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Legislatura IX - Commissione III - Verbale del 14/11/2013 antimeridiano

     

     

     

     

     

    Verbale n. 33

    Seduta del 14 novembre 2013

     

    Il giorno giovedì 14 novembre 2013 alle ore 10.00 si è riunita presso la sede dell’Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità convocata con nota prot. n. 44171 del 07/11/2013.

     

    Partecipano alla seduta i Consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    ZOFFOLI Damiano

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    BERNARDINI Manes

    Vicepresidente

    Lega Nord Padania Emilia e Romagna

    4

    presente

    MARANI Paola

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    ALESSANDRINI Tiziano

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    BARTOLINI Luca

    Componente

    PDL - Popolo della Libertà

    4

    assente

    BAZZONI Gianguido

    Componente

    PDL - Popolo della Libertà

    1

    assente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    PDL - Popolo della Libertà

    6

    presente

    CASADEI Thomas

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    DEFRANCESCHI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle Beppe Grillo.it

    1

    assente

    DONINI Monica

    Componente

    Federazione della Sinistra

    2

    presente

    FAVIA Giovanni

    Componente

    Gruppo Misto

    3

    presente

    FERRARI Gabriele

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MANDINI Sandro

    Componente

    Italia dei Valori

    2

    assente

    MAZZOTTI Mario

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MEO Gabriella

    Componente

    Sinistra Ecologia e Libertà – Idee Verdi

    2

    assente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    NOE’ Silvia

    Componente

    UDC - Unione di Centro

    1

    presente

    PARUOLO Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

     

    Sono presenti i consiglieri: Andrea LEONI in sostituzione di Bartolini ; Mauro MANFREDINI in sostituzione parziale di Bernardini; Gian Guido NALDI in sostituzione di Meo.

    Hanno partecipato ai lavori della Commissione: M. Zanelli (Resp. Serv. Qualità urbana e politiche abitative); R. Lumbrici e M. Fabbri (Serv. Qualità urbana e politiche abitative); J. Frenquellucci (Serv. Informazione e comunicazione istituzionale).

    Presiede la seduta: Damiano Zoffoli

    Assiste la Segretaria: Samuela Fiorini

    Resocontista: Antonella Agostini

     


    Il presidente ZOFFOLI dichiara aperta la seduta alle ore 10.20.

     

    Sono presenti i consiglieri: Alessandrini, Casadei, Donini, Leoni, Manfredini, Marani, Mazzotti, Paruolo, Naldi e Noè.

     

    - Approvazione verbale n. 30 del 2013.

     

    La Commissione lo approva all’unanimità dei presenti.

     

    Esame abbinato dei progetti di legge:

     

    4451 - Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: "Modifiche alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo)" (delibera di Giunta n. 1254 del 09 09 13).

    Testo base

     

    2099 - Progetto di legge d'iniziativa del consigliere Bignami: "Modifiche alla L.R. Emilia-Romagna 8 agosto 2001, n. 24 recante - Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo" (05 12 11).

     

    208 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Lombardi e Bazzoni: "Nuove norme per la permanenza negli alloggi pubblici. Modifiche alla L.R. 8 agosto 2001, n. 24 recante: Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo" (30 06 10).

     

    207 - Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Lombardi e Bazzoni: "Nuove norme sull'assegnazione degli alloggi pubblici agli stranieri. Modifiche alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 recante "Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo"" (30 06 10).

     

    (Relatore consigliere Mario Mazzotti)

    (Esame articolato)

     

    Il presidente ZOFFOLI comunica che si continua l’esame dell’articolato del progetto di legge che modifica la disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo, riprendendo dall’articolo 21. Viene consegnato il documento di lavoro aggiornato, a cura della segreteria della Commissione, con tutti gli emendamenti pervenuti alla data odierna.

     

     

    Sull’art. 21 insistono i seguenti emendamenti:

     

    EMENDAMENTO N. 4 RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    La lettera h) del comma 3 dell’articolo 25 è sostituita dalla seguente:

    “h) le assegnazioni in deroga alla graduatoria nelle situazioni di emergenza abitativa.”

     

    EMENDAMENTO N. 33 CONSIGLIERA NOÈ

    Il comma 3 dell’art. 25 della legge regionale 24/2001 è sostituito dal seguente:

    3. I criteri di cui alla lettera b)del comma 2 sono definiti dal Comune, sentite le organizzazioni sindacali, tenendo conto anche dei periodi di resistenza del richiedente nel Comune cui si riferisce il bando di concorso o la graduatoria nonché della durata della permanenza dello stesso nella medesima graduatoria.

     

    EMENDAMENTO N. 27 RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    Al comma 4 dell’art. 21 le parole “ sentite le organizzazioni sindacali” sono sostituite dalla parole “previo confronto con le organizzazioni sindacali”

     

    EMENDAMENTO N. 5 RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    Al comma 4 dell’articolo 25 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole “maggiormente rappresentative”.

     

    EMENDAMENTO N. 27 bis RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    Al comma 9 dell’art. 21 le parole “sentite le parti sociali” sono sostituite dalla parole “previo confronto con le parti sociali”

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI spiega che l’emendamento precisa e amplia le possibilità d’intervento nei casi di emergenza abitativa.

     

    La dott.ssa LUMBRICI precisa che si tratta di un semplice chiarimento rispetto alla norma esistente che prevede la possibilità per i Comuni di riservare un certo numero di alloggi ai casi di emergenza abitativa, ipotesi particolari ed eccezionali. Siccome le modalità per assegnare gli alloggi sono due: con concorso pubblico e graduatoria aperta, si è chiarito che in entrambi i casi, il Comune può destinare alcuni alloggi ai casi di emergenza abitativa.

     

    Entra il consigliere Bernardini.

     

    Il consigliere MANFREDINI esprime perplessità e chiede chiarimenti.

     

    Il consigliere NALDI dice che anche ora i Comuni destinano una parte degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai casi di emergenza abitativa. Ricorda che anni fa a Bologna ci fu grande polemica, innestata dall’assessore Amorosi, e si andarono a vedere tutti i casi di emergenza abitativa riscontrando che si trattava di tutti casi effettivamente drammatici e gravi.

     

    La consigliera MARANI afferma che non si tratta di uno strumento per favorire gli extracomunitari, anzi l’avere una quota disciplinata di alloggi da mettere a disposizione di situazioni di emergenza, fa sì che si possano aiutare cittadini in situazioni di emergenza, che altrimenti non avrebbero altre possibilità. Dalla casistica degli alloggi occupati dai casi di emergenza abitativa si può vedere che non sarebbero persone tradizionalmente dentro le graduatorie, ma che in virtù di una situazione di emergenza si trovano improvvisamente a dover essere aiutate a trovare una soluzione.

     

    Entra il consigliere Bignami.

     

    Si tratta di uno strumento a tutela dei cittadini che occasionalmente possono trovarsi in situazioni socialmente delicate.

     

    Il consigliere BERNARDINI ritiene che la norma sia molto pericolosa perché all’interno della normativa per l’assegnazione delle case popolari s’inserisce questa deroga con un potere di discrezionalità – in quanto l’emergenza abitativa non viene definita – enorme. La considera una presa in giro nei confronti di tutti coloro che hanno presentato una domanda e che, da anni, sono in graduatoria e che si vedono sorpassati dall’emergenza abitativa che, tra l’altro, non è chiaro con quali criteri venga valutata. Pensa che questa norma sia dannosa per la legge stessa. Sostiene che non venga presa in considerazione la realtà delle ACER oggi, il sistema gestionale delle assegnazioni e delle liste d’attesa, nel momento in cui si va ad inserire una norma insensata da un punto di vista di equità e giustizia sociale. Ritiene la norma errata anche dal punto di vista del diritto, perché demolisce tutto l’impianto normativo. Afferma che i sindaci e le strutture di aiuto sociale esistono già sul territorio come anche le tante realtà complementari a quello che è un percorso abitativo di emergenza sociale, in quanto l’emergenza abitativa ce l’ha anche chi è in graduatoria e da anni sta aspettando una casa. Ritiene, quindi, che esistano già tutti gli strumenti per rispondere alle emergenze abitative temporanee (dormitori, strutture protette).

     

    Entra il consigliere Ferrari.

     

    La consigliera DONINI rileva che l’emergenza abitativa era già presente nella legge, non si tratta di una norma nuova. Si sta parlando della lett. h) del comma 3 che obbliga i Comuni alla trasparenza anche su queste procedure, non si tratta di insindacabile criterio al di fuori di ogni regola, anzi tutto va regolamentato, comprese le eventuali deroghe. Crede che si tratti di una norma corretta che ribadisce la necessità di avere dei regolamenti comunali che disciplinino, in modo preciso e trasparente, per rendere il sistema in grado di affrontare ciò che è imprevedibile e che può determinare particolari emergenze sul fronte abitativo. Delegando ai Comuni si ottiene la possibilità di cogliere la situazione reale della dinamica dei bisogni. E’ un emendamento che semplifica e si pone in continuità con la normativa precedente.

     

    Escono i consiglieri Bignami e Bernardini.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI si scusa per non aver illustrato completamente l’emendamento che gli sembrava chiaro, in quanto più che ampliare precisa le condizioni. Si è nel caso in cui i Comuni devono disciplinare l’assegnazione degli alloggi pubblici e già adesso c’è una clausola che consente di riservarsi la possibilità di affrontare le emergenze abitative che possono capitare. L’emendamento chiarisce che sia in presenza di concorso pubblico o graduatoria aperta si procede in questo modo. Dice che non cambia nulla anche se l’emendamento venisse ritirato – ma nessuno ha chiesto di farlo, quindi ritiene vada mantenuto – in quanto la norma resterebbe come prima. Ribadisce che si tratta di una semplice precisazione. 

     

    Non essendoci altre richieste d’intervento il presidente ZOFFOLI mette in votazione l’emendamento n. 4 all’art. 21.

     

    La Commissione approva l’emendamento n. 4 all’art. 21 con 26 voti a favore (Pd, FdS, SEL), 5 astenuti (UdC, PdL) e 4 contrari (L.N).

     

    La consigliera NOÈ illustra l’emendamento n. 33, spiegando che si pone l’obiettivo di indicare all’interno della legge regionale alcuni criteri, recependo alcune istanze, provenienti dalla cittadinanza, che a suo parere ricondurrebbero a maggior equità l’applicazione della medesima, sancendo a livello regionale un passaggio che i Comuni dovrebbero necessariamente recepire. L’assegnazione delle case di edilizia residenziale pubblica deve tenere conto dell’anzianità di residenza e di permanenza in graduatoria e questo deve essere stabilito nella legge, la Regione deve garantire in questo senso e tutti i Comuni devono recepire. L’attuale normativa offre una corsia preferenziale a chi è appena arrivato sul territorio, rispetto a chi, invece, è da anni in graduatoria, ma si trova in condizioni economiche meno gravi.

     

    Entra il consigliere Favia. Esce il consigliere Leoni.

     

    La consigliera DONINI afferma che qui si è nella parte in cui si parla delle categorie di punteggio, fermo restando che è stata attribuita autonomia regolamentare ai Comuni, occorre stabilire se sia possibile entrare nel merito di tutto quello che determina la categoria di punteggio. C’è uno strumento operativo a monte che potrebbe essere utilizzato per evitare di essere scavalcati in graduatoria che potrebbe essere quello di preferire la lista aperta piuttosto che il bando - come consente la legge – e ciò aiuterebbe anche l’aspetto relativo alle deroghe per le emergenze abitative.

    Dice di essere perplessa e tendenzialmente non favorevole all’emendamento – pur avendo condiviso con la collega Noè alcune considerazioni – in quanto se si entra nel merito di alcuni criteri sulla base dei quali i Comuni sono orientati a istituire le categorie di punteggio, in considerazione di specifiche condizioni soggettive e oggettive, ce ne sono molti di più dei due prospettati.

     

    Il consigliere MANFREDINI condivide l’emendamento portando l’esempio di cittadini che lamentano di essere stati sorpassati in graduatoria, in seguito a nuove emergenze. Afferma che a fronte dell’aumentato bisogno di alloggi e alle nuove emergenze, deve essere riconosciuta la permanenza nella graduatoria, perché i passaggi verso l’alto sono troppo facili, a volta basta un assistente sociale compiacente per ottenere una casa popolare.

     

    Rientra il consigliere Bernardini.

     

    La consigliera NOÈ precisa che non si sta parlando di condizioni soggettive e oggettive, ma di recepire le istanze del territorio e, nel momento in cui si va ad aggiornare la legge, cogliere, con senso di responsabilità, la possibilità di istruire graduatorie con criteri di maggiore equità. E’ disposta a dialogare sull’anzianità di residenza, ma sull’anzianità di permanenza nella graduatoria non ritiene giusto restare indifferenti, in quanto lo giudica un passaggio fondamentale rispetto ad anomalie che, nel tempo, hanno rivelato delle ingiustizie. Annuncia che, su questo punto, farà grande battaglia anche in Aula. Non le sembra giusto rinviare ai Comuni, si tratterebbe di un passaggio di grande equità.

     

    Esce il consigliere Naldi.

     

    Il consigliere BERNARDINI concorda. Dice che il criterio dell’anzianità di residenza ha anche natura sociale, andando a riconoscere chi ha un legame importante col territorio. Sull’anzianità di permanenza nella graduatoria si ricollega a quanto detto sull’emergenza abitativa da chi ha sostenuto l’emendamento per evidenziare che non si può negare il riconoscimento di un punteggio a chi, da anni, è in emergenza abitativa all’interno di liste di assegnazione. Manifesta l’intenzione, in caso di non approvazione dell’emendamento, di lasciare la seduta e di portare la protesta e i cittadini in Aula. Afferma che si tratta di una minaccia vera, perché si sta approvando un testo legislativo con norme che vanificano le regole esistenti.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI risponde che l’emendamento precedente, approvato, precisa semplicemente ciò che era già previsto dalla legge: i Comuni possono, nei loro regolamenti, prevedere gli interventi di emergenza abitativa. Evidenzia, infatti, che è giusto così, perché sono i Comuni che gestiscono l’emergenza sociale, hanno in carico i problemi dei cittadini, sono la prima frontiera diretta col bisogno e sono i proprietari degli alloggi pubblici. 

    Per quanto riguarda, invece, l’emendamento ora in discussione dice che se si vuole fare una battaglia di parte - per escludere gli extracomunitari – la si faccia, ma sottolinea che non si sta parlando di questo: la legge che si sta modificando non si occupa solo di questo aspetto. Ritiene sia sbagliato inserire questo emendamento perché questo tema non può essere relativo alla modifica della legge 24 del 2001, ma più propriamente all’atto amministrativo successivo. La discussione va fatta sull’attribuzione dei punteggi che è di competenza dei Comuni che, in quanto proprietari degli alloggi, hanno la facoltà di regolamentare. Esistono regolamenti comunali che hanno attribuito punteggi in base al requisito della residenza, per esempio: Piacenza, Parma, Fidenza, Forlì, Cesena, Reggio Emilia, Carpi, Cento. Su 52.928 assegnatari di alloggi pubblici risulta che i cittadini italiani sono 45.427, gli extracomunitari 585, gli extracomunitari europei 1432, gli altri extracomunitari 5454, con prevalenza di cittadini nati e residenti in Italia. Si tratta di dati relativi al 2011 e gli risulta che non ci siano stati cambiamenti rilevanti.

     

    Rientra il consigliere Naldi.  

     

    Il consigliere BERNARDINI sostiene che per Bologna i dati sono diversi.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI risponde che non esiste solo il comune di Bologna, ma che verificherà. Conclude dicendo di non essere favorevole all’accoglimento dell’emendamento Noè, ma di rimandare la discussione sull’argomento all’atto amministrativo successivo.

     

    La consigliera NOÈ ribatte che non si tratta di battaglie di parte ed è bene non farsi condizionare da certi aspetti che non sono entrati nei ragionamenti, ma rimanere sul tema. Sono stati citati alcuni Comuni che hanno regolamentato, ma proprio per questo vorrebbe, in sede di revisione della norma, un’omogeneità totale sul territorio regionale sul tema della casa. Apprezza che sia in aumento la sensibilità dei Comuni di dotarsi di criteri che vanno in questa direzione, ma c’è la necessità di non restare sordi alle esigenze di equità dei cittadini. Accenna al riguardo alla battaglia in Aula in sede di semplificazione in materia di edilizia laddove si è riusciti ad evitare l’applicazione degli oneri urbanistici a seguito del frazionamento degli immobili industriali: è contenta di questo risultato, ma non tutti i Comuni sono disposti ad accettare questa norma. Invita, in questo senso, per quanto riguarda la legge in esame, a non prendere tempo rinviando all’atto amministrativo, ma ad avere coraggio facendo scelte precise già nell’impianto normativo. Pensa che in questo momento sia necessario essere molto ricettivi delle richieste dei cittadini, perché garantire la priorità di accesso è un principio base – non una condizione soggettiva e oggettiva che un Comune può prevedere in funzione delle esigenze del suo territorio - e un atto dovuto.

     

    Il consigliere FAVIA dice che tutte le volte che si affronta una discussione sulle leggi e si cerca di entrare nel merito dei problemi ci si trova davanti un muro. Si è davanti a un federalismo dimezzato - tra Stato centrale e Comuni – dove solo su alcune cose trattate s’interviene veramente e si fanno leggi, piene di belle parole, che alla fine permettono ai Comuni di fare quello che vogliono. Crede che davanti all’effettiva emergenza abitativa si debba  fare qualcosa, ma si chiede se sia giusto ricorrere alle assegnazioni, con tutti i problemi che ciò comporta. Invita, come legislatori, a trovare un’altra soluzione ed avere coraggio, in quanto pensa che l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica non sia la soluzione idonea. In altri Paesi si lavora con il sistema degli “alberghi popolari”, intervenendo sulle situazioni temporanee, facendo entrare queste persone nelle liste. Ritiene che l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica non sia la soluzione più equa e che occorra analizzare la situazione e trovare delle soluzioni alternative, quella degli “alberghi popolari” è da costruire. Sull’emergenza abitativa e su come la possa applicare un Comune ritiene ci sia molta discrezionalità e, al riguardo, accenna alla commissione casa di un Comune, formata da consiglieri di vari partiti, che distribuiva alloggi popolari in modo discrezionale, senza intervento di tecnici o assistenti sociali. Questa cosa, che rappresenta una degenerazione del sistema, viene portata ad esempio per dire che occorre fare attenzione alle distorsioni che può portare questo sistema lasciato ai Comuni. 

     

    Il consigliere NALDI sperando di non fomentare la polemica, dal momento che il consigliere Favia è tornato all’emendamento precedente, ricorda che il caso accennato si riferisce al problema sollevato dall’assessore Amorosi, della Giunta Cofferati, a Bologna riguardo alla gestione politica delle emergenze abitative che aveva dato luogo a fenomeni di clientelismo. La verifica che venne fatta sui casi concreti portò a concludere che non ci fu illegittimità. Coglie l’occasione per aggiungere, inoltre, che in un anno ci furono molte assegnazioni per emergenze abitative perché bruciò una specie di albergo popolare dove vivevano molte famiglie in difficoltà. Sull’emendamento proposto dalla consigliera Noè dice di essere poco convinto, capisce l’esistenza del problema e che alcuni Comuni vogliano proteggere i loro cittadini, per i quali hanno costruito o ristrutturato alloggi popolari, mettendo una sorta di “barriera” per favorirli. Non crede, però, possa essere un criterio estensibile a tutti, perché ci può essere anche il Comune che intende comportarsi in maniera opposta.

     

    La consigliera MARANI dice che il tema del ruolo della legislazione regionale, sollevato dal consigliere Favia, è interessante perché in effetti ci sono dei principi che attengono ai compiti che ha la Regione e questioni che attengono alla relazione con le istituzioni locali, che crede non sia legata solo alla gerarchia degli atti che si producono, ma anche alla necessità di fare in modo che le leggi regionali rispettino i margini di autonomia degli enti locali, riuscendo anche a cogliere le problematiche che si muovono, per esempio, in una materia quale quella che si sta affrontando, assolutamente di competenza e conoscenza dei Comuni. Nella discussione di questa legge, dove si è voluto introdurre qualche principio che in qualche modo sfora in quello che dovrebbe essere un atto successivo – si riferisce all’emendamento approvato nella scorsa seduta sulla revisione dei parametri di reddito per la permanenza negli alloggi, che è un principio che dovrà legarsi con la regolamentazione dei canoni che è data da un atto amministrativo successivo - sono già stati sollevati una serie di problemi da parte degli enti locali che ne hanno messo in luce la complessità nelle applicazioni. Con riferimento all’emendamento invita, in ogni caso, a tenere presente la complessità di questo tema e che alcuni Comuni, nei loro regolamenti, hanno modificato le valutazioni rispetto al peso che ha la permanenza nelle graduatorie, dal punto di vista dei punteggi. E’ vero che il legislatore ha il dovere di cogliere le difformità a livello regionale, ponendole nelle sedi e nei modi giusti, ma inserire questo tema direttamente nella norma non è pertinente. Propone, quindi, dal momento che il problema esiste ed è stato affrontato da alcuni Comuni, di trovare uno strumento con il quale si possa porre anche ai Comuni questa problematica. Per recepire quello che è stato detto e un tema sul quale c’è attenzione e sensibilità da parte dei Comuni si potrebbe portare in sede di dibattito in Aula questa discussione, supportata da un atto che testimoni che questo tema dovrà essere affrontato nella successiva discussione sui canoni. Suggerisce che potrebbe essere tradotto in un ordine del giorno.

     

    Rientra il consigliere Bignami.

     

    La consigliera DONINI non nega l’esistenza del problema, ma ricorda che la legge deve valere per tutti i 348 comuni dell’Emilia-Romagna, che sono diversi per numero di abitanti, condizione sociale e geografica e c’è bisogno di fare in modo che i Comuni siano in grado, nella loro autonomia, e a fronte della responsabilità degli amministratori - salvaguardando anche la discussione sui territori, per non trasformarli in meri “ragionieri” – di cogliere la specificità del bisogno. Al riguardo porta l’esempio dei territori di media e alta montagna nel comprensorio cesenate, dove alcune amministrazioni hanno fatto una riflessione contraria a quella delle realtà dove c’è grande tensione abitativa, perché le problematiche sono diverse e c’è necessità di attrarre abitanti per garantire una quota di servizi, avendo anche disponibilità di alloggi popolari. I Comuni che hanno il problema dello spopolamento dei territori ed esigenze diverse rispetto a quelle che può avere una grande città non sono pochi in Regione e rispetto alla sommatoria delle politiche pubbliche chiedono di essere liberi di valutare. Richiama l’appropriatezza dello strumento e il tipo di ricaduta complessiva che questo ha sulle diverse realtà dei Comuni per confermare la valutazione positiva sull’impianto normativo complessivo e sulla proposta della collega Marani di un documento d’indirizzo da portare in Aula.

     

    La consigliera NOÈ ribadisce che si tratta di principi di democrazia ed equità, espressione di un’esigenza territoriale molto diffusa e, non a caso, il dibattito odierno riconosce già di per sé un’apertura – della quale è contenta – sulla necessità di affrontarlo e di approfondimento, sia come Risoluzione, che come atto di coraggio politico di farsene carico subito. Afferma che non si va a ledere la salvaguardia dell’autonomia di ogni singolo Comune, non è vero che non si ascolta la specificità di alcuni bisogni. Ripete che si tratta del riconoscimento di principi e non di condizioni soggettive o oggettive e che occorre avere il coraggio politico di ascoltare un messaggio.

    Ritiene che anche i codici verdi abbiano il diritto di essere visitati, non possono essere sempre superati dai codici rossi, con il rischio di rimanere sempre in lista d’attesa. Dice che, eventualmente, può portare in Aula l’emendamento sdoppiato, ma nutre dubbi  rispetto alla proposta della consigliera Marani. Al riguardo ricorda che il progetto di legge sulla riforma dell’ISEE da lei presentato nel 2008 non è mai stato preso in considerazione. Per questo non è molto convinta di una Risoluzione - giudicata un compromesso politico - invocando piuttosto il coraggio politico di affrontare il tema ora.  

     

    Il consigliere PARUOLO comprende l’esigenza di marcare una posizione di principio per segnalare un’idea di fondo, ma tende ad essere insofferente quando le dichiarazioni di principio non hanno risvolti pratici effettivi, perché in questo caso la presenza o l’assenza di questo emendamento non toglie la possibilità ai Comuni di decidere come vogliono.

     

    Il consigliere BERNARDINI dice che si può anche arrivare ad una posizione di mediazione, ma siccome in politica le enunciazioni di principio hanno un loro valore, ritiene ci siano tanti motivi per tenere ben ferma la proposta, magari declinandola come “possibilità” per i Comuni, considerato che alcuni già lo fanno. Crede, infatti, sia importante che la legge preveda almeno la facoltà di poter attribuire un punteggio, perché nella sua esperienza amministrativa, più di una volta, in due Comuni diversi si è sentito dire che non era possibile perché non previsto dalla legge regionale. Spiega al relatore che lavorare alla riforma della legge sull’edilizia residenziale pubblica è stato uno dei suoi obiettivi, da sempre, e che quanto detto prima non era una minaccia, ma che pensa di portare concretamente in Aula un gran numero di persone per fare una gran confusione. Ritiene questa revisione della legge, non solo non migliorativa, ma addirittura lesiva di chi ha veramente bisogno di una casa.

     

    Il consigliere PARUOLO riferendosi a quanto detto dal consigliere Bernardini sulla necessità della previsione in legge dice che sarebbe sufficiente un’interrogazione sull’argomento da parte di un consigliere all’assessore. L’assessore certamente risponderebbe che sta nell’autonomia dei Comuni prevedere che possano essere considerati criteri di questo genere e si avrebbe già la soluzione, a meno che lo scopo non sia quello di fare una gran confusione.

     

    Il consigliere BIGNAMI segnala che il PDL aveva presentato una proposta di legge che andava nella direzione contraria. Dovrebbe essere data la priorità alla cittadinanza e non alla residenza e ad eventuali obiezioni di incostituzionalità si potrebbe ovviare con l’indicazione di un criterio di proporzionalità in base al numero di residenti non comunitari che facciano richiesta. Dice di non avere interesse a partecipare alla stesura di una legge lontana dal punto di partenza del Gruppo che rappresenta e dalle esigenze di approdo che dovrebbero governare il settore, ma di sostenere le proposte della minoranza appena illustrate, ritenute migliorative. 

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI ribadisce quanto detto nel precedente intervento. Appoggia la proposta della collega Marani, corretta dal punto di vista tecnico-legislativo e anche politico. L’inserimento in legge sarebbe una forzatura e, per come si è svolta la discussione, diventerebbe una “bandiera da sventolare”. Le manifestazioni si possono sempre fare, ma è chiaro che non si potrà dire che con questo provvedimento si introduce una discriminazione, oppure si nega la possibilità di assumere il dato della residenza come un requisito. Non si sta facendo questo e se qualcuno intende mobilitare la piazza su tale argomento ingannerebbe quelli che porta alla manifestazione. La volontà politica si esprime attraverso gli atti, in questo caso un atto di indirizzo che tenga conto di quanto emerso dalla discussione in commissione. Ribadisce che sono i Comuni i proprietari delle case e non la Regione e se il problema è la mancata applicazione delle norme in alcune realtà, si va a verificare dove e perché questo avviene, cosa che si può sempre fare. In ogni caso è costume politico ed amministrativo di questa Regione cooperare con il sistema degli enti locali e su questa legge, proposta dalla Giunta, si è fatta con i comuni un’ampia concertazione e si farà altrettanto con il successivo atto di indirizzo. Questo è il principio del federalismo in Emilia-Romagna dove il sistema di cooperazione istituzionale è un punto di forza e ritiene che non debba essere messo in discussione con atti che lo vanno a contraddire.

     

    Esce il consigliere Favia.

     

    Non essendoci altre richieste d’intervento il presidente ZOFFOLI mette in votazione l’emendamento n. 33 all’art. 21.

     

    La Commissione respinge l’emendamento n. 33 all’art. 21 con 26 voti contrari (Pd, FdS, SEL), 11 a favore (UdC, PdL, LN) e nessun contrario.

     

    Il consigliere BERNARDINI dichiara che la Lega Nord abbandona i lavori della Commissione.

     

    Escono i consiglieri Manfredini e Bernardini.

     

    Il presidente ZOFFOLI prende atto con dispiacere della decisione della Lega Nord e prosegue con gli emendamenti nn. 27, 5 e 27bis.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI spiega che questi emendamenti recepiscono alcune richieste avanzate dalla organizzazioni sindacali. Nel caso dell’emendamento 5 si richiama il concetto di organizzazioni sindacali “maggiormente rappresentative”; l’emendamento 27bis invece sostituisce “sentite le parti” con “previo confronto con le parti sociali” per dare più peso al ruolo della relazione sindacale.

     

    Non essendoci altre richieste d’intervento il presidente ZOFFOLI mette in votazione gli emendamenti nn. 27, 5 e 27bis all’art. 21.

     

    La Commissione approva, con distinte votazioni di identico risultato, gli emendamenti nn. 27, 5 e 27bis all’art. 21 con 26 voti a favore (Pd, FdS, SEL), 1 astenuti (UdC) e 6 contrari (PdL).

     

    Rientra il consigliere Favia.

     

    Il presidente ZOFFOLI mette in votazione l’art. 21 come emendato.

     

    La Commissione approva l’art. 21, come emendato, con 26 voti a favore (Pd, FdS, SEL), 9 contrari (Misto, PdL) e 1 astenuto (UdC), nel seguente testo:

     

    Art. 21

    Sostituzione dell’articolo 25 della legge regionale n. 24 del 2001

     

    1. L’articolo 25 della legge regionale n. 24 del 2001 è sostituito dal seguente:

     

    “Art. 25

    Disciplina delle assegnazioni e gestione

     

    1. Il comune assegna gli alloggi di erp su istanza degli interessati, con una delle seguenti modalità:

     

    a) il concorso pubblico, da emanarsi anche per ambiti sovracomunali;

     

    b) la formazione di una graduatoria aperta, secondo quanto previsto dal comma 5.

     

    2. Non possono essere assegnatari di un alloggio di erp gli occupanti abusivi di un alloggio di erp, nonché coloro che hanno rilasciato l’alloggio occupato abusivamente, per un periodo di dieci anni dalla data del rilascio.

     

    3. Il comune provvede con apposito regolamento alla individuazione della modalità di assegnazione degli alloggi, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, disciplinando in particolare:

     

    a) i contenuti della domanda e le modalità di presentazione della stessa;

     

    b) i criteri di priorità per l'assegnazione ed i relativi punteggi da attribuire alle domande in relazione alle condizioni soggettive ed oggettive dei nuclei richiedenti, fermo restando il divieto di prevedere ulteriori o diversi requisiti rispetto a quelli definiti ai sensi dell’articolo 15, commi 1 e 2;

     

    c) il contenuto del bando e le forme di pubblicizzazione dello stesso, ove si opti per l'assegnazione mediante concorso pubblico;

     

    d) il procedimento di formazione e pubblicazione della graduatoria e le modalità di aggiornamento della stessa;

     

    e) le forme di assegnazione degli alloggi, tra cui l'istituzione di apposite commissioni per la formazione delle graduatorie di assegnazione;

     

    f) le modalità di modificazione o integrazione della domanda al mutare delle condizioni soggettive ed oggettive;

     

    g) le modalità di individuazione dell'alloggio, con particolare riguardo alla scelta, alla consegna, alla rinuncia ed ai termini per l'occupazione;

     

    h) le assegnazioni in deroga alla graduatoria nelle situazioni di emergenza abitativa.

     

    4. I criteri di cui al comma 3, lettera b), sono definiti dal comune, previo confronto con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

     

    5. Qualora il comune non si avvalga della procedura del bando di concorso pubblico di cui al comma 1, lettera a), le domande di assegnazione sono inserite, in base ai punteggi attribuiti, in una graduatoria aperta, aggiornata con cadenza periodica. Gli alloggi disponibili sono assegnati dal comune secondo l'ordine stabilito nella graduatoria, come risulta a seguito dell'ultimo aggiornamento.

     

    6. Nella scelta dell'alloggio da assegnare ai richiedenti collocati in posizione utile, il comune persegue l'obiettivo della razionalizzazione dell'uso del patrimonio pubblico e del soddisfacimento delle esigenze abitative del nucleo avente diritto, in rapporto alla sua composizione e preferenza.

     

    7. Il regolamento di cui al comma 3 stabilisce anche il termine entro il quale l’assegnatario deve comunicare l’accettazione dell’assegnazione e dell’occupazione dell’alloggio, pena la decadenza dall’assegnazione stessa.

     

    8. Il regolamento di cui al comma 3 può anche inibire, per un determinato periodo di tempo, la partecipazione ai bandi per l’assegnazione degli alloggi di erp ai soggetti per i quali sia stata dichiarata la decadenza per i motivi di cui al comma 7.

     

    9. Il comune, previo confronto con le parti sociali, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, e sulla base dei criteri stabiliti con delibera dell’Assemblea legislativa, disciplina con appositi regolamenti:

     

    a) le modalità d'uso degli alloggi e delle parti comuni;

     

    b) la ripartizione degli oneri tra l'ente gestore e gli assegnatari;

     

    c) l'autogestione dei servizi accessori e degli spazi comuni, la convocazione e gestione dell'assemblea annua degli assegnatari;

     

    d) la durata e le modalità di attuazione della ospitabilità;

     

    e) le modalità di accertamento e di contestazione delle violazioni ai regolamenti.

     

    10. Il comune, nel caso in cui proceda all'assegnazione di alloggi a persone che abbisognano di assistenza sanitaria e sociale ovvero constati la loro presenza negli stessi, predispone, d'intesa con il soggetto gestore, appositi progetti di sostegno al nucleo avente diritto e di intervento per attenuare le eventuali situazioni di disagio anche per gli altri assegnatari.

     

    11. Il comune, al fine di prevenire l’insorgere di conflitto e di tensione nei rapporti di convivenza tra gli assegnatari degli alloggi, promuove funzioni ed attività di mediazione sociale.

     

    12. Le opere di miglioramento realizzate dall'assegnatario con il consenso del comune o del soggetto gestore a ciò delegato, danno diritto ad indennizzo, secondo quanto previsto dal regolamento comunale. L'indennizzo è di norma compensato con le somme dovute dall'assegnatario nel corso del rapporto di locazione ovvero, su sua richiesta, è liquidato all'atto del rilascio dell'alloggio.””.

     

     

    Si passa all’ art. 22 (Sostituzione dell’articolo 27 della legge regionale n. 24 del 2001), sul quale insistono gli emendamenti nn. 6 e 7 del relatore.

     

    EMENDAMENTO N. 6 RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    Il primo periodo del comma 1 dell’articolo 27 è sostituito dal seguente:

    “I componenti del nucleo originario, purché stabilmente conviventi, subentrano di diritto nella titolarità del contratto di locazione in caso di decesso dell’assegnatario, di abbandono dell’alloggio, nonché nel caso previsto dall’articolo 30, comma 6 bis.”;

     

    EMENDAMENTO N. 7 RELATORE CONSIGLIERE MAZZOTTI

    Al secondo periodo del comma 1 dell’articolo 27, la parola “disabili” è sostituita dalle seguenti parole: “con grado di invalidità accertata pari o superiore al 66 per cento”.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI cede la parola alla dott.ssa Lumbrici per la spiegazione dei contenuti tecnici dell’emendamento.

     

    La dott.ssa LUMBRICI precisa che l’aggiunta dell’inciso “nonché nel caso previsto dall’art. 30 comma 6bis” regolamenta l’ipotesi dei casi di violenza e maltrattamento all’interno dell’alloggio. In questo caso il soggetto che commette violenza decade dall’assegnazione, ma ai componenti del nucleo (moglie, figli, convivente ecc.), viene garantita la possibilità di rimanere nell’alloggio. I componenti del nucleo, anche in questa ipotesi, hanno diritto di subentrare nel contratto di locazione.

     

    Il consigliere NALDI pone un problema legato all’uso dell’espressione “more uxorio” e al fatto che nella prima formulazione c’era scritto “i componenti del nucleo aventi diritto”, mentre nell’emendamento si parla di “nucleo originario”. Ritiene che la nuova formulazione proposta rischi di essere contraddittoria con l’art. 48 della legge finanziaria del 2009 “Parità di accesso ai servizi”, nella quale si andava oltre alla convivenza more uxorio e si legittimavano per l’accesso ai diritti le persone che convivevano, anche non more uxorio.

     

    Il consigliere FAVIA pone il caso pratico di una persona che sta uscendo dai criteri di reddito con un figlio o un convivente che invece ha di per sé un reddito che ancora può rientrare in questa tipologia, chiedendo se, prima che scattino le modalità per cui non è più idoneo all’assegnazione, possa abbandonare l’alloggio e lasciarlo a quel singolo componente.

    Nelle segnalazioni che gli sono state fatte ha riscontrato l’esistenza di una tendenza ad abusare delle modalità del subentro e di permanenza negli alloggi. Occorre porsi questo tema per evitare che questa norma, giusta in linea di principio, consenta a chi vuole fare il furbo di mantenere un diritto che non gli spetta più. La fame di alloggi è altissima e purtroppo fuori ci sono molte persone in lista di attesa che stanno peggio di quelli che sono dentro.

     

    Il consigliere BIGNAMI chiede di sapere dai tecnici come si qualifichi sul piano del diritto l’istituto giuridico della convivenza “more uxorio”, che garantisce il subentro, ad esempio per sapere se comprende anche le convivenze tra persone dello stesso sesso.

    Sulla definizione di “more uxorio” ricorda che i detenuti non possono vedere coloro che hanno situazioni di convivenza “more uxorio” perché manca un titolo giuridico di riconoscimento e nemmeno le persone a lungo conviventi, anche nel caso dei caduti delle missioni militari di pace, non hanno diritto agli assegni di sostegno - quando vengono erogati - e la giurisprudenza si è manifestata molto restrittiva su questo aspetto.

    Vorrebbe quindi capire quale sia la figura giuridica, non giurisprudenziale. Non c’è: mettere nelle legge una figura giuridica che non c’è introduce una serie di complicazioni. Per more uxorio – lo dice anticipando il tema di merito - si può intendere conviventi dello stesso sesso oppure interpretare “uxorio” in maniera restrittiva e quindi riferirsi al fatto che c’è solo una “moglie” e quindi non due mogli o due mariti.

    Crede che una norma faticosa ma che cerchi di affrontare temi tutto sommato legittimi, rischi di essere inficiata dall’introduzione e dalla contaminazione di figure che in realtà non esistono nel nostro diritto.

     

    La consigliera DONINI ritiene che i temi e le domande poste dai colleghi Naldi e Bignami debbano avere una risposta. Il riferimento del consigliere Naldi alla norma antidiscriminatoria contenuta nella legge finanziaria 2009 fa riferimento al Regolamento anagrafico ed utilizzava come fonte di diritto la definizione di “famiglia anagrafica” ivi contenuta. Per “famiglia anagrafica” s’intendono gli appartenenti ad un nucleo sancito dallo stato di famiglia e in questo caso le relazioni sono di ogni tipo. Lì fu trovata questa soluzione; l’espressione “more uxorio” invece è relativa ad un’unica tipologia di famiglia anagrafica, senza tenere conto delle altre possibili, e per questo crede che meriterebbe un approfondimento.

     

    Esce il consigliere Ferrari.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI afferma che, dal punto di vista giuridico, l’espressione “more uxorio” venne introdotta nel 2001 dalla famosa legge Rivola e all’epoca suscitò una serie notevole di discussioni. Veniva qui ribadito che per poter accedere agli alloggi di edilizia residenziale pubblica non era necessario essere sposati. Su questo, comunque, si può chiedere un approfondimento giuridico.

    Sulla domanda posta dal consigliere Naldi in merito all’introduzione dell’espressione “altre forme di stabilità e convivenza”, dice che si tratta di una specifica richiesta di ACER per limitare e regolare delle situazioni di fatto che si determinano in presenza di casi particolari, ad esempio: la badante con l’anziano, il nipote dell’ultimo momento, cioè situazioni che determinano e rendono “perpetua” l’assegnazione. Non gli sembra che introduca una discriminazione. Il senso era quello di evitare il determinarsi di situazioni di fatto che diventano, alla fine, un privilegio.

    Cede poi la parola a Lumbrici per una risposta tecnica alla domanda del consigliere Favia.

     

    Rientra il consigliere Ferrari.

     

    Il consigliere FAVIA ribatte che per il tema posto vuole una risposta “politica” da parte del relatore e non “tecnica”. Ritiene che, considerata l’insufficienza di case di edilizia residenziale pubblica, la norma fossilizzi le situazioni delle persone che sono già dentro e che hanno redditi, non da ricchi, ma neanche da persone in un’emergenza abitativa. Afferma che queste norme consentono a chi vuol fare il furbo di continuare a tenere la casa “per eredità” e crede che una riflessione – considerato il numero di persone che sono fuori - vada fatta proprio per liberare alloggi da mettere a disposizione di chi ne ha più bisogno.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI risponde che la norma è abbastanza chiara sui casi in cui scatta il diritto al subentro a seguito di matrimonio: se una persona assegnataria di alloggio di edilizia residenziale pubblica si sposa non esce ma viene ricalcolata la situazione sommando i due redditi e se c’è un miglioramento si determina l’aumento del canone o, nel caso diventi molto alta, anche la decadenza. Esistono, poi, tutta una serie di fattispecie: la convivenza “more uxorio”, nascita, ricongiungimento ecc. che ritiene siano corrette.

     

    Il consigliere FAVIA con riferimento all’abbandono dell’alloggio fa l’esempio di un figlio di 23 anni che ha, per ereditarietà, l’accesso ad una situazione estremamente conveniente scavalcando persone che hanno una situazione di crisi e che non riescono ad avere accesso alla graduatoria. A suo parere quell’alloggio dovrebbe tornare nella disponibilità di chi ne ha bisogno. Se si valutano le situazioni oggettive delle persone, si devono rispettare quelle che sono dentro e quelle che sono fuori, per cui non dice di mandare fuori, ma che se un soggetto titolare dell’alloggio decide di abbandonarlo, si dovrebbe azzerare la situazione e i figli dovrebbero partecipare alla graduatoria come gli altri.  

     

    La consigliera DONINI precisa che la norma parla di: convivente col titolare da almeno due anni e che abbandono dell’alloggio è riferito al fatto che se ne vanno con l’amante.

     

    Il consigliere FAVIA dice che questa norma non interviene solo su quella situazione, questa è assolutamente un’ipotesi.

     

    Il consigliere relatore MAZZOTTI ricorda di avere ritirato un emendamento sul tema la scorsa seduta.

     

    La consigliera NOÈ vorrebbe capire, rispetto all’impostazione di questo articolo, dove rientri il caso specifico, l’ipotesi di un figlio – già indicata nella scorsa seduta - temporaneamente disoccupato, che entra temporaneamente nel nucleo familiare della madre anziana assegnataria di alloggio di edilizia residenziale pubblica. Ricorda lo sforzo che era stato fatto la volta precedente però non capisce e si ritrova adesso una norma che non comprende questo caso. Chiede se possa rientrarvi.

     

    Il consigliere relatore MAZZOTTI risponde che in questo caso non ha diritto al subentro, un conto è l’ospitalità un conto il diritto al subentro.

     

    Alla consigliera NOÈ sembra un po’ anomalo che, se c’è una mamma che ospita con sé un figlio, questo non possa subentrare tra i componenti del nucleo. 

     

    Il presidente ZOFFOLI è per sentire una specifica tecnica.

     

    La dott.sa LUMBRICI spiega che nella nuova formulazione di questo testo, che regola le ipotesi di subentro, se un figlio per esempio cinquantenne, va a vivere con la madre anziana per una serie di motivi che in questa sede non sono rilevanti, in quel caso è chiaro che può vivere lì, ma nel momento in cui questa muore il figlio non ha diritto al subentro. E’ stata una modifica voluta politicamente, non tecnicamente, per evitare, ad esempio, che il nipote che prende la residenza con il nonno “erediti”, poi è chiaro che vi sono situazioni giuste e ingiuste che vengono comprese, ma questo purtroppo non si può filtrare.

     

    La consigliera NOÈ ricorda che questo passaggio era sorto in funzione del fatto che - stando alla normativa precedente - quando un figlio entrava nel nucleo, questo gli avrebbe pregiudicato l’opportunità, un domani, qualora si fossero verificate le condizioni economiche, di poter fare la domanda di un altro alloggio popolare. Questa impostazione normativa escludeva che un componente potesse chiedere l’assegnazione di un altro alloggio e quindi si era detto di levarla. Ritiene, però, che si debba compiere uno sforzo ulteriore per cercare di capire che la situazione così com’è è un po’ anomala e che eventualmente si deve riconoscere che un componente di un alloggio può fare domanda.

     

    La dott.sa LUMBRICI spiega che, come componente del nucleo, può fare domanda di alloggio di edilizia residenziale pubblica, in quanto è stato tolto l’emendamento che negava questa possibilità.

     

    La consigliera NOÈ ritiene che allora si possa lasciare che se una persona va a vivere con la madre entra a far parte anche dello stato di famiglia dei componenti del nucleo.

     

    La dott.sa LUMBRICI spiega che è un componente e può fare domanda di un altro alloggio, ma altro è il subentro cioè l’automatismo. Sono due cose diverse: una cosa come figlia che vive con sua madre in un alloggio di edilizia residenziale pubblica fare domanda per un alloggio di edilizia residenziale pubblica, un’altra, entrare in una graduatoria dove si confronta con altri soggetti. Diverso è dire che siccome è figlia di un genitore assegnatario che muore subentra automaticamente.

     

    La consigliera NOÈ non capisce come si possa sostenere l’impossibilità di sub ingresso a un figlio e lo si possa riconoscere a un convivente more uxorio, perché si entra in un altro passaggio un po’ troppo forte. Chiede come può essere che un figlio che va a vivere con sua madre, che purtroppo poi muore, non possa rimanere e sia tenuto ad andare via da quell’alloggio.

     

    Per la dott.sa LUMBRICI questa è una questione decisamente politica e non tecnica.

     

    La consigliera NOÈ, allora, invita ad una discussione politica sul punto. Se un figlio convivente con un genitore non può entrare a far parte dei componenti del nucleo, e se questo genitore viene meno non può rivendicare la permanenza dentro quell’alloggio, non è chiaro come possa essere riconosciuto questo diritto ad una persona che può, stante il comma 2, averne fatto comunicazione al Comune almeno due anni prima della richiesta del subentro. Il fatto che un amico sì e un figlio no le sembra che non regga. Pensa che forse si è precedentemente risolto il problema di chi è dentro e può presentare domanda, ma che non vada creata una discriminazione d’accesso nel sub ingresso.

     

    Il consigliere FAVIA osserva che probabilmente non c’è risposta e la disuguaglianza di cui parlava la consigliera Noe’ c’è. Queste modalità, a suo parere, andrebbero applicate anche agli altri casi, magari con un livello d’attenzione maggiore, perché come dice la consigliera Donini se in una coppia, il cui titolare assegnatario è uno dei due coniugi che abbandona e va via con l’amante, è chiaro che in questo caso è il nucleo familiare che si deve tutelare. Ritiene che la Commissione su questo passaggio, che è uno dei temi più importanti, debba fermarsi a riflettere. Tendenzialmente quando viene abbandonato un alloggio da parte di chi ne è titolare i soggetti fanno richiesta e vanno in graduatoria e competono con tutti gli altri cittadini. Quindi, pur con le dovute cautele, come diceva la consigliera Donini, crede che si dovrebbero bloccare queste assegnazioni ora che si va ad intervenire sulla legge, per rimettere in discussione quelle che sono le reali urgenze oggi a livello di emergenza abitativa.

     

    Esce il consigliere Naldi.

     

    La consigliera MARANI capisce la delicatezza della questione, però la ratio di questi provvedimenti è assolutamente diversa. Il tema della convivenza di due anni tende a includere chi, al di fuori del matrimonio, ha una forma stabile di convivenza che in qualche modo è certificata dal fatto che abita stabilmente da oltre due anni con un’altra persona e, quindi, non va discriminato per il fatto di non essere regolarmente sposato. Si sa che l’istituto della convivenza è utilizzato da un’alta percentuale di persone e quindi si voleva trovare una modalità per disciplinare questo e fare in modo che non fosse discriminato chi non è sposato. Quindi si dice “stabili forme di convivenza” che vengano documentate e certificate con una dichiarazione all’anagrafe. Le modalità attraverso le quali vengono registrate le forme stabili di convivenza sono, poi, diverse a seconda di come si sono dotati i Comuni rispetto a questo. La questione è quella di disincentivare quei comportamenti che nel tempo hanno creato delle modalità di subentro ingannevoli. Si sa benissimo che non sono legate a due conviventi che in qualche modo hanno un loro riconoscimento, quanto piuttosto al caso, per esempio, del nipote che prende la residenza nell’alloggio del nonno morente tre giorni prima che il nonno muoia e automaticamente diventa titolare di quell’alloggio.

     

    Il consigliere BIGNAMI osserva che a Bologna occorrono quattro anni.

     

    Per la consigliera MARANI non è vero, prende la residenza quattro anni prima, ma non va a vivere concretamente lì: si conoscono tanti casi di questo tipo, c’è un letto e si dice che va a dormire lì, magari ogni tre mesi, e a quel punto diventa titolare dell’alloggio. Esistono tanti interventi giudiziali anche nel caso della badante che sposa il nonnino e che, di fatto, diventa titolare di quell’alloggio. Sono queste le casistiche.

     

    Il consigliere BIGNAMI rileva che ci sono le procedure di decadenza e chiede se la badante sia more uxorio, ricordando di aver fatto una domanda su cosa sia more uxorio e vuole una risposta prima di entrare nel merito.

    Si sta svolgendo un dibattito su una domanda che è ancora senza risposta.

     

    Esce il consigliere Paruolo.

     

    La consigliera NOÈ voleva semplicemente spiegare quale era il senso sul quale si è costruito questo tipo di provvedimento. Anche quello che dice la consigliera Noe’ sul figlio che ha una condizione temporanea difficile e chiede di andare a vivere nella casa del genitore assegnatario di un alloggio. Può andare come figlio a vivere per quattro anni per un’ospitalità comunque che gli consenta di uscire dalla propria condizione di difficoltà perché non è che ci voglia andare perennemente, abitava già fuori. Precisa che è molto diversa la condizione di un nucleo familiare nel quale convivano in un alloggio pubblico padre, madre e figli che stanno lì assieme, da quella di un figlio che è fuori, si è fatto una sua vita, abita per i fatti suoi e per una qualunque contingenza della vita si trova nella necessità di aver bisogno di una casa e allora si può fare ospitare dalla famiglia.   

     

    La consigliera NOÈ rileva che ci sono anche i genitori che hanno bisogno del figlio perché non si possono permettere la badante.

     

    La consigliera MARANI ribatte che questo non significa avere diritto al subentro, ma solo la possibilità di stare con il padre o la madre per il periodo necessario ad un’ospitalità destinata ad un’attività di cura. Aggiunge che, da una parte si vuole evitare che qualcuno approfitti della possibilità del subentro per crearsi un diritto a vita, dall’altra si dice che c’è il caso che potrebbe avere bisogno di questo diritto a vita. Se si vogliono risolvere tutti e due i problemi si deve per forza arrivare ad una formula di compromesso come quella in esame che è di ridurre la casistica di quelli che acquisiscono un diritto a vita e di mantenerla per coloro per i quali invece questo è accettabile. …

     

    La consigliera NOÈ fa presente che in questo modo si favorisce la badante, rispetto al figlio.

     

    La consigliera MARANI ritiene che non sia così, perché il fatto che si dica che è necessaria un’attestazione della condizione di convivenza di due anni è una modalità proprio per disincentivare quelle che sono altre forme.

     

    Per la consigliera NOÈ non è così in quanto è una semplice comunicazione, non viene richiesta nemmeno la residenza.

     

    Il presidente ZOFFOLI osserva che la legge in vigore prevede un periodo di almeno quattro anni, quindi chiede se la stessa comunicazione di cui si parlava prima qui si sia ridotta a due anni o se sia un’altra cosa.

     

    La dott.sa LUMBRICI risponde che è un’altra cosa. Per quanto riguarda la convivenza more uxorio precisa che in questo progetto di legge non si è modificato nulla rispetto alla legge esistente.

     

    Il consigliere BIGNAMI dice di manifestare le stesse perplessità che aveva allora.

     

    La dott.sa LUMBRICI afferma che non c’è stata un’estensione, però, per quanto attiene alla convivenza more uxorio proprio per il fatto che non esiste una definizione nel Codice civile, nella Costituzione, in una norma statale, l’art. 24, comma 4, della legge regionale attuale ne dà una definizione.

     

    Il consigliere BIGNAMI osserva che sono due nature giuridiche diverse quelle del more uxorio e nucleo di persone non legate: è il “nonché” che le divide e chiede di dare lettura della norma.

     

    La dott.sa LUMBRICI prosegue dicendo che l’art. 27 che parla del subentro si riferisce alla stabile convivenza more uxorio e l’art. 24 comma 4 della L.R. 24 del 2001 recita:

    “4. Ai fini della presente legge per nucleo avente diritto si intende anche quello fondato sulla stabile convivenza more uxorio, nonché il nucleo di persone anche non legate da vincoli di parentela o affinità qualora la convivenza abbia carattere di stabilità e sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale. Tale forma di convivenza deve, ai fini dell'inclusione economica e normativa del nucleo, essere stata instaurata almeno due anni prima della data di presentazione della domanda di assegnazione ed essere comprovata mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.”

    Ora, in base all’emendamento apportato all’art. 27, in effetti le persone che convivono stabilmente, ma non sono legate e non si qualificano come more uxorio, ma c’è una convivenza diversa, non hanno diritto al subentro.

     

    Al consigliere BIGNAMI sfugge quale sia la diversità che sussiste fra “more uxorio” e il nucleo, poiché si dice “nonché il nucleo” e non “cioè”, quindi è un’altra figura giuridica: quindi c’è “more uxorio” poi c’è il “nucleo di persone” anche non legate da vincoli di parentela o affinità qualora la convivenza abbia carattere di stabilità e sia finalizzata al reciproco sostegno morale e materiale.

    Nella sua concezione more uxorio significa persone che vanno al cinema assieme, si tengono per mano, fanno dei figli, in quella di altri no, poi se si dice “nucleo di persone anche non legato da vincoli di parentela”, si presuppone che la regola sia “legate da vincoli di parentela” quindi è smentito ciò che si diceva pocanzi che è una scelta politica, ma si tratta di una scelta confusa.

    Non riesce a comprendere la distinzione che sussiste nelle gradazioni di grigio fra more uxorio e il nucleo di persone legate e non legate da vincoli di parentela: i figli, i minori, o gli affini: il cognato, il consuocero, il genero, che tornano a casa per aiutare qualora la convivenza abbia carattere di stabilità o sia finalizzata a questo. E’ una norma che in diritto si definisce “norma di chiusura” cioè vale a dire copro tutto, tutto ciò che mi sfugge è coperto da questa. Visto che le leggi teoricamente devono risolvere i problemi e non crearli, vorrebbe capire la distinzione che sussiste tra la figura giuridica del more uxorio di natura giurisprudenziale, e quindi in costante e continuo aggiornamento, e questa definizione in cui si interviene, senza sovrapporle perché è giusto quello che veniva detto in rapporto al “nonché” in quanto sono due figure distinte e, soprattutto, come si spiega questo in rapporto alle risposte appena date alla collega Noè che ha posto dei temi condivisibili.

     

    La dott.sa LUMBRICI precisa che tale forma di convivenza deve essere comprovata mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Il comma 4 dell’art. 24 della L.R. 24 del 2001 e poi l’art. 27 dicono anche che il Comune fa gli accertamenti.

     

    Al consigliere BIGNAMI rimane il dubbio su more uxorio che non c’è neanche nel registro anagrafico.

     

    Il presidente ZOFFOLI, riguardo al metodo di lavoro, considerato che mancano una decina di minuti alle ore 13, precisa che all’oggetto andrà sicuramente dedicata un’altra seduta. Al momento si deve capire se si è in condizione di giungere a capo su questo punto o se si rinvia alla prossima seduta.

     

    Il relatore consigliere MAZZOTTI dice che la questione dovrebbe, a questo punto, essere affrontata in Aula.

     

    Il consigliere BIGNAMI vorrebbe sapere cos’è more uxorio sul piano del diritto.

     

    L’arch. ZANELLI non è in grado di rispondere in termini di diritto, ma aggiunge una osservazione di buon senso riguardo alla formulazione dell’art. 24 della L.R. 24 del 2001 che fu frutto evidente di una serie di discussioni e di compromessi che determinarono una definizione costruita ai fini della presente legge. Rispetto a quella definizione ora non si è cambiato nulla ed è evidente che si rimane nell’ambito di quella specie di costruzione che forse non risponde dal punto di vista giuridico. A questo punto o si cambia la definizione e si introduce quindi l’emendamento su un articolo già approvato, oppure tutto il criterio che fin qui è stato portato avanti sulla discussione della modifica dell’art. 27 della L.R. 24/2001 non trova soluzione.

     

    Il consigliere BIGNAMI ringrazia per lo sforzo, non dubita che non sia cambiato l’articolo, ma è cambiato il mondo. Ricorda che per more uxorio – c’è giurisprudenza sul punto - nel 2001 si intendeva la convivenza stabile tra un uomo e una donna che non aveva portato ad una scelta di matrimonio, mentre in questi dodici anni è cambiato il mondo e la legge deve adattarsi a questo cambiamento. Oggi, secondo quanto emerge da qualche sentenza, more uxorio ha un significato potenzialmente diverso da quello precedente, per cui vorrebbe capire - visto che c’è appunto una disciplina diversa tra le varie figure in quanto more uxorio è una cosa e convivenza stabile è un’altra – come è cambiata la legge rispetto al mondo che cambia e chiede ai tecnici di avere una definizione in ordine al concetto di more uxorio per agganciare quella figura a una definizione non suscettibile di contaminazione giurisprudenziale - che normalmente arriva dalla Cassazione - per evitare interferenze della Magistratura nella scrittura delle leggi, cosa che tendenzialmente non vede con favore. Se le Sezioni unite della Cassazione escono con una sentenza in cui si dice che per more uxorio si intende anche la convivenza tra persone dello stesso sesso, sarà contenta la sinistra, ma non lui perché per more uxorio si intende qualcosa che quando l’ha votato non si intendeva. Nel 2001 questo dubbio non sussisteva, oggi è fondato, per cui agganciare ad un atto di natura tecnica la definizione comporta una battaglia politica che tra l’altro estende anche su altri punti. Preannuncia la presentazione di emendamenti in Aula. Riguardo alla convivenza, quando si parla della necessità della sussistenza di condizioni di bisogno oggettivamente accertate – al terzo comma – non è convinto perché oggettivamente detto, ma non scritto, cioè non definito, diventa soggettivo. Dice questo in quanto a tale passaggio sono correlati e discendono effetti su cui vorrebbe presidiare con una definizione giuridica quanto più chiara possibile. Gli si può anche rispondere che si vuole tenere aperta la definizione proprio perché così è sottoposta alle contaminazioni e lui farà la sua battaglia politica, ma prima vorrebbe sgombrare il campo dal dubbio che non si sta parlando di nulla che esiste nel diritto e se non esiste nulla nel diritto questa non è una legge, ma un’altra cosa che poi si troverà il modo di definire.

     

    Il consigliere CASADEI non sa se riuscirà a chiarire quello che è un nodo controverso, sia dal punto di vista politico che giuridico, in quanto come ben sa il collega Bignami, il diritto non è sempre geometrico, ma spesso è problematico soprattutto quando cerca di fare i conti con processi che hanno a che fare col pluralismo. Qui si ha a che fare con un tema classico di riconoscimento possibile e aperto di forme di pluralismo che riguardano la convivenza. Pluralismo sono le forme di convivenza richiamate nella legge esistente, che affiancano alla convivenza stabile more uxorio altre forme di convivenza: nuclei di persone anche non legate da vincoli di parentela. Proporrebbe di inserire nell’art. 22 anziché il richiamo ai casi previsti nel successivo comma 2, un richiamo al già esistente comma 4:

    "a seguito di matrimonio e di tutte le altre forme di convivenza previste nel comma 4 dell’art. 24 della lr 24/01”. Se poi ci sarà anche in questo Paese - come lui auspica - una nuova configurazione del matrimonio si vedrà. Intanto si cerca di essere coerenti con una legge esistente e con un articolo già presente e che in qualche modo ha già affrontato il tema in maniera puntuale. La nozione di more uxorio è controversa per cui si sta proponendo di togliere quella espressione e di affiancare a matrimonio tutte le altre forme di convivenza presenti nel comma 4. In questo modo si è più chiari e si lascia aperta la possibilità di identificare queste forme di pluralismo già riconosciute da un punto di vista politico e già normate in questa Regione.

     

    Anche il consigliera FAVIA auspica che questo Paese riveda tutte le norme sulle unioni civili, però all’oggi si rischia di fare un pasticcio in quanto la proposta del consigliere Casadei non è percorribile e non lo è perché, in primis, nel comma 4 dell’art. 24 si ragiona su chi può stare dentro la casa, qui invece si ragiona su un beneficio diverso che è quello di subentrare nell’assegnazione, quindi si tratta di due tipologie diverse. Se si applica il comma 4 come dice Casadei, cade tutto quello che è stato messo nella legge, come ad esempio il caso del figlio portato dalla consigliera Noè. A quel punto chiunque può entrare nella categoria del comma 4: dai coinquilini agli amici, si dice assistenza morale e materiale quindi vuol dire mettere dentro tutti. Si augura che l’approvazione dell’articolo avvenga nella prossima seduta e che si ragioni nel complesso della legge anche perché il tema del more uxorio tecnicamente/letteralmente significava come di fatto fossero marito e moglie, poi ci sono delle sentenze. Capisce che all’epoca ci fu un compromesso, ma come legislatori si deve essere rigorosi soprattutto sulle definizioni, per non lasciare che altri interpretino la legge e che siano poi le sentenze, e non la politica, a decidere chi possa subentrare e chi no. Crede che non si debba derogare alle sentenze un compito e una responsabilità che è del legislatore.

     

    Il presidente ZOFFOLI chiude la seduta alle ore 13.

     

     

    Approvato nella seduta del 28 novembre 2013.

     

     

     

     

    La Segretaria

    Il Presidente

    Samuela Fiorini

    Damiano Zoffoli

     

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