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Legislatura VIII - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 3595
Presentato in data: 09/05/2008
Misure per il riordino territoriale, l'auto-riforma dell'amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni (delibera di Giunta n. 638 del 05 05 08).

Presentatori:

Giunta

Relazione:

 RELAZIONE
Premessa
Le ragioni politico-istituzionali della proposta
legislativa
La proposta legislativa traduce in dato normativo
gli indirizzi in materia di riordino territoriale e
di autoriforma dell'Amministrazione regionale e
locale indicati dalla Giunta regionale con la
deliberazione n. 1641 del 5 novembre 2007 condivisi
con il sistema delle autonomie locali attraverso la
sottoscrizione del Patto interistituzionale per
l'autoriforma dell'Amministrazione, la
razionalizzazione delle funzioni ed il riordino
istituzionale , avvenuta il 10 dicembre 2007.
L'obiettivo è quello di adottare misure di riforma
organizzativa e funzionale, al fine di elevare il
livello di qualità delle prestazioni e di ridurre
complessivamente gli oneri organizzativi,
procedimentali e finanziari, nel contesto dei
processi di riforma volti alla semplificazione ed
al rafforzamento dell'efficacia delle politiche
pubbliche e con riferimento agli obiettivi
specifici condivisi con Province, Comuni e Comunità
Montane.
La realizzazione di questi obiettivi viene
perseguita attraverso l'adozione di misure
immediatamente operative, nell'ambito di principi
generali che guideranno anche successivi interventi
legislativi volti a completare, in particolare, il
riassetto organizzativo e la ridistribuzione delle
funzioni tra i diversi livelli di governo
territoriale, in modo da superare la
frammentarietà, attuando comuni obiettivi di
coesione territoriale.
Gli oggetti della riforma riguardano, in
particolare:
il riordino territoriale, mediante la riforma delle
Comunità Montane, con la revisione dei rispettivi
ambiti territoriali e la loro valorizzazione quali
enti di presidio dei territori montani e di
esercizio associato delle funzioni comunali,
assimilandole alle Unioni di Comuni;
l'incentivazione delle Unioni di Comuni, quali
livelli istituzionali appropriati per l'esercizio
associato delle funzioni e dei servizi e per la
stabile integrazione delle politiche comunali; la
definizione di principi per la riallocazione delle
funzioni amministrative comunali mediante
conferimento alle Comunità montane riformate ed
alle Unioni; la riforma della normativa in materia
di programmazione dello sviluppo della montagna,
contenuta nella legge regionale n. 2 del 2004, con
l'obiettivo di semplificare ed accelerare
l'operatività degli strumenti ivi previsti e delle
relative procedure;
la riorganizzazione dei servizi pubblici locali,
attraverso la revisione degli assetti organizzativi
ora regolati dalle LL.RR. 30/98 e 25/99 in materia
di trasporto pubblico locale e di servizio idrico
integrato e gestione dei rifiuti urbani, mediante
la razionalizzazione o il superamento delle Agenzie
di ambito ottimale in un quadro di rafforzamento
del ruolo regolatorio regionale e di riconoscimento
al sistema locale della competenza in relazione
all'affidamento dei servizi;
la razionalizzazione organizzativa del sistema
degli enti e delle società regionali, mediante la
previsione di norme volte a garantire un efficace
sistema delle partecipazioni societarie, fondata
sul principio dell'interesse pubblico prevalente e
con la riduzione degli oneri organizzativi e
finanziari e la trasformazione della natura
giuridica di alcune società attualmente partecipate
dalla Regione.
Per ciascuna delle materie interessate dalle misure
di riordino territoriale e organizzativo sono
individuati i livelli istituzionali cui sono
attribuite le funzioni amministrative già collocate
presso i livelli e gli enti oggetto di
riorganizzazione, ovvero agenzie ed enti
strumentali, garantendo la continuità dei servizi e
l'efficacia delle politiche locali.
Ulteriori proposte di riallocazione delle funzioni
saranno formulate dalla Giunta regionale - previa
ricognizione dell'assetto esistente delle funzioni,
d'intesa con Province e Comuni - in attuazione dei
principi di sussidiarietà, adeguatezza,
differenziazione, efficienza e semplificazione
istituzionale, valutando ambiti adeguati in
relazione alla natura delle funzioni, e le esigenze
connesse ad una efficace organizzazione sul
territorio delle stesse. L'obiettivo di fondo è lo
sviluppo della qualità complessiva delle
prestazioni dei diversi livelli di governo, anche
mediante l'individuazione di indicatori atti a
verificarne l'efficacia nell'ambito del Documento
di programmazione economico-finanziaria con
riferimento alla progressiva acquisizione
dell'autonomia finanziaria e di bilancio.
I principali contenuti del testo legislativo
proposto
TITOLO II - Riordino territoriale
Ruolo delle Nuove Comunità Montane
Le motivazioni del riordino vanno ben oltre
l'esigenza di adeguamento alle disposizioni della
Legge finanziaria 2008 in materia di Comunità
montane e, più in generale, di riorganizzazione dei
livelli istituzionali. Il riordino scaturisce da
altre finalità, preordinate fondamentalmente alla
semplificazione e razionalizzazione del sistema
istituzionale sia per quanto concerne i livelli di
governo, sia per quanto attiene alla riallocazione
delle funzioni.
Le prescrizioni contenute nella legge finanziaria
per il 2008:
a) fissano il termine perentorio del 30 giugno 2008
per l'entrata in vigore di leggi regionali che
devono ridurre il numero e la spesa corrente delle
Comunità montane, il numero degli amministratori e
le loro indennità;
b) prevedono che ad ogni Comune sia vietata
l'adesione multipla ad Unioni, Consorzi ed altre
forme associative fatte salve quelle obbligatorie
per legge.
Il riordino delle Comunità montane ha l'obiettivo
di riconoscere la peculiare identità istituzionale
delle Comunità Montane quali Unioni di Comuni
specificamente preposte, oltre che all'esercizio
associato delle funzioni comunali, alla
salvaguardia e valorizzazione delle zone montane. A
tal fine muta la disciplina degli organi e la
stessa configurazione funzionale delle Comunità
Montane che devono diventare, come le Unioni,
strumenti operativi dei Comuni per governare al
meglio funzioni e servizi, configurandosi anche
quali enti di gestione associata di funzioni e
compiti comunali; non devono, inoltre, svolgere
funzioni di ente intermedio territoriale.
Definizione degli ambiti delle Nuove Comunità
Montane
A prescindere dagli obblighi previsti dalla legge
finanziaria, tra le finalità dell'intervento
legislativo certamente rientra la riduzione del
numero delle Comunità Montane, peraltro stabilita
esplicitamente nel Patto sottoscritto con le
autonomie. Tale riduzione deve essere in ogni caso
compatibile col ruolo da assegnare all'ente che,
come già accennato, deve svolgere la gestione
associata di funzioni comunali. Occorre pertanto
verificare la praticabilità concreta, territorio
per territorio, delle soluzioni di riordino
utilizzando anche lo strumento premiale, valutando
territorio per territorio, ove praticabile, la
trasformazione di Comunità Montane in Unioni, o
accorpamenti di Comunità montane.
Innovazioni nel ruolo e negli incentivi alle Unioni
ed alle Nuove Comunità Montane
L'intervento legislativo si fonda su una
configurazione della Unione, e parimenti delle
Nuove Comunità Montane, non come un nuovo e
separato livello di governo, come ente distinto dai
Comuni, bensì quale ente a servizio dei Comuni
stessi. Corollario di tale impostazione è
l'esigenza che l'Unione, e la Nuova Comunità
Montana, non si sovrappongano, ma si sostituiscano
ai Comuni, svolgendo in forma associata le funzioni
che gli stessi assegnano loro; non deve mai
verificarsi alcuna sovrapposizione tra gli enti
nell'esercizio delle funzioni. Perciò gli incentivi
vanno riconosciuti esclusivamente per le funzioni
integralmente trasferite all'ente associativo,
senza duplicazioni, coerentemente con la logica di
fondo dell'operazione che è una logica di
semplificazione.
Interventi per la valorizzazione dei territori
montani - armonizzazione degli strumenti, generali
e settoriali, della programmazione per lo sviluppo
della montagna
Con le modifiche alla Legge regionale 2/04 che si
propongono si intende ottenere una maggiore
semplificazione degli strumenti e delle procedure a
fronte della conferma del metodo della
programmazione negoziata, che ha mostrato di essere
particolarmente adeguato per promuovere lo sviluppo
sostenibile in situazioni territoriali come quelle
che caratterizzano le aree montane della nostra
regione. L'obiettivo più generale è peraltro quello
della massima sintonizzazione fra gli strumenti,
generali e settoriali, della programmazione per lo
sviluppo della montagna: a tale fine il progetto di
legge definisce con maggiore puntualità il
Programma regionale per la montagna, strumento di
programmazione approvato dall'Assemblea legislativa
che detta gli indirizzi di sviluppo da perseguire
nell'arco temporale di vigenza, a cui devono
riferirsi gli strumenti di programmazione della
Regione e di tutti i livelli subordinati e in primo
luogo gli strumenti della programmazione negoziata.
Redazione di un testo unico in materia di enti
locali
Si propone che la Giunta regionale predisponga un
testo unico che raccolga tutte le disposizioni
regionali di carattere generale in materia di enti
locali, nell'ottica di semplificazione della
legislazione.
TITOLO III - Misure di riorganizzazione in materia
di servizi pubblici locali
La riforma prefigurata per i servizi pubblici
locali persegue la finalità complessiva di un'ampia
rivisitazione del sistema al fine di renderlo
adeguato alle sfide dei prossimi anni, tenendo
conto delle forti evoluzioni in corso.
Riforma del trasporto pubblico locale
In particolare, riguardo al trasporto pubblico
locale la riforma persegue una razionalizzazione
del sistema volto a semplificare le forme
organizzative sia attraverso uno snellimento
organizzativo delle attuali Agenzie per la
mobilità, sia ponendo le condizioni per un migliore
sviluppo delle Aziende di gestione.
La nuova legge fa una scelta più netta rispetto
alla L.R. n. 30 del 1998, che lasciava molte
possibili opzioni circa le modalità organizzative
delle Agenzie per la mobilità. All'atto della loro
istituzione le Agenzie hanno optato per la società
di capitali oppure per altre forme di gestione
fortemente strutturate, mentre solo Ravenna ha
optato per la forma più leggera della convenzione.
A questa disomogeneità nella forma giuridica delle
Agenzie si aggiunge una notevole diversificazione a
livello patrimoniale, che richiede di essere
ricondotta ad un modello chiaro ed univoco.
Con il nuovo intervento normativo la Regione
intende privilegiare l'adozione di forme
organizzative basate sulla convenzione fra enti
locali ai sensi dell'art. 30 del decreto
legislativo n. 267 del 2000, e ciò per ricercare
ogni contenimento possibile degli oneri,
soprattutto per il personale, che dovrà essere
ricondotto numericamente e qualitativamente nei
limiti delle effettive funzioni assolte. Inoltre, i
territori provinciali sono assunti quali ambiti
territoriali minimi di riferimento per la
programmazione, la progettazione, l'organizzazione
e la promozione dei servizi pubblici di trasporto
integrati.
Riforma del servizio idrico integrato e dei rifiuti
solidi urbani
Riguardo al servizio idrico integrato ed al
servizio di gestione dei rifiuti urbani la legge
regionale n. 25 ha prodotto ottimi risultati sul
piano della razionalizzazione del sistema e della
industrializzazione delle Aziende. Proprio questi
risultati comportano oggi la necessità di un
ulteriore salto di qualità con la creazione di un
sistema che valorizzi nel contempo l'esercizio
unitario a livello regionale di alcune funzioni di
regolazione e un profondo sistema di condivisione
delle scelte con gli enti locali. Per questo la
legge regionale prefigura la creazione di uno
strumento come il Comitato di indirizzo di cui
all'art. 28, composto dall'Assessore regionale
competente per materia e da quattro componenti
nominati dalla Conferenza Regione Autonomie locali
(CRAL).
A livello locale anche in questo settore esistono
esigenze di snellimento e razionalizzazione che
saranno perseguite attraverso lo strumento della
convenzione obbligatoria fra la Provincia ed i
Comuni (il livello territoriale provinciale è solo
un livello minimo) ed il conseguente superamento
delle attuali Agenzie di ambito. La Convenzione
conserva le funzioni cruciali relative
all'affidamento del servizio ed alla determinazione
delle tariffe, anche in relazione agli
investimenti.
In questo contesto la Regione eserciterà le
funzioni di regolazione economica e di regolazione
dei servizi in raccordo con le Autonomie locali,
oltre ai poteri sanzionatori non direttamente
legati all'esecuzione dei contratti. In particolare
la Regione eserciterà in coordinamento con gli enti
locali le proprie attribuzioni concernenti il piano
economico ed il piano finanziario relativi al
servizio idrico integrato e fisserà i parametri
della regolazione tariffaria che sarà concretamente
stabilita dalle singole convenzioni.
TITOLO IV - Ulteriori misure di razionalizzazione
delle partecipazioni societarie
Sempre nell'ottica di inserire elementi di
razionalizzazione organizzativi e funzionali del
sistema, il Titolo IV contiene alcune norme, tra le
quali due riferite alla razionalizzazione del
sistema contrattuale in materia di lavori ed
acquisizione di beni e servizi (articoli 34 e 35),
ed altre riferite al sistema delle partecipazioni
regionali (artt. 36 - 40). Segue infine una norma
generale in materia di personale (art. 41),
finalizzata a favorire il passaggio del personale
nell'ambito dei processi di riorganizzazione
previsti dalla legge.
Misure sulle partecipazioni regionali
Il progetto di legge inoltre affronta due tematiche
specifiche, che si inquadrano nel processo di
razionalizzazione organizzativa del sistema
regionale allargato (processo avviato con la legge
regionale n. 26 del 2007), comprensivo delle
partecipazioni a società ed altre persone
giuridiche. Le due fattispecie affrontate sono
quella della partecipazione alla fondazione Centro
ricerche marine, per trasformazione dalla
precedente società a responsabilità limitata nella
considerazione che per il tipo di attività di
ricerca e analisi, di alto valore scientifico, la
forma della fondazione sia maggiormente
appropriata. Un ulteriore fenomeno di
razionalizzazione societaria concerne la fusione
per incorporazione da parte della società
partecipata Terme di Salsomaggiore SpA della
Società Terme di Tabiano SpA.
Analisi dell'articolato
Il testo si articola in quattro Titoli, ciascuno
dei quali organizzato in Capi.
TITOLO I - Disposizioni generali
Il Titolo I è dedicato all'illustrazione dei
contenuti e delle finalità del testo ed alla
individuazione di alcuni principi generali che
guideranno i successivi interventi legislativi di
completamento della riforma.
L'articolo 1 specifica gli obiettivi
dell'intervento legislativo, consistenti nel:
a) riordino territoriale;
b) appropriata configurazione dell'assetto delle
funzioni tra i diversi livelli di governo;
c) razionalizzazione organizzativa;
d) revisione dei meccanismi procedimentali e
decisionali.
Il comma 3 autorizza la Giunta regionale a
concludere accordi con il Governo per armonizzare i
rispettivi provvedimenti normativi, anche ai fini
dell'applicazione dell'art. 116, comma 3, Cost.
L'articolo 2 detta disposizioni relative alle
modalità di esercizio delle funzioni amministrative
già collocate presso i livelli e gli enti oggetto
di riorganizzazione (commi 1, 2 e 3), e delinea il
procedimento mediante il quale, a partire dalla
stessa riorganizzazione operata dalla legge, si
procederà alla riallocazione di ulteriori funzioni
amministrative, in coerenza con i medesimi principi
fissati dall'art. 1.
TITOLO II - Riordino territoriale
Il Titolo II è dedicato al riordino territoriale ed
a misure a sostegno dei territori montani.
L'articolo 3 indica l'oggetto e le finalità del
Titolo II che, peraltro, sviluppano e si collegano
a quelle già individuate all'articolo 1, comma 2,
lettere a) e b).
Il primo oggetto, indicato alla lettera a), è il
riordino delle Comunità Montane che rappresenta una
tra le priorità del provvedimento legislativo di
riforma. Obiettivo di questo riordino è una forte
valorizzazione degli enti montani, attraverso una
loro nuova configurazione organizzativa e
funzionale, da realizzarsi non senza tener conto
dei vincoli imposti dalla legge finanziaria per il
2008.
L'elenco prosegue indicando, tra le finalità, la
promozione delle Unioni di Comuni (lett. b): la
proposta legislativa introduce misure volte a
rafforzare ulteriormente il ruolo delle Unioni
quali livelli appropriati per l'esercizio associato
delle funzioni e per l'integrazione sul territorio
delle politiche settoriali.
La lettera c), partendo dal presupposto che non
solo le funzioni comunali richiedono l'esercizio in
forma associata, prevede la promozione, previo
accordo con le Province, anche della gestione
associata di funzioni provinciali.
La lettera d) e la lettera g) si riferiscono alla
unificazione dei livelli di gestione associata,
attraverso la graduale eliminazione di
sovrapposizioni tra enti, promuovendo le Unioni di
Comuni e le Nuove Comunità Montane quali enti a
vocazione marcatamente plurifunzionale.
La lettera e), relativa ai principi
sull'allocazione delle funzioni amministrative,
indica le forme associative come strumento per
attuare pienamente il principio di adeguatezza.
La lettera f) indica, tra le finalità, la
realizzazione del principio di unicità della
responsabilità amministrativa in capo all'ente
titolare di funzioni, preservandone l'autonomia di
organizzazione e svolgimento.
Tali oggetti e finalità vengono sviluppati nei
quattro Capi in cui si articola il Titolo.
Capo I - Riordino delle Comunità Montane
L'articolo 4 disciplina la revisione degli ambiti
territoriali delle Comunità Montane, anche per
conseguire gli obiettivi di risparmio imposti dalla
Legge finanziaria per il 2008, in modo da risultare
il più rispondente possibile alle esigenze dei
territori. Tale scelta si impone comunque
necessaria allo scopo di evitare il drastico
intervento sostitutivo statale previsto all'art. 2
comma 20 della legge finanziaria il quale prevede
che siano automaticamente soppresse le Comunità
montane che non rispettino i rigidi parametri
statali e che la legge regionale, da adottarsi
entro il 30 giugno, non abbia ridisciplinato onde
realizzare gli obiettivi di risparmio assegnati.
Il procedimento di ridelimitazione degli ambiti,
dovendo essere realizzato entro tempi certi e
stringenti, viene disciplinato in deroga alle
procedure ordinarie contenute negli articoli 5, 9 e
10 della L.R. 11/01.
Il comma 2 dell'articolo in commento prevede che la
riduzione del numero complessivo delle Comunità
Montane - le quali al termine del processo non
potranno essere comunque superiori a nove - dovrà
avvenire attraverso l'accorpamento, ovvero lo
scioglimento, con contestuale trasformazione in
Unione di Comuni o contestuale incorporazione in
una Unione di Comuni preesistente o nel Nuovo
circondario Imolese. Il medesimo comma 2 prevede
infine, alla lettera d), che la riduzione si possa
conseguire anche attraverso la soppressione di una
Comunità montana conseguente alla fusione in un
unico Comune montano.
Il procedimento di ridelimitazione degli ambiti,
regolato nei commi da 3 ad 8, prevede la seguente
scansione temporale:
entro il 31 luglio 2008, la Giunta delibera una
proposta di ridelimitazione degli ambiti
territoriali delle Comunità montane da trasmettere
tempestivamente ai Comuni e Comunità Montane
interessati (comma 3);
entro il 30 ottobre 2008, le Comunità Montane ed i
Comuni interessati devono esprimere il loro parere
(comma 3) che, in caso di mancata trasmissione alla
Regione entro i dieci giorni successivi, si intende
favorevole (comma 6); tale parere deve essere reso
dagli organi rappresentativi e può contenere
controproposte a condizione che esse siano coerenti
con le ipotesi di riduzione elencate al comma 2
(comma 4);
entro il 31 dicembre 2008, il Presidente della
Giunta regionale adotta i decreti di
ridelimitazione, con possibilità di prevederne la
decorrenza degli effetti dalla data di insediamento
dei nuovi consigli comunali successiva alle
prossime elezioni amministrative locali (comma 7).
Gli stessi decreti fissano il termine per
l'approvazione dei nuovi statuti e per la
costituzione dei nuovi organi (comma 8);
entro il 30 giugno 2009, i Comuni che deliberano lo
scioglimento della Comunità Montana devono
costituire la nuova Unione di Comuni (derivante da
trasformazione ovvero incorporazione). Decorso tale
termine, la Comunità montana può essere in ogni
caso sciolta (comma 5). Tale termine è stato
fissato affinchè il processo di scioglimento della
Comunità Montana possa comunque avvenire entro
tempi certi, senza attendere l'insediamento dei
nuovi consigli comunali dopo le elezioni
amministrative del 2009.
Il comma 8 ha ad oggetto le vicende successorie tra
enti conseguenti alle soppressioni, alle
trasformazioni in unione, ed agli accorpamenti, e
ne demanda la disciplina puntuale al decreto del
Presidente della Giunta regionale, che valuterà,
ove opportuna, la nomina di un Commissario. Tale
comma dispone altresì, quale regola generale, in
caso di accorpamento di più Comunità Montane, che
la Nuova Comunità Montana accorpata subentri in
tutti i rapporti giuridici delle precedenti.
I commi 9 e 10 sono finalizzati ad evitare che le
trasformazioni di Comunità Montane in unioni di
comuni determinino svantaggi nell'accesso ai
finanziamenti o ad altri benefici, e a tal fine
regolano espliciti interventi di perequazione
rispetto alle Nuove Comunità Montane. Su questi
stessi oggetti intervengono, peraltro, i successivi
articoli 6 e 16.
L'articolo 5 ha ad oggetto la composizione e le
modalità di elezione degli organi delle Nuove
Comunità Montane; esso innova profondamente
l'assetto delineato dall'art. 18 della legge
regionale n. 6 del 2004, che conseguentemente viene
abrogato.
Il nuovo sistema di elezione degli organi è
indirizzato a due obiettivi di fondo:
a) riduzione del numero dei componenti dei
Consigli, non solo in attuazione dell'art. 2 co. 18
lett. c) della Legge n. 244 del 2007 (Legge
finanziaria 2008), ma soprattutto per migliorare la
funzionalità e la capacità decisionale di tali
organismi;
b) assimilazione dell'ordinamento a quello delle
Unioni di Comuni, prescrivendo la presenza dei
Sindaci negli organi di governo dell'ente.
I commi da 1 a 3 disciplinano la composizione del
Consiglio, formato da consiglieri o Sindaci dei
Comuni aderenti, e le modalità di elezione del
medesimo. Ai sensi del comma 2, lo Statuto può
scegliere tra i seguenti modelli: a) elezione di
due rappresentanti da parte di ciascun consiglio
comunale, uno per la maggioranza (che può essere
direttamente individuato nel Sindaco, e che dispone
di due voti) ed uno per la minoranza; b) elezione
dei consiglieri effettuata con sistema
proporzionale, sulla base di liste concorrenti, in
un'unica assemblea costituita dai consiglieri in
carica di tutti i comuni membri ciascuno dei quali
ha diritto ad un voto; c) Sindaci quali membri di
diritto ed elezione della restante quota secondo il
modello disciplinato alla lettera b).
Sia il modello a) sia il modello c) consentono
dunque allo statuto di prevedere i Sindaci come
membri di diritto del Consiglio.
Il comma 3, con riguardo ai modelli previsti alle
lettere b) e c) del comma 2, prevede che il numero
massimo dei consiglieri da indicare in Statuto sia
parametrato a quello del Consiglio di un Comune con
pari popolazione, con una riduzione di circa il
20%. Prevede altresì che, nell'applicazione di tali
modelli, qualora vi siano tornate elettorali
differenziate il Consiglio debba essere sempre
integralmente rinnovato.
I commi 4 e 5 regolano la composizione della Giunta
comunitaria, stabilendo che i Sindaci siano membri
di diritto della Giunta e che il Presidente debba
essere eletto tra i Sindaci, similmente a quanto
l'art. 32 del testo unico degli enti locali dispone
per le Unioni di Comuni. Il comma 5, considerando
la problematicità dei casi in cui, nelle Comunità
Montane composte da molti piccoli Comuni, si
costituirebbero Giunte con un numero elevato di
membri, consente agli statuti delle Comunità
Montane composte da almeno otto Comuni di prevedere
una composizione della Giunta ridotta a cinque
membri, compreso il Presidente. In tali ipotesi
tuttavia si richiede che lo statuto abbia previsto
i Sindaci quali membri di diritto del Consiglio o,
in alternativa, che venga istituita la Conferenza
dei Sindaci, quale organismo preposto alle gestioni
associate e senza diritto ad alcun emolumento.
Il comma 6, attuando l'art. 2, c. 18, lett. c)
della citata Legge finanziaria 2008, che impone
alle Regioni di ridurre le indennità degli
amministratori delle Comunità montane, ne prescrive
più radicalmente la soppressione, scelta questa
giustificata dal fatto che la nuova composizione
delle Giunte assicura che gli assessori, essendo
tutti Sindaci, già percepiscono una indennità di
carica a tale titolo. Fa eccezione solo il caso del
Presidente, per il quale il medesimo comma prevede
la possibilità di fruire dell'indennità spettante
per tale carica, stabilendo però che l'entità
dell'emolumento in capo alla Comunità montana sia
limitata alla differenza tra l'indennità spettante
come Sindaco e quella spettante per la carica di
Presidente della Comunità Montana.
L'articolo 6 disciplina lo scioglimento di Comunità
Montane per trasformazione in Unioni di Comuni o
per incorporazione ad Unioni di Comuni esistenti,
ai sensi di quanto previsto dall'art. 4, comma 2. I
Comuni aderenti ad una Comunità Montana possono
deliberare di costituire una Unione di Comuni o di
aderire ad una Unione già esistente o al Nuovo
Circondario imolese. In tal caso il Presidente
della Regione dispone lo scioglimento della
Comunità montana con effetto contestuale alla
costituzione del nuovo ente, rendendo così assai
più semplice la disciplina successoria tra i due
enti e garantendo continuità nell'azione
amministrativa (comma 1).
Il comma 2 fissa i requisiti affinchè le Unioni
derivanti da tali trasformazioni possano esercitare
le funzioni delle preesistenti Comunità montane, e
ne conservino altresì le prerogative ed i benefici
(commi 2, 3 e 4). Il comma 4, garantisce per le
Unioni derivanti da trasformazione di preesistenti
Comunità Montane, che le leggi regionali che
prevedono risorse e funzioni per le Comunità
Montane si applicano anche alle Unioni derivanti da
trasformazione.
Il comma 6, regola l'ipotesi di scioglimento
successivo della Unione per volontà dei Comuni,
prevedendo la possibilità per il Presidente della
Giunta regionale di ricostituire la Comunità
Montana precedentemente soppressa.
Il comma 7 precisa, infine, che i commi da 3 a 6 si
applicano anche in caso di incorporazione della
Comunità Montana soppressa nel Nuovo Circondario
imolese.
L'articolo 7 prevede la possibilità di esercizio
delle funzioni da parte della Comunità Montana
mediante sportelli unici decentrati di presidio
territoriale, di regola istituiti presso ciascun
Comune. L'obiettivo è quello di accentrare e
rendere così più efficienti gli uffici di back
office, garantendo al contempo ai cittadini la
possibilità di accedere agevolmente a tutti i
servizi attraverso la rete dei front office in
ciascun Comune.
L'articolo 8 riforma le modalità di approvazione
dello statuto delle Comunità montane: di
conseguenza l'art. 4 comma 3 della Legge regionale
n. 11 del 2001 viene soppresso (si veda l'art. 13,
c. 1).
Al fine di conseguire la massima assimilazione
dell'ordina- mento delle Nuove Comunità Montane a
quello delle Unioni, la norma in commento prevede
che siano i Comuni a deliberare lo statuto
dell'ente associativo. Fino ad oggi, lo statuto
veniva invece deliberato dal Consiglio comunitario.
Al fine di evitare che l'opposizione anche di un
solo Comune impedisca l'approvazione dello statuto,
il comma 2, fissato un termine per l'approvazione
degli statuti, prevede che in caso di mancata
approvazione da parte di tutti i Comuni, provveda
in via sostitutiva il Presidente della Giunta
regionale.
Tale disposizione è di immediata applicazione ed
opera anche nei confronti di Comuni facenti parte
di Comunità montane confermate. A tal fine vanno
richiamate le disposizioni dell'art. 4 comma 8 e 5
comma 7 che demandano ai decreti presidenziali di
ridelimitazione la fissazione del termine per
l'approvazione o l'adeguamento degli statuti, e
stabiliscono che sono comunque inefficaci le norme
statutarie in contrasto con la nuova legge.
Capo II - Misure di riordino ed incentivazione
delle forme associative
L'articolo 9 disciplina i presupposti per accedere
ai contributi finanziari regionali, sviluppando
ulteriormente il divieto di sovrapposizione tra più
enti associativi operanti nello stesso territorio,
già contenuto all'art. 2, comma 28, della Legge
finanziaria 2008. Il comma 1 precisa che, a tali
fini, tra le forme associative plurifunzionali
vanno considerate anche le Nuove Comunità Montane
(alle quali il comma 28 invece non fa espressamente
cenno) ed il Nuovo Circondario imolese. Al riguardo
il progetto di legge, all'art. 20, preserva
tuttavia, fino al 31 dicembre 2009, la posizione
più favorevole precedentemente riconosciuta alle
Unioni endocomunitarie già esistenti prima della
introduzione del divieto (introdotto con la L.R.
11/01) che fino ad oggi ha avuto accesso a tali
contributi.
L'articolo 10 prevede che si pervenga ad un
riassetto complessivo del sistema delle funzioni ed
alla allocazione con legge regionale di alcune
funzioni direttamente all'ente locale associativo.
Al riordino ed alla ridelimitazione delle Comunità
Montane ed alle nuove regole per qualificare le
Nuove Comunità Montane e le Unioni di comuni
(contenute nel successivo articolo 14) deve
corrispondere dunque anche un innalzamento del loro
profilo funzionale.
Nella prospettiva della legge questi enti
associativi, infatti, rendono possibile la concreta
traduzione operativa del principio di adeguatezza
visto in una dimensione intercomunale.
Questo articolo dunque, come già previsto all'art.
3 lett. e), sviluppa, nell'elenco contenuto al
comma 1, i principi per l'allocazione delle
funzioni amministrative cui deve ispirarsi il
legislatore regionale, in questa stessa legge e in
tutte quelle che seguiranno.
Il comma 3 chiarisce che le Unioni e le Nuove
Comunità Montane possono esercitare sia funzioni
conferite loro volontariamente dai Comuni, sia
funzioni conferite loro direttamente dalla legge
regionale, sia infine funzioni ad esse delegate
dalle Province. Per quanto concerne le funzioni
conferite dalla Regione, il comma 2 prevede che
tali conferimenti possono essere rivolti solo verso
quelle Unioni e Comunità Montane che rispettino gli
speciali requisiti indicati al successivo articolo
14 ed idonei a selezionare le forme associative
maggiormente strutturate e stabili (requisiti
valevoli anche ai fini dell'accesso ai contributi
regionali, ai sensi dell'art. 14).
L'articolo 11 regola il conferimento volontario di
funzioni comunali alle Unioni ed alle Nuove
Comunità Montane; esso deve essere disposto, di
norma, da tutti i Comuni aderenti e deve essere
integrale, nel senso che non devono residuare in
capo ai singoli enti compiti o attività comunque
riconducibili alla medesima funzione. Il
conferimento così configurato comporta
necessariamente l'integrale trasferimento del
personale addetto alla funzione conferita.
Corollari di questi principi sono le disposizioni
che regolano l'esercizio delle competenze da parte
degli organi dell'Unione, stabilendo che spettano
al Presidente i compiti ordinariamente intestati ai
Sindaci e che allo stesso modo spettano all'ente
rappresentativo della forma associativa le
competenze dei Consigli comunali. Tuttavia le
conseguenze dei conferimenti integrali di
competenze regolate ai commi da 2 a 4 si producono
solo qualora il conferimento sia effettuato da
tutti i Comuni aderenti (come specifica l'ultimo
periodo del comma 1).
Questa norma produce un forte impatto sui
conferimenti di funzioni già attualmente disposti
dai Comuni, che, in non pochi casi, non si
conformano a queste regole. Pertanto il comma 5
prevede un congruo lasso di tempo affinchè i Comuni
adeguino i rispettivi provvedimenti di
conferimento.
L'articolo 12 vuole evidenziare come le forme
associative, strutturate e rafforzate per effetto
delle presente legge, costituiscano uno strumento
prezioso anche ai fini del decentramento di
funzioni provinciali o di innovative ipotesi di
esercizio in forma associata delle stesse funzioni
provinciali.
L'articolo 13, ai commi 2 e 3, prendendo atto della
diffusa prassi per cui non si fa alcuna sostanziale
distinzione tra ambito territoriale ottimale e
forma associativa, dispone l'abrogazione della
lettera a) del comma 1 dell'art. 9 L.R. 11/01 che
prevedeva quale contenuto del programma di riordino
territoriale, distinto e separato dalla
ricognizione delle forme associative,
l'individuazione degli ambiti territoriali ottimali
(ex art. 3 co. 2 DLgs 112/98).
Il comma 4, abroga il comma 5 dell'art. 13 della
Legge regionale 11/01 che, con riguardo alla
facoltà di individuare zone all'interno delle
Comunità Montane per l'esercizio associato di
funzioni e servizi limitato ad una parte di Comuni,
prevedeva garanzie di accesso ai contributi del
programma di riordino territoriale. La nuova
disciplina del comma 4 del presente articolo
demanda al Programma di riordino territoriale la
facoltà di riconoscere i contributi per le gestioni
associate all'interno di zone endocomunitarie, e
circoscrive tale possibilità al caso in cui la
Nuova Comunità Montana sia costituita da almeno
otto comuni o insista su valli geograficamente
separate.
Il comma 5 dispone l'abrogazione dell'articolo in
materia di fusioni della Legge 11/01 (art.15) in
quanto tale materia è ora disciplinata dal
successivo art. 15 commi 3 - 8.
Il comma 6 sostituisce integralmente l'art.14 della
L.R. 11/2001, cioè il principale complesso di norme
che disciplinano attualmente i requisiti e i
criteri per l'erogazione degli incentivi alle forme
associative intercomunali.
Innanzi tutto il nuovo articolo 14, al primo comma,
introduce un ulteriore criterio per la
quantificazione dei contributi legato al
raggiungimento di eventuali obiettivi di efficacia
e di efficienza delle gestioni associate, che si
aggiunge a quelli consolidati della tipologia
dell'ente, dell'integrazione delle funzioni, ed
altre.
Il comma 2 del nuovo articolo 14 indica i soggetti
che potranno accedere ai contributi, ossia Unioni e
Nuove Comunità montane, e la tipologia dei
contributi, ordinari annuali e straordinari: questi
ultimi destinati alle nuove Unioni, anche derivanti
dalla trasformazione di precedenti comunità
montane, e alle nuove Comunità Montane derivanti
dall'accorpamento di precedenti Comunità. Il comma,
come meglio si dirà nel commento all'articolo 15,
implicitamente esclude dai contributi del Programma
di Riordino territoriale le associazioni
intercomunali che, a norma dell'art. 15, potranno
comunque beneficiarne fino alla fine del 2009 a
condizione che entro il 31 dicembre 2009 si
trasformino in unioni.
Il comma 3 del nuovo articolo 14 richiama il Testo
Unico degli enti locali per stabilire una
maggiorazione dei contributi alle Unioni e alle
Nuove Comunità Montane.
Il quarto comma del nuovo articolo 14 introduce due
importanti novità legislative, dopo aver confermato
il criterio preferenziale per la costituzione degli
uffici unici e della massima integrazione
organizzativa: la prima, già in parte anticipata
dal Programma di riordino territoriale, è
costituita dall'incentiva- zione per il
trasferimento del personale; la seconda, molto più
significativa e direttamente connessa alle
prescrizioni dell'arti- colo 11, è rappresentata
dalla previsione secondo cui i contributi ordinari
annuali sono concessi solo alle gestioni associate
svolte da tutti i Comuni della forma associativa;
il progetto di legge conserva però due rilevanti
eccezioni: il criterio del finanziamento delle
gestioni svolte solo dai quattro quinti dei Comuni,
che può essere previsto dal programma di riordino a
norma dell'ultimo comma del presente articolo 13 e
la conferma del possibile finanziamento delle zone
endocomunitarie, regolato al comma 4 del medesimo
articolo 13.
Il successivo comma 5 del nuovo articolo 14 ha un
testo del tutto diverso da quello originario, che
prevedeva l'erogazione di appositi contributi
straordinari per le trasformazioni di associazioni
intercomunali in Unioni di Comuni: pertanto, a
partire dal 2010 (si veda al riguardo l'articolo 15
che consente la proroga dei benefici solo per
quelle Associazioni intercomunali che entro il 31
dicembre 2009 si trasformino in unioni) tali
trasformazioni di Associazioni in Unioni non
godranno più di speciali vantaggi.
Il nuovo testo del comma 5 del nuovo articolo 14
introduce, ai fini delle incentivazioni, un
principio essenziale e qualificante della riforma
in atto, ossia la previsione che la gestione
associata deve essere integrale e complessiva, e
cioè non deve lasciare residue funzioni in capo ai
Comuni: questo comporta che non saranno più
finanziati i meri coordinamenti di funzioni e le
funzioni gestite in modo sovrapposto fra l'ente
sovracomunale e il Comune titolare (la norma del
resto si connette direttamente alle previsioni
dell'art. 11).
Il comma 6 del nuovo articolo 14 rimette al
Programma di riordino la facoltà di prevedere che
per talune funzioni e servizi l'entità dei
contributi venga commisurata al raggiungimento di
determinati obiettivi di efficacia ed efficienza
incentivando le forme associative che raggiungano
un livello minimo di prestazioni definito dalla
Giunta nell'ambito del programma di riordino
territoriale medesimo.
Il comma 7 del nuovo articolo 14, invece, demanda
al programma di riordino la facoltà di prevedere
che la quantificazione dei contributi tenga conto
della entità del bilancio della forma associativa e
del volume di risorse effettivamente gestite, o
della dimensione demografica e territoriale
complessiva della forma associativa.
I commi 8, 9 e 10 del nuovo articolo 14 confermano
norme già esistenti: a) in materia di effettività
delle gestioni associate, quale presupposto per
l'erogazione dei contributi, e i conseguenti
effetti in caso di verifica; b) in materia di
eventuale previsione nel Programma di Riordino
territoriale di contributi in conto capitale; c) in
materia di disciplina della ipotesi di
insufficienza dei fondi disponibili, regolando il
conseguente effetto di riduzione proporzionale dei
contributi.
Infine il settimo comma dell'art. 13 del progetto
di legge regola in via transitoria la possibilità
che il programma di riordino territoriale continui
a finanziare gestioni associate che non riguardino
la totalità dei Comuni associati, ma solo i quattro
quinti dei comuni ricompresi nella Unione o nella
Nuova Comunità Montana che siano costituite da
almeno otto Comuni.
L'articolo 14 disciplina nel dettaglio i requisiti
per la finanziabilità delle Unioni e delle Nuove
Comunità Montane. Il comma 4 prevede tre nuovi
requisiti essenziali, senza i quali le Unioni non
possono essere ammesse ai contributi di cui al PRT:
numero minimo di comuni (pari a 4), durata minima
della forma associativa (almeno 5 anni) e giunta
dell'Unione costituita soltanto da Sindaci. Il
terzo requisito comporta importanti adeguamenti
statutari da parte della generalità delle Unioni
costituite fino al 2006.
Il comma 1, prevede un'ulteriore novità
fondamentale ai fini dell'accesso ai contributi: la
necessità della gestione associata di un numero
minimo di funzioni fissato inizialmente in due,
rientranti però in determinate tipologie
espressamente indicate, tutte comunque
riconducibili al concetto di servizi di
amministrazione generale. Successivamente il numero
di tali funzioni deve essere incrementato
portandolo ad almeno 4, come previsto dal comma 2,
a decorrere dal terzo anno di vita dell'Unione o
dal terzo anno dall'entrata in vigore della
presente legge. Da rilevare che tali funzioni
devono essere gestite necessariamente da tutti i
Comuni e devono essere integralmente conferite,
come specifica espressamente il comma 3.
Il comma 5 stabilisce infine che le Unioni possono
gestire i servizi/funzioni loro conferite anche
attraverso aziende speciali e istituzioni, qualora
se ne dimostri la convenienza.
L'articolo 15, ai commi 1 e 2, regola i contributi
alle Associazioni intercomunali, prevedendo la
possibilità di accedere ai contributi di settore,
con priorità rispetto alle semplici convenzioni,
facendo comunque salva la precedenza, in
graduatoria, accordata alle Unioni e alle Nuove
Comunità Montane. Non è prevista una limitazione
temporale o transitoria all'applica- zione di
questa norma, che dà per scontata quindi la
sopravvivenza a tempo indeterminato di una parte
delle attuali Associazioni. La norma rinvia
all'art. 12 della L.R. 11/01: in tal modo essa
risulta applicabile, in via generale, a tutte le
concessioni di contributi settoriali, anche se
fatte per il tramite delle Province; la norma, con
il rinvio all'art.14 della L.R. 6/04, prescrive
inoltre, in determinate materie, un preciso
obbligo, nella predisposizione dei bandi, di
esplicitare criteri di preferenza per Unioni e
Comunità Montane, e, in subordine, per le stesse
Associazioni intercomunali.
Il comma 2 prevede comunque la possibilità, in
deroga alla disciplina a regime contenuta nell'art.
13, che le associazioni intercomunali possano
accedere ai benefici del Programma di riordino
territoriale fino al 31/12/2009 e a condizione che,
entro tale data, si trasformino in unioni.
I commi da 3 ad 8 regolano i contributi alle
fusioni. Il comma 3 prevede che specifiche
premialità siano disposte per le fusioni realizzate
da Comuni aventi meno di 3.000 abitanti e comunque
dai Comuni di minori dimensioni demografiche,
demandando al Programma di riordino territoriale
(comma 4) la definizione puntuale degli incentivi
che, con riguardo a quelli ordinari, dovranno avere
una durata non inferiore a 15 anni.
Il comma 5 demanda al Programma anche la facoltà di
prevedere e disciplinare contributi straordinari a
favore delle fusioni di Comuni per sostenere le
spese amministrative e organizzative della fusione
e per l'effettuazione di investimenti per
l'apertura di sportelli decentrati e/o per
l'acquisizione di strumentazioni e beni necessari
per uniformare la prestazione di servizi e funzioni
sull'intero territorio del Comune derivanti da
fusione o incorporazione.
I commi 6 e 7 dispongono che i contributi alle
fusioni non sono soggetti a riduzioni proporzionali
e che gli atti e i provvedimenti regionali di
settore (e quelli provinciali adottati su delega
regionale) che prevedono la concessione di
contributi a favore degli enti locali devono
garantire la priorità assoluta a favore delle
fusioni per la durata di 10 anni a decorrere
dall'avvenuta fusione.
Il comma 8 stabilisce che agli oneri derivanti
dall'applica- zione delle disposizioni del presente
articolo si farà fronte con l'istituzione di
appositi capitoli di bilancio che saranno previsti
al momento dell'approvazione della legge istitutiva
del Comune derivante dalla fusione.
I commi 9 e 10 disciplinano la specifica ipotesi
che, nel corso del riordino delle Comunità Montane,
i Comuni facenti parte della Comunità Montana
insistente nello stesso territorio del Nuovo
Circondario imolese decidano di demandare le
funzioni attualmente gestite dalla Comunità Montana
al Nuovo Circondario. In tale ipotesi la Giunta
regionale procede allo scioglimento della Comunità
montana interessata ed il Nuovo Circondario imolese
può accedere ai contributi, ordinari e
straordinari, disciplinati dal Programma di
riordino territoriale, per le funzioni ad esso
conferite, e che il Nuovo Circondario è equiparato,
a tali fini, ad un'unione di comuni.
L'articolo 16, al comma 1, stabilisce che possano
accedere ai fondi regionali per il funzionamento
delle Comunità montane anche le Unioni di comuni
derivanti dalla trasformazione di precedenti
Comunità Montane disciolte.
A tal fine, il comma 2 stabilisce che la Giunta,
sulla base degli esiti del processo di riordino
delle Comunità montane, determini la quota del
fondo regionale per il funzionamento delle Comunità
Montane da destinare alle nuove Unioni derivanti
dalla trasformazione di precedenti Comunità Montane
e stabilisce anche i criteri di riparto di tali
risorse, che dovranno prendere in considerazione
soltanto i Comuni in precedenza facenti parte della
Comunità Montana sciolta.
Resta ferma, in base al comma 3, la disciplina per
il riparto della restante parte del fondo tra le
Comunità montane.
Capo III - Interventi per la valorizzazione dei
territori montani - Modifiche alla L.R. 2/04
1) Con il riordino territoriale delle Comunità
montane si ritiene opportuno provvedere anche a un
utile aggiornamento della normativa in materia di
programmazione dello sviluppo della montagna,
facendo tesoro dell'esperienza realizzata a seguito
dell'attuazione della L.R. 2/04 (Legge per la
Montagna) che è tale da indirizzare in ogni caso
verso la conferma della scelta strategica della
programmazione negoziata per lo sviluppo delle aree
montane.
Per questo, accanto alle norme di riordino
territoriale e di contenimento dei costi di
funzionamento delle Comunità montane, si propongono
alcune modifiche all'articolato della L.R. 2/04,
contenute nell'articolo 17, con l'obiettivo di
semplificare e accelerare l'operatività degli
interventi per lo sviluppo della montagna.
I risultati raggiunti con l'attivazione degli
innovativi strumenti dell'Intesa istituzionale per
lo sviluppo della montagna e dell'Accordo-quadro
per lo sviluppo delle zone montane sono stati
indubbiamente positivi sia in termini di dimensioni
dei programmi approvati (gli Accordi-quadro per lo
sviluppo delle zone montane approvati e
sottoscritti nel 2005 e nel 2006 hanno attivato
investimenti per un ammontare complessivo di
risorse pari a circa 35 milioni di euro) sia in
termini di qualità delle scelte d'intervento
operate dai soggetti che hanno partecipato alla
negoziazione degli Accordi-quadro. Nella concreta
esperienza di negoziazione, condotta dalle Comunità
montane quali enti promotori, dalla Regione, dalle
Province e, nella generalità dei casi, dai Comuni
costituenti le stesse Comunità montane, è stato
però evidenziato come la strumentazione e le
procedure attualmente previste dalla L.R. 2/04,
possiedano caratteri che determinano scarsa
efficienza nella fase di concreta attivazione dei
singoli programmi d'investimento approvati. In
particolare l'esperienza ha mostrato una
sostanziale difficoltà funzionale nella distinzione
fra intese e accordi, che suggerisce la
ricomposizione in un unico strumento negoziale e
una più stringente relazione fra Programma
regionale per la montagna e programmi settoriali.
Per questo con le modifiche che qui si propongono
si intende ottenere una maggiore semplificazione
degli strumenti e delle procedure a fronte della
conferma del metodo della programmazione negoziata,
che ha mostrato di essere particolarmente adeguato
per promuovere lo sviluppo sostenibile in
situazioni territoriali come quelle che
caratterizzano le aree montane della nostra
regione. L'obiettivo più generale è peraltro quello
della massima sintonizzazione fra gli strumenti,
generali e settoriali, della programmazione per lo
sviluppo della montagna: a tale fine il progetto di
legge definisce con maggiore puntualità il
Programma regionale per la montagna, strumento di
programmazione approvato dall'Assemblea legislativa
che detta gli indirizzi di sviluppo da perseguire
nell'arco temporale di vigenza, a cui devono
riferirsi gli strumenti di programmazione della
Regione e di tutti i livelli subordinati e in primo
luogo gli strumenti della programmazione negoziata.
Dal momento che, in conseguenza del riordino
territoriale operato in applicazione delle norme
del presente progetto di legge, le singole zone
montane della regione potranno risultare inserite o
all'interno dell'ambito di una delle nuove Comunità
Montane oppure all'interno dell'ambito di un'Unione
di Comuni comprendente zone montane, viene proposta
una norma che mantiene comunque per la totalità
delle zone montane l'applicazione delle misure
previste dalla nuova Legge per la montagna.
2) Le proposte di modifica della L.R. 2/04, volte
anche a garantire coerenza con il progetto di
riordino territoriale, sono contenute nell'articolo
17, comma 1, del progetto di legge.
In particolare:
alle lettere a) e b), dell'articolo 17, comma 1, si
modifica l'articolo 1 della L.R. 2/04 al fine di
garantire che tutte le zone montane della Regione
beneficino delle azioni volte a favorire lo
sviluppo socio-economico della montagna. A tal fine
si fornisce una puntuale definizione di Comune
montano e di zona montana e si chiarisce, sempre
in coerenza con il progetto di riordino
territoriale, che le disposizioni relative alle
Comunità montane sono da intendersi applicate anche
alle Unioni di Comuni comprendenti zone montane ed
al Nuovo Circondario imolese per le zone montane
insistenti sul suo territorio e non incluse in una
Comunità Montana;
alla lettera c) si modifica l'art. 2 della L.R.
2/04, dedicato alla Conferenza per la montagna ,
confermando da un lato la composizione ed il ruolo
della Conferenza, e al contempo, al fine di rendere
l'operato di tale organo più efficace e
tempestivo, prevedendo una semplificazione del
percorso di consultazione previsto a carico della
Conferenza;
alla lettera e) si inserisce, dopo l'art. 3 della
Legge per la montagna, l'art. 3-bis Programma
regionale per la montagna , con il quale si
ridisegna il fondamentale atto di programmazione
approvato dall'Assemblea legislativa. Tale
programma definisce le priorità e le linee
d'indirizzo per la programmazione settoriale
regionale e per gli accordi-quadro, come ridefiniti
dallo stesso progetto di legge.
Al programma regionale per la montagna è anche
demandata la definizione dei criteri per il riparto
annuale dei finanziamenti recati dal fondo
regionale per la montagna, delle modalità per la
sua erogazione e per l'eventuale revoca, prevedendo
così da una parte, con riferimento ai criteri di
riparto, una delegificazione e prevedendo altresì
dall'altra, con riferimento alle modalità di
gestione del fondo, l'attribuzione della loro
definizione all'Assemblea legislativa in luogo
della Giunta regionale.
Il nuovo programma regionale per la montagna
definirà altresì, intendendone perseguire una più
forte valorizzazione, i modi del monitoraggio
dell'utilizzo delle risorse regionali destinate al
finanziamento dello sviluppo della montagna;
alla lettera f) si propone la riscrittura
dell'articolo 4 della Legge per la montagna, che
dalla definizione delle Intese istituzionali di
programma per lo sviluppo della montagna si
riferisce ora invece alla definizione degli
Accordi-quadro per lo sviluppo della montagna .
Questa rappresenta la principale modifica del
sistema di programmazione negoziata definito dalla
L.R. 2/04, e risponde precipuamente all'obiettivo
della semplificazione e della maggiore tempestività
ed efficacia delle azioni di sostegno allo sviluppo
delle zone montane: l'esperienza ha infatti
mostrato come sia opportuno ricercare la
condivisione della strategia di sviluppo e quindi
di un programma pluriennale di interventi, la cui
implementazione possa però perseguirsi con
strumenti più flessibili e possa in particolare
essere modulata a seguito dell'effettivo
reperimento delle necessarie risorse finanziarie.
Il nuovo Accordo-quadro per lo sviluppo della
montagna si propone infatti come strumento più
puntuale e più immediatamente operativo, in quanto
esso dovrà definire un concreto programma di
interventi; esso è d'altra parte concettualmente
differente rispetto all'attuale Accordo-quadro per
lo sviluppo delle zone montane, che si caratterizza
per la minuziosa definizione degli interventi da
realizzare, delle fonti di finanziamento, dei tempi
di realizzazione, degli obblighi assunti dai
singoli sottoscrittori, che nell'esperienza si sono
dimostrati eccessivamente onerosi quanto ai tempi
per il pieno raggiungimento dell'accordo e quanto
alle procedure per la loro eventuale ridefinizione,
che nella pratica si è spesso resa necessaria;
il punto g) definisce il procedimento per
l'accordo-quadro, che ripropone, adeguandolo
opportunamente, il procedimento già previsto per
l'Intesa istituzionale. L'accordo-quadro è
obbligatoriamente partecipato dalla Comunità
montana (che lo promuove e propone), dalla
Provincia e dalla Regione. Ad esso possono
partecipare, qualora assumano specifici impegni per
la sua attuazione, altri enti pubblici e le parti
sociali. L'attuazione dell'accordo-quadro è operata
mediante programmi annuali operativi della Comunità
montana come anche mediante altri atti di
programmazione delle singole amministrazioni
partecipanti. All'attuazione dell'accordo-quadro
possono partecipare eventuali soggetti privati
selezionati con procedure d'evidenza pubblica;
il successivo punto h) definisce il Programma
annuale operativo (PAO), che recupera nel nome lo
strumento a suo tempo previsto dalla previgente
L.R. 22/1997 ma che si differenzia nettamente da
quello essendo a tutti gli effetti uno strumento
per la puntuale attuazione di un programma
negoziato da più soggetti istituzionali, mentre il
vecchio PAO dava al contrario un'attuazione molto
parziale ad un piano la cui definizione e
approvazione era prevista totalmente all'interno
degli organi della sola Comunità Montana;
a parziale modifica della strumentazione
finanziaria attivata con la L.R. 2/2004, che ha
portato all'istituzione del Fondo speciale per la
montagna, distinto, anche quanto alle modalità di
assegnazione e gestione, dal Fondo regionale per la
montagna, il punto j) dell'art. 17 del progetto di
riforma prevede al contrario la sussistenza di un
unico Fondo regionale per la montagna quale
specifica fonte di finanziamento delle azioni
previste nell'ambito dei PAO approvati dalle
singole Comunità montane. Le risorse recate dal
fondo regionale per la montagna sono destinate al
trasferimento a favore delle Comunità montane e
transitano quindi sui loro rispettivi bilanci.
Innovando rispetto alla vigente normativa, che
definisce puntualmente i criteri di riparto del
fondo regionale per la montagna, i nuovi criteri di
riparto dei finanziamenti stanziati sul bilancio
annuale della Regione saranno definiti dal
programma regionale per la montagna di cui al
precedente punto e).
Capo IV - Disposizioni transitorie e finali
Il Capo IV contiene, infine, le diposizioni
transitorie e finali.
L'articolo 19, a norma dell'art. 54 comma 2 dello
Statuto regionale, incarica la Giunta regionale di
predisporre il progetto di un testo unico in
materia di enti locali indicando le fonti
legislative da raccogliere e fissando il termine di
due anni dalla entrata in vigore della legge entro
cui operare il riordino delle materie.
L'articolo 20 contiene misure di salvaguardia, fino
al 31 dicembre 2009, per l'unica Unione
endocomunitaria attualmente esistente in regione
(Unione Alto Appennino reggiano all'interno della
Comunità montana dell'Appennino reggiano: si veda
al riguardo il commento all'art. 9.
L'articolo 21 regola l'entrata in vigore delle
norme recate nel Titolo II, con particolare
riferimento alla disciplina degli incentivi alle
forme associative regolate all'art 14 e all'art.
13, dove modifica l'art. 14 della L.R. 11/01: tale
disciplina, per ovvie ragioni (il procedimento 2008
è già in corso) potrà trovare applicazione solo a
decorrere dall'anno 2009.
TITOLO III - Misure di riorganizzazione in materia
di servizi pubblici locali
Nell'ambito delle linee di indirizzo per
l'autoriforma regionale approvate con delibera
della Giunta del 5 novembre 2007, n. 1641 - e del
connesso Patto interistituzionale tra la Regione e
le autonomie locali dell'Emilia-Romagna per
l'autoriforma dell'amministrazione, la
razionalizzazione delle funzioni ed il riordino
istituzionale (approvato in data 10 dicembre 2007)
- è stata prefigurata la necessità di una
razionalizzazione della normativa concernente i
servizi pubblici locali, anche al fine di ridurre i
costi delle pubbliche amministrazioni e di disporre
di un adeguato sistema di governo di tali servizi.
La necessità di introdurre modifiche normative
riguarda, in particolare il trasporto pubblico
locale ed i settori del servizio idrico integrato e
della gestione dei rifiuti urbani, interessati
anche da alcuni mutamenti nella legislazione
nazionale.
Punti cruciali della nuova normativa sono la
razionalizzazione o il superamento delle Agenzie di
ambito ottimale (AATO/Agenzie mobilità) come oggi
configurate - con il passaggio ad un modello
organizzativo più leggero per il trasporto su gomma
e la sostanziale soppressione (con rivitalizzazione
del ruolo degli enti locali associati) per i
servizi idrico e rifiuti - in un quadro di
rafforzamento del ruolo regolatorio regionale. A
livello regionale devono essere, quindi, svolte le
funzioni cruciali in materia di programmazione,
fissazione degli standards di qualità, garanzia
della tutela dell'utenza, rapporto globale con gli
enti gestori, mentre tutto l'aspetto delle gare per
l'assegnazione dei servizi e quanto ne consegue
deve svolgersi al livello locale (adeguatamente
organizzato e supportato da forti linee di
indirizzo).
Capo I - Principi e norme generali
L'articolo 22 descrive l'ambito della riforma in
materia di servizi pubblici di rilevanza economica.
Esso si riferisce al servizio di trasporto pubblico
locale, e ai due cruciali servizi in materia
ambientale costituiti dal servizio idrico
integrato, dal servizio di gestione dei rifiuti
urbani.
L'articolo specifica con chiarezza le finalità e
gli obiettivi perseguiti dalla nuova normativa che
concernono: la garanzia di un adeguato livello di
servizio; lo sviluppo di un solido e qualificato
sistema di imprese operanti nel settore;
l'attuazione di un sistema tariffario che assicuri
l'accessibilità universale dei servizi ed un
adeguato rapporto fra le prestazioni erogate e le
tariffe; la garanzia della tutela degli utenti e la
loro partecipazione alle scelte fondamentali di
regolazione.
Tra le finalità e gli obiettivi della norma, un
notevole rilievo hanno i principi di distinzione
dei ruoli, sia tra i soggetti titolari delle
funzioni regolatorie e i soggetti gestori, sia tra
i titolari della proprietà delle reti e degli
immobili ed i gestori dei servizi. Definisce
inoltre le nuove forme di organizzazione delle
funzioni che garantiscano la riduzione dei costi e
delle strutture amministrative.
Capo II - Riforma del trasporto pubblico locale
Il principale riferimento normativo per quanto
riguarda le Agenzie locali per la mobilità è
costituito dalla L.R. 2/10/1998, n. 30, e
successive modificazioni., in base alla quale (art.
1) la Regione opera per assicurare ai cittadini e
alle imprese la migliore accessibilità e fruibilità
del territorio regionale, promuovere un sistema
integrato della mobilità, incentivare la razionale
organizzazione del traffico e della circolazione,
favorire l'organizzazione del trasporto delle
merci, promuovere e operare per la cultura della
mobilità sostenibile e dell'innovazione
tecnologica; la Regione persegue inoltre il
contenimento dei consumi energetici e la riduzione
dell'inquinamento atmosferico.
L'art. 19 della suddetta legge dispone che Province
e Comuni costituiscano, per ciascun ambito
territoriale provinciale, un'agenzia locale per la
mobilità e il trasporto pubblico locale di loro
competenza. Le Agenzie sono costituite nei modi e
nelle forme individuati dagli Enti locali, tra cui
il consorzio di funzioni, consorzio impresa o
società di capitali di proprietà esclusiva degli
enti stessi. Gli Enti locali possono integrare il
ruolo dell'Agenzia tramite il trasferimento di
proprie funzioni al fine della gestione e del
controllo complessivo della mobilità delle persone
e delle merci.
L'agenzia esplica le sue funzioni dando attuazione
alle decisioni degli Enti locali e alle previsioni
dei loro strumenti di programmazione di settore,
con particolare riguardo a:
a) progettazione, organizzazione e promozione dei
servizi pubblici di trasporto integrati tra loro e
con la mobilità privata;
b) gestione della mobilità complessiva,
progettazione e organizzazione dei servizi
complementari per la mobilità, con particolare
riguardo alla sosta, ai parcheggi, all'accesso ai
centri urbani, ai relativi sistemi e tecnologie di
informazione e controllo;
c) gestione delle procedure concorsuali per
l'affidamento dei servizi;
d) controllo dell'attuazione dei contratti di
servizio; ogni altra funzione assegnata dagli Enti
locali con esclusione della programmazione e della
gestione di servizi autofilotranviari.
All'Agenzia può essere affidata direttamente la
gestione delle reti e delle dotazioni essenziali al
trasporto pubblico regionale e locale; può esserle
conferita anche la proprietà dei beni.
In estrema sintesi, il sistema del TPL è oggi
articolato su diversi livelli:
statale, per quanto attiene alla normativa relativa
alla sicurezza e alla tutela della concorrenza;
regionale, per quanto attiene alle linee di
indirizzo di carattere generale;
provinciale, per quanto attiene alla programmazione
dei servizi di bacino, e comunale, relativamente ai
servizi urbani delle città capoluogo;
di agenzia, con compiti di progettazione e
controllo;
di azienda, con il compito di gestione del servizio
pubblico autofiloviario di bacino (anche tramite
sub-concessionari privati), di norma affidato
mediante gara ad evidenza pubblica.
Si osserva che gli oneri per il funzionamento delle
Agenzie si aggirano mediamente entro il 2% circa
dell'ammontare del contributo regionale per il TPL,
per un valore complessivo stimato inferiore ai 4
milioni di euro. Tali importi sono di norma
inversamente proporzionali alla dimensione
aziendale e dipendono anche dalle funzioni diverse
attribuite (la maggiore, Bologna, è attorno all'1%,
pari a 800 mila euro, dei quali la metà per il
funzionamento della FBV).
L'Atto di indirizzo triennale 2007-2009 in materia
di programmazione e amministrazione del trasporto
pubblico regionale, di cui alla delibera
dell'Assemblea legislativa n. 109 del 3/4/2007,
rileva come, malgrado l'altalenare delle
indicazioni nazionali degli ultimi anni, si sia
consolidato il riassetto delle competenze tra i
diversi attori istituzionali ed imprenditoriali.
Osserva inoltre come, oltre alla programmazione
operativa dei servizi in coerenza con gli indirizzi
degli Enti locali, la maggior parte delle Agenzie
abbia cominciato a svolgere anche altre funzioni,
non solo nei settori più tradizionali. L'Atto di
indirizzo affronta, pertanto, il tema della
necessità di superare situazioni di evidente
disomogeneità, da valutare tenendo conto sia
dell'autonomia degli Enti locali, sia delle diverse
condizioni in cui i territori operano.
Se si analizza il livello di funzionamento
raggiunto delle Agenzie nel tempo relativamente
breve della loro esistenza, oltre alle
disomogeneità già evidenziate, emerge, pur con
diversità di situazioni, un tendenziale
allineamento su alcune delle principali funzioni
affidate: insieme alla gestione di parti più o meno
ampie del patrimonio e alla gestione delle gare,
compaiono le funzioni di stipula e di gestione dei
contratti di servizio, di programmazione operativa
dei servizi e di controllo degli stessi. L'Atto di
indirizzo richiede pertanto di potenziare queste
funzioni, specie laddove esse siano esercitate in
modo eventualmente meno forte, e di considerare
quindi scopo condiviso dalle istituzioni regionali
e locali il dare massima autorevolezza in ogni
bacino alla corrispondente Agenzia, quale strumento
di programmazione e attuazione coordinata non solo
del trasporto pubblico, ma più in generale delle
strategie della mobilità. Costituisce obiettivo
primario la capacità di raggiungere accuratezza ed
efficacia nei controlli sulla quantità e qualità
dei servizi, di sapersi misurare con le sfide
dell'integrazione tra servizi su gomma e su ferro,
nonché tra servizi tradizionali e innovativi, di
contribuire alla riorganizzazione della mobilità,
non solo collettiva, nei propri bacini.
Per ottenere tali risultati, l'Atto di indirizzo
colloca presso le Agenzie le competenze, le
professionalità, le risorse e le deleghe di
funzioni necessarie, al fine di specializzarne il
ruolo e perfezionare la distinzione fra le funzioni
di amministrazione e quelle di gestione del
trasporto pubblico, evitando cioè di evolvere verso
funzioni di tipo aziendale-gestionale di TPL: è un
obiettivo da perseguire con maggiore determinazione
e chiarezza per rendere più omogenea, pur nella
salvaguardia delle autonomie e diversità dei
territori, la situazione dei vari bacini.
Le Agenzie inoltre, proprio per le funzioni di
raccordo tra le scelte di programmazione degli Enti
locali e la gestione concreta del servizio, devono
essere il riferimento funzionale delle forme
organizzate degli utenti, al fine di socializzare
il controllo dei servizi e per migliorarne la
qualità tramite la partecipazione attiva dei
cittadini. Inoltre, alle Agenzie, proprio per
questa loro specificità di rapporto con l'utenza,
potranno essere attribuite dagli Enti locali e
dalle Aziende funzioni di marketing e di
informazione ai cittadini sui servizi di TPL e per
la mobilità sostenibile.
L'Atto di indirizzo indica quindi una via per
definire il ruolo delle Agenzie: ricondurle
all'omogeneità (pur nel rispetto dell'autonomia di
scelta degli Enti locali), rafforzarne le funzioni
qualora queste ultime siano ancora gracili,
riportarle nell'alveo delle funzioni indicate
dall'Atto di indirizzo qualora svolgano attività di
tipo imprenditoriale, oppure controllino
direttamente le Aziende di TPL operanti nel loro
territorio.
La prospettiva, ormai prossima, di introduzione
sull'intero territorio regionale del nuovo sistema
tariffario integrato STIMER rende opportuno
omogeneizzare anche il sistema di tariffazione
verso il sistema net cost (con una certa attenzione
ai riflessi sulle gare già svolte che prevedono
invece forme di lord cost).
Riguardo all'organizzazione societaria, all'atto
della loro istituzione le Agenzie hanno optato per
la società di capitali pur se ciò ha in seguito
presentato effetti negativi a seguito delle norme
sull'indebitamento pubblico introdotte dalla Legge
finanziaria del 2005. Ora, tuttavia, si ritiene di
dover procedere verso profonde riforme degli
statuti, privilegiando l'adozione di forme
organizzative basate sulla convenzione fra enti
locali ai sensi dell'art. 30 del decreto
legislativo n. 267 del 2000, e ciò per ricercare
ogni contenimento possibile degli oneri,
soprattutto per il personale, che dovrà essere
ricondotto numericamente e qualitativamente nei
limiti delle effettive funzioni assolte.
Nel PdL la riforma del trasporto pubblico locale è
trattata al Capo II.
Il comma 1 dell'articolo 23 Funzioni in materia di
trasporto pubblico locale , senza peraltro
modificare la normativa sul trasporto ferroviario
regionale di cui alla legge regionale 2 ottobre
1998, n. 30, prevede che la Regione, nel rispetto
dell'autonomia degli Enti locali, proceda alla
delimitazione degli ambiti ottimali o alla loro
conferma assumendo i territori provinciali quali
ambiti territoriali minimi per la programmazione
dei servizi di bacino, la progettazione,
l'organizzazione e la promozione dei servizi
pubblici di trasporto integrati tra loro e con la
mobilità privata.
L'ambito di bacino provinciale rappresenta infatti
la scala più naturalmente adatta rispetto alle
funzioni individuate dall'Atto di indirizzo per le
Agenzie, per non limitarne il ruolo al mero
svolgimento delle gare di affidamento, bensì per
spingersi oltre, sul piano della progettazione dei
servizi da un lato e su quello del controllo
dall'altro.
Il medesimo articolo 23 provvede all'adeguamento
del sistema delle Agenzie locali, indicando per
esse lo svolgimento delle seguenti specifiche
funzioni:
a) progettazione e organizzazione dei servizi per
la mobilità;
b) gestione delle procedure concorsuali per
l'affidamento dei servizi;
c) controllo dell'attuazione dei contratti di
servizio, con esclusione delle funzioni di
programmazione e gestione dei servizi
autofiloviari.
Il comma 2 fa riferimento alla prossima
introduzione di un unico sistema tariffario
integrato sull'intero territorio regionale,
usualmente noto come STIMER. Ai sensi del medesimo
comma, la Regione promuove altresì l'aggregazione
dei soggetti gestori dei trasporti pubblici
autofiloviari, al fine essenzialmente di diminuire
i costi di esercizio per effetto di maggiori
economie di scala e soprattutto per ottimizzare
dimensioni industriali competitive, in grado di
confrontarsi con il mercato liberalizzato a livello
europeo del TPL.
L'unico comma dell'articolo 24 Riforma delle
Agenzie locali per la mobilità prevede che la
Regione promuova:
a) l'adozione di forme organizzative basate sulla
convenzione fra enti locali ai sensi dell'art. 30
del decreto legislativo n. 267 del 2000, con
superamento di fatto delle attuali forme basate
sulle società di capitali o forme consorziali fra
enti locali con propria personalità giuridica;
b) lo scorporo delle attività gestionali non
strettamente connesse con le funzioni proprie
attribuite dalla legge regionale alle Agenzie
stesse, con particolare riguardo alla gestione del
trasporto pubblico locale, della sosta, dei
parcheggi, dell'accesso ai centri urbani;
c) il superamento delle situazioni di
compartecipazione nella proprietà delle società di
gestione da parte delle Agenzie locali per la
mobilità;
d) il trasferimento ai soggetti gestori del
servizio di trasporto pubblico locale della
proprietà dei beni funzionali all'effettuazione del
servizio, individuati in conformità all'art. 14,
comma 2, della legge regionale n. 30 del 1998;
e) l'applicazione del sistema tariffario integrato
regionale, con superamento delle funzioni di
gestione della tariffazione;
f) l'applicazione delle modalità contrattuali che
valorizzano la responsabilità imprenditoriale del
soggetto gestore attraverso la titolarità dei
ricavi tariffari;
g) l'accorpamento degli ambiti territoriali
ottimali di cui all'art. 23;
h) la progettazione dei servizi sulla base di una
stretta integrazione con gli strumenti di
pianificazione di competenza degli Enti locali.
L'articolo 25 Attuazione del riassetto
organizzativo del sistema delle Agenzie prevede,
al comma 1, che la Giunta, sentita la Conferenza
Regione-Autonomie locali, promuova una
intesa-quadro con gli EE.LL. soci delle Agenzie,
finalizzata alla realizzazione del processo di
riassetto organizzativo del sistema, definendo in
tal modo un regime transitorio di avvicinamento.
Il comma 2 dispone due anni di tempo dall'entrata
in vigore della legge affinché le Agenzie
realizzino quanto previsto dalle lettere a), b), c)
dell'art. 24, vale a dire la nuova organizzazione,
lo scorporo delle attività gestionali non
strettamente connesse con le funzioni proprie e il
superamento delle situazioni di compartecipazione
nella proprietà delle società di gestione.
Il comma 3 fissa al 31/12/2010 quanto previsto
dalla lettera e), cioè l'adozione del nuovo sistema
tariffario integrato.
Il comma 4 dispone che le gare per l'affidamento
del servizio di trasporto pubblico locale bandite
dopo l'entrata in vigore della legge prevedano
l'attuazione di quanto previsto dalla lettera f)
dell'art. 24 (forme di tariffazione net cost). Non
è ammessa la proroga di affidamenti non conformi
alla citata lettera f).
L'articolo 26 reca Modifiche alla Legge regionale
30/98 . In particolare, modifica le procedure di
approvazione del PRIT, di cui all'articolo 5, comma
4, sopprimendo il riferimento alle modalità di cui
all'articolo 25 della Legge regionale 20/00.
Il comma 2 aggiunge un articolo 5 bis Procedimento
di approvazione del PRIT alla citata Legge
regionale 30/98, in base al quale il documento
preliminare di piano elaborato dalla Giunta viene
comunicato all'Assemblea legislativa. Il Presidente
della Regione convoca una conferenza di
pianificazione ai sensi dell'art. 14 della L.R.
20/00, chiamando a parteciparvi le Province, i
Comuni presenti nella CRAL, le Regioni contermini e
la Repubblica di San Marino, nonché i soggetti
gestori delle infrastrutture per la mobilità di
rilievo almeno regionale. A valle della conferenza
di pianificazione, l'Assemblea legislativa adotti
il piano, previo parere della CRAL.
Il comma 3 aggiunge la locuzione: «nonché i piani
di bacino» all'art. 6, comma 1, della citata L.R.
30/98.
Capo III - Riforma del Servizio idrico integrato e
del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani
Il Capo III del Titolo III del progetto di legge
intende riformare il settore dei servizi pubblici
ambientali con particolare riferimento al servizio
idrico integrato e al servizio di gestione dei
rifiuti urbani.
La Regione Emilia-Romagna ha da tempo portato
avanti una politica di propulsione e innovazione di
questi delicati settori dotandosi sin dal 1999 di
una legge di riordino, la numero 25, sulla quale si
è innestata un'attualizzazione a seguito delle
numerose novelle legislative che il legislatore
nazionale ha introdotto in materia di servizi
pubblici di rilevanza economica.
La L.R. n. 25 del 1999, con una visione unica nel
contesto delle Regioni, aveva già previsto
un'organizzazione dei servizi ambientali in capo ad
un unico soggetto, l'Agenzia di ambito, che
attraverso una più ampia strategia consentiva anche
di raggiungere economie di scala nello svolgimento
delle proprie attività. Nell'intenzione di fare una
valutazione sull'operato della legge regionale non
si può che concludere come essa abbia dato prova
positiva favorendo l'aggregazione dei numerosi
gestori presenti nel 1999 sul territorio regionale
e consentendo di addivenire ad un numero ridotto di
soggetti in possesso di capacità di gestione
industriale dei servizi secondo criteri di maggiore
efficienza. Nel contempo la riorganizzazione del
sistema ad una scala più vasta di livello
provinciale ha consentito di mettere in campo una
mole di investimenti ingente che attraverso la
tariffa e non la fiscalità generale consentirà, in
particolare per il servizio idrico integrato, di
rispettare le normative comunitarie e i più elevati
parametri ambientali di erogazione del servizio.
Se il giudizio che si può dare della legge
regionale 25 è quindi positivo, nella misura in cui
ha portato a compimento gli obiettivi che si era
proposta, oggi sono maturi i tempi per individuare
nuove ed ulteriori strategie di sviluppo. Non vi è
dubbio difatti che se si vuole che i servizi
pubblici locali concorrano a realizzare una
politica di sviluppo del Paese è indispensabile una
politica di industrializzazione, una forte
aggregazione dei diversi soggetti gestori, una
efficiente regolazione pubblica degli stessi su
area vasta. Il ruolo della impresa di servizi
pubblici rappresenta quindi una delle questioni di
fondo della politica territoriale del sistema della
Regione e delle Autonomie locali.
Nel quadro di economie aperte occorre quindi avere
una forte capacità di innovazione delle istituzioni
e degli strumenti di governo del territorio;
occorre una definizione di progetti di sviluppo e
una ricerca di soluzioni ai problemi di
coordinamento (di politiche, di strumenti e di
risorse) e di compartecipazione (di soggetti
pubblici e privati) a livello territoriale.
Il cambiamento in atto è contraddistinto da alcuni
fenomeni significativi quali:
il quadro istituzionale e la pressione delle
collettività locali che richiedono servizi di
qualità a costi ragionevoli e governabili dalle
istituzioni rappresentative. La crisi delle finanze
pubbliche: il settore può contare sempre meno sulla
fiscalità generale e quindi la necessità crescente
di risorse per finanziare gli investimenti in
infrastrutture. La tendenza all'apertura dei
servizi alla concorrenza e il dibattito comunitario
sul tema (nuove direttive comunitarie per i mercati
dell'energia ed altra normativa comunitaria per i
servizi di pubblica utilità). La rapida evoluzione
del quadro internazionale: le multiutilities
europee diversificano l'offerta e si espandono
cominciando ad affacciarsi sui mercati esteri. La
pressione del sistema economico e produttivo:
esigenza di efficienza e riduzione dei costi per
salvaguardare la competitività dell'economia locale
e nazionale. La sostenibilità ambientale: crescente
integrazione dell'ambiente in particolare nelle
politiche energetiche delle imprese e delle
istituzioni.
Occorre quindi tenere presenti tutti i fenomeni
sopra delineati per individuare una moderna
strategia di governo dei servizi pubblici.
Le linee principali della riforma devono tendere a
favorire l'aggregazione e l'evoluzione dinamica
degli attori presenti al fine di consentire il loro
rafforzamento competitivo e la capacità di gestione
unitaria dei servizi; devono favorire la ricerca
sul mercato di capitali e anche di partner
industriali, senza però far venir meno il ruolo
fondamentale anche nella governance delle imprese,
dei soggetti pubblici: questo perché non si può
prescindere dalla necessità di tenere insieme il
servizio da garantire al cittadino con l'esigenza
di costruire aziende competitive capaci di reggere
la concorrenzialità del mercato; devono perseguire
con forza l'affermazione della centralità dei
regolatori pubblici e la effettiva separazione tra
i ruoli di gestore e autorità di controllo che
devono assumere capacità di regolazione
indipendenti idonee anche a valorizzare le
competenze imprenditoriali necessarie per la
moderna gestione dei servizi; devono assicurare il
giusto equilibrio tariffario, capace di
rispecchiare il valore assoluto delle risorse, la
loro considerazione sociale e, assieme, la
sostenibilità economica per territori e settori
sociali; devono assicurare la pubblicità delle
risorse naturali; devono perseguire tutto quanto
sin qui affermato avendo la finalità della difesa
del lavoro.
Con il presente progetto di legge si introducono
quindi quegli elementi innovativi tesi a:
snellire le modalità di governo e regolazione di
detti servizi;
sviluppare in modo corretto e sostenibile, in
particolare mediante strumenti tariffari adeguati,
il principio della copertura dei costi corretto con
meccanismi di tutela degli utenti e di incentivo
per le gestioni;
determinare la separazione della proprietà dal
controllo mediante l'allontanamento del regolatore
dal soggetto proprietario;
stabilire principi di fondo tariffari e
regolamentari universali , da declinare sulla base
delle specificità territoriali;
favorire la progressiva apertura al mercato
evitando la formazione e l'abuso di posizioni
dominanti;
promuovere l'efficienza delle aziende, in un clima
competitivo, attraverso anche l'aumento delle
dimensioni medie per realizzare maggiori economie
di scala.
Punti cruciali della nuova normativa che si propone
con il presente progetto di legge sono la
razionalizzazione e il superamento delle Agenzie di
ambito ottimale previste dalla Legge regionale n.
25 del 1999 con il passaggio ad un modello
organizzativo più leggero in un quadro di
rafforzamento del ruolo regolatorio regionale. A
livello di sistema regionale sono quindi svolte le
funzioni in materia di programmazione, fissazione
degli standard di qualità, garanzia delle tutela
dell'utenza, rapporto con gli enti gestori, mentre
a livello di ambito territoriale ottimale sono
svolte le funzioni di individuazione delle
necessità di sviluppo infrastrutturali e
l'affidamento del servizio con quanto ne consegue
sotto il profilo della gestione del rapporto
contrattuale con il gestore del servizio.
In particolare all'articolo 27 viene delineata in
capo alla Regione la potestà di regolazione dei
servizi pubblici ambientali in raccordo con il
sistema delle Autonomie locali.
In questo quadro la Regione quindi provvede ad
alcune importanti competenze quali l'assunzione
delle determinazioni in ordine alla tariffa da
articolarsi per bacini tariffari; alla rilevazione
e controllo, anche attraverso la definizione di
sistemi di contabilità analitica, dei costi dei
gestori e delle relative dinamiche; alla
misurazione e monitoraggio del livello di qualità
del servizio; alla definizione dei regolamenti di
servizio.
La Regione e le Autonomie locali costituiscono poi
un sistema informativo al fine di consentire ai
regolatori pubblici di svolgere con autorevolezza
tecnica l'esercizio delle proprie funzioni (comma
4).
Alla Regione è inoltre attribuita una competenza di
tipo sanzionatorio, relativa in particolare alla
irrogazione di multe in caso di inadempienze dei
gestori relative all'applicazione delle tariffe,
alla fornitura delle informazioni, alle
inadeguatezze organizzative, ecc (comma 5). Altre
funzioni del livello regionale, riguardanti i
rapporti con gli Enti gestori e con l'utenza,
potrebbero essere le seguenti:
la Regione svolge dette funzioni attraverso la
previsione di una struttura tecnica dedicata (comma
7) il cui costo di funzionamento trova copertura
nell'ambito del prelievo di una quota di volume
tariffario (come accade ora per le Agenzie di
Ambito Territoriale Ottimale) nel rispetto del
limite di spesa fissato dalla Giunta regionale
sentita la CRAL.
Per meglio coordinare l'esercizio delle funzioni
regionali con quelle delle Autonomie locali si è
previsto all'articolo 28 un Comitato di indirizzo,
con compiti di proposizione alla Giunta regionale
di indirizzi, composto dall'Assessore regionale
competente per materia e da quattro componenti
espressi dalle autonomie locali nell'ambito della
CRAL.
All'articolo 29 è confermato il territorio
provinciale quale aggregazione minima di ambito
territoriale ottimale per l'esercizio delle
funzioni spettanti alle Autonomie ai sensi del
presente progetto (comma 1) e sono individuate le
funzioni che, una volta soppresse le Agenzie di
ambito, saranno svolte dai soggetti, Provincia e
Comuni, partecipanti obbligatoriamente alla forma
di cooperazione, con le modalità che gli stessi
individueranno nella convenzione da sottoscriversi
ai sensi dell'art. 30 del DLgs 267/00. In
particolare dette funzioni concernono la
ricognizione della necessità di sviluppo delle
infrastrutture e l'affidamento del servizio con la
gestione dei negozi giuridici conseguenti.
All'articolo 30 sono previste delle norme a tutela
degli utenti attraverso, da un lato, il
rafforzamento dell'Autorità regionale di vigilanza
prevista all'art. 20 della Legge regionale n. 25
del 1999 a cui vengono attribuiti compiti di
conciliazione, per la definizione delle
controversie aventi ad oggetto il rispetto dei
parametri di qualità, delle prestazioni erogate
agli utenti, ferma restando la facoltà degli utenti
di adire l'autorità giudiziaria, nonché
l'approvazione della Carta del servizio pubblico,
dall'altro la costituzione di un Comitato
consultivo degli utenti presso l'Autorità
regionale.
All'articolo 31 si delinea il regime transitorio
finalizzato all'ingresso dei soggetti competenti
nell'esercizio delle funzioni loro spettanti.
Gli articoli 32 e 33 contemplano le disposizioni
relative all'interpretazione delle norme che si
sono succedute nel tempo e l'abrogazione delle
norme della Legge regionale n. 25 del 1999 oramai
superate.
TITOLO IV - Ulteriori misure di razionalizzazione e
norme per favorire i processi di riorganizzazione
Capo I - Misure per un sistema contrattuale
coordinato della pubblica Amministrazione regionale
e locale
L'articolo 34 rappresenta una normativa
significativa e innovativa di razionalizzazione
delle funzioni relative alla attività contrattuale
che come è noto rappresenta una delle più complesse
ed importanti funzioni svolte dalle regioni e dagli
enti locali che proprio per questo abbisogna di un
sistema unitario, flessibile ed interrelato di
gestione. Per tale motivo vengono valorizzati e
messi a disposizione della Regione e degli enti
locali alcuni importanti strumenti per
l'acquisizione di lavori, servizi o forniture: in
particolare l'articolo fa perno sulle centrali di
committenza, sugli uffici comuni su di un
innovativo sistema di delega di funzioni.
L'articolo 35 costituisce lo strumento per armare
il principio di adeguatezza di uno strumento idoneo
alla effettiva realizzazione del sistema integrato
prefigurato all'art. 34.
Questo fine viene perseguito attraverso due fasi
strettamente correlate. La prima è una funzione di
monitoraggio che consente di verificare le
effettive problematiche che si riscontrano nella
Regione e negli enti locali in merito alla attività
contrattuale. La seconda fase, che si avvale di un
comitato tecnico costituito da dirigenti regionali
e degli enti locali - designati dalla CRAL -
esperti del settore, è costituita da una attività
di approfondimento volta a predisporre apposite
raccomandazioni tecniche che la Giunta regionale
può approvare per indicare alle amministrazioni i
più efficaci sistemi procedurali ed organizzativi.
Si tratta di un sistema di soft low mirante a
coinvolgere e corresponsabilizzare tutte le
amministrazioni al fine di ottenere risparmi
organizzativi ed economici.
Capo II - Partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alla Fondazione Centro Ricerche
Marine
La Società Centro di Ricerche Marine - Società
Consortile per Azioni - Cesenatico, cui la Regione
Emilia-Romagna partecipa ai sensi della L.R. 22
novembre 1991, n. 30, è costituita con lo scopo di
svolgere attività di studio, ricerca,
sperimentazione, analisi e controlli concernenti i
problemi dell'ambiente marino, nonché attività
formativo - didattiche nei settori relativi, con la
partecipazione di Comuni, Province, CCIAA e
fondazioni bancarie della Romagna, oltre a Regione
e ARPA.
Attesa l'importanza delle citate attività
nell'ambito delle azioni volte alla salvaguardia
ambientale ed al fine di una sempre maggiore
conoscenza e sensibilizzazione delle problematiche
legate in particolare all'ambiente marino, è emersa
l'esigenza di individuare altre forme di
organizzazione, allo scopo, anche, di attualizzare
la struttura dell'ente.
In particolare, mediante la trasformazione da
Società Consortile per Azioni in Fondazione,
secondo la moderna concezione della c.d.
Fondazione di partecipazione , non vincolata ad
agire a favore dei soggetti partecipanti, ma
vincolata al perseguimento di un fine determinato;
ente di cui i soci fondatori, oltre a istituire il
patrimonio, mantengono il governo e si impegnano
anche a sostenerne economicamente le attività con
il conferimento di un contributo di esercizio, e
beni in uso per un tempo determinato.
Tale moderno ed efficiente modello di Fondazione
costituisce variante della fondazione
tradizionale , capace di favorire la
collaborazione sinergica tra soggetti pubblici e
privati in quei settori ove la collaborazione
risulta indispensabile per il raggiungimento dello
scopo che ci si prefigge.
Gli scopi del Centro di Ricerche Marine, nonché la
valenza assunta dalla Società in ambito non solo
nazionale, ma anche internazionale (è stata infatti
riconosciuta, nel 1993, dall'Unione Europea quale
Laboratorio Nazionale di Riferimento per le
Biotossine Marine ha il compito di coordinare i
laboratori di settore e di fornire assistenza alla
autorità competente dello Stato nell'organizzazione
dei sistemi di controllo) necessitano di uno
strumento versatile di collaborazione
pubblico-privato, aperto alla possibilità di
successive adesioni, a larga base associativa.
E alla Fondazione di Partecipazione possono
aderire, successivamente, anche altri enti, stante
che il relativo patrimonio, destinato allo scopo,
assume una struttura aperta, a formazione
progressiva.
La trasformazione della Società in Fondazione, ai
sensi dell'art. 64 dello Statuto regionale,
necessita di apposita legge regionale.
Con il presente progetto di legge la Regione
Emilia-Romagna, in qualità di attuale socio della
Società, ne autorizza la trasformazione in
Fondazione, divenendo, nel contempo, Fondatore e
partecipe della stessa.
Passando all'illustrazione dei singoli articoli, si
rileva che nell'articolo 36 viene prevista la
partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla
Fondazione Centro Ricerche Marine , a decorrere
dalla data di trasformazione dell'attuale Società,
trasformazione che contestualmente è autorizzata.
Sono inoltre previste le condizioni cui è
subordinata l'adesione, ovvero che sia ottenuto il
riconoscimento della personalità giuridica, che lo
statuto preveda, come scopo principale della
Fondazione, lo svolgimento di attività di studio,
ricerca, sperimentazione, analisi e controlli
concernenti i problemi connessi all'ambiente marino
e costiero, nonché lo svolgimento di attività
formativo - didattiche nei settori relativi. La
partecipazione è infine subordinata alla condizione
che lo statuto conferisca alla Regione la facoltà
di nominare propri rappresentanti negli organi
della Fondazione.
L'articolo 37 disciplina l'esercizio dei diritti
nascenti dalla partecipazione alla Fondazione,
specificando che spetta al Presidente della
Regione, o suo delegato, cui è riservato, anche, il
compimento di ogni atto necessario al
perfezionamento della trasformazione e della
partecipazione.
È inoltre prevista la competenza della Giunta
regionale per la nomina dei rappresentanti della
Regione negli organi della Fondazione.
L'articolo 38 è norma di carattere finanziario
relativamente ai contributi da versare alla
Fondazione.
L'articolo 39 abroga la L.R. 22 novembre 1991, n.
30 Partecipazione della Regione Emilia-Romagna
alla Società Centro di Ricerche Marine.
Capo III - Partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alla società Terme di Salsomaggiore
SpA
L'articolo 40 dispone la fusione per incorporazione
da parte della società Terme di Salsomaggiore SpA -
partecipata dalla Regione Emilia-Romagna - della
Società Terme di Tabiano SpA
Capo IV - Disposizioni sul personale
All'articolo 41 si prevedono le norme sul personale
tese a fissare i criteri generali, per assicurare,
nell'ambito di una continuità dell'azione
amministrativa, il passaggio del personale ai
soggetti che esercitano i compiti assegnati dalla
presente legge. Infatti, occorre considerare che la
legge in esame comporta una rilevante opera di
riorganizzazione e ridefinizione dei soggetti e
degli enti deputati all'esercizio di svariate
funzioni. Talvolta questo processo di
riorganizzazione comporta il superamento e la
soppressione di alcuni enti e necessita di adeguate
misure di ricollocazione del personale.
È quindi necessario accompagnare questo processo di
riforma con misure specifiche in materia di
personale che devono ispirarsi alla valorizzazione
delle competenze ed al mantenimento delle
professionalità dei dipendenti nel nuovo contesto
organizzativo creato allo scopo di migliorare
l'efficacia degli interventi e dell'esercizio delle
funzioni.

Testo:

 PROGETTO DI LEGGE
I N D I C E
TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 - Finalità e indirizzi generali
Art. 2 - Riassetto delle funzioni e modalità di
esercizio
TITOLO II - RIORDINO TERRITORIALE
Art. 3 - Oggetto e finalità
CAPO I - Riordino delle Comunità Montane
Art. 4 - Revisione degli ambiti territoriali delle
Comunità montane
Art. 5 - Disciplina e riduzione del numero dei
componenti degli organi delle nuove Comunità
Montane
Art. 6 - Scioglimento di Comunità Montane per
trasformazione in Unioni di Comuni e per
incorporazione ad Unioni di Comuni esistenti
Art. 7 - Costituzione di presidi territoriali
Art. 8 - Modifiche alla disciplina di approvazione
dello statuto delle Comunità Montane
CAPO II - Misure di riordino ed incentivazione
delle forme associative
Art. 9 - Principio di non sovrapposizione tra enti
associativi
Art. 10 - Principi per il conferimento di funzioni
in adeguatezza alle Nuove Comunità montane ed alle
Unioni di Comuni
Art. 11 - Conferimento volontario di funzioni dei
Comuni alle Nuove Comunità montane ed alle Unioni
di Comuni
Art. 12 - Sviluppo della cooperazione tra le
Province e gli enti associativi
Art. 13 - Modifiche alla Legge regionale n. 11 del
2001 in materia di programma di riordino
territoriale e di incentivi alle forme associative
Art. 14 - Ulteriori requisiti per l'accesso ai
contributi
Art. 15 - Contributi per il riordino territoriale e
per le fusioni
Art. 16 - Destinazione alle Unioni di Comuni
subentranti a Comunità Montane disciolte del fondo
regionale per il funzionamento delle Comunità
Montane
CAPO III - Interventi per la valorizzazione dei
territori montani - Modifiche alla L.R. 2/2004
Art. 17 - Modifiche alla L.R. 2/2004
Art. 18 - Norme transitorie per i procedimenti di
cui alla L.R. 2/2004
CAPO IV - Disposizioni transitorie e finali
Art. 19 - Previsione di un testo unico regionale
delle norme sugli enti locali associativi
Art. 20 - Contributi alle forme associative già
esistenti
Art. 21 - Entrata in vigore
TITOLO III - MISURE DI RIORGANIZZAZIONE IN MATERIA
DI SERVIZI PUBBLICI LOCALI
CAPO I - Principi e norme generali
Art. 22 - Ambito della riforma in materia di
servizi pubblici. Finalità e obiettivi
CAPO II - Riforma del trasporto pubblico locale
Art. 23 - Funzioni in materia di trasporto pubblico
locale
Art. 24 - Riforma delle Agenzie locali per la
mobilità
Art. 25 - Attuazione del riassetto organizzativo
del sistema delle Agenzie
Art. 26 - Modifiche alla L.R. n. 30 del 1998
CAPO III - Riforma del servizio idrico intergrato e
del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani
Art. 27 - Regolazione dei servizi pubblici
Art. 28 - Comitato di indirizzo regionale per la
regolazione dei servizi pubblici
Art. 29 - Organizzazione territoriale del servizio
idrico integrato e del servizio di gestione dei
rifiuti solidi urbani
Art. 30 - Norme a tutela degli utenti dei servizi
pubblici
Art. 31 - Disposizioni transitorie
Art. 32 - Modificazioni alla L.R. n. 25 del 1999
Art. 33 - Disposizioni finali
TITOLO IV - ULTERIORI MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE
E NORME PER FAVORIRE I PROCESSI DI RIOR-
GANIZZAZIONE
CAPO I - Misure per un sistema contrattuale
coordinato della pubblica Amministrazione regionale
Art. 34 - Razionalizzazione delle funzioni relative
all'attività contrattuale
Art. 35 - Monitoraggio in materia contrattuale
CAPO II - Partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alla Fondazione Centro Ricerche
Marine
Art. 36 - Autorizzazione a partecipare alla
Fondazione e condizioni di adesione
Art. 37 - Esercizio dei diritti
Art. 38 - Contributo annuale
Art. 39 - Abrogazione di norme
CAPO III - Partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alla Società Terme di Salsomaggiore
SpA
Art. 40 - Autorizzazione alla fusione con Terme di
Tabiano SpA
CAPO IV - Disposizioni sul personale
Art. 41 - Criteri generali sul trattamento del
personale
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Finalità e indirizzi generali
1. La Regione adotta misure di riforma
organizzativa e funzionale, al fine di elevare il
livello di qualità delle prestazioni e di ridurre
complessivamente gli oneri organizzativi,
procedimentali e finanziari, nel contesto dei
processi di riforma volti al rafforzamento
dell'efficacia delle politiche pubbliche e con
riferimento agli obiettivi specifici condivisi con
Province, Comuni e Comunità montane.
2. La Regione persegue i seguenti obiettivi:
a) riordino territoriale, rispetto al quale attua
la riforma delle Comunità montane, con la revisione
dei rispettivi ambiti territoriali e la loro
valorizzazione quali enti di presidio dei territori
montani e di esercizio associato delle funzioni
comunali, assimilandole alle Unioni di Comuni;
sostiene l'incentivazione delle Unioni di Comuni,
quali livelli istituzionali appropriati per
l'esercizio associato delle funzioni e dei servizi
e per la stabile integrazione delle politiche
comunali; opera la riallocazione delle funzioni
amministrative comunali mediante conferimento alle
Comunità montane riformate ed alle Unioni;
b) appropriata configurazione dell'assetto delle
funzioni tra i diversi livelli di governo, rispetto
alla quale promuove e sostiene: 1) il superamento
delle criticità gestionali e la sovrapposizione dei
livelli;
2) lo sviluppo della qualità complessiva delle
prestazioni dei livelli di governo;
3) l'individuazione di indicatori atti a
verificarne l'efficacia nell'ambito del Documento
di programmazione economico-finanziaria con
riferimento alla progressiva acquisizione
dell'autonomia finanziaria e di bilancio;
c) razionalizzazione organizzativa, rispetto alla
quale promuove misure per:
1) un efficace sistema delle partecipazioni
societarie, fondata sul principio dell'interesse
pubblico prevalente e con la riduzione degli oneri
organizzativi e finanziari;
2) la semplificazione del sistema degli enti
pubblici sub-regionali, con l'obiettivo della
riduzione degli oneri finanziari e amministrativi e
con l'adozione di misure di eliminazione o di
rifunzionalizzazione organica;
3) revisione dei meccanismi procedimentali e
decisionali, rispetto alla quale promuove misure
che consentano ai processi decisionali di svolgersi
con efficacia e rapidità e con la riduzione
generalizzata dei tempi.
3. La Giunta regionale, per l'attuazione degli
obiettivi previsti nel presente articolo, è
autorizzata a concludere accordi con il Governo per
armonizzare i rispettivi provvedimenti normativi,
anche ai fini dell'applicazione dell'art. 116,
comma 3, della Costituzione.
Art. 2
Riassetto delle funzioni e modalità di esercizio
1. Nelle materie interessate dalle misure di
riordino territoriale e organizzativo, così come
definite dalle norme dei successivi Titoli II e
III, sono individuati i livelli istituzionali cui
attribuire le funzioni amministrative già collocate
presso i livelli e gli enti oggetto di
riorganizzazione, ovvero agenzie ed enti
strumentali, garantendo la continuità dei servizi e
l'efficacia delle politiche locali.
2. Le norme relative al riordino delle Comunità
montane provvedono a ridefinire le funzioni del
nuovo ente montano, con l'attribuzione delle
funzioni appropriate sia al ruolo di promozione e
valorizzazione del territorio montano sia a quello
di ente associativo dei Comuni.
3. In coerenza con le finalità dell'articolo 1 e
sulla base dei principi di differenziazione e di
adeguatezza, le funzioni attribuite ai diversi
livelli istituzionali possono essere esercitate,
previo accordo di tutti i soggetti istituzionali
interessati, in modo da superare la frammentarietà,
attuando comuni obiettivi di coesione territoriale.
4. La Giunta regionale, previa ricognizione
dell'assetto esistente delle funzioni, d'intesa con
Province e Comuni acquisita nella Conferenza
Regione Autonomie locali, formula proposte di
riallocazione delle funzioni, in attuazione dei
principi di sussidiarietà, adeguatezza,
differenziazione, efficienza e semplificazione
istituzionale valutando ambiti adeguati in
relazione alla natura delle funzioni, e alle
esigenze connesse ad una efficace organizzazione
sul territorio delle stesse.
TITOLO II
RIORDINO TERRITORIALE
Art. 3
Oggetto e finalità
1. Il presente Titolo detta misure di riordino dei
livelli istituzionali operanti in ambito
sovracomunale per l'esercizio associato di funzioni
e servizi comunali, con particolare riferimento ai
seguenti oggetti e finalità:
a) riordino delle Comunità montane mediante la
ridelimitazione dei loro ambiti territoriali e
l'assimilazione del loro ordinamento a quello delle
Unioni di Comuni;
b) promozione delle Unioni di Comuni quali livelli
istituzionali appropriati per l'esercizio associato
delle funzioni e dei servizi e per la più efficace
e stabile integrazione sul territorio delle
politiche settoriali;
c) previo accordo con le Province, qualora sia
ritenuto necessario per la dimensione ottimale
dell'esercizio delle funzioni, promozione
dell'esercizio in forma associata anche di funzioni
provinciali;
d) incentivazione dell'unificazione in livelli
dimensionali adeguati all'esercizio di funzioni e
servizi comunali attraverso l'eliminazione di
sovrapposizioni, valorizzando a tal fine le
Comunità montane e le Unioni di Comuni;
e) definizione di principi sull'allocazione delle
funzioni amministrative, volti a conseguire
l'efficienza e l'economicità, perseguendo,
attraverso le forme associative tra gli enti
locali, l'adeguatezza degli enti a svolgere i
compiti assegnati;
f) completezza, omogeneità e unicità della
responsabilità amministrativa in capo agli enti,
per assicurare l'unitaria responsabilità di servizi
o attività amministrative omogenee nonché una
effettiva autonomia di organizzazione e di
svolgimento;
g) graduale superamento della sovrapposizione di
enti di governo e di gestione di servizi negli
stessi ambiti territoriali, mediante unificazione
in capo ad un solo ente di compiti e
responsabilità, tenendo conto del rilievo
pubblicistico delle attività di indirizzo
politico-programmatico spettanti a ciascun livello
istituzionale;
h) armonizzazione degli strumenti, generali e
settoriali, della programmazione per lo sviluppo
della montagna.
CAPO I
Riordino delle Comunità montane
Art. 4
Revisione degli ambiti territoriali delle Comunità
montane
1. Per favorire la valorizzazione delle zone
montane e l'esercizio associato di funzioni
comunali, la Regione, in deroga a quanto disposto
dagli articoli 5, 9 comma 1 lettera c) e 10 comma
1, della legge regionale 26 aprile 2001, n. 11
(Disciplina delle forme associative e altre
disposizioni in materia di enti locali), provvede,
in attuazione dell'art. 2, commi da 16 a 22 della
Legge n. 244 del 2007 e con le procedure indicate
nel presente articolo, alla ridelimitazione degli
ambiti territoriali delle Comunità Montane, quali
Unioni di Comuni specificamente preposte alla
salvaguardia e valorizzazione delle zone montane.
2. A tal fine la Regione opera una riduzione del
numero complessivo delle Comunità Montane, che non
potranno essere superiori a nove, attraverso:
a) l'accorpamento di Comunità montane;
b) lo scioglimento di Comunità montane ed eventuale
contestuale trasformazione in Unione di Comuni,
anche allargata ad altri Comuni;
c) lo scioglimento della Comunità Montana e
contestuale incorporazione in una Unione di Comuni
preesistente o nel Nuovo Circondario Imolese;
d) la fusione in un unico Comune montano di Comuni
facenti parte della Comunità montana che
conseguentemente viene soppressa.
3. In attuazione del comma precedente, la Giunta
regionale, tenuto conto delle caratteristiche
territoriali, demografiche, socio-economiche
complessive e dei preesistenti ambiti di
cooperazione tra i Comuni, delibera, entro il 31
luglio 2008, una proposta di ridelimitazione degli
ambiti territoriali delle Comunità montane, ivi
incluse eventuali ipotesi di scioglimento o di
esclusione di alcuni comuni dal loro ambito
territoriale. La proposta è trasmessa a tutte le
Comunità montane ed ai Comuni interessati, che
devono esprimere il loro parere in merito entro il
30 ottobre 2008.
4. Il parere ai sensi del comma 3 deve essere
deliberato dagli organi rappresentativi dei Comuni
e delle Comunità montane interessati e può
contenere proposte diverse di ridelimitazione o
scioglimento, purché coerenti ad una delle ipotesi
indicate al comma due.
5. Qualora i Comuni interessati, nel rendere il
suddetto parere, deliberino di aderire ad una delle
ipotesi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 del
presente articolo, disciplinate al successivo art.
6, la nuova Unione di Comuni, ovvero
l'incorporazione in Unione preesistente, deve
essere costituita entro il 30 giugno 2009; decorso
tale termine la Comunità Montana può essere, in
ogni caso, sciolta.
6. In caso di mancata trasmissione alla Regione del
parere e delle diverse proposte entro i dieci
giorni successivi alla scadenza del termine di cui
al comma 3, il parere si intende favorevole.
7. Il Presidente della Giunta regionale, tenuto
conto dei pareri e delle proposte espressi dagli
enti interessati, adotta decreti di ridelimitazione
entro il 31 dicembre 2008, dandone preventivamente
comunicazione agli enti interessati. I decreti
possono prevedere la decorrenza dei propri effetti
dalla data di insediamento dei nuovi consigli
comunali successiva alle prossime elezioni
amministrative locali.
8. Il Presidente della Giunta regionale, con i
decreti di ridelimitazione disciplina i rapporti
successori fra le precedenti Comunità Montane, i
nuovi enti ed i Comuni nominando, ove necessario,
un Commissario per le relative operazioni. Di
norma, in caso di accorpamento di più Comunità
Montane, la Nuova Comunità Montana subentra in
tutti i rapporti giuridici delle precedenti. Gli
stessi decreti prevedono, altresì, il termine per
l'approvazione dei nuovi statuti e per la
costituzione dei nuovi organi, anche in deroga
all'art. 7 della Legge n. 11 del 2001.
9. Al fine di favorire la trasformazione di
Comunità Montane in Unioni di Comuni, una quota del
fondo regionale per il funzionamento delle Comunità
Montane di cui al successivo art. 16 viene
destinata alle Unioni derivanti da preesistenti
Comunità Montane per finanziarne il funzionamento,
fino alla attribuzione alla Regione della gestione
del fondo ordinario corrente statale.
10. La Regione assicura un riequilibrio
nell'impiego delle risorse regionali, anche
regolate da provvedimenti di settore, allo scopo di
attenuare, per i Comuni montani, gli effetti
sfavorevoli nell'accesso alle risorse statali per
il funzionamento derivanti dallo scioglimento delle
Comunità Montane.
Art. 5
Disciplina e riduzione del numero dei componenti
degli organi delle Nuove Comunità Montane
1. Il Consiglio delle Nuove Comunità Montane è
formato esclusivamente da sindaci o consiglieri dei
Comuni partecipanti.
2. La composizione e le modalità di elezione del
Consiglio della Comunità Montana sono stabiliti
dallo statuto secondo uno dei seguenti modelli:
a) elezione di due rappresentanti di ciascun
Consiglio comunale con voto separato dei
consiglieri di maggioranza, compreso il sindaco, e
di minoranza; in tal caso ciascun consigliere di
maggioranza o di minoranza può esprimere un solo
voto a favore di un consigliere, rispettivamente,
di maggioranza o di minoranza, considerando nulli i
voti espressi in modo difforme. Lo statuto può
prevedere, in luogo della elezione del
rappresentante di maggioranza, che il sindaco sia
membro di diritto del Consiglio comunitario. Nel
Consiglio così costituito il Sindaco o il
rappresentante consiliare della maggioranza dispone
di due voti e quello della minoranza di un unico
voto;
b) elezione congiunta del Consiglio della Comunità
montana con sistema proporzionale sulla base di
liste concorrenti, in un'unica assemblea alla quale
partecipano tutti i consiglieri dei Comuni in essa
ricompresi ciascuno dei quali ha diritto a un voto;
c) individuazione di tutti i Sindaci quali membri
di diritto del Consiglio comunitario ed elezione
della rimanente quota di componenti con il metodo
di cui alla lettera b). A tal fine, ogni Sindaco
deve dichiarare, in sede di presentazione delle
liste, il proprio collegamento con una di esse. I
seggi sono attribuiti con il metodo proporzionale
puro. Qualora la lista maggioritaria risulti avere
conseguito oltre il sessanta per cento dei seggi,
sommando quelli ottenuti sulla base del risultato
della votazione e quelli dei sindaci membri di
diritto che ad essa hanno dichiarato il
collegamento, dai seggi elettivi si detrae un
numero pari a quello necessario per riportare la
consistenza della rappresentanza della lista non
oltre il sessanta per cento dei componenti
l'organo. I seggi così sottratti vengono
ridistribuiti con metodo proporzionale tra le altre
liste concorrenti.
3. Nei casi previsti alle lettere b) e c) del comma
precedente, in caso di tornate elettorali
differenziate tra i Comuni aderenti, il consiglio
dell'ente associativo deve essere rinnovato e il
precedente organo resta in carica in regime di
prorogatio fino alla elezione del nuovo. In tali
casi, previsti dalle lettere b) e c) del comma
precedente, lo statuto stabilisce altresì il numero
massimo dei componenti il Consiglio in misura non
superiore a:
a) 24 membri nelle Comunità Montane con popolazione
superiore a 30.000 abitanti;
b) 16 membri nelle Comunità Montane con popolazione
superiore a 10.000 abitanti;
c) 13 membri nelle Comunità Montane con popolazione
superiore a 3.000 abitanti.
4. La Giunta è composta da tutti i Sindaci dei
Comuni aderenti. Lo statuto disciplina le modalità
di elezione del Presidente, da scegliersi tra i
Sindaci.
5. Per le Comunità Montane costituite da almeno
otto Comuni lo statuto può prevedere una Giunta a
composizione ridotta, di cui facciano parte un
numero di Sindaci pari a cinque, compreso il
Presidente, eletti dal consiglio comunitario. In
tal caso lo statuto deve prevedere che i Sindaci
siano membri di diritto del Consiglio comunitario
o, in alternativa, che sia costituito un ulteriore
organismo, la Conferenza dei Sindaci. La Conferenza
dei Sindaci, i cui componenti non percepiscono
alcuna indennità, deve essere obbligatoriamente
sentita su tutti gli atti concernenti gestioni
associate intercomunali.
6. Ai sensi dell'art. 2, comma 18, lettera c),
della Legge n. 244 del 2007, agli Assessori non è
riconosciuta alcuna indennità, ferma restando
quella ad essi spettante in quanto Sindaci dei
rispettivi Comuni. Al Presidente può essere
riconosciuta una indennità, a carico della Comunità
Montana, in misura pari alla differenza tra
l'indennità spettante in quanto Sindaco e quella
spettante per la carica di Presidente della
Comunità Montana, calcolata ai sensi dell'art. 82
comma 8 lett. c) del DLgs n. 267 del 2000. Permane
altresì il diritto a fruire dei permessi, licenze,
gettoni di presenza, rimborsi spese e di ogni altra
tutela spettante ai componenti degli organi delle
Comunità Montane in base alla vigente normativa
statale in materia di «status degli
amministratori».
7. I Comuni adeguano lo statuto delle Nuove
Comunità Montane alle disposizioni della presente
legge entro il termine stabilito dal decreto del
Presidente della Giunta regionale di cui
all'articolo 4, comma 8, della presente legge.
Fermo restando quanto previsto all'art. 8 comma 2,
decorso tale termine e fino al momento della
entrata in vigore delle modifiche statutarie di
adeguamento, le norme statutarie in contrasto con
la presente legge sono da considerarsi prive di
ogni effetto.
8. L'articolo 18 della Legge regionale 24 marzo
2004, n. 6 (Riforma del sistema amministrativo
regionale e locale. Unione europea e relazioni
internazionali. Innovazione e semplificazione.
Rapporti con l'università) è abrogato.
Art. 6
Scioglimento di Comunità montane per trasformazione
in Unioni di Comuni e per incorporazione ad Unioni
di Comuni esistenti
1. Qualora tutti i Comuni già facenti parte di una
Comunità Montana deliberino, anche unitamente a
Comuni contermini non montani, di costituire una
Unione di Comuni, o di aderire ad una Unione o al
Nuovo Circondario Imolese, la Regione provvede, con
decreto del Presidente della Giunta regionale, allo
scioglimento della Comunità montana regolamentando
i relativi rapporti successori anche attraverso la
nomina di un Commissario. Il decreto produce
effetto contestualmente alla approvazione o alla
modifica dello statuto e dell' atto costitutivo
dell'Unione.
2. Le Unioni di Comuni istituite ai sensi del comma
1, per esercitare le funzioni ed i compiti delle
preesistenti Comunità Montane, devono prevedere nel
loro statuto:
a) una durata dell'Unione di Comuni non inferiore a
dieci anni;
b) una maggioranza qualificata per il recesso da
parte dei Comuni dall'Unione pari a due terzi dei
componenti il consiglio comunale;
c) nel caso di legittimo recesso di un Comune
dall'Unio- ne, che detto recesso abbia effetto a
partire dal secondo anno dalla adozione della
deliberazione consiliare.
3. Qualora l'Unione di Comuni ricomprenda anche
Comuni non montani, la Giunta dell'Unione si
riunisce in composizione ristretta ai Sindaci dei
Comuni montani quando delibera sulle funzioni
proprie della Comunità montana soppressa e su
materie di esclusivo interesse dei Comuni montani.
4. L'adesione di Comuni montani ad Unioni di Comuni
e la soppressione delle Comunità montane o comunque
l'esclusione di tali Comuni da Comunità montane non
priva i relativi territori montani, come precisato
all'art. 2, comma 19, della Legge n. 244 del 2007,
dei benefici e degli interventi speciali per la
montagna stabiliti dall'Unione Europea e dalle
leggi statali ed anche regionali.
5. Le Unioni istituite o ampliate ai sensi del
presente articolo assumono le funzioni della
Comunità montana preesistente, subentrando alla
stessa in tutti i rapporti giuridici attivi e
passivi. E' attribuita alle suddette Unioni la
potestà di svolgere le funzioni, esercitare le
competenze, partecipare agli organismi istituiti,
adottare gli atti e le iniziative attribuite alle
Comunità Montane dalle disposizioni delle leggi
regionali vigenti.
6. In caso di successivo scioglimento volontario
dell'Unione o di recesso dei Comuni già
appartenenti alle Comunità montane soppresse, la
Regione può, con decreto del Presidente della
Giunta regionale e sentiti i comuni interessati,
disporre nuovamente l'istituzione della Comunità
Montana includendovi i Comuni montani o
parzialmente montani. Il decreto di ricostituzione
indica i Comuni e ricostituisce la Comunità,
stabilendo le procedure per l'insediamento
dell'organo rappresentativo e regolando gli aspetti
successori.
7. Le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 4,
5 e 6 si applicano anche al Nuovo Circondario
Imolese qualora esso subentri, ai sensi del comma
1, ad una Comunità Montana.
Art. 7
Costituzione di presidi territoriali
1. Al fine di garantire l'ottimale gestione,
l'esercizio delle funzioni da parte della Comunità
montana ridelimitata per accorpamento può essere
svolto, in modo da assicurarne l'esercizio
unitario, mediante Sportelli Unici decentrati di
presidio territoriale, di regola istituiti presso i
Comuni, competenti per tutti gli adempimenti
inerenti ciascuna funzione o servizio e che curino
l'acquisizione di tutti gli elementi e atti
necessari.
Art. 8
Modifiche alla disciplina di approvazione dello
statuto delle Comunità Montane
1. Lo statuto della Comunità montana è approvato o
modificato dai Consigli dei Comuni partecipanti con
le procedure e le maggioranze richieste per le
modifiche statutarie dei Comuni.
2. Quando la legge impone obblighi di adeguamento
statutario se i Consigli comunali non vi provvedono
entro il termine fissato o, in mancanza, entro i
quattro mesi dall' entrata in vigore della legge
che impone l'adeguamento, provvede in via
sostitutiva il Presidente della Giunta regionale.
CAPO II
Misure di riordino ed incentivazione delle forme
associative
Art. 9
Principio di non sovrapposizione tra enti
associativi
1. La Regione favorisce la razionalizzazione del
processo di riorganizzazione sovracomunale delle
funzioni, dei servizi e delle strutture
incentivando le forme associative con personalità
giuridica a vocazione plurifunzionale in cui non vi
sia sovrapposizione di enti e di competenze. A tal
fine, per accedere ai contributi regionali
destinati alle forme associative, ivi incluse le
Nuove Comunità Montane ed il Nuovo Circondario
imolese, i Comuni non possono aderire a più di un
ente associativo, salva l'adesione a Consorzi
istituiti o resi obbligatori da leggi nazionali o
regionali.
2. La Regione promuove, in via prioritaria la
fusione tra Comuni, la costituzione di Unioni di
Comuni e l'esercizio associato delle funzioni da
parte delle Nuove Comunità Montane.
Art. 10
Principi per il conferimento di funzioni in
adeguatezza alle Nuove Comunità Montane e alle
Unioni di Comuni
1. Le leggi regionali successive al riordino delle
forme associative operato dalla presente legge,
disciplinano il conferimento alle Nuove Comunità
montane ed alle Unioni di Comuni di funzioni e
compiti amministrativi e delle relative risorse. Le
suddette leggi si ispirano ai seguenti principi:
a) valorizzare i principi di sussidiarietà, di
adeguatezza, di semplificazione, di concentrazione
e di differenziazione nella individuazione delle
condizioni e modalità di esercizio delle funzioni
amministrative, in modo da assicurarne l'esercizio
unitario da parte del livello di ente locale che,
per le caratteristiche dimensionali e strutturali,
ne garantisca l'ottimale gestione;
b) razionalizzare, semplificare e contenere i costi
per l'esercizio associato delle funzioni da parte
dei Comuni, attraverso il criterio
dell'unificazione per ambiti territoriali adeguati;
c) riordinare e semplificare le strutture
organizzative dell'amministrazione, limitandole a
quelle strettamente necessarie all'esercizio delle
funzioni, anche al fine di eliminare le
sovrapposizioni;
d) razionalizzare e semplificare i livelli di
governo e di gestione, prevedendo, nel rispetto dei
principi di cui agli articoli 97 e 118 della
Costituzione, che su un medesimo territorio possa
configurarsi, di regola, un solo livello,
plurifunzionale, per l'esercizio associato delle
funzioni che i singoli comuni non sono in grado di
svolgere singolarmente.
2. Il conferimento di funzioni di cui al comma 1
alle Unioni di Comuni è effettuato, in attuazione
del principio di adeguatezza, a condizione che
siano rispettati i requisiti per l'accesso ai
contributi regolati dall'art. 14. 3. Le Unioni di
Comuni e le Nuove Comunità montane, oltre alle
funzioni conferite ai sensi dei precedenti commi,
gestiscono tutte le funzioni che i Comuni
conferiscono loro al fine dello svolgimento in
forma associata. Svolgono altresì tutte le funzioni
conferite loro dalla Provincia, previa apposita
convenzione tra la Provincia medesima e gli enti
interessati ai sensi dell'art. 12.
Art. 11
Conferimento volontario di funzioni dei Comuni alle
Nuove Comunità Montane ed alle Unioni
1. Il conferimento volontario alle Nuove Comunità
montane ed alle Unioni di funzioni comunali deve
essere integrale, senza che residuino in capo ai
Comuni attività e compiti riferibili alla stessa
funzione, salva la possibilità di articolare
sportelli decentrati territoriali per un migliore
rapporto con l'utenza. Tale conferimento deve
essere effettuato, di norma, da tutti i Comuni
aderenti alla forma associativa. I successivi commi
2, 3 e 4 si applicano qualora il conferimento sia
effettuato da tutti i Comuni aderenti.
2. In presenza del conferimento di funzioni, i
compiti che la legge attribuisce ai sindaci, ivi
inclusa la sottoscrizione di accordi di programma
ed altri accordi, sono esercitati dal presidente
dell'Unione o della Nuova Comunità Montana.
3. I compiti e le funzioni che per legge spettano
ai Consigli comunali sono esercitate, in caso di
conferimento all' Unione o alla Nuova Comunità
Montana, dal Consiglio dell'Unione o della Nuova
Comunità Montana, sentita la Giunta dell'ente
associativo Nuova Comunità Montana. Le funzioni
della Giunta comunale sono esercitate, in caso di
conferimento, dalla Giunta dell'ente associativo.
4. Ove la Nuova Comunità Montana o l'Unione
coincidano con il distretto socio sanitario le
funzioni del Comitato di distretto sono esercitate
dalla Giunta, la cui composizione viene integrata
ove la legge lo preveda, con la partecipazione del
direttore del distretto (o di altri soggetti che
per legge devono essere sentiti).
5. Entro il 31 dicembre 2010 i Comuni provvedono ad
adeguare alle previsioni del comma 1 i conferimenti
di funzioni già effettuati in favore delle
rispettive Unioni e Comunità montane di
appartenenza.
Art. 12
Sviluppo della cooperazione tra le Province e gli
enti associativi
1. Le Province, anche in forma associata, in
convenzione con gli enti interessati, possono
attribuire alle Nuove Comunità Montane o alle
Unioni di Comuni il compito di svolgere anche
attività e funzioni provinciali decentrate, in
relazione alle esigenze della popolazione ed alla
funzionalità dei servizi.
2. La convenzione, nel rispetto dei criteri
definiti all'art. 30 del DLgs n. 267 del 2000,
dovrà stabilire, nell'ambito delle competenze
provinciali, le funzioni ed i compiti attributi, e
dovrà stabilire altresì le modalità di svolgimento,
anche mediante delega, costituzione di uffici
comuni o specifiche modalità di organizzazione
degli uffici provinciali e degli altri enti locali.
Art. 13
Modifiche alla Legge regionale n. 11 del 2001 in
materia di programma di riordino territoriale e di
incentivi alle forme associative
1. Il comma 4 dell'art. 3 della L.R. n. 11 del 2001
è abrogato.
+ 2. La lettera a) del comma 1 dell'art. 9 della L.R.
n. 11 del 2001 è abrogata.
3. Nell'art. 10, comma 1, lettera a) della Legge
regionale n. 11 del 2001 è abrogata la lettera
a) .
4. L'art. 13, comma 5, della L.R. n. 11 del 2001 è
abrogato. Il programma di riordino territoriale,
qualora all'interno di una Comunità montana
costituita da almeno otto Comuni, o insistente su
valli separate, siano state individuate una o più
zone, può prevedere in via transitoria, in deroga a
quanto stabilito dal secondo periodo del comma 4
dell'art. 14 della L.R. n. 11 del 2001 (come
modificato dal comma 6 del presente articolo), che
i contributi siano erogati in proporzione al numero
dei Comuni appartenenti alla zona interessata
dall'esercizio associato, sempre che ciascun Comune
sia computato in una sola zona.
5. L'art. 15 della L.R. n. 11 del 2001 è abrogato.
6. Il testo dell'articolo 14 della L.R. n. 11 del
2001, è così sostituito:
«1. Il Programma di riordino territoriale specifica
i criteri per la corresponsione degli incentivi
alle diverse forme di gestione associata, tenendo
conto della tipologia della forma associativa,
delle funzioni e dei servizi oggetto della gestione
associata, del grado di integrazione nell'esercizio
delle funzioni e del raggiungimento di eventuali
obiettivi di efficacia ed efficienza.
2. Il Programma prevede l'erogazione di contributi
ordinari annuali alle Unioni ed alle Nuove Comunità
montane e di contributi straordinari da erogarsi
all'atto della costituzione di Unioni, ed in
particolare di quelle derivanti dalla
trasformazione di preesistenti Comunità Montane ai
sensi dell'art. 6, nonché per l'istituzione di
Nuove Comunità Montane derivanti dall'accorpamento
di preesistenti Comunità montane. Non è corrisposto
alcun contributo alle Unioni di Comuni comprese, in
tutto o in parte, in una Comunità Montana.
3. Nella determinazione dell'importo dei
contributi, è prevista in ogni caso una
maggiorazione per le Unioni e le Comunità montane,
secondo quanto previsto dal punto 2 della lettera
a) del comma 4 dell'art. 33 del DLgs n. 267 del
2000.
4. Nella determinazione dell'importo del contributo
ordinario, sono preferite le funzioni ed i servizi
gestiti tramite uffici comuni o che comunque
implicano una maggiore integrazione tra gli uffici
ed il personale dei Comuni aderenti, incentivando
prioritariamente il trasferimento del personale
adibito alle funzioni conferite alla forma
associativa. Il contributo ordinario si computa con
esclusivo riferimento alle funzioni ed ai servizi
svolti in forma associata dalla totalità dei Comuni
ricompresi nell'Unio- ne o nella Nuova Comunità
Montana.
5. Sono valutabili, ai fini della incentivazione,
solo le funzioni integralmente conferite all'Unione
o alla Nuova Comunità montana escludendo
tassativamente il permanere di residue funzioni in
capo ai singoli Comuni.
6. Il programma può prevedere che per talune
funzioni e servizi l'entità dei contributi venga
commisurata al raggiungimento di determinati
obiettivi di efficacia ed efficienza incentivando
le forme associative che raggiungano un livello
minimo di prestazioni definito dalla Giunta
nell'ambito del programma di riordino territoriale
medesimo.
7. Il programma può altresì prevedere che la
quantificazione dei contributi tenga conto della
entità del bilancio della forma associativa e del
volume di risorse effettivamente gestite, o della
dimensione demografica e territoriale complessiva
della forma associativa.
8. I contributi ordinari successivi alla prima
annualità sono decurtati delle somme già concesse
nell'anno precedente, laddove, sulla base della
documentazione finanziaria, non sia comprovata
l'effettiva gestione associata dei servizi o il
raggiungimento dei risultati programmati. Essi non
sono soggetti alle disposizioni dell'art. 158 del
DLgs n. 267 del 2000 e sono rendicontati in base
alla disciplina prevista nel programma di riordino
territoriale.
9. Il programma di riordino territoriale può
prevedere, altresì, l'erogazione di contributi in
conto capitale in favore delle Unioni di Comuni e
delle Nuove Comunità Montane per spese di
investimento finalizzate ad una più efficace
gestione associata di funzioni e servizi. Il
programma di riordino detta la specifica
disciplina, regolando anche le opportune forme di
raccordo e coordinamento con le discipline
settoriali.
10. La concessione dei contributi è effettuata nei
limiti dello stanziamento annuale di bilancio. Se
il totale dei contributi massimi, erogabili sulla
base delle domande presentate, eccede le risorse
finanziarie impegnabili, il contributo spettante a
ciascuno dei richiedenti è ridotto in
proporzione.».
7. Il programma di riordino territoriale, può
prevedere in via transitoria, in deroga a quanto
stabilito dal secondo periodo del comma 4 dell'art.
14 della L.R. n. 11 del 2001, che il contributo
ordinario si computi anche considerando le funzioni
ed i servizi svolti in forma associata da almeno i
4/5 dei Comuni ricompresi nella Unione o nella
Nuova Comunità Montana, costituite tra almeno otto
Comuni.
Art. 14
Ulteriori requisiti per l'accesso ai contributi
1. La Regione incentiva le Unioni dei Comuni e le
Nuove Comunità Montane nei cui confronti sia
effettuato il conferimento stabile ed integrato di
funzioni comunali, riferito ad almeno due tra le
seguenti aree di amministrazione generale:
a) personale;
b) gestione delle entrate tributarie e servizi
fiscali;
c) gestione economica e finanziaria;
d) servizi tecnici, urbanistica ed edilizia;
e) servizi informativi;
f) organizzazione unitaria dei servizi demografici
(anagrafe e stato civile);
g) appalti di forniture di beni e servizi;
h) appalti di lavori pubblici;
i) sportello unico attività produttive;
l) attività istituzionali e segreteria;
m) polizia municipale
n) protezione civile;
o) servizi sociali;
p) servizi scolastici.
2. Il numero minimo delle aree di amministrazione
generale di cui al comma 1 deve essere incrementato
ad almeno quattro a decorrere dal terzo anno
successivo alla entrata in vigore della presente
legge o dalla costituzione o ridelimitazione
dell'ente associativo.
3. I conferimenti effettuati ai sensi dei commi 1 e
2 devono essere effettuati da tutti i Comuni
aderenti alla forma associativa e devono riguardare
l'intera area funzionale.
4. La Regione incentiva la costituzione su base
volontaria di Unioni formate da almeno 4 Comuni di
norma contermini, con una durata non inferiore a
cinque anni ed il cui statuto preveda che la Giunta
sia composta esclusivamente da Sindaci. Il
requisito del numero minimo di Comuni non si
applica alle Unioni derivanti da trasformazione di
preesistenti Comunità montane istituite ai sensi
dell'art. 4 comma 2 lettera b) della presente
legge.
5. L'Unione e la Nuova Comunità Montana possono
gestire servizi anche attraverso aziende speciali o
istituzioni, di cui all'art. 114 del DLgs n. 267
del 2000, previa analisi dei costi e dei benefici
che dimostri l'economicità e la convenienza del
ricorso a tale forma di gestione.
Art. 15
Contributi per il riordino territoriale e per le
fusioni
1. Le Associazioni intercomunali possono accedere
ai contributi di settore, con priorità rispetto
alle semplici convenzioni, in base alle
disposizioni dell'art.12 della L.R. n. 11 del 2001,
dell'art. 14 della L.R. n. 6 del 2004, ferma
restando la preferenza da accordare
prioritariamente alle Unioni ed alle Nuove Comunità
Montane.
2. In deroga a quanto previsto dall'art. 13, fino
al 31 dicembre 2009 il programma di riordino
territoriale può prevedere, ferma restando la
preferenza da accordare prioritariamente alle
Unioni ed alle Nuove Comunità Montane, contributi
in favore della Associazioni intercomunali a
condizione che, entro tale data, intervenga la
trasformazione dell'Associazione intercomunale in
Unione.
3. La Regione incentiva le fusioni dei Comuni, con
specifiche premialità per quelle coinvolgenti i
comuni aventi meno di 3.000 abitanti o comunque di
minori dimensioni demografiche.
4. Il Programma di riordino territoriale specifica
gli incentivi corrisposti alle fusioni, e
stabilisce la durata, non inferiore a 15 anni, di
quelli ordinari annuali.
5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 12,
comma 10, della L.R. 8 luglio 1996, n. 24, il
Programma di riordino territoriale può prevedere e
disciplinare contributi straordinari per sostenere
le spese del procedimento amministrativo e
organizzativo della fusione di comuni e per
contribuire alle spese di investimento necessarie
per l'apertura di sportelli decentrati o per
l'acquisto di mezzi e strumentazioni utili per
assicurare l'erogazione uniforme dei servizi
sull'intero territorio del comune derivante dalla
fusione o incorporazione di comuni.
6. Ai contributi corrisposti alle fusioni non si
applica alcuna riduzione proporzionale.
7. I programmi e provvedimenti regionali di settore
che prevedono contributi a favore degli enti locali
garantiscono priorità assoluta ai Comuni derivanti
da fusione, nei dieci anni successivi alla loro
costituzione. La disposizione si applica anche ai
provvedimenti provinciali adottati su delega
regionale.
8. Agli oneri derivanti dall'applicazione delle
norme dei commi precedenti, la Regione fa fronte
con l'istituzione di appositi capitoli del bilancio
di previsione che verranno previsti al momento
della approvazione delle leggi regionali di fusione
dei Comuni.
9. Qualora, ai sensi dell'art. 6, comma 1, della
presente legge, i Comuni aderenti alla Comunità
montana deliberino di conferire al Nuovo
Circondario imolese la gestione associata delle
funzioni già da essi conferite alla Comunità
montana, il Presidente della Giunta regionale
decreta lo scioglimento della Comunità montana
medesima ed il Nuovo Circondario è autorizzato a
richiedere l'erogazione dei contributi regionali
ordinari e dei contributi in conto capitale
disciplinati dal Programma di riordino territoriale
per le funzioni ed i servizi da esercitarsi in
forma associata in luogo della Comunità Montana
disciolta.
10. Fermo restando quanto disposto al comma 1, ai
fini dell'applicazione dell'art. 14, comma 2, della
L.R. n. 11 del 2001, il Nuovo Circondario imolese è
equiparato ad una Unione di Comuni.
Art. 16
Destinazione alle Unioni di Comuni subentranti a
Comunità Montane disciolte del fondo regionale per
il funzionamento delle Comunità Montane
1. I contributi di cui all'art. 7 bis della Legge
regionale n. 11 del 2001 vengono destinati anche
alle Unioni di Comuni che, ai sensi dell'art. 6
della presente legge, subentrino a preesistenti
Comunità Montane disciolte.
2. A tal fine la Giunta regionale, tenuto conto del
riordino complessivo delle Comunità montane e delle
ipotesi di cui all'art. 6 della presente legge,
individua la quota del fondo allocato sul Capitolo
03215 del Bilancio annuale di previsione da
ripartire tra le Nuove Unioni stabilendo altresì i
criteri di riparto, che terranno conto
esclusivamente dei Comuni appartenenti alla
Comunità montana disciolta.
3. La restante quota del fondo viene ripartita tra
le Comunità montane in base alla disciplina
contenuta nel citato art 7 bis della Legge
regionale n.11 del 2001.
CAPO III
Interventi per la valorizzazione dei territori
montani - Modifiche alla L.R. n. 2 del 2004
Art. 17
Modifiche alla L.R. n. 2 del 2004
1. Nella Legge regionale 20 gennaio 2004, n. 2
(Legge per la montagna), sono apportate le seguenti
modifiche:
a) all'articolo 1, il comma 5 è sostituito dal
seguente: «5. Ai fini della presente legge si
definiscono:
a) Comuni montani - i Comuni compresi nelle zone
montane di cui alla successiva lettera b);
b) zone montane - i territori appartenenti al
sistema appenninico emiliano-romagnolo individuati
secondo criteri geomorfologici e socio-economici
definiti con apposito atto della Giunta
regionale.».
b) all'articolo 1 è aggiunto infine il seguente
comma 6:
«6. Le disposizioni della presente legge relative
alle Comunità montane si applicano anche alle
Unioni di Comuni comprendenti zone montane ed al
Nuovo Circondario Imolese, di cui all'art. 23 della
L.R. n. 6 del 2004, qualora esso ricomprenda zone
montane non incluse in una Comunità Montana»;
c) il testo dell'articolo 2 è sostituito dal
seguente:
«1. La Conferenza per la montagna, organo di
coordinamento delle politiche per lo sviluppo delle
zone montane, è costituita dai Presidenti delle
Comunità montane e delle Province comprendenti zone
montane, dai Sindaci dei Comuni di cui all'articolo
1, comma 4, e dal Presidente della Regione, o dai
loro delegati.
2. La Conferenza partecipa all'elaborazione dei
contenuti del programma regionale per la montagna,
di cui all'articolo 3-bis.
3. Il Presidente della Regione, o su sua delega
l'assessore competente in materia di politiche per
la montagna, svolge le funzioni di presidenza della
Conferenza e provvede alla relativa convocazione.»;
d) all'articolo 3, comma 2, le parole «sentite le
Province, le Comunità Montane ed i Comuni
coinvolti» sono sostituite dalle parole «sentite le
Province e le Comunità Montane coinvolte»;
e) dopo l'articolo 3 è aggiunto il seguente
articolo 3-bis:
«Art. 3-bis
Programma regionale per la montagna
1. L'Assemblea legislativa regionale definisce con
un atto di programmazione a valenza pluriennale:
a) le priorità da osservarsi nell'ambito degli
obiettivi di sviluppo delle zone montane di cui
all'articolo 1, e le conseguenti linee di indirizzo
per la programmazione settoriale regionale e per la
definizione dei contenuti degli accordi-quadro di
cui all'articolo 4;
b) i criteri generali per il riparto annuale delle
risorse del fondo regionale per la montagna, di cui
all'articolo 8, prevedendo priorità di
finanziamento per le Comunità Montane che
realizzino processi di fusione tra i relativi
Comuni;
c) le modalità di erogazione, nonché le ipotesi e
le modalità dell'eventuale revoca dei finanziamenti
di cui alla lettera b);
d) le attività di monitoraggio concernenti
l'utilizzo delle risorse regionali destinate al
perseguimento degli obiettivi di sviluppo della
montagna, con particolare riferimento
all'attuazione degli interventi previsti negli
accordi-quadro di cui all'articolo 4.
2. I contenuti del programma costituiscono
riferimento per gli atti di programmazione
settoriale della Regione che individuano misure ed
interventi a favore dello sviluppo della montagna.
Tali programmi recepiscono le priorità e le linee
d'indirizzo di cui al comma 1, lettera a).
3. La Giunta regionale predispone la proposta di
programma con la partecipazione della Conferenza
per la montagna, ai sensi dell'articolo 2, e la
sottopone all'Assemblea legislativa regionale
previo parere del Consiglio delle Autonomie locali,
di cui all'articolo 23 dello Statuto, o, fino
all'avvio delle attività di tale Consiglio, della
Conferenza Regione-Autonomie locali di cui
all'articolo 30 della legge regionale n. 3 del
1999.
4. Ai fini dell'attuazione del programma la Giunta
regionale definisce con proprio atto:
a) le modalità di integrazione degli interventi
previsti nei programmi settoriali regionali,
ricadenti nelle zone montane;
b) le modalità di monitoraggio dei medesimi
interventi settoriali, per la rendicontazione
all'Assemblea legislativa regionale.»; f)
l'articolo 4 è sostituito dal seguente:
«Art. 4
Accordi-quadro per lo sviluppo della montagna
1. La Comunità Montana promuove un accordo-quadro
volto a definire, insieme alla Regione ed alle
Province territorialmente coinvolte, ed insieme ad
eventuali altri soggetti pubblici e privati, un
programma triennale delle opere e degli interventi
prioritari per lo sviluppo socio-economico delle
zone montane, in relazione all'insieme delle
preventivabili risorse finanziarie pubbliche e
private.
2. I contenuti dell'accordo sono definiti in
coerenza alle linee di indirizzo definite dal
programma regionale per la montagna, di cui
all'articolo 3-bis, comma 1, lettera a), ed agli
obiettivi programmatici ed alle politiche di
governo del territorio previsti negli strumenti di
pianificazione generali e settoriali.
3. L'accordo assume valore ed effetti del piano
pluriennale di sviluppo delle Comunità Montane, di
cui all'articolo 28, commi 3, 4 e 5 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico
delle leggi sull'ordina- mento degli enti
locali).»;
g) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Art. 5
Procedimento per l'accordo-quadro
1. La Comunità Montana definisce i contenuti della
proposta di accordo-quadro ricercando la più ampia
concertazione con altri soggetti potenzialmente
interessati e assicurando l'attivazione delle forma
di partecipazione di cui all'articolo 7.
2. All'accordo-quadro partecipano la Comunità
montana, la Regione e la Provincia. Possono inoltre
partecipare i seguenti soggetti, qualora assumano
specifici impegni per la sua attuazione:
a) altri enti pubblici e gestori di servizi
pubblici o di interesse pubblico individuati dalla
Comunità montana, i quali si impegnino a coordinare
i propri programmi di investimento secondo quanto
previsto dall'accordo- quadro;
b) le parti sociali le quali si impegnino a
contribuire direttamente alla realizzazione degli
obiettivi dell'accordo- quadro.
3. All'accordo-quadro si applicano le disposizioni
previste dall'articolo 11, commi 2, 3, 4 e 5 della
Legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'accordo-quadro è attuato mediante i programmi
annuali operativi di cui all'articolo 6 e le azioni
di cui al titolo IV, nonché mediante gli atti di
programmazione delle Amministrazioni partecipanti.
All'attuazione dell'accordo-quadro possono altresì
partecipare i soggetti privati i quali si impegnino
a concorrere con interventi o attività a proprio
carico alla realizzazione delle azioni pubbliche
previste nell'accordo-quadro; tali soggetti sono
individuati dalla Comunità montana sulla base di
criteri predeterminati, secondo procedure di
evidenza pubblica idonee a garantire l'imparzialità
e la trasparenza dell'individuazione.»;
h) l'articolo 6 è sostituito dal seguente:
«Art. 6
Programma annuale operativo (PAO)
1. Contestualmente all'approvazione del proprio
bilancio annuale, la Comunità montana approva un
Programma Annuale Operativo (PAO) il quale
individua le opere e gli interventi, contemplati
nell'accordo-quadro, cui si intende dare attuazione
nell'anno di riferimento, indicando puntualmente le
relative fonti di finanziamento.
2. Il PAO approvato è trasmesso alla Provincia ed
alla Regione, le quali entro trenta giorni
segnalano eventuali incoerenze con le previsioni
dell'accordo-quadro. Qualora non siano pervenute
segnalazioni, il PAO acquisisce esecutività il
trentunesimo giorno dalla trasmissione.
3. In caso di segnalazioni la Comunità montana
modifica e riapprova il PAO, riavviando la
procedura di esecutività di cui al comma 2.
4. Sulla base del PAO esecutivo e dei criteri
definiti dal programma regionale per la montagna,
di cui all'articolo 3-bis, la Regione trasferisce
alla Comunità Montana la relativa quota di riparto
del fondo regionale per la montagna di cui
all'articolo 8.»;
i) all'articolo 7, comma 1, le parole «di intesa
istituzionale e» sono abrogate;
j) il Titolo III è sostituito dal seguente:
«TITOLO III
FINANZIAMENTI REGIONALI ALLE COMUNITÀ MONTANE PER
GLI INTERVENTI DI SVILUPPO DELLA MONTAGNA
Art. 8
Fondo regionale per la montagna
1. La Regione concorre al finanziamento degli
interventi per lo sviluppo delle zone montane
attraverso il fondo regionale per la montagna,
istituito in attuazione dell'articolo 2, comma 3,
della legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove
disposizioni per le zone montane).
2. Il fondo è alimentato dalle seguenti risorse:
a) risorse del fondo nazionale per la montagna
attribuite alla Regione, quantificate a norma
dell'articolo 10, destinate alla realizzazione di
azioni organiche e coordinate per lo sviluppo
globale della montagna, ai sensi dell'articolo 1,
comma 4 della legge n. 97 del 1994;
b) aggiuntive risorse regionali di cofinanziamento
definite con la legge annuale di bilancio.
3. Le risorse del fondo regionale per la montagna
sono destinate al trasferimento a favore delle
Comunità montane. Le Comunità montane utilizzano
tali risorse come contributo per il finanziamento
degli interventi previsti nei programmi annuali
operativi di cui all'articolo 6.
4. La Regione ripartisce annualmente le risorse tra
le Comunità montane secondo i criteri e le modalità
definiti dal programma regionale di cui
all'articolo 3-bis.
Art. 9
Altri fondi regionali per lo sviluppo della
montagna
1. La Regione concorre al finanziamento degli
interventi per lo sviluppo della montagna anche
attraverso i seguenti fondi:
a) fondo per le piccole opere ed attività di
riassetto idrogeologico: istituito in attuazione
dell'articolo 7, comma 3 della Legge n. 97 del
1994, il fondo finanzia contributi concessi dalle
Comunità montane agli imprenditori agricoli per la
realizzazione di piccole opere ed attività di
manutenzione ambientale, secondo i criteri di cui
all'articolo 23. Le risorse del fondo sono
ripartite tra le Comunità montane in proporzione
alla superficie totale delle aziende
agro-silvo-pastorali censite all'interno delle zone
montane dei rispettivi ambiti territoriali.
b) fondo per le opere pubbliche montane: il fondo è
costituito dalle risorse del fondo nazionale
ordinario per gli investimenti attribuite alla
Regione, destinate alle Comunità montane per la
realizzazione di opere pubbliche di preminente
interesse sociale ed economico, a norma
dell'articolo 6, comma 2, lettera c) del decreto
legislativo 30 giugno 1997, n. 244 (Riordino del
sistema dei trasferimenti erariali agli enti
locali). Le risorse del fondo sono ripartite a
favore delle Comunità Montane secondo i seguenti
parametri:
1. sessanta per cento in proporzione alla
superficie delle zone montane;
2. quaranta per cento in proporzione alla
popolazione residente nelle zone montane.
2. La Giunta regionale fissa le modalità di
erogazione e di eventuale revoca dei finanziamenti,
nonché gli obiettivi e le attività di monitoraggio.
Art. 10
Destinazione delle risorse del fondo nazionale per
la montagna
1. Le risorse del fondo nazionale per la montagna
trasferite dallo Stato alla Regione, ai sensi
dell'articolo 2 della Legge n. 97 del 1994, sono
suddivise secondo le seguenti quote:
a) ottanta per cento, conferito al fondo regionale
per la montagna di cui all'articolo 8;
b) venti per cento, conferito al fondo per le
piccole opere ed attività di riassetto
idrogeologico, di cui all'articolo 9, comma 1,
lettera a).
2. Le percentuali di riparto di cui al comma 1
possono essere rideterminate in sede di
approvazione della legge finanziaria regionale, a
norma dell'articolo 40 della Legge regionale 15
novembre 2001, n. 40 (Ordinamento contabile della
Regione Emilia-Romagna).»;
k) all'articolo 23, comma 1, le parole «I
contributi di cui all'articolo 11, comma 1, lettera
b)» sono sostituite dalle parole «I contributi di
cui all'articolo 9, comma 1, lettera a)»;
l) all'articolo 24, comma 1, le parole «di cui
all'articolo 8», sono sostituite dalle parole «di
cui all'articolo 3-bis»;
m) all'articolo 24, i commi 2 e 3 sono abrogati;
n) all'articolo 24, all'alinea del comma 4, le
parole «di cui all'articolo 11» sono sostituite
dalle parole «di cui agli articoli 8 e 9»;
o) all'articolo 24, comma 4, lettera a), le parole
«di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a)» sono
sostituite dalle parole «di cui all'articolo 8»;
p) all'articolo 24, comma 4, lettera b), le parole
«di cui all'articolo 11, comma 1, lettera b)» sono
sostituite dalle parole «di cui all'articolo 9,
comma 1, lettera a)»;
q) all'articolo 24, comma 4, lettera c), le parole
«di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c)» sono
sostituite dalle parole «di cui all'articolo 9,
comma 1, lettera b)».
Art. 18
Norme transitorie per i procedimenti di cui alla
L.R. n. 2 del 2004
1. Le risorse inscritte nel bilancio di previsione
regionale 2008, e nei bilanci relativi agli anni
finanziari precedenti, per gli interventi di
sviluppo della montagna, sono gestite dalla Regione
e dagli Enti assegnatari sulla base delle
disposizioni della Legge regionale n. 2 del 2004
previgenti alle modifiche apportate con la presente
legge.
CAPO IV
Disposizioni transitorie e finali
Art. 19
Previsione di un testo unico regionale delle norme
sugli enti locali associativi
1. La Giunta regionale è incaricata, a norma
dell'art. 54, comma 2, dello Statuto regionale di
predisporre, entro diciotto mesi dalla entrata in
vigore della presente legge, il progetto di un
testo unico in materia di enti locali, con riguardo
alla presente legge ed alle leggi di seguito
indicate:
a) L.R. n. 24 del 1996;
b) L.R. n. 3 del 1999, Parte seconda, Titoli III e
IV;
c) L.R. n. 11 del 2001;
d) L.R. n. 6 del 2004, Titolo II;
e) L.R. n. 2 del 2004.
2. Il Testo Unico proposto dalla Giunta viene
approvato dall'Assemblea legislativa con procedura
redigente.
3. Ai sensi dell'art. 54, comma 4, dello Statuto,
nel tempo fissato per portare all'esame
dell'Assemblea il testo unico, le proposte di
modifica dei provvedimenti legislativi oggetto del
coordinamento o del riordino, se formalmente
presentate, sono sospese sino all'emanazione del
testo unico o possono formare oggetto di modifica
della delibera di cui al comma 2.
Art. 20
Contributi alle forme associative già esistenti
1. Fino al 31 dicembre 2009, per le Unioni già
istituite alla data di entrata in vigore della
presente legge tra Comuni compresi in una Comunità
Montana e con essa non coincidenti, non opera
l'esclusione dai contributi prevista dall' art. 14,
comma 2, della Legge regionale n. 11 del 2001, come
sostituito dall'art. 13 della presente legge, e ad
esse non si applica l'art. 9, comma 1, della
presente legge.
Art. 21
Entrata in vigore
1. La nuova disciplina degli incentivi alle forme
associative disciplinati dal Programma di riordino
territoriale contenuta, in particolare, negli
articoli 13 e 14 della presente legge si applica a
decorrere dall'1 gennaio 2009.
TITOLO III
MISURE DI RIORGANIZZAZIONE IN MATERIA DI SERVIZI
PUBBLICI LOCALI
CAPO I
Principi e norme generali
Art. 22
Ambito della riforma in materia di servizi
pubblici. Finalità e obiettivi
1. La presente legge detta norme generali per la
riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica concernenti i servizi:
a) idrico integrato;
b) di gestione dei rifiuti urbani;
c) di trasporto pubblico locale.
2. La Regione Emilia-Romagna persegue le seguenti
finalità e obiettivi:
a) garantire un costante e qualitativamente
adeguato livello di servizio;
b) perseguire la chiara distinzione dei ruoli tra i
soggetti titolari delle funzioni regolatorie ed i
soggetti gestori;
c) garantire la distinzione di ruoli fra proprietà,
delle reti e degli immobili, e gestione dei
servizi;
d) semplificare i processi decisionali e
razionalizzare i soggetti coinvolti, realizzando
una riduzione dei costi complessivi del sistema
regionale;
e) attuare un sistema tariffario che assicuri
l'accessibili- tà universale dei servizi ed un
adeguato rapporto fra le prestazioni erogate e le
tariffe;
f) favorire lo sviluppo di un solido e qualificato
sistema di imprese operanti nel settore;
g) garantire la tutela degli utenti e la loro
partecipazione alle scelte fondamentali di
regolazione.
3. In applicazione dei principi di cui all'art.
118, comma 1, della Costituzione, le funzioni
relative ai servizi pubblici di cui al comma 1 sono
ripartite a livello regionale o locale. Per le
funzioni che devono essere allocate a livello
locale, la presente legge:
a) garantisce l'individuazione di ambiti ottimali
che, in applicazione del principio di adeguatezza,
risultino efficienti per gli scopi perseguiti;
b) definisce forme di organizzazione delle funzioni
che garantiscano la riduzione dei costi e delle
strutture amministrative.
CAPO II
Riforma del trasporto pubblico locale
Art. 23
Funzioni in materia di trasporto pubblico locale
1. In materia di trasporto pubblico locale la
Regione, ferma restando la normativa sul trasporto
ferroviario regionale di cui alla Legge regionale 2
ottobre 1998, n. 30 (Disciplina regionale del
trasporto pubblico regionale e locale), nel
rispetto dell'autonomia degli enti locali, procede
alla delimitazione degli ambiti ottimali o alla
loro conferma assumendo i territori provinciali
quali ambiti territoriali minimi per la
programmazione dei servizi di bacino, la
progettazione, l'organizzazione e la promozione dei
servizi pubblici di trasporto integrati tra loro e
con la mobilità privata. A tal fine si provvede
all'adeguamento del sistema delle Agenzie locali
per la mobilità le quali provvedono altresì allo
svolgimento delle seguenti funzioni:
d) progettazione e organizzazione dei servizi per
la mobilità;
e) gestione delle procedure concorsuali per
l'affida- mento dei servizi;
f) controllo dell'attuazione dei contratti di
servizio, con esclusione delle funzioni di
programmazione e gestione dei servizi
autofiloviari.
2. La Regione promuove l'introduzione di un unico
sistema tariffario integrato sull'intero territorio
regionale. Essa promuove altresì l'aggregazione dei
soggetti gestori dei trasporti pubblici
autofiloviari.
Art. 24
Riforma delle Agenzie locali per la mobilità
1. In relazione alle Agenzie locali per la mobilità
la Regione promuove:
i) l'adozione di forme organizzative, basate sulla
convenzione fra enti locali di cui all'art. 30 del
decreto legislativo n. 267 del 2000, aventi
personalità giuridica di diritto pubblico ai soli
fini dell'affidamento dei servizi;
j) lo scorporo delle attività gestionali non
strettamente connesse con le funzioni proprie
attribuite dalla legge regionale alle Agenzie
stesse, con particolare riguardo alla gestione del
trasporto pubblico locale, della sosta, dei
parcheggi, dell'accesso ai centri urbani;
k) il superamento delle situazioni di
compartecipazione nella proprietà delle società di
gestione da parte delle Agenzie locali per la
mobilità;
l) il trasferimento ai soggetti gestori del
servizio di trasporto pubblico locale della
proprietà dei beni funzionali all'effettuazione del
servizio, individuati in conformità all'art. 14,
comma 2, della legge regionale n. 30 del 1998;
m) l'applicazione del sistema tariffario integrato
regionale, con superamento delle funzioni di
gestione della tariffazione;
n) l'applicazione delle modalità contrattuali che
valorizzano la responsabilità imprenditoriale del
soggetto gestore attraverso la titolarità dei
ricavi tariffari;
o) l'accorpamento degli ambiti territoriali
ottimali di cui all'art. 23;
p) la progettazione dei servizi sulla base di una
stretta integrazione con gli strumenti di
pianificazione di competenza degli enti locali.
Art. 25
Attuazione del riassetto organizzativo del sistema
delle Agenzie
i. Ai fini di cui all'articolo 24 la Giunta
regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie
locali, promuove una intesa-quadro con le Province
ed i Comuni soci delle Agenzie locali per la
mobilità finalizzata alla realizzazione del
processo di riassetto organizzativo del sistema
delle Agenzie medesime, delineato dal presente
articolo.
ii. Entro due anni dall'entrata in vigore della
presente legge le Agenzie realizzano quanto
previsto dalle lettere a), b), c) dell'art. 24.
iii. Entro il 31 dicembre 2010 le Agenzie
realizzano quanto previsto dalla lettera e)
dell'art. 24.
iv. Le gare per l'affidamento del servizio di
trasporto pubblico locale bandite dopo l'entrata in
vigore della presente legge devono prevedere
l'attuazione di quanto previsto dalla lettera f)
dell'art. 24. Non è ammessa la proroga di
affidamenti non conformi alla citata lettera f).
Art. 26
Modifiche alla L.R. n. 30 del 1998
1. Nell'articolo 5, comma 4, della L.R. n. 30 del
1998 è soppressa la locuzione «secondo le modalità
previste dall'art. 25 della Legge regionale 24
marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela
e l'uso del territorio)».
2. Dopo l'articolo 5 della L.R. n. 30 del 1998 è
inserito il seguente:
«Art. 5 bis
Procedimento di approvazione del PRIT
1. Il procedimento disciplinato dal presente
articolo trova applicazione per l'elaborazione e
l'approvazione del PRIT e delle sue varianti.
2. La Giunta regionale elabora un documento
preliminare del piano, lo comunica all'Assemblea
legislativa. Per l'esame congiunto del documento
preliminare il Presidente della Regione convoca una
conferenza di pianificazione ai sensi dell'art. 14
della legge regionale n. 20 del 2000, chiamando a
parteciparvi ai sensi del comma 3 dello stesso art.
14, le Province, i Comuni presenti nella Conferenza
Regione-Autonomie locali, le Regioni contermini e
la Repubblica di S. Marino. Sono inoltre chiamati a
partecipare alla conferenza, ai sensi dell'art. 14,
comma 4, della Legge regionale n. 20 del 2000, i
soggetti gestori delle infrastrutture per la
mobilità di rilievo almeno regionale.
3. A seguito delle conclusioni della fase della
conferenza di pianificazione, l'Assemblea
legislativa adotta il piano, previo parere della
Conferenza Regione Autonomie-locali. Copia del
piano adottato è trasmesso agli enti indicati dal
comma 2.
4. Il piano adottato è depositato presso le sedi
dell'Assemblea legislativa e delle Province per
sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino
Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta
adozione. L'avviso contiene l'indicazione degli
enti presso i quali il piano è depositato e dei
termini entro i quali chiunque può prenderne
visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un
quotidiano a diffusione regionale.
5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui
al comma 4 possono formulare osservazioni e
proposte i seguenti soggetti:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle
costituite per la tutela di interessi diffusi.
6. L'Assemblea legislativa, entro i successivi
novanta giorni, decide sulle osservazioni e approva
il piano.
7. Copia integrale del piano approvato è depositata
per la libera consultazione presso la Regione ed è
trasmessa alle amministrazioni di cui al comma 3.
La Regione provvede alla pubblicazione nel
Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta
approvazione del Piano. Dell'approvazione è data
altresì notizia, a cura dell'Amministrazione
regionale, con avviso su almeno un quotidiano a
diffusione regionale.
8. Il piano entra in vigore dalla data di
pubblicazione dell'avviso dell'approvazione nel
Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi del
comma 7.».
9. Nell'articolo 6, comma 1, della L.R. n. 30 del
1998 è aggiunta la locuzione: «, nonché i piani di
bacino».
10. L'articolo 19, comma 2, della L.R. n. 30 del
1998 è sostituito dal seguente:
«2. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo
13 comma 3, l'Agenzia è costituita nelle forme
organizzative basate sulla convenzione fra enti
locali ai sensi dell'art. 30 del decreto
legislativo n. 267 del 2000».
11. I commi 1 e 2 dell'articolo 45 della L.R. n. 30
del 1998 sono abrogati.
CAPO III
Riforma del servizio idrico intergrato e del
servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani
Art. 27
Regolazione dei servizi pubblici
1. La Regione nell'ambito dei principi fissati
all'art. 1 della L.R. 6 settembre 1999, n. 25
(Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e
disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti
locali per l'organizzazione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti
solidi urbani) esercita la regolazione per i
servizi pubblici ed in particolare per l'esercizio
delle funzioni relative:
a) al servizio idrico integrato;
b) al servizio di gestione dei rifiuti urbani;
c) agli altri servizi pubblici di rilevanza
economica che saranno individuati con successive
disposizioni legislative.
2. La Regione esercita le funzioni di regolazione
economica e di regolazione dei servizi in raccordo
con le Autonomie locali provvedendo, in
particolare, alla redazione del piano economico e
del piano finanziario di cui all'art. 149, comma 4,
e all'art. 203, comma 3, del DLgs 3 aprile 2006, n.
152, nonché alla individuazione della tariffa di
riferimento ai fini della proposizione ai soggetti
partecipanti alla forma di cooperazione di cui
all'art. 29 della regolazione tariffaria. Con
direttiva della Giunta regionale sono ulteriormente
specificate le attività connesse alle suddette
funzioni.
3. La Giunta regionale provvede, inoltre, ad
approvare gli schemi dei contratti di servizio e
dei bandi di gara per l'affidamento proposti dai
soggetti appaltanti. La Regione provvede altresì ad
eseguire i controlli sulla congruità dei prezzi in
relazione ai progetti delle società di gestione per
gli interventi infrastrutturali di maggiori
dimensioni economiche, nonché a valutare la
coerenza dei piani di investimento infrastrutturali
con i piani tariffari. Essa provvede altresì, in
relazione alle funzioni di cui al presente
articolo, ad esercitare il controllo sull'operato
delle società di gestione e degli altri soggetti
operanti nel settore ed esercita il potere di
sanzione di cui al comma 5.
4. La Regione costituisce un sistema informativo
con le Province e i Comuni ai fini dell'esercizio
delle funzioni di rispettiva competenza.
5. La Regione esercita altresì tutte le funzioni
sanzionatorie ad eccezione di quelle connesse alla
violazione del contratto di servizio. In
particolare, le compete l'irroga- zione di sanzioni
pecuniarie in caso di inadempienze dei gestori
relative:
a) all'applicazione delle tariffe;
b) alla fornitura delle informazioni richieste;
c) alla mancata organizzazione dei servizi secondo
quanto previsto dalle normative di settore;
d) al mancato rispetto delle prescrizioni
tecniche-operative emanate.
6. Per le violazioni di cui al comma 5 è prevista
una sanzione pecuniaria da euro 50.000 a euro
500.000 irrogata direttamente dalla Regione
commisurata alla gravità dell'inadempienza. In caso
di reiterazione delle violazioni la Regione ha la
facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità
del servizio da parte degli utenti, di proporre al
soggetto affidante la sospensione o la decadenza
dell'affidamento del servizio.
7. Per l'esercizio delle funzioni di cui al
presente articolo, la Regione si avvale di una
struttura organizzativa il cui costo di
funzionamento è a carico delle tariffe dei servizi
regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta
regionale, sentita la CRAL, nonché di quanto
introitato a titolo di sanzioni.
8. La Giunta regionale presenta all'Assemblea
legislativa una relazione annuale sull'attività
svolta e sui costi della medesima.
Art. 28
Comitato di indirizzo regionale per la regolazione
dei servizi pubblici
1. Per l'esercizio delle funzioni di cui all'art.
27 è istituito il Comitato di indirizzo regionale
per la regolazione dei servizi pubblici, composto
da:
a) l'Assessore regionale competente per materia;
b) 4 componenti nominati dalla Conferenza Regione -
Autonomie locali (CRAL) di cui all'art. 25 della
Legge regionale 21 aprile 1999, n. 3, tra gli
amministratori locali, rappresentativi del sistema
delle Autonomie locali.
2. Il Comitato è nominato con decreto del
Presidente della Regione e resta in carica per 5
anni. Per la partecipazione al Comitato non è
previsto alcun compenso.
3. Il Comitato propone alla Giunta regionale gli
indirizzi per l'esercizio delle funzioni di cui
all'art. 27, ivi compresi i parametri cogenti di
riferimento per la determinazione della tariffa
finale, e si avvale delle strutture tecniche
regionali competenti per materia.
Art. 29
Organizzazione territoriale del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti
solidi urbani
1. La Regione individua il territorio provinciale
quale minima aggregazione di ambito territoriale
ottimale di esercizio delle funzioni del servizio
idrico integrato e del servizio di gestione dei
rifiuti urbani prevista all'art. 2, comma 1, della
L.R. n. 25 del 1999. La Regione promuove, anche
tramite specifici incentivi, l'aggregazione tra
ambiti territoriali provinciali.
2. La Provincia e i Comuni partecipano
obbligatoriamente, per l'esercizio delle funzioni
del servizio idrico integrato e del servizio di
gestione dei rifiuti urbani loro spettanti ai sensi
del presente Capo, alla forma di cooperazione della
convenzione ai sensi dell'art. 30 del DLgs n. 267
del 2000, avente personalità giuridica di diritto
pubblico ai soli fini dell'affidamento dei servizi.
3. I Comuni partecipano alla forma di cooperazione
di cui al comma 2 mediante l'Unione di Comuni o la
Nuova Comunità Montana di cui fanno parte a
condizione che la medesima scelta sia attuata da
tutti i Comuni interessati.
4. La convenzione di cui al comma 2 individua le
modalità di esercizio delle funzioni da parte dei
soggetti partecipanti ed il soggetto delegato alla
sottoscrizione degli atti a rilevanza esterna e dei
contratti. Il costo del personale relativo
all'esercizio delle funzioni previste nella
convenzione trova copertura nell'ambito della
tariffa del servizio, nel limite della percentuale
di costo definita ai sensi del comma 7 dell'art.
27.
5. Nell'ambito della convenzione di cui al comma 2
i soggetti facenti parte della forma di
cooperazione provvedono alle seguenti funzioni:
a) definire l'organizzazione del servizio e
scegliere per ciascun servizio le forme di gestione
nel rispetto della normativa di settore;
b) attuare la ricognizione delle infrastrutture,
nonché quella dei fabbisogni e dei livelli di
servizio;
c) definire un piano degli investimenti con gradi
di priorità differenziati;
d) determinare e approvare l'articolazione
tariffaria per bacini gestionali omogenei sulla
base dei parametri di riferimento definiti ai sensi
del comma 2 dell'art. 27;
e) bandire e svolgere le gare nonché affidare il
servizio;
f) definire le penali di natura contrattuale che
saranno da essi introitate;
g) controllare il servizio reso dal gestore nel
rispetto delle specifiche norme di affidamento;
h) prevedere le forme di partecipazione degli
utenti organizzati in sede locale;
i) predisporre il rendiconto economico e
finanziario dei costi dell'attività prevista dalla
convenzione.
6. L'esercizio delle funzioni di cui al comma 5 è
svolto previo parere della Regione ai fini della
congruità con la regolazione di cui all'art. 27.
Art. 30
Norme a tutela degli utenti dei servizi pubblici
1. L'Autorità regionale prevista all'art. 20 della
L.R. n. 25 del 1999 svolge altresì le funzioni di
conciliazione preventiva al fine di prevenire e
risolvere le controversie derivanti
dall'applicazione del contratto di servizio e
approva la Carta del servizio pubblico di cui
all'art. 23 della L.R. n. 25 del 1999.
2. Presso l'Autorità di cui al comma 1 è costituito
un Comitato consultivo degli utenti, in
rappresentanza degli interessi dei territori per il
controllo della qualità dei servizi idrici e dei
servizi di gestione dei rifiuti urbani. La
partecipazione al Comitato non comporta
l'erogazione di alcun compenso. Il Comitato è
nominato con decreto del Presidente della Regione
su proposta dell'Autorità.
3. Su proposta dell'Autorità di cui al comma 1 la
Giunta regionale emana una direttiva per la
costituzione del Comitato consultivo degli utenti.
Tale direttiva contiene, in particolare, criteri in
ordine alla composizione, alle modalità di
costituzione ed al funzionamento del predetto
Comitato.
4. Il Comitato:
a) acquisisce periodicamente le valutazioni degli
utenti sulla qualità dei servizi;
b) promuove iniziative per la trasparenza e la
semplificazione nell'accesso ai servizi;
c) segnala all'Autorità di cui al comma 1 e al
soggetto gestore del servizio la presenza di
eventuali clausole vessatorie nei contratti di
utenza del servizio al fine di una loro abolizione
o sostituzione;
d) trasmette all'Autorità di cui al comma 1 le
informazioni statistiche sui reclami, sulle
istanze, sulle segnalazioni degli utenti o dei
consumatori singoli o associati in ordine
all'erogazione del servizio;
e) esprime parere sullo schema di riferimento della
Carta di servizio pubblico prevista dall'art. 23
della L.R. n. 25 del 1999;
f) può proporre quesiti e fare segnalazioni
all'Autorità di cui al comma 1.
Art. 31
Disposizioni transitorie
1. Le Agenzie di ambito costituite ai sensi della
L.R. n. 25 del 1999 elaborano una proposta di
convenzione ai sensi del comma 4 dell'art. 29 da
sottoporre all'approvazione dell'Assemblea dei
soggetti partecipanti alla forma di cooperazione
entro novanta giorni dall'approvazione della
presente legge. Decorso inutilmente il termine, la
Provincia provvede ad elaborare la proposta di
convenzione nonché tutti gli atti necessari
all'adeguamento dell'Agenzia di ambito alle
disposizioni di cui alla presente legge. La
convenzione esplica effetti dall'1 gennaio 2009.
Dalla data dell'1 luglio 2009 sono soppresse le
Agenzie di ambito.
2. La Regione esercita le funzioni ad essa
spettanti ai sensi dell'art. 27, ivi comprese
quelle connesse ai procedimenti in corso, dall'1
gennaio 2009.
3. I Comitati consultivi degli utenti costituiti ai
sensi dell'art. 24 della L.R. n. 25 del 1999
continuano ad operare sino alla costituzione del
Comitato degli utenti ai sensi dell'art. 30 della
presente legge.
Art. 32
Modificazioni alla L.R. n. 25 del 1999
1. Nella L.R. n. 25 del 1999 sono abrogati gli
articoli 4, 7, 8, 24.
2. Nell'art. 3 della L.R. n. 25 del 1999 sono
abrogati la lettera b) del comma 1 ed i commi 2, 3,
3 bis, 4, 5, 6, 7.
3. Nell'art. 6 della L.R. n. 25 del 1999 è abrogato
il comma 3.
Art. 33
Disposizioni finali
1. Le disposizioni di cui alla L.R. n. 25 del 1999
continuano a trovare applicazione in quanto
compatibili con la presente legge.
2. Le disposizioni della L.R. n. 25 del 1999
relative ai compiti dell'Agenzia di Ambito
continuano a trovare applicazione, in quanto
compatibili con la presente legge, con riferimento
ai soggetti che partecipano alla convenzione di cui
all'art. 29, comma 2.
TITOLO IV
ULTERIORI MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE E NORME PER
FAVORIRE I PROCESSI DI RIORGANIZZAZIONE
CAPO I
Misure per un sistema contrattuale coordinato della
pubblica Amministrazione regionale e locale
Art. 34
Razionalizzazione delle funzioni relative alla
attività contrattuale
1. Per l'acquisizione di lavori, servizi o
forniture la Regione Emilia-Romagna, gli enti
locali, le loro forme associative possono:
a) avvalersi di centrali di committenza ai sensi
dell'art. 33 del DLgs 12 aprile 2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a beni
servizi e forniture in attuazione delle direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE);
b) delegare l'esercizio di funzioni amministrative
ad altri soggetti fra quelli di cui all'alinea del
presente comma;
c) costituire, mediante convenzione uffici comuni
che operano con personale delle amministrazioni
stesse.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono avvalersi
delle modalità di cui al medesimo comma al fine di
espletare le funzioni amministrative di competenza,
in riferimento all'intero procedimento di
acquisizione ed esecuzione di contratti pubblici di
lavori, servizi o forniture, ovvero a singole fasi.
3. I soggetti di cui al comma 1, possono costituire
uffici comuni o consortili, di cui al comma 1,
lettera c), anche al fine di svolgere attività di
competenza di ciascun ente convenzionato o
consorziato, relativamente alla progettazione,
affidamento ed esecuzione dei contratti di cui al
comma 2. Ove sussistano ragioni di carattere
organizzativo o funzionale, possono altresì
avvalersi di organismi o uffici di altre pubbliche
Amministrazioni per lo svolgimento delle attività
di cui all'art. 90, comma 1, del DLgs 163 del 2006.
4. Le Amministrazioni interessate provvedono a
definire i reciproci rapporti mediante intese o,
nei casi di cui al comma 1 lettera c), mediante
convenzioni che prevedano l'oggetto, la durata, le
forme di consultazione delle Amministrazioni
partecipanti all'accordo, la disciplina dei
rapporti finanziari limitatamente alla copertura
dei costi per l'espletamento delle attività ed i
reciproci obblighi e garanzie.
5. I soggetti di cui al comma 1, lett. a) e b)
operano con autonomia e responsabilità nell'ambito
delle attività definite dalla convenzione.
6. Ai sensi e con le modalità di cui al presente
articolo la Regione può affidare la realizzazione
dei lavori pubblici di propria competenza, relativi
alla difesa del suolo ed alla bonifica, ai soggetti
di cui all'art. 9, comma 2, della Legge regionale
24 marzo 2000, n. 22 (Norme in materia di
territorio, ambiente e infrastrutture -
Disposizioni attuative e modificative della L.R. 21
aprile 1999, n. 3) individuati dagli atti di
programmazione regionale di settore.
Art. 35
Monitoraggio in materia contrattuale
1. Ai fini della realizzazione del principio di
adeguatezza nell'esercizio delle funzioni di cui
all'art. 34, la Regione svolge il costante
monitoraggio relativo all'attività contrattuale.
2. La Regione si avvale di un comitato tecnico
composto da 3 dirigenti regionali, 3 dirigenti
provinciali o comunali designati dalla Conferenza
Regione-Autonomie locali al fine di verificare,
anche sulla base delle risultanze del monitoraggio
di cui al comma 1, l'adeguatezza delle strutture
tecniche utilizzate e dei procedimenti utilizzati
dagli enti in relazione all'ottimale esercizio
delle funzioni. La Giunta regionale su proposta del
Comitato tecnico, sentita la Conferenza
Regione-Autonomie locali, emana apposite
raccomandazioni tecniche non vincolanti per il
migliore esercizio di dette funzioni, anche
attraverso l'utilizzo di strutture e strumenti
adeguati e tali da conseguire risparmi in termini
organizzativi ed economici.
3. La partecipazione al Comitato tecnico è senza
oneri per la Regione.
CAPO II
Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla
Fondazione Centro Ricerche Marine
Art. 36
Autorizzazione a partecipare alla Fondazione e
condizioni di adesione
1. La Regione Emilia-Romagna è autorizzata, ai
sensi dell'articolo 64 dello Statuto, alla
partecipazione alla Fondazione Centro Ricerche
Marine , con decorrenza dalla data di
trasformazione della Società Centro di Ricerche
Marine - Società Consortile per Azioni in
Fondazione ai sensi dell'articolo 2500 septies del
Codice civile.
2. La trasformazione di cui al comma 1 è
autorizzata con la presente legge.
3. La partecipazione della Regione è subordinata al
riconoscimento della personalità giuridica ed alla
condizione che lo statuto preveda, come scopo
principale della Fondazione, lo svolgimento di
attività di studio, ricerca, sperimentazione,
analisi e controlli concernenti i problemi connessi
all'ambiente marino e costiero, nonché lo
svolgimento di attività formativo-didattiche nei
settori relativi.
4. La partecipazione della Regione è altresì
subordinata alla condizione che lo statuto
conferisca alla Regione la facoltà di nominare
propri rappresentanti negli organi della
Fondazione.
Art. 37
Esercizio dei diritti
1. Il Presidente della Regione è autorizzato a
compiere tutti gli atti necessari al fine di
perfezionare la trasformazione e la partecipazione
della Regione alla Fondazione di cui all'art.1.
2. I diritti inerenti la qualità di socio della
Regione sono esercitati dal Presidente della Giunta
regionale o da un suo delegato.
3. Spetta alla Giunta regionale procedere alla
nomina dei rappresentanti della Regione negli
organi della Fondazione, secondo quanto previsto
dallo statuto della Fondazione.
Art. 38
Contributo annuale
1. La Regione partecipa alla Fondazione Centro
Ricerche Marine con un contributo di esercizio il
cui importo viene determinato nell'ambito delle
disponibilità annualmente autorizzate dalla legge
di bilancio regionale.
2. All'onere derivante dalla corresponsione del
contributo di esercizio previsto dal comma 1, la
Regione fa fronte con l'istituzione di apposite
unità previsionali di base o nell'ambito di quelle
esistenti e relativi capitoli del bilancio
regionale, che saranno dotati della necessaria
disponibilità ai sensi di quanto disposto
dall'articolo 37 della Legge regionale 15 novembre
2001, n.40 (Ordinamento contabile della Regione
Emilia-Romagna, abrogazione delle L.R. 6 luglio
1977, n.31 e 27 marzo 1972, n.4).
Art. 39
Abrogazione di norme
1. È abrogata la L.R. 22 novembre 1991, n. 30
(Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla
Società Centro di Ricerche Marine ).
CAPO III
Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla
Società Terme di Salsomaggiore SpA
Art. 40
Autorizzazione alla fusione con Terme di Tabiano
SpA
1. Per il perseguimento delle finalità di cui alla
Legge regionale 4 maggio 1999, n.8 (partecipazione
della Regione Emilia-Romagna nelle società Terme di
Salsomaggiore SpA e Terme di Castrocaro SpA) è
autorizzata, ai sensi dell'articolo 64 dello
Statuto regionale, la partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alla società risultante dalla
fusione per incorporazione della società Terme di
Tabiano SpA nella partecipata società Terme di
Salsomaggiore SpA, ferme restando le condizioni di
partecipazione di cui alla citata Legge n. 8 del
1999.
2. Il Presidente della Giunta regionale è
autorizzato a compiere tutti gli atti necessari
alla realizzazione della fusione.
CAPO IV
Disposizioni sul personale
Art. 41
Criteri generali sul trattamento del personale
1. Nell'ambito del processo di riordino
territoriale e organizzativo di cui alla presente
legge, la Regione promuove nei confronti del
personale misure finalizzate ad ottimizzare
l'allocazione delle risorse umane ai nuovi soggetti
istituzionali al fine di migliorare l'efficacia
degli interventi e sviluppare le potenziali
sinergie, perseguendo, in via prioritaria, la
valorizzazione delle competenze e il mantenimento
della professionalità dei dipendenti nel nuovo
contesto organizzativo.
2. In coerenza con i principi contenuti nell'art.
31 del DLgs 165 del 2001, il personale assunto a
tempo indeterminato presso enti pubblici impegnato
sulle attività oggetto del processo di
riorganizzazione è trasferito, di norma, alle
dipendenze dei soggetti istituzionali individuati
per l'esercizio delle funzioni oggetto della
presente legge. A detto personale si applica la
disciplina di cui l'articolo 2112 del codice civile
nel rispetto delle procedure di informazione e
consultazione con le organizzazioni sindacali. Gli
enti destinatari dei trasferimenti adeguano
conseguentemente la propria dotazione organica.
3. Nell'arco del periodo transitorio in cui
continuano ad esercitare le loro funzioni gli enti
che saranno soppressi a seguito del processo di
riorganizzazione non possono attivare procedure per
il reclutamento del personale nonché per la
stabilizzazione del lavoro precario. L'anzianità di
servizio e l'esperienza maturata negli enti di
provenienza sarà valutata negli enti di
destinazione ai fini dell'applica- zione della
Legge n. 244 del 2007. I rapporti di lavoro
subordinato a tempo determinato o autonomo,
rimangono in vigore fino alla scadenza naturale dei
rispettivi contratti anche tramite subentro nella
titolarità dei rapporti del nuovo ente successore.
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