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Legislatura IX - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 5534
Presentato in data: 09/05/2014
"Legge Quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere". Iniziativa della Consigliera: Mori (09 05 14)

Presentatori:

Mori

Relazione:

RELAZIONE

 

L’uguaglianza tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario all’art. 2 del Trattato e dalla Carta dei diritti fondamentali della UE, unitamente al contrasto alla marginalizzazione sociale e culturale delle donne e alla violenza di genere. Gli atti di indirizzo emanati dall’Unione Europea in materia di uguaglianza tra donne e uomini hanno lo scopo di assicurare pari opportunità e parità di trattamento, nonché di superare ogni discriminazione basata sul genere attraverso un duplice approccio di implementazione di azioni specifiche associate ad azioni trasversali a tutte le politiche pubbliche «gender mainstreaming».

La Costituzione italiana afferma solennemente alcuni principi fondamentali, in tema di parità di diritti tra uomo e donna, a cui la proposta di legge esplicitamente si richiama:

ll principio generale di eguaglianza davanti alla legge (art. 3 comma 1) “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

La protezione della maternità (art. 31) “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

La parità nel lavoro (art. 37) “La Repubblica riconosce alla donna il diritto a svolgere un’attività lavorativa in condizione di parità con l’uomo e di adempiere la propria funzione materna che deve essere oggetto di una specifica protezione, con la garanzia per la lavoratrice di essere madre senza che la maternità debba o possa pregiudicare la sua posizione lavorativa e la parità di trattamento”;

La parità nella partecipazione politica (art. 48) riferendosi al diritto dell’elettorato attivo, riafferma il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 e la parità nell’accesso alle cariche pubbliche (art. 51) “Tutti i cittadini, dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. ”.

La Regione Emilia-Romagna, da sempre impegnata per la piena attuazione dei principi di uguaglianza e parità sanciti dal proprio Statuto, riconosce e intende valorizzare un’effettiva cittadinanza che contempli le specificità e le differenze di genere in ogni ambito della vita economica, culturale, sociale e politica. Una presa di consapevolezza delle diversità come elemento essenziale e presupposto di sviluppo, benessere, qualità della vita e delle relazioni di comunità.

La parità tra donne e uomini, dunque, non è soltanto un obiettivo in sé, bensì una condizione preliminare per la realizzazione degli obiettivi generali di crescita, di occupazione e di coesione sociale. Una più forte partecipazione delle donne al mercato del lavoro offre sia una garanzia per la loro indipendenza economica sia un contributo fondamentale allo sviluppo economico collettivo e alla sostenibilità dei sistemi di protezione sociale.

L’impianto della proposta di legge sulla parità e contro le discriminazioni di genere segue, quindi, un approccio metodologico organico e trasversale per la programmazione e la definizione di tutte le politiche pubbliche, volto a sviluppare azioni integrate efficaci rispetto all’obiettivo di rimuovere gli ostacoli alla parità tuttora esistenti. A sua volta l’efficace promozione delle politiche di genere rende necessaria l’introduzione di correttivi paritari ovvero azioni positive specifiche e valutabili- atte a riequilibrare il sistema.

Centrale nell’impianto e nelle finalità della legge è la prevenzione del fenomeno sociale della violenza di genere, la cui articolazione è stata arricchita dall’importante contributo della proposta di legge di iniziativa popolare “per la creazione della rete regionale contro la violenza di genere e per la promozione della cultura dell’inviolabilità, del rispetto e della libertà delle donne”.

 

- Relazione descrittiva -

L’articolato della presente legge quadro si compone di dodici Titoli, con quarantacinque articoli totali.

Il Titolo I è relativo alle Disposizioni generali e norme di principio. L’articolo 1 enuncia i Principi fondamentali sui quali la legge pone le proprie basi valoriali,  statutarie e giuridiche;  all’art. 2 sono espresse le Finalità perseguite; all’art. 3 vengono elencate e declinate una serie di Definizioni volte a condividere un registro linguistico comune rispetto alla terminologia e agli aspetti disciplinati dalla legge.

Il Sistema della rappresentanza è trattato nel Titolo II. All’ art. 4 si specifica la questione della rappresentanza paritaria nel sistema elettorale, conformemente a quanto previsto dall’art.117, comma 7, della Costituzione nella quale si promuove la rimozione degli ostacoli alla piena parità di accesso alle cariche elettive, dotandosi a tal fine di successivi strumenti legislativi cogenti, fin dalle prossime elezioni regionali. Il tema della rappresentanza paritaria nelle società a controllo pubblico e partecipato è affrontato all’art.5, mediante l’applicazione della Legge 12 luglio 2011 n.120. A tal fine la Regione promuove azioni di monitoraggio, costituendo un’apposita sezione di genere nell’albo regionale delle nomine. Per quanto concerne la rappresentanza paritaria diffusa, contemplata nell’art.6, la Regione e gli enti locali la promuovono in tutti gli organismi associativi,  operanti nel territorio regionale, nella predisposizione di bandi, selezioni e collaborazioni garantiscono l’adozione di criteri volti a valorizzare soggetti che fanno propri i principi egualitari e antidiscriminatori.

Al Titolo III della proposta di legge si affronta la Cittadinanza di genere e il rispetto delle differenze, che si apre con l’art.7 inerente l’educazione. La Regione, anche attraverso il Centro regionale contro le discriminazioni, di cui all’art.41, sostiene progetti e iniziative in ogni scuola di ordine e grado con lo scopo di perseguire gli obiettivi di educazione e formazione alla cittadinanza di genere e alla cultura di non discriminazione. In collaborazione con l’ufficio scolastico regionale, università, scuole e istituti, enti di formazione, promuove bandi per progetti che favoriscano il rispetto delle differenze, lo studio dei significati socioculturali della sessualità e dell’identità di genere, che valorizzino il ruolo delle donne in ogni ambito sociale. La Regione, su proposta tematica della Commissione assembleare per la parità, promuove l’istituzione di borse di studio per tesi di laurea in studi di genere. L’art.8 tratta il tema della cultura, esplicitando che la Regione Emilia-Romagna riconosce il ruolo della cultura paritaria e delle differenze come leva fondamentale per il progresso della società e la prevenzione e il contarsto a qualsiasi tipo di violenza e discriminazione, anche di stampo omofobico e transfobico. La Regione opera per la divulgazione del ruolo delle donne nella storia, promuove e sostiene iniziative e progettualità che amplino la ricerca storica di testimonianze, biografie e iconografie, anche in collaborazione con Università, Istituti storici, Centri di documentazione delle donne, le biblioteche delle donne, archivi e musei. Per tali finalità la Regione promuove l’intitolazione da parte degli Enti locali di spazi pubblici delle città dell’Emilia-Romagna a donne meritevoli ed esemplari che costituiscano modelli positivi. La Regione sostiene i Centri di documentazione delle donne e le biblioteche delle donne nell’opera di alfabetizzazione alla cultura di genere, aggiorna le proprie riviste, cataloghi e pubblicazioni alla luce del rispetto per la soggettività femminile, censisce, in collaborazione con gli Enti locali, la Soprintendenza e le altre istituzioni, la dotazione di opere di autrici, integrandole mediante il Sistema informativo delle biblioteche, sostiene i talenti femminili in ogni ambito vengano espressi. Il linguaggio di genere e il lessico delle differenze sono inseriti nell’art.9, dove si afferma che la Regione riconosce che il linguaggio monosessuato è un potente strumento di neutralizzazione dell’identità di genere, pertanto, insieme agli Enti locali e alle amministrazioni pubbliche opera per riconoscere, garantire e adottare un linguaggio non discriminante, capace di identificare anche la soggettività femminile in atti amministrativi, corrispondenza, denominazioni di inacrichi, funzioni politiche e amministrative. A tal fine sarà predisposta idonea formazione al personale che tenga conto anche di una efficace semplificazione linguistica. Le Direzioni generali della Regione predispongono una rivisitazione del lessico giuridico e amministrativo di atti, provvedimenti e comunicazioni.

Il Titolo IV è dedicato alla Salute e il Benessere femminile. All’art. 10 si pone l’accento sulla medicina di genere e sulla cura personalizzata rispetto all’appropriatezza della prestazione nel rispetto delle differenze di sesso e genere, nella valorizzazione di tale approccio da parte degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, delle aziende pubbliche sanitarie e ospedaliere, i presidi socio-sanitari, sancendone l’inserimento nel Piano Sociale e Sanitario Regionale. La Regione in collaborazione con lo Stato, università, enti pubblici e privati, mass media e associaizoni promuove accordi per campagne di comunicazione e sensibilizzazione rispetto alle patologie genere-specifiche e sulle differenze nella prevenzione e trattamento. L’Agenzia sanitaria e sociale regionale con particolare riferimento ai propri ambiti di competenza in merito alla ricerca, sviluppo, organizzazione e rendicontazione dei servizi sanitari, adotta nella formulazione dei propri programmi l’approccio equity oriented. L’art. 11 tratta della rete dei servizi e dei presidi territotorali, ai sensi della Legge regionale 12 marzo 2003 n. 2, assumendo l’approccio di genere come informatore di interventi, programmi e prestazioni del Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e relativi Piani di Zona. Inoltre la Regione si impegna a garantire, consolidare e sviluppare aree di attività connesse ai consultori familiari e progetti relativi alla medicina di genere, ivi compresi nella pianificazione delle Case della Salute. L’approccio di genere, l’integrazione multidisciplinare tra i soggetti che compongono la rete socio-sanitaria territoriale e le prestazioni fornite saranno rendicontate da un sistema di indicatori di qualità nella logica di promuovere l’equità e favorire il rispetto delle differenze di genere. La Regione promuove un percorso di accoglienza integrato e multidisciplinare per l’accesso a tutti i Pronto soccorsi del territorio regionali, il cosiddetto “codice di prevenzione”, dedicato alle donne che subiscono violenza  di genere, garantendo loro protezione e riservatezza. Nell’organizzazione, costruzione e allestimento degli spazi-socio-sanitari pubblici e privati convenzionati, sarà a cura della committenza promuovere la realizzazione di progetti rispettosi di tutte le differenze e dei bisogni di accoglienza di tutta l’utenza, con particolare riguardo per le disabilità. Nell’art.12, che riguarda lo sport e la qualità del tempo libero, sancisce l’importanza dell’attività fisica e sportiva come fattori preventivi per il benessere psico-fisico delle persone. La Regione riconosce che le donne e gli uomini hanno diritto al pari accesso alle attività sportive e agli impianti sportivi per un tempo libero di qualità. La Regione per questo favorisce la partecipazione equa e fuori dagli stereotipi a tutti gli sport; sostiene  progetti che avviano alla pratica sportiva considerando l’uso flessibile delle strutture, in particolare per la conciliazione dei tempi di lavoro e di pratica sportiva delle donne. La Regione, in collaborazione con gli Enti locali, le organizzazioni sportive associative e federali, l’Università e le agenzie formative sostiene programmi di educazione sulla cultura sportiva femminile, nonché la costituzione di reti di donne nelle scienze sportive; in collaborazione con il CORECOM promuove una più incisiva copertura mediatica dello sport femminile praticato a tutti i livelli.

Gli Indirizzi di prevenzione e contrasto alla violenza di genere sono affrontati nel Titolo V dove sin dal primo articolo, il 13, si esplicita l’impegno della Regione che riconosce la violenza contro le donne come un fenomeno culturale e sociale multiforme da combattere rafforzando il sistema di prevenzione, protezione e promozione di una cultura rispettosa tra i generi grazie alla valorizzazione delle competenze dei sogetti pubblici e privati impegnati sul tema. Nell’art. 14 la Regione riconosce la funzione essenziale dei centri antiviolenza quali parte integrante del sistema locale dei servizi alla persona e come presidi socio-sanitari e culturali gratuiti a servizio delle donne, i quali hanno come prima finalità la prevenzione e il contrasto della violenza maschile e che forniscono consulenza, ascolto, sostegno e accoglienza a donne, anche con figli o figlie. La Regione ne valorizza saperi e modelli di intervento maturati nell’esperienza di relazioni di pratiche di aiuto tra donne, li sostiene nella loro azione di supporto e rafforzamento dell’autonomia delle donne mediante progetti personalizzati tesi all’autodeterminazione, inclusione e rafforzamento sociale. Nel rispetto dei parametri raccomandati dal Consiglio d’Europa, la Regione, nell’ambito della programmazione territporiale del sistema locale dei servizi sociali a rete organizzato dagli Enti locali, ne favorisce la presenza uniforme e collabora con gli Enti locali affinché ne promuovano il radicamento sul territorio. Per la definizione del loro funzionamento vengono emanante dalla struttura regionale apposite linee guida nell’ambito del Piano di azione regionale contro la violenza di genere,previo parere delle competenti Commissioni asembleari. La gestione dei Centri antiviolenza è condotta in forma singola o mediante convenzioni con E.E.L.L., con Associazioni iscritte ai registri regionali del volontariato o della promozione sociale, ONLUS, Cooperative sociali che hanno maturato esperienze e competenze specifiche di accoglienza e di pratiche di aiuto tra donne, con personale specificamente formato. I centri antiviolenza svolgono attività di informazione e sensibilizzazione, di promozione di una cultura rispettosa delle differenze di genere volta al contrasto della violenza contro le donne; conducono attività di rilevazione e di monitoraggio del fenomeno, redigono rapporti periodici che inviano alla Regione. La Regione riconosce il coordinamento regionale dei centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore. Il coordinamento dei centri antiviolenza, che opera in modo integrato alla rete dei servizi, relaziona annualmente esito e consistenza delle porprie attività alle Commissioni assembleari competenti. La Regione si riserva di coinvolgere ulteriori soggetti dell’associazionismo femminile e rappresentativi delle tematiche di genere in enti e organizzazioni, ai fini dell’attuaizone delle politiche di prevenzione della violenza di genere. Le case rifugio, inserite all’art. 15 sono strutture che offrono accoglienza e protezione alle donne che hanno subito violenza e ai loro figli minori nell’ambito di un programma personalizzato con l’obiettivo di ripristinare la propria autonoma individualità. Alle case rifugio è garantita la segretezza dell’ubicazione. Possono essere promosse da Enti locali, associazioni o organizzazioni che hanno maturato specifiche competenze in materia di violenza contro le donne. I centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali e si dotano di una carta dei servizi di accoglienza. La Regione e gli enti locali possono individuare immobili da concedere in comodato d’uso ai centri antiviolenza per le finalità proprie delle case rifugio. I Comuni possono promuovere normative di favore o incentivanti l’assegnazione o locazione per le donne che necessitano di alloggi sicuri e, a seguito di provvedimento giudiziario, di pubblica sicurezza o amministrativo, possono individuare una soluzione abitativa temporanea e attribuirla direttamente alla donna mettendo a disposizione il patrimonio immobiliare in armonia con la Legge regionale 8 agosto 2001, n.24 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo). La rete regionale integrata di prevenzione e contrasto alla violenza di genere è inserita all’art.16, quale strumento per favorire il coordinamento dei soggetti istituzionali e non impegnati sul tema. Inoltre la Regione promuove politiche attive per il lavoro e la formazione professionale attraverso percorsi dedicati di inserimento lavorativo, in collaborazione con i centri per l’impiego, i centri antiviolenza e le consigliere di parità. Nell’art. 17 viene individuato il Piano regionale contro la violenza di genere e linee di indirizzo per l’accoglienza volte a definire azioni di intervento, criteri di misurazione e valutazione in ambito di prevenzione, informazione, sensibilizzazione e formazione, sostegno ai Centri antiviolenza, protezione e reinserimento delle donne che hanno subito violenza. Tale Piano, di durata triennale, viene sottoposto dalla Giunta all’approvazione dell’Assemblea legislativa, sentita la Commissione assembleare per la Parità. Le Conferenze territoriali socio-sanitarie concorrono all’attuazione degli indirizzi e alla realizzazione degli obiettivi del Piano. La Regione svolge funzioni di osservatorio regionale e monitoraggio permanente sulla violenza di genere, così come segnalato all’art.18. La Giunta regionale, sentita in sede referente la Commissione assembleare per la promozione della parità, disciplina le modalità organizzative, individua le strutture della Regione chiamate a collaborare all’esercizio di tale funzione, ne nomina il responsabile. Per l’esercizio delle funzioni di osservatorio la Regione promuove collaborazioni con tutti i soggetti funzionali alla realizzazione di una Rete Conoscitiva (RCS) a supporto del sistema di welfare regionale e locale sui temi di genere utilizzando, ove possibile il Sistema Statistico Regionale. Le attività dell’osservatorio sono comprese nel Programma Statistico Regionale. La struttura preposta svolge compiti di raccolta sistematica dei dati, costruisce e gestisce banche dati che vengono messe a disposizione dei soggetti pubblici e privati interessati, mediante il Portale web della Regione; promuove, in collaborazione con la Rete dei centri antiviolenza, l’utilizzo di strumenti per la valutazione dell’efficacia delle politiche di genere; collabora con l’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza e i giovani; realizza mappe aggiornate per l’utenza sulla rete dei servizi e sostiene campagne di informazione. L’art. 19 si occupa dell’accreditamento e della formazione regionale  per tutti  i soggetti che a vario titolo si occupano di violenza di genere. La Regione in questo si avvale della collaborazione del Coordinamento regionale dei centri antiviolenza. La Regione promuove formazione specifica per le operatrici dei Centri antiviolenza, mediante enti accreditati secondo la normativa vigente; inoltre attua politiche di sensibilizzazione e formazione per operatori socio-sanitari. Nell’art. 20 viene esplicitata l’importanza di realizzare interventi per uomini maltrattanti, al fine di favorire l’eliminazione strutturale della violenza di genere. In collaborazione con il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, la Regione garantisce interventi per minori testimoni di violenze domestiche finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico, nell’art. 21. Gli interventi per la prevenzione dei fenomeni della tratta e della riduzione in schiavitù sono affrontati nell’art.22 dove si dichiara l’impegno della Regione nel promuovere interventi di contatto, emersione, assistenza, protezione e integrazione sociale per le persone che subiscono sfruttamento e tratta di esseri umani in ambito sessuale, lavorativo, in attività illegali e di accattonaggio. La Regione si avvale della rete dei servizi territoriali e di quella associativa presente nel territorio per quello che concerne la programmazione delle Conferenze territoriali socio-sanitarie. Interviene mediante azioni di prevenzione socio-sanitaria per la tutela della salute individuale e pubblica, di conoscenza e monitoraggio del fenomeno, di informazione e sensibilizzazione dei propri diritti costituzionali e di cittadinanza. L’art.23 riguarda il tema della prevenzione del fenomeno dei matrimoni forzati, per i quali la Regione collabora con gli Enti locali e tutti i livelli istituzionali per favorire l’assunzione di misure utili al contrasto del fenomeno e all’assistenza e al sostegno delle donne a cui è stata lesa la volontà. Nell’ambito delle funzioni di osservatorio  regionale di cui all’art.18, si attiveranno strumenti di monitoraggio specifici. Per quanto concerne gli interventi per la prevenzione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, l’art.24 esplicita l’impegno della Regione, con iniziative di sensibilizzazione e formazione, corsi di informazioni per insegnanti in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale, coinvolgendo figure della mediazione culturale e genitori dei bambini e delle bambine di origine non italiana, in modo da diffondere la conoscenza dei diritti delle bambine e delle donne; promuovendo presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio di casi rilevati avvalendosi anche delle funzioni dell’Osservatorio regionale, di cui all’art.18. L’art.25 inerente la sicurezza urbana affferma che la Regione riconosce che la cittadinanza rispettosa del genere si esprime anche nell’accoglienza e nella sicurezza degli spazi urbani in forza di progettualità preventiva, riqualificazione di qualità, tecnologia integrata, accessibilità e vitalità dei contesti e collegamenti senza barriere. Al fine di promuovere la responsabilità e la consapevolezza su tali temi la Regione sostiene l’attività di formazione della Scuola regionale di polizia locale, i protocolli interistituzionali sulla sicurezza, i progetti sperimentali di educazione e sensibilizzazione rivolti ai giovani nelle scuole, di informazioni utili per le donne che subiscono violenza. L’art.26 prevede per la Regione la possibilità di costituzione di parte civile, nei casi di violenza di genere di particolare impatto nella vita di comunità, devolvendo l’eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione. La Regione si avvale anche della Fondazione per le vittime dei reati e incentiva l’adeguamento statutario degli Enti locali sul tema.

Il Titolo VI riguarda il Lavoro e l’Occupazione femminile. L’articolo 27 mette al centro le misure per la crescita equa e inclusiva, affermando che la Regione riconosce, promuove e valorizza il lavoro come fondamento della Repubblica, in particolare si impegna, per quanto di competenza, all’incentivazione dell’occupazione femminile di qualità, la parità salariale, l’orientamento formativo e prevedendo un piano di iniziative, incentivi, sgravi contributivi e agevolazioni organizzative, avvalendosi della collaborazione con le Consigliere di parità, nonché di tutti gli organismi paritari vigenti. Tutte le procedure a evidenza pubblica devono individuare criteri di selezione e/o punteggi premiali a favore di imprese che adottino azioni di promozione di parità di genere, e/o sistemi di rendicontazione e che tengano conto dell’ottica di genere. La Regione vigila sulla costituzione dei Comitati unici di garanzia (CUG) in tutto il territorio regionale, ne promuove il coordinamento al fine di favorire le politiche di pari opportunità e buone pratiche in ambito lavorativo. L’organizzazione del lavoro, il reclutamento e la gestione del personale regionale sono inseriti nell’art. 28, attraverso iniziative volte a rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione della piena parità tra donne e uomini nell’accesso, permanenza e trattamento sul lavoro. La Regione definisce e attua politiche che coinvolgano tutti i livelli dell’organizzazione nel rispetto del principio di pari dignità e trattamento; opera per il superamento degli stereotipi di genere attraverso azioni di formazione interna; organizza e struttura il lavoro con modalità che favoriscano la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita; si attiva per favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi e al rientro della maternità: attua la normativa in materia di composizione delle commissioni di concorso; monitora gli incarichi conferiti al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra donne e uomini, promuove le conseguenti azioni correttive; adotta iniziative per favorire il riequilibrio di genere nelle attività e nelle posizoni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi. L’art. 29 regola la disciplina e la condivisione della responsabilità paritaria, esplicitando che la Regione assume il principio paritario come base per la costruzione e la gestione dei rapporti istituzionali e amministrativi, nella formulazione dei bandi, nella selezione degli interlocutori, nella formazione e nella cultura dell’organizzazione volta all’equilibrio tra sfera privata e lavorativa. In tal senso valorizza i soggetti che nell’ambito della propria organizzazione assicurino la promozione della parità tra donne e uomini, in particolare per quello che concerne il rispetto della normativa contributiva, la parità salariale, i congedi parentali, la flessibilità oraria e organizzativa. La Regione e gli enti locali in collaborazione con i centri per l’impiego promuove offerte lavorative volte a incrementare il lavoro femminile. Nell’art.30 la Regione, al fine di incentivare e promuovere a tutti i livelli l’affermarsi di una cultura paritaria nell’organizzazione istituzionale, sociale e produttiva, valuta le migliori pratiche, introducendo l’Etichetta GED (Gender Equality and Diversity Label). Tale riconoscimento sarà assegnato annualmente, sulla base di criteri individuati dalla Giunta, alle realtà che si sono distinte per comportamenti virtuosi. Nell’art.31 si affronta il tema dell’imprenditoria femminile e delle professioni; infatti la Regione favorisce il consolidamento, lo sviluppo e l’avvio di attività imprenditoriali a conduzioni femminili o con maggioranza di soci donne, secondo la legge 25 febbraio 1992, n.215 e successive modifiche; nonché sostiene qualificate esperienze di condivisione di un ambiente di lavoro, di beni strumentali e servizi anche tecnologici. Inoltre la regione promuove e sostiene l’accesso al credito mediante la costituzione di fondi regionali di garanzia, la concessione di contributi per l’abbattimento dei tassi di interesse, il sostegno all’accesso al sistema dei Consorzi fidi regionale, la stipula di convenzioni con il sistema finanziario e del credito, nonché ordinistico. Il contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco sono menzionate nell’art.32, dove si dichiara l’impegno della Regione, in collaborazione con la Direzione regionale del Lavoro, sentite le organizzazioni sindacali, le Consigliere di parità, per attivare un monitoraggio permanente per prevenire un approccio discriminatorio sul lavoro.

La Conciliazione e la condivisione delle responsabilità sociali e di cura riguarda il Titolo VII che si apre con la strategia per la conciliazione e l’armonizzazione dell’art.33. Qui viene espresso l’impegno della Regione nella promozione delle politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare, tempi di lavoro retribuito, relazioni, cura di sé, avendo come obiettivo un processo di riequilibrio e condivisione nei ruoli assunti da donne e uomini nell’organizzazione della società, del lavoro, della sfera privata e familiare. A supporto di tali finalità la Regione, in collaborazione con tutte le Istituzioni, le aziende egli Enti preposti e le rappresentanze sociali e sindacali predispone analisi delle organizzazioni pubbliche e dei sistemi organizativi integrati per rafforzare i servizi a supporto dei bisogni conciliativi; promuove normative, direttive e azioni per il miglioramento dell’organizzazione dei servizi, per la migliore vivibilità delle città; sostiene esperienze innovative di condivisione del lavoro e di uso di nuove tecnologie; favorisce l’implemetazione del sistema conciliativo anche mediante l’erogazione di assegni di servizio alle famiglie residenti nel territorio regionale rispondenti a criteri di difficoltà oggettivi; riconosce e sostiene l’attività del caregiver familiare nell’ambito del sistema integrato socio-sanitario. Adotta nell’ambito del PTR (Piano Territoriale Regionale) tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione a sostegno della rimozione di ogni forma di discriminaizone. La Regione si adopera per esercitare appieno il ruolo di promozione, coordinamento stimolo e formazione relativamente all’adozione dei piani territoriali degli orari, la costituzione delle banche del tempo, la riorganizzazione dei servizi per una migliore convivenza  e benessere collettivo.

Il Titolo VIII riguarda La rappresentazione femminile nella comunicazione, dove nell’art.34 viene trattato il tema delle discriminazioni dell’immagine femminile. La Regione Emilia-Romagna promuove un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione affinché i messaggi discriminatori e/o degradanti basati sul genere e gli stereotipi di genere siano compresi, decodificati e superati. A tal fine, anche in collaborazione col CORECOM per quanto di competenza, d’intesa con amministrazioni stattali competenti, Enti territoriali e loro associazioni, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Ordine dei giornalisti e tutti gli opeartori del settore comunicazione, pubblicità, marketing, si impegna a promuovere azioni dirette a contrastare la discriminaizone dell’immagine femminile, nonché a favorire la rappresentazione autentica e realistica delle donne, coerente con l’evoluzione dei ruoli nella società. La struttura regionale competente per le pari opportunità si impegna, in collaborazione con esperti del settore, all’istituzione di un concorso per l’assegnazione di un premio annuale alla pubblicità che meglio abbia saputo rappresentare la figura femminile. Nei casi di utilizzo offensivo e/o discriminatorio dell’immagine delle donne, il CORECOM si fa parte attiva per segnalare tali comportamenti non conformi ai codici di autosciplina della comunicazione commerciale da parte di soggetti aderenti a tali codici.

Nel Titolo IX viene trattato il tema della Cooperazione internazionale, di cui all’art.35 vengono esplicitate le relazioni globali per la parità. La Regione opera a sostegno di progetti di cooperazione e solidarietà internazionale per promuovere l’empowerment femminile, prevenire e contrastare la violenza alle donne, agire sulla reciprocità dello scambio dei saperi e delle esperienze anche di amministrazione pubblica. La programmazione e il coordinamento degli interventi sulle politiche di genere costituiscono parte integrante dei lavori dei Tavoli Paese, nonché della banca dati e delle funzioni dell’Osservatorio regionale sulle politiche di cooperazione. La Regione, inoltre, nel documento di indirizzo programmatico triennale e nei bandi assume i valori, i principi e le finalità della presente legge al fine dell’individuazione degli obiettivi e della destinazione dei contributi. Tale proposta programmatica viene presentata in sede referente alla commisisone assembleare per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, alla quale sarà anche rendicontato l’esito con cadenza annuale.

Gli Strumenti del sistema paritario sono declinati nel Titolo X. All’art.36 viene inserito il Bilancio di genere, redatto dalla Giunta, comporta l’adozione di una valutazione dell’impatto sul genere delle politiche di bilancio. La Regione promuove la diffusione del bilancio di genere tra gli enti locali anche al fine di orientare le azioni per la conciliazione vita-lavoro e la condivisione delle responsabilità di cura. La Giunta cura l’attuazione di specifiche attività di informazione e aggiornamento del personale sull’argomento. Nell’art.37 si affronta il tema delle statistiche di genere prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di attività finanziate dalla Regione, le quali devono essere adeguate secondo la raccolta di dati in ottica di genere. Il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere è trattato all’art.38. Tale strumento è istituito al fine di fornire un quadro unitario della dimensione di genere al’interno delle politiche regionali. La composizione e le modalità di funzionamento del Tavolo sono definite con atto della Giunta. Il Tavolo è presieduto dall’Assessore/a regionale con delega in materia di pari opportunità e coinvolge gli Assessori di competenza omologa degli Enti locali, nonché le rappresentanze regionali dei soggetti nella rete a sostegno alla parità, così come individuati nell’atto di Giunta. Al Tavolo è assicurata la partecipazione del referente dell’Area d’integrazione di cui si parla nell’art.39, ovvero l’area istituita dalla Giunta, cui spetta fornire un quadro unitario della dimensione di genere all’interno delle politiche dell’amministrazione regionale. È presieduta dall’Assessore regionale competente ed è composta da rappresentanti delle Direzioni Generali. L’Area di Integrazione può organizzarsi in gruppi tematici, svolge attività di condivisione dei dati raccolti. Il Piano interno integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere è trattato all’art.40. Tale Piano ha durata triennale ed è approvato dalla Giunta e trasmesso alla Commissione per a Parità. Esso contiene dati quantitativi e qualitativi sulle azioni regionali in materia di pari opportunità. La Commissione per la Parità esamina il Piano, elabora proposte di adeguamento e analisi valutative. Nel corso della discussione, la Commissione può richiedere la presenza degli Assessori competenti. La Commissione per la Parità collabora con la Giunta per assicurare la più ampia diffusione di tale Piano. All’art. 41 si individua il Centro regionale contro le discriminazioni per lo svolgimento di azioni di prevenzione, rimozione e monitoraggio delle discriminazioni. Il Centro realizza la propria azione raccordandosi con gli Istituti di garanzia, quali il Difensore Civico e la Consigliera di parità, definendo prassi operative per la gestione dei casi, all’organizzazione di momenti specifici di scambio e di formazione congiunta. La Conferenza delle elette è disciplinata all’art. 42. La Regione favorisce l’articolazione territoriale della Conferenza che potrà dotarsi di forum e/o conferenze territoriali al fine di rendere capillare l’attuazione delle politiche di genere a ogni livello istituzionale. La Conferenza è convocata dalla Commissione assembleare per la Parità e si riunisce in seduta comune almeno una volta all’anno. L’attività della Conferenza è supportata dalla struttura tecnica della Commissione per la Parità. Alla Conferenza delle elette è invitato L’Assessore con deleghe in materia di pari opportunità. Il funzionamento della Conferenza regionale delle elette è senza oneri per la Regione.

Il Titolo XII riguarda il Sistema di verifica e di valutazione. All’art.43 è declinata la clausola valutativa della Legge quadro, nella quale si afferma che l’Assemblea legislativa esercita il controllo sull’attuazione della presente legge e ne valuta i risultati ottenuti. Con questo fine a cadenza triennale, la Giunta presenta alla Commissione per la Parità una relazione che fornisca informazioni su tutti gli aspetti della legge e in particolare: la realizzazione degli interventi di cui al Piano regionale sulle politiche di parità e contro la violenza di genere; gli effetti degli interventi promossi per l’oggettivo avanzamento della parità di genere e la comparazione con altre realtà confrontabili sul piano nazionale; le eventuali criticità riscontrate nell’attuazione del piano e nel perseguimento degli obiettivi della presente legge con relative proposte di lavoro. Per queste finalità le strutture competenti dell’Assemblea e della Giunta si raccordano per la migliore valutazione integrata. La Regione può promuovere forme di valutazione partecipata coinvolgendo cittadini, cittadine e soggetti attuatori degli interventi previsti in tutti gli ambiti. All’art. 44 è prevista la norma transitoria. La norma finanziaria chiude la legge all’art.45.

 


 

Testo:

 

Progetto di “Legge Quadro

per la parità e contro le discriminazioni di genere”

 

 


Titolo I

 

DISPOSIZIONI GENERALI E NORME DI PRINCIPIO

 

Art. 1

Principi

 

1.     In attuazione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) ratificata e resa esecutiva con la legge 14 marzo 1985, n. 132, della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge 27 giugno 2013 n. 77, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del Trattato sull'Unione Europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), delle disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 37, 51 e 117, comma 7 della Costituzione, e dello Statuto regionale, la Regione Emilia-Romagna e gli Enti locali, aderendo ai principi della Carta Europea per l’uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale promossa dal Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa, nel rispetto delle competenze dello Stato, concorrono alla realizzazione dell’eguaglianza sostanziale e della democrazia paritaria, allo sviluppo di un sistema regionale ispirato ai principi della cittadinanza sociale responsabile, al rispetto per la cultura plurale delle diversità che compongono la Comunità regionale, e alle pari opportunità.

2.     La Regione Emilia-Romagna favorisce il pieno sviluppo della persona e sostiene la soggettività femminile come elemento di cambiamento e progresso della società; contrasta ogni tipo di violenza e discriminazione di genere in quanto lesive dei diritti umani, della libertà, della dignità e dell’inviolabilità della persona; promuove la cultura della rappresentanza paritaria, del potere condiviso, della prevenzione, cura e benessere della persona anche in relazione al genere, dell’educazione e della valorizzazione delle differenze di genere per il contrasto agli stereotipi contro tutte le discriminazioni; favorisce l’equilibrio tra l’attività lavorativa, professionale e la vita privata e familiare per donne e per uomini; promuove e coordina azioni e strumenti volti all’attuazione della presente legge nel rispetto di quanto disposto dalle norme internazionali, comunitarie e nazionali, e da leggi e programmi regionali.

3.     La Regione e gli Enti locali, nell’esercizio delle funzioni previste dalla presente legge, conformano la propria attività al metodo della collaborazione istituzionale, nel rispetto del principio di coordinamento e cooperazione tra i livelli di governo nonché del principio di sussidiarietà. E’ promossa altresì la collaborazione e la partecipazione delle parti sociali ed economiche interessate alle politiche per la parità e contro le discriminazioni di genere mediante un confronto costante.

 

 

Art. 2

Finalità

 

1.      La presente legge ha come oggetto la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di ogni discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, in particolare delle bambine, delle ragazze e delle donne, che di fatto ne limiti la libertà, impedisca il pieno sviluppo della personalità e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale della Regione.

2.      La Regione valorizza la differenza di genere e l'affermazione della specificità, libertà e autonomia femminile per il raggiungimento della parità giuridica e sociale tra donne e uomini, raccordandosi con le donne elette nelle istituzioni, le parti sociali, gli organismi che si occupano di pari opportunità e discriminazioni di genere, i centri antiviolenza, le rappresentanze femminili delle realtà economiche, imprenditoriali, professionali e del lavoro, nonché le associazioni femminili, i centri di documentazione delle donne e gli istituti culturali per la promozione della cultura delle differenze di genere presenti nella regione.

3.      La Regione agisce contro la violenza di genere ovvero quella perpetrata ai danni delle donne, come manifestazione discriminatoria ed espressione più grave di relazioni di potere diseguale tra uomini e donne.

4.      Essa elabora politiche di prevenzione mediante correttivi paritari e misuratori di equità al fine di contrastare le disparità in ogni campo e valutare il raggiungimento degli obiettivi della presente legge.

5.      Gli interventi di cui alla presente legge sono promossi, progettati e realizzati anche in collaborazione con altri enti pubblici e privati, oppure da questi con il sostegno della Regione.

 

 

Art. 3

Definizioni

 

1.     Ai fini della presente legge, si intende per:

 

a) genere: si assume la definizione di cui all’art. 3 lett. c) della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” dell’11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge 27 giugno 2013 n. 77 per cui “con il termine ‘genere’ ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”;

b) democrazia paritaria: uguaglianza sostanziale tra donne e uomini che condividono il potere e lo spazio pubblico e privato ai sensi dei principi di cui alla Carta Costituzionale;

c) correttivi paritari: strumenti di accompagnamento che favoriscano la piena attuazione della Costituzione a garanzia della parità tra donne e uomini;

d) medicina di genere: lo studio delle differenze tra le funzioni vitali di uomini e donne e la loro esperienza relativa alla stessa malattia finalizzata all’appropriatezza della prestazione sanitaria. Indaga le relazioni tra l’appartenenza al genere sessuale e l’efficacia delle terapie nel trattamento delle patologie;

e) misuratori di equità: indicatori diretti a valutare il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge;

f) linguaggio di genere: linguaggio che rispetta e trasmette l’identità che deriva dalle caratteristiche socio-culturali di appartenenza al genere, finalizzato a contrastarne una presunta neutralità;

g) violenza nei confronti delle donne: si assume la definizione di cui all’art. 3 lett. a), b) e d) della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per cui “a) con l’espressione violenza nei confronti delle donne si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata”, “b) l’espressione violenza domestica designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”; “d) l’espressione violenza contro le donne basata sul genere designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato”;

h) centri antiviolenza: presidi socio-assistenziali e culturali a servizio delle donne, che operano attraverso pratiche di relazione tra donne in collaborazione con la rete integrata dei soggetti impegnati nella prevenzione della violenza di genere e che hanno come finalità primaria l’accoglienza delle donne, anche con figli o figlie, minacciate o che hanno subito violenza, fornendo consulenza, ascolto e sostegno.

i) case rifugio: strutture ad indirizzo segreto di accoglienza e protezione delle donne vittime di violenza e loro figli o figlie minori nell’ambito di un programma personalizzato di recupero e di inclusione sociale;

l) discriminazione di genere: ogni distinzione, disposizione, criterio, prassi, atto, patto, comportamento o limitazione basata sul sesso o sull’orientamento di genere, che abbia l’effetto o lo scopo diretto o indiretto di produrre una disparità di trattamento lesiva della dignità in ragione del sesso;

m) politiche di conciliazione e condivisione: insieme di misure che hanno l’obiettivo di mettere le persone nelle condizioni di poter armonizzare e affrontare al meglio tutti gli aspetti della vita, dal lavoro retribuito all’ambito familiare, dal tempo per sé, a quello dedicato all’impegno sociale e politico, fornendo la chiave di una nuova condivisione e trasformazione dei ruoli assunti da donne e uomini nella suddivisione dei compiti e delle responsabilità sia nella sfera pubblica che in quella privata;

n) diversity management: disciplina di gestione delle risorse umane e dell’organizzazione che si sostanzia in strumenti, interventi, progetti finalizzati a gestire e a valorizzare le diversità;

o) educazione di genere: educare alla parità e al rispetto delle differenze mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica, sia sotto il profilo teorico che operativo;

p) bilancio di genere: rendicontazione sociale dell’integrazione di una prospettiva di genere nella programmazione economica delle politiche pubbliche mediante riclassificazione delle voci di bilancio, schede di analisi esplicative ovvero ogni altra modalità che ne evidenzi l’impatto sulla popolazione femminile e maschile.

 

 

Titolo II

SISTEMA DELLA RAPPRESENTANZA

 

Art. 4

Rappresentanza paritaria nel Sistema Elettorale

 

La Regione Emilia-Romagna, conformemente a quanto previsto dall’art.117, comma 7, della Costituzione, promuove la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità di accesso alle cariche elettive, e si doterà a tal fine, con successivi interventi legislativi, di una specifica normativa, introducendo correttivi paritari volti al perseguimento di una compiuta democrazia paritaria fin dalle prossime elezioni regionali.

 

 

Art. 5

Rappresentanza paritaria nelle società a controllo pubblico e partecipate.

 

1.     La Regione Emilia-Romagna nelle società partecipate in cui, anche unitamente ad enti da essa dipendenti o ad Aziende sanitarie, detiene la totalità o la maggioranza assoluta del capitale, assicura l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 3 della legge 12 luglio 2011 n.120 (Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati).

2.     La Regione Emilia-Romagna, a tal fine, promuove azioni di monitoraggio, costituendo un’apposita sezione di genere nell’albo regionale delle nomine di cui all’articolo 9 della Legge regionale 27 maggio 1994, n. 24 (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi. Disposizioni sull’organizzazione regionale).

 

 

Art. 6

Rappresentanza paritaria diffusa

 

1.     La Regione Emilia-Romagna in collaborazione con gli EE.LL. favorisce iniziative di promozione della rappresentanza paritaria in tutti gli organismi associativi operanti sul territorio regionale.

2.     La Regione Emilia-Romagna e gli EE.LL nella predisposizione di bandi, forme di collaborazioni, selezioni, si impegnano ad adottare, laddove compatibili con la normativa nazionale e con il diritto dell’Unione Europea, criteri di valutazione volti a valorizzare i soggetti che contribuiscano a promuovere o abbiano promosso nell’ambito della propria organizzazione i principi egualitari e antidiscriminatori di cui alla presente legge, come l’equilibrio della rappresentanza nella governance, la previsione della responsabilità sociale d’impresa in materia antidiscriminatoria, l’adozione di soluzioni conciliative dei tempi di vita e di lavoro.

3.     I criteri applicativi dei correttivi paritari in atti, delibere e procedimenti amministrativi regionali saranno elaborati ed attuati da ciascuna direzione generale per le materie di competenza.

 

 

Titolo III

 

CITTADINANZA DI GENERE E RISPETTO DELLE DIFFERENZE

 

Art. 7

Educazione

 

1.     La Regione Emilia-Romagna, anche attraverso il Centro regionale contro le discriminazioni di cui all’art. 41, sostiene progetti e iniziative in ogni scuola di ordine e grado volti a perseguire gli obiettivi di educazione e formazione alla cittadinanza di genere e alla cultura di non discriminazione, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale.

2.     La Regione, anche in collaborazione con l’ufficio scolastico regionale, università, scuole e istituti, enti di formazione, centri documentazione delle donne e di genere, promuove progetti che:

a)     favoriscano in tutte le scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia e l’università, un approccio multidisciplinare e interdisciplinare al rispetto delle differenze, al superamento degli stereotipi, allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere;

b)     evidenzino l’esemplarità delle personalità femminili distintesi nel campo della storia, dell’arte e della cultura, dell’impegno sociale e nel mondo del lavoro, degli studi scientifici e matematici, dell’impresa e della politica, delle istituzioni e in ogni ambito rilevante per l’educazione e l’istruzione scolastica.

3.     La Regione, su proposta della Commissione assembleare per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini istituita dalla Legge regionale 15 luglio 2011, n. 8 (d’ora in poi Commissione per la parità), promuove l’istituzione di borse di studio per tesi di laurea in differenze di genere e tematiche funzionali al tema.

 

 

Art. 8

Cultura

 

1.     La Regione Emilia-Romagna riconosce il ruolo delle donne e dell’associazionismo femminile nell’elaborazione e nella diffusione della cultura paritaria come leva fondamentale per il progresso della società, della conoscenza, del comportamento, dei saperi e delle attitudini per l’affermazione del rispetto reciproco nella diversità e nelle differenze, nonché come strumento di prevenzione e contrasto di ogni violenza e discriminazione sessista anche di tipo omofobico e transfobico.

2.     La Regione opera per la divulgazione del ruolo delle donne nella storia, della loro partecipazione alla nascita della Repubblica, alla Costituzione e all’affermazione dei diritti civili e sociali e, a tal fine, promuove e sostiene iniziative e progetti volti ad ampliare la ricerca storica di testimonianze, biografie e iconografie, anche in collaborazione con università, centri di documentazione delle donne, istituti storici e culturali, archivi delle donne, biblioteche delle donne, musei e luoghi della memoria.

3.     Per tali finalità, la Regione promuove l’intitolazione da parte degli Enti locali di spazi pubblici, vie, strade, piazze, rotonde delle città dell’Emilia-Romagna a donne meritevoli ed esemplari che possano costituire modelli positivi per le nuove generazioni.

4.     La Regione sostiene i centri documentazione delle donne e le biblioteche delle donne nell’opera di alfabetizzazione alla cultura di genere; aggiorna le proprie riviste, cataloghi, pubblicazioni, campagne d’informazione alla luce del rispetto per la soggettività femminile e per un approccio paritario; censisce, attraverso l’Istituto Beni Artistici, Culturali e Naturali (IBACN), anche in collaborazione con gli Enti Locali, la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell’Istituto per i beni artistici e culturali e le altre istituzioni culturali e centri di documentazione, la dotazione di autrici femminili, integrandone mediante il Sistema informativo biblioteche l’eventuale carenza anche nella sezione per ragazzi e ragazze; sostiene i talenti femminili in ogni ambito questi si esprimano.

 

 

Art. 9

Linguaggio di genere e lessico delle differenze

 

  1. La Regione riconosce, ai fini di uno sviluppo coerente delle proprie politiche di genere, che la lingua rispecchia la cultura di una società e ne è una componente fortemente simbolica e che il linguaggio monosessuato è un potente strumento di neutralizzazione dell’identità culturale e di genere che può condannare in modo irreversibile le donne all’invisibilità linguistica.
  2. La Regione Emilia-Romagna opera per riconoscere, garantire e adottare un linguaggio non discriminante, rispettoso dell’identità di genere, identificando sia il soggetto femminile che il maschile in atti amministrativi e corrispondenza, denominazioni di incarichi, funzioni politiche ed amministrative.
  3. Al fine di cui al comma 2, sarà predisposta idonea formazione al personale che tenga conto di una efficace semplificazione linguistica degli atti e di una redazione fedele ad un linguaggio comprensibile e veritiero oltre che rispettoso del genere.
  4. Per evitare l’uso sessista della lingua e promuovere nuova coscienza linguistica finalizzata a riconoscere la piena dignità, parità, importanza del genere femminile, le strutture generali competenti in materia di semplificazione, pari opportunità, comunicazione, predispongono una rivisitazione del lessico giuridico e amministrativo di atti, provvedimenti, comunicazioni, nella direzione impressa dall’orientamento europeo e nazionale sul punto mediante raccolta e analisi di buone pratiche, formazione sulle strategie di comunicazione interne-esterne, applicazione di linee guida che potenzino il ruolo della comunicazione di genere, diffusione e promozione dei risultati.

 

 

Titolo IV

 

SALUTE E BENESSERE FEMMINILE

 

Art. 10

Medicina di genere e cura personalizzata

 

1.     La Regione Emilia-Romagna tutela il diritto alla salute come sancito dall’articolo 32 della Costituzione, garantendo parità di trattamento e di accesso alle cure con particolare riguardo alle differenze di genere e relative specificità; favorendo la formazione dei professionisti della sanità e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza per garantire nell’ambito dell’assistenza un approccio che tenga conto della medicina di genere.

2.     Le aziende pubbliche sanitarie, le aziende ospedaliere e le strutture socio-sanitarie della Regione Emilia-Romagna valorizzano l’approccio di genere nella cura e nell’assistenza di donne e bambine, di uomini e bambini; offrono un’informazione corretta ed equa sulle problematiche di salute e sulle differenze di genere; promuovono l’attività scientifica e di ricerca secondo l’ottica di genere, implementando percorsi di ricerca, prevenzione, diagnosi, cura farmacologica e riabilitazione orientate all’equità di genere; realizzano un’attività formativa professionale permanente con l’obiettivo di fornire la conoscenza di problematiche specifiche connesse alla diversità di genere e alla sicurezza sul lavoro.

3.     La Regione Emilia-Romagna, anche in collaborazione con lo Stato, università, enti pubblici e privati, mass media e associazioni, promuove mediante appositi accordi campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione sulla salute di genere, sulle patologie genere-specifiche, sulle differenze nella prevenzione e trattamento.

4.     Agli obiettivi del presente Titolo sono adeguati tutti i documenti programmatici della sanità regionale, in particolare il Piano Sociale e Sanitario Regionale, al fine di contribuire alla individuazione, promozione e monitoraggio dei determinanti di genere nell’organizzazione del lavoro, nella ricerca interdisciplinare, nei curricula studiorum, nei percorsi diagnostico-terapeutici, nell’equo accesso ai ruoli di responsabilità apicale, nell’uso dei farmaci, nei valutatori dei dati di efficacia e produttività del sistema sanitario, per fornire prestazioni appropriate e cure personalizzate coinvolgendo tutti gli operatori della sanità, in primo luogo i medici di famiglia.

5.     L’Agenzia sanitaria e sociale regionale (ASSR), nell’ambito delle proprie competenze, in forza degli indirizzi approvati dalla Giunta e nel rispetto della presente legge, adotta, nella formulazione dei propri programmi e delle proprie rendicontazioni l’approccio equity oriented, con particolare attenzione alle differenze di genere.

 

 

Art. 11

Rete dei servizi e presidi territoriali

 

1.     La rete integrata dei servizi socio-sanitari, ai sensi della legge regionale 12 marzo 2003  n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), assume l’approccio di genere come informatore di interventi, programmi, prestazioni del Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e relativi Piani di zona, oltre che per la formazione del personale e della dirigenza con modalità standard e rilevabili nell’ottica di diversity management.

2.     La Regione Emilia-Romagna in particolare si impegna a garantire, consolidare e sviluppare le aree di attività connesse ai consultori familiari, nell’ambito del sistema di cure primarie integrato e della pianificazione delle Case della Salute, quale servizio di assistenza alla famiglia, alla maternità e paternità responsabili, alla educazione sessuale e alla contraccezione per i giovani, nonché di tutela del benessere delle donne e delle ragazze in un’ottica orientata alla salute e alla medicina di genere.

3.     A tal fine, i consultori, in linea con i nuovi ed emergenti bisogni della popolazione e nel rispetto delle normative di settore, individueranno misure organizzative, comunicative e tecnologiche per facilitare l’accesso alle strutture e ai servizi per la prevenzione e diagnosi precoce, educazione alla sessualità e all’affettività, trattamento dei disturbi alimentari e di comportamento; garantiranno continuità e flessibilità assistenziale, apertura oraria e personale addetto adeguati, presenza di équipe multiprofessionali, in particolare a supporto del percorso nascita, dell’informazione sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita e sulle problematiche di infertilità o sterilità mediante la valorizzazione del ruolo dell’ostetrica e della continuità assistenziale tra territorio ed ospedale.

4.     L’approccio di genere, l’integrazione multidisciplinare tra i soggetti, le aziende e le agenzie della rete socio-sanitaria territoriale nell’organizzazione e nelle prestazioni sanitarie territoriali sarà rendicontato da un sistema di indicatori di qualità che incideranno sulla valutazione del budget attribuito alle aziende, sulla selezione dei progetti e programmi per il miglioramento dei servizi all’utenza, sulla produttività.

5.     In particolare l’Agenzia sanitaria regionale e le Aziende del SSR si attivano, in collaborazione con gli Enti locali dell’Emilia-Romagna, per promuovere piattaforme formative in tema di garanzie di equità, rispetto delle differenze e contrasto alle disuguaglianze, sia nei confronti degli utenti che degli operatori.

6.     Nell’ambito della pianificazione della rete territoriale dei servizi si tiene conto della medicina di genere al fine di rafforzare i servizi di prevenzione e promozione del benessere e della salute femminile, nella logica di promuovere l’equità, ridurre le disuguaglianze e favorire il rispetto delle differenze nella programmazione, nella formazione, nell’accesso e nella fruizione dei servizi.

7.     La Regione promuove un percorso di accoglienza integrato e multidisciplinare cd. “codice di prevenzione” dedicato a chi subisce violenza, per l’accesso a tutti i Pronto soccorso del territorio regionale, garantendo riservatezza e protezione alle vittime in particolare di violenza domestica.

8.     Nell’organizzazione, costruzione e allestimento degli spazi socio-sanitari pubblici e privati convenzionati, sarà cura della committenza promuovere la realizzazione di progetti rispettosi dell’ottica di genere, delle differenze e dei bisogni di accoglienza dell’utenza tutta, con particolare riguardo per le disabilità.

 

 

Art. 12

Sport e qualità del tempo libero

 

1.     Ai fini della presente legge, la Regione riconosce l’attività motoria e sportiva come forma di prevenzione di patologie, promozione della salute della persona e il suo benessere fisico, psichico e sociale, costituendo un arricchimento della vita di comunità, un sostegno alla socializzazione e all’integrazione sociale, un importante strumento educativo per la promozione di stili di vita sani e attivi.

2.     La Regione riconosce che le donne e gli uomini hanno diritto al pari accesso alle attività sportive e motorie, nonché agli impianti culturali, sportivi e del tempo libero di qualità; favorisce la partecipazione equa di donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini a tutti gli sport fuori dagli stereotipi di discipline considerate tradizionalmente femminili o maschili; favorisce progetti che avviano alla pratica sportiva considerando l’uso flessibile delle strutture, in particolare per la conciliazione dei tempi di lavoro e di pratica sportiva delle donne nel rispetto delle diverse culture.

3.     La Regione, in collaborazione con gli Enti Locali, le organizzazioni sportive associative e federali, l’università, le agenzie educative e formative, promuove il coinvolgimento delle bambine, donne e ragazze nell’attività sportiva e motoria; la consapevolezza sulle questioni di genere; i programmi di educazione e formazione sulla cultura sportiva femminile, nonché la costituzione di reti di donne nelle scienze sportive.

4.     La Regione, in collaborazione col Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM), favorisce una più incisiva copertura mediatica dello sport femminile praticato a tutti i livelli.

 

 

Titolo V

 

INDIRIZZI DI PREVENZIONE ALLA VIOLENZA DI GENERE

 

Art. 13

Violenza di genere

 

1.     La Regione Emilia-Romagna, nei limiti delle competenze proprie:

 

a)     opera per prevenire ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva della libertà, della dignità, dell’inviolabilità della persona;

b)     riconosce la violenza alle donne come fenomeno sociale e culturale da contrastare in tutte le sue forme, come violazione dei diritti umani, come espressione di una cultura discriminatoria e stereotipata basata su relazioni di potere diseguale fra uomini e donne;

c)     promuove cultura ed educazione nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, delle differenze di genere e dell’uguaglianza tra uomini e donne;

d)     sviluppa politiche di prevenzione e di sostegno alle vittime e ai minori coinvolti, nonché programmi di recupero degli uomini maltrattanti.

2.     La presente legge ha tra i propri obiettivi quello di rafforzare il sistema di prevenzione della violenza di genere previsto dalla normativa regionale vigente e già attivo sul territorio, valorizzando le competenze di tutti i soggetti pubblici e privati impegnati sul tema, al fine di promuovere politiche e azioni integrate dirette ad eliminare la violenza contro le donne in qualsiasi forma essa si manifesti, anche in forza dei principi e delle azioni previste dalla L.R. n. 24 del 4.12.2003.

 

 

Art.14

Centri antiviolenza

 

1.     La Regione riconosce la funzione essenziale dei centri antiviolenza di cui al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, quali presidi socio-assistenziali e culturali a servizio delle donne, che hanno come finalità primaria la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne e che forniscono consulenza, ascolto, sostegno e accoglienza a donne, anche con figli o figlie, minacciati o che hanno subito violenza; ne valorizza saperi e modelli di intervento maturati  nell'esperienza delle relazioni di pratiche di aiuto tra donne; li sostiene nella loro azione di supporto e rafforzamento dell’autonomia delle donne offese da violenza mediante progetti personalizzati tesi all’autodeterminazione, inclusione e rafforzamento sociale.

2.     Nel rispetto dei parametri raccomandati dal Consiglio d’Europa, la Regione favorisce, nell’ambito della programmazione territoriale del sistema locale dei servizi sociali a rete organizzato dagli Enti locali, la presenza uniforme sul territorio regionale dei centri antiviolenza e collabora con gli Enti locali affinché ne promuovano il radicamento sul territorio per offrire un’assistenza adeguata alle persone offese secondo requisiti di accessibilità, presa in carico, sicurezza e riservatezza.

3.     Ai sensi dell’art. 5, comma 4, lett. f) della legge regionale n. 2 del 2003 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), le case e i centri antiviolenza sono parte integrante del sistema locale dei servizi alla persona e costituiscono un riferimento essenziale per le politiche di prevenzione della violenza sulle donne.

4.     Per la definizione dei percorsi di presa in carico, delle modalità di collaborazione tra soggetti della rete, dei livelli di prestazione e criteri di accesso, previo parere delle competenti commissioni assembleari, vengono emanate dalla struttura regionale competente apposite linee guida nell’ambito del Piano di azione regionale contro la violenza di genere, previo parere del Consiglio delle autonomie locali.

5.     La gestione dei centri antiviolenza è condotta in forma singola o mediante convenzioni con Enti locali e Unioni di Comuni, con associazioni di donne, associazioni iscritte ai registri regionali del volontariato o della promozione sociale, organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e cooperative sociali, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne e che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato.

6.     I centri antiviolenza offrono gratuitamente consulenza legale, psicologica, lavorativa e sociale alle donne che hanno subito violenza, orientandole nella scelta dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, ovvero delle case rifugio di cui eventualmente avvalersi, indirizzandone e favorendone il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.

7.     Al fine di prevenire ogni forma di discriminazione e di violenza fondata su relazioni affettive, i centri antiviolenza svolgono attività di informazione e sensibilizzazione sulle fenomenologie e sulle cause della violenza e delle discriminazioni, nonché attività formative e culturali per la promozione di una cultura consapevole e rispettosa delle differenze di genere volta al contrasto di tali fenomeni; conducono attività di rilevazione e di monitoraggio degli atti di violenza e discriminazione commessi nell’ambito del territorio di riferimento e redigono rapporti periodici sull’attività espletata che inviano alla Regione per le finalità di cui al presente Titolo.

8.     La Regione riconosce il coordinamento regionale dei centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore secondo i principi di efficienza ed efficacia nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere. Il coordinamento dei centri antiviolenza, che opera in modo integrato alla rete dei servizi, relaziona annualmente esito e consistenza della propria attività alle Commissioni assembleari competenti.

9.     La Regione, ai fini dell’attuazione delle politiche di cui al presente articolo, coinvolge ulteriori soggetti dell’associazionismo femminile e rappresentativi di tematiche di genere in enti e organizzazioni, che contribuiscono alla prevenzione della violenza di genere.

 

 

Art.15

Case rifugio e soluzioni abitative temporanee

 

1.     Alle case rifugio, che assicurano sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli minori, per consentire loro di ripristinare la propria autonoma individualità, nel pieno rispetto della riservatezza e dell’anonimato, deve essere garantita la segretezza dell’ubicazione finalizzata alla sicurezza delle persone ospitate.

2.     Le donne che hanno subito violenza e i loro figli minori, indipendentemente dallo stato giuridico, dalla residenza nel Comune ove è ubicata la struttura o dalla cittadinanza, possono ricorrere alle case rifugio che applicano la metodologia di accoglienza contenuta in una carta dei servizi rispettosa delle linee guida approvate dalla Giunta regionale.

3.     Le case rifugio possono essere promosse da Enti locali, associazioni o organizzazioni in forma singola o associata che hanno maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne.

4.     I centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali e si dotano di una carta dei servizi di accoglienza.

5.     La Regione e gli Enti locali possono individuare immobili da concedere in comodato d’uso ai centri antiviolenza per gli scopi e le finalità espresse dal presente articolo.

6.     I Comuni possono promuovere normative di favore o incentivanti per l'assegnazione o locazione di alloggi a donne sole o con figli o figlie minori che hanno subito violenza.

7.     Il Comune, a seguito di provvedimento giudiziario, di pubblica sicurezza o amministrativo, può individuare una soluzione abitativa temporanea ed attribuirla direttamente alla donna mettendo a disposizione il patrimonio immobiliare di cui dispone in armonia con quanto previsto dalla Legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo).

 

 

Art. 16

Rete regionale integrata di prevenzione e contrasto alla violenza di genere

 

1.     Al fine di prevenire, monitorare, contrastare il fenomeno della violenza di genere, la Regione Emilia-Romagna favorisce il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non, impegnati sul tema.

2.     La Regione favorisce, attraverso la promozione di politiche attive per il lavoro e la formazione professionale, azioni che sostengano le donne ad uscire dalla violenza fisica, economica e psicologica anche attraverso percorsi dedicati di inserimento lavorativo e formativo, in collaborazione con le organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative, i centri per l’impiego, i centri antiviolenza e le consigliere di parità.

 

 

Art. 17

Piano regionale contro la violenza di genere e linee di indirizzo per l’accoglienza

 

1.     Al fine di perseguire con maggior efficacia gli obiettivi di prevenzione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, l’Assemblea legislativa approva, su proposta della Giunta regionale, il Piano regionale contro la violenza di genere di durata triennale, che definisce le azioni promosse sulle aree d’intervento individuate.

2.     Costituiscono parte integrante del Piano regionale contro la violenza di genere, le linee di indirizzo per l’accoglienza delle donne che hanno subito violenza, al fine di declinare operativamente ed in modo integrato tra tutti i soggetti della rete coinvolti, l’organizzazione della loro presa in carico sia in caso di emergenza sia nella quotidianità.

3.     Il Piano regionale è sottoposto dalla Giunta all’approvazione dell’Assemblea legislativa, sentita la Commissione assembleare per la parità in sede referente.

4.     Le Conferenze territoriali socio-sanitarie (CTSS) concorrono all’attuazione degli indirizzi e alla realizzazione degli obiettivi di cui al Piano, in forza del sistema di pianificazione integrato di interventi di cui alla Legge regionale 12.3.2003, n. 2.

 

 

Art. 18

Funzioni di osservatorio regionale e monitoraggio permanente sulla violenza di genere

 

1.     La Regione svolge funzioni di osservatorio sui temi di genere, sulla violenza di genere e sulle azioni di prevenzione e contrasto.

2.     La Giunta regionale, sentita in sede referente la Commissione assembleare per la parità, disciplina le modalità organizzative, individua le strutture della Regione chiamate a collaborare all’esercizio della funzione di osservatorio regionale e a nominarne il responsabile

3.     Per l’esercizio delle funzioni di osservatorio, la Regione promuove la collaborazioni con tutti i soggetti funzionali alla realizzazione di una Rete Conoscitiva (RCS) a supporto del sistema di welfare regionale e locale sui temi di genere utilizzando, ove possibile il Sistema Statistico Regionale.

4.     Le attività dell’osservatorio sono comprese nel Programma Statistico Regionale.

5.     La struttura cui sono assegnate le funzioni di osservatorio svolge i seguenti compiti:

supporto delle politiche regionali,  e nel rispetto di quanto previsto dall’allegato A.3 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) acquisisce le fonti ufficiali sui temi di genere e sulla violenza di genere, rileva sistematicamente i dati dalla rete conoscitiva di supporto (RCS), costruisce e gestisce le banche dati a fini statistici e di ricerca, definisce metodologie di analisi delle diverse tipologie di dati, e le loro integrazioni, e rende disponibili i risultati in apposita sezione del Portale web della Regione Emilia-Romagna;

promuove, in collaborazione con la Rete dei Centri antiviolenza, l’utilizzo di strumenti per la valutazione dell’efficacia delle politiche di genere promosse dalla Regione;

a)     collabora con l'Osservatorio regionale per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani istituito con legge regionale 28 luglio 2008, n. 14 (Norme in materia di politiche per le giovani generazioni) sui dati di comune interesse, con gli istituti nazionali, europei ed internazionali coinvolti nello studio della violenza contro le donne);

b)     realizza mappe aggiornate per l’utenza sulla rete dei servizi a disposizione e sostiene all’uopo campagne d’informazione.

 

 

Art. 19

Accreditamento e formazione regionale

 

1.     La Regione si avvale anche della collaborazione del coordinamento regionale dei centri antiviolenza e dei soggetti competenti sulle tematiche di genere per promuovere iniziative, percorsi formativi e di aggiornamento per tutti i soggetti che a diverso titolo si occupano di violenza di genere secondo un approccio di intervento integrato e multidisciplinare.

2.     La Regione, nell’ambito della programmazione della formazione professionale, promuove, mediante gli enti accreditati secondo la normativa vigente, formazione specifica per le operatrici dei Centri antiviolenza con particolare riguardo alle competenze dell’operatrice di accoglienza e della Casa rifugio.

3.     La Regione attua politiche di sensibilizzazione e formazione degli operatori socio-sanitari.

 

 

Art. 20

Interventi per uomini maltrattanti

 

1.     La Regione, per favorire il raggiungimento dell’uguaglianza tra i sessi in chiave di prevenzione contro la violenza sulle donne, sostiene e promuove anche in collaborazione con le aziende usl, specifici progetti e servizi sperimentali, dedicati agli uomini maltrattanti, perché attivino nuove modalità relazionali che escludono l’uso della violenza nelle relazioni d’intimità.

2.     L’esito dei programmi attivati per lo scopo di cui al comma 1 sarà presentato annualmente alle Commissioni assembleari competenti.

 

 

Art. 21

Interventi per minori testimoni di violenza di genere

 

1.     La Regione, in collaborazione con il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza di cui alla legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Istituzione del garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza) e con la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati di cui alla L.R. n. 24 del 2003, in forza dei diritti fondamentali che la Convenzione sui diritti del Fanciullo riconosce all'infanzia e all'adolescenza e della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” dell’11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge 27 giugno 2013 n. 77, attua interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali, mediante linee di intervento previste dal Piano regionale contro la violenza di cui all’art. 13.

 

 

Art. 22

Interventi per la prevenzione dei fenomeni della tratta e della riduzione in schiavitù

 

1.     La Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con gli Enti locali, promuove, ai sensi dell’art 12 della legge regionale n. 5 del 2004, la realizzazione di programmi di protezione, assistenza e integrazione sociale rivolti alle vittime in situazione di violenza e grave sfruttamento. La Regione  sostiene anche gli interventi di prevenzione socio-sanitaria per le persone che si prostituiscono e per la tutela della salute pubblica. Realizza azioni di sistema per l’emersione e il monitoraggio del fenomeno, l’informazione sui diritti, il sostegno ai soggetti che attuano gli interventi territoriali.

2.     La Regione interviene con programmi individualizzati di prima assistenza, di protezione e integrazione sociale e mediante azioni di prevenzione socio-sanitaria per la tutela della salute individuale e pubblica, di conoscenza e monitoraggio del fenomeno mediante appositi database, di orientamento, informazione e sensibilizzazione dei propri diritti costituzionali e di cittadinanza.

 

 

Art. 23

Interventi per la prevenzione del fenomeno dei matrimoni forzati

 

1.     La Regione Emilia-Romagna collabora con gli Enti locali e tutti i livelli istituzionali per favorire l’assunzione di tutte le misure utili al contrasto del fenomeno dei matrimoni forzati quale violazione dei diritti umani, nonché all’assistenza e al sostegno delle donne e ragazze a cui di fatto è coartata la volontà.

2.     Nell’ambito delle funzioni di osservatorio della Regione di cui all’art. 18, si attiveranno strumenti di monitoraggio del fenomeno in collaborazione con la rete dei centri antiviolenza, mediatrici culturali, associazioni e comunità di migranti.

 

 

Art. 24

Interventi per la prevenzione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili

  1. La Regione Emilia-Romagna, in riferimento alla legge 9 gennaio 2006 n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile) e nei limiti delle proprie competenze:

 

a)      promuove iniziative di sensibilizzazione e formazione con la partecipazione di organizzazioni di volontariato, associazioni no profit, strutture sanitarie, comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l’integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine;

b)     promuove la collaborazione con l’ufficio scolastico regionale al fine di organizzare corsi di informazione per gli insegnanti delle scuole dell’obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine;

c)      promuove presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi rilevati avvalendosi anche delle funzioni di Osservatorio di cui all’art. 18.

 

 

Art. 25

Misure per la sicurezza urbana

 

1.     La Regione, ai fini di uno sviluppo coerente delle proprie politiche di genere, riconosce che la cittadinanza rispettosa del genere si esprime anche nell’accoglienza e nella sicurezza degli spazi urbani in forza di progettualità preventiva, riqualificazione di qualità, tecnologia integrata, accessibilità e vitalità dei contesti, collegamenti senza barriere, cura del territorio e aggregazione sociale, con particolare riferimento alla promozione di un sistema integrato di sicurezza di cui alla legge regionale 4 dicembre 2003 n. 24 (Disciplina della polizia amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza).

2.     Al fine di promuovere la responsabilità e la consapevolezza di donne e uomini sui temi della sicurezza, la Regione sostiene e promuove l’attività di formazione della polizia locale, i protocolli interistituzionali sulla sicurezza, i progetti sperimentali di formazione e sensibilizzazione rivolti ai giovani delle scuole e di indagine nel mondo scolastico, di informazioni utili per le donne che subiscono violenza nell’ambito delle linee di indirizzo di cui all’art. 17.

 

 

Art. 26

Costituzione di parte civile

 

1.     La Regione Emilia-Romagna valuta, nei casi di violenza di genere di particolare impatto e rilevanza sociale nella vita della comunità regionale, l’opportunità di costituirsi parte civile, devolvendo l’eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione contro violenza sulle donne.

2.     La Regione in tali circostanze si avvale anche della Fondazione per le vittime dei reati istituita con art. 7 della legge regionale 4 dicembre 2003, n. 24 (Disciplina della polizia amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza).

3.     La Regione incentiva l’adeguamento statutario degli Enti locali per le finalità di cui al comma 1.

 

 

TITOLO VI

 

LAVORO E OCCUPAZIONE FEMMINILE

 

Art.27

Misure per la crescita equa e inclusiva

 

1.     La Regione Emilia-Romagna riconosce, promuove e valorizza il lavoro come fondamento della Repubblica, fattore di sviluppo e fonte di realizzazione individuale e sociale della persona.

2.     La Regione in particolare promuove l’autonomia economica delle donne che hanno subito violenza e si impegna a contrastare il fenomeno delle donne con fragilità sociale, economica ed occupazionale, assumendo, nei limiti della propria competenza, l’incentivazione dell’occupazione femminile, la qualità del lavoro delle donne, la parità salariale, l’orientamento formativo e l’inserimento delle ragazze nel mondo del lavoro, come elementi qualificanti il sistema regionale e le politiche del lavoro.

3.     Al fine di cui al comma 2, prevede un piano di iniziative, incentivi e agevolazioni organizzative per favorire l’aumento dell’occupazione femminile di qualità rafforzando la formazione, l’orientamento scolastico, il coordinamento delle risorse dedicate all’accesso al mondo del lavoro, vigilando sull’effettiva parità di trattamento tra donne e uomini anche mediante la collaborazione con le consigliere di parità nel rispetto dei compiti e delle funzioni loro attribuite dall’art. 15 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), nonché di tutti gli organismi paritari a ciò dedicati e previo confronto con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

4.     La Regione favorisce la costituzione sul territorio regionale dei “Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni" (CUG), di cui all’art. 57, commi da 01 a 05 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazione) e all’art. 32 della l.r. 26 novembre 2001, n. 43 (Testo Unico in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nella Regione Emilia-Romagna), e ne promuove la formazione e il coordinamento, al fine di affermare a tutti i livelli le politiche di pari opportunità, buone pratiche, contrasto alle discriminazioni di genere, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché la parità nell’accesso alla carriera, contribuendo all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, all'efficienza delle prestazioni, al benessere organizzativo.

 

 

Art. 28

Organizzazione del lavoro, reclutamento e gestione del personale regionale

 

1.     La Regione, al fine di rimuovere anche sul lavoro gli ostacoli che impediscono la realizzazione della piena parità e delle pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro, nel rispetto della normativa vigente, anche in materia di confronto sindacale:

a)     definisce e attua politiche che coinvolgano tutti i livelli dell’organizzazione nel rispetto del principio di pari dignità e trattamento sul lavoro;

b)     opera per il superamento degli stereotipi di genere attraverso azioni interne di formazione e sensibilizzazione per la massima valorizzazione del capitale umano in base alle competenze, esperienza, potenziale professionale delle persone;

c)     organizza, progetta, struttura il lavoro con modalità che favoriscano, per i lavoratori e le lavoratrici, la conciliazione dei tempi di lavoro e tempi di vita;

d)     attiva progetti di miglioramento organizzativo volti alla valorizzazione delle competenze e favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi e al rientro dalla maternità, mediante l’adozione di misure di accompagnamento che assicurino il mantenimento delle competenze, il loro accesso alla possibilità di formazione oltre che la garanzia al proseguimento della carriera;

e)     attua la normativa in materia di composizione delle commissioni di concorso con l’osservanza del criterio della parità di genere ai sensi dell’art. 57, comma 1, lettera a), del d.lgs n. 165/2001;

f)       monitora gli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale e le relative indennità, al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra donne e uomini e promuove le conseguenti azioni correttive;

g)     adotta iniziative per favorire il riequilibrio di genere nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi.

 

 

Art. 29

Disciplina e condivisione della responsabilità paritaria nei luoghi di lavoro

 

1.     La Regione Emilia-Romagna, ai sensi e nei limiti di stabiliti dalla normativa vigente,  assume il principio paritario come base per la costruzione e disciplina dei rapporti istituzionali e amministrativi, formulazione di bandi, selezione degli interlocutori, retribuzione per lavoro equivalente, politiche di reclutamento e promozione, formazione, equilibrio fra vita privata e lavoro, cultura dell’organizzazione, anche attraverso raccolta e analisi di documenti, statistiche, interviste e sondaggi.

2.     In tal senso promuove la condivisione della responsabilità di realizzazione di un sistema paritario valorizzando i soggetti che nell’ambito della propria organizzazione assicurino la promozione della parità tra donne e uomini in particolare nel rispetto della normativa contributiva, parità salariale, congedi parentali, flessibilità oraria e organizzativa.

3.     In particolare, la Regione in collaborazione con gli Enti locali e i centri per l’impiego promuove offerte lavorative dirette a incrementare il lavoro femminile di tutte le età, anche in relazione alla collocazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente attraverso programmi mirati e convenzioni specifiche.

 

 

Art. 30

GED (Gender Equality and Diversity Label)

 

1.     La Regione, al fine di incentivare e promuovere a tutti i livelli l’affermarsi della cultura paritaria nell’organizzazione istituzionale, sociale e produttiva, valuta le migliori pratiche di genere segnalate da enti locali, associazioni, organizzazioni e parti sociali, attribuendo uno specifico riconoscimento ad aziende esemplari sia pubbliche che private.

2.     Il riconoscimento sarà attribuito annualmente, sulla base dei criteri individuati dalla Giunta regionale, alle realtà che si siano distinte per comportamenti virtuosi e non discriminatori, oltre gli obblighi di legge, e che abbiano considerato le pari opportunità, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici quali elementi fondamentali per la propria strutturazione aziendale e per il conseguente sviluppo organizzativo.

3.     L’assegnazione dell’etichetta “GED” alla migliore “buona pratica” riconosce i benefici relativi all’adozione di un modello organizzativo che favorisce il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, valorizzandone le diversità e le competenze, nonché il valore economico, sociale e culturale di politiche non discriminatorie nei luoghi di lavoro.

 

 

Art. 31

Imprenditoria femminile e professioni

 

1.     La Regione favorisce il consolidamento, lo sviluppo e l’avvio di attività imprenditoriali a conduzione femminile o con maggioranza dei soci donne secondo quanto previsto dall’art.53 del Decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), e promuove la presenza delle donne nelle professioni; in particolare la Regione sostiene esperienze lavorative di condivisione di un ambiente di lavoro, di beni strumentali e servizi anche tecnologici, di integrazione professionale di cooperazione fra le imprese nell’ottica di rafforzare il protagonismo sociale delle donne.

2.     Per queste finalità la Regione, inoltre, promuove e sostiene l’accesso al credito mediante:

a)     la costituzione di fondi regionali di garanzia, controgaranzia e cogaranzia;

b)     la concessione di contributi per l’abbattimento dei tassi di interesse praticati dal sistema finanziario e del credito;

c)     il sostegno all’accesso al sistema dei Consorzi fidi regionale;

d)     la stipula di convenzioni con il sistema finanziario e del credito, nonché ordinistico, anche per percorsi specifici di formazione.

 

 

Art. 32

Dimissioni in bianco e approccio discriminatorio sul lavoro

 

1.     La Regione contrasta il fenomeno delle dimissioni in bianco che colpisce soprattutto le donne e la loro legittima aspirazione di maternità.

La Regione, anche in collaborazione con il servizio ispettivo del Ministero del Lavoro dell’Emilia-Romagna, la Direzione regionale del Lavoro per l’Emilia-Romagna, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio e le Consigliere regionale e provinciali di parità, attiva strumenti di monitoraggio statistico e valutazione dei dati raccolti e delle procedure di convalida svolte per assumere azioni di prevenzione e contrasto ad un approccio discriminatorio sul lavoro, agito in particolare contro le donne.

 

 

TITOLO VII

 

CONCILIAZIONE E CONDIVISIONE DELLE RESPONSABILITÀ SOCIALI E DI CURA

 

Art. 33

Strategia per la conciliazione e l’armonizzazione

 

1.     La Regione riconosce che la promozione di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare, tra tempi di lavoro retribuito, delle relazioni, della cura anche di sé, migliora la qualità della vita delle persone e determina un processo di riequilibrio nei ruoli assunti da donne e uomini nell’organizzazione della società, del lavoro, della sfera privata e familiare.

2.     Al fine di condividere azioni strategiche mirate al superamento di una organizzazione socio-economica discriminatoria che ostacola la piena attuazione dell’art. 37, primo comma, Cost., la Regione promuove iniziative dirette a favorire la conciliazione dei tempi di vita, di lavoro e di cura delle donne, l’armonizzazione dell’organizzazione delle città, delle imprese e dei servizi di interesse pubblico nonchè volte al riequilibrio dei carichi di cura all'interno della coppia, l’innovazione dei modelli sociali, economici e culturali per rendere compatibili sfera lavorativa e sfera familiare in una logica di realizzazione piena della persona.

3.     A supporto delle finalità espresse dal presente titolo, la Regione, in collaborazione con tutte le Istituzioni, le Aziende e gli Enti preposti e le rappresentanze sociali e sindacali ai sensi della normativa vigente:

a)     predispone analisi delle organizzazioni pubbliche e dei sistemi organizzativi integrati per rafforzare i servizi a supporto dei bisogni conciliativi espressi da persone e famiglie, per individuare forme di flessibilità nell’assistenza agli anziani e nell’educazione dei bambini e delle bambine, per promuovere cultura della condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne all’interno delle famiglie e dei luoghi di lavoro; per neutralizzare gli sterotipi di ruolo;

b)     promuove normative e azioni per il miglioramento dell’organizzazione dei servizi di pubblica utilità, del coordinamento dei soggetti istituzionali e sociali impegnati nella vivibilità delle città;

c)     sostiene esperienze innovative di condivisione del lavoro e di uso di nuove tecnologie;

d)     favorisce l’implementazione del sistema di conciliazione e di accesso ai servizi educativi, ai servizi integrativi e ai servizi sperimentali per l’infanzia e l’adolescenza, ai servizi di assistenza e di cura per anziani e malati a domicilio, anche mediante l’erogazione di assegni di servizio alle famiglie residenti nel territorio regionale rispondenti a criteri di difficoltà oggettivi;

e)     riconosce e sostiene l’attività del caregiver familiare di cui alla l.r. 28 marzo 2014, n. 2 (Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura e assistenza) nell’ambito del sistema integrato socio-sanitario regionale come disciplinato dalla normativa di settore;

f)       adotta nell’ambito del PTR (Piano Territoriale Regionale) e di tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, le misure integrate di sostegno alla rimozione di ogni forma di discriminazione socio-economica, culturale e strutturale delle donne secondo il principio di trasversalità degli interventi in ogni ambito della vita sociale.

4) La Regione si adopera per esercitare appieno il ruolo di promozione, coordinamento, stimolo, formazione di cui all’art. 22 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) relativamente all’adozione dei piani territoriali degli orari, la costituzione di banche dei tempi, la riorganizzazione dei servizi per una migliore convivenza solidale ed un maggior benessere della popolazione.

 

 

Titolo VIII

 

RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE NELLA COMUNICAZIONE

 

Art. 34

Discriminazione dell’immagine femminile

1.     La Regione Emilia-Romagna, ai fini delle proprie politiche di genere, considera fondamentale promuovere un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione fin dai primi anni di vita, affinché i messaggi -sotto qualunque forma e mezzo espressi- discriminatori o degradanti basati sul genere e gli stereotipi di genere siano compresi, decodificati e superati.

2.     La Regione, al fine di cui al comma 1, anche in collaborazione con il Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM) favorisce, per quanto di competenza, azioni dirette a contrastare la discriminazione dell’immagine femminile nella pubblicità e nei mezzi di informazione e comunicazione, nonché a favorire la rappresentazione autentica dei generi e realistica della donna, coerente con l’evoluzione dei ruoli nella società ed oltre gli stereotipi di genere, nel pieno rispetto della dignità femminile e della parità.

3.     La Regione e il Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM) promuovono collaborazioni con:

a)     amministrazioni statali competenti,

b)     enti territoriali e loro associazioni,

c)     Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM),

d)     Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM),

e)     Ordine dei giornalisti,

f)       gli operatori nel settore della comunicazione, pubblicità e marketing, mass media, social network, in forma singola o associata.

4. La struttura regionale competente per le pari opportunità di genere, in collaborazione con gli esperti del settore, scuole e università promuove azioni utili al contrasto agli stereotipi di genere, compresa l’assegnazione di un riconoscimento annuale, non in denaro, alla pubblicità che meglio abbia saputo rappresentare la figura femminile.

5. Nei casi di utilizzo offensivo o discriminatorio dell’immagine della donna, il CORECOM si fa parte attiva per segnalare ai soggetti competenti la presenza di comportamenti non conformi ai codici di autodisciplina della comunicazione commerciale da parte di soggetti aderenti a tali codici.

6. Gli strumenti adottati ed i risultati conseguiti saranno presentati alla Commissione assembleare per la parità per il parere di merito in occasione della presentazione del Rapporto sulle politiche di genere di cui all’art. 40.

 

 

Titolo IX

 

Cooperazione internazionale

Art. 35

Relazioni globali per la parità

 

1.     La Regione, ritenendo imprescindibile lo sviluppo dei rapporti tra i popoli diretto alla promozione di una cultura di pace, equità, parità e rispetto reciproco, opera a sostegno di progetti di cooperazione e solidarietà internazionale per promuovere l’empowerment femminile, prevenire e contrastare la violenza sulle donne, agire sulla reciprocità dello scambio dei saperi e delle esperienze anche di amministrazione pubblica, mediante l’attività e l’iniziativa dei soggetti di cui all’art. 4 della l.r. 24 giugno 2002, n. 12 (Interventi regionali per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo e i paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace), oltre alle associazioni femminili, reti di donne impegnate nella cooperazione internazionale e network transnazionali di riconosciuta valenza europea.

2.     La programmazione e il coordinamento degli interventi sulle politiche di genere faranno parte integrante dei lavori dei Tavoli-Paese di cui all’art. 12 della legge regionale n. 12 del 2002, nonché della banca dati e delle funzioni dell’osservatorio regionale sulle politiche di cooperazione.

3.     La Regione nel documento di indirizzo programmatico triennale, nonché nei bandi di contributo predisposti ai sensi della legge regionale n. 12 del 2002 assume i valori, i principi e le finalità della presente legge al fine della individuazione degli obiettivi e della destinazione dei contributi. La proposta programmatica è presentata in sede referente alla Commissione assembleare per la parità, alla quale viene rendicontato l’esito con cadenza annuale.

 

 

Titolo X

 

STRUMENTI DEL SISTEMA PARITARIO

 

Art. 36

Bilancio di Genere

 

1. Il bilancio di genere, quale rendicontazione sociale dell’integrazione di una prospettiva di genere nella programmazione economica delle politiche pubbliche ai sensi della lettera q) del comma 1 dell’articolo 3, è redatto annualmente dalla Giunta regionale, attraverso gli strumenti di cui all’art. 40 e comporta l’adozione di una valutazione dell’impatto sul genere delle politiche di bilancio.

2. Il bilancio di genere:

a) costituisce strumento di monitoraggio e valutazione delle politiche regionali in tema di pari opportunità, nell’ambito della complessiva valutazione delle politiche pubbliche regionali;

b) analizza il diverso impatto sulla condizione di donne e uomini delle politiche nei diversi settori dell’intervento pubblico.

3. La Regione promuove la diffusione del bilancio di genere tra gli enti locali anche al fine di favorire azioni positive per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e la condivisione delle responsabilità di cura.

4. La Giunta regionale cura l’attuazione di specifiche attività di formazione ed aggiornamento del personale nelle materie di cui al presente articolo.

 

 

Art. 37

Statistiche di genere

1.     Le statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di attività finanziate dalla Regione adeguano la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici di interesse regionale in termini di genere.

 

 

Art. 38

Tavolo regionale permanente per le politiche di genere

 

1.     Al fine di fornire un quadro unitario della dimensione di genere all’interno delle politiche regionali, è istituito il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere, quale organo consultivo della Regione. La composizione e le modalità di funzionamento sono definite con atto della Giunta regionale. Il Tavolo è presieduto dall’Assessore [o dall’Assessora] regionale con delega in materia di pari opportunità e coinvolge gli Assessori [e le Assessore] competenti in materia di pari opportunità degli Enti locali, nonché le rappresentanze regionali dei soggetti attivi nella rete di sostegno alla parità, così come individuati nell’atto della Giunta. Al Tavolo è assicurata la partecipazione del referente dell’Area d’integrazione di cui all’articolo 39.

2.     Al Tavolo regionale permanente per le politiche di genere è invitato il Presidente [o la Presidente] della Commissione assembleare per la parità.

3.     Il Tavolo, che può organizzarsi in sottogruppi tematici, svolge attività di condivisione, di riflessione, di confronto, anche al fine di coordinare le azioni positive territoriali.

4.     Il funzionamento del Tavolo è senza oneri per la Regione.

 

 

Art. 39

Area d’integrazione del punto di vista di genere

e valutazione del suo impatto sulle politiche regionali

 

1.La Giunta regionale istituisce l’Area di Integrazione del punto di vista di genere e valutazione del suo impatto sulle politiche regionali” cui spetta fornire un quadro unitario della dimensione di genere all’interno delle politiche dell’Amministrazione. Essa è presieduta dall’Assessore [o dall’Assessora] regionale con delega in materia di pari opportunità ed è composta da rappresentanti delle Direzioni Generali.

2.L’Area di Integrazione, che può organizzarsi in sottogruppi tematici, svolge attività di condivisione dei dati raccolti sui temi di genere, di monitoraggio e di coordinamento al fine della stesura del Piano di cui all’art. 40.

 

 

Art.40

Piano interno integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere

 

1.L’Area di Integrazione di cui all’art. 39, predispone un Piano Integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere, di durata triennale, approvato dalla Giunta Regionale e trasmesso alla Commissione assembleare per la parità.

2.Di norma l’Area di Integrazione predispone un Report di monitoraggio ed un Report finale del Piano Integrato e li trasmette alla Commissione per la parità.

3.Il Piano Integrato contiene informazioni e dati qualitativi e quantitativi sulle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere avendo a riferimento anche le indicazioni dell’Unione europea.

4.La Commissione esamina il Piano, elabora proposte di adeguamento normativo o proposte di appositi atti d’indirizzo, può promuovere forme di valutazione partecipata, coinvolgendo cittadini e soggetti attuatori degli interventi previsti, mediante la realizzazione di consultazioni, audizioni e incontri sulle tematiche ritenute di maggiore interesse.

5.La Commissione può richiedere all’Area di Integrazione approfondimenti e analisi valutative, sia in seguito all’esame del Piano Integrato, sia su tematiche ritenute d’interesse in un’ottica di genere. Nel corso della discussione, la Commissione può altresì richiedere la presenza degli Assessori competenti.

6.La Commissione assembleare per la parità, collabora con la Giunta regionale per assicurare la più ampia diffusione del Piano Integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere, nonché delle risultanze degli approfondimenti eventualmente richiesti all’Area di Integrazione.

 

 

Art. 41

Centro regionale contro le discriminazioni

 

1. La Regione Emilia-Romagna, ai sensi dell’art. 9, comma 2 della Legge regionale 24 marzo 2004, n. 5, e dell’art. 48 della  legge regionale 22 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012), attraverso il Centro e la rete regionale contro le discriminazioni svolge azioni di prevenzione, rimozione e monitoraggio delle discriminazioni come definite dall’art. 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

2.Il Centro realizza la propria azione raccordandosi con gli istituti di garanzia e in particolare con il Difensore Civico e con le Consigliere di parità regionali, con particolare attenzione alla definizione di prassi operative per la gestione dei casi, all’organizzazione di momenti specifici di scambio e di formazione congiunta.

 

 

Art. 42

Conferenza delle elette

 

1.La Regione convoca la Conferenza regionale delle elette, al fine di promuovere la piena affermazione dei diritti delle donne, mediante il coordinamento e la partecipazione attiva delle stesse alla vita politica ed istituzionale regionale nell’ottica di genere, confronto e scambio di azioni positive nell’esperienza locale, come premessa per l’assunzione consapevole dell’obiettivo dell’equità e dell’uguaglianza di genere.

2.La Regione favorisce l’articolazione territoriale della Conferenza regionale delle elette che potrà dotarsi di forum e/o conferenze territoriali al fine di rendere capillare l’attuazione delle poltiiche di genere ad ogni livello istituzionale, attraverso un confronto ed un coordinamento permanente con il pieno coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine emiliano-romagnole in forma singola o associata.

3.La Conferenza regionale delle elette è convocata dalla Commissione assembleare per la parità e si riunisce in seduta comune almeno una volta all’anno.

4.L’attività della Conferenza regionale delle elette è supportata dalla struttura tecnica della Commissione assembleare per la parità, che provvederà ad individuare le migliori soluzioni per la condivisione digitale dei contenuti sul Portale della Regione, nonché per l’aggiornamento e il confronto permanente tra le elette.

5.Alla Conferenza delle elette è invitato l’Assessore o l’Assessora con deleghe in materia di pari opportunità.

6.Il funzionamento della Conferenza regionale delle elette è senza oneri per la Regione.

 

 

Titolo XII

 

SISTEMA DI VERIFICA E DI VALUTAZIONE

 

Art. 43

Clausola valutativa

 

1.     L’Assemblea legislativa esercita il controllo sull’attuazione della presente legge e valuta i risultati ottenuti. A tal fine, con cadenza triennale, avvalendosi anche delle analisi svolte dall’osservatorio di cui all’art. 18, del lavoro sviluppato dal Tavolo delle politiche di genere, nonché dal Coordinamento delle elette, l’Area d’integrazione previa delibera di  Giunta presenta alla Commissione assembleare competente una relazione che fornisca informazioni su:

a)     la realizzazione degli interventi di cui al Piano regionale contro la violenza di genere, i risultati conseguiti, le risorse erogate, le caratteristiche delle azioni promosse ed i relativi esiti;

b)     gli effetti degli interventi promossi per l’oggettivo avanzamento della parità di genere e la comparazione con altre realtà confrontabili sul piano nazionale;

c)     le eventuali criticità riscontrate nell’attuazione del Piano e nel perseguimento degli obiettivi della presente legge con relative proposte di lavoro.

2.     Le competenti strutture di Assemblea e Giunta si raccordano per la migliore valutazione integrata della presente legge.

3.     La Regione può promuovere forme di valutazione partecipata coinvolgendo cittadini e soggetti attuatori degli interventi previsti in tutti gli ambiti.

 

 

Art. 44

Norma transitoria

 

In sede di prima applicazione e fino a diversa disposizione della Giunta regionale ai sensi dell’art. 39, l’Area di integrazione ivi prevista è disciplinata dalla deliberazione della Giunta regionale n. 1057 del 2006.

 

 

Art. 45

Norma Finanziaria

 

Agli oneri derivanti dalla presente legge si fa fronte con i fondi annualmente stanziati nelle unità previsionali di base e relativi capitoli del bilancio regionale, che verranno dotati dalla necessaria disponibilità ai sensi di quanto disposto dell’art. 37 della L.R. 15 novembre 2001 n. 40 (Ordinamento contabile della Regione Emilia-Romagna, abrogazione della L.R. 6 luglio 1977 n. 31 e 27 marzo 1972 n. 4).

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