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Legislatura IX - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 5389
Presentato in data: 03/04/2014
"Legge comunitaria regionale per il 2014" (delibera di Giunta n. 428 del 31 03 14).

Presentatori:

Delibera di Giunta n. 428 del 31 03 14.

Relazione:

RELAZIONE

 

Premessa.

 

Il presente progetto di legge costituisce attuazione del meccanismo di partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione del diritto comunitario, ai sensi di quanto previsto dalla legge regionale 28 luglio 2008, n. 16. Proprio in attuazione di tale legge si è svolta anche nell’anno 2013 la “sessione comunitaria” prevista dall’articolo 5 della citata legge.

In particolare questo testo legislativo trae origine dalla risoluzione di chiusura della sessione comunitaria 2013 dell’Assemblea legislativa (oggetto n. 3988 del 3 giugno 2013) recante appunto “Sessione europea 2013. Indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell’Unione europea”. Detta risoluzione conteneva, alla lettera q) l’invito alla Giunta regionale a verificare la possibilità di procedere alla presentazione del progetto di Legge europea regionale.

In tale sede, venivano segnalate, a seguito del monitoraggio sul completamento del recepimento statale della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai sevizi nel mercato interno (c.d. “direttiva sevizi”), quali priorità di intervento per l’adeguamento dell’ordinamento regionale: l’estensione dell’istituto della SCIA all’apertura dei pubblici esercizi non soggetti a pianificazione comunale ed all’apertura delle agenzie di viaggio, il superamento del divieto di attività accessorie in locali indipendenti da parte delle agenzie di viaggio medesime ed il superamento espresso del regime autorizzatorio in materia fieristica.

Detti indirizzi contenevano altresì l’invito alla Giunta a monitorare il processo di recepimento statale, effettuando al contempo tutte le verifiche necessarie a garantire il successivo rapido adeguamento dell’ordinamento regionale, delle seguenti direttive: direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia, direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/ UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.

              L’articolo 5 della citata legge regionale n. 16 del 2008, il quale disciplina lo svolgimento della “sessione comunitaria annuale” prevede, al comma 2, che l’esame del programma legislativo annuale della Commissione europea e della relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario, possa essere contestuale all’esame del progetto di legge comunitaria regionale presentato dalla Giunta ai sensi dell’articolo 8. Proprio questo è il procedimento che nell’anno 2014 verrà seguito per la presentazione e l’esame del progetto di legge comunitaria regionale per il 2014 nel corso della sessione comunitaria dell’anno in corso.

              I termini “legge comunitaria” e “sessione comunitaria” vengono tuttora utilizzati in quanto previsti dal vigente testo della legge di procedura regionale (n. 16 del 2008), in attesa dell’adeguamento di tale legge regionale alle novità terminologiche che sono state, in particolare introdotte (a seguito del “trattato di Lisbona”) dalle legge n. 234 del 2012 (che ha sostituito la nota legge n. 11 del 2005 (c.d. “legge Buttiglione”).

 

Di seguito si illustrano le varie parti del progetto di legge comunitaria per il 2014.

 

TITOLO I - Oggetto della legge regionale

La legge si apre con un articolo che ne descrive i contenuti e ed il succedersi dei principali argomenti, mettendoli in reazione sia con le normative europee oggetto di recepimento, sia con le leggi regionali che vengono conseguentemente modificate nell’ottica del progressivo adeguamento dell’ordinamento regionale a quello europeo.

 

TITOLO II - ATTUAZIONE DI DIRETTIVE EUROPEE IN MATERIA DI PROMOZIONE DELL’USO DELL’ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI, PRESTAZIONE ENERGENTICA NELL’EDILIZA ED EFFICIENZA ENERGETICA

 

1.     Premessa: il ruolo della Regione in materia di energia

La produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia fanno parte delle materie che l’articolo 117 della Costituzione, riformulato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 indica come di legislazione “concorrente”, materie cioè nelle quali Stato e Regioni concorrono nell’approntare la normativa di riferimento: in specifico, lo Stato determina i principi fondamentali e le Regioni (nonché le Province autonome) hanno piena potestà legislativa nel merito della materia, all’interno degli indirizzi predisposti dallo Stato.

Tra gli obblighi delle Regioni previsti dalle leggi nazionali vi è quello di dotarsi di un Piano energetico regionale: lo detta la legge del 9 gennaio 1991, n. 10, (art. 5.) che stabilisce, anche, che il Piano Energetico Regionale (PER) deve rispettare il Piano d’Azione Nazionale (PAN).

Il sistema delle competenze normative nelle materie concorrenti è completato dai poteri regolamentari:

-          allo Stato spetta di emanare i regolamenti nelle materie di sua competenza esclusiva, salva la possibilità di delega alle regioni;

-          alle regioni spetta di regolamentare ogni altra materia (e specialmente quelle di competenza concorrente);

-          ai comuni, alle province e alle città metropolitane spetta di regolamentare l’organizzazione e il funzionamento delle materie concorrenti all'interno  delle competenze loro attribuite.

Vi sono tre vincoli che accomunano lo Stato e le Regioni nel legiferare: il rispetto della Costituzione, il rispetto dell’ordinamento comunitario e il rispetto degli obblighi internazionali. Le regioni sono dunque chiamate, in solido con lo Stato, all'ottenimento degli obiettivi vincolanti previsti per il 2020 dall'Unione Europea.

 

1.     La Legge Regionale 26 del 23 dicembre 2004

La Regione Emilia-Romagna è stata la prima Regione italiana a dotarsi di un proprio quadro normativo in materia di energia, in coerenza con le previsioni istituzionali derivanti dalle modifiche costituzionali sopra indicate.

Come citato dall’art. 1, la legge regionale n. 26 del 23 dicembre 2004 “in armonia con gli indirizzi della politica energetica nazionale e dell'Unione europea, disciplina … gli atti di programmazione e gli interventi operativi della Regione e degli enti locali in materia di energia, in conformità a quanto previsto dall'articolo 117, comma terzo, della Costituzione, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale garantendo che vi sia una corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la capacità di carico del territorio e dell'ambiente.”

In particolare, il Titolo IV della Legge contiene le disposizioni finalizzate a raccordare il livello normativo comunitario e quello regionale, alla luce del quadro istituzionale venutosi a creare con la riforma del Titolo V della Costituzione. Con riferimento al relativo contesto temporale, la legge regionale 26/2004 infatti disciplina:

-          all’art. 24, le modalità attraverso cui effettuare il monitoraggio dell'attuazione della direttiva 2001/77/CE sullo sviluppo delle fonti rinnovabili elettriche;

-          all’art. 25, le modalità attraverso cui dare diretta attuazione alla direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia.

 

1.     L’evoluzione del contesto normativo: il Pacchetto 20-20-20

Nel marzo 2007 il Consiglio europeo siglò un accordo, successivamente declinato nel cosiddetto pacchetto clima-energia-ambiente "20-20-20". Esso costituisce l’insieme dei provvedimenti operativi con cui l'UE conferma la volontà degli Stati membri di continuare ad impegnarsi nel processo negoziale per la lotta ai cambiamenti climatici per il post-Kyoto, ovvero dopo il 2012.

              Tale pacchetto si inquadra nell'ambito dei negoziati preliminari alla Conferenza della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP15) di Copenaghen, negoziati nei quali l'UE ha riaffermato la posizione di ridurre unilateralmente le emissioni del 20% entro il 2020 e, in caso di accordo internazionale, di impegnarsi progressivamente per il 2030 e il 2050 a ridurre rispettivamente del 30% e del 50% le proprie emissioni rispetto ai livelli del 1990.

Dal punto di vista della strumentazione legislativa, l’adozione del “pacchetto clima-energia-ambiente 20-20-20" ha comportato la necessità di riformulare i provvedimenti fino a quel momento assunti, per consentirne l’adeguamento alle finalità previste dal pacchetto.

Nel periodo tra il 2001 e il 2008 erano stati infatti emanati una serie di protocolli e azioni che, alla luce dell’accordo, possono essere definiti come preparatori e propedeutici. Tali atti sono formalizzati in una serie di direttive comunitarie, tra le quali ne ricordiamo di seguito alcune con i loro obiettivi specifici:

-          Dir. 2001/77/CE: sviluppo delle fonti rinnovabili elettriche, che riporta obiettivi senza prevedere regimi sanzionatori;

-          Dir. 2002/91/CE: rendimento energetico nell’edilizia, che introduce l’obbligo della certificazione energetica degli edifici, oltre alla esigenza di stabilire requisiti minimi di prestazione energetica per gli interventi edilizi;

-          Dir. 2004/8/CE: promozione della cogenerazione, che promuove la diffusione della produzione combinata di energia elettrica e calore;

-          Dir. 2005/32/CE: progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (cd. Ecodesign), che fa il paio con la Dir. 1992/75/CE, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici (cd. Ecolabelling);

-          Dir. 2006/32/CE: efficienza degli usi finali dell’energia e servizi energetici.

Di conseguenza, a partire dal 2009 la Commissione europea ha presentato una serie di proposte legislative miranti al contestuale conseguimento, entro il 2020, di:

-          obiettivi di riduzione obbligatori del 20% delle emissioni di gas serra;

-          ricorso a energie rinnovabili per il 20% del consumo energetico globale dell'Unione europea;

-          impiego di una percentuale di biocarburanti pari al 10% nel settore dell'autotrazione;

-          obiettivo indicativo di aumento del 20% dell'efficienza energetica.

Nel seguito, viene dato sommariamente conto dell’evoluzione normativa a livello comunitario.

 

3.1 Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle fonti rinnovabili

Nell'ottica di implementare gli impegni fino allora espressi in materia di Fonti Rinnovabili di Energia (FER), nell'aprile 2009 viene emanata la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che contribuirà in modo significativo alle politiche nazionali in materia.

La direttiva, che sostituisce la precedente 2001/77/CE, introduce l’obbligo del raggiungimento dell’obiettivo europeo del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico globale dell'Unione europea entro il 2020. Tale obiettivo è poi suddiviso in sotto-obiettivi nazionali vincolanti per gli Stati membri: la Commissione europea ha siglato l'obiettivo nazionale per l'Italia pari a una quota del 17% di energia da fonti rinnovabili (FER) del consumo finale lordo di energia (il cd “burden sharing nazionale”, poi declinato, nel nostro Paese, con il “burden sharing regionale” con il DM 15 marzo 2012: alla Regione Emilia-Romagna è stato assegnato un obiettivo pari al 9% dell’obiettivo nazionale). La novità senz’altro più significativa (oltre alla cogenza dell’obiettivo) è costituita dal fatto che l’ambito di competenza della Direttiva viene esteso dalla sola energia elettrica all’insieme degli usi finali (prevedendo quindi quote di FER a copertura dei fabbisogni di energia termica e di energia per autotrazione).

La Direttiva, inoltre, sottolinea lo stretto collegamento tra lo sviluppo dell'energia da fonti rinnovabili e l'aumento dell'efficienza energetica: spetta agli Stati membri migliorare in modo significativo l'efficienza energetica in tutti i settori al fine di realizzare più facilmente i loro obiettivi in materia di energia da fonti rinnovabili, espressi in percentuale del consumo finale lordo di energia.

Gli Stati membri devono tener conto della combinazione ottimale di tecnologie per l'efficienza energetica e di energia da fonti rinnovabili. Al fine di evidenziare il contributo "extra" che il miglioramento dell'efficienza energetica può determinare anche per il conseguimento del target italiano per l'utilizzo di fonti rinnovabili, è dedicato un paragrafo del Piano d'azione nazionale per le fonti rinnovabili implementato dall'Italia.

Molto brevemente, si richiama l'attenzione sui seguenti aspetti della Direttiva:

-l'art. 4 stabilisce che gli Stati membri devono redigere un proprio Piano d'azione nazionale per le fonti rinnovabili (PAN), notificandolo alla Commissione entro il 30 giugno 2010. Ogni Stato Membro notifica 6 mesi prima alla Commissione un documento previsionale contenente:

- una stima della produzione in eccesso di energia rinnovabile rispetto alla traiettoria indicativa;

- la stima del potenziale per progetti comuni fino al 2020;

- una stima della domanda di energie rinnovabili da soddisfare con mezzi diversi dalla produzione nazionale, fino al 2020.

A fronte di questa analisi ex-ante, i Piani di Azione Nazionali sulle energie rinnovabili fissano gli obiettivi nazionali per la quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti, dell'elettricità, del riscaldamento e refrigerazione al 2020, definendo misure atte a raggiungere i target prefissati.

si regolano altresì i possibili trasferimenti statistici tra gli Stati membri (art 6) e i progetti transazionali per la produzione da FER (artt. 7-8), al fine di raggiungere la quota necessaria ad ogni Stato per perseguire il proprio target nazionale; inoltre, gli artt. 9-10 disciplinano i Progetti comuni (nuovi) tra Stati membri e Paesi terzi. Uno o più Stati membri possono cooperare con uno o più Paesi terzi su tutti i tipi di progetti comuni per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Gli Stati possono quindi:

-          concludere accordi per il trasferimento statistico da uno Stato all'altro di una determinata quantità di energia rinnovabile

-          contribuire alla realizzazione di un nuovo impianto per la produzione di energia rinnovabile in forma di elettricità, calore e freddo in un territorio di altro Stato membro.

- gli artt. 15 e 16 disciplinano rispettivamente le garanzie di origine (GO) dell'elettricità, del riscaldamento e della refrigerazione da fonti rinnovabili con la funzione di provare al cliente finale la quota di energia da fonti rinnovabili nel mix energetico del fornitore di energia e, l'accesso e funzionamento delle reti così da imporre ai medesimi gestori di assicurare la trasmissione e la distribuzione dell'elettricità prodotta da FER.

 

3.2 Direttiva 2010/30/UE (etichettatura prodotti) e la Direttiva 2009/125/CE (eco design)

La Direttiva 2010/30/UE del 19 maggio 2010, che sostituisce la 92/75/CEE, concerne l'indicazione del consumo di energia, e di altre risorse, mediante etichettatura e informazioni uniformi relative ai prodotti. L'obiettivo della Direttiva è quello di istituire un quadro per l'armonizzazione delle misure nazionali sull'informazione degli utilizzatori finali, realizzata in particolare mediante etichettatura e informazioni uniformi sul prodotto, sul consumo di energia e, se del caso, di altre risorse essenziali durante l'uso nonché informazioni complementari per i prodotti connessi all'energia, in modo che gli utilizzatori finali possano scegliere prodotti più efficienti.

La Direttiva amplia il campo di applicazione delle norme sull'etichettatura energetica (prima solo elettrodomestici) a tutti i prodotti che hanno un notevole impatto sul consumo energetico e definisce gli obblighi e le responsabilità a carico dei fornitori e dei distributori, in materia di informazione e di etichettatura.

Il formato dell'etichetta manterrà la classificazione precedentemente adottata esclusivamente per gli elettrodomestici con le lettere da A a G, alle quali si aggiungono tre classi addizionali A+, A++ e A+++.

La direttiva 2009/125/CE riformula i contenuti della precedente Direttiva 2005/32/CE del 6 luglio 2005, istituendo il nuovo quadro di riferimento per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia.

E’ previsto che l’attuazione di entrambe queste Direttive avvenga attraverso appositi regolamenti, con riferimento alle specifiche tipologie di prodotti interessati: come noto, i regolamenti comunitari trovano applicazione diretta, e non abbisognano quindi di alcuna azione legislativa di recepimento da parte degli Stati membri.

3.3 Direttiva 2010/31/UE (EPBD)

La prima direttiva europea concernente il rendimento energetico in edilizia è la Energy Performance Building Directive, (EPBD) 2002/91/CE che, considerato l'alto potenziale di risparmio del settore edilizio (valutato attorno al 40%), intende definire le misure chiave per il miglioramento delle prestazioni energetiche del comparto. Obiettivo generale della 2002/91/CE è promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni per quanto riguarda il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi. Le disposizioni  riguardano:

-          il quadro generale di una metodologia per il calcolo del rendimento energetico integrato degli edifici;

-          l'applicazione di requisiti minimi in materia di rendimento energetico degli edifici di nuova costruzione;

-          l'applicazione di requisiti minimi in materia di rendimento energetico degli edifici esistenti di grande metratura sottoposti a importanti ristrutturazioni;

-          la certificazione energetica degli edifici;

l'ispezione periodica delle caldaie e dei sistemi di condizionamento d'aria negli edifici.

              Tale direttiva è stata integrata dalla nuova Direttiva 2010/31/UE (maggio 2010) sulla prestazione energetica nell'edilizia, che ha i medesimi scopi della precedente ma con integrazioni quali:

-          l'adozione di una comune metodologia di calcolo della prestazione energetica. Gli Stati membri applicano una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici in conformità al quadro generale comune, definito dalla Direttiva.

-          il calcolo dei livelli ottimali in funzione dei costi per i requisiti minimi di prestazione energetica. Gli Stati membri calcolano livelli ottimali in funzione dei costi per i requisiti minimi di prestazione energetica avvalendosi del quadro metodologico comparativo stabilito dalla Direttiva e trasmettono alla Commissione una relazione contenente tutti i dati e le ipotesi utilizzati per il calcolo, con i relativi risultati;

-          la riqualificazione energetica immobili esistenti. Eliminazione della soglia di 1000 m2 per gli edifici esistenti. Requisiti minimi efficienza per le ristrutturazioni per almeno il 25% della superficie o del valore. Il ruolo guida del settore pubblico. Gli edifici pubblici aventi una metratura totale di oltre 500 m2 e aperti al pubblico dovranno esporre degli attestati di certificazione energetica. Entro cinque anni la metratura sarà ridotta a 250 m2. Strumenti di finanziamento. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti per esaminare gli strumenti di finanziamento e di altro tipo necessari per migliorare la prestazione energetica degli edifici e il passaggio a edifici a energia quasi zero sulla base delle circostanze nazionali. 

-gli "Edifici a energia quasi zero". Gli Stati membri provvedono affinché:

- entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero;

- a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione di proprietà e/o occupati da enti pubblici siano edifici a energia quasi zero;

- elaborano piani nazionali destinati ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero e definiscono politiche e obiettivi, finalizzate a incentivare la trasformazione degli edifici ristrutturati in edifici a energia quasi zero.

3.4 Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica

La nuova direttiva si pone l'obiettivo di aumentare l'uso efficiente dell'energia per ridurre del 20% i consumi energetici, con un risparmio valutato in circa 50 miliardi di euro l'anno; non contiene di per sé un obiettivo vincolante, ma misure vincolanti da adottare.

Le principali misure previste dalla direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica riguardano:

- Gli edifici pubblici dotati di impianti di riscaldamento o di raffreddamento, per i quali, fatto salvo l'articolo 7 della direttiva 2010/31/UE, ciascuno Stato membro garantisce che dal 1° gennaio 2014 il 3% della superficie coperta utile totale sia ristrutturata ogni anno per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica che esso ha stabilito in applicazione dell'articolo 4 della direttiva 2010/31/UE. La quota del 3% è calcolata sulla superficie coperta totale degli edifici con una superficie coperta utile totale superiore a 500 m²; da luglio 2015 tale soglia è abbassata a 250 m².

- Le imprese energetiche di pubblica utilità, che devono raggiungere un risparmio energetico di almeno 1,5% per anno sul totale dell'energia venduta ai consumatori finali. Il calcolo del risparmio energetico aggiuntivo va effettuato sulla base della media dei consumi dei 3 anni precedenti l'entrata in vigore di questa direttiva; possono invece essere escluse le vendite di energia per i trasporti.

- Le grandi imprese, che saranno obbligate ad audit energetici svolti ogni 4 anni, in modo indipendente da esperti accreditati. L'inizio di questi cicli di audit deve avvenire entro tre anni dall'entrata in vigore di questa direttiva. Sono escluse dall'audit le piccole e medie imprese.

- Gli strumenti di finanziamento, che devono favorire l'attuazione delle misure di efficienza energetica. Pertanto, gli Stati membri devono impegnarsi a facilitare la costituzione di questi strumenti finanziari.

La direttiva abroga, integrandone i temi di interesse, le precedenti direttive 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione e 2006/32/CE sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici.

 

1. Il quadro normativo nazionale

4.1 Il recepimento della Direttiva 2009/28/CE

La direttiva 2009/28/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto Legislativo 28/2011 “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. In seguito a tale recepimento sono stati modificati gli allegati alla Delibera dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna n. 156/2008 tramite le Delibere di Giunta Regionale 1366/2011 e 832/2012.

Nell'ottica del Burden sharing gli impegni del pacchetto 20-20-20, relativamente alla produzione di energia da fonti rinnovabili, sono stati suddivisi tra le 21 regioni italiane che quindi dovranno impegnarsi nel raggiungimento dei target stabiliti. Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 15 marzo 2012 ha provveduto alla definizione puntuale del Burden Sharing tramite la quantificazione degli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e alla definizione delle modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle regioni e delle provincie autonome.

L’obiettivo assegnato all’Emilia-Romagna è di 1.229 ktep, corrispondente all’8,9% dei consumi finali lordi al 2020.  Sempre con riferimento a questi obiettivi la Regione Emilia Romagna ha avviato un progetto con le amministrazioni provinciali e comunali di redazione di Piani Clima locali per la definizione di azioni di mitigazione per la riduzione dei gas climalteranti.

La Regione Emilia-Romagna è impegnata nel raggiungimento degli obiettivi di copertura dei fabbisogni energetici mediante fonti rinnovabili attraverso un complesso di azioni pianificate e sviluppate nell’ambito del Piano Triennale di Attuazione 2011-2013 del Piano Energetico Regionale. I target individuati sono più ambizioni di quelli assegnati con il Burden Sharing di cui al DM 15/03/2012.

4.2 Il recepimento della Direttiva 2010/31/UE

Il recepimento a livello nazionale della Direttiva 2010/31/UE è stato operato con il Decreto Legge 4 giugno 2013, n. 63 (“Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”), convertito con legge 3 agosto 2013, n. 90 (“Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”). Il provvedimento apporta significative modifiche ed integrazioni al decreto legislativo n. 192 del 2005, con il quale si era proceduto al recepimento della precedente Direttiva 2002/91/CE.

Si ricorda che sulla base della precedente Direttiva, la Regione Emilia-Romagna ha attivato dal 1° gennaio 2009 il proprio sistema di certificazione energetica degli edifici, sulla base delle disposizioni di cui alla Delibera di Assemblea Legislativa (DAL) n. 156 del 2008. Il sistema è gestito attraverso l’utilizzo di una piattaforma informatica interattiva, grazie alla quale vengono gestiti:

-          il sistema di accreditamento dei soggetti certificatori: a dicembre 2013 risultano accreditati quasi 7.000 soggetti certificatori operanti sul territorio regionale

-          il sistema di registrazione degli attestati emessi: a dicembre 2013 risultano registrati oltre 500.000 attestati di prestazione energetica

A seguito del recepimento della Direttiva 2010/31/UE, occorrerà quindi provvedere alla revisione complessiva della disciplina regionale in materia di certificazione energetica degli edifici.  In particolare le modifiche dovranno riguardare, tra l’altro:

-          l’aggiornamento dei contenuti dell’Attestato di prestazione energetica, tenendo conto degli ulteriori criteri introdotti per la caratterizzazione energetica degli edifici (emissione CO2; fabbisogni di energia termica dell’involucro; comportamento dell’edificio in regime estivo; fabbisogni per illuminazione), previa introduzione delle relative metodologie di calcolo;

-          la completa attuazione al sistema di controllo della qualità degli Attestati emessi, di cui all’art. 18 della direttiva, fino ad ora realizzato in ambito sperimentale, con l’introduzione delle sanzioni previste dalla nuova disciplina; in proposito, si segnala che la Regione Emilia-Romagna ha già avviato in via sperimentale e fin dal 2011 un programma annuale di controllo degli Attestati di Certificazione Energetica, conforme alle disposizioni della direttiva: sono quindi state realizzate tre campagne di controllo, e la materia sarà compiutamente regolamentata nell’ambito della revisione complessiva della normativa regionale

Occorrerà altresì provvedere all’aggiornamento della normativa regionale in materia di requisiti minimi di efficienza energetica degli edifici (punti 3 e 4 della DAL 156/08 e s.m.). In particolare le modifiche riguardano:

-          la definizione di un piano regionale (in accordo e coordinamento con il piano nazionale) per la diffusione di edifici a energia quasi zero (NZEB), considerando che tutte gli edifici di  nuova costruzione dovranno rispondere a tale requisito;

-          l’aggiornamento delle metodologie e delle procedure di calcolo per la determinazione della prestazione energetica degli edifici, dei sistemi e dei componenti, tenendo conto della evoluzione della normativa tecnica in materia (a livello nazionale, lo standard tecnico attuale è costituito dalla specifica UNI-TS 11300; a livello europeo, è in corso la revisione delle norme CEN sulla base della specifica CEN 15603);

-          l’aggiornamento dei requisiti minimi di efficienza energetica degli edifici – soprattutto per quanto riguarda la climatizzazione estiva – sulla base dei livelli ottimali di prestazione in funzione dei costi di realizzazione degli interventi, in particolare per quanto riguarda gli edifici esistenti.

Del resto, va qui ricordato che gran parte della disciplina di settore prevista dalla Direttiva 2010/31/UE era già stata recepita dalla Regione con atti precedenti: è il caso, ad esempio, della previsione dell’obbligo di indicare negli annunci di vendita di immobili il loro rendimento energetico, già inserito nella DGR 1366/2011.

 

4.3 Il recepimento della Direttiva 2012/27/UE

La Direttiva sull’efficienza energetica in edilizia non è ancora stata recepita dallo Stato italiano. Tuttavia, si ritiene di poter anticipare, ancora una volta, il provvedimento nazionale nel rispetto degli indirizzi che la Direttiva indica esplicitamente. A seguito del recepimento, Regione Emilia-Romagna assumerà i provvedimenti necessari al raggiungimento degli obiettivi previsti, sia con eventuali interventi sui provvedimenti normativi di propria competenza, sia – soprattutto – nell’ambito del 3° Piano Attuativo 2014-2017 del Piano Energetico Regionale.

Anche per definire più correttamente gli obiettivi regionali nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale per l’Efficienza Energetica (il 2° PAEE è presentato dal Governo alla UE nel 2011, in conformità agli obblighi previsti dalla Direttiva 2006/32/CE) che dovrà essere oggetto di revisione sulla base della nuova Direttiva, Regione Emilia-Romagna ha attivato un sistema di monitoraggio dei risultati delle azioni intraprese sul territorio regionale per aumentare l’efficienza energetica (mediante il rilascio dei TEE – Titoli di Efficienza Energetica).

              E’ significativo qui ricordare che nell’ambito della citata disciplina in materia di rendimento energetico degli edifici (DAL 156/08), già oggi la Regione Emilia-Romagna prevede condizioni particolari per la adozione diffusa di sistemi di cogenerazione ad alto rendimento.

 

1.     La revisione della legge regionale n. 26/2004  “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”

              E’ in questo contesto che si inserisce il Titolo II del presente progetto di legge, finalizzato – nel suo complesso – a consentire il riallineamento della disciplina regionale in materia di energia al quadro normativo sovraordinato, con particolare riferimento al recepimento ed attuazione delle Direttive Comunitarie 2009/28/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE.

Oggetto dell’intervento legislativo proposto è la revisione della legge regionale n. 26 del 2004 “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”, che reca la disciplina generale in materia di energia vigente in Emilia-Romagna.

Oltre ad alcune lievi modifiche volte all’aggiornamento del testo, contenute nell’art. 2 del progetto di legge regionale in esame, con i successivi articoli 3 e 4 esso prevede la revisione complessiva del titolo IV della Legge dedicato all’attuazione delle Direttive comunitarie, e più in particolare:

a)     la sostituzione dell’art. 24 “Monitoraggio dell'attuazione della direttiva 2001/77/CE” con le norme contenute nel Capo I “Attuazione della direttiva 2009/28/CE”, il quale si compone di cinque articoli (da articolo ad articolo 24-quinquies). La ratio della proposta va ricercata soprattutto nella modifica del ruolo dei soggetti istituzionali coinvolti nell’attuazione della Direttiva, che nella versione precedente riportava obiettivi indicativi di produzione di energia elettrica da FER (da cui il significato del termine “monitoraggio” riportato nel titolo), mentre la versione attuale definisce, come si è visto, obiettivi cogenti per gli Stati membri (quantificati mediante il burden sharing nazionale), poi articolati in obiettivi regionali (con il burden sharing di cui al DM 15 marzo 2012). Di conseguenza, il progetto di legge definisce con il necessario dettaglio le modalità e la strumentazione che Regione Emilia-Romagna mette in campo per consentire il conseguimento (e l’eventuale miglioramento) degli obiettivi proposti.

Il progetto di legge qui proposto mira, dunque, ad adeguare l’ordinamento regionale alle norme europee (direttiva n. 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) e statali (decreto legislativo n. 28/2011 di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili) sul burden sharing, cioè sulla condivisione tra gli Stati europei degli obblighi relativi all’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Si veda in proposito il nuovo art. 24 del presente progetto di legge che prevede che la programmazione regionale assuma come minimi gli obiettivi definiti a livello nazionale relativamente al consumo finale lordo di energia della Regione, coperta da fonti energetiche rinnovabili. La previsione suddetta, si propone un avanzamento verso una decisa promozione delle fonti rinnovabili di energia, superando gli obiettivi statali in proposito.

Nello stesso senso vanno le previsioni che promuovono la massima semplificazione possibile della disciplina attinente gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 24 bis) e che favoriscono il sostegno di apparecchiature e sistemi per le rinnovabili (art. 24 ter).

a)     la sostituzione dell’art. 25 “Attuazione della Direttiva 2002/91/CE” della legge regionale n. 26 del 2004 con le norme contenute nel Capo II “Attuazione della Direttiva 2010/31/UE”, il quale si compone di otto articoli (da articolo 25 ad articolo 25-octies). Si tratta di una importante riforma delle norme sul rendimento energetico negli edifici, ambito nel quale si è maggiormente sviluppata in questi ultimi anni l’azione legislativa della Regione, a partire dalla emanazione della Delibera di Assemblea Legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 “Atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici”, costantemente aggiornata con successivi provvedimenti. In merito vanno fatte alcune precisazioni:

i.        innanzitutto, in linea generale, va osservato come il settore della prestazione energetica degli edifici, sia oggetto di continue revisioni da parte delle fonti giuridiche statali, di rango sia primario sia secondario, spesso con manovre poco sistematiche e sovrapposizioni di norme che creano problematiche interpretative: l’azione legislativa della Regione in materia ha consentito a tutti gli operatori di questo rilevante settore economico di avere un unico riferimento normativo, comportando una riconosciuta azione di semplificazione interpretativa ed applicativa delle relative disposizioni;

ii.      la volontà di recepimento delle direttive dell’ordinamento dell’Unione europea, promotore di una fase di forte innovazione, per l’Emilia-Romagna è resa più incisiva dalla formulazione che l’art. 17 del decreto legislativo n. 192/2005, “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”, ha acquisito dopo la riscrittura operata con l’art. 13-bis del decreto-legge n. 63/2013, come convertito dalla legge n. 90 del 2013, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, recante disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”. Il citato art. 17 contiene una clausola di cedevolezza in base alla quale “le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni e alle province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2010/31/UE fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma. Nel dettare la normativa di attuazione le regioni e le province autonome sono tenute al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto. Sono fatte salve, in ogni caso, le norme di attuazione delle regioni e delle province autonome che, alla data di entrata in vigore della normativa statale di attuazione, abbiano già provveduto al recepimento”. L’ordinamento della nostra Regione, benché già in linea con molte delle previsioni delle direttive dell’Unione europea, non contiene ancora un loro recepimento espresso con atto di rango legislativo.

iii.     il recepimento in Emilia-Romagna delle fonti europee, dunque, è essenziale per garantire continuità all’ordinamento regionale in questo settore, ordinamento che, per certi profili, contiene disposizioni che promuovono in modo ancora più deciso il risparmio energetico e l’uso delle fonti di energia rinnovabili rispetto alle normative statali ed europee, che peraltro consentono tale scelta strategica.

iv.    in questa direzione, la Regione Emilia-Romagna, inoltre, intende promuovere il risparmio energetico negli edifici pubblici di nuova realizzazione, già a partire dal primo gennaio 2017, anticipando i tempi rispetto a quanto previsto dalle normative europee (art. 25).

v.      Il nostro ente, in uno spirito di promozione del risparmio energetico, intende poi implementare ed approfondire il sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici, nonché i relativi audit e controlli (articoli da 25 a 25 sexies).

vi.    Le disposizioni di cui al Capo II della nuova versione della legge regionale n. 26/2004, danno mandato quindi all’Assemblea ed alla Giunta regionali affinché completino ed attuino la saldatura tra i tre livelli normativi in questione, ossia tra la direttiva n. 2010/31/UE, in materia di prestazione energetica nell’edilizia, il d.lgs. n. 192/2005 e la legge regionale n. 26/2004. All’adozione di un regolamento di Giunta viene demandata la definizione degli aspetti marcatamente tecnici o di dettagli procedurali.

b)     le disposizioni riportate nel Capo III “Attuazione della Direttiva 2012/27/UE”, il quale si compone di sei articoli (da articolo 25- novies ad articolo 25-quaterdecies), costituiscono il recepimento, in anticipo rispetto al livello nazionale, della nuova Direttiva comunitaria in materia di efficienza energetica. Si tratta di un provvedimento complesso, caratterizzato da diverse sfaccettature, che ridisegna l’approccio metodologico per garantire il contenimento dei consumi energetici negli usi finali: il testo proposto fa esplicito riferimento ai campi di intervento per i quali la Direttiva prevede una competenza regionale, mentre non vengono riportate le disposizioni altrimenti indirizzate.

c)     infine, le disposizioni riportate nel Capo IV “Disposizioni comuni ai Capi I, II e III”, composto di un solo articolo – articolo 25-quinquiesdecies, riporta il sistema sanzionatorio previsto in caso di inadempienze agli obblighi previsti dalla legge.

Da ultimo, l’art. 5 del progetto di legge riporta le disposizioni vigenti nel periodo transitorio, fino a quando cioè non sarà completata la revisione delle norme oggi in vigore (DAL 156/08 e s.m.i.) mediante emanazione dei provvedimenti attuativi previsti.

 

Illustrazione dei singoli articoli del Titolo II in materia di energia.

 

Articolo 2 - Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26, “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”

L’art. 2 del presente progetto di legge regionale, abroga il comma 5 dell’art. 1 della L.R. n. 26/2004, “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”, il quale contiene una elencazione delle tipologie di fonti rinnovabili che riporta alla lettera quella contenuta nella direttiva 2003/54/CE.

La lista contenuta nella legge regionale citata, successivamente è stata ampliata: il comma 2 dell’art. 2, della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili ha, infatti, compreso tra queste fonti energetiche ulteriori tipologie di rinnovabili.

Ora il comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. n. 28 del 2011, attuando la direttiva n. 2009/28/CE, riproduce esattamente l’elencazione delle fonti rinnovabili così come risulta dal combinato disposto delle due direttive sopra citate del 2003 e del 2009. Alla luce delle considerazioni svolte, la lista delle tipologie di fonti rinnovabili, contenuta nel comma 5 dell’art. 1 della L.R. n. 26/2004, risulta quindi superata.

Una sua eventuale riformulazione nel nuovo testo di legge regionale in materia di energia, configurerebbe una ripetizione pedissequa del contenuto di altre disposizioni.

 

Articolo 3 - Sostituzione dell’articolo 24 della legge regionale n. 26 del 2004

L’articolo 3 introduce nella legge regionale n. 26 del 2004 il Capo I (Attuazione delle direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE).

 

Capo I - Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili

Articolo 24 - Attuazione della direttiva 2009/28/CE

Il testo dell’articolo sostituisce il precedente, che faceva riferimento alla Direttiva 2001/77/CE, oggi abrogata. Al primo comma si prevede che “il Piano Triennale di Attuazione del Piano Energetico Regionale promuova la realizzazione di impianti di produzione di energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili che devono coprire una quota parte del consumo finale lordo di energia della Regione, articolata in obiettivi annuali. Detta quota parte sia definita in coerenza con il quadro normativo nazionale di riferimento e con i relativi strumenti di programmazione, i cui obiettivi sono assunti come minimi”.

Al fine di chiarire la previsione sopra illustrata, è opportuno percorrere per sommi capi le principali disposizioni europee, nazionali e regionali di interesse. L’adozione del Piano Energetico Regionale (PER), principale strumento attraverso il quale la Regione può programmare ed indirizzare gli interventi anche strutturali nel settore, è prevista dalla legge del 9 gennaio 1991, n. 10, all’art. 5.

Tra le funzioni della Regione la L.R. n. 26/2004, all’art 2, comma 1, lettera a), include l'approvazione e l'attuazione del Piano energetico regionale (PER), nonché il suo periodico aggiornamento sulla base dei risultati ottenuti. Il comma 1 dell’art 9 della legge regionale n. 26/2004, specifica che il PER viene poi attuato attraverso piani triennali di intervento approvati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta e programmi annuali approvati dalla Giunta regionale.

“Il PER è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, ha di norma durata decennale e può essere aggiornato con la medesima procedura in considerazione di mutamenti del sistema energetico aventi rilevanti riflessi sugli obiettivi e sulle linee di intervento dallo stesso individuati ovvero per renderli compatibili con gli impegni nazionali sui cambiamenti climatici e con gli obiettivi indicativi nazionali di promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili.” (comma 3, art. 8, della legge regionale n. 26 del 2004).

“La delibera consiliare di approvazione del PER ha efficacia di programmazione economico-finanziaria ai fini della individuazione delle linee regionali di intervento e degli stanziamenti di bilancio da impegnare, dando priorità al risparmio energetico, alle fonti rinnovabili ed all'ambientalizzazione degli impianti energetici. Alla stessa consegue direttamente la fase di attuazione del PER di cui all'articolo 9.” (comma 4, art. 8, della legge n. 26/2004).

L’art. 9 che segue tratta appunto del Piano energetico attuativo. La procedura prevista per i due piani energetici è la medesima: proposta della Giunta ed approvazione dell’Assemblea legislativa.

Il Piano triennale in materia di energia, in quanto attuativo del PER, che è atto di programmazione economico-finanziaria si pone come consequenziale rispetto al PER. Il Piano energetico ambientale regionale è stato approvato con deliberazione dell’Assemblea legislativa 14 novembre 2007, n. 141, mentre con deliberazione dell'Assemblea legislativa 26 luglio 2011, n. 50 è stato approvato il Secondo Piano triennale di attuazione del Piano energetico regionale 2011-2013.

Tali atti e politiche regionali hanno, comprensibilmente, nelle scelte europee e statali degli interlocutori di rilievo.

La Commissione europea, infatti, in attuazione della decisione del Consiglio europeo su di un piano d’azione per una politica energetica europea del marzo 2007, ha presentato la comunicazione “Due volte 20 per il 2020 - L'opportunità del cambiamento climatico per l'Europa” (COM(2008)30) con cui ha illustrato un pacchetto di interventi nel settore dell'energia e della lotta ai cambiamenti climatici, il cd. pacchetto clima-energia.

Tale strategia dell’Unione europea è stata recepita dai Paesi membri con modalità diverse: gli obiettivi di risparmio energetico, differenziati per ciascuno Stato, sono composti da una quota fissa ed una quota variabile in relazione alla popolazione ed al PIL.

La ripartizione dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili è declinato in altri sotto-obiettivi assegnati dallo Stato alle Regioni. Il decreto 15 marzo 2012 del Ministero dello Sviluppo Economico (c.d. decreto “Burden Sharing”) sulla “Definizione e qualificazione degli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e definizione della modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni e delle Province autonome, assegna ad ogni Regione degli obiettivi in termini di sviluppo delle fonti rinnovabili e stabilizzazione dei consumi energetici.

Il D.M. prevede che il contributo delle Regioni nell’ambito delle rinnovabili, sia per i soli versanti riguardanti  i settori dell’elettricità, del calore e del raffrescamento, perché “l’aumento dei consumi di energia da fonti rinnovabili nei trasporti dipende quasi esclusivamente da strumenti nella disponibilità dello Stato”.

Gli obiettivi di consumo di energia da fonti rinnovabili contenuto nel decreto citato è stato definito sulla base dei contenuti del Piano di Azione Nazionale (PAN) per le energie rinnovabili. Le Regioni hanno un congruo periodo di tempo per recepire i target nei rispettivi piani energetici e il termine per l’aggiornamento degli obiettivi del PAN è stato fissato per il 31 dicembre 2016.

Il decreto definisce il concetto di consumo finale lordo di energia di una Regione (art. 2 comma 2) e di energia rinnovabile (art. 2 comma 3) e fissa in una Tabella A la Traiettoria degli obiettivi regionali, dalla situazione iniziale al 2020. Il D.M. suddetto prevede, tra l’altro, un sistema di monitoraggio statale ed un potere sostitutivo dello Stato per il caso di mancato rispetto del vincolo di risparmio assegnato alla Regione.

Al secondo comma del progetto in esame si prevede poi che il Piano Triennale di attuazione del Piano energetico regionale di cui all’art. 9 promuova altresì l’efficienza ed il risparmio energetici, anche attraverso gli strumenti di cui all’articolo 25-novies.

In questo comma dell’art. 2 del presente progetto di legge si pone il tema della copertura finanziaria degli interventi per la promozione dell’efficienza e del risparmio energetico.

Gli strumenti autorizzativi e di copertura della spesa non mancano: PER, PTA Programmi annuali approvati dalla Giunta regionale (articoli 8 e 9 della L.R. n. 26/2004).

L’art. 12 della L.R. n. 26/2004, al primo comma, stabilisce, in particolare, che “è istituito il Fondo regionale per l'attuazione del PER” ed al secondo comma che al finanziamento del Fondo si provvede con le risorse regionali definite con la legge di bilancio e con le risorse statali e comunitarie attribuite alla Regione per la realizzazione di interventi di settore.

Al terzo comma della disposizione in esame si prevede che “l’Assemblea legislativa individui, coerentemente agli indirizzi nazionali in materia, le caratteristiche delle aree e dei siti che non sono idonei per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili,  tenendo conto dei diversi impatti conseguenti alla dimensione degli impianti ed alla tecnologia utilizzata, al fine di conciliare l’istanza di tutela delle caratteristiche paesaggistiche, ambientali e storico-culturali del territorio con l’esigenza della valorizzazione della produzione di energia da fonte rinnovabile”.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione, infatti, la competenza in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” è attribuita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, secondo la classica ripartizione in base alla quale la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato, mentre la competenza per la predisposizione della disciplina di dettaglio è attribuita alle Regioni.

In tema di energia, però, è noto che lo Stato, appellandosi ad esigenze inderogabili di unitarietà di indirizzo e di coordinamento dei livelli di governo, si sia di fatto impadronito di importanti porzioni di potestà legislativa, anche di dettaglio, a discapito del ruolo degli enti regionali, mediante l’attivazione del meccanismo della “chiamata in sussidiarietà”.

Di rilievo, in proposito, appare la sentenza del 12 maggio 2011, n. 165, in cui la Corte costituzionale, dopo aver confermato l’orientamento giurisprudenziale prodottosi in tema di “chiamata in sussidiarietà” da parte dello Stato delle funzioni amministrative e, per via del principio di legalità, anche della parallela disciplina legislativa nella materia di competenza concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, compie un ulteriore passo in avanti, consentendo che l’attrazione in sussidiarietà coinvolga addirittura anche il momento attuativo-realizzativo di interventi la cui “natura strategica” impone che “la loro realizzazione proceda in modo unitario e coordinato, giacché le finalità complessive concordate tra Stato e Regioni potrebbero essere frustrate, se si verificassero forti discrasie nei tempi e nelle modalità di esecuzione.

In tale ottica si può inserire la disciplina di cui qui di seguito si dà conto.

Il comma 10 dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, determina la possibilità per le Regioni di individuare aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, ma solo in attuazione delle linee guida, emanate con D.M. 10 settembre 2010, “Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, volte in particolare ad assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio.

Secondo i giudici costituzionali (sentenza n. 282/2009) sono costituzionalmente illegittime le norme regionali che individuano una serie di aree territoriali ritenute non idonee all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Esse, infatti, contrastano con la normativa statale di cornice posta dall’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387/2003, la quale, anziché fissare specifiche limitazioni o divieti inderogabili, demanda ad apposite linee guida, da adottare in sede di Conferenza unificata, il compito di assicurare un corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio. La Corte Costituzionale ribadisce, pertanto, che, solo in attuazione di tali linee guida, le singole Regioni possono procedere all’indicazione di aree e siti.

Con sentenza n. 224 dell'11 ottobre 2012 la Corte Costituzionale ha sottolineato come anche le Regioni a statuto speciale sono soggette al rispetto dei principi fondamentali in materia di energia, attribuiti alla competenza esclusiva dello Stato, tra i quali rientra la disciplina della localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile.

Il punto 17 dell’allegato 3 delle “Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” emanate con il D.M. del 10 settembre 2010, specifica le modalità di individuazione delle zone non idonee da parte delle Regioni e rimanda all’allegato 3 del D.M. per una ulteriore definizione dei criteri di individuazione delle stesse ed è stata prevista la necessità di motivare, area per area e con riferimento a specifiche tipologie di impianti, l’eventuale non idoneità di un’area.

L’ art 17, comma 2, del Decreto del 10 settembre 2010, stabilisce che ”le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing), in applicazione dell'articolo 2, comma 167, della legge 244 del 2007, come modificato dall’articolo 8 bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti.

Le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la Regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole”.

La disposizione, così come indicata nel progetto di legge, risulta quindi opportuna ai fini di un riallineamento delle disposizioni regionali a quelle statali ed europee.

 

Articolo 24-bis - Atti di indirizzo per le procedure autorizzatorie

Al comma 1 dell’articolo proposto si prevede che la Regione “adotti atti di indirizzo e coordinamento nei confronti degli enti locali per favorire un’omogenea applicazione delle disposizioni relative alle procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in modo che siano proporzionate ed orientate alla massima semplificazione possibile”.

Tale previsione riprende la lettera b) del comma 2 dell’art 2 della legge regionale più volte citata e che prevede appunto che la Regione coordini i compiti attribuiti agli enti locali per l'attuazione del titolo II della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (“Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”).

Lo stesso d. lgs n. 28 del 2011, attuativo della direttiva per la promozione delle fonti rinnovabili, all’art. 37, comma 4, lettera d), prevede che le Regioni emanino “indirizzi agli enti locali, in particolare per il contenimento dei consumi energetici e per lo svolgimento dei procedimenti di competenza degli enti locali relativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione da fonti rinnovabili”.

Vi sono, in ogni caso, una serie di disposizioni ad hoc che prevedono la possibilità di adottare procedimenti “semplificati” quali ad es.:

-          l’art. 4 del D.M. sul “burden sharing” che prevede che le Regioni indirizzino gli enti locali “per lo svolgimento dei procedimenti di loro competenza, relativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, secondo i principi di efficacia e di semplificazione amministrativa e applicando il modello dell’autorizzazione unica per impianti ed opere di rete connesse” (art 4, comma 3, lett. a);

-          l’art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, che disciplina la “procedura abilitativa semplificata” per l’attività di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al comma 9 dispone che “le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 (procedura abilitativa semplificata) agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica di cui all’articolo 5”;

-          il comma 11, art 7, del dlgs. n. 28 del 2011, ha previsto per le Regioni la possibilità di estendere la comunicazione per le attività in edilizia libera agli impianti alimentati da fonte rinnovabile con potenza nominale fino a 50 kW, nonché agli impianti fotovoltaici di qualsiasi potenza da realizzare sugli edifici, fatta salva la disciplina in materia di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche.

-          l’art 8 del d. lgs citato, prevede che le Regioni stabiliscano semplificazioni per il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di metano e di adeguamento di quelli esistenti ai fini delle distribuzione del metano.

Il quadro autorizzativo per gli impianti alimentati a fonti energetiche rinnovabili, anche in base a quanto risulta dal d. lgs n. 387 del 2003 può essere diviso tra Regione, Provincia e Comune a seconda del tipo di impianto.

Gli enti locali sono titolari di funzioni in materia di energia di tipo autorizzativo oltre che programmatorio e, dato il complesso articolato normativo, l’emanazione di atti di indirizzo può essere opportuna.

Il fondamento generale di questa disposizione può essere reperito o nelle singole disposizioni che consentono procedure autorizzatorie semplificate o nel generale potere di indirizzo e coordinamento che l’ente Regione possiede nei confronti degli Enti locali.

Atti di coordinamento e semplificazione, possono risultare opportuni ma non pare che occorra una disposizione ad hoc in quanto ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma della Costituzione, le Regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i Comuni e le Province.

“La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione  territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali” (Testo Unico delle Autonomie Locali, art 5, comma 4).

Un generale potere di indirizzo relativo alle procedure che necessitino di un coordinamento unitario è quindi desumibile dall’impianto normativo sopra visto.

Nell’adottare semplificazioni procedimentali occorre comunque richiamare l’orientamento della Corte costituzionale sul punto.

Secondo la Corte, la disciplina degli impianti di energia da fonti rinnovabili deve essere ricondotta alla materia di competenza legislativa concorrente della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 275 del 2012), i cui principi fondamentali, vincolanti le Regioni, sono contenuti nelle norme del d.lgs. n. 387 del 2003 ed in specie nell’art. 12 (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010 e n. 282 del 2009), nonché nelle norme del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) ed in particolare negli artt. 5, 6 e 7 (sentenze n. 275 del 2012 e n. 99 del 2012).

Quanto alle Linee guida di cui al D.M. dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, per la autorizzazione di impianti da fonti rinnovabili,  adottate in attuazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, si evidenzia che la vincolatività delle stesse nei confronti delle Regioni deriva dal fatto che esse, che costituiscono “necessaria integrazione delle previsioni contenute nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003” (sentenza n. 275 del 2012), sono state adottate, in ragione degli ambiti materiali che vengono in rilievo, in sede di Conferenza unificata e quindi nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni (sentenza n. 308 del 2011).

La “ponderazione concertata” imposta dal comma 10 dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 ai fini del bilanciamento fra esigenze connesse alla produzione di energia ed interessi ambientali (sentenza n. 192 del 2011) assegna alle predette Linee guida lo stesso carattere di “principi fondamentali” delle norme dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, alle quali quindi le Regioni devono attenersi.

 

Articolo 24-ter - Incentivi e requisiti prestazionali per l’energia rinnovabile

Il comma 1 affida alla Giunta regionale il compito di definire, nell’ambito dei propri programmi, i sistemi di incentivazione degli investimenti privati e pubblici al fine di garantire i più elevati livelli di risparmio energetico e la massima efficienza degli impianti. 

L’allegato 2 (art. 10, comma 1) del D. lgs del 2011, contiene i “Requisiti e specifiche tecniche degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ai fini dell’accesso agli incentivi nazionali”. Per quanto riguarda i sistemi incentivanti sono definiti dal Dlgs. N. 28/2011 agli articoli 24 e seguenti.

Tale scelta è conforme in ogni caso allo Statuto regionale che affida alla Giunta il compito di individuare i criteri per la concessione dei benefici economici (articolo 46, comma 2, lettera k), per quanto riguarda i fondi provenienti dalla Regione. Le sedi più opportune per tale definizione sono il PER e il Piano triennale attuativo, ai sensi dell’art 5 della legge n. 10 del 1991 che assegna ai piano regionali la funzione di atti di programmazione economico-finanziaria ed ai sensi degli articoli 8 e 9 della L.R. n. 26/2004.

Al comma 2, il progetto di legge si dispone inoltre che la Regione stabilisca I requisiti minimi di copertura dei consumi energetici degli edifici mediante energia da fonti rinnovabili prodotta da impianti in essi installati, in relazione alla tipologia di edificio e di intervento edilizio siano definiti con regolamento e che esso precisi altresì  le condizioni in base alle quali gli obblighi di rispetto dei requisiti di cui sopra possano essere soddisfatti mediante soluzioni alternative, quali ad esempio l’allacciamento alla rete di teleriscaldamento urbano o mediante altre forme che garantiscano analoghi risultati sul bilancio energetico regionale, ivi compresa la partecipazione in impianti collettivi.

L’articolo 11 del D.lgs 28/11 stabilisce che le singole Regioni possano prevedere incrementi nei valori di integrazione, rispetto a quelli previsti dall’allegato 3 dello stesso D.lgs. L’obbligo di installare impianti a fonti rinnovabili viene ribadito dal Dpr. N. 59/2009, applicativo del Dgls 192/2005 e contenente criteri, metodi di calcolo e requisiti minimi per edifici e impianti termici. Questo Dpr. riporta integralmente il comma 12 dell’Allegato I, rimandando a sua volta a un successivo provvedimento ai sensi dell’articolo 4, del decreto legislativo  n. 192/05.

Il Dpr. n. 59/09 contiene anche un elemento di novità: l'obbligo di installare impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica negli edifici di nuova costruzione e in quelli esistenti soggetti a ristrutturazione con superficie utile superiore a 1000 metri quadri.

Il Dlgs introduce nella normativa il concetto di “edificio sottoposto a ristrutturazione rilevante”. Si tratta di un “edificio che ricade in una delle due seguenti categorie: a) edificio esistente avente superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, soggetto a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro; b) edificio esistente soggetto a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria”.

Le disposizioni non si applicano agli edifici protetti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004) e a quelli specificamente individuati come sottoposti a protezione negli strumenti urbanistici, qualora il progettista evidenzi che il rispetto delle prescrizioni implica un'alterazione incompatibile con il loro carattere storico e artistico.

Il Dlgs 192/2005, così come modificato dal Dl 63/2013, ha introdotto nella normativa il concetto di "ristrutturazione importante di un edificio", da non confondersi con la "ristrutturazione rilevante" di cui sopra.

Il Dlgs 192/05, art.2, comma 1 lettera l-vicies quater riporta la definizione di ristrutturazione importante di un edificio: un edificio esistente è sottoposto a ristrutturazione importante quando i lavori in qualunque modo denominati (a titolo indicativo e non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo) insistono su oltre il 25 per cento della superficie dell'involucro dell'intero edificio, comprensivo di tutte le unità immobiliari che lo costituiscono, e consistono, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nel rifacimento di pareti esterne, di intonaci esterni, del tetto o dell'impermeabilizzazione delle coperture;"

Il Dlgs 28/11 contiene anche la definizione di “edificio di nuova costruzione”, che è da intendere come un “edificio per il quale la richiesta del pertinente titolo edilizio, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” (il 29 marzo 2011).

Il D.lgs 192/05 contiene una definizione alternativa, anch'essa vigente, di "edificio di nuova costruzione", definendolo come un “edificio per il quale la richiesta di permesso di costruire o denuncia di inizio attività, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”, cioè il 20 agosto 2005.

Le indicazioni sopra riportate sono svolte solo a fini di precisazione circa gli edifici che possono essere sottoposti agli obblighi di copertura di energia con fonti rinnovabili.

Occorrere, del resto, chiarire se le Regioni possono stabilire la possibilità di stabilire forme alternative quali il teleriscaldamento per la copertura di consumo di energia da fonte rinnovabile.

Articolo 24-quater - Intese con altre Regioni, enti territoriali interni a Stati membri dell’Unione europea o accordi con tali Stati

              In queste disposizioni si stabilisce che la Regione promuova, nell’ambito dei propri programmi, la cooperazione con altre Regioni per la realizzazione di progetti comuni per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili e che l’ente concluda intese con altre Regioni, con enti territoriali interni a Stati membri dell’Unione europea o accordi con Stati membri dell’Unione europea per il trasferimento statistico di una determinata quantità di energia da fonti rinnovabili, a fronte della verifica dei risultati delle azioni di cui all’articolo 24, comma 1, e previo esperimento delle procedure previste dall’articolo 6 della direttiva 2009/28/CE.

              Si stabilisce poi che le intese o gli accordi siano approvati nel rispetto dell’articolo 37 del decreto legislativo n. 28 del 2011  e nel rispetto delle procedure di cui agli articoli da 16 a  21 della legge regionale 28 luglio 2008, n. 16 (Norme sulla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione del diritto comunitario, sulle attività di rilievo internazionale della Regione sui suoi rapporti interregionali).

              La disposizione riguardante i trasferimenti statistici tra Regioni, riprende quanto previsto dall’art. 37 del d.lgs. n. 28/2011. Per quanto riguarda i trasferimenti statistici per cessione di energia da fonti rinnovabili ad altri Stati membri o a Paesi terzi, il D.M. del 2012 sul burden sharing più volte citato nella relazione in oggetto, prevede che essi debbano ottenere la previa autorizzazione del Ministero dello Sviluppo economico; ciò è necessario, per espressa affermazione contenuta nel decreto, al fine di promuovere l’uso delle fonti rinnovabili sul territorio nazionale.

 

Articolo 24-quinques - Installatori di impianti

In tale disposizione del progetto di legge, si stabilisce che vengano disciplinate le modalità di formazione per gli installatori di impianti alimentati da fonti rinnovabili e di rilascio dei relativi attestati, ai sensi della legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 e che la Regione attivi un programma di formazione o procedano al riconoscimento dei fornitori di formazione. Si rileva che i corsi di formazione in oggetto verranno attivati conformemente all’accordo in merito raggiunto in sede di Conferenza delle Regioni.

 

Articolo 4.

L’articolo 4 della proposta di legge introduce nella legge regionale n. 26 del 2004

– attraverso la sostituzione dell’articolo 25 -  i Capi II (Attuazione della Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia), Capo III (Attuazione della Direttiva 2012/27/UE in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE E 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE E 2006/32/CE) e Capo IV (Disposizioni comuni ai Capi I, II e III). Si tratta della parte più corposa del progetto di legge di modifica della LR 26/2004: articoli da 25 a 25-quinquiesdecies.

 

Capo II - Attuazione della Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia.

 

Articolo 25 - Attuazione della Direttiva 2010/31/UE in materia di prestazione energetica degli edifici

In questo primo articolo, oltre a modificare il riferimento alla normativa (precedentemente indicata nella direttiva 2002/91/CE, abrogata dalla 2010/31/UE) si definiscono le basi metodologiche sulle quali costruire il successivo provvedimento attuativo (previsto al comma 2).

Nel comma 1 si dà indicazione, in termini generali, del campo di interesse della normativa, consistente – di fatto – negli edifici di nuova costruzione o oggetto di intervento edilizio. Sarà l’atto di coordinamento tecnico a definire il dettaglio delle casistiche di interesse, e la gradualità di applicazione dei requisiti minimi di prestazione energetica da rispettare.

Il comma 2, oltre a prevedere la successiva necessaria emanazione di un atto di coordinamento tecnico, ne tratteggia i contenuti, sia in termini di esenzione che di gradualità dell’obbligo di applicazione dei requisiti, nonché la relativa metodologia di calcolo. Va qui sottolineata in proposito la indicazione di procedere alla definizione delle modalità per assicurare che gli edifici di nuova realizzazione siano “edifici ad energia quasi zero” entro il termine del 1° gennaio 2017 per gli edifici occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici ed entro il termine del 1° gennaio 2019 per tutti gli altri edifici, quindi in anticipo rispetto alle previsioni della normativa nazionale. Tale indicazione è peraltro coerente con l’impianto normativo regionale in essere, che di fatto prevede standard più severi di quelli nazionali.

              Il comma 3 dà indicazioni delle condizioni che l’atto di coordinamento tecnico dovrà rispettare per definire nello specifico contenuto tecnico i requisiti minimi di prestazione energetica richiesti: tale disposizione è indispensabile perché indirizza le scelte che la Regione potrà compiere per adattare – nello spirito e nei limiti previsti dalla normativa nazionale – i requisiti stessi ed i relativi livelli di prestazione alle esigenze specifiche. In particolare, va segnalato che la disposizione di cui alla lettera d) del comma 3 si pone nel solco dell’attuale disciplina regionale di cui alla DGR 1366/2011, che già prevede in materia che (Allegato 2 punti 8 e 9):

“8) Nei casi di cui al punto 3.1, lettera a) del presente atto, e nel caso di nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti, per gli edifici con numero di unità immobiliari superiori a 4, appartenenti alle categorie E1ed E2, così come classificati in base alla destinazione d’uso all’art. 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, è fatto obbligo in sede progettuale di prevedere la realizzazione di impianti termici centralizzati per la climatizzazione invernale.

Nel caso di edifici pubblici o a uso pubblico, così come definiti nell’Allegato 1 del presente Atto, tale obbligo è esteso:

- a tutti gli edifici, indipendentemente dal numero di unità immobiliari

- agli impianti termici per la climatizzazione estiva, qualora quest’ultima fosse prevista.

E’ possibile derogare a tale obbligo in presenza di specifica relazione sottoscritta da un tecnico abilitato che attesti il conseguimento di un analoga o migliore prestazione energetica riferita all’intero edificio mediante l’utilizzo di una diversa tipologia d’impianto.

E’ altresì consentita la installazione di impianti termici individuali, comunque per un massimo di unità immobiliari inferiore al 30% del totale dell’edificio, nel caso di nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti e in assenza delle condizioni tecnico-economiche per realizzare un impianto centralizzato. Qualora si superi la soglia sopra indicata, anche attraverso interventi successivi, è necessaria l’adozione di un impianto centralizzato, prevedendo anche la riconversione degli impianti individuali già installati.

9) In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità immobiliari superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell'impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, appartenenti alle categorie E1 ed E2, così come classificati in base alla destinazione d’uso all’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, nel caso di interventi di ristrutturazione dell’impianto termico non è possibile prevedere la trasformazione da impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità immobiliare.

E’ possibile derogare a tale obbligo in presenza di specifica relazione sottoscritta da un tecnico abilitato che attesti il conseguimento mediante tale trasformazione di un migliore rendimento energetico dell’edificio rispetto a quello conseguibile con la ristrutturazione dell’impianto centralizzato”.

Tali previsioni scaturiscono dalla necessità di dare corpo, eliminando ogni ambiguità interpretativa, a quanto previsto in materia dal DPR 59/2008: “In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell'impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, … è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti; le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere ad eventuali interventi finalizzati alla trasformazione degli impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al comma 25”.

Infine, il comma 4 stabilisce che la Giunta regionale procede alla definizione dei format di riferimento per la redazione della relazione tecnica e dell’attestato di qualificane energetica degli edifici, ovvero della documentazione tecnica che fornisce evidenza oggettiva ed attestazione del rispetto dei requisiti minimi previsti in fase di progettazione e realizzazione dell’edificio.

Adempimenti per il rispetto dei requisiti di prestazione

L’articolo in questione affronta un nodo cruciale dal punto di vista procedimentale, ponendo le basi per consentire il raccordo delle disposizioni procedimentali connesse agli interventi di “ristrutturazione importante” e di “riqualificazione energetica” previsti dal D.Lgs. 192/2005 con quelle di cui alla LR 15/2013.

La L.R. n. 15 del 2013 individua infatti gli interventi edilizi utilizzando sia un criterio tipologico che un criterio oggettivo. In primo luogo l’art. 7, comma 1, della L.R. n. 15/13 stabilisce che sono soggetti ad attività edilizia libera tutti gli “interventi di manutenzione ordinaria”, nonché una lunga serie di interventi individuati sulla base del loro oggetto (ad es.: interventi interni per l’eliminazione delle barriere architettoniche, serre mobili, pavimentazione e finitura di spazi esterni, ecc.).

Lo stesso criterio misto è utilizzato dall’art. 13 per individuare le opere soggette a SCIA. Il comma 1 infatti precisa che ad essa sono subordinati tutti gli interventi non riconducibili all’ambito di applicazione dell’attività edilizia libera e del permesso di costruire, ma poi ne elenca taluni (probabilmente a titolo esemplificativo), individuandoli in alcuni casi per tipologia e in altri casi per oggetto. Sono infatti menzionate, ad esempio: le opere di manutenzione straordinaria e le opere interne che non abbiano le caratteristiche per essere realizzate con CIL; gli interventi di restauro scientifico e quelli di restauro e risanamento conservativo; la ristrutturazione edilizia; gli interventi di nuova costruzione (a determinate condizioni). Ma sono al contempo ricondotti all’ambito della SCIA, ad esempio: le recinzioni, le cancellate e i muri di cinta; la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza; le opere pertinenziali non classificabili come nuova costruzione.

L’articolo 17, infine, per individuare gli interventi soggetti a permesso di costruire utilizza soltanto un criterio tipologico:

a)              gli interventi di nuova costruzione con esclusione di quelli soggetti a SCIA;

b)              gli interventi di ripristino tipologico;

c)              gli interventi di ristrutturazione urbanistica.

Gli interventi di efficientamento energetico degli edifici, a seconda della loro estensione, potrebbero integrare un’ipotesi di manutenzione ordinaria o straordinaria, oppure potrebbero anche essere realizzati in occasione di una ristrutturazione edilizia. Senza una disciplina ad hoc, quindi, dovrebbero essere ricondotti di volta in volta ad una delle tipologie previste dalla L.R. n. 15/13 ed al correlato titolo abilitativo edilizio.

Rispetto alla versione precedente, il riformato D.Lgs. 192/2005 introduce però all’art. 2 categorie specifiche di interventi edilizi, nel chiaro tentativo di evidenziare la differenza concettuale tra le definizioni classificatorie di cui alla normativa edilizio-urbanistica (utilizzabili a fini procedurali ed autorizzativi) da quelle di specifico interesse per l’efficienza energetica, per i quali devono essere rispettati determinati requisiti:

"riqualificazione energetica  di  un  edificio"  un edificio esistente è sottoposto a riqualificazione energetica quando i lavori in qualunque modo denominati,  a  titolo  indicativo  e  non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo, ricadono in  tipologie  diverse  da  quelle indicate alla lettera 1-vicies quater;

"ristrutturazione importante di un edificio": un edificio esistente è sottoposto a ristrutturazione importante quando i lavori in qualunque modo denominati  (a  titolo  indicativo  e  non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo) insistono su oltre il 25  per  cento  della superficie dell'involucro dell'intero edificio, comprensivo di  tutte le unità immobiliari che lo costituiscono e consistono, a titolo  esemplificativo e non esaustivo, rifacimento di pareti esterne, di intonaci  esterni, del tetto o dell'impermeabilizzazione delle coperture;

Si determina quindi una oggettiva ambiguità  quando ci si trovi di fronte ad interventi che dal punto di vista edilizio-urbanistico sono senz’altro riconducibili alla procedura prevista per la manutenzione ordinaria, per i quali però – in determinate situazioni – è necessario rispettare requisiti minimi di prestazione energetica che impongono l’adozione di soluzioni tecnologiche diverse da quelle preesistenti (quali, ad esempio, l’inserimento di uno strato coibente precedentemente non previsto). Il rispetto di tali requisiti presuppone l’intervento di un progettista (perché la soluzione tecnologica adeguata deve essere individuata e dimensionata adeguatamente) e di un direttore lavori (che sorvegli la regolare esecuzione nel rispetto delle indicazioni progettuali), senza dimenticare il ruolo di controllo che la pubblica amministrazione deve esercitare.

Per risolvere tale ambiguità, l’art. 25-bis conferisce all’atto di coordinamento tecnico previsto dall’all’articolo 25 il potere di stabilire, in funzione delle diverse tipologie di lavori, gli adempimenti richiesti per garantire il rispetto dei requisiti minimi di prestazione energetica.

Articolo 25-ter - Sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici

              L’articolo proposto definisce l’architettura complessiva del sistema di certificazione energetica degli edifici che deve essere implementato in conformità alle disposizioni del D.Lgs. 192/2005 come modificato dalla Legge 90/2013. Occorre qui precisare che la Regione Emilia-Romagna si è dotata di una propria normativa in materia, costituita dalla Delibera di Assemblea Legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 e s.m.i. La Regione Emilia-Romagna ha attivato dal 1° gennaio 2009 il proprio sistema di certificazione energetica degli edifici, gestito attraverso l’utilizzo di una piattaforma informatica interattiva, grazie alla quale vengono gestiti:

-          il sistema di accreditamento dei soggetti certificatori: a dicembre 2013 risultano accreditati quasi 7.000 soggetti certificatori operanti sul territorio regionale

-          il sistema di registrazione degli attestati emessi: a dicembre 2013 risultano registrati oltre 500.000 attestati di prestazione energetica

              Con il comma 1, l’articolo proposto definisce quindi il percorso di aggiornamento della normativa regionale, in coerenza con le modifiche apportate alla disciplina nazionale conseguenti al recepimento della Direttiva 2010/31/UE e del Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 75 “Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192”. In esso si riporta la previsione di un’apposita deliberazione della Giunta regionale che, sostituendo le corrispondenti disposizioni di cui alla DAL 156/08, definirà le procedure attraverso cui procedere alla certificazione energetica degli edifici, come specificato ai successivi commi 3 e 4. Si sottolinea che la novità più significativa consiste nella previsione dell’implementazione di un sistema di verifica della conformità degli attestati emessi, non previsto dalla precedente Direttiva 2002/91/CE cui la DAL 156/08 dà attuazione.

Con il comma 2 viene prevista la costituzione dell’Organismo regionale di accreditamento, cui vengono affidate le funzioni necessarie ad assicurare il pieno ed efficace funzionamento del sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici: anche in questo caso, si sottolinea che tale previsione conferma le condizioni operative già oggi previste con la DAL 156/08. Nel successivo comma 5 si attribuisce alla Giunta regionale in compito di individuare tale Organismo.

I successivi commi 3 e 4, come si è detto, forniscono il quadro di riferimento per procedere, mediante la citata deliberazione, alla regolamentazione operativa del sistema di certificazione energetica. Va sottolineato ancora che i contenuti più innovativi rispetto all’attuale situazione sono quelli indicati alla lettera d), che definiscono le modalità attraverso cui procedere alla implementazione del sistema di controllo di conformità degli attestati emessi.

Il comma 7 definisce le modalità attraverso cui i soggetti coinvolti dal sistema di certificazione energetica concorrono dal punto di vista economico alla funzionalità del sistema: tale previsione è coerente con quanto indicato dall’art. 4 comma 2 lett. e) del DPR 75/2013, dove viene indicato che le Regioni devono “predisporre …. un sistema di accertamento della correttezza e qualità dei servizi di certificazione energetica, direttamente o attraverso enti pubblici ovvero organismi pubblici o privati di cui sia garantita la qualificazione e indipendenza, e assicurare che la copertura dei costi avvenga con una equa ripartizione tra tutti gli utenti interessati

 

Articolo 25-quater - Regime di esercizio e manutenzione degli Impianti termici

 

L’articolo proposto definisce l’architettura complessiva del sistema di controllo ed ispezione degli impianti termici che deve essere implementato in conformità alle disposizioni del D.Lgs. 192/2005 come modificato dalla Legge 90/2013. Anche in questo caso, è necessario qui precisare che la Regione Emilia-Romagna è già dotata di una propria normativa in materia, costituita dalla Delibera di Assemblea Legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 e s.m.i. che a sua volta fa riferimento alle disposizioni di cui alla DGR 387/2002 attuativa del DPR 412/93.

Il comma 1 definisce quindi il percorso di aggiornamento della normativa regionale, in coerenza con le modifiche apportate alla disciplina nazionale conseguenti al recepimento della Direttiva 2010/31/UE e del Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 74 (Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192). In esso si riporta la previsione di un apposito regolamento regionale che, sostituendo le corrispondenti disposizioni di cui alla DAL 156/08 e alla DGR 387/2002, definirà:

-          le condizioni che devono essere rispettate per l’esercizio, la manutenzione ed il controllo degli impianti termici;

-          le procedure attraverso cui procedere alla ispezione degli impianti termici.

Si sottolinea che le novità più significative consistono nella estensione dell’ambito di interesse della disciplina (che viene allargata agli impianti di climatizzazione estiva) e nella attribuzione di specifiche competenze alla Regione in materia di implementazione del sistema informativo regionale (catasto impianti termici) e di esecuzione delle attività di accertamento ed ispezione.

I successivi commi forniscono il quadro di riferimento per procedere, mediante il citato regolamento, alla regolamentazione operativa del sistema di accertamento ed ispezione degli impianti termici, così come i successivi articoli 25-quinquies, 25-sexies, 25-septies e 25-octies riportano disposizioni specifiche in materia, articolate per soggetto di competenza.

 

Articolo 25-quinquies - Conduzione, manutenzione e controllo degli impianti termici

Come si è detto, l’articolo proposto specifica le competenze e le responsabilità del responsabile dell’impianto e dell’operatore da questi incaricato per le attività di manutenzione e controllo degli impianti termici.

In particolare, l’articolo definisce le modalità attraverso cui quest’ultimo deve trasmettere le risultanze delle attività di propria competenza (rapporto di controllo tecnico) nel catasto regionale degli impianti termici.

 

Articolo 25-sexies - Accertamenti e ispezioni

L’articolo proposto specifica le competenze e le responsabilità della Regione per la realizzazione delle attività di accertamento ed ispezione degli impianti termici, che devono essere affidate, sul piano operativo, agli esperti e organismi accreditati.

Articolo 25-septies - Misure di sostegno

              L’articolo proposto individua le principali misure di sostegno per garantire il rispetto delle misure stabilite per la conduzione ed il controllo degli impianti, e per la funzionalità del sistema di accertamento ed ispezione. In particolare:

-          impegna gli Enti locali ad avviare iniziative di informazione ed assistenza all’utenza finale;

-          impegna la Regione a garantire programmi di qualificazione dei soggetti cui affidare le attività di accertamento ed ispezione;

-          definisce le modalità attraverso cui i responsabili di impianto concorrono dal punto di vista economico alla funzionalità del sistema: tale previsione è coerente con quanto indicato dall’art. 10 comma 3 lett. c) del Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 74, dove viene indicato che le Regioni devono “assicurare la copertura dei costi necessari per l'adeguamento e la gestione del catasto degli impianti termici, nonché per gli accertamenti e le ispezioni sugli impianti stessi, mediante la corresponsione di un contributo da parte dei responsabili degli impianti, da articolare in base alla potenza degli impianti, secondo modalità uniformi su tutto il territorio regionale”.

 

Articolo 25-octies - Comunicazione sugli impianti riforniti

              L’articolo proposto specifica e dettaglia le responsabilità dei distributori di combustibile in merito alle modalità di assolvimento degli obblighi di comunicazione di cui all'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 192/2005. La definizione delle relative modalità viene rimandata al regolamento di cui all’art. 25-quater.

 

Capo III - Attuazione della Direttiva 2012/27/UE in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE E 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE E 2006/32/CE

 

Articolo 25-novies - Finalità

L’articolo proposto introduce il Capo III, nel quale vengono raccolte le disposizioni relative al recepimento ed alla attuazione della 2012/27/UE in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE E 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE E 2006/32/CE. In particolare, il testo dell’articolo specifica le finalità del provvedimento,

Al primo comma si prevede che “la Regione nell’ambito dei programmi attuativi del Piano Energetico regionale di cui all’articolo 8, definisce l’obiettivo indicativo regionale di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica”.

Al fine di chiarire la previsione sopra illustrata, è opportuno percorrere per sommi capi le principali disposizioni europee, nazionali e regionali di interesse. L’adozione del Piano Energetico Regionale (PER), principale strumento attraverso il quale la Regione può programmare ed indirizzare gli interventi anche strutturali nel settore, è prevista dalla legge del 9 gennaio 1991, n. 10, all’art. 5.

Tra le funzioni della Regione la L.R. n. 26/2004, all’art 2, comma 1, lettera a), include l'approvazione e l'attuazione del Piano energetico regionale (PER), nonché il suo periodico aggiornamento sulla base dei risultati ottenuti. Il comma 1 dell’art 9 della legge regionale n. 26/2004, specifica che il PER viene poi attuato attraverso piani triennali di intervento approvati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta e programmi annuali approvati dalla Giunta regionale.

“Il PER è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali, ha di norma durata decennale e può essere aggiornato con la medesima procedura in considerazione di mutamenti del sistema energetico aventi rilevanti riflessi sugli obiettivi e sulle linee di intervento dallo stesso individuati ovvero per renderli compatibili con gli impegni nazionali sui cambiamenti climatici e con gli obiettivi indicativi nazionali di promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili.” (comma 3, art. 8, della legge regionale).

“La delibera consiliare di approvazione del PER ha efficacia di programmazione economico-finanziaria ai fini della individuazione delle linee regionali di intervento e degli stanziamenti di bilancio da impegnare, dando priorità al risparmio energetico, alle fonti rinnovabili ed all'ambientalizzazione degli impianti energetici. Alla stessa consegue direttamente la fase di attuazione del PER di cui all'articolo 9.” (comma 4, art. 8, della legge n. 26/2004).

L’art. 9 che segue tratta appunto del Piano energetico attuativo. La procedura prevista per i due piani energetici è la medesima: proposta della Giunta ed approvazione dell’Assemblea legislativa.

In vista degli obiettivi previsti dal cosiddetto "pacchetto clima-energia 20/20/20" (2009/29/Ce), la Direttiva 2012/27/Ue chiede agli Stati membri di risparmiare energia fissando obiettivi nazionali indicativi di efficienza energetica e prevedendo un piano d'azione per l'efficienza energetica da presentare ogni tre anni (nel 2014, nel 2017 e nel 2020).

Con la Decisione 2013/242/Ue, la Commissione europea ha stabilito un modello da seguire per la redazione dei piani di azione, specificando le informazioni che gli Stati membri sono tenuti a fornire sulle misure adottate o pianificate per attuare gli elementi principali della direttiva sull'efficienza energetica.

Una volta definiti gli obiettivi nazionali di risparmio energetico (con il primo Piano per l'efficienza energetica che lo Stato deve presentare alla Commissione entro il 2014), la Regione assumerà i propri obiettivi nell’ambito degli strumenti di programmazione sopra indicati.

Il comma 2 dell’articolo proposto individua, coerentemente alle indicazioni formulate dalla citata Direttiva comunitaria, gli indirizzi strategici verso i quali far convergere i programmi e le azioni di propria competenza.

 

Articolo 25-decies - Cogenerazione e reti di teleriscaldamento e teleraffreddamento

L’articolo proposto focalizza l’attenzione su uno degli aspetti più significativi della Direttive, per quanto concerne le competenze della Regione, ovvero la promozione della cogenerazione e delle reti di teleriscaldamento e tele-raffreddamento.

La nuova direttiva 27/2012 sull’efficienza energetica fa dei sistemi efficienti di riscaldamento e raffrescamento uno dei cardini della politica energetica dell’Unione Europea, fondamentale per raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico fissati per il 2020. La Direttiva definisce all’art. 2 come “teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti” “un sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa per almeno il 50 % energia rinnovabile, il 50 % calore di scarto, il 75 % calore cogenerato o il 50 % una combinazione di tale energia e calore”. Nel medesimo articolo, al punto 42, il “riscaldamento e raffreddamento individuale efficiente” viene definito rispetto al teleriscaldamento / teleraffrescamento come “ un'opzione di fornitura individuale di riscaldamento e raffreddamento che, rispetto al teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti, riduce in modo misurabile l'apporto di energia primaria non rinnovabile necessaria per rifornire un'unità di energia erogata nell'ambito di una pertinente delimitazione di sistema o richiede lo stesso apporto di energia primaria non rinnovabile ma a costo inferiore, tenendo conto dell'energia richiesta per l'estrazione, la conversione, il trasporto e la distribuzione”.

La Direttiva individua quindi nel teleriscaldamento / teleraffrescamento efficiente l’opzione preferita per il risparmio energetico, date le potenzialità che esso offre di utilizzare calore che verrebbe altrimenti disperso.

Attualmente, circa il 5% della volumetria abitativa dell’Italia Settentrionale è teleriscaldata, concentrata in un centinaio di città medie e grandi e in una settantina di piccoli Comuni alpini, corrispondenti a 2,5-3 milioni di abitanti. L’85% della volumetria teleriscaldata è concentrato in Lombardia (45%), Piemonte (27%) e Emilia Romagna (14%),

Il comma 2 prevede che i Comuni, nella predisposizione degli strumenti di pianificazione urbana e territoriale di propria competenza, effettuino una valutazione preliminare della potenziale adozione di sistemi di cogenerazione ad alto rendimento o di teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti, valutando altresì gli effetti sulla qualità dell’aria sulla base di quanto prescritto nel piano di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 155 del 2010; l’esecuzione di tale valutazione da parte dei Comuni è però subordinato all’approvazione di appositi atti di indirizzo e coordinamento da parte della Regione ai sensi dell’articolo 16 della legge regionale n. 20 del 2000.

 

Articolo 25-undecies - Certificazione energetica degli immobili pubblici, acquisti ad alta efficienza energetica e riduzione dei consumi

Il comma 1 riconosce alla Regione il compito di promuovere l’effettuazione della diagnosi e della certificazione energetica degli immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche.

Il comma 2 specifica gli obblighi relativi al “green procurement”, con particolare riferimento a:

-          procedure di approvvigionamento, acquisto di prodotti, servizi ed immobili che privilegino soluzioni ad alta efficienza energetica,

-          il ricorso, per gli edifici di propria competenza, a servizi energetici che prevedano una riduzione dei consumi di energia misurabile e predeterminata, basati sui contratti di rendimento energetico di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115: va ricordato in proposito che analoga disposizione è rinvenibile, nella normativa nazionale, nella legge 6 luglio 2012 n. 94 di conversione del Dl 7 maggio 2012, n.52, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica è entrata in vigore il 7 luglio 2012 e contiene un interessante articolo riguardante le ESCo. L’articolo 14 della Legge 94/2012 infatti stabilisce che le pubbliche amministrazioni, entro 24 mesi “sulla base delle indicazioni fornite dall’Agenzia del demanio, adottano misure finalizzate al contenimento dei consumi di energia e all’efficientamento degli usi finali della stessa, anche attraverso il ricorso ai contratti di servizio energia (…), e anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico privato (…). L'affidamento della gestione dei servizi energetici(…) deve avvenire con gara a evidenza pubblica (…)”. Il “contratto servizio energia” è una particolare tipologia contrattuale che può essere proposta nell'ambito della fornitura di un servizio energetico. I requisiti e le prestazioni che qualificano il contratto servizio energia sono contenuti nell’Allegato 2 del Dlgs 115/2008. Il principale vantaggio del servizio energia rispetto ad altri contratti, come ad esempio quello di gestione calore, consiste nella totale assunzione di responsabilità da parte di un soggetto terzo (la ESCO), che libera il beneficiario (in questo caso la pubblica amministrazione) da ogni rischio finanziario e soprattutto consente di ripagare l’intervento grazie ai risparmi conseguiti. Discorso analogo per quanto riguarda le diverse forme di partenariato pubblico privato, richiamate anch’esse nell’articolo 14 della Legge di conversione del Dl "Spending review 1".

 

Articolo 25-duodecies - Obblighi per le grandi imprese

L’articolo proposto individua alcuni obblighi a carico delle imprese (ad esclusione delle PMI), che sono tenute (conformemente alle previsioni della Direttiva) ad effettuare un audit energetico sul processo produttivo e sugli edifici, ripetuto almeno ogni quattro anni.

Il comma 2 specifica che l’assolvimento di tale obbligo è condizione necessaria per l’accesso dell’azienda a tutte le forme di sostegno o incentivazione regionali, relative a investimenti di natura produttiva.

 

Articolo 25-terdecies - Autorizzazioni alla costruzione, esercizio e ammodernamento di impianti di produzione energetica

L’articolo proposto prevede che, a partire dalla data indicata e previa emanazione da parte dello Stato delle relative linee-guida, l’autorizzazione alla costruzione di impianti di produzione di energia – per le tipologie e dimensioni previste dalla Direttiva – siano subordinate alla effettuazione di una analisi costi-benefici, basata su una descrizione dell'impianto progettato e dell'impianto o degli impianti di confronto che contempli la capacità termica ed elettrica, secondo il caso, il tipo di combustibile, l'uso previsto e il numero previsto di ore di funzionamento annuale, l'ubicazione e la domanda di energia elettrica e di energia termica.

Ai fini del confronto, si tiene conto della domanda di energia termica e delle tipologie di riscaldamento e raffreddamento utilizzate dai punti in cui si registra una domanda di calore situati in prossimità. Il confronto riguarda i costi relativi alle infrastrutture dell'impianto progettato e di quello di confronto.

 

Articolo 25-quaterdecies - Sistemi di misurazione

L’articolo proposto definisce ed articola le condizioni previste dalla Direttiva per l’adozione di sistemi di regolazione e misurazione delle forniture energetiche.

In particolare, il comma 1 riguarda le forniture di calore mediante reti di teleriscaldamento, stabilendo che è obbligatoria l’installazione di un contatore individuale di calore o di fornitura di acqua calda entro il 31 dicembre 2016.

Il comma 2, di estrema rilevanza per le ricadute che comporta, prevede (coerentemente alle indicazioni della Direttiva) che in tutti gli edifici condominiali con impianto termico centralizzato vengano installati entro il 31 dicembre 2016 sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per singola unità immobiliare, rinviando all’atto di coordinamento tecnico di cui all’articolo 25 il compito di stabilire le modalità di assolvimento di tale obbligo, tenendo conto di quanto previsto in materia dalla normativa nazionale. Giova qui ricordare che la normativa attualmente in vigore in Emilia-Romagna prevede l’obbligo di  installazione di tali sistemi nelle modalità indicate dalla DGR 1366/2011 – Allegato 2 – punto 10, che recita:  10) In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità immobiliari superiore a 4, appartenenti alle categorie E1 ed E2, così come classificati  in base alla destinazione d’uso all’articolo 3, del decreto del Presidente  della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, in caso di ristrutturazione  dell’impianto termico o di installazione dell’impianto termico o di sostituzione del generatore di calore, devono essere realizzati gli  interventi necessari per permettere, ove tecnicamente possibile nel rispetto della normativa tecnica di settore, la contabilizzazione/ripartizione e la  termoregolazione del calore per singola unità immobiliare. Gli eventuali impedimenti di natura tecnica alla realizzazione dei predetti interventi,  devono essere evidenziati nella relazione tecnica di cui al successivo punto 25. La norma regionale è quindi già oggi più severa delle analoghe disposizioni nazionali, prevedendo l’obbligo di installazione di tali sistemi anche nel caso di semplice sostituzione del generatore di calore.

Il comma 3 prevede che l’assolvimento (o il mancato assolvimento) dell’obbligo di cui al comma precedente venga segnalato dal soggetto incaricato della manutenzione e controllo periodico dell’impianto termico, di cui all’art. 25-quinquies.

 

CAPO IV - Disposizioni comuni ai Capi I, II e III

Articolo 25 - quinquiesdecies - Sanzioni

Il nuovo Capo IV della legge regionale n. 26 del 2004, composto da questo unico articolo, raccoglie le disposizioni comuni ai capi precedenti in materia sanzionatoria.

 

L’articolo 5 (Norme di prima applicazione) definisce le modalità attraverso cui dare continuità all’operato regionale in materia, in attesa della emanazione dei provvedimenti attuativi previsti all’articolo 25, all’articolo 25-ter e all’articolo 25-quater.

Si stabilisce, in estrema sintesi, che rimangano in vigore le disposizioni oggi contenute nella DAL 156/08 e s.m.i., e dai provvedimenti attuativi emanati con riferimento a tale dispositivo.

 

TITOLO III - Modifiche alla legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12 (Ordinamento del sistema fieristico regionale.)

 

Da tempo, la Regione Emilia-Romagna è intervenuta, nell’ambito della sua competenza legislativa costituzionalmente riconosciuta, sulla regolamentazione della disciplina in materia fieristica.

Ne sono esempio la legge regionale n.12 del 2000 “Ordinamento del sistema fieristico regionale”, l’intervento normativo di adeguamento a indicazioni comunitarie (legge regionale n. 16 del 2005) nonchè gli interventi normativi in materia di partecipazione alle società fieristiche regionali (leggi regionali n. 15 del 2008 e n. 20 del 2009).

Con tali provvedimenti, la Regione, a partire dall’anno 2000, analizzando le dinamiche del mercato fieristico nazionale ed internazionale, ha sviluppato, in armonia con le altre regioni d’Italia, le proprie politiche in materia fieristica adattandole di fatto alle esigenze del contesto economico ed imprenditoriale di riferimento.

Il lavoro di confronto sulle problematiche del sistema fieristico e sulla necessità di adeguamento regolamentare della materia, è stato affrontato dalla Regione in ambito interregionale, secondo il vigente sistema di governance, svolgendo costantemente un ruolo di primissimo piano in seno alla Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome.

Il costante monitoraggio dell’evoluzione del mercato e del sistema fieristico nel suo complesso, anche in merito ai fenomeni di semplificazione e informatizzazione dei servizi e delle attività tipiche di questo mercato, restituisce un quadro in continua evoluzione e trasformazione. E’ sorta pertanto l’esigenza di procedere alla modifica della disciplina normativa in materia fieristica (L.R. 25 febbraio 2000  n.12) .

Tale intervento normativo risulta opportuno, fondamentalmente, per due ordini di motivi:

1) Il principale consiste nell’esigenza di riallineamento con i principi comunitari, in particolare: con la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (meglio nota come “Direttiva servizi”).

In estrema sintesi, la Direttiva impone agli Stati membri la revisione di tutte le norme che subordinano l’esercizio di attività di prestazione di servizi ad un’autorizzazione preventiva da parte della Pubblica amministrazione, consentendo il mantenimento del regime autorizzatorio solo se esso risulti non discriminatorio e giustificato da motivi imperativi di interesse generale (dettagliatamente elencati nella Direttiva).

2) Si sta operando, inoltre, per armonizzare maggiormente la legge con i regimi di semplificazione e informatizzazione amministrativa, che negli ultimi anni hanno sempre di più improntato l’agire della Pubblica amministrazione in generale, e della Regione Emilia-Romagna, in particolare, la quale, ha avviato con la L. R. n. 18 del 2011 (Misure per l’attuazione degli obiettivi di semplificazione del sistema amministrativo regionale e locale. Istituzione della sessione di semplificazione) un percorso volto alla complessiva semplificazione del sistema amministrativo regionale.

Questa “operazione” rende dal punto di vista amministrativo maggiormente efficace, e, allo stesso tempo, più agevole la gestione di tutta la materia, con evidenti vantaggi temporali ed economici anche per gli operatori fieristici.

Per citarne alcuni:

-          riduzione al minimo della documentazione da trasmettere da parte degli operatori medesimi;

-          eliminazione di vincoli allo svolgimento degli eventi;

-          facilitazioni nella rilevazione dei dati (con l’adozione delle nuove linee elaborate recentemente in sede di Conferenza delle Regioni);

-          maggiore attenzione alle esigenze di  trasparenza e libera concorrenza del mercato;

-          certezza del livello di qualificazione territoriale delle manifestazioni.

Procedendo inoltre alla suddetta rivisitazione del testo di legge è in corso (parallelamente e in armonia con l’evoluzione dell’impianto precettivo adottato in sede di Conferenza delle Regioni) un miglioramento della specifica disciplina della promozione e dell’internazionalizzazione, anche in relazione alla possibilità di utilizzo di eventuali sostegni finanziari pubblici.

Sul tema avverrà l’immediato recepimento delle rinnovande discipline (uniformate al resto del contesto europeo) con particolare riferimento ai parametri per la qualifica di fiera internazionale e al sistema di certificazione “accreditata”.

La suddetta raggiunta uniformità, sul piano delle discipline regolamentari, in ambito europeo, si traduce in una generale crescita di immagine e di opportunità per tutto il sistema fieristico emiliano-romagnolo con la conseguente ricaduta di nuove e maggiori opportunità di scambio commerciale per gli operatori di impresa che animano e partecipano attivamente della vita fieristica, quale valido e fondamentale supporto dell’intero sistema imprenditoriale regionale.

A seguito dell’approvazione definitiva del Progetto, la Regione, congiuntamente alle rappresentanze istituzionali delle altre regioni, continuerà a definire modalità attuative della disciplina e a osservare disposizioni di coordinamento con la normativa in vigore nelle altre Regioni.

Il Progetto di legge si propone pertanto di garantire coerenza con le diverse indicazioni comunitarie che si sono succedute in materia, nonché di avviare processi di razionalizzazione amministrativa in ambito regionale, coerentemente con i principi introdotti, a livello nazionale, dalla Conferenza delle Regioni.

Ciò non potrà che tradursi in risparmi di spesa e vantaggi amministrativo-gestionali; il tutto nell’ottica di approntare i più opportuni modelli per affrontare le esigenze degli utenti e garantire sostenibilità alla gestione pubblica in un periodo difficile di estrazione economica e sociale. In definitiva, la Regione intende ribadire la propria visione strategica in ordine alla necessità della presenza di un fondamentale ruolo di programmazione nell’ambito del sistema fieristico; coerente con l’avvenuta evoluzione del sistema stesso, per garantire una maggiore adeguatezza dei principi normativi,  assicurare percorsi di razionalizzazione amministrativa realizzando una superiore capacità gestionale, sia dal punto di vista della semplificazione che della qualità delle procedure attualmente in essere.

Illustrazione dell’articolato

Il Titolo III, dedicato alle modifiche alla legge regionale n. 12 del 2000 è composto da 16 articoli.

L'articolo 6, prevede modifiche all’art. 1 dedicato a “Principi generali e finalita’” della l.r. 12/2000: introduce un opportuno richiamo al rispetto della normativa europea (comma 1); viene qualificata estensivamente la funzione delle manifestazioni fieristiche sottolineandone il ruolo propulsore per la crescita sociale ed economica del territorio (comma 4), aggiungendo due nuovi commi (commi 5 e 6), sottolinea l’importanza della promozione del coordinamento interregionale  e della partecipazione della Regione alle attività di coordinamento interregionale per lo sviluppo e la regolamentazione della materia fieristica, con particolare riferimento alla qualifica territoriale delle manifestazioni fieristiche, ai requisiti dei quartieri, alla composizione del calendario, alla raccolta dei dati statistici e e alla loro qualificazione e certificazione.

L'articolo 7, modifica l’art. 5 della l.r. 12/2000 dedicato a “Qualifica delle manifestazioni fieristiche”. Illustra la funzione della qualifica territoriale e descrive le modalità di riconoscimento e attribuzione della stessa: il sistema originariamente previsto, ed in base al quale la qualifica veniva attribuita o revocata attraverso l’atto di autorizzazione regionale, viene sostituito dal meccanismo per cui la qualifica viene attribuita all’atto dell’inserimento della manifestazione nel calendario fieristico regionale. Importante specificazione è quella ai sensi della quale la qualifica costituisce requisito di accesso alle forme di promozione e pubblicizzazione del calendario stesso e ad eventuali contributi a bando. La definizione dei criteri richiesti per il riconoscimento della qualifica  viene demandata a successivo atto della Giunta regionale; il programma organizzativo e promozionale delle manifestazioni, il bilancio delle medesime ed i risultati conseguiti nelle precedenti edizioni vengono invece espunti dai requisiti da tenere in considerazione ai fini del riconoscimento, con conseguente semplificazione ed alleggerimento della procedura. Importante specificazione è quella della certificabilità, secondo parametri oggettivi, delle modalità di raccolta dei dati attinenti gli espositori ed i visitatori delle manifestazioni  fieristiche aventi qualifica internazionale, nazionale e regionale.

L’articolo 8 sostituisce l’art. 10 della l.r. 12/2000 il quale, inizialmente dedicato alla “Autorizzazione allo svolgimento di manifestazioni fieristiche”, disciplina ora la “Comunicazione dello svolgimento di manifestazioni fieristiche”: si tratta di un importante adeguamento alla normativa europea attraverso l’eliminazione di ogni richiamo ed il superamento del regime di autorizzazione presente nel testo previgente; e la sua sostituzione con una mera comunicazione di cui vengono esplicitati i contenuti.

Importante previsione è inoltre quella della pubblicazione annuale del calendario fieristico regionale, volta ad assicurare la trasparenza del mercato fieristico della Regione Emilia-Romagna. Il comma 5, infine, richiama l’opportunità di promuovere i principi della semplificazione e dell’informatizzazione delle procedure con riferimento alle manifestazioni fieristiche ed alla loro iscrizione a calendario

L’articolo 9 modifica, sostituendolo interamente, l’art. 11 della l.r. 12/2000, il quale disciplina ora “Requisiti e modalità delle comunicazioni di svolgimento di manifestazioni fieristiche” e in particolare, al comma 1, introduce un termine per la presentazione alla Regione delle “comunicazioni di svolgimento” delle manifestazioni fieristiche da iscriversi in calendario. Viene specificato che, ai fini del tempestivo aggiornamento del calendario fieristico regionale, l’organizzatore è tenuto a comunicare preventivamente ogni variazione relativa allo svolgimento delle manifestazioni già inserite in calendario. 

L’articolo 10, sostituisce, modificandolo, l’art.12 della l.r. 12/2000 dedicato all’“Istruttoria”; in particolare si prevede al comma 4, lett. a), che la certificazione  dei dati relativi al numero delle presenze registrate nelle precedenti edizioni costituisca criterio preferenziale idoneo a risolvere, in caso di mancato accordo tra le parti, le questioni relative alla sovrapposizione e concorrenza di più istanze aventi analoghe caratteristiche per periodo di svolgimento e settori merceologici, che debbano svolgersi nel medesimo ambito territoriale. Viene inoltre inserita la nuova previsione (comma 5) ai sensi della quale la Regione può, qualora rilevi la non idoneità della documentazione presentata, decidere di non iscrivere la manifestazione nel calendario regionale e o disporre la cancellazione da esso.

L’articolo 11 introduce un nuovo articolo (art. 13 bis) alla l.r. 12/2000 dedicato al “Calendario informatizzato delle manifestazioni fieristiche locali”. Tale articolo illustra la procedura, totalmente informatizzata, di generazione del calendario delle manifestazioni fieristiche con qualifica locale.

L’articolo 12 sostituisce, modificandolo, l’art. 14 della l.r. 12/2000, dedicato al “Calendario fieristico regionale”, in particolare, disciplinando al comma 1 la procedura di adozione del calendario fieristico regionale, stabilendone la tempistica e la modalità di pubblicazione. Il comma 2 elenca i contenuti del Calendario ed il comma 3 stabilisce le modalità di aggiornamento dello stesso.

L’articolo 13 sostituisce, modificandolo, l’art. 15 della l.r. 12/2000, dedicato alla “Vigilanza e sanzioni”. Esso opera un consistente restyling dell’articolo preesistente, adeguando la disciplina della vigilanza e delle sanzioni previste in caso di violazioni delle nuove norme che regolano la materia e semplificando significativamente il regime dei “divieti” presente nel testo previgente. E’ inoltre previsto un aggiornamento, sempre in un’ottica semplificatoria, degli importi delle sanzioni precedentemente fissate. L’articolo viene inoltre sensibilmente ridotto nella sua estensione, passando dai precedenti 10 commi agli attuali 6.

L’articolo 14 aggiunge un nuovo articolo (art. 16 bis) alla l.r. 12/2000 recante “Tavolo per il sistema fieristico regionale”. Con tale articolo si propone un nuovo modello di raccordo e coordinamento per il settore fieristico, che sostituisce quello precedentemente individuato dall’art. 16, nella Commissione regionale consultiva per il settore fieristico, il cui funzionamento e la cui composizione appaiono più snelli ed attuali. Vengono descritte le funzioni del Tavolo, consistenti, in via generale, nell’elaborazione delle iniziative volte alla promozione e alla realizzazione di un sistema fieristico integrato e coordinato.

L’articolo 15 sostituisce, modificandolo, l’art. 17 della l.r. 12/2000 dedicato alle “Iniziative promozionali all’estero”. L’articolo, nel richiamare i programmi regionali di promozione dell’esportazione e dell’internazionalizzazione delle imprese, da sostegno alle iniziative orientate alla promozione ed allo sviluppo sui mercati esteri del sistema fieristico regionale, con i particolari obiettivi di acquisire espositori e visitatori professionali esteri alle manifestazioni fieristiche dell’Emilia-Romagna e di rafforzare ed aumentare la diffusione e la vendita di prodotti tipici delle aree merceologiche e delle filiere del sistema produttivo regionale.

L’articolo 16 modifica l’art. 18 della l.r. 12/2000, recante “Programma di qualificazione dei centri fieristici”, contiene una semplice modifica di carattere tecnico-formale, necessaria per il corretto richiamo ad un articolo del vigente statuto della Regione. Inoltre elimina il comma 3 del previgente art.18.

L’articolo 17 sostituisce, modificandolo, l’art. 19 della l.r. 12/2000, dedicato alle “Funzioni di osservatorio regionale”. Con tale articolo si definisce la funzione di osservatorio fieristico svolta dalla regione, consistente in particolar modo nell’elaborazione di un rapporto statistico relativo alle dimensioni e alle caratteristiche delle manifestazioni e dell’intero mercato fieristico regionale.

L’articolo 18 modifica l’art. 21 della l.r. 12/2000 recante “Applicazione della legge ”. Gli aggiornamenti al testo dell’articolo si sono resi necessari, ai fini del coordinamento interno della legge, a seguito dei numerosi interventi realizzati, come sopra illustrato.

Le modifiche consistono essenzialmente nella riduzione da 3 ad un unico comma (eliminazione dei precedenti commi 1 e 3), rispetto al testo previgente, e con la modifica dei contenuti del comma 2.  Il comma in questione, alle lettere a) b) c) e d), elenca le varie materie e aspetti della disciplina fieristica che necessitano di ulteriore regolamentazione di dettaglio; nell’ordine: a) sistemi di rilevazione e certificazione dei dati; b) requisiti di idoneità dei centri fieristici; c) criteri di riconoscimento e attribuzione della qualifica; d) documenti e attestazioni inerenti la comunicazione di svolgimento delle manifestazioni fieristiche.

L’articolo 19 apporta una modifica formale all’art. 22 della l.r. 12/2000 recante “Copertura finanziaria ”, esclusivamente per aggiornare la citazione normativa della legge regionale in materia contabile attualmente in vigore.

L’articolo 20, recante “Applicazione della disciplina contenuta nel presente Titolo” stabilisce la tempistica e le modalità applicative delle nuove norme della l.r. 12 del 2000. In particolare, elenca gli atti amministrativi da adottare nel termine dei 180 giorni successivi all’emanazione della presente legge, estendendo, fino all’adozione dei suddetti atti, l’applicazione di quelli adottati in attuazione delle disposizioni contenute nel previgente testo della l.r. 12/2000.

Infine, l’articolo 21 “Abrogazioni” abroga gli articoli 13 e 16 della l.r. 12/2000.

 

TITOLO IV - MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 31 MARZO 2003, N. 7 (DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DI PRODUZIONE, ORGANIZZAZIONE E VENDITA VIAGGI, SOGGIORNI E SERVIZI TURISTICI. ABROGAZIONE DELLA L.R. 26 LUGLIO 1997, N. 23 (DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DELLE AGENZIE DI VIAGGIO E TURISMO).

 

La ratio sottesa alle modifiche alla legge regionale n. 7 del 2003 risponde alla necessità di adeguare l’assetto legislativo regionale alle indicazioni contenute nel più ampio quadro normativo comunitario di riferimento, tenendo comunque presenti evoluzioni e dinamiche economiche affermatesi fortemente dal 2008 ad oggi. La modifica nasce quindi dall’ esigenza diffusa di riformare, in modo organico, l'attuale normativa in risposta al mutamento sia del mercato delle agenzie di viaggio sia del quadro normativo inerente la materia verificatosi negli ultimi anni.

Nella revisione del testo si è tenuto conto di tematiche fondamentali quali la tutela della concorrenza (definita dalla Autorità Garante una condizione indispensabile per sviluppare nuova ricchezza da investire e da distribuire, nel rispetto delle norme etiche e sociali), l’esigenza di modernizzare tale attività in senso pro-concorrenziale nonché la tutela dei diritti dei consumatori, consolidatasi in Italia con il Codice del Consumo nel 2005, attraverso il quale si sono aperte nuove frontiere per l’attuazione di una tutela dei cittadini non solo di tipo formale, ma sostanziale.

L’intervento normativo costituisce altresì la risposta alla necessità di proseguire nel percorso di adeguamento dell’ordinamento regionale all’ordinamento europeo, come auspicato anche dall’Assemblea legislativa nella sua risoluzione di chiusura della sessione comunitaria 2013 (Risoluzione n. 3899 con cui l’Assemblea legislativa ha espresso gli indirizzi relativi alla partecipazione della Regione Emilia Romagna alla fase ascendente e discendente dell’Unione Europea.) nella quale veniva evidenziata l’opportunità, quali priorità di intervento per l’adeguamento dell’ordinamento regionale, di estendere l’istituto della SCIA all’apertura delle agenzie di viaggio, nonché il superamento del divieto di svolgimento di attività accessorie in locali indipendenti da parte delle agenzie medesime (lettera q) della citata risoluzione 3899).

Un altro obiettivo perseguito è stato quello di aumentare la qualità di questo settore: la qualità rappresenta una priorità ormai improcrastinabile a cui debbono concorrere tutti i soggetti della filiera turistica.

Le sostanziali modifiche delle attività distintive delle Agenzie di viaggio attraverso l’introduzione della possibilità di svolgimento anche in via telematica, se compatibile, tengono conto della tendenza sempre più diffusa del consumatore di utilizzare il sistema web – marketing o mercato telematico dell’inserimento.

Il web marketing sta infatti acquisendo un’importanza sempre più rilevante per le piccole come per le grandi imprese che hanno la necessità di affrontare l’attuale crisi puntando sulle potenzialità e i benefici del web e dei social media, sempre più decisivi nell’orientare le scelte degli utenti, nel facilitare la vendita di servizi e prodotti, nel promuovere un’immagine aziendale positiva e vincente.

Le recenti disposizioni statali in tema di liberalizzazione delle attività economiche (d.l. n.138/2011, d.l. n.201/2011, d.l. n. 1/2012, d.l. n. 5/2012) hanno richiesto alle Regioni una serie di verifiche sulla rispondenza dei propri ordinamenti al principio di libertà di iniziativa economica: di qui, ad esempio, il superamento del divieto di svolgimento di attività accessorie in locali indipendenti da parte delle agenzie di viaggio.

L’intenzione è quella di migliorare l’immagine della “Impresa - Agenzia di viaggio” garantendo migliori performances di competitività su un mercato in rapida evoluzione.

L’inserimento della previsione della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ai fini dell’esercizio dell’attività costituisce recepimento e adeguamento alla normativa contenuta nella direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi del mercato interno (cd. Direttiva servizi). La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) prevede una modalità più semplificata rispetto al regime autorizzatorio previsto dalla legge regionale vigente.

E’ previsto che la SCIA venga presentata al SUAP del Comune territorialmente competente e che debba attestare i richiesti requisiti strutturali e professionali; che venga presentata per l’inizio attività e per ogni variazione degli elementi indispensabili dichiarati.

Nell’intento di favorire ulteriormente l’attività delle agenzie di viaggio con l’intervento normativo in oggetto viene abrogata la previsione del deposito cauzionale, che ha determinato numerose difficoltà applicative, tanto da ritenere opportuno la sua abolizione, eliminando così una ulteriore forma di penalizzazione per le agenzie di viaggio, a fronte del mantenimento invece di norme di garanzia per il consumatore quali ad esempio la previsione di cui all’articolo 14 relativa alla polizza assicurativa la cui stipula rimane obbligatoria, così come il rinnovo annuale della medesima.

Illustrazione dell'articolato

Strutturalmente il Titolo IV della legge comunitaria regionale, contenente le modifiche alla legge regionale n. 7 del 2003 si compone di 26 articoli.

L'articolo 22 modifica l’articolo 1 della legge regionale n. 7 del 2003, dedicato alle finalità della legge: la modifica si sostanzia in un mero aggiornamento di un richiamo normativo contenuto al comma 1.

L'articolo 23 modifica l’articolo 2 della legge regionale n. 7 del 2003, il quale definisce le attività distintive delle agenzie di viaggio: tra di esse vengono ora contemplate anche quelle svolte in via telematica.

L'articolo 24 modifica l’articolo 3 della legge regionale n. 7 del 2003, attraverso la previsione di un nuovo comma 1 bis: viene ora consentito alle agenzie di viaggio lo svolgimento di ulteriori attività, nell’osservanza delle rispettive norme di settore e purché l’attività di agenzia di viaggi sia prevalente rispetto alle altre. Si specifica che la prevalenza è valutata sulla base del numero di addetti e del fatturato.

L’articolo 25 modifica l’articolo 5 sostituendo il regime autorizzatorio finora previsto per l’apertura con la previsione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui viene esplicitato il contenuto, mentre la definizione del modello su cui redigere la scia medesima viene demandata a successivo atto della Giunta regionale, il quale stabilirà altresì la documentazione da allegare. Viene evidenziata la necessità, ai fini dell’apertura dell’attività, del possesso dei requisiti strutturali e professionali di cui ai successivi articoli 9 e 10; mentre per la definizione dei requisiti di onorabilità – il cui possesso è parimenti necessario, si rimanda alla definizione di cui all’articolo 71 del d.lgs. n. 59 del 2010, attuando così una semplificazione dei richiami normativi presenti nella formulazione vigente. Il comma 6 chiarisce poi il ruolo della Provincia rispetto alla richiesta di denominazione, il cui accertamento deve essere effettuato prima della presentazione della SCIA.

L’articolo 26 modifica l’articolo 6 prevedendo per l’apertura delle filiali di agenzie già legittimate ad operare la presentazione di una mera comunicazione al Suap territorialmente competente, demandando a successivo atto di Giunta la definizione dei contenuti della comunicazione medesima.

L’articolo 28 modifica l’articolo 8 il quale ora specifica il contenuto della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); apposita Scia è prevista anche per ogni variazione degli elementi dichiarati nella scia iniziale.

L’articolo 29 modifica l’articolo 9 recante la disciplina dei requisiti strutturali delle agenzie di viaggio: viene sostituita la previsione della necessità di locali “indipendenti” ed escludenti le altre attività con la previsione di meri locali “idonei”; il comma 2 specifica ora - a seguito delle modifiche introdotte - che l’unico requisito richiesto alle agenzie che operano esclusivamente in via telematica è rappresentato da quello di cui alla lettera c) del comma 1 e cioè dal possesso di attrezzature tecnologiche adeguate alle attività da esercitare.

L’articolo 30 modifica l’articolo 10, il quale indica i requisiti professionali di cui la persona fisica titolare dell'impresa individuale o il rappresentante legale in caso di società, oppure, in loro vece, il preposto alla direzione tecnica dell'agenzia, deve risultare in possesso ai fini dell’esercizio dell’attività.

Viene esplicitato che il possesso di tali requisiti è dimostrato dall’essere nelle condizioni previste dall’articolo 29 del decreto legislativo n. 206 del 2007 relativo al riconoscimento delle qualifiche professionali o dall’aver frequentato apposito percorso formativo abilitante 

L’articolo 31 modifica l’articolo 11, il quale prevede la possibilità di chiudere temporaneamente la sede di un'agenzia di viaggio per un periodo massimo di sei mesi (con proroga non superiore a tre).

L’articolo 32 modifica, sostituendolo, l’articolo 12 il quale prevede ora che la Regione pubblichi sul proprio sito istituzionale - e aggiorni periodicamente - l’elenco delle agenzie di viaggio esistenti sul territorio regionale, nonché delle sedi secondarie e delle filiali delle medesime. La modalità diviene ora quella telematica, in sostituzione della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

L’articolo 33 modifica l'articolo 14, nel quale è ribadito l'obbligo di stipula di un'assicurazione a copertura dei rischi derivanti dall'attività svolta dalle agenzie di viaggio e la relativa metodologia operativa. Si precisa ora che la stipula dell’assicurazione da parte dell’agenzia di viaggio deve avvenire prima della presentazione della SCIA

L’articolo 40 modifica l'articolo 22 chiarendo le casistiche e le modalità con le quali le Province possono provvedere alla sospensione o alla revoca dell'apertura o dell’esercizio della attività, includendo al procedimento anche le filiali.

L’articolo 41 modifica l'articolo 23, il quale stabilisce l'ammontare delle sanzioni amministrative, aggiornando e raddoppiando gli importi originariamente previsti ed introducendo il meccanismo della “diffida” solo per le attività previste nelle lettere c), d), e) ed f) dell’articolo stesso.

L’articolo 42 abroga l’articolo 13 della legge regionale n. 7 del 2003, il quale disciplinava l’istituto del deposito cauzionale: esso non sarà più dovuto a far data dall’entrata in vigore della legge. Ciò costituisce certamente una disposizione di liberalizzazione dell’attività venendo meno un vincolo all’esercizio della medesima, nonché una disposizione di favor economico che tiene conto dell’attuale momento di crisi.

Al comma 2 dell’all’articolo 42 viene poi dettata la disciplina transitoria, concernente i tempi e le modalità con cui la Provincia provvederà allo svincolo dei depositi costituiti: entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge e previa verifica dell’inesistenza di pendenze in corso nei confronti del titolare dell’agenzia di viaggio che possano comportare rivalsa sul deposito cauzionale a suo tempo costituito dall’agenzia stessa, la Provincia provvede d’ufficio.

Gli articoli 4, 7, da 15 a 21 e da 24 a 26 della legge regionale n. 7 del 2003 sono rimasti invariati o sono stati oggetto solo di aggiornamento dei richiami normativi in essi contenuti.

 

TITOLO V - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMMERCIO

 

Capo I - Modifiche alla legge regionale n. 14 del 2003 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande)

 

L’intervento di modifica della legge regionale n. 14 del 2003 di cui al Capo I del Titolo V ha la finalità di allineare la disciplina regionale delle attività di somministrazione di alimenti e bevande alle modifiche introdotte dal legislatore statale con il decreto legislativo n. 147 del 2012 che ha novellato in particolare gli articoli 64 (somministrazione di alimenti e bevande) e 71 (requisiti di accesso ed esercizio delle attività commerciali) del decreto legislativo n. 59 del 2010. 

La previgente disciplina dettata dall’articolo 64 del decreto legislativo 59 e da alcune disposizioni della l.r. 14 del 2003 prevedeva:

- l’autorizzazione per l’apertura dell’ attività e l’ampliamento di superficie (ovunque), nonché per il trasferimento di sede soltanto in zona tutelata;

- la scia per il trasferimento di sede in zona non tutelata, per il trasferimento di gestione o titolarità di un pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ovunque (art. 13, comma 3, della LR n. 14/2003), nonchè per quelle attività di somministrazione escluse dalla programmazione ai sensi dell’articolo 4, comma 5, della legge regionale n. 14 del 2003, per le quali sia il Comune a stabilire la sostituzione dell’autorizzazione con la scia (art. 8, comma 4, della LR n. 14 del 2003).

L’articolo 64 del decreto legislativo n. 59 del 2010, come riformulato dal decreto legislativo n.147 del 2012, distinguendo tra zone del territorio sottoposte a tutela - per le quali i Comuni adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico -  e zone non soggette a tutela, prevede:

-          l’autorizzazione per l’apertura o il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico  rilasciata dal Comune competente per territorio solo nelle zone soggette a tutela;

-          la scia da presentare allo sportello unico del comune competente per territorio per l’apertura dell’esercizio ed il trasferimento di sede, negli altri casi, nonché per il trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi, in ogni caso, e per le attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitate da particolari soggetti di cui al comma 6 del  dell’articolo 3 della legge n. 287 del 1991, peraltro escluse dalla programmazione anche qualora siano svolte nelle zone del territorio  da sottoporre a tutela.

Con l’attuale intervento normativo si intende altresì adeguare l’ordinamento regionale alla nuova disciplina sui requisiti di onorabilità e professionalità per l’avvio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande dettata dal legislatore statale con il d.lgs 147 che ha  novellato l’articolo 71 del d.lgs. 59, nonché al principio della liberalizzazione degli orari per l’esercizio delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’articolo 3 del d.l. 223 del 2006, esteso – per effetto dell’articolo 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011 - a tutti i comuni non necessariamente inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche  o città d’arte.

Illustrazione dell’articolato

L’articolo 43, di modifica dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2003 prevede l’aggiornamento dei richiami normativi ivi presenti.

Con la modifica all’articolo 3 della legge regionale n. 14 del 2003 ad opera dell’articolo 44 viene eliminata la “programmazione” dalle attività che promuove la Regione.

L’intero articolo 4 della L.r. 14 del 2003 è sostituito: le modifiche di cui all’articolo 45 prevedono che sia la Giunta regionale a fissare le direttive sulla base delle quali i comuni stabiliscono criteri e requisiti strutturali per l’esercizio delle attività di somministrazione. La programmazione riservata ai Comuni viene effettuata soltanto nelle zone del territorio regionale da sottoporre a tutela, nel rispetto di quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 64 del decreto legislativo n. 59 del 2010. Le attività di somministrazione previste al comma 3 non sono soggette né alle direttive di cui al comma 1, né alla programmazione comunale di cui al comma 2 qualora siano svolte nelle zone del territorio sottoposte a tutela, in coerenza con il comma 7 dell’articolo 64 del decreto legislativo n. 59 del 2010. Ne consegue che per l’avvio di tali attività sarà sufficiente la scia, in linea con le previsioni del comma 2 dell’articolo 64 del d. lgs. n. 59 del 2010. Inoltre, per ragioni di semplificazione, è stata eliminata la Commissione regionale di cui al previgente comma 3 dell’articolo 4 oggetto di modifica, che era volta a garantire la programmazione territoriale.

L’articolo 5 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito – ad opera dell’articolo 46- da un nuovo testo che prevede che la scia o la richiesta di autorizzazione sia presentata al suap del comune competente per territorio. Le funzioni amministrative sono esercitate dal Comune in conformità ai criteri definiti sulla base delle direttive emanate dalla Giunta regionale, per le quali non è più necessario che sia sentita la competente Commissione consiliare.

L’articolo 47 del progetto di legge modifica, sostituendolo, l’articolo 6 della legge regionale n. 14 del 2003. Le modifiche intrododotte comportano in primo luogo l’aggiornamento del richiamo ai requisiti morali di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 71 del d.lgs. n. 59 del 2010, richiesti per l’esercizio dell’attività di somministrazione.

E’ contestualmente introdotta la previsione che in caso di impresa individuale i requisiti morali debbano essere posseduti, oltre che dal titolare, anche dall’eventuale altra persona preposta all’attività, mentre i requisiti professionali debbono essere posseduti, in alternativa, dal titolare o dal preposto all’attività.

E’ previsto inoltre, quale requisito professionale per l’esercizio dell’attività, lo svolgimento in proprio dell’attività per almeno due anni – anche non continuativi - nell’ultimo quinquiennio. E’ aggiornato il richiamo normativo della previsione dedicata ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea che intendano esercitare l’attività di somministrazione nel territorio regionale, cui si applica quanto previsto dal D.Lgs. n. 206 del 2007.

Infine si introduce la possibilità del cosidetto “affido di reparto” da parte del titolare di una attività di somministrazione di alimenti e bevande che può affidare la gestione di uno o più reparti, pre un periodo di tempo convenuto, ad un soggetto in possesso dei requisiti morali e professionali prescritti dall’articolo.

La modifica all’articolo 8 della legge regionale n. 14 del 2003 – prevista dall’articolo 48 - comporta la sostituzione del previgente regime per l’esercizio dell’attività di somministrazione con quello dettato dai commi 1 e 2 dell’articolo 64 del d.lgs. n. 59 del 2010. Si pongono inoltre alcune prescrizioni a cui deve soggiacere la scia.

La modifica introdotta all’articolo 9 della legge regionale n. 14 del 2003 – prevista dall’articolo 49 - dispone che non siano soggette ad autorizzazione né alla scia le attività di somministrazione svolte direttamente, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e senza fini di lucro, da alcuni enti o strutture di accoglienza.

La modifica introdotta all’articolo 10 della legge regionale n. 14 del 2003 dall’articolo 50 prevede che le attività temporanee di somministrazione siano soggette a scia o ad autorizzazione nel caso di svolgimento delle medesime in zone sottoposte a tutela. In particolare, il comma 1 – che si riferisce alle attività svolte in forma temporanea da operatori professionali- prevede che si applichi la scia anche asseverata ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990. Inoltre il soggetto deve risultare in possesso dei requisiti morali e professionali di cui all’articolo 6 della legge regionale n. 14 del 2003. Si osservano altresì le disposizioni dell’art. 8, comma 5, ad eccezione di quelli relativi alla destinazione d’uso dei locali e degli edifici.

Il comma 3 si riferisce invece alle attività di somministrazione svolte da operatori non professionali, in forma temporanea, nell’ambito di manifestazioni a carattere religioso, benefico, solidaristico, sociale o politico, per le quali sono richiesti esclusivamente i requisiti morali di cui all’articolo 6, nonché il rispetto delle norme igienico –sanitarie ed in materia di sicurezza. Tali attività sono da avviare a seguito di segnalazione certificata di inizio attività priva di dichiarazioni asseverate, nel rispetto della recente disposizione di cui all’articolo 41 del decreto legge n. 5 del 2012.

Il comma 4 prevede che lo svolgimento di manifestazioni in forma temporanea non possa avere durata superiore ai trenta giorni consecutivi, mentre il comma 5 rimane invariato rispetto al precedente testo. 

 

Agli articoli 11 e 12 della legge regionale n. 14 del 2003 sono apportate mere modifiche formali.

Con la modifica all’articolo 13 della legge regionale n. 14 del 2003, – di cui all’art. 53 - si recepisce la disciplina dettata dal comma 4 dell’articolo 64 del d.lgs. 59 del 2010 per i casi di trasferimento della gestione o della titolarità dell’esercizio di somministrazione per atto tra vivi o a causa di morte.

Le modifiche di cui all’articolo 54, che sostituisce l’articolo 14 della legge regionale n. 14 del 2003, sono volte ad estendere la previsione della durata dell’esercizio anche alle attività soggette a scia.

Con la sostituzione dell’articolo 15 della legge regionale n. 14 del 2003, ad opera dell’articolo 55, si prevede che la disciplina della decadenza, della sospensione e della revoca sia da intendersi riferita ai titoli abilitativi e non più soltanto delle autorizzazioni. Sono inoltre soppresse le parole “gli orari e” di cui al comma 2, con la conseguenza che la previsione della sospensione dell’attività di somministrazione è subordinata al mancato rispetto delle indicazioni operative decise dai Comuni per la tutela degli abitanti delle aree limitrofe e non più all’osservanza degli orari di apertura stabiliti a livello comunale.

La modifica normativa introdotta all’articolo 16 della legge regionale n. 14 del 2003, ad opera dell’articolo 56 è finalizzata ad adeguare la disciplina degli orari di apertura degli esercizi di somministrazione al principio di liberalizzazione contenuto di cui all’articolo 3 del d.l. 223 del 2006, esteso – per effetto dell’articolo 31, comma 1, del d.l. 201 del 2011 - a tutti i comuni non necessariamente inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte. La modifica introdotta all’articolo 16 sopprime l’obbligo di osservanza dei turni di apertura per gli esercizi di somministrazione.

Le modifiche introdotte all’articolo 17 ed all’articolo 18 – ad opera degli articoli 57 e 58 del progetto di legge - sono di mero aggiornamento normativo.

Con la modifica normativa apportata all’articolo 19 della legge regionale n. 14 del 2003 ad opera dell’articolo 59 è stato sostituito il titolo autorizzativo con il titolo abilitativo. Trattasi quindi di modifiche terminologiche che tengono conto della previsione della scia.

 

Capo II - Modifiche alla legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Commercio in sede fissa)

 

Il Capo II del Titolo V introduce modifiche alla legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 che costituisce l’importante legge generale di disciplina del Commercio in sede fissa al fine di renderlo massimamente conforme alla direttiva 2006/123/CE relativa alla libera circolazione dei servizi.

Inoltre le modifiche introdotte sono nell’ottica di adeguare l’ordinamento regionale ai principi generali esplicitati all’articolo 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, che così recita : “Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012, potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali”.

Secondo la prevalente interpretazione data alla disposizione statale, sia dal Ministero dello Sviluppo economico sia dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, il legislatore nazionale - per garantire la più ampia applicazione del principio di libera concorrenza al settore del commercio – avrebbe così sancito il principio generale della libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali, riconoscendo la possibilità di introdurre limiti all’esercizio delle attività commerciali (fino ad arrivare all’interdizione dell’insediamento di attività produttive e commerciali) solo laddove sia effettivamente necessario tutelare interessi generali specificamente individuati, quali la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente e dei beni culturali, purché nel rigoroso rispetto dei principi di necessità, proporzionalità e non discriminazione.

In particolare, l’articolo 60 modifica l’articolo 1, comma 2, lettera b) sopprimendo le parole “ed equilibrio”, che fanno riferimento ad un concetto non compatibile con la citata direttiva 2006/123/CE, che prevede una ampia liberalizzazione che non si concilierebbe con un ruolo pubblico regolatorio di questo genere.

L’articolo 61 modifica ampie parti dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999, con le finalità di adeguamento ricordate. Sono infatti espunti concetti come: “programmazione”, “pianificare”, “equilibrato sviluppo”, mentre viene inserita la previsione della definizione di “criteri, ai fini della pianificazione delle grandi strutture di vendita finalizzati a contenere l’uso del territorio e assicurare le compatibilità ambientali e della mobilità sostenibile” (che sono finalità certamente compatibili con la normativa europea, oltre che nazionale).

L’articolo 62 detta la disciplina di prima applicazione chiarendo che a far data dall’entrata in vigore della legge di modifica cessano di avere applicazione tutte le disposizioni della pianificazione provinciale che prevedono limiti quantitativi, anche temporanei, allo sviluppo di determinate tipologie distributive.

 

TITOLO VI - MODIFICA DELLA DISCIPLINA DELLE STRUTTURE RICETTIVE DIRETTE ALLA OSPITALITA’

 

Il Titolo VI, nell’ambito dell’azione regionale di promozione delle iniziative volte all’espansione della filiera turistica e della cantieristica nautica, nonché nella promozione delle aggregazioni tra operatori economici, prevede l’istituzione, all’interno del territorio regionale, di una nuova tipologia di struttura ricettiva: la “marina resort”.

La previsione della nuova tipologia avviene attraverso la modifica – ad opera degli articoli 64 e 65 del progetto di legge -dell’articolo 4 della legge regionale 28 luglio 2004, n. 16 recante la “Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità”, nonché attraverso l’inserimento – all’articolo 6 della citata legge regionale – della definizione di “marina resort” quale struttura organizzata per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo di porti e porticcioli appositamente attrezzato.

L’articolo 65 demanda poi demanda a successivo atto della Giunta regionale, da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, la definizione di caratteristiche, requisiti e modalità di esercizio che la nuova tipologia ricettiva deve possedere ai fini dell’apertura, gestione e classificazione.

 

TITOLO VII - ULTERIORI DISPOSIZIONI PER L’ADEGUAMENTO DELL’ORDINAMENTO REGIONALE ALLA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA E PER LA SEMPLIFICAZIONE DI SPECIFICI PROCEDIMENTI

 

Capo I - Modifiche alla legge regionale 4 agosto 1992, n. 32 relativa alla disciplina dell'attività di estetista

 

La Legge regionale n. 32/1992 “Norme di attuazione della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per la disciplina dell’attività di estetista”, all’art. 2, comma 4, prevede il rilascio di una certificazione per l’accesso al corso di abilitazione per estetista, da parte delle Commissioni Provinciali per l’Artigianato (CPA). A seguito dell’entrata in vigore della Legge regionale n. 1/2010 e della soppressione delle CPA, il Servizio regionale competente in materia di artigianato ha assunto tale funzione di attestazione.

La D.G.R. n. 1566 del 29/10/2012, recante nuove disposizioni per la formazione dell’acconciatore, al punto 6) del dispositivo prevede che “…la verifica dei requisiti di accesso al corso di formazione teorica di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), della L. 174/2005, della durata di 300 ore, è in capo ai soggetti accreditati attuatori dell’iniziativa formativa, ai quali è assegnato anche il compito dei controlli sulla documentazione e sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione rese dagli utenti.”.

La L. R. n. 12 del 2003, “Norme per l'uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro”, ha previsto – all’articolo 5 - che “1. Ogni persona ha diritto ad ottenere il riconoscimento formale e la certificazione delle competenze acquisite. Il riconoscimento può essere utilizzato, anche in ottemperanza alle disposizioni comunitarie, per conseguire un diploma, una qualifica professionale o altro titolo riconosciuto. A tal fine la Regione promuove accordi con le componenti del sistema formativo e con le parti sociali per la definizione di procedure per il riconoscimento, la certificazione e l'individuazione degli ambiti di utilizzazione delle diverse competenze, nonché per il riconoscimento delle competenze acquisite nel mondo del lavoro, utilizzabili come crediti per i percorsi formativi.

2. Titolari del potere di riconoscimento e certificazione sono i soggetti formativi del sistema. Gli organismi di formazione professionale accreditati trasmettono al sistema informativo regionale, di cui all'articolo 16, le certificazioni rilasciate al fine della costituzione del relativo repertorio.

 

Questa disposizione generale prevista dal comma 2 dell’articolo 5 della legge regionale n. 12 del 2003 per quanto riguarda l’accesso ai corsi di 300 ore per estetista è attualmente derogata da quanto disposto dalla vigente legge regionale n. 32 del 1992, laddove assegna la funzione di certificazione alle soppresse CPA.

Per poter uniformare le procedure previste per l’accesso ai corsi di 300 ore per estetisti ed acconciatori (per i quali sono stabiliti requisiti d’ingresso assolutamente analoghi) si rende opportuno procedere ad una modifica della L.R. n. 32/1992, così conseguendo una significativa semplificazione e de-certificazione, in attuazione di quanto previsto dal D.P.R. 445/2000.

              In termini di benefici sostanziali per gli utenti che scaturirebbero da tale modifica, si possono prevedere:

-          una maggiore celerità e semplificazione della procedura di accertamento, in quanto gli interessati non dovrebbero più rapportarsi con tre Enti diversi (CCIAA, Regione, Soggetti attuatori della formazione professionale);

-          benefici in termini di minor costo dell’istruttoria, per esempio con l’eliminazione delle marche da bollo da apporre sull’istanza e sul successivo certificato e diritti di segreteria spettanti alle CCIAA che ricevono l’istanza;

-          migliore integrazione della procedura all’interno del Sistema regionale di formalizzazione e certificazione delle competenze (SRFC), così come definito ed adottato con delibera di GR n. 530/06 ed integrato/modificato con delibera di GR n. 739/2013;

In questa sede, appare opportuno sottolineare come la modifica proposta risulti pienamente in linea con quanto indicato dalla “Direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno”, laddove si sottolinea la necessità di provvedere alla massima semplificazione possibile delle procedure, in particolare al capo II, dedicato alla semplificazione amministrativa ed all’art. 5, vertente sulla semplificazione delle procedure.

E’ inoltre da sottolineare come le modifiche legislative proposte siano pienamente inquadrabili nel contesto degli obiettivi di semplificazione, de-certificazione e de-materializzazione, individuati dalla L.R. n. 18/2011, recante “Misure per l’attuazione degli obiettivi di semplificazione del sistema amministrativo regionale e locale. Istituzione della sessione di semplificazione”, oltre che da altre normative di livello statale.

Contestualmente alla modifica sopra illustrata, appare opportuno procedere alle seguenti abrogazioni:

-          del comma 5, art. 2, L.R. 32/1992, che richiama una funzione delle soppresse CPA, che a seguito del D. Lgs. 147/2012 è ora esercitata dai SUAP nell’ambito della procedura SCIA;

-          del punto c), comma 4, art. 3, L.R. 32/1992, che prevede la designazione da parte delle CPA di un componente della Commissione nominata dalla Provincia, al fine della valutazione delle domande di partecipazione e dei requisiti per l’ammissione a corsi di aggiornamento e riqualificazione professionale, in quanto a seguito della soppressione della CPA, tale designazione non ha più avuto luogo.

 

Illustrazione dell'articolato

L’articolo 66 modifica l’articolo 1 della legge regionale n. 32 del 1992 eliminando i riferimenti alla “formazione”, “specializzazione”, “aggiornamento” e “riqualificazione”, (mentre viene mantenuto il riferimento alla qualificazione professionale) cui sono diretti gli interventi -previsti legge statale n. 1 del 1990 di disciplina dell’attività di estetista- demandati all’attuazione della Regione.

L’articolo 67 sostituisce l’articolo 2 della legge regionale n. 32 del 1992, il quale era originariamente rubricatoQualificazione e specializzazione professionale” e la cui rubrica diviene ora “Qualificazione professionale”.

Il comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 32 del 1992 risultava non più attuale in quanto citava in materia di formazione professionale l’abrogata legge regionale n. 19 del 1979. Il novellato comma 1 richiama ora invece la vigente legge regionale n. 12 del 2003, recante disciplina in materia di istruzione e formazione professionale e rimanda al rispetto dei principi e delle disposizioni in essa contenuti e delle relative disposizioni attuative.

              Il comma 2 è sostituito da una nuova formulazione che demanda a specifici atti di Giunta Regionale l’applicazione della legge statale per quanto riguarda la formazione e gli esami finalizzati alla qualificazione professionale in materia di attività di estetista.

Il comma 3 del testo sinora vigente dell’articolo 2 è soppresso contenendo esso un mero richiamo della legislazione statale e risultando superfluo specificare che i programmi per lo svolgimento dei corsi ed i programmi dell’esame teorico-pratico sono approvati dalla Giunta regionale, in quanto nel nuovo comma 2 tale competenza della Giunta regionale è sancita espressamente.

              Il comma 4 viene abrogato in quanto stabiliva una procedura di accertamento dei requisiti professionali per l’ammissione ai corsi superata da successive disposizioni legislative statali e regionali, quali ad esempio la legge regionale n. 1 del 2010, che ha soppresso le Commissioni provinciali per l’artigianato (CPA).

In un’ottica di semplificazione amministrativa e di uniformità delle procedure per l’ammissione ai corsi di abilitazione da estetista con quelle in vigore per l’accesso ai corsi per l’abilitazione alla professione di acconciatore (per i quali sono stabiliti requisiti d’ingresso analoghi) si è ritenuto opportuno procedere ad un aggiornamento della L.R. n. 32/1992, rendendo possibile l’omogeneizzazione delle disposizioni vigenti, conseguendo significativi risultati in termini di celerità della procedura, semplificazione e dematerializzazione degli adempimenti.

L’abrogazione del comma 4 è quindi propedeutica all’adozione, tramite deliberazione della Giunta regionale, di una procedura semplificata di accertamento dei requisiti per l’ammissione ai corsi di 300 ore, allineandola a quanto già previsto per gli analoghi corsi per acconciatori, producendo effetti positivi a vantaggio degli utenti interessati, in termini di maggior semplificazione della richiesta di ammissione ai corsi di formazione.

              Anche il comma 5 vigente risulta abrogato integralmente in quanto, oltre alla già citata soppressione delle Commissioni Provinciali Artigianato, operata dalla citata legge regionale n. 1 del 2010 la certificazione della qualificazione conseguita dagli esercenti l’attività di estetista non è più rilasciata in forma cartacea, come avveniva in passato.

A seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 147/2012 - ed ai sensi della successiva Circolare interpretativa del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3656/C del 12/09/2012-, il possesso dei requisiti professionali è ora dichiarato in sede di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) da presentare al Comune nel cui territorio si intende avviare l’attività di estetista o dove è già svolta tale attività e si intenda comunicare il nominativo di un Responsabile Tecnico, in possesso della qualifica professionale.

Il comma 6 dell’articolo 2 è sostanzialmente confermato nella sua formulazione originaria (nuovo comma 2 dell’articolo 2 come sostituito), la quale risulta legittimata dalla competenza regionale in materia di artigianato e di formazione professionale, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Il comma in parola equipara, agli effetti delle disposizioni in materia di qualificazione professionale di cui ai precedenti commi, i soci partecipanti ed i collaboratori familiari di imprese di estetista ai dipendenti delle medesime imprese. Tale equiparazione risulta coerente con il dettato della legge statale n. 1 del 1990 di disciplina dell’attività di estetista ed è analoga a quanto disposto in materia di attività di acconciatore dall’art. 3, comma 3, della legge n. 174/2005, ove si specifica che il periodo di inserimento ai fini della maturazione dell’esperienza professionale, propedeutica all’accesso ai corsi di qualificazione professionale, consiste in un periodo di attività lavorativa qualificata, svolta in qualità di titolare dell’impresa o socio partecipante al lavoro, dipendente, familiare coadiuvante o collaboratore coordinato e continuativo.

I commi 7, 8, 9 e 10 dell’articolo 2 vengono invece integralmente abrogati, in quanto relativi a esami e commissioni d’esame la cui disciplina faceva riferimento all’abrogata legge regionale n. 19 del 1979 in materia di formazione professionale e che non risultavano pertanto più conformi alla disciplina dettata dai vigenti atti di Giunta Regionale dai quali la materia risulta complessivamente disciplinata, ai sensi della vigente L.R. n. 12/2003.             

 

L’articolo 68 modifica l’articolo 3 (Aggiornamento e riqualificazione professionale) della legge regionale n. 32 del 1992 abrogandone i commi 1, 2, 3, 4 e 6 del medesimo. Anche tale modifica si è resa necessaria alla luce dell’intervenuta abrogazione della legge regionale n. 19 del 1979 in tema di formazione professionale, materia ora disciplinata dalla L.R. n. 12/2003 e dagli atti amministrativi regionali in materia di organizzazione dei corsi e relative commissioni d’esame.

Il comma 6 dell’originario articolo 3 della legge regionale n. 32 del 1992 resta invece immutato e continua a prevedere che i partecipanti ai corsi di specializzazione o di riqualificazione siano sottoposti al termine dei medesimi ad un esame teorico-pratico. Trattasi di statuizione di un orientamento interpretativo consolidato di equiparazione ai mestieri affini all’attività di estetista delle attività di abbronzatura e sauna, ai fini dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 8, comma 7 della legge statale n. 1 del 1990.

 

L’articolo 69 sostituisce l’articolo 5 (Regolamenti comunali) della legge regionale n. 32 del 1992.

La modifica dell’art. 5 della L.R. n. 32/1992 è richiesta dall’adeguamento dell’ordinamento regionale al recepimento statale della Direttiva servizi ed in particolare alle previsioni di cui all’articolo 78, concernente l’attività di estetista, del D.lgs. 59/2010, il quale prevede per l’esercizio dell’attività di estetista la presentazione allo Sportello Unico Attività Produttive (SUAP) della dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’articolo 19  della n. 241 del 1990 (ora SCIA).

I comuni, nell’ambito della loro potestà regolamentare, nelle materie ad essi assegnate in base all’articolo 7 del D. lgs. n. 267/2000 adottano i relativi regolamenti.

Nell’ambito della disciplina degli sportelli unici l’articolo 5 del D.P.R. n. 160/2010 dispone in merito agli effetti della segnalazione di inizio attività.

La proposta di riformulazione dell’art. 5 della L.R. 32/92 è pertanto in sintonia con le citate disposizioni e prevede che i Comuni disciplinino con apposito regolamento le attività di estetista- ivi compresi tutti gli istituti di bellezza comunque denominati – e che alla disciplina di tale regolamento siano soggette tutte le imprese –individuali o in forma societaria – che esercitano tale attività.

La versione del nuovo art. 5 della L.R. n. 32/1992 fa chiarezza in materia di regolamenti comunali in tema di estetica riprendendo la formulazione attuale dell’art. 1 della L. n. 161 del 1963, riguardante la disciplina dell'attività di barbiere, parrucchiere ed affini (la legge medesima definiva mestieri “affini” a quelli di barbiere e parrucchiere le attività di estetista, truccatore etc.,..).

Il citato articolo 1 della legge n. 161/1963 stabilisce che “I comuni sono tenuti a disciplinare  con apposito  regolamento le attività di barbiere, di parrucchiere per uomo e donna e mestieri affini, ivi compresi tutti gli istituti di bellezza comunque denominati..”.

La legge del 1963, nonostante modifiche ed abrogazioni intervenute nel tempo, dispone tuttora esistente il potere regolamentare comunale in materia di attività di estetica e tale scelta è in armonia con quanto stabilito dalla legge n. 1 del 1990 (Disciplina dell'attività di estetista) che, all’articolo 5, comma 1, prevede la sussistenza dei regolamenti dei Comuni.

 

Capo II - Gestione dei boschi e della vegetazione arborea e arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica

 

Relazione

Le norme previste nel Capo II del Titolo VII della presente legge sono volte ad assicurare il coordinamento delle misure finalizzate alla riduzione del rischio idraulico con le esigenze di tutela e valorizzazione dei boschi e della vegetazione arborea ed arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica, la cui gestione compete alla Regione ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998. A tale fine, in particolare è previsto che gli interventi selvicolturali di manutenzione della vegetazione per finalità di sicurezza idraulica nelle aree demaniali siano realizzati nell’ambito di un adeguato quadro di programmazione e con modalità gestionali che garantiscano nel contempo il rispetto delle risorse tutelate e dei principi di efficacia, economicità, parità di trattamento e concorrenza. Le norme introdotte con il Capo II disciplinano distintamente l’aspetto della programmazione degli interventi e quello della loro realizzazione.

 

L’articolo 71 contiene una norma generale che individua le finalità del Capo in esame e la normativa dell’Unione Europea a cui si fa riferimento. In particolare, le norme considerate si pongono in coerenza con gli obiettivi indicati nella Comunicazione della Commissione Europea del 3 maggio 2011 “La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell'UE sulla biodiversità fino al 2020”, in particolare con l’obiettivo 3, lettera b), relativo ai piani di gestione forestale.

 

L’articolo 72 individua il sistema di programmazione degli interventi di manutenzione dei boschi e della vegetazione arborea e arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica, ampliando i contenuti dei provvedimenti di programmazione già previsti dalla legge regionale n. 30 del 1981, che per le aree di cui trattasi competono alla Regione, rinviando ad apposite linee guida e atti regionali la definizione di ulteriori aspetti tecnici e organizzativi. I commi 4 e 5 individuano la Regione quale ente competente all’approvazione dei programmi di cui trattasi, riferiti ad ambiti territoriali corrispondenti a bacini idrografici o aree omogenee, e la conferenza di servizi quale modalità di confronto con le altre amministrazioni interessate e per l’acquisizione degli atti di assenso necessari. Inoltre, per dare attuazione uniforme a quanto previsto dall’art. 28, comma 6, della legge regionale n. 24 del 2011 (Riorganizzazione del Sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del Piacenziano), il comma 5 precisa che in relazione ai programmi suddetti la valutazione di incidenza di cui alla direttiva 92/43/CEE è effettuata dalla Regione.

 

L’articolo 73 riconduce la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 72 alle modalità e agli istituti ammessi dalla normativa statale e regionale vigente, individuando gli strumenti dell’appalto o della concessione a seconda delle finalità e delle caratteristiche dei casi concreti, comunque nel rispetto dei principi di proporzionalità e concorrenza di derivazione comunitaria.

 

Rispetto alla disciplina contenuta negli articoli 72 e 73, l’articolo 74 individua le necessarie norme transitorie e finali, in particolare facendo salvi i casi di lavori necessari per ragioni di urgenza o somma urgenza ai sensi della normativa vigente.

 

Capo III - Ulteriori disposizioni per la razionalizzazione di specifici procedimenti

Nel capo in questione sono contenute misure di carattere misto finalizzate a meglio regolare alcuni procedimenti sia al fine della migliore attuazione di normativa dell’Unione europea, sia al fine di razionalizzare e semplificare alcuni procedimenti specifici.

La modifica, contenuta nell’articolo 75, della legge regionale n. 9 del 2002 (Disciplina dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale) ha lo scopo di ridurre la frammentazione amministrativa prodotta da alcune norme statali che hanno attribuito e disciplinato funzioni di tutela ambientale a livello territoriale senza tuttavia coordinarsi tra loro.

La modifica del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 (Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico) ad opera del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito in legge n. 166, ha attribuito alle regioni, d’intesa con le autorità marittime, la competenza circa la pianificazione e l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nelle aree portuali non statali.

La giurisprudenza della Corte costituzionale (v. sentenze nn. 159/2012 e 187/2011) ha dato una lettura rigida di questo impianto, negando alle regioni il potere di decentrare ulteriormente queste funzioni, dato che è interessata la materia ambientale, sottoposta dalla Costituzione a potestà normativa esclusiva dello Stato (art. 117, comma secondo, lettera s).

Questo ambito dell’ordinamento statale mal si concilia con quello relativo ad altre due fonti giuridiche statali, la legge n. 84 del 1994 (Riordino della legislazione in materia portuale) e il d.lgs. n. 112 del 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

E da questo mancato coordinamento normativo a livello statale discende la frammentazione di funzioni che la presente proposta di modifica legislativa mira a ricomporre.

La legge regionale n. 9 del 2002, infatti, ha disciplinato, sulla base delle competenze legislative di cui all'art. 117 della Costituzione, l'esercizio delle funzioni amministrative connesse alla gestione del demanio marittimo conferite alle regioni dalla lettera l) del comma 2 dell'art. 105 del decreto legislativo n. 112 del 1998, decentrando alcune di queste funzioni a livello comunale in quanto ritenuto il livello territoriale di governo più adeguato (art. 3).

Si pensi in particolare al rilascio, il rinnovo, la modificazione e la revoca delle concessioni inerenti i porti di interesse regionale e subregionale (lettera c).

Ne discende che oggi in Emilia-Romagna l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nei porti regionali spetta alla Regione, mentre la concessione delle aree su cui devono svolgersi tali operazioni rimane in capo ai comuni.

La proposta di aggiungere una lettera all’elenco di cui al citato art. 2 (con la conseguente modifica dell’art. 3) risponde alla necessità di ridurre la frammentazione amministrativa prodotta dalla modifica del d.lgs. n. 182 del 2003 di cui sopra.

Va peraltro rammentato che la citata legge n. 84 del 1994, su cui il d.lgs. n. 182 del 2003 è andato a incidere – senza tuttavia ricercare la totale compatibilità – non dava luogo a simili frammentazioni, poiché sia la concessione delle aree sia quella del servizio spettavano all’autorità marittima.

Tutto ciò premesso, si rende necessario per il legislatore regionale introdurre la lettera e-bis) nel comma 1 dell’art. 2 della l.r. n. 9 del 2002, al fine di precisare che le funzioni di concessione del demanio marittimo relative alle aree individuate da ogni piano di raccolta dei rifiuti portuali spettano alla Regione, ferma restando la competenza comunale per il rilascio delle concessioni di demanio marittimo di cui al successivo art. 3, comma 3, lettera c).

 

L'articolo 76 del presente progetto di legge regionale contiene norme collegate alla disciplina introdotta nell'ordinamento regionale con gli articoli 53 e 54 della legge regionale n. 15 del 2013.

Gli articoli citati hanno recepito alcune disposizioni dell'ordinamento europeo in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA) e relativa eventuale procedura di verifica (screening), in seguito alla pronuncia con cui la Corte costituzionale (sentenza n. 93/2013) aveva dichiarato illegittime alcune norme della legislazione marchigiana in materia. L’effetto di tale pronuncia si era infatti riverberato sull’intero territorio nazionale, coinvolgendo non soltanto altri legislatori regionali ma anche il legislatore statale, che di fatto risultava inadempiente rispetto alla disciplina comunitaria di riferimento, come del resto risulta dalla procedura d’infrazione comunitaria n. 2009/2086 concernente “Direttiva 85/337/CEE Valutazione d’Impatto ambientale – Non conformità delle disposizioni nazionali che disciplinano la verifica di assoggettabilità a VIA (screening)”.

Nel merito, gli articoli 53 e 54 citati, hanno adeguato l’ordinamento regionale alle previsioni delle fonti comunitarie relative a criteri e soglie cui le pubbliche amministrazioni devono attenersi per decidere se attivare le procedure di screening e VIA.

L’articolo 76 del p.d.l.r. detta la disciplina transitoria concernente le procedure di screening e VIA che erano già state avviate al tempo in cui gli articoli 53 e 54 sono entrati in vigore. La scelta fatta dal legislatore dell’Emilia-Romagna con l’articolo 76 dà priorità al principio di semplificazione amministrativa, oltre che di ragionevolezza: data la loro complessità, sarebbe irragionevole che le procedure in questione risultassero inutilmente svolte a causa dell’applicazione dei nuovi criteri e delle nuove soglie contenuti negli articoli 53 e 54.

 

L’intervento che si propone di apportare con l’articolo 77 (modifiche all’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001) riguarda il comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo), recentemente modificato dall’articolo 17 della legge regionale 13 dicembre 2013, n. 24 (Modifiche alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 “Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo”).

In particolare, il comma 1 dell’articolo 17 della legge regionale n. 24 del 2013, che sostituisce il comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001, dispone che per gli alloggi realizzati in attuazione della legge n. 52 del 1976 (ossia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell’Arma dei carabinieri, ecc.), la disciplina dettata dalla stessa legge sulle modalità e sui criteri di assegnazione degli alloggi si applichi limitatamente ad un periodo massimo di 12 mesi dalla disponibilità di detti alloggi.

Rispetto a tale intervento novellistico, sono emerse alcune criticità, sollevate dal Ministero dell'Interno, legate alla giurisprudenza costituzionale (sent. 417 del 1994; sent. 217 del 1988) secondo la quale gli alloggi previsti dalla legge statale sono alloggi di servizio e che quindi si differenziano dalla destinazione propria di quelli di edilizia residenziale pubblica, che hanno finalità sociali. Ad avviso del Ministero, quindi, tale disposizione della Regione comporterebbe uno sconfinamento in ambiti rimessi, dall’articolo 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione, alla competenza legislativa dello Stato. Ciò ha indotto la Regione ad impegnarsi a rimuovere in via legislativa la clausola “per un periodo di 12 mesi dalla disponibilità degli alloggi,” introdotta dall’articolo 17, comma 1 della legge regionale n. 24 del 2013, ripristinando così, con la proposta normativa in analisi, i contenuti originari del comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001.

 

La disposizione dell’articolo 78 sostanzialmente proroga fino al 31 dicembre 2014 la previsione di decurtazione del dieci per cento, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate corrisposte ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali delle aziende e di enti strumentali dipendenti dalla Regione. Tale previsione era stata disposta dal comma 3 dell’art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78 fino al 31 dicembre 2013 e in questi termini era stata recepita dall’art. 48, comma 3, della legge regionale 23 dicembre 2010, n.14. Poiché il comma 3 dell’articolo 6 del citato decreto-legge è stato modificato dall'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 e la previsione di decurtazione in esso contenuta è stata prorogata fino al 31 dicembre 2014, si è reso necessario recepire tale proroga con l’articolo proposto. Ciò consente la migliore attuazione di una normativa di notevole rilievo nell’ordinamento europeo.

 

              Le modifiche introdotte con l’articolo 79 costituiscono adeguamento della normativa sul sistema statistico regionale al fine di renderne più chiaro il ruolo.

In coerenza con i criteri adottati dalla Commissione Europea per la programmazione Europa 2020, in cui sono dettagliati gli aspetti informativi necessari alle valutazioni, vengono infatti ulteriormente specificate le modalità di conduzione dell’attività statistica regionale. La modifica normativa proposta ha lo scopo di individuare le materie strategiche per l’impostazione dell’attività del Sistema Statistico regionale. In particolare, vengono citate le basi statistiche riferite alla popolazione, che consentono di ricavare informazioni sui residenti per età e sesso, gli stranieri e le famiglie; tutte informazioni necessarie alla programmazione dei servizi. Analogamente, risultano fondamentali i dati sul sistema socio economico (imprese, indicatori macroeconomici, etc.) e del territorio (infrastrutture, ambiente, etc.) utili per i confronti a livello nazionale ed europeo.

 

L’articolo 80 riguarda l’istituto della “diffida” relativa alle sanzioni amministrative e costituisce anche un completamento di quanto previsto, in materia di sanzioni relative al settore dell’energia, nel Titolo II del progetto di legge in esame. Su istanza di alcuni settori regionali, in particolare quelli competenti in materia di energia e turismo, è emersa l’esigenza di estendere ad ulteriori fattispecie l’applicazione della diffida amministrativa, attualmente applicabile nei procedimenti sanzionatori di competenza regionale disciplinati nei settori riguardanti il commercio, la somministrazione di alimenti e bevande, l'esercizio di attività di artigianato a contatto con il pubblico, il divieto di fumo, nonché nelle fattispecie sanzionatorie previste dai regolamenti comunali, così come previsto dall’articolo 7 bis della legge regionale 28 aprile 1984, n. 21 (Disciplina dell'applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale).

Gli approfondimenti tecnici che sono derivati da tale proposta, hanno portato all’elaborazione dell’articolo 25-quinquiesdecies (“sanzioni”) della legge regionale n. 26 del 2004 - introdotto ad opera dell’articolo 4 del progetto di legge comunitaria in commento-  e dell’articolo 23 della legge regionale n. 7 del 2003 – come sostituito ad opera dell’articolo 41 del progetto medesimo, contenuti rispettivamente nel titolo II e nel titolo IV, con i quali, appunto, si propone l’estensione dell’istituto della diffida amministrativa ai settori in oggetto.

Ai fini del coordinamento dei contenuti innovativi dei citati articoli con la disciplina regionale attualmente vigente in materia di sanzioni amministrative di competenza regionale, si propone quindi, con l’articolo 80, di modificare l’articolo 7 bis della legge regionale n. 21 del 1984, estendendo la possibilità di applicare l’istituto della diffida amministrativa ad ulteriori e nuove fattispecie di procedimenti sanzionatori, anche in ossequio ai principi contenuti nel documento di “Linee guida in materia di Controlli ai sensi dell’ art. 14, comma 5 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35”, del 24 gennaio 2013 approvato sulla base dell’Intesa perfezionata in Conferenza unificata.

 

 


 

Testo:

 

Relazione alla Legge comunitaria regionale per il 2014

 


 

TITOLO I

Oggetto della legge regionale

 

Art. 1

Oggetto e finalità.

 

1. La presente legge, in coerenza con la legge regionale 28 luglio 2008, n. 16 (Norme sulla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione del diritto comunitario, sulle attività di rilievo internazionale della Regione e sui suoi rapporti interregionali. Attuazione degli articoli 12, 13 e 25 dello Statuto regionale) detta norme:

volte al recepimento delle direttive comunitarie in materia di promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e di efficienza energetica, attraverso la modifica della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia);

in materia di ordinamento del sistema fieristico regionale, attraverso la modifica della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12 (Ordinamento del sistema fieristico regionale);

per il riordino della disciplina delle attività delle agenzie di viaggio e turismo, attraverso la modifica della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 (Disciplina delle attività di produzione, organizzazione e vendita viaggi, soggiorni e servizi turistici. Abrogazione della L.R. 26 luglio 1997, n. 23 “Disciplina delle attività delle agenzie di viaggio e turismo”);

per il riordino della disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, attraverso la modifica della legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande);

di riforma della disciplina regionale del commercio in sede fissa, attraverso la modifica della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114);

di riforma della disciplina regionale delle strutture ricettive dirette all’ospitalità, attraverso la modifica della legge regionale 28 luglio 2004, n. 16 (Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità);

ulteriori disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento regionale alla normativa dell’Unione europea e per la semplificazione di specifici procedimenti.

2. Le disposizioni di riforma di cui al comma 1 sono finalizzate, in particolare, all’attuazione:

della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/Ce e 2003/30/CE;

della direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia;

della direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012 in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE;

della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno;

della direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno.

 

TITOLO II

ATTUAZIONE DI DIRETTIVE EUROPEE IN MATERIA DI PROMOZIONE DELL’USO DELL’ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI, PRESTAZIONE ENERGENTICA NELL’EDILIZA ED EFFICIENZA ENERGETICA

 

Articolo 2

 

Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26, “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”

 

Il comma 5 dell’articolo 1 della legge regionale n. 26 del 2004 è abrogato.

 

Articolo 3

Sostituzione dell'articolo 24 della legge regionale n. 26 del 2004

 

L’articolo 24 della legge regionale n. 26 del 2004 è sostituito dal seguente capo:

“CAPO I

Attuazione della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE

 

Articolo 24

Attuazione della direttiva 2009/28/CE

 

In attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e nel rispetto delle disposizioni di cui alla normativa statale di recepimento, il Piano Triennale di Attuazione del Piano Energetico Regionale di cui all’articolo 9 promuove la realizzazione di impianti di produzione di energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili che devono coprire una quota parte del consumo finale lordo di energia della Regione, articolata in obiettivi annuali. Detta quota parte è definita in coerenza con il quadro normativo nazionale di riferimento e con i relativi strumenti di programmazione, i cui obiettivi sono assunti come minimi, nonché con le prescrizioni contenute nel piano di qualità dell’aria previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 (Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa).

Il Piano Triennale di attuazione del Piano Energetico regionale di cui all’articolo 9 promuove altresì l’efficienza ed il risparmio energetici, anche attraverso gli strumenti di cui all’articolo 25-novies.

 

Articolo 24-bis

Atti di indirizzo per le procedure autorizzatorie

 

La Regione assicura che le procedure autorizzative relative alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili siano proporzionate ed orientate alla massima semplificazione possibile, tenuto conto delle specificità di ogni singola tecnologia, anche attraverso atti di coordinamento tecnico ai sensi dell’articolo 37, comma 4, lettera d) del decreto legislativo n. 28 del 2011, adottati con le modalità e gli effetti dell’articolo 12 della legge regionale 30 luglio 20013, n. 15 (Semplificazione della disciplina edilizia), per favorire l’omogenea applicazione delle disposizioni da parte degli Enti locali, nel rispetto dei principi di autonomia e sussidiarietà.

 

Articolo 24-ter

Incentivi e requisiti prestazionali per l’energia rinnovabile

 

La Giunta, nell’ambito dei propri programmi, definisce i sistemi di incentivazione degli investimenti privati e pubblici al fine di garantire i più elevati livelli di risparmio energetico e la massima efficienza degli impianti.

I requisiti minimi di copertura dei consumi energetici degli edifici mediante energia da fonti rinnovabili prodotta da impianti in essi installati, in relazione alla tipologia di edificio e di intervento edilizio sono definiti con atto di coordinamento tecnico adottato con le modalità e gli effetti dell’articolo 12 della legge regionale n. 15 del 2013.

Il medesimo atto di coordinamento tecnico definisce altresì le condizioni in base alle quali gli obblighi di rispetto dei requisiti di cui al comma 2 possono essere soddisfatti mediante soluzioni alternative, che garantiscano analoghi risultati sul bilancio energetico regionale, ivi compresa la partecipazione in impianti collettivi.

 

Articolo 24-quater

Intese con altre Regioni, enti territoriali interni a Stati membri dell’Unione europea o accordi con tali Stati

 

La Regione promuove, nell’ambito dei propri programmi, la cooperazione con altre Regioni per la realizzazione di progetti comuni per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili.

La Regione conclude, nel rispetto della normativa dello Stato, intese con altre Regioni, con enti territoriali interni a Stati membri dell’Unione europea o accordi con Stati membri dell’Unione europea per il trasferimento statistico di una determinata quantità di energia da fonti rinnovabili, a fronte della verifica dei risultati delle azioni di cui all’articolo 24, comma 1, e previo esperimento delle procedure previste dall’articolo 6 della direttiva 2009/28/CE. Le intese o gli accordi sono approvati nel rispetto dell’articolo 37 del decreto legislativo n. 28 del 2011  e nel rispetto delle procedure di cui agli articoli da 16 a  21 della legge regionale 28 luglio 2008, n. 16 (Norme sulla partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione del diritto comunitario, sulle attività di rilievo internazionale della Regione sui suoi rapporti interregionali).

 

Articolo 24-quinques

Installatori di impianti

 

1.               La Giunta regionale disciplina le modalità di formazione per gli installatori di impianti alimentati da fonti rinnovabili e di rilascio dei relativi attestati, ai sensi della legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento della istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione fra loro) e nel rispetto delle indicazioni di cui all’Allegato 4 del decreto legislativo n. 28 del 2011.

 

Articolo 4

Sostituzione dell’articolo 25 della Legge Regionale n. 26 del 2004

 

L’articolo 25 della legge regionale n. 26 del 2004 è sostituito dai seguenti capi:

 

"CAPO II

Attuazione della Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia

 

Articolo 25

Attuazione della Direttiva 2010/31/UE in materia di prestazione energetica

degli edifici

 

In attuazione della Direttiva 2010/31/UE e in conformità ai principi indicati dalla legislazione dello Stato, con atto di coordinamento tecnico adottato con le modalità e gli effetti dell’articolo 12 della legge regionale n. 15 del 2013 sono stabiliti i requisiti minimi di prestazione energetica, tenendo conto di quelli definiti dalla normativa nazionale, per la progettazione e realizzazione di:

 

edifici di nuova costruzione e impianti in essi installati;

 

nuovi impianti installati in edifici esistenti;

 

interventi sugli edifici e sugli impianti esistenti.

 

In particolare, l’atto di coordinamento tecnico:

 

definisce i requisiti minimi di prestazione energetica, ivi compresa la quota di consumi da coprire mediante utilizzo di energia da fonti rinnovabili, che devono essere rispettati per le diverse tipologie di intervento edilizio, nonché la relativa gradualità di applicazione ed i criteri e la metodologia di calcolo da impiegare per la loro determinazione;

 

individua le modalità per assicurare che gli edifici di nuova realizzazione abbiano le caratteristiche di cui all’articolo 9 della direttiva 2010/31/UE entro il termine del 1° gennaio 2017 per gli edifici occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli  edifici  scolastici ed entro il termine del 1° gennaio 2019 per tutti gli altri edifici;

individua i casi di esclusione totale o parziale, in relazione a specifiche situazioni di impossibilità o di elevata onerosità, dall’obbligo di rispetto dei requisiti nonché gli eventuali criteri e modalità per procedere alla loro rilevazione da parte dei tecnici progettisti.

Per la definizione dei requisiti minimi di prestazione energetica di cui alla lettera a) del comma 2, nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla legislazione nazionale in materia, l’atto di coordinamento tecnico tiene conto dei seguenti elementi:

condizioni climatiche e territoriali esterne, della destinazione d'uso e delle caratteristiche ed età degli edifici;

valutazione dello stato dell’arte, dei criteri generali tecnico-costruttivi e delle norme tecniche essenziali nazionali, anche al fine di promuovere l’innovazione e la diffusione di sistemi impiantistici e costruttivi che consentano di ridurre l’impatto ambientale degli edifici, nella fase di costruzione, di gestione e di smantellamento;

valutazione preventiva ai fini di cui alla lettera b), della fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza;

determinazione delle condizioni in relazione alle quali prevedere l’impiego di impianti centralizzati per gli edifici di nuova costruzione e il mantenimento di tali impianti per edifici esistenti che ne sono dotati;

previsione dell’obbligo di installazione di sistemi di controllo attivo ed automazione dei sistemi edilizi ed impiantistici, ivi compresi i sistemi per la termoregolazione degli ambienti e per la contabilizzazione autonoma dell’energia termica per gli impianti termici centralizzati di climatizzazione invernale o estiva al servizio di più unità immobiliari, anche se già esistenti;

valutazione del livello ottimale di prestazione energetica in funzione dei costi, ovvero del livello che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato.

L’atto di coordinamento tecnico definisce altresì il modello e i contenuti minimi della relazione tecnica e dell’attestato di qualificazione energetica, nonché le relative procedure di redazione, tenendo conto delle disposizioni di cui alla legge regionale n. 15 del 2013. 

 

Articolo 25-bis

Adempimenti per il rispetto dei requisiti di prestazione

 

1.               L’atto di coordinamento tecnico di cui all’articolo 25, comma 1, stabilisce, in funzione delle diverse tipologie di lavori, gli adempimenti richiesti per garantire il rispetto dei requisiti minimi di prestazione energetica.

 

Articolo 25-ter

Sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici

 

1.              Con deliberazione della Giunta regionale è istituito un sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici e delle singole unità immobiliari, che comprende:

a)              un sistema di accreditamento degli esperti e degli organismi a cui affidare le relative attività, che tenga conto dei requisiti professionali e dei criteri necessari per assicurarne la qualificazione e l'indipendenza;

b)              un sistema informativo per la registrazione obbligatoria degli attestati di prestazione energetica emessi;

c)              un sistema di verifica della conformità degli attestati di prestazione emessi.

2.              E’ istituito l’Organismo regionale di accreditamento, cui vengono affidate le funzioni necessarie ad assicurare il pieno ed efficace funzionamento del sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici di cui al comma 1.

3.              La deliberazione di cui al comma 1 stabilisce le modalità di funzionamento dell’Organismo di accreditamento e prevede le procedure per il rilascio degli attestati di prestazione energetica, coerentemente alle indicazioni della Direttiva 2010/31/UE e nel rispetto degli indirizzi della normativa nazionale di recepimento.

4.              La deliberazione di cui al comma 1 definisce:

a)              le modalità di gestione del sistema di accreditamento degli organismi e dei soggetti cui affidare le attività di certificazione energetica degli edifici, tenendo conto dei requisiti di competenza ed indipendenza fissati a livello nazionale e delle norme comunitarie in materia di libera circolazione dei servizi;

b)              le caratteristiche del sistema informativo relativo alla qualità energetica degli edifici, comprendente gli attestati di prestazione energetica emessi, con obbligo di registrazione degli stessi anche ai fini della relativa validità; a tal fine, la trasmissione dei relativi dati da parte degli organismi e dei soggetti di cui alla lettera a) avviene per via telematica ed in forma di dichiarazione sostituiva di atto notorio;

c)              il coordinamento del sistema informativo sulla qualità energetica degli edifici con quello relativo alle attività di controllo e ispezione degli agli impianti termici di cui all’articolo 25-quater, comma 2, lett. e);

d)              le modalità per la realizzazione di programmi annuali di verifica della conformità degli attestati di prestazione energetica da parte dell’Organismo di accreditamento di cui al comma 2, emessi definendo altresì le modalità per la irrogazione delle relative sanzioni nei casi previsti dalla legislazione vigente; il sistema di verifica è organizzato nel rispetto del principio di equa ripartizione su tutti gli utenti interessati al servizio del relativo costo per la realizzazione delle verifiche; le attività di verifica possono essere realizzate anche su richiesta del proprietario, dell'acquirente o del conduttore dell'immobile e, in tal caso, i relativi costi sono posti a carico dei richiedenti;

e)              la procedura attraverso cui determinare la prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare ai fini della sua attestazione, ivi compresi i metodi, anche semplificati, utilizzabili, nonché il relativo sistema di classificazione, nel rispetto dei limiti che la normativa nazionale stabilisce per la definizione delle metodologie di calcolo.

5.              La Giunta regionale individua l’Organismo regionale di accreditamento di cui al comma 2 cui affidare le funzioni di gestione del sistema di certificazione energetica alle lettere a), b) e c) del comma 4; tale organismo può essere individuato anche all’esterno dell’organizzazione regionale.

6.              La Giunta regionale promuove programmi per la qualificazione e aggiornamento professionale dei soggetti di cui alla lettera a) del comma 1.

7.              Per la copertura dei costi necessari alla  realizzazione dei programmi di verifica di conformità di cui alla lettera d) del comma 4, i soggetti certificatori accreditati sono tenuti a corrispondere un contributo per ciascun attestato di certificazione energetica registrato nel sistema di cui alla lettera b) dello stesso comma 4. I contributi sono riscossi dalla Regione, che può esercitare tale funzione tramite l’Organismo regionale di accreditamento. La Giunta regionale, con proprio atto, definisce l'entità del contributo, tenuto conto dell’ammontare delle spese di gestione del servizio, e ne determina altresì le modalità di applicazione e gestione.

8              La Giunta regionale definisce il modello e i contenuti dell’attestato di prestazione energetica, nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa nazionale.

 

Articolo 25-quater

Regime di esercizio e manutenzione degli Impianti termici

 

1.              In conformità alla normativa statale in materia di esercizio e manutenzione degli impianti termici di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 74 (Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari, a norma dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192), con regolamento regionale è istituito:

a)              un regime obbligatorio di rispetto di condizioni relative all’esercizio, alla manutenzione ed al controllo degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici;

b)              un sistema di verifica periodica degli impianti stessi, basato su attività di accertamento ed ispezione, al fine di garantirne una adeguata efficienza energetica e la riduzione delle emissioni inquinanti;

c)              un sistema di accreditamento degli esperti e degli organismi a cui affidare le attività di accertamento ed ispezione, che tenga conto dei requisiti professionali e dei criteri necessari per assicurarne la qualificazione e l'indipendenza;

d)              un sistema informativo condiviso con gli enti competenti per la gestione coordinata dei rapporti tecnici di controllo ed ispezione.

 

1.     Il regolamento di cui al comma 1 provvede a:

 

a)              definire le competenze e le responsabilità del responsabile dell’impianto, o del terzo da questi eventualmente designato, ivi compresi i limiti per il ricorso alla delega e le condizioni necessarie per l’assunzione della funzione;

b)              definire le modalità per garantire il corretto esercizio degli impianti termici, ivi compresa la loro periodica manutenzione e controllo, e per lo svolgimento delle attività di accertamento ed ispezione di cui all’articolo 25-sexies, definendo anche la documentazione relativa alle attività;

c)              definire le modalità attraverso cui procedere alla individuazione dei soggetti cui affidare le attività di accertamento ed ispezione di cui all’articolo 25-sexies, garantendone, nel rispetto dei requisiti fissati a livello nazionale e delle norme dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei servizi, la qualificazione e l’accreditamento;

d)              regolamentare le modalità di realizzazione di programmi di verifica annuale della conformità dei rapporti di ispezione emessi;

e)              implementare un sistema informativo regionale relativo agli impianti termici, denominato Catasto degli impianti termici, con riferimento al censimento degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici, ed allo svolgimento dei compiti di controllo, accertamento e ispezione periodica; al fine di consentire un agevole utilizzo del catasto degli impianti termici in funzione delle diverse competenze, esso dovrà avere le necessarie caratteristiche di interoperabilità ed articolazione ai diversi livelli territoriali, ed essere coordinato con il sistema informativo relativo alla qualità energetica degli edifici di cui all’articolo 25-ter, comma 1, lettera b);

f)              definire i provvedimenti che il responsabile dell’impianto o il terzo da questi eventualmente designato, deve assumere nel caso che le attività di controllo diano evidenza del mancato soddisfacimento dei requisiti minimi di efficienza energetica.

 

2.     In particolare, ai fini di cui al comma 2, lettera b), sono determinati, in rapporto alle caratteristiche degli impianti termici e tenendo conto della normativa tecnica in materia:

 

i limiti di esercizio da rispettare nel funzionamento degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva, ivi compresi i periodi di attivazione ed i valori di riferimento della temperatura dei locali climatizzati;

i requisiti ed i livelli minimi di efficienza energetica degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva, con riferimento alle diverse tecnologie di generazione;

la frequenza e le modalità di effettuazione degli interventi di manutenzione e controllo, articolate in base alla tipologia ed alla potenza degli impianti termici;

i criteri, la frequenza e le modalità di esecuzione delle attività di accertamento ed ispezione, prevedendo per quest’ultime modalità semplificate per gli impianti di minor potenza.

Le ispezioni di cui al comma 3, lettera d), possono essere richieste anche dal responsabile dell’impianto o dal terzo da questi eventualmente designato e, in tal caso, le relative spese sono a carico del richiedente.

La Giunta regionale definisce il modello e i contenuti minimi del rapporto di controllo tecnico, nonché le modalità attraverso cui esso viene rilasciato, consegnato al responsabile di impianto e registrato nel sistema informativo di cui al comma 2, lettera e).

 

Articolo 25-quinquies

Conduzione, manutenzione e controllo degli impianti termici

 

1.               Al fine di garantire il contenimento dei consumi energetici e la riduzione delle emissioni inquinanti, Il regolamento di cui all’articolo 25-quater, comma 1, stabilisce le condizioni nel rispetto delle quali il proprietario, il conduttore, l'amministratore di condominio, o per essi un terzo, che se ne assume la responsabilità, mantiene in esercizio gli impianti termici per la climatizzazione invernale e estiva e provvede affinché siano eseguite le periodiche operazioni di manutenzione e controllo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 2.

2.               L'operatore incaricato del controllo e della manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva esegue dette attività a regola d'arte e nel rispetto delle disposizioni stabilite nel regolamento di cui al comma 1, redigendo e sottoscrivendo un rapporto di controllo tecnico, che deve essere:

a)              consegnato al soggetto di cui al comma 1, che ne sottoscrive copia per ricevuta e presa visione;

b)              fatto oggetto di registrazione obbligatoria nel catasto impianti di cui all’articolo 25-quater, comma 2 lettera e); a tal fine, la trasmissione dei relativi dati da parte dell’operatore avviene per via telematica ed in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

 

Articolo 25-sexies

Accertamenti e ispezioni

 

In un quadro di azioni che promuova la tutela degli interessi degli utenti e dei consumatori, ivi comprese informazione, sensibilizzazione ed assistenza all'utenza, al fine di assicurare l’esercizio uniforme sul territorio delle funzioni di verifica dell’osservanza delle norme relative al contenimento dei consumi di energia nell’esercizio e manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva, la Regione provvede alla realizzazione degli accertamenti e ispezioni sugli impianti termici, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 9 del D.P.R. n. 74 del 213.

L’esecuzione delle attività di accertamento ed ispezione viene affidata agli esperti e organismi accreditati di cui all’articolo 25-quater, comma 2 lettera c).

 

Articolo 25-septies

Misure di sostegno

 

1.              I Comuni nelle aggregazioni di cui alla legge regionale 21 dicembre 2012, n. 21, “Misure per assicurare il Governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”, provvedono alla realizzazione delle attività di informazione, sensibilizzazione e assistenza all’utenza in materia di conduzione, manutenzione e controlli degli impianti termici, sulla base di specifici programmi approvati dalla Regione.

2.              La Regione promuove la realizzazione di programmi per la qualificazione e formazione professionale dei soggetti cui affidare le attività di accertamento ed ispezione di cui all’articolo 25-sexies.

3.              Per la copertura dei costi necessari per l’adeguamento e la gestione del catasto degli impianti termici, per le iniziative di informazione e sensibilizzazione, nonché per gli accertamenti e le ispezioni sugli impianti stessi, è prevista la corresponsione di un contributo da parte dei responsabili degli impianti, articolato in base alla potenza degli impianti stessi, secondo modalità uniformi su tutto il territorio regionale. L'entità del contributo e le modalità di applicazione e gestione sono stabilite dalla deliberazione di cui all’articolo 25-quater, con il quale vengono altresì definite le tariffe e disciplinate le modalità di versamento delle somme derivanti da eventuali attività di ispezione sugli impianti termici richieste da terzi.

 

Articolo 25-octies

Comunicazione sugli impianti riforniti

 

Per consentire l’implementazione e l’aggiornamento del catasto degli impianti termici, il regolamento di cui all’articolo 25-quater stabilisce le modalità attraverso cui i distributori di combustibile per gli impianti termici degli edifici comunicano alla Regione, entro il 31 marzo di ogni anno, i dati relativi all'ubicazione, alla titolarità e ai consumi degli impianti riforniti nell’anno precedente, nonché i dati relativi alle forniture annuali di combustibile negli edifici asserviti.

 

Capo III

 

Attuazione della Direttiva 2012/27/UE in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE E 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE E 2006/32/CE

 

Articolo 25-novies

Finalità

 

Finalità

 

In attuazione della Direttiva 2012/27/UE in materia di efficienza energetica e nel rispetto dei principi indicati dalla normativa statale di recepimento, la Regione nell’ambito dei programmi attuativi del Piano Energetico regionale di cui all’articolo 8, definisce l’obiettivo indicativo regionale di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica.

2.              Nell’ambito dei medesimi programmi, tenendo conto degli indirizzi e degli strumenti nazionali oltre che della coerenza con le prescrizioni contenute nel piano di qualità dell’aria previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 155 del 13 agosto 2010, la Regione promuove:

a)              le strategie individuate per mobilitare investimenti nella ristrutturazione degli edifici pubblici e privati, al fine di aumentarne le prestazioni energetiche;

b)               la diffusione degli “acquisti verdi” da parte della Pubblica Amministrazione;

c)              la implementazione presso gli Enti pubblici e presso le aziende ubicate nel territorio regionale, con particolare riferimento alle Piccole e Medie Imprese (PMI), di sistemi di gestione dell'energia conformi alle norme tecniche vigenti in materia;

d)              la diffusione di audit energetici svolti in maniera indipendente da esperti qualificati o accreditati, sostenendo la attivazione di accordi volontari tra associazioni di soggetti interessati ed organismi qualificati ed accreditati per la effettuazione di audit energetici;

e)              lo sviluppo della cogenerazione ad alto rendimento, compresa la microcogenerazione residenziale, e la diffusione di sistemi efficienti per il riscaldamento ed il raffrescamento degli edifici, ed in particolare lo sviluppo di sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti;

f)              il ricorso, da parte degli enti pubblici ai contratti di rendimento energetico ed agli altri strumenti finanziari per il risparmio energetico per la realizzazione degli interventi di riqualificazione che prevedono una riduzione dei consumi di energia misurabile e predeterminata;

g)              lo sviluppo del sistema dei titoli di efficienza energetica (certificati bianchi);

h)              la qualificazione degli operatori dei servizi energetici.

 

Articolo 25-decies

Cogenerazione e reti di teleriscaldamento e teleraffreddamento

 

1.              Coerentemente alle previsioni nazionali formulate a seguito della valutazione di cui all’articolo 14, comma 1, della Direttiva 2012/27/UE, la Regione promuove lo sviluppo del potenziale di cogenerazione ad alto rendimento nonché di sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti.

2.              Nella predisposizione degli strumenti di pianificazione urbana e territoriale di propria competenza, i Comuni effettuano una valutazione preliminare della potenziale adozione di sistemi di cogenerazione ad alto rendimento o di teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti, i cui vantaggi superino i costi, valutando altresì gli effetti sulla qualità dell’aria sulla base di quanto prescritto nel piano di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 155 del 2010, a seguito della dell’approvazione di appositi atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell’articolo 16 della legge regionale n. 20 del 2000.

 

Articolo 25-undecies

Certificazione energetica degli immobili pubblici, acquisti ad alta efficienza energetica e riduzione dei consumi

 

La Regione promuove l’effettuazione della diagnosi e della certificazione energetica degli immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche.

 

Le pubbliche amministrazioni, escluse quelle di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera g) della Costituzione, verificano e valutano:

 

a)              nell’ambito delle proprie procedure di acquisto, l’adozione di soluzioni ad alta efficienza energetica, conformemente ai requisiti di cui all’allegato III della Direttiva 2012/27/UE, e nel rispetto delle condizioni di coerenza ivi previste;

b)              per gli edifici di propria competenza, il ricorso a servizi energetici che prevedano una riduzione dei consumi di energia misurabile e predeterminata, basati sui contratti di rendimento energetico di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 (Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE), anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico privato.

 

Articolo 25-duodecies

Obblighi per le grandi imprese

 

Con i limiti e nel rispetto della normativa nazionale, entro il 5 dicembre 2015, le imprese che non rientrano nella definizione di PMI ai sensi del decreto del Ministero delle Attività produttive del 18 aprile 2005, sono tenute ad effettuare un audit energetico sul processo produttivo e sugli edifici, svolto in maniera indipendente da esperti qualificati o accreditati.

 

2.              L’audit di cui al comma 1 deve essere ripetuto almeno ogni quattro anni dalla data del precedente audit energetico; l’assolvimento di tale obbligo è condizione necessaria per l’accesso dell’azienda a tutte le forme di sostegno o incentivazione regionali relative a investimenti di natura produttiva.

 

Articolo 25-terdecies

Autorizzazioni alla costruzione, esercizio e ammodernamento di impianti di produzione energetica

 

A partire dal 5 giugno 2014, nei casi previsti dall’articolo 14, comma 5, della Direttiva 2012/27/UE, il rilascio da parte della Regione e degli altri Enti competenti delle autorizzazioni alla costruzione, esercizio e ammodernamento di impianti di produzione energetica è subordinato alle valutazioni ivi previste.

 

Articolo 25-quaterdecies

Sistemi di misurazione

 

Qualora il riscaldamento e il raffreddamento o l'acqua calda per un edificio siano forniti da una rete di teleriscaldamento o da una fonte centrale che alimenta una pluralità di edifici, è obbligatoria, entro il 31 dicembre 2016, l’installazione di un contatore individuale di calore o di fornitura di acqua calda.

Entro il 31 dicembre 2016 nei condomini e negli edifici polifunzionali riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centrale o da una rete di teleriscaldamento o da una fonte centrale che alimenta una pluralità di edifici, devono essere installati in ciascuna unità immobiliare sistemi individuali di termoregolazione e di contabilizzazione diretta o indiretta. L’atto di coordinamento tecnico di cui all’articolo 25 stabilisce le modalità di assolvimento di tale obbligo, tenendo conto di quanto previsto in materia dalla normativa nazionale.

L'operatore incaricato del controllo e della manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva di cui al comma 2 dell’art. 25 quinquies verifica la presenza e la funzionalità dei sistemi di cui al precedente comma 2, inserendo i relativi dati nel rapporto tecnico.

 

CAPO IV

Disposizioni comuni ai Capi I, II e III

 

Articolo 25- quinquiesdecies

Sanzioni

 

Il soggetto certificatore che rilascia un attestato di prestazione energetica degli edifici senza il rispetto dei criteri e delle metodologie previsti dal regolamento di cui all’articolo 25-ter è soggetto alle sanzioni di cui all’articolo 15, comma 3, del d.lgs. 192 del 2005.

Il costruttore o il proprietario che non rispettano gli obblighi di dotazione dell’attestato di prestazione energetica per gli edifici o le unità immobiliari di nuova costruzione o sottoposti a intervento edilizio, ove previsto, con le modalità previste dal regolamento di cui all’articolo 25-ter, sono soggetti alle sanzioni di cui all’articolo 15, comma 7, del d.lgs. 192 del 2005.

Il proprietario o il conduttore dell'unità immobiliare, l'amministratore del condominio o l'eventuale terzo che se ne è assunta la responsabilità, qualora non provveda alle operazioni di controllo e manutenzione degli impianti di climatizzazione secondo quanto stabilito dal regolamento di cui all’articolo 25-quater è soggetto alle sanzioni di cui all’articolo 15, comma 5, del d.lgs. 192 del 2005.

L'operatore incaricato del controllo e manutenzione, che non provvede a redigere, sottoscrivere e trasmettere il rapporto di controllo tecnico di cui all’articolo 25-quinquies o che omette di segnalare il mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 25-quaterdecies, è soggetto alle sanzioni di cui all’articolo 15, comma 6, del d.lgs. 192 del 2005.

La Giunta regionale può, anche in via sperimentale, regolare l’applicazione dell’istituto della diffida di cui all’articolo 7-bis della legge regionale 28 aprile 1984, n. 21 (Disciplina dell’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale) per una o più delle fattispecie previste dal presente articolo.”

 

Articolo 5

Norme di prima applicazione

 

L’atto di coordinamento tecnico di cui all’articolo 25 della legge regionale n. 26 del 2004 prevede che i relativi requisiti siano applicati in modo graduale in relazione al tipo di intervento. La Regione garantisce la massima continuità con gli atti d’indirizzo già emanati in materia.

Nelle more della emanazione dei provvedimenti di cui all’articolo 25, comma 2, all’articolo 25-ter, comma 1, e all’articolo 25-quater, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2004 rimangono in vigore le pertinenti disposizioni di cui alla deliberazione di Assemblea legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 e successive modificazioni e integrazioni e relativi allegati.

Fino a diversa previsione della Giunta regionale, le funzioni di Organismo regionale di accreditamento di cui all’articolo 25-ter della legge regionale n. 26 del 2004 continuano ad essere svolte con le modalità di cui alla Deliberazione di Giunta Regionale n. 429 del 16 aprile 2012.

Fino alla emanazione del regolamento di cui all’articolo 25-quater, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2004, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 25-sexies della legge regionale n. 26 del 2004, e rimangono in vigore le campagne di accertamento ed ispezione degli impianti termici già avviate da Comuni e Province; tali campagne rimangono in essere anche dopo l’emanazione del regolamento di cui all’articolo 25-quater comma 1, fino alla conclusione del relativo biennio di riferimento.

Entro 240 giorni dall’entrata in vigore della presente legge la Regione adegua il proprio sistema di accreditamento a quanto previsto negli articoli 25-ter e 25-septies. A partire dal 2015 agli oneri derivanti dalla attuazione di quanto previsto da tali articoli si farà fronte con gli stanziamenti che verranno autorizzati con il bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2015.

 

TITOLO III

Modifiche alla legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12 (Ordinamento del sistema fieristico regionale.)

 

Art. 6

Sostituzione dell’articolo 1 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 1 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Art. 1

Principi generali e finalità

 

1. La Regione Emilia Romagna, nel rispetto della normativa europea, dell'articolo 117 della Costituzione ed in attuazione dell'art. 72 della legge regionale 21 aprile 1999, n. 3 (Riforma del sistema regionale e locale), promuove lo sviluppo e la valorizzazione dell'attività fieristica e di quelle ad essa strumentali, nonché la costruzione, la manutenzione e il miglioramento delle strutture espositive e delle infrastrutture a ciò destinate, per la realizzazione di un sistema fieristico regionale integrato e coordinato quale strumento fondamentale della politica regionale di sviluppo economico e di internazionalizzazione delle attività produttive.

2. L'esercizio dell'attività fieristica deve ispirarsi a criteri e metodi di concorrenza e imprenditorialità.

3. A tal fine, nonché per assicurare la parità di accesso alle strutture espositive ed il costante adeguamento della qualità dei servizi offerti agli utenti e agli espositori, sono riservate alla Regione e agli enti locali le competenze di calendarizzazione e attribuzione della qualifica delle manifestazioni fieristiche, nel rispetto della autonomia gestionale degli enti fieristici.

4. Le manifestazioni fieristiche favoriscono la crescita sociale ed economica del territorio e contribuiscono all'ampliamento degli scambi commerciali, alla diffusione delle innovazioni scientifiche e tecnologiche e delle loro applicazioni alle attività produttive, alla divulgazione al pubblico e all'informazione specializzata sui prodotti e sui processi produttivi, sui servizi, sulle forme di marketing e sulle collaborazioni economiche, nonché alla promozione delle attività creative nei settori della cultura, dell'arte e del design.

5. La Regione promuove forme di coordinamento interregionale per definire criteri omogenei per l’attribuzione della qualifica internazionale e nazionale alle manifestazioni fieristiche, per i requisiti minimi dei quartieri fieristici, per le modalità di composizione e pubblicizzazione del calendario fieristico nazionale, per la raccolta e diffusione dei dati statistici e la realizzazione di rapporti studi o analisi sull’andamento dell’intero sistema fieristico nazionale.

6. La Regione promuove inoltre, d’intesa con le altre regioni e con le associazioni nazionali rappresentative del settore, metodi uniformi a livello sovraregionale di certificazione e qualificazione dei dati sulle manifestazioni fieristiche internazionali e nazionali.”.

 

Art. 7

Sostituzione dell’articolo 5 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 5 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 5

Qualifica delle manifestazioni fieristiche

 

1. Le manifestazioni fieristiche sono qualificate internazionali, nazionali, regionali o locali.

2. La qualifica internazionale, nazionale o regionale viene attribuita o revocata dalla Regione, preventivamente allo svolgimento della manifestazione, all’atto dell’inserimento della medesima manifestazione nel calendario fieristico regionale, costituisce requisito di accesso alle forme di promozione e pubblicizzazione del calendario stesso e ad eventuali contributi a bando.

3. Il riconoscimento della qualifica è attribuito dalla Regione, secondo i criteri determinati con l’atto di cui all’articolo 21, comma 2, lettera c) in considerazione:

a) della consistenza numerica e della provenienza geografica degli espositori e dei visitatori;

b) delle caratteristiche e dimensioni del mercato dei beni e dei servizi da esporre;

c) della idoneità della sede, delle infrastrutture, degli impianti, delle strutture e dei servizi espositivi;

d) dei risultati conseguiti nelle precedenti edizioni, indicati sinteticamente in apposita relazione consuntiva e dettagliatamente elencati nella scheda rilevazione dati, da trasmettere alla Regione al termine di ogni manifestazione, entro i 40 giorni successivi alla chiusura della manifestazione stessa.

4. Le manifestazioni fieristiche internazionali e nazionali devono disporre di un'organizzazione adeguata all'esercizio dell'attività e svolgersi in quartieri fieristici dotati degli idonei requisiti strutturali, infrastrutturali e funzionali. Il dirigente competente con apposito atto può concedere deroghe in relazione alle specifiche caratteristiche della manifestazione fieristica o alla accertata qualificazione e idoneità strutturale, infrastrutturale e funzionale della sede espositiva proposta.

5. Le modalità di raccolta dei dati attinenti gli espositori e i visitatori delle manifestazioni fieristiche con qualifica internazionale, nazionale e regionale devono essere certificabili secondo parametri oggettivi e sono determinate dalla deliberazione di cui all'articolo 21, comma 2, lett a).

6. La qualifica di manifestazione fieristica di rilevanza locale viene attribuita o confermata dai comuni competenti per territorio, secondo il loro rispettivo ordinamento.”.

 

Articolo 8

Sostituzione dell’articolo 10 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 10 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 10

Comunicazione dello svolgimento di manifestazioni fieristiche

 

1. L’organizzatore che intende svolgere manifestazioni fieristiche nella regione Emilia-Romagna deve darne comunicazione, allegando il regolamento della manifestazione:

a) alla Regione se si tratta di manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali;

b) al Comune nel caso di manifestazioni fieristiche locali.

2. La comunicazione di cui al comma 1 deve indicare la denominazione, la qualifica posseduta, il luogo di svolgimento, le date di inizio e chiusura della manifestazione e i settori merceologici.

3. La comunicazione di cui al comma 1 deve inoltre contenere una dichiarazione sostitutiva che attesta la sussistenza dei seguenti requisiti:

a) lo svolgimento della manifestazione fieristica all’interno di un quartiere fieristico, avente i requisiti di cui all’articolo 6, ovvero in altra sede che risulti idonea sotto il profilo della sicurezza e agibilità degli impianti delle strutture e infrastrutture, anche in relazione alla qualifica ad essa attribuita;

b) la garanzia di pari opportunità di accesso a tutti gli operatori interessati e qualificati per l’attività;

c) la garanzia di condizioni contrattuali a carico dei singoli espositori che rispondano a criteri di trasparenza, che non contengano clausole discriminatorie e prevedano tariffe equivalenti a parità di prestazioni.

4. Al fine di assicurare la trasparenza del mercato fieristico dell’Emilia-Romagna, attraverso una programmazione e pubblicizzazione degli eventi fieristici, la Regione pubblica annualmente il calendario fieristico regionale.

5. La Regione promuove l’informatizzazione e la semplificazione delle procedure relative alle manifestazioni fieristiche e alla loro iscrizione a calendario secondo le modalità stabilite con apposito atto regionale.”.

 

Articolo 9

Sostituzione dell’articolo 11 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 11 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 11

Requisiti e modalità delle comunicazioni di svolgimento di manifestazioni fieristiche

 

1. Al fine dell’iscrizione delle manifestazioni all’interno del calendario fieristico regionale, le comunicazioni di svolgimento di manifestazioni fieristiche, sottoscritte dal legale rappresentante del soggetto organizzatore, sono presentate alla Regione entro il termine del 31 marzo dell’anno precedente a quello in cui si svolgono le manifestazioni stesse.

2. I documenti e le attestazioni che devono essere allegati alla comunicazione di cui al comma 1, a pena di irricevibilità, nonché quelli relativi alla relazione consuntiva sulla manifestazione sono determinati dalla deliberazione di cui all'articolo 21, comma 2, lettera d.

3. Il soggetto richiedente l'iscrizione può comunque allegare all'istanza ogni altro documento ritenuto rilevante ai fini dell'istruttoria di cui all’articolo 12.

4. AI fini del tempestivo aggiornamento del calendario fieristico regionale, l’organizzatore di manifestazioni fieristiche è tenuto a comunicare preventivamente ogni variazione relativa allo svolgimento della manifestazione già inserita nel calendario.”.

 

Articolo 10

Sostituzione dell’articolo 12 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 12 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 12

Istruttoria

 

1. L'amministrazione procedente esamina nel merito le comunicazioni pervenute nei termini, che non siano dichiarate irricevibili ai sensi dell’articolo 11, comma 2.

2. Su istanza di parte, l'amministrazione procedente consente, per errore scusabile o per fondate ragioni, la rimessione in termini, nonché la rettifica o l'integrazione di comunicazioni dichiarate irricevibili.

3. In caso di sovrapposizione di più comunicazioni relative a manifestazioni fieristiche aventi analoghe caratteristiche per periodo di svolgimento, settori merceologici o di mercati di commercializzazione, e che si svolgano nello stesso territorio, tali da causare distorsioni alla libera concorrenza o asimmetrie informative nei confronti del consumatore, l'Amministrazione regionale promuove un accordo tra i soggetti interessati diretto al superamento della situazione di conflitto.

4. In caso di mancato accordo, l'amministrazione procede all’iscrizione nel calendario fieristico regionale della manifestazione ritenuta più idonea in base ad una valutazione comparativa delle diverse comunicazioni presentate. In particolare costituiscono criteri preferenziali:

a) l’avvenuta certificazione dei dati relativi al numero delle presenze registrate nelle precedenti edizioni;

b) la capacità professionale e la solidità organizzativa e finanziaria del soggetto che presenta l'istanza, nonché l'esperienza acquisita nell'organizzazione di manifestazioni di equivalente merceologia;

c) il grado di specializzazione della manifestazione relativamente al settore merceologico interessato;

d) l'ampiezza del programma promozionale della manifestazione.

5. Qualora rilevi la non idoneità della documentazione presentata, la Regione può decidere di non iscrivere la manifestazione nel calendario fieristico regionale o disporre la cancellazione da esso.”.

 

Articolo 11

Inserimento dell’articolo 13-bis nella legge regionale n. 12 del 2000

 

1. Dopo l’articolo 13 della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è inserito il seguente:

 

“Art. 13 bis

Calendario informatizzato delle manifestazioni fieristiche locali

 

1. Il calendario delle manifestazioni fieristiche locali è organizzato e gestito dalla Regione con l’utilizzo di procedure informatizzate.

2. I Comuni, avvalendosi del servizio di informatizzazione per la raccolta e la pubblicazione di dati, trasmettono alla Regione i dati relativi alle manifestazioni fieristiche con qualifica locale di cui hanno ricevuto comunicazione.

3. La Regione esamina i dati trasmessi e procede alla loro validazione. La validazione è presupposto necessario per la generazione automatica e la successiva pubblicazione del calendario fieristico delle manifestazioni locali.”.

 

Articolo 12

Sostituzione dell’articolo 14 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 14 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo14

Calendario fieristico regionale

 

1. Il calendario regionale delle manifestazioni fieristiche è adottato con atto del dirigente responsabile competente per materia, entro il 30 novembre di ciascun anno e pubblicato sul Bollettino Ufficiale telematico della Regione Emilia-Romagna (BURERT).

2. L'iscrizione delle manifestazioni fieristiche delle quali la Regione ha ricevuto idonea comunicazione deve indicare:

a) il luogo della manifestazione;

b) la denominazione ufficiale della manifestazione;

c) il soggetto organizzatore;

d) le date di apertura e di chiusura;

e) il tipo e la qualifica della manifestazione;

f) i settori merceologici ammessi;

g) le certificazioni di cui i soggetti organizzatori siano in  possesso.

3. Su istanza dei soggetti organizzatori delle manifestazioni fieristiche, che abbiano presentato la comunicazione di cui all’articolo 10, l'amministrazione procedente, fino all'adozione del calendario regionale, procede alle modifiche dei dati soggetti ad iscrizione che si rendano necessarie.”.

 

Articolo 13

Sostituzione dell’articolo 15 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 15 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 15

Vigilanza e sanzioni

 

1. La vigilanza per il rispetto delle norme della presente legge, l'accertamento delle violazioni, l'applicazione delle sanzioni amministrative e la riscossione delle somme dovute dai trasgressori spettano ai Comuni per le manifestazioni fieristiche locali ed alla Regione per le manifestazioni di qualifica superiore.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 12, comma 5, per i casi di esclusione dal calendario fieristico, chiunque promuova o pubblicizzi manifestazioni fieristiche ai sensi della presente legge in date, in località, con denominazioni, con qualifiche, con modalità o programmi diversi da quelli comunicati ed iscritti in calendario, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 13,00 a euro 130,00 per ogni metro quadrato di superficie espositiva netta occupata.

3. Chiunque, organizzando manifestazioni fieristiche, non applichi in tutto o in parte il regolamento di manifestazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10,00 a euro 110,00 per ogni metro quadrato di superficie espositiva netta occupata.

4. Chiunque, organizzando manifestazioni fieristiche, applichi tasse di iscrizione o quote di partecipazione degli espositori o prezzi dei biglietti di ingresso dei visitatori diversi o superiori a quelli indicati nella comunicazione alla Regione o al Comune, senza essere stato precedentemente autorizzato in via esplicita dalla Regione o dal Comune, sulla base di comprovati e imprevisti motivi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria euro 10,00 a euro 110,00 per ogni metro quadrato di superficie espositiva netta occupata.

5. Nei casi di accertamento di reiterate violazioni di cui ai commi 2, 3 e 4, oltre all’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie è prevista l’ulteriore sanzione amministrativa dell’esclusione, per un triennio, dall’accesso a sovvenzioni e contributi regionali

6. In caso di manifestazioni fieristiche locali, le predette sanzioni amministrative pecuniarie sono ridotte alla metà.”.

 

Articolo 14

(Inserimento dell’articolo 16-bis nella legge regionale n. 12 del 2000)

 

1. Dopo l’articolo 16 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è inserito il seguente:

 

“ Art. 16 bis

Tavolo per il sistema fieristico regionale

 

1. Al fine di elaborare iniziative volte alla promozione ed alla realizzazione di un sistema fieristico regionale integrato e coordinato è istituito il Tavolo per il sistema fieristico regionale, il quale per lo svolgimento delle proprie attività può avvalersi di apposita struttura tecnico-giuridica.

2. Con apposito atto della Giunta regionale sono definiti i criteri di composizione e le modalità di funzionamento del Tavolo di cui al comma 1, nonché i compiti del medesimo.”.

 

Articolo 15

Sostituzione dell’articolo 17 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. L’articolo 17 della della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 17

Iniziative promozionali all’estero

 

1. La Regione può concorrere finanziariamente, nell'ambito e con le modalità previste dai programmi di promozione dell'esportazione e dell'internazionalizzazione disciplinati dal Programma regionale per le attività produttive industriali di cui all'articolo 54 della legge regionale n. 3 del 1999, alla promozione ed allo sviluppo sui mercati esteri del sistema fieristico regionale. Tali iniziative sono realizzate dalle società fieristiche che gestiscono centri fieristici o dalle società organizzatrici di manifestazioni fieristiche, e riguardano:

a) lo svolgimento di attività sui mercati esteri, al fine di acquisire espositori e visitatori professionali esteri alle manifestazioni fieristiche dell'Emilia-Romagna, per un incremento dell'internazionalizzazione dell'offerta e della domanda;

b) lo svolgimento di attività promozionali ed espositive sui mercati esteri con progetti organici finalizzati a promuovere aree merceologiche o filiere del sistema produttivo e fieristico regionale, in collaborazione con i rispettivi soggetti associativi rappresentativi.

2. Il concorso alle iniziative promozionali di cui al comma 1 può avvenire, nel rispetto dell'articolo 64 dello Statuto regionale, anche mediante la partecipazione della Regione alle società fieristiche che gestiscono centri fieristici.”.

 

 

Articolo 16

Modifiche all’articolo 18 della legge regionale n. 12 del 2000

 

Al comma 1 dell’articolo 18 della legge regionale n. 12 del 2000 le parole “dell’art. 47” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 64”.”

 

Il comma 3 dell’articolo 18 della legge regionale n. 12 del 2000 è abrogato.

 

Articolo 17

Sostituzione dell’articolo 19 della legge regionale n. 12 del 2000

 

L’articolo 19 della legge regionale n. 12 del 2000 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 19

Osservatorio regionale sul sistema fieristico.

 

La Regione svolge funzioni di osservatorio sul sistema fieristico regionale  al fine di realizzare uno studio sistematico delle dimensioni del mercato fieristico regionale volto alla valorozzazione delle capacità regionali in ottica nazionale e internazionale.

Le funzioni di osservatorio si esplicano in particolare nell’elaborazione di un rapporto statistico di aggiornamento annuale.

Con atto dirigenziale della struttura competente sono disciplinate le modalità di funzionamento dell’osservatorio.”.

 

Articolo 18

Modifiche all’articolo 21 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1. All’articolo 21 della legge regionale n. 12 del 2000 sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

“ 2. La Giunta regionale con propria deliberazione determina:

a) i sistemi idonei ed oggettivi di rilevazione e certificazione dei dati attinenti gli espositori e i visitatori delle manifestazioni fieristiche con qualifica internazionale e nazionale di cui all'articolo  5, comma 5;

b) i requisiti di idoneità dei centri fieristici per lo svolgimento di manifestazioni internazionali e nazionali, regionali e locali nonché le modalità di verifica della rispondenza dei quartieri fieristici a tali requisiti di cui all'art. 6, comma 3;

c) i criteri per il riconoscimento delle qualifiche internazionale, nazionale, regionale e locale;

d) i documenti e le attestazioni da allegare alla comunicazione, nonché quelli relativi alla relazione consuntiva sulla manifestazione, come previsto all’articolo 11.”;

b) i commi 1 e 3 sono abrogati.

 

Articolo 19

Modifiche all’articolo 22 della legge regionale n. 12 del 2000

 

1 Al comma 1 dell’articolo 22 della legge regionale 25 febbraio 2000, n. 12, le parole: “dall’art. 11 della L.R. 6 luglio 1977, n. 31” sono sostituite dalle seguenti: “dall'articolo 37 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 (Ordinamento contabile della Regione Emilia-Romagna, abrogazione delle l.r. 6 luglio 1977, n. 31 e 27 marzo 1972, n. 4).”

 

Articolo 20

Applicazione della disciplina contenuta nel presente Titolo III

 

Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale adotta:

l’atto di cui all’articolo che introduce l’articolo 16 bis;

gli atti di cui all’articolo 21, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2000, come riformulato dall’articolo x (Modifiche all’articolo 21 della legge regionale n. 12 del 2000) del presente Capo.

Fino all’adozione degli atti di cui al comma 1:

continuano ad applicarsi gli atti adottati in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 21 nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dalla presente legge;

sono fatte salve le modalità procedimentali previste dal testo previgente della legge regionale n. 12 del 2000.

 

Articolo 21

 

Abrogazioni

 

Gli articoli 13 e 16 della legge regionale n. 12 del 2000, sono abrogati.

 

TITOLO IV

MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 31 MARZO 2003, N. 7 (DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DI PRODUZIONE, ORGANIZZAZIONE E VENDITA VIAGGI, SOGGIORNI E SERVIZI TURISTICI. ABROGAZIONE DELLA L.R. 26 LUGLIO 1997, N. 23 (DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DELLE AGENZIE DI VIAGGIO E TURISMO).

 

Art. 22

Modifiche dell’articolo 1 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 1 dell’articolo 1 della della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 le parole “della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo) e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002” sono sostituite dalle seguenti: “e del Decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento del mercato del turismo).”.

 

Art. 23

Modifiche all’articolo 2 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 1 dell’articolo 2  della della legge regionale n. 7 del 2003, dopo le parole “congiuntamente o disgiuntamente” sono inserite le seguenti: “anche in via telematica se compatibile.”.

 

Art. 24

Modifiche all’articolo 3 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Dopo il comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale n. 7 del 2003 è inserito il seguente: “1.bis Alle agenzie di viaggi e turismo è consentito altresì lo svolgimento di ulteriori attività, nell’osservanza delle rispettive norme di settore, purchè l’attività di agenzia di viaggi e turismo sia prevalente rispetto alle altre. La prevalenza è valutata sulla base del numero di addetti e del fatturato.”

 

Articolo 25

Sostituzione dell’articolo 5 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 5 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 5

Esercizio dell'attività di agenzia di viaggio e turismo.

 

Chiunque intende esercitare l'attività di agenzia di viaggio e turismo, presenta allo Sportello Unico Attività Produttive (Suap) del Comune territorialmente competente, il quale con modalità informatica si coordina con le competenti strutture della Provincia, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia) ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La Scia deve attestare il possesso dei requisiti di cui al comma 3 ed essere corredata dal progetto di utilizzazione dei locali, da una relazione tecnico illustrativa e dalle planimetrie. La segnalazione deve essere redatta sul modello approvato con atto della Giunta regionale, che stabilisce altresì la documentazione da allegare alla segnalazione.

3. Per l’apertura delle agenzie di viaggio e turismo e per l’esercizio delle relative attività sono necessari:

a) il possesso dei requisiti strutturali e professionali di cui agli articoli 9 e 10;

b) il possesso dei requisiti di onorabilità di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

4. Per l’apertura di agenzie di viaggio e turismo da parte di persone fisiche o persone giuridiche straniere non appartenenti a Stati membri dell’Unione Europea sono fatte salve le norme di cui all’art. 4 del decreto legislativo n.  79 del 2011.

5. La scia può prevedere l’apertura di agenzie di viaggio e turismo per periodi che non coprono l'intero arco dell'anno solare nelle località in cui la frequentazione turistica ha carattere stagionale.

6. La Provincia, con le modalità stabilite con l’atto di Giunta di cui al comma 2, preventivamente rispetto alla presentazione della SCIA accerta che la denominazione prescelta non sia uguale o tale da confondersi con altre già operanti sul territorio nazionale, fermo restando che non può, in ogni caso, essere adottata la denominazione di comuni e regioni italiani.”.

 

Articolo 26

Sostituzione dell’articolo 6 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 6 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 6

Apertura di sede secondaria o filiale di agenzia di viaggio e turismo.

 

1. Le agenzie di viaggio e turismo già legittimate a operare ed aventi la sede principale in Italia, che intendono aprire una sede secondaria, sono tenute a presentare apposita comunicazione al Suap territorialmente competente, il quale provvede a sua volta ad informarne il Suap cui è stata presentata la Scia per l’apertura della sede principale.

2. I contenuti della comunicazione di cui al comma 1 e le modalità di presentazione della medesima sono definite con apposito atto della Giunta Regionale.”.

 

Articolo 27

Modifiche all’articolo 7 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. A comma 1 dell’articolo 7 della della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “devono essere munite dell'autorizzazione di cui all'articolo 5” sono sostituite dalle seguenti: “devono avere presentato la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 5.”.

 

Articolo 28

Sostituzione dell’articolo 8 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 8 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 8

Contenuto della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)

 

La segnalazione certificata di inzio attività di cui all’articolo 5 deve indicare:

La denominazione dell’agenzia di viaggio;

il titolare, persona fisica o giuridica, il codice fiscale, l'esatta denominazione o la ragione sociale e il legale rappresentante in caso di società;

l’attività da svolgere;

le altre attività che l'agenzia intende esercitare, di cui all'articolo 3;

la persona preposta alla direzione tecnica dell'agenzia, precisando se essa è diversa dal titolare o legale rappresentante;

l'ubicazione, il titolo di utilizzo e la destinazione d'uso della sede dell'esercizio;

il possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 3

 

Ogni variazione degli elementi dichiarati in sede di segnalazione certificata di inizio attività deve essere comunicata preventivamente e tempestivamente comunicata con apposita SCIA.”.

 

Articolo 29

Sostituzione dell’articolo 9 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 9 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 9

Requisiti strutturali.

 

1. Le agenzie di viaggio e turismo e le loro filiali o sedi secondarie devono possedere i seguenti requisiti strutturali:

a) locali idonei ai sensi della normativa vigente;

b) insegne visibili dell'attività dell'impresa;

c) attrezzature tecnologiche adeguate alle attività da esercitare.

2. I requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b), non sono richiesti per le agenzie che operano esclusivamente in via telematica.”.

 

Articolo 30

Sostituzione dell’articolo 10 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 10 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 10

Requisiti professionali.

 

1 Ai fini dell’esercizio dell’attività di agenzia di viaggi e turismo, la persona fisica titolare dell'impresa individuale o il rappresentante legale in caso di società, oppure in loro vece, il preposto alla direzione tecnica dell'agenzia, deve risultare in possesso dei necessari requisiti professionali.

2. Il possesso dei suddetti requisiti professionali è dimostrato dall'essere nelle condizioni previste dall'articolo 29 del decreto legislativo n. 206 del 2007 o dall'aver frequentato apposito percorso formativo abilitante.

3. La Giunta regionale determina i criteri e le modalità dei percorsi formativi abilitanti all'esercizio dell'attività di direttore tecnico nonché i termini per l'effettuazione degli stessi.

4. Il direttore tecnico presta la propria attività con carattere di continuità.”.

 

Articolo 31

Modifiche all’articolo 11 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 2 dell’articolo 11 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “da concedersi con provvedimento della Provincia di competenza” sono sostituite dalle seguenti: “da comunicare alla  Provincia competente che può vietare la proroga entro trenta giorni.”.

2. Al comma 3 dell’articolo 11 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “la Provincia determina l'avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione” sono sostituite dalle seguenti: “o a seguito del diniego della proroga da parte della Provincia intervenuto entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2,  la Provincia dispone la sospensione dell’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 22.”.

 

Articolo 32

Sostituzione dell’articolo 12 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 12 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 12

Elenco delle agenzie di viaggio e turismo.

 

1. La Regione, per facilitare l’accesso dei cittadini alle informazioni, pubblica sul proprio sito istituzionale e aggiorna periodicamente  l’elenco delle agenzie di viaggio e turismo, nonché delle sedi secondarie e delle filiali.

2. La Provincia dà tempestiva comunicazione alla Regione dell’apertura o chiusura di agenzie di viaggio e turismo, di filiali o sedi secondarie.”.

 

Articolo 33

Sostituzione dell’articolo 14 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 14 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 14

Garanzia assicurativa.

 

1. Le agenzie di viaggio e turismo sono tenute a stipulare, prima della presentazione della SCIA ed a pena di divieto di esercizio dell’attività, polizza assicurativa a garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi assunti verso i clienti con il contratto di viaggio e in relazione al costo complessivo dei servizi offerti, nell’osservanza delle disposizioni previste in materia dalla Convenzione Internazionale relativa ai contratti di viaggio (CCV), di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 1084 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV) firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970), nonché dagli articoli 19 e 50 del D.Lgs 23 maggio 2011, n. 79.

2. Le polizze assicurative devono specificare i criteri di determinazione del premio, nonché i massimali di risarcimento e le specifiche clausole volte ad assicurare la liquidazione, a breve termine, del risarcimento dovuto all'utente dei servizi turistici, in conseguenza della mancata o difettosa prestazione di servizi da parte dell'agenzia di viaggio e turismo.

3. L'agenzia di viaggio e turismo invia annualmente al Suap alla Provincia competente per territorio la documentazione comprovante l'avvenuta copertura assicurativa dell'attività dichiarata.

4. Dalla polizza di assicurazione obbligatoria di responsabilità civile viene accantonata la quota destinata al fondo di garanzia nazionale ai sensi di quanto stabilito dall’art. 51 del D. Lgs. n. 79 del 2011.”.

 

Articolo 34

Modifiche all’articolo 15 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 1 dell’articolo 15 della legge regionale n. 7 del 2003 sono apportate le seguenti modifiche:

alla lettera k) le parole: “dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività” sono sostituite dalle seguenti: “della SCIA”;

alla lettera m) le parole: “così come recepita dal D.Lgs. n. 111 del 1995” sono sostituite dalle seguenti: “nonché del D. Lgs. n. 79 del 2011”;

alla lettera o) sono aggiunte infine le seguenti parole: “e dall’articolo 17 della legge 2 marzo 2006, n. 38 (Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo internet)

2. Al comma 2 dell’articolo 15 le parole: “si intende autorizzata” sono sostituite dalle seguenti: “può essere effettuata”.

3. Al comma 4 le parole: “istituito con legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) sono sostituite dalle seguenti: “di cui all’articolo 136 del D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229) o nel registro regionale delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 3 della legge regionale 7 dicembre 1992, n. 45 (Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti).

4. Al comma 5 le parole: “nonché alla disciplina del D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 185 sui diritti del consumatore nei contratti conclusi a distanza” sono sotituite dalle parole: “nonché alla disciplina di cui agli articoli da 50 a 61 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229).”

 

Articolo 35

Modifiche all’articolo 16 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 2 dell’articolo 16  della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “istituito con legge n. 281 del 1998” sono sostituite dalle parole: “di cui all’articolo 136 del D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229)  o nel registro regionale delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 3 della legge regionale 7 dicembre 1992, n. 45 (Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti).”.

 

Articolo 36

Modifiche all’articolo 17 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Alla lettera c) del comma 4 dell’articolo 17 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “istituito con legge n. 281 del 1998” sono sostituite dalle parole: “di cui all’articolo 136 del D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229) o nel registro regionale delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’articolo 3 della legge regionale 7 dicembre 1992, n. 45 (Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti).”.

 

Articolo 37

Modifiche all’articolo 18 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 3 dell’articolo 18 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “dall'articolo 20 del D.Lgs. n. 111 del 1995” sono sostituite dalle parole: “dall’articolo 50 del D.Lgs 79/2011”.

 

Articolo 38

Modifiche all’articolo 19 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 3 dell’articolo 19 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “dall'articolo 20 del D.Lgs. n. 111 del 1995” sono sostituite dalle parole: “dall’articolo 50 del D.Lgs 79/2011”.

 

Articolo 39

Modifiche all’articolo 20 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. Al comma 4 dell’articolo 20 della legge regionale n. 7 del 2003 sono apportate le seguenti modifiche:

le parole: “I raggruppamenti di cui all'articolo 13, comma 6” sono sostituite dalle seguenti: “I raggruppamenti di cui all'articolo 13, comma 5”;

le parole: “e ritenuti ammissibili ai sensi dell'articolo 13, comma 5” sono sostituite dalle seguenti: “e ritenuti ammissibili al cofinanziamento di cui all’art. 7, comma 2, lettera c)”

le parole: “dall'articolo 20 del D.Lgs. n. 111 del 1995.” sono sostituite dalle seguenti: “dall’articolo 50 del D.Lgs 79/2011.”;

2.Al comma 5 dell’articolo 20 della legge regionale n. 7 del 2003 le parole: “dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 111 del 1995.” sono sostituite dalle parole: “dal decreto legislativo n. 79 del 2011”.

 

Articolo 40

Sostituzione dell’articolo 22 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 22 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 22

Sospensione dell’esercizio.

 

1. La Provincia dispone la sospensione dell’apertura o dell’esercizio delle agenzie di viaggio e turismo e le loro filiali o sedi secondarie per un periodo da un minimo di sette giorni ad un massimo di sei mesi:

a) qualora venga meno uno o più dei requisiti professionali oppure uno o più dei requisiti strutturali previsti per l’esercizio dell’agenzia, fatti salvi i casi e le modalità espressamente disciplinati dalla presente legge;

b) qualora vengano esercitate attività difformi da quelle per cui è stata presentata la segnalazione certificata di inizio attività;

c) qualora non vengano rispettati i termini temporali per le aperture a carattere stagionale di cui all'articolo 5, comma 5;

d) qualora vengano accertate irregolarità amministrative, ovvero gravi e ripetute violazioni delle norme previste dalla Direttiva n. 90/314/CEE e dalla Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, relativa alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, recepita con l'articolo 25 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee - Legge comunitaria 1994);

e) qualora l'agenzia non comunichi alla Provincia entro cinque giorni la cessazione per qualsiasi causa dell'attività del direttore tecnico indicato nella SCIA, ovvero qualora non provveda alla sostituzione del direttore tecnico stesso entro il termine assegnato dalla Provincia;

f) qualora la chiusura temporanea dell’agenzia non rispetti le modalità di cui all’articolo 11, comma 3;

g) in caso di reiterazione delle violazioni di cui alle lettere d) ed e) dell’articolo 23

2. Nel provvedimento di sospensione dell’esercizio la Provincia fissa un termine perentorio entro il quale i requisiti mancanti devono essere ripristinati e le irregolarità o gli inadempimenti eliminati.

3. La Provincia adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti:

a) qualora, trascorso il periodo massimo di sospensione previsto al comma 1, l'agenzia non provveda all'eliminazione delle irregolarità che hanno dato causa alla sospensione medesima o non ottemperi alle disposizioni della Provincia;

b) qualora, per la persona fisica titolare o per uno dei soggetti indicati all’artiocolo 71, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, vengano meno i requisiti soggettivi di cui all’artiocolo 5, comma 3,lettera b);

c) nel caso di mancata stipulazione della polizza di cui all’articolo 14 o del suo rinnovo annuale;

d) in caso di svolgimento in forma continuativa o occasionale delle attività di cui all’articolo 2 senza aver presentato la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 5.”

 

Articolo 41

Sostituzione dell’articolo 23 della legge regionale n. 7 del 2003

 

1. L’articolo 23 della della legge regionale n. 7 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 23

Sanzioni amministrative.

 

1. Fatte salve le sanzioni previste dal Codice penale ove il fatto costituisca reato, è soggetto all'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria nella misura da 1.500,00 Euro a 3.000,00 Euro:

a) chiunque intraprenda e svolga in forma continuativa od occasionale le attività di cui all'articolo 2 senza aver presentato la segnalazione certificata di inzio attività di cui all’articolo 5;

b) chiunque svolga attività diverse da quelle indicate nella segnalazione certificata di cui all’articolo 5;

c) le associazioni di cui agli articoli 18 e 19 che effettuino attività in modo difforme da quella prevista dalla presente legge, e a favore di non associati;

d) chiunque pubblichi o diffonda programmi di viaggio in contrasto con le norme contenute nella presente legge o non rispetti i contenuti dei propri programmi nell'esecuzione dei contratti di viaggio;

e) i fornitori o loro rappresentanti dei pacchetti turistici o dei singoli servizi turistici che diffondano i programmi ed opuscoli o sottoscrivano contratti in violazione delle disposizioni di cui alla Direttiva n. 93/13/CEE recepita ed attuata con legge n. 52 del 1996.

f)              le agenzie di viaggio e turismo che aprano sedi secondarie o filiali senza aver presentato la comunicazione di cui all’articolo 6.

2. L’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di cui alle lettere c), d), e) ed f) del comma 1 è subordinata alla diffida amministrativa con le modalità di cui all’articolo 7-bis della legge regionale 28 aprile 1984, n. 21 (Disciplina dell’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale).

3. Ogni rapporto di accertata violazione delle norme della presente legge regionale è presentato alla Provincia competente per territorio, alla quale sono devoluti i proventi delle sanzioni amministrative dalla Provincia stessa irrogate.”.

 

Articolo 42

Abrogazioni e norme transitorie

 

1.     L’articolo 13 della legge regionale n. 7 del 2003 è abrogato.

 

2. Il deposito cauzionale di cui all’articolo 13 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 non è più dovuto a far data dall’entrata in vigore della presente legge. Allo svincolo dei depositi cauzionali attualmente costituiti la Provincia provvede d’ufficio, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa verifica dell’inesistenza di pendenze in corso nei confronti del titolare dell’agenzia di viaggio che possano comportare rivalsa sul deposito cauzionale a suo tempo costituito dall’agenzia stessa.

 

TITOLO V

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMMERCIO

 

Capo I

Modifiche alla legge regionale n. 14 del 2003 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande)

 

Art. 43

Modifiche all’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Il comma 4 dell’ articolo 2 della legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande) è sostituito dal seguente:

“4. La presente legge non si applica alle attività disciplinate dalle seguenti disposizioni:

a) legge regionale 31 marzo 2009, n. 4 (Disciplina dell’agriturismo e della multifunzionalità delle aziende agricole) con riferimento all’ esercizio delle attività agrituristiche e del turismo rurale;

b) legge regionale 28 luglio 2004, n. 16 (Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità), sia con riferimento ai casi di somministrazione alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati, sia con riferimento all'esercizio del servizio di alloggio e prima colazione a carattere familiare denominato '' bed & breakfast ''

c) decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235 (Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati), dovendosi intendere applicabili i criteri stabiliti dai Comuni ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della presente legge;”.

 

Art. 44

Modifiche all’articolo 3 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Al comma 1 dell’ articolo 3 della legge regionale n. 14 del 2003  le parole “la programmazione e” sono soppresse.

 

Art. 45

Modifiche all’articolo 4 della legge regionale n. 14 del 2003

 

1. L’articolo 4 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 4

Definizione dei criteri per l’avvio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande

 

1. In attuazione degli indirizzi generali di cui all'articolo 3,al fine di assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, la Giunta regionale fissa, sentite le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, le direttive di carattere generale sulla base delle quali i Comuni stabiliscono i criteri ed i requisiti strutturali per l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande.

2. Nelle zone del territorio regionale da sottoporre a tutela, i Comuni adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico nel rispetto di quanto disposto nel comma 3 dell’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano  alle  attività di somministrazione di alimenti e bevande da effettuarsi:

a) negli esercizi di cui all'articolo 8 nei quali la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di spettacolo, trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari, impianti sportivi, cinema, teatri e altri esercizi similari, nonché in tutti i casi in cui l'attività di somministrazione è esercitata all'interno di strutture di servizio ed è in ogni caso ad esse funzionalmente e logisticamente collegata, semprechè alla somministrazione di alimenti e bevande non sia riservata una superficie prevalente rispetto a quella in cui è svolta l'attività cui è funzionalmente e logisticamente collegata. Non costituisce attività di spettacolo, trattenimento e svago la semplice musica di accompagnamento e compagnia;

b) negli esercizi situati all'interno delle aree di servizio delle strade extraurbane principali e delle autostrade, così come definite dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nelle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico, sui mezzi di trasporto pubblico;

c) negli esercizi posti nell'ambito degli impianti stradali di distribuzione carburanti, di cui all'articolo 2, commi 2 e 2 bis, della legge 28 dicembre 1999, n. 496 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 29 ottobre 1999, n. 383, recante disposizioni urgenti in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore), semprechè l'attività sia funzionalmente e logisticamente svolta in connessione con l'attività di distribuzione carburanti e l'autorizzazione sia rilasciata a favore di soggetti titolari della licenza di esercizio per la vendita di carburanti, salvo rinuncia del titolare della licenza dell’esercizio medesimo, che può consentire a terzi lo svolgimento delle predette attività;

d) negli esercizi di somministrazione annessi ai rifugi alpini;

e) negli esercizi polifunzionali di cui all'articolo 9 della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 114);

f) nelle mense aziendali e nelle altre attività di somministrazione non aperte al pubblico individuate dai Comuni;

g) nelle attività soggette alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 4, fatto salvo quanto previsto alla lettera c) dello stesso comma;

h) nelle attività svolte in forma temporanea di cui all'articolo 10;

i) al domicilio del consumatore.

4. I Comuni stabiliscono le condizioni per l'esercizio dell'attività di somministrazione in forma stagionale, considerandosi tale l'attività svolta per uno o più periodi, nel complesso non inferiori a trenta giorni e non superiori a duecentoquaranta giorni, per ciascun anno solare.”.

 

Art. 46

Modifiche all’articolo 5 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 5 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 5

Esercizio delle funzioni amministrative da parte dei Comuni

 

“1.La segnalazione certificata di inizio attività (Scia) e la richiesta di autorizzazione, nei casi previsti dalla presente legge, sono presentate al SUAP del Comune territorialmente competente. Il Comune è altresì competente alla vigilanza e al provvedimento sanzionatorio di cui all'articolo 180 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle leggi di pubblica sicurezza).

2. Le funzioni amministrative sono esercitate dal Comune in conformità ai criteri definiti sulla base delle direttive emanate dalla Giunta regionale.”.

 

Art. 47

Modifiche all’articolo 6 della legge regionale n. 14 del 2003

 

1 L’articolo 6 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 6

Requisiti per l’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande

 

1. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che non risultano in possesso dei requisiti morali di cui all'articolo 71, commi 1 e 2, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). In caso di società, associazioni o organismi collettivi, tali requisiti devono essere posseduti dal legale rappresentante o altra persona preposta all'attività di somministrazione e da tutti i soggetti per i quali è previsto l'accertamento di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia). In caso di impresa individuale i requisiti morali di cui all’articolo 71, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 59 del 2010 devono essere posseduti dal titolare e dall’eventuale altra persona preposta all’attività di somministrazione.

2. L'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande è subordinato al possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per la somministrazione di alimenti e bevande istituito o riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna o da un'altra Regione o dalle Province autonome di Trento e Bolzano ovvero essere in possesso di un diploma di Istituto secondario o universitario attinente all'attività di preparazione e somministrazione di bevande e alimenti;

b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni, anche non continuativi, nell'ultimo decennio, l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato addetto alla somministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dall'iscrizione all'INPS;

c) di essere stato iscritto al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o alla sezione speciale del medesimo registro per la gestione di impresa turistica, salva cancellazione dal medesimo registro.

3. In caso di società, associazione od organismi collettivi il possesso dei requisiti di cui al comma 2 è richiesto al legale rappresentante o altra persona delegata all'attività di somministrazione. In caso di impresa individuale i requisiti di cui al comma 2 devono essere posseduti dal titolare o in alternativa dall’eventuale altra persona preposta all’attività di somministrazione

4. La Giunta regionale stabilisce le modalità di organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 2, lettera a), nonché i requisiti di accesso alle prove finali, garantendone l'effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale fine saranno considerate in via prioritaria le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi ù rappresentative a livello regionale, gli enti da queste costituiti e le Camere di commercio. La Giunta stabilisce altresì i titoli di studio o altri requisiti validi ai fini della sussistenza del requisito di cui al comma 2, lettera a).

5. Il requisito di cui al comma 2, lettera a), è valido altresì ai fini dell'esercizio dell'attività commerciale nel settore alimentare. L'esercizio di un'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare è consentito anche a chi è stato iscritto al registro degli esercenti il commercio di cui alla legge n. 426 del 1971, per uno dei gruppi merceologici individuati dall'articolo 12, comma 2, lettere a), b) e c), del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, salva cancellazione dal medesimo registro.

6. Ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che intendono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande  nel territorio regionale si applica quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania)”.

7. Il titolare di una attività di somministrazione di alimenti e bevande o di un pubblico esercizio può affidare la gestione di uno o più reparti, per un periodo di tempo convenuto, ad un soggetto in possesso dei requisiti di cui al presente articolo, a seguito di presentazione della SCIA al Suap del Comune territorialmente competente. La SCIA deve essere presentata altresì in caso di cessazione della gestione.

8. Il titolare, qualora non abbia provveduto alla presentazione della SCIA di cui al comma 7, risponde in proprio dell'attività esercitata dal gestore.

9. Il reparto affidato in gestione deve presentare un collegamento strutturale con l'esercizio ove il reparto è collocato e non avere un accesso autonomo.”.

 

Art. 48

Modifiche all’articolo 8 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 8 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 8

Esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

 

1. All’apertura, al trasferimento di sede ed all'ampliamento di superficie degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico nelle zone sottoposte a tutela, nonchè all’apertura, al trasferimento di sede ed all'ampliamento di superficie negli altri casi, ed al trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi in ogni caso si applicano i commi 1 e 2 dell’articolo 64 del  decreto legislativo n. 59 del  2010.

La Scia deve attestare il possesso dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 4, di cui al comma 5 del presente articolo e di quelli previsti all’articolo 6.

La segnalazione deve essere redatta sul modello approvato con atto della Giunta regionale, che stabilisce altresì la documentazione da allegare alla segnalazione

E’ subordinata alla segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 anche l’attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, fatta salva la normativa di settore.

È fatto obbligo a tutti i soggetti che svolgono attività di somministrazione di alimenti e bevande di esercitarla nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico, sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, nonché delle norme in materia di sicurezza e prevenzione incendi e, qualora trattasi di esercizi aperti al pubblico, di sorvegliabilità.

.Nelle zone soggette a tutela il rispetto delle disposizioni di cui al comma 5 è richiesto ai fini dell'esercizio dell'attività, che rimane precluso in assenza di esso, ma non condiziona il rilascio dell'autorizzazione, nei casi in cui essa sia prevista. Entro centottanta giorni dal rilascio dell'autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità e comunque prima di dare inizio all'attività di somministrazione, il titolare deve porsi in regola con le vigenti norme, prescrizioni, autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria nonché con quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, prevenzione incendi e sicurezza e, qualora si tratti di esercizi aperti al pubblico, sorvegliabilità.  Il Comune accerta l'adeguata sorvegliabilità anche nel caso di locali oggetto di ampliamento o di modifiche strutturali. È fatta salva la possibilità per il Comune di prevedere l'obbligo del possesso dei requisiti di cui al comma 5 al momento del rilascio dell'autorizzazione.”.

 

Art. 49

Modifiche all’articolo 9 della legge regionale n. 14 del 2003

 

La rubrica dell’articolo 9 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituita dalla seguente: “Attività non soggette ad autorizzazione o a scia”

Al comma 1 dell’articolo 9 le parole “Non sono soggette alle autorizzazioni di cui all’articolo 8” sono sostituite dalle seguenti “Non sono soggette ad autorizzazioni, né a scia”.

 

Art. 50

Modifiche all’articolo 10 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 10 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 10

Attività temporanee

 

1. In occasione di fiere, feste, sagre, mercati o di altre riunioni straordinarie di persone, l'attività temporanea di somministrazione è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività presentata al Comune in cui l’attività si svolge, ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990. Nelle zone sottoposte a tutela l’attività temporanea è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal Comune territorialmente competente. L’attività temporanea può essere esercitata soltanto per il periodo di svolgimento delle predette manifestazioni e per i locali o luoghi cui si riferiscono e se il richiedente risulta in possesso di requisiti di cui all'articolo 6, commi 1, 2 e 3 o se designa un responsabile in possesso di medesimi requisiti, incaricato di seguire direttamente lo svolgimento della manifestazione.

2. Per l'esercizio dell'attività di somministrazione di cui al comma 1 si osservano le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 5, con esclusione di quelle relative alla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.

3. Le attività di somministrazione svolte in forma temporanea, nell’ambito di manifestazioni a carattere religioso, benefico, solidaristico, sociale o politico, sono soggette a segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 41 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo) e per esse sono richiesti esclusivamente i requisiti morali di cui all’articolo 6, comma 1, nonché il rispetto delle norme igienico-sanitarie ed in materia di sicurezza.

4.Il Comune definisce le modalità di svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande in forma temporanea che comunque non possono avere durata superiore a trenta giorni consecutivi.

5. Le attività di somministrazione svolte in forma occasionale e completamente gratuite non sono soggette alle disposizioni della presente legge, salvo il rispetto delle norme igienico-sanitarie.”.

 

Art. 51

Modifiche all’articolo 11 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Al comma 1 dell’articolo 11 della legge regionale n. 14 del 2003 le parole: “concernenti l’autorizzazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’articolo 8” sono sostituite dalle seguenti: “della presente legge”.

Il comma 3 dell’articolo 11 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

“3. La somministrazione e la vendita di bevande alcoliche è soggetta alle limitazioni stabilite dalle disposizioni statali vigenti in materia” 

 

Art. 52

Modifiche all’articolo 12 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Al comma 1 dell’articolo 12 le parole: “le autorizzazioni” sono sostituite dalle parole: “i titoli”.

Al comma 2 dell’articolo 12 le parole: “Le stesse autorizzazioni” sono sostituite dalle parole: “Gli stessi titoli”.

 

Art. 53

Modifiche all’articolo 13 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Il comma 1 dell’articolo 13 è sostituito dal seguente:

 

“1. Al trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande per atto tra vivi o a causa di morte si applica la disciplina di cui all’articolo 64, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2010.”.

 

Il comma 3 dell’articolo 13 è abrogato.

 

Art. 54

Modifiche all’articolo 14 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 14 della legge regionale 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 14

Durata delle autorizzazioni e della scia

 

1. Le autorizzazioni e la scia abilitano all'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande a tempo indeterminato e si riferiscono esclusivamente ai locali e alle aree in esse indicati; in ogni momento possono essere effettuate verifiche in ordine al permanere dei requisiti soggettivi e oggettivi.

2. Nella scia e nell’autorizzazione stagionale deve essere indicato il periodo nei quali è consentito, nel corso dell'anno, l'esercizio dell'attività. La modifica del periodo negli anni successivi al primo deve avvenire con semplice comunicazione.

3. La scia per le attività temporanee di cui all’articolo 10 ha efficacia limitata alla durata della manifestazione.”.

 

Art. 55

Modifiche all’articolo 15 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 15 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 15

Decadenza, sospensione e revoca dei titoli abilitativi

 

1. I titoli abilitativi di cui all'articolo 8 decadono:

a) quando il titolare del titolo abilitativo sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi oppure, nel caso di attività soggetta ad autorizzazione, qualora il titolare, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, non attivi l'esercizio entro centottanta giorni dalla data del suo rilascio;

b) quando il titolare del titolo abilitativo non risulti più in possesso dei requisiti di cui all'articolo 6, commi 1, 2 e 3 ;

c) quando, in caso di subingresso, il cessionario non avvii l'attività entro sei mesi, salvo comprovati casi di forza maggiore.

2. I titoli abilitativi di cui all’articolo 8 possono essere sospesi quando venga meno la sorvegliabilità dei locali. L'attività è sospesa per una durata non inferiore a tre giorni e non superiore a novanta giorni, termine entro il quale, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza, il titolare può riprendere l'attività, ripristinati i requisiti mancanti. L'attività è sospesa fino a tre giorni nel caso in cui l'esercente non rispetti le indicazioni operative decise dai Comuni per la tutela degli abitati delle aree limitrofe.

3. Può essere disposto il divieto di prosecuzione dell’attività e contestualmente la revoca del provvedimento di autorizzazione nei casi in cui questo sia previsto :

a) quando il titolare del titolo abilitativo non osservi i provvedimenti di sospensione  o non ripristini i requisiti mancanti nei termini previsti;

b) nei casi stabiliti dal Comune per motivi di pubblico interesse.”.

 

Art. 56

Modifiche all’articolo 16 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 16 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 16

Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

 

1. Gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti.

2. Gli esercenti devono rispettare l'orario prescelto e devono rendere noto al pubblico, anche durante il periodo di chiusura, l'orario di effettiva apertura e chiusura mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.”.

 

Art. 57

Modifiche all’articolo 17 della legge regionale n. 14 del 2003

 

L’articolo 17 della legge regionale n. 14 del 2003 è sostituito dal seguente:

 

“Art. 17

Chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

 

La chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è comunicata al pubblico mediante l’esposizione di apposito cartello leggibile dall’esterno e, se di durata superiore a trenta giorni consecutivi, anche al Comune.

Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano agli esercizi di cui all’articolo 4, comma 3, della presente legge nonché ai circoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del 2001”

 

Art. 58

Modifiche all’articolo 18 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Al comma 1 dell’articolo 18 della legge regionale n. 14 del 2003 le parole: “decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 84 (Attuazione della direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi offerti ai medesimi)” sono sostituite dalle parole: “decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229)”.

Al  comma 6 dell’articolo 18 le parole: “articolo 4, comma 5” sono sostituite dalle parole: “articolo 4, comma 3”.

 

Art. 59

Modifiche all’articolo 19 della legge regionale n. 14 del 2003

 

Al comma 1 dell’articolo 19 della legge regionale n. 14 del 2003 le parole: “o altro titolo autorizzativo, ovvero quando questa sia stata revocata o sospesa o decaduta” sono sostituite dalle parole: “o altro titolo abilitativo ovvero quando questi siano stati revocati o sospesi o decaduti”.

Capo II

Modifiche alla legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Commercio in sede fissa)

 

Art. 60

Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14

 

Alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 1 della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 le parole: “ed equilibrio” sono soppresse.

 

Art. 61

Modifiche all’articolo 2 della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14

 

Al comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999 sono apportate le seguenti modifiche:

Nell’alinea del comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999 le parole: “la programmazione e” sono soppresse;

Alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999 la parola: “programmare” è sostituita dalla parola: “pianificare”;

Alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999 le parole: “un equilibrato sviluppo” sono sostituite dalle parole: “lo sviluppo”.

La lettera g) del comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 1999 è sostituita dalla seguente: “g) definire criteri, ai fini della pianificazione delle grandi strutture di vendita finalizzati a contenere l’uso del territorio e assicurare le compatibilità ambientali e della mobilità sostenibile”.

 

Art. 62

Disapplicazione dei limiti alla concorrenza

 

A far data dall’entrata in vigore della presente legge cessano di avere applicazione le disposizioni della pianificazione provinciale che definiscono il dimensionamento della capacità insediativa delle grandi strutture di vendita, rispetto al totale della dotazione, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, lettera b), della legge regionale n. 14 del 1999.

 

TITOLO VI

MODIFICA DELLA DISCIPLINA DELLE STRUTTURE RICETTIVE DIRETTE ALLA OSPITALITA’

 

Art. 63

Modifiche all’articolo 4 della legge regionale 28 luglio 2004, n. 16

 

1. Al comma 7 dell’articolo 4 della legge regionale 28 luglio 2004, n. 16 (Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità), dopo la lettera b) è inserita la seguente:

“b bis) i marina resort;”

 

Art. 64

Modifiche all’articolo 6 della legge regionale n.16 del 2004

 

1.     All’articolo 6 della legge regionale n. 16 del 2004, n.16 dopo il comma 4 é aggiunto il seguente:

 

“4 bis. Sono “marina resort”, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, che posseggano i requisiti individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione che ne definisce altresì modalità di apertura e di esercizio, nonché la relativa classificazione.”.

 

Art. 65

Norma transitoria

 

1. La Giunta Regionale approva l’atto di cui al comma 4 bis dell’articolo 6 della legge regionale n. 16 del 2004 entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni del presente Capo trovano applicazione a decorrere dall’approvazione di tale deliberazione.

 

TITOLO VII

ULTERIORI DISPOSIZIONI PER L’ADEGUAMENTO DELL’ORDINAMENTO REGIONALE ALLA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA E PER LA SEMPLIFICAZIONE DI SPECIFICI PROCEDIMENTI

 

Capo I

Modifiche alla legge regionale 4 agosto 1992, n. 32 relativa alla disciplina dell'attività di estetista

 

Articolo 66

Modifiche all’articolo 1 della legge regionale n. 32 del 1992

 

La lettera a), del comma 3 dell’articolo 1 della legge regionale n. 32 del 1992 (Norme di attuazione della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per la disciplina dell’attività di estetista) è sostituita dalla seguente:

 

“a) alla qualificazione professionale degli esercenti l’attività di estetista, secondo quanto richiesto dalla legge statale per l’accesso all’attività e per l’esercizio della stessa;”

 

Articolo 67

Sostituzione dell’articolo 2 della legge regionale n. 32 del 1992

 

L’articolo 2 della legge regionale n. 32 del 1992 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 2

Qualificazione professionale

 

1. La formazione e gli esami finalizzati alla qualificazione professionale di estetista, a norma dell’articolo 3 della legge statale, sono realizzati ai sensi della legge regionale 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro) e delle relative disposizioni attuative.

2. I soci partecipanti ed i collaboratori familiari sono equiparati ai dipendenti di impresa, ai fini dell’accesso alla formazione ed agli esami per la qualificazione professionale di estetista.

3. La Giunta regionale adotta le ulteriori disposizioni necessarie all’applicazione della legge statale.”.

 

Articolo 68

Modifiche all’articolo 3 della legge regionale n. 32 del 1992

 

I commi da 1 a 4 ed il comma 6 dell’articolo 3 della legge regionale n. 32 del 1992 sono abrogati.

 

Articolo 69

Sostituzione dell’articolo 5 della legge regionale n. 32 del 1992

 

L’articolo 5 della legge regionale n. 32 del 1992 è sostituito dal seguente:

 

“Articolo 5

Regolamenti comunali

 

1. I Comuni sono tenuti a disciplinare con apposito regolamento le attività di estetista, ivi compresi tutti gli istituti di bellezza comunque denominati, dovunque tali attività siano esercitate, in luogo pubblico o privato, anche a titolo gratuito.

2.  Tutte le imprese che esercitano le suddette attività, siano esse individuali o in forma societaria di persone o di capitali, sono soggette alla disciplina del suddetto regolamento, il quale deve conformarsi alle norme legislative vigenti in materia.”.

 

Art. 70

Norme transitorie

 

1. Nelle more dell’applicazione dell’articolo 5 della legge regionale n. 32 del 1992, come modificato dalla presente legge, restano in vigore, in quanto compatibili con il nuovo testo della suddetta legge, i regolamenti comunali già adottati ai sensi del previgente testo di detto articolo.

 

Capo II del titolo VII

 

GESTIONE DEI BOSCHI E DELLA VEGETAZIONE ARBOREA E ARBUSTIVA NELLE AREE DI PERTINENZA IDRAULICA

 

Articolo 71

Disposizioni generali

 

1. Le disposizioni di cui al presente capo sono volte ad assicurare il coordinamento delle misure finalizzate alla riduzione del rischio idraulico con le esigenze di tutela e valorizzazione dei boschi e della vegetazione arborea ed arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica, attraverso forme di programmazione e controllo delle attività di gestione degli interventi di manutenzione della vegetazione, nel rispetto della normativa in materia ambientale, forestale, paesaggistica, di tutela dei siti Natura 2000 e delle aree naturali protette, e in coerenza con la Comunicazione della Commissione Europea 3 maggio 2011 “La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell'UE sulla biodiversità fino al 2020” e nel rispetto delle direttive 2007/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni), 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque), 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) e 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici).

 

Articolo 72

Programmazione degli interventi

 

1. In relazione ai boschi e alla vegetazione arborea e arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica, i provvedimenti di programmazione di cui all’articolo 9, comma 5, e all’articolo 10 della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30 (Incentivi per lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse forestali, con particolare riferimento al territorio montano. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 25 maggio 1974, n. 18 e 24 gennaio 1975, n. 6), approvati dalla Regione ai sensi del comma 4 del presente articolo, individuano le modalità di gestione, per quanto attiene in particolare alla programmazione degli interventi selvicolturali necessari per finalità di sicurezza idraulica nelle aree demaniali.

2. La Regione, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con deliberazione di Giunta, approva apposite linee guida per la programmazione e la realizzazione degli interventi di manutenzione dei boschi e della vegetazione riparia di cui al comma 1, con le quali, in particolare, definisce:

gli ambiti territoriali dei programmi di cui al comma 1, in riferimento a bacini idrografici o aree omogenee, con individuazione delle priorità di intervento;

la struttura e i contenuti dei programmi;

le modalità, le competenze e le relazioni tra le strutture regionali, per l’approvazione dei programmi e la realizzazione degli interventi nel rispetto dell’articolo 73;

le modalità di monitoraggio e controllo degli interventi.

3. Con atto del Direttore Generale competente in materia di ambiente e difesa del suolo e della costa sono definite le prescrizioni tecniche e i criteri di valutazione tecnico-economica per l’esecuzione degli interventi di manutenzione della vegetazione arborea e arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica. Per le finalità di cui all’art. 71, nelle aree diverse da quelle di cui al comma 1 del presente articolo, le prescrizioni tecniche di cui al presente comma costituiscono indirizzi che le strutture regionali devono attuare nell’applicazione degli articoli 93 e seguenti del Capo VII del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 (Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie) .

4. Entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge la Regione approva con deliberazioni di Giunta i programmi di cui al comma 1 del presente articolo, anche per stralci relativi a sottoambiti secondo le priorità individuate nelle linee guida, nel rispetto della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica prevista dalle leggi e dai piani vigenti, e in coerenza con le linee guida. I programmi hanno validità per dieci anni e sono aggiornabili con le stesse modalità previste per la loro approvazione. Ciascun programma in particolare individua:

a) il quadro conoscitivo relativo al rischio idraulico connesso alla vegetazione riparia presente e l’analisi ambientale dell’area considerata in rapporto alla pianificazione territoriale e settoriale vigente;

b) le priorità, le tipologie e la distribuzione spazio-temporale degli interventi gestionali necessari per la riduzione del rischio idraulico e la valorizzazione dell’area.

5. Ai fini dell’approvazione dei programmi di cui al presente articolo è garantita la partecipazione delle pubbliche amministrazioni interessate attraverso la convocazione di una conferenza di servizi per l’esame contestuale degli interessi coinvolti e l’acquisizione degli atti di assenso necessari, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di valutazione ambientale strategica, nonché di tutela paesaggistica e di trasformazione del bosco qualora siano programmati interventi che comportino l’eliminazione della vegetazione esistente finalizzata a una utilizzazione del terreno diversa da quella forestale di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 (Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57). In relazione ai programmi di cui al presente articolo, la valutazione di incidenza di cui all’articolo 6 della legge regionale 14 aprile 2004, n. 7 (Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed integrazioni a leggi regionali) è effettuata della Regione, sentito l'Ente gestore per i Parchi e la Biodiversità o l'Ente gestore del Parco interregionale o nazionale territorialmente interessato.

 

Articolo 73

Realizzazione degli interventi forestali ripariali

 

1. Gli interventi selvicolturali finalizzati alla riduzione del rischio idraulico nelle aree demaniali di pertinenza idraulica sono realizzati dalla Regione nel rispetto delle linee guida e della programmazione di cui all’articolo 72, attraverso gli strumenti attuativi più idonei in relazione alle esigenze di volta in volta evidenziate, specificati nei commi successivi, nel rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e concorrenza e di valorizzazione delle risorse pubbliche.

2. Nei casi di cui all’articolo 16 della legge regionale 14 aprile 2004, n. 7 (Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed integrazioni a leggi regionali) gli interventi selvicolturali possono essere ricompresi nella gestione delle aree oggetto di concessione, in particolare in presenza di esigenze di esternalizzazione della gestione delle aree in prospettiva pluriennale e continuativa.

3. Al di fuori delle esigenze di cui al comma 2, gli interventi di gestione dei boschi e della vegetazione arborea e arbustiva sono di norma realizzati sulla base di provvedimenti di concessione rilasciati dalla Regione nel rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e concorrenza. A tale fine sono periodicamente resi noti appositi avvisi per la presentazione delle offerte da parte di soggetti in possesso delle capacità tecniche per la realizzazione degli interventi. Per aree o quantità di vegetazione circoscritte, individuate nelle linee guida di cui al comma 2 dell’art. 72, è fatta salva la possibilità di rilasciare le concessioni di cui al presente comma ai proprietari di fondi situati lungo i corsi d’acqua, direttamente interessati alla manutenzione idraulica delle aree, fermo restando il rispetto delle prescrizioni tecniche individuate dalla Regione.

4. Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3 è fatto salvo il rispetto di idonee misure di programmazione, quantificazione e controllo degli interventi, nei limiti delle tipologie e delle quantità indicate nei programmi di cui all’art. 72. Gli atti di programmazione possono prevedere, a fronte della realizzazione degli interventi e in relazione al valore degli stessi, l’utilizzazione parziale o totale, da parte del concessionario, del materiale legnoso preventivamente stimato dalla Regione.

5. Gli interventi diretti alla sola manutenzione della vegetazione riparia sono realizzabili attraverso contratti di appalto nel rispetto della disciplina in materia di lavori pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e alla relativa normativa di esecuzione ed attuazione, ferma restando la possibilità di utilizzazione del materiale legnoso di cui al comma 4.

 

Articolo 74

Disposizioni finali e transitorie

 

1. Le linee guida di cui al comma 2 dell’art. 72 definiscono gli aspetti organizzativi, le relazioni tra le strutture regionali e i rapporti con le altre pubbliche amministrazioni interessate per la realizzazione degli interventi selvicolturali finalizzati alla riduzione del rischio idraulico nel periodo transitorio precedente l’approvazione dei programmi di cui ai commi 1 e 4 dell’articolo 72.

2. Le disposizioni della presente legge relative alla programmazione degli interventi forestali ripariali non si applicano ai lavori necessari per ragioni di urgenza o somma urgenza disciplinati dagli articoli 175 e 176 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), compresi quelli indifferibili e urgenti ai sensi dell’art. 10 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme in materia di protezione civile e volontariato. Istituzione dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile).

 

Capo III

Ulteriori disposizioni per la razionalizzazione di specifici procedimenti

 

Art. 75

Modifiche alla legge regionale n. 9 del 2002

 

All’articolo 2, comma 1, della legge regionale 31 maggio 2002, n. 9 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), sono apportate le seguenti modifiche:

 

alla lettera e), il “.” è sostituito dal “;” ;

dopo la lettera e), è inserita la seguente lettera:

“e-bis) rilascio, rinnovo, modificazione e revoca delle concessioni del demanio marittimo relative ai luoghi e agli spazi, individuati dal Piano di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico di cui all’art. 5 del D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 182 (Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico), funzionali alla gestione e all’affidamento del corrispondente servizio.”.

 

All’articolo 3, comma 3, lettera c) della legge regionale n. 9 del 2002, dopo le parole “regionale e subregionale” sono inserite le seguenti “, fatte salve le competenze di cui all’art.2, comma 1 lett. e-bis)”.

 

Art. 76

(Disposizioni transitorie per gli articoli 53 e 54 della legge regionale n. 15 del 2013)

 

I procedimenti di verifica (screening) e i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (VIA) cui è fatto riferimento negli articoli 53 e 54 della legge regionale 30 luglio 2013, n. 15 (Semplificazione della disciplina edilizia) e che risultavano in corso alla data di entrata in vigore della stessa legge regionale sono conclusi in base alla disciplina vigente al momento del loro avvio.

 

Art. 77

Modifiche all’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001

 

1. Il comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo), come modificato dall’articolo 17, comma 1, della legge regionale 13 dicembre 2013, n. 24 “Modifiche alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo)”, è sostituito dal seguente:

“3. Gli alloggi realizzati in attuazione della legge 6 marzo 1976, n. 52 (Interventi straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato) sono assoggettati a quanto previsto dalla presente legge, fatta salva l'applicazione della disciplina dell'articolo 3 della legge n. 52 del 1976 sulle modalità e sui criteri di assegnazione di detti alloggi.”

 

Art. 78

Applicazione dell'art. 1, comma 10, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15.

 

In attuazione dell’articolo 6, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dall'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 48, comma 3, della legge regionale 23 dicembre 2010, n. 14 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’art. 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione della regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2011 e del bilancio pluriennale 2011-2013) è prorogata al 31 dicembre 2014.

 

Articolo 79

Modifiche agli articoli 15-bis e 15-ter della legge regionale n. 11 del 2004

 

1. Nel comma 4 dell’articolo 15-bis della legge regionale 24 maggio 2004, n. 11 (Sviluppo regionale della società dell’informazione) è aggiunto il seguente periodo:

Nel PSR sono identificate le attività statistiche per le quali è previsto l’obbligo di risposta per le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 15-ter comma 1”.

 

Il comma 1 dell’articolo 15- ter della legge regionale n. 11 del 2004 è sostituito dal seguente:

 

“1. Al fine di favorire l'omogeneità organizzativa e la razionalizzazione dei flussi informativi nell'ambito del Sistema statistico nazionale, è istituito il Sistema statistico regionale dell'Emilia-Romagna (SiSt-ER), Il SiSt-ER  assicura la disponibilità delle informazioni statistiche necessarie al processo di programmazione e valutazione delle politiche regionali, con particolare attenzione alle basi informative statistiche fondamentali della popolazione, del sistema economico-sociale e del territorio, per le quali potranno essere previsti, nell’ambito del PSR, la comunicazione e il trattamento di dati personali. Fanno parte del Sistema Statistico Regionale:

a) l'Ufficio di statistica della Regione di cui all'articolo 15 bis;

b) gli uffici preposti all'attività statistica degli enti strumentali e dipendenti della Regione e delle aziende e degli enti subregionali;

c) gli uffici di statistica delle Province, dei Comuni, singoli o associati, nonché degli enti e delle aziende del Servizio sanitario regionale.”.

3. Al comma 2 dell’articolo 15- ter della legge regionale n. 11 del 2004, dopo le parole: “Possono far parte del Sist-ER” sono inserite le seguenti parole: “mediante apposite convenzioni”.

 

Articolo 80

Modifiche all’articolo 7 bis della legge regionale n. 21 del 1984

 

1. Alla fine del comma 4 dell’articolo 7 bis della legge regionale 28 aprile 1984, n. 21 (Disciplina dell'applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale) è aggiunto il seguente periodo: “L’estensione dell’applicazione della diffida amministrativa nell’ambito di procedimenti sanzionatori non espressamente richiamati nel presente comma può essere prevista da specifiche leggi regionali di settore.”.

 

 

 

SCHEDA TECNICO FINANZIARIA

 

Relativa al Progetto di legge: “Legge comunitaria regionale per il 2014”

Il presente progetto di legge costituisce attuazione del meccanismo di partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione del diritto comunitario, ai sensi di quanto previsto dalla legge regionale 28 luglio 2008, n. 16, per garantire l’adeguamento dell’ordinamento regionale, alle seguenti direttive attraverso la modifiche delle leggi regionali di settore vigenti in materia:

a) 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/Ce e 2003/30/CE;

b) 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia;

c) 2012/27/UE del 25 ottobre 2012 in materia di efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE;

d) 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno.

e) della direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno.

Costituendo il progetto di legge comunitaria regionale un intervento di modifica di leggi regionali vigenti esso non comporta maggiori oneri a carico del bilancio regionale in quanto si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

TITOLO I- OGGETTO DELLA LEGGE REGIONALE

Articolo 1 – Oggetto e finalità

L’articolo descrive i contenuti della legge mettendoli in relazione con le normative europee oggetto di recepimento e con le leggi regionali che vengono conseguentemente modificate

 

TITOLO II – ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE EUROPEE IN MATERIA DI PROMOZIONE DELL’USO DELL’ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI, PRESTAZIONE ENERGETICA NELL’EDILIZIA ED EFFICIENZA ENERGETICA

Articolo 2 - Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26, “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia”

 

La norma proposta espunge dalla L.R. 26/2004, cui apporta la relativa modifica, le definizioni di energia da fonte rinnovabile (FER), poiché tali definizioni sono oggi riportate in provvedimenti normativi sovraordinati cui fanno riferimento i successivi articoli di interesse. La norma proposta comporta unicamente modifiche di carattere procedurale.

 

Articolo 3 - Sostituzione dell'articolo 24 della legge regionale n. 26 del 2004

 

La norma proposta, composta da 5 articoli, modifica la LR 26/2004 per la parte riguardante il recepimento della direttiva comunitaria 2009/28/CE in materia di promozione della produzione e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia. La norma proposta comporta unicamente modifiche di carattere procedurale.

 

Articolo 4 - Sostituzione dell’articolo 25 della Legge Regionale n. 26 del 2004

 

L’articolo proposto introduce il Capo II da inserire nel Titolo III della Legge Regionale n. 26/2004, composto da 8 articoli, il cui contenuto consente il riallineamento delle disposizioni regionali in materia di prestazione energetica degli edifici alle analoghe disposizione di cui alla Direttiva Comunitaria 2010/31/UE.

Per quanto riguarda gli oneri connessi alla gestione del sistema di accreditamento dei soggetti certificatori e di registrazione degli attestati di prestazione energetica, all’ implementazione del sistema di controllo degli attestati di prestazione energetica e alla gestione del sistema di accertamento ed ispezione degli impianti termici, si fa fronte nell’ambito degli stanziamenti allocati nelle U.P.B.  1.3.2.2.7130, 1.3.2.2.7131, 1.3.2.2.7133 e 1.3.2.2.7135, relative al Piano energetico regionale, del Bilancio di previsione 2014.

Per gli esercizi successivi al 2014 la Regione provvede al finanziamento degli interventi nei limiti degli stanziamenti annualmente autorizzati, a norma dell'articolo 37 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40, come previsto dalla Legge regionale n. 26 del 2004.

 

Vengono inoltre previsti:

dall’art. 25-ter, comma 7, un contributo per ciascun attestato di certificazione energetica registrato nel sistema di cui alla lettera b) dello stesso comma 4, per la copertura dei costi necessari alla realizzazione dei programmi di verifica di conformità di cui alla lettera d) del comma 4, da parte dei soggetti certificatori accreditati. I contributi sono riscossi dalla Regione, che può esercitare tale funzione tramite l’Organismo regionale di accreditamento. La Giunta regionale, con proprio atto, definisce l'entità del contributo, tenuto conto dell’ammontare delle spese di gestione del servizio, e ne determina altresì le modalità di applicazione e gestione.

 

dall’art. 25-septies, comma 3, un contributo da parte dei responsabili degli impianti, articolato in base alla potenza degli impianti stessi, secondo modalità uniformi su tutto il territorio regionale, per la copertura dei costi necessari per l’adeguamento e la gestione del catasto degli impianti termici, per le iniziative di informazione e sensibilizzazione, nonché per gli accertamenti e le ispezioni sugli impianti stessi. L'entità del contributo e le modalità di applicazione e gestione sono stabilite dal regolamento di cui all’articolo 25-quater, con il quale vengono altresì definite le tariffe e disciplinate le modalità di versamento delle somme derivanti da eventuali attività di ispezione sugli impianti termici richieste da terzi.

 

Articolo 5 - Norme di prima applicazione

 

La norma proposta definisce le modalità attraverso cui gestire il periodo transitorio fino alla emanazione dei provvedimenti attuativi previsti dal Progetto di Legge a modifica del Titolo III della Legge Regionale n. 26/2004. La norma proposta comporta unicamente modifiche di carattere procedurale.

 

TITOLO III  - MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 25 FEBBRAIO 2000, N. 12 (ORDINAMENTO DEL SISTEMA FIERISTICO REGIONALE) - articoli da 6 a 21

Il Titolo III della Legge comunitaria regionale per il 2014, le cui disposizioni sono di mera regolazione, è composto da 16 articoli con cui si provvede alla modifica della disciplina normativa in materia fieristica (L.R. 25 febbraio 2000 n. 12). Tale intervento normativo risponde principalmente all’esigenza di riallineamento con i principi comunitari, in particolare con la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (meglio nota come “Direttiva servizi”).

In estrema sintesi, la Direttiva impone agli Stati membri la revisione di tutte le norme che subordinano l’esercizio di attività di prestazione di servizi ad un’autorizzazione preventiva da parte della Pubblica amministrazione, consentendo il mantenimento del regime autorizzatorio solo se esso risulti non discriminatorio e giustificato da motivi imperativi di interesse generale (dettagliatamente elencati nella Direttiva).

Le maggiori novità introdotte con l’intervento legislativo consistono nella sostituzione della  “Autorizzazione allo svolgimento di manifestazioni fieristiche” con la  “Comunicazione dello svolgimento di manifestazioni fieristiche”, nella introduzione del “Calendario informatizzato delle manifestazioni fieristiche locali” prevedendo una  procedura, totalmente informatizzata, di generazione del calendario delle manifestazioni fieristiche con qualifica locale, nella istituzione del “Tavolo per il sistema fieristico regionale” le cui funzioni consistono, in via generale, nell’elaborazione delle iniziative volte alla promozione e alla realizzazione di un sistema fieristico integrato e coordinato. Si precisa che l’istituzione di tale Tavolo è già stata prevista con deliberazione della Giunta regionale n. 40 del 2011, pertanto l’intervento legislativo proposto risulta essere una mera formalizzazione a livello legislativo di quanto già deliberato con provvedimento amministrativo. Nella stessa deliberazione la Giunta ha altresì disposto che del Tavolo facciano necessariamente e stabilmente parte l’Assessore regionale competente in materia di fiere, o suo delegato, con funzioni di presidente e i presidenti dei soggetti gestori dei centri fieristici o loro delegati e che dalla costituzione e dal funzionamento del Tavolo non debbano derivare oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.

Le disposizioni contenute nel Titolo III

L’articolo 17, nel sostituire l’articolo 19 (Osservatorio regionale sul sistema fieristico) della legge regionale n. 12 del 2000, ha ridisciplinato l’Osservatorio regionale sul sistema fieristico specificando che le funzioni di osservatorio sono svolte dalla Regione attraverso l’elaborazione di un rapporto statistico annuale.

 

TITOLO IV – MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 31 MARZO 2003, N.7 – DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DELLE AGENZIE DI VIAGGIO E TURISMO – articoli da 22 a 42.

La ratio delle modifiche di cui sopra nasce dall’esigenza diffusa di riformare, in modo organico, l’attuale normativa in risposta al mutamento sia del mercato delle agenzie di viaggio sia del quadro normativo inerente la materia, verificatosi negli ultimi anni. Di qui viene introdotta la possibilità di svolgimento della attività della agenzia di viaggio anche in via telematica, il superamento del divieto di svolgimento di attività accessorie in locali indipendenti, la possibilità di svolgere attività complementari, oltre a quella principale di agenzia di viaggio, l’apertura della agenzia di viaggio attraverso la presentazione della Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) allo Sportello Unico Attività Produttive (Suap) del comune territorialmente competente e l’abolizione del deposito cauzionale presso le Province.

Le disposizioni di cui sopra sono di pura regolazione.

TITOLO V - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI COMMERCIO – ARTICOLI da  43 a 62.

Capo I - Modifiche alla legge regionale n. 14 del 2003 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande) – articoli da  43 a 59

Capo II - Modifiche alla legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Commercio in sede fissa) - articoli da 60 a 62

Gli articoli da 43 a 59 contenuti al Capo I, e gli articoli 60 e 62 contenuti al Capo II del Titolo V della Legge comunitaria regionale 2014 recano modifiche e riformulazione delle disposizioni recate sia dalla legge regionale 14/2003, che regola il comparto dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, sia dalla legge regionale 14/1999, che disciplina il commercio in sede fissa, ciò al fine di adeguarle alle recenti liberalizzazioni in tema di attività commerciali introdotte dalla normativa statale.

Detto intervento normativo costituisce mero atto di adeguamento alle normative vigenti.

TITOLO VI - MODIFICA DELLA DISCIPLINA DELLE STRUTTURE RICETTIVE DIRETTE ALLA OSPITALITÀ -  articoli da  63 a 65.

Gli articoli modificano la legge regionale n. 16 del 2004 sulla disciplina delle strutture ricettive. La normativa introduce una nuova struttura ricettiva all’interno delle strutture ricettive all’aria aperta denominata “marina resort” per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato.

Le disposizioni di cui sopra sono di pura regolazione.

 

TITOLO VII – ULTERIORI DISPOSIZIONI PER L’ADEGUAMENTO DELL’ORDINAMENTO REGIONALE ALLA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA E PER LA SEMPLIFICAZIONE DI SPECIFICI PROCEDIMENTI

 

Capo I - Modifiche alla legge regionale 4 agosto 1992, n. 32 relativa alla disciplina dell'attività di estetista - articoli da 66 a 70

 

Le modifiche apportate nascono dall’esigenza di aggiornare i contenuti della disciplina dell’attività di estetista, adottata con legge regionale n. 32 del 1992, e non più coerente con le innovazioni introdotte da successive disposizioni legislative statali e regionali. In particolare, ci si riferisce alle leggi in materia di formazione professionale (legge regionale n. 12 del 2003) e di artigianato (legge regionale n. 1 del 2010) che hanno profondamente innovato rispetto alle precedenti normative. Un risultato significativo, in tema di semplificazione dei procedimenti amministrativi, è previsto dalla modifica dell’articolo 2 e dalla conseguente abrogazione della certificazione di ammissione ai corsi da 300 ore per l’ottenimento della qualifica di estetista. La procedura in questione prevede il coinvolgimento di almeno tre soggetti (RER, Camere di Commercio, Enti di formazione) e grazie alla predetta abrogazione, potrà essere uniformata a quella in vigore per gli analoghi corsi per acconciatori, attualmente regolamentati dalla Delibera di Giunta regionale n. 1566/2012. In tema di regolamenti comunali, si è riformulato l’articolo che dettava disposizioni ormai superate dall’evoluzione del quadro normativo europeo e nazionale in materia.

Grazie all’eliminazione della certificazione per l’ammissione ai corsi per estetisti, i costi a carico della regione (cartacei, postali, telefonici, di utilizzazione di strumenti informatici e di ore-lavoro del personale attualmente dedicato a tale attività certificativa ed alla connessa attività di segreteria) potranno tendenzialmente diminuire.

 

Capo II – Gestione dei boschi e della vegetazione arborea e arbustiva nelle aree di pertinenza idraulica

 

Gli articoli compresi nel Capo II del Titolo VII disciplinano aspetti relativi alla programmazione e alla realizzazione degli interventi selvicolturali di manutenzione della vegetazione per finalità di sicurezza idraulica nelle aree di pertinenza idraulica.

Trattasi di norme volte alla disciplina di aspetti procedimentali e al coordinamento di misure e strumenti già esistenti.

 

Art. 71 – Disposizioni generali

 

L’articolo costituisce una norma generale che individua le finalità del Capo II e la normativa dell’Unione Europea a cui si fa riferimento.

 

Art. 72 – Programmazione degli interventi

 

L’articolo definisce il sistema di programmazione degli interventi di manutenzione dei boschi e della vegetazione arborea e arbustiva nelle aree demaniali di pertinenza idraulica, individuando la Regione quale ente competente all’approvazione dei singoli programmi.

 

Art. 73 – Realizzazione degli interventi forestali ripariali

 

L’articolo riconduce la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 72 alle modalità e agli istituti ammessi dalla legislazione statale e regionale vigente.

 

Art. 74 – Disposizioni finali e transitorie

 

L’articolo individua norme transitorie e finali rispetto alle previsioni contenute negli articoli precedenti, rinviando a successive linee guida regionali per la disciplina degli aspetti organizzativi e delle relazioni tra le strutture nel periodo precedente l’approvazione dei programmi di cui all’articolo 72 e facendo salvi i casi di lavori necessari per ragioni di urgenza o somma urgenza ai sensi della normativa vigente. 

 

Capo III – Ulteriori disposizioni per la razionalizzazione di specifici procedimenti

 

Analisi dei singoli articoli:

 

Art. 75 – Modifiche alla legge regionale n. 9 del 2002

 

La modifica introdotta alla legge regionale n. 9 del 2002 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale) ha lo scopo di ridurre la frammentazione amministrativa prodotte da alcune norme statali che hanno attribuito e disciplinato funzioni di tutela ambientale a livello territoriale senza tuttavia coordinarsi tra loro. Ne discende che oggi in Emilia-Romagna l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nei porti regionali spetta alla Regione, mentre la concessione delle aree su cui devono svolgersi tali operazioni rimane in capo ai comuni. La disposizione attribuisce alla Regione la funzione (prima spettante ai Comuni) di rilascio delle concessioni sul demanio marittimo relativamente alle aree portuali in cui è affidato il servizio di raccolta di rifiuti prodotti dalle navi.

 

Art. 76 – Disposizioni transitorie per gli articoli 53 e 54 della legge regionale n. 15 del 2013

 

L’articolo individua la disciplina transitoria relativa agli articoli 53 e 54 della legge regionale n. 15 del 2013, che hanno adeguato l’ordinamento regionale alle norme comunitarie relative ai criteri e alle soglie cui le pubbliche amministrazioni devono attenersi per l’attivazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di verifica (screening).

A tale fine l’articolo in esame prevede che le procedure di screening e VIA già avviate al tempo dell’entrata in vigore degli articoli 53 e 54 sono concluse in base alla disciplina vigente al momento del loro avvio.

 

Art. 77 – Modifiche all’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001

 

L’articolo comporta la sostituzione del comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale n. 24 del 2001 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo)  il quale dispone che per gli alloggi realizzati in attuazione della legge n. 52 del 1976 (ossia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell’Arma dei carabinieri, ecc.) la disciplina dettata dalla stessa legge sulle modalità e sui criteri di assegnazione degli alloggi si applichi limitatamente ad un periodo massimo di 12 mesi dalla disponibilità di detti alloggi. Con la modifica introdotta viene eliminata detta limitazione temporale al fine di adeguarsi ai più recenti orientamenti della giurisprudenza costituzionale secondo la quale gli alloggi previsti dalla legge statale sono alloggi di servizio e quindi si differenziano dalla destinazione propria di quelli di edilizia residenziale pubblica, che hanno finalità sociali.

La disposizione introduce una mera modifica normativa.

 

Art. 78 – Applicazione dell’art. 1, comma 10, del decreto –legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15

 

In coerenza con la normativa statale, l’applicazione della disposizione di cui all’art. 48, comma 3, della legge regionale n. 14 del 2010 (Legge finanziaria regionale per il 2011) è prorogata al 31 dicembre 2014. La norma regionale prorogata prevede la decurtazione del dieci per cento, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate corrisposte ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali delle aziende e di enti strumentali dipendenti dalla Regione.

La disposizione dispone, anche per il 2014, un risparmio di spesa in linea con i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dalla legislazione statale.

 

Art. 79 – Modifiche agli articoli 15-bis e 15-ter della legge regionale n. 11 del 2004

 

L’articolo introduce modifiche che costituiscono un adeguamento della normativa sul sistema statistico regionale al fine di renderne più chiaro il ruolo.

In particolare, con la modifica introdotta al comma 2 dell’articolo 15 ter della legge regionale n. 11 del 2004 si specifica che possono far parte del SiSt-ER, mediante convenzione, gli Uffici di statistica oppure le strutture competenti in materia di statistica di Prefetture, Camere di Commercio, centri di ricerca ed Università operanti nel territorio della regione ed enti pubblici e privati. Tali convenzioni sono a titolo gratuito.

 

Art. 80 – Modifiche all’articolo 7 bis della legge regionale n. 21 del 1984

 

L’articolo estende l’applicazione della diffida amministrativa, di cui all’articolo 7 bis della legge regionale n. 21 del 1984 (Disciplina dell’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale), nell’ambito di ulteriori procedimenti sanzionatori non espressamente previsti dall’articolo, qualora ciò sia contemplato da specifiche leggi regionali di settore.

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