LEGGE REGIONALE 27 giugno 2014, n. 6
LEGGE QUADRO PER LA PARITÀ E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI DI GENERE
Testo coordinato con le modifiche apportate da:
TITOLO V
Indirizzi di prevenzione alla violenza di genere
Art. 13
Violenza di genere
1. La Regione Emilia-Romagna, nei limiti delle competenze proprie:
a) opera per prevenire ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva della libertà, della dignità, dell'inviolabilità della persona;
b) riconosce la violenza alle donne come fenomeno sociale e culturale da contrastare in tutte le sue forme, come violazione dei diritti umani, come espressione di una cultura discriminatoria e stereotipata basata su relazioni di potere diseguale fra uomini e donne;
c) promuove cultura ed educazione nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, delle differenze di genere e dell'uguaglianza tra uomini e donne;
d) sviluppa politiche di prevenzione e di sostegno alle vittime e ai minori coinvolti, nonché programmi di recupero degli uomini maltrattanti;
e) promuove, in collaborazione con le associazioni, la formazione per l'occupazione delle donne inserite in percorsi di uscita dalla violenza.
2. La presente legge ha tra i propri obiettivi quello di rafforzare il sistema di prevenzione della violenza di genere previsto dalla normativa regionale vigente e già attivo sul territorio, valorizzando le competenze di tutti i soggetti pubblici e privati impegnati sul tema, al fine di promuovere politiche e azioni integrate dirette ad eliminare la violenza contro le donne in qualsiasi forma essa si manifesti, anche in forza dei principi e delle azioni previste dalla legge regionale 4 dicembre 2003, n. 24 (Disciplina della polizia amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza)
Art. 14
Centri antiviolenza
1. La Regione riconosce la funzione essenziale dei centri antiviolenza di cui al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , quali presidi socio-assistenziali e culturali gestiti da donne a servizio delle donne, che hanno come finalità primaria la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne e che forniscono consulenza, ascolto, sostegno e accoglienza a donne, anche con figli o figlie, minacciati o che hanno subito violenza; ne valorizza saperi e modelli di intervento maturati nell'esperienza delle relazioni di pratiche di aiuto tra donne; li sostiene nella loro azione di supporto e rafforzamento dell'autonomia delle donne offese da violenza mediante progetti personalizzati tesi all'autodeterminazione, inclusione e rafforzamento sociale.
2. Nel rispetto dei parametri raccomandati dal Consiglio d'Europa, la Regione favorisce, nell'ambito della programmazione territoriale del sistema locale dei servizi sociali a rete organizzato dagli enti locali, la presenza uniforme sul territorio regionale dei centri antiviolenza e collabora con gli enti locali affinché ne promuovano il radicamento sul territorio per offrire un'assistenza adeguata alle persone offese secondo requisiti di accessibilità, presa in carico, sicurezza e riservatezza.
3. Ai sensi dell'articolo 5, comma 4, lettera f), della legge regionale n. 2 del 2003, le case e i centri antiviolenza sono parte integrante del sistema locale dei servizi alla persona e costituiscono un riferimento essenziale per le politiche di prevenzione della violenza sulle donne.
4. Per la definizione dei percorsi di presa in carico, delle modalità di collaborazione tra soggetti della rete, dei livelli di prestazione e criteri di accesso, previo parere delle competenti commissioni assembleari, vengono emanate dalla struttura regionale competente apposite linee guida nell'ambito del Piano di azione regionale contro la violenza di genere, previo parere del Consiglio delle autonomie locali.
5. La gestione dei centri antiviolenza è condotta in forma singola o mediante convenzioni con enti locali e Unioni di Comuni, con associazioni di donne, associazioni iscritte ai registri regionali del volontariato o della promozione sociale, organizzazioni non lucrative di utilità sociale e cooperative sociali, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne e che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato.
6. I centri antiviolenza offrono gratuitamente consulenza legale, psicologica, lavorativa e sociale alle donne che hanno subito violenza, orientandole nella scelta dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, ovvero delle case rifugio di cui eventualmente avvalersi, indirizzandone e favorendone il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.
7. Al fine di prevenire ogni forma di discriminazione e di violenza fondata su relazioni affettive, i centri antiviolenza svolgono attività di informazione e sensibilizzazione sulle fenomenologie e sulle cause della violenza e delle discriminazioni, nonché attività formative e culturali per la promozione di una cultura consapevole e rispettosa delle differenze di genere volta al contrasto di tali fenomeni; conducono attività di rilevazione e di monitoraggio degli atti di violenza e discriminazione commessi nell'ambito del territorio di riferimento e redigono rapporti periodici sull'attività espletata che inviano alla Regione per le finalità di cui al presente titolo.
8. La Regione riconosce il coordinamento regionale dei centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore secondo i principi di efficienza ed efficacia nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere. Il coordinamento dei centri antiviolenza, che opera in modo integrato alla rete dei servizi, relaziona annualmente esito e consistenza della propria attività alle Commissioni assembleari competenti.
9. La Regione, ai fini dell'attuazione delle politiche di cui al presente articolo, coinvolge ulteriori soggetti dell'associazionismo femminile e rappresentativi di tematiche di genere in enti e organizzazioni, che contribuiscono alla prevenzione della violenza di genere.
Art. 15
Case rifugio e soluzioni abitative temporanee
1. Alle case rifugio, che assicurano sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli minori, per consentire loro di ripristinare la propria autonoma individualità, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato, deve essere garantita la segretezza dell'ubicazione finalizzata alla sicurezza delle persone ospitate.
2. Le donne che hanno subito violenza e i loro figli minori, indipendentemente dallo stato giuridico, dalla residenza nel Comune ove è ubicata la struttura o dalla cittadinanza, possono ricorrere alle case rifugio che applicano la metodologia di accoglienza contenuta in una carta dei servizi rispettosa delle linee guida approvate dalla Giunta regionale.
3. Le case rifugio possono essere promosse da enti locali, associazioni o organizzazioni in forma singola o associata che hanno maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne.
4. I centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali e si dotano di una carta dei servizi di accoglienza.
5. La Regione e gli enti locali possono individuare immobili a disposizione e non produttivi di reddito da concedere in comodato d'uso ai centri antiviolenza per gli scopi e le finalità espresse dal presente articolo.
6. I Comuni possono promuovere normative di favore o incentivanti per l'assegnazione o locazione di alloggi a donne sole o con figli o figlie minori che hanno subito violenza.
7. Il Comune, a seguito di provvedimento giudiziario, di pubblica sicurezza o amministrativo, può individuare una soluzione abitativa temporanea ed attribuirla direttamente alla donna mettendo a disposizione il patrimonio immobiliare di cui dispone in armonia con quanto previsto dalla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo).
Art. 16
Rete regionale integrata di prevenzione e contrasto alla violenza di genere
1. Al fine di prevenire, monitorare, contrastare il fenomeno della violenza di genere, la Regione Emilia-Romagna favorisce il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non, impegnati sul tema.
2. La Regione favorisce, attraverso la promozione di politiche attive per il lavoro e la formazione professionale, azioni che sostengano le donne ad uscire dalla violenza fisica, economica e psicologica anche attraverso percorsi dedicati di inserimento lavorativo e formativo, in collaborazione con le organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative, i servizi per l'impiego, le associazioni imprenditoriali e professionali, i centri antiviolenza e le consigliere di parità.
Art. 17
Piano regionale contro la violenza di genere e linee di indirizzo per l'accoglienza
1. Al fine di perseguire con maggior efficacia gli obiettivi di prevenzione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'Assemblea legislativa approva, su proposta della Giunta regionale, il Piano regionale contro la violenza di genere di durata triennale, che definisce le azioni promosse sulle aree d'intervento individuate.
2. Costituiscono parte integrante del Piano regionale contro la violenza di genere, le linee di indirizzo per l'accoglienza delle donne che hanno subito violenza, al fine di declinare operativamente ed in modo integrato tra tutti i soggetti della rete coinvolti, l'organizzazione della loro presa in carico sia in caso di emergenza sia nella quotidianità.
3. Il Piano regionale è sottoposto dalla Giunta all'approvazione dell'Assemblea legislativa, sentita la Commissione per la parità in sede referente.
4. Le Conferenze territoriali socio-sanitarie (CTSS) concorrono all'attuazione degli indirizzi e alla realizzazione degli obiettivi di cui al Piano, in forza del sistema di pianificazione integrato di interventi di cui alla egge regionale n. 2 del 2003.
Art. 18
Funzioni di osservatorio regionale e monitoraggio permanente sulla violenza di genere
1. La Regione svolge funzioni di osservatorio sui temi di genere, sulla violenza di genere e sulle azioni di prevenzione e contrasto.
2. La Giunta regionale, sentita in sede referente la Commissione assembleare per la parità, disciplina le modalità organizzative, individua le strutture della Regione chiamate a collaborare all'esercizio della funzione di osservatorio regionale e a nominarne il responsabile
3. Per l'esercizio delle funzioni di osservatorio, la Regione promuove la collaborazioni con tutti i soggetti funzionali alla realizzazione di una Rete conoscitiva a supporto del sistema di welfare regionale e locale sui temi di genere (RCS), utilizzando, ove possibile il sistema statistico regionale.
4. Le attività dell'osservatorio sono comprese nel Programma statistico regionale.
5. La struttura cui sono assegnate le funzioni di osservatorio svolge i seguenti compiti:
a) supporto delle politiche regionali, e nel rispetto di quanto previsto dall'allegato A.3 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) acquisisce le fonti ufficiali sui temi di genere e sulla violenza di genere, rileva sistematicamente i dati dalla Rete conoscitiva di supporto (RCS), costruisce e gestisce le banche dati a fini statistici e di ricerca, definisce metodologie di analisi delle diverse tipologie di dati, e le loro integrazioni, e rende disponibili i risultati in apposita sezione del portale web della Regione Emilia-Romagna;
b) promuove, anche in collaborazione con la Rete dei Centri antiviolenza, l'utilizzo di strumenti per la valutazione dell'efficacia delle politiche di genere;
c) collabora con l'Osservatorio regionale per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani istituito con legge regionale 28 luglio 2008, n. 14 (Norme in materia di politiche per le giovani generazioni) sui dati di comune interesse, con gli istituti nazionali, europei ed internazionali coinvolti nello studio della violenza contro le donne;
d) realizza mappe aggiornate per l'utenza sulla rete dei servizi a disposizione e sostiene all'uopo campagne d'informazione.
Art. 19
Formazione regionale
1. La Regione si avvale anche della collaborazione del coordinamento regionale dei centri antiviolenza e dei soggetti competenti sulle tematiche di genere per promuovere iniziative, percorsi formativi e di aggiornamento per tutti i soggetti che a diverso titolo si occupano di violenza di genere secondo un approccio di intervento integrato e multidisciplinare.
2. La Regione, nell'ambito della programmazione della formazione professionale, promuove, mediante gli enti accreditati secondo la normativa vigente, formazione specifica per le operatrici dei Centri antiviolenza con particolare riguardo alle competenze dell'operatrice di accoglienza e della casa rifugio.
3. La Regione attua politiche di sensibilizzazione e formazione degli operatori socio-sanitari.
Art. 20
Interventi per uomini maltrattanti
1. La Regione, per favorire il raggiungimento dell'uguaglianza tra i sessi in chiave di prevenzione contro la violenza sulle donne, sostiene e promuove anche in collaborazione con le Aziende USL, specifici progetti e servizi sperimentali, dedicati agli uomini maltrattanti, perché attivino nuove modalità relazionali che escludono l'uso della violenza nelle relazioni d'intimità.
2. L'esito dei programmi attivati per lo scopo di cui al comma 1 sarà presentato annualmente alle Commissioni assembleari competenti.
Art. 21
Interventi per minori testimoni di violenza di genere
1. La Regione, in collaborazione con il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Istituzione del Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza) e con la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati di cui alla legge regionale n. 24 del 2003, in forza dei diritti fondamentali che la Convenzione sui diritti del fanciullo riconosce all'infanzia e all'adolescenza e della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge n. 77 del 2013 , attua interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali, mediante linee di intervento previste dal Piano regionale contro la violenza di cui all'articolo 14.
Art. 22
Interventi per la prevenzione dei fenomeni della tratta e della riduzione in schiavitù
1. La Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con gli enti locali, promuove, ai sensi dell'articolo 12 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2), la realizzazione di programmi di protezione, assistenza e integrazione sociale rivolti alle vittime in situazione di violenza e grave sfruttamento. La Regione sostiene anche gli interventi di prevenzione socio-sanitaria per le persone che si prostituiscono e per la tutela della salute pubblica. Realizza azioni di sistema per l'emersione e il monitoraggio del fenomeno, l'informazione sui diritti, il sostegno ai soggetti che attuano gli interventi territoriali.
2. La Regione sostiene gli enti locali nella realizzazione dei programmi individualizzati di prima assistenza, di protezione e integrazione sociale e delle azioni di prevenzione socio-sanitaria per la tutela della salute individuale e pubblica, anche diretti alla conoscenza e monitoraggio del fenomeno mediante appositi database.
Art. 23
Interventi per la prevenzione del fenomeno dei matrimoni forzati
1. La Regione Emilia-Romagna collabora con gli enti locali e tutti i livelli istituzionali per favorire l'assunzione di tutte le misure utili al contrasto del fenomeno dei matrimoni forzati quale violazione dei diritti umani, nonché all'assistenza e al sostegno delle donne e ragazze a cui di fatto è coartata la volontà.
2. Nell'ambito delle funzioni di osservatorio della Regione di cui all'articolo 18, si attiveranno strumenti di monitoraggio del fenomeno in collaborazione con la rete dei centri antiviolenza, mediatrici culturali, associazioni e comunità di migranti.
Art. 24
Interventi per la prevenzione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili
1. La Regione Emilia-Romagna, in riferimento alla legge 9 gennaio 2006 n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile) e nei limiti delle proprie competenze:
a) promuove iniziative di sensibilizzazione e formazione con la partecipazione di organizzazioni di volontariato, associazioni no profit, strutture sanitarie, comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l'integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine;
b) promuove la collaborazione con l'ufficio scolastico regionale al fine di organizzare corsi di informazione per gli insegnanti delle scuole dell'obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine;
c) promuove presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi rilevati avvalendosi anche delle funzioni di osservatorio di cui all'articolo 18.
Art. 25
Misure per la sicurezza urbana
1. La Regione, ai fini di uno sviluppo coerente delle proprie politiche di genere, riconosce che la cittadinanza rispettosa del genere si esprime anche nell'accoglienza e nella sicurezza degli spazi urbani in forza di progettualità preventiva, riqualificazione di qualità, tecnologia integrata, accessibilità e vitalità dei contesti, collegamenti senza barriere, cura del territorio e aggregazione sociale, con particolare riferimento alla promozione di un sistema integrato di sicurezza di cui alla legge regionale n. 24 del 2003.
2. Al fine di promuovere la responsabilità e la consapevolezza di donne e uomini sui temi della sicurezza, la Regione sostiene e promuove l'attività di formazione della polizia locale, i protocolli interistituzionali sulla sicurezza, i progetti sperimentali di formazione e sensibilizzazione rivolti ai giovani delle scuole e di indagine nel mondo scolastico, di informazioni utili per le donne che subiscono violenza nell'ambito delle linee di indirizzo di cui all'articolo 17.
Art. 26
Costituzione di parte civile
1 La Regione Emilia-Romagna valuta, nei casi di violenza di genere di particolare impatto e rilevanza sociale nella vita della comunità regionale, l'opportunità di costituirsi parte civile, devolvendo l'eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione contro violenza sulle donne.
2. La Regione in tali circostanze si avvale anche della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati istituita con articolo 7 della legge regionale n. 24 del 2003.
3. La Regione incentiva l'adeguamento statutario degli enti locali per le finalità di cui al comma 1.