficienza le
    amministrazioni locali che noi rappresentiamo. Invece dobbiamo
    responsabilizzarle in quest'ottica e chiamarle ad una sfida e ad una
    condivisione di un percorso, così come, viceversa, la Regione ha sì
    il potere di legiferare sulla materia, ma ci aspettiamo che anche
    sulle politiche di sistema regionali si possa trovare il modo di
    produrre quel grado di partecipazione che a un certo livello è
    possibile che venga richiesto anche al rango regionale.
    Occorre quindi una messa a punto normativa. Chiediamo che i
    proponenti della legge e la discussione nella Commissione ci diano
    modo di svolgere questo confronto e collocarlo in un contesto, dal
    punto di vista istituzionale, che impatta sulle forme organizzative
    degli enti e che deve tenere distinto il procedimento
    amministrativo. Il procedimento amministrativo ha indubbiamente
    bisogno di essere semplificato e reso più trasparente e la
    partecipazione può aiutarci in questo - parzialmente, a mio parere -
    ma terrei distinte le due cose, tra cui vedo le relazioni, le
    connessioni, ma vedo anche le distinzioni.
    Tutto questo richiede, a mio parere, un patto, culturale e
    istituzionale, che tenga conto delle attribuzioni reciproche e che
    consideri la discussione che stiamo facendo avendo come sfondo la
    discussione istituzionale che ci apprestiamo a fare sul nuovo codice
    delle autonomie locali, sulle attribuzioni agli enti, che
    richiederanno delle tarature, degli aggiustamenti. Non sappiamo come
    verrà fuori questo testo, che ci preoccupa molto, e va tenuto
    presente che incrocia alcune tematiche che ci sono nel progetto di
    legge, che è incardinato sull'urbanistica e sui procedimenti
    amministrativi per le opere pubbliche. Su questo, il testo Calderoli
    prevede una partecipazione alla pianificazione da parte dei Comuni.
    Questo cosa significa? Vuol dire che la pianificazione viene
    trasferita alle Regioni? O vuol dire che viene trasferita allo Stato
    per avere le corsie preferenziale sulle opere pubbliche? Questa
    partita è tutta da chiarire; il patto fra istituzioni ci aiuta anche
    a calibrare meglio questo tipo di disegno, in relazione con il
    contesto istituzionale che si va profilando e con lo schema di
    attribuzioni di poteri che verrà fuori da questa discussione sul
    codice.
    Presidenza del Vicepresidente Gianluca Borghi.
    RICCARDO BREVEGLIERI (Forum Terzo settore): Io vengo dall'esperienza
    del Forum del terzo settore che mette assieme un po' di
    associazioni, cooperative sociali e altre esperienze organizzate.
    Per segnalare l'utilità della legge - sul merito tecnico non entro
    perché non ho avuto la possibilità di guardarci nei dettagli - vi
    cito alcuni limiti delle esperienze di partecipazione che noi
    abbiamo.
    Io ho avuto esperienze nell'area degli interventi nelle politiche
    sociali su cui la legge regionale in materia incardina molto la
    partecipazione e questa legge prevede la Conferenza del terzo
    settore, che ha oggettivamente due limiti: uno è la
    rappresentatività dei partecipanti, creando a volte una situazione
    in cui i partecipanti sono coloro che se lo possono permettere, per
    condizione economica, per possibilità, per materiale opportunità di
    tempo, di relazione politica, culturale e via dicendo.
    L'altro limite è che si passa dalla Conferenza a seconda della
    diversa sensibilità su materie che riguardano diversi assessori
    della Giunta regionale e quindi diverse disponibilità a discutere i
    temi in questione con la Conferenza. Quindi la cosa è legata alla
    volontà; lo dico perché non vorrei sbagliare, ma quando guardavo la
    legge francese sul dibattito pubblico mi pare di ricordare che in
    alcuni casi non è libera scelta, per alcuni temi le amministrazioni
    devono passare per il dibattito pubblico.
    Credo che questo può diventare interessante, se facciamo serenamente
    un ragionamento, anche per quanto riguarda la democrazia partecipata
    e le valutazioni che vi sono legate. Ci sono scelte che non
    riguardano, non coinvolgono solo quel quinquennio di mandato, ma
    riguardano questioni ormai generazionali, come i temi ambientali, e
    qui può avere senso che la partecipazione a definire le scelte (che
    pur restano in ultima istanza in mano alle assemblee elette e su
    questo non credo vi sia discussione) debbano avere un percorso di
    partecipazione molto più ampio e quindi anche un'assunzione di
    responsabilità sull'esito finale, se condiviso dagli organismi
    eletti, molto più ampia.
    Non credo che questa legge debba servire a risolvere solo più
    rapidamente i conflitti, partendo dall'idea che i conflitti ci sono,
    ma anche a trovare soluzioni e mettere in campo competenze e saperi
    che non stanno più sempre rinchiusi nelle pubbliche istituzioni o
    solo nelle figure professionalmente dedicate a quell'intervento.
    Credo che per fare questo si possa fare tesoro delle esperienze:
    Agenda 21 è una; poi le RAB, Residential advisory board, che in
    Italia si usano poco, sono quelle che riguardano gli interventi
    specifici di contrattazione su siti particolari, fra imprese e
    cittadini (ce n'è una a Ferrara sull'inceneritore, ce n'è un'altra
    ad Imola); i piani di zona, che io conosco meglio, che prevedono
    meccanismi di partecipazione. Se qualcuno ha voglia e tempo di
    andare a leggere alcuni piani di zona del triennio appena partito,
    si vede con molta intensità la differenza che c'è fra piani di zona
    definiti con una sensibilità ed un'attenzione alle esigenze e ai
    bisogni della gente e piani di zona che questa intensità non ce
    l'hanno messa; si vede non nello spirito etico, si vede nei
    risultati finali, nella capacità di leggere i bisogni della gente,
    di essersi sforzati di andarli a percepire.
    Quindi, trovare meccanismi, anche perfettibili, che implementano
    questa opportunità e la forniscono - anche con una chiarezza di
    rappresentanza che vada al di là delle organizzazioni che hanno la
    possibilità ed il tempo di relazionarsi con le rappresentanze
    politiche - è sicuramente un'opportunità da non perdersi. Anzi,
    credo che su questo ci sia da dare un'attenzione in più: noi abbiamo
    ecceduto a volte nel prevedere strumenti di partecipazione, penso
    che la Regione abbia un lungo elenco delle varie commissioni e
    sottocommissioni previste nelle varie leggi. Credo che questa legge
    potrebbe dare una spinta a trovare un po' più di ordine, perché
    quando si eccede di solito si annullano i meccanismi di
    partecipazione significativi.
    Diceva prima Gioiellieri sull'esperienza dei Comuni,
    sull'istruttoria o sull'applicazione dei famosi articoli 4 degli
    Statuti comunali, tanto dibattito per scriverli, poco impegno di
    spesa per andare poi a forzare quella partecipazione che
    inevitabilmente in questo decennio è venuta meno alla sua spinta
    naturale.
    L'ultimo elemento, proprio perché come Forum terzo settore abbiamo
    valutato con molto interesse questa proposta di legge, è il fatto
    che il Consiglio regionale non si assuma la responsabilità di non
    contribuire fortemente ad approvare questa legge prima della fine
    della legislatura per non dover riprendere un altro percorso per
    qualche anno in quella futura.
    BRUNA BELLOTTI (Associazione Diritti senza barriere): Mi scuso con i
    pochi che sono rimasti e anche con la Presidenza se quello che starò
    per dire non sarà molto puntuale e preciso. Innanzitutto
    un'osservazione, non so a chi dover far riferimento: la
    comunicazione del Presidente Lombardi è datata 9 settembre, la busta
    datata 14 settembre, la ricevo il 17 settembre e l'incontro è
    fissato per il 21. Molto prima avevo estratto il progetto di legge,
    però essendo stata impegnata come associazione per la festa del
    volontariato non ho potuto rileggerla in maniera puntuale ed
    approfondita. Ho fatto questa premessa per specificare perché non
    sono molto ferrata, però sono venuta ugualmente, pur non essendo
    preparata come avrei desiderato, per sollevare alcune obiezioni.
    Innanzitutto mi congratulo con il signor Gioiellieri riguardo alle
    perplessità rispetto alla figura del garante che nella legge fa
    riferimento al difensore civico (mi dispiace che non ci sia più, il
    difensore civico ha fatto il suo intervento e se ne è andato pur
    essendo lautamente retribuito, a differenza della sottoscritta che
    svolge un'attività di volontariato rimettendoci di tasca propria).
    Speriamo che in futuro venga rivista la figura del difensore civico,
    ora come ora noi come associazione abbiamo molte riserve al riguardo
    rispetto appunto alla terzietà di questa figura, di questa
    istituzione.
    Per quanto riguarda invece il contenuto del progetto di legge, noi
    come associazione abbiamo fatto una bandiera della partecipazione.
    Ci occupiamo, nell'ambito della sanità, della difesa dei diritti dei
    malati che non hanno voce e riteniamo che la partecipazione sarebbe
    addirittura un metodo di prevenzione, perché crediamo che molti
    disturbi, anche di avvicinamento alla droga, di demoralizzazione, di
    mancanza di stima di se', se ci fosse un'educazione al senso civico,
    un maggior coinvolgimento, siamo convinti che le persone sarebbero
    maggiormente considerate e tanti disturbi sarebbero molto ridotti.
    Ritornando all'impianto della legge, abbiamo rilevato un po' di
    contraddizioni. Nella prima parte si fa una gran inno alla
    partecipazione, poi quando andiamo a vedere chi sarebbero costoro
    che possono partecipare, l'art. 18 sull'attività del garante propone
    il 5% fino a 1.000 residenti, 3% a 5.000 e via a scendere...
    UGO MAZZA: Chiedo scusa, per chiarire: quelle sono il numero di
    firme da raccogliere per chiedere l'attivazione del garante.
    BRUNA BELLOTTI: Certo il numero di firme, allora le associazioni che
    spazio hanno? Io non ho trovato che si sentano le associazioni.
    Un'altra riflessione riguarda il costo, è uscito anche il
    rappresentante di Confindustria che mi pare sia stato l'unico che ha
    fatto questo riferimento. Io sono saltata sulla sedia quando ho
    letto che per il primo anno di attuazione è prevista una spesa di
    1.500.000 euro. Facciamo un po' il rapporto con le vecchie lire, si
    arriva a quasi 3 miliardi, il rappresentante di Confindustria ha
    aggiunto in tempo di vacche magre ... Chi estende questi progetti
    di legge ha presente come vive la gente comune? Mi sembra che qui ci
    sia una distanza abissale con i cittadini. Ecco l'importanza della
    partecipazione!
    Quindi fornirò al consigliere Mazza, relatore della presente legge,
    le nostre osservazioni più puntuali, mi dispiace di non averlo
    potuto fare ora, ma sono contenta di essere venuta, almeno ai pochi
    rimasti facciamo sentire le nostre osservazioni soprattutto in tema
    di costi.
    GIANLUCA BORGHI (Vicepresidente della Commissione): Ricordo, come ha
    già fatto il Presidente Lombardi, che la Commissione acquisirà
    ulteriori contributi che dovessero giungere e sono certo che così
    sarà, anche rispetto alle cose ascoltate qui oggi dagli intervenuti
    a questa udienza conoscitiva, che ringrazio ancora per la
    disponibilità. Lascio la parola al relatore Ugo Mazza per una
    riflessione finale rispetto a quanto emerso durante questo incontro.
    UGO MAZZA: Grazie per la partecipazione. La riflessione sarà molto
    sintetica, perché in questo momento abbiamo avviato il percorso e
    dovremo quindi rifletterci, tutta la commissione dovrà valutare le
    proposte che verranno avanzate e poi dovremo vedere come proseguire
    i lavori sulla base del testo di legge presentato.
    Alcune considerazioni generali. Intanto, per l'ultimo intervento sui
    costi, quella prevista è una definizione di possibilità di spesa,
    cioè un impegno che non riguarda ogni singolo procedimento
    partecipativo, a cui il finanziamento sarà attribuito sulla base
    della valutazione del progetto presentato e via discorrendo. Quindi
    è soltanto un generico riferimento, non è una spesa prevista, se non
    c'è nessun procedimento partecipativo non si spenderà niente, se
    sono tantissimi si spenderà. Però la democrazia - e vorrei dirlo
    anche alla Confindustria - costa, ma meno male che c'è democrazia. I
    referendum, le elezioni, tutte queste cose qualcuno le rapporta ai
    costi, ma se ragioniamo così ovviamente non c'è democrazia, perché i
    cittadini come fanno? Come lei, signora Bellotti, tanti partecipano
    volontariamente e questo è encomiabile e di grande rispetto, anzi
    grazie; però non è che i procedimenti amministrativi, le attività
    sono cose che non tengono conto anche della necessità di informare,
    della necessità di produrre materiale, della necessità di presentare
    progetti e via discorrendo, che sono supporti necessari perché la
    gente possa conoscere, essere informata e partecipare.
    Mi pare quindi che su questo elemento si può discutere sulla
    quantità, ma non certo sulla necessità di avere anche risorse per la
    partecipazione. Confindustria forse ragiona molto di più sulle
    risorse che vengono date ai singoli segmenti industriali o
    produttivi, e su questo non lesina certo richieste, però quando si
    parla di partecipazione credo che anche questa possibilità sia da
    tenere presente.
    Per quanto riguarda altre questioni, sono molto d'accordo con quanto
    ha detto il prof. Donati, lo condivido: intanto impegniamoci a
    lavorare in questa direzione e a vedere se è possibile raggiungere
    questo obiettivo. Il come, il merito lo discuteremo, grazie quindi a
    tutti gli interventi di carattere generale e anche delle proposte
    modificative del testo, che ci aiutano a ragionare sugli emendamenti
    e a rafforzare, mi auguro, questa proposta.
    Volevo esporre due o tre questioni. La legge francese è citata nel
    testo come esempio, molte volte si usa l'esperienza francese come
    dimostrazione che là le opere si fanno più rapidamente che in
    Italia, e in Francia c'è appunto questa metodologia di dibattito
    pubblico sulle grandi opere, che si fa con tempi rapidi perché la
    procedura favorisce questo. Se io prendo come riferimento la TAV di
    Torino, dove la gente si è trovata un progetto buttato lì sul
    tavolo, i Comuni stessi, senza che neanche lo conoscessero e poi
    qualcuno gli vuole imporre di decidere, questo non si può accettare.
    Si discute la TAV, bene; è un problema nazionale, bene, ma lo si
    discute in un modo giusto: c'è il materiale, ci sono i tempi per la
    decisione, partecipa la gente e via discorrendo. Questo deve essere
    predefinito se si vuole una partecipazione responsabile e cosciente,
    non che uno debba essere costretto a prendere un cartello e fare
    blocchi stradali per potere dire la sua su una cosa che riguarda il
    proprio territorio, la propria realtà di vita, il proprio tessuto
    economico, sociale e civile! È questo che secondo me va evidenziato,
    dobbiamo cercare di fare un progetto di questo genere.
    Gli esempi sono tanti: ricordo che quando ero amministratore a
    Bologna fu presentato il progetto dell'Alta Velocità, quella che si
    sta realizzando adesso, il Comune di Bologna lo bocciò dopo dure
    assemblee con i cittadini che negavano un consenso al quel progetto.
    Infatti era un progetto inammissibile, è stato cambiato radicalmente
    ed oggi si sta realizzando, con tutti i problemi che oggi leggiamo
    sui giornali, però è stato frutto di una discussione. Gli stessi
    cittadini che allora contestarono quel progetto, a San Rufillo, per
    esempio, sono oggi i protagonisti del controllo dell'attuazione del
    progetto, perché sono stati coinvolti in un procedimento molto
    casuale, in quel caso, non c'erano regole, ma di partecipazione e
    quindi di responsabilizzazione sull'esito a cui si è arrivati.
    Qualcuno ha osservato che il testo dà il senso che sotto vi sia un
    ragionamento incentrato molto sull'urbanistica: questo è dovuto
    forse ai riferimenti posti ad esempio nella relazione, perché nel
    testo di questo non si parla. Nel testo ci sono questioni che
    attengono alle scelte dei cittadini che fanno l'istanza, dei Comuni
    che l'accettano, dei Comuni e delle Province che la propongono, non
    è limitato a nessun settore; è chiaro che il processo partecipativo
    è diverso da settore a settore, da problema a problema.
    Ecco perché qui non è definito un processo partecipativo modello, ma
    è definita un'ipotesi di processo, che ovviamente andrà dal garante
    e poi sarà governato e costruito assieme a quelli che lo
    presenteranno, per adeguarlo in modo positivo alla questione di cui
    si discute, che può essere teorica, può essere generale, può essere
    anche concreta, materiale, su un asilo nido o su un'altra questione,
    dipenderà da quello che viene chiesto. Per questo volevo dire anche
    a Gioiellieri che non viene leso lo statuto dei comuni, perché i
    Comuni attueranno il procedimento secondo le norme del loro statuto.
    Gioiellieri ha ragione quando dice che non si può pensare che non ci
    sia un dialogo fra le istituzioni e sicuramente ricorreremo ad un
    confronto, ne discuteremo, come è sempre stato fatto, è fuori
    discussione. Però la proposta non si pone contro lo statuto dei
    Comuni, i Comuni, sulla base del loro statuto, attiveranno questa
    possibilità che la Regione rende possibile, con il finanziamento da
    una parte e con la legislazione dall'altra. Quindi si dice al Comune
    che se attiva questo procedimento gli si danno le risorse per
    poterlo sviluppare e pagare quindi i costi che sono necessari per
    l'informazione, per pubblicazione del materiale, per la produzione
    dei plastici eventuale, per quanto è necessario affinché il
    cittadino possa essere consapevole di quanto potrebbe avvenire e
    quindi intervenga nel merito dei progetti.
    Il punto è proprio questo, come è stato detto anche da Donati:
    evitare una discussione ideologica, confrontarsi sul tema e sulla
    questione che è oggetto del dibattito, facendo anche gli affinamenti
    che sono necessari. L'ex mercato di Bologna è un esempio molto
    positivo e ce ne sono tanti altri in tutta la regione che hanno
    questo peso, perché si permette ai cittadini di partecipare e di
    entrare nel merito e di confrontarsi su quello, poi l'esito sarà un
    esito che può soddisfare o non soddisfare, però il problema è che il
    meccanismo si metta in moto e si determini.
    Un'altra questione che volevo affrontare è il garante. È un concetto
    abbastanza complesso, secondo me in linea teorica non dovrebbe
    esserci questo bisogno, perché si pensa che le istituzioni di per
    se' siano un elemento di garanzia. Però nella situazione concreta si
    vede tutti i giorni, per dei meccanismi - lo citava prima anche
    Gioiellieri - di legislazioni mutate, una sorta di prevalenza di una
    privatizzazione della decisione . Adesso la dico seccamente, si può
    ragionare a lungo su questo termine, però sicuramente ci sono delle
    legislazioni che riconoscono un ruolo all'intervento privato che va
    al di là delle stesse programmazioni territoriali che i Comuni hanno
    fatto. Basta dire che un'ultima decisione del Governo sul tema delle
    conferenze di servizio dice che dall'unanimità della procedura di
    conclusione di una conferenza si passa alla posizione prevalente.
    Vuol dire che non c'è più unanimità, ma c'è una maggioranza che si
    costruisce e che decide le conclusioni della conferenza dei servizi
    su questioni molto delicate. La legislazione è dunque in forte
    cambiamento e questo è un elemento molto pesante.
    Con la nostra proposta di legge non pensiamo di risolvere questi
    problemi, non siamo in grado di farlo e nemmeno possiamo
    permettercelo, però ci poniamo il problema di come i cittadini
    entrano nel procedimento decisionale. Qui c'è un punto sul quale è
    bene riflettere, il rapporto tra quello che è l'istruttoria propria
    del procedimento unico e via discorrendo e quello che è il modo di
    come si partecipa. Qualcuno lo ha ricordato, la partecipazione può
    essere anche prima di questo evento e quindi deve essere un elemento
    che definisce come il Comune o la Provincia partecipa ad eventuali
    sedi di istruttoria più generale di cui è protagonista. In questo
    senso vanno sicuramente cercati e individuati gli equilibri, ma
    ribadisco che il tema della legge è quello di tendere a definire una
    metodologia di partecipazione che si affianca a quelle che già
    esistono, non ne sostituisce e non ne nega nessuna, anzi questo
    strumento può essere usato per realizzare quelle procedure ancora
    meglio di come è stato fino ad oggi. Che presenti poi degli elementi
    di burocratizzazione posso essere d'accordo anch'io, come diceva
    prima Baruzzi rischia che possa diventare una gabbia, quindi su
    questo ci ragioneremo attentamente e se c'è questo pericolo terremo
    conto anche dei vostri suggerimenti per modificare la legge.
    La figura del garante non è però in discussione, dal mio punto di
    vista, perché vuol dire garantire una terzietà nelle relazioni. Devo
    dire che in molti procedimenti non ho colto questa terzietà nel modo
    in cui gli enti locali si pongono di fronte ai cittadini su molte
    questioni, lo dico molto apertamente, c'è un mio giudizio personale
    su questo. Ho letto delle dichiarazioni di assessori che dicono che
    certi impianti si faranno anche se la valutazione di impatto
    ambientale non è ancora conclusa: se un assessore prende una
    posizione di questo genere, è chiaro che un cittadino che sta
    partecipando al dibattito si chiede cosa sta a fare lì. La terzietà
    per me è questo: fino a che non si è chiuso il procedimento, non c'è
    nessuno che può dire una cosa di questo genere rispetto al
    procedimento in corso e per i cittadini, per le istituzioni e per
    tutti c'è un regolatore del percorso, che garantisce a tutti di
    essere pari nella discussione e nella partecipazione; poi il Comune
    o la Provincia o la Regione, a seconda di qual'è l'ente coinvolto,
    nella sua sede deciderà autonomamente e se ne prenderà la
    responsabilità. Questo è il grande fatto: che di fronte ad un
    procedimento pubblico uno si prende la responsabilità di decidere e
    lo fa sulla base della conoscenza di tutte le opinioni in campo. Per
    me questo è il grande problema, molte volte io vedo il tavolo
    pendere da una parte perché appunto c'è chi può partecipare in tutte
    le forme, in tutti i modi e in tutte le sedi e chi ha difficoltà a
    partecipare.
    Ricordava il prof. Donati che 23 progetti di legge sul lobbying
    presentati dal Parlamento non hanno avuto conclusione: anche in
    Regione Emilia-Romagna il mio progetto sul lobbying non ha avuto
    conclusione, è stato bocciato, perché riconosceva un diritto, che
    non garba molto, al fatto che quelli che discutono ai tavoli siano
    tutti alla pari. Questo ha bisogno di approfondimenti, forse anche
    quel progetto di legge che ho presentato io era molto schematico,
    poco efficiente, ma per me è essenziale il principio che sulle
    questioni che riguardano i cittadini che le pongono ci possa essere
    un confronto alla pari. Ecco perché ritengo che la terzietà abbia un
    valore: perché da a tutti la garanzia che c'è un conduttore del
    procedimento, che si concluderà con un documento che l'ente locale
    si assume la responsabilità di votare, accettandolo totalmente o in
    parte o anche respingendolo. Quindi - ribadisco - i Comuni, le
    Province e la Regione sono liberi di scegliere come meglio credono,
    non è in discussione la loro libertà di scelta.
    Un'ultima battuta sul difensore civico perché non vorrei confusione:
    il dott. Lugli ci aveva informato che sarebbe dovuto andare via
    perché aveva un impegno istituzionale a cui non poteva mancare; il
    suo stipendio non lo ha deciso lui ma lo ha deciso il Consiglio
    regionale e quindi la critica eventualmente va fatta a noi e non a
    lui. Il fatto che la sua azione non sia molto efficace dipenderà
    ancora una volta dalla legge che noi abbiamo fatto, non credo che
    sia un problema personale. Le sue osservazioni, signora Bellotti,
    sono interessanti perché attengono alla legge della Regione che
    definisce il ruolo che deve avere il difensore civico e forse c'è
    qualcosa su cui riflettere.
    La nostra idea di attribuire al difensore civico, eventualmente,
    questa funzione di garante anche nei procedimenti partecipativi era
    un po' per evitare di aumentare i costi e per vedere quindi se,
    modificando il difensore civico, si poteva contemplare anche questo
    obiettivo. Questo era il senso, non per lasciare le cose come
    stanno, ma eventualmente per ampliare le sue prerogative ed avere
    qui una voce, invece che realizzare un'altra autorità. Di questo ne
    discuteremo, tenendo anche conto delle cose che sono state dette.
    Io vi ringrazio molto e ovviamente aspettiamo suggerimenti e
    proposte di emendamento di cui la commissione terrà sicuramente
    conto ed io personalmente prenderò contatto con chi li invia anche
    per eventuali chiarimenti.
    Grazie molto.
    La seduta termina alle ore 18,00.
    Approvato nella seduta del 13 ottobre 2009.
    Il Segretario Il Presidente
    Nicoletta Tartari Marco Lombardi
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