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Legislatura IX - Commissione I - Verbale del 29/11/2012 pomeridiano

     

     

     

     

    Verbale n. 41

    Seduta del 29 novembre 2012

     

    Il giorno 26 novembre 2012 alle ore 14.30 si è riunita presso la sede dell’Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali, convocata con nota prot. n. 46865 del 26 novembre 2012, integrata con nota prot. n. 47386 del 29 novembre 2012.

     

    Partecipano alla seduta i Consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    LOMBARDI Marco

    Presidente

    PDL - Popolo della Libertà

    5

    presente

    FILIPPI Fabio

    Vicepresidente

    PDL - Popolo della Libertà

    1

    presente

    VECCHI Luciano

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    4

    assente

    BARBATI Liana

    Componente

    Italia dei Valori - Lista Di Pietro

    3

    assente

    BARBIERI Marco

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    PDL - Popolo della Libertà

    3

    assente

    BONACCINI Stefano

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    CAVALLI Stefano

    Componente

    Lega Nord Padania Emilia e Romagna

    1

    presente

    DEFRANCESCHI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it

    2

    assente

    FERRARI Gabriele

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MANFREDINI Mauro

    Componente

    Lega Nord Padania Emilia e Romagna

    3

    presente

    MAZZOTTI Mario

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MEO Gabriella

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà - Idee Verdi

    2

    assente

    MONARI Marco

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    MONTANARI Roberto

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MORICONI Rita

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    MUMOLO Antonio

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    NOE’ Silvia

    Componente

    UDC - Unione di Centro

    1

    presente

    PARIANI Anna

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    POLLASTRI Andrea

    Componente

    PDL - Popolo della Libertà

    2

    assente

    RIVA Matteo

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    assente

    SCONCIAFORNI Roberto

    Componente

    Federazione della Sinistra

    2

    presente

     

    La consigliera Palma COSTI sostituisce la consigliera Moriconi, il consigliere Giovanni FAVIA sostituisce il consigliere Defranceschi, il consigliere Gian Guido NALDI sostituisce la consigliera Meo, la consigliera Monica DONINI sostituisce per parte della seduta il consigliere Sconciaforni.

     

    E’ presente la Vicepresidente della Giunta Simonetta Saliera.

    Hanno partecipato ai lavori della Commissione: Filippini (Resp. Serv. Affari istituzionali e delle autonomie locali), Di Fede (Serv. Affari istituzionali e delle autonomie locali), Veronese (Resp. Serv. Coordinamento Commissioni assembleari), Scandaletti (Serv. Informazione e comunicazione istituzionale AL).

    Presiede la seduta: Marco LOMBARDI

    Assiste la Segretaria: Claudia Cattoli

    Resocontiste: Vanessa Francescon e Maria Giovanna Mengozzi 


    Il presidente LOMBARDI dichiara aperta la seduta.

     

    Sono presenti i consiglieri Barbieri, Bonaccini, Cavalli, Costi, Favia, Filippi, Manfredini, Monari, Montanari, Mumolo, Naldi, Noè e Pariani.

     

    Il presidente LOMBARDI propone un’inversione nell’ordine dei lavori, con l’anticipazione dell’esame della proposta di legge alle Camere ogg. 2813.

     

    La Commissione concorda.

     

    2813 - Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'art. 121 della Costituzione, d'iniziativa dei consiglieri Manfredini, Cavalli, Bernardini e Corradi: "Istituzione della zona franca di Comuni emiliano-romagnoli nelle aree di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, colpite dagli eventi sismici del mese di maggio 2012" (12 06 12)

    Relatore consigliere Mauro Manfredini

     

    Il presidente LOMBARDI ricorda che l’esame del progetto era stato rinviato nella seduta del 26 novembre scorso dopo lo svolgimento della discussione generale. Cede quindi la parola al consigliere relatore.

     

    Il consigliere MANFREDINI sollecita i colleghi a riflettere ulteriormente sulla proposta in esame, tenuto conto anche della disponibilità manifestata dai proponenti di modificarne il contenuto: obiettivo dei firmatari è, infatti, garantire alle popolazioni coinvolte gli stessi diritti accordati alle vittime di precedenti analoghe calamità.

    Dopo aver ricordato che il sisma nel territorio emiliano risale al 20 e 29 maggio scorsi, ritiene che l’approvazione della proposta alle Camere, eventualmente riformulata, sia l’unico mezzo per aiutare le imprese danneggiate e, conseguentemente, le famiglie. Osserva che, qualora le imprese non riprenderanno immediatamente a pieno ritmo la loro attività, il prossimo anno alla recessione dovuta alla crisi si sommerà, secondo le stime elaborate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), un calo del PIL nazionale pari all’1,2%. In sostanza, se le imprese colpite non verranno aiutate, non saranno in grado di frenare la recessione in atto e ciò si tradurrà in un “boomerang” per lo stesso Governo, nonché in una condanna per il tessuto produttivo del territorio.

    Afferma che il territorio emiliano è vittima di vessazioni e discriminazioni, ove si consideri che l’Irpinia riceve ancora dei fondi, a distanza di 32 anni dal sisma che l’ha colpita (avvenuto il 23 novembre 1980); il 20 giugno scorso infatti, esattamente un mese dopo la prima scossa nel territorio emiliano, il Governo ha stanziato a favore dell’Irpinia altri 51 milioni di euro, i quali si sommano ai 67 miliardi di euro già elargiti al territorio nell’arco di trent’anni.

    Con decreto-legge del 6 giugno 2012, esattamente 14 giorni dopo il sisma emiliano, lo stesso Governo ha altresì stanziato 500 milioni di euro per gli aiuti ai Paesi africani, mentre in Emilia si sta ancora discutendo se rinviare o meno al 30 giugno 2013 il termine per il pagamento di contributi e tasse da parte delle attività produttive.

    Oltre che della zona franca urbana, il cratere di L’Aquila ha beneficiato della sospensione di tutti i pagamenti di contributi e tasse per tre anni, scaduti i quali il Governo gli ha concesso di versare, nell’arco di dieci anni, solo il 40% di tali somme. Nel decreto “Sviluppo” del 5 ottobre il Governo ha poi previsto l’istituzione di nuove zone franche urbane, concentrate in 12 città: Erice, Catania e Gela in Sicilia; Rossano, Crotone e Lamezia in Calabria; Lecce, Taranto e Andria in Puglia; Mondragone, Napoli e Torre Annunziata in Campania. Gli sgravi fiscali fino a 200 mila euro così concessi si tradurranno in un vantaggio per le imprese localizzate al sud, che potranno usufruire di esenzioni al pagamento delle imposte sui redditi, come l’IRAP, l’imposta sugli immobili e i contributi da lavoro dipendente.

    Il Governo nazionale, in tempi di tagli e Spending review, ha stanziato 3 miliardi per avviare il progetto relativo a una nuova postazione di aerei militari F35. Ebbene, a fronte delle obiezioni sollevate dalla maggioranza riguardo alle modalità di copertura finanziaria di una zona franca, replica che, stando ai dati, negli anni a venire il costo totale dell’acquisto dei novanta F35 graverà sul bilancio statale per una quota compresa tra i 10-15 miliardi. Esprime forte perplessità per questo tipo di scelte.

    Richiama quanto sostenuto dal Vicepresidente di Confindustria per le politiche regionali e Presidente di Confindustria Emilia-Romagna in un’audizione davanti alla Commissione industria del Senato, ovvero che nell’area colpita dal sisma sono necessari interventi in tempi molto brevi. Secondo le statistiche citate, il PIL di quel territorio garantisce complessivamente un gettito fiscale stimato in 6-7 miliardi di euro l’anno; la sola IVA attribuibile al settore industriale ammonta ad una cifra che si aggira tra i 350 e i 400 milioni di euro annui; e i 2,5 miliardi, annunciati dallo Stato per il triennio 2012-2014, equivalgono a meno della metà di un’annualità del gettito fiscale complessivo del territorio. Nelle sue conclusioni il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna ha ribadito la necessità di una risposta immediata, sottolineando che l’intervento dello Stato per supportare le attività colpite non rappresenta solo una necessaria azione di solidarietà, ma un vero e proprio investimento sul futuro immediato.

    Cita un’intervista riportata dalla stampa, in cui un imprenditore del cratere lamenta di trovarsi costretto a sborsare 200 mila euro solo per progetti tecnici e documentazione da presentare alla Regione in vista dell’accesso ai fondi per la ricostruzione, senza peraltro alcuna certezza sul loro effettivo trasferimento.

    Concludendo, rinnova l’invito ai colleghi affinché sia trovata una formulazione condivisa della proposta. Ritiene infatti che i territori colpiti abbiano il diritto a non vedersi discriminati e che, in mancanza di un regime fiscale speciale, gli stessi risulteranno fortemente penalizzati.

     

    In assenza di ulteriori richieste di intervento, il presidente LOMBARDI pone in votazione il testo della proposta di legge alle Camere.

     

    Con distinte votazioni di identico contenuto, la Commissione esprime parere contrario su ciascuno dei tre articoli con 18 voti contrari (PD, SEL-V), 12 a favore (LN, PDL, M5S), 1 astenuto (UDC).

     

    Il relatore consigliere Manfredini si riserva di chiedere l’autorizzazione alla relazione orale, ai sensi dell’articolo 91 del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa.

     

    Entrano i consiglieri Donini, Ferrari e Sconciaforni.

     

    - Approvazione dei verbali n. 37 e n. 38 del 2012

     

    La Commissione all’unanimità dei presenti approva i verbali n. 37 e 38 del 2012, relativi rispettivamente alle sedute del 14 e del 19 novembre 2012.

     

    3415 - Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: "Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza" (delibera di Giunta n. 1787 del 28 11 12)

    Nomina del relatore

     

    Il presidente LOMBARDI invita la Commissione a procedere alla nomina del relatore, ai sensi dell’articolo 50 dello Statuto regionale.

     

    La Commissione, su proposta del consigliere Monari, concorda di nominare relatore la consigliera Anna Pariani.

     

    Il presidente LOMBARDI cede quindi la parola alla vicepresidente della Giunta per l’illustrazione del progetto di legge, nel frattempo formalmente assegnato come oggetto assembleare 3415, indicato all’ordine del giorno della convocazione quale mera informazione (Informazione della Vicepresidente della Giunta regionale Simonetta Saliera sul progetto di legge relativo alle misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza).

     

    La vicepresidente SALIERA ricorda che il tema del riordino delle funzioni amministrative sul territorio è stato affrontato in diverse occasioni, sia in Commissione, sia in Aula. Si tratta di un tema esaminato anche in occasione della sessione regionale di semplificazione, ove l’esigenza di garantire snellezza ai procedimenti amministrativi ha imposto un ragionamento ex novo sull’esercizio delle funzioni da parte dei tre livelli territoriali di governo (Regioni, Province, Comuni), al fine di individuare, anche alla luce dell’esperienza acquisita in tema di decentramento, l’ambito più adeguato all’esercizio di ogni singola funzione.

    L’individuazione dell’ambito ottimale per l’esercizio delle funzioni amministrative consente, infatti, a cittadini e imprese di avere certezza in ordine all’ente cui fa capo un procedimento amministrativo e la relativa responsabilità.

    Nell’ultimo anno la Giunta, in collaborazione con le rappresentanze degli enti locali e del consiglio per le autonomie locali (CAL), ha quindi svolto un’analisi delle funzioni esercitate dai diversi livelli di governo e dei connessi procedimenti amministrativi, i cui risultati sono stati prodotti nell’ambito della sessione di semplificazione. Tale attività è stata particolarmente difficoltosa negli ultimi tempi, in quanto a decorrere dal decreto “Salva Italia”, che ha trasformato le Province in enti di secondo grado con funzioni di coordinamento delle politiche comunali, si sono succedute a livello nazionale una serie di normative, volte a modificare il ruolo di tale ente intermedio.

    Successivamente, si è aperta la discussione sulla Carta delle autonomie e sull’attribuzione delle funzioni ai diversi livelli di governo, fino all’approvazione del decreto-legge n. 95 del 2012 recante la cosiddetta Spending review, che ha imposto il riordino delle Province secondo requisiti minimi di popolazione ed estensione territoriale, al fine di garantirne la dimensione ottimale, e definito le funzioni fondamentali ad esse facenti capo. In virtù di quest’ultimo provvedimento, oltre alla funzione di indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni, alle Province sono state attribuite quattro funzioni di area vasta.

    Il decreto legge n. 188 del 2012 ha quindi dato avvio al processo di riordino delle amministrazioni provinciali, individuando i nuovi enti alla luce dei parametri indicati e delle proposte elaborate da alcune Regioni, tra cui l’Emilia-Romagna. L’iter di conversione di quest’ultimo decreto è tutt’ora in corso e, come emerge dalle notizie riportate dalla stampa, si tratta di un percorso non semplice e tutt’altro che definito.

    Il progetto di legge che la Giunta propone, e sul quale sollecita i consiglieri a fornire il proprio contributo per pervenire ad una normativa chiara e compiuta, costituisce attuazione del decreto “Salva Italia”, che impone alle Regioni di individuare entro il 31 dicembre 2012 il livello di governo cui delegare le proprie funzioni. Un’indicazione al riguardo è contenuta nella Spending review, ove si prevede che tutte le funzioni facenti capo alle Province, fatta eccezione per quelle fondamentali, dovranno essere trasferite ai Comuni, salvo che quest’ultimo ambito risulti inadeguato al relativo esercizio, nel qual caso la Regione può trattenerle presso di sè.

    Il testo proposto si inserisce nel percorso tracciato a livello nazionale, che tuttavia è caratterizzato da un grande punto interrogativo sul ruolo delle nuove Province, trasformate in enti di secondo grado e titolari di specifiche funzioni fondamentali.

    Mediante l’iniziativa in esame, l’Emilia-Romagna persegue dunque l’obiettivo di definire un percorso di riordino delle funzioni amministrative sul territorio, individuando l’ambito più efficace per l’esercizio delle stesse in coerenza con il processo di semplificazione dei procedimenti e tenuto conto delle esperienze acquisite. L’automatico trasferimento della titolarità delle funzioni in una direzione o nell’altra, non accompagnato da un generale ripensamento del sistema amministrativo attuale, è infatti apparsa sin da subito una soluzione non praticabile.

    Nell’affrontare singolarmente le varie funzioni esercitate sul territorio, delle quali è già stata operata un’analisi, non si dovrà quindi solo valutare l’aspetto formale relativo all’ente cui la legge attribuisce la singola funzione, ma occorrerà ragionare sulle ricadute di ogni scelta dal punto di vista operativo, organizzativo e finanziario. Insieme al sistema delle autonomie locali si dovrà pertanto verificare che il conferimento di funzioni ai diversi livelli sia compatibile con le risorse finanziarie e umane a loro disposizione, peraltro in un contesto in cui il tema delle entrate non è ancora stato chiarito in tutti i suoi elementi.

    Mediante il progetto di legge in discussione Assemblea e Giunta saranno quindi chiamate, con il supporto dei tecnici, a formulare proposte volte a tracciare un percorso, il quale presuppone consapevolezza circa le modalità con cui vengono attualmente esercitate le singole funzioni da parte dell’intera filiera degli Enti locali e un lavoro operativo di integrazione tra i diversi livelli di governo.

    La prima parte del progetto di legge contiene alcuni principi e criteri relativi all’allocazione delle funzioni esercitate dal sistema regionale e locale, all’esercizio di tali funzioni in armonia con le esigenze di semplificazione e accelerazione dei procedimenti e di interoperabilità delle pubbliche amministrazioni, all’incremento degli incentivi per l’esercizio associato delle funzioni.

    Si deve tener presente che oggetto dell’iniziativa legislativa non sono solo le Province, ma l’intero sistema amministrativo regionale, dunque si dovrà definire il ruolo facente capo, rispettivamente, a Regione, Province riordinate e Comuni.

    Il progetto detta, inoltre, disposizioni per l’individuazione su tutto il territorio regionale di ambiti ottimali per l’esercizio associato delle funzioni comunali. Tra queste ultime sono incluse le funzioni per le quali il legislatore nazionale impone l’esercizio in forma associata, a decorrere dal primo gennaio 2014, ai Comuni sotto la soglia dei 5.000 abitanti, ovvero dei 3.000 abitanti in caso di zone montane.

    Al fine di portare a compimento questo complesso processo di riforma, è da tempo in atto un confronto a livello territoriale. La Regione da più di dieci anni sta incentivando le Unioni tra Comuni, che in alcune parti del territorio sono già state realizzate mentre in altre necessitano di implementazione.

    Il progetto di legge indica poi precise scadenze temporali per la costruzione degli ambiti ottimali. In tali ambiti verranno esercitate in forma aggregata non solo le funzioni fondamentali dei Comuni “sotto soglia” individuati dallo Stato, ma anche le funzioni che la Regione riterrà, in un’ottica organizzativa, di sottoporre all’obbligo di esercizio associato.

    Ricorda che tra i 348 Comuni dell’Emilia-Romagna molti hanno piccole dimensioni: 20 Comuni non raggiungono la soglia dei 1.000 abitanti, mentre la popolazione del 50% dei Comuni regionali non raggiunge i 5.000 abitanti. Poiché questi enti locali registrano molte difficoltà ad esercitare le funzioni loro attribuite, è necessario trovare il modo di aiutarli ad associarsi o a completare percorsi di associazione già in atto, individuando, con il loro contributo, sull’intero territorio regionale una rete di ambiti territoriali ottimali ove gli stessi possano esercitare le funzioni di competenza in forma associata, così come imposto dalle norme nazionali.

    Secondo quanto statuito dalla disciplina proposta, questi ambiti territoriali ottimali, da cui verranno esclusi i Comuni capoluogo salvo che questi ne facciano richiesta, dovranno coincidere, per quanto possibile, con i gli attuali distretti sanitari e determineranno il superamento delle Comunità montane.

    Le Comunità montane vengono considerate, infatti, un possibile ambito ottimale, in quanto, qualora il relativo territorio coincida con l’ambito ottimale individuato nel programma di riordino, la legge ne dispone l’automatica trasformazione in Unione di Comuni montani. La normativa proposta prevede inoltre l’ipotesi in cui tra la Comunità montana e l’ambito ottimale individuato non vi sia coincidenza territoriale, disciplinandone tutte le conseguenze anche in termini successori.

    Decorsi 45 giorni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, i Comuni saranno chiamati a presentare alla Regione proposte di delimitazione degli ambiti, nel rispetto di determinate condizioni, e nei successivi 15 giorni la Giunta adotterà, previo parere del CAL, il programma di riordino territoriale, recante l’individuazione degli ambiti e la ricognizione delle forme associative ivi costituite o in corso di costituzione.

    La disciplina proposta contiene altresì il regime di incentivazione, destinato esclusivamente alle Unioni di Comuni. I processi di fusione tra Comuni, laddove spontaneamente avviati, restano la soluzione privilegiata dalla Regione, ciò nondimeno è l’istituto dell’Unione a rappresentare la forma più diffusa e quindi incentivata, in quanto sede di esercizio associato delle funzioni caratterizzata da stabilità nel tempo. Le convenzioni siglate allo scopo sono infatti caratterizzate dalla provvisorietà e impediscono dunque di consolidare un efficace processo di collaborazione e comparazione tra i diversi Comuni ad esse partecipanti.

    Evidenzia gli eccellenti livelli di aggregazione raggiunti di alcune parti del territorio, ove negli ultimi anni sono state costituite Unioni alle quale i Comuni, seppur non obbligati, hanno trasferito la quasi totalità delle loro funzioni. In altre parti, invece, si sono registrate alcune difficoltà, certi Comuni esercitano in forma associata le sole funzioni per cui vige l’obbligo nazionale e stanno bloccando il consolidamento delle Unioni per mancanza di risorse sufficienti. Rileva che simili processi non consentono in fase di avvio effettive economie sui bilanci comunali, richiedendo piuttosto investimenti per l’acquisizione di banche dati, linguaggi comuni, strumentalizzazioni di base per il back office e un’articolazione di sportelli e sistemi di accesso ai servizi da parte dei cittadini. A tale ostacolo si cerca quindi di ovviare incentivando finanziariamente le Unioni di Comuni, ente stabile di riferimento all’interno di ogni ambito ottimale. Laddove un Comune dell’ambito non voglia aderire all’Unione, potrà stipulare con essa una convenzione.

    Sul presupposto che le aggregazioni tra Comuni, per determinare economicità, necessitano di un consolidamento strutturale, il progetto di legge cerca di perseguire questo obiettivo. In base alla nuova disciplina la Regione delimiterà, su proposta degli enti locali, alcuni ambiti ottimali, all’interno dei quali verrà incentivata la costituzione di Unioni di Comuni per l’esercizio associato delle funzioni in forma stabile. Il livello delle funzioni così offerte ai cittadini è demandato all’autonomia dei Comuni partecipanti, in particolare allo Statuto dell’Unione, che non solo individuerà quali funzioni saranno oggetto di gestione associata, ma potrà anche prevedere che l’ente di riferimento per l’ambito ottimale possa acquisire nel tempo graduale autonomia.

    Per i territori di maggiori dimensioni l’ambito ottimale potrà peraltro essere organizzato in sub-ambiti. In proposito si pone il tema delle vallate, riguardo alle quali l’alternativa è recepire la proposta dei Comuni ivi localizzati diretta ad individuare un ambito più ristretto, ma comunque coincidente con il distretto ovvero inserito nell’area di quest’ultimo, oppure consentire all’unico ambito ottimale allargato di organizzarsi al proprio interno. Data la diversità delle situazioni da provincia a provincia, alcuni territori, sulla base delle esperienze fin qui acquisite, stanno ragionando di delimitare l’ambito ottimale dal crinale della vallata alla pianura, altri territori prospettano invece una diversa delimitazione dell’ambito, dalla pianura alla pedemontana. Il progetto di legge tenta di consolidare i diversi processi in atto sul territorio, tenuto conto che una soluzione valida per tutte le realtà non è ipotizzabile.

    Punto nodale della nuova disciplina è trovare un modo per incentivare tutti i Comuni obbligati all’esercizio associato delle funzioni ad aggregarsi tra loro in forma stabile ovvero a incrementare e/o migliorare i processi di aggregazione già in atto. Poiché in alcune realtà l’obiettivo è già stato raggiunto, le nuove disposizioni si rivolgono ai territori che fino ad oggi hanno riscontrato maggiori difficoltà.

    In tale contesto è lasciato ampio spazio ad ogni singolo Comune, che, tramite la proposta da inviare alla Regione entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge, sarà chiamato a valutare, nel rispetto dei criteri e dei principi elencati dalla legge, l’ambito ottimale più adeguato alla propria realtà. Ricevute le proposte dagli Enti locali, la Giunta adotterà, previo parere del CAL, un piano di riordino nei 15 giorni successivi. Entro 90 giorni dalla pubblicazione del piano di riordino, i Comuni di ciascun ambito saranno chiamati a costituire Unioni di Comuni per l’esercizio associato delle funzioni, dandone immediata comunicazione alla Regione e beneficiando così degli incentivi previsti dalla legge. Laddove le Unioni esistenti rispondano già ai requisiti previsti dalla legge, i rispettivi Comuni non dovranno fare nulla.

     

    Escono i consiglieri Costi, Noè e Sconciaforni.

     

    Il consigliere FAVIA chiede chiarimenti sull’impianto normativo, pur consapevole della complessità della materia.

     

    Anche il consigliere MONARI rileva che il riordino istituzionale imposto dalla Spending review ha determinato parecchia confusione. In relazione al superamento delle Comunità montane, funzionale all’accorpamento territoriale degli Enti locali in Unioni di Comuni e all’esercizio associato di funzioni e servizi, secondo la logica del progetto di legge, richiama la questione degli enti parco, operanti nell’ambito del perimetro delle Comunità montane. In proposito auspica che il superamento di tali enti non determini una discrasia tra le funzioni svolte dagli enti parco e la catena istituzionale attraverso cui si esplica il relativo finanziamento.

     

    La vicepresidente SALIERA chiarisce che le Unioni di Comuni montani, chiamate a subentrare alle Comunità montane, succederanno ad esse in tutti i rapporti.

     

    Il presidente LOMBARDI rileva come lo spirito del progetto proposto dalla Giunta sia quello di far coincidere, laddove possibile, gli ambiti ottimali con i distretti sanitari (non escludendo tuttavia la possibilità di istituire due ambiti all’interno di un singolo distretto) e di costituire all’interno di ciascun ambito un’unica Unione di Comuni, dalla quale verrebbero esclusi solo i Comuni capoluogo salva diversa loro volontà. Qualora nel perimetro di un singolo ambito ottimale sia già stata costituita un’Unione di Comuni, gli Enti locali ad essa estranei dovrebbero necessariamente aggregarvisi ovvero convenzionarsi con essa, ma non potrebbero costituire una ulteriore Unione di Comuni. Domanda quindi se le funzioni fino ad oggi delegate dalla Regione alle Province verranno in questo contesto trasferite alla gestione associata da parte dei Comuni.

     

    Il consigliere CAVALLI richiama la situazione della provincia di Piacenza, ove le Unioni di Comuni esistenti sono poche rispetto a quelle costituite in altre parti della regione. Sottolinea la difficoltà di costituire in quell’area Unioni di Comuni rispettose dei parametri imposti dal progetto di legge, tanto più a fronte del superamento delle due Comunità montane ivi presenti. Data la particolarità del territorio, rileva che l’individuazione di ambiti ottimali determinerebbe l’aggregazione di tutti i Comuni in un’unica Unione per ciascuna delle 4 vallate e ritiene tale soluzione dispersiva. Le nuove Unioni, improntate ad una logica di collaborazione più allargata, sarebbero infatti costituite da territori tutt’altro che omogenei.

     

    Il consigliere FAVIA osserva che si sta discutendo di forme associative tra Comuni e della nuova figura denominata ambito ottimale, senza considerare che il progetto di legge nasce dal riordino delle Province imposto dal Governo nazionale. Nonostante il legislatore statale rivolga specifici obblighi anche ai Comuni, ritiene infatti che il tema delle Unioni sia meno “ambiguo” di quello riguardante gli enti intermedi.

    Esprime perplessità sulla scelta della Regione di confermare in capo alle amministrazioni provinciali le funzioni fino ad oggi delegate, tanto più a fronte del contestuale potenziamento delle forme di aggregazione comunali. A suo parere ragionare sulle funzioni fondamentali in capo alle Province, nonché su quelle che la Regione delega a tali enti è condizione per individuare il livello di governo che offrirà ai cittadini del territorio i diversi servizi, nonché per valutarne l’idoneità di eventuali enti sovra-comunali a garantire l’erogazione di questi ultimi. Sollecita, in conclusione, maggiore chiarezza sul punto.

     

    Escono i consiglieri Donini e Filippi. Entra il consigliere Mazzotti.

     

    Il consigliere MONTANARI osserva che la complessità del quadro descritto dalla vicepresidente della Giunta deriva dal fatto che la disciplina proposta intende attuare una riforma organica, non solamente parziale, dell’azione amministrativa sul territorio.

    Domanda, in primo luogo, come si stiano orientando in materia le altre Regioni. Precisa che la domanda non è diretta a condizionare l’iter del progetto in esame, ma piuttosto ad evitare che le Regioni, ancorché autonome, formulino disegni istituzionali completamente diversi tra loro. Chiede in particolare come l’Emilia-Romagna, all’atto di esercitare le propria autonomia, intenda affrontare le questioni attualmente all’esame degli altri territori. Cita il caso dei piccoli Comuni montani del Piemonte.

    Ritiene che il confronto in ambito regionale non possa essere scollegato da ciò che esprime il territorio e auspica un percorso che riconosca ai territori, nel rispetto di determinati parametri posti a garanzia del raggiungimento degli obiettivi perseguiti con l’iniziativa legislativa, un margine di autonomia nella delimitazione dei nuovi ambiti ottimali.

     

    La vicepresidente SALIERA afferma che vi è unanime consapevolezza della complessità della materia determinata dal riordino delle Province, evidenziando tuttavia che, indipendentemente dalla manovra nazionale, la Regione già da tempo aveva deciso di attuare un percorso di riorganizzazione delle funzioni amministrative sul territorio. La sola differenza rispetto a un anno fa, sottolinea, è che nel perseguire gli obiettivi di efficienza, economicità e semplificazione la presente riforma è chiamata ad operare in un contesto ancora incerto, dunque dovrà evitare scelte passibili di essere successivamente contraddette, scelte che oltretutto si riflettono sulla vita di migliaia di persone.

    Lo spostamento di una funzione tra un livello di governo e l’altro dovrà essere operato dunque non solo in un’ottica di efficacia, ma anche di sostenibilità e a quest’ultimo tema è appunto dedicata la prima parte del progetto di legge.

    A prescindere dalle sorti del riordino provinciale, Assemblea legislativa e Giunta sono quindi chiamate a scegliere, sulla base delle esperienze fini qui acquisite, un modello di governo del territorio regionale. In Emilia-Romagna le difficoltà sono accresciute dal forte decentramento attuato negli ultimi anni (l’Emilia-Romagna è infatti la Regione che ha delegato il maggior numero di funzioni alle Province). Il riordino in atto impone un ragionamento su personale e risorse a disposizione dei diversi livelli di governo, inclusi i Comuni.

    Rispondendo alla domanda del consigliere Favia sulle possibili risposte da fornire ai cittadini, chiarisce di non potersi pronunciare per conto dello Stato e sottolinea che, per quanto riguarda la Regione, il bilancio di previsione del 2013 destina alle Province per l’esercizio delle funzioni delegate le stesse risorse trasferite nell’esercizio 2012. Queste deleghe vengono infatti confermate, affinché nel 2013 venga completato, in collaborazione con le forze sociali, l’approfondimento in atto circa le ripercussioni e la concreta fattibilità del progetto di riordino delineato.

    La seconda parte del progetto di legge si connette all’esperienza acquisita a livello regionale in tema di forme associative tra Comuni e si fonda sull’obiettivo che la Regione si è data di riformare la rete comunale, al fine di garantirne la sopravvivenza. A tal fine si prevede che la Regione e gli Enti locali interessati individuino un ambito ottimale di esercizio delle funzioni, ossia un perimetro entro cui attuare una forte cooperazione tra Comuni mediante delega di funzioni alle Unioni.

    Allo scopo di rafforzare il sistema comunale, altre Regioni come il Piemonte, il Veneto e la Toscana hanno deliberato negli ultimi mesi il superamento delle Comunità montane. In Piemonte, in particolare, si sta avviando un processo di consolidamento delle Unioni, tenuto conto della complessità dei percorsi di fusione.

    Come già evidenziato, l’Emilia-Romagna ha acquisito in questi anni una grande esperienza sull’esercizio associato delle funzioni e attraverso il progetto di legge ci si propone di risolvere le problematiche riscontrate in proposito. Indipendentemente dal riordino provinciale, nel prossimo anno la Regione ragionerà pertanto in modo sistematico con gli Enti locali affinché venga potenziato l’esercizio associato delle funzioni. A questo fine gli Enti locali saranno chiamati a formulare proposte di perimetrazione dei nuovi ambiti ottimali, proposte su cui alcuni territori, ANCI e UNCEM hanno già fatto un lavoro consistente e che necessitano solo dei 45 giorni previsti dal progetto di legge per essere affinate.

    Come emerge da quanto posto in luce dal consigliere Cavalli in relazione alla provincia di Piacenza, sottolinea che non esiste un criterio valido per tutti i territori. A Piacenza, ad esempio, insistono 48 Comuni e tre distretti di vaste dimensioni, conseguentemente non sarà possibile far coincidere l’ambito ottimale con il distretto. Al riguardo, in base alle esperienze acquisite, si sta quindi ragionando di individuare i nuovi ambiti nella parte di vallata che va dal crinale alla pedemontana, organizzando il territorio di pianura sulla base dei corsi d’acqua. Poiché molti Comuni dell’area non hanno mai esercitato in forma associata le loro funzioni, i Comuni che riscontreranno le maggiori difficoltà a costituire le Unioni potranno convenzionarsi con esse.

    Si tratta, in definitiva, di processi da seguire e valutare in concreto nelle diverse realtà, alcune delle quali caratterizzate da un basso numero di abitanti per km². In questo percorso di aggregazione i Comuni necessiteranno di sostegno, in quanto sempre più consapevoli che da soli non ce la possono fare.

    Una volta definiti gli ambiti, laddove possibile coincidenti con i distretti, all’interno di ciascun ambito dovrà essere costituita una sola Unione di Comuni. Al fine di far coincidere il più possibile i diversi ambiti di governo del territorio, il progetto di legge riconosce ai Comuni anche la possibilità di avanzare proposte di adeguamento dei distretti alle nuove Unioni.

     

    Il consigliere NALDI dichiara di condividere l’obiettivo di riorganizzare l’esercizio delle funzioni amministrative sul territorio, incentivando le stabili forme associative tra Comuni. Domanda alcuni chiarimenti, in particolare se all’interno di ciascun ambito possa essere costituita esclusivamente una sola Unione di Comuni oppure anche due Unioni, eventualmente rispondenti ad una serie di parametri. Rileva come l’istituzione di un’unica Unione tra il complesso dei Comuni di alcuni distretti sia difficilmente immaginabile. In quest’ottica invita a introdurre all’interno del percorso proposto maggiore flessibilità, tale da consentire anche la coesistenza all’interno di un unico ambito ottimale di due Unioni, purché rispettose di determinati requisiti minimi.

     

    La vicepresidente SALIERA chiarisce che a seguito dell’approvazione da parte della Giunta del programma di riordino territoriale, elaborato in base alle proposte pervenute dai Comuni, all’interno di ciascun ambito potrà esservi una sola Unione e i Comuni che non ne faranno parte si potranno convenzionare con essa per l’esercizio delle funzioni obbligate. La questione posta dal consigliere Naldi si riferisce specificamente a 13 Comuni della vallata del Reno e del Sedda, aggregati una Comunità montana e facenti parte di un unico distretto. In proposito la Regione auspica che la scelta di quel territorio sia nel senso di trasformare la Comunità montana in un’unica Unione di Comuni montani, sempre coincidente con il distretto, eventualmente articolata in più sub ambiti. L’obiettivo perseguito dalla riorganizzazione in atto è infatti quello di non fare passi indietro rispetto alle forme aggregative esistenti, considerate un valore da preservare.

     

    Escono i consiglieri Ferrari e Pariani.

     

    Il consigliere FAVIA ritiene che la scelta di far coincidere i nuovi ambiti ottimali ai distretti socio sanitari costituisca un errore, in quanto la dimensione di questi ultimi è legata ad una tipologia di politiche che nulla hanno a che fare con l’esercizio delle funzioni amministrative oggetto di riorganizzazione. Oltretutto, alla luce della politica perseguita a livello nazionale sulla sanità, i distretti sanitari dovranno presumibilmente essere ridotti.

    Esprime preoccupazione per il fatto che si sia parlato poco di mobilità, intesa come trasporto, quale perno delle costituende Unioni di Comuni. Ritiene infatti che non si possano unire all’interno di un unico ambito ottimale due vallate separate da un crinale, in quanto i collegamenti tra queste vallate, in assenza di gallerie, possono risultare complicati.

    A fronte della precisazione della vicepresidente sul fatto che esiste internet, rileva che si deve tener conto della vita reale dei cittadini, dei loro tempi di spostamento, nonché salvaguardare lo spirito di comunità che si riscontra nelle diverse realtà. Condivide in ogni caso l’assunto secondo cui i principi del riordino dovranno comunque essere declinati su ciascun territorio in relazione alle rispettive peculiarità.

    Con riferimento al gruppo di lavoro interdisciplinare di consulenza tecnico-scientifica previsto dal progetto di legge, ritiene che i relativi lavori debbano essere resi pubblici, affinché sia possibile verificarne le conclusioni.

    Tenuto conto che l’aggregazione dei Comuni in Unioni non può essere imposta dalla Regione, sottolinea che quest’ultima può solo incentivare finanziariamente tali processi e che in ogni caso gli incentivi non riguarderanno le convenzioni tra Unioni e Comuni ad esse estranei.

    Concludendo, sul presupposto che si tratta di una questione assai delicata, auspica che per la discussione sui nuovi ambiti siano previsti tempi adeguati a garantire la dovuta partecipazione e i necessari dibattiti e approfondimenti.

     

    Alla luce del dibattito sviluppatosi negli ultimi anni a livello nazionale circa la necessità o meno di abolire le Province, il consigliere BONACCINI invita a verificare la coerenza tra le posizioni espresse in proposito da alcune forze politiche e le lamentele avanzate ora circa l’eccessiva estensione o viceversa restrizione dei nuovi ambiti territoriali. A suo parere occorre tenere presente che in alcune parti del territorio nazionale, a differenza di quanto avvenuto in Emilia-Romagna, non esistono ancora le Unioni di Comuni, motivo per cui molte funzioni sono state ivi delegate alle Province. Evidenzia che la soppressione di tutte le Province avrebbe in ogni caso posto la necessità di ridisegnare la ripartizione delle funzioni sul territorio.

    Al fine di individuare le funzioni da attribuire ai diversi livelli di governo, è a suo giudizio necessario lavorare insieme ai territori, sulla base di una visione complessiva che tenga conto, come evidenziato dal collega Montanari, anche di quanto si sta facendo nelle altre Regioni. Ritiene che il nuovo Governo nazionale proseguirà nel percorso intrapreso dall’attuale esecutivo. A suo parere, il riordino operato da quest’ultimo sulla spinta della pressione dell’opinione pubblica avrebbe dovuto fondarsi su premesse diverse, ovvero partire da una riforma complessiva del Parlamento.

    Obiettivo del progetto di legge all’esame è quello rendere obbligatoria la gestione associata di determinati servizi, tenuto conto che alcune delle Unioni costituite in questi anni si sono rilevate “scatole vuote”. Da un punto di vista generale, sul presupposto che il Governo ha progressivamente ridotto, anche mediante il patto di stabilità, l’autonomia degli Enti locali, è dell’idea che si debbano rivalorizzare i territori, che sia necessario un nuovo impulso al federalismo. Richiama il disegno volto a istituire un Senato federale, quale luogo di confronto tra autonomie e Stato centrale idoneo ad arginare il crescente centralismo registratosi degli ultimi decenni.

     

    La vicepresidente SALIERA si scusa di doversi assentare a causa di concomitante impegno istituzionale.

     

    Il presidente LOMBARDI in conclusione di seduta ricorda ai componenti il calendario dei prossimi lavori della Commissione.

     

     

     

    La seduta termina alle ore 16.30

     

    Approvato nella seduta del 15.01.2013

     

     

    La Segretaria

    Il Presidente

    Claudia Cattoli 

    Marco Lombardi

     

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