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85.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 12 LUGLIO 2016

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

INDI DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 2164

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna»

(Relazione di minoranza e discussione)

OGGETTO 2890

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna”.» (Proposta del consigliere relatore Roberto Poli su mandato della Commissione I) (82)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

MARCHETTI Daniele, relatore di minoranza

BIGNAMI (FI)

FOTI (FdI)

POLI (PD)

 

OGGETTO 2303

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino, nella Provincia di Ferrara»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

OGGETTO 2891

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge "Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant'Agostino nella Provincia di Ferrara”.» (Proposta della consigliera relatrice Marcella Zappaterra su mandato della Commissione I) (83)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

ZAPPATERRA, relatrice della Commissione

POMPIGNOLI, relatore di minoranza

PETTAZZONI (LN)

BIGNAMI (FI)

PRESIDENTE (Saliera)

ZAPPATERRA (PD)

PETTAZZONI (LN)

 

OGGETTO 2304

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza»

(Relazione della Commissione e relazione di minoranza)

OGGETTO 2892

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza”.» (Proposta del consigliere relatore Gian Luigi Molinari su mandato della Commissione I) (84)

(Approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

MOLINARI, relatore della Commissione

RANCAN, relatore di minoranza

PRESIDENTE (Saliera)

 

OGGETTO 2305

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

OGGETTO 2893

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell'Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza”.» (Proposta della consigliera relatrice Katia Tarasconi su mandato della Commissione I) (85)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

TARASCONI, relatrice della Commissione

FOTI, relatore di minoranza

TARASCONI (PD)

 

OGGETTO 2306

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant'Ilario d'Enza nella Provincia di Reggio Emilia»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

OGGETTO 2894

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant'Ilario d'Enza nella Provincia di Reggio Emilia”.» (Proposta del consigliere relatore Yuri Torri su mandato della Commissione I) (86)

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

TORRI, relatore della Commissione

DELMONTE, relatore di minoranza

TARUFFI (SEL)

TORRI (SEL)

DELMONTE (LN)

PETITTI, assessore

PRESIDENTE (Rainieri)

TORRI (SEL)

DELMONTE (LN)

PRESIDENTE (Rainieri)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

La seduta ha inizio alle ore 15

 

PRESIDENTE (Saliera): Dichiaro aperta la ottantacinquesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Hanno comunicato di non poter partecipare il sottosegretario Andrea Rossi e l’assessore Raffaele Donini.

 

OGGETTO 2164

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna»

(Relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 2890

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna”.» (Proposta del consigliere relatore Roberto Poli su mandato della Commissione I) (82)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Riprendiamo l’argomento, siamo nell’ambito della fusione dei Comuni, in particolare dell’oggetto 2890.

Do ora la parola al relatore di minoranza, il consigliere Daniele Marchetti, per l’illustrazione della relazione. Ha venti minuti a disposizione.

 

MARCHETTI Daniele, relatore di minoranza: Grazie, presidente.

Saluto anch’io in apertura, i sindaci presenti quest’oggi, qui in Assemblea, anche se, con tutta onestà, vi dico che avrei preferito vedere la loro presenza durante l’audizione che fu convocata per ascoltare i primi cittadini coinvolti in questo pacchetto di fusione. Comunque, ognuno fa le sue scelte e ne prendiamo atto.

Con altrettanta onestà devo dire che nutro parecchie perplessità in merito a questa fusione. Fin dal principio, infatti, anziché vedere un’opportunità per il territorio, ci ho visto più che altro un’opportunità politica per chi amministra quei territori. Sanno benissimo, infatti, che per il futuro non c’è più la garanzia di governare quei territori. Mi riferisco in particolar modo a Borgo Tossignano, Comune centrale in questo progetto di fusione, lungo l’asse della vallata. L’ultima volta è stato vinto dal centrosinistra per una manciata di voti. Poiché ricordiamo che il processo si arenò sostanzialmente nel 2010, non vorremmo che la motivazione fosse proprio il timore di perdere quel Comune vinto per pochi voti (e dunque questa fusione andrebbe un po’ a riequilibrare l’elettorato di quella di quella zona). Come viene ricordato correttamente nella relazione, nel 2010 fu già finanziato uno studio di fattibilità per la fusione dei Comuni della Valle del Santerno, con uno stanziamento regionale di oltre 15.000 euro, con tutte e quattro le realtà presenti nella vallata: Casalfiumanese, Borgo Tossignano e Fontanelice, che sono i tre Comuni interessati dal progetto di legge in esame e Castel del Rio, il Comune più piccolo, con poco più di mille abitanti, confinante con la provincia di Firenze, inizialmente compreso anch’esso in questo studio.

Ma poi che cosa è successo nel frattempo? Nella sua relazione il consigliere Poli ha illustrato tutte le caratteristiche di questo territorio, ha ripercorso tutto l’excursus che ci ha portato oggi a questo progetto di legge. È necessario, però, comunque, anche evidenziare ciò che non è andato, in questo percorso. Il Comune di Castel del Rio, infatti, nel frattempo si è defilato, tant’è che l’attuale sindaco sostenuto dal Partito Democratico, rieletto poco fa nell’ultima tornata di amministrative, ha dichiarato che chi vuole la fusione vuole male ai piccoli territori e ai tanti agricoltori che lavorano nella zona.

Una scelta, quella di Castel del Rio che ha di fatto spezzettato questa fusione. Un quadro complesso, dunque, dove i tre Comuni rimasti hanno già delegato diverse funzioni al Circondario Imolese. Questo fatto, tuttavia, potrebbe insinuare il dubbio in diversi cittadini che avendo delegato al Circondario, e inoltre con l’unificazione dei tre Comuni, alcuni servizi potrebbero anche venir meno. Per questo bisogna vedere come verrà poi pensata effettivamente la fusione, anche perché dal testo questi aspetti non vengono precisati. Nonostante tutto questo, però, nonostante lo spezzettamento del territorio e la mancata intesa tutta interna al Partito Democratico, che ha fatto uscire Castel del Rio da questo percorso, si continua ad andare avanti in questa direzione. Il processo ha avuto una gestazione lunga, essendo partito nel 2010, come ricordavo prima, con un passato studio di fattibilità; inoltre, ha perso dei pezzi per la strada, ma soprattutto diamo la parola comunque ai cittadini con una normativa regionale che non garantisce ancora il rispetto della volontà popolare.

Come anche prima è stato ricordato, lunedì approderà in Commissione un progetto di legge della Giunta che dovrebbe rivedere la normativa che regolamenta appunto i referendum consultivi sulle fusioni, che però non verrebbe applicato a queste fusioni che stiamo discutendo oggi. Una cosa, questa, assolutamente fuori da ogni logica, a mio avviso: non vedo infatti perché i nuovi criteri varranno per le fusioni che avverranno successivamente e non per queste, dato che il referendum comunque si terrà ad ottobre. Detto questo, le perplessità, a nostro avviso rimangono. Ciò nonostante, però, come abbiamo già dichiarato in Commissione, dove ci siamo astenuti sull’articolato, voteremo a favore dell’indizione del referendum, perché siamo convinti che la parola ai cittadini non si possa negare.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

È aperta la discussione generale congiunta ovviamente sui due oggetti, progetto di legge e delibera di indizione di referendum.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bignami. Ne ha facoltà.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente. Il Gruppo di Forza Italia esprime, rispetto al tema delle fusioni, un favor che tuttavia ogni volta si scontra con modalità di conduzione delle medesime che riescono nella mirabile impresa di farci cambiare opinione perché si manca di centrare quelle procedure e quelle modalità di attuazione che a nostro modo di vedere dovrebbero guidare la realizzazione di questo tipo di interventi, di riorganizzazione istituzionale. In questo senso, vi sono diverse criticità che a nostro modo di vedere rappresentano un’evidente difficoltà in ordine a quelle che si potrebbero venire a qualificare come un optimum su questo percorso di fusione. In primo luogo – per una volta dobbiamo riferire il dato – non ci pare che i contributi di cui qua si parla, siano effettivamente contributi di chissà quale ingenza, anzi, si tratta tutto sommato di somme relativamente cospicue, almeno stando a quello che è scritto anche negli atti, giacché, se ho buona memoria, si parla di finanziamenti nell’ordine di 170.000 euro che non coprono neanche il costo complessivo di un intervento del Piano rifiuti – mettiamo – di uno dei Comuni più piccoli tra quelli interessati dall’intervento. Pertanto, sussiste uno scetticismo che non arriverà a un voto negativo, lo dico fin da adesso, perché riteniamo che su questi temi di indizione debba essere comunque necessario sentire che cosa effettivamente la popolazione intende dire.

Come è già avvenuto per altre fusioni, osserviamo con un po’ di preoccupazione e anche un po’ di sospetto l’atteggiamento che ispira il Partito Democratico. Sarà un caso, e certamente la nostra è un’osservazione maliziosa, ma ogni volta che c’è una fusione viene coinvolto un Comune che per un fortuito caso del destino, o per un’abilità politica da parte della classe dirigente del Partito Democratico, finisce occasionalmente in gestione al potere del Partito Democratico medesimo e immediatamente viene inglobato o fuso (è il caso di dirlo), in un corpaccione dove si può pensare di essere più tranquilli nella gestione del risultato elettorale. Così è successo per Savigno, così è successo per Granaglione, così è successo per altre realtà in giro per la Regione e così succede a Borgo Tossignano, dove per pochissimi voti si è raggiunto un sindaco di marca PD.

Questa osservazione certamente maliziosa ci porta però a guardare con sospetto questi processi, anche perché, salvo l’eccezione di Granaglione stessa, non abbiamo mai visto, almeno in Valsamoggia, in Alto Reno Terme, che chi è andato a fusione si sia presentato dinanzi ai cittadini dicendo “il nostro programma consiste nella fusione”. Sostanzialmente si propone un programma quinquennale di gestione dell’apparato comunale e poi, cammin facendo, si va a fusione, con uno scarto non solo programmatico ma anche politico, oggettivamente impegnativo.

In questo caso registriamo che rispetto alla battuta d’arresto di poco più di un lustro fa, in ordine appunto al progetto di fusione, si è perso per strada Castel del Rio, che evidentemente si trova oggi in una condizione di disomogeneità politica rispetto agli altri Comuni della vallata, il che fa anche dubitare della sensatezza di questo tipo di intervento, giacché quattro Comuni della vallata compongono evidentemente un unicum che veniva rappresentato tempo addietro anche dalla comunità stessa, e che senza Castel del Rio perdono un po’ di centralità.

Riflessioni che evidentemente ci porteranno nel prossimo periodo ad essere sul territorio per verificare insieme ai cittadini e ai nostri rappresentanti in Consiglio comunale che cosa sta avvenendo, e riflessioni che se pure, evidentemente, oggi ci ispirano un voto di astensione, non per questo ci precluderanno un voto negativo (o anche positivo), in sede definitiva di approvazione della legge.

Questo intervento quindi vuole intanto significare che guardiamo con un favor rispetto a questo tipo di soluzioni, che tuttavia cozza sempre con un’attuazione pratica che secondo noi non è ottimale. Abbiamo da registrare altresì che attualmente è in discussione, radicato nella prima Commissione, l’oggetto 2881, che dovrebbe proprio ridisegnare questo tipo di processi, quindi ci pare un po’ singolare che si vada avanti e che nel frattempo la Regione stessa ritenga necessario un aggiornamento in ordine a quelli che sono gli strumenti medesimi di attuazione della legge, di prosieguo nel riassetto istituzionale. Infine, un’esigenza di effettive, concrete informazioni nei confronti della cittadinanza, che speriamo la Regione voglia porre in essere, non magari con le modalità con cui anche in passato ha operato, cioè nella presentazione di un quadro ottimistico, con correlate le fusioni stesse, che poi magari non trova piena correlazione con la realtà medesima.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bignami.

Ha chiesto di parlare il consigliere Foti. Ne ha facoltà.

 

FOTI: Signor presidente, speravo che almeno l’assessore delegato fosse presente ad ascoltare le osservazioni del collega Bignami, come le osservazioni di tutti i colleghi. Diciamo che parliamo per l’aula e speriamo che qualcuno riferisca all’assessore.

Mi pare particolarmente inutile che oggi noi ci pronunciamo per dire sì a dei referendum che in realtà non verranno interpretati secondo quella che è una proposta che la Giunta ha già depositato e che costituisce paradossalmente una decisione in ordine alla sua interpretazione che varrà a futura memoria. Perché dico a futura memoria? Perché il disegno di legge presentato dalla Giunta per quanto riguarda la materia referendaria prevede, così come è ipotizzato nel disegno di legge 2881, allorquando si va a modificare l’articolo 12 della legge regionale 24 del 1996, che per quanto riguarda i procedimenti referendari in corso, quelle disposizioni e queste disposizioni si applichino fin dall’entrata in vigore della legge. La possibilità, allora, di rinviare da uno a tre mesi il referendum, in caso di particolari situazioni, quale quella di eventuali elezioni politiche, è data con effetto immediato al presidente della Regione.

L’interpretazione del risultato del referendum vorrei far presente che tradizionalmente avviene successivamente al referendum medesimo. Questa Assemblea legislativa, infatti, non può certo stabilire oggi quale sarà il risultato di un referendum che si terrà domani. Ebbene, l’interpretazione del risultato del referendum, invece si dice, varrà per tutte le fusioni, escluse quelle che trattiamo oggi in aula noi. Un ragionamento che non so quale dotto giurista abbia suggerito, ma che rappresenta, anche a buonsenso, senza doverne fare una questione qui di merito, un fuor d’opera. È chiaro infatti che un’Assemblea legislativa non può dire come interpreterà i risultati di un referendum nel momento in cui dice che vale per tutti i referendum meno quelli che si svolgeranno fra quattro mesi. Tra l’altro, manca anche un’argomentazione logica a questo modo di procedere, perché non vi è chi non veda cosa succede con una siffatta norma di rinvio, tra l’altro introdotta malamente nel disegno di legge della Giunta, che evidentemente ignora che questo tipo di norme vanno introdotte alla fine di un testo di legge e non norma per norma, così com’è accaduto. In genere, quelle che rilevano sono le norme che rimangono in piedi per un certo periodo, come quelle in esame, e che quindi sono norme di rinvio. Ma a prescindere da ciò, c’è qualche motivo per cui questa Assemblea legislativa dovrebbe pronunciarsi fra due settimane, dicendo “questa è la casistica che si applica al referendum”, e fra tre mesi, quando dovremo approvare l’articolato delle fusioni, e quindi l’articolato dei progetti di legge sulle fusioni, dando un’interpretazione del risultato elettorale, diremo “la legge che abbiamo approvato due mesi fa non vale, varrà dalle prossime fusioni”. Voi mi spiegate quale giochetto c’è dietro questa interpretazione giuridica?

I Comuni hanno deliberato le fusioni non certo in ordine all’interpretazione del referendum, su quello non ci piove. Hanno presentato uno studio di compatibilità, di economicità, di equilibrio dell’avvenuta fusione, e quindi delle condizioni giuridiche minimali perché di due, tre, quattro Comuni se ne faccia uno soltanto. Al di fuori di quello studio, i Comuni non hanno altra argomentazione per pronunciarsi, neanche le promesse di danaro. Infatti, se qualcuno avesse voluto anche soltanto rifarsi a precedenti atti, quando è stato costituito quello che poi è diventato il Comune di Ventasso, in provincia di Reggio Emilia, il contributo pro-capite superava i 55 euro, oggi abbiamo all’ordine del giorno una fusione tra Campegine, Gattatico e Sant’Ilario, dove abbiamo un contributo pro-capite che a malapena arriva a 9 euro. Anche sotto quel profilo, quindi, è indubbio che la fusione sia avvenuta indipendentemente da calcoli squisitamente ragionieristici. Ma se così stanno le cose, io penso che non si possa ulteriormente, così come in realtà si profila, dare dei referendum un’interpretazione che è contro legge. Già in occasione del caso di Borgonovo-Ziano ebbi a far presente come l’Assemblea legislativa che decide oltraggiando il risultato complessivo del referendum è un’Assemblea legislativa che dà al referendum in sé un’interpretazione quantomeno faziosa. D’altronde, è ovvio che, prevedendosi una fusione tra Comuni contermini, non è possibile che gli stessi Comuni abbiano tutti lo stesso numero di abitanti. Quindi, già in partenza, se è solo per quello, vi è uno squilibrio di tipo elettorale. Ma certamente noi non possiamo poi far prevalere la minoranza della minoranza nei discorsi, a tal punto che le procedure che erano state indicate nella vecchia legge erano chiare: chi voleva sapere come la pensavano i cittadini poteva indire prima il referendum consultivo e poi presentare la proposta di fusione.

Del resto, nel disegno di legge della Giunta che viene avanti è stata aggiunta una tipologia di fusioni: le fusioni per incorporazione. Ma se andate a leggere l’articolo riferito al sistema della fusione per incorporazione, guarda caso i Comuni chiedono prima il parere ai cittadini e poi inviano, sulla base di quel parere, ottenuto tramite referendum, la delibera di Consiglio comunale alla Giunta regionale perché prosegua l’iter legislativo. Quindi, con buona pace dell’assente assessore Petitti, abbiamo uno zibaldone davanti a noi, di fronte al quale, anziché far chiarezza, si concorre a fare confusione.

Questi Comuni tranquillamente potevano già andare a votare e si poteva fare una campagna elettorale con le regole del gioco già fissate, ovverosia sapendo in quale caso sarebbe passato il referendum, fatto salvo che viene introdotta in questa legge il repêchage, e cioè che a fronte di dati contrastanti tra di loro, ma maggioritario il numero dei comuni o maggioritario il numero degli elettori per la fusione si chiede una delibera confermativa ai Consigli comunali. A me pare che un siffatto sistema di interpretazione, se si fosse applicato immediatamente a queste fusioni, ci avrebbe tolto dall’imbarazzo, in cui ci siamo trovati già due o tre volte, a dover dire, a seconda dei casi, se la fusione piaceva o non piaceva, non se gli elettori si fossero pronunciati chiaramente o meno. D’altronde, come detto, la pronuncia di un referendum, da che mondo è mondo, è unica, salvo che la legge non prescriva diversamente, e da noi la legge prescrive diversamente solo nel caso in cui il referendum sia precedente alla delibera del Consiglio comunale e non successivo alla deliberazione dell’Assemblea legislativa.

Penso che abbiamo introdotto l’ennesima disparità di trattamento tra soggetti che ugualmente perseguono gli stessi fini, che hanno gli stessi obiettivi, quantomeno quelli indicati dalla legge, che avevano la necessità di essere rispettati per come in realtà i loro Consigli comunali si erano espressi.

Non so se e quando verrà calendarizzato il disegno di legge n. 2881, ma se sto a quanto è stato riferito in Commissione, atteso che vi è un termine invalicabile, deve essere calendarizzato per la prossima Assemblea legislativa, e cioè fra due settimane. Allora, fra due settimane avremo un testo di legge che entra in vigore e che esclude, non con una norma qualsiasi, ma con una norma fatta su misura e solo per il referendum, l’applicazione della legge stessa, perché tutte le altre norme sono immediatamente in vigore, comprese quelle sulle fusioni. A mio avviso, sarà argomento di battaglia politica, al di là delle interpretazioni che siano giuste o sbagliate per come la Giunta ha ritenuto di licenziare il disegno di legge n. 2881. Una cosa è certa: quella norma che vuole escludere dall’applicazione immediata della legge solo ed esclusivamente l’interpretazione del risultato referendario è uno schiaffo ai cittadini di quei comuni dove si andrà a votare fra qualche mese. Perché? Perché questa norma viene introdotta proprio per superare il problema che aveva l’Assemblea legislativa di interpretare caso per caso il risultato referendario. Ma, allora, non si comprende il motivo per cui, dopo che è stata bocciata la proposta di legge del consigliere Marchetti e dopo che la Giunta ne ha presentata una sua autonoma, si debba ancora ricorrere ad una conventio ad excludendum per questi comuni chiamati al voto, quasi che la chiarezza del risultato a tutti si debba applicare meno a chi andrà a votare nella prossima tornata di referendum, che interessa peraltro un numero neanche irrilevante di comuni oggi alla nostra attenzione.

Ritengo che sia un errore fondamentale e formidabile quello che si sta compiendo, che mi auguro la Giunta voglia superare ispirandosi al buonsenso, e null’altro che al buonsenso, ma certo è che, se la norma così come è stata scritta verrà mantenuta per l’aula, io penso che vi sarà più di un argomento su cui discutere, e dato che l’articolato è abbastanza corposo non sarà difficile emendarlo in modo significativo.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

Siamo in discussione generale. Non ho nessuna prenotazione, per cui procediamo alla replica dei relatori. Consigliere Poli, prego.

 

POLI: Grazie, presidente. Sul progetto di legge di fusione al nostro esame si è innestata la discussione su un progetto di legge che discuteremo soltanto in un secondo momento, per cui cercherò di stare al merito ed esprimere alcune brevi considerazioni.

Intanto voglio ricordare al collega Bignami che, per quanto riguarda i tre comuni oggetto di questo progetto di legge, i candidati sindaci nel loro programma di mandato avevano esplicitato che, in caso di vittoria delle elezioni, avrebbero percorso questa strada. Quindi, per precisione si fa non un riferimento generico a unioni o gestioni, che peraltro si fanno già, ma a una strada ben precisa.

Poi, come ho sottolineato durante l’illustrazione della relazione, i cittadini hanno eletto i loro sindaci, i quali hanno tenuto fede agli impegni assunti in campagna elettorale nei confronti dei cittadini. E credo che questo sia un elemento di grande valore. Quindi, non è stata compiuta alcuna scelta di opportunità politica. Facciamo finita, quindi, con questo ritornello che torna ogni volta secondo cui pare che il Partito Democratico decida, prima che i cittadini votino, qual è il destino dei cittadini stessi. Magari avessimo questa forza e questa possibilità. In realtà, i cittadini votano sulla base delle valutazioni, dei programmi e dei candidati. E sicuramente mettere nei programmi di mandato questa scelta ben precisa poteva costituire anche un elemento di rischio, soprattutto in realtà dove l’appartenenza alle proprie comunità è giustamente molto forte e molto radicata. Fortunatamente, da questo punto di vista ha prevalso il bisogno di innovazione, di cambiamento, di costruzione di futuro, tant’è che i cittadini hanno già scelto in quel momento.

Proporrei un gioco al consigliere Marchetti, dato che ha il senso dell’ironia, considerato che continua a parlare dei suoi territori, che credo in parte conosca: potrei farle cinque domande e valutare se conosce le risposte; dopodiché, qualora dovesse rispondere esattamente, gli riconoscerei ufficialmente la patente di profondo conoscitore del territorio. Dov’è Via Raggi, consigliere Marchetti? E Via Budriolo? Dov’è il più grande magazzino che raccoglie la frutta, la trasforma e la commercializza nella Valle del Santerno? Dov’è l’agriturismo Manuela, dove si mangia bene? Non credo che lei sappia rispondere.

 

RAINIERI: Neanch’io lo so.

 

POLI: Però, presidente Rainieri, lei non è del Circondario Imolese.

Che cosa voglio dire? Voglio dire che, quando si parla delle comunità locali, o le si conosce in profondità, oppure vale il ragionamento generale; comunque, nello specifico delle singole situazioni è meglio svolgere un ulteriore approfondimento.

Il Comune di Castel del Rio, a cui si è fatto riferimento, da tempo ha una posizione nota rispetto al tema delle fusioni. Quindi, non vi è stato nulla di nuovo. Tant’è che i sindaci hanno comunque deciso di proseguire lungo questo cammino. D’altra parte, ribadisco al consigliere Marchetti ciò che ho già detto in Commissione: se a Castel del Rio la Lega Nord avesse avuto questo radicamento e questa profonda rappresentatività, avrebbe raccolto le firme per presentare la lista. Cosa che non gli è riuscita. E non è che ce ne volessero tante, trattandosi di un comune di 1.200 abitanti.

Ad ogni modo, al di là di queste mie considerazioni, credo che tutti noi conveniamo sul fatto che questi processi possono cambiare realmente il profilo del futuro delle comunità interessate ai processi stessi. Poi c’è la campagna elettorale. Io credo che sia giusto, opportuno e importante che tutte le forze politiche possano manifestare nelle comunità chiamate a esprimersi con un referendum le proprie valutazioni sull’opportunità o meno di procedere ai processi di fusione. I cittadini completeranno la loro idea sull’opportunità o meno di votare “sì” o “no” al quesito referendario.

Io non ho dubbi che la scelta dei tre comuni oggetto di questa discussione sia quella di andare nella direzione della fusione dei comuni. E non ho dubbi perché quel territorio lo vivo da cinquant’anni, peraltro in uno di quei comuni ho ricoperto l’incarico di sindaco per dieci anni, ragion per cui credo di conoscerlo in modo piuttosto approfondito.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Poli.

Considerato che il relatore di minoranza non intende intervenire per la replica, apro le dichiarazioni di voto finali sulla delibera di indizione del referendum. Cinque minuti per Gruppo. Chi chiede la parola? Nessuna dichiarazione di voto. Quindi, procediamo al voto. Nomino scrutatori i consiglieri Campedelli, Piccinini e Prodi.

Se nessun consigliere chiede di parlare si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 2890.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti,

approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’Assemblea approva.

 

(Il consigliere Bignami dichiara voto di astensione)

 

OGGETTO 2303

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino, nella Provincia di Ferrara»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 2891

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant'Agostino nella Provincia di Ferrara”.» (Proposta della consigliera relatrice Marcella Zappaterra su mandato della Commissione I) (83)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Proseguiamo con l’oggetto 2303: Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino, nella Provincia di Ferrara”.

Oggetto 2891: Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge "Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mirabello e Sant'Agostino nella Provincia di Ferrara" (Proposta della consigliera relatrice Marcella Zappaterra su mandato della Commissione I). (83).

Il testo n. 10/2016 è stato licenziato dalla Commissione “Bilancio, Affari generali ed istituzionali” nella seduta del 5 luglio 2016.

Il progetto di legge è composto da 6 articoli.

La relatrice della Commissione, consigliera Marcella Zappaterra, ha presentato relazione orale.

Il relatore di minoranza, consigliere Massimiliano Pompignoli, ha presentato relazione orale.

Il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere favorevole.

Procediamo con la relatrice della Commissione, consigliera Marcella Zappaterra. Prego, ha la parola.

 

ZAPPATERRA, relatrice della Commissione: Grazie, presidente. Dopo l’illustrazione dei colleghi relatori di maggioranza degli altri progetti di fusione e il dibattito che si è sviluppato, sarei tentata di non illustrare la relazione istituzionale. Tuttavia, come relatrice di maggioranza, non intendo sottrarmi all’illustrazione del progetto di fusione dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino. Eventualmente, cercherò di tenermi un po’ di tempo per la replica per entrare nel merito del dibattito che ne verrà fuori.

Oggi l’aula è chiamata a concedere la possibilità alle popolazioni dei due comuni di esprimersi sul referendum per la fusione. Accolgo positivamente i voti favorevoli che arriveranno al riguardo, ma credo che non rappresenti nemmeno un grosso sforzo consentire ai cittadini di dar corso a un referendum per un’operazione di fusione che i loro amministratori hanno fortemente voluto, e quando dico i loro amministratori non intendo solo i sindaci, ma anche le Giunte e i consiglieri, che trovano rappresentanti anche delle stesse forze politiche seduti in questo Consesso.

Desidero ribadire molto brevemente, visto che è stato oggetto di diversi interventi dei colleghi, un concetto: dopo lo svuotamento delle Province, dopo la legge n. 13 approvata da quest’aula, a seguito del riordino istituzionale complessivo che in questa Regione e in questo Paese sta avvenendo, quella delle fusioni in Emilia-Romagna è non solo una prassi sempre più diffusa, considerato che non è la prima volta, per fortuna, che quest’aula si trova a ragionare di progetti di fusione, ma è anche una scelta strategica, che il presidente Bonaccini ha inserito all’epoca nel suo programma di mandato e che noi condividiamo, perché nel processo di riordino attuale pensare che i comuni, soprattutto i piccoli comuni, rimangano come sono vuol dire non proiettarsi nell’ottica di un territorio competitivo. Tenuto conto peraltro dell’obbligo a cui già adesso i comuni con meno di 5.000 abitanti devono sottostare di associarsi con altri comuni per lo svolgimento di funzioni e tenuto conto delle risorse di cui sempre meno dispongono per i servizi ai loro cittadini, io penso che si debbano favorire i progetti di fusione che sono stati avviati e le fusioni in generale, ovviamente realizzate con criterio, fusioni sostenibili, fusioni delle quali si è convinti, fusioni che devono essere fatte funzionare. A maggior ragione, tenuto conto che devono funzionare in prospettiva nella provincia di Ferrara, ricordo che abbiamo già avuto l’esperienza della fusione dei Comuni di Massa Fiscaglia, Migliarino e Migliaro, che sta funzionando, come stanno funzionando fusioni in altri territori. Insomma, questo per dire che le valutazioni che gli amministratori hanno compiuto riguardo alla fusione di Mirabello e Sant’Agostino, come per le altre, certamente riguardano anche i contributi straordinari e le risorse che arrivano dalla Regione, come quelle che arriveranno dal Fondo nazionale e che si rendono disponibili. Credo sarebbe riduttivo pensare che un Comune rinunci ad un’identità, molto spesso plurisecolare, solo per questo motivo. Credo davvero che, a monte di questo processo, ci sia la consapevolezza dei nostri amministratori. Quando dico “nostri” intendo di questo territorio; non parlo di “nostri” in senso di appartenenza politica. Lo preciso perché mi pare ci sia stato un pezzo di discussione anche sulla tendenza ad aggregare i Comuni, che il PD è sicuro di vincere. Su questo tema, poi, tornerò.

Credo davvero che i nostri amministratori si siano convinti che, in un mondo che cambia, spesso “piccolo” non è così bello o non è detto che sia bello. Spesso la dimensione dei piccoli Comuni denota una difficoltà a fornire servizi adeguati alla cittadinanza, perché le risorse sono sempre meno e risulta imprescindibile, su molti servizi, puntare a delle economie di scala, ad ottimizzare la gestione delle risorse e del personale o semplicemente, alcune volte, sapendo che insieme si apre un ventaglio di possibilità strategiche e progettuali che da sole, normalmente, verrebbero precluse a molti piccoli Comuni.

Nel caso specifico, la richiesta all’esame dell’aula è quella dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino, che appartengono entrambi all’ambito ottimale dell’Alto Ferrarese; entrambi fanno parte dell’Unione dei Comuni dell’Alto Ferrarese, a cui compete svolgere in forma associata le funzioni di Polizia municipale, Protezione civile, informatica, servizi sociali, statistica, pianificazione, ma che sappiamo tutti, ad oggi, essere ancora priva di quell’operatività piena che sarebbe necessaria per affrontare i cambiamenti del contesto attuale. In questa situazione di stallo, vi è stata la piena convinzione degli amministratori dei due Comuni, ma anche nostra, che la fusione risolverebbe davvero molti problemi, anche in ottemperanza agli obblighi di gestione associata dei Comuni inferiori ai 5.000 abitanti, di cui al decreto legge n. 68/2010 che, ovviamente, riguarda Mirabello, perché Sant’Agostino è, invece, al di sopra dei 5.000 abitanti. Mirabello, che ha 3.305 abitanti, e Sant’Agostino, che conta 6.944 abitanti, hanno un’omogeneità di situazioni che dallo studio di fattibilità emerge in maniera molto chiara. La fusione consentirà di dar vita ad un Comune di 10.244 abitanti, che certamente permetterà un salto di qualità nell’approccio all’erogazione dei servizi e anche nell’approccio alla programmazione dello sviluppo del territorio.

È chiaro che un Comune di 10.000 abitanti sull’Alto Ferrarese o su un ambito ottimale come quello dell’Alto Ferrarese “conta” certamente di più dei due Comuni divisi, per capirci. Le tre ipotesi di denominazione ‒ “Reno”, “Terre del Reno” e “Reno Antico” ‒ saranno nella disponibilità del quesito referendario.

Concludo ricordando a quest’aula che l’ipotesi di fusione non è affatto improvvisata, ma parte da lontano. I primi atti ufficiali risalgono al 2013. In questo caso, i due Comuni sono andati al rinnovo dei loro organi dopo una campagna elettorale che, come in altri territori, prevedeva l’impegno della fusione. Hanno proseguito, ovviamente, in questi anni attraverso convenzioni e la gestione associata delle funzioni fondamentali di altri servizi o sottoservizi, con l’obiettivo di razionalizzare la spesa e il loro costo, cercando di recuperare margini di efficienza e sinergie lavorative e temporali. Hanno cercato di perseguire lo snellimento e la semplificazione delle procedure, che credo sia uno degli obiettivi prioritari nella Pubblica amministrazione.

La deliberazione dell’istanza di fusione è stata assunta da entrambi i Comuni nel dicembre scorso. Mi permetto di dire che in un Comune è stata sostenuta da una larga maggioranza. Quindi, parte dell’opposizione ha sostenuto l’ipotesi di fusione. Nell’altro Comune, la minoranza ha votato contro, ma con una motivazione particolare. Non era un voto contro la fusione, ma era un voto che incentivava una fusione ancora più larga, non solo a due. Hanno motivato la contrarietà dicendo che avrebbe dovuto essere a tre, o anche più ampia. Rispetto quella posizione, ma, ovviamente, se non si fanno le fusioni a due, a maggior ragione diventa difficile pensare che si allarghino a tre o a quattro. Quindi, la motivazione della contrarietà, anche nel Comune dove non hanno votato a favore, non riguardava certo la necessità di aprire un percorso di aumento della dimensione e di fusione delle due Amministrazioni.

Lo studio di fattibilità, ovviamente, ha verificato la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla fusione. Nel territorio ci sono importanti elementi di complementarietà del tessuto economico. Chi conosce bene quel territorio sa perfettamente che Mirabello e Sant’Agostino rappresentano una parte del territorio del ferrarese più industrializzato, più densamente popolato, con un indotto economico molto forte di aziende agricole, zootecniche, di artigianato, di piccola industria e commercio di vicinato. L’offerta scolastica ‒ a mio parere, non è un fattore secondario ‒ da parte del nuovo Comune coprirebbe l’intero ciclo, dal nido alla scuola media, mentre l’offerta superiore viene completata nell’arco di venti chilometri. Sono territori con una buona copertura di servizi sanitari, territoriali e assistenziali, sia domiciliari che residenziali.

Io non voglio portarla per le lunghe, ma credo vada detto anche che i due Comuni vantano una struttura organizzativa affine che può permettere una tranquilla e graduale integrazione degli uffici e dei dipendenti, senza che vi siano particolari stravolgimenti, anzi con il vantaggio del miglioramento dell’aumento delle professionalità, del personale di entrambi i Comuni. Lo studio di fattibilità stesso, proprio perché il personale si è messo in gioco, è stato fatto internamente. Non si sono dati incarichi all’esterno, con conseguente risparmio.

Se c’è una situazione nella quale il processo di fusione è un processo ottimale credo sia proprio quella dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino. Il riconoscimento dell’opportunità che viene chiesta dai Comuni e dagli amministratori di quei due Comuni mi pare il minimo. Mi sarebbe piaciuto ‒ ovviamente, dopo il referendum ne discuteremo ‒ sentire anche in quest’aula un’opinione sul progetto di legge relativo alla fusione, al di là del fatto che venga approvato il referendum. Ripeto: avremo modo di parlarne.

Rispetto ad alcune osservazioni che sono state fatte prima, voglio precisare che si tratta di un progetto di legge di fusione che non chiama in causa una blindatura della maggioranza politica del PD. Lo dico per chi non conosce i due Comuni: hanno deciso di procedere alla fusione Sindaci con appartenenze politiche molto diverse. Credo che nessuno sia in condizioni, adesso, di prevedere quale sarà il risultato delle elezioni del Comune unico. Anzi, se dovessi dire qualcosa, direi che si tratta di una fusione dettata dal coraggio del contesto. Sant’Agostino è governato da un Sindaco che non era del PD, mentre per Mirabello era del PD. Sant’Agostino ha certamente più abitanti. Se dovessi fare un pronostico, il processo di fusione giocherebbe contro il Partito Democratico. Tuttavia, non credo sia questa la valutazione.

Credo che lanciare il progetto di legge sulla fusione dei due Comuni sia stato un atto di coraggio da parte degli amministratori, non solo dei Sindaci, ma dei Consigli comunali che hanno proposto l’istanza. Credo che da questa valutazione la politica partitica dovrebbe rimanere fuori. Le elezioni politiche del Comune nuovo se le giocherà chi deciderà di correre. Ognuno farà la propria competizione. Ritrovarsi in un momento di unità, anche in quest’aula, sulla valutazione del merito del progetto di legge sulla fusione dei due Comuni sarebbe stato importante.

Diamo la parola ai cittadini per il referendum. Ci ritroveremo a discutere dell’articolato della fusione alla luce dell’esito del referendum. A quel punto, una volta che i cittadini avranno detto “sì” o “no”, sarà molto più facile per tutti assumersi gli onori o le responsabilità di come è andata.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Zappaterra.

La parola al relatore di minoranza, Massimiliano Pompignoli. Ha venti minuti. Prego.

 

POMPIGNOLI, relatore di minoranza: Grazie, presidente.

Fortunatamente, la consigliera Zappaterra ha già spiegato il progetto di legge, quindi ha esentato me, come relatore di minoranza, dal riproporre nuovamente la discussione sul progetto di legge in questione o in esame.

Entro più nel merito dei progetti di legge in generale sulle fusioni, non proprio quello specifico su Ferrara. Come ha precisato in chiusura la consigliera Zappaterra, lasciamo ai cittadini la parola sul “sì” o sul “no” alla fusione. Quello che noi sosteniamo da tempo è proprio di lasciare i cittadini liberi di decidere se fondersi o meno. Questa libera scelta deve essere, però, condizionata da una precisa indicazione che questa Regione deve dare sugli esiti referendari.

Come si diceva all’inizio, la proposta di legge, che attualmente è in Commissione e che sarà oggetto di discussione la prossima settimana, vincola questa discussione. Se dovesse essere approvata, lasceremmo discrezionalità a questa Assemblea sulle decisioni dei referendum. Quindi, se anche si dovesse decidere, dal punto di vista referendario, di non procedere alla fusione ‒ quindi, se vincesse il “no” sulla fusione ‒ questa Assemblea potrebbe decidere, invece, di fondere lo stesso i due Comuni. Il vincolo noi lo dobbiamo necessariamente dare.

Il presidente Bonaccini ha sempre sostenuto ‒ lo ha sostenuto anche lo stesso assessore Petitti ‒ che nel momento in cui uno dei Comuni dirà “no” al referendum non si procederà alla fusione. Abbiamo chiesto, con un progetto di legge presentato dal consigliere Marchetti, di dare precisa attuazione agli esiti referendari, ma è stato bocciato. Abbiamo questo progetto di legge in discussione, di cui si discuterà la prossima settimana, che, invece, dà linee ben precise su come devono essere considerati gli esiti referendari, ma che non hanno effetto retroattivo. In altre parole, per le fusioni che oggi andiamo a decidere, non saranno oggetto di quel progetto di legge che verrà approvato fra due settimane dall’Assemblea legislativa.

Queste sono le perplessità che ci inducono a ritenere che molto spesso, maliziosamente o meno, questi progetti di legge che andiamo a votare vogliano andare in una direzione. Penso, ad esempio, a Comuni governati dal centrosinistra che vogliono assorbire i Comuni governati dal centrodestra.

Chiaramente, non possiamo sapere che cosa deciderà la gente, che cosa sceglierà la gente, però dobbiamo necessariamente informare i cittadini delle decisioni che l’Assemblea legislativa prenderà in base a questi progetti di legge.

In Commissione abbiamo audito tutti i Sindaci interessati a questi progetti di legge. Che cosa è emerso? È emerso che, fondamentalmente, le fusioni sono interessanti perché ci sono i soldi, perché la Regione e lo Stato ci danno i soldi. Mi piacerebbe sapere che cosa, invece, penserebbero i Sindaci interessati alla fusione se questi soldi, in realtà, non ci fossero e se, effettivamente, non essendoci finanziamenti statali e regionali, si procedesse lo stesso alle fusioni. I Sindaci, nelle loro relazioni in audizione, hanno semplicemente posto un interrogativo. È chiaro che, nel momento in cui noi abbiamo la possibilità di avere finanziamenti statali e finanziamenti regionali, viene da sé pensare che nessuno potrebbe votare “no” alle fusioni. Questa è la base principale. Le fusioni sono fatte esclusivamente perché vengono dati soldi. C’è lo svincolo del Patto di stabilità, soldi promessi per dieci anni. Abbiamo fatto grandi questioni su queste promesse. Sappiamo tutti come sono i bilanci. Andiamo ad ingessare i bilanci regionali. Soldi che, ovviamente, fanno gola. Fanno gola, perché? Perché i Comuni sono stretti dai vincoli del Patto di stabilità, per cui non possono più erogare i servizi necessari e primari ai propri cittadini, ed è necessario che qualcosa si sblocchi.  Un ricorso alla Corte costituzionale da parte di qualche Comune in dissesto finanziario sarebbe interessante per capire se la legge statale e la legge regionale è costituzionalmente legittima o se, invece, è in completo disaccordo (o anticostituzionale) con la Costituzione stessa. Ovviamente, abbiamo Comuni di serie A che si fondono e che possono ottenere finanziamenti e Comuni di serie B che non si fondono per ragioni identitarie o territoriali e che non accettano il ricatto del finanziamento, ma sono costretti, semmai, a non erogare servizi perché non possono sforare il Patto di stabilità.

Questi sono i problemi che dobbiamo affrontare dal punto di vista delle fusioni. Non c’è molto altro. Nel programma del presidente Bonaccini erano previste queste fusioni. Quindi, la gente ha votato sulla base di questo programma. È chiaro che ci deve essere un consenso informato, cioè bisogna indicare esattamente il progetto di legge sulle fusioni, le leggi sulle fusioni, ciò a cui i cittadini andranno incontro a seguito delle fusioni. Bisogna precisare al cittadino che, nel momento in cui si vota in un referendum e vince il “no”, l’Assemblea legislativa può comunque procedere alla fusione. Molti Sindaci questo non lo sapevano quando sono stati auditi. Non esiste un progetto di legge che vincola il risultato referendario.

La Regione ha sbagliato a non far approvare prima la legge sulle fusioni e sugli esiti referendari, per poi procedere alle successive fusioni. Ci ha pensato successivamente, evidentemente. È arrivata troppo tardi.

Oggi stiamo svolgendo, sostanzialmente, discussioni inutili; stiamo affrontando i progetti di legge sulle fusioni quando, in realtà, dovremmo normare un qualcosa cui, effettivamente, provvederemo fra due settimane, ma che non ha effetto retroattivo su queste cinque fusioni. Di fatto, stiamo parlando necessariamente del nulla.

Chiaramente, la nostra posizione è sempre stata quella di dare voce ai cittadini, i quali devono essere preventivamente informati di quello che succede, non come succede in molti Comuni che vanno a fusione e dicono di informare le persone, mentre, in realtà, fanno riunioni carbonare senza informare nessuno, per poi procedere esclusivamente con lo specchietto per le allodole dei soldi. Per cui, si dice: “Ci fondiamo. Abbiamo soldi. Vi diamo più servizi”. Questo è il risultato dell’informazione che viene data dai Comuni ai cittadini. Proprio sulla base di questo, si lascia libera scelta ai cittadini, ma i cittadini devono sapere esattamente a cosa vanno incontro.

L’indizione del referendum, ovviamente, per noi è importante, a livello di consenso, per capire se le persone decidono di affrontare questo passo legato alla fusione oppure no. Chiaramente, il progetto di legge in sé e per sé deve essere rivisto. Si devono dare vincoli, paletti e si deve dire esattamente cosa succede dopo il risultato referendario.

Spero che la prossima settimana, quando andremo ad affrontare il progetto di legge, la Giunta presenti alcuni emendamenti che portino la retroattività della norma anche su questi referendum che andiamo oggi ad approvare in questi progetti di legge. Vediamo che cosa succederà la prossima settimana.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pompignoli.

È aperta la discussione generale.

Ha chiesto di parlare il consigliere Pettazzoni. Ne ha facoltà.

 

PETTAZZONI: Grazie, presidente.

Ho colto dall’intervento della collega Zappaterra qualche piccolo pungolo rispetto alla posizione politica che intendiamo mantenere nei confronti della fusione. Tuttavia, l’oggetto che verrà votato oggi si riferisce solamente al referendum, quindi ci limitiamo a parlare di quello.

Entrando nello specifico, lo faccio in maniera molto breve, è una fusione che secondo noi nasce zoppa. Nasce zoppa perché ci troviamo in un momento in cui un Comune è regolarmente amministrato da un sindaco, mentre l’altro viene amministrato da un commissario, da che il sindaco precedente si è candidato altrove e fa il sindaco nel Comune di Cento, in questo momento.

Una fusione, dicevo, che nasce zoppa, perché da un lato manca tutta la parte politico-informativa nei confronti degli effetti della fusione. C’è un commissario, ma il commissario fa il suo lavoro, disbriga l’ordinaria amministrazione, porta avanti la fusione, così come è stata pensata negli anni. Non rinnego, e lo dico alla collega Zappaterra, che la fusione parte appunto da un accordo trasversale tra i sindaci dei due Comuni che appartenevano a forze politiche differenti che entrambi rappresentiamo. Tuttavia, e qui secondo me è il peccato originale di questa fusione, manca che nel Comune di Sant’Agostino vi sia un’opportuna condivisione nei confronti dei cittadini rispetto a quelli che sono gli effetti veri e propri della fusione. Quindi, come verranno spesi, come verranno investiti i soldi che la Regione – si augura sia vero, assieme ai fondi statali – stanzierà nel corso di dieci, quindici anni, nei confronti di questo Comune fuso? Solo in questo momento il Comune di Mirabello si sta attivando attraverso il sindaco in carica per creare informative su quella che sarà la fusione. Ho partecipato anch’io ad una di queste riunioni: non voglio definirle vuoto cosmico, ma è qualcosa che gli va molto vicino. Come anticipava poc’anzi il consigliere Pompignoli, probabilmente viene utilizzato lo specchietto delle allodole dei trasferimenti per “x” anni, ma poi alla fine, nel merito la popolazione non viene realmente informata di quelle che saranno le sorti del proprio Comune e di ciò che sarà il Comune, una volta fuso con l’altro.

Ripeto nuovamente quindi quello che diceva il collega: in questo momento la nostra è una posizione attendista: attendiamo la decisione della popolazione attraverso il referendum. Ci auguriamo che ci sia una larga partecipazione a questo referendum, frutto anche di una comunicazione importante e completa rispetto a quelli che saranno gli esiti delle fusioni, e quindi anticipo anche la dichiarazione di voto: la nostra posizione sarà assolutamente a favore del referendum. Per quanto riguarda il discorso politico sulla valutazione politica, ripeto, attendiamo gli effetti del referendum. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pettazzoni.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bignami. Ne ha facoltà.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente.

Rispetto a questo progetto di legge, in particolar modo per quanto qua all’esame dell’Aula, ovvero l’indizione del referendum, il Gruppo Forza Italia voterà a favore. Approfitto, presidente, per specificare che per un errore materiale abbiamo prima dato consenso, con voto favorevole. In realtà, come avevo anticipato in sede di discussione, ci siamo astenuti, almeno, chiedo la rettifica in voto di astensione sull’oggetto precedente, perché appunto, intendiamo diversificare la posizione di Forza Italia anche rispetto a questi due progetti di fusione, per i quali sussiste un atteggiamento differente. Riteniamo che benché siano del tutto intatte le osservazioni formulate dal collega Pompignoli in ordine alle criticità rilevate sulla esclusiva suggestività (non so come chiamarla) delle fusioni meramente alimentate da un dato economico, rispetto a quell’optimum cui prima accennavo, le fusioni tra Mirabello e Sant’Agostino si approssimano in maniera certamente più considerevole. Pertanto, così come il Gruppo Forza Italia nella precedente fusione ha ritenuto di dare un’astensione, lo ribadisco, perché rilevano diverse criticità per le quali chiederemo, anche in sede di iter e di informazione alla cittadinanza, cosa verrà fatto, rispetto invece a questa fusione, partiamo con un approccio di favore che vogliamo manifestare anche con un voto favorevole rispetto all’indizione del referendum.

Non rileva, ho ascoltato con attenzione le considerazioni del collega Pettazzoni, lo stato commissariale del Comune di Cento, anzi, formuliamo all’amico Fabrizio Toselli i migliori auguri di ottimo lavoro, perché siamo sicuri che farà bene anche in quella circostanza. Sapevamo già da tempo che si sarebbe andati in questa direzione. Il commissario può svolgere le proprie funzioni, anche perché rimane fermo il dato che il bilancio verrà composto dal prossimo sindaco. Vero quello che veniva detto in ordine, invece, all’informazione – su questo c’è un sollecito che rivolgiamo alla Giunta regionale – di affiancare in maniera consistente il commissario nel processo di informazione. La cittadinanza deve essere posta a conoscenza di ciò che può compiere, ma riteniamo che si debba procedere in questa direzione alla fusione, proseguendo appunto anche nell’ottica indicata dal collega Pettazzoni, di poter fornire migliori e maggiori informazioni possibili.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bignami.

La sua richiesta di rettifica verrà ovviamente annotata.

Non ho altri iscritti in discussione generale. Do la parola per la replica ai relatori.

Ha chiesto di parlare la consigliera Zappaterra. Ne ha facoltà.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente.

Molto velocemente, io apprezzo molto l’approccio del collega Bignami nel differenziare le posizioni rispetto alle fusioni, perché se davvero sul tema non si vuole essere ideologici, l’omogeneità, i requisiti e gli studi di fattibilità fanno la differenza tra le fusioni vere e quelle inventate, o quelle che si sono date come obiettivo davvero solo quello dei contributi, mentre – è stata la prima cosa che ho detto in fase di relazione iniziale – io credo che certo, i contributi aiutano, del resto è l’obiettivo per il quale noi incentiviamo le fusioni, ma credo davvero sia maturata la consapevolezza, da parte dei Comuni piccoli, della necessità di fare una scelta sulla dimensione. Del resto, non nascondiamoci: con la numerosità dei progetti di legge depositati in Parlamento sull’abolizione dei Comuni sotto i 5.000 abitanti, piuttosto che sull’obbligo dall’accorpamento, è ovvio che i nostri sindaci che seguono il contesto, piuttosto che farsi imporre una scelta per legge, hanno perfettamente capito che è meglio se le decisioni le prendono insieme ai loro colleghi e insieme ai loro cittadini. Questo è il senso di questa fusione.

Mi pare opportuno rilevare anche, al di là del fatto che adesso ci sia un commissario nel Comune di Sant’Agostino, che l’istanza sulla fusione è stata presentata alla Regione nei pieni poteri delle due amministrazioni, ed era ancora in carica il sindaco all’epoca. La consapevolezza e la volontà di procedere quindi venivano già dalla campagna elettorale, ma certamente sono state prodotte dagli organi di governo assolutamente funzionanti. Secondo me è apprezzabile la sollecitazione rispetto all’informazione ai cittadini, ma forse neanche il relatore di minoranza sa che proprio per via del commissariamento abbiamo insistito perché la fusione di Mirabello e Sant’Agostino venisse inserita in uno dei processi partecipativi che la Regione sta portando avanti. Non è più la parte politica, quindi; ci sono i funzionari della Regione che stanno facendo incontri con i cittadini sul territorio, sui temi più disparati, che vanno dai servizi, alle politiche giovanili, alla gestione delle politiche di prospettiva. Siamo oltre, quindi. Credo davvero che al di là dell’attività che sta facendo il sindaco in carica, il processo partecipativo della Regione, in gran parte sta già compensando l’attività che certamente non può fare il commissario.

Prendo atto del voto favorevole sul referendum. Per la tiepidezza dell’intervento del collega Pettazzoni, fotografo che c’è meno convinzione sulla fusione da parte dei colleghi della Lega in Assemblea, rispetto alla condivisione che la Lega ha dato al processo di fusione, perché nel Comune di Sant’Agostino la Lega ha votato a favore della delibera. Mi sarebbe piaciuto sapere la motivazione di questo scostamento. Forse i rappresentanti politici locali hanno un radicamento maggiore, forse conoscono meglio la situazione, forse c’è una posizione politica diversa: non lo so, mi terrò i miei dubbi. È chiaro che con l’esito referendario sarà abbastanza facile discutere il PdL.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Zappaterra.

Non ci sono altre richieste di intervento. Possiamo passare alla dichiarazione di voto. Siamo in dichiarazione di voto finale sulla delibera di indizione del referendum.

Ha chiesto di parlare il consigliere Pettazzoni. Ne ha facoltà.

 

PETTAZZONI: L’avevo anticipata prima, la mia dichiarazione, comunque la ribadisco. Il voto è favorevole all’indizione del referendum. Ne approfitto per dire alla consigliera Zappaterra che non c’è nessun cambio di rotta, l’ho detto durante il discorso. È una fusione che nasce da un processo condiviso; i rappresentanti in quest’aula non stanno facendo retromarcia. Abbiamo semplicemente valutato che nel corso di questo iter, che in questo momento vede da una parte un sindaco in carica e dall’altra un commissario prefettizio, questa condizione possa quantomeno mettere in difficoltà i passaggi che porteranno alla fusione. Ripeto: non c’è nessun cambio di rotta nei confronti di quello che è stato fatto dagli amministratori precedenti. Attendiamo l’esito del quesito referendario che avverrà nei prossimi mesi e vediamo. È solo una questione di metodo, senza entrare nel merito della fusione a cui, mi ripeto nuovamente, anche i nostri rappresentanti hanno dato parere favorevole. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pettazzoni.

Non ho iscritti per dichiarazione di voto. Si procede al voto dell’oggetto 2891.

Se nessun consigliere chiede di parlare si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 2891.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti,

approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’Assemblea approva.

 

OGGETTO 2304

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza»

(Relazione della Commissione e relazione di minoranza)

 

OGGETTO 2892

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza”.» (Proposta del consigliere relatore Gian Luigi Molinari su mandato della Commissione I) (84)

(Approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Passiamo all’ogg. 2304 Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante "Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza" e ovviamente all’oggetto 2892, Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge appena citato.

Il testo è stato licenziato dalla Commissione Bilancio, Affari generali ed istituzionali nella seduta del 5 luglio.

La parola al relatore della Commissione, consigliere Gian Luigi Molinari. Prego, ha la parola.

 

MOLINARI, relatore della Commissione: Grazie, presidente.

Non ho capito bene, oggi, con i colleghi del centrodestra, se l’argomento è la revisione della legge oppure le fusioni di cui stiamo parlando. Cercherò però di concentrarmi sulla fusione dei tre Comuni.

Per Piacenza abbiamo già dato, è stata un’esperienza che comunque ci ha segnato per quanto riguarda Borgonovo-Ziano. Questa è di fatto la seconda fusione che andiamo a discutere, una fusione che nasce in modo piuttosto naturale. Il territorio è un territorio omogeneo, così come anche l’amministrazione comunale e la composizione dal punto di vista economico, sociale e soprattutto di quelli che sono i problemi che stanno interessando queste tre amministrazioni, come tutto l’Appennino piacentino, emiliano-romagnolo, che fanno sì che questo sia un progetto di fusione logico, fortemente voluto dalle amministrazioni comunali. Non sono pienamente d’accordo non tanto sul ragionamento di Bettola, Farini e Ferriere, ma sul ragionamento in generale: le fusioni non avvengono esclusivamente per motivi economici. I motivi economici sono indubbiamente alcune delle ragioni per cui le amministrazioni fanno valutazioni, ma non sono le valutazioni principali, le valutazioni esclusive.

Com’è capitato, ovviamente anche a parti invertite sui vari territori, a seconda del colore politico delle amministrazioni, che sono ormai, nella maggior parte dei casi, amministrazioni di natura civica, l’argomento delle risorse economiche è stato utilizzato come leva per convincere ulteriormente, soprattutto i cittadini, per cercare di dare spiegazioni di uno dei motivi per cui si arriva alla fusione, ma non è e non può essere il motivo principale. Da questo punto di vista, oltre le chiacchierate e gli incontri fatti anche con le amministrazioni del nostro territorio, incontro pubblico al quale ho partecipato anche io, tutte le motivazioni che hanno portato a questa fusione sono motivi forse anche di gestione ordinaria.

Quelli di cui stiamo parlando sono Comuni che comunque non superano, dal punto di vista della popolazione, i 3.000 abitanti. Complessivamente stiamo parlando di Comuni che andranno a creare tutti insieme un Comune da 5.500 abitanti, con una superficie di 413 chilometri quadrati. La densità, in queste aree, di 13-14 abitanti, ovviamente fa capire le problematiche che stanno attraversando anche queste amministrazioni, in cui anche l’ordinario diventa impossibile. E non è solo tramite un contributo economico che si può risolvere la situazione di queste amministrazioni comunali che ovviamente hanno il problema della riorganizzazione, di cercare di semplificare, di unificare servizi che gestiti come singola amministrazione comunale, difficilmente potrebbero andare avanti: è questo il messaggio che, ripeto, arriva in modo bipartisan (questa frase è già uscita anche nel dialogo). Due di questi tre Comuni hanno liste civiche con riferimento il centrosinistra e uno il centrodestra. Il dialogo è molto aperto, è un dibattito legato a come organizzare i servizi tecnici, a come organizzare i servizi sociali, la Polizia municipale. Andando avanti in questo modo gli stessi amministratori locali si rendono conto che non è più possibile dare i servizi ai cittadini, o quantomeno garantire il livello dei servizi che fino ad oggi è stato dato. Queste tre amministrazioni attualmente fanno parte dell’Unione Alta Val Nure, un’unione nata dallo spacchettamento della Comunità Montana Valli Nure e Arda. È un’unione, come si discuterà successivamente con il progetto di legge di fusione di Ponte dell’Olio e Vigolzone, viene ulteriormente indebolita dall’uscita, quindi dal progetto di fusione del Comune pedemontano, il Comune di Ponte dell’Olio, un Comune che quasi assomma la popolazione complessiva di Bettola, Farini e Ferriere. Di conseguenza, la scelta di sottoporre la fusione ai cittadini. Questo infatti è importante, soprattutto quando parliamo del progetto di fusione: noi si va a sottoporre un’idea, un progetto di fusione ai cittadini per cercare di capire, seppur con un referendum consultivo, la volontà e soprattutto l’idea anche di sviluppo e di proseguimento per i propri Comuni da parte dei cittadini di un territorio.

Quella fatta quindi è una scelta corretta, che ha visto anche una richiesta ulteriore di deroga per quanto riguarda la possibilità di gestione in Unione, per i prossimi cinque anni, all’interno di questo Comune, in una realtà che dovrà iniziare a pensare in modo unitario alle prossime politiche, non so dire se di rilancio, ma quantomeno di mantenimento.

Occorre cercare di capire quanto rispetto all’attività economica principale, l’agricoltura, si potrà fare, quanto rispetto alla valorizzazione turistica, anche insieme alle realtà provinciali: penso alla nuova legge regionale. Quanto si potrà iniziare a fare, quanto si riuscirà a mantenere il tessuto della piccola imprenditoria e del piccolo artigianato, che è ancora la base su cui possono andare avanti territori come questi; territori, che non dimentichiamolo, sono stati ulteriormente messi in ginocchio dalla recente alluvione. Non dimentichiamo che la recente alluvione ha di fatto spazzato via e messo a repentaglio un sistema e, quindi, un reticolo già molto fragile dal punto di vista idrogeologico – penso in particolare al torrente Nure – e dei collegamenti con il resto del territorio e della provincia.

Pertanto, credo che le discussioni che dovremo cercare di sostenere nei prossimi mesi debbano essere rivolte anche alle osservazioni che proverranno dai nostri contatti, che ovviamente, come è già capitato, si rivolgeranno a noi per cercare di capire quale potrà essere il futuro di quest’area, quali le speranze, lo ripeto, al di là di quelle che sono le risorse contingenti, che comunque rappresentano un’opportunità che non va sottaciuta – è inutile girarci intorno –, quali le prospettive di sviluppo per queste aree, che passeranno inevitabilmente attraverso un processo di fusione, che vedrà in questo nuovo Comune un interlocutore rispetto ai progetti di fusione di valle e di unione di valle. Del resto, anche in Val Nure c’è un esempio di unione che sta funzionando, forse una delle migliori unioni della provincia di Piacenza, che dovrà diventare anche un riferimento dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi, che anche con la fusione – certo, con la fusione non si può pensare di risolvere tutti i problemi – dovrà essere affrontata. Del resto, cercare di preservare o, comunque, far finta che nulla stia cambiando è di fatto impossibile.

Questa è una sfida che noi dobbiamo sostenere, cercando di stare vicino alle Amministrazioni proprio in quest’area, come si è già detto in precedenza, senza nessun calcolo politico. Questo vale per noi, come vale anche per il centrodestra e per il Movimento 5 Stelle. D’altronde, ormai è difficile fare previsioni a Piacenza, previsioni che francamente, almeno a me personalmente, ma penso anche all’Amministrazione regionale, interessano veramente poco rispetto, invece, a quello che sarà il futuro di questo comune. Se questi Comuni si uniranno, genereranno un nuovo Ente con cui l’Amministrazione provinciale e l’Amministrazione regionale dovranno interloquire per cercare di capire come affrontare le problematiche peculiari di quel territorio, che peraltro sono le stesse problematiche che stanno interessando tutti i territori montani. E per Piacenza, se questa fusione andrà a buon fine, credo rappresenti un ottimo risultato. Del resto, l’assessore Petitti, all’inizio della discussione, non era presente in aula in quanto stava interloquendo con alcuni rappresentanti di altri Comuni piacentini – mi corregga se sbaglio – proprio in merito a un progetto di fusione in divenire. Di conseguenza, si sta sbloccando qualcosa.

Cerchiamo, quindi, tutti insieme, di essere responsabili e di spiegare le ragioni per cui questi processi ormai sono inevitabili, pienamente convinto che agendo in questo modo faremo certamente il bene dei nostri territori.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Molinari.

La parola al relatore di minoranza, consigliere Matteo Rancan.

 

RANCAN, relatore di minoranza: Grazie, presidente. Desidero dare avvio al mio intervento con una nota di colore: il collega Molinari sostiene che l’Amministrazione provinciale dovrà rapportarsi con il nuovo Ente che si verrà a creare a seguito dell’eventuale fusione, quindi immagino che speri che non passi il referendum, così almeno le Amministrazioni provinciali continueranno a proliferare.

Questo è un territorio molto particolare, segnato sia da problematiche che si sono determinate nell’ultimo anno sia da problematiche di uniformità del territorio. D’altronde, come posso dire a un abitante del Comune di Ferriere che abita in zona Selva di Ferriere o Castagnola che il suo territorio è uniforme con il territorio di Biana o di Recesio del Comune di Bettola? Questo non lo posso fare. Questo è un comune enorme, come diceva prima il collega Molinari, che verrà a creare un comune di più di 400 chilometri quadrati di estensione e che andrà a formare un panorama molto particolare. È vero, le Amministrazioni comunali hanno votato favorevolmente e hanno approvato uno studio di fattibilità in Consiglio comunale, c’è anche da dire però che, quando si hanno delle difficoltà, molte volte fa gola alle Amministrazioni comunali l’ipotesi di fusione, perché, come in questo caso, vengono erogati contributi molto importanti. Quindi, si può dire che viene dato una sorta di premio alle Amministrazioni comunali che procedono alla fusione. Ecco, questo non va assolutamente bene, a parer mio, perché in questo modo si antepone l’aspetto economico rispetto ai vantaggi effettivi che si possono determinare per quel territorio. Oltretutto, viene concesso uno sblocco del Patto di stabilità, e a questo punto mi chiedo anche a cosa serva il Patto di stabilità, se viene usato per foraggiare e dare i contentini alle Amministrazioni comunali che intraprendono un progetto di fusione.

È stato anche detto che oggi non è in discussione il progetto di legge. È verissimo, non è in discussione la nuova legge che verrà sulle fusioni. Tuttavia, il punto c’entra anche con quello. Del resto, se oggi approviamo questo referendum e poi, in base all’esito del referendum, andremo o meno ad approvare il progetto di legge di fusione, bisogna far sì che chi è chiamato a esprimersi sappia prima come sarà valutato il risultato del referendum, altrimenti si potrebbero generare grosse problematiche. Quindi, eventualmente ci troveremmo ad approvare un progetto di legge che varrebbe successivamente non per i progetti di legge attuali, ma per quelli che verranno. Così più o meno recita la bozza che è stata distribuita e che è stata discussa informalmente all’interno della Commissione. Quindi, vi sono anche delle criticità, criticità derivanti dal fatto che i cittadini che andranno a esprimersi non sapranno come sarà valutato il referendum di fusione. Ad esempio, sulle fusioni a tre come funziona se uno vota “sì” e gli altri votano “no”? Come funziona se uno vota “no” e gli altri votano “sì”. Insomma, vi sono aspetti della legge che sono completamente incerti, e questa ne è la prova, ne è il caso specifico.

Indubbiamente le fusioni, come sottolineava il collega Molinari, rappresentano un’opportunità che non va sottaciuta, ma non deve essere sottaciuta in tutti i sensi. Bisogna spiegare chiaramente ai cittadini quali sono i pro e quali sono i contro, come verrà valutato il risultato del referendum e cosa succederà al proprio territorio, perché vi sono molte realtà che sono distanti. Già questi sono comuni abbastanza estesi perché, come potete vedere anche dalla mappa che è stata distribuita, allegata alla bozza di delibera, il Comune di Ferriere e il Comune di Bettola sono particolarmente estesi, per cui si verrebbe a costituire un comune veramente molto grosso, per cui inevitabilmente la distanza tra l’Istituzione e il cittadino sarà maggiore, cosa che io spero non avvenga.

Come Lega Nord, ovviamente, come ribadivano prima i miei colleghi, siamo favorevoli all’espressione dei cittadini, perché quello è il vero significato dei referendum, e in base a ciò che ci diranno i cittadini vedremo come si comporterà quest’aula. Quindi, noi voteremo favorevolmente all’indizione del referendum, però sappiate che su questa fusione ci sono tantissimi dubbi, dubbi che ho esplicato prima e che, però, andrebbero chiariti alla cittadinanza, perché credo che tantissimi cittadini di quei comuni nutrano i miei stessi dubbi.

Mi auguro, pertanto, che si intraprenda un percorso il più possibile condiviso soprattutto con la cittadinanza e auspico che al referendum partecipi più gente possibile, perché soltanto in questo modo si può dare voce alla democrazia.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rancan.

Apro la discussione generale. Chi chiede la parola? Mi pare che l’aula sia ad altro interessata. I capannelli sarebbe bene evitarli. Procediamo, quindi, con le dichiarazioni di voto. Non essendovi iscritti in dichiarazione di voto, procediamo al voto.

Se nessun consigliere chiede di parlare si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 2892.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti,

approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’Assemblea approva.

 

OGGETTO 2305

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 2893

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell'Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza”.» (Proposta della consigliera relatrice Katia Tarasconi su mandato della Commissione I) (85)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Proseguiamo con l’oggetto 2305: Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza”.

Oggetto 2893: Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge appena citato.

Il testo n. 12/2016 è stato licenziato dalla Commissione “Bilancio, Affari generali ed istituzionali” nella seduta del 5 luglio 2016.

Do la parola alla relatrice della Commissione, consigliera Katia Tarasconi. Prego.

 

TARASCONI, relatrice della Commissione: Grazie, presidente. Partirei con il mio intervento riprendendo alcuni passaggi della relazione svolta in audizione dal sindaco del Comune di Ponte dell’Olio, che ha espresso chiaramente quelli che sono gli intenti di questa fusione. In chiusura di relazione, lui ha detto: “In un mondo che cambia – cito testualmente – è giusto anche ogni tanto cambiare prospettiva. Se l’orizzonte non cambia, magari se ti sposti riesci a vedere le cose in un modo diverso e ad affrontarle in un modo più contemporaneo”. Ebbene, penso che il procedimento di fusione tra i Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone, che ci vede qui oggi impegnati e che verrà sottoposto al consenso popolare tramite apposito referendum, trovi nella semplicità di questa grande verità il suo fondamento.

Oggi i piccoli Comuni, per rigidità di bilancio e per le nuove norme sulle assunzioni, spesso si riducono alla gestione dell’ordinario, senza poter fare politiche di innovazione. Se le unioni rappresentano un supporto in termini di competenza e di servizi, arriva però un momento in cui bisogna avere il coraggio di andare oltre questa organizzazione per provare a dare vero e reale slancio ai territori.

Ringrazio i sindaci dei due Comuni per questa lungimiranza, per aver scelto di esporsi a intraprendere questo percorso anche a rischio di diventare impopolari, nella convinzione che questa strada possa portare a un reale sviluppo delle proprie comunità.

I Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone sono comuni contigui e ricompresi entro lo stesso distretto sociosanitario, ma appartenenti a due diverse unioni, fatto sul quale si è già espressa l’ANCICOM Emilia-Romagna, definendo che tale fusione porterebbe non solo a una gestione più ottimale delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 14, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010, ma assicurerebbe ai cittadini servizi qualitativamente e quantitativamente adeguati e la possibilità di realizzare le opere e gli interventi necessari al territorio, riducendo le spese strutturali e consentendo una complessiva semplificazione dell’organizzazione politica e burocratica. Rispetto a questa nuova visione risultano evidenti i vantaggi legati a vari settori economici.

So che per indagare i diversi aspetti legati alla fusione sono stati realizzati diversi focus group, a cui hanno partecipato – e questo lo so perché vi ho partecipato anch’io – le rappresentanze economiche, produttive e sindacali delle due comunità, dalle quali è emersa l’idea che la fusione possa portare a un risparmio e a un contenimento delle spese, garantendo maggiore uniformità dell’offerta dei servizi, oltre a una semplificazione delle procedure amministrative per le imprese e le rappresentanze dei soggetti provenienti dal mondo del volontariato e dell’associazionismo locale, per i quali la fusione può costituire l’occasione per mettere a sistema i servizi e le strutture presenti in ogni comune, migliorando l’offerta per i cittadini e garantendo uniformità dei servizi ed equità dei costi.

Il coinvolgimento dei diversi soggetti fin dall’inizio rappresenta un elemento di forte innovazione nell’approccio alle fusioni. I sindaci hanno voluto fin da subito che la fusione fosse frutto di un processo di condivisione, ricercando la collaborazione di tutti per meglio delineare lo stato attuale dei territori e le future prospettive.

In caso di fusione, al nuovo Comune unico andrebbe un contributo regionale pari a 136.000 euro all’anno per decennio, più un ulteriore contributo regionale di 150.000 euro all’anno per un triennio a titolo di compartecipazione alle spese iniziali, da aggiungere al contributo statale di 719.361 euro all’anno per un decennio.

Non voglio ridurre la fusione a mero mezzo per incassare denaro, preferirei guardare a questi numeri come alla possibilità per gli amministratori di avere nel proprio bilancio le somme necessarie a realizzare quanto la collettività richiede loro, e forse qualche cosa in più, spostando l’asticella del benessere un po’ più in alto.

Il referendum sarà decisivo, per questo ritengo che si debba uscire da quest’aula nel condividere un percorso di supporto alla corretta informazione di ogni singolo cittadino di quei territori. I cambiamenti spaventano e spesso la paura porta a non fare scelte coraggiose. Dobbiamo essere consapevoli che, se non condivideremo e supporteremo il sentimento degli amministratori locali che hanno deciso di fare scelte coraggiose, questo porterà inevitabilmente i due territori coinvolti alla gestione dell’ordinarietà, senza però poter dare loro certezza su quanto questo sarà possibile.

Io ritengo che questa sia una delle fusioni del territorio piacentino che ha la maggiore probabilità di riuscita. Credo che sia una fusione nella quale i due sindaci si sono impegnati molto per condividere insieme agli abitanti, partendo da quello che sarà il nuovo nome del Comune nascente, e ai gruppi che hanno costituito, a cui hanno aderito tantissimi partecipanti. Oggi noi voteremo l’atto amministrativo di indizione del referendum, però spero veramente che questa fusione funga per la comunità piacentina da faro, perché ritengo che questi due sindaci abbiano svolto un ottimo lavoro, e che questa fusione possa vedere finalmente nascere sul nostro territorio una unione di due comuni che in questo caso, sia per popolazione, sia per tipologia di territorio, sia per area geografica, hanno sicuramente tantissime affinità.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Tarasconi.

La parola al relatore di minoranza, consigliere Tommaso Foti.

 

FOTI, relatore di minoranza: Signor presidente, io non farò previsioni sulle fusioni in provincia di Piacenza, anche se quella precedente sarà solo un esercizio retorico, perché il risultato, a mio avviso, è già segnato. Questa magari ha qualche probabilità in più, ma è tutto da vedere perché, al di là dell’articolo costruito su misura per il presidente della Provincia per tenerlo in carica fino al 24 febbraio, il vero problema è quello di capire se, alla fine, sarà più conveniente fare il presidente della Provincia o il sindaco di un nuovo Comune scaturito da una fusione. Quindi, sarà interessante vedere come butterà la situazione.

Penso che, comunque, i due Consigli comunali abbiano fatto bene a votare questa fusione, se ritengono che la stessa stia in piedi. Debbo ricordare che, come disse il consigliere Molinari, le fusioni è meglio farle a tre, e in questo caso effettivamente erano partiti in tre, perché ne faceva parte anche il Comune di Podenzano, che avrebbe consentito di costituire l’unico Comune della provincia di Piacenza superiore ai 15.000 abitanti. Purtroppo, nel corso degli studi il Comune di Podenzano si è sfilato ed è rimasto quel Comune che verrà costituito che ha indubbiamente un numero interessante di popolazione, ma che sicuramente con Podenzano avrebbe costituito la logica, nei fatti, di dar vita ad un unico Comune, di quella che era la strada della Val Nure fino a Ponte dell’Olio, che avrebbe avuto, come necessaria conseguenza, i tre Comuni della montagna, anch’essi della Val Nure, riuniti in un unico Comune.

L’auspicio è che, comunque, una fusione di Comuni in Provincia di Piacenza prima o poi passi. Nel calcolo delle probabilità, questa potrebbe essere la prima e probabilmente Caminata, Pecorara e Nibbiano la seconda. Poi le trasmissioni temo proprio che siano finite.

Ciò che mi auguro è che il problema non sia solo di soldi. Lo dico perché nell’audizione il Sindaco Copelli di Ponte dell’Olio, che ho ascoltato attentamente, ha fatto presente che lui in campagna elettorale aveva fatto dei sogni. Il giorno che è entrato in Comune voleva attuarli, ma si è accorto che non c’erano fondi per poterli realizzare. Penso che, indubbiamente, i contributi economici siano importanti, però penso che sia altrettanto importante credere in quello che si sta facendo. Se la fusione nasce solo all’insegna del contributo economico, a mio avviso, nasce male. Lo dico perché ‒ tra parentesi ‒ il tema della settimana è il seguente: a Ponte dell’Olio non vogliono pagare i debiti di Vigolzone e a Vigolzone non vogliono pagare i debiti di Ponte dell’Olio. Non vorrei che la conclusione necessaria fosse: “Se, però, ci mettiamo assieme, i nostri debiti li paga la Regione”. Sarebbe una conclusione poco istituzionale.

Dopodiché, è previsto un referendum. Debbo dire che, dopo che il PD ha inventato l’opposizione a Ziano al referendum, si è sparso per la Provincia di Piacenza il Comitato per il “no”, tanto è vero che quelli di Ziano sono andati a parlare contro Ponte dell’Olio e Vigolzone. Ci sono due vallate di distanza, ma sono andati ugualmente a esprimere le motivazioni della necessità del “no”. Pur lasciando che la gente legittimamente valuti come ritiene meglio, a mio parere questa fusione si dovrebbe fare.

Se l’opinione pubblica, ovviamente, anche suggestionata da abili agitatori sociali di sesso femminile che attraversano le Province e le valli per portare il loro verbo contro le fusioni, avrà la meglio, non ci rimarrà che arrenderci e ammettere di aver perso. È una consigliera di Ziano...

 

(interruzioni)

 

È del PD. Non ripudiarla.

Mi permetto soltanto di dire, come relatore, che se finalmente partisse una fusione in Provincia di Piacenza, forse, certi pessimismi potrebbero essere anche superati. Francamente, se non dovessero passare Bettola, Farini e Ferriere e neanche Vigolzone e Ponte dell’Olio, dubito che ci sarebbero ancora molti Sindaci e molti Consigli comunali disposti a metterci la faccia per prospettare fusioni che ‒ torno a ripetere ‒ sulla carta, a partire da quella di Borgonovo-Ziano, erano già fatte ancora prima di partire. Infatti, si è visto come è finita.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

Siamo in discussione generale.

Ha chiesto di parlare la consigliera Tarasconi. Ne ha facoltà.

 

TARASCONI: Brevissimamente. Solo per dire che, finalmente, consigliere Foti, sono d’accordo su tutta la linea. Ovviamente, chi è contro fa sempre più rumore rispetto a chi è a favore. Credo che sia anche nostro compito girare i nostri Comuni per spiegare che ci sono alcune fusioni che funzionano e che può essere una nota positiva per i nostri Comuni.

L’altra questione che volevo sottolineare è che l’analisi economico-finanziaria, che è stata fatta mettendo a confronto i principali dati di bilancio dei Comuni di Ponte dell’Olio e di Vigolzone, ha rilevato la quasi omogeneità per quanto riguarda le aliquote di addizionale IRPEF e degli altri tributi e un indice di indebitamento molto basso. Credo che questo dato vada sottolineato. I due Comuni sono molto simili anche per quanto riguarda i dati di bilancio.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Tarrasconi.

Siamo già arrivati, di fatto, alla replica dei relatori.

Mi pare che il consigliere Foti non sia interessato alla replica. Quindi, passerei direttamente alle dichiarazioni di voto finali. Non ci sono richieste di dichiarazione di voto.

Se nessun consigliere chiede di parlare si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 2893.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti,

approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’Assemblea approva.

 

OGGETTO 2306

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant'Ilario d’Enza nella Provincia di Reggio Emilia»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

 

OGGETTO 2894

Delibera: «Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge regionale 8 luglio 1996, n. 24, sul progetto di legge “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant’Ilario d’Enza nella Provincia di Reggio Emilia”.» (Proposta del consigliere relatore Yuri Torri su mandato della Commissione I) (86)

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Proseguiamo con l’oggetto 2306: Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant’Ilario d’Enza nella Provincia di Reggio Emilia”.

Oggetto 2894: Indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate, ai sensi della legge n. 24 del 1996, sul progetto di legge appena citato.

Il testo è stato licenziato dalla I Commissione Bilancio nella seduta del 5 luglio.

Il relatore della Commissione è il Consigliere Yuri Torri, che ha la parola. Prego.

 

TORRI, relatore della Commissione: Grazie, presidente.

Il PDL n. 2306, e l’indizione del referendum che ci accingiamo a votare, riguarda tre Comuni della Provincia di Reggio Emilia: Campegine, Gattatico e Sant’Ilario d’Enza. Si tratta di tre Comuni collocati geograficamente nella Bassa Val d’Enza, al confine tra le Province di Reggio Emilia e di Parma, in una posizione che, da un punto di vista logistico e territoriale, riveste una grande importanza, sia per la vicinanza a uno dei fiumi principali di questa regione sia per le infrastrutture presenti sul territorio.

Per dare alcune coordinate geografiche della porzione di territorio interessata da questo progetto di legge, i tre Comuni ‒ intesi interamente ‒ hanno un perimetro di 53,29 chilometri e 85 chilometri quadrati di estensione. Gli abitanti del Comune che, eventualmente, nascerebbe dalla fusione sarebbero poco più di 22.000. Quindi, si tratta di realtà medie o medio-grandi. In particolare, il Comune di Sant’Ilario ha poco più di 11.000 abitanti, Gattatico intorno ai 6.000 e Campegine 5.000. Tutti e tre i Comuni fanno parte dal 2008 dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza, Unione dei Comuni che corrisponde all’Ambito territoriale ottimale, al Distretto sanitario della zona, che gestisce in maniera unificata i servizi informatici e sociali, Polizia municipale e Protezione civile.

Dall’esperienza in Unione, i tre Comuni di cui stiamo discutendo hanno consolidato il lavoro assieme, dando inizio alle procedure che hanno portato all’avvio del progetto di fusione. I primi atti di indirizzo dei Consigli comunali risalgono al 2013. L’anno successivo, nel 2014, è stato condotto lo studio di fattibilità, che si è concluso ad ottobre. Lo studio di fattibilità ha usufruito ‒ stando alle norme vigenti ‒ di un contributo regionale. A conclusione dello studio di fattibilità, è stato avviato il lavoro di quattro sub-Commissioni che, per specifici temi, hanno analizzato i dati emersi dallo studio di fattibilità e che, a fine 2015, hanno presentato i risultati del loro lavoro, anche in questo caso al termine di un percorso partecipativo che è stato condotto nell’ambito della legge regionale n. 3, della partecipazione, e i cui risultati sono consultabili anche sul sito www.fusionedeicomuni.it.

A conclusione del 2015, i tre Comuni hanno inviato l’istanza per avviare il progetto di legge di fusione alla Giunta regionale. Assieme all’istanza, hanno inviato le delibere dei tre Consigli comunali con le quali ci si impegnava a ritirare l’istanza nel caso in cui, nella consultazione referendaria, il “sì” non fosse prevalso in tutti e tre i Comuni.

Come viene dato conto anche nella relazione al progetto di legge della Giunta, è giusto dare conto anche di questo elemento, perché va preso nella giusta considerazione. Come è stato richiamato anche in diversi interventi precedenti, è chiaro che la potestà legislativa su questo tema è in capo all’Assemblea. Tuttavia, è un punto politico rilevante di cui tenere conto l’indicazione che viene espressa da questi tre Consigli comunali, tra l’altro con voti, per la maggior parte, favorevoli, salvo astensioni in un Comune.

Per quanto riguarda le prospettive che emergono dallo studio di fattibilità e che potrebbe dare questa fusione di Comuni, che sono geograficamente contigui e omogenei per esigenze, in primo luogo si ha la possibilità ‒ che emerge dallo studio di fattibilità e che è stata rimarcata anche dai Sindaci nell’audizione ‒ in primo luogo di garantire servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati, soprattutto puntando su sportelli polifunzionali che consentirebbero, quindi, una diffusione di questi servizi sul territorio, cercando di elevare non soltanto la qualità, ma anche la quantità dei servizi nei Comuni che ora ne possono fornire alcuni non in modo continuativo.

Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi relativi non soltanto alla fusione dei tre Enti, ma anche all’armonizzazione del personale, lo studio di fattibilità rivela alcune criticità, soprattutto organizzative, anche se, di per sé, il personale che avrebbe nel complesso il nuovo Comune non viene ritenuto elevato. La gestione in un unico Ente consentirebbe economie di scala che aprirebbero possibilità per maggiori interventi pubblici al nuovo Ente rispetto ai costi di gestione attuali. Questo aspetto è stato approfondito da ulteriori studi, anche da parte dei Sindaci, che dimostrano, rispetto anche a Enti simili nella Provincia di Reggio, quale potrebbe essere un vantaggio importante nei costi e, di conseguenza, risparmiando questi costi, nella possibilità di progettare e intervenire sulle infrastrutture e sul territorio, una maggiore funzionalità del nuovo Ente che, chiaramente, essendo per estensione il quarto della Provincia, andrebbe a rivestire, in un’ottica di riordino istituzionale, un maggiore peso politico e amministrativo nella zona. Anche questo è un fatto sottolineato nello studio di fattibilità.

Lo studio di fattibilità ‒ come dicevamo prima ‒ ha fatto emergere anche alcune criticità da un punto di vista organizzativo, che sono state prese in considerazione nel percorso che il progetto di legge ha fatto fin qui in Assemblea, un percorso che ha avuto caratteristiche particolari: è partito con la delibera della Giunta del 29 dicembre 2015; successivamente, ad aprile, vi è stata la nomina dei relatori; dal 5 aprile, giorno in cui sono stati nominati i relatori, al 5 luglio, giorno in cui c’è stato il primo voto in Commissione, sono stati sentiti i Sindaci, assieme a tutti gli altri Sindaci dei Comuni interessati che hanno aderito all’audizione, ma ‒ elemento particolare di questa fusione ‒ l’Ufficio di Presidenza della I Commissione, insieme ai relatori di maggioranza e minoranza, ha incontrato anche, per un’informativa, i due Comitati che nel Comune di Campegine e di Gattatico si sono strutturati per il “no” alla fusione. Hanno avuto modo di esporci le loro perplessità riguardo a questo progetto in maniera approfondita. Tali perplessità riguardano principalmente le dimensioni dei Comuni, che non sono “piccoli”, ma “medio-grandi” e che, quindi, non richiederebbero necessariamente una fusione, e riguardano i costi, che non sarebbero così minori a seguito di questo processo.

D’altro canto, la settimana successiva i Sindaci Moretti di Sant’Ilario e, in replica, anche Cervi di Campegine hanno sottolineato come la scelta operata dai Comuni corrisponda ad un’esigenza di prospettiva futura e non necessariamente di sopravvivenza, non per mantenere l’esistente, ma per cercare di potenziare la capillarità e la funzionalità dei servizi su tutto il territorio. Hanno fatto riferimento a elementi infrastrutturali che su questo territorio già insistono, come, ad esempio, il casello autostradale e la stazione ferroviaria, sottolineando la strategicità della collocazione che avrebbe il nuovo Comune.

Questi sono gli elementi principali. Ai consiglieri è stato fornito sia il resoconto dell’audizione dei Comitati contrari alla fusione sia il resoconto dell’audizione dei Sindaci.

Per concludere, richiamerei gli elementi principali del progetto di legge, che si compone di sei articoli, in linea con i progetti di legge riguardanti le fusioni di Comuni affrontati questa mattina e le precedenti. Nel primo si definisce l’istituzione del Comune mediante la fusione; nel secondo gli istituti di partecipazione e i municipi. Da questo punto di vista, va detto che sul territorio si è cercato di tenere aperto il lavoro sullo Statuto, in maniera da aumentare, eventualmente, anche la possibilità di partecipazione.

L’articolo 3 riguarda la successione del nuovo Ente rispetto ai Comuni che, eventualmente, cesserebbero la loro esistenza in caso di esito positivo del processo di fusione. L’articolo 4 definisce i contributi regionali e l’accesso ai contributi statali, di cui si è detto anche prima (in particolare, 200.000 euro annui per quindici anni e 150.000 euro per tre anni a titolo straordinario di partecipazione), e la priorità all’accesso dei bandi regionali.

È chiaro che, come si è detto anche prima, in base a quelle che sono le criticità, soprattutto organizzative, che emergono in una fase di transizione, questa potrebbe non essere la ragione di una fusione verso un Comune così importante, ma sicuramente un supporto essenziale per le Amministrazioni che si accingono ad affrontare questo processo.

L’articolo 5 contiene la norma finanziaria. Infine, l’articolo 6 ‒ “Disposizioni transitorie” ‒ prevede il commissariamento del Comune, in caso di esito positivo del processo, dal 1° gennaio 2017 e l’affiancamento del commissario da parte del Comitato dei Sindaci che, a titolo non oneroso, coadiuverebbe il commissario fino alle elezioni. Al comma 3 si definisce che la sede del nuovo Comune sarebbe istituita presso il Municipio di Gattatico, come previsto dalle deliberazioni dei tre Consigli comunali fatte pervenire alla Giunta. Quest’ultimo aspetto è rilevante e fa parte di quelle particolarità di questo progetto di legge sul quale ci accingiamo ad indire un referendum e sul quale chiediamo di dare la parola ai cittadini, rimarcando questo aspetto e rimarcando gli elementi delle deliberazioni allegate all’istanza dei Sindaci.

Come abbiamo avuto modo di dire, almeno per quanto riguarda il nostro Gruppo, anche di fronte alla fusione di Ventasso, sempre sul territorio di Reggio Emilia, che si è conclusa positivamente tra lo scorso anno e l’inizio di questo, non siamo in presenza soltanto e non dobbiamo fermarci a una mera operazione di ingegneria istituzionale, ma, affrontando ‒ con la potestà legislativa che ci compete ‒ questo passaggio, bisogna tenere presente anche la partecipazione e l’espressione dei Consigli comunali e dei cittadini che compongono le comunità sulle quali andiamo a legiferare. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Torri.

La parola al relatore di minoranza, Gabriele Delmonte. Prego.

 

DELMONTE, relatore di minoranza: Grazie, presidente. Cercherò di essere il più breve possibile, perché siamo, comunque, in una fase di indizione del referendum.

Sul progetto di legge abbiamo già avuto modo di parlare nell’audizione dei sindaci, nell’incontro con i comitati del no e nell’esame dell’articolato all’interno della Commissione. Quello che ho sempre evidenziato, al di là del merito e dell’aspetto meritorio sulla fusione in sé, è stato un percorso che intanto vede oggetto la fusione di 23.000 abitanti, quindi non è in discussione una fusione come le altre, non è assolutamente una fusione che fa fronte per forza a una carenza di servizi. Sappiamo benissimo che i tre Comuni i servizi li hanno, e non hanno particolari difficoltà a mantenerli, salvo alcuni piccoli casi che però sono all’ordine del giorno in qualsiasi Ente locale. Come forza politica, al di là di un’idea personale – che in realtà non è un partito preso su una posizione favorevole o contraria, come siamo stati favorevoli alla fusione di Ventasso, siamo stati contrari ad altre fusioni –, quello che abbiamo sempre detto è riferito a due aspetti principali. Il primo è relativo ad un percorso tecnico, quello dello studio di fattibilità, che ha evidenziato non pochi problemi (li illustrerò poi brevemente); il secondo è relativo ad un percorso di partecipazione, invece, che è stato veramente carente, e dove non è stato carente è stato falsato, nel senso che sono state dichiarate delle falsità, sono stati riportati dati molto faziosi, dati corretti su misura, facendo vedere solo una faccia della medaglia e non l’altra.

Quanto al percorso tecnico, abbiamo uno studio di fattibilità che fondamentalmente suddivide le funzioni in sedici parti. Dividendo queste sedici parti secondo un tasso di criticità post-fusione alto, medio e basso, abbiamo ben nove funzioni su sedici con un tasso di criticità medio-alto. Tra queste nove evidenziamo soprattutto i tributi che ci saranno, e l’ambito dell’istruzione, dell’ufficio relazioni col pubblico e dello sport, tutti e quattro con tassi medio-alti di criticità. Tutti e quattro sono i principali punti di contatto tra un Ente locale e i suoi cittadini. Questo evidenzia allora come in realtà una fusione di questo tipo può provocare molti più danni rispetto a quelli che in realtà porterebbe una gestione dislocata, reale, sul territorio. Perché dico reale? Perché in realtà, guardando lo studio di fattibilità, si evidenzia come gli sportelli puramente decentrati sono due su sedici. Per sedici funzioni, cioè, solo due avranno gli sportelli realmente decentrati; altre sette avranno sportelli unici e altre sette ancora avranno lo sportello unico più un piccolo decentramento all’interno di un altro ufficio. Parlare di sistemi decentrati che rimarranno invariati all’interno dei municipi quindi è una balla, perché in realtà, ripeto, solo due funzioni su sedici avranno gli sportelli decentrati (adesso, ovviamente, sono sedici su sedici). Quindi, nelle frazioni più piccole, o anche in quella più grande, non importa, a seconda di dove sarà il municipio, avremo solamente due funzioni su sedici.

È evidente allora che se questo studio di fattibilità, pagato dai Comuni con l’ausilio finanziario della Regione, che serve appunto per valutare se l’operazione sarà utile per i cittadini, per i Comuni e per gli Enti locali, evidenzia queste criticità, continuare dovrebbe essere comunque un percorso da valutare. A maggior ragione, poi – e qua arrivo all’aspetto partecipativo – se i cittadini, soprattutto nei due Comuni più piccoli, che comunque ripeto, sono due Comunità da 6.000 abitanti, non delle frazioncine di poco conto, stando all’informazione sulla fusione e il loro parere sulla stessa, sono altamente contrari. Abbiamo avuto, questo lo devo evidenziare, un bell’atto di coraggio dei Comuni, che hanno deciso di finanziare, pagando di propria tasca, un sondaggio telefonico. Hanno fatto un sondaggio telefonico, ponendo, fra le tante, due domande; la prima è “quanto ne sa lei della fusione che andremo a fare?”; la seconda “se dovesse votare oggi, sarebbe favorevole o contrario?” Ebbene, in tutti e tre i Comuni più del 70 per cento non ne sapeva nulla, non sapeva assolutamente a cosa andava incontro, non sapeva i dettagli di questa operazione, di cui aveva solo appreso dai giornali. Nei due Comuni più piccoli, inoltre, più del 55 per cento ha dichiarato di essere assolutamente contrario.

Se faccio un sondaggio telefonico, chiedo ai miei cittadini cosa pensano della fusione e i miei cittadini dicono che a loro avviso non è un procedimento da svolgere, e che comunque davvero non ne sanno molto, cosa lo facciamo a fare se poi non diamo retta ai nostri cittadini? Cosa faccio a fare uno studio di fattibilità se mi evidenzia mille criticità e io non le ascolto? Forse perché il percorso che si va a fare non è un percorso – e questo lo ha detto il sindaco Moretti nell’audizione dei sindaci – prettamente finanziario, ovvero, come dicevo all’inizio, per avere questi fondi e poter gestire i servizi, ma è un percorso seguito da un ragionamento politico. Questo ha detto il sindaco Moretti, in audizione, pochi giorni fa.

Se allora il procedimento è puramente politico, mi permetto di evidenziare come politicamente quest’aula, quest’Assemblea ha deciso di non dare il relatore di maggioranza al partito più grande della maggioranza, come solitamente avviene, avendo anche consiglieri molto più vicini territorialmente, ma questo senza nulla togliere al consigliere Torri, forse perché si ha il sentore che questo referendum non andrà benissimo, soprattutto nei Comuni più piccoli, dove si sono formati due comitati del no che non sono nati da una ribellione sul web, o sono comitati di poco conto, ma sono comitati formati da ex sindaci, da ex assessori, assessori, e soprattutto da migliaia di cittadini che hanno firmato un documento in cui si dice di non continuare in questa annessione. Io la chiamo annessione perché di fatto si tratterebbe del Comune di Sant’Ilario che va ad annettere gli altri due. La mossa di mettere all’interno del progetto di legge che stiamo evidenziando, la sede del Comune a Gattatico, scusate ma andrebbe spiegata un po’ meglio ai cittadini (e anche qui il percorso partecipativo è altamente carente). Quella che andiamo a indicare, infatti, non è la sede ufficiale del Comune, ma è la sede provvisoria del Comune che sarà in essere fino alla redazione completa dello Statuto del nuovo Comune. Se non l’avessimo fatto, il Comune di Sant’Ilario, essendo il più popoloso, avrebbe preso in automatico la sede del municipio. Invece, andando a specificare che Gattatico avrà la sede del municipio fino a quando non verrà fatto lo Statuto, che evidenzio che poteva essere fatto in questo periodo, prima di arrivare al referendum, invece non è stato fatto a differenza del Comune di Ventasso, potrà cambiare la sede del municipio. Quindi, in realtà, noi adesso stiamo andando a sentire la gente che ci dirà che è stato loro garantito che il Comune sarà Gattatico. Non è assolutamente vero, o perlomeno, non è detto, perché quella che noi andiamo a evidenziare è una sede provvisoria.

Stessa cosa è stata detta sui fondi. È stato detto che in realtà i fondi servono per gestire dei servizi, che singolarmente fanno fatica a restare in piedi. Ma sono servizi che però sono già associati. Cioè, stiamo già gestendo dei servizi in forma associata, hanno dei problemi, quindi ci servono dei fondi per gestirli meglio in forma associata. Allora c’è qualcosa che non va. I dati ci dicono che un Comune di 23.000 abitanti, fonte del ministero degli interni, è un Comune tendenzialmente con costi maggiori pro-capite, rispetto a un Comune da 11.000 o 6.000, rientra proprio in una fascia più costosa. Quello che poi ha stupito è cosa è ciò che è emerso all’interno del sondaggio telefonico, soprattutto nella fase due. Si è addirittura chiesto ai cittadini un nome, inviando loro un foglietto bianco con una lista di nomi e una riga in cui poter aggiungere una propria ipotesi. Alla domanda “quale nome vorresti per questo fantomatico Comune nuovo” (al di là delle risposte tipo terra di Mordor e cose fantastiche e fantasiose per deridere probabilmente un’amministrazione che ha deciso di andare avanti senza il consenso dei cittadini), i voti arrivati sono stati 638 per un Comune che dovrà essere di 23.000 abitanti. Questo per capire quanto la popolazione abbia sentito il tema. In più, i primi tre classificati erano: Pianure Matildiche, Val d’Enza Nord e Tannetum. Questo risultato però non piaceva molto alle amministrazioni. Noi tenevamo a mettere all’interno Campidenza. Cosa facciamo allora? Togliamo Val d’Enza Nord, che è una scelta dei cittadini, che però a noi non piace, e inseriamo Campidenza? Anche qui non capisco allora a cosa è servito chiedere alla popolazione cosa vuole fare, se poi stravolgiamo le carte in tavola e portiamo i nomi di Campidenza, Pianure Matildiche e Tannetum. Anche questo è un percorso partecipativo che forse noi avremmo visto in un modo leggermente diverso.

Detto questo, lo studio di fattibilità evidenzia due problemi che secondo noi sono i più gravi. Gli appalti di Global Service hanno durata pluriennale e non potranno essere unificati in unico Comune, perché sono in essere. Questi sono costi vivi che il nuovo Comune dovrà mantenere per parecchi anni ancora. In più, se parliamo di strumenti urbanistici, uno dei tre Comuni non ha il PSC (gli altri due sì). Come faremo? È stato fatto un tentativo di fare un PSC in corsa prima di arrivare alla fusione, un tentativo andato assolutamente non bene, perché la Provincia in questo momento è in una fase di assestamento un po’ complicata, avrebbe fatto fatica a rivedere il Piano urbanistico e dare l’approvazione. Si dovrà quindi fare un nuovo PSC in un modo che onestamente ancora non è chiaro, perché se si va a fare il PSC di un unico Comune, quando già due PSC sono in essere, questo ovviamente avrà dei costi molto elevati. Sommando tutto questo agli altri costi che sono scritti proprio all’interno dello studio di fattibilità (software, dematerializzazione, regolamento dei sistemi formativi, revisione dei Regolamenti, sviluppo di acquisti di altri software, di altri strumenti di uso quotidiano), si va ad utilizzare circa un anno e mezzo dei finanziamenti che si otterranno tramite la fusione. E questo ovviamente ai cittadini non è mai stato detto.

Quello che noi abbiamo sempre cercato di fare non è una campagna elettorale pro sì o pro no, poco importa. Come potete vedere, non ci sono mie dichiarazioni in cui dico “votate no, votate sì”. Quello che cerco di fare è solo di dare un’informazione alla controinformazione che i sindaci stanno dando continuamente, a spese dei cittadini. Sono stati inviati infatti lettere e volantini stampati dai Comuni, con i soldi dei cittadini ai cittadini stessi, quindi ho cercato di dare un’informazione più reale, ho cercato di mettere in condizione questi 23.000 cittadini, un po’ meno perché gli elettori sono meno, di poter votare liberamente e soprattutto coscientemente, di poter votare sapendo a cosa andranno incontro, nel bene e nel male, perché un Comune di 23.000 abitanti avrà anche i suoi lati positivi, però bisogna evidenziare anche i lati negativi, soprattutto quelli che ci saranno nei primi anni, ovviamente, di una fusione così grossa. Penso soprattutto a quello a cui non hanno mai saputo risponderci i sindaci, o anche solo il Partito Democratico, che comunque sappiamo avere in mano una buonissima fetta politica nella zona: che cosa vorrà fare con questi fondi? Qual è il programma all’interno del nuovo Comune? E soprattutto, fra dieci anni, quando i fondi finiranno, quale sarà la prospettiva di questo Comune da 23.000 abitanti, che sarà uno dei Comuni più grandi della provincia di Reggio Emilia? Non lo sappiamo, non lo sa nessuno, evidentemente il Partito Democratico non lo sa. Ne prendiamo atto. Aspettiamo la parola dei cittadini; sicuramente siamo favorevoli a sentirli e quindi favorevoli al referendum.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Delmonte.

Siamo in discussione generale.

Ha chiesto di parlare il consigliere Taruffi. Ne ha facoltà.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Oggi abbiamo affrontato diversi progetti di fusione e abbiamo potuto discutere su tanti aspetti di queste fusioni. È stato richiamato più volte il testo presentato dalla Giunta, di modifica alla legge regionale 24/96, come strumento di contesa e in qualche modo di perplessità da parte di qualche Gruppo dell’aula.

Io però vorrei fare alcune rapide considerazioni generali, prima, sulla legge 24/96, perché vi ho ascoltato pazientemente tutto il giorno, non solo oggi, ovviamente, ma anche in altre occasioni in cui abbiamo discusso di fusioni, sia in Commissione che in aula. Devo dire che qualche perplessità l’ho avuta, nel senso che la legge 24/96, lo dico a beneficio di tutti, perché ripassare non è sbagliato, prevede che i referendum siano strumenti consultivi che si dà l’Assemblea per verificare la valutazione che danno le popolazioni interessate rispetto al processo di fusione dei Comuni avviato dai Consigli comunali con richiesta, eccetera. È quindi uno strumento che si dà l’Assemblea per sentire il parere dei cittadini, perché, ovviamente, consigliere Delmonte, le istituzioni consultano i cittadini non con i sondaggi, che sono strumenti di carattere generale, ma con i referendum, è fatto apposta. Noi che siamo l’Istituzione diciamo “sentiamo cosa dicono i cittadini” e lo facciamo attraverso i referendum.

Ora, può sembrare strano, però la legge 24/96, che fino ad oggi regola e norma i processi di fusione, prevede che questo sia uno degli strumenti per fare le fusioni, perché ci sono varie possibilità. Ad esempio, è utile ricordare che c’è anche la possibilità secondo la quale questa Assemblea, con i poteri che ha, determini che la fusione dei Comuni si faccia per legge. Si decide cioè che quei quattro Comuni, cinque Comuni, sei Comuni, due Comuni diventano un Comune solo perché lo decide l’Assemblea legislativa. È una facoltà che abbiamo. Se c’è una maggioranza qua dentro che vota quel progetto di legge, esso diventa legge. Dopodiché, non si è mai proceduto per questa strada per evidenti ragioni e perché è ovvio che è fondamentale sentire i cittadini dei Comuni interessati. Però è una possibilità prevista dalla legge, esattamente come quell’altra, cioè quella di fare il referendum, che come sapete bene non sono automatici. L’indizione del referendum, cioè, non è automatica, ci sono casi in cui il referendum si può anche non fare, ne ho citato uno ma ce ne sono altri. Questo è ciò che prevede la legge 24/96, non un dibattito astratto, quello che prevede la legge attuale.

 

(interruzioni)

 

È così. Andate a prendere il testo.

 

(interruzioni)

 

Io ho ascoltato tutti, non ho mai interrotto, facciamo che ci ascoltiamo tutti. Il testo è lì da qualche anno, perché è del 1996, lo leggiamo e vediamo che cosa se ne desume. Esiste la possibilità in cui, consigliere Delmonte, se più del 50 per cento dei cittadini si attiva, raccoglie firme e promuove il progetto di legge diffusione, il referendum non è più necessario: questo dice la legge, ad esempio. Quindi, esistono possibilità, previste dalla legge, secondo le quali il referendum non è necessario. Dico questo pur essendo convintissimo del fatto che i referendum vadano fatti e che il parere dei cittadini sia quello ovviamente più importante. Su questo però ci dobbiamo mettere d’accordo. Lo dico in modo bonario, anche in previsione della discussione che dovremo fare. Dobbiamo però metterci d’accordo perché non è possibile che noi utilizziamo due pesi e due misure, cioè, diciamo che in Valsamoggia non è stato corretto che tre Comuni su cinque dicano di sì, che la maggioranza complessivamente intesa dei cittadini dica di sì al processo di fusione, e diciamo che non va bene perché abbiamo fatto l’occupazione militare di due Comuni che non volevano. Contestualmente, da quella parte dell’aula si dice che non va bene aver fermato il processo di Ziano-Borgonovo perché, uno sì e uno no, la maggioranza era per il sì, quindi bisognava andare avanti. Nelle valutazioni oggettive, mettiamoci d’accordo, proviamo ad utilizzare lo stesso criterio, altrimenti non se ne esce. Questo lo dico perché credo che questi passaggi dovremo evitare di brandirli una parte contro l’altra, accusandoci reciprocamente di utilizzare il referendum per questo interesse piuttosto che per l’altro: secondo me è un modo sbagliato di affrontare la questione. Lo dice chi quando a suo tempo ha fatto il relatore di leggi in un processo di fusione, perché consigliere Delmonte, anche in altre occasioni all’interno della maggioranza non è stato un consigliere del PD a fare il relatore di maggioranza per processi di fusione, io ho preso parte, e ho preso parte in modo molto attivo alla campagna elettorale. Ad esempio, sono tra quelli che pensano che la politica deve decidere. Io quindi penso che non serva dire “convochiamo i referendum, sentiamo cosa dicono i cittadini e ci atteniamo al volere dei cittadini”. Certo, questo è il principio base della democrazia, ci mancherebbe; io però penso anche un’altra cosa: che al netto delle questioni, dovremmo dire cosa pensiamo, ai cittadini, dei vari processi, chiaramente. Non è che tutte le volte che facciamo un progetto di legge, qualcuno da qualche parte di quest’aula dice “noi siamo sempre favorevoli, però questa volta no”, l’altra volta ni, eccetera. Io penso che le forze politiche che sono rappresentate in quest’aula dovrebbero dire per ciascun progetto di legge, per ogni progetto di fusione, se sono favorevoli o se sono contrari, e fare un pezzo della campagna elettorale assumendosi quota parte della responsabilità che questo comporta. Io penso che si debba procedere in questo modo, per trasparenza e per chiarezza. I referendum si vincono o si perdono. Se uno aspetta sempre il giorno dopo per schierarsi non vince e non perde mai; o meglio, vince sempre. Di schierarsi il giorno dopo sono capaci tutti. A mio parere, bisogna schierarsi il giorno prima. Lo dico anche forte del fatto che nel piccolo Comune, di cui sono stato relatore, abbiamo preso il 94 per cento di “sì”. Dispiace per chi era per il “no”. Nell’altro, il 67 per cento. Esistono anche processi in cui la partecipazione è molto alta e il consenso è molto forte. Sembra sempre che i processi di fusione vengano imposti dall’alto. Non è così.

Non stiamo facendo nulla di fondamentale. Non stiamo cambiando la storia, ma stiamo mettendo in atto un piccolo pezzo di un’azione riformatrice della Pubblica amministrazione. Non posso dire di essere contento, ma penso che sia giunto il momento di dire che effettivamente i processi di fusione non vanno fatti solo e soltanto perché ci sono alcuni incentivi. I processi di fusione vanno fatti perché ‒ chi vive o ha amministrato un piccolo Comune lo sa meglio di altri ‒ la programmazione urbanistica di un territorio non è più possibile pensarla frammentata in 800, 900, 500, 400, 300 Comuni. Quella parcellizzazione rappresenta una delle ragioni del consumo di suolo di questa regione. Per cui, senza correre il rischio del gigantismo, che non va bene, credo che processi aggregativi che mettano insieme realtà (penso ai Comuni di montagna, ma non solo) siano fondamentali, non solo perché garantiscono la possibilità ai Comuni di erogare servizi ai cittadini (cosa che oggi per i piccoli Comuni è sempre più difficile, a causa anche dei tagli imposti dal Governo centrale, non dobbiamo negarlo; non solo da questo, ma anche da quelli che lo hanno preceduto; questo sta facendo la sua parte, non c’è ombra di dubbio; anzi, forse qualcosina in più), non solo ‒ dicevo ‒ perché i Comuni non sono più in grado di gestire i servizi, ma anche perché esiste un tema fondamentale che riguarda la programmazione e lo sviluppo urbanistico dei territori, che si incrocia perfettamente con questa discussione.

Dal punto di vista amministrativo, dobbiamo dotare il nostro territorio di realtà più omogenee e in grado di fare una programmazione più sensata. È inutile pensare che in tre Comuni di 5.000 abitanti, uno attaccato all’altro, ci siano tre aree industriali, tre zone artigianali, tre zone residenziali. Il territorio, in questo modo, si consuma e si consuma male. Questo è il livello, secondo me, della discussione che stiamo affrontando. Il pezzo di operazione riformatrice che stiamo portando avanti va collocato lì: capacità di erogare servizi, capacità di programmazione urbanistica, capacità di assicurare ai territori uno sviluppo diverso. Questo è quello che dovremmo cercare di fare noi, e di volta in volta dovremmo riuscire a dire se siamo d’accordo o non siamo d’accordo rispetto ai processi che dobbiamo esaminare ‒ lo ribadisco ‒ passando, poi, dal voto dei cittadini.

Forse ho capito male quanto riferito dal consigliere Bignami. Non è vero che tutte le fusioni vengono fatte il giorno dopo le elezioni, in qualche modo bypassando il volere dei cittadini. No. Esistevano anche processi in cui i candidati Sindaci avevano precisato chiaramente nel loro programma che avrebbero fatto la fusione. Hanno vinto le elezioni, hanno fatto la fusione, hanno vinto il referendum e, dopo, hanno fatto il nuovo Comune. Esistono. Non buttiamo sempre tutto insieme nella discussione, perché viene fuori, secondo me, una confusione che non aiuta.

Riepilogando, e concludo, anche nell’approccio rispetto alla modifica della legge del 1996, dovremmo darci due criteri fondamentali. Il primo: evitare di utilizzare una fusione per tirarcela uno contro l’altro ed evitare di sospettare che qualcuno stia facendo processi di fusione per un proprio tornaconto. Parliamo di 3.000-4.000-5.000 abitanti. Con tutto il rispetto ‒ io vivo in un Comune di 7.000 abitanti ‒ non stiamo parlando di Roma. Bisogna evitare la cultura del sospetto, cioè pensare che ci sia sempre qualcuno che fa una fusione perché ha un piccolo interesse di bottega da difendere. Inoltre, pensare che i processi devono essere sostenuti (o non devono essere sostenuti) non solo per ragioni economiche, ma anche per un disegno di riforma complessiva della Pubblica amministrazione.

Un ultimo aspetto. Abbiamo fatto diversi processi in questi anni. Sembra che ci sia una schizofrenia che io, invece, non vedo. Fino ad oggi, in quest’Assemblea è successo questo: quando due Comuni sono andati a fare la fusione, se in uno dei due ha prevalso il “no” ci siamo fermati. Quando dico “ci siamo fermati” mi riferisco a questa Istituzione, non solo alla nostra Assemblea, ma anche a quella precedente. Due Comuni vanno a votare. Uno vota “sì” e uno vota “no”. Ci si ferma. È successo a Toano e Villa Minozzo. È successo a Saviano e a San Mauro Pascoli. Ci siamo fermati. Si sono fermati. Quando c’erano più di due Comuni che sono andati al voto ‒ ed è successo per quanto riguarda la Valsamoggia ‒ si è tenuto conto di una discussione complicata e complessa: tre “sì”, due “no”, maggioranza complessiva “sì”. Si è proceduto. Ragione per la quale, guarda un po’, la Giunta propone la modifica della legge n. 24/1996 proprio su questo punto, per evitare il ripetersi di situazioni controverse come quelle, andando a normare un aspetto che, effettivamente, doveva essere modificato.

Aggiungo, e concludo: qualcuno ci vieta di tenere conto dei princìpi, qualora la modifica dovesse passare? Ovviamente, per un principio chiaro di non retroattività della legge, si fa in modo che tu modifichi una legge, ma non la rendi retroattiva. Questo è pacifico fra di noi.

 

(interruzioni)

 

No, non c’è.

Qualcuno ci vieta di tener conto dei princìpi che vengono introdotti nella modifica della legge n. 24/1996 per la valutazione dei referendum che oggi stiamo votando? No. Non ce lo vieta nessuno.

Penso ‒ e davvero concludo ‒ che tra forze politiche, tra persone che si mettono intorno a un tavolo e discutono, con un po’ di buonsenso, una soluzione di mediazione, di compromesso si possa trovare, evitando, però, di pensare che ci sia sempre qualcuno “pronto”, perché questo non è particolarmente garbato.

Penso che, con queste coordinate, un accordo in quest’aula si possa trovare tranquillamente. Mi fa piacere aver scoperto oggi ‒ chiudo con una battuta ‒ che votiamo solo per l’indizione del referendum e non il progetto di legge. Quando a suo tempo facemmo la discussione sulla fusione tra Granaglione e Porretta Terme, ricordo che discutemmo per due ore e quaranta minuti perché, giustamente, il consigliere Bignami voleva assolutamente impedire anche che si pronunciassero i cittadini. Per fortuna, abbiamo fatto un passo avanti. Chiudo con questa battuta, e andiamo avanti.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

Siamo ancora in discussione generale. Non ho iscritti.

Vi è l’eventuale replica dei relatori. Chiedo al relatore di maggioranza e al relatore di minoranza se intendono replicare. Il consigliere Torri si è già iscritto. Successivamente, prenderà la parola il consigliere Delmonte.

Ha chiesto di parlare il consigliere Torri. Ne ha facoltà.

 

TORRI: Rispetto all’indizione del referendum dei Comuni di Campegine, Gattatico e Sant’Ilario, vorrei fare alcune precisazioni su alcuni elementi che richiamava il collega Delmonte nella sua relazione, per puntualizzare quanto anche i Sindaci hanno espresso in sede di audizione rispondendo alle obiezioni che sono state poste, correttamente, dal collega.

Per quanto riguarda la questione dello studio di fattibilità e delle criticità organizzative, è stata fornita una risposta sia da Moretti sia da Cervi, quindi dal Sindaco del Comune maggiore e da uno dei due Sindaci dei Comuni minori. La criticità riguarderà la fornitura di servizi nelle sedi minori, dove attualmente non sono forniti con continuità, quindi con una tendenza al rialzo. Si tratta dell’organizzazione. Dallo studio di fattibilità emerge anche l’indicazione di dotarsi di una organizzazione a rete, quindi una possibile soluzione di questa problematica.

Riguardo alla sede, come abbiamo precisato anche in Commissione, il fatto che venga definita nel progetto di legge come “provvisoria” è una questione tecnica in quanto deve essere elaborato lo Statuto. Ora sappiamo anche perché è stato inserito questo comma, perché i tre Comuni con ognuno una delibera hanno dato questa indicazione.

Di conseguenza, viene da un consenso maturato tra quanti stanno lavorando a questa fusione e si troveranno eventualmente a definire lo Statuto che è stato tenuto aperto anche per cercare di andare incontro ad ulteriori criticità emerse a livello locale, sulle quali non è il caso di addentrarsi. Infine, sul sondaggio, rispetto ai risultati, di nuovo i sindaci avevano specificato che è vero che molti non avevano un’opinione formata rispetto alle percentuali richiamate dal collega, ma è anche vero che però la richiesta non fosse, quando si esprimeva un consenso di massima sulla fusione tra un assolutamente sì e un assolutamente no, ma fosse più graduata.

I favorevoli e i contrari avevano più sfumature di favore o di contrarietà. È stato poi condotto lo studio di fattibilità.

Credo fossero elementi opportuni da richiamare qui, sempre appunto richiamando anche la complessità di questo progetto di legge, come credo sia emerso dagli elementi che ho fornito nella relazione, per completezza.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Torri.

La parola al relatore di minoranza, Gabriele Delmonte. Prego.

 

DELMONTE: Grazie, presidente.

Rispondo subito al consigliere Torri su quello che ha appena detto. Ci viene sempre chiesto di fidarci: “Fidatevi, perché tanto questo è provvisorio. Fidatevi, perché i soldi rimarranno alla municipalità. Fidatevi, perché il PSC sarà unico. Fidatevi. Fidatevi”. Ma “Fidatevi” di chi?

Non sappiamo chi vincerà le elezioni nel nuovo Comune. Non sappiamo chi amministrerà questo nuovo Comune. In realtà, le promesse fatte oggi le fa qualcuno che non siederà tra quei banchi del Consiglio, per forza, o almeno non tutti.

Evidentemente quello che noi dobbiamo valutare è quello che abbiamo di certo oggi e quello che ci sarà di certo dopo l’eventuale fusione.

Quello che lasciamo scritto oggi ai posteri che governeranno quel territorio non vale niente, non vale nulla. Non sarebbe un atteggiamento serio da parte di un’aula e di chi rappresenta un territorio valutare un “se” e un “ma”.

Io valuto ciò che c’è di reale e ciò che c’è di reale è che la sede è provvisoria. Lo Statuto e la nuova Amministrazione decideranno quale sarà la sede, a differenza del Comune di Ventasso dove avevo uno Statuto in mano e sapevo dove ufficialmente e perennemente sarebbe finita la sede del Municipio.

Rispondendo al collega Taruffi, che mi sentirà forse da fuori…

 

(interruzioni)

 

Grazie per il rispetto.

Ci sono vari modi per fare i procedimenti di legge di fusione previsti dalla legge del 1996. È verissimo. Uno di questi, lo ricordo, è che i referendum vengano svolti prima dai Municipi, dai Comuni attuali e quindi evitare poi il referendum dopo. Mi faccio una domanda che ho fatto anche ai sindaci e non mi hanno saputo rispondere: perché invece di usare i soldi per i sondaggi e per mille altre cose non avete fatto i referendum prima, direttamente con i vostri fondi? Questo lo pagherebbe la Regione. I referendum precedenti avrebbero dovuto pagarli i Comuni. Perché non avete usato gli stessi e identici soldi, forse poco di più, per fare il referendum locale prima di spendere i soldi per lo studio di fattibilità, per la campagna elettorale, per tenere sotto scacco un anno tutti? È un anno che siamo dietro questo procedimento nel locale con tre Comuni, bloccando il PSC, bloccando le infrastrutture, bloccando di tutto e di più per questa fusione che forse avverrà o forse non avverrà. Avete risposto che era meglio così e perché preferiamo avere lo studio di fattibilità prima. Va bene, però forse la legge che prevede questa metodologia è sbagliata. Esiste, però. È una legge che attualmente prevede questa possibilità. Esistono dei casi – mi diceva – in cui nei programmi dei sindaci era già ben chiaro qual era il loro intento. Non è questo il caso. Solo un Comune su tre, un sindaco eletto su tre, aveva nel proprio programma l’idea di voler portare avanti la fusione. Uno su tre. Gli altri due assolutamente no e quindi lo farebbero “violando” il mandato ricevuto dai cittadini.

Sulla legge riguardo alle fusioni vorrei fare una specificazione. Non sarebbe retroattività il fatto di togliere il comma 4, quel famoso articolo 4? Non sarebbe una vera retroattività perché parliamo di interpretazione di esiti referendari. Il referendum avverrebbe dopo l’approvazione della legge. Quindi, non si tratterebbe di un caso di retroattività perché prima sarebbe solo indetto il referendum e non svolto. Quindi, in realtà non è un caso di retroattività. Si può fare o non si può fare, l’Assemblea…

 

(interruzioni)

 

È una cambiale post datata. Esattamente.

L’Assemblea poi deciderà quale interpretazione dare.

Si diceva che è compito della politica fare due cose: schierarsi e fare delle scelte prima di ascoltare i cittadini. Sullo schierarsi io sono assolutamente d’accordo. Io sono schierato per il “no” a questa fusione, ma schierarsi e fare campagna elettorale sono due cose diverse, soprattutto se c’è un ruolo, che è quello istituzionale, del relatore.

Io sono relatore e non vado a fare campagna elettorale sui tre Comuni. Semplicemente do la mia opinione, do le risposte che la legge ci dice essere attuali. Dopodiché la gente sceglierà. Poi, se mi chiedono un’opinione, la mia è quella, ma fare campagna elettorale è tutta un’altra cosa ed è quella che invece il collega Taruffi ha fatto nel procedimento di legge che lo ha visto come relatore.

Soprattutto si dice che fare scelte è compito della politica ancor prima di ascoltare i cittadini e non il giorno dopo il referendum. Ci sta, è una presa di coraggio. Però, attenzione, perché il nostro mandato è ascoltare i cittadini e prendere decisioni prima di ascoltarli, forse, collega Taruffi, è l’unico punto che la accomuna con il presidente Renzi.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Delmonte.

Abbiamo terminato la fase della replica dei relatori.

Do la parola all’assessore Petitti per la Giunta. Prego.

 

PETITTI, assessore: Grazie, presidente.

Vorrei fare alcune considerazioni sulla base di un dibattito importante che è avvenuto oggi in Assemblea e che chiaramente porta a sancire sei percorsi altrettanto importanti di fusione nel nostro territorio regionale.

Sono state dette tante cose, ma io vorrei provare a riassumere alcune questioni e provare a dare anche alcune risposte in merito soprattutto alle scelte, alle valutazioni che sono state maturate in questi mesi, in queste settimane, anche sulla proposta di legge che abbiamo iniziato, come ha ricordato il presidente Pompignoli, a trattare in Commissione e che nelle prossime settimane vedrà anche un approfondimento sia da parte della Commissione competente che dell’Assemblea e quindi di tutti i Gruppi di maggioranza e di minoranza., Credo che da questo punto di vista ci fosse già stato, tra l’altro, in quest’aula, l’impegno da parte della maggioranza e della Giunta a trattare le questioni all’interno di un testo di legge complessivo che va anche a regolamentare il rapporto tra le unioni e le fusioni, tra l’altro, ripeto, in una fase dove i cambiamenti anche in un quadro normativo nazionale sono tanti e quindi dobbiamo essere in grado di intercettare le esigenze dei nostri territori e allo stesso tempo renderci coerenti con il quadro normativo nazionale che da questo punto di vista sta già proponendo alcune innovazioni anche alle stesse Regioni.

In ogni caso, facciamo un passaggio importante. Come sappiamo, approvate le delibere di indizione dei referendum, entro dieci giorni ci sarà l'adozione del decreto del presidente di indizione dei referendum. Quindi, avremo la possibilità di andare a definire qual è il periodo, la data, del referendum dei sei progetti di legge e abbiamo messo in campo un percorso che ci porterà, laddove dovesse esserci un esito positivo, e quindi il voto finale dell’Assemblea post referendum, ad un passaggio al 1° gennaio 2017 di 324 Comuni.

Io credo che i numeri siano importanti da ricordare ogni volta, perché sappiamo che quello che è accaduto da quando ci siamo insediati ad oggi è stata una situazione di grande fermento che ha portato ad otto fusioni dal 1° gennaio 2016 e a sei progetti di legge che oggi, appunto, stiamo approvando.

Veniva ricordato il fatto che abbiamo tre fusioni in territori montani, due in pianura e uno in collina. È il caso della Valconca o comunque territori che da questo punto di vista hanno mostrato – questo l’hanno detto tutti i relatori, sia di maggioranza che di minoranza e tutti gli interventi –, attraverso gli studi di fattibilità, la coerenza di quello che è un progetto complessivo che tiene insieme delle Amministrazioni con un progetto strategico per i prossimi anni, perché è evidente l’opportunità che oggi viene presentata a questi piccoli, piccolissimi Comuni, attraverso la fusione, di ricavare risorse per loro vitali per i prossimi dieci anni. Ricordiamo che la legge di stabilità quest’anno ha detto che ci sarà il raddoppio dei fondi nazionali. Vengono confermate, attraverso le nostre leggi finanziare, tutti gli anni, le risorse che mettiamo nella proposta di legge, ma sono altre le valutazioni positive che stanno alla base di questa scelta.

Vorrei anche ricordare – alcuni lo hanno detto – la priorità riservata ai Comuni nati da fusione nei bandi regionali e quindi la possibilità per questi Comuni di costruire nei prossimi anni anche dei progetti facendo ricorso a quelle che sono risorse legate ai fondi strutturali.

Lo avete detto: noi non andiamo a superare quelle che sono peculiarità dei territori, perché attraverso la possibilità data dallo Statuto di avere comunque i Municipi noi riusciamo a garantire anche la vicinanza ai cittadini attraverso i servizi essenziali.

È stato ricordato, ma lo abbiamo detto molto recentemente anche in un’analisi fatta proprio sulle fusioni già realizzate, a partire da quello che è stato uno studio approfondito realizzato dalla prima fusione, la fusione della Valsamoggia.

Creando una nuova organizzazione a livello istituzionale semplifichiamo il quadro amministrativo e politico e realizziamo reali economie. Nei primi due anni soltanto, due milioni di economie di risparmi di spesa corrente, che sono stati testimoniati dall’effettiva capacità di questo Comune fuso, risparmi che credo siano ancora una volta, attraverso i numeri, la garanzia che le fusioni creano economia e allo stesso tempo rendono competitivo quel territorio che, altrimenti, in un quadro di trasformazioni e superamento delle Province, vedrebbe indebolirsi soprattutto i Comuni più piccoli.

Se questo è lo scenario, io credo che il lavoro che abbiamo fatto e che discuteremo anche nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, che è quello di intervenire a livello legislativo per semplificare ulteriormente le procedure delle fusioni e ovviamente dare sempre nuove opportunità ai Comuni, è fondamentale.

Con questo progetto di legge vogliamo migliorare l’organizzazione e la complementarietà di questi Comuni all’interno delle proprie unioni e abbiamo fatto questo. Discipliniamo la fusione per incorporazione. Voi sapete che sono tanti i Comuni che sono interessati ad essere incorporati all’interno di fusioni che sono già in atto. Andiamo ad introdurre anche delle modalità di armonizzazione degli strumenti urbanistici dei Comuni preesistenti alle fusioni e regolamentiamo – anche questo era stato un impegno che avevamo preso in questa Assemblea – l’Osservatorio regionale delle fusioni proprio come forma di presidio di quello che è il funzionamento di questi nuovi Comuni, perché bisogna valutare, bisogna monitorare, bisogna stare vicino a queste nuove Amministrazioni.

Da questo punto di vista penso che sia anche importante, sul fronte del referendum, chiarire alcuni di questi aspetti, perché quello che noi facciamo anche attraverso un articolo, l’articolo 5 presente nella legge, nella nuova legge che andremo a discutere e poi votare, è innanzitutto regolamentare le interazioni che si possono determinare perché, ad oggi, la legge ci mette dei vincoli da questo punto di vista tra i referendum consultivi territoriali e i referendum nazionali, cioè regole di maggiore flessibilità, senza le quali, questo l’ho detto anche in Commissione, noi saremmo oggi costretti a posticipare di sei mesi la data del referendum oppure ovviamente avere la coincidenza del referendum territoriale con il referendum nazionale. Quindi, da questo punto di vista, noi pensiamo che sia necessario non condizionare i percorsi di queste fusioni di questi Comuni, perché vorrebbe dire andare a referendum nel nuovo anno e quindi, ovviamente, andare a fusione nell’anno successivo.

Allo stesso tempo pensiamo che sia necessario, con alcuni criteri che bisognerà darsi, che l’Assemblea dovrà darsi, disciplinare anche l’esito delle consultazioni referendarie. È ovvio che parliamo di referendum consultivi. Quindi, da questo punto di vista, l’Assemblea sarà comunque portata col voto finale a decretare ufficialmente e formalmente la nascita della fusione dei nuovi Comuni. Però, è chiaro che mettere insieme più elementi che in qualche modo siano anche elementi che da questo punto di vista valutano l’effettiva volontà degli elettori e quindi il voto degli elettori e il voto anche emerso dal numero dei Comuni coinvolti nelle fusioni siano due aspetti che devono in qualche modo convivere.

Da questo punto di vista, laddove sia la maggioranza degli elettori che la maggioranza dei Comuni coinvolti si sia espressa in modo diverso, riteniamo che ci sia la necessità di chiedere un parere ai Consigli comunali in cui c’è stata un’espressione della maggioranza complessiva degli elettori che non è stata positiva. Questo è chiaro che cosa comporta. Comporterà inevitabilmente che si allungherà almeno di sessanta giorni il cronoprogramma rispetto al percorso di fusione.

Voi sapete che oggi da quando si esprimono i Consigli comunali con la volontà di andare a fusione a quando con il referendum decretiamo ufficialmente la nascita della fusione trascorrono nove o dieci mesi. In questo modo, laddove riteniamo che sia necessario ritornare nei Consigli comunali per l’espressione ultima di quei Comuni, noi allunghiamo il tempo di altri sessanta giorni, però crediamo che da questo punto di vista significhi anche responsabilizzare l’Amministrazione e coinvolgere ulteriormente il Governo di quei territori nella scelta definitiva. Crediamo che da questo punto di vista ci sia stata la volontà di andare a disciplinare, attraverso dei criteri, la valutazione degli esiti delle consultazioni referendarie e abbiamo detto che varrà ovviamente per i progetti di legge che saranno successivi all’approvazione di questa legge.

È chiaro che – lo abbiamo detto anche in Commissione – condizionerà anche il percorso dei prossimi mesi, però credo che ci possano essere le condizioni sia in Commissione che in Assemblea di fare le valutazioni politiche per capire anche come questa disciplina in qualche modo potrà incidere sui referendum di ottobre, che faremo sulle sei fusioni.

Da questo punto di vista penso ci siano anche le condizioni per trovare dei punti di mediazione che in qualche modo accompagnano questi processi e anche il referendum di ottobre.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore Petitti.

Con l’intervento dell’assessore è chiusa la discussione generale.

Passiamo alle dichiarazioni di voto. Cinque minuti per ogni Gruppo.

Consigliere Torri, prego.

 

TORRI: Grazie. Intervengo solo per confermare il voto positivo del Gruppo di SEL all’indizione anche di questo referendum.

Siamo a favore a l’abbiamo sempre ritenuta un’opportunità positiva quella che viene data ai territori di fondersi. Nonostante questo, siamo anche consci della complessità che questi processi hanno. Siamo pronti a confrontarci con tutti gli aspetti di questa complessità. L’espressione dei cittadini deve essere tenuta in considerazione, le espressioni dei Consigli comunali che pure devono essere tenute in considerazione nello svolgere la nostra attività legislativa.

In questo caso, lo dicevamo anche prima, questo percorso è stato marcato da anche maggiore confronto rispetto agli altri. Mi riferisco all’incontro dell’Ufficio di Presidenza e della Commissione I.

Chiudo dicendo che si richiama – anche l’assessore lo faceva – il valore del referendum, il valore dei Comuni che si esprimono.

Rispetto alla questione della sede, non è venuta da un proclama o da una richiesta estemporanea, ma dalla delibera di tre Consigli comunali, votata da diversi consiglieri comunali; ruolo che io ho avuto nel mio Comune la fortuna di ricoprire per anni, che anche Gabriele Delmonte credo continui a ricoprire a Montecchio. Quando si esprime una delibera si dà un valore a questa richiesta istituzionale che è diverso dal proclama di una o di un’altra persona. Come tale è stata assunta in Regione e come tale ha valore anche quando cambieranno i consiglieri comunali com’è stato anche in passato. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Torri.

Consigliere Delmonte, prego.

 

DELMONTE: Intervengo solo per fare la mia dichiarazione di voto. Noi siamo per ascoltare i cittadini. Quindi, il nostro parere è questo. Con tutte le nostre idee che sono differenti all’interno del progetto di legge l’elemento più importante – e non è un non prendersi la responsabilità, ma è davvero un ascoltare e cercare di capire quanto hanno capito i cittadini del processo che andranno a fare – è cercare di capire, noi per primi, qual è la loro intenzione, soprattutto quando ci sono dei Comuni più piccoli con i Comuni più grossi che vanno a fondersi.

Noi voteremo “sì” per cercare di capire dal referendum cosa ne pensano. Per rispondere a quest’ultima battuta, non è vero che quello che un Consiglio comunale delibera deve essere per forza mantenuto, perché con una nuova delibera si cambia tutto e questo lo sappiamo perfettamente perché è avvenuto più e più volte, soprattutto nei Comuni, ma anche in quest’aula.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Delmonte.

Se nessun altro consigliere chiede di parlare si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all’oggetto 2894.

 

(L’Assemblea, all’unanimità dei presenti,

approva il partito di deliberazione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): L’Assemblea è approva.

Come da accordi tra i Capigruppo, chiudiamo i lavori dell’Assemblea di questa sera, che riprenderanno domani mattina alle ore 9,30.

Buona sera a tutti.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 17,51

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Paola GAZZOLO, Elisabetta GUALMINI, Emma PETITTI, Sergio VENTURI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI e l’assessore Raffaele DONINI.

 

I PRESIDENTI

I SEGRETARI

Rainieri - Saliera

Rancan - Torri

 

 

 

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