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Legislatura IX - Commissione Parità - Verbale del 13/12/2013 antimeridiano

                 

     

                 

     

    Verbale n. 21

    Seduta del 13 dicembre 2013

     

    Il giorno venerdì 13 dicembre 2013 alle ore 10.30 si è riunita presso la sede dell’Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, convocata con nota prot. n. 49357 del 10/12/2013.

     

    Partecipano alla seduta i Consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    MORI Roberta

    Presidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    MALAGUTI Mauro

    Vicepresidente

    Forza Italia - PDL

    6

    presente

    MORICONI Rita

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    BARBATI Liana

    Componente

    Italia dei Valori – Lista Di Pietro

    2

    assente

    BAZZONI Gianguido

    Componente

    Forza Italia - PDL

    5

    assente

    CASADEI Thomas

    Componente

    Partito Democratico

    4

    assente

    DEFRANCESCHI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it

    1

    assente

    DONINI Monica

    Componente

    Federazione Della Sinistra

    2

    presente

    MANFREDINI Mauro

    Componente

    Lega Nord Padania Emilia e Romagna

    4

    presente

    MEO Gabriella

    Componente

    Sinistra Ecologia e Libertà – Idee Verdi

    2

    presente

    NOE’ Silvia

    Componente

    UDC – Unione di Centro

    1

    assente

    PARIANI Anna

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    RIVA Matteo

    Componente

    Gruppo Misto

    3

    assente

    SERRI Luciana

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

     

    E’ presente il consigliere Antonio MUMOLO in sostituzione di Thomas CASADEI.

     

    Hanno partecipato ai lavori della Commissione Antonella BUSETTO (Servizio Segreteria e Affari generali della Giunta, Affari generali della Presidenza, Pari opportunità); Rudi GHEDINI (Servizio Informazione e Comunicazione istituzionale A.L.).

     

    Presiede la seduta: Roberta MORI

    Assiste il Segretario: Enzo MADONNA

    Resocontista: Enzo MADONNA

     


    La presidente MORI dichiara aperta la seduta alle ore 10,45.

     

    Sono, altresì, presenti i consiglieri Donini, Malaguti, Manfredini, Moriconi, Mumolo, Pariani, Serri.

     

    -          Informazioni della Presidente sull’impostazione del progetto di legge regionale per la Parità e contro le discriminazioni di genere e iter collegato. Approfondimenti conseguenti della Commissione.

     

    La Presidente MORI spiega che l’articolato che oggi viene proposto in estrema sintesi non è ancora stato sottoposto al controllo di legittimità dell’ufficio legislativo dell’Assemblea, per cui oggi intende chiedere l’autorizzazione della Commissione per poter effettuare, prima di formalizzare la proposta di articolato, quelle verifiche minime che renderanno l’articolato non soltanto corretto e legittimo dal punto di vista del merito, ma anche giuridicamente ineccepibile.

    La presidente ricorda che la legge è il frutto di tutto il lavoro svolto dalla Commissione: le visite ai centri antiviolenza, le audizioni di approfondimento tematico, le informative di tutti gli assessorati per competenza e tutti gli incontri a latere che ci sono stati; nell’impostazione della legge sono fondamentali anche le risoluzioni approvate, che sono state una piattaforma valoriale di principi e di obiettivi che l’Assemblea legislativa si è data unitariamente.

    Approcciando i vari articoli, circa una quarantina, la Presidente li illustra in estrema sintesi per capire se sono sulla strada giusta rispetto ai temi trattati, a ciò che è stato raccolto e a ciò che è stato ascoltato e approfondito, oppure se questa prima socializzazione suscita degli ulteriori argomenti e delle ulteriori riflessioni rispetto a quelle che andrà a fare in estrema sintesi. 

    Il titolo primo contiene “disposizioni generali e norme di principio”: all’articolo 1 si pongono al centro di questa legge le convenzioni sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione (Trattato dell’Unione Europea, Carta dei Diritti Fondamentali, Convenzione di Istanbul, Costituzione, Statuto Regionale e tutta la legislazione di pieno rispetto dei diritti). Un elemento di originalità di questi principi che si vanno a codificare in una legge è innanzitutto il fatto che sono sparsi in tante fonti del diritto di diversa gerarchia e, conseguentemente, vengono assunti come elemento, come piattaforma valoriale comune in una legge regionale che, ovviamente, è molto più vicina all’attuazione dei territori, dei comuni e delle istituzioni, nonché dei cittadini rappresentati. Il fatto di concorrere tutti insieme e di decidere per l’uguaglianza sostanziale e per la realizzazione di quest’impianto e di una promozione della cultura plurale di rispetto delle differenze e di rispetto del genere è un elemento che vede l’impegno della Commissione. La Regione Emilia Romagna, secondo questi principi, favorisce il pieno sviluppo della persona e sostiene la soggettività femminile come elemento di cambiamento e di progresso della società, contrasta ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva dei diritti umani, della libertà, della dignità, dell’inviolabilità di genere e della persona; promuove la cultura della rappresentanza paritaria, del potere condiviso, della medicina di genere, dell’educazione e della valorizzazione delle differenze di genere per il contrasto agli stereotipi contro tutte le discriminazioni; favorisce l’equilibrio tra l’attività lavorativa professionale, la vita privata e i familiari per donne e uomini; promuove coordinazioni e strumenti volti all’attuazione di questa legge nella forma integrata con tutte le leggi del sistema. Questo sistema si compone di tantissimi soggetti, ma in particolare la Regione Emilia Romagna e gli enti locali, nell’esercizio delle funzioni previste dalla legge, conformano la propria attività in questo metodo di collaborazione istituzionale volto alla parità di genere e al rispetto dell’equità sociale e dell’uguaglianza sostanziale. Questi sono i principi dell’articolo 1.

    Per quanto riguarda le finalità, c’è un piccolo stralcio, però le finalità sono una precisazione un po’ più puntuale dell’oggetto della legge: vi è la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di ogni discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, in particolare delle bambine, delle ragazze e delle donne che di fatto ne limiti la libertà, ne impedisca il pieno sviluppo della personalità, e vi è l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale della Regione Emilia Romagna. Questo perché la ratio legislativa di questa legge parte da un gender gap, ossia da un gap di genere che trasversalmente si appalesa, attraverso statistiche, riscontri etc., in tutti gli ambiti della vita sociale. Il tema del femminile ritornerà in modo precipuo perché sul tema del femminile si concentrano, oltre che nella storia e nella tradizione, soprattutto nella società, gli elementi differenziali maggiormente significativi. Ovviamente c’è l’ambito di valorizzazione rispetto al quale si dovrebbe impegnare la Regione Emilia-Romagna, concernente la valorizzazione delle differenze di genere, l’affermazione della specificità, libertà e autonomia femminile diretta e la parità giuridica e sociale tra donne e uomini. La Regione Emilia-Romagna individua modalità di raccordo e confronto permanente tra le donne elette nelle istituzioni, gli organismi che si occupano di pari opportunità e discriminazioni di genere, i centri antiviolenza, le rappresentanze femminili delle realtà economiche, imprenditoriali, professionali e del lavoro, nonché le associazioni femminili presenti nella Regione, questo perché il tema di un tessuto e di una rete feconda di soggetti impegnati e attivi con una partecipazione diretta a sviluppare progettualità, cultura e sensibilità, è veramente molto vasto, molto ampio e fin nelle finalità il tema di un coordinamento che renda tutte queste partecipazioni veramente incisive per l’attuazione delle politiche di genere nel modo più integrato possibile, si ritiene sia una forza che non va lasciata frammentaria, bensì sotto una regia istituzionale di accompagnamento va valorizzata rispetto agli obiettivi di sistema. Sempre nelle finalità c’è il tema dell’azione contro la violenza di genere, in particolare contro quella perpetrata ai danni delle donne come manifestazione discriminatoria di espressione più grave di relazioni di potere diseguale tra uomini e donne ed è una delle definizioni che la stessa Convenzione di Istanbul dà. Il tema della violenza viene inserito e integrato in una norma di sistema di cui è una parte, è un aspetto, ma non si assorbe l’intera soggettività femminile in questa sottotitolazione di vittima del sistema, bensì se ne promuove la soggettività con tutte le azioni positive delle quali la Commissione tratterà. 

    Nella redazione di questa proposta, di questo articolato, è chiaro che sono già stati abbastanza valorizzati e inclusi anche i punti della legge d’iniziativa popolare contro la violenza di genere. Nella redazione di questo testo già sono considerate alcune espressioni, alcuni strumenti e alcune proposte proprio perché era stato preso l’impegno, una volta collegate le leggi d’iniziativa popolare con la legge quadro regionale, di integrare i contenuti: questo sforzo sarebbe già stato compiuto, ma ovviamente si può sviluppare ulteriormente.

    L’articolo 3 contiene le definizioni. In merito alle definizioni, è chiaro che non si può pensare di definire tutto, però soprattutto i centri antiviolenza, ma anche gli operatori del settore, hanno chiesto una maggiore specificità rispetto ad alcuni concetti, in modo tale che, definendoli, innanzitutto si riconoscano, condividendo un linguaggio e un registro espressivo per leggere le cose, visto che tante possono essere le definizioni rispetto al genere, rispetto al sesso e rispetto alla violenza. Come la Convenzione di Istanbul ha fatto, definendo i concetti che racchiudono alcune definizioni che sono alla base dei ragionamenti fatti, si è cercato di sviluppare – e poi se ne verificherà la legittimità e quant’altro – alcune definizioni sul sesso, sul genere, su che cosa è la democrazia paritaria e su che cosa sono i correttivi democratici, la medicina di genere, il linguaggio di genere, il femminicidio, sostanzialmente per avere un linguaggio comune. Dopodiché è chiaro che è tutto aperto alla discussione e all’approfondimento. 

    Proseguendo, il primo punto considerato importante e decisivo è il sistema della rappresentanza, perché dal punto di vista di un potere condiviso, come è stato sempre detto, è chiaro che la presenza femminile intesa come una presenza qualificata paritaria nei luoghi della decisione e del potere, è un elemento che connota e integra il principio di uguaglianza e di equità. Dal punto di vista dei principi di priorità nelle valutazioni, è stata inserita – ed è stato preso da una risoluzione che era stata approvata all’unanimità dalla Commissione, è una cosa delicata, ma già contenuta in una risoluzione approvata all’unanimità – la rappresentanza paritaria nel sistema elettorale, ovvero sostanzialmente quella che è già la legge della doppia preferenza per i comuni, i quali nelle ultime amministrative hanno già votato con la doppia preferenza, e con questa norma diventa uno strumento anche per le elezioni in Assemblea legislativa. Non è obbligatoria la doppia preferenza, perché la Corte Suprema si è già espressa in questo senso, ma nel caso in cui un elettore, anziché dare una sola preferenza, ne volesse dare due, deve dare una preferenza maschile e una preferenza femminile, se ne dà una sola può fare come vuole. Questo è un elemento non obbligatorio, facoltativo, però quando un cittadino va all’urna e ci sono queste due opzioni, rappresenta un invito a fidarsi delle donne, a promuoverle nei luoghi della rappresentanza democratica, in questo caso in Assemblea legislativa. 

    C’è poi il tema della rappresentanza nei luoghi della decisione: esiste già una legge, la 120 del 2011, che dà un criterio di riequilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle partecipate pubbliche e delle aziende quotate in borsa: attraverso l’articolo 5 si investono la Regione Emilia Romagna, gli enti locali e coloro che hanno potere di nomina nelle aziende pubbliche, di verificare l’attuazione della legge, di sollecitare eventualmente l’attuazione della legge e di segnalare la non attuazione della legge, perché ciò che viene rappresentato è che ancora i consigli di amministrazione si devono adeguare, o comunque non esiste una rappresentazione chiara di ciò che accade nel territorio regionale, invece rispetto a questo non ci si deve affidare soltanto alle associazioni di categoria, piuttosto che a altri, ma si deve avere come Regione un punto di vista istituzionale formale rappresentabile all’esterno.

    La presidente passa poi a presentare l’articolo 6 che riguarda la rappresentanza paritaria diffusa: si dice che nella predisposizione di bandi e di collaborazioni che la Regione Emilia Romagna sviluppa, si devono tenere in considerazione, premiandoli, i soggetti che si sono posti la questione delle politiche di parità e delle azioni positive all’interno delle proprie organizzazioni come elemento non discriminatorio, ma premiante, perché il tema della premialità è un tema che è sempre spendibile, mentre il tema della discriminazione in negativo di un soggetto potrebbe esporre a delle responsabilità rispetto all’esclusione di alcuni soggetti; l’auspicio è quindi che il tema della premialità possa agire come sollecitazione positiva. 

    Passando al tema della salute, del benessere femminile – questo è un tentativo di sviluppo, poi con la Presidente Donini verranno approfonditi tutti i termini della questione, però c’è il titolo, c’è il tema – si parla di medicina di genere e di cura personalizzata e si dice che la Regione Emilia Romagna punta, mira a una cura e all’appropriatezza della cura in ogni ambito, in ogni settore, finanche ad arrivare a un obiettivo di cura personalizzata, sempre più vicina ai bisogni degli individui che sono tutti diversi e unici. Questo principio, che si ritiene corretto e a favore di tutti, deve avere come presupposto il riconoscimento che le differenze biologiche di genere tra uomo e donna fanno scaturire protocolli di cura, farmacologici, che devono considerare questo, conseguentemente i farmaci, i protocolli e quant’altro non devono essere sperimentati solo sugli uomini perché soggetti stabili e perché così costa meno ai soggetti interessati, bensì in modo paritario deve essere sviluppata una sperimentazione, un approccio che tenga conto anche del genere femminile come presupposto di questo percorso: non alla fine, ma come presupposto, perché purtroppo, come dicono gli esperti in tanti approfondimenti che sono stati fatti con la Presidente Donini, altrimenti i protocolli medici, piuttosto che quelli di cura sono meno efficaci sulle donne rispetto ad alcune patologie che vengono sottovalutate, non appropriatamente assistite. Questo è il senso. Così come pure la rete dei servizi e dei presidi territoriali vuole riprendere la testimonianza che il dott. Brambilla fece durante una delle informative della Commissione, secondo la quale, rispetto a case per la salute piuttosto che servizi territoriali, consultori, si afferma la necessità che la prevenzione, la cura vengano intensificate e portate più vicino ai cittadini mediante questi presidi territoriali, con particolare attenzione al tema delle patologie femminili e conseguentemente con il rafforzamento di tutti questi strumenti a disposizione di tutti, ma in particolare delle donne. Questo in estrema sintesi, in seguito tutto andrà approfondito. Poi c’è la formazione dell’organizzazione sanitaria, che deve essere conciliante con tutti i tempi delle tante donne che sono in sanità e tutta una serie di cose che sono state trattate in Commissione e che danno il senso di questo titolo molto importante per gli obiettivi che si propone. 

    C’è poi tutto il titolo relativo agli indirizzi di prevenzione e contrasto alla violenza di genere che doveva essere inserito nelle finalità: ecco perché era stato avvicinato al tema della salute e del benessere, in quanto la violenza, sia fisica che psicologica ed economica, provoca tutta una serie di riflessi sul benessere femminile, oltre che sulla tutela; in questo senso, è stato focalizzato il protagonismo dei centri antiviolenza come interlocutori diretti e privilegiati su questo tema, in quanto sensori, intercettori sul territorio, con un minimo di sforzo nella definizione (ci sono tante proposte in questo senso di centro antiviolenza) con tutto ciò che può legittimare una prestazione di qualità che viene adottata dalla Regione Emilia Romagna mediante convenzioni; questo implica un minimo di criteri di accesso e di disciplina, unitamente al tema importante delle case rifugio e delle soluzioni abitative temporanee, che è un tema abbastanza critico da dipanare nell’emergenza per le donne vittime di violenza, per cui a un certo punto – è per questo che c’è bisogno del vaglio di legittimità – avendo la presidente avuto l’esperienza di Sindaco, si è trovata a dover trovare delle soluzioni temporanee in abitazioni pubbliche, scavalcando le graduatorie, perché quando c’è una pressione fortissima, un provvedimento giudiziario che allontana e non si ha un luogo in cui inserire la vittima, come la bambina che va a scuola e quindi non si può mettere dappertutto, si devono focalizzare degli strumenti, e il fatto di attribuire al Sindaco, quando c’è un provvedimento giudiziario di allontanamento immediato, il potere di trovare una soluzione temporanea; nel caso in cui non vi siano centri antiviolenza o case rifugio, può essere una soluzione utile da tenere in considerazione. La dinamica è una dinamica che vuole coprire tutte le possibilità, ossia la possibilità dei centri antiviolenza, da parte dei quali si ha immediatamente una risposta ma, visto che purtroppo i posti letto sono pochissimi rispetto agli obiettivi di qualità europei che ci vengono dati in termini numerici, è opportuno attrezzarsi con strumenti immediatamente efficaci. Ciò significa anche che, di fronte alla violenza contro le donne, che è un fenomeno socialmente rilevante, il primo cittadino, il quale rappresenta l’espressione massima del sistema della rappresentanza locale, a fronte di un’insufficienza di risorse, si fa carico di trovare la soluzione, perché il fenomeno sociale non è un problema della donna in quel momento o delle donne in tutti gli altri momenti, e la comunità se ne fa carico, come accade per i minori, in parte. Questo non perché la donna non sia autonoma, ha un’autonomia perfetta, però, se si eleva il tema della violenza a fenomeno sociale, occorre dare strumenti a chi la rappresentanza ce l’ha, per poter agire. 

    Rispetto al tema della violenza, è stato inserito lo strumento delle linee d’indirizzo per l’accoglienza, come sono state formulate dall’assessorato dell’assessora Marzocchi, ma oltre alle linee d’indirizzo per l’accoglienza, ciò che viene chiesto a più voci da sempre è un piano regionale contro la violenza: quello che sostanzialmente è diventato, nel decreto, che poi è legge, contro il femminicidio del governo Letta, il piano nazionale contro la violenza, perché, a fronte delle linee d’indirizzo operative di presa in carico come sono state emanate, è chiaro che la rosa di iniziative di progettualità da mettere in campo è da organizzare in modo integrato e deve avere dei punti di connessione forte.

    È stato inserito come elemento di cui è stata molto sottolineata la necessità e che pertanto si ritiene essere necessario, l’Osservatorio regionale di Monitoraggio permanente sulla violenza di genere, perché altrimenti annualmente, quando vengono rappresentati i numeri della violenza, viene rappresentato ciò che ci viene comunicato dai centri antiviolenza, i quali fanno un lavoro straordinario, ma riguardano una parte delle donne che accedono a servizi, prestazioni etc. causati dagli effetti della violenza, non avendo il senso compiuto di quanti siano in effetti i casi e in che termini. Però è chiaro il limite di questa impostazione: mentre a livello nazionale l’Osservatorio nazionale contro la violenza potrebbe imporre alle Prefetture e alle forze dell’ordine di comunicare i dati che i Carabinieri, piuttosto che la Polizia, la Questura raccolgono, a livello regionale non c’è questo potere; a livello regionale, attraverso i protocolli provinciali e distrettuali che già esistono, ci si deve accordare per il contributo di tutti questi soggetti a socializzare i dati in forme tali da permettere che possano essere resi con trasparenza ai soggetti esterni e ai cittadini e alle cittadine emiliano-romagnole. In particolare, è chiaro che di competenza regionale sono i presidi sociosanitari: rispetto a questi la Regione ha un’incidenza funzionale maggiore; per quanto riguarda gli altri dovrà essere chiesta una collaborazione, però la raccolta sistematica e quindi la costruzione di banche dati aggiornate, fanno riconoscere l’entità più vicina al vero problema, consentendo di realizzare mappe sempre più aggiornate sui profili e sulle questioni, perché, per aggredire il problema, lo si deve assolutamente conoscere approfonditamente. L’Osservatorio si disciplinerà con il regolamento attuativo o con quello che sarà, perché è chiaro che le modalità tecniche si dovranno verificare, però questo è un elemento che è stato richiesto in modo particolare, così come la formazione regionale di tutti gli operatori sul tema della violenza. Per esempio, recentemente un comune del reggiano, il Comune di Rubiera, che ha avuto un’uccisione molto, molto grave quale quella di Tiziana Olivieri, scosso da quest’elemento così grave, ha attivato tutto un percorso di formazione della Polizia Municipale, pertanto già qualche esperienza molto positiva c’è sui territori; una simile esperienza deve essere acquisita a sistema regionale e non in base a una, sia pur meritoria, attivazione spontanea locale, perché il tema va affrontato con tutta la sollecitazione possibile. 

    C’è poi l’individuazione degli interventi per uomini maltrattanti: sia Modena che Ferrara sono esempi fulgidi di come esistano vari enti che cominciano a farsi carico degli uomini maltrattanti; ci sono gli interventi per i minori testimoni di violenza, tra gli indirizzi sempre dell’assessorato Marzocchi, per ciò che riguarda il trattamento, e ci sono la tratta e la riduzione in schiavitù, con un atto approvato in Assemblea legislativa, come elementi di attenzione, rispetto ai quali effettivamente si può fare poco dal punto di vista del contrasto concreto, perché ovviamente il crimine non può essere debellato a livello regionale, ma sicuramente agire con dei progetti che la Regione Emilia Romagna ha, continuati e disseminati nel territorio regionale, per quest’elemento di prevenzione culturale, può essere importante. 

    Un’altra norma rispetto alla quale la presidente vorrebbe confrontarsi con il legislativo regionale è quella della costituzione di parte civile, perché è accaduto che un Comune che, a fronte di un femminicidio particolarmente grave e traumatico per la comunità, aveva deciso di costituirsi parte civile per poter rafforzare le ragioni della parte lesa e, al contempo, poter acquisire il risarcimento per finanziare progetti di prevenzione o eventualmente a sostegno delle vittime, ma il giudice in quel caso ne rifiutò la costituzione parte civile, sostenendo che non era competenza diretta del comune il tema delle politiche di genere, per cui il comune avrebbe dovuto dimostrare di essersi attivato rispetto a quel tema in modo oggettivo, per potersi poi costituire parte civile. Pertanto si ritiene che quella che viene individuata in legge come la facoltà per i comuni, di fronte a gravi episodi che colpiscono la comunità, di costituirsi parte civile possa aiutare molto a rendere legittima per i comuni la costituzione parte civile. Auspicando che ciò funzioni, si dovrà comunque cercare di capire che cosa ha come si è arrivati a quella conclusione di fronte a una motivazione che dice che i comuni non hanno competenze dirette sulle politiche di genere e che deve essere dimostrato che le hanno.

    C’è poi tutto il titolo concernente il lavoro e l’occupazione femminile: prendendo spunto dal patto sancito per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, alcuni strumenti che dovranno essere integrati con quelli già in atto dell’assessorato competente, insieme all’organizzazione del lavoro, al reclutamento e alla gestione del personale, favoriscono la riduzione del gender pay gap, ossia il differenziale salariale, piuttosto che delle discriminazioni sul lavoro, valorizzando le figure delle Consigliere di parità che purtroppo, dal punto di vista nazionale, sono via via mortificate nella loro funzione, perché le Consigliere di parità regionali e provinciali, che qui più volte hanno rappresentato le condizioni in cui si trovano a lavorare, non dipendono dalla Regione, sono di nomina ministeriale, però gli effetti del loro impegno ricadono direttamente in ambito regionale o provinciale a seconda degli ambiti di nomina. È chiaro che l’attivazione di una collaborazione permanente su specifici punti che verranno ritenuti qualificanti per l’attuazione della legge con le Consigliere di parità non sarebbe male, in quanto le Consigliere di parità, che quando svolgono la loro funzione hanno qualità e qualifica di pubblici ufficiali e conseguentemente possono attivare modalità di denuncia in Procura, attivandosi per iniziative giudiziarie a tutela, sono donne che, in particolare, si impegnano nei confronti delle discriminazioni di genere. È chiaro che non è l’unica istituzione, perché ci sono già i sindacati, c’è la direzione del lavoro, e non è che si vadano a sommare, però per le discriminazioni di genere quello può essere un elemento importante. 

    È stata inserita anche una norma sul certificato di parità di genere, che è stato chiamato così, ma va ancora verificato se ci sono modi più istituzionali di chiamarlo (per esempio il certificato rosa), soltanto per spiegare che è un riconoscimento, anche qui pregnante, per chi, all’interno delle proprie aziende e delle proprie strutture, cerca di adottare criteri e politiche relativamente al personale e gestionali, massimamente antidiscriminatorie vicini a quel bollino rosa che dovrebbe scatenare un po’ di orgoglio aziendale. 

    C’è poi tutto il tema dell’imprenditoria femminile e delle professioni, che è stato rappresentato in modo importante con alcuni strumenti di rafforzamento dell’impegno delle professioniste, per superare il tema della discriminazione e della difficoltà della libera professione; il tema del coworking, per esempio, è un tema molto interessante che ci è stato suggerito come elemento di sostegno da parte della Regione, nel senso che nei bandi e nei tentativi di sostegno dell’imprenditoria femminile e delle professionalità al femminile, il tema del coworking potrebbe essere un tema importante, così come pure una facilitazione dell’accesso al credito, cose che più o meno sono sparse nella normativa regionale e che devono essere messe a sintesi per valorizzarle. 

    C’è inoltre il tema delle dimissioni in bianco e dell’approccio discriminatorio sul lavoro, perché il tema delle dimissioni in bianco è un tema che ad ogni piè sospinto viene ripresentato come elemento assolutamente consuetudinario, non superato dalla riforma Fornero la quale, anzi, l’ha in qualche modo complicato, come dicevano le sociologhe, politologhe ed economiste che hanno dato una mano a capire meglio. Rispetto a questo, attraverso un monitoraggio sempre con le Consigliere di parità, si ritiene opportuno stimolare una rete di professionalità che in modo continuativo alimenti un’interazione con la Regione, la quale non è un monolite autoreferenziale che di volta in volta contatta l’esterno per capire come funziona, ma si mette in una sinergia integrata, costante e continuativa. 

    Vi è altresì il tema della condivisione delle responsabilità sociali di cura, che non è stato chiamato conciliazione in senso stretto, per non dargli un’impostazione troppo matematica, invece il tema della condivisione delle responsabilità sociali e di cura è una cosa che va oltre il tema della conciliazione, ossia avendo tante cose da fare, come fare la mamma, la moglie e la professionista, dovendo realizzarsi di qui e di là, la donna fa tutto e qualcuno le dice come riuscire a fare tutto: benissimo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, ma si deve lavorare culturalmente alla condivisione di quelle responsabilità di cura e sociali che oggi come oggi stanno quasi completamente in capo alle donne e quindi, a fronte di quegli strumenti tipici della conciliazione, ci stanno altri strumenti che incidono un po’ di più sulla cultura della condivisione. 

    Pertanto, c’è bisogno dell’autorizzazione della Commissione, prima di condividere il testo, di procedere a verificarne la legittimità, perché sono state messe delle intersecazioni per modificare l’organizzazione sociale, dei trasporti etc.: si ha bisogno che in tutte le pianificazioni programmatiche regionali, il tema del genere divenga un elemento di ottica intorno al quale costruire delle soluzioni alternative; ma per fare in modo che questo modo di operare divenga cogente, sarà anche necessario essere certi che l’integrazione fatta abbia un senso e sia legittima.

    C’è poi il tema dell’educazione perché, come è sempre stato affermato, il fenomeno della discriminazione è un fenomeno profondamente culturale che va scardinato fin dalla più giovanissima età, mediante un lavoro importante di cultura e di superamento degli stereotipi di genere fatto con i linguaggi propri di tutte le età. Non si può parlare allo stesso modo a un bambino di due anni e con un uomo di 80 anni: bisogna che ogni età e ogni momento abbia un registro linguistico, educativo e formativo adeguato, pertanto si ritiene che vadano bene tutte le attivazioni progettuali volontarie che ci sono nelle scuole, essendovi tante associazioni che aiutano e tanti insegnanti che danno una mano ad affrontare questi temi, però si auspicherebbe che, in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale, oltre che con le scuole dell’infanzia – però ce ne sono alcune comunali e quindi bisogna diversificare le modalità di interlocuzione – e con le scuole dell’obbligo, rispetto alle quali l’ufficio scolastico regionale ha potere, venisse inserito per tutti un monte ore, qualcosa che individui nel genere, nel superamento degli stereotipi, nel rispetto delle differenze, delle diversità, elementi che fondano il rispetto tra bambini e bambine e ragazzi e ragazze. Così come, per quanto riguarda il tema della cultura, è chiaro che, per essere una cultura rappresentativa in modo compiuto, nel modo più ricco possibile di tutti i contributi che la cultura può mettere in campo, bisogna valorizzare il contributo femminile, il ruolo femminile, contributi nel caso in cui non siano tanti e ruoli nel caso in cui siano stati decisivi. In questo senso è chiaro che, mediante l’intitolazione di spazi pubblici, bisogna rendere esemplari le figure femminili, i ruoli femminili che sono stati incisivi nella società, nell’arte, nella scienza, per fare in modo che quel tipo di femminile, quel ruolo esemplare diventi un esempio per tante bambine, per tante ragazze e per tante donne, affinché possano fissare il proprio valore e l’autostima come obiettivi alti, oltre quelli che può rappresentare la televisione con la sua frequente mortificazione della donna. Inoltre, tutti quei centri che hanno fatto della cultura del femminile un elemento qualificante, devono poter essere messi nella rete delle biblioteche regionali come elementi di scambio e d’integrazione forte in merito al tema della cultura di genere. Così come pure il linguaggio di genere e il lessico della differenza diventano un elemento importante, perché è vero che il linguaggio non è che si possa strattonare, come diceva Cecilia Robustelli dell’Accademia della Crusca: non si può strattonare e imporre un linguaggio, ma se chi riveste un certo ruolo, quando parla di un’amministratrice pubblica, parlasse di una Sindaca e non di un Sindaco, attiverebbe un meccanismo di orecchio rispetto al tono, di individuazione del profilo, del rispetto del ruolo e della declinazione al femminile perché, come detto nelle nostre informative, il neutro maschile non esiste in italiano, in latino esisteva il neutro, in italiano esistono il femminile e il maschile, pertanto, quando è possibile, questo può essere un elemento che pian piano può entrare nei verbali, nella redazione degli atti e in tutti quegli aspetti che costruiscono la cultura di genere. Forse ciò non accadrà a breve, sono questioni che devono maturare con la cultura, però cercare di cominciare a fissare dei criteri in merito a questi temi dovrebbe aiutare in termini di formazione per quanto riguarda il lessico, il linguaggio e quant’altro.

    C’è poi il tema dello sport e della qualità del tempo libero: è stato approfondito il tema delle discriminazioni nello sport in modo molto puntuale perché, essendo lo sport un ambito in cui effettivamente il merito fa la differenza, è ancora più nascosto, radicato e non immediatamente leggibile ciò che invece accade, ossia la discriminazione tra sportivi e sportive, donne e uomini all’interno dello sport. Rispetto a questo e anche rispetto alla rappresentazione degli sport femminili nelle televisioni lo sport femminile sembra sconosciuto, perché non esiste una rappresentazione e quindi è chiaro che, se non esiste una rappresentazione continuativa dello sport femminile, neppure la proiezione di chi eventualmente vorrebbe connettersi allo sport ci può essere. 

    C’è, poi, il tema della rappresentazione femminile nella comunicazione. Questo è stato un punto abbastanza presente durante le audizioni, perché il Corecom, prima con il Presidente Gardini e poi con la Presidente Cosenza, ha illuminato la Commissione in merito ai limiti della rappresentazione femminile: non che ce ne fosse bisogno, però sono stati raccontati mediante risultati e considerazioni oggettivi.

    In questa sede già l’assessora Bortolazzi ha presentato lo strumento del protocollo in via di definizione con tanti soggetti, che viene recepito nella legge come un elemento qualificante dell’azione di riequilibrio nella rappresentazione della comunicazione pubblica, aggiungendo il tema dei pubblicitari. Riguardo al tema dei pubblicitari, in collaborazione con l’Upa (Utenti Pubblicità Associati), l’autodisciplina pubblicitaria, l’Autorità per le garanzie e le comunicazioni ed altri, si ritiene opportuno promuovere una specie di sfida annuale per le campagne di pubblicità di alcuni prodotti o comunque per promuovere messaggi rispettosi del genere femminile: oggi, per esempio, sembra impossibile riuscire a vendere una macchina senza una donna nuda che si striscia sul cruscotto; effettivamente l’idea della sensualità come unico mezzo di vendita dei prodotti è un tema che si connette molto con un impoverimento della creatività e con il fatto di utilizzare un messaggio che immediatamente arriva a tutti, ma con il quale si perpetua una visione molto strumentale del femminile. Con questo non è che si voglia eliminare la sensualità femminile, purché non sia l’unico modo di rappresentazione del femminile, perché altrimenti tutte le altre doti, le altre attitudini delle donne, che sono tantissime, vengono ricondotte all’idea erotico-sessuale e questo non è accettabile, non perché le donne siano puritane, ma perché sono intelligenti. 

    Poi c’è il tema della cooperazione internazionale, che è stato affrontato spesso dalla Commissione con la rete Women e con coloro che le stanno dando una mano per una progettualità condivisa sui temi di genere e sul sostegno delle donne in altri Paesi.

    Ci sono, infine, gli strumenti del sistema paritario. Si tratta di quegli strumenti che garantiscono in qualche modo l’accountability di ciò che si fa, l’efficacia di ciò che si propone e, conseguentemente, la presa di coscienza collettiva, il miglioramento della società e il raggiungimento degli obiettivi.

    La presidente affronta poi il tema del bilancio di genere, del cui inserimento si è riflettuto molto e si dovrà poi vedere come articolarlo: è importante che le risorse non siano imputate a un solo assessorato, come le pari opportunità, ma c’è l’esigenza di avere una rendicontazione delle cifre impegnate secondo un modello trasversale. Senza lo strumento del bilancio di genere è difficile affrontare questo tipo di ragionamento. Ci possono essere tanti elementi, tante articolazioni da dare al bilancio di genere: può essere un bilancio o può essere un documento – come sarà – allegato al bilancio, che fa una disamina puntuale, in ottica di genere, di quanto si è speso a sostegno delle politiche di genere nel commercio, piuttosto che nel territorio etc., ma è il bilancio che deve offrire questa lettura, e deve essere una lettura contabile che diventi politica, in quanto, se si fa la richiesta a un solo assessorato, si rischia di avere una visione parziale. 

    C’è poi il Piano integrato delle azioni regionali per la parità di genere, che contiene le azioni che, di volta in volta, si mettono in campo: che siano piccole o piccolissime, si deve dire cosa, come e quando si fa, perché altrimenti non si è efficaci e trasparenti. 

    Il tavolo regionale sulle politiche di genere è lo strumento idoneo a ricercare la condivisione con tutti i soggetti del sistema. Si deve trovare uno strumento mediante il quale si socializzino i passaggi e le criticità del sistema regionale relativamente a ciò che si va a pensare, a fare e a realizzare, perché altrimenti, se non si ha uno strumento permanente senza costi aggiuntivi per la Regione, non si riesce, in primo luogo, ad alimentare la rete, in secondo luogo, a costruire una vera condivisione degli obiettivi comuni e, in terzo luogo, ad averli tutti incastrati rispetto a quegli obiettivi; se gli obiettivi di parità restano tutti distinti, non possono diventare cultura comune. 

    La presidente segnala poi la parte del progetto di legge che sarà dedicata al rapporto sulle politiche di genere e all’esame del rapporto sulle politiche di genere, in cui la Commissione avrà un ruolo importante: la Commissione deve avere ben chiaro il fatto che il tavolo delle politiche di genere è presieduto dall’Assessore competente perché, come tutti gli assessorati che hanno la responsabilità dell’attuazione, il tavolo delle politiche di genere deve essere strutturato in modo analogo, però deve essere anche chiaro che gli indirizzi vanno concordati; tutta l’attività che va dalla verifica degli indirizzi, dei risultati, etc., deve restare in un alveo di verifica politica, altrimenti è chiaro che non è possibile correggere, sostenere e alimentare, e poi diffondere gli esiti del rapporto sulle politiche di genere. Non c’è dubbio che si fissa la cultura paritaria mediante un’alimentazione costante di strumenti, di risultati e di analisi, da socializzare poi con le amministratrici, con gli amministratori, con le associazioni e con i cittadini e le cittadine tutte, attraverso le newsletter della Regione, attraverso i siti della Commissione e attraverso audizioni precise o udienze conoscitive anche annuali, in cui il rapporto che viene proposto sia un rapporto veramente onnicomprensivo, non solo quello sulla violenza, per il quale va bene la data del 25 novembre, ma quello più generale sulle politiche di genere. 

    C’è poi l’area d’integrazione tecnica, che la Dott.ssa Busetto ha illustrato come esito, che è uno strumento dell’integrazione delle politiche di genere e delle azioni dei vari assessorati, che rappresenta un elemento di misurazione della produttività in questo senso, ma poi la produttività si calcola anche con il raggiungimento di questi obiettivi, e poi c’è la Conferenza delle elette. Circa la sua opportunità o meno, molti hanno detto che, in effetti, le Consigliere Comunali – anche i Consiglieri, ma soprattutto le Consigliere Comunali – a volte stentano a capire bene come poter declinare nel comune un indirizzo, una modalità. Il fatto di poter scambiare tutti le varie esperienze sui territori, condividendo i passi avanti, le esperienze, si ritiene sia molto positivo, perché recentemente un convegno sulle varie esperienze di avanzamento per quanto attiene i temi della comunicazione pubblica, dell’assunzione dei regolamenti comunali con l’imposta per la pubblicità e tutta una serie di strumenti, ha dimostrato che, se si socializzano, possono diventare strumenti di sistema, altrimenti ciascuno nella propria individualità può avere qualche limite. 

    C’è infine il tema del sistema di verifiche e valutazione, che comprende la clausola valutativa solita, quella generale, la valutazione dell’impatto delle politiche regionali in ottica di genere; questa è una cosa un po’ più tecnica, in quanto il supporto deve essere esplicitato con statistiche e numeri. Infine, c’è la norma finanziaria la quale, ovviamente, è la norma che sancisce che questa legge non è soltanto una sequenza di obiettivi, bensì la Regione Emilia Romagna ci crede e, nei limiti del possibile, delle condizioni date e di tutta una serie di circostanze, si impegna a finanziarla. 

     

    Esce Mumolo

     

    La consigliera DONINI ritiene che con questa proposta di legge la Commissione avrà un grande impegno lavorativo nei prossimi mesi. Sottolinea la propria condivisione dell’approccio scelto, in quanto ritiene che, in tema di politiche di genere e di pari opportunità vada assunta un’ottica integrata, ritenendo invece di scarsa utilità le leggi di settore.

    Apprezza l’impegno della Presidente Mori per cercare di tenere tutto insieme, sia il lavoro della Commissione con questo lavoro d’istruttoria, sia la messa a valore di questo percorso che la Commissione si è data mediante le tante audizioni che le hanno consentito di affrontare il merito di alcune specifiche questioni e, contemporaneamente, di ascoltare i vari contributi, aprendosi all’esterno. 

    Rispetto a questa prima fase sottolinea alcuni punti. Sotto il profilo tecnico-formale, ricorda che attraverso la modifica della legge istitutiva, questa Commissione è stata autorizzata a diventare Commissione referente con potestà legislativa, per cui presume che saranno assegnati a questa Commissione sia questa proposta di legge che le proposte di legge d’iniziativa popolare sul tema della violenza che sono state depositate e dichiarate ammissibili dalla Consulta di Garanzia Statutaria, con conseguente sicuro abbinamento e scelta di questo testo come testo base. Questo consentirà di avere un percorso che permetterà di valorizzare chi ha lavorato sul territorio, perché, con la procedura dell’abbinamento, i testi abbinati entreranno a far parte del testo base, attraverso la presentazione di eventuali ulteriori emendamenti, sollecitazioni etc.. Ritiene che sia un modo di procedere corretto, visto che molti dei temi e dei contenuti di quelle proposte di legge sono confluite in questo testo, privilegiando un approccio meno settoriale e meno rarefatto. 

    Con riguardo al tema della rappresentanza, ricorda che si tratta di un tema importante per tutti e anche per l’Assemblea legislativa, che ha approvato all’unanimità corposi documenti d’indirizzo. Sicuramente è opportuno occuparsi dei vari aspetti della rappresentanza e del lavoro per ottenere la parità diffusa in tutti gli ambiti della rappresentanza. Tenendo presente che delle norme nazionali, che hanno la potestà in materia di elezioni comunali, hanno introdotto – che funzioni o non funzioni, ad ogni modo è una direzione – il meccanismo della doppia preferenza, se si vuole essere credibili rispetto a un tema sostanziale, si deve accompagnare l’iter di questa legge con l’approvazione della legge elettorale regionale, se non altro nella parte che introduce la doppia preferenza. Ritiene che le norme in materia contenute in questa legge non siano automaticamente applicabili, anche se c’è un preciso orientamento delle norme nazionali. La Regione ha totale autonomia, fermi restando lo Statuto e la sua organizzazione, rispetto alla materia elettorale regionale (totale autonomia condizionata da uno schema molto chiaro) e qualunque elemento voglia introdurre lo deve introdurre nella legge elettorale, per cui è auspicabile una particolare attenzione onde evitare che la Regione si giochi un pezzo di credibilità, poiché, affrontando l’iter formale di questa legge, l’introduzione di questi elementi determina un impegno che espone all’esterno, attivando delle aspettative, e quindi bisogna cercare di non provocare una delusione rispetto a cose che sono nelle mani della Regione. Su questo aspetto sarebbe forse opportuno anche un passaggio in conferenza dei capigruppo, per essere certi che la Regione Emilia-Romagna, prima delle prossime elezioni regionali, abbia un sistema normativo in tema di legge elettorale coerente con le disposizioni che si intende introdurre in questa proposta di legge.

    Per quanto riguarda la medicina di genere, ritiene che il lavoro di approfondimento su un tema non particolarmente noto abbia avuto un grande merito e crede sia uno dei temi che fanno parte degli aspetti dell’equità e della garanzia di accesso paritario. Sicuramente appare opportuna una verifica tecnico-formale e legislativa, perché qualche dubbio sul funzionamento dell’organizzazione del sistema sanitario in questa regione esiste senz’altro: non ci sono leggi che stabiliscono, nell’ambito delle politiche sanitarie, i pezzi relativamente al tipo di prestazione, c’è il piano sociosanitario regionale all’interno del quale, con quest’ultimo aggiornamento, si è riusciti a fare entrare il tema delle politiche di genere. Manifesta qualche dubbio sul fatto che una legge, tra le tante politiche sanitarie di cui si occupa la Regione, possa occuparsi specificatamente di un tema che le sta molto a cuore e su cui è totalmente d’accordo. Ricorda che la Regione Emilia-Romagna ha una legge che stabilisce l’organizzazione del sistema sanitario, la legge 29 /2004, che decide chi fa cosa, cosa va dentro al sistema lo decide il piano sociosanitario. Su questa materia sarà sicuramente utile un approfondimento con i dirigenti che se ne occupano e che sono quelli che fanno le proposte di piano sociosanitario.

    Discorso analogo si può fare per la scuola, in quanto la Regione non ha alcuna competenza sui curriculum; ritiene che anche il consigliere Mumolo possa offrire un contributo, perché quando è stata fatta la legge sulla legalità è stato affrontato analogamente il tema e c’è stato un approfondimento notevole: c’è il tema dell’autonomia scolastica e di istituzione diversa e autonoma, rispetto al quale la Regione Emilia Romagna ha alcune competenze in sede di potestà concorrente, ma non ha il potere di modificare l’impianto dell’organizzazione scolastica e sicuramente i curriculum di studi. 

    Condivide la scelta di inserire un articolo che riunisca gli strumenti, perché anche questo rende credibile l’attuazione della legge; si tratta sicuramente di un approccio innovativo, poiché mette in fila e offre al sistema qualcosa di concreto. Tra gli strumenti, anche se questa cosa potrebbe entrare nell’articolo che si occupa degli impatti, c’è il grande tema della statistica di genere. Ovviamente non ha senso che la Regione svolga un ruolo di supplenza rispetto a ciò che andrebbe fatto a livello nazionale, e, in effetti, ci sono diverse proposte di legge statale che sono giacenti in materia: per misurare qualunque fenomeno c’è bisogno di avere un riferimento stabile che dia una rilevazione statistica, non una tantum, quando esiste qualche risorsa in avanzo e si decide di misurare un fenomeno, ma istituendo un sistema di statistica di genere che, in maniera permanente, misuri gli effetti, misuri i fenomeni per mezzo di una serie di indicatori. La consigliera ritiene che si tratti di un punto importante, perché, in assenza di questo, non si riesce a fare una corretta valutazione degli impatti e, soprattutto, non si riesce a fare quel salto ulteriore di qualità nell’ambito della valutazione che è rappresentato dalla prova controfattuale: le clausole valutative aiutano a valutare l’efficacia di molte politiche pubbliche e su questo c’è stato un notevole passo avanti nel corso degli anni, ma ancora non si è riusciti a fare il salto di qualità, che potrebbe essere particolarmente utile proprio per studiare la condizione delle donne nella società regionale. L’analisi controfattuale è quella che consente di capire cosa sarebbe successo e se sarebbe cambiato qualcosa nel caso in cui una specifica politica non si fosse fatta; il risultato riportato come risultato positivo davvero è servito a produrre un cambiamento misurabile? Dal momento che c’è l’articolo sugli strumenti, in questa Regione potrebbe esserci la possibilità, in maniera interassessorile, avendo ogni assessorato i dati su alcune specifiche politiche attraverso gli osservatori sul lavoro, sulla violenza, di fare questo lavoro di sistematizzazione attraverso lo strumento della statistica: sarebbe davvero un grande risultato se in questa legislatura la Regione Emilia-Romagna riuscisse a consegnare al sistema regionale la possibilità di avere un monitoraggio permanente e scientifico di una serie di fenomeni, rendendo un servizio concreto a chi verrà dopo in un’ottica di continuità; rappresenterebbe altresì un contributo al sistema nazionale. 

    La consigliera, infine, chiede alla presidente della Commissione se pensa di consegnare ai commissari lo schema di massima del pdl e le slide di cui si è avvalsa per l’illustrazione. 

     

    Entra Meo

     

    Il consigliere MANFREDINI esprime soddisfazione per l’impostazione della proposta e ritiene che questa legge possa rappresentare un’opportunità per la creazione di uno strumento davvero utile alla tutela dei diritti. Condivide con la Consigliera Donini le perplessità espresse sulla doppia preferenza, anche se ritiene giusto guardare avanti, in quanto sarebbe anche questo un risultato importante per accrescere le opportunità. 

    Dall’esame delle slide proiettate, suggerisce di fare attenzione a eliminare quelli che possono sembrare dei doppioni, tra i quali gli articoli 34, 35, 36, 40 e 41: “tavolo regionale sulle politiche di genere”, “ rapporto sulle politiche di genere”, “esame del rapporto delle politiche di genere”, “clausola valutativa” e “valutazione d’impatto sulle politiche”. Ritiene che sarebbe possibile abbreviare o riunire alcuni istituti, per evitare un impianto prolisso.

    Fa rilevare che nel momento in cui la Commissione si prepara ad approvare la legge quadro sulla parità contro la discriminazione e i diritti delle donne, ieri il Parlamento europeo ha bocciato il diritto all’aborto sicuro. Ritiene che con quella decisione si faccia un passo indietro: visto che c’è un campo molto fertile in materia di obiettori di coscienza, diventerà un problema e sicuramente ci saranno gli antiabortisti che faranno una campagna a favore di questo. Anche se non è questo l’argomento trattato, ritiene necessaria una riflessione su questa cosa, sempre nello spirito di guardare avanti. Suggerisce di riflettere sul fatto che non sempre le decisioni che arrivano dall’Unione europea sono così perfette come si è soliti ritenere. 

     

    La presidente MORI richiamando le considerazioni della consigliera Donini sulla questione della rappresentanza elettorale, chiarisce che la parte dell’articolato che riguarda tale punto è stata l’unica, insieme a quella sul sistema di verifica, a essere stata scritta dall’ufficio legislativo e, conseguentemente, che la legge elettorale regionale arrivi o non arrivi a compimento, non esiste alcun ostacolo che impedisca di inserire nella legge quadro sulla parità un articolo che, attraverso la doppia preferenza, con un meccanismo che integra la legge attuale, renda immediatamente efficace la doppia preferenza di genere alle prossime elezioni regionali, come chiarito dall’ufficio legale. Questo è un articolo che, indipendentemente dal fatto che la legge elettorale cambi o non cambi, indipendentemente dal fatto che i capigruppo decidano di cambiarla, è un correttivo che viene legittimato dalla Costituzione ed è di immediata applicazione. 

    Per quanto riguarda la medicina di genere la presidente assicura che verranno fatti tutti gli approfondimenti necessari; in ogni caso la normativa richiama tutti gli strumenti di programmazione e di pianificazione; viene detto che il piano sociosanitario regionale deve uniformarsi a questi criteri di ottica di genere, senza imporre alcunché, a questo provvederà il piano sociosanitario. Anche per quanto riguarda la scuola, l’ispirazione viene dalla proposta sulla legalità del consigliere Mumolo, perché è chiaro che c’era la possibilità di usufruire di un’istruttoria già fatta, per cui l’impostazione è stata quella. 

    Per quanto riguarda gli strumenti, la presidente ritiene sensata la proposta del consigliere Manfredini di riunire alcuni istituti, ritiene però necessario un approfondimento ad hoc.

    Infine, se la Commissione è d’accordo sull’impostazione e sulle scelte fatte con l’articolato, la Presidente si impegna a coinvolgere l’ufficio legislativo dell’Assemblea legislativa, per un vaglio tecnico di legittimità del testo, e gli assessorati per quel lavoro di verifica della possibilità di integrazione degli strumenti, affinché non ci sia pericolo di interferenze. Subito dopo, si impegna a tornare in Commissione con il testo che, seppur suscettibile di modifiche ed emendamenti, sarà sicuramente un testo approvabile, nel senso che non ci saranno dubbi sulla legittimità. Chiede se la Commissione è d’accordo sull’iter proposto e se l’autorizza a procedere come indicato.

     

    La Commissione concorda.

     

    La seduta termina alle ore 12,10.

     

    Approvato nella seduta del 28 marzo 2014.

     

    Il Segretario

    La Presidente

    Enzo Madonna

    Roberta Mori

     

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