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16.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 5 MAGGIO 2015

 

(ANTIMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SONCINI

 

INDI DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è raggiungibile dalla Ricerca oggetti

 

OGGETTO 567

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno trasferire - ai sensi della L.R. 32/1998 - la concessione del giacimento di acque termominerali "Terme di Porretta" all'amministrazione comunale. A firma del Consigliere: Taruffi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Soncini)

TARUFFI (SEL)

ROSSI Andrea, sottosegretario alla Presidenza

TARUFFI (SEL)

 

OGGETTO 564

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere quale orientamento la Giunta intenda adottare rispetto all'impiego di tecniche analoghe al c.d. fracking eventualmente impiegate nel nostro territorio. A firma del Consigliere: Bignami

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Soncini)

BIGNAMI (FI)

ROSSI Andrea, sottosegretario alla Presidenza

BIGNAMI (FI)

 

OGGETTO 568

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se il taglio dei convogli regionali, coincidenti con l’inserimento del nuovo convoglio per l’Expo 2015, sia stato concordato o sia frutto di decisioni unilaterali di Trenitalia. A firma del Consigliere: Sassi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Soncini)

SASSI (M5S)

DONINI, assessore

SASSI (M5S)

 

OGGETTO 569

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se la Regione intenda sospendere il rapporto di affidamento/contratto con la CPL Concordia per la realizzazione del Business Continuity del Ced nella sede regionale di Viale della Fiera n. 6-8. A firma del Consigliere: Bargi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Soncini)

BARGI (LN)

PETITTI, assessore

BARGI (LN)

 

OGGETTO 570

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula in merito al pacchetto formativo sulle relazioni e sulla sessualità rivolto ai preadolescenti, composto da rivista per studenti e manuale per l’adulto e da portale Giochi da ragazzi (da ricercare sul sito www.ausl.bologna.it) denominato "W L'AMORE". A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Soncini)

FOTI (FdI)

VENTURI, assessore

FOTI (FdI)

 

OGGETTO 530

Comunicazione della Giunta sul settore lattiero-caseario.

(Discussione)

OGGETTO 171

Interpellanza circa il conseguimento dell'effettiva uniformità degli oneri dei servizi fitosanitari richiesti dai relativi consorzi agli agricoltori. A firma dei Consiglieri: Foti, Rancan, Rainieri, Delmonte, Bargi

(Assorbita dalla discussione)

OGGETTO 307

Interpellanza circa la situazione relativa al "Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano". A firma dei Consiglieri: Rainieri, Fabbri, Delmonte, Bargi, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

(Assorbita dalla discussione)

PRESIDENTE (Soncini)

CASELLI, assessore

PRESIDENTE (Saliera)

RAINIERI (LN)

SERRI (PD)

TORRI (SEL)

BERTANI (M5S)

 

OGGETTO 393

Delibera: «Quantificazione dei gettoni e rimborsi per le attività svolte dalla Consulta di Garanzia statutaria, ai sensi dell’articolo 6 della L.R. 4 dicembre 2007 n. 23. Modifiche alla deliberazione assembleare n. 104 del 16 gennaio 2013.» (Delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 32 del 25 marzo 2015) (12)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

MOLINARI (PD)

FOTI (FdI)

BERTANI (M5S)

DELMONTE (LN)

 

OGGETTO 426

Delibera: «Programma regionale di investimenti in sanità ex art. 36 L.R. 38/2002. Intervento di “Acquisizione di tecnologie sanitarie ed informatiche” – Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna.» (Proposta della Giunta regionale in data 31 marzo 2015, n. 327) (13)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

PARUOLO (PD)

SENSOLI (M5S)

MARCHETTI Daniele (LN)

 

OGGETTO 516

Relazione annuale sull’attività svolta dal Difensore Civico della Regione Emilia-Romagna nell’anno 2014 (ai sensi della L.R. 16 dicembre 2003 n. 25, art. 11).

PRESIDENTE (Saliera)

GARDINI Gianluca, Difensore civico

PRESIDENTE (Saliera)

 

OGGETTO 517

Relazione sull'attività svolta dal Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza nell'anno 2014 (ai sensi della L.R. 17 febbraio 2005 n. 9, art. 11).

PRESIDENTE (Saliera)

FADIGA Luigi, Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza

PRESIDENTE (Saliera)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 426

Comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SONCINI

 

La seduta ha inizio alle ore 9,54

 

PRESIDENTE (Soncini): Dichiaro aperta la sedicesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna.

Hanno comunicato di non poter partecipare ai lavori della seduta i consiglieri Alleva, Bessi, Fabbri e gli assessori Bianchi e Corsini.

Le restanti informazioni prescritte dall'articolo 68 del Regolamento interno sono state già inviate a tutti i consiglieri e pertanto le do per lette.

 

(Le comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno sono riportate in allegato)

 

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Aula

 

OGGETTO 567

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno trasferire - ai sensi della L.R. 32/1998 - la concessione del giacimento di acque termominerali "Terme di Porretta" all'amministrazione comunale. A firma del Consigliere: Taruffi

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Soncini): Risponde per la Giunta il sottosegretario Rossi.

La parola al consigliere Taruffi per illustrare la sua interrogazione.

 

TARUFFI: Grazie, presidente. L'oggetto dell'interrogazione muove da una considerazione più generale che è quella relativa all'impostazione del sistema termale nella nostra Regione. Noi sappiamo che di fatto oggi esistono concessioni che vengono affidate in via praticamente monopolistica ai concessionari che hanno poi la gestione di un bene così importante come quello dell'acqua termale per periodi molto lunghi e che dispongono, quindi, di questo bene in via praticamente esclusiva. Sistema diverso da quello che esiste in altre Regioni in cui invece non esistono concessioni così lunghe, non esistono concessioni di tipo monopolistico, ma esiste un sistema più aperto in cui ciascun complesso alberghiero può disporre delle acque termali e può quindi stare sul mercato con la propria offerta.

Parto da questa considerazione generale perché il caso specifico di cui si occupa l'interrogazione, ovvero la situazione in cui versano le Terme di Porretta, è emblematico di come questo sistema in realtà presenti alcuni aspetti critici. Lo stabilimento termale di Porretta e il Gruppo termale è fallito una prima volta nel 2007. La concessione per la gestione delle sorgenti e delle acque termali è stata assegnata al Gruppo che ha rilevato, dopo il fallimento, la struttura, che era composta da numerosi alberghi più lo stabilimento termale. Questa società è stata nuovamente oggetto di una crisi e nel corso degli ultimi anni è stata scorporata in una bad company e in una new company; quest'ultima è titolare dello stabilimento, esclusivamente dello stabilimento termale, e della concessione, che è stata rinnovata fino al 2035. Parliamo di una concessione che dal 1936 arriva al 2035, giusto per avere idea di quello che dicevo prima. Questa concessione è stata riaffidata, appunto, alla new company, che è fallita nuovamente nel luglio dell'anno scorso.

Adesso c'è una procedura con gestione provvisoria del curatore fallimentare. Si tratta di decidere come risolvere la questione, se affidare nuovamente la concessione ad una società che sembra essere interessata a rilevare a questo punto solo lo stabilimento termale. Dai 58 dipendenti, lavoratori impiegati, si passerebbe a 18, quindi con una riduzione significativa del personale, e a fronte di questa riduzione così significativa e di un piano industriale che è piuttosto lacunoso, comunque verrebbe garantita la concessione a questo soggetto che sembra interessato a rilevare. Invece la proposta e la domanda che facciamo noi è perché la Giunta non ritenga di affidare la concessione, vista anche la manifestazione di interesse da parte dell'amministrazione comunale, in via provvisoria all'amministrazione comunale di Porretta Terme per garantire la gestione pubblica di una risorsa fondamentale e dare così una possibilità a tutte le altre strutture alberghiere (ce ne sono almeno tre a Porretta) che fanno richiesta dell'utilizzo delle acque termali, così da sbloccare un sistema che riguarda ovviamente il caso specifico, ma c'è anche la possibilità di mettere in discussione un assetto, quello della legge n. 32/1988, che a nostro avviso deve essere modificata andando, appunto, ad individuare il percorso che rapidamente ho cercato di illustrare visto il poco tempo a disposizione.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Taruffi.

La parola al sottosegretario Rossi per la risposta.

 

ROSSI Andrea, sottosegretario alla Presidenza: Grazie, presidente. Gentile consigliere, prima di arrivare direttamente alla risposta dell'interrogazione mi sia permesso fare tre considerazioni in premessa. La prima è che la Regione, con la legge regionale n. 3/1999, ha delegato alle Province le funzioni relative al rilascio di concessioni di coltivazione delle acque minerali e termali; attualmente, per l'area di cui trattasi, stiamo parlando della Città metropolitana di Bologna nel momento in cui è subentrata nelle funzioni della Provincia di Bologna. La seconda premessa è che il trasferimento della concessione rientra oggi nella disponibilità del soggetto concessionario, che con atto tra vivi può disporne, alla pari di altri rapporti concessori contrattuali di cui sia titolare. La terza premessa è che in questo caso il curatore fallimentare della società Terme di Porretta Spa in esercizio provvisorio, cui compete la gestione del patrimonio della società, potrebbe disporre il trasferimento e la concessione di coltivazione entro la fine dell'esercizio provvisorio dell'attività d'impresa, ferma restando, però, la necessità dell'autorizzazione al trasferimento da parte della Città metropolitana di Bologna.

Ciò premesso, sulla base della normativa di riferimento, occorre dare atto che il trasferimento della concessione deve comunque avvenire a favore di un soggetto in possesso dei requisiti generali, tecnici, economici e gestionali adeguati per l'esercizio dell'attività di cui trattasi, come previsto dalla legge regionale n. 32/1988, con riferimento in particolare agli articoli 7 e 8. Anche nel caso in cui il candidato sia soggetto pubblico, come lei chiede, tali condizioni e requisiti devono comunque essere garantiti per tutta la durata della restante concessione, con attenzione anche ai vincoli e ai limiti posti nelle norme in materia di finanza pubblica.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, sottosegretario Andrea Rossi.

La parola al consigliere Taruffi per la replica. Consigliere, le resta un minuto.

 

TARUFFI: Grazie, presidente. Dalla succinta risposta del sottosegretario prendo comunque atto di una non chiusura rispetto alla soluzione che nell'interrogazione si sottolineava, quindi capisco che eventualmente, nel caso in cui l'amministrazione comunale fosse in grado di presentare i requisiti tecnico-economici per garantire una corretta gestione della concessione, questa sarebbe possibile trasferirla all'amministrazione. È un fatto importante, che sottolineo con forza, perché ovviamente richiama le altre istituzioni coinvolte, Città metropolitana e amministrazione comunale di Porretta Terme, a dare una risposta concreta in tempi rapidi, questo è evidente.

Un'ultima annotazione rispetto alle funzioni che dalla Provincia passeranno alla Città metropolitana. Credo che all'interno della legge di riordino istituzionale che dovremo affrontare nelle prossime settimane questo aspetto debba comunque trovare una propria risposta perché secondo noi è importante anche questo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Taruffi.

 

OGGETTO 564

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere quale orientamento la Giunta intenda adottare rispetto all'impiego di tecniche analoghe al c.d. fracking eventualmente impiegate nel nostro territorio. A firma del Consigliere: Bignami

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Soncini): Risponde per la Giunta il sottosegretario Andrea Rossi.

La parola al consigliere Bignami per illustrare la sua interrogazione.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente. In realtà è un'interrogazione che nasce da alcune sollecitazioni nate a seguito di una valutazione condotta da alcune Agenzie governative degli Stati Uniti che insinuano il sospetto, anzi, affermano in maniera molto chiara che dietro le tecniche di fracking vi sia la possibilità di generazione di sismi. In questo senso si riaccende, soprattutto per i colleghi che erano presenti la passata legislatura, la correlazione tra interventi nel sottosuolo con tecniche che, appunto, vengono chiamate di fracking e le vicende che hanno interessato la nostra regione nel maggio 2012.

In realtà la nostra regione, lo dico rivolto anche al sottosegretario Rossi, ha già anticipato, adottando un principio di precauzione assai esteso, l'interruzione di tutta una serie di ricerche e conseguentemente credo che abbiamo già risolto un tema importante in ordine ad ipotetici allarmismi che potevano esserci. Tuttavia il sottoscritto, ma ritengo anche altri colleghi, sono stati sollecitati nel sottoporre alla Giunta questa vicenda, anche se francamente credo che adottando questo principio di precauzione vi sia stata una risposta significativa ed importante.

Allora perché l'interrogazione? Intanto perché così si dà la possibilità alla Giunta di mettere un punto di chiarezza e credo che, al di là del ruolo di opposizione e di maggioranza, sia comunque significativo che le istituzioni, in questo contesto, consentano di far comprendere alla popolazione come vi sia la volontà di un intervento, direi, unanime e condiviso, come d'altronde fu la mozione che adottammo proprio nel senso di impedire che vi fossero speculazioni di qualsiasi genere su questo tipo di temi. Al contempo perché - ed è forse questo l'aspetto che maggiormente mi interessa, ma forse l'ho centrato poco nell'interrogazione e quindi non valuterò su questo aspetto la risposta della Giunta - c'è sempre stato un po' un sospetto che le tecniche adottate dagli operatori che agirono su quel territorio fossero in qualche maniera corrispondenti al fracking, poi utilizzato altrove - e magari su questo faremo un ulteriore approfondimento perché si tratta magari di valutare se sussistono le stesse modalità di attuazione di tecniche esplorative di sfruttamento del sottosuolo di quelle che sono state rilevate da queste Agenzie.

La particolarità - mi preme dirlo alla Giunta perché diversamente si rischia di essere un po' coloro che inseguono il vento secondo le modalità in cui esso spira - la particolarità e il motivo che mi ha indotto a sottoporre all'attenzione del presidente e dei suoi assessori la vicenda è che per la prima volta vi è un imprimatur conferito da Agenzie governative e quindi in una qualche maniera dotate forse di un qualche profilo di istituzionalità e di imparzialità, quindi ho ritenuto che potesse trovare giustificazione la volontà di chiarimenti, anche se, lo dico perché credo che anche il sottosegretario Rossi lo anticiperà, credo che la Regione abbia già portato ai massimi livelli la soglia di attenzione applicando concretamente quel principio di precauzione cui prima facevo riferimento.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bignami.

La parola al sottosegretario Andrea Rossi per la risposta.

 

ROSSI Andrea, sottosegretario alla Presidenza: Grazie, presidente. Nell'interrogazione il consigliere Bignami ha già dato le risposte che oggi porto in Aula. Parto dalla considerazione che il fracking è una tecnica diversa rispetto a quelle attivate nella nostra regione negli anni scorsi, in particolar modo rispetto alla coltivazione e alla ricerca per quanto riguarda i giacimenti degli idrocarburi. Il fracking in pratica è un'attività che non viene sviluppata nella nostra regione perché è estrazione di idrocarburi basata su iniezione ad alta pressione di fluidi e acqua, di norma con additivi chimico-fisici in grado di disgregare la roccia: è una tecnica che sicuramente aumenta l'efficienza dell'estrazione di idrocarburi e questa tecnica, appunto, rientra in quelle tecniche che prima il consigliere Bignami definiva di shale gas e shale oil.

Comunque, detto questo, non esiste attualmente in Emilia-Romagna alcun tipo di giacimento di shale gas e di shale oil. Noi abbiamo esclusivamente degli impianti di coltivazione, in base alla normativa italiana. Sul nostro territorio abbiamo il 25 per cento dell'impiantistica per l'estrazione di gas naturali presente all'interno del nostro Paese. Sappiamo benissimo che la Regione Emilia-Romagna, anche in virtù della risoluzione n. 5281 che questa Assemblea legislativa nel marzo 2014 ha votato, si è sempre dimostrata contraria a queste attività invasive e oltretutto queste attività invasive sono oggi vietate dalla normativa italiana. Pertanto facciamo presente che, come ricordava il consigliere Bignami, oggi, oltre ad esserci la contrarietà della Regione, non ci sono attività di questa natura sul nostro territorio.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, sottosegretario Andrea Rossi.

La parola al consigliere Bignami per la replica. Consigliere, le restano tre minuti. Prego.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente. Rispetto ai chiarimenti illustrati dal sottosegretario Rossi credo che sia doveroso dimostrarsi e affermarsi in tutto e per tutto soddisfatto.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bignami.

 

OGGETTO 568

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se il taglio dei convogli regionali, coincidenti con l’inserimento del nuovo convoglio per l’Expo 2015, sia stato concordato o sia frutto di decisioni unilaterali di Trenitalia. A firma del Consigliere: Sassi

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Soncini): Risponde per la Giunta l'assessore Donini.

La parola al consigliere Sassi per illustrare l'interrogazione.

 

SASSI: Grazie, presidente. Ci siamo accorti, anche da segnalazioni di pendolari, che c'è stata la soppressione di un treno che non risulta poi essere stato ripristinato nel weekend. Pensavamo che ciò fosse successo solo a causa dell'avvio dell'Expo, che fosse stato soppresso per motivi, non so, di viabilità, per tecniche strategiche, ma in realtà abbiamo scoperto che proprio non c'è più e quindi non si è aggiunto un treno per agevolare il traffico verso Expo, ma si è sostanzialmente sostituito un treno che prima faceva un servizio pendolari e l'attuale treno (che è costato, tra l'altro, 870 mila euro alla Regione, a quanto risulta) non fa servizio per i pendolari perché fa due tratte che passano per l'Emilia al mattino quando parte alle 7.00 e la sera quando rientra facendo base a Bologna. Quindi la tratta emiliana a servizio dei pendolari è sostanzialmente annullata per quello che riguarda l'equivalenza del servizio che veniva fatto dal treno regionale veloce 2290 che partiva da Bologna alle 17.04 e che arrivava a Milano Centrale.

Ci sfugge, quindi, la strategia che è stata adottata e vorremmo capire i motivi di questa soppressione, da qui l'interrogazione per riuscire a capire cosa dire ai pendolari che ci contattano, su quale base la Regione ha preso questa decisione o se la Regione è stata spettatrice di una decisione unilaterale di Trenitalia in merito a questo tipo di scelta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Sassi.

La parola all'assessore Donini per la risposta.

 

DONINI, assessore: Grazie, presidente. Il problema che abbiamo affrontato e in buona parte risolto, consigliere Sassi, è quello relativo alla necessità manifestata dai territori di Parma e di Piacenza, sia a livello istituzionale, cioè delle amministrazioni comunali, sia da parte delle rappresentanze economiche e sociali, di potenziare e, soprattutto per Piacenza, riqualificare il servizio ferroviario anche con materiale rotabile di più recente acquisizione in occasione di un evento straordinario quale l'Expo, che sta attirando numerosi visitatori anche dal nostro territorio regionale. La scelta fatta da questa amministrazione è stata quella di aiutare i territori più deboli in termini di collegamento ferroviario con Milano e con l'Expo in particolare mantenendo sostanzialmente inalterata l'offerta nei punti di maggiore concentrazione del servizio, come, appunto, il caso di Bologna.

Come immagino saprà, consigliere Sassi, l'offerta ferroviaria di competenza della Regione Emilia-Romagna verso Milano da Parma e Piacenza ha un cadenzamento molto inferiore rispetto a quello presente sulla stessa dorsale da Bologna a Parma. Tali valutazioni, anche alla luce del materiale rotabile attualmente disponibile e alla sua ottimale utilizzazione, hanno portato gli incrementi indicati superando la corsa da Bologna a Parma delle 17.04 nell'ambito di un ventaglio di collegamenti oggi molto più ricco e articolato di prima. Superare una corsa in un orario molto servito per far fare allo stesso treno più corse in orari e territori meno serviti ci pare, consigliere Sassi, un modo per risolvere i problemi di migliaia di cittadini. Infatti il servizio nel suo complesso, se non si guarda il dito anziché la luna, è stato potenziato con quattro corse in più, durante la giornata, da Parma-Piacenza-Milano e ritorno, senza pregiudicare sostanzialmente l'offerta tra Bologna e Parma, assolutamente adeguata come dimostrano i dati che al termine di questa mia risposta le fornirò.

Il treno regionale R2290 TPER, infatti, previsto in partenza dalla stazione di Bologna Centrale alle 17.04 (quello cui faceva riferimento lei) con arrivo alla stazione di Milano Centrale alle 19.45, è stato potenziato e riorganizzato con quattro corse in più aggiuntive da Parma-Piacenza-Milano e ritorno e il collegamento orario e le relative fermate rimangono comunque garantiti dalla combinazione del treno (un altro) regionale 6252 Trenitalia, previsto in partenza dalla stazione di Bologna Centrale alle 16.52 (quindi una distanza, rispetto alla corsa superata, di appena 12 minuti) e in arrivo alla stazione di Parma alle 18.03, e del nuovo regionale 2990, previsto in partenza dalla stazione di Parma alle 18.18 e in arrivo a Milano alle 19.45.

In sostanza, non la faccio lunga, ma, allo scopo di informarla, ci sono cinque treni da Bologna a Parma dalle 16.00 alle 18.00 e sono anche certo che lei ricordi benissimo che, per le politiche della Regione Emilia-Romagna di incentivazione al trasporto ferroviario, i pendolari con abbonamento regionale "Tuttotreno" possono accedere indifferentemente a tutte le tipologie di treni che ho descritto, sia regionali che nazionali. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, assessore Donini.

La parola al consigliere Sassi per la replica. Consigliere, le restano quattro minuti. Prego.

 

SASSI: Grazie, presidente. Grazie, assessore. Diciamo che adesso la situazione è un po' più chiara, adesso almeno sappiamo cosa rispondere ai pendolari che ci chiedono come mai è stato soppresso un treno. Si evince, quindi, che dovranno optare per quello delle 16.52 rispetto a quello delle 17.04. Le quattro corse ovviamente riguardano Parma-Piacenza-Milano e ritorno, di questo avevamo già informazione. Adesso quantomeno sappiamo che dovranno un momento riorganizzarsi per quanto riguarda gli orari da Bologna. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Sassi.

 

OGGETTO 569

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se la Regione intenda sospendere il rapporto di affidamento/contratto con la CPL Concordia per la realizzazione del Business Continuity del Ced nella sede regionale di Viale della Fiera n. 6-8. A firma del Consigliere: Bargi

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Soncini): Risponde per la Giunta l'assessore Petitti.

La parola al consigliere Bargi.

 

BARGI: Grazie, presidente. Questa interrogazione nasce ovviamente da quello che è stato lo sviluppo che tutti abbiamo potuto apprendere a mezzo stampa, si sono susseguiti anche nei giorni scorsi articoli e comunicati che riguardano questa ditta, la CPL Concordia, e un po' tutte quelle che sono le vicissitudini, con accuse di legami con la politica o altro che non voglio stare a riprendere, anche perché il tempo a mia disposizione è poco. Quello che mi preme sottolineare, invece, sono alcuni passaggi, ovvero che, da quanto abbiamo appreso nei giorni scorsi, la Prefettura di Modena ha deciso - proprio per i motivi legati anche al coinvolgimento di questa ditta in una inchiesta in cui si profilano reati quali associazione a delinquere e corruzione e addirittura possibili legami con clan mafiosi, come quello dei Casalesi, per la spartizione di appalti - di escludere la ditta CPL Concordia dalla white list antimafia.

Considerato che, da nostre indagini tramite accessi agli atti, abbiamo saputo che anche la Regione ha perlomeno un appalto, che ci è dato sapere, affidato a questa ditta, un appalto, come appunto diceva prima il presidente leggendo il titolo dell'interrogazione, relativo alla realizzazione del Business Continuity del Ced in viale della Fiera n. 6-8, e considerato che in tale contratto di appalto, all'articolo 18, comma 5, si prevede la risoluzione immediata e automatica del contratto ovvero la revoca dell'autorizzazione al subappalto o subcontratto qualora dovessero essere comunicate dalla Prefettura, successivamente alla stipula del contratto o subcontratto, informazioni interdittive contemplate nel decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, cioè il Codice delle leggi antimafia (e ci pare che l'esclusione dalla white list sia un dato abbastanza rilevante); tutto ciò premesso, ci preme capire a questo punto come intenderà muoversi la Regione considerando che alcuni enti locali, parlo di tre comuni del reggiano, tramite i loro sindaci si sono già attivati presso la Prefettura di Modena, che in questo caso è quella competente, per chiedere se devono, appunto, procedere alla sospensione degli appalti in corso con la ditta, quindi chiediamo se anche la Regione intenda sospendere, perlomeno fino a che la Prefettura non vada a rivedere la situazione della CPL Concordia e a reintegrarla nella white list antimafia, gli appalti tuttora in corso. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bargi.

La parola all'assessore Petitti per la risposta.

 

PETITTI, assessore: Grazie, presidente. Consigliere Bargi, l'aggiudicazione definitiva e anche, quindi, la conseguente stipula del contratto di appalto con la ditta CPL Concordia per la realizzazione del Business Continuity del Ced nella sede regionale di viale della Fiera n. 6-8 è avvenuta successivamente all'ottenimento da parte della stazione appaltante regionale del riscontro positivo di tutte le verifiche necessarie prescritte dalle normative vigenti. Inoltre è giusto ricordare che all'epoca della stipula del contratto la ditta CPL Concordia in argomento risultava iscritta presso la Prefettura di Modena alla white list con il protocollo n. 14/921.

In data 30 aprile 2015 la Prefettura competente ha comunicato che, con proprio provvedimento interdittivo, la società è stata cancellata dalla white list. Pertanto la Regione darà corso a quanto è fissato dall'articolo 18 del contratto di appalto, attivando tutte le procedure necessarie per la risoluzione dello stesso, ovviamente fatte salve eventuali decisioni delle competenti autorità esterne di vigilanza sugli appalti. È però anche giusto ricordare che i lavori sono comunque già sospesi da tempo.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, assessore Petitti.

La parola al consigliere per la replica. Consigliere Bargi, le restano tre minuti. Prego.

 

BARGI: Grazie, presidente. Molto semplicemente, considerando che viene data attuazione all'articolo 18 del contratto di appalto, non posso che dichiararmi soddisfatto della risposta.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bargi.

 

OGGETTO 570

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula in merito al pacchetto formativo sulle relazioni e sulla sessualità rivolto ai preadolescenti, composto da rivista per studenti e manuale per l’adulto e da portale Giochi da ragazzi (da ricercare sul sito www.ausl.bologna.it) denominato "W L'AMORE". A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Soncini): Risponde per la Giunta l'assessore Venturi.

La parola al consigliere Foti per illustrare l'interrogazione.

 

FOTI: Grazie, presidente. Come le è noto, anche perché anch'ella è sottoscrittrice di un'interrogazione a riguardo, l'iniziativa "W L'Amore", per le modalità con le quali è stata svolta e per i presunti fini educativi che comunque sono contestati da più parti, è stata oggetto di critiche rilevanti sotto vari profili. Ora io non voglio entrare in un discorso bacchettone o quant'altro, ciò che vorrei dall'assessore Venturi sono due considerazioni. La prima è che stiamo parlando di un'iniziativa che è diretta prevalentemente a degli adolescenti, laddove, tra l'altro, il grado di maturità non è costante o uguale per tutti, quindi è materia, quella dell'educazione sessuale, che andrebbe trattata con particolare riguardo e con particolare attenzione, essendo diverse anche le sensibilità sul punto e, aggiungo anche, essendo diverso il punto di partenza di un'educazione, che, proprio perché promana dalle singole famiglie, non ha un punto di partenza uguale per tutti. Inoltre debbo dire che soprattutto il manuale contiene degli elementi e degli aspetti che sinceramente lasciano perplessi anche gli adulti, non oso pensare in quale rapporto possano lasciare i discenti.

A questo punto mi chiedo, senza voler eccedere in una campagna scandalistica: ha veramente ragione la Regione nel continuare a collaborare a questa iniziativa? Non è meglio fare il punto, visto che tutte le iniziative sono sperimentali, anche con le associazioni delle famiglie, ad esempio con l'associazione Famiglie cattoliche che ha elevato vibrate proteste al riguardo? Non è il caso, cioè, di produrre un modello che valga per tutti e non debba essere imposto per piacere di alcuni alla generalità dei casi? Perché, vede, poi si può anche dire che non è stato così, ma per quei discenti che non hanno voluto seguire queste lezioni, le famiglie hanno dovuto necessariamente chiedere la deroga, in alcuni casi non è stata neanche concessa, in alcuni casi hanno esposto i bambini ad un giudizio sommario del tipo "ma perché tuo padre non ti fa venire alla mia lezione?" e quant'altro, che è tutto meno che simpatico. Dato che la materia è sensibile ed è delicata, io suggerirei di trattare la materia con quella sensibilità e delicatezza che il caso conclama.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Foti.

La parola all'assessore Venturi per la risposta.

 

VENTURI, assessore: Grazie, presidente. Riprendo dall'ultima affermazione del consigliere Foti. La premessa è che, come tutti gli interventi che si rivolgono ad un ambito sensibile, la partecipazione è volontaria, quindi se ci sono state, a noi non risultano, ma se ci sono state imposizioni alla partecipazione, questo è materia di verifica da parte della Regione e quelle verifiche le faremo sicuramente.

Poi le riferisco che questo progetto regionale è un percorso di educazione affettiva e sessuale che si rivolge, come lei ha già specificato, a studenti tra i 13 e i 14 anni delle scuole secondarie, monitorato e valutato nella sua efficacia, sviluppato in collaborazione con l'Università di Bologna-Dipartimento di Psicologia e ha un coordinamento e un monitoraggio di carattere regionale.

Il progetto si ispira ad un'azione educativa che è attiva da oltre vent'anni nelle scuole dei Paesi Bassi e propone un ruolo attivo dei docenti, che vengono precedentemente formati nella trattazione di questi temi con le classi.

L'esigenza di lavorare con questa fascia di età 11-14 anni nasce da una serie consolidata di dati, di letteratura e da ricerche che sono state promosse anche a livello regionale in cui emerge come stia aumentando in maniera molto rilevante la percentuale di adolescenti che iniziano la sessualità in età precoce, ormai entro i 14 anni, senza possedere informazioni e competenze adeguate per proteggersi da rischi prevalentemente relativi alle infezioni sessualmente trasmesse, che, come è noto, sono anch'esse in fortissimo aumento. La precocità sessuale si accompagna all'assunzione di maggiori comportamenti a rischio soprattutto tra gli adolescenti più fragili, in particolare gli immigrati di seconda generazione, gli studenti dei corsi professionali, gli adolescenti con situazioni socio-familiari più fragili.

I materiali del progetto olandese (una rivista per studenti e un manuale per gli insegnanti) sono stati rivisti e adattati al contesto locale e sono stati sperimentati nell'anno scolastico 2013/2014 in tre scuole: una di Bologna, una di Forlì e una di Reggio Emilia. Il lavoro di sperimentazione, valutazione e revisione effettuato con i docenti, i genitori e i ragazzi delle scuole coinvolte ha portato all'attuale formulazione del progetto, che, secondo l'ultimo monitoraggio di questi giorni, nell'anno scolastico corrente si sta realizzando in 17 distretti della regione e ha coinvolto 36 scuole secondarie di primo grado, con 122 classi aderenti al progetto. Sono state formate 323 persone, di cui 274 insegnanti, 16 educatori e 33 operatori.

Il progetto viene presentato ai genitori ad inizio dell'anno scolastico affinché ne conoscano principi e contenuti. Questi incontri sono risultati essere anche occasione di confronto sui temi della crescita, dei cambiamenti dei figli e del ruolo educativo della famiglia in questa fase di vita, con la possibilità, su richiesta, di approfondire tali tematiche con altri incontri.

L'obiettivo è quello di promuovere la salute e il benessere psicologico e relazionale dei preadolescenti aiutandoli a vivere in modo consapevole e rispettoso di sé e degli altri le proprie emozioni e relazioni; la tutela e la valorizzazione della pluralità delle scelte, dei modelli...

 

PRESIDENTE (Soncini): Scusi, assessore, da Regolamento il tempo previsto per la risposta sono tre minuti, quindi le chiedo se si può avviare verso la conclusione.

 

VENTURI: Volentieri, però... faccio quello che mi chiede, posso chiudere anche subito...

 

PRESIDENTE (Soncini): Eventualmente può fornire il testo scritto della risposta.

 

VENTURI: Lo facevo anche per gli altri consiglieri. Se crede, prendo altri trenta secondi per poi chiudere.

Mi premeva sottolineare il fatto che lei afferma una cosa, probabilmente dovuta ad un fraintendimento legato alla lettura, laddove inserisce il tema che nel cosiddetto manualetto ad uso degli adolescenti lei afferma: «si legge, tra l'altro, che i generi sessuali sono "molti e diversi tra loro", mentre i generi, in natura, sono solo due (maschio e femmina) e gli altri sono solo deviazioni eccetera», invece il testo del manuale, che le riporto, fa riferimento a "modelli di uomo e donna", non a "generi sessuali", ed è il seguente: «ti confronti con modelli di uomo e donna che ritrovi in famiglia, a scuola, con gli amici, nei media; questi modelli sono molti e diversi fra loro, tanto che può diventare difficile orientarsi, ti può capitare di voler essere uguale agli altri, ma anche di voler essere accettato/accettata per come sei».

Il progetto è stato finanziato, sia nella fase sperimentale, che in quella attuale, nell'ambito dei finanziamenti finalizzati alla prevenzione dell'AIDS, con cui si promuovono e si sostengono soggetti mirati e strutturati di tipo formativo; in particolare viene finanziato con euro 60 mila dall'azienda USL di Bologna.

In ogni caso, per quanto attiene all'ulteriore revisione del progetto, si ribadisce che è in corso il monitoraggio e la valutazione delle esperienze realizzate nei diversi distretti attraverso strumenti di analisi quantitativa e qualitativa (questionari, interviste, focus group), che eventualmente potranno portare a modifiche dello stesso per il prossimo anno scolastico. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, assessore Venturi.

La parola al consigliere Foti per la replica. Consigliere, le restano tre minuti.

 

FOTI: Grazie, presidente. Ringrazio l'assessore perché ha dato comunque una risposta dettagliata ed esaustiva, almeno dal suo punto di vista; non è soddisfacente per me perché evidentemente abbiamo un'impostazione all'origine diversa.

Io mi permetto di farle presente, assessore, che tutto il materiale che ha citato è citato tra virgolette e preso da documentazione che mi sono procurato, non è che l'abbia trovata su qualche giornale, e le frasi virgolettate sono esattamente quelle che sono scritte.

Ma a prescindere da ciò, io mi pongo un problema di questo tipo: la prima lezione riguarda i temi della pubertà, della masturbazione e i cambiamenti che avvengono nella mente, nelle relazioni e nel corpo durante l'adolescenza; la seconda lezione riguarda i modelli, gli stereotipi e i pregiudizi relativi all'essere uomo e all'essere donna presenti nel nostro contesto a livello familiare, sociale e nei mass media; la terza lezione (stiamo parlando di adolescenti tra i 13 e i 14 anni) riguarda i temi dell'innamoramento, i diversi modi in cui si possono vivere le esperienze affettive in adolescenza, l'omosessualità, le caratteristiche per una buona relazione, i modi per concludere le relazioni; la quarta lezione parla dello scoprire ciò che si vuole e dove porre i propri limiti, spiega come capire i sentimenti dell'altro, insegna a parlare di ciò che si vuole e di ciò che non si vuole, ad usare Internet in modo sicuro e ad evitare esperienze spiacevoli, e tratta il tema della violenza e della pornografia; la lezione quinta parla di come evitare gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmissibili, di comportamento sessuale sicuro e non, di cosa fare dopo il sesso non sicuro, spiega l'uso dei contraccettivi e illustra i servizi per i giovani; se mi permette, io penso che una parte significativa di questa materia non competa alla scuola ma competa alla famiglia. Sarà un'impostazione del tutto diversa, ma forse la scuola ha un fine formativo diverso. Se lei mi dicesse che queste lezioni vengono svolte almeno nelle scuole medie superiori... ma qui stiamo parlando di scuole medie inferiori. Io ho seguito il passaggio, che lei ha voluto sottolineare, relativo, tra virgolette, alla presenza di stranieri, che avendo anche una, tra virgolette, cultura diversa dei rapporti sessuali, probabilmente hanno una precocità anche diversa rispetto ad altri, però noi dobbiamo tenere conto che non stiamo facendo un intervento a fini educativi settoriali, ma lo stiamo facendo...

 

PRESIDENTE (Soncini): Consigliere Foti, mi scuso, il suo tempo è scaduto.

 

FOTI: Ho concluso. Lo stiamo facendo per tutti.

Aggiungo solo una considerazione, assessore, che io prendo per buona la verifica che lei ha promesso e le chiedo se può dar conto di questa verifica in Commissione.

Quanto alla non obbligatorietà, la partecipazione a livello volontario è se io aderisco, non se io debbo chiedere l'esonero, è un passaggio non affatto irrilevante.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Foti.

Si chiude qui la prima parte dei nostri lavori dedicata allo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Aula. Passiamo ora agli altri argomenti all'ordine del giorno.

 

OGGETTO 530

Comunicazione della Giunta sul settore lattiero-caseario

(Discussione)

 

OGGETTO 171

Interpellanza circa il conseguimento dell'effettiva uniformità degli oneri dei servizi fitosanitari richiesti dai relativi consorzi agli agricoltori. A firma dei Consiglieri: Foti, Rancan, Rainieri, Delmonte, Bargi

(Assorbita dalla discussione)

 

OGGETTO 307

Interpellanza circa la situazione relativa al "Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano". A firma dei Consiglieri: Rainieri, Fabbri, Delmonte, Bargi, Marchetti Daniele, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

(Assorbita dalla discussione)

 

PRESIDENTE (Soncini): Abbiamo ora gli oggetti abbinati 530, 171 e 307.

La parola all'assessore Caselli per la comunicazione.

 

CASELLI, assessore: Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Io ho sovrastimato le possibilità tecniche di questa sala e quindi avevo preparato una presentazione in PowerPoint, che però non può essere proiettata; vi dovrebbe comunque essere stata consegnata per iscritto. Poi invoco i poteri dell'Assemblea affinché si possa dotare dell'infrastruttura, che mi pare richieda una spesa abbastanza modesta. Vi chiederei, quindi, di seguire la presentazione che vi è stata consegnata per iscritto.

La produzione lattiero-casearia in Emilia-Romagna ha una particolarità molto specifica; per storia e tradizione, la produzione del latte si indirizza quasi totalmente alla produzione di formaggi DOP. È una caratteristica molto peculiare che ci differenzia da tutte le regioni italiane e va tenuta presente perché se non la consideriamo all'inizio, poi facciamo dei ragionamenti che valgono magari a livello nazionale, ma non trovano riscontro nella nostra realtà.

Nel 2013, su 1 milione 740 mila tonnellate di latte consegnato agli stabilimenti della nostra regione, oltre 1 milione 560 mila tonnellate, cioè circa il 90 per cento, erano destinate alla produzione del Parmigiano Reggiano. Sul nostro territorio attualmente sono attivi 3.983 allevamenti di bovini da latte, circa 2.800 operano nella filiera del Parmigiano Reggiano. In provincia di Piacenza vengono prodotte 550 mila forme di Grana Padano e ci sono 370 allevamenti che destinano di fatto la loro produzione a questo formaggio. In Romagna una parte della produzione viene trasformata in Squacquerone DOP; di conseguenza solo il 4 per cento della produzione di questa regione va al latte alimentare, quindi in questo siamo molto diversi dagli altri. È evidente che, nel nostro territorio, il ruolo dei formaggi DOP a lunga stagionatura è assolutamente preponderante mentre le altre lavorazioni hanno un peso limitatissimo. Peraltro quel 4 per cento che va al latte alimentare è in gran parte concentrato nella filiera del latte di alta qualità di Granarolo, per cui anche quello ha già una sua collocazione molto specifica.

Altre regioni a forte vocazione zootecnica nelle quali il latte alimentare invece rappresenta circa il 50 per cento delle produzioni si trovano in una situazione diversa, molto esposta alla concorrenza di Paesi caratterizzati da efficienza produttiva legata proprio ad una diversa condizione strutturale delle imprese, quali, ad esempio, la Francia, la Germania e l'Austria, per stare a quelli più vicini a noi. Infatti, se guardate la tabella a pagina 5, potete vedere che l'Italia produce 11 milioni di tonnellate di latte, con circa 35 mila stalle, 1.800 vacche, 2.000 imprese e un giro di affari di 15 miliardi di euro; il 57 per cento viene trasformato in formaggi. Questo è il dato nazionale. In Emilia-Romagna, come vi dicevo, siamo intorno al 96 per cento, quindi siamo una regione peculiare.

La Lombardia, che, come vedete dalla tabella, è quella che rappresenta di gran lunga la maggiore realtà produttiva italiana, è quella su cui ci si basa normalmente per calcolare il prezzo del latte riconosciuto ai produttori e per confrontarlo con quello degli altri Paesi.

Da dove prende il latte l'Unione europea? La produzione complessiva a livello dell'UE è stata di 147 milioni 757 mila tonnellate di latte. I maggiori produttori sono la Germania (21 per cento), la Francia (17 per cento), il Regno Unito (10 per cento), l'Olanda (8 per cento), quinta è l'Italia (7,47 per cento), poi seguono Polonia, Spagna, Irlanda e Danimarca. Come vedete la parte di importazione di latte dell'Unione europea è abbastanza bassa perché è solo di 742 mila tonnellate, mentre l'export è di 17 milioni di tonnellate, quindi l'Unione europea è un esportatore netto, anche molto importante, di latte.

Cosa succede invece in Italia? In Italia abbiamo una produzione di latte di 11 milioni 600 mila tonnellate, ne importiamo 8 milioni 700 mila e ne esportiamo 3 milioni 900 mila.

Il punto è cercare di spostare la nostra attenzione dalla preoccupazione sulla importazione di latte - che oggettivamente non potremmo contrastare anche per come è fatto il  sistema  produttivo italiano e meno che mai lo potremmo contrastare in Emilia-Romagna visto che la  produzione regionale va quasi tutta ai nostri formaggi DOP e quindi qualunque altra cosa si voglia fare comporta che il latte deve venire da fuori - alle condizioni strutturali del comparto produttivo delle nostre stalle, a quanto bisogna fare per migliorare l'efficienza lungo tutta la filiera e aumentare significativamente le esportazioni di nostri prodotti caseari, tanto conosciuti nel mondo quanto copiati e, in definitiva, ancora poco consumati, quantomeno rispetto al potenziale che potrebbero avere.

Fuori dai confini nazionali non si nascondono solo le insidie del dopo quote, ma si nascondono anche importanti mercati di sbocco, quindi è su questi che le politiche industriali e commerciali coordinate possono garantire nuove prospettive di crescita, che io credo questo settore abbia oggettivamente.

Guadiamo com'è la situazione dei prezzi del latte in Europa, perché questo è il nostro punto di riferimento chiave. Sulla tabella vedete che l'Italia è rappresentata dalla Lombardia per le ragioni che indicavo precedentemente; nel 2014 si è registrato un prezzo medio di 0,39 euro per litro. Il prezzo del latte è in contrazione in tutti i Paesi produttori; quello italiano è il più elevato a livello continentale sia per ragioni strutturali, sia per il fatto che, per raggiungere gli elevati livelli qualitativi richiesti dall'industria casearia, sono anche maggiori i costi che si sobbarcano i produttori. Quindi da questo punto di vista noi abbiamo una specificità, però, vedendo il grafico della pagina seguente, dove c'è un rapporto tra la Baviera, la Francia e la Lombardia, vedete che sono tutti in forte contrazione nel 2015. Qui la preoccupazione è che in Francia e in Germania grossomodo stimano di avere un prezzo medio del latte di 0,31-0,32, mentre noi siamo intorno sempre a 0,39. Questo è un gap che è preoccupante e che va anche considerato rispetto al recupero di efficienza nelle stalle, perché è vero che una parte è dovuta al fatto che noi facciamo del latte di qualità più alta perché va nella filiera delle DOP, però è anche vero che se uno va a guardare i dati a livello delle stalle e dei caseifici vede che ci sono delle differenze ancora troppo importanti, alle volte fino a 10 centesimi al litro, tra un luogo e l'altro, il che denota che elementi di recupero di efficienza nella filiera ci sono, eccome.

Qual è il ruolo della Regione, cosa possiamo fare noi rispetto al tema che ci avete posto e su cui ci chiamate a fare questa comunicazione? C'è un ruolo diretto della Regione su cui naturalmente dirò, però la Regione può giocare, deve giocare, soprattutto se ha in casa delle produzioni DOP così importanti come le nostre, un ruolo sia a livello nazionale che a livello comunitario, oltre che suo diretto.

Il ruolo a livello comunitario è quello della promozione di normative a tutela e promozione delle DOP e delle IGP sia direttamente sia tramite AREPO, l'associazione delle regioni europee produttrici di prodotti DOP e IGP. AREPO è una cosa molto importante: non è mai opportuno rapportarsi unilateralmente all'Unione europea perché l'iniziativa di un solo Paese trova sicuramente - in particolare su problemi che non fanno parte della cultura ed anche degli interessi economici dell'Europa del Nord - molte opposizioni che finiscono per bloccarla. Per questo bisogna darsi una strategia comune che consenta di avere quante più voci possibili per dare autorevolezza alle posizioni nazionali.

A livello nazionale noi abbiamo un ruolo propositivo all'interno sia della Conferenza delle Regioni che del Tavolo nazionale del latte. La nostra Regione ha sviluppato una serie di proposte e abbiamo contribuito fattivamente alla messa a punto di iniziative avviate anche ai sensi dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1/2012 che sono state, tra l'altro, ribadite nell'ambito del decreto-legge approvato qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri nella parte che riguarda il "Piano latte".

A livello locale quello che possiamo fare è dare sostegno alle filiere delle produzioni di formaggi DOP e IGP, agli ammodernamenti produttivi, alla promozione all'export e alla vigilanza sui controlli.

Riportavate anche voi la preoccupazione riguardo al dopo quote, alla fine del regime europeo delle quote latte, che è stato introdotto nel 1984 e di cui si è deciso il superamento nel 2003. Nel 1984 era stato inserito come misura transitoria per affrontare la sovrapposizione strutturale che caratterizzava il mercato europeo. Secondo il commissario all'agricoltura europeo Phil Hogan l'inizio della nuova era senza limiti di produzione dovrebbe far fronte al fatto che siamo in una fascia di crescita della domanda globale di latte stimata nel 2 per cento annuo. La crescita è dovuta soprattutto al fatto che si sta esportando molto latte nei Paesi del Sud-Est asiatico. Il mercato domestico europeo per ora assorbe ancora il 90 per cento della produzione. Ci si attende, visto che finiscono le quote, un possibile aumento della quantità prodotta soprattutto da parte dei Paesi del Nord-Europa, che dovrebbe indirizzarsi quasi esclusivamente all'export fuori dall'Unione europea. Quello che è interessante è che il commissario Hogan ha ipotizzato che si stabilizzeranno i prezzi a livello europeo intorno ai 32 centesimi, il che ci riporta alla considerazione di prima: noi siamo molto più su e questo, in parte, è dovuto ad elementi di qualità richiesti dalle filiere, ma in parte è dovuto anche a qualche problemino di efficienza della produzione.

Diciamo che il "pacchetto latte" - sto parlando del livello europeo - nella sua evoluzione prevedeva da parte degli Stati l'avvio di modelli organizzativi in grado di rafforzare il potere contrattuale delle aziende agricole a fronte di un'industria di trasformazione sempre più concentrata e di un sistema distributivo parimenti organizzato e ben strutturato, mentre i produttori rimangono molto dispersi e frammentati. Una situazione che crea oggettiva debolezza nelle relazioni di mercato. Questa situazione di squilibrio trovava una possibile soluzione nell'aggregazione dei produttori, nella loro programmazione produttiva e nella definizione di accordi volti a mettere le parti in equilibrio.

Stante questo scenario, a febbraio si è riunito presso il Ministero il Tavolo latte (noi siamo andati, abbiamo partecipato attivamente, ma devo dire che, oltre alla parte istituzionale, erano molto presenti anche le associazioni di categoria dell'Emilia-Romagna e le organizzazioni di produttori) per definire un pacchetto di interventi a sostegno del settore, che è stato recepito quasi integralmente nel provvedimento approvato nei giorni scorsi con il collegato agricolo.

Cosa si prevede nel "pacchetto latte" approvato nei giorni scorsi, in parte nazionale ed al quale abbiamo contribuito anche noi? Intanto, se si supereranno le quote produttive stabilite per l'anno 2014, è stato previsto, in accordo con la Comunità europea, che le eventuali multe potranno essere rateizzate su base triennale senza interessi e che la rateizzazione sarà possibile solo se la multa supera i 5 mila euro.

Poi è stata prevista una misura che è stata introdotta su proposta nostra, dell'Emilia-Romagna, per allargare la compensazione per chi abbia superato la propria quota individuale fino al 12 per cento. Noi, in verità, avevamo chiesto di poter arrivare fino al 20, ce l'hanno accolto solo parzialmente non perché non fossero d'accordo sul concetto, ma perché hanno detto che non c'è abbastanza quota nazionale. Io, dato che i conti non li ho perché li ha il Ministero, non commento; dico però che sono parzialmente soddisfatta perché siamo arrivati almeno fino a lì.

Per quanto riguarda i contratti di vendita del latte all'industria e alla grande distribuzione è stato specificato che devono avere una durata minima di un anno, contenere il prezzo da pagare alla consegna, che può essere fisso o legato a fattori determinati, il volume consegnato e qualità o composizione del latte crudo. Quindi anche da questo punto di vista, per evitare che il contraente più forte si approfitti, sono stati messi alcuni elementi chiave di qualunque contratto.

La cosa importante è che è stata istituita per la prima volta una interprofessione del latte, come avviene negli altri Paesi europei (in Francia, ad esempio, c'è già da trent'anni, quindi sotto questo profilo noi siamo abbastanza arretrati), per organizzare la filiera e la sua rappresentatività. Vi dico subito che rispetto alle proposte dell'Emilia-Romagna il testo che è stato approvato non è soddisfacente. Dato che si tratta di un decreto, io credo che sarà il caso di valutare se i deputati e i senatori dell'Emilia-Romagna potranno migliorare soprattutto la parte relativa all'interprofessione, che è un aspetto fondamentale per rafforzare la filiera, favorire una più equa distribuzione del valore aggiunto e mettere in grado gli allevatori italiani di migliorare la propria competitività.

Sempre nel "pacchetto latte" sono state rafforzate le competenze dell'Antitrust visto che anche in altri Paesi già ci sono state sentenze di questa Autorità di controllo.

Poi è stata prevista la possibilità di utilizzare il fondo latte per attività di ricerca e iniziative promozionali; si farà una campagna di comunicazione straordinaria sul latte fresco per farne conoscere le qualità nutrizionali che dovrebbe consentire di avviare il progetto "Latte nelle scuole" nel 2016, che dovrà coinvolgere oltre 1 milione di bambini.

Un'altra cosa abbastanza importante la trovate nella slide 15. Si tratta di un marchio, un logo dove campeggia la scritta "Latte 100% italiano" seguita dall'indicazione della regione di provenienza del latte. È un marchio collettivo previsto dalle attuali normative italiane e comunitarie al quale si aderisce su base volontaria ed è stato veicolato tramite le Camere di Commercio. Naturalmente bisogna vedere come la prende l'Unione europea perché, teoricamente, loro non sono mai d'accordo rispetto a queste cose, comunque ci si sta provando. In ogni caso per ora questo tema del latte cento per cento italiano risponde senz'altro ad un'esigenza di maggiore trasparenza nell'etichettatura nell'interesse dei consumatori, tema sul quale credo che siamo tutti d'accordo. Maggiore trasparenza e maggiore informazione si fornisce ai consumatori, più loro sono in grado di fare una scelta consapevole. Se, come ci si aspetta, il latte fresco italiano potrà trovare una più favorevole accoglienza, i prezzi dovrebbero beneficiarne. Anche sull'etichettatura, che so essere un tema caro a tutti noi, è stata approvata una risoluzione che tutti condividiamo. Diciamo che, a parte questo nuovo logo del latte cento per cento italiano, la vicenda del Regolamento 1169 del 2011 l'Unione europea, che ha consentito di eliminare dall'etichetta dei prodotti alimentari l'indicazione puntale dello stabilimento di produzione, ci ha rivelato quanto il livello di attenzione dei consumatori italiani è alto; alcune multinazionali che si erano rapidamente allineate al Regolamento e avevano tolto questa indicazione sono state costrette, viste le preferenze del pubblico, a  reinserirla altrettanto rapidamente in etichetta. È chiaro che, per chi come noi deve valorizzare prodotti così importanti, più si mettono informazioni nell'etichetta e più si fa informazione anche sulle loro caratteristiche, perché, tanto per dire, il nostro Parmigiano Reggiano noi lo conosciamo bene, ma fuori dall'Emilia, e anche in qualche pezzo dell'Emilia, non tutti conoscono la differenza, ad esempio, tra il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, figuriamoci all'estero, per cui da questo punto di vista c'è da fare proprio un lavoro anche di divulgazione molto importante.

Dai dati che ho illustrato sino ad ora voi capite che in Emilia-Romagna, per promuovere il nostro settore lattiero-caseario e per difendere i redditi dei produttori - perché il punto vero e politico è questo: difendere i redditi dei produttori, perché sono la condizione essenziale per poter parlare di sostenibilità dell'agricoltura; se l'agricoltura non è economicamente sostenibile per chi la fa, è chiaro che c'è un problema e nel lungo andare la cosa non si tiene - occorre promuovere le filiere delle produzioni DOP perché è lì che va tutto il nostro latte.

Come? Sostenendone lo sviluppo, favorendone l'efficientamento produttivo sia nelle stalle che nei caseifici, promuovendo forme di aggregazione sia sul versante produttivo perché in Germania o in Francia ottengono quei risultati perché la dimensione media delle stalle è più grande e hanno più economia di scala - ma anche promuovendo aggregazione sul lato dell’organizzazione dell’offerta che, ad oggi, è troppo frammentata. Bisogna favorire l’innovazione del marketing – dopo dirò meglio – sostenere l’export e vigilare sul sistema di controllo.

Come funziona l’attività di controllo? Credo che anche questo vada chiarito bene, perché altrimenti si fa un po’ di confusione sui ruoli. Le nostre DOP sono basate su un rispetto molto rigido di disciplinari che sono approvati dall’Unione europea e quindi sono cose molto formali che individuano chiaramente il territorio di produzione e non ammettono deroghe. L’attività di controllo sulla corretta applicazione del disciplinare di produzione da parte dei produttori che si vogliono fregiare del DOP (del Parmigiano Reggiano) viene svolta da un organismo terzo che è indicato dal consorzio di tutela tra gli organismi di controllo riconosciuti dal Ministero e accreditati da Accredia. Per il Parmigiano Reggiano questo soggetto è l'Organismo Controllo Qualità Produzioni Regolamentate (OCQ PR). La sua attività è vigilata sia dal Ministero sia dalla Regione, quindi questo è il nostro ruolo specifico su questo aspetto. Il meccanismo è attivato dallo Stato membro in virtù delle possibilità dal regolamento comunitario 1151/2012. Questo per quanto riguarda l’attività di controllo sul fatto che la produzione rispetti i disciplinari. Più complesso è il problema del contrasto alle numerosissime denominazioni che richiamano e lucrano sulla reputazione delle nostre produzioni di maggior valore e provocano gravissimi danni ai nostri produttori, tutto l’italian sounding, per non parlare apertamente delle frodi, ma più che le frodi in realtà il problema è il camuffamento, il fatto che viene usata la bandiera italiana su questi prodotti, che spesso non hanno niente a che vedere, perfino nelle forme. Su questo aspetto abbiamo ottenuto dei risultati importanti con l’introduzione, nel 2012, della clausola ex officio che richiama gli Stati membri a reprimere i comportamenti lesivi della protezione accordata alle DOP, agli IGP e alle STG. Tanto per andare nel concreto, questo ha consentito all’Anuga a Francoforte, che è una delle fiere più importanti del settore alimentare, di far cacciare fuori e anche di sanzionare stand che avevano in esposizione del cosiddetto Parmesan perché in Europa questo non si può assolutamente fare. La situazione è diversa nei paesi non comunitari, perché è del tutto evidente che le regole dell’Unione europea valgono in Europa e non valgono, ad esempio, negli Stati Uniti. Nei Paesi dove sono tollerate queste denominazioni un po’ diverse bisogna agire nell'ambito di trattati a carattere bilaterali, come il CETA col Canada o il TTIP di cui si sta parlando adesso. Come agiamo come Regione e cosa facciamo concretamente, perché è giusto che l’Aula lo sappia, dal punto di vista del sostegno delle DOP e degli IGP a livello europeo dato che su questo tavolo si gioca il futuro del nostro settore del latte?

I disciplinari approvati dall’Unione europea e tutelati nei Paesi membri vengono presidiati sia per il fatto che i nostri uffici della Regione - abbiamo quarantuno tra DOP e IGP e adesso c’è già un’altra pratica per il quarantaduesimo - preparano dossier che sono estremamente complessi anche sul piano tecnico per fare in modo che venga ottenuto il riconoscimento, dopodiché vengono presidiate le sedi comunitarie. La nostra regione è stata tra i fondatori di AREPO, che è l’associazione delle regioni produttrici di prodotti di qualità, che ha esercitato un’azione di lobbying costante e puntuale (lobbying in senso positivo) che ha reso la voce di AREPO molto autorevole all’interno del processo decisionale in ambito agricolo. Con noi ci sono regioni di tutta Europa e, anche se è chiaro che le regioni del Mediterraneo continuano ad avere, in relazione alle caratteristiche del proprio tessuto produttivo un peso molto maggiore rispetto alle altre, comincia però ad essere significativa anche la presenza di un discreto numero di regioni dell'Europa centro settentrionale e di quella dell’est. Questo indubbio rafforzamento ha consentito di ottenere i risultati che io vi ho riportato sia sul regolamento dei sistemi di qualità applicabili ai prodotti agricoli e alimentari.

Si tratta di una partita in salita perché, solo per citare un esempio la Commissaria europea all'agricoltura dal 2004 al 2010 Marianne Fischer-Boel, proveniente dalla Danimarca, ovvero da un Paese di 5,5 milioni di abitanti con solo 6 prodotti IGP riconosciuti contro i 41 della Regione Emilia-Romagna - era orientata a mettere in discussione l’utilità stessa dello strumento di protezione delle indicazioni geografiche. Quindi non è che questa materia sia ovvia e condivisa da tutti, lo sarà nella nostra testa e nella nostra cultura, ma quando si cambia posto e sono in gioco altri interessi queste cose non sono così semplici.

È stata ottenuta la già citata protezione ex officio, la possibilità di gestire il volume di produzione dei formaggi stagionati dei DOP e degli IGP e di utilizzare la denominazione “Prodotti di montagna”, il riconoscimento di un ruolo più definito dei consorzi di tutela nel monitoraggio del mercato, nella segnalazione delle frodi e delle usurpazioni del nome, sia compiere alcune azioni volte a migliorare il valore aggiunto del prodotto. Senza il lavoro e l'impegno di AREPO molti di questi traguardi non sarebbero stati raggiunti. L'esperienza, infatti, insegna che su tematiche di questa importanza è necessario coinvolgere, per essere ascoltati, un significativo numero di Paesi. Inoltre la procedura di riconoscimento delle indicazioni geografiche è più rapida, da dodici a sei mesi, e anche questo rappresenta un fatto molto importante.

Veniamo al TTIP; è un argomento molto controverso; come parere del tutto personale sono abbastanza preoccupata di alcuni aspetti del TTIP, soprattutto quelli che riguardano il lavoro e il trattamento del lavoro e la parte relativa alla risoluzione delle controversie, perché ci sono dei meccanismi che possono favorire le grandi concentrazioni industriali e finanziarie. Viceversa non sarei preoccupatissima sulla parte che riguarda l’agricoltura, se le cose si portano a casa come sono scritte lì, nel senso che per la tutela delle DOP e IGP allo stato attuale noi siamo in uno stato di disarmo, nel senso che negli Stati Uniti possono chiamare Parmesan quello che vogliono e diventa difficile contrastare questa situazione anche da un punto di vista giuridico. Se un produttore non prova a usurpare con i simboli o col nome il Parmigiano Reggiano vero e proprio e depositato ma si limita ad una denominazione generica, non commette alcuna irregolarità e noi non abbiamo strumenti per intervenire. Viceversa se nel TTIP, in una logica di reciprocità, riuscissimo a normare la difesa delle rispettive DOP o IGP è chiaro che questo potrebbe consentire di avere degli strumenti in più, cosa che è accaduta di recente con la sigla del negoziato del Canada. Non ve lo sto a leggere, ma nelle slide c’è il testo che è stato approvato dalla Commissione Agricoltura del Parlamento europeo che riprende un emendamento di Paolo De Castro e contiene esattamente questa parte che per noi è così delicata e importante.

Per quanto riguarda le filiere e la tracciabilità - la tracciabilità ovviamente è importantissima per mille ragioni, non solo per la verifica della correttezza dei protocolli produttivi ma anche per la sicurezza - la Regione Emilia-Romagna negli anni ha dedicato molta attenzione a questo, in particolare alla valorizzazione delle proprie produzioni di qualità, in particolare col rafforzamento delle filiere, la riconoscibilità e la tracciabilità. Ci sono due specifiche leggi regionali, la n. 33/97 e la n. 33/2002 che riguardano anche la promozione delle produzioni regionali e il miglioramento dell’efficienza alle imprese.

Veniamo quindi in specifico al Parmigiano Reggiano. Se vogliamo discutere di cosa fare e come difendere i nostri prodotti in Emilia-Romagna, dobbiamo riferirci a questo formaggio, perché gli allevatori di fatto, indirizzano quasi tutto il loro latte a questa produzione. Sappiamo che il Parmigiano Reggiano è un prodotto particolare, di grandissimo pregio, che però ha un andamento di mercato molto instabile e fortemente ciclico. Se si osserva come è andata negli ultimi vent’anni si vede che ci sono delle curve quasi regolari. Altri aspetti da considerare sono legati alla notevole incidenza dei costi di produzione legati alla necessità di avere una materia prima rispondente ai livelli qualitativi molto alti previsti dal disciplinare ed alla cronica debolezza contrattuale dell’offerta perché il formaggio lo fanno in trecentosessanta e lo vendono di fatto a dieci. È quindi evidente che in questa particolare condizione di mercato chi compra si trova in una condizione di grande forza e può “fare il mercato”. Vi anticipo una prima risposta che svilupperò più avanti in modo approfondito I trecentosessanta devono fare “mucchio” ed organizzarsi rapidamente, perché diversamente penso che sarà abbastanza difficile cambiare le cose. Il calo drastico delle quotazioni che c’è stato nella seconda metà del 2014 ha procurato una modulazione della produzione avvenuta di fatto via mercato e spontaneamente: la produzione è calata del 4 per cento nei primi tre mesi del 2015. Sebbene la quotazione del prodotto sia tuttora largamente insoddisfacente per i produttori, dall’inizio di gennaio a metà aprile le quotazioni minime della Borsa di Parma sono salite un po’ per il prodotto a dodici mesi arrivando a 7,55 euro al kg; le esportazioni di gennaio invece hanno avuto un boom verso gli Stati Uniti con un più 11 per cento, quindi prendiamoli come elementi di una possibile inversione di tendenza, anche se io credo che per un’inversione di tendenza vera ci voglia quell’elemento riorganizzativo del settore che credo non sia più rinviabile. Osservando alcuni dati sul trend di produzione 2007/2013 del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano emerge che in entrambi i casi le tonnellate prodotte tra il 2007 e il 2013 sono cresciute in modo particolarmente significativo (nel caso del Parmigiano Reggiano del 12,9 per cento e nel caso del Grana Padano del 10 per cento), mentre per altri formaggi DOP si sono verificati cali e crolli quasi verticali della produzione come per il Pecorino romano e il Gorgonzola. È chiaro che a questo crollo verticale della produzione del Pecorino romano ha fatto seguito uno schizzare verso l’alto del prezzo; tuttavia anche questa è una ulteriore riprova dell'esigenza di rivedere la filiera di questi prodotti perché andamenti di questo tipo non sono più sostenibili. Vi ho messo anche una tabella su quante forme vengono prodotte mese per mese, così potete vedere che, dal 2010 al 2015, c’è stata obiettivamente - in questi primi tre mesi dell’anno - una riduzione del numero abbastanza rilevante.

Cosa serve per lo sviluppo di questo settore, che è il settore chiave per i nostri allevatori? Sono necessari, in primo luogo, efficienza e diminuzione dei costi di produzione. Vi ho già detto che ci sono differenze di costo tra stalle e caseifici che denotano che ci sono margini talvolta ampi di miglioramento che devono essere affrontati con decisione; non dobbiamo invece commettere l'errore, come politica, di lasciare che i produttori non affrontino i problemi che hanno. È più onesto e più serio far loro presente che sono in una condizione di non efficienza e che questa efficienza va raggiunta, perché altrimenti ci pensa il mercato a sistemare le cose e l'atterraggio rischia di essere particolarmente duro.

Per quanto riguarda la distintività del prodotto, bisogna cominciare a rispondere diversamente alla richiesta di una domanda sempre più segmentata e smettere di essere una commodity, perché è incredibile che un prodotto di questo pregio venga trattato come una commodity e abbia queste oscillazioni di prezzo.

Bisogna investire anche in magazzini più efficienti che siano capaci di gestire in comune la porzionatura e molti altri servizi anche perché l’Unione europea chiederà sempre più norme di salubrità anche rispetto alle muffe che rimangono sopra e residui, quindi ci vorrà una capacità di fare dei calcoli molto raffinati dal punto di vista degli elementi a contorno, e poi bisognerà lavorare, ovviamente, sull’internazionalizzazione per incrementare le esportazioni, visto che è un prodotto che è talmente conosciuto ed è talmente buono che è un peccato non riuscire a esportarlo, ed esportarlo in una chiave programmata è l’unica cosa che ci può consentire di farne di più e dare più soddisfazione anche ai redditi dei produttori.

Pure in presenza di un prodotto tradizionale, bisogna non perdere la capacità di innovazione, in particolare caratterizzare e mantenere costante l’offerta, soprattutto in termini di qualità, perché ballano un po’ le percentuali di grasso, avere una capacità di esportare e differenziare anche in funzione di nicchie di mercato rispondendo a esigenze di tutti i canali commerciali, dal catering alla ristorazione collettiva; d’altro lato bisogna favorire l’innovazione tecnologica degli allevamenti in modo compatibile con il disciplinare. Tutto questo però può essere ottenuto solo con l’integrazione tra le diverse componenti della filiera, perché questo consente di migliorare la capacità di investimento, di trasformazione e di commercializzazione e anche di comunicazione. In altre parole, bisogna smettere di andare in trecentosessanta a vendere al proprio commerciante, perché questo è ciò che accade oggi e oltretutto ognuno vende la forma intera. La sfida significativa è rappresentata dal superamento dei limiti strutturali della filiera senza snaturare le caratteristiche di un prodotto che tutto il mondo ci invidia. Uno studio, denominato Innovalatte 2030 e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, ha evidenziato come l’elemento chiave per il futuro della filiera è proprio l’aggregazione dell’offerta, intesa anche come gestione nella commercializzazione, ora possibile grazie all’emanazione di questo pacchetto latte sulle OP e sulle OI, che ricordavo all’inizio, pubblicato l’altro giorno e che contiene molti punti interessanti anche se nella parte “interprofessione” non va benissimo scritto così com’è. Si tratta in sostanza di fare in modo che possa arrivare ai produttori il risultato dell’intera catena del valore aggiunto. Questo è il punto vero. Oggi ci si ferma al caseificio, cioè il produttore arriva a prendere il valore che si crea fino al caseificio, il caseificio vende a tanto e a lui arriva il riparto di quel valore, ma il grosso del valore si crea a valle di questa fase, quando si va a vendere il prodotto porzionato sul mercato. Considerate che ci sono dei multipli di questo genere: il formaggio grattugiato - che magari a noi emiliani fa un po’ senso, perché nessuno di noi lo compra così, però dalle altre parti invece va moltissimo e tra l’altro va tenuto d’occhio di più perché rischia di essere mescolato con altre cose - ha un moltiplicatore 3 rispetto al prezzo al chilo della classica punta. Se uno fa gli stick li vende a quattro volte tanto e a cinque se fa la monoporzione Chi si è organizzato per coprire queste richieste sta ottenendo grandi risultati anche in termini di utili aziendali che poi ovviamente ribalta sui soci, che però di rado sono i produttori.

Il punto è che bisogna che in casa dei produttori riesca ad arrivare tutto il valore, cioè tutto quello che si crea fino in fondo, e questa è una questione di organizzazione.

Arrivo infine a quello che possiamo fare noi come Regione; è chiaro che come si organizza la produzione lo decide la produzione e non la politica.

La politica ha il ruolo di sensibilizzare, dispensare analisi e far capire dove sarebbe meglio andare, però poi vige la libertà di impresa e di mercato di fare le scelte (giuste o sbagliate che siano).

Noi abbiamo delle leve che sono per esempio quelle del Piano di Sviluppo Rurale.

L’importanza del PSR 2007/2013 - vi do i dati di come è andata la programmazione precedente e poi parliamo della nuova - sta nel fatto che sono state circa mille le domande ammesse sulle misure dell’asse 1 per un impegno di circa 120 milioni di euro, che sono stati il 21,4 per cento dei 560 milioni che erano destinati all’aumento della competitività, quindi questo settore si è preso un quinto delle risorse della competitività, come è giusto che sia vista l’importanza che ha in questa regione. Circa l’80 per cento delle risorse impegnate è stato concesso a imprese che operano nel settore del Parmigiano Reggiano, 17,5 Grana Padano, quindi di fatto Piacenza, e l’altro 2,5 è andato a imprese produttrici del latte alimentare o formaggi generici.

L’ultima slide richiama il PSR 2014/2020 che è in dirittura d’arrivo; si riconferma l’impostazione precedente ma con alcune novità, in particolare in materia di organizzazione di produttori, di progetti di filiera, cioè interventi finalizzati al miglioramento della redditività e la più equa distribuzione del valore aggiunto - quello che dicevo prima -, il rafforzamento delle filiere produttive con supporti conoscitivi, logistici e organizzativi per valorizzare le produzioni e il miglior posizionamento sui mercati e interventi a favore delle produzioni sostenibili di qualità, per esempio la produzione integrata, la produzione bio e produzioni a qualità regolamentata tra le quali rientrano anche il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano.

Per le ragioni che ho esposto e che ho cercato di esporre - sperando di essere stata chiara - in questo documento verranno previste all’interno dei bandi delle premialità per tutte le forme di aggregazione della produzione e dell’offerta per andare nella direzione che credo sia l’unica che possa garantire un futuro più stabile e anche più soddisfacente per i produttori di latte della nostra regione.

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Caselli.

Sono consapevole che l’intervento si è protratto oltre i tempi normalmente previsti, ma visto che era stato chiesto all’Assessore di fare una comunicazione, quindi di illustrare, abbiamo lasciato la possibilità dell’illustrazione completa.

So che c’è stata una sorta di accordo, quindi inviterei i Consiglieri a un intervento uno per gruppo in termini di cinque minuti e invece a chi replica alle collegate interpellanze la metà del tempo normalmente previsto per le interpellanze, quindi quattro minuti. Ovviamente non sono qui con l’accetta.

Si apre il dibattito generale.

Ha chiesto di parlare il consigliere Rainieri. Ne ha facoltà.

 

RAINIERI: Grazie, presidente. Ringrazio l’Assessore per la relazione, anche se sono un po’ preoccupato, non per colpa sua, per i dati che ci ha fornito, perché se ricordiamo soltanto dieci anni fa i quattromila allevamenti oggi presenti erano molto più del doppio, quindi questo mi preoccupa da allevatore e da amministratore della Regione Emilia-Romagna. Sono molto preoccupato perché – abbiamo anche un grafico – sembra, anche dalla relazione, che il prezzo del latte in Italia o comunque in Emilia-Romagna sia quello più alto, ma non è così e non lasciamoci prendere in contropiede da questi dati, perché dobbiamo fare una valutazione molto più generale. La produzione del latte da Parmigiano Reggiano costa un 40 per cento in più rispetto alla produzione del latte da latte alimentare o da Grana Padano, quindi bisogna mettere anche insieme tutti quelli che sono i costi di un’azienda agricola nel territorio emiliano o nazionale rispetto a quelli che sono i costi di un’azienda francese o tedesca e a quelli che sono gli aiuti che vengono dati a queste aziende rispetto allo Stato italiano.

Sostanzialmente, per chi non conosce il sistema, noi dobbiamo dare solo materie prime che sono registrate all’interno del disciplinare di produzione del consorzio del Parmigiano Reggiano e non possiamo usare insilati, che costano mediamente l’80 per cento in meno rispetto a fieni secchi. Dobbiamo utilizzare assolutamente solo materie prime e non possiamo utilizzare sottoprodotti di altre produzioni, e questo assolutamente ci aumenta quello che è il costo di produzione, tenendo conto anche che abbiamo una media aziendale sui cinquanta capi a livello nazionale e i costi di gestione di un’azienda piccola rispetto ai costi di gestione di un’azienda di dimensioni più ampie fa sì che aumentino i costi e calino i ricavi.

Abbiamo visto i dati che ci dicono che c’è un trend in aumento della produzione, e questo ci fa sperare in qualche modo che qualche giovane in più rimanga nel settore, dobbiamo anche segnalare il fatto che gli scorsi anni abbiamo avuto dei problemi con la fienagione e con i prodotti alimentari utilizzati. Faccio l’esempio del mais, perché avrete sentito tutti la questione delle aflatossine sul mais, quindi erano state ridotte le quantità di mais utilizzate per dar da mangiare agli animali, quindi c’erano produzioni inferiori, perché il mais è il motore per dare energia agli animali (alle vacche in questo caso), quindi meno se ne usa, meno l’animale produce e di conseguenza meno latte si fa.

Assessore, ho visto anche il documento del comitato delle regioni che ci ha consegnato stamattina e anche questo mi preoccupa un po’, perché noi dovremmo prendere spunto da quello che è scritto lì in fase sia negativa sia positiva. La parte negativa è quella che riguarda l’ultimo punto della prima pagina, dove si raccomanda un ampio piano di sviluppo rurale per i paesi baltici, e vorrei ricordare che questi paesi baltici sono anche quelli che prendono più soldi dalla Comunità europea ma ne danno meno. Nella relazione si dice che hanno aziende medio piccole, che è la realtà che abbiamo anche noi, allora non si capisce perché loro debbano essere in qualche modo aiutati e noi dobbiamo essere sicuramente penalizzati. Credo che su questo l’Assessore sia assolutamente d’accordo con me perché purtroppo - lo stiamo vedendo in Europa – si stanno spostando molto i contributi sul settore agricolo nella parte dell’est dell’Europa e lasciando perdere quella che è la parte veramente produttiva, quindi Francia, Germania, Olanda e Italia.

Abbiamo un problema del dopo quote; Assessore, lei parlava di un accordo fatto con il Ministero per compensare il 12 per cento in più della produzione di quelle aziende che hanno splafonato, non dimentichiamoci che rimarranno fuori tante aziende ancora. Dai dati che ho in possesso io, le tre ultime mensilità, cioè gennaio, febbraio e marzo, danno un calo mediamente attorno al 3,5 per cento, quindi secondo i miei dati, se non vengono fatti giochi di prestigio da qualcuno della GEA, come è stato fatto in passato, dovremmo essere all’interno della quota, però la mia preoccupazione rimane per quelle aziende che oltre il 12 per cento dovranno pagare una multa bene rateizzata nell’annata ma comunque immediatamente e con la non possibilità di fare ricorso, come è stato detto dal Ministro.

Ricordo però che queste aziende sono le aziende giovani, sono quelle aziende che hanno investito e che grazie anche ai piani rurali finiti hanno fatto investimenti importanti nelle aziende agricole che per pagarli hanno però l’obbligo e il bisogno di aumentare la produzione, perché per pagare i debiti si aggiunge una produzione in più rispetto a quella che si fa già, perché altrimenti è inutile fare un debito, perché difficilmente si riuscirà a pagarlo. Su questo sono un po’ preoccupato, così come sono preoccupato perché nel comitato delle regioni si lascia intravedere una possibilità di reinserire il sistema quote tra qualche anno. Mi auguro che in quel caso si faccia riferimento al modello degli Stati Uniti, che sono un po’ come l’Europa, e in questi stati le quote le pagano quegli stati membri che superano la loro produzione rispetto al consumo e bisognerebbe forse in Europa fare anche noi questo discorso, perché l’Italia – lo ha detto lei, Assessore, ma lo ripeto anche io – produce il 60 per cento di quello che è il fabbisogno nazionale. Se poi consideriamo che la nostra produzione in Emilia-Romagna e in alcune altre regioni va per la maggior parte a prodotti DOP vuol dire che, come è scritto nella relazione, il latte italiano è, all’interno del brik da un litro, solamente un 10 per cento rispetto a quello che viene consumato, e anche su questo non sono molto d’accordo.

Benissimo il logo del latte italiano, però, Assessore, quello andrebbe messo obbligatoriamente e non deve essere una cosa privatistica, come è scritto qua, e fatta da chi vuole, perché il consumatore ha bisogno di una certezza e soprattutto non sono d’accordo sul fatto che sia utilizzato con il latte UHT, perché il latte italiano e fresco deve essere il latte, come dice la legge, prodotto e consumato entro i cinque giorni. In questo caso aiuterebbe sia il consumo del latte soprattutto il consumatore, che sa di avere un prodotto non dico a chilometro zero ma prodotto nel proprio territorio. In un latte UHT sapete tutti che di latte c’è dentro poco, perché un latte non può in natura durare più di tre giorni, mentre il latte UHT ha anche scadenza di mesi, quindi immaginatevi voi cosa c’è dentro. Io sono convinto che se qualcuno di voi vedesse la produzione del latte UHT di latte ne berrebbe veramente poco. Se volete fare il latte UHT prendete un litro di latte alle macchinette e ci aggiungete mezzo litro di acqua, ed è sicuramente più buono e vi costa meno rispetto al latte UHT con tutte le lavorazioni che vengono fatte.

Lei ha parlato delle Organizzazioni di Prodotto e ben vengano, sono anni che ci stiamo lavorando, però vorrei ricordarle, Assessore – magari lei non si occupava di agricoltura – che il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha provato qualche anno fa a mettere insieme il prodotto e a sostituirsi a quelli che erano i quattro – cinque commercianti, perché tali sono, che hanno in mano il mercato del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. Molto spesso, come si diceva nella relazione, il Parmigiano Reggiano viene utilizzato come prodotto civetta per vendere altri prodotti sicuramente di scarsa qualità rispetto al nostro. Dobbiamo stare attenti, e per questo nella mia interpellanza chiedevo di valutare la possibilità di controllare effettivamente quello che è l’operato del consorzio perché noi, come Regione, e lo dico anche al Presidente, abbiamo la possibilità, che secondo me non è solo una possibilità ma anche un beneficio per quanto riguarda la regione, di inserire una persona all’interno del direttivo del consorzio e qui secondo me va fatto un lavoro importante perché abbiamo visto molto spesso che all’interno del consorzio ci sono delle situazioni poco chiare. L’avevo denunciato la volta scorsa e ribadisco, Assessore, che mi auguro che ci sia la possibilità al più presto di mettere un controllo all’interno del Consorzio del Parmigiano Reggiano. Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma mi dicono che il tempo è scaduto, per cui ringrazio l’Assessore per la relazione e chiudo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rainieri.

Ha chiesto di parlare la consigliera Serri. Ne ha facoltà.

 

SERRI: Grazie, presidente. Anche io ringrazio l’Assessore per l’informativa, che è stata ricca, esauriente e ha permesso di avere un quadro completo della situazione del settore lattiero-caseario della nostra regione, non solo, ha soprattutto dato alcuni spunti di riflessione importanti. Già in una delle precedenti Assemblee, col voto di tutti i gruppi, abbiamo approvato le risoluzioni che hanno messo in evidenza il pregio del settore agroalimentare della nostra regione e anche la necessità di fare una riflessione con l’obiettivo di valorizzare ancora di più queste produzioni.

Io penso che l’agroalimentare per la nostra regione sia un elemento di grande caratterizzazione e di grande attrattività. Quando noi parliamo di produzione di latte, che è una parte importante della produzione agroalimentare, penso che i numeri citati dall’Assessore ci portano a dire che parliamo di produzione di formaggi duri, in particolare di Parmigiano Reggiano, e parliamo di un prodotto che è un’eccellenza conosciuto in tutto il mondo. Per questo motivo dovremmo cogliere e sfruttare tutte le potenzialità per pubblicizzare e far conoscere questo prodotto che ora non riusciamo a cogliere e a far cogliere.

Credo che la relazione dell’Assessore abbia messo in luce quelli che sono i veri limiti di tutto ciò, la debolezza contrattuale, trecentosessanta caseifici che si devono confrontare in modo sparso con pochissimi soggetti che si occupano di commercializzazione, la non capacità di cogliere anche quelle che sono nuove esigenze del consumatore, a partire dal tema della pezzatura, messo in evidenza anche dall’Assessore, quindi un forte limite della capacità contrattuale di chi produce questo prodotto, che si preoccupa di fare un buon prodotto, di produrre un buon latte, di trasformarlo bene, ma dopo le porte del magazzino cede completamente la gestione della parte successiva ad altri soggetti, e guarda caso è la fase che darebbe maggiore remunerazione che potrebbe essere quindi interessante anche per le nostre aziende agricole. I dati ci riportano comunque a vedere una situazione secondo la quale le nostre aziende agricole sono quelle che hanno la redditività più bassa, la redistribuzione più bassa del reddito di tutta la filiera. Questo è il problema.

Vi è poi l’instabilità del mercato, che sicuramente è legato, in parte, anche a questa debolezza e penalizza soprattutto quelle imprese che sono più dinamiche e che hanno voglia di investire. Registriamo situazioni di imprese che hanno investito in momenti in cui il mercato dava una remunerazione del prodotto più alto e poi si trovano in difficoltà a fare fronte all’indebitamento negli anni successivi. L’instabilità del mercato senza ombra di dubbio è un limite forte alla capacità di crescita e di innovazione del settore e c’è questo tema dei costi di produzione che sono senza ombra di dubbio, come diceva il consigliere Rainieri, legati a un disciplinare che ci chiede un prodotto di qualità e di eccellenza, con delle regole ferree, ma l’instabilità è legata anche alla debolezza e alla frammentazione delle nostre imprese, i trecentosessanta caseifici ne sono la dimostrazione che parla da sola.

Volevo sottolineare un aspetto che mi ha colpito e che va comunque a confermare questo ragionamento, cioè se noi andiamo ad analizzare provincia per provincia e area per area quello che è stato il calo di questi ultimi mesi di prodotto di Parmigiano Reggiano, vediamo che il 4 per cento di calo non è distribuito nello stesso modo su tutto il territorio ma è distribuito in modo pesante nei territori che non hanno saputo riorganizzare le loro strutture. Non a caso vediamo territori, anche di montagna, che dal punto di vista dei costi di produzione sono più deboli e quindi maggiormente in difficoltà, che hanno saputo organizzarsi e hanno subito dei cali che si aggirano attorno al 2 per cento. Altri territori più forti ma che non hanno avuto questa capacità – lo vediamo dal numero alto di strutture che sono ancora presenti in rapporto alle quantità di prodotto – hanno percentuali ben più alte di riduzione della produzione e ciò vuole dire, senza ombra di dubbio, chiusure di imprese agricole.

Quando noi ragioniamo di imprese agricole ragioniamo di un settore che ha una fortissima valenza ambientale e di presidio del territorio, un valore che va oltre il valore socio-economico a cui si faceva riferimento prima. Il tema dell’aggregazione credo che sia un elemento importante, aggregazione di imprese, rete di imprese, anche in quella parte della filiera che si occupa di commercializzazione, e credo che come istituzioni questo sia il messaggio, l’obiettivo su cui puntare.

Giustamente l’Assessore diceva che siamo un’istituzione, la produzione è in mano a soggetti imprenditoriali, ciò che noi possiamo fare è l’utilizzo dei fondi PSR, che sono una risorsa veramente importante per l’agricoltura, incentivando l’aggregazione e la qualificazione delle imprese. Credo che questa possa essere la strada. Aggiungo la sensibilizzazione, perché è chiaro che non è la prima volta che incentiviamo con delle risorse questo percorso e non sempre siamo riusciti a farlo cogliere, quindi credo che abbiamo bisogno anche di mettere in campo una forte azione politica di sensibilizzazione di questa categoria. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Serri.

Ha chiesto di parlare il consigliere Torri. Ne ha facoltà.

 

TORRI: Grazie, presidente. Grazie anche all’Assessore per la relazione puntuale che ci ha illustrato. Facendo considerazioni sul tema del settore lattiero-caseario, in generale sull’agroalimentare nella nostra regione, il tema centrale e riconosciuto da tutti, come hanno anche dimostrato le votazioni che ci sono state e gli interventi precedenti, è quello della qualità. Non è soltanto uno slogan, come potrebbe essere semplice pensare, ma è un assunto che ha delle conseguenze politiche e concrete molto chiare, prima di tutto partendo dalla qualità dei prodotti - tanti elementi venivano ricordati dall’Assessore e dagli interventi precedenti -, la qualità dei prodotti che abbiamo - prendiamo ad esempio il Parmigiano Reggiano - è vero che è una risorsa che va valorizzata e sfruttata anche più di quello che è stato finora, ma è vero anche che dà dei costi maggiori nella produzione, che chiede una produzione particolare e che quindi interviene in maniera negativa come segno sulla questione della redditività, nel senso che se io produco con degli standard di qualità alti avrò dei costi maggiori, che, se non sono riconosciuti, sul mercato mi producono questa redditività negativa.

Questo è il primo motivo di intervento per quello che riguarda la politica; è chiaro che non possiamo intervenire direttamente sul mercato ma possiamo intervenire a favore di quelle aziende che fanno questo tipo di produzione anche favorendo una diversificazione, perché se ho una materia di qualità, come il nostro latte, che mi consente di produrre un formaggio, come il Parmigiano, di alta qualità mi potrà consentire anche di produrre altri prodotti che non siano il formaggio sempre di elevata qualità, e questo può essere un tema. Alla qualità dei prodotti si unisce la qualità del lavoro (questo penso sia stato centrato molto bene nella relazione dell’Assessore), perché bisogna intervenire in maniera decisa per favorire la modernizzazione e la competitività delle imprese in modo da collegare il tema dell’agricoltura al tema della modernità.

Uno sviluppo moderno della nostra regione passa anche dall’agricoltura e non è necessariamente un settore e un comparto superato, deve essere anzi un comparto moderno, da modernizzare, in maniera che sia appetibile anche per i giovani perché ci possano lavorare e possano anche sviluppare le loro imprese, avendo così riflessi positivi sul territorio popolandolo e mantenendolo vivo, e soprattutto sul nostro sistema economico, che comunque su questa qualità continua a viverci con delle tendenze segnate da luci e ombre, come venivano ricordate anche negli interventi precedenti.

Da questo punto di vista credo che sia importante lavorare sull’organizzazione, come diceva l’Assessore, in maniera da fare aggregazione per quello che riguarda le imprese per avere una maggiore massa critica, ma senza uniformare le differenze che ci sono, anzi magari esaltandole, e in questo punto il riferimento che faceva l’Assessore al riconoscimento della particolarità dei prodotti di montagna credo sia già un segnale importante che però non può essere un punto di arrivo ma il segno di come si può continuare in questo lavoro, e giocando in difesa, la difesa di questa qualità che non è soltanto barricarsi ma avere prima di tutto obiettivi chiari, capire su quali terreni la Regione può concretamente influire e giocare il suo ruolo.

Uno può essere la presenza dentro il Consorzio del Parmigiano Reggiano o in tutti i teatri su cui possiamo giocare in maniera da favorire la creazione di una massa critica, un altro è il discorso di ricercare sbocchi esteri sempre in maniera concreta e precisa perché sappiamo che c’è l’esigenza da parte dei produttori di uscire dal nostro mercato e sappiamo anche che il Trattato transatlantico presenta molte ombre insieme ad alcune luci, quindi lì bisogna procedere con molta cautela e magari ripensare a tutta questa organizzazione e a tutta l’impostazione di questo trattato.

È chiaro che non compete alla Regione, però compete a noi stare attenti che questo venga fatto. Un ultimo settore può essere quello della cultura e dell’educazione alimentare, perché dalla consapevolezza, a partire anche dai nostri giovani e da tutte le persone, parte la volontà e la possibilità di favorire settori di qualità, settori che non sono soltanto di qualità per quanto riguarda il gusto ma anche per quanto riguarda le capacità alimentari, e come Regione abbiamo anche tutta una legge sull’economia solidale da sviluppare che, sviluppata in un certo modo, può favorire le filiere corte, un certo tipo di produzioni e dare a queste produzioni, magari di nicchia ma di elevata qualità, anche sbocchi concreti e maggiore redditività. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Torri.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bertani. Ne ha facoltà.

 

BERTANI: Grazie, presidente. Ringrazio l’Assessore per la relazione molto puntuale e approfondita. Sicuramente ci sono alcuni aspetti che ci interessano in maniera particolare. Intanto quello che riteniamo il vantaggio competitivo che abbiamo come Regione è quello di puntare sulla qualità. Abbiamo già dei prodotti di qualità e dobbiamo sicuramente puntare su quello, piuttosto di fare come fanno altre regioni europee, cioè puntare sull’efficienza della produzione, che non è detto che sia una maggiore qualità, anzi probabilmente è una minore qualità. Cosa dobbiamo fare per proteggere o per avvantaggiare i nostri prodotti? Sicuramente difendere l’etichetta, quindi il marchio cento per cento latte italiano sicuramente è interessante, però se rimane una questione volontaria sicuramente ha un limite.

Quello che dobbiamo fare come Regione a livello politico è sicuramente spingere presso l’Unione europea su quel famoso regolamento 1169 lo stabilimento di produzione, la filiera di produzione, l’origine e questo secondo noi è il vantaggio che possiamo portare e probabilmente anche nella sessione europea, e questo è un invito a tutta l’Assemblea, possiamo preparare un documento per portare avanti questa iniziativa. L’altro aspetto che secondo noi è importante è non solo l’aggregazione, ma favorire anche le piccole produzioni, soprattutto difendere le piccole aziende, difendere quelle di montagna e quelle delle zone svantaggiate, perché portiamo avanti un triplice effetto, ossia il turismo locale, il lavoro locale e la protezione del territorio.

Vi è poi un piccolo punto di attenzione al programma latte nelle scuole: attenzione che non si trasformi in uno strumento per cercare di vendere più latte piuttosto che nello strumento di educazione alimentare, perché l’obiettivo dei programmi frutta nelle scuole, che era molto importante, è quello di educazione alimentare, quindi non si deve puntare su questo programma per cercare di vendere più latte ma di fare educazione alimentare. Soprattutto bisogna fare attenzione perché dentro quel programma c’è un po’ di tutto e magari cerchiamo, visto che ci sono misure di sostegno al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano, di promuovere quelle e non una cosa generica. Sul tema della pezzatura, è vero che c’è un valore aggiunto ma attenzione che questo si riversi soprattutto non sui produttori ma sui trasformatori e sulla grande distribuzione, quindi, se vogliamo sostenere questo tipo di sviluppo, dobbiamo fare in modo, come già accennava l’Assessore, che il vantaggio ricada sui produttori.

Quello che ci preme sempre nel PSR sicuramente è il sostegno della qualità, quindi produzione integrata e biologica, che secondo noi è sicuramente una cosa importante. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

Non ci sono altre richieste di intervento, per cui chiudo il dibattito generale su questo argomento ringraziando l’assessore Caselli e la Giunta.

 

OGGETTO 393

Delibera: «Quantificazione dei gettoni e rimborsi per le attività svolte dalla Consulta di Garanzia statutaria, ai sensi dell’articolo 6 della L.R. 4 dicembre 2007 n. 23. Modifiche alla deliberazione assembleare n. 104 del 16 gennaio 2013.» (Delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 32 del 25 marzo 2015) (12)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): La Commissione Bilancio Affari generali e istituzionali ha espresso parere favorevole nella seduta del 13 aprile 2015 con la seguente votazione: 29 voti a favore, 2 contrari e 5 astenuti.

Si apre il dibattito generale su questo argomento. Si hanno a disposizione dieci minuti per ogni intervento e poi si proseguirà con le dichiarazioni di voto con cinque minuti.

Se non ci sono iscritti, procediamo con la nomina degli scrutatori prima del voto: Lia Montalti, Silvia Prodi e Raffaella Sensoli.

Ha chiesto di parlare il consigliere Molinari. Ne ha facoltà.

 

MOLINARI: Grazie, presidente. Volevo solo sottolineare come anche in questa discussione che è avvenuta rapidamente all’interno della Commissione sul lavoro effettuato da parte anche della Presidenza ci ha visti recepire quella che è una proposta di buonsenso, anche a dimostrazione di quello che è il clima che si sta cercando di sviluppare all’interno di questo mandato. Il fatto di seguire anche su un organo di rappresentanza come questo che è l’impegno preso e assunto un po’ da tutti i Consiglieri per quanto riguarda anche il discorso del risparmio sui costi della politica, è stato recepito anche dal gruppo del PD, l’ha seguito in particolare Foti, a dimostrazione di come il cammino che è stato avviato è un cammino virtuoso che comunque tiene in considerazione anche quelli che sono organi come questi, che ovviamente dovremo andare a costituire, che hanno un ruolo fondamentale per quanto riguarda quella che è anche la garanzia statutaria e per quanto riguarda tutto il lavoro che verrà fatto nei prossimi anni. Bene questo intento, andiamo avanti in questa direzione e il Partito Democratico c’è nel sostenere anche iniziative di questo tipo che verranno proposte anche da altre forze politiche e dovranno necessariamente trovare un’unanimità proprio per l’obiettivo che ci si è posto.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Molinari.

Ha chiesto di parlare il consigliere Foti. Ne ha facoltà.

 

FOTI: Grazie, presidente. Soltanto per fare una riflessione in ordine al punto. Noi siamo in presenza di un atto dovuto e che l’Assemblea deve comunque assumere perché ha previsto statutariamente la presenza dell’organo di garanzia legando anche il gettone di presenza dei componenti dell’organo a quella che è l’indennità di carica. Come lei ben sa, nella precedente deliberazione era stato fissato non soltanto il limite percentuale ma un importo fisso e a questo punto, se vi fosse stato il limite percentuale, non c’era neanche bisogno di venire in Assemblea, ma essendovi indicato anche un importo fisso nel gettone di presenza, necessariamente questo deve essere modificato al ribasso.

Altro argomento è quello dell’abolizione eventuale dell’organo in questione, che è problema dell’Assemblea nel momento in cui la stessa decida o meno di sopprimerlo mettendo mano alla revisione dello Statuto.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Bertani. Ne ha facoltà.

 

BERTANI: Grazie, presidente. Solo per rimarcare che ovviamente siamo a favore di questa riduzione e ci fa specie come, come ho avuto modo di accennare nell’ultimo dibattito sul bilancio, per questi gettoni andiamo a ritoccare, visto che ci siamo diminuiti la nostra indennità, e casualmente in quello che abbiamo proposto in bilancio che andava a ritoccare i vitalizi, che anche loro sono stati congelati invece che essere di nuovo legati, come erano originariamente, all’indennità dei Consiglieri, non si è neanche aperto il dibattito. Questo ci dispiace molto e sarà una battaglia che comunque continuiamo a portare avanti, perché se i gettoni di presenza sono legati all’indennità dei Consiglieri, com’è giusto, anche l’entità del vitalizio, com’era previsto dalla legge, deve essere legata all’indennità dei Consiglieri. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

Non ci sono altri iscritti in dibattito generale, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare il consigliere Delmonte. Ne ha facoltà.

 

DELMONTE: Grazie, presidente. Dichiaro subito che il nostro gruppo, la Lega Nord, sarà favorevole ovviamente all’adeguamento dei gettoni di presenza, però su questo vorrei soffermarmi sul lavoro qualitativo fatto dalla Consulta di garanzia statutaria perché per due volte l’abbiamo interpellata, una volta come Consiglieri di Forza Italia, che hanno depositato una richiesta con due firme scoprendo poi autonomamente all’interno del gruppo che due firme non erano sufficienti e quindi insieme abbiamo richiesto un parere in merito agli atti propedeutici a quel famoso articolo 13 bis che manteneva in vita gli atti propedeutici per le fusioni dei comuni bolognesi, abbiamo chiesto un parere ma per due volte si è riunita la consulta e per due volte ci ha risposto semplicemente con un papiro di nove pagine ogni volta dicendo che le nostre richieste erano formalmente errate, la prima volta perché c’erano due firme, e lo sapevamo, e infatti ne abbiamo depositata subito di seguito una nuova, e la seconda volta perché c’era un conflitto di competenza all’interno della richiesta.

È vero che il loro scopo è sicuramente essere ligi allo Statuto, perché chi meglio di loro deve farlo, però è anche vero che forse era meglio dare delle risposte a dei Consiglieri che ponevano delle domande, invece che perdere due sedute ben remunerate e prendere il gettone di presenza per rispondere con atti lunghissimi dicendoci semplicemente che non avrebbero potuto risponderci.

Detto questo, è giusto adeguare il gettone di presenza, però ritengo anche che un lavoro qualitativo vada rivisto semplicemente nell’ottica di dare risposte e non semplicemente tergiversare ogni volta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Delmonte.

Se nessun consigliere chiede di parlare, si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 393.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti, approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’Assemblea approva.

 

OGGETTO 426

Delibera: «Programma regionale di investimenti in sanità ex art. 36 L.R. 38/2002. Intervento di “Acquisizione di tecnologie sanitarie ed informatiche” – Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna.» (Proposta della Giunta regionale in data 31 marzo 2015, n. 327) (13)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): La Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali ha espresso parere favorevole nella seduta del 13 aprile 2015 con la seguente votazione: 25 voti a favore, nessun contrario e 9 astenuti.

Si apre la discussione generale.

Ha chiesto di parlare il consigliere Paruolo. Ne ha facoltà.

 

PARUOLO: Grazie, presidente. La Commissione, come lei ha ricordato un attimo fa, ha espresso in modo unanime parere favorevole, ma è stata anche l’occasione per iniziare a mettere a tema uno degli argomenti io ritengo più cruciali per la prospettiva di ulteriore miglioramento di un già molto buono sistema sanitario, come è quello emiliano-romagnolo, che è quello dell’uso delle nuove tecnologie all’interno del comparto sanitario. La delibera che stiamo discutendo è più limitata nel suo scopo, perché assegna dei finanziamenti all’Azienda Ospedaliera Universitaria bolognese e riguarda un segmento di un più ampio piano di investimenti sulle tecnologie informatiche. Però credo sia un’occasione utile, questa del passaggio in Aula, per sottolineare alcuni elementi di prospettiva che dovrebbero guidarci in una riflessione che – lo ripeto – secondo me è davvero cruciale e che dovrebbe iniziare a riguardare più da vicino anche i decisori politici e non essere semplicemente delegata a materia di competenza semplicemente tecnica, proprio perché ci sono alcuni luoghi comuni su cui dovremmo tutti riflettere e alcuni riflessi condizionati che vanno sfatati.

I luoghi comuni riguardano il fatto che spesso si pensa che l’informatica ci aiuti a fare le cose che abbiamo fatto fino ad ora semplicemente migliorando la modalità con cui queste cose vengono effettuate o al limite rendendo più fruibile la consultazione e aumentando la trasparenza nell’accesso delle informazioni, cose senz’altro vere che però non sono l’unica possibilità e l’unico scopo che possiamo prefiggerci. Infatti una comprensione vera del respiro dei cambiamenti che stanno attraversando il settore delle nuove tecnologie e delle tecnologie informatiche dovrebbe portarci a comprendere che in realtà abbiamo di fronte una possibilità molto più ampia.

Mi si consenta in questa sede di attingere a un racconto e a una metafora che credo possa aiutarci a comprendere di cosa stiamo parlando. Quando ci sono stati dei salti di tecnologia, spesso il primo pensiero che è venuto in mente alle persone, agli studiosi e a chi era all’interno del campo, è stato quello di cercare di utilizzare la nuova tecnologia per far funzionare l’organizzazione preesistente.

Un caso che mi piace citare, che secondo me è molto interessante e illustrativo, è quello di quando c’è stato il passaggio nella tecnologia dei trasporti attraverso l’invenzione della ferrovia. Le prime ferrovie, come saprete, erano a vapore, ovviamente non avevano le caratteristiche del sistema ferroviario moderno, ma hanno rappresentato un salto quantico molto importante rispetto al sistema precedente di trasporto delle merci. In precedenza il sistema di trasporto delle merci, soprattutto di carichi molto significativi, avveniva per lo più per via fluviale o attraverso i canali. La rete di canali che è stata costruita in vari luoghi e anche nei nostri territori serviva proprio a questo: delle chiatte navigavano sui canali portando delle merci da un luogo a un altro e quando fu introdotta la ferrovia il primo pensiero fu quello di dire di costruire le linee ferroviarie lungo gli argini dei canali in modo da poter tendere una fune che consenta alla locomotiva di trainare la chiatta che andava lungo il canale. Questa è stata una reazione normale perché rispetto alla modalità di funzionamento che in quel momento era concentrata su questo tipo di trasporto, la nuova tecnologia è stata immaginata prioritariamente come un mezzo alternativo per potenziare lo schema precedente.

Dobbiamo evitare questo rischio perché, come è del tutto evidente, oggi la ferrovia rappresenta un'invenzione che consente di allargare l'orizzonte ben al di là della rete dei trasporti fluviali e di quelli che erano i trasporti lungo la rete dei canali alcuni secoli fa, così come oggi le tecnologie informatiche ci consentono di pensare a dei salti quantici.

Siccome questi discorsi di massima rischiano di sembrare discorsi vuoti, mi permetto di fare un esempio soltanto per riuscire a comprendere come abbiamo di fronte una possibilità vera di ragionare in modo diverso e di immaginare un sistema sanitario che, attraverso un uso profondo e diverso delle nuove tecnologie, possa effettivamente migliorare la qualità delle prestazioni e dei risultati di cura rispetto ai cittadini. Voglio fare l'esempio degli screening, che nella nostra Regione sono uno dei fiori all'occhiello della nostra comunità sanitaria. In questo momento gli screening attivi nella nostra regione sono sostanzialmente tre: quello mammografico per il tumore al seno, lo screening sul cancro della cervice uterina e quello del colon-retto. I parametri su cui vengono effettuati questi screening sono due: il genere e l'età, cioè la selezione della popolazione che viene invitata a partecipare a questi screening avviene soltanto sulla base del genere, le donne vengono invitate ai primi due, invece lo screening sul colon-retto riguarda tutti, e dell'età in cui è presumibile sia corretto iniziare questo tipo di controllo. È pensabile estendere questo schema a molte altre patologie? No, per due ordini di motivi: primo, perché dal punto di vista finanziario è estremamente oneroso pensare di procedere ad uno screening di tipo generalista che coinvolge centinaia di migliaia e tendenzialmente anche milioni di cittadini, come quelli di cui stiamo parlando per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna; secondo, perché quale sarebbe l'effetto psicologico se iniziassimo a ricevere non più una o due lettere ogni tanto, ma decine di lettere per andare a sottoporci a screening di ogni genere su ogni tipo di patologia possibile? Quindi, sia l'impatto finanziario che l'impatto psicologico sconsigliano di fare questa cosa. Poi evidentemente ci sono anche patologie di tipo diverso. Faccio presente da questo punto di vista che molte associazioni di pazienti chiedono esattamente questo, di aggiungere anche la patologia di cui si occupano loro a quelle rispetto a cui facciamo delle proposte di screening.

Esistono delle modalità alternative? La risposta è sì. Ad esempio una modalità alternativa è quella di provare a fare gli screening in modo mirato cercando di selezionare la popolazione non semplicemente sulla base del sesso e dell'età, ma anche sulla base di altri parametri, pensiamo, ad esempio, alle quantità notevolissime di parametri degli esami del sangue, che sono fisicamente già presenti all'interno dei data base, dei computer, dei laboratori centralizzati delle nostre Aziende sanitarie e pensiamo, ad esempio, che potrebbero essere usati quei dati insieme ad altri dati contenuti nei fascicoli sanitari elettronici, che sono strumenti che la nostra Regione ha già approntato, ma che faticano anche a trovare una vera diffusione fra la popolazione, forse anche perché dovremmo far comprendere quali sono i benefici per un allargamento di questi strumenti. Ecco allora, ad esempio - e faccio solo uno dei tanti esempi che potrebbero essere citati - che si potrebbe dire: facciamo un programma di prevenzione sull'insufficienza renale basandoci proprio sugli esami del sangue che sono già disponibili, senza bisogno di fare degli screening appositi, e magari mettendo in piedi dei sistemi esperti che, sulla base dei dati disponibili, dell'incrocio di parametri, di una modalità che riesce ad affinarsi nel tempo, magari integrata con informazioni che possono essere suggerite e scambiate con i medici di base, possa consentire di selezionare un target piccolo di popolazione a cui proporre un accertamento di tipo nefrologico. Basterebbe pensare ad alcune migliaia di visite che potrebbero essere, quindi, selezionate, un costo molto basso per il nostro sistema sanitario, che però potrebbe produrre effetti sorprendenti, perché se si va in modo mirato ad agire su un numero sufficientemente limitato di persone e si riesce ad ottenere un riscontro importante. Pensate se ad alcune migliaia di persone fosse proposta una visita nefrologica e risultasse che alcune di esse hanno effettivamente un problema iniziale di insufficienza renale, quale sarebbe l'effetto? L'effetto sarebbe che a queste persone si migliorerebbe la qualità della vita perché potrebbero essere curate da subito, il che allontanerebbe nel tempo il momento in cui potrebbero essere costrette a sottoporsi a dialisi e la Regione risparmierebbe anni di dialisi. Siccome è noto che un anno di dialisi costa al sistema pubblico regionale circa 50 mila euro, si capisce bene che anche soltanto alcune decine o alcune centinaia di casi potrebbero indurre risparmi milionari.

Questo è solo uno dei tanti esempi. Potrei citare il fatto di promuovere il portale in senso ampio, potrei citare il fatto che a questo punto io sono convinto, ma non credo di avere il tempo per poterlo sviluppare compiutamente, che occorra un approccio di tipo regionale su molte materie. La presenza del cloud, la presenza di dati decentralizzati dovrebbe indurre a togliere dal livello della singola Azienda sanitaria il controllo di una serie di processi informatici e portarli ad un livello più alto di area vasta o auspicabilmente anche regionale, con un intervento forte sull'anagrafe. Alcune modifiche legislative riguardanti la privacy potrebbero coinvolgerci per affinare e aiutare questi processi.

Insomma, c'è un mondo di fronte a noi che credo ci interpelli e su cui potremmo dare un aiuto importante anche noi da quest'Aula, al di là dell'aiuto che diamo in questa occasione nel votare a favore di questo piccolo provvedimento che va nella giusta direzione, ma, ripeto, lasciamoci coinvolgere ed entusiasmare dalle prospettive che abbiamo di fronte. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Paruolo.

Ha chiesto di intervenire la consigliera Sensoli. Ne ha facoltà.

 

SENSOLI: Grazie, presidente. Volevo solamente aggiungere che, senza entrare nel merito di questa proposta che tutto sommato è abbastanza tecnica, continuo ad invitare l'assessore, come già fortunatamente stiamo facendo in Commissione, ad impostare un lavoro che sia di ampio raggio onde evitare che così come non ci si trovi ancora davanti a depotenziamenti di strutture, reparti, ospedali, argomento che abbiamo già trattato, altresì si crei un programma di investimenti regionale in modo tale che le risorse comunque vengano ottimizzate il più possibile. Invito, quindi, ancora l'assessore a confrontarci in merito a questo riordino del settore sia per quanto riguarda il discorso ospedaliero, sia anche per quanto riguarda proprio l'informatizzazione della sanità, che comunque è molto importante, affinché a livello regionale di singole ASL e di aree vaste non si abbiano più tanti piccoli sistemi diversi che a nostro parere vanno ad inficiare quella che è l'efficienza e l'efficacia e anche l'ottimizzazione delle risorse. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Sensoli.

Non ci sono altri interventi, dichiaro chiuso il dibattito generale.

Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Daniele Marchetti. Ne ha facoltà.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente. Ribadiamo la nostra astensione, così come abbiamo già espresso in Commissione, perché comunque non abbiamo le competenze per valutare nel dettaglio i singoli costi sostenuti. Ovviamente va benissimo migliorare le dotazioni del nostro sistema sanitario regionale, ma tenendo bene in considerazione le cifre elevate di questo investimento, si va a sottolineare l'importanza di procedere in futuro maggiormente con acquisti fatti in convenzione per cercare di abbattere il più possibile i costi, ovviamente quando è possibile. Comunque questo credo che ci faccia capire quanta sia la mole degli investimenti necessari per migliorare tutto il sistema sanitario regionale.

Ribadisco la nostra astensione e chiedo la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione del partito di deliberazione, oggetto 426, con l'uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.

 

(Si procede alla votazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

40

Assenti

 

10

Votanti

 

39

Favorevoli

 

27

Contrari

 

--

Astenuti

 

12

 

L'Assemblea approva.

 

OGGETTO 516

Relazione annuale sull’attività svolta dal Difensore Civico della Regione Emilia-Romagna nell’anno 2014 (ai sensi della L.R. 16 dicembre 2003 n. 25, art. 11).

 

PRESIDENTE (Saliera): La parola al Difensore civico Gianluca Gardini, che ringrazio in anticipo per la sua relazione.

 

(entra il Difensore civico Gianluca Gardini)

 

GARDINI Gianluca, Difensore civico: Grazie, sono io a ringraziare voi per l'attenzione.

Cercherò di essere molto sintetico, credo vi sia stata trasmessa anche una relazione scritta, quindi rinvio in gran parte ai dati che sono contenuti nello scritto.

Due parole di introduzione sulla difesa civica credo che non guastino, in modo da poter spiegare anche con maggiore dettaglio quello che effettivamente è stato fatto in quest'anno.

Il difensore civico, come è noto, è un organo di garanzia precontenziosa e aiuta il cittadino a difendersi nei confronti di disfunzioni, inefficienze e cattiva amministrazione in generale. Il vantaggio della difesa civica è che è totalmente gratuita, è di facile accessibilità, ha evidentemente tempi più ridotti dei tempi lunghissimi della magistratura e quindi questo consente, oltre ad un accesso più agevole soprattutto alle categorie più disagiate, anche una soluzione amichevole, diciamo, che non prevede una contrapposizione e un conflitto, ma cerca di mettere in comunicazione, piuttosto che in contrapposizione, le parti. Questo è il senso dell'intervento della difesa civica.

Si occupa di tutelare il cittadino nei confronti dell'amministrazione, quindi il difensore civico interviene solo laddove ci siano controversie che riguardano l'amministrazione o vertenze che riguardano la pubblica amministrazione.

Devo segnalare in negativo un dato: l'Italia è rimasta l'unico dei Paesi membri dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa ad essere privo di un difensore civico nazionale, cioè non abbiamo una figura statale, quindi il carico della difesa civica, soprattutto dopo la Legge finanziaria 2010 che ha eliminato i difensori comunali, è tutto sulle spalle dei difensori civici regionali, che peraltro non sono stati istituti in tutte le Regioni perché solo 15 su 20 Regioni hanno un difensore civico regionale.

A questo punto, attraverso alcune convenzioni, i difensori civici regionali cercano di occuparsi anche dei problemi dei Comuni, degli enti locali, perché evidentemente in queste aree, nei territori, è venuta meno la figura di riferimento del difensore civico comunale. Questo a rigore deve avvenire attraverso convenzioni perché il difensore civico regionale non può ingerirsi, teoricamente, d'autorità in funzioni e compiti che spettano ai Comuni. Quello che stiamo cercando di fare, quindi, è legittimare anche formalmente la competenza del difensore civico regionale nei confronti dei Comuni attraverso una serie di convenzioni, la prima delle quali è stata quella del Comune di Bologna, che è stato un po' apripista di questa serie di convenzioni, poi la Provincia di Ravenna, il Comune di Mirandola e seguono una serie di Comuni che hanno manifestato l'interesse a convenzionarsi con il difensore regionale. Questo perché un difensore civico regionale che si occupa solo di Regione evidentemente sarebbe un istituto privo di oggetto su cui intervenire perché l'amministrazione diretta al cittadino è quasi tutta comunale, è quasi tutta quella fatta dagli enti locali, mentre le Regioni, come è noto, dovrebbero essere enti di indirizzo e di regia rispetto ai Comuni, cioè dovrebbero far fare l'amministrazione ai Comuni, quindi diventa quasi obbligato il passaggio convenzionale con i Comuni.

Preciso alcune linee che questo ufficio, da quando ho questo incarico di presiederlo, si è dato. Le linee sono quelle di concentrarsi soprattutto sull'attività amministrativa; abbiamo focalizzato come centro del nostro intervento e della nostra azione proprio gli atti e le attività dell'amministrazione che siano non funzionali, che siano in qualche modo illegittimi. Questo non vuol dire che non ci siamo occupati di tutela dei diritti, di patrocinio dei diritti, ma che sicuramente il grosso della nostra attenzione, della nostra azione è stato dedicato all'intervento sui procedimenti amministrativi da parte di pubbliche amministrazioni, segnalandone vizi, illegittimità, indicando all'amministrazione come correggere gli errori commessi, sollecitandola a ritirare l'atto laddove l'atto sia illegittimo e suggerendo soluzioni alternative.

Il fatto che il difensore civico non abbia poteri coercitivi, non sia dotato di poteri impositivi nei confronti delle amministrazioni, quindi non abbia nessun potere autoritativo, io non lo considererei tanto un limite quanto un pregio perché questo consente anche di poter entrare nel merito delle scelte compiute dall'amministrazione. A differenza della magistratura amministrativa e contabile, non ci fermiamo all'aspetto di legittimità, ai vizi di legittimità, ma possiamo anche sollevare censure riguardanti il merito, cioè l'opportunità delle scelte compiute, la convenienza delle scelte compiute, cosa che naturalmente è preclusa ai giudici amministrativi, che, come è noto, invece si occupano solo di legittimità degli atti. Questo io lo considero un punto di forza soprattutto in un Paese in cui il ricorso ai giudici e alla magistratura è prassi comune dato anche l'altissimo numero di avvocati che contraddistingue il nostro Paese, che hanno chiaramente una cultura del contenzioso, una cultura della contrapposizione giuridica piuttosto che della composizione delle liti.

Un'altra scelta operativa che abbiamo compiuto è stata quella di dare forma, veste giuridica di atto amministrativo a quelle che prima si chiamavano note o atti del difensore civico, che hanno proprio una costruzione tipica dell'atto amministrativo e si presentano come atti amministrativi. Addirittura abbiamo inserito una formula a chiusura, una sorta di deterrente che sottolinea all'amministrazione a cui ci si rivolge che "l'inosservanza e la mancata o ritardata risposta al presente atto può comportare responsabilità disciplinare dei funzionari e incidere sulla responsabilità amministrativa ed erariale dei funzionari competenti". Questo direi che è perfettamente consentito, la forma degli atti amministrativi è libera e quelli della difesa civica sono a tutti gli effetti atti amministrativi, non sono provvedimenti perché, come vi dicevo, non hanno forza autoritativa, ma sono atti amministrativi a tutti gli effetti e quindi seguono un iter procedimentale, una sequenza procedimentale che ne garantisce la verificabilità, la controllabilità. Abbiamo deciso, quindi, di inserire questa chiosa alla fine, che ha funzionato molto bene perché evidentemente il funzionario che riceve un atto, pur sapendo che non è vincolante, teme ripercussioni, ricadute negative da un punto di vista amministrativo e contabile soprattutto.

Da ultimo, prima di passare a brevissimi riferimenti ai dati, cito il fatto che la difesa civica è oggi, a mio avviso, quanto mai necessaria e altrettanto sottovalutata e sottoutilizzata in un'epoca in cui i controlli preventivi di legittimità sono venuti completamente meno. Come è noto, con la riforma del Titolo V sono scomparsi i controlli che sugli atti degli enti locali prima esercitavano i Co.Re.Co., sono scomparsi gran parte dei controlli preventivi di legittimità e quindi ad oggi rimangono sostanzialmente solo controlli successivi di legittimità, che, come è noto, stimolano le magistrature civile, penale ed amministrativa ad intervenire ex post, quando l'atto ormai viziato è stato emanato. Quindi credo che la funzione del difensore civico si renda evidente ancora di più nel momento in cui si potrebbe fare ricorso in via preventiva al difensore civico per esercitare un controllo, un vaglio di legalità preventivo che riuscirebbe sicuramente a dare maggiori garanzie di legittimità dell'atto nel momento in cui viene assunto. Resta comunque un istituto del tutto sottostimato, sottovalutato e sottoutilizzato, forse anche perché poco conosciuto dagli stessi utenti, dagli stessi cittadini.

Alcuni dati con i quali poi chiuderò questa breve relazione. Abbiamo avuto circa 550 istanze più un centinaio di istanze nell'anno 2014 che erano irricevibili perché manifestamente prive degli elementi essenziali, quindi ne abbiamo istruite circa 650 in tutto. È un dato sostanzialmente stabile rispetto agli anni precedenti io credo che andrà ad incrementarsi notevolmente anche perché, come vi dicevo, vari enti locali si stanno convenzionando con la Regione, tra cui il Comune di Bologna che da solo storicamente produce circa 200 istanze l'anno di difesa civica, che fatalmente si riverseranno sul difensore civico regionale.

C'è un alto tasso di successo delle raccomandazioni, cioè di questi atti del difensore civico, perché l'adesione da parte delle amministrazioni destinatarie del provvedimento è altissima, è intorno al 70 per cento. Sono pochissimi i casi, quest'anno ne abbiamo avuti solo 18, in cui c'è pacifica la mancata collaborazione della pubblica amministrazione a cui ci rivolgiamo perché non ci risponde o non ci fornisce motivazioni del proprio operato di nessun tipo. Quindi sono davvero pochi, percentualmente, questi casi, in tutti gli altri casi abbiamo avuto in qualche modo una risposta, ancorché una risposta negativa nel sostenere le motivazioni del proprio operato da parte dell'ente pubblico.

La maggior parte delle istanze alla difesa civica riguarda sanzioni amministrative, in particolare multe per il Codice della strada, e riguarda i tributi, la dilazione dei tributi, tema su cui ci dobbiamo rapportare con il garante del contribuente quasi quotidianamente. Un'altra materia fortemente utilizzata o comunque richiesta da parte dei cittadini è quella dell'accesso agli atti amministrativi, materia su cui il difensore civico ha una competenza specifica perché questo è uno dei pochi casi in cui abbiamo effettivamente un potere coercitivo di imporre, che ha un effetto concreto nelle pubbliche amministrazioni destinatarie perché otteniamo, nel caso di mancata risposta da parte dell'amministrazione, la visione e la copia dell'atto che il cittadino richiede. Inoltre abbiamo questioni che riguardano i servizi pubblici essenziali (gas, luce, acqua) dati in concessione alle società che gestiscono in nome e per conto degli enti locali questo tipo di servizi (anche il trasporto locale, penso a TPER, ne abbiamo tantissime di istanze di questo tipo). Molte di queste istanze provengono dal Comune di Bologna nella stragrande maggioranza, quindi c'è un dato sicuramente "bolognacentrico" diciamo, forse anche per maggiore visibilità e conoscenza e facilità di raggiungere il difensore civico, che si trova presso gli uffici della Regione, anche se al difensore civico ci si può rivolgere facilmente tramite posta, e-mail, e ha un accesso anche direttamente dal sito.

L'ultima questione riguarda i risparmi. Io credo che oltre ai risparmi economici, siano i risparmi di tempo che garantiscono un ricorso alla difesa civica e una capacità di auto-miglioramento da parte delle pubbliche amministrazioni, cioè un sistema per le pubbliche amministrazioni di ricevere una valutazione dall'esterno che consente poi un'autocorrezione sana da parte delle pubbliche amministrazioni e che legittima l'operato amministrativo più di ogni altro proclama e dichiarazione di intenti, cioè quando l'amministrazione si rende conto dell'errore commesso e ritorna sui suoi passi e cambia decisione, e questo succede in molti casi.

Ci sono, però, anche dei risparmi economici veri. Tanto per fare una stima dei più evidenti, ad esempio solo in materia di accesso abbiamo avuto 85 ricorsi che sarebbero costati 300 euro ciascuno; solo per questi c'è stato un risparmio per la collettività di oltre 25 mila euro. I ricorsi che sarebbero stati indirizzati al giudice di pace per le sanzioni del Codice della strada sono stati tantissimi, ci sono state 104 istanze; anche qui, considerato un contributo di 43 euro per il giudice di pace, c'è stato un risparmio intorno ai 5 mila euro. Questa è una proiezione che si potrebbe fare con meno facilità in molti altri settori dove i costi non sono così oggettivi, per questo stiamo cercando di realizzare uno studio che consenta una stima il più possibile verosimile dei risparmi che garantirebbe un uso più significativo della difesa civica sia per i cittadini che per le amministrazioni pubbliche.

Chiudo dicendo che abbiamo avuto la sottoscrizione di qualche convenzione con i Comuni che utilizzano il difensore civico e a fronte di questo servizio che gli viene erogato versano un contributo alla Regione; il Comune di Bologna versa intorno ai 12 mila euro per l'anno 2014, la Provincia di Ravenna intorno ai 15 mila euro e così in proporzione alla popolazione da servire, sostanzialmente. Questa è una scelta tradizionale che esisteva anche prima che esistessero i difensori comunali, che abbiamo ripristinato d'intesa con ANCI, che ha individuato delle tabelle basate sulla popolazione. Naturalmente questa è una valutazione su cui in futuro si può anche ritornare.

Infine ci sono i risparmi, io credo non secondari, che sono derivati dal trasferimento dagli uffici della difesa civica dal n. 44 a qui, al n. 50, in un unico piano in cui adesso conviviamo più che pacificamente, anzi, d'amore e d'accordo con gli altri garanti, il garante dell'infanzia e il garante dei detenuti. Credo che anche questo sia un dato, dal punto di vista della funzionalità, positivo.

Vi ringrazio.

 

PRESIDENTE (Saliera): La ringrazio per la sua sintetica, ma pregnante relazione, soprattutto perché ci fa ulteriormente capire attraverso questa relazione, con i dati, ma anche nel merito, come attraverso questo strumento la Regione possa dare supporto nella composizione delle liti e soprattutto nella comunicazione che certe volte manca fra le persone o fra la pubblica amministrazione e i cittadini.

Credo in modo consapevole che effettivamente l'utilizzo dello strumento del difensore civico comporti per la pubblica amministrazione, in senso ampio, un risparmio sicuramente per il cittadino, ma anche per la pubblica amministrazione nell'evitare ricorsi e liti che avranno dei procedimenti onerosi in senso ampio.

Questa Assemblea legislativa quando si è insediata ha anche definito un punto di riferimento per gli istituti di garanzia in una Commissione consiliare apposita. Credo che sia un nuovo inizio di collaborazione, perché attraverso la Commissione, quindi i componenti della stessa Commissione, sia nella relazione annuale ma con diverse modalità, ci possa essere ulteriore conoscenza e riflessione sugli strumenti, quindi anche sul difensore civico, e valutare come questo strumento possa essere più conosciuto non solo fra i bolognesi, essendo la sede a Bologna, ma in un contesto più ampio regionale e quindi con gli strumenti che noi possiamo avere a disposizione, come Assemblea legislativa, concordare insieme nell’ambito della Commissione consiliare con quali modalità fare ulteriormente conoscere e apprezzare questo strumento tra i cittadini ma anche all’interno della stessa pubblica amministrazione.

Oggi le voglio semplicemente dire che l’Assemblea legislativa è a disposizione anche per riuscire, se ha necessità di strumenti o un affiancamento politico in alcuni casi, per quei risultati che ci aspettiamo dalla pubblica amministrazione quando la pubblica amministrazione non risponde o fa finta di non sentire e di non vedere, quindi possiamo avere anche strumenti che sono tipici nelle possibilità di un’Assemblea legislativa.

La ringrazio a nome di tutti i nostri Consiglieri per la sua attività e durante l’anno attraverso la Commissione avremo modo di entrare meglio nel merito e aiutarla a essere più efficace.

 

OGGETTO 517

Relazione sull’attività svolta dal Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza nell’anno 2014 (ai sensi della L.R. 17 febbraio 2005 n. 9, art. 11).

 

PRESIDENTE (Saliera): La parola al dott. Luigi Fadiga, che esporrà in Aula la sua relazione.

 

(entra il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza)

 

FADIGA Luigi, Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza: Signora Presidente dell’Assemblea, signore e signori Consiglieri, è la prima volta che io ho l’onore di rivolgermi a questa Assemblea, pur avendo già un’esperienza più che triennale nell’esercizio della funzione di garante per l’infanzia e per l’adolescenza, infatti i tempi dell’incarico della figura di garanzia non coincidono e sono sfalsati con quelli delle legislature regionali, per cui avviene questa sfasatura, e credo che tra l’altro non sia affatto un male, perché sottolinea l’indipendenza della figura di garanzia, e lo stesso vale per i colleghi.

Devo dire che è fin dallo Statuto che la Regione Emilia-Romagna prevede un garante per l’infanzia e per l’adolescenza, e lo fa in adempimento di un obbligo che deriva in via generale da una convenzione internazionale di grandissimo rilievo, la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che risale al 1989 e che l’Italia ha ratificato con sua legge e che pertanto ora è già legge dello Stato, laddove immediatamente applicabile, oppure obbliga lo Stato a modificare la propria legge interna laddove ci sia contrasto. Devo dire perché, quando e come un garante per l’infanzia.

Con la legge regionale del 2005 la nomina è avvenuta nel novembre 2011 nella persona di chi vi parla; sia detto incidentalmente, forse per ragioni di età non sono molto adatto a essere collegato con l’infanzia, ma ho fatto il giudice minorile qui a Bologna per molti anni e ho maturato un’esperienza in quel settore. Qual è la caratteristica di un garante per l’infanzia? Quella di essere un rappresentante dell’unica categoria che è priva di rappresentanza istituzionale di qualunque genere; la fascia da 0 a 18 non ha voce in capitolo, non ha rappresentanze sindacali, non ha partiti politici, non possiede mass media, di conseguenza si ritiene che sia importante che qualcuno possa dare voce a questa categoria.

È vero che la convenzione ha introdotto un diritto di grandissimo rilievo ed è il diritto del minore di essere ascoltato, diritto che si esplicita non solamente nei procedimenti giudiziari ma anche in quelli amministrativi e sul piano pedagogico ed educativo. Questa è la situazione nella quale ci siamo trovati a operare in questo contesto, contesto che presenta grandi luci, perché leggi regionali a tutela dell’infanzia ce ne sono, la tradizione di politiche di servizi sociali è lunga e intensa, gli operatori preparati sono molti, e naturalmente esistono anche delle zone d’ombra e il garante dell’infanzia, proprio perché è incaricato di proclamare i diritti dell’infanzia, ha il dovere di individuarle, dove ci sono, sottolinearle e invitare i responsabili a provvedere. Il garante per l’infanzia non ha nessuna autorità concreta, non può ordinare e vietare, ma può solo raccomandare, invitare e segnalare.

Quali sono i punti delicati emersi nel 2014, un anno che ci ha visto molto impegnati sul lavoro e spero che questo risulti dalla nostra relazione che è stata distribuita? Direi alcuni punti specifici sui quali è bene soffermarsi un attimo: il maltrattamento, i bambini fuori famiglia, le povertà educative e l’organizzazione generale dei servizi per l’infanzia. Parto dal maltrattamento, categoria che sembra conosciuta e in realtà non lo è. Se noi prendiamo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, vediamo che a questa categoria e a questa voce si dà uno spazio molto ampio che comprende non solo il maltrattamento fisico ma anche quello psichico e di tipo sessuale. Apro una piccola parentesi: su questo punto c’è stato non molto tempo fa un momento di sconcerto nell’opinione pubblica in regione per dei fatti sicuramente gravi che erano emersi e che speriamo che possano essere isolati, fatti però che possono essere sintomatici di un disagio anche di carattere educativo da parte delle famiglie. Il maltrattamento compare davanti al garante anche molto per quanto riguarda i conflitti tra genitori; un numero rilevante di segnalazioni riguarda proprio questa conflittualità intrafamiliare che cerca di trovare sfogo in questo modo.

Per quanto riguarda i minori fuori famiglia – i dati li trovate nella relazione – è un fenomeno che va seguito con molta attenzione perché sono tanti e la soluzione dei ricoveri in comunità può essere a volte una soluzione necessitata a brevissimo termine, ma sono convinto che vada rivalutata la strada maestra che indica la legge, che è quella dell’affidamento familiare, forma che può essere modulata in modo diverso a seconda delle esigenze. Non è affatto necessario che sia un affidamento continuativo, totale e per l’intera giornata, ma può essere una forma di aiuto anche parziale, però molto importante in quella data situazione. Per quanto riguarda il discorso delle comunità, c’è polemica a livello nazionale. Si dice che non sono sufficientemente seguite, che in realtà possono anche favorire un giro di sovvenzioni e sussidi non previsti, questo per fortuna nella nostra regione non si verifica, la vigilanza è abbastanza attenta, e dico abbastanza perché abbiamo avuto un paio di episodi dove è stata necessaria una segnalazione che ha portato poi a una modifica della delibera di Giunta sulla vigilanza e i controlli. I minori fuori famiglia sono sicuramente un tema che va seguito con attenzione.

L’altro tema su cui ci siamo soffermati è quello della povertà educativa minorile, e questo con riferimento non solamente alla scuola, al discorso più ampio, ma proprio un problema che è aggravato dalla crisi economica pesa più di quanto era prevedibile e di quanto sia bene sui bambini e sui minori. La povertà educativa costituisce una doppia forma di esclusione e non colpisce solo le fasce marginali quanto a reddito, ma interessa e può interessare anche a prescindere dal reddito laddove la famiglia, per esempio neo immigrati, non sia sufficientemente integrata nella comunità. Abbiamo verificato la difficoltà di inserimento scolastico di questi bambini che vengono da fuori o che sono qua in Italia già da diversi anni, abbiamo visto il ritardo scolastico e l’abbandono scolastico.

Siamo convinti che una particolare attenzione da parte della scuola sia molto raccomandabile; è mia convinzione che non sia bene inserire un ragazzino che non capisce una parola d’italiano in una classe dove già ci sono invece suoi coetanei che riescono a parlare, perché è una forma di esclusione anche questa e sarebbe opportuno e necessario un periodo propedeutico quantomeno di introduzione alla lingua, non come forma di esclusione ma come forma che evita l’esclusione. Queste situazioni ci vengono portate davanti dai genitori molte volte e anche dalla scuola, e qui devo dire che la conflittualità tra genitori e scuola è elevata ed è anche per certi aspetti preoccupante. Vediamo genitori che vivono il rapporto con la scuola in un modo estremamente conflittuale, in un modo che talvolta li fa addirittura essere affiancati da un difensore per rivendicare quelli che dovrebbero essere i diritti del figlio suppostamente negati. Questa conflittualità non è un bene e stiamo cercando di mediare per far sì che ci sia da parte dei genitori comprensione e rispetto nei confronti degli organismi scolastici, che vengono invece molto spesso considerati in un modo che da parte dei genitori è aggressivo, violento e scorretto.

Dico qualche parola infine sulla rete dei servizi. Ci sono delle linee guida regionali molto nuove in applicazione di una legge regionale recentissima, e spero che trovi un’applicazione molto rapidamente, perché la rete dei servizi per l’infanzia attualmente è da un punto di vista amministrativo e organizzativo estremamente frammentata, cosicché è difficile il raccordo, e questo crea problemi anche con la magistratura, che non riesce bene a vedere e a capire con chi invece deve interagire. Ho citato la magistratura e dirò qualche parola sul discorso della giustizia. La protezione dell’infanzia va su due binari, uno socio-sanitario di competenza rigorosamente di Regione ed enti locali e un binario giudiziario di competenza rigorosamente della magistratura ovviamente, ma questi due sistemi non possono ignorarsi e non devono soprattutto collidere, perché hanno un unico scopo, che è quello della protezione dei diritti dell’infanzia.

Dirò che sui diritti l’ufficio si è impegnato molto attraverso la preparazione e la formazione di tutori volontari che possono rappresentare una forma di aiuto all’integrazione, che va anche al di là del diciottesimo anno e quindi una forma e una modalità di inserimento agevolato, ma vogliamo allargare il campo anche ai curatori e anche agli esperti giuridici che a nostro parere sono figure già previste dalla legge regionale 14/2008 ma ancora numericamente assolutamente inadeguate, ma sono figure molto importanti per garantire e assicurare questa interazione e scorrevolezza tra sistema giudiziario e sistema amministrativo.

È alle porte una riforma della giustizia familiare e minorile che sembra essere molto incisiva, attraverso l’istituzione delle sezioni famiglia presso il tribunale ordinario. Questo comporterà una difficoltà in più per i servizi perché anziché doversi relazionare soltanto con una sede regionale, quale il tribunale per i minorenni, dovranno rapportarsi invece a nove sedi, quanti sono i tribunali ordinari nella regione. Abbiamo istituito un tavolo di lavoro tra magistratura, responsabili dei servizi e anche avvocatura, e devo dire che, diversamente da quello che è scritto nella relazione, nell’ultimo incontro del tavolo di lavoro erano finalmente presenti anche rappresentanti dell’avvocatura.

Era un mio antico desiderio, fino al 2014 rimasto purtroppo inadempiuto, e adesso invece, a seguito di modifiche interne del Consiglio dell’ordine, c’è una grande attenzione per questi temi e credo che si possa lavorare anche sul campo della curatela, perché sono i diritti che vanno assicurati, sono i diritti che la convenzione elenca, che la Costituzione prevede e che le leggi regionali indicano.

Credo di dovermi avviare alla conclusione, ma permettetemi di segnalare una situazione specifica concreta che però sicuramente merita attenzione, ed è la necessità che gli organi giudiziari minorili bolognesi e regionali, cioè tribunale per i minorenni e procura per i minorenni, trovino finalmente una degna sede. Io ho lavorato molti anni in via del Pratello, ne conosco pregi e difetti e devo dire che i pregi non li vedo più e che la sede giudiziaria della magistratura minorile non è all’altezza delle tradizioni di questa città e di questa regione, quindi un impegno presso il Ministero o presso il Consiglio superiore perché si provveda mi sembrerebbe opportuno.

Il garante regionale non è presente solo in Emilia-Romagna, già altre sedici regioni e due province autonome lo hanno in varia misura istituito, la più recente nomina è quella del garante per l’infanzia della Lombardia, avvenuta poche settimane fa, e mancano attualmente all’appello pochissime regioni, come il Piemonte, la Sicilia, la Sardegna (tra le grandi), e il panorama poi è completo.

C’è un’autorità garante nazionale che non è sovra-ordinata ai garanti regionali, ma con quelli interagisce e che attualmente è impegnata nell’individuazione di livelli essenziali per quanto riguarda i diritti del minore a livello nazionale. Con l’autorità nazionale collaboriamo, alcune nostre iniziative sono state apprezzate e ci è stato chiesto di poterle utilizzare anche a livello nazionale, e questo lo abbiamo ovviamente accettato, quindi su questo piano il lavoro continua.

Credo che queste figure di garanzia specifiche per la fascia di età 0 – 18 siano importanti e lo diventino sempre di più in relazione ai mutamenti sociali, anche della famiglia. La coincidenza tra diritto del bambino e protezione da parte dei genitori è profondamente radicata e speriamo che continui a esserlo, ma il bambino prima di essere figlio di una persona è persona umana in quanto tale, è titolare dei diritti in quanto tale, anche se non si sa chi sono i genitori, anche se non ci sono i genitori, come nel caso del bambino figlio di madre che non ha voluto essere nominata. Questo recupero dei diritti del bambino in quanto tale e non soltanto in quanto figlio mi sembra molto opportuno e pertinente in un momento in cui gli stessi ruoli genitoriali e le stesse modalità intergenerazionali sono soggetti a un profondissimo cambiamento. Abbiamo situazioni in cui parlare di padre e di madre è difficile, perché i progressi della tecnica sono stati tali da rendere queste parole troppo strette; è recentissima la notizia di madri portatrici che Israele ha fatto rimpatriare dal Nepal perché hanno in seno un bambino che è figlio di ovuli e gameti israeliani. In questa situazione è evidente che parlare soltanto di papà e mamma è importante ma riduttivo e non copre tutto.

Il garante regionale non può certamente sopperire a questa situazione, ma credo che queste figure dei garanti regionali siano importanti proprio per questo e per il collegamento che hanno con la Regione e con le strutture socio-assistenziali del territorio. Si potrebbe fare di più? Sì, forse il legislatore nazionale potrebbe attribuire ai garanti regionali un ruolo di pubblico tutore, che in qualche modo gli dia la titolarità della tutela e la possibilità di esercitarla nel caso in cui manchi quella dei genitori. Si potrebbe anche prevedere la possibilità per i garanti regionali, e anche qui occorrerebbe in qualche modo un’interazione con la legislazione nazionale, a rappresentare in giudizio i diritti del bambino maltrattato o abusato. Attualmente la legge italiana prevede la possibilità che ci siano enti di protezione che si costituiscono in giudizio per interessi collettivi e mi pare che lo stesso difensore civico abbia lo stesso potere. Credo che una specifica menzione per quanto riguarda il garante sia opportuna.

Sulla legge n. 9/2005, ormai l’esperienza non è molto lunga ma è di più di tre anni, e lo stesso vale per le altre figure di garanzia, e credo che una riflessione sia bene farla, alcuni punti sono sicuramente migliorabili, altri direi che potrebbero essere meglio specificati e precisati, però credo che l’esperienza abbia avuto un senso e che meriti di essere proseguita. Vorrei dire qualche cosa per quanto riguarda il tema delle segnalazioni.

Come arrivano al garante queste situazioni e questi problemi? La legge regionale, non solo quella dell’Emilia-Romagna ma quella di tutte le regioni, prevede una forma molto semplice e diretta che è quella della segnalazione. Nel nostro sistema regionale la segnalazione può essere fatta anche dalla persona di minore età, e ne abbiamo già avute alcune. Mi sembra che siano situazioni che possono anche avere sviluppo. Il garante non è un Telefono Azzurro per l’emergenza, sia ben chiaro, perché per queste cose ci sono i servizi e al limite ci sono la Polizia e i Carabinieri, però un contatto diretto del ragazzo col garante, quando un ragazzo dice che vuole essere ascoltato da una persona senza particolari problemi di formalità, quelle volte che lo abbiamo sperimentato è stato molto positivo. Per il resto, le segnalazioni nel 2014 sono state duecentodue, e che sono in crescita rispetto all’inizio, certamente rappresentano solo la punta dell’iceberg, perché i minori in Emilia-Romagna sono settecentomila, quindi è chiaro che sono piccolissimi numeri, però è una punta dell’iceberg significativa perché permette di vedere situazioni di disagio che devono in qualche maniera essere focalizzate.

Stupisce che dalla scuola siano pochissimi. Nel 2014 appena tre volte la scuola in quanto tale ci ha segnalato situazioni di disagio e di maltrattamenti. La scuola italiana è sempre stata un organismo autoreferenziale e probabilmente è questo il motivo di segnalazioni così ridotte da parte scolastica, d’altra parte però, come ho detto prima, i genitori sono estremamente attivi nei confronti delle scuole, estremamente reattivi, quindi la situazione è attualmente sotto certi aspetti difficile perché la stessa scuola dovrebbe aprirsi ma giustamente gli insegnanti temono difficoltà e ritorsioni.

Indicherei tra i problemi che nella scuola, e non solo, sono presenti, il problema del bullismo. È un problema che preoccupa l’opinione pubblica e sul quale il garante ha iniziato un’attività specifica perché le vittime del bullismo sono minorenni, quindi sono i diritti dei minorenni che vengono lesi. Abbiamo proposto una collaborazione specifica alla Procura per i minorenni e alla scuola in modo che sia possibile studiare strategie che da un lato sono di prevenzione e dall’altro sono di richiamo alla responsabilità, perché vi sono casi in cui sembra che il genitore voglia difendere il figlio a qualunque costo e d’altra parte il genitore del bambino che è stato vittima di bullismo voglia reagire oltre a quella che può essere una comprensibile reazione.

Vorrei dire ancora qualche cosa per quanto riguarda le statistiche relative alle segnalazioni. Delle duecentodue pervenute nel 2014, settantasette ci sono arrivate dalla Procura per i minorenni, che, da quando è entrata in vigore pienamente la legge 149/2001 sull’affidamento e l’adozione, è il referente naturale e unico dei servizi. Prima il referente dei servizi era il tribunale per i minorenni e la consuetudine aveva creato delle prassi che permettevano un’interazione significativa, mentre da pochi anni il referente unico è la Procura. Sintomatico di questo nuovo rapporto è a mio parere il numero delle segnalazioni: settantasette su duecentodue sono rilevanti, d’altra parte, se noi vediamo le segnalazioni dei servizi relativi a difficoltà con la Procura, ne troviamo quarantadue, allora questo è sintomatico di un’interazione reciproca non del tutto scorrevole.

Qualcuno si lamenta di più, qualcuno un po’ di meno, però la lamentela c’è. Cosa fare? Nel tavolo di lavoro con l’autorità giudiziaria e i servizi locali ho proposto e continuo a proporre l’individuazione di linee guida, di accordi e di momenti periodici di confronto tra autorità giudiziaria minorile e servizi. Non ho l’autorità di imporre questa cosa, certamente non all’autorità giudiziaria e comunque nemmeno ai servizi, e cercheremo di lavorare in questa direzione ancora, soprattutto cercheremo di lavorare in questa direzione anche in collegamento con le riforme del tribunale della famiglia che sono state già in qualche maniera anticipate.

Ho detto delle poche segnalazioni da parte della scuola, e questo effettivamente è un dato che merita attenzione e direi che per quanto riguarda questo tipo di percezione risulta dalle statistiche in modo abbastanza chiaro.

Un’attività che ha impegnato il garante e che continuerà a impegnarlo anche nel 2015 è l’incontro periodico con i servizi. Abbiamo già in calendario due incontri, uno per quanto riguarda le province di Parma e Piacenza, che è molto prossimo, incontri in cui andrò sul posto, parlerò con gli operatori e cercherò di fare emergere quelli che sono i nodi che in qualche maniera il garante può contribuire a sciogliere. Già due anni fa abbiamo fatto un lavoro del genere andando in tutte le nove province della regione, quest’anno li raggrupperemo pensando un momento a quelle che saranno le nuove aree, ma quattro incontri sicuramente saranno fatti, due prima dell’estate e due dopo l’estate. Ovviamente sono incontri tecnici, sono incontri dove si esaminano i problemi specifici dell’infanzia in quella zona, ma sono anche incontri che permettono di capire e di percepire quello che è il livello di interazione tra le diverse strutture e le diverse istituzioni che proteggono l’infanzia.

Problema non piccolo è quello dell’interazione tra i servizi sociali e quelli sanitari, difficoltà che non nascono certamente qua ma che sono anche conseguenza di una normativa nazionale che ha avuto diverse stratificazioni e diversi livelli, ma certamente si percepiscono e si vivono nonostante la buona volontà dei singoli operatori, nonostante gli sforzi che vengono fatti per lavorare insieme. Riceviamo qualche lamentala da parte della magistratura per questa separatezza di interventi, per cui là dove si chiede un’inchiesta sociale su un caso a volte arriva una relazione unitaria ma a volte arrivano due relazioni sfalsate anche nei tempi che non consentono di apprezzare il caso in tutte le sue dimensioni.

Sul disagio giovanile e devianza, il garante per l’infanzia non è competente per quanto riguarda le persone di minore età ristrette negli istituti. La collega Desi Bruno riferirà lei, perché è sua competenza, tuttavia, siccome la normativa prevede una forte interazione tra servizi locali e servizi del Ministero di Grazia e Giustizia per quanto riguarda i minori in libertà, però in qualche maniera coinvolti in procedimenti penali, cercheremo, come abbiamo sempre fatto, di interagire.

Devo dire che il problema del disagio giovanile esiste anche in regione, devo dire però che se ho presente il panorama nazionale non è così allarmante. Ci sono certamente fenomeni gravi che vanno seguiti con attenzione, però l’Emilia-Romagna è una regione dove nel complesso i minori di età vedono riconosciuti i loro diritti e sono nelle condizioni migliori possibili nel momento attuale per crescere, svilupparsi e maturare come buoni cittadini.

 

PRESIDENTE (Saliera): La ringrazio a nome di tutta l’Assemblea legislativa per la sua relazione e anche per le considerazioni che ha svolto sull’esperienza triennale dell’istituto.

Certamente siamo tutti consapevoli che viviamo momenti difficili e, quando si dice che si vivono momenti difficili dal punto di vista economico, questi si possono riflettere anche dal punto di vista educativo e lo stesso sistema, la rete familiare in alcuni momenti mostra una debolezza.

L’altro aspetto è la comunicazione, quella vera ed efficace, sulla sostanza dei diritti o sulla considerazione della persona quando avviene tra diversi momenti della pubblica amministrazione, che lei ha più volte ripreso nella sua relazione, cioè come fare realmente sistema e la pubblica amministrazione, che sia autorità giudiziaria, che sia ente locale, che sia sanità o sociale, deve rendersi sempre più conto che il bambino, il minore, è uno e che ha bisogno di garanzie, al di là degli specifici ruoli e competenze, ma c’è necessità di un’integrazione.

Mi ha fatto molto piacere comprendere quanto l’istituto che lei presiede e i suoi collaboratori siano consapevoli di questo e quanto state facendo nell’agire a tutela dei minori sia nei confronti tra i problemi all’interno delle stesse famiglie, ma tra famiglie, genitori e pubblica amministrazione in senso lato e tra la stessa pubblica amministrazione. Credo che in questa regione si sia fatto tanto rispetto al mondo nazionale, ma proprio perché si è fatto tanto abbiamo il dovere di essere ancora più puntuali e di mettere in una situazione ancora più efficace tutto il sistema della pubblica amministrazione, senza sentirsi dei masi chiusi, ma in una grande collaborazione e credo che il garante regionale sia una modalità che metta insieme, che apre le porte, che può aprire, con l’invito, con la raccomandazione e col far sedere, e che possa dare quei risultati che noi, dal punto di vista non solo dell’Assemblea legislativa ma del mondo di grande civiltà che ha questa regione, ci aspettiamo come miglioramento complessivo.

La ringrazio ancora a nome di tutta l’Assemblea.

Sono le ore 13,00, chiudiamo questa seduta della mattina e riprendiamo alle ore 15,00 con le interpellanze e poi con la relazione del Garante dei detenuti. Ci vediamo nel pomeriggio.

 

La seduta è tolta.

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI;

gli assessori: Simona CASELLI, Palma COSTI, Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO, Elisabetta GUALMINI, Massimo MEZZETTI, Emma PETITTI, Sergio VENTURI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Patrizio BIANCHI e Andrea CORSINI e i consiglieri Piergiovanni ALLEVA, Gianni BESSI e Alan FABBRI.

 

Hanno partecipato alla seduta il Difensore civico della Regione Emilia-Romagna Gianluca Gardini (LR 25/2003 art. 11 commi 1 e 4) e il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza Luigi Fadiga (LR 9/2005 art. 11).

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 426 “Delibera: “Programma regionale investimenti in sanità ex art. 36 L.R. 38/2002. Intervento di “Acquisizione di tecnologie sanitarie ed informatiche” – Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna”.» (Proposta della Giunta regionale in data 31 marzo 2015, n. 327)” (13)

 

Presenti: 40

 

Favorevoli: 27

Mirco BAGNARI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Palma COSTI, Paola GAZZOLO, Massimo IOTTI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Giuseppe PARUOLO, Roberto POLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Andrea ROSSI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Astenuti: 12

Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gabriele DELMONTE, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Daniele MARCHETTI, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI.

 

Non votanti: 1

Presidente Simonetta SALIERA.

 

Assenti: 10

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Alessandro CARDINALI, Alan FABBRI, Andrea LIVERANI, Antonio MUMOLO, Massimiliano POMPIGNOLI.

 

Comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno

 

È stato presentato il seguente progetto di legge:

 

544 - Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: "Rendiconto generale della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2014" (Delibera di Giunta n. 455 del 27 04 15).

 

Sono pervenuti i sottonotati documenti:

 

Interrogazioni

 

556 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione e le procedure riguardanti gli indennizzi destinati ai soggetti danneggiati da trasfusioni o somministrazioni di emoderivati. A firma del Consigliere: Bignami

557 - Interrogazione a risposta scritta circa il periodo di apertura, nel 2015, del Punto di Primo Intervento di Comacchio. A firma della Consigliera: Sensoli

562 - Interrogazione a risposta scritta circa la notizia, riportata da "il Resto del Carlino" di Bologna nel giorno 25 aprile 2015, di una occupazione abusiva in via Triumvirato. A firma del Consigliere: Bignami

563 - Interrogazione a risposta scritta in merito al concorso straordinario bandito con determinazione n. 60/2013 dalla Regione per attribuire la titolarità delle nuove sedi farmaceutiche in Emilia-Romagna. A firma del Consigliere: Fabbri

564 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere quale orientamento la Giunta intenda adottare rispetto all'impiego di tecniche analoghe al c.d. fracking eventualmente impiegate nel nostro territorio. A firma del Consigliere: Bignami

565 - Interrogazione a risposta scritta in merito ad una pista ciclabile, per la quale la Regione pare abbia devoluto finanziamenti, che finisce in un sentiero erboso, a Sala Baganza. A firma del Consigliere: Rainieri

566 - Interrogazione a risposta scritta per sapere quali strumenti la Giunta intende adottare per riorganizzare il Terzo settore regionale. A firma della Consigliera: Rontini

567 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno trasferire - ai sensi della L.R. 32/1998 - la concessione del giacimento di acque termominerali "Terme di Porretta" all'amministrazione comunale. A firma del Consigliere: Taruffi

568 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se il taglio dei convogli regionali, coincidenti con l’inserimento del nuovo convoglio per l’Expo 2015, sia stato concordato o sia frutto di decisioni unilaterali di Trenitalia. A firma del Consigliere: Sassi

569 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula per sapere se la Regione intenda sospendere il rapporto di affidamento/contratto con la CPL Concordia per la realizzazione del Business Continuity del Ced nella sede regionale di Viale della Fiera n. 6-8. A firma del Consigliere: Bargi

570 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula in merito al pacchetto formativo sulle relazioni e sulla sessualità rivolto ai preadolescenti, composto da rivista per studenti e manuale per l’adulto e da portale Giochi da ragazzi (da ricercare sul sito wwww.ausl.bologna.it) denominato "W L'AMORE". A firma del Consigliere: Foti

571 - Interrogazione a risposta scritta in merito alla convenzione, per l'ospitalità delle partorienti del comprensorio di Porretta Terme, con un hotel vicino all'Ospedale Maggiore, a seguito della chiusura del punto nascita dell'Ospedale di Porretta Terme. A firma del Consigliere: Taruffi

 

Interpellanza

 

572 - Interpellanza per sapere quali iniziative intenda assumere la Giunta regionale per affrontare la situazione creatasi nel Comune di Borgo Val di Taro, in località Tiedoli, a seguito di contratto di concessione con una ditta per la gestione di un impianto di selezione e compostaggio. A firma del Consigliere: Foti

 

Risoluzioni

 

559 - Risoluzione per impegnare la Giunta a verificare che i tirocini del progetto Garanzia Giovani vengano assimilati ai tirocini di inserimento ordinario, vietandone l'utilizzo durante i picchi produttivi delle aziende. (30 04 15) A firma dei Consiglieri: Taruffi, Torri

560 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad intraprendere le opportune azioni per evitare la chiusura dello stabilimento della azienda tessile Focus Europe, con sede a Crevalcore (BO). (30 04 15) A firma dei Consiglieri: Taruffi, Torri

 

È stata data risposta scritta alle interrogazioni oggetti nn. :

 

198 - Interrogazione a risposta scritta circa l'istituzione del "distretto turistico della Romagna". A firma del Consigliere: Foti

210 - Interrogazione a risposta scritta circa la formazione del personale operante presso l'Ospedale Bellaria, con particolare riferimento a quello operante presso il MET. A firma del Consigliere: Bignami

216 - Interrogazione a risposta scritta circa le nomine dei segretari generali delle Province, con particolare riferimento a quello di Forlì-Cesena ed alle relative spese. A firma del Consigliere: Pompignoli

222 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione relativa ai servizi di assistenza medica operanti presso l'aeroporto Marconi di Bologna, con particolare riferimento al malore che ha colpito una persona ivi presente. A firma del Consigliere: Foti

225 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione attuale ed il futuro del personale appartenente alle Amministrazioni Provinciali. A firma del Consigliere: Bignami

247 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione, nell'ambito degli interventi conseguenti all'emergenza causata dal sisma, relativa alle imprese subappaltanti, con particolare riferimento anche ai casi di concordato preventivo. A firma del Consigliere: Piccinini

260 - Interrogazione a risposta scritta circa la trasformazione dell'Ospedale Nefetti di Santa Sofia in casa della salute (FC). A firma del Consigliere: Foti

278 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione relativa alle strutture destinate alla donazione di sangue, con particolare riferimento alla situazione esistente nel territorio bolognese. A firma del Consigliere: Paruolo

287 - Interrogazione a risposta scritta circa le procedure e le risorse riguardanti il parcheggio pubblico di Largo Nigrisoli, presso l'Ospedale Maggiore di Bologna. A firma del Consigliere: Bignami

293 - Interrogazione a risposta scritta circa il personale ed i servizi riguardanti il Laboratorio Unico Metropolitano di Bologna. A firma del Consigliere: Bignami

323 - Interrogazione a risposta scritta circa la salvaguardia della salute dei lavoratori e degli utenti del Distretto Sanitario di Sassuolo. A firma del Consigliere: Bargi

329 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione relativa al Distretto dell'AUSL di Sassuolo, con particolare riferimento alla sicurezza ed alla tutela della salute degli operatori e degli utenti. A firma dei Consiglieri: Gibertoni, Sensoli

330 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione relativa all'ASP del Circondario Imolese. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

450 - Interrogazione a risposta scritta circa le procedure riguardanti la ricostruzione, a seguito del sisma, della Scuola Primaria del Comune di Rolo (RE). A firma del Consigliere: Delmonte

 

Comunicazione, ai sensi dell'art. 68, comma 1, lett. k), del Regolamento interno, circa le nomine effettuate dal Presidente della Giunta regionale, tramite l'adozione dei seguenti decreti, dal 09/04/2015 AL 29/04/2015.

 

DPGR n. 62 del 13/04/2015

Sostituzione di un consigliere nella Camera di Commercio di Ferrara.

DPGR n. 65 del 14/04/2015

Sostituzione di un consigliere nella Camera di Commercio di Bologna.

 

Comunicazione ai sensi del comma 1, lettera m) dell’art. 68:

 

La Programmazione dei lavori dell’Assemblea legislativa, ai sensi dell’art. 16, del Regolamento interno, per il periodo maggio - luglio 2015, è stata approvata nella riunione dei Capigruppo allargata ai Presidenti delle Commissioni assembleari svoltasi in data 29 aprile 2015.

(Comunicazione n. 8 prescritta dall’art. 68 del Regolamento interno - prot. NP/2015/912 del 04/05/2015)

 

La seduta ha termine alle ore 13,02

 

LE PRESIDENTI

I SEGRETARI

Saliera - Soncini

Rancan - Torri

 

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