Relazione:
PREMESSA
Una nuova legge urbanistica costituisce, specialmente in una Regione con una grande tradizione in materia di pianificazione territoriale, un momento particolarmente importante di riflessione per intervenire anche sui fattori culturali che si vogliono disporre nello sviluppo futuro di una comunità e nell’assetto del proprio territorio. È stato così con la legge regionale 47 del 1978, che ha proiettato l’Emilia-Romagna all’avanguardia nel panorama nazionale aprendo una stagione fortunata in cui la pianificazione urbanistica e territoriale ha costituito una leva fondamentale per la crescita sociale ed economica e ha segnato una pietra miliare per la politica urbanistica nazionale. Oggi siamo di nuovo di fronte ad una sfida particolarmente rilevante, stretti fra bisogni noti e nuove domande, con una consapevolezza maggiore dei fenomeni globali pur nella volontà di riaffermare una dimensione locale capace di rispondere in maniera adeguata, alle sfide complesse di un futuro già in atto, secondo un “pragmatismo ideale” che connota ancora l’operatività di governo della regione. Le città e i territori dovranno continuare a corrispondere sempre più e meglio alle aspettative degli abitanti in termini di qualità oltreché di quantità, risolvendo al contempo sia criticità e rischi noti (efficienza energetica, rischio sismico, assetto idrogeologico, consumo di suolo, qualità del paesaggio...) che nuovi problemi aggravati dalla crisi economica, quali le politiche abitative, la competitività e attrattività del sistema sociale, economico e produttivo. Non appare più rinviabile la presa di coscienza che parte della competitività dei territori e delle città si giochi anche sulla capacità di affrontare i cambiamenti climatici (la resilienza) e di accogliere sempre più la domanda di innovazione (aprendo ad una stagione di sperimentazioni). È oramai chiaro a tutti che il vero campo di gioco della sfida è soprattutto la città già esistente, dove si deve misurare la capacità di rigenerare il già costruito.
IL CAMBIO DI CONTESTO
La crisi economico-finanziaria ha prodotto una profonda modificazione nei sistemi economici che hanno determinato la crescita insediativa degli ultimi decenni, prospettando, forse, un vero e proprio cambio di paradigma del modello di sviluppo. Fino alla crisi si è assistito ad una crescente espansione urbana che da un lato ha consentito di raggiungere livelli di ricchezza e benessere considerevoli ma dall’altro ha oggi mostrato tutti i limiti ambientali, territoriali ed urbanistici che hanno nel tasso di suolo consumato l’indicatore più evidente della insostenibilità di tale modello di sviluppo.
Attualmente la Regione Emilia-Romagna ha raggiunto un tasso di suolo “consumato”1 record, pari circa al 10% del proprio territorio2 [Fig.1]. Ancor più forse del dato quantitativo in sé, merita di essere osservata la progressione della sua crescita. Se negli anni ’50 la percentuale di suolo consumato era inferiore al 3%3[Fig. 2], nel 1976 il valore era cresciuto di 2 punti percentuali4, attestandosi al 4,8%. Nei rilievi successivi, svolti dalla Regione Emilia-Romagna, si ha una crescente progressione del dato che nel 2003 arriva allo 8,6% e cinque anni dopo al 9,3%.
Tale trend viene poi confermato dalle previsioni degli strumenti di piano (PSC e PRG) vigenti, che consentirebbero di trasformare in usi urbani altri 257,55 Km2. Significa cioè che nel pieno della crisi vigono previsioni urbanistiche che, se attuate, porterebbero ad avere una percentuale di consumo di suolo vicina al 11,5% dell’intero territorio regionale. Una quantità di previsioni che appare oggi del tutto inattuale per il mercato edilizio, caratterizzato per una gran parte di invenduto, oltreché rappresentare uno scenario decisamente peggiorativo dell’ambiente e del territorio e non più in linea con gli orientamenti dello sviluppo. Non è solo il traguardo fissato dall’Unione Europea di arrivare al consumo netto di suolo zero nel 2050, che impone oggi di disporre di politiche più attente nel considerare il suolo una risorsa limitata, è anche la necessità di provvedere a tutelare il territorio rurale (anche al fine di sostenere le attività agricole) e di iniziare ad occuparsi con decisione del grande patrimonio edilizio esistente da riqualificare. Viene oramai richiesta da più parti un’inversione di politica urbanistica incentrata sul riuso e sulla rigenerazione, riorientando il settore delle costruzioni, le cui imprese sono entrate in crisi proprio negli anni della più grande espansione delle previsioni urbane mai registrata in regione [Fig. 3a, 3b e 4]. È quindi evidente che oggi, in uno scenario di crisi economica e di stagnazione demografica, quella enorme quantità di previsioni sia non solo del tutto inattuale ma anche potenzialmente ostativa di politiche più virtuose.
Oltre al dato quantitativo, lo sviluppo urbano si è connotato, in questi anni, per una “fuga dalla città”, ovvero una dispersione insediativa che ha fatto si che oggi un 1/4 dell’urbanizzato non sia relazionato ad un centro abitato [Fig. 5]. Ciò ha generato un modello di sviluppo e organizzazione territoriale che produce alti costi ambientali e sociali.
Tutto ciò è poi avvenuto chiaramente a discapito del territorio agricolo che si è ridotto per più del 10% della superficie regionale fra il 1976 e il 20086, mentre, a causa alle spinte “diffusive”, la campagna oggi ospita per lo più (circa i 4/5) edifici non più connessi alla attività agricola [Fig. 6].
Oggi quindi il campo d’azione è piuttosto rappresentato dalla rigenerazione urbana che deve essere intesa come un processo che metta in gioco aspetti socio–economici e politiche abitative, la cui attivazione e
1 Il termine Consumo di suolo è declinato in diverse forme. ISPRA intende come consumo di suolo “Il fenomeno che porta ad un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. Il consumo di suolo è quindi definito come la variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato)”. Il Rapporto sul Consumo di suolo e Pianificazione della Regione Emilia-Romagna, Ottobre 2015, ricomprende nel calcolo del consumo di suolo anche gli spazi permeabili all’interno dei centri urbani.
2 La Regione Emilia-Romagna nel Rapporto sul Consumo di Suolo e Pianificazione, del 2015, ha calcolato che il tasso del 10% era già stato raggiunto nel 2008; ISPRA (ISPRA, Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, Edizione 2016) ha calcolato il tasso del consumo di suolo della Regione Emilia-Romagna nel 2015 superiore al 9%. Queste differenze sono dovute alle diverse modalità di calcolo utilizzate. I dati comunque raccolti segnalano che la Regione Emilia-Romagna è fra le regioni ad avere consumato più suolo.
3 Dati ISPRA , Consumo di suolo, op. cit.
4 Dati rilevati dalla Regione Emilia-Romagna, in Rapporto sul Consumo di Suolo e Pianificazione, op. cit.
5 La grande quantità potenziale di offerta di nuove abitazioni si contrappone alla perdita di valore delle quotazioni immobiliari che ha iniziato a calare consistentemente dal 2012 e che dal 2008 al 2015 ha perso circa il 17%; una politica di contenimento dell’offerta, all’opposto, costituisce un elemento fondamentale per sostenere la ripresa dei valori del patrimonio edilizio esistente [FIG. 4].
6 La riduzione del suolo agricolo è avvenuta sia a causa delle nuove urbanizzazioni che dell’avanzamento del territorio naturale che nello stesso arco temporale è cresciuto del 5% circa. Cfr. Regione Emilia-Romagna, Rapporto sul Consumo di Suolo e Pianificazione, op. cit.
gestione richiede strategie di medio-lungo periodo. La città esistente è caratterizzata da un patrimonio edilizio spesso vetusto e inadeguato, che deve essere qualificato per meglio rispondere agli attuali standard prestazionali, e da sistemi urbani non sempre adeguati ed efficienti per corrispondere a vecchi e nuovi bisogni. Due livelli quindi, quello edilizio e quello insediativo, su cui bisogna operare se si vuole accrescere l’abitabilità, la vivibilità, l’attrattività, il valore delle città.
Il nuovo modello di sviluppo deve quindi necessariamente sostenere e regolare processi di riuso e rigenerazione urbana piuttosto che interventi di crescita espansiva. Il tema della rigenerazione urbana presenta però alcuni aspetti e ostacoli noti che ne hanno frenato fin ora lo sviluppo. Fra questi sicuramente vi è (stata) una condizione di mercato edilizio in cui le aree di espansione esercitano una “competizione” impari avendo condizioni di fattibilità estremamente più vantaggiose in termini economici, procedurali e di regime proprietario.
Se l’avvio di una politica prevalentemente incentrata sulla qualificazione edilizia e sulla rigenerazione urbana deve sicuramente rimuovere queste disparità, bisogna anche che si comprenda che cambia completamente il contesto entro cui si trova ad operare la disciplina urbanistica. La rigenerazione urbana infatti comprende una molteplicità di soggetti - spesso un numero altissimo di proprietari -, richiede una conoscenza dettagliata dello stato di fatto e dei diversi vincoli, presenta una estrema incertezza del mercato e costi di intervento non sempre esattamente preventivabili; tutti fattori che disegnano un quadro in cui le condizioni di fattibilità non sono sempre ricavabili a priori ma che richiedono piuttosto di essere indagate attraverso specifici progetti.
Ciò comporta la necessità, non tanto (e non solo) di disporre di specifiche procedure attuative, ma piuttosto mette in discussione la sequenza usuale del piano che predetermina i valori a cui poi si deve conformare il progetto. Se tale meccanismo può risultare appropriato per i piani orientati all’espansione, diventa spesso inadeguato a gestire i processi di trasformazione dell’esistente.
Di fronte a questo scenario è importante prendere atto che l’attuale legge regionale urbanistica (la L.R. 20 del 2000) non è più idonea a rispondere alle nuove sfide. Una prima valutazione non può prescindere dal verificare lo stato della pianificazione da cui si evince che solo il 58% dei comuni ha adeguato7 in questi 15 anni la strumentazione di piano, mentre la restante parte dei comuni è in regime di salvaguardia o ha ancora il vecchio strumento urbanistico [Fig. 6]. Il rilevamento eseguito nel 2014 evidenzia quindi come le innovazioni contenute nella legge abbiano trovato alcuni ostacoli e resistenze, vanificandone l’applicazione. In assenza di valutazioni precise ed approfondite, si possono avanzare solo alcune ipotesi di larga massima sulle motivazioni che hanno rallentato il percorso di adeguamento. Sicuramente il complesso sistema della tripartizione del piano ha richiesto un adeguamento culturale ed uno sforzo operativo da parte delle pubbliche amministrazioni particolarmente gravoso8 che necessitava di tempo e risorse. È però abbastanza evidente che il sistema di pianificazione introdotto dalla L.R. 20 fosse ancora improntato prevalentemente a gestire l’espansione della città, ovvero traguardasse un orizzonte oramai svanito. Infatti, anche se non si dispone di dati definitivi e analitici, appare chiaro che il contenimento del consumo di suolo non sia stato uno degli obiettivi praticati dai PSC [Fig. 8], e che anzi riduzioni di previsioni urbanistiche sono state fatte solo dopo la crisi e sono il frutto, non tanto dell’applicazione delle disposizioni della legge quanto di specifiche scelte politiche portate avanti da alcune attente amministrazioni.
Un nuovo ruolo per la pianificazione
Le modificazioni avvenute a seguito della crisi sono di tale portata che pongono in discussione il ruolo stesso che la pianificazione ha svolto dal secondo dopoguerra in poi. Infatti se, semplificando, si può affermare che uno dei compiti principali del piano urbanistico era quello di regolare la crescita urbana, non solo nella organizzazione spaziale, ma anche in termini quantitativi, limitando le attese di trasformazione di suoli edificabili, oggi di fronte al precipitare delle richieste di edificazione [FIG. 3a e 3b], questo ruolo è diventato
7 I dati, aggiornati all’ottobre 2016, riportano che i Comuni che hanno PSC e RUE approvato sono 201, pari a circa il 58% del totale regionale; i Comuni che hanno in corso di approvazione il PSC e/o il RUE sono circa il 16%, mentre ¼ dei Comuni ha ancora il P.R.G.. Manca poi il dato sui comuni che hanno anche il POC.
8 Basti richiamare la complessità dei quadri conoscitivi, per la cui costruzione usualmente si impiegano notevoli risorse a causa soprattutto di una carenza nella organizzazione e gestione dei dati anche da parte dei soggetti depositari della relativa conoscenza.
di fatto marginale. Al contrario la richiesta che oggi emerge è quella di un piano che riqualifichi quanto già c’è, che migliori le condizioni di vita e funzionamento della città costruita, che dia nuove prospettive al riuso di aree ed edifici che hanno perso le loro funzioni, che contrasti processi di degrado, marginalizzazione e perdita di valori, anche economici. È un cambio radicale quello che viene chiesto all’urbanistica e che deve vedere modificare non solo l’approccio del settore privato ma anche il ruolo della pubblica amministrazione che, se si vuole vedere affermare la rigenerazione urbana, oltre ad assumere il compito di “regolatore” deve divenire anche “promotore” dei processi di trasformazione.
Si tratta non solo di superare lo zoning e la conformazione dei diritti edificatori, aspetti che erano già stati affrontati con la legge 20 del 2000, ma di comprendere come il Piano urbanistico possa continuare ad esercitare il proprio ruolo guida nei confronti di processi di crescita e trasformazione urbana che saranno sempre meno prefigurabili in maniera dettagliata a priori. Il piano quindi deve trovare una corretta forma con cui gli obiettivi e i valori, che prefigurano le aspettative collettive, siano in grado di confrontarsi e regolare i processi di trasformazione secondo un disegno non solo accettabile ma funzionale al perseguimento dell’interesse collettivo. Se si vuole quindi mantenere e recuperare un fondamentale e necessario ruolo del Piano, questo deve farsi portatore in maniera chiara di nuove “invarianti” che esprimano gli obiettivi, il “disegno” della città pubblica”, gli assetti futuri desiderati, i criteri e le condizioni per orientare le trasformazioni entro certi gradi di flessibilità.
Il piano, allo stesso tempo, se vuole diventare riferimento necessario ad attivare interventi ed attrarre risorse, deve incarnare una strategia di sviluppo sociale ed economico facendosi interprete delle politiche urbane e territoriali. Il Piano e l’amministrazione pubblica devono quindi guidare questo rinnovamento, individuando il quadro dei bisogni e delle criticità ma anche le opportunità e le possibili risposte non solo in termini quantitativi (superando ad esempio la logica meramente quantitativa dello standard9) ma anche qualitativi e prestazionali.
In questo senso va certamente modificato il piano urbanistico e vanno previsti anche incentivazioni e premialità, non solo volumetriche10, ma soprattutto deve essere modificato l’approccio della macchina pubblica che deve divenire pro-attiva ed efficace nel guidare e facilitare la rigenerazione urbana e mettere in campo anche risorse a sostegno quantomeno degli interventi strategici di qualificazione della “città pubblica”.
È evidente quindi che vadano anche costruite le capacità con cui il soggetto pubblico possa instaurare un corretto dialogo con il settore privato, non solo perché siamo in una prospettiva di risorse scarse ma anche perché gli stessi processi di rigenerazione della città esistente e di competitività territoriale possono avvenire in maniera rilevante solo se si ritrovano i rispettivi ruoli all’interno di uno scenario condiviso che può avvenire solo grazie ad un profondo cambiamento culturale.
È quindi fondamentale che i diversi attori, pubblici e privati, condividano una strategia di sviluppo che non può che vedere una profonda innovazione, che miri a ricostruire politiche urbane ed abitative che rendano le città e i territori maggiormente attrattivi e più adeguati ai cambiamenti. È una sfida però in cui l’urbanistica deve tornare ad essere strumento di integrazione e attuazione di un progetto di comunità e territorio piuttosto che disciplina a sé stante rispondente a logiche autonome e autoreferenziali.
LA NUOVA LEGGE URBANISTICA REGIONALE
La nuova legge urbanistica della Emilia-Romagna assume quali cardini la competitività del sistema economico territoriale e la sostenibilità ambientale. Si tratta di due termini che devono trovare una sintesi virtuosa nel futuro assetto delle diverse realtà regionali per poter continuare ad assicurare uno sviluppo qualitativo al territorio. Attorno a questi due principi vengono posti alcuni obiettivi fondamentali che vogliono definire le linee di azione della nuova legge urbanistica: il contenimento del consumo di suolo, la promozione della
9 È bene però ricordare che è possibile in Emilia-Romagna superare la logica quantitativa degli standard urbanistici anche perché fin dalla legge regionale n. 47 del 1978 i Piani Regolatori Generali sono stati chiamati a corrispondere una quota di standard ben superiore a quella nazionale (25 o 30 mq/ab), consegnando oggi un patrimonio pubblico di standard assolutamente rilevante per quantità.
10 Nella situazione attuale, di eccesso di offerta e scarsa domanda, non sempre gli incrementi volumetrici costituiscono un reale incentivo per il mercato edilizio.
rigenerazione urbana e la sicurezza sismica ed ambientale, la semplificazione pianificatoria e procedurale, la qualità del progetto, la legalità e trasparenza dei processi urbanistico-edilizi.
1.Contenimento del consumo di suolo.
In previsione dell’obiettivo europeo al 2050, la legge fissa il limite del consumo di suolo al 3% del territorio già urbanizzato. Si tratta di un obiettivo particolarmente ambizioso, visto che le attuali previsioni contenute nei piani sono pari a più dell’11% del territorio urbanizzato e che, proiettato fino al 2050, si traduce in poco più di mezzo ettaro al giorno (i trend dei primi anni 2000 hanno visto il consumo di circa 9 ha/giorno 11). L’intento è quello di stabilire una quota particolarmente limitata alle espansioni in modo da evitare le concorrenzialità per sostenere i processi di rigenerazione urbana auspicati, ma tale da consentire di soddisfare alcuni bisogni, riservando questa quota prioritariamente alle attività capaci di fare crescere l’economia regionale. Infatti ancor prima di voler fissare un obiettivo quantitativo, la legge vuole affermare che il suolo è una risorsa scarsa da utilizzare solo per funzioni strettamente necessarie. Nella quota del 3% potranno di conseguenza trovare attuazione solo quegli usi realmente capaci di sostenere lo sviluppo e la competitività del sistema socio-economico dei territori, escludendo invece nuovi insediamenti residenziali, a meno che non direttamente funzionali alla rigenerazione urbana o alla realizzazione di edilizia residenziale sociale.
Le opere pubbliche, gli insediamenti strategici di rilievo regionale e gli ampliamenti delle attività produttive esistenti non concorrono al limite del 3% in quanto interventi diretti a sostenere la attrattività regionale e la sostenibilità e vivibilità dei territori. In ogni caso tutti gli interventi che consumano suolo dovranno dimostrare la impossibilità di alternative sostenibili all’interno del territorio urbanizzato.
2. Rigenerazione urbana, qualificazione edilizia, riuso e sicurezza sismica e ambientale.
La rigenerazione urbana, la qualificazione del patrimonio edilizio e il riuso vengono promossi riconoscendo a questi interventi la potenzialità di migliorare l’ambiente, la sicurezza e la qualità dei sistemi urbani. Il contenimento del consumo di suolo costituisce il primo presupposto per dare l’avvio ai processi di rigenerazione urbana, ma, tenendo conto del maggior costo e delle maggiori difficoltà attuative, viene disposta una disciplina incentivante che fa leva su diversi aspetti:
-La riduzione della contribuzione, in quanto non si applica il contributo straordinario negli interventi interni al territorio urbanizzato;
-Le potenzialità edificatorie, che non vengono predeterminate a priori ma lasciano al progetto di rigenerazione la definizione della adeguata capacità edificatoria, nel rispetto dei criteri e degli indirizzi strategici, dei vincoli e delle valutazioni ambientali.
-La semplificazione delle procedure e la flessibilità del Piano, contenendo il conseguimento delle potenzialità edificatorie ad una unico “momento”, l’accordo operativo, in cui si ha la definizione contestuale precisa dei parametri urbanistici e del progetto di trasformazione.
-L’introduzione di standard urbanistici differenziali, da applicare in specifiche situazioni in funzione delle effettive necessità e delle risposte prestazionali fornite dai progetti di trasformazione.
-Contributi regionali per la promozione di interventi di rigenerazione urbana, secondo criteri di strategicità.
-Il sostegno al riuso con l’introduzione della disciplina dell’uso temporaneo degli immobili.
-La qualificazione del patrimonio edilizio esistente confermando le deroghe al DI 1444 del 1968, già introdotte nella legislazione regionale.
La qualificazione edilizia deve diventare anche l’occasione per adeguare l’ingente patrimonio edilizio esistente ai nuovi standard prestazionali di sicurezza, in particolare sismica, e di efficienza energetica. Questi obiettivi vengono quindi sostenuti attraverso diverse incentivazioni, ma, in particolare, al fine di ridurre il rischio sismico, la legge dà applicazione alla norma nazionale sui programmi di riabilitazione urbana per gli interventi per la sicurezza sismica, dando possibilità di intervenire con la sola maggioranza dei proprietari. Attraverso gli interventi di più ampia rigenerazione urbana, la legge vuole promuovere anche l’adeguamento dei sistemi urbani consolidati ad un maggior comfort ambientale e prevenire i rischi in particolare connessi ai cambiamenti climatici. Viene perciò introdotto l’obiettivo della resilienza dei sistemi insediativi, quale componente fondamentale della strategia per la qualità urbana ed ambientale. Inoltre per accrescere la qualità ambientale e per rimuovere uno degli ostacoli principali alla rigenerazione urbana, le legge prevede che nei casi di interventi di bonifica si possano disporre riduzioni del contributo di costruzione ed accedere ad incentivi regionali. Alla scala vasta, l’introduzione di un limite al consumo di suolo ha anche lo scopo di limitare i rischi e gli impatti della crescita insediativa sul sistema ambientale e, in particolare, sull’assetto idrogeologico. Inoltre si introduce l’obiettivo, nei rispettivi piani, di perseguire la resilienza del sistema sovralocale e, in particolare nel piano di area vasta, di considerare la dimensione ecosistemica delle risorse ambientali (a partire dal suolo) e i relativi servizi e costi ecosistemici, anche quale forma di riequilibrio perequativo territoriale.
11 Dati desunti da Rapporto sul Consumo di suolo e Pianificazione della Regione Emilia-Romagna, Op. cit.,
3. Semplificazione
Le semplificazioni introdotte dalla legge vogliono perseguire l’efficacia e flessibilità della pianificazione, la riduzione dei procedimenti, la diminuzione dei tempi della formazione dei piani e delle procedure di approvazione.
Il nuovo assetto della pianificazione muove dalla necessità di superare il sistema della pianificazione a cascata attribuendo ad ogni livello di piano specifiche ed esclusive competenze sulle tematiche e gli oggetti da disciplinare. In particolare il livello comunale avrà una piena autonomia nella determinazione degli assetti e delle trasformazioni all’interno del territorio urbanizzato, mentre dovrà raccordarsi con le indicazioni della pianificazione dell’area vasta per le nuove urbanizzazioni e con il livello regionale – in particolare per gli aspetti paesaggistici – per la determinazione delle trasformazioni del territorio rurale.
La nuova strutturazione del Piano comunale prevede poi una semplificazione dei propri strumenti, ritornando ad avere un unico livello che da un lato definisce la strategia e le condizioni dello sviluppo che si vuole perseguire e dall’altro regola gli interventi minimi che si possono attuare per via diretta sul patrimonio edilizio esistente; le trasformazioni più rilevanti, sia all’interno del territorio urbanizzato che al di fuori di esso, vengono invece disciplinate, in coerenza con le strategie che il Piano persegue, con lo strumento attuativo del progetto urbano regolato da apposito accordo operativo. La legge introduce, quindi, una forma di piano caratterizzata da una grande flessibilità capace di adattarsi alle situazioni più articolate come alle realtà più semplici evitando in questi casi procedure inutilmente complesse.
Inoltre il processo di formazione del Piano viene alleggerito nella costruzione dei quadri conoscitivi (la cui redazione ha spesso portato a dilatare i tempi di redazione degli strumenti urbanistici) demandando la loro produzione ai soggetti detentori delle conoscenze e lasciando alla scala comunale il completamento delle analisi più propriamente urbanistiche ed edilizie.
Anche il piano di area vasta vede modificato il proprio ruolo, in virtù sia della limitazione per legge alle espansioni, sia della redistribuzione delle competenze, sia del nuovo assetto istituzionale. Di fatto il livello di area vasta è chiamato ad un coordinamento di assetto strategico, in cui anche definire la perequazione territoriale sulla base di un possibile differente riparto delle quote massime di espansione.
Il Piano Territoriale Metropolitano assume poi un particolare rilievo, da un lato coordinando e gestendo, in coerenza con gli indirizzi del Piano Strategico Metropolitano (PSM), le scelte strategiche e strutturali di assetto, dall’altro integrandosi e coordinandosi con il futuro Piano Territoriale Regionale (PTR).
La Regione semplifica il quadro dei propri strumenti dotandosi di un unico piano generale, il Piano Territoriale Regionale (PTR), caratterizzato dalla integrazione di una componente strategica e una strutturale, ricomprendendo e coordinando la disciplina per la tutela e la valorizzazione del paesaggio (PTPR) e il Piano Regionale Integrato dei Trasporti.
La struttura del procedimento di approvazione dei piani viene innovata profondamente, al fine di contemperare al meglio le esigenze di semplificazione, di concertazione con le altre amministrazioni coinvolte e di partecipazione dei cittadini e degli altri soggetti privati interessati. I tempi richiesti dai procedimenti di approvazione dei piani vengono sensibilmente ridotti grazie all’introduzione di un procedimento unico, valido per tutti i piani territoriali e, in particolare per il Piano comunale e per le relative varianti, superando le varie fasi procedurali attuali di competenza alternata fra Comune e Provincia. Vengono inoltre ridotti i tempi e i passaggi procedurali per l’approvazione dei progetti di opere pubbliche e di interesse pubblico, di rilievo non statale e non soggetti a VIA, e per i progetti di ampliamento di insediamenti produttivi esistenti, attraverso un apposito procedimento unico, basato sulla nuova disciplina della conferenza di servizi.
4. Qualità del piano e del progetto.
La legge punta decisamente ad innalzare la qualità, sia della pianificazione sia dei progetti di intervento e trasformazione; una qualità che deve essere intesa sia di prodotto che di processo.
Il piano, in particolare quello comunale, riacquista la propria centralità divenendo lo strumento fondamentale che definisce le strategie per la qualificazione urbana ed ambientale della città e del territorio. Nel fare ciò il piano comunale si dota: di obiettivi ambientali, di qualità urbana e sociali che esplicitano le politiche urbane e territoriali; di uno schema di assetto di riferimento per le trasformazioni; di un disegno della “città pubblica” da perseguire; di criteri e condizioni di riferimento per le negoziazioni.
Il piano quindi vuole tornare ad essere un luogo di sintesi e confronto delle politiche urbane e non solo momento di verifica della correttezza procedurale.
Il Piano comunale, grazie alla definizione della propria strategia e alla valutazione ambientale e territoriale gestisce di fatto due livelli: quello delle “trasformazioni ordinarie”, indirizzato soprattutto alla qualificazione edilizia del patrimonio esistente, che si attua per via diretta; quello delle trasformazioni complesse, volto a rigenerare i tessuti consolidati migliorandone la qualità urbana e territoriale e a controllare la crescita, nei limiti quantitativi e funzionali stabiliti dalla legge, che si attua attraverso progetti urbani regolati da specifici accordi operativi.
L’attuazione del piano subisce poi una vera e propria rivoluzione, indotta sicuramente anche dalla attuale prospettiva economica. Il piano, così come già affermato dalla legge 20 del 2000, fatta salva la qualificazione edilizia e le trasformazioni minori, non conforma i diritti edificatori sulla base di previsioni di trasformazione “astratte” ma attribuisce le potenzialità edificatorie al progetto, alla sua qualità, sulla base non solo del disegno urbanistico ed architettonico ma anche delle valutazioni economiche e dell’interesse pubblico corrisposto. Nei casi più complessi, o comunque dove emergano necessità di maggior controllo e coordinamento su particolari temi o sistemi urbani e territoriali, gli accordi operativi possono essere orientati da apposite manifestazioni di interesse che specificano e dettagliano la Strategia per la qualità urbana e ne programmano gli interventi attesi.
Il PUG, in continuità con il PSC della legge regionale 20 del 2000, non può precisare la disciplina urbanistica di dettaglio da applicare nelle aree per l’espansione, ma è chiamato ad indicare criteri e situazioni, rappresentate in maniera ideogrammatica nello schema di assetto, dove a determinate condizioni sono ammissibili le nuove urbanizzazioni, riservate soprattutto alle attività volte a sostenere il sistema economico e sociale; di fatto, quindi la legge intende perseguire lo “spostamento” dell’attribuzione delle quantità edificatorie dalla rendita fondiaria al progetto di impresa. Infine, proprio per la realizzazione dei progetti di trasformazione rilevanti, si ha un accorciamento della catena procedurale grazie alla coincidenza del momento di attribuzione della capacità edificatoria con quello di verifica delle condizioni di fattibilità del progetto e di avvio dell’iter realizzativo; questo iter semplificato riduce sensibilmente i tempi e di conseguenza i margini di indeterminatezza e di incertezza fra la definizione degli usi, delle quantità e degli altri parametri urbanistici e il progetto attuativo, aspetti che in passato hanno condizionato considerevolmente la qualità degli interventi, realizzati spesso a distanza di diversi anni dalle relative previsioni urbanistiche.
Inoltre allo scopo di elevare la qualità dei progetti e di sostenere un reale coinvolgimento dei cittadini, la legge dispone ed incentiva il ricorso ai concorsi di architettura e ai processi partecipati che possono essere attivati sia nel momento di definizione degli indirizzi strategici dei piani sia per l’elaborazione dei progetti urbani. I
Infine per innalzare la qualità dell’agire della pubblica amministrazione, chiamata ad operare in maniera proattiva ma anche a confrontarsi e valutare gli accordi negoziali, viene prevista l’istituzione obbligatoria di un apposito Ufficio di piano dotato di tutte le competenze necessarie alla gestione e valutazione dei progetti complessi. L’istituzione obbligatoria dell’Ufficio di piano è il riconoscimento dell’importanza della gestione dello strumento urbanistico, quale momento in cui le intenzioni fissate dal Piano si devono tradurre in progetti coerenti.
Per il territorio rurale, riconosciuto come spazio per la produzione agricola, la legge si pone l’obiettivo di innalzarne la qualità valutando i possibili interventi sulla base del miglioramento paesaggistico, del contrasto allo spopolamento nei territori marginali e del sostegno al permanere dell’attività agricola. In particolare solo per le attività agricole sono consentite nuove edificazioni, pur nel rispetto di alcuni parametri qualitativi e di determinati requisiti aziendali; in tutti gli altri casi non sono ammessi incrementi delle superfici esistenti, consentendo però interventi anche di demolizioni e ricostruzioni in ragione di un miglioramento della qualità paesaggistica e, nei territori marginali soggetti a fenomeni di abbandono, del mantenimento degli abitanti.
5. Legalità e trasparenza
L’introduzione di un piano con attuazione a forte base negoziale pone la necessità di prevedere dei meccanismi che garantiscano la trasparenza e la legalità del processo di piano.
La limitazione della discrezionalità dell’operato del piano comunale, punto fondamentale per evitare fenomeni corruttivi, viene ricercata agendo su due fattori che diventano parte integrante del piano stesso: le condizioni di ammissibilità e il controvalore da corrispondere per gli interventi.
La strategia per la qualità urbana e territoriale è chiamata ad esplicitare i criteri generali di ammissibilità dei progetti oggetto di accordo, gli obiettivi di perseguimento dell’interesse pubblico e a fissare preventivamente in termini generali le condizioni di sostenibilità da soddisfare per rendere ammissibili gli interventi e i requisiti prestazionali da corrispondere per ogni contesto; in fase di costruzione del progetto urbano e relativo accordo, tali aspetti saranno poi meglio precisati e quantificati in ragione del tipo di intervento proposto.
D’altra parte la legge pone chiarezza sulle contribuzioni economiche da corrispondere, eliminando la possibilità di avanzare richieste di extra-oneri, volendo evitare così fenomeni distorsivi e riconducendo la contribuzione a un quadro di maggiore certezza, in cui si vuole comunque premiare la rigenerazione urbana rispetto alle espansioni.
Inoltre la legge si pone il problema di contrastare le infiltrazioni di soggetti criminali. A tale scopo viene disposto che gli accordi operativi debbano avere una clausola risolutiva in caso di riscontro, fra i proponenti, di infiltrazione della criminalità organizzata.
IL METODO DI FORMAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE
Il percorso utilizzato per arrivare a definire la proposta di legge è un elemento particolarmente qualificante della proposta stessa. Il metodo sviluppato si è articolato in diverse fasi di confronto con molteplici interlocutori. Nella prima fase si è avviato l’ascolto dei territori e delle principali rappresentanze con incontri organizzati in ogni provincia in cui, in un primo momento, si sono fissati gli obiettivi generali e, in un secondo momento, si è verificata la condivisione della proposta di legge predisposta dalla Giunta. L’elaborazione della legge ha visto, parallelamente, un confronto ed una attiva partecipazione con amministratori, categorie economiche e sociali, rappresentanze professionali e associazioni ambientaliste, che hanno consentito non solo di arricchire la proposta con specifici contributi ma soprattutto di verificarne l’aderenza ai bisogni dei diversi territori.
****Le cartine sono disponibili per consultazione presso il Servizio Affari legislativi e coordinamento commissioni assembleari
Si illustra qui di seguito l’articolato del progetto di legge, comprendente 77 articoli e strutturato in sei Titoli: I - Principi fondamentali e adeguamento della pianificazione comunale; II - Disposizioni generali sulla tutela e l’uso del territorio; III - Strumenti di pianificazione; IV - Misure organizzative e strumenti negoziali; V - Tutela e valorizzazione del paesaggio; VI - Norme finali. Il
Titolo I - Principi fondamentali e adeguamento della pianificazione comunale (Articoli 1-4) è dedicato agli obiettivi ed ai principi fondamentali del governo del territorio, ed alla regolazione della fase di transizione dagli strumenti urbanistici attualmente operanti, nei Comuni della Regione, ai nuovi strumenti di pianificazione introdotti dalla legge, i quali porteranno alla riduzione delle attuali previsioni edificatorie secondo la disciplina dettagliata nel Titolo II.
L’Articolo 1 (Principi e obiettivi generali) definisce in primo luogo l’oggetto della legge (la disciplina regionale in materia di governo del territorio) in relazione alle competenze attribuite alle Regioni e allo Stato dall’articolo 117 della Costituzione, ai principi fondamentali della legislazione statale e all’ordinamento dell’Unione europea. Definisce inoltre il concetto di governo del territorio (insieme delle attività di analisi, valutazione, programmazione, regolazione, controllo e monitoraggio degli usi e delle trasformazioni del territorio e degli effetti delle politiche socio-economiche su di esso incidenti), ne individua l’obiettivo generale (sostenibilità, equità e competitività del sistema sociale ed economico, e soddisfacimento dei diritti fondamentali relativi, in particolare, a salute, abitazione e lavoro, delle attuali e future generazioni), gli obiettivi specifici e le amministrazioni pubbliche deputate al suo esercizio nell’ambito regionale (Comuni e loro Unioni, Città metropolitana di Bologna, soggetti di area vasta intesi quali Province o loro associazioni, e Regione). Gli obiettivi specifici posti dalla legge alla pianificazione si sostanziano in: a) contenimento del consumo di suolo; b) riuso e rigenerazione dei territori urbanizzati (con particolare riguardo a efficienza energetica e sicurezza antisismica degli edifici, vivibilità delle aree urbane e diritto all’abitazione); c) tutela e valorizzazione ambientale e paesaggistica, per il benessere umano e la conservazione della biodiversità; d) tutela e valorizzazione del territorio agricolo, delle capacità produttive agroalimentari e delle vocazionalità tipiche; e) tutela e valorizzazione degli elementi storici e culturali; f) attrattività per lo sviluppo, l’innovazione e la competitività delle attività produttive e terziarie; g) conoscenza del territorio e del patrimonio edilizio esistente, per l’efficacia delle azioni di tutela e la sostenibilità degli interventi di trasformazione. L’articolo individua inoltre, quali condizioni di efficacia del governo del territorio, la capacità negoziale dei Comuni, la qualità delle proposte progettuali, la sostenibilità ambientale degli interventi, la qualificazione del personale degli uffici pubblici deputati ed il monitoraggio dei sistemi ambientali e territoriali, e richiama i principi di competenza e di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche nell’esercizio delle funzioni di governo del territorio.
L’Articolo 2 (Legalità, imparzialità e trasparenza nelle scelte di pianificazione) richiama le amministrazioni pubbliche ad assicurare, anche nell’esercizio delle funzioni di governo del territorio, il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa e delle disposizioni per la prevenzione della corruzione, la trasparenza e contro i conflitti di interesse, definite dalle leggi statali e dall’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione). Introduce inoltre l’obbligo per le stesse amministrazioni pubbliche di acquisire l’informazione antimafia, disciplinata dall’articolo 84 del decreto legislativo 159/2011, relativamente ai soggetti privati che propongono progetti urbanistici nell’ambito dei diversi procedimenti previsti dalla legge.
L’Articolo 3 (Adeguamento della pianificazione urbanistica vigente e conclusione dei procedimenti in corso) fissa i termini e le modalità con le quali i Comuni devono giungere alla sostituzione dei loro attuali strumenti urbanistici (PSC, POC e RUE della LR 20/2000, o PRG della precedente LR 47/1978), e delle relative previsioni edificatorie, con il nuovo Piano urbanistico generale (PUG). I termini sono fissati in tre anni per l’avvio della predisposizione del PUG, e in ulteriori due anni per l’approvazione definitiva. Per i Comuni dotati degli strumenti urbanistici previsti dalla. LR..n. 20/2000 (PSC, RUE e POC) è definito un procedimento semplificato per convertirli nel nuovo PUG, riducendone i contenuti e le previsioni edificatorie in conformità a quanto disciplinato per lo stesso PUG. Per i Comuni con PSC e RUE adottato è previsto che convertano e conformino i relativi contenuti nel nuovo PUG proseguendo il procedimento previsto dalla LR 20/2000 per l’approvazione del PSC. I Comuni dotati PSC e con RUE e POC adottati possono completare i procedimenti di approvazione di tali strumenti, ma devono avviare la definizione e l’approvazione del nuovo PUG secondo il procedimento ordinario e i termini fissati dalla nuova legge, così come gli altri Comuni nei quali opera ancora un PRG. L’ultimo comma prevede che la Regione conceda contributi a Comuni e Unioni per favorire l’adeguamento della loro pianificazione urbanistica generale al sistema definito dalla legge, e che la Giunta regionale vi provveda con appositi bandi annuali. Si fissano in proposito alcune regole generali, tra le quali un criterio di priorità nell’erogazione dei contributi a favore dell’elaborazione dei piani urbanistici generali delle Unioni aventi la funzione di pianificazione urbanistica, e in secondo luogo a favore dei piani intercomunali, con preferenza per quelli con maggior numero di Comuni coinvolti.
L’Articolo 4 (Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti) consente ai Comuni, nei tre anni previsti per l’avvio del procedimento di approvazione del nuovo PUG, di dare attuazione alle previsioni di PRG e POC vigenti mediante permessi di costruire convenzionati, ed a una parte delle previsioni edificatorie dei PSC vigenti mediante una delibera di indirizzi del Consiglio comunale e mediante il nuovo strumento urbanistico degli accordi operativi. Con la delibera di indirizzi il Consiglio comunale fissa i limiti, le priorità e le condizioni per la selezione delle proposte di accordi operativi dirette ad attuare una parte delle previsioni del PSC vigente. Entro il termine dei tre anni le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti possono essere attuate anche attraverso le ordinarie modalità, cioè i piani attuativi e i procedimenti aventi effetto di variante urbanistica previsti dalle leggi attuali, ma in tutti i casi, compresi gli accordi operativi e i permessi convenzionati citati, le convenzioni che integrano i progetti devono essere stipulate entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge e devono assicurare, a pena di decadenza, l’immediato avvio dell’attuazione degli interventi. Scaduto lo stesso termine massimo di tre anni e fino all’approvazione del nuovo PUG, potranno essere realizzati unicamente gli interventi di riuso e rigenerazione del territorio urbanizzato, oltre agli interventi previsti da strumenti attuativi approvati prima dell’entrata in vigore della legge e convenzionati entro i cinque anni successivi, e oltre agli interventi diretti (cioè gli interventi realizzabili con il solo titolo abilitativo edilizio, senza preventivi strumenti urbanistici attuativi). Si precisa peraltro che il nuovo PUG dovrà fare salve la definizione e l’attuazione degli accordi operativi, dei permessi di costruire convenzionati e degli altri strumenti attuativi in corso al momento dell’adozione e dell’approvazione dello stesso PUG.
Il Titolo II - Disposizioni generali sulla tutela e l’uso del territorio (Articoli 5-28) contiene le norme volte al contenimento del consumo di suolo e alla riduzione delle attuali previsioni edificatorie, alla promozione del riuso e della rigenerazione urbana, alla valutazione della sostenibilità delle previsioni di piano, oltre le regole generali sull’efficacia dei piani ed i rapporti tra i diversi strumenti.
L’Articolo 5 (Contenimento del consumo del suolo) fissa l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero da raggiungere entro il 2050, in coerenza allo stesso obiettivo proposto dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione europea nell’attuale Programma d’azione per l’ambiente 2014-2020. Si definisce il consumo di suolo quale saldo tra le aree per le quali la pianificazione urbanistica attuativa prevede la trasformazione insediativa al di fuori del territorio urbanizzato, e quelle per le quali la medesima pianificazione preveda, all’interno del territorio urbanizzato, interventi di desigillazione (desealing), attraverso la rimozione dell’impermeabilizzazione del suolo. Si stabilisce quindi che gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, da qui al 2050, devono contenere il consumo del suolo favorendo il riuso e la rigenerazione del territorio urbanizzato e limitando il consumo di ulteriore territorio ad una quota massima, specificata al successivo articolo, pari al 3% dell’attuale territorio urbanizzato. In tale contesto il consumo di suolo è ammesso per opere pubbliche e di interesse pubblico e per insediamenti strategici volti ad aumentare l’attrattività e la competitività del territorio, qualora sia valutata e riconosciuta, con puntuali motivazioni, l’inesistenza di ragionevoli alternative di riuso di aree già urbanizzate. È ammesso inoltre per edificazioni residenziali necessarie ad attivare interventi di rigenerazione di parti del territorio urbanizzato a prevalente destinazione residenziale, e per realizzare interventi di edilizia residenziale sociale, comprensivi della quota di edilizia libera indispensabile ad assicurare la fattibilità economico finanziaria dell’intervento. Si affida alla Regione il compito di monitoraggio del consumo del suolo e di pubblicazione dei relativi dati, ai fini della verifica dell’osservanza dei limiti previsti dalla legge.
L’Articolo 6 (Quota complessiva del consumo del suolo ammissibile) fissa il predetto limite del nuovo consumo di suolo, da qui al 2050, pari ad un massimo del 3% del territorio urbanizzato alla data di entrata in vigore della legge, individuato dal nuovo PUG con i criteri stabiliti dall’articolo 32. Dal limite del tre per cento sono esclusi alcuni insediamenti, i quali richiedono comunque una valutazione dell’assenza di ragionevoli alternative localizzative non comportanti consumo di suolo: a) opere pubbliche e opere riconosciute dalla legge di interesse pubblico; b) ampliamenti di fabbricati adibiti a esercizio di impresa, o nuovi fabbricati necessari allo sviluppo di attività già insediate, nella relativa area di pertinenza o in aree collocate in prossimità alla stessa; c) nuovi insediamenti produttivi di interesse strategico regionale individuati ai sensi dell’art. 7 LR 14/2014 o che presentano i requisiti specificati con deliberazione dell’Assemblea Legislativa regionale; d) rilevanti insediamenti produttivi individuati ai sensi del DPR 194/2016; e) parchi urbani ed altre dotazioni ecologico ambientali; f) fabbricati nel territorio rurale funzionali all’esercizio delle imprese agricole; g) interventi per il parziale recupero della superficie di edifici non più funzionali all’attività agricola (secondo la disciplina specificata più avanti all’art. 36, co. 5, lett. e). Sono inoltre escluse dal computo del limite del tre per cento del territorio urbanizzato le aree utilizzate per attuare nella fase transitoria le previsioni dei piani urbanistici previgenti secondo quanto previsto dall’articolo 4. La quota del tre per cento è riferita ad ogni Comune o alle Unioni di Comuni alle quali è conferita la funzione di pianificazione urbanistica, ma le altre Unioni di Comuni, la Città metropolitana ed i soggetti di area vasta (Province o loro eventuali aggregazioni) possono ripartire diversamente la quota complessiva tra i Comuni o le Unioni aderenti, mediante accordi territoriali o attraverso i loro piani territoriali (PTM e PTAV: piano territoriale metropolitano e piano territoriale di area vasta).
L’Articolo 7 (Disciplina favorevole al riuso e alla rigenerazione urbana) apre il Capo II, di undici articoli, dedicati alla promozione del riuso e della rigenerazione urbana, e definisce gli obiettivi della stessa rigenerazione urbana i quali devono essere perseguiti attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale in convergenza con l’obiettivo di limitazione del consumo di suolo. Classifica inoltre gli interventi di riuso e rigenerazione urbana definendo compiutamente gli interventi di: a) Qualificazione edilizia (realizzabili con intervento diretto, salvo eventuali limiti fissati dal PUG, e definiti quali interventi diretti a realizzare la demolizione e ricostruzione di uno o più fabbricati che presentino una scarsa qualità edilizia, non soddisfacendo i requisiti minimi di efficienza energetica, sicurezza sismica, abbattimento delle barriere architettoniche, igienico-sanitari, e di sicurezza degli impianti, previsti dalla normativa vigente, nonché quali interventi conservativi che, senza prevedere la demolizione dell’edificio originario, consentono comunque di realizzare i miglioramenti dell’efficienza energetica, della sicurezza sismica e degli altri requisiti tecnici richiesti dalla normativa vigente ai fini della agibilità); b) Ristrutturazione urbanistica (come già definiti dalla legge regionale edilizia LR 15/2013, comprensivi degli interventi di costruzione e successiva demolizione di cui al successivo articolo 13, e realizzabili con permesso di costruire convenzionato); c) Addensamento e sostituzione urbana (realizzabili con accordo operativo, e definiti quali processi di riqualificazione anche incrementali, che, con particolare riferimento ad aree strategiche della città ovvero ad aree degradate, marginali, dismesse o di scarsa utilizzazione edificatoria, prevedono una loro significativa trasformazione che può comportare la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati, degli spazi aperti e della rete stradale, la delocalizzazione degli immobili collocati in aree soggette a rischio ambientale e industriale, l’inserimento di nuove funzioni e la realizzazione o adeguamento delle dotazioni, delle infrastrutture e dei servizi pubblici nonché l’attuazione di interventi di edilizia residenziale sociale).
L’Articolo 8 (Incentivi urbanistici per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana) disciplina vari tipi di incentivi, in forma di sgravi di oneri di urbanizzazione e di incremento di diritti edificatori ed altre premialità, per la promozione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana: a) all’interno del territorio urbanizzato è esclusa l’applicazione del contributo straordinario per le previsioni del nuovo PUG che comportano variazione dei parametri urbanistici o delle destinazioni d’uso stabiliti dagli strumenti previgenti, e nel caso di permessi di costruire in deroga alle previsioni generali di piano. I Comuni possono comunque assoggettare al contributo straordinario le strutture di vendita e gli insediamenti commerciali di rilievo sovracomunale, da realizzare all’interno del territorio urbanizzato. Si specifica che il contributo straordinario deve essere invece applicato per tutti gli interventi al di fuori del territorio urbanizzato, e per l’edificazione delle cd. aree libere interne al territorio urbanizzato (aree permeabili non dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti); b) per gli interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, addensamento o sostituzione urbanistica all’interno del territorio urbanizzato, il contributo di costruzione è ridotto di almeno il 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. I Comuni possono decidere ulteriori riduzioni del contributo, fino alla completa esenzione, per gli interventi di sostituzione e addensamento urbano che prevedono la bonifica di suoli inquinati o la rimozione dell’amianto e di altri materiali pericolosi, o quote significative di desigillazione. Si ribadisce quanto già previsto dalla legge regionale edilizia (art. 28, co 3, e art. 30, co. 1, LR 15/2013) in ordine alla gratuità degli interventi che nell’ambito di interventi di riuso e rigenerazione urbana prevedono il mutamento della destinazione d’uso di immobili, senza opere, qualora comportino il passaggio ad una diversa categoria funzionale non avente maggior carico urbanistico o qualora comportino il passaggio, all’interno della medesima categoria funzionale, ad un uso non avente maggior carico urbanistico. c) il PUG può prevedere che, con gli accordi operativi, siano riconosciuti agli interventi di sostituzione e di addensamento urbano diritti edificatori aggiuntivi rispetto alle volumetrie esistenti, previa verifica di sostenibilità del carico urbanistico e in coerenza con la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale (parte del PUG disciplinata dall’art. 34); d) per gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica il PUG può prevedere che con il titolo abilitativo edilizio siano riconosciuti diritti edificatori parametrati al miglioramento dell’efficienza energetica, della riduzione del rischio sismico e alla qualità urbana e progettuale dell’intervento; e) per promuovere le politiche pubbliche per la casa stabilite dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, gli accordi operativi possono riconoscere ulteriori diritti edificatori nel caso gli operatori si impegnino a realizzare nell’ambito dell’intervento di rigenerazione una quota di alloggi di edilizia residenziale sociale; f) il PUG può prevedere altre forme di incentivazione del riuso e della rigenerazione urbana legate alla qualità progettuale degli interventi, quali il rispetto di requisiti tecnici più elevati, la realizzazione di aree ecologicamente attrezzate, il rispetto dei criteri di bioarchitettura, la realizzazione di insediamenti di cohousing e altri interventi innovativi per rispondere alle esigenze abitative di categorie sociali deboli. La Giunta regionale può stabilire parametri uniformi per la valutazione di questi profili di qualità progettuale. L’articolo precisa che i diritti edificatori riconosciuti per incentivare gli interventi di rigenerazione possono essere utilizzati per l’ampliamento o la sopraelevazione degli immobili, secondo le previsioni del PUG, o essere ceduti e trascritti ai sensi dell’art. 2643 del codice civile, ad altri titolari di immobili nel territorio urbanizzato, per i quali il PUG ammetta l’uso di diritti edificatori trasferiti. Il PUG può anche prevedere che i diritti edificatori, tramite convenzioni, siano riconosciuti agli operatori economici attuatori di interventi, previo assenso dei proprietari degli immobili. Si precisa che gli incentivi sopra previsti sono esclusi per gli interventi da realizzare al di fuori del territorio urbanizzato e per quelli che comportano l’edificazione delle aree permeabili interne al territorio urbanizzato e non dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione, salvo il caso degli incentivi previsti a fronte dell’impegno alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale sociale.
L’Articolo 9 (Standard urbanistici differenziati) prevede un atto di coordinamento della Giunta regionale sul sistema di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici, necessario a realizzare lo standard minimo di qualità urbana ed ecologico ambientale da assicurare sul territorio regionale, con prestazioni differenziate per i nuovi insediamenti e per il territorio già urbanizzato, in modo da promuovere il riuso e la rigenerazione dello stesso territorio urbanizzato. Sullo stesso sistema di dotazioni nel territorio urbanizzato si stabiliscono: a) i criteri da osservare nel PUG in ordine all’uso delle attuali aree pubbliche destinate a servizi, e la possibilità della loro destinazione alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale, o di riuso e rigenerazione urbana; b) il principio generale, e le possibili eccezioni, per cui le aree permeabili interne al territorio urbanizzato, non dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione, sono destinate prioritariamente alla realizzazione di dotazioni ecologiche e ambientali e al mantenimento dei cunei verdi tra territorio rurale e territorio urbanizzato; c) la possibilità che gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di addensamento e sostituzione urbana deroghino ai limiti di densità edilizia e di altezze degli edifici del decreto 1444/1968, fatte salve le prescrizioni di tutela indiretta previste dal Codice dei beni culturali; d) la possibilità che il PUG individui ambiti dove gli stessi interventi comportino cessioni di aree per dotazioni territoriali al di sotto delle quantità minime previste dal decreto 1444/1968; e) la possibilità che il PUG individui aree nelle quali gli interventi di rigenerazione escludono o riducono l’uso di autovetture private e le connesse dotazioni di parcheggi pubblici e pertinenziali. Il PUG può inoltre individuare ambiti nei quali sono ridotte le dotazioni di parcheggi pubblici, a favore di parcheggi pertinenziali o di forme di sostegno alla mobilità sostenibile, e può estendere le citate facoltà sulle dotazioni di parcheggi agli ambiti di nuova urbanizzazione; f) la regola per cui le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e le dotazioni ecologiche e ambientali devono essere realizzate senza possibilità di monetizzazione o di scomputo dal contributo di costruzione; g) la regola per cui il Comune può destinare i proventi dei titoli abilitativi e delle sanzioni edilizie, e delle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali, solo a determinate finalità, tra le quali la realizzazione e manutenzione delle opere di urbanizzazione, gli interventi di riuso e di rigenerazione, gli interventi di demolizione di costruzioni abusive, la realizzazione di aree verdi di uso pubblico, gli interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, gli investimenti per la gestione telematica delle funzioni di governo del territorio e gli interventi per l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano. Si tratta del recepimento nella legge regionale di una disposizione presente nella legge finanziaria statale per il 2017.
L’Articolo 10 (Deroghe al DI 2 aprile 1968, n. 1444), in attuazione di norme statali (art. 2-bis DPR 380/01), stabilisce che nel territorio urbanizzato gli edifici oggetto degli interventi di riuso e rigenerazione urbana, o di recupero funzionale, di accorpamento, o di ogni altra trasformazione qualificata di interesse pubblico dalle leggi, possono essere demoliti e ricostruiti, nell’area di sedime o aumentando la distanza da edifici antistanti, anche in deroga ai limiti di distanza del decreto 1444/1968 (art. 9), fermo restando il rispetto delle norme di codice civile e di quelle di questa legge sulla tutela degli edifici di valore storico architettonico, culturale e testimoniale (vedi successivo art. 32). Dispone inoltre che gli eventuali incentivi volumetrici possono essere applicati con soprelevazione degli edifici in deroga ai limiti previsti dal decreto 1444/1968 (artt. 7, 8, 9), e con ampliamenti fuori sagoma laddove siano rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all'art. 9 dello stesso decreto o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, se inferiori. Lo stesso vale inoltre per gli interventi di addensamento previsti dal PUG. Queste norme prevalgono sulle diverse previsioni dei piani urbanistici vigenti, e dunque anche nei 3 anni della fase transitoria che segue all’approvazione della legge.
L’Articolo 11 (Semplificazioni procedurali per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana) stabilisce varie semplificazioni procedurali volte a favorire gli interventi nel territorio urbanizzato:
la possibilità che in determinati casi gli accordi operativi siano esentati dalla verifica di assoggettabilità alla valutazione degli effetti ambientali, prevista all’articolo 39;
la possibilità che il PUG individui ambiti soggetti a ristrutturazione urbanistica nei quali l’uso di piccole aree è consentito direttamente attraverso permessi di costruire convenzionati;
la regola per cui gli interventi di nuova costruzione previsti da accordi operativi nel territorio urbanizzato si attuano con SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).
Si precisa che queste semplificazioni non operano fuori dal territorio urbanizzato e per gli interventi che prevedono l’edificazione di aree permeabili del territorio urbanizzato prive delle infrastrutture per l’urbanizzazione. In questi casi occorrono sempre accordi operativi, da attuare con permesso di costruire. Per favorire la riduzione del rischio sismico negli interventi di rigenerazione urbana, si dispone che il PUG preveda il ricorso alla procedura prevista dalla legge statale per il superamento del dissenso di minoranze dei proprietari coinvolti in programmi di riabilitazione urbana (art. 27, co. 5, L 166/2002), per gli edifici che siano stati realizzati prima della classificazione sismica del Comune, o per i quali è accertata la necessità di adeguamento sismico, o ubicati in zone geologicamente instabili, o in aree ad elevato grado di pericolosità sismica locale accertato da studi di microzonazione sismica. Per agevolare gli interventi comportanti la demolizione di edifici, si dispone inoltre che gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica e di recupero dei fabbricati esistenti nel territorio rurale che comportano la demolizione dell’edificio originario richiedano la verifica dello stato legittimo unicamente per il volume totale o la superficie lorda, ai fini del calcolo della nuova edificazione ammissibile.
L’Articolo 12 (Contributi regionali per il riuso e la rigenerazione urbana) disciplina la concessione di contributi dalla Regione agli enti locali e altri enti pubblici per la realizzazione e il rinnovo di dotazioni territoriali, l’acquisizione, demolizione o trasformazione di opere incongrue (di cui all’art. 14), per l’attuazione di opere di bonifica di aree contaminate, la progettazione a scala urbana degli interventi e la erogazione di servizi di gestione dei processi partecipativi. Prevede inoltre che la Regione, per le stesse finalità, possa costituire o partecipare a uno o più fondi immobiliari che attuino interventi di rigenerazione urbana, e istituire un fondo di garanzia per favorire l’accesso al credito per l’attuazione degli interventi di riuso e di rigenerazione urbana. Per tale fondo si stabilisce che l’Assemblea legislativa, su proposta della Giunta regionale, individui modalità e criteri al fine della concessione della garanzia. Si prevede infine che la Regione incentivi iniziative di promozione della cultura urbanistica, in particolare sul riuso e la rigenerazione delle città, nonché i processi di formazione e aggiornamento professionale per i componenti degli uffici di piano.
L’Articolo 13 (Interventi di costruzione e successiva demolizione) introduce e regola la possibilità che nell’ambito degli interventi di ristrutturazione urbanistica sia ricompreso quello consistente nella realizzazione di nuove edificazioni e successiva dismissione e demolizione dell’edificio originario, per consentire la continuità d’utilizzo del patrimonio edilizio esistente fino alla conclusione dei lavori di costruzione degli edifici destinati a sostituirli. In particolare sono richieste la dimostrazione della fattibilità economico finanziaria dell’intero processo edilizio, e le garanzie fideiussorie necessarie ad assicurare la completa realizzazione. Si stabilisce inoltre che il PUG possa consentire l’utilizzo di tale modalità di intervento anche per la rigenerazione urbana di parti del territorio urbanizzato, precisando che in tali casi, possono realizzarsi nuove edificazioni residenziali al di fuori del territorio urbanizzato, ai sensi dell’articolo 5, qualora non sussistano ragionevoli alternative localizzative non determinanti consumo del suolo.
L’Articolo 14 (Opere incongrue) prevede che il PUG, in coerenza a quanto già previsto dalle norme vigenti (LR 16/2002 e DPR 380/2001), possa individuare le opere incongrue presenti sul territorio urbanizzato, definendo gli obiettivi di qualificazione e gli indirizzi progettuali in merito agli interventi da attuare sulle stesse opere. Si stabilisce che i Comuni possano acquisire le opere incongrue o mediante l’espropriazione, già prevista dalla LR 16/2002, o mediante accordi di cessione comprendenti le compensazioni previste dalla LR 37/2002 sugli espropri (art. 23), e che possano incentivare la rigenerazione delle aree interessate con il riconoscimento ai titolari dei diritti edificatori del precedente articolo 8. Si stabilisce inoltre che in attesa dell’attuazione delle previsioni del PUG sulle opere incongrue, i proprietari possano eseguire interventi conservativi, ad eccezione della ristrutturazione dell’intero edificio e della demolizione e successiva ricostruzione. L’Articolo 15 (Albo degli immobili disponibili per la rigenerazione urbana) dispone che il Comune, per promuovere la realizzazione degli interventi di addensamento e sostituzione urbana, predisponga e mantenga aggiornato l’albo degli immobili pubblici e privati resi disponibili per interventi di riuso e di rigenerazione urbana, e predisponga elaborati cartografici per renderne agevole l’individuazione agli operatori. In particolare l’albo deve individuare: a) gli immobili che il Comune destina ad interventi di riuso e di rigenerazione urbana tra quelli facenti parte: del patrimonio disponibile comunale; delle aree pubbliche destinate a servizi, di cui al precedente articolo 9; degli immobili acquisiti ai sensi dell’art. 56-bis del decreto-legge 69/2013, convertito con modificazioni dalla legge 98/2013 (c.d. federalismo demaniale); degli immobili trasferiti al Comune ai sensi dell’articolo 48, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 159/2011 (Codice delle leggi antimafia); b) gli immobili resi disponibili da altri enti pubblici, previa apposita convenzione; c) gli immobili che i proprietari si impegnino per almeno cinque anni, attraverso apposita convenzione, a cedere al Comune e ad altro operatore privato ad un prezzo calmierato rispetto a quello di mercato. Si dispone che, per promuovere la stipula delle citate convenzioni dei punti b) e c), il PUG possa stabilire che, in sede di accordo operativo, siano riconosciute quote edificatorie aggiuntive o altre premialità, a compensazione dell’impegno assunto dal proprietario a cedere gli immobili al Comune o a terzi attuatori ad un prezzo convenzionato per la realizzazione degli interventi, ovvero possa consentire la realizzazione di determinati interventi di riuso o rigenerazione solo nel caso di immobili convenzionati. Si prevede inoltre che per individuare i proprietari interessati il Comune pubblichi appositi avvisi pubblici di manifestazione di interesse e, nel corso della predisposizione del PUG, possa stipulare accordi ai sensi dell’articolo 58 con i soggetti che abbiano avanzato istanza di partecipazione. I privati interessati possono manifestare il proprio interesse anche dopo l’approvazione del PUG e provvedere alla sottoscrizione della convenzione, entro determinati termini.
L’Articolo 16 (Usi temporanei) dispone che il Comune, per avviare il recupero e la valorizzazione di contenitori e spazi urbani dismessi, e favorire nel contempo lo sviluppo di iniziative economiche, sociali e culturali, possa consentire mediante convenzione l’uso temporaneo degli edifici interessati, per fini diversi da quelli cui sono destinati, senza che ciò comporti il mutamento d’uso delle unità immobiliari. In assenza di opere edilizie l’uso temporaneo non richiede titolo abilitativo edilizio.
L’Articolo 17 (Concorsi di architettura e progettazione partecipata) richiede ai Comuni di promuovere il ricorso al concorso di progettazione e al concorso di idee nonché ai processi di progettazione partecipata per la definizione dei processi di rigenerazione urbana. I concorsi di architettura possono riguardare: 1) gli indirizzi strategici e le prescrizioni del PUG circa gli interventi di rigenerazione urbana da realizzare in ambiti aventi particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale, oppure aree con particolare carenza di fattori identitari o di dotazioni, o con particolari criticità ambientali; 2) l’elaborazione di progetti urbani attuativi degli interventi di rigenerazione previsti dal PUG. I processi di progettazione partecipata possono essere previsti dai Comuni in sede di elaborazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi del PUG e dei contenuti degli accordi operativi e dei permessi di costruire convenzionati. Le convenzioni urbanistiche che integrano progetti di riuso e rigenerazione urbana possono prevedere lo scomputo dal contributo di costruzione di una quota massima del 50% dei costi sostenuti per lo svolgimento del concorso di architettura o del processo di progettazione partecipata. Si richiama il nuovo codice dei contratti pubblici (DLgs 50/2016) per quanto concerne le procedure del concorso di progettazione e del concorso di idee per la progettazione dei lavori di particolare rilevanza e complessità. Si prevede inoltre che la Regione favorisca le iniziative locali che promuovono la partecipazione dei cittadini alla definizione degli obiettivi della rigenerazione urbana, e che incentivi il ricorso da parte dei Comuni alle procedure concorsuali per la scelta dei progetti meglio rispondenti agli obiettivi di qualità attesi.
L’Articolo 18 (Valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale - VALSAT) apre il Capo di articoli dedicati alla sostenibilità ambientale e territoriale dei piani, definendo la Valutazione preventiva della Sostenibilità Ambientale e Territoriale (Valsat) degli atti di pianificazione urbanistica e territoriale, in coerenza alle previsioni della Direttiva europea 2001/42/CE (Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente) e delle norme statali di recepimento. Stabilisce, in particolare, che il “Documento di Valsat”, parte integrante dei piani sin dalla prima fase di elaborazione, debba individuare, descrivere e valutare i potenziali impatti delle soluzioni prescelte e le eventuali misure, idonee ad impedirli, mitigarli o compensarli, oltre a individuare e valutare sinteticamente, con riferimento alle principali scelte pianificatorie, le ragionevoli alternative idonee a realizzare gli obiettivi perseguiti, e gli indicatori indispensabili per il monitoraggio degli effetti attesi sui sistemi ambientali e territoriali. Per favorire la partecipazione e la trasparenza, il Documento di Valsat deve contenere l’elaborato denominato “Sintesi non tecnica”, il quale descrive in linguaggio non tecnico il processo di valutazione svolto e i relativi esiti, indicando le parti del Documento in cui gli elementi sono sviluppati. L’atto di approvazione del piano deve invece contenere l’elaborato denominato “Dichiarazione di sintesi”, il quale dà conto degli esiti della valutazione, del modo in cui le considerazioni ambientali e territoriali sono state integrate nel piano e delle misure adottate in merito al monitoraggio. L’amministrazione titolare del piano e l’autorità competente per la valutazione ambientale devono pubblicare sui propri siti web gli atti con i quali la stessa autorità si è espressa. L’amministrazione titolare deve monitorare l’attuazione del piano e degli effetti sui sistemi ambientali e territoriali, pubblicando sul proprio sito web i relativi esiti. Un atto di coordinamento tecnico della Giunta regionale deve precisare i contenuti del Documento di Valsat e della Sintesi non tecnica, anche per uniformare gli indicatori e le modalità di monitoraggio dei piani.
L’Articolo 19 (Principi di integrazione e non duplicazione della valutazione) precisa che la procedura di valutazione ambientale, per il PUG e per i piani territoriali, è strettamente integrata nel relativo procedimento disciplinato dalla legge, e che essa deve vertere solo sulle prescrizioni e direttive del piano, recependo gli esiti delle eventuali precedenti valutazioni ambientali per i contenuti non variati, e utilizzando ogni pertinente dato già contenuto in altri livelli di pianificazione comunque già acquisito. Descrive inoltre la procedura di valutazione e attribuisce la qualità di autorità competente per la valutazione ambientale alla Regione, se la valutazione riguarda piani territoriali, e alla Città metropolitana di Bologna o ai soggetti d’area vasta, se riguarda piani urbanistici. L’autorità valuta i PUG, le relative varianti e gli accordi operativi comportanti interventi esterni al territorio urbanizzato, esprimendosi con parere motivato nell’ambito del comitato urbanistico previsto dall’articolo 47 o del procedimento unico previsto dall’articolo 53 o dell’accordo di programma in variante ai piani di cui all’articolo 60, sulla base di un parere di ARPAE (Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia), relativo alla sostenibilità ambientale delle previsioni. Il parere del comitato urbanistico, la determinazione conclusiva del procedimento unico e dell’accordo di programma devono evidenziare la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale e i motivi per i quali l’autorità si è eventualmente discostata dal parere di ARPAE. All’autorità è affidata inoltre la verifica di assoggettabilità degli accordi operativi riguardanti interventi limitati al territorio urbanizzato, (sostitutiva del parere del CU sulla sostenibilità ambientale e territoriale degli stessi interventi), prevista all’articolo 39. Sono escluse dalla valutazione le varianti dei piani che non riguardano le previsioni sulle trasformazioni e che si limitano a introdurre: a) rettifiche di errori materiali; b) modifiche della perimetrazione degli ambiti di intervento prive di significative incidenze su dimensionamenti e localizzazioni; c) modifiche di caratteristiche edilizie o di dettagli costruttivi degli interventi; d) modifiche necessarie per l'adeguamento a localizzazioni immediatamente cogenti contenute in strumenti nazionali o territoriali già valutati; e) varianti localizzative per l'apposizione di vincoli espropriativi, per opere già localizzate e valutate in piani vigenti, o per la reiterazione dei vincoli. Sono inoltre esclusi dalla valutazione i permessi di costruire convenzionati che il PUG ammette per interventi di rigenerazione comportanti l’uso di piccole aree, secondo l’articolo 11, comma 2, e gli accordi operativi per interventi limitati al territorio urbanizzato che il comitato urbanistico riconosce già dettagliati e valutati dal PUG, secondo l’articolo 11, comma 1.
L’Articolo 20 (Misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale) prevede che ad esito della valutazione ambientale, il PUG nella parte denominata “Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale” (disciplinata dall’articolo 34), possa stabilire misure compensative, non meramente patrimoniali, volte al miglioramento ambientale e alla mitigazione degli effetti negativi dei nuovi insediamenti. Si stabilisce quindi che tali misure possano essere modificate o integrate dal provvedimento di VIA (valutazione dell’impatto ambientale), per le opere soggette a tale valutazione (Direttiva 85/337/CEE, DLgs 152/2006, LR 9/1999 e modifiche), e che gli accordi operativi, disciplinati dall’articolo 38, individuino le modalità ed i tempi di attuazione delle misure, la cui realizzazione ed entrata in esercizio costituisce condizione per il rilascio dell’agibilità del nuovo insediamento.
L’Articolo 21 (Dotazioni ecologiche e ambientali) definisce le dotazioni ecologiche ed ambientali del territorio quale insieme degli spazi, delle opere e degli interventi che concorrono, insieme alle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, a contrastare il cambiamento climatico e i suoi effetti sulla società umana e sull’ambiente e a migliorare la qualità dell'ambiente urbano, specificando che sono volte in particolare alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti responsabili del riscaldamento globale, al risanamento della qualità dell'aria e dell'acqua ed alla prevenzione del loro inquinamento, alla gestione integrata del ciclo idrico, alla riduzione dell'inquinamento acustico ed elettromagnetico, al mantenimento della permeabilità dei suoli e al riequilibrio ecologico dell'ambiente urbano, alla mitigazione degli effetti di riscaldamento (isole di calore), alla raccolta differenziata dei rifiuti e alla riduzione del rischio sismico, idrogeologico, idraulico e alluvionale. Precisa che in tali dotazioni rientrano anche gli spazi di proprietà privata che concorrono alle citate finalità attraverso specifiche sistemazioni delle aree pertinenziali stabilite dal piano comunale. Stabilisce che il PUG, nella strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, determini il fabbisogno di dotazioni ecologiche e ambientali e dei requisiti prestazionali che devono soddisfare, in coerenza alle pagina 25 di 141 politiche europee, nazionali e regionali di adattamento al cambiamento climatico, recependo le indicazioni delle pianificazioni settoriali e perseguendo le seguenti finalità: a) garantire un miglior equilibrio idrogeologico e la funzionalità della rete idraulica superficiale, anche con il contenimento della impermeabilizzazione dei suoli e la dotazione di spazi idonei alla ritenzione e al trattamento delle acque meteoriche, al loro riuso o rilascio in falda o nella rete idrica superficiale; b) favorire la ricostituzione, nell'ambito urbano e periurbano, di un miglior habitat naturale, la biodiversità del suolo e la costituzione di reti ecologiche di connessione, soprattutto con il mantenimento dei cunei verdi esistenti tra il territorio rurale e il territorio urbanizzato; c) preservare e migliorare le caratteristiche meteoclimatiche locali, ai fini della riduzione della concentrazione di inquinanti in atmosfera e di una migliore termoregolazione degli insediamenti urbani, anche mediante la dotazione di spazi verdi piantumati, di bacini o zone umide, il mantenimento o la creazione di spazi aperti all'interno del territorio urbano e periurbano; d) migliorare il clima acustico del territorio urbano e preservarlo dall'inquinamento elettromagnetico, soprattutto attraverso una razionale distribuzione delle funzioni, una idonea localizzazione delle attività rumorose e delle sorgenti elettromagnetiche e dei recettori più sensibili; e) migliorare le prestazioni degli insediamenti in caso di emergenza sismica, con particolare riguardo all’accessibilità anche ai mezzi di soccorso, alle vie di fuga verso aree sicure di prima accoglienza, nonché all’operatività delle funzioni strategiche per l’emergenza e alla loro accessibilità e connessione con il contesto territoriale.
L’Articolo 22 (Quadro conoscitivo) disciplina il quadro conoscitivo quale elemento costitutivo di tutti gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, volto a fornire l’organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei relativi processi evolutivi, con particolare attenzione agli effetti del cambiamento climatico, ed a costituire il riferimento necessario per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del piano e per la relativa Valsat. I quadri conoscitivi del PUG e dell’accordo operativo devono contenere tra l’altro le analisi della pericolosità sismica locale, l’analisi della condizione limite per l’emergenza (CLE) e la microzonazione sismica del territorio, in conformità al vigente atto di coordinamento tecnico regionale (aggiornato da ultimo con deliberazione della Giunta regionale n. 2193 del 21 dicembre 2015), in modo da consentire agli strumenti di fornire specifici indirizzi e prescrizioni per le zone più esposte al rischio sismico. In generale la predisposizione del quadro conoscitivo deve perseguire la massima semplificazione, riferendosi unicamente ai contenuti e al livello di dettaglio richiesto dallo specifico ambito di competenza del piano, tenendo conto del quadro conoscitivo degli altri livelli ed evitando duplicazioni. A tale fine la Regione, la Città metropolitana e i soggetti d’area vasta devono rendere disponibile gratuitamente il quadro conoscitivo dei propri strumenti e provvedere costantemente al loro aggiornamento, nonché predisporre e aggiornare, nelle materie di propria competenza, appositi elaborati cartografici sui sistemi ambientali, paesaggistici, naturali, insediativi e infrastrutturali, su aspetti fisici e morfologici del territorio, sull’uso del suolo e sullo stato della pianificazione. I Comuni, per i loro quadri conoscitivi, devono integrare le informazioni così acquisite degli enti sovraordinati con le informazioni ambientali e territoriali del seguente articolo 23, procedendo solo agli approfondimenti necessari per le tematiche di competenza dei propri strumenti. Analogamente i piani settoriali devono integrare il quadro conoscitivo del piano generale dello stesso livello di governo solo con gli approfondimenti relativi al loro specifico campo di interesse. La Giunta regionale, con un atto di coordinamento tecnico, deve stabilire le modalità per la messa a disposizione dei quadri conoscitivi, attraverso la costituzione di una piattaforma informatica unica, cogestita dagli enti competenti.
L’Articolo 23 (Informazioni ambientali e territoriali) dispone che ARPAE e tutte le amministrazioni pubbliche di interesse regionale e locale, nonché i concessionari di pubblici servizi operanti nel territorio regionale, i quali, per l’esercizio dei propri compiti, raccolgono, elaborano e aggiornano dati e informazioni relativi al territorio e all'ambiente, concorrano all'integrazione e implementazione del quadro conoscitivo del territorio, rendendo disponibili gratuitamente nei propri siti web le informazioni in proprio possesso o impegnandosi ad assicurarne l’immediata trasmissione in occasione della predisposizione dei piani territoriali e urbanistici. pagina 26 di 141 La Giunta regionale, con lo stesso atto di cui all’articolo precedente, deve definire gli strumenti e le regole di interscambio delle informazioni, stabilendo inoltre le modalità di collaborazione di ARPAE alla predisposizione dei documenti di Valsat.
L’Articolo 24 (Riparto delle funzioni pianificatorie secondo il criterio di competenza) apre il Capo di articoli dedicati all’efficacia dei piani ed ai rapporti tra i diversi strumenti, richiamando le amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica e territoriale a rispettare il principio di competenza dei piani, per il quale ogni strumento, evitando la cosiddetta “pianificazione a cascata”, deve limitarsi a disciplinare le tematiche e gli oggetti che gli sono attribuiti dalla legge, con l’effetto che, in applicazione di questo principio, in caso di conflitto tra le previsioni di diversi strumenti, prevale quanto stabilito dal piano cui compete la specifica regolazione. In particolare si dispone che in applicazione del principio di competenza la cartografia relativa ai contenuti strategici dei piani territoriali e del PUG deve avere carattere ideogrammatico e che la modifica dei relativi perimetri in sede attuativa non costituisce variante al piano. Inoltre, si specifica che le eventuali previsioni circa i criteri localizzativi degli insediamenti, gli indici di edificabilità, le modalità di intervento, le caratteristiche planivolumetriche e gli altri parametri dei manufatti edilizi, che fossero impropriamente presenti nella componente strategica del PUG o nei piani territoriali costituiscono unicamente delle indicazioni di massima circa l’assetto insediativo e infrastrutturale del territorio comunale, di competenza degli accordi operativi o dei piani attuativi di iniziativa pubblica, cui la legge conferisce la competenza a stabilire la disciplina di dettaglio degli interventi ammissibili. Si precisa quindi che il criterio di prevalenza vale anche nel rapporto tra piani generali e piani tematici o settoriali, chiarendo la relativa distinzione e precisando che i piani settoriali devono essere previsti espressamente per legge e devono rispettare il quadro strategico definito dal piano generale dello stesso livello di pianificazione.
L’Articolo 25 (Conformazione del territorio) chiarisce innanzitutto che il PUG ed i piani territoriali non attribuiscono potestà edificatoria sulle aree libere, né conferiscono agli stessi potenzialità edificatorie o aspettative giuridicamente tutelate di analogo contenuto, fatto salvo quanto riguarda gli interventi di riuso e rigenerazione urbana attuabili per intervento diretto. L’articolo dispone inoltre che la pianificazione territoriale e urbanistica è diretta a conformare il territorio, disciplinando gli usi e le trasformazioni compatibili con la sua tutela e valorizzazione ed accertando i limiti, condizioni e vincoli che derivano: a) da specifici interessi pubblici insiti nelle caratteristiche del territorio, stabiliti da leggi statali o regionali relative alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura ed alla difesa del suolo; b) dalle caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni che rendono incompatibili o limitano i processi di trasformazione; c) dalla presenza di fattori di rischio ambientale, per la vulnerabilità delle risorse naturali, ovvero di rischio industriale; d) dalla necessità di assicurare la fattibilità delle opere pubbliche e di interesse pubblico, lineari o puntuali, di cui sia stata programmata la realizzazione. Si dispone inoltre che per assicurare la sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni, la pianificazione territoriale e urbanistica può subordinare l'attuazione degli interventi alla contestuale attuazione da parte degli interessati di misure dirette a impedire, limitare e compensare gli impatti negativi ovvero di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, di attrezzature e spazi collettivi, di dotazioni ecologiche e ambientali o di infrastrutture per la mobilità; oppure al fatto che si realizzino le condizioni specifiche individuate dal piano, quali l’entrata in esercizio di infrastrutture per la mobilità in corso di costruzione o lo sviluppo già programmato di servizi di trasporto pubblico locale. Si chiarisce che tutti i vincoli e le condizioni sopra citati sono inerenti alle qualità intrinseche del bene e operano senza alcun limite temporale. Si precisa inoltre che il PUG, gli accordi operativi ed il procedimento unico per le opere pubbliche e altri interventi disciplinato dall’articolo 53, possono apporre vincoli per l'acquisizione coattiva della proprietà o di diritti reali sugli immobili, secondo la disciplina sull’espropriazione per pubblica utilità (DPR 327/2001 e LR 37/2002 e successive modifiche).
L’Articolo 26 (Attribuzione dei diritti edificatori e principio di perequazione urbanistica) precisa che l’attribuzione di diritti edificatori volti a incentivare gli interventi di riuso e rigenerazione urbana compete al PUG, unicamente per quanto concerne gli interventi attuabili direttamente con i titoli abilitativi edilizi mentre, in tutti gli altri casi, compete agli accordi operativi i quali, attuando le previsioni generali del PUG, pagina 27 di 141 stabiliscono il progetto urbani degli interventi da attuare, la disciplina di dettaglio sugli usi ammissibili, gli indici e i parametri edilizi, le modalità di attuazione, le dotazioni, le infrastrutture e i servizi da realizzare o riqualificare e le relative localizzazioni. Stabilisce inoltre che la pianificazione urbanistica deve attuare il principio di perequazione urbanistica perseguendo l'equa distribuzione, tra i proprietari delle aree e degli edifici interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti e degli oneri inerenti la realizzazione delle dotazioni, infrastrutture e servizi. A tale fine l’accordo operativo, disciplinando gli interventi da attuare in forma unitaria, deve ripartire i diritti edificatori e i relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni assegnate alle singole aree.
L’Articolo 27 (Salvaguardia) ribadisce il principio di salvaguardia fissato dalla legislazione statale (art. 10, co. 4, L 1150/1942, introdotto con L 765/1967), per cui dalla data di adozione di qualsiasi strumento di pianificazione territoriale e urbanistica e delle relative varianti, le amministrazioni devono sospendere ogni determinazione in ordine: a) all'autorizzazione di interventi che siano in contrasto con le prescrizioni del piano adottato, o incompatibili con gli indirizzi dello stesso o tali da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione; b) all'approvazione di strumenti di pianificazione che presentino previsioni in contrasto con quanto disposto dal piano e dalla variante adottati. L’articolo richiama inoltre la possibilità per i Consigli comunali di anticipare gli effetti di salvaguardia al momento dell’assunzione della proposta di piano, nell’ambito del procedimento di approvazione del PUG, così come previsto dall’articolo 45, e facendo comunque salve le previsioni dell’articolo 4 in ordine agli interventi attuabili nella fase transitoria.
L’Articolo 28 (Indicazioni della cogenza delle previsioni di piano) dispone che gli strumenti di pianificazione devono specificare il grado di cogenza delle proprie disposizioni normative, indicando se si tratta di “prescrizioni” (disposizioni cogenti e autoapplicative che incidono direttamente sul regime giuridico dei beni disciplinati, regolando in modo vincolante gli usi e le trasformazioni consentiti, e che devono essere osservate da tutti i soggetti pubblici e privati, prevalendo sulle disposizioni incompatibili contenute negli strumenti e negli atti amministrativi attuativi assunti in data antecedente) o di “indirizzi” (disposizioni volte ad orientare gli usi e le trasformazioni del territorio, allo scopo di perseguire finalità generali ovvero obiettivi prestazionali, pur riconoscendo ai soggetti pubblici e privati chiamati ad osservarli ambiti di autonomia nell’individuazioni delle modalità, dei tempi o del grado di realizzazione dei risultati indicati). Il Titolo III - Strumenti di pianificazione (articoli 29-54) disciplina i diversi strumenti di pianificazione urbanistica (PUG e accordi operativi) e territoriale (PTR, PTM e PTAV), i loro ambiti di competenza e i contenuti essenziali, il procedimento di approvazione, le relative misure di semplificazione, ed il procedimento unico per l’approvazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico e delle modifiche agli insediamenti produttivi esistenti.
L’Articolo 29 (Piani urbanistici e territoriali) richiama il contenuto generale del Titolo III e demanda ad un atto di coordinamento della Giunta la definizione di ulteriori indirizzi sui contenuti dei piani e le politiche generali che li caratterizzano. Dispone inoltre che fino all’emanazione di tale atto continuano a trovare applicazione le definizioni uniformi contenute nell’Allegato A (Contenuti della pianificazione) dell’attuale LR 20/2000.
L’Articolo 30 (Strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni e piani intercomunali) chiarisce che il nuovo sistema di pianificazione urbanistica comunale, volto a semplificare l’attuale sistema della LR 20/2000 (basato sul Piano strutturale comunale / PSC, Regolamento urbanistico edilizio / RUE, Piano operativo comunale / POC, e Piani urbanistici attuativi / PUA), ed a valorizzare i processi negoziali nella definizione operativa degli interventi, si articola: nel PUG (Piano Urbanistico Generale), il quale stabilisce la disciplina di competenza comunale sull’uso e la trasformazione del territorio, con particolare riguardo ai processi di rigenerazione urbana; negli accordi operativi e nei piani attuativi di iniziativa pubblica con i quali, in conformità al PUG, il Comune attribuisce i diritti edificatori, stabilisce la disciplina di dettaglio delle trasformazioni e il loro contributo alla realizzazione degli obiettivi indicati nella parte del PUG denominata “strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale”. Si precisa che detti strumenti sostituiscono ogni piano urbanistico operativo e attuativo, comunque denominato, previsto dalla legislazione vigente, e che sia essi che il PUG si attuano attraverso i titoli abilitativi edilizi previsti dalla normativa vigente. Si chiarisce che ogni riferimento al Comune ed alla pianificazione urbanistica comunale si intende riferito anche alle Unioni di Comuni ed alle relative funzioni di pianificazione, nel caso in cui i Comuni aderiscano ad una Unione alla quale siano state conferite tali funzioni. Si dispone inoltre che il PTM (Piano Territoriale Metropolitano) ed il PTAV (Piano territoriale di area vasta), disciplinati nello stesso Titolo, possono prevedere, l’obbligo, per i Comuni facenti parte di una Unione alla quale non siano state conferite le funzioni di pianificazione, ma che presentino una contiguità insediativa ovvero una stretta connessione funzionale dei sistemi urbani, di attuare particolari forme di cooperazione nella pianificazione urbanistica e nelle altre funzioni di governo del territorio, tra cui l’approvazione e attuazione di PUG intercomunali. Si precisa che in ogni caso la predisposizione e approvazione di piani urbanistici intercomunali può essere concordata tra i Comuni facenti parte di una Unione alla quale non siano state conferite le funzioni di pianificazione urbanistica. In questi casi di collaborazione stabilita dai piani territoriali o concordata tra i Comuni, si dispone che attraverso accordi territoriali siano definiti le attività che saranno svolte dall’Unione per coordinare e accelerare la redazione del piano intercomunale, le forme di partecipazione di ciascun ente all'attività tecnica di predisposizione del piano, il riparto delle relative spese e le modalità semplificate di assunzione degli atti di approvazione del piano da parte dei Comuni e dell’Unione.
L’Articolo 31 (Piano Urbanistico Generale - PUG) definisce il PUG quale strumento di pianificazione che il Comune predispone, con riferimento a tutto il proprio territorio, “per delineare le invarianze strutturali e le scelte strategiche di assetto e sviluppo urbano di propria competenza, orientate prioritariamente alla rigenerazione del territorio urbanizzato, alla riduzione del consumo del suolo e alla sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni”, secondo quanto stabilito dal Titolo II. In particolare il PUG, sulla base dei quadri conoscitivi e delle informazioni di cui ai precedenti articoli 22 e 23, e di approfondite analisi e valutazioni dei tessuti urbani esistenti, deve individuare il perimetro del territorio urbanizzato, nonché i vincoli e le invarianze strutturali di propria competenza di cui al successivo articolo 32; disciplinare gli interventi di riuso e rigenerazione del territorio urbanizzato, di cui all’articolo 33; stabilisce la strategia per la qualità urbana ed ecologico-ambientale, di cui all’articolo 34; disciplinare i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato e la disciplina del territorio rurale, ai sensi degli articoli 35 e 36, fatto salvo quanto previsto più avanti, all’articolo 41, in ordine alla componente strutturale del PTM.
L’Articolo 32 (Perimetro del territorio urbanizzato, tutela del centro storico ed altre invarianze strutturali di competenza comunale) dispone che il PUG, sulla base del quadro conoscitivo, individui in generale tutti gli elementi strutturali riconosciuti di competenza comunale dalla legge, individuando, in particolare, il perimetro del territorio urbanizzato, il perimetro del centro storico e, per i Comuni costieri, quello dell’arenile. Il perimetro del territorio urbanizzato deve comprendere tutte le aree edificate con continuità, comprese le dotazioni territoriali, le infrastrutture, gli impianti tecnologici, le attrezzature e i servizi comunque denominati, i parchi urbani nonché i lotti e gli spazi inedificati dotati di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti. Deve comprendere inoltre le aree per le quali siano stati rilasciati o presentati titoli abilitativi edilizi per nuove costruzioni o siano state stipulate convenzioni urbanistiche attuative, nonché le aree di completamento individuate dal piano vigente alla data di entrata in vigore della legge e collocate all’interno del territorio urbanizzato o contermini allo stesso, ed i lotti residui non edificati, dotati di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti in quanto facenti parte di un piano urbanistico attuativo comunque denominato, attuato o in corso di completamento alla data di entrata in vigore della legge. Sono invece escluse dal territorio urbanizzato le aree rurali (comprese quelle intercluse tra più aree urbanizzate, aventi anche una elevata contiguità insediativa); l’edificato sparso o discontinuo, collocato nel territorio rurale o lungo la viabilità e le relative aree di pertinenza e di completamento; le aree permeabili collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato che non siano dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti; le aree di pertinenza delle infrastrutture per la mobilità, collocate al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato. Il PUG deve inoltre perimetrare il centro storico, in conformità all’individuazione del sistema insediativo storico operata dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), individuandone gli elementi peculiari e le potenzialità di qualificazione e sviluppo, nonché gli eventuali fattori di abbandono o degrado sociale, ambientale ed edilizio, e stabilendo la disciplina generale diretta ad integrare le politiche di salvaguardia e riqualificazione del centro storico con le esigenze di rivitalizzazione e rifunzionalizzazione dello stesso, anche con riguardo alla presenza di attività commerciali e artigianali e alla tutela degli esercizi aventi valore storico e artistico. In particolare nella disciplina del centro storico il PUG deve vietare: a) la modifica dei caratteri che connotano la trama viaria ed edilizia, nonché dei manufatti anche isolati che costituiscono testimonianza storica o culturale e fattori identitari della comunità locale; b) rilevanti modifiche alle destinazioni d'uso in atto, in particolare di quelle residenziali, artigianali e di commercio di vicinato; c) l’edificazione delle aree e spazi rimasti liberi destinati ad usi urbani collettivi, nonché quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici. Il PUG può peraltro prevedere specifici interventi in deroga a questi divieti in ambiti determinati del centro storico, da attuare mediante accordi operativi, e può inoltre individuare parti del centro storico prive dei caratteri storico architettonici, culturali e testimoniali, nelle quali sono ammessi interventi di riuso e rigenerazione, anche con aumento delle volumetrie, per l’eliminazione degli elementi incongrui ed il miglioramento della qualità urbanistica ed edilizia. Il PUG può inoltre individuare gli edifici che, pur non compresi negli elenchi previsti dalla Parte II del Codice dei beni culturali (DLgs 42/2004), presentano un particolare interesse storico-architettonico, o culturale e testimoniale, con le relative aree di pertinenza, specificando per ciascuno le categorie degli interventi di recupero ammissibili, gli elementi architettonici o tipologici da salvaguardare, le modalità di intervento ed i materiali utilizzabili, nonché le destinazioni d'uso compatibili con la struttura e la tipologia dell'edificio e con il contesto ambientale. Per i Comuni costieri il PUG deve inoltre individuare il perimetro del territorio comunale facente parte dell’arenile, soggetto all’omonimo piano di cui all’art. 3, co. 2, della legge regionale sul demanio marittimo (LR 9/2002).
L’Articolo 33 (Disciplina del territorio urbanizzato) esplicita che l’oggetto principale del PUG è la disciplina dell’assetto fisico e funzionale del sistema insediativo esistente, del quale deve analizzare e valutare le caratteristiche urbanistiche ed edilizie, ambientali e storico culturali, per individuare e regolamentare gli interventi idonei al riuso e alla rigenerazione del territorio urbanizzato ai sensi dei precedenti articoli 7-17. A tale scopo il PUG deve contenere lo schema di assetto del territorio urbanizzato il quale, attraverso una cartografia a carattere necessariamente ideogrammatico (e non attraverso perimetrazioni), individua le parti della città le quali, avendo caratteristiche omogenee, dal punto di vista funzionale, morfologico, ambientale, paesaggistico e storico culturale, richiedono una disciplina uniforme. Per ognuna di queste parti il PUG definisce gli obiettivi generali di miglioramento della qualità urbana e ambientale, le dotazioni, infrastrutture e servizi ritenute necessari, come regolato al seguente articolo 34, nonché la gamma degli usi e delle trasformazioni ammissibili, stabilendo per ciascuna tipologia i requisiti e le condizioni cui è subordinato l’intervento e gli incentivi urbanistici riconosciuti. In particolare per ogni parte del territorio urbanizzato il PUG deve definire gli interventi di addensamento e sostituzione urbana subordinati ad accordi operativi (come già indicato all’art. 7, co. 3, lettera c, e all’art. 32, co. 6), e gli interventi sul tessuto urbano consolidato che possono essere attuati direttamente con la presentazione di un titolo abilitativo edilizio. Per questi ultimi (cd. interventi diretti), il PUG deve fornire una univoca rappresentazione cartografica degli immobili interessati e stabilire la disciplina urbanistica di dettaglio da osservare. In particolare il PUG deve disciplinare compiutamente i mutamenti di destinazione d’uso e le trasformazioni edilizie da promuovere nel centro storico e negli insediamenti storici in territorio rurale, nonché gli interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio tutelato dal piano, come al precedente articolo 32, e inoltre gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, definiti al precedente articolo 7. L’articolo ribadisce infine che il PUG non può stabilire la capacità edificatoria, anche potenziale, delle aree del territorio urbanizzato né stabilire la disciplina di dettaglio degli interventi ammissibili, con la sola eccezione degli interventi attuabili per intervento diretto.
L’Articolo 34 (Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale) disciplina la parte del PUG denominata “Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale”, la quale deve perseguire l’obiettivo di rafforzare l’attrattività e competitività dei centri urbani e del territorio, elevandone la qualità insediativa ed ambientale tramite la crescita e qualificazione dei servizi e delle reti tecnologiche, l’incremento quantitativo e qualitativo degli spazi pubblici, la valorizzazione del patrimonio identitario, culturale e paesaggistico, il miglioramento delle componenti ambientali, lo sviluppo della mobilità sostenibile, il miglioramento del benessere ambientale e l’incremento della resilienza del sistema abitativo rispetto ai fenomeni di cambiamento climatico e agli eventi sismici. La strategia deve inoltre indicare i criteri e le condizioni generali costituenti il quadro di riferimento per gli accordi operativi. In particolare deve indicare gli obiettivi generali, con i requisiti prestazionali e le condizioni di sostenibilità da soddisfare, che attengono ai livelli quantitativi e qualitativi del sistema delle dotazioni territoriali, delle infrastrutture per la mobilità e dei servizi pubblici da realizzare nel territorio comunale, ed al grado di riduzione della pressione del sistema insediativo sull’ambiente naturale, di adattamento ai cambiamenti climatici, di difesa o di delocalizzazione dell’abitato e delle infrastrutture a rischio e di miglioramento della salubrità dell’ambiente urbano, anche grazie all’attuazione delle misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e alla realizzazione e al potenziamento delle dotazioni ecologiche e ambientali, di cui ai precedenti articoli 20 e 21. Deve inoltre definire l’assetto spaziale di massima degli interventi e delle misure ritenute necessarie e, tenendo conto delle significative carenze pregresse di dotazioni, infrastrutture e servizi pubblici e delle situazioni di vulnerabilità accertate dal quadro conoscitivo per areali urbani omogenei individuati ai sensi del precedente articolo 33, deve individuare i fabbisogni specifici da soddisfare nei medesimi areali, anche fornendo indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo. Tali indicazioni di massima sono poi specificate in sede di accordo operativo senza che ciò costituisca variante al PUG, fermo restando il soddisfacimento del fabbisogno definito dalla strategia. La strategia deve inoltre individuare il fabbisogno complessivo di alloggi di edilizia residenziale sociale, specificando le diverse esigenze abitative presenti nel territorio comunale alla luce delle analisi demografiche operate dal quadro conoscitivo, e deve stabilire il concorso degli interventi di riuso e rigenerazione e di nuova urbanizzazione al soddisfacimento di tale fabbisogno. Nei Comuni ad alta tensione abitativa la strategia deve prevedere una quota complessiva di edilizia residenziale sociale non inferiore al venti per cento degli alloggi ammissibili, stabilendo le modalità attraverso cui gli interventi di rigenerazione urbana e le nuove urbanizzazioni concorrono alla realizzazione. Tutti i citati contenuti della strategia costituiscono riferimento necessario, in sede di elaborazione degli accordi operativi e dei permessi di costruire convenzionati, per la determinazione delle dotazioni, infrastrutture e servizi cui è subordinata la realizzazione degli interventi. Inoltre la strategia deve individuare le azioni, ordinate secondo criteri di rilevanza e fattibilità, le quali consentono di attuare le esigenze prestazionali, le condizioni di sostenibilità e i fabbisogni specifici sopra richiamati, attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche, dei proventi del contributo straordinario e delle monetizzazioni delle aree a standard, nonché attraverso la negoziazione con gli operatori privati in sede di perfezionamento degli accordi operativi. Si dispone infine che gli atti di programmazione dei lavori pubblici comunali devono essere predisposti in coerenza con quanto previsto dalla strategia.
L’Articolo 35 (Disciplina delle nuove urbanizzazioni) specifica in primo luogo che per le nuove urbanizzazioni attuabili, nel rispetto dei limiti sul consumo di suolo (definiti agli articoli 5 e 6), fuori dal territorio urbanizzato o nelle aree permeabili del territorio urbanizzato prive di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, il PUG, nella strategia di cui al precedente articolo, deve stabilire i requisiti prestazionali e le condizioni di sostenibilità ambientale e territoriale nonché il concorso delle nuove previsioni alla realizzazione del fabbisogno di edilizia residenziale sociale, nel rispetto delle dotazioni minime di aree pubbliche definite più avanti nello stesso articolo. Per i nuovi insediamenti fuori del territorio urbanizzato si dispone che essi devono assicurare la contemporanea realizzazione, oltre alle infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, delle attrezzature e spazi collettivi richiesti dalla strategia; le condizioni di accessibilità tra cui i sistemi per la mobilità ciclabile e pedonale protetta nonché, compatibilmente con le condizioni locali, il trasporto pubblico locale; i servizi idrici integrati e le altre reti e impianti tecnologici ed energetici; le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e le dotazioni ecologiche ed ambientali stabilite ai precedenti articoli 20 e 21. Si stabilisce che le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e le dotazioni ecologiche e ambientali prescritte per il nuovo insediamento non sono oggetto di scomputo dal contributo di costruzione e non possono essere monetizzate. Si definiscono quindi le dotazioni minime di aree pubbliche per attrezzature e spazi collettivi che devono essere assicurate nelle nuove urbanizzazioni attuabili fuori dal territorio urbanizzato, oltre alle aree destinate alla viabilità, in relazione al dimensionamento degli insediamenti previsti, confermando le previsioni della L.R. n. 20/2000: a) per l'insieme degli insediamenti residenziali, 30 mq per ogni abitante effettivo e potenziale del Comune; b) per l'insieme degli insediamenti ricreativi, ricettivi, direzionali e commerciali, 100 mq per ogni 100 mq di superficie lorda di pavimento; c) per l'insieme degli insediamenti produttivi, industriali, artigianali e per il commercio all'ingrosso, una quota non inferiore al 15% della superficie complessiva destinata a tali insediamenti; d) per l’insieme degli insediamenti produttivi e logistici ricadenti negli ambiti dei porti di II categoria – I classe (porti di rilevanza economica internazionale secondo la legge 84/1994 e il dm 1776/1975: attualmente, nella nostra regione, il porto di Ravenna) una quota di dotazioni minime di aree pubbliche non inferiore al 10% della superficie complessiva destinata a tali insediamenti; e) per i nuovi insediamenti produttivi facenti parte di un interporto o contigui ad uno scalo o terminal ferroviario, una quota non inferiore al 10% della superficie complessiva destinata a tali insediamenti, in ragione della riduzione dei parcheggi pubblici necessari qualora una convenzione assicuri per l’insediamento l’utilizzo prevalente e continuativo del trasporto ferroviario delle merci. Si dispone quindi che il PUG, sulla base delle previsioni della pianificazione territoriale e settoriale, deve ricostruire la griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per le nuove previsioni, stabilendo limiti, condizioni e opportunità insediative che ne derivano. In tale contesto i principali elementi strutturali del territorio extraurbano sono costituiti da: a) il sistema delle infrastrutture per la mobilità, delle reti tecnologiche e dei servizi di rilievo sovracomunale esistenti o previsti dai piani e programmi; b) il sistema delle tutele ambientali, paesaggistiche e storico culturali; c) le caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni; d) le caratteristiche dei suoli e dei servizi ecosistemici da essi svolti; e) le aree caratterizzate da situazioni di rischio industriale o naturale, comprese quelle che presentano situazioni di pericolosità sismica locale. In particolare il PUG deve fornire puntuali rappresentazioni cartografiche dei citati elementi strutturali e definire attraverso apposite zonizzazioni gli ambiti destinati ad assicurare la fattibilità delle opere pubbliche e di interesse pubblico, con l’eventuale apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la puntuale individuazione delle aree di pertinenza delle opere programmate. Si precisa che il PUG non deve comunque contenere individuazioni cartografiche delle aree idonee ai nuovi insediamenti, bensì deve indicare, attraverso rappresentazioni ideogrammatiche, le parti del territorio extraurbano, contermini al territorio urbanizzato, che non presentano fattori preclusivi o fortemente limitanti alle trasformazioni urbane e che beneficiano delle opportunità di sviluppo insediativo derivanti dalle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici in essere o in corso di realizzazione, secondo quanto definito dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale.
L’Articolo 36 (Territorio rurale) disciplina la pianificazione del territorio rurale indicando in primo luogo i relativi obiettivi generali di tutela e valorizzazione dei territori agricoli e delle relative capacità produttive agroalimentari, di salvaguardia delle diverse vocazionalità tipiche e di valorizzazione dell’agricoltura periurbana e dei parchi agricoli. Dispone quindi che compete al PUG (fatte salve per i Comuni della Città metropolitana di Bologna le particolari previsioni del PTM, di cui al successivo articolo 41) dettare la disciplina degli usi e delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie funzionali all’attività agricola e a quelle ad essa connesse, in conformità alle disposizioni di tutela e valorizzazione del valore paesaggistico del territorio rurale, stabilite dal PTPR (Piano territoriale paesistico regionale, di cui al successivo articolo 64), nel rispetto della disciplina ambientale. In proposito si prevede che in attesa dell’approvazione del nuovo PTPR un atto di coordinamento tecnico della Giunta regionale stabilisca le linee guida in merito alla tutela e qualificazione paesaggistica e ambientale del territorio rurale e al recupero e valorizzazione degli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale che lo connotano. Si precisa poi che nel territorio rurale il PUG deve perseguire il recupero del patrimonio edilizio esistente per soddisfare le esigenze abitative e produttive delle aziende agricole insediate, promuovendo gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica con le relative misure previste all’articolo 8. In tale contesto si dispone che la realizzazione di nuovi fabbricati è ammessa solo qualora sia necessaria alla conduzione del fondo, all'esercizio dell’attività agricola e di quelle ad essa connesse, secondo quanto disposto dalla legge e della disciplina di settore, e solo nel caso in cui non sussistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso o nella trasformazione di fabbricati esistenti. L’esigenza della costruzione di nuovi fabbricati aziendali produttivi aventi un rilevante impatto ambientale e territoriale, secondo i criteri definiti dal PUG, deve essere dimostrata attraverso la presentazione, in allegato alla richiesta del titolo abilitativo edilizio, di un Programma di Riconversione o Ammodernamento dell’attività agricola (PRA) asseverato da tecnico abilitato in conformità alla normativa di settore. Il Comune deve controllare a campione i PRA presentati. Si precisa che gli interventi che secondo il PUG non comportano impatti considerati rilevanti sono subordinati al solo titolo abilitativo edilizio. I nuovi fabbricati devono essere comunque realizzati all’interno o in adiacenza ai centri aziendali, evitando la realizzazione di insediamenti isolati che frammentino e alterino la struttura consolidata del paesaggio rurale, fatta salva l’osservanza delle prescrizioni zootecniche o igienico sanitarie che stabiliscono distanze minime per i nuovi impianti. Il PUG deve poi individuare e disciplinare l’edificato sparso o discontinuo non facente parte del territorio urbanizzato e le relative aree di pertinenza e di completamento, promuovendo gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica. Il PUG deve inoltre disciplinare il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola e di quelle ad essa connesse, con riferimento alle diverse caratteristiche del territorio rurale, nel rispetto della disciplina dettata dal PTPR e dal PTM, allo scopo di conseguire prioritariamente il recupero e la valorizzazione degli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale, la qualificazione del paesaggio e il contrasto allo spopolamento e abbandono delle aree remote e marginali, secondo le seguenti regole: a) per gli edifici con originaria funzione abitativa sono consentiti interventi di recupero a fini residenziali non legati all'esercizio dell’attività agricola, nonché per altri usi ammessi dal PUG, compatibili con la tipologia dell'immobile e il contesto ambientale e paesaggistico; b) per gli edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa sono consentiti unicamente gli interventi di recupero, comprensivi della demolizione e ricostruzione, che risultino compatibili con la conservazione delle caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e per gli usi ammessi dal PUG; c) nei due casi precedenti è ammessa la demolizione dei manufatti edilizi aventi funzione accessoria che siano stati legittimamente realizzati o oggetto di sanatoria, quali i depositi attrezzi, i ricoveri per animali domestici e i magazzini, nonché il recupero delle relative superfici con l’ampliamento dell’edificio principale ovvero con la realizzazione in adiacenza allo stesso di fabbricati autonomi aventi le destinazioni d’uso dei manufatti accessori originari o quelle consentite dal piano. Questi interventi sono però condizionati alla completa rimozione di tettoie, baracche e di altri manufatti precari e di strutture leggere; d) tutti i citati interventi di recupero sono subordinati all'esistenza della dotazione minima di infrastrutture e di servizi, necessaria a garantire la sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti diffusi, attinenti in particolare alle infrastrutture per l'urbanizzazione e per la mobilità; e) nei restanti casi di edifici dismessi o in via di dismissione, non più funzionali all’attività agricola e di quelle ad essa connesse, per incentivare la totale rimozione di tali manufatti e migliorare la qualità ambientale e paesaggistica del territorio rurale, il PUG può prevedere la stipula di accordi operativi per disciplinare interventi volti al recupero di una quota progressivamente minore della superficie coperta originaria, comunque non superiore al 10% della stessa, ovvero al 20% qualora siano necessarie opere di bonifica del sito. Per i fabbricati individuati come opere incongrue (vedi art. 14) il PUG può consentire accordi operativi che prevedano il recupero di una quota maggiore, comunque non superiore al 50% della superficie coperta originaria, parametrata ai costi dell’intervento specificati nella dovuta relazione economico finanziaria. La convenzione urbanistica deve prevedere, a cura e spese degli interessati, la pagina 33 di 141 completa e preventiva demolizione dei manufatti esistenti, la rinaturazione dell’area di sedime e di pertinenza e la costruzione di edifici, anche di diversa tipologia e destinazione d'uso, in aree collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato o contigue allo stesso, individuate dal PUG. Si precisa che tali interventi non sono computati ai fini del calcolo della quota massima del consumo del suolo definita all’articolo 6, ma sono soggetti al pagamento del contributo di costruzione, comprensivo del contributo straordinario. L’attuazione degli interventi di recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola e di quelle ad essa connesse, comporta, per le unità poderali agricole cui erano asserviti gli edifici riutilizzati a fini non agricoli, i due seguenti limiti: a) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione abitativa, è esclusa la possibilità di realizzare nuovi edifici abitativi connessi all'agricoltura; b) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa, la realizzazione di nuovi manufatti funzionali all'esercizio dell'agricoltura è comunque precluso per 10 anni dalla data della dovuta trascrizione nei registri immobiliari. Dopo i 10 anni gli stessi interventi sono subordinati alla presentazione di un PRA e alla verifica da parte del Comune dell'esistenza di sopravvenute esigenze dell'azienda, conseguenti alla riconversione dei sistemi di produzione agricola. Le citate limitazioni alla capacità edificatoria delle unità poderali agricole devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari a cura e spese degli interessati, all’atto della variazione catastale degli edifici non più funzionali all'agricoltura. Si richiama in proposito l’obbligo di comunicazione al Comune previsto all’articolo 7 della legge regionale edilizia (LR 15/2013). Il PUG può subordinare gli anzidetti interventi di recupero non richiedenti accordo operativo alla stipula di una convenzione con la quale il proprietario si impegni, in luogo del pagamento del contributo di costruzione, alla realizzazione in tutto o in parte delle infrastrutture e dei servizi occorrenti, o di determinate opere necessarie alla tutela e riqualificazione ambientale dell'area.
L’Articolo 37 (Tavola dei vincoli) dispone che i Comuni, per favorire la conoscibilità e il coordinamento delle prescrizioni conformative del territorio e dei vincoli morfologici, paesaggistici, ambientali, storico culturali e infrastrutturali che gravano sul territorio e di semplificare la presentazione e il controllo dei titoli edilizi e ogni altra attività di verifica di conformità degli interventi di trasformazione, devono integrare nei piani urbanistici e nelle relative varianti uno strumento conoscitivo denominato "Tavola dei vincoli", nel quale sono rappresentati tutti i vincoli e le prescrizioni che precludono, limitano o condizionano l'uso o la trasformazione del territorio, derivanti, oltre che dagli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti, dalle leggi, dai piani generali o settoriali, ovvero dagli atti amministrativi di apposizione di vincoli di tutela. La Tavola deve essere corredata da un elaborato, denominato "Scheda dei vincoli", che riporta per ciascun vincolo o prescrizione, l'indicazione sintetica del suo contenuto e dell'atto da cui deriva. Per favorire la predisposizione della Tavola, la Regione, la Città metropolitana e i soggetti d’area vasta mettono a disposizione dei Comuni in formato digitale gli elaborati dei piani che individuano i perimetri degli ambiti soggetti a prescrizioni e vincoli territoriali. Si prevede inoltre che la Regione, in collaborazione con le amministrazioni competenti, provveda con appositi atti ricognitivi ad individuare, aggiornare periodicamente e mettere a disposizione dei Comuni in formato digitale la raccolta dei vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico artistici che gravano sul territorio regionale. La Tavola dei vincoli costituisce, a pena di illegittimità, elaborato costitutivo degli strumenti di pianificazione urbanistica e delle relative varianti, e che a tale scopo il parere di legittimità e regolarità amministrativa dell'atto di approvazione dello strumento urbanistico debba attestare la sussistenza della stessa Tavola. Inoltre, nel documento di Valsat di ogni strumento urbanistico che stabilisca la localizzazione di opere o interventi in variante alla pianificazione, deve essere contenuto un capitolo, denominato "Verifica di conformità ai vincoli e prescrizioni", nel quale si dà atto analiticamente che le previsioni del piano sono conformi ai vincoli e prescrizioni che gravano sull'ambito territoriale interessato. Si dispone poi che i Comuni, attraverso deliberazione ricognitive del Consiglio comunale, non costituenti variante al piano, debbano aggiornare la Tavola dei vincoli, anche a seguito dell’approvazione di leggi, di piani o atti di altre amministrazioni preposte alla cura del territorio, che comportano la modifica delle prescrizioni o dei vincoli che gravano sul territorio comunale. Le stesse deliberazioni devono anche individuare le previsioni del PUG e degli accordi operativi che hanno cessato di avere efficacia, in quanto incompatibili con le leggi, i piani e gli atti sopravvenuti che hanno disposto vincoli e prescrizioni immediatamente operanti nel territorio comunale. Si prevede inoltre che un atto di coordinamento tecnico della Giunta regionale possa stabilire gli standard tecnici e le modalità di rappresentazione e descrizioni dei vincoli e delle prescrizioni, per assicurare l'uniforme applicazione e agevolare l'interpretazione e l'interpolazione dei relativi dati e informazioni.
L’Articolo 38 (Accordi operativi e piani attuativi di iniziativa pubblica) disciplina il nuovo strumento di pianificazione urbanistica definito “Accordo operativo”, il quale, come indicato all’articolo 30, sostituisce ogni piano urbanistico operativo e attuativo di iniziativa privata, comunque denominato, previsto dalla legislazione vigente. In particolare, l’articolo 38 specifica che le previsioni del PUG relative al riuso e alla rigenerazione del territorio urbanizzato e alle nuove urbanizzazioni si attuano attraverso accordi operativi, fatte salve le trasformazioni soggette ad intervento diretto. Definisce inoltre la disciplina per la definizione e approvazione degli accordi, indicando in primo luogo che il Comune può promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi attraverso la pubblicazione periodica di avvisi pubblici di manifestazione di interesse, nei quali esplicita gli obiettivi prioritari da perseguire nell’attuazione delle previsioni del PUG. L’avviso può fornire indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo per gli ambiti che presentano un particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale o che sono caratterizzati da una significativa carenza di tali fattori identitari, dalla mancanza di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici o da significative criticità ambientali, o per areali che richiedano il coordinamento di una pluralità di interventi. Si stabilisce poi che ai fini della stipula degli accordi, i privati devono presentare al Comune una proposta contenente i tre seguenti elaborati: a) il progetto urbano, il quale rappresenta puntualmente l’assetto urbanistico ed edilizio dell’ambito territoriale interessato comprensivo, assieme agli interventi di interesse privato, delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici correlati all’intervento che l’operatore si impegna a realizzare, in conformità alle previsioni della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, e delle eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e dotazioni ecologiche e ambientali stabilite ai sensi dei precedenti articoli 20 e 21; b) la convenzione urbanistica, nella quale sono definiti gli obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico assunti dal privato, il cronoprogramma degli interventi e le garanzie finanziarie che il privato si impegna a prestare, per assicurare la realizzazione e cessione al Comune delle opere pubbliche previste dal progetto urbano; c) la relazione economico finanziaria, la quale illustra analiticamente i valori economici degli interventi pubblici e privati programmati e ne dimostra la fattibilità. La relazione dev’essere corredata dalle certificazioni camerali e dalle documentazioni finanziarie idonee ad attestare che l’operatore possiede le competenze professionali e dispone delle risorse finanziarie necessarie per la completa attuazione del programma di interventi o degli stralci funzionali in cui lo stesso eventualmente si articola. Come già disposto all’articolo 2, si ribadisce che il Comune deve acquisire l’informazione antimafia, prevista dall’art. 84, comma 3, del Codice delle leggi antimafia (DLgs 159/2011) con riferimento ai soggetti che propongono la stipula degli accordi operativi, e si dispone che la convenzione urbanistica debba riportare una clausola risolutiva secondo la quale, in caso di informazione antimafia interdittiva, il Comune procederà alla risoluzione della convenzione nei confronti dei destinatari del provvedimento prefettizio. Si dispone che non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni per la previsione urbanistica degli insediamenti e la loro attivazione (c.d. extraoneri), fatta salva la corresponsione, secondo quanto previsto dalla legge, del contributo di costruzione comprensivo del contributo straordinario. Si fissa in 60 giorni il termine perentorio entro il quale l’Ufficio di piano del Comune deve verificare la conformità della proposta al PUG e alla pianificazione territoriale vigente, valutando l’interesse pubblico alla sua realizzazione. Il termine è raddoppiato in ipotesi di particolare complessità, anche secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento. Entro lo stesso termine, qualora la strategia del PUG non abbia individuato specificamente le dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici dovute per il tipo di intervento, l’Ufficio di piano, deve svolgere una negoziazione con i privati interessati, per definire il concorso degli stessi alla realizzazione degli obiettivi di qualità urbanistica ed ecologico-ambientale fissati dal piano, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento degli operatori. Nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine perentorio, qualora sia valutata la conformità della proposta di accordo alla disciplina vigente e sia raggiunta la condivisione dei contenuti, anche attraverso l’eventuale introduzione di modifiche concordate con gli interessati, la Giunta comunale procede al deposito della proposta di accordo presso la sede comunale per 60 giorni dalla data di pubblicazione sul sito web del Comune e sul BURERT (Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna) del relativo avviso di pubblicazione. Sullo stesso sito web deve essere pubblicata la documentazione relativa alla proposta di accordo. Entro lo stesso termine chiunque può prendere visione della proposta di accordo e presentare osservazioni. Il Comune può svolgere ulteriori forme di consultazione, sempre entro lo stesso termine. Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 19 nei quali gli accordi sono esentati dalla predisposizione della Valsat e dal parere del Comitato urbanistico (CU) di cui all’articolo 47, la proposta di accordo relativa a interventi da realizzare fuori del territorio urbanizzato deve essere trasmessa contemporaneamente al deposito ai soggetti competenti in materia ambientale, per acquisirne il parere entro il termine e con le modalità previste per la presentazione di osservazioni, ed al CU competente. In questa ipotesi il CU deve acquisire copia delle osservazioni presentate tempestivamente e formulare, entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento, il proprio parere in merito alla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo operativo. Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva. Per gli accordi relativi ad interventi di riuso e rigenerazione urbana che riguardano unicamente aree interne al territorio urbanizzato, si deve procedere alla verifica di assoggettabilità al parere del CU sulla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo, di cui al successivo articolo 39. Nei 30 giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, o alla scadenza termine per la formulazione del parere del CU, il Consiglio comunale deve decidere in merito alle osservazioni presentate, adeguare l’accordo al parere del CU oppure esprimersi su di esso con motivazioni puntuali e circostanziate, ed autorizzare o meno la stipula, adeguando in caso positivo l’accordo alle prescrizioni stabilite dall’eventuale provvedimento di verifica di assoggettabilità al parere sulla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo. In caso di autorizzazione, l’accordo dev’essere stipulato nei 10 giorni successivi dal privato proponente e dal responsabile dell’Ufficio di piano. Copia integrale dell’accordo sottoscritto dev’essere pubblicata sul sito web del Comune e depositata presso la sua sede per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta stipula dev’essere pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, cui è inviata copia dell’atto. L’accordo produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione nel BURERT dell’avviso, a condizione che alla medesima data esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione comunale, come previsto dall’articolo 39 del decreto trasparenza (DLgs 33/2013). L’accordo operativo può avere il valore e gli effetti di titolo abilitativo edilizio per tutti o parte degli interventi previsti, qualora il Comune accerti che sussistono i requisiti e le condizioni prescritti per le opere edilizie e siano stati acquisiti i pareri, le autorizzazioni e gli atti di assenso comunque denominati, previsti dalla normativa vigente. Eventuali varianti in corso d’opera possono essere autorizzate in fase attuativa con ordinari titoli edilizi. La stipula dell’accordo comporta l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità per le opere pubbliche e di interesse pubblico previste, previa comunicazione di un apposito avviso a coloro che risultano proprietari delle aree interessate secondo i registri catastali, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante posta elettronica certificata o altre soluzioni tecnologiche conformi al Codice dell'amministrazione digitale (art. 48, DLgs 82/2005). Si prevede poi che il Comune possa dotarsi di piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica, in particolare per gli ambiti che presentano un particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale o che sono caratterizzati da una significativa carenza di tali fattori identitari, dalla mancanza di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici o da significative criticità ambientali. Tali piani attuativi devono essere predisposti e approvati secondo il procedimento definito più avanti per il PUG, fatta eccezione per il termine per l’espressione del parere motivato del CU, il quale è ridotto a 30 giorni. Si dispone infine che per l’attuazione di questi piani il Comune debba promuovere il coinvolgimento dei soggetti interessati, attraverso la stipula di accordi con i privati ai sensi del successivo articolo 61. L’Articolo 39 (Verifica di assoggettabilità degli accordi operativi per interventi di riuso e rigenerazione urbana) disciplina la verifica di assoggettabilità al parere del CU sulla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo, cui sono sottoposti gli accordi operativi per interventi di riuso e pagina 36 di 141 rigenerazione che riguardano unicamente aree interne al territorio urbanizzato, nel caso in cui non siano esentati dalla predisposizione della Valsat e dalla valutazione del CU ai sensi degli articoli 11 e 19. Per tale verifica la Giunta comunale deve inviare la proposta di accordo operativo, valutata e pubblicata ai sensi del precedente articolo, e corredata dal rapporto preliminare di cui all’art. 12, DLgs 152/2006, ai soggetti competenti in materia ambientale, per acquisirne i relativi pareri. Tali pareri devono essere resi ed inviati entro il termine perentorio di 30 giorni al Comune e all’autorità competente per la valutazione ambientale, definita al precedente articolo 19 (Città metropolitana o soggetto di area vasta). Copia della proposta di accordo deve essere inviata anche alla stessa autorità competente, la quale, nei 10 giorni successivi al ricevimento può indicare altri soggetti competenti in materia ambientale da consultare, e può richiedere, per una sola volta, l’integrazione della documentazione. Tale richiesta di integrazione interrompe i termini della verifica di assoggettabilità. L’autorità competente, sentito il Comune e tenuto conto dei pareri pervenuti, ed entro il termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento della proposta di accordo, emette il provvedimento di verifica, assoggettando o escludendo l’accordo dalla valutazione del CU sulla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo, e definendo le eventuali necessarie prescrizioni. Si dispone infine che gli esiti della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, devono essere pubblicate integralmente sul sito web dell’autorità competente.
L’Articolo 40 (Piano Territoriale Regionale - PTR) disciplina il nuovo Piano territoriale regionale (PTR), con il quale la Regione deve integrare in un unico strumento di pianificazione, relativo all’intero territorio regionale, una componente strategica ed una strutturale, comprensive della disciplina per la tutela e la valorizzazione del paesaggio, di cui al Titolo V della legge, e della componente territoriale del Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT), di cui all’articolo 5 della LR 30/1998. Nella formazione del PTR la Regione deve perseguire la massima integrazione tra tutti i livelli istituzionali del governo territoriale, valorizzando le nuove sedi per la governance multilivello previste dalla LR 13/2015, quali strumenti di concertazione e codecisione delle strategie territoriali e di condivisione degli indirizzi. A tale fine la Giunta regionale deve stabilire le particolari forme di concertazione da attuare nel corso della fase di formazione del PTR, tra le quali la convocazione di una sessione speciale della Conferenza interistituzionale per l’integrazione territoriale, prevista dalla citata LR 13/2015, con la partecipazione dell’Assessore regionale competente in materia di pianificazione territoriale. La Regione deve assicurare l’integrazione ed il coordinamento tra le previsioni del PTR ed i contenuti del PTM (Piano Territoriale Metropolitano di cui al seguente articolo 41), in coerenza con il ruolo e le funzioni di governo del territorio della Città metropolitana di Bologna definite dalla LR 13/2015 “Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro Unioni” (art. 5). A tale scopo, nel corso della formazione del PTR, la Giunta regionale promuove la sottoscrizione di un accordo territoriale con la Città metropolitana, attuativo dell’intesa generale quadro prevista dall’articolo 5, co. 2, della citata LR 13/2015. Si definisce la componente strategica del PTR come la parte attinente alla definizione degli obiettivi, indirizzi e politiche che la Regione intende perseguire per garantire la tutela del valore paesaggistico, ambientale, culturale e sociale del suo territorio e per assicurare uno sviluppo economico e sociale sostenibile ed inclusivo, che accresca insieme la competitività e la resilienza del sistema territoriale regionale e salvaguardi la riproducibilità delle risorse. Questi contenuti strategici del PTR devono essere assunti quali riferimento necessario per il sistema della pianificazione di area vasta e locale e per i piani settoriali regionali aventi valenza territoriale, i quali si conformano alle indicazioni del PTR nella definizione degli obiettivi e degli scenari generali di riferimento, dandone atto nella Valsat, oppure procedono all’aggiornamento o integrazione delle previsioni del PTR con un’apposita variante. Si definisce la componente strutturale del PTR come la parte nella quale sono individuati e rappresentati i sistemi paesaggistico, fisico-morfologico, ambientale, storico-culturale che connotano il territorio regionale nonché le infrastrutture, i servizi e gli insediamenti che assumono rilievo strategico per lo sviluppo dell’intera comunità regionale e sono stabilite prescrizioni ed indirizzi per definire le relative scelte di assetto territoriale. Si dispone infine che il PTR debba definire: la Strategia regionale di sviluppo sostenibile, per gli aspetti a valenza territoriale, la quale costituisce il quadro di riferimento per la Valsat dei piani disciplinati dalla legge; la disciplina generale per la qualificazione e lo sviluppo paesaggistico ed ambientale del territorio rurale, in coerenza con gli obiettivi e le operazioni del Programma di sviluppo rurale della Regione Emilia Romagna, approvato dalla Commissione europea (per l’attuale Programma 2014-2020 si veda la deliberazione della Giunta regionale 636/2015, di presa d’atto dell’approvazione della Commissione europea).
L’Articolo 41 (Piano Territoriale Metropolitano - PTM) disciplina il PTM, attraverso il quale la Città metropolitana di Bologna, nell’esercizio del ruolo istituzionale definito dalla LR 13/2015 (Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro Unioni), per l’intero territorio di competenza e in coerenza con gli indirizzi del Piano Strategico Metropolitano (PSM) previsto dalla legge 56/2014 (cd. legge Delrio), definisce le scelte strategiche e strutturali di assetto del territorio funzionali alla cura dello sviluppo sociale ed economico territoriale, nonché alla tutela e valorizzazione ambientale dell’area metropolitana. Si prevede che la componente strategica del PTM costituisca parte integrante della pianificazione territoriale regionale, per quanto attiene al ruolo e agli obiettivi di sviluppo strategico dell’area metropolitana. A tale fine la Città metropolitana di Bologna, prima dell’approvazione del piano, deve proporre alla Regione la stipula di un accordo territoriale il quale sancisca la condivisione delle politiche territoriali metropolitane e la loro piena coerenza rispetto al quadro generale di assetto del territorio regionale stabilito dal PTR. Si precisa che la componente strategica del PTM deve definire: a) la visione condivisa circa gli scenari generali di riferimento e la vocazione delle varie parti del territorio, in considerazione delle caratteristiche fisico morfologiche, degli assetti socio economici ed insediativi, dei valori paesaggistici, ambientali e culturali che le connotano; b) la missione del territorio, da perseguire attraverso gli obiettivi di sviluppo sostenibili delle diverse realtà locali, con l’indicazione delle principali linee di assetto e di utilizzazione del territorio e dei diversi ruoli dei centri abitati nel sistema insediativo, specificando le funzioni e i servizi pubblici da rafforzare ed integrare; c) le azioni a scala territoriale necessarie per incrementare la resilienza degli insediamenti e del territorio, in rapporto all’attuazione della pianificazione settoriale regionale, tenendo conto delle caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità dei sistemi naturali ed antropici del territorio. La cartografia relativa ai contenuti strategici del PTM deve avere carattere ideogrammatico, come disposto all’articolo 24. Il PTM, nel rispetto della quota complessiva di suolo consumabile definita all’articolo 6, può assegnare ai Comuni, o alle Unioni di Comuni del territorio metropolitano, quote differenziate della capacità edificatoria ammissibile, secondo criteri di perequazione territoriale, previa verifica della sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti. Per le stesse finalità perequative la Città metropolitana deve istituire un fondo (fondo perequativo metropolitano), nel quale fare confluire una quota, non superiore al cinquanta per cento, delle risorse che derivano nei Comuni del territorio metropolitano dagli oneri di urbanizzazione secondaria, dal contributo straordinario e dalle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali. Il PTM deve regolamentare le modalità di gestione ed erogazione delle risorse del fondo, prevedendo la corresponsione a favore dei Comuni cui è riconosciuta una minore capacità edificatoria complessiva, di quelli che subiscono significativi impatti negativi dalla realizzazione di nuove urbanizzazioni nel territorio di altri Comuni e di quelli il cui territorio, soggetto a specifici vincoli paesaggistici e ambientali, fornisce significativi servizi ecosistemici alla comunità metropolitana. Il PTM può inoltre stabilire che una quota dei proventi derivanti dal contributo di costruzione dovuto per gli insediamenti ad alta attrattività, di seguito individuati, sia destinata alla realizzazione di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici di rilievo metropolitano o intercomunale, anche al di fuori dei territori comunali interessati dagli insediamenti. Il PTM, attraverso una componente strutturale coerente con quella strategia, deve inoltre stabilire per tutto il territorio metropolitano e i relativi Comuni, la disciplina delle nuove urbanizzazioni e definire le funzioni insediative e dei servizi di area vasta, relativamente, in particolare, a: a) le principali infrastrutture strategiche metropolitane, nonché i servizi per la mobilità di scala metropolitana; b) le reti, impianti e infrastrutture territoriali relativi ai servizi idrici integrati e agli impianti di produzione e distribuzione energetica; c) le dotazioni territoriali e i servizi pubblici di area vasta di tipo socio assistenziale, dell’istruzione superiore e della sicurezza del territorio; d) gli insediamenti cui la disciplina vigente riconosce rilievo sovracomunale per la forte attrattività di persone e di mezzi e per il significativo impatto sull’ambiente e sul sistema insediativo e della mobilità, quali poli funzionali, aree produttive sovracomunali e quelle ecologicamente attrezzate, grandi strutture di vendita, multisale cinematografiche di rilievo sovracomunale. Per l’attuazione di tali insediamenti il PTM può prevedere la necessità di accordi territoriali e di concorsi di architettura; e) le reti ecologiche e le altre infrastrutture verdi extraurbane; f) l’individuazione dei servizi ecosistemici ed ambientali forniti dal territorio; g) l’individuazione e la rappresentazione della griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del territorio urbanizzato; h) la disciplina del territorio rurale, in conformità a quanto definito nella legge e nel PTPR. La componente strutturale del PTM può inoltre individuare specifici ambiti del territorio destinati ad assicurare la fattibilità delle opere, lineari o puntuali, previste dallo stesso PTM, all’interno dei quali i piani urbanistici non possono prevedere trasformazioni incompatibili. Si precisa che gli strumenti urbanistici e gli altri atti che provvedono alla puntuale localizzazione di tali opere e all’apposizione dei relativi vincoli preordinati all’esproprio, comportano la cessazione dell’efficacia conformativa della zonizzazione stabilita dal PTM, senza che ciò costituisca variante.
L’Articolo 42 (Piano Territoriale di Area Vasta - PTAV), in coerenza alla citata LR 13/2015 (attuativa della cd. legge Delrio), stabilisce che per soggetti di area vasta si intendono le Province, le quali possono esercitare le funzioni pianificatorie anche in forma associata negli ambiti territoriali stabiliti ai sensi della stessa LR 13/2015. Si stabilisce quindi che a tali soggetti compete la funzione di pianificazione strategica d’area vasta, comprensiva del coordinamento delle scelte urbanistiche strutturali dei Comuni e loro Unioni incidenti su interessi pubblici che esulano dalla scala locale. Tale funzione è esercitata attraverso il Piano Territoriale di Area Vasta (PTAV), approvato dagli stessi soggetti di area vasta, il quale in particolare: a) deve definire gli indirizzi strategici di assetto e cura del territorio e dell’ambiente, in coerenza con gli obiettivi strategici regionali stabiliti dal PTR; b) può stabilire l’assegnazione ai Comuni di quote differenziate di capacità edificatoria ammissibile, secondo quanto previsto dall’articolo 6; c) deve dettare indirizzi per il coordinamento delle scelte generali e dei criteri localizzativi stabiliti dai piani comunali, relativamente: alle reti, impianti e infrastrutture tecnologiche di rilievo sovracomunale; alle dotazioni territoriali e servizi pubblici di area vasta; agli insediamenti caratterizzati dalla forte attrattività di persone e merci; alle reti ecologiche e alle altre infrastrutture verdi extraurbane; d) può individuare ambiti di fattibilità delle opere e infrastrutture di rilievo sovracomunale, come previsto per il PTM nel precedente articolo; e) può individuare i servizi ecosistemici ed ambientali forniti dai sistemi ambientali presenti nell'ambito territoriale di propria competenza. Vale quanto normato nel precedente articolo sul PTM, in ordine al dovuto carattere ideogrammatico della cartografia relativa ai contenuti strategici del PTAV. Si stabilisce inoltre che, qualora esercitino in forma associata la funzione di pianificazione strategica, i soggetti d’area vasta possano aver riconosciute ulteriori competenze pianificatorie, nell’osservanza del principio di adeguatezza e differenziazione, tramite accordo territoriale stipulato con la Regione, sentito il parere della Conferenza interistituzionale per l’integrazione territoriale, di cui alla LR 13/2015, integrata con la partecipazione dell’Assessore regionale competente in materia di pianificazione territoriale.
L’Articolo 43 (Unificazione del procedimento di piano) apre il Capo formato da cinque articoli che regola il procedimento di elaborazione e approvazione del PUG, dei piani territoriali e delle relative varianti, secondo una disciplina unificata rispetto ai diversi procedimenti previsti dall’attuale LR 20/2000. Si indicano in particolare tre principi generali che connotano tale procedimento: a) pubblicità e partecipazione dei cittadini alla formazione del piano; b) integrazione e non duplicazione degli adempimenti e atti previsti dal procedimento di valutazione ambientale; c) necessaria partecipazione dei livelli istituzionali a competenza più ampia al processo di approvazione dei piani, attraverso il meccanismo dell’atto complesso. Si precisa che le amministrazioni procedenti possono comunque integrare il procedimento con attività e adempimenti specificati nei successivi articoli, in considerazione della rilevanza e complessità delle previsioni dello strumento che si intende approvare. Si dispone infine che lo stesso procedimento si applica anche ai piani settoriali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina.
L’Articolo 44 (Consultazione preliminare) dispone che nella fase di prima elaborazione del piano, o della variante, il responsabile dell’Ufficio di piano convochi uno o più incontri di consultazione con ARPAE, con l’autorità competente per la valutazione ambientale, con i soggetti competenti in materia ambientale, e con tutte le altre amministrazioni competenti al rilascio di pareri, nulla osta e altri atti di assenso, comunque denominati, richiesti dalla legge per l’approvazione del piano. Si precisa che in coerenza alle norme statali sulla valutazione ambientale (art. 13 Dlgs 152/2006), questa consultazione tecnica preliminare è obbligatoria nel corso dell’elaborazione di PUG, PTAV, PTM e PTR, e delle relative varianti generali, mentre nel caso di varianti specifiche o di altri strumenti di pianificazione l’amministrazione procedente valuta l’opportunità della consultazione. Nel corso della prima fase della consultazione, ARPAE e gli altri soggetti convocati devono mettere gratuitamente a disposizione dell’amministrazione procedente i dati e le informazioni conoscitive in loro possesso, come già previsto all’articolo 23. L’Ufficio di piano avvia la consultazione preliminare presentando ai soggetti convocati gli obiettivi strategici che si intendono perseguire e le scelte generali di assetto del territorio, con le prime considerazioni sulle possibili alternative e sugli effetti significativi sull’ambiente e sul territorio che ne possono derivare. Rispetto a tali elementi gli enti partecipanti devono fornire contributi conoscitivi, valutativi e propositivi, in merito ai contenuti di piano illustrati ed alla definizione della portata e del livello di dettaglio delle informazioni da includere nel documento di Valsat. Si dispone infine che nel corso della elaborazione del piano, l’amministrazione procedente possa svolgere anche una prima fase dei percorsi partecipativi e di consultazione pubblica, previsti dalla legge, con riferimento agli stessi contenuti pianificatori sottoposti alla consultazione tecnica preliminare.
L’Articolo 45 (Fase di formazione del piano) regola la fase di formazione del piano, o della variante, la quale intercorre tra la formale assunzione della proposta di piano, completa di tutti gli elaborati costitutivi, da parte dell’organo di governo dell’amministrazione procedente, e la successiva adozione da parte dell’organo consiliare della stessa amministrazione. Tale fase di formazione è diretta alla consultazione del pubblico e dei soggetti nei cui confronti il piano è diretto a produrre effetti diretti, dei soggetti aventi competenza in materia ambientale, degli enti che esercitano funzioni di governo del territorio, e delle forze economiche e sociali, nonché all’eventuale stipula di accordi integrativi con i privati ai sensi dell’articolo 58. È inoltre diretta, conseguentemente, ad adeguare la proposta di piano da adottare ai contributi, alle osservazioni ed alle proposte ritenute utili, legittime e coerenti con gli obiettivi perseguiti. Si dispone quindi che l’organo di governo dell’amministrazione procedente assuma la proposta di piano, completa di tutti gli elaborati costitutivi, e la comunichi all’organo consiliare. Come previsto all’articolo 27, la stessa proposta può essere assunta dall’organo consiliare, ai fini dell’immediata applicazione delle norme di salvaguardia. La proposta comunque assunta dev’essere comunicata all’autorità competente per la valutazione ambientale, individuata all’articolo 19, in conformità a quanto previsto dalle norme statali (art. 13, co. 5, DLgs 152/2006). Una copia completa della proposta di piano è depositata, in forma cartacea, presso la sede dell’amministrazione procedente, ed è pubblicata sul sito web della stessa amministrazione, per un periodo di 60 giorni dalla data di pubblicazione sul BURERT di un avviso dell’avvenuto deposito, il quale deve indicare: a) lo strumento di pianificazione in corso di approvazione, le varianti ad altri strumenti di pianificazione che esso comporta, gli eventuali vincoli preordinati all’esproprio e dichiarazioni di pubblica utilità che ne derivano; b) il sito web nel quale il piano è pubblicato, la sede presso la quale è depositato in forma cartacea ed il termine perentorio entro cui chiunque può prenderne visione, ottenere le informazioni pertinenti e formulare osservazioni; c) il responsabile del procedimento ed il garante della comunicazione, di cui all’articolo 56, ove nominato. Lo stesso avviso è inoltre pubblicato, a fini informativi, sul sito web degli eventuali enti territoriali ricompresi nell’ambito di competenza dell’amministrazione procedente. Entro i 60 giorni del deposito chiunque può formulare osservazioni. L’amministrazione procedente può motivatamente prorogare il termine di presentazione delle osservazioni per un massimo di altri 60 giorni. Si vieta espressamente, peraltro, la possibilità di prevedere termini di deposito più lunghi e di esaminare osservazioni o altri contributi presentati tardivamente. Una comunicazione dell’avvenuto deposito, con le informazioni già previste per l’avviso di deposito, dev’essere trasmessa ai soggetti competenti in materia ambientale e agli altri enti e organismi che hanno partecipato alla consultazione preliminare di cui al precedente articolo, affinché possano presentare proprie considerazioni e proposte, entro il termine e con le modalità previste per la presentazione di osservazioni. Si prevede che anche in adesione a osservazioni presentate, l’amministrazione procedente possa stipulare accordi con i privati interessati, come previsto più avanti all’articolo 61. In considerazione della rilevanza e complessità dei contenuti del piano, l’amministrazione procedente può, durante il periodo di deposito, attuare ulteriori forme di consultazione e di partecipazione dei cittadini, quali un processo partecipativo o un'istruttoria pubblica con le amministrazioni, le associazioni, i comitati e i gruppi di cittadini portatori di interessi a carattere non individuale, per fornire una completa informazione sul progetto e acquisire elementi di conoscenza e di giudizio, al fine dell'assunzione delle determinazioni conclusive sul piano. Si prevede anche la possibilità di un contraddittorio pubblico con coloro che hanno presentato osservazioni e proposte, rispettando comunque il termine di 60 giorni, successivi alla scadenza del termine di deposito, entro il quale l’organo di governo dell’amministrazione procedente deve esaminare le osservazioni presentate e gli esiti delle eventuali ulteriori attività di consultazione attuate, predisporre la proposta di decisione delle stesse e sottoporla all’organo consiliare, insieme alla conseguente proposta di piano da adottare.
L’Articolo 46 (Fase di approvazione del piano) disciplina la fase decisoria nella quale la proposta di piano è adottata dall’organo consiliare dell’amministrazione procedente, sottoposta al parere del CU (il comitato urbanistico di cui al seguente articolo 47), e poi, con gli eventuali conseguenti aggiustamenti, approvata dallo stesso organo consiliare. Si stabilisce in particolare che l’organo consiliare dell’amministrazione procedente adotti la proposta di piano, esaminate e decise le osservazioni presentate e tenendo conto degli esiti delle altre forme di consultazione eventualmente attuate. La deliberazione di adozione deve essere accompagnata da una prima elaborazione della dichiarazione di sintesi la quale illustri, in linguaggio non tecnico, come si è tenuto conto degli esiti delle consultazioni e le ragioni per le quali sono state scelte le soluzioni previste nel piano, alla luce delle alternative ragionevoli che erano state individuate. Il piano adottato, assieme alle osservazioni, proposte e contributi presentati nel corso delle fasi di consultazione preliminare e di formazione, e alla dichiarazione di sintesi, deve essere trasmesso al CU, il quale, entro il termine perentorio di 120 giorni dal ricevimento, deve acquisire e valutare tutta la documentazione presentata ed esprimere il proprio parere motivato sul piano. In caso di incompletezza della documentazione, il CU, entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento del piano, può per una sola volta richiedere le necessarie integrazioni documentali. La richiesta sospende il termine per esprimersi che riprende a decorrere per la parte residua dalla data del completo ricevimento degli atti richiesti. Si precisa che il parere del CU deve riguardare in particolare i seguenti punti: a) il rispetto dei limiti massimi di consumo del suolo, di cui all’articolo 6, e l’osservanza della disciplina delle nuove urbanizzazioni di cui all’articolo 35; b) la conformità del piano alla normativa vigente e la coerenza dello stesso alle previsioni di competenza degli altri strumenti di pianificazione; c) la sostenibilità ambientale e territoriale del piano, con particolare riferimento a: c1) come si è tenuto conto degli obiettivi di protezione ambientale e di qualità urbana pertinenti al piano, stabiliti dalla disciplina sovraordinata; c2) la ragionevolezza delle scelte effettuate, rispetto alle alternative individuate dal documento di Valsat; c3) la corretta individuazione dei possibili impatti significativi sull’ambiente e sul territorio che deriveranno dalle scelte di piano, l’idoneità delle misure previste ad impedire, ridurre o compensare tali impatti e l’adeguatezza delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici di cui è prescritta la realizzazione o l’ammodernamento; c4) gli indicatori territoriali e ambientali prescelti, le modalità di svolgimento del monitoraggio e le modalità di informazione sugli esiti dello stesso; d) la condivisione dei contenuti dello strumento all’esame del CU da parte degli enti titolari dei piani dei quali lo strumento ha il valore e gli effetti o propone la modifica, secondo i meccanismi di copianificazione definiti ai successivi articoli 51 e 52. Il parere del CU è vincolante per i profili di cui ai citati punti a) e d) (ossia per il rispetto dei limiti di consumo di suolo e la condivisione degli enti titolari dei piani coinvolti), mentre rispetto agli altri profili si prevede che l’organo consiliare dell’amministrazione procedente possa discostarsi dal parere con motivazioni puntuali e circostanziate. Si dispone inoltre il meccanismo per il quale, trascorso inutilmente il termine perentorio per l’espressione del parere del CU, si considera espressa una valutazione positiva. Si prevede quindi che entro 60 giorni dal ricevimento del parere, o dalla scadenza del termine perentorio per la sua espressione, l’organo consiliare dell’amministrazione procedente debba adeguare il piano apportando le opportune revisioni, e deliberare in merito alla relativa approvazione. L’atto di approvazione del piano dev’essere pubblicato integralmente sui siti web dell’amministrazione procedente e dell’autorità competente per la valutazione ambientale assieme al parere del CU (comprensivo del parere motivato espresso dall’autorità competente per la valutazione ambientale, nonché alla dichiarazione di sintesi (completata con l’illustrazione sintetica del modo con cui le considerazioni ambientali e territoriali espresse dal CU sono state integrate nel piano), ed alle misure adottate in merito al monitoraggio dell’attuazione del piano. Il piano approvato dev’essere inoltre depositato presso la sede dell’amministrazione procedente per la libera consultazione del pubblico, ed una copia integrale dev’essere trasmessa alle strutture regionali che provvedono alla pubblicazione sul BURERT dell’avviso della avvenuta approvazione del piano e all’aggiornamento del proprio sistema informativo territoriale e dei relativi quadri conoscitivi. I piani devono essere predisposti ed inviati nei formati e con le specifiche tecniche stabilite con apposito atto di coordinamento della Giunta regionale. Si stabilisce infine che il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul BURERT del citato avviso di approvazione, a condizione che alla medesima data esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione procedente, come previsto dalle norme statali sulla trasparenza (art. 39 DLgs 33/2013).
L’Articolo 47 (Comitato Urbanistico) fissa le regole generali relative alle funzioni e alle modalità di funzionamento dei Comitati urbanistici (CU), rimandando ad un atto della Giunta regionale la regolazione dettagliata della composizione e delle modalità di funzionamento di tali organi. Si stabilisce in particolare che il CU è istituito presso la Regione (ove assume la denominazione di Comitato urbanistico regionale / CUR), presso la Città metropolitana di Bologna (assumendo la denominazione di Comitato urbanistico metropolitano / CUM) e presso i soggetti di area vasta (Comitato urbanistico di area vasta / CUAV), allo scopo di coordinare e integrare in un unico provvedimento: a) l’esercizio delle funzioni di partecipazione del livello territoriale sovraordinato alla determinazione di approvazione degli strumenti di pianificazione; b) l’espressione del parere di sostenibilità ambientale e territoriale; c) l’acquisizione dei pareri, nulla osta e atti di assenso, comunque denominati, richiesti alla legge per gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica; d) le intese degli enti titolari dei piani di cui lo strumento all’esame del CU ha il valore e gli effetti, e l’intesa sulla variazione dei piani degli altri livelli territoriali. Si stabiliscono quindi le seguenti regole generali alle quali dovrà conformarsi la delibera di Giunta regionale sulla composizione e le modalità di funzionamento dei CU: La composizione e le modalità di funzionamento dei CU sono regolati con apposita delibera della Giunta regionale, in conformità ai seguenti principi: a) al CUR partecipa necessariamente un rappresentante unico della Giunta regionale, uno della Città metropolitana di Bologna e, nel caso siano interessati altri territori provinciali, uno per ogni corrispondente soggetto d’area vasta; b) al CUM partecipa necessariamente un rappresentante unico della Giunta regionale, uno della Città metropolitana di Bologna e uno del Comune o dell’Unione territorialmente interessati; c) al CUAV partecipa necessariamente un rappresentante unico della Giunta regionale, uno del soggetto d’area vasta, e uno del Comune o dell’Unione territorialmente interessati. Partecipano ai lavori dei CU con voto deliberativo i rappresentanti unici degli enti titolari dei piani dei quali lo strumento in esame ha il valore e gli effetti o propone la modifica; inoltre, ai lavori dei CU intervengono con voto consultivo ARPAE e gli enti o organismi competenti al rilascio dei pareri nulla osta e atti di assenso, sopra citati. La Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta si esprimono nell’ambito dei CU anche in veste di autorità competente per la valutazione ambientale, secondo quanto già stabilito all’articolo 19. Ciascun ente o amministrazione, facente parte del CU o chiamato a partecipare ai suoi lavori con voto consultivo, è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’ente o amministrazione stessa, su tutti i profili di competenza del CU. Il rappresentante unico può chiedere l’intervento di altri soggetti facenti parte del proprio ente o amministrazione, in funzione di supporto. La partecipazione ai lavori del CU non dà luogo al riconoscimento di indennità, compensi, gettoni o altri emolumenti, comunque denominati; pagina 42 di 141 Ciascun CU deve avvalersi di una struttura tecnica operativa, che svolge l’istruttoria preliminare degli strumenti di pianificazione sottoposti al parere del comitato e cura gli adempimenti per la costituzione e il funzionamento dello stesso comitato. Le strutture tecniche operative sono costituite dalla Regione, dalla Città metropolitana e dai soggetti d’area vasta con personale proprio, in possesso delle competenze professionali indicate dal successivo articolo 55, e si avvalgono del contributo istruttorio dei soggetti partecipanti al Comitato con voto consultivo.
L’Articolo 48 (Semplificazione dei contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica) apre un Capo di cinque articoli dedicato alle misure di semplificazione del sistema dei piani. L’articolo definisce innanzitutto il principio generale di non duplicazione della normativa sovraordinata, secondo il quale, per ridurre la complessità degli apparati normativi dei piani e l'eccessiva diversificazione delle disposizioni operanti in campo urbanistico ed edilizio, le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica della Regione, della Città metropolitana di Bologna, dei soggetti d’area vasta e dei Comuni, devono riguardare unicamente le funzioni di governo del territorio attribuite al loro livello di pianificazione, e non contenere la riproduzione, totale o parziale, delle normative vigenti, stabilite dalle leggi statali e regionali, dai regolamenti, dagli atti di indirizzo e di coordinamento tecnico, dalle norme tecniche, dalle prescrizioni e indirizzi stabiliti dalla pianificazione sovraordinata, e da ogni altro atto normativo di settore, comunque denominato, avente incidenza sugli usi e le trasformazioni del territorio e sull'attività edilizia. Nell'osservanza di tale principio, le norme tecniche di attuazione e la Valsat dei piani territoriali e urbanistici devono coordinare le previsioni di propria competenza alle disposizioni degli atti normativi sopra richiamati, ricorrendo quanto più possibile a semplici rinvii. Per agevolare l’applicazione dello stesso principio, si prevede che la Regione predisponga e aggiorni periodicamente la raccolta delle disposizioni che trovano uniforme e diretta applicazione su tutto il territorio regionale, attraverso appositi atti di coordinamento tecnico. Si dispone che i Comuni, la Città metropolitana di Bologna ed i soggetti d’area vasta adeguino i propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica a quanto sopra previsto, secondo le indicazioni degli atti di coordinamento regionali, entro centottanta giorni dalla loro entrata in vigore, trascorso tale termine le normative ricomprese negli stessi atti di coordinamento prevalgono in ogni caso sulle eventuali previsioni incompatibili, contenute negli strumenti di pianificazione. Si prevede che per consentire un’agevole consultazione da parte dei cittadini delle normative vigenti che trovano diretta applicazione in tutto il territorio regionale, la Regione pubblichi sul proprio sito web il testo vigente degli atti normativi ricompresi nei citati atti di coordinamento, e che i Comuni inseriscano nel proprio sito web un collegamento automatico alla pubblicazione regionale.
L’Articolo 49 (Atti di coordinamento tecnico) contiene la disciplina degli atti regionali di coordinamento tecnico, previsti in più punti della legge per la specificazione di determinate previsioni, e qui, in generale, per semplificare e uniformare l’applicazione della legge e assicurare l’esercizio coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica. Si prevede, in particolare, che tali atti, elaborati dalla Regione con il concorso del Consiglio delle Autonomie locali (CAL), nonché dei rappresentanti delle forze economiche, sociali e professionali, ed approvati con deliberazione della Giunta regionale, possano: a) dettare indirizzi e direttive per l'attuazione della legge e uniformare i suoi contenuti alle disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalla normativa statale e dalle legislazioni settoriali; b) stabilire l'insieme organico delle definizioni, modalità di calcolo e di verifica, concernenti gli indici e i parametri urbanistici ed edilizi, per definire un lessico comune nell’ambito regionale che garantisca comunque l'autonomia nelle scelte di pianificazione; c) specificare le caratteristiche generali dei principali elaborati ed atti disciplinati dalla legge, tra i quali il Documento di Valsat, il Quadro conoscitivo, la Tavola dei vincoli, i contenuti essenziali e gli elaborati costitutivi dei piani; d) stabilire le specifiche tecniche degli elaborati di piano predisposti in formato digitale, per assicurarne l’agevole trasmissione, utilizzazione e conservazione, secondo le norme e le regole tecniche previste dal Codice dell’amministrazione digitale (art. 59, co. 5, Dlgs 82/2005), come richiamato nel successivo articolo della legge sugli strumenti cartografici. Si dispone che entro 180 giorni dall'approvazione, gli organi consiliari delle amministrazioni interessate debbano recepire i contenuti degli atti di coordinamento tecnico, con deliberazioni le quali comportano la modifica o l’abrogazione delle previsioni pianificatorie, regolamentari e amministrative con essi incompatibili, e che in caso di inutile decorso dei 180 giorni, salvo diverse previsioni degli stessi atti, essi sono immediatamente applicabili, prevalendo sulle citate previsioni incompatibili.
L’Articolo 50 (Pianificazione generale comprensiva della pianificazione settoriale) dispone che la Regione, la Città metropolitana, i soggetti d’area vasta e i Comuni possono conferire al proprio piano generale il valore e gli effetti di uno o più piani settoriali di propria competenza, o di una variante agli stessi, qualora ve ne siano i contenuti essenziali, ed a condizione che nell’ambito del procedimento di approvazione del piano generale sia evidenziato il particolare l’effetto di variazione, esplicitandolo nell’oggetto degli atti deliberativi, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano, e che sia acquisito ogni parere richiesto per l'approvazione del piano settoriale.
L’Articolo 51 (PTM o PTAV con effetti di piani di altre amministrazioni) dispone che il Piano Territoriale Metropolitano (PTM) e i Piani Territoriali di Area Vasta (PTAV), già disciplinati in precedenti articoli, possono assumere il valore e gli effetti del PUG, su richiesta e d'intesa con i Comuni interessati. PTM e PTAV, in conformità a quanto previsto dall’articolo 57 del DLgs 112/1998, possono inoltre assumere il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza di altre amministrazioni, qualora le previsioni siano predisposte d'intesa con tali amministrazioni. In questi casi il Sindaco metropolitano o il Presidente del soggetto d’area vasta deve stipulare in via preliminare un accordo con il Comune o con le altre amministrazioni interessate, in merito ai tempi e alle forme di partecipazione all'attività tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese. Si stabilisce infine che il Comune e le altre amministrazioni interessate esprimano la propria intesa, sui contenuti del PTM o del PTAV inerenti le funzioni pianificatorie di propria competenza, nell'ambito del CUR (il Comitato urbanistico regionale definito all’articolo 47), al quale il rappresentante unico dell’ente interessato partecipa con voto deliberativo, e che la posizione da lui espressa, previa conforme deliberazione del relativo organo consiliare, sia vincolante ai fini dell’approvazione del piano.
L’Articolo 52 (Modificazione della pianificazione generale e degli altri livelli territoriali) disciplina il meccanismo generale di semplificazione e di flessibilità del sistema della pianificazione territoriale e urbanistica, per il quale le proposte dei piani generali previsti dalla legge possono contenere esplicite proposte di modificazione di piani generali di altri livelli di governo, o di piani settoriali. Un limite a tale meccanismo riguarda le proposte comunali di modifica delle previsioni dei piani di tutela del territorio, dell'ambiente, del paesaggio, della protezione della natura, delle acque e della difesa del suolo, le quali possono attenere unicamente alla cartografia dei piani. Si dispone peraltro che nell’ambito del procedimento di approvazione del piano, contenente le proposte di modifica di altri piani, siano osservate le seguenti regole: a) nella denominazione della proposta di piano, nell’oggetto degli atti deliberativi di adozione e di approvazione, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicato lo strumento o gli strumenti dei quali si propone la modifica; b) le proposte di modifica devono essere evidenziate in appositi elaborati tecnici, nei quali devono essere indicati i presupposti conoscitivi e le motivazioni di ciascuna di esse; c) devono essere osservate le forme di deposito, pubblicità e intervento previste per il piano di cui si propone la variazione, qualora assicurino una più ampia conoscenza e partecipazione degli interessati al procedimento; d) copia integrale della proposta del piano dev’essere trasmessa all'ente titolare dello strumento di cui si propone modifica, il quale può formulare osservazioni entro 60 giorni dal ricevimento. Il medesimo ente dev’essere inoltre invitato a partecipare alle attività di consultazione e partecipazione previste per la formazione del piano. Rispettate queste regole, ed acquisita nell’ambito del CU l’intesa sulla modifica proposta, espressa dall’ente titolare dello strumento di cui si propone la modifica, l'atto di approvazione del piano ha anche il valore e gli effetti di variante dello stesso strumento. Si precisa che il rappresentante unico dell’ente titolare del piano di cui si propone la modifica partecipa ai lavori del CU con voto deliberativo, e che la posizione da lui espressa, previa conforme deliberazione del relativo organo consiliare, è vincolante ai fini dell’approvazione del piano in variante. pagina 44 di 141 Si dispone quindi che a seguito dell'atto di approvazione, l’ente titolare dello strumento variato aggiorni, con atto meramente ricognitivo, gli elaborati tecnici dello stesso, e che a tale scopo l’amministrazione procedente metta a disposizione gli elaborati di piano in formato digitale, contenenti la variazione.
L’Articolo 53 (Procedimento unico) disciplina un procedimento uniforme utilizzabile per l’approvazione di progetti relativi ad opere pubbliche o di interesse pubblico di rilievo regionale o locale, o relativi alla trasformazione di insediamenti imprenditoriali, comportanti la localizzazione di opere non previste dal PUG o da accordi operativi, o in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale. In particolare il procedimento riguarda i progetti definitivi o esecutivi, non sottoposti a VIA (valutazione di impatto ambientale, per i quali valgono invece le specifiche modalità procedurali definite dalla legge 241/1990, art. 14 co. 4, e dalla LR 9/1999, artt. 7 e 17), e relativi a: a) opere pubbliche e opere qualificate dalla legislazione di interesse pubblico, di rilievo regionale, metropolitano, d’area vasta o comunale; b) interventi di ampliamento e ristrutturazione di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa, o interventi di nuova costruzione, nella stessa area di pertinenza o in prossimità, di fabbricati necessari per lo sviluppo e la trasformazione di attività economiche già insediate. L’approvazione dei progetti mediante questo procedimento consente di acquisire tutte le autorizzazioni, concessioni, pareri e assensi comunque denominati, necessari per la realizzazione dell’intervento secondo la legislazione vigente, di approvare come detto la localizzazione delle opere e interventi non previste dal PUG o dall’accordo operativo, o in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale vigente, e di conseguire per le opere pubbliche e, nei casi previsti dalla legge, per le opere di interesse pubblico, l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Si dispone in particolare che per l’esame del progetto degli interventi citati, presentati dagli enti o soggetti interessati, la competente amministrazione territoriale (Comune, Unione di Comuni, Città metropolitana, soggetto di area vasta o Regione) può ricorrere a questo procedimento unico, basato su una conferenza di servizi da convocare e svolgere secondo la relativa disciplina statale (artt. da 14 a 14-quinquies della legge 241/1990, come recentemente sostituiti dal DLgs 127/2016), fatto salvo quanto di seguito richiamato. Alla conferenza di servizi devono partecipare: le amministrazioni competenti ad esprimere i citati atti di assenso necessari alla realizzazione dell’intervento; il Comune e la Città metropolitana di Bologna o il soggetto d’area vasta territorialmente interessati dalla localizzazione dell’opera; gli enti titolari dei piani di cui si propone la modifica; l’autorità competente per la valutazione ambientale, individuata all’articolo 19, la quale deve esprimere il proprio parere sulla sostenibilità ambientale e territoriale delle varianti richieste nell’ambito della stessa conferenza di servizi; le altre amministrazioni chiamate dalla legge ad esprimere il proprio parere o atto di assenso comunque denominato, per l’approvazione delle varianti proposte. Si conferma quindi la regola per cui l’espressione della posizione definitiva degli enti titolari degli strumenti di pianificazione oggetto di variante, è subordinata alla preventiva pronuncia dei relativi organi consiliari, o alla ratifica da parte dei medesimi organi, a pena di decadenza, entro 30 giorni dall’assunzione della determinazione conclusiva della conferenza di servizi. Entro il termine di convocazione della Conferenza di servizi, l’amministrazione procedente deve inoltre: a) depositare il progetto presso la sede degli enti titolari dei piani da variare; b) pubblicare sul sito web degli enti titolari dei piani da variare e sul BURERT un avviso dell’avvenuto deposito con i contenuti previsti all’articolo 45, co. 3; c) pubblicare integralmente il progetto sul sito web degli enti titolari dei piani da variare; d) trasmettere gli elaborati relativi alle varianti ai soggetti competenti in materia ambientale che non partecipano alle conferenze di servizi, per acquisirne il parere entro il termine e con le modalità previste per la presentazione delle osservazioni; e) acquisire per i soggetti privati proponenti gli interventi di trasformazione di insediamenti imprenditoriali, l’informazione antimafia di cui all’articolo 84, co. 3, DLgs 159/2011, in quanto la conclusione della conferenza di servizi e la sua efficacia sono subordinate alla condizione che non venga adottata una informazione antimafia interdittiva. Qualora la realizzazione dell'opera comporti la necessità di apporre il vincolo preordinato all'esproprio, vale la regola generale per cui l'avviso con i contenuti di cui all’articolo 45, co. 3, dev’essere comunicato a coloro che risultino proprietari delle aree interessate secondo le risultanze dei registri catastali, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante posta elettronica certificata o altre soluzioni conformi al Codice dell’amministrazione digitale (art. 48, DLgs 82/2005). Inoltre, nel caso in cui, ad esito della conferenza, occorra apportare modifiche localizzative o del tracciato dell'opera che coinvolgano nuovi soggetti, l'amministrazione procedente provvede alle ulteriori comunicazioni dell'avviso, i proprietari delle aree interessate possono in ogni caso presentare osservazioni entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. Entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sul BURERT dell’avviso di deposito, chiunque può comunque prendere visione del progetto e formulare osservazioni, e i soggetti partecipanti alla conferenza di servizi devono esprimere la propria posizione tenendo conto delle osservazioni presentate. L’amministrazione procedente deve adottare la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi nei 30 giorni successivi alla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni. Si dispone quindi che copia integrale della determinazione di conclusione della conferenza di servizi dev’essere pubblicata sul sito web dell’amministrazione procedente e depositata presso la sua sede per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta conclusione della conferenza di servizi dev’essere inoltre pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, alle quali è inviata copia dell’atto. La determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza di servizi produce gli effetti propri del procedimento unico, richiamati in principio, dalla data di pubblicazione nel BURERT dell’avviso, a condizione che alla stessa data essa sia integralmente pubblicata sul sito web dell’amministrazione procedente, secondo il decreto trasparenza (art. 39, co. 3, DLgs 33/2013).
L’Articolo 54 (Localizzazione delle opere di interesse statale) dispone che l'intesa in ordine alla localizzazione nel territorio regionale di opere pubbliche di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, prevista dalla legislazione statale (art. 81 DPR 616/1977 e DPR 383/1994), debba essere espressa, anche in sede di conferenza di servizi: a) dalla Giunta regionale, per le opere aventi rilievo nazionale o regionale nonché per quelle che interessino il territorio di più soggetti di area vasta o quello di una area vasta e della Città metropolitana di Bologna; b) dalla Città metropolitana o dai soggetti di area vasta territorialmente competenti nei restanti casi. Si rimanda ad un atto della Giunta regionale la specificazione dei criteri di classificazione delle opere di interesse statale aventi rilievo nazionale e regionale, ai fini del citato riparto di competenze. L'intesa è espressa comunque previa consultazione dei Comuni interessati, i quali devono pronunciarsi entro il termine di 30 giorni dal ricevimento degli atti. Trascorso tale termine, si prescinde dal parere. Si dispone che nel caso di opere pubbliche di interesse statale già previste dagli strumenti urbanistici comunali approvati, la dichiarazione di conformità urbanistica resa dal Comune sostituisce l'intesa in questione, e che per le modifiche ad opere già assentite, le quali derivino da approfondimenti progettuali o da adeguamenti tecnico funzionali, non è richiesta l'intesa qualora il Comune ne dichiari la conformità urbanistica o provveda tempestivamente a conformare il piano attraverso apposita variante. Il Titolo IV - Misure organizzative e strumenti negoziali (Articoli 55-61) ricomprende sette articoli dedicati alle misure organizzative ed agli strumenti negoziali volti a supportare ed a semplificare il sistema della pianificazione urbanistica e territoriale e le relative attività.
L’Articolo 55 (Ufficio di piano) dispone che tutte le amministrazioni territoriali deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio nell’ambito regionale, individuate all’articolo 1 (Comuni o loro Unioni, Città metropolitana, soggetti di area vasta e Regione), costituiscano un’apposita struttura, denominata “Ufficio di piano”, adeguata all’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge. In particolare i Comuni, o le relative Unioni qualora ad esse siano conferite le funzioni di pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, devono costituire l’ufficio di piano, in forma singola o associata con altri Comuni o altre Unioni. All’ufficio sono attribuiti tutti i compiti inerenti l’elaborazione e l’attuazione della pianificazione urbanistica, tra cui la predisposizione del PUG e degli accordi operativi e le attività di negoziazione con i privati e di coordinamento con le altre amministrazioni, fatte salve le attività riservate dalla legge o dallo statuto ad altri organismi tecnici ovvero agli organi politici. La Regione, la Città metropolitana e ogni soggetto di area vasta devono costituire un proprio analogo Ufficio di piano, per l’attività di pianificazione territoriale di loro competenza, per l’esercizio della funzione di autorità competente per la valutazione ambientale, e per lo svolgimento dei compiti propri delle strutture tecniche operative di supporto dei CU (Comitati urbanistici), di cui al precedente articolo 47. Si stabilisce quindi che tutti gli uffici di piano debbano essere dotati delle competenze professionali richieste per l’esercizio delle dovute funzioni di governo del territorio, tra cui quelle in campo pianificatorio, paesaggistico, ambientale, giuridico ed economico finanziario, e che a tale fine, per gli uffici di piano di livello comunale, la Giunta regionale definisca gli standard minimi richiesti in ordine alla dotazione di personale avente le adeguate competenze professionali, con riferimento alla dimensione demografica e territoriale dei Comuni e delle relative forme associative. Per incentivare la costituzione di uffici di piano intercomunali, il comma 6 prevede che il programma di riordino territoriale di cui all’articolo 26 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 21 (Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza) debba riconoscere priorità di accesso ai finanziamenti alle Unioni che abbiano provveduto alla costituzione dell’ufficio di piano dell’Unione, e, in subordine, anche alle Unioni che abbiano costituito uffici di piano intercomunali tra i Comuni che, pur facendo parte dell’Unione, non abbiano ancora conferito alla stessa l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica. Ciò all’evidente scopo di promuovere l’avvio di processi di collaborazione che portino a detto conferimento di funzioni all’Unione.
L’Articolo 56 (Garante della comunicazione e della partecipazione) dispone che per ogni procedimento di pianificazione urbanistica o territoriale, l’amministrazione procedente nomini, nell’ambito del personale assegnato all’Ufficio di piano, il “Garante della comunicazione e della partecipazione”, distinto dal responsabile del procedimento, il quale deve garantire: a) il diritto di accesso alle informazioni che attengono al piano e ai suoi effetti sul territorio e sull’ambiente; b) la partecipazione al procedimento dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi; c) il diritto al contradditorio dei soggetti nei confronti dei quali il piano è destinato a produrre effetti diretti, prevedendo l’approvazione di un vincolo di natura espropriativa o conformativa; d) il proficuo svolgimento dei processi partecipativi, di istruttoria pubblica e contradditorio pubblico, ove disposti secondo il precedente articolo 45. Si prevede che a tale scopo il Garante: a) curi lo svolgimento degli adempimenti previsti dalla legge che attengono alla pubblicità del piano, alla trasmissione dei suoi elaborati, alla pubblicazione, alla comunicazione e alla notifica degli avvisi di deposito; b) renda accessibili sul sito web dell’amministrazione e fornisca ai richiedenti, senza costi aggiuntivi per l’amministrazione, ogni informazione disponibile sui contenuti del piano e del documento di Valsat, sull’esito delle valutazioni territoriali ed ambientali del piano, sulle osservazioni, presentate tempestivamente; c) partecipi allo svolgimento dei processi partecipativi, collaborando alla predisposizione della sintesi delle opinioni, contributi, proposte e valutazioni raccolte in tali sedi.
L’Articolo 57 (Strumenti cartografici di supporto alla pianificazione territoriale) prevede che il Data Base Topografico Regionale (DBTR) costituisca la base informativa territoriale per la raccolta e la gestione dei dati di supporto alle funzioni di programmazione e pianificazione previste dalla legge, e che lo stesso DBTR costituisca inoltre, insieme all’Anagrafe Comunale degli Immobili (ACI), il supporto cartografico ed informativo per la raccolta e la rappresentazione delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche, al fine del calcolo del consumo di suolo. La Giunta regionale provvede alla gestione del DBTR e cura il suo aggiornamento, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e i soggetti che hanno compiti di gestione e tutela del territorio, e promuove la diffusione delle ACI e il loro aggiornamento da parte dei Comuni, nonché l’omogeneizzazione e la sincronizzazione delle stesse con il DBTR. Prevede infine che un atto di coordinamento tecnico della Giunta regionale specifichi criteri e regole generali che garantiscono lo scambio e l’interoperabilità degli strumenti cartografici di supporto alla pianificazione, nonché gli standard per la comunicazione e le regole con cui le amministrazioni rendono disponibili i propri dati territoriali per la consultazione e il riuso, in conformità alle regole tecniche sui dati territoriali previste dal Codice dell’amministrazione digitale (art. 59, co. 5, DLgs 82/2005).
L’Articolo 58 (Accordi territoriali) prevede che tutte le amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio nell’ambito regionale (ossia Regione, Città metropolitana di Bologna, soggetti d’area vasta, Comuni e le loro Unioni) possano promuovere accordi territoriali per concordare preventivamente gli obiettivi e le scelte strategiche dei loro piani, o per coordinare l'attuazione delle previsioni dei piani territoriali e urbanistici, in ragione della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali. I Comuni, tra di loro o con le relative Unioni, possono inoltre stipulare accordi territoriali per definire speciali forme di collaborazione nell’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica, anche attraverso l'elaborazione, approvazione e gestione di strumenti urbanistici intercomunali, secondo quanto previsto dal precedente articolo 30. Si dispone che la Regione, la Città metropolitana e i soggetti d’area vasta, debbano partecipare, nell’ambito delle rispettive competenze, alla stipula degli accordi territoriali che definiscono scelte strategiche di rilievo sovracomunale, nonché alla stipula degli accordi che prevedono l'avvio di procedure di variante agli strumenti di pianificazione territoriale. Qualora l’accordo preveda modifiche a piani e atti regionali di competenza dell'Assemblea legislativa regionale, la proposta di accordo territoriale dev’essere approvata dalla Giunta regionale acquisito il preventivo parere della competente Commissione assembleare. Si precisa inoltre che gli accordi territoriali possono prevedere forme di perequazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati. A tal fine gli accordi devono definire le attività, il finanziamento ed ogni altro adempimento che ciascun soggetto partecipante si impegna a realizzare, con l'indicazione dei relativi tempi e delle modalità di coordinamento. Si dispone infine che agli accordi territoriali, per quanto non già specificato, si applichino le norme generali statali sugli accordi tra amministrazioni, previste dall’articolo 15 della legge 241/1990.
L’Articolo 59 (Accordi di programma) definisce la disciplina generale degli accordi di programma, già previsti dalla normativa statale (art. 34 DLgs 267/2000), utilizzati per la definizione e l’attuazione di opere, interventi e programmi di intervento di rilevante interesse pubblico che richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più Comuni o di altri enti pubblici, con l’eventuale partecipazione di soggetti privati. In relazione a questo ambito di applicabilità, si chiarisce in primo luogo che gli accordi di programma sono utilizzabili negli ambiti di situazioni diverse da quelle previste per gli accordi operativi, disciplinati dal precedente articolo 38. In raffronto alla sopra richiamata norma statale, l’articolo in esame specifica che le opere (o più precisamente opere, interventi o programmi di intervento), oggetto dell’accordo di programma, devono essere di rilevante interesse pubblico, e che agli accordi stessi possono partecipare soggetti privati intesi quali soggetti che attraverso disponibilità ed impegni di varia natura, relativi ad esempio alla cessione di aree e all’attuazione di interventi, apportino un contributo alla definizione ed alla realizzazione delle opere oggetto dell’accordo. Per tali soggetti l’articolo dispone che l’ente promotore dell’accordo acquisisca l’informazione antimafia prevista dal Codice delle leggi antimafia (art. 84, co. 3, DLgs 159/2011) e che la conclusione dell’accordo e la sua efficacia siano subordinate alla condizione che non venga adottata una informazione antimafia interdittiva. L’articolo precisa che la promozione dell’accordo di programma spetta alle amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio (Comuni e loro Unioni, Città metropolitana di Bologna, soggetti di area vasta e Regione, come da articolo 1), attraverso il relativo organo monocratico avente la rappresentanza legale (Sindaco o Presidente), in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera perseguita. L’accordo deve precisare gli impegni assunti dai partecipanti ai fini della realizzazione del risultato di comune interesse, i tempi e le modalità per la loro attuazione ed ogni altro connesso adempimento, e indicare i casi in cui è ammesso il recesso dei partecipanti dall’accordo e gli effetti che derivano da eventuali inadempienze. Si dispone che un Collegio di vigilanza, presieduto dal rappresentante legale dell’ente promotore dell’accordo, e composto da rappresentanti dei soggetti sottoscrittori, verifichi la corretta attuazione degli impegni assunti, e che lo stesso Collegio possa deliberare modifiche non sostanziali all’accordo che non richiedono la variazione degli strumenti di pianificazione, ed accertare la sussistenza delle condizioni di decadenza dell’accordo e dei suoi effetti urbanistici, nel caso in cui non sia possibile realizzare i risultati principali perseguiti dall’accordo. Per tale ipotesi si precisa che la decadenza è dichiarata con decreto dell’organo che approva l’accordo ai sensi del seguente articolo 60, e comporta, oltre alla risoluzione del vincolo negoziale, l’applicazione della disciplina di piano vigente al momento dell’approvazione dell’accordo.
L’Articolo 60 (Accordi di programma in variante ai piani) specifica la disciplina procedurale sugli accordi di programma, del precedente articolo 59, in ordine agli accordi aventi l’effetto di variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Si dispone quindi che gli accordi possono avere tale effetto, come già previsto dalla normativa statale (art. 34, co. 5, DLgs 267/2000), al fine di conformarne le previsioni degli strumenti di pianificazione alle opere, interventi e programmi di intervento approvati. In proposito si precisa che la modifica degli strumenti di pianificazione deve riguardare esclusivamente la disciplina delle aree destinate alla realizzazione delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento oggetto dell'accordo, e che valgono in ogni caso i limiti al consumo del suolo fissati all’articolo 6. Si dispone quindi che all’accordo di programma in variante debbano partecipare anche: a) gli enti titolari degli strumenti di pianificazione di cui si propongono modificazioni; b) la Città metropolitana di Bologna o il soggetto d’area vasta territorialmente competente, per esprimere la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale nel caso di modifiche a piani comunali; c) la Regione, per esprimere la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale nel caso di modifiche a piani territoriali. Si disciplina quindi il procedimento di definizione e conclusione dell’accordo in variante, prevedendo che l’amministrazione procedente debba predisporre, assieme al progetto definitivo delle opere, il progetto urbano e gli altri elaborati relativi alle variazioni degli strumenti di pianificazione, tra i quali il documento di Valsat, e che per l’esame di tale documentazione debba convocare una conferenza preliminare, volta ad acquisire l'assenso preliminare all'accordo da parte dei rappresentanti dei soggetti partecipanti. L’assenso preliminare di ogni rappresentante dev’essere preceduto da una determinazione del relativo organo istituzionalmente competente. Si prevede che l'amministrazione procedente possa chiamare a partecipare alla conferenza preliminare, con voto consultivo, gli enti e organismi cui competono le autorizzazioni, i pareri o gli altri atti di assenso, comunque denominati, richiesti dalla legge per la realizzazione delle opere oggetto dell'accordo. La stessa amministrazione deve inoltre definire modalità e tempi per lo svolgimento di incontri e dibattiti pubblici con i portatori di interesse allo scopo di fornire una informazione approfondita sui contenuti dell’accordo e stimolare la partecipazione dei cittadini alla sua definizione. Qualora nella conferenza preliminare si verifichi la possibilità di un consenso unanime dei soggetti partecipanti sul contenuto dell’accordo, si può procedere al deposito della proposta di accordo, corredata dalla documentazione sopra citata, presso le sedi degli enti territoriali partecipanti all'accordo, per 60 giorni dalla pubblicazione sul BURERT di un avviso dell'avvenuta conclusione dell'accordo preliminare. L’avviso deve contenere le informazioni già esplicitate all’articolo 45 e dev’essere pubblicato sul sito web di tutti gli enti pubblici partecipanti all’accordo. Le amministrazioni titolari dei piani oggetto di variante devono inoltre pubblicare integralmente la proposta di accordo sul proprio sito web. Entro la scadenza del termine perentorio di deposito di 60 giorni, chiunque può presentare osservazioni, e che entro i successivi 60 giorni il legale rappresentante dell’amministrazione procedente convoca i soggetti partecipanti per la conclusione dell'accordo. Gli stessi soggetti partecipanti, compresa l’autorità competente per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale, devono esprimere le loro determinazioni, tenendo conto delle osservazioni presentate. Qualora alla proposta di accordo depositata siano apportate modifiche sostanziali, l'assenso alla conclusione dell'accordo, da parte di ogni rappresentante dei soggetti partecipanti, dev’essere preceduto dalla deliberazione del relativo organo competente, oppure ratificata dallo stesso organo entro 30 giorni dalla sottoscrizione, a pena di decadenza. Con il preventivo rilascio dell’atto di accertamento previsto dalla LR 15/2013 (art. 10, co. 1), le opere oggetto dell’accordo non sono soggette a titoli abilitativi edilizi. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma, in coerenza alle previsioni statali (art. 34, co. 4, DLgs 267/2000) produce l’effetto di variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità delle opere. Il decreto compete al Sindaco metropolitano o al Presidente del soggetto d’area vasta territorialmente competente, per gli accordi in variante a strumenti urbanistici comunali, e al Presidente della Regione per gli accordi in variante a strumenti di pianificazione territoriale. Si dispone quindi che il decreto di approvazione, corredato dalla copia integrale dell’accordo di programma, sia pubblicato sul sito web dell’amministrazione procedente e dell’autorità competente per la valutazione ambientale, e sia depositato presso la sede dei soggetti pubblici partecipanti, per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta conclusione dell’accordo dev’essere pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, cui è inviata copia completa dell’atto. Il decreto di approvazione produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione sul BURERT dell’avviso, a condizione che alla medesima data, ai sensi dell’articolo 39, comma 3 del DLgs n. 33 del 2013, esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione che ha promosso la conclusione dell’accordo. pagina 49 di 141 Qualora l'accordo di programma abbia ad oggetto la realizzazione di un'opera pubblica e non si raggiunga il consenso unanime di tutte le amministrazioni chiamate ad esprimersi sulla variante, l'amministrazione procedente può richiedere una determinazione di conclusione del procedimento all’Assemblea legislativa regionale, la quale deve provvedere entro il termine di quarantacinque giorni. Tale determinazione produce i medesimi effetti del decreto di approvazione dell’accordo. Si precisa infine che qualunque rinvio alla disciplina degli accordi di programma in variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica operato da disposizioni vigenti, si intende riferito alla disciplina contenuta in questo articolo.
L’Articolo 61 (Accordi con i privati) disciplina gli accordi integrativi con i soggetti privati che i Comuni possono definire e concludere nel corso della fase di formazione del PUG, anche in accoglimento di osservazioni o di proposte presentate, nel rispetto dei principi di imparzialità amministrativa, di trasparenza, di parità di trattamento degli operatori, di pubblicità e di partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati. Si precisa che tali accordi possono riguardare solo il contenuto discrezionale del PUG in formazione, e che sono volti ad assumere nello stesso PUG previsioni di assetto del territorio di rilevante interesse per la comunità locale, condivise dai soggetti interessati e coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti di pianificazione. Gli accordi devono indicare le ragioni di rilevante interesse pubblico che giustificano il ricorso allo strumento negoziale e verificare la compatibilità delle scelte di pianificazione concordate ai criteri generali cui è conformato il piano, attraverso motivazioni puntuali e circostanziate. La stipulazione degli accordi dev’essere preceduta da una conforme determinazione dell'organo di governo del l'ente. Si precisa che gli accordi devono essere comunque stipulati nel rispetto della legislazione e della pianificazione vigente, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e che la loro efficacia è subordinata al recepimento nella delibera con cui l’organo consiliare adotta il PUG, ed alla conferma delle previsioni nel PUG approvato. Si stabilisce quindi che gli accordi stipulati devono costituire parte integrante della proposta di PUG da adottare, essere sottoposti alle stesse forme di pubblicità e trasparenza, e che per quanto non disciplinato dalla legge regionale valgono le disposizioni generali previste dalla normativa statale sugli accordi integrativi, di cui all’articolo 11, commi 1-bis, 2 e 4, della legge 241/1990. Il Titolo V - Tutela e valorizzazione del paesaggio (Articoli 62-71) è volto all’integrazione della tutela del paesaggio regionale nei processi di pianificazione territoriale e urbanistica, in osservanza della Costituzione (art. 9), della Convenzione europea sul paesaggio (ratificata con legge 14/2006) e del Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs 42/2004).
L’Articolo 62 (Principi generali per la tutela e valorizzazione del paesaggio) indica la finalità del Titolo V, sopra citata, e richiama le amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio, e le altre amministrazioni pubbliche per i rispettivi ambiti di competenza, a contribuire alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione sostenibile del paesaggio, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione. Definisce inoltre il paesaggio quale componente essenziale del contesto di vita della popolazione regionale, in quanto espressione della identità culturale e dei valori storico-testimoniali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e richiama le amministrazioni pubbliche ad assumere pertanto la tutela e la valorizzazione del paesaggio quale riferimento per la definizione delle politiche a incidenza territoriale.
L’Articolo 63 (Compiti della Regione e politica per il paesaggio) prevede che la Regione eserciti le proprie funzioni di tutela, valorizzazione e vigilanza del paesaggio, operando per una politica unitaria e condivisa volta a migliorare la qualità dei paesaggi regionali tramite la salvaguardia e il rafforzamento dei valori identitari e la gestione sostenibile del paesaggio. Tale politica deve svilupparsi attraverso: a) la tutela del paesaggio attuata dal PTPR (Piano territoriale paesaggistico regionale, componente del PTR regolata dal seguente articolo 64); b) la valorizzazione del paesaggio attraverso progetti di tutela, recupero e valorizzazione, volti all'attuazione degli obiettivi fissati dal PTPR; c) la vigilanza sull'esercizio delle funzioni amministrative in materia di paesaggio, nonché il monitoraggio dell'attuazione della pianificazione paesaggistica e delle trasformazioni dei paesaggi regionali, compiuto attraverso l'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio, di cui al successivo articolo 68. Si precisa inoltre che la Giunta regionale deve assicurare l'integrazione e la concertazione delle politiche settoriali e di sviluppo che producono effetti diretti o indiretti sul paesaggio, su singoli immobili o su aree tutelate, e promuove la partecipazione alle scelte relative alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio, anche attraverso processi partecipativi dei cittadini e loro associazioni, secondo metodologie trasparenti, paritetiche, rappresentative e inclusive che permettano il confronto dei punti di vista e la mediazione degli interessi. Si prevede infine la possibilità di atti di coordinamento regionali volti a perseguire lo sviluppo coordinato e omogeneo delle attività di tutela, valorizzazione e recupero del paesaggio.
L’Articolo 64 (Piano Territoriale Paesaggistico Regionale - PTPR) disciplina il PTPR quale componente paesaggistica del PTR di cui al precedente articolo 40, volta a definire gli obiettivi e le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio, con riferimento all'intero territorio regionale, e quale piano urbanisticoterritoriale avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, storico-testimoniali, culturali, naturali, morfologici ed estetici. In particolare, il PTPR deve: individuare i sistemi, le zone e gli elementi territoriali meritevoli di tutela, e stabilire per ciascuno di essi la normativa d'uso per la tutela dei caratteri distintivi, integrando anche specifiche prescrizioni di tutela degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico; definire i criteri di rappresentazione, specificazione e articolazione dei sistemi, delle zone e degli elementi di propria competenza, ai fini dell'elaborazione della cartografia degli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica; individuare gli ambiti paesaggistici costituiti da insiemi eterogeneo di elementi, contesti e parti di territorio regionale unitariamente percepiti, costituenti quadro di riferimento cogente per assicurare la coerenza delle politiche generali e settoriali, dei programmi di sviluppo, dei progetti e delle azioni per il governo del territorio con le caratteristiche dei diversi paesaggi regionali; individuare per ciascun ambito obiettivi di qualità paesaggistica volti a realizzare azioni di: a) mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie dei luoghi tutelati; b) individuazione delle linee di sviluppo sostenibile del territorio, compatibili con i valori e i significati riconosciuti del paesaggio; c) valorizzazione, recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati, assicurando anche il minor consumo di suolo; definire i criteri per l'apposizione, la verifica e l'aggiornamento dei vincoli paesaggistici, con l'obiettivo di identificare il sistema dei valori identitari, rappresentativi della diversità paesaggistica e culturale del territorio emiliano-romagnolo; individuare, anche sulla base dei livelli di tutela definiti dalle norme relative alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, le aree del territorio regionale non idonee alla localizzazione di specifiche tipologie di impianti tecnologici di produzione e trasporto di energia e le aree sottoposte a peculiari limitazioni.
L’Articolo 65 (Procedimento di approvazione del PTPR) prevede che il procedimento previsto per i piani territoriali e per il PUG dai precedenti articoli 43-47 si applichi anche per le varianti al PTPR e per le operazioni di verifica e adeguamento della pianificazione paesaggistica regionale previste dall’articolo 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs 42/2004). Si prevede inoltre la possibilità che la Giunta regionale stipuli un accordo con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, volto a individuare contenuti del piano paesaggistico da elaborare congiuntamente, ed a definire tempi e modalità di redazione dello stesso. Si dispone infine che l’attività di verifica dei beni paesaggistici, prevista dal Codice statale (art. 136), e la conseguente definizione della specifica disciplina d’uso delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico (ai sensi dell’art. 141-bis del Codice statale), sia svolta dalla Commissione regionale per il paesaggio di cui al successivo articolo 71.
L’Articolo 66 (Coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione) conferma in primo luogo quanto già previsto dal Codice statale (art. 145, co. 3), sancendo che le disposizioni del PTPR non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti statali, regionali e locali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica e prevalgono, per le tematiche di propria competenza, sulle eventuali disposizioni difformi previste dai medesimi strumenti di pianificazione e dagli atti amministrativi attuativi posti in essere dalle Autonomie locali (Comuni, Unioni, Città metropolitana di Bologna e soggetti di area vasta), e prevalgono anche sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale, previsti dalle norme di settore, compresi quelli degli enti di gestione delle aree naturali protette. Si prevede inoltre che il PTPR contenga misure di coordinamento e di integrazione con le politiche e programmazioni di settore, in particolare con la programmazione per il sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete natura 2000 di cui alla LR 6/2005, nonché con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico incidenti sul territorio. Si dispone che le Autonomie locali, entro i termini stabiliti dal PTPR e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, conformino e adeguino i propri strumenti di pianificazione alle previsioni, alle disposizioni e alle misure di coordinamento dello stesso PTPR, e che i limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo. Le stesse Autonomie locali devono peraltro assicurare la partecipazione degli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali al procedimento di adeguamento degli strumenti di pianificazione alle previsioni del PTPR. Si prevede infine che gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica possano avanzare motivate proposte di verifica e aggiornamento dei vincoli paesaggistici presenti sul territorio, e che tali proposte siano valutate dalla Commissione regionale per il paesaggio, che assume le determinazioni di cui al successivo articolo 71.
L’Articolo 67 (Progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio) disciplina i progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio, promossi e cofinanziati dalla Regione e volti a dare attuazione agli obiettivi di qualità paesaggistica fissati dal PTPR. I progetti sono definiti in particolare come lo strumento con il quale la Regione persegue il miglioramento della qualità territoriale e il rafforzamento delle diversità locali, favorendo il recupero delle aree compromesse o degradate e la produzione di nuovi valori paesaggistici nei contesti identitari individuati dal PTPR. Si stabilisce che costituiscono aree preferenziali per la realizzazione di tali progetti i territori sui quali insistono immobili o aree di notevole interesse pubblico, ai sensi della Parte III del Codice statale, o ricompresi all'interno dei paesaggi naturali e seminaturali protetti individuati ai sensi della LR 6/2005. Per la predisposizione dei progetti la Regione deve promuovere la conclusione di accordi territoriali di cui al precedente articolo 58, anche con il confronto con le parti sociali e i portatori di interessi diffusi, ed a tali accordi possono partecipare gli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali o altre amministrazioni statali interessate. Si precisa che tali accordi territoriali devono stabilire in particolare: a) il contesto paesaggistico oggetto delle azioni previste e le misure dirette alla sua valorizzazione; b) il programma di lavoro del progetto con l'indicazione del costo complessivo, dei tempi e delle modalità di attuazione; c) le forme di partecipazione degli enti contraenti all'attività di predisposizione del progetto di valorizzazione; d) la valutazione degli effetti di miglioramento del contesto paesaggistico di riferimento. Gli accordi impegnano gli enti sottoscrittori a conformare i propri atti di pianificazione e di programmazione ai loro contenuti, indirizzando l'allocazione delle risorse comunitarie, nazionali, regionali e locali, anche settoriali e la progettazione dei relativi specifici interventi. Si stabilisce infine che la Regione concorra al finanziamento dei progetti con appositi contributi, e che la Giunta regionale definisca le relative modalità e criteri di erogazione, nella misura massima del 70% della spesa ritenuta ammissibile per l’elaborazione e l’attuazione dei progetti.
L’Articolo 68 (Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio) conferma l’istituzione dell’Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio, già prevista dalle modifiche introdotte nel 2009 alla LR 20/2000 (art. 40-octies) in attuazione del Codice statale (art. 132). L’Osservatorio ha l’obiettivo di monitorare l’attuazione della pianificazione paesaggistica e l’evoluzione delle trasformazioni del paesaggio regionale. Oltre, quindi, a realizzare studi e raccogliere dati, con la finalità di formulare proposte per definire gli obiettivi di tutela e le azioni regionali di miglioramento della qualità paesaggistica, l’Osservatorio svolge attività di supporto all’esercizio dei compiti regionali di vigilanza sull’attuazione della funzione di tutela del paesaggio, delegata ai Comuni.
L’Articolo 69 (Compiti dei Comuni) affida ai Comuni ed ai rispettivi PUG l’attuazione degli obiettivi di qualità paesaggistica individuati dal PTPR, precisando che il PUG può rettificare le delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate dal PTPR, per portarle a coincidere con le suddivisioni reali rilevabili sul territorio. Conferma inoltre la delega delle funzioni amministrative dei Comuni inerenti il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, la vigilanza sugli interventi, l’applicazione delle sanzioni, ecc., stabilendo che i Consigli comunali possono conferire le medesime funzioni delegate alle Unioni di Comuni, e che comunque, in caso di persistente inerzia nel compimento di un atto di esercizio delle funzioni delegate, la Giunta regionale può assegnare al Comune o all'Unione un termine per provvedere, non inferiore a 15 giorni, decorso inutilmente il quale la Regione assume i provvedimenti necessari per il compimento dell'atto, compresa la nomina di un commissario ad acta.
L’Articolo 70 (Autorizzazione paesaggistica) riprende la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica già definita dall’articolo 40-undecies della LR 20/2000 e basata sugli articoli 146, 147 e 159 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, aggiornandola con le due seguenti previsioni: al comma 5 si conferma che il divieto di sanatoria stabilito dall’art. 146, comma 4, del Codice statale si applica agli interventi realizzati in area paesaggisticamente vincolata in epoca successiva al 12 maggio 2006, data di entrata in vigore del DLgs 157/2006; al comma 9 si stabilisce che presso ogni Comune o Unione dev’essere istituito un elenco delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate, aggiornato almeno ogni 30 giorni e liberamente consultabile, anche per via telematica, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione, con l’annotazione sintetica del relativo oggetto. Si stabilisce inoltre che le autorizzazioni rilasciate devono essere inviate alla Regione unicamente in via telematica, con le modalità stabilite dalla stessa, ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza.
L’Articolo 71 (Commissione regionale per il paesaggio) in attuazione dell'articolo 137 del Codice del beni culturali e del paesaggio, conferma l’istituzione della Commissione regionale per il paesaggio, già definita dagli articoli 40-duodecies e 40-tredecies della LR 20/2000, ed i relativi compiti principali, i quali consistono nel proporre alla Giunta regionale: a) la dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico (come da art. 140 del Codice), specificando le prescrizioni, le misure e i criteri di gestione degli ambiti individuati e i relativi interventi di valorizzazione; b) la verifica e aggiornamento della dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, qualora siano venute a mancare o siano oggettivamente mutate le esigenze di tutela del bene, ovvero nei casi di incertezza sulla esistenza e vigenza di un vincolo paesaggistico, a norma degli articoli 138 e seguenti del Codice; c) l'integrazione delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di competenza regionale, di cui all'articolo 141-bis del Codice. Si precisa quindi che la Commissione predispone le citate proposte d’ufficio o istanza della Regione, degli Uffici territoriali del Ministero dei beni culturali, della Città metropolitana di Bologna, dei soggetti d’area vasta, dei Comuni o loro Unioni. Tali amministrazioni possono avanzare tali proposte anche attraverso i relativi strumenti di pianificazione, come previsto al precedente articolo 66. Si conferma che in caso di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico assunta dal Ministero dei beni culturali, la Giunta regionale esprime il proprio parere sentita la Commissione regionale per il paesaggio, la quale deve esprimersi entro 15 giorni dalla richiesta. Si conferma inoltre che la Commissione regionale può essere chiamata a esprimere il proprio parere anche in merito alle proposte di integrazione delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di competenza ministeriale, secondo l'articolo 141-bis del Codice. Si conferma quindi che la Commissione è nominata con decreto del Presidente della Regione, dura in carica 5 anni e ha sede presso la Regione, nonché che compete alla Giunta regionale la definizione delle modalità di composizione e funzionamento e la designazione del suo Presidente, e infine che la partecipazione ai lavori della Commissione non dà luogo a indennità, compensi, gettoni o altri emolumenti comunque denominati. L’ultimo Titolo VI – Norme finali (Articoli 72-77) contiene le norme necessarie alla modifica o all’abrogazione di altre norme di legge regionale, per esigenze di coordinamento o per connessi aggiornamenti, nonché un articolo sull’adeguamento dei piani territoriali vigenti e sull’efficacia degli attuali PTCP, un articolo sul monitoraggio dell’attuazione della legge ed uno sulle disposizioni volte a disciplinare la copertura degli oneri finanziari a carico del bilancio regionale previsti dalla legge.
L’Articolo 72 (Modifiche alla LR n. 2 del 2009 in materia di demanio marittimo) adegua in particolare le norme sul Piano dell’arenile contenute nell’articolo 3 della LR 9/2002. Si prevede in particolare che il Piano dell’arenile sia approvato secondo il procedimento generale disciplinato dagli articoli 43-47 della legge, e che le relative previsioni si attuino con intervento diretto, ossia tramite i dovuti titoli abilitativi edilizi.
L’Articolo 73 (Modifiche alla LR n. 4 del 2009 in materia di agriturismo) sostituisce il comma 1 dell’articolo 11 della LR 4/2009, precisando che possono essere utilizzati per le attività agrituristiche tutti gli edifici o porzioni di essi, sia a destinazione abitativa che strumentale all’attività agricola esistenti sul fondo.
L’Articolo 74 (Adeguamento della pianificazione territoriale ed efficacia dei vigenti PTCP) impegna la Regione, la Città metropolitana di Bologna ed i soggetti di area vasta ad adeguare i propri strumenti di pianificazione territoriale alle previsioni della nuova legge entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore. Dispone inoltre che le previsioni dei vigenti piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP), approvati ai sensi della LR 20/2000, conservino efficacia fino all’entrata in vigore del PTM e dei PTAV, limitatamente ai contenuti attribuiti dalla nuova legge ai piani territoriali generali, metropolitani e di area vasta. Si dispone infine che fino all’entrata in vigore del nuovo PTR di cui all’articolo 40, comprensivo della componente PTPR di cui all’articolo 64, conservino altresì efficacia le previsioni dei PTCP attuative delle previsioni dell’attuale PTPR.
L’Articolo 75 (Monitoraggio dell’attuazione della legge) prevede che la Giunta regionale, insieme alle Autonomie locali e con il concorso dei rappresentanti delle forze economiche, sociali e professionali, provveda al monitoraggio dell’applicazione della legge e alla verifica dei suoi effetti sulla qualità paesaggistica, ambientale e insediativa del territorio e sul consumo del suolo. Prevede inoltre che la Giunta regionale, nel corso della fase di adeguamento della pianificazione comunale, disciplinata dagli articoli 3 e 4, collabori in sperimentazioni dei percorsi di adeguamento, anche per raccogliere contributi utili alla definizione degli atti di coordinamento tecnico attuativi della legge.
L’Articolo 76 (Disposizioni finanziarie) contiene le norme di carattere contabile con le quali si stabilisce che agli oneri a carico del bilancio regionale derivanti dall'attuazione della presente legge si farà fronte: per gli esercizi finanziari 2017-2019, con le risorse autorizzate con riferimento alle leggi regionali 19/1998 (Norme in materia di riqualificazione urbana) e 20/2000 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), nell'ambito della Missione 8 Assetto del territorio ed edilizia abitativa - Programma 1 Urbanistica e assetto del territorio e Missione 9 Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente, Programma 2 - Tutela, valorizzazione e recupero ambientale, del Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2017-2019, autorizzando anche la Giunta regionale a provvedere, con propri atti, alle variazioni di bilancio che si rendessero necessarie per la modifica dei capitoli esistenti o l'istituzione e la dotazione di appositi capitoli; per gli esercizi successivi, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa annualmente disposte dalla legge di approvazione del bilancio, in conformità a quanto previsto dall'articolo 38 DLgs 118/2011, sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.
L’Articolo 77 (Abrogazioni) esplicita l’abrogazione delle norme di legge regionale incompatibili con la nuova disciplina o superate dalla stessa, ed in particolare la LR 20/2000 (ferma restando l’efficacia delle sue previsioni nel periodo transitorio), la LR 19/1998 sulla riqualificazione urbana (fatto salvo quanto concerne l’ultimazione degli programmi di riqualificazione urbana in corso), e alcune previsioni della LR 9/2008 (art. 1, co. 5, e art. 2) sulle autorità competenti per la valutazione ambientale di piani e programmi e sul regime transitorio previsto dalla stessa legge regionale del 2008.
Testo:
Progetto di legge di iniziativa della Giunta regionale
DISPOSIZIONI REGIONALI SULLA TUTELA E L’USO DEL TERRITORIO
TITOLO I
PRINCIPI FONDAMENTALI E ADEGUAMENTO DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE
Art. 1
Principi e obiettivi generali
1. In attuazione dell’articolo 117 della Costituzione, la presente legge stabilisce la disciplina regionale in materia di governo del territorio, in conformità ai principi fondamentali della legislazione statale e nel rispetto dell’ordinamento comunitario e della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, in materia di ordinamento civile e penale e del regime della proprietà, nonché in materia di tutela della concorrenza. La presente legge disciplina, altresì, i livelli minimi essenziali dei sistemi delle infrastrutture, delle attrezzature urbane e territoriali nonché dei servizi che devono essere garantiti in tutto il territorio regionale.
2. Il governo del territorio, inteso quale insieme delle attività di analisi, valutazione, programmazione, regolazione, controllo e monitoraggio degli usi e delle trasformazioni del territorio e degli effetti delle politiche socio-economiche su di esso incidenti, è esercitato dai Comuni e loro Unioni, dalla Città metropolitana di Bologna, dai soggetti di area vasta e dalla Regione, perseguendo la sostenibilità, l’equità e la competitività del sistema sociale ed economico, ed il soddisfacimento dei diritti fondamentali delle attuali e future generazioni inerenti in particolare la salute, l’abitazione ed il lavoro, e nel rispetto dei seguenti obiettivi:
a) contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici; b) favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati e il miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare riguardo all’efficientamento energetico ed alla riduzione del rischio sismico degli edifici, alle condizioni di vivibilità delle aree urbane anche in termini di qualità ambientale ed ecologica, alla promozione degli interventi di edilizia residenziale sociale e delle ulteriori azioni per il soddisfacimento del diritto all’abitazione di cui alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo);
c) tutelare e valorizzare il territorio nelle sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche favorevoli al benessere umano ed alla conservazione della biodiversità;
d) tutelare e valorizzare i territori agricoli e le relative capacità produttive agroalimentari, salvaguardando le diverse vocazionalità tipiche che lo connotano;
e) contribuire alla tutela ed alla valorizzazione degli elementi storici e culturali del territorio regionale;
f) promuovere le condizioni di attrattività del sistema regionale e dei sistemi locali, per lo sviluppo, l’innovazione e la competitività delle attività produttive e terziarie;
g) promuovere maggiori livelli di conoscenza del territorio e del patrimonio edilizio esistente, per assicurare l’efficacia delle azioni di tutela e la sostenibilità degli interventi di trasformazione.
3. La presente legge valorizza la capacità negoziale dei Comuni, la qualità delle proposte progettuali e la sostenibilità ambientale degli interventi, quali fattori determinanti per l’efficacia del governo del territorio, e richiede la crescita della qualificazione del personale tecnico e amministrativo e lo sviluppo di processi stabili di monitoraggio dei sistemi ambientali e territoriali.
4. Le amministrazioni pubbliche titolari di funzioni di governo del territorio cooperano, secondo criteri di competenza e di leale collaborazione, all’elaborazione e valutazione delle scelte fondamentali riferite al territorio e al monitoraggio della loro attuazione, anche mediante la stipula di accordi territoriali e l’istituzione di sedi stabili di concertazione.
Art. 2
Legalità, imparzialità e trasparenza nelle scelte di pianificazione
- La Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti di area vasta, i Comuni e loro Unioni esercitano le funzioni di governo del territorio assicurando il perseguimento dell’interesse pubblico, nell’osservanza dei principi fondamentali di buon andamento, imparzialità, trasparenza e partecipazione e secondo criteri di responsabilità, economicità, efficacia, flessibilità e semplificazione dell’azione amministrativa. 2. Per le finalità di cui al comma 1 le amministrazioni pubbliche deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio provvedono: a) a conformarsi alle disposizioni di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), alle linee guida contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA) adottato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ed alle disposizioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni); b) ad acquisire, per i soggetti privati proponenti l’informazione antimafia di cui all’art. 84, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nelle azioni di trasformazione del territorio; c) a garantire il rispetto degli obblighi di astensione previsti per le situazioni di conflitto di interessi dall’articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990, per i responsabili dei procedimenti e i titolari degli uffici coinvolti, e dall’articolo 78, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), per i componenti degli organi politici degli enti locali che deliberano in materia urbanistica e territoriale.
Art. 3
Adeguamento della pianificazione urbanistica vigente e
conclusione dei procedimenti in corso
1. I Comuni, per assicurare la celere e uniforme applicazione su tutto il territorio delle disposizioni stabilite dalla presente legge, avviano il processo di adeguamento della pianificazione urbanistica vigente entro il termine perentorio di tre anni dalla data della sua entrata in vigore e lo concludono nei due anni successivi, con le modalità previste dal presente articolo.
2. I Comuni dotati degli strumenti urbanistici predisposti ai sensi della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio), entro il termine di cui al comma 1 avviano, a norma dell’articolo 45, comma 2, della presente legge, il procedimento di approvazione di un’unica variante generale diretta a unificare e conformare le previsioni dei piani vigenti ai contenuti del Piano Urbanistico Generale (PUG), stabiliti dal Titolo III, Capo I, della presente legge. Per l’approvazione di tale variante trova applicazione il procedimento per l’approvazione dei piani, di cui al Titolo III, Capo III, della presente legge, ad esclusione della consultazione preliminare di cui all’articolo 44, e i termini previsti dagli articoli 45, 46 e 47 sono ridotti della metà.
3. I Comuni dotati di Piano Regolatore Generale (PRG), predisposto ai sensi della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47 (Tutela e uso del territorio), entro il termine di cui al comma 1 del presente articolo, avviano, a norma dell’articolo 45, comma 2, della presente legge, il procedimento per l’approvazione del PUG, ai sensi del Titolo III, Capo III, della presente legge.
4. I Comuni che, prima dell’entrata in vigore della presente legge, hanno adottato il piano strutturale comunale (PSC) e il regolamento urbanistico ed edilizio (RUE) unificano e conformano le previsioni dei piani ai contenuti del PUG stabiliti dal Titolo III, Capo I, della presente legge, senza che ciò richieda la ripubblicazione del piano, e concludono il procedimento di approvazione del nuovo strumento secondo le disposizioni procedurali stabilite dalla legislazione previgente per il PSC.
5. I Comuni dotati di PSC che, prima dell’entrata in vigore della presente legge abbiano adottato il RUE o il POC possono completare l’iter di approvazione degli stessi secondo quanto previsto rispettivamente dagli articoli 33 e 34 della L.R. n. 20 del 2000, ferma restando l’osservanza dell’obbligo di cui al comma 1 del presente articolo.
6. La Regione concede contributi a Comuni e loro Unioni al fine di favorire l’adeguamento della pianificazione generale vigente alle previsioni della presente legge. La Giunta regionale, attraverso appositi bandi annuali pubblicati sul BURERT a norma dell'articolo 12, comma 1, della legge n. 241 del 1990, specifica i criteri per l’assegnazione dei contributi, individuando tra l’altro la misura percentuale massima del contributo regionale. La valutazione delle richieste presentate è effettuata dalla Giunta regionale, che approva il programma di erogazione dei contributi dando comunque priorità ai piani urbanistici generali delle Unioni di comuni cui sia stato trasferito l’esercizio della funzione di pianificazione urbanistica e in secondo luogo ai piani intercomunali, con preferenza per quelli che presentino il maggior numero di Comuni coinvolti.
Art. 4
Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti
1.Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla scadenza del termine perentorio per l’avvio del procedimento di approvazione del PUG stabilito dall’articolo 3, comma 1, il Comune può stipulare accordi operativi, di cui all’articolo 38, per dare immediata attuazione.a parte delle previsioni contenute nei vigenti PSC, nell’osservanza di quanto disposto dai commi 2 e 3, e può rilasciare permessi di costruire convenzionati, di cui all’articolo 28-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), per attuare le previsioni del PRG e del POC vigenti.
2 Allo scopo di selezionare una parte delle previsioni del PSC cui dare immediata attuazione ai sensi del comma 1, il Consiglio comunale assume una apposita delibera di indirizzo con la quale stabilisce, in conformità ai principi di imparzialità e trasparenza, i criteri di priorità, i requisiti e i limiti in base ai quali valutare la rispondenza all’interesse pubblico delle proposte di accordo operativo avanzate dai soggetti interessati. Nel definire i contenuti della delibera di indirizzo il Consiglio comunale tiene altresì conto:
a) degli accordi con i privati antecedentemente stipulati ai sensi dell’articolo 18 della legge regionale n. 20 del 2000;
b) degli esiti delle procedure ad evidenza pubblica espletate ai sensi dell’articolo 30, comma 10, della medesima legge regionale;
c) delle previsioni del PSC confermative di zonizzazioni edificatorie stabilite dal piano urbanistico generale previgente;
d) di ogni altro atto o fatto da cui derivi, secondo la disciplina vigente, una specifica posizione giuridica differenziata e qualificata del privato;
e) dei vincoli preordinati all’esproprio in corso di definizione, per opere pubbliche di cui sia già stata programmata la realizzazione e dei vincoli decaduti che l’amministrazione intenda reiterare.
3. Nelle more della approvazione della delibera di indirizzo di cui al comma 2, i privati interessati possono presentare proposte di accordi operativi volti a dare immediata attuazione alle previsioni contenute nei vigenti PSC.
4. Fermo restando il rilascio dei titoli abilitativi edilizi per le previsioni dei piani vigenti soggette ad intervento diretto, entro il termine di cui al comma 1 possono altresì essere adottati i seguenti strumenti urbanistici e può essere formalmente avviato il procedimento di approvazione dei seguenti atti negoziali, secondo le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e regionale previgente:
a) le varianti specifiche alla pianificazione urbanistica vigente;
b) i piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti, anche in variante, di cui all’articolo 3 della legge regionale 9 novembre 1988, n. 46 (Disposizioni integrative in materia di controllo delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche);
c) i Piani Urbanistici Attuativi (PUA), di iniziativa pubblica o privata, di cui all’articolo 31 della legge regionale n. 20 del 2000;
d) i Programmi di Riqualificazione Urbana (PRU), di cui alla legge regionale 3 luglio 1998, n. 19 (Norme in materia di riqualificazione urbana);
e) gli atti negoziali e i procedimenti speciali di approvazione di progetti che comportano l’effetto di variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
5. La stipula della convenzione urbanistica relativa agli strumenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 deve avvenire entro il termine perentorio di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorso tale termine, i medesimi strumenti urbanistici perdono la loro efficacia. La convenzione deve altresì prevedere termini perentori, a pena di decadenza, per la presentazione dei titoli abilitativi edilizi richiesti, allo scopo di assicurare l’immediato avvio dell’attuazione degli interventi.
6. I PUG adottati e approvati ai sensi dell’articolo 3 fanno salva la definizione e l’attuazione degli accordi operativi, dei permessi di costruire convenzionati, degli strumenti attuativi e degli atti negoziali disciplinati dai commi da 1 a 5 del presente articolo.
7. Fatto salvo quanto previsto dai commi da 1 a 6 del presente articolo, dopo la scadenza del termine perentorio per l’avvio del procedimento di approvazione del PUG stabilito dall’articolo 3, comma 1: a) possono essere attuate unicamente le previsioni della pianificazione vigente relative al territorio urbanizzato, aventi i requisiti degli interventi di riuso e di rigenerazione urbana di cui all’articolo 7, comma 3;
b) sono comunque consentiti gli interventi diretti, da attuare con titolo abilitativo edilizio secondo la disciplina vigente;
c) mantengono la loro efficacia e possono essere attuati con i titoli abilitativi edilizi richiesti, unicamente i PUA e gli altri strumenti urbanistici attuativi, comunque denominati, approvati in data antecedente alla entrata in vigore della presente legge, a condizione che siano convenzionati entro il termine perentorio di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e che sia prescritto l’immediato avvio dell’attuazione degli interventi ai sensi del comma 5, ultimo periodo.
TITOLO II
DISPOSIZIONI GENERALI
SULLA TUTELA E L’USO DEL TERRITORIO
CAPO I
Consumo del suolo a saldo zero
Art. 5
Contenimento del consumo del suolo
1.La Regione Emilia-Romagna, in coerenza con gli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e con i principi desumibili dagli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, assume l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero da raggiungere entro il 2050. A tale scopo, gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica perseguono la limitazione del consumo del suolo, attraverso il riuso e la rigenerazione del territorio urbanizzato. pagina 62 di 141 2.
2.Nel rispetto dei limiti quantitativi di cui all’articolo 6, il consumo di suolo è consentito esclusivamente per opere pubbliche e opere qualificate dalla normativa vigente di interesse pubblico e per insediamenti strategici volti ad aumentare l’attrattività e la competitività del territorio, nei soli casi in cui non esistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso di aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse. A tale scopo, nell’ambito della valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale dei piani e degli accordi operativi sono necessariamente considerate le alternative localizzative che non comportino consumo del suolo, e la determinazione approvativa dei medesimi strumenti contiene specifiche e puntuali motivazioni relative alla necessità di prevedere l’utilizzo di suolo inedificato. 3.
3.Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni per il territorio rurale, di cui all’articolo 36, il consumo di suolo non è comunque consentito per nuove edificazioni residenziali, ad eccezione di quelle necessarie:
a) per attivare interventi di rigenerazione di parti del territorio urbanizzato a prevalente destinazione residenziale;
b) per realizzare interventi di edilizia residenziale sociale, comprensivi unicamente della quota di edilizia libera indispensabile per assicurare la fattibilità economico finanziaria dell’intervento.
4. In ogni caso, i nuovi insediamenti al di fuori del territorio urbanizzato devono evitare il più possibile di accrescere la dispersione insediativa, privilegiando soluzioni funzionali alla riqualificazione del disegno dei margini urbani e al rafforzamento dell’armatura territoriale esistente.
5. Il consumo del suolo è dato dal saldo tra le aree per le quali la pianificazione urbanistica attuativa prevede la trasformazione insediativa al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato, di cui all’articolo 32, commi 2 e 3, e quelle per le quali la medesima pianificazione stabilisca una destinazione che richieda, all’interno del medesimo perimetro, interventi di desigillazione, attraverso la rimozione dell’impermeabilizzazione del suolo.
6. La Regione provvede al monitoraggio del consumo del suolo ai sensi della presente legge e alla pubblicazione sul proprio sito web dei relativi dati.
Art. 6
Quota complessiva del consumo del suolo ammissibile
1. In coerenza con l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero di cui all’articolo 5, comma 1, la pianificazione territoriale e urbanistica può prevedere, un consumo del suolo complessivo pari al tre per cento della superficie del territorio urbanizzato, calcolata ai sensi dell’articolo 32, commi 2 e 3, esistente alla data di entrata in vigore della presente legge, fatto salvo quanto previsto dai commi 5 e 6.
2. In via di prima applicazione, la quota massima di superficie territoriale consumabile di cui al comma 1 è riconosciuta a ciascun Comune o all’Unione cui sia stato conferito l’esercizio della funzione di pianificazione urbanistica, con riferimento al perimetro del territorio urbanizzato stabilito dal PUG, in conformità a quanto previsto dall’articolo 32, commi 2 e 3.
3. I Comuni facenti parte di una Unione, ma che non abbiano conferito alla stessa la funzione di pianificazione urbanistica, possono stabilire la quota complessiva di superficie territoriale consumabile da ciascuno di essi attraverso apposito accordo territoriale, stipulato in sede di Unione. 4. La Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, possono attribuire ai Comuni e alle loro Unioni quote differenziate di superficie territoriale consumabile, nell’osservanza della quota complessiva indicata al comma 1 del presente articolo, attraverso rispettivamente il piano territoriale metropolitano e il piano territoriale d’area vasta di cui agli articoli 41 e 42 ovvero, prima della approvazione di tali strumenti, con la stipula di appositi accordi territoriali anche in sede locale. L’attribuzione di quote differenziate di superficie territoriale consumabile è accompagnata da misure di perequazione territoriale, ai sensi dell’articolo 41, comma 5.
5. Previa valutazione che non sussistano ragionevoli alternative localizzative che non determinino consumo di suolo, non sono computate ai fini del calcolo della quota massima di consumo del suolo di cui al comma 1, le aree che, dopo l’entrata in vigore della presente legge, sono utilizzate per la realizzazione:
a) di lavori e opere pubbliche o di opere qualificate dalla normativa vigente di interesse pubblico;
b) di interventi di ampliamento e ristrutturazione di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa ovvero di interventi di nuova costruzione di fabbricati o altri manufatti necessari per lo sviluppo e la trasformazione di attività economiche già insediate, nell’area di pertinenza delle stesse, in lotti contigui o circostanti, ovvero in aree collocate in prossimità delle medesime attività economiche;
c) di nuovi insediamenti produttivi di interesse strategico regionale che siano oggetto di accordi per l’insediamento e lo sviluppo, di cui all’articolo 7 della legge regionale 18 luglio 2014, n. 14 (Promozione degli investimenti in Emilia-Romagna) o che presentino i requisiti di cui all’articolo 6, comma 1, della medesima legge regionale come specificati con apposita deliberazione dell’Assemblea Legislativa, su proposta della Giunta regionale;
d) di rilevanti insediamenti produttivi individuati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 settembre 2016, n. 194 (Regolamento recante norme per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124);
e) di parchi urbani ed altre dotazioni ecologico ambientali;
f) di fabbricati nel territorio rurale funzionali all’esercizio delle imprese agricole;
g) di interventi per il parziale recupero della superficie di edifici non più funzionali all’attività agricola, demoliti ai sensi dell’articolo 36, comma 5, lettera e).
6. Non sono computate altresì nella quota massima di cui al comma 1 le aree utilizzate per l’attuazione delle previsioni dei piani urbanistici vigenti, ai sensi dell’articolo 4.
CAPO II
Promozione del riuso e della rigenerazione urbana
Sez.
I Regime differenziato del riuso e della rigenerazione rispetto alle nuove urbanizzazioni
Art. 7
Disciplina favorevole al riuso e alla rigenerazione urbana
1. La Regione Emilia-Romagna promuove, assieme alla limitazione del consumo del suolo, la rigenerazione dei centri urbani, per aumentarne l’attrattività attraverso la riqualificazione dell’ambiente costruito secondo criteri di sostenibilità, e per accrescerne la competitività con la qualificazione e l’ampliamento dei servizi e delle funzioni strategiche ivi insediati.
2. Per realizzare le finalità di cui al comma 1, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica disciplinati dalla presente legge, privilegiano il riuso dei suoli urbani e la loro rigenerazione, secondo quanto stabilito dal presente Capo.
3. Ai fini della presente legge, costituiscono interventi di riuso e rigenerazione urbana le seguenti tipologie di trasformazioni edilizie e urbanistiche dei tessuti urbani esistenti:
a) gli interventi di “Qualificazione edilizia”, diretti a realizzare la demolizione e ricostruzione di uno o più fabbricati che presentino una scarsa qualità edilizia, non soddisfacendo i requisiti minimi di efficienza energetica, sicurezza sismica, abbattimento delle barriere architettoniche, igienico-sanitari e di sicurezza degli impianti, previsti dalla normativa vigente, nonché gli interventi conservativi che, senza prevedere la demolizione dell’edificio originario, consentono comunque di realizzare i miglioramenti dell’efficienza energetica, della sicurezza sismica e degli altri requisiti tecnici richiesti dalla normativa vigente ai fini della agibilità. Ferma restando l’osservanza della disciplina di tutela del centro storico e degli edifici di valore storico, artistico e testimoniale di cui all’articolo 32, commi 4, 5, 6 e 7, gli interventi di qualificazione edilizia sono sempre ammessi e si attuano con intervento diretto, fatti salvi gli eventuali limiti e condizioni stabiliti dal PUG;
b) gli interventi di “Ristrutturazione urbanistica”, come definiti alla lettera h) dell’Allegato alla legge regionale 30 luglio 2013, n. 15 (Semplificazione della disciplina edilizia), comprensivi degli interventi di costruzione e successiva demolizione, disciplinati dall’articolo 13, i quali si attuano attraverso permesso di costruire convenzionato;
c) gli interventi di “Addensamento e sostituzione urbana”, consistenti nei processi di riqualificazione anche incrementali, che, con particolare riferimento ad aree strategiche della città ovvero ad aree degradate, marginali, dismesse o di scarsa utilizzazione edificatoria, prevedono una loro significativa trasformazione che può comportare, in via esemplificativa: la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati, degli spazi aperti e della rete stradale, la delocalizzazione degli immobili collocati in aree soggette a rischio ambientale e industriale, l’inserimento di nuove funzioni e la realizzazione o adeguamento delle dotazioni territoriali, delle infrastrutture e dei servizi pubblici nonché l’attuazione di interventi di edilizia residenziale sociale. Tali interventi sono diretti a rivitalizzare e qualificare il territorio dal punto di vista identitario, sociale ed economico, realizzando nuove attrattività e opportunità di sviluppo. Gli interventi di addensamento e sostituzione urbana si attuano attraverso gli accordi operativi o i piani attuativi di iniziativa pubblica di cui all’articolo 38.
Art. 8
Incentivi urbanistici
per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana
1. Gli interventi edilizi realizzati all’interno del perimetro del territorio urbanizzato individuato ai sensi dell’articolo 32, commi 2 e 3, beneficiano dei seguenti incentivi urbanistici:
a)il contributo straordinario, di cui all’articolo 16, comma 4, lettera d-ter, del DPR n. 380 del 2001, non trova applicazione all’interno del territorio urbanizzato, relativamente alle previsioni del PUG che, al fine di privilegiare il riuso e la rigenerazione delle aree già urbanizzate prevedano la variazione dei parametri urbanistici stabiliti dagli strumenti di pianificazione previgenti o il mutamento delle destinazioni d’uso precedentemente ammesse, nonché nel caso di rilascio di permessi di costruire in deroga alle previsioni generali di piano. È fatta salva la facoltà per i Comuni di assoggettare a contributo straordinario le strutture di vendita e gli insediamenti commerciali di rilievo sovracomunale, da realizzare all’interno del territorio urbanizzato. Il contributo straordinario trova al contrario applicazione per gli interventi da realizzare al di fuori del territorio urbanizzato nonché per gli interventi che prevedano l’edificazione delle aree permeabili collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato che non siano dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, di cui all’articolo 32, comma 3, lettera c);
b)per gli interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, addensamento o sostituzione urbanistica all’interno del territorio urbanizzato, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. I Comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso, nel caso di interventi di sostituzione e addensamento urbano che richiedano la bonifica dei suoli inquinati o la rimozione dell’amianto e di altri materiali pericolosi per la salute o quote significative di desigillazione. Ai sensi dell’articolo 28, commi 3 e 4, della legge regionale 30 luglio 2013, n. 15 (Semplificazione della disciplina edilizia), i mutamenti della destinazione d’uso senza opere, previsti nell’ambito di interventi di riuso e rigenerazione urbana, sono gratuiti qualora comportino il passaggio ad una diversa categoria funzionale non avente maggior carico urbanistico e nel caso di passaggio, all’interno della medesima categoria funzionale, ad un uso non avente maggior carico urbanistico;
c)il PUG può prevedere che, in sede di accordo operativo, siano riconosciuti agli interventi di sostituzione e di addensamento urbano diritti edificatori e altre premialità aggiuntive, previa verifica di sostenibilità del relativo carico urbanistico e in coerenza con le previsioni della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, di cui all’articolo 34;
d)per gli interventi diretti di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica il PUG può altresì prevedere il riconoscimento, all’atto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, di diritti edificatori aggiuntivi e di altre premialità parametrate al grado di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico e alla qualità urbana e progettuale dell’intervento;
e)allo scopo di promuovere la realizzazione delle politiche pubbliche per la casa stabilite dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale di cui all’articolo 34, gli accordi operativi possono riconoscere ulteriori quote edificatorie, a compensazione dell’impegno assunto dall’operatore di realizzare, nell’ambito dell’intervento di rigenerazione urbana, una quota di alloggi di edilizia residenziale sociale;
f)Il PUG può prevedere altre forme di incentivazione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana legate alla qualità progettuale degli interventi, quali in via esemplificativa: il rispetto di requisiti tecnici delle opere edilizie più elevati rispetto ai livelli minimi richiesti dalla disciplina vigente; la realizzazione e gestione di aree ecologicamente attrezzate; l’osservanza dei criteri della bioarchitettura; la realizzazione di insediamenti abitativi di cohousing e altri interventi residenziali innovativi per rispondere al disagio abitativo di categorie sociali deboli. La Giunta regionale con apposito atto di coordinamento di cui all’articolo 49 può stabilire parametri uniformi per la valutazione della qualità progettuale degli interventi.
2.Il PUG può disciplinare il trasferimento e la contestuale ricollocazione delle quantità edificatorie di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1, da attuarsi esclusivamente tramite accordo operativo e su aree collocate nel territorio urbanizzato per le quali il PUG ammetta tale possibilità.
3.I medesimi diritti edificatori di cui al comma 1, lettere c), d) ed e) possono essere riconosciuti dal PUG, previo assenso dei proprietari degli immobili, direttamente agli operatori economici che attuino gli interventi, previa stipula di apposita convenzione trascritta ai sensi dell’articolo 2643, comma primo, numero 2-bis, del codice civile, con la quale gli stessi, a pena di decadenza, si impegnino ad utilizzare i diritti edificatori acquisiti entro un termine perentorio comunque non superiore ai 3 anni successivi alla conclusione degli interventi di rigenerazione, con la presentazione di accordi operativi su aree per le quali il PUG ammetta il trasferimento di cubature.
4.Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), e ai commi 2 e 3 del presente articolo non trovano applicazione per gli interventi da realizzare al di fuori del territorio urbanizzato e per gli interventi che prevedano l’edificazione delle aree permeabili collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato che non siano dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, di cui all’articolo 32, comma 3, lettera c). Tali interventi sono subordinati al pagamento del contributo straordinario e del contributo di costruzione, secondo la disciplina ordinaria, e possono beneficiare di quote aggiuntive di diritti edificatori solo nei casi di cui al comma 1, lettera e), in caso di realizzazione di alloggi in edilizia residenziale sociale.
Art. 9
Standard urbanistici differenziati
1. In attuazione della seconda parte dell’articolo 2-bis, comma 1, del DPR n. 380 del 2001, la Regione stabilisce con apposito atto di coordinamento tecnico, emanato ai sensi dell’articolo 49 della presente legge, disposizioni in merito al sistema delle dotazioni territoriali, delle infrastrutture e dei servizi pubblici che concorrono a realizzare lo standard minimo di qualità urbana ed ecologico ambientale da assicurare su tutto il territorio regionale. L’atto di coordinamento tecnico differenzia le prestazioni da realizzare nel territorio urbanizzato rispetto a quanto richiesto per i nuovi insediamenti, allo scopo di promuovere gli interventi di riuso e rigenerazione urbana, conformandosi ai seguenti principi:
a) il PUG, nel definire la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, conferma l’attuale quota complessiva di aree pubbliche destinate a servizi, esistente nel territorio urbanizzato, destinando tali aree prioritariamente a soddisfare il fabbisogno di nuove dotazioni territoriali ovvero all’ammodernamento e qualificazione delle opere e infrastrutture pubbliche esistenti. Il Comune, allo scopo di promuovere la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale con il concorso di operatori privati, può conferire agli stessi, in diritto di superficie, le aree pubbliche destinate a servizi, quale concorso per la realizzazione dei medesimi interventi, secondo criteri di imparzialità e trasparenza, qualora nel documento di Valsat sia dimostrato che i fabbisogni di attrezzature e spazi collettivi, pregressi e quelli generati dagli interventi, sono pienamente soddisfatti nei medesimi ambiti o in aree contermini ovvero in aree agevolmente accessibili con appositi percorsi ciclo pedonali protetti e con l’apposita organizzazione dei trasporti pubblici. Le medesime aree pubbliche possono altresì essere concesse in diritto di superficie ad operatori privati, ove risultino indispensabili per realizzare interventi di riuso e rigenerazione urbana di cui all’articolo 7, comma 3, lettere b) e c);
b)le aree permeabili collocate all’interno del territorio urbanizzato, non dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti sono destinate prioritariamente alla realizzazione di dotazioni ecologiche e ambientali e al mantenimento dei cunei verdi tra territorio rurale e territorio urbanizzato. Nelle medesime aree il PUG può motivatamente considerare ammissibili interventi di trasformazione edilizia nel solo caso in cui accerti che nelle aree contigue siano presenti adeguate dotazioni ecologiche e ambientali;
c)fermo restando il rispetto delle prescrizioni di tutela indiretta stabilite, ai sensi dell’articolo 45 del Decreto Legislativo 24 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e delle prescrizioni del PUG sugli edifici di interesse storico-architettonico, culturale e testimoniale, i permessi di costruire convenzionati relativi agli interventi di ristrutturazione urbanistica, e gli accordi operativi che regolano interventi di addensamento e sostituzione urbana non sono tenuti all’osservanza dei limiti di densità edilizia e di altezze degli edifici di cui agli articoli 7 e 8 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
d)il PUG può individuare gli ambiti del territorio urbanizzato nei quali gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di addensamento e sostituzione urbana possono comportare la cessione al Comune di aree per dotazioni territoriali anche al di sotto della quantità minima prevista dagli articoli 3, 4 e 5 del DI n. 1444 del 1968, qualora nel documento di Valsat sia dimostrato che i fabbisogni di attrezzature e spazi collettivi, pregressi e quelli generati dall’intervento, sono pienamente soddisfatti nei medesimi ambiti o in aree contermini ovvero in aree agevolmente accessibili con appositi percorsi ciclo pedonali protetti e con l’apposita organizzazione dei trasporti pubblici. In tali ipotesi gli interventi di trasformazione concorrono alla realizzazione e al mantenimento delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici secondo quanto previsto dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, ivi compresa la monetizzazione, in tutto o in parte, della quota di aree per dotazioni territoriali stabilita dal DI n. 1444 del 1968;
e)in parti del territorio urbanizzato caratterizzate da un’elevata accessibilità sostenibile, il PUG può disciplinare la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana che escludano o riducano l’utilizzo delle autovetture private e nei quali non trovano applicazione le disposizioni generali e settoriali che stabiliscono standard di parcheggi pubblici e pertinenziali. Le convenzioni urbanistiche, accluse agli accordi operativi e ai permessi di costruire convenzionati che disciplinano tali interventi di rigenerazione, riportano l’impegno dell’operatore e dei suoi aventi causa a rispettare le limitazioni all’uso di autovetture e sono trascritte nei registri immobiliari. Il PUG può altresì stabilire una significativa riduzione della dotazione di parcheggi pubblici in ambiti nei quali gli stessi siano compensati dalla corrispondente attuazione di quote aggiuntive di parcheggi pertinenziali o da forme di sostegno alla mobilità sostenibile. Il PUG può prevedere la realizzazione di insediamenti che presentino le caratteristiche stabilite dalla presente lettera anche nelle nuove urbanizzazioni attuabili in conformità alla presente legge;
f)le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e le dotazioni ecologiche e ambientali, di cui agli articoli 20 e 21, non sono oggetto di scomputo dal contributo di costruzione e non possono essere monetizzate;
g) i proventi dei titoli abilitativi edilizi, delle sanzioni previste dalla legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23 (Vigilanza e controllo dell’attività edilizia) e delle monetizzazioni nel territorio urbanizzato delle aree per dotazioni territoriali, di cui alla precedente lettera d), ultimo periodo, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all'acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, ad investimenti per la gestione telematica delle funzioni di governo del territorio nonché a interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano.
2.Fino all’approvazione dell’atto di coordinamento tecnico di cui al comma 1, primo periodo, i Comuni predispongono gli strumenti urbanistici previsti dalla presente legge dando diretta attuazione ai principi stabiliti dalle lettere da a) e g) del medesimo comma 1.
Art. 10
Deroghe al DI 2 aprile 1968, n. 1444
1.In attuazione dell'articolo 2-bis del DPR n. 380 del 2001, gli edifici esistenti nel territorio urbanizzato che siano oggetto degli interventi di riuso e rigenerazione urbana individuati dall’articolo 7, comma 3, della presente legge ovvero di recupero funzionale, di accorpamento o di ogni altra trasformazione espressamente qualificata di interesse pubblico dalla disciplina statale e regionale vigente, possono essere demoliti e ricostruiti, all'interno dell'area di sedime o aumentando la distanza dagli edifici antistanti, anche in deroga ai limiti di cui all'articolo 9 del Decreto Interministeriale n. 1444 del 1968, fermo restando il rispetto delle norme del codice civile e della disciplina di tutela degli edifici di valore storico architettonico, culturale e testimoniale di cui all'articolo 32, comma 7, della presente legge.
2.Gli eventuali incentivi volumetrici riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati con la soprelevazione dell'edificio originario, anche in deroga agli articoli 7, 8 e 9 del Decreto Interministeriale n. 1444 del 1968, nonché con ampliamento fuori sagoma dell'edificio originario laddove siano comunque rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all'articolo 9 del medesimo decreto o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, se inferiori. Il medesimo principio trova applicazione per gli interventi di addensamento previsti dal PUG in conformità alla presente legge.
3.Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 prevalgono sulle diverse previsioni sulla densità edilizia, sull'altezza degli edifici e sulle distanze tra fabbricati previste dagli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 11
Semplificazioni procedurali
per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana
1. Allo scopo di evitare la duplicazione della valutazione dei piani, il comitato urbanistico, in sede di esame della disciplina degli interventi di rigenerazione urbana previsti dal PUG, può motivatamente esentare gli accordi operativi, meramente attuativi delle previsioni del PUG e che riguardino area collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato, dalla procedura di verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 39, attestando che il PUG ha stabilito una disciplina urbanistica di dettaglio che non conferisce significativi margini di discrezionalità nella predisposizione dell’accordo operativo e ha valutato compiutamente gli effetti ambientali e territoriali degli interventi previsti.
2.Il PUG, nel disciplinare gli interventi di rigenerazione urbana ammissibili, individua gli ambiti soggetti a ristrutturazione urbanistica nei quali l’uso di piccole aree a livello locale è consentito direttamente attraverso permessi di costruire convenzionati. La convenzione allegata al titolo abilitativo edilizio presenta i contenuti di cui all’articolo 38, comma 3, lettera b) della presente legge all’articolo 28-bis del DPR n. 380 del 2001.
3.Gli interventi di nuova costruzione disciplinati da accordi operativi nel territorio urbanizzato si attuano, in tutti i casi, attraverso la presentazione di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
4.Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non trovano applicazione per gli interventi da realizzare al di fuori del territorio urbanizzato e per gli interventi che prevedono l’edificazione di aree permeabili prive delle infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti collocate all’interno di tale perimetro, per i quali è sempre richiesta la presentazione di accordi operativi ai sensi dell’articolo 38, da attuare con permesso di costruire.
5.Allo scopo di promuovere la riduzione del rischio sismico, il PUG favorisce l’attuazione degli interventi di rigenerazione urbana dando applicazione a quanto disposto dall’articolo 27, comma 5, della legge 1 agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), con riguardo agli edifici:
a)realizzati prima della classificazione sismica del Comune;
b)per i quali con apposita verifica di sicurezza sia accertata, ai sensi della vigente normativa tecnica delle costruzioni, la necessità di procedere ad interventi di adeguamento sismico;
c)collocati in zone geologicamente instabili ovvero in aree ad elevato grado di pericolosità sismica locale, accertato dagli studi di microzonazione sismica di cui all’articolo 22, comma 2.
6.Gli interventi di rigenerazione urbana e di recupero dei fabbricati esistenti nel territorio rurale che prevedano la demolizione dell’edificio originario sono subordinati alla verifica dello stato legittimo unicamente del volume totale o della superficie lorda dello stesso, ai fini del calcolo della nuova edificazione ammissibile.
Sez. II
Altre misure per promuovere il riuso e la rigenerazione
Art. 12
Contributi regionali per il riuso e la rigenerazione urbana
1. Al fine di promuovere gli interventi di rigenerazione urbana, la Regione può concedere contributi agli enti locali o altri enti pubblici per la realizzazione di dotazioni territoriali, il loro ammodernamento e rinnovo, per l’acquisizione di opere incongrue e la loro demolizione o trasformazione secondo quanto previsto dall’articolo 14, per l’attuazione di opere di bonifica di aree contaminate, per la progettazione a scala urbana degli interventi e la erogazioni di servizi di intermediazione, comunicazione e gestione dei processi partecipativi. La scelta degli interventi su cui concentrare gli investimenti pubblici, è operata sulla base di valutazioni che tengono conto, in particolare, degli effetti strategici, ambientali, territoriali e sociali degli stessi.
2.La Regione, per la finalità di cui al comma 1, può istituire o partecipare a uno o più fondi immobiliari che attuino interventi di rigenerazione urbana in conformità alla presente legge, con priorità per quelli che forniscono servizi di finanziamento, progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione degli interventi di rigenerazione di immobili a proprietà diffusa.
3.La Regione può altresì istituire un apposito fondo di garanzia per favorire l’accesso al credito per l’attuazione degli interventi di riuso e di rigenerazione urbana. L’Assemblea legislativa, su proposta della Giunta regionale, individua modalità e criteri al fine della concessione della garanzia.
4.La Regione incentiva altresì iniziative di promozione della cultura urbanistica, con particolare riferimento al riuso e alla rigenerazione delle città, nonché i processi di formazione e aggiornamento professionale per i componenti degli uffici di piano, di cui agli articoli 55 e 56.
Art. 13
Interventi di costruzione e successiva demolizione
1. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione urbanistica sono ricompresi anche quelli consistenti nella realizzazione delle nuove edificazioni previste dal progetto e successiva dismissione e demolizione dell’edificio originario, per consentire la continuità d’utilizzo del patrimonio edilizio esistente fino alla conclusione dei lavori di costruzione degli edifici destinati a sostituirli. Nella nuova costruzione possono essere realizzate le volumetrie aggiuntive stabilite ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c), d) ed e).
2. Per la presentazione della richiesta di permesso di costruire convenzionato o dell’accordo operativo relativo agli interventi di cui al comma 1, occorre dimostrare la fattibilità economico finanziaria dell’intero processo edilizio e disporre dell’assenso scritto di tutti i proprietari interessati, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 11, comma 5. Il progetto dell’intervento e la relativa cantierizzazione devono assicurare, oltre alla sicurezza e alla tutela della salute delle persone che continuano ad utilizzare gli edifici da demolire, la piena funzionalità degli impianti, delle parti comuni e delle opere di urbanizzazione degli stessi edifici, per tutto il periodo di utilizzazione.
3.Nella convenzione che regola le modalità di attuazione degli interventi di cui al comma 1, che si debbono comunque realizzare e concludere secondo il cronoprogramma previsto dalla convenzione urbanistica, sono stabilite le garanzie fideiussorie necessarie ad assicurare la completa realizzazione del programma di interventi.
4.Il PUG può consentire l’utilizzo della modalità di intervento di cui al comma 1 anche per la rigenerazione urbana di parti significative del territorio urbanizzato. In tali casi, nuove edificazioni residenziali possono essere realizzate al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera a), qualora non sussistano ragionevoli alternative localizzative che non determinino consumo del suolo. L’accordo operativo può prevedere l’esecuzione degli interventi di rigenerazione urbana di cui al presente comma anche per stralci funzionali che ricomprendano, assieme ad una parte delle nuove costruzioni comprensive della premialità riconosciuta, la demolizione della corrispondente quota degli edifici originari nonché la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione e la sistemazione delle aree di pertinenza.
Art. 14
Opere incongrue
1. In attuazione della legge regionale 15 luglio 2002, n. 16 (Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio) e dell’art. 3-bis del DPR n. 380 del 2001, il PUG può individuare le opere incongrue presenti sul territorio urbanizzato, definendo gli obiettivi di qualificazione dell’ambiente urbano che si intendono realizzare con la demolizione o la significativa trasformazione delle stesse e indirizzi progettuali in merito alla tipologia degli interventi da attuare.
2.In alternativa all’espropriazione delle opere incongrue, ai sensi dell’articolo 10 della legge regionale n. 16 del 2002, la rigenerazione delle aree interessate è favorita attraverso il riconoscimento di diritti edificatori ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c), d) ed e), ovvero attraverso accordi di cessione che prevedano le forme di compensazione di cui all’articolo 23 della legge regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (Disciplina regionale in materia di espropri).
3.Nelle more dell’attuazione del piano e fino alla stipula delle convenzioni di cui al comma 1, o dell’accordo di cui al comma 2, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi dell’edificio esistente ad esclusione della ristrutturazione dell’intero edificio e della demolizione e successiva ricostruzione dello stesso.
Art. 15
Albo degli immobili resi disponibili per la rigenerazione urbana
1.Per promuovere la realizzazione degli interventi di addensamento e sostituzione urbana, il Comune predispone e mantiene aggiornato l’albo degli immobili pubblici e privati resi disponibili per interventi di riuso e di rigenerazione urbana e predispone appositi elaborati cartografici per renderne agevole l’individuazione.
2.Nell’albo sono individuati, in particolare:
a)gli immobili che l’amministrazione comunale destina agli interventi di riuso e di rigenerazione urbana tra quelli facenti parte: del patrimonio disponibile comunale; delle aree pubbliche destinate a servizi, di cui all’articolo 9, comma 1, lettera a), ultimo periodo, della presente legge; degli immobili acquisiti ai sensi dell’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98; degli immobili trasferiti al Comune ai sensi dell’articolo 48, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136);
b)gli immobili resi disponibili da altri enti pubblici, previa stipula di apposita convenzione;
c)gli immobili che i proprietari interessati, attraverso la stipula di apposita convenzione, si impegnino per almeno cinque anni a cedere al Comune o a terzi attuatori ad un prezzo calmierato rispetto a quello di mercato.
3.Allo scopo di promuovere la stipula delle convenzioni di cui al comma 2, lettere b) e c), il PUG può stabilire che, in sede di accordo operativo, siano riconosciute quote edificatorie aggiuntive o altre premialità, a compensazione dell’impegno assunto dal proprietario a cedere gli immobili al Comune o a terzi attuatori ad un prezzo convenzionato, ovvero può consentire la realizzazione di taluni interventi di riuso o rigenerazione urbana solo nel caso di immobili convenzionati.
4.Per individuare i proprietari interessati, l’amministrazione comunale provvede alla pubblicazione di appositi avvisi pubblici di manifestazione di interesse e, nel corso della predisposizione del PUG, può stipulare accordi ai sensi dell’articolo 61 con i soggetti che abbiano avanzato la propria istanza di partecipazione. I privati interessati possono manifestare il proprio interesse anche dopo l’approvazione del PUG e provvedere alla sottoscrizione della convenzione entro il termine stabilito dal piano stesso.
Art. 16
Usi temporanei
1.Allo scopo di attivare processi di recupero e valorizzazione di contenitori e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali e culturali, il Comune può consentire, previa stipula di apposita convenzione, l’utilizzazione temporanea di tali edifici, per usi diversi da quelli consentiti. L’uso temporaneo può riguardare sia immobili privati che edifici pubblici concessi in comodato, per la realizzazione di iniziative di rilevante interesse pubblico e non comporta il mutamento della destinazione d’uso delle unità immobiliari interessate. Esso è attuato in assenza di opere edilizie, senza titolo abilitativo edilizio.
Art. 17
Concorsi di architettura e progettazione partecipata
1.Per elevare la qualità dei progetti urbani, i Comuni possono promuovere il ricorso al concorso di progettazione e al concorso di idee nonché ai processi di progettazione partecipata per la definizione dei processi di rigenerazione urbana.
2.I concorsi di architettura possono essere previsti, in particolare:
a)per la definizione degli indirizzi strategici e delle prescrizioni del PUG circa gli interventi di rigenerazione urbana da realizzare negli ambiti che presentano un particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale, ovvero nelle aree caratterizzate da una significativa carenza di tali fattori identitari, dalla mancanza di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici o da significative criticità ambientali;
b)per l’elaborazione di progetti urbani attuativi degli interventi di rigenerazione definiti dal PUG.
3.I Comuni possono altresì prevedere lo svolgimento di un processo di progettazione partecipata in sede di elaborazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi del PUG e dei contenuti degli accordi operativi e dei permessi di costruire convenzionati, per assicurare il coinvolgimento in prima persona, con modalità attive e socialmente visibili, dei residenti e degli utilizzatori nella ridefinizione degli spazi urbani, delle dotazioni territoriali e dei servizi pubblici che ricadono nel loro territorio di vita quotidiana.
4.Le convenzioni urbanistiche stipulate ai sensi dei commi 2 e 3 possono prevedere lo scomputo, dal contributo di costruzione dovuto per gli interventi di riuso e di rigenerazione urbana, fino al cinquanta per cento dei costi sostenuti per lo svolgimento del concorso di architettura o del processo di progettazione partecipata.
5.Rimane fermo quanto disposto dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), in merito all’utilizzo delle procedure del concorso di progettazione o del concorso di idee per la progettazione dei lavori di particolare rilevanza e complessità.
6.La Regione può concedere contributi ai Comuni per favorire le iniziative che a livello locale promuovono la partecipazione dei cittadini alla definizione degli obiettivi della rigenerazione urbana, attraverso concorsi di idee ovvero attraverso processi di progettazione partecipata o di laboratori di urbanistica partecipata, e incentivare il ricorso da parte dei Comuni alle procedure concorsuali che consentano la scelta del progetto che meglio corrisponde agli obiettivi di qualità attesi.
CAPO III
Sostenibilità ambientale e territoriale dei piani
Art. 18
Valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale (VALSAT)
1.Al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, la Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, i Comuni e le loro Unioni, nell'elaborazione ed approvazione dei propri piani prendono in considerazione gli effetti significativi sull'ambiente e sul territorio che possono derivare dall'attuazione dei medesimi piani, provvedendo alla Valutazione preventiva della Sostenibilità Ambientale e Territoriale (Valsat) degli stessi, nel rispetto della Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 (Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente) e della normativa nazionale di recepimento della stessa.
2.A tal fine, in un apposito rapporto ambientale e territoriale denominato “Documento di Valsat”, costituente parte integrante del piano sin dalla prima fase della sua elaborazione, sono individuate e valutate sinteticamente, con riferimento alle principali scelte pianificatorie, le ragionevoli alternative idonee a realizzare gli obiettivi perseguiti e i relativi effetti sull’ambiente e sul territorio. Nella individuazione e valutazione delle soluzioni alternative, il documento di Valsat tiene conto delle caratteristiche dell’ambiente e del territorio e degli scenari di riferimento descritti dal quadro conoscitivo di cui all’articolo 22, delle informazioni ambientali e territoriali acquisite ai sensi dell’articolo 23 e, per gli aspetti strettamente pertinenti, degli obiettivi generali di sviluppo sostenibile definiti dal piano e dalle altre pianificazioni generali e settoriali, in conformità alla strategia regionale di sviluppo sostenibile, di cui all’articolo 40, comma 7.
3.Nel documento di Valsat sono inoltre individuati, descritti e valutati i potenziali impatti delle soluzioni prescelte e le eventuali misure, idonee ad impedirli, mitigarli o compensarli, adottate dal piano ai sensi degli articoli 20 e 21, e sono definiti gli indicatori pertinenti indispensabili per il monitoraggio degli effetti attesi sui sistemi ambientali e territoriali, privilegiando quelli che utilizzino dati disponibili.
4.Per favorire la più ampia partecipazione del pubblico e la trasparenza delle scelte operate dal piano, il documento di Valsat deve contenere un elaborato illustrativo, denominato “Sintesi non tecnica”, nel quale è descritto sinteticamente, in linguaggio non tecnico, il processo di valutazione svolto e gli esiti dello stesso, dando indicazione delle parti del documento di Valsat in cui gli elementi sintetizzati sono più analiticamente sviluppati.
5.L’atto con il quale il piano viene approvato dà conto degli esiti della Valsat, illustra come le considerazioni ambientali e territoriali sono state integrate nel piano e indica le misure adottate in merito al monitoraggio, attraverso un apposito elaborato denominato “Dichiarazione di sintesi”, di cui all’articolo 46, comma 1, secondo periodo, e comma 7, lettera b).
6Gli atti con i quali l’autorità competente per la valutazione ambientale si esprime in merito alla Valsat, e le indicazioni contenute negli atti di approvazione del piano, di cui al comma 5, sono resi pubblici, anche attraverso la pubblicazione sui siti web della amministrazione titolare del piano e della autorità competente per la valutazione ambientale.
7. La Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, della presente legge, i Comuni e le loro Unioni provvedono al monitoraggio dell'attuazione dei piani e dei loro effetti sui sistemi ambientali e territoriali, anche al fine della revisione o aggiornamento degli stessi, e rendono disponibili nel proprio sito web i relativi esiti, ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
8.Con apposito atto di coordinamento tecnico, assunto ai sensi dell’articolo 49, la Giunta regionale individua i contenuti del documento di Valsat e della dichiarazione di sintesi, in conformità per gli aspetti ambientali all’Allegato VI del DLgs n. 152 del 2006, nonché detta disposizioni per semplificare e uniformare gli indicatori e le modalità di monitoraggio dei piani.
Art. 19
Principi di integrazione e non duplicazione della valutazione
Nell’osservanza dei principi di integrazione e non duplicazione di cui all’art. 4, commi 2 e 3, della direttiva 2001/42/CE, gli atti e ogni altro adempimento richiesti dalla normativa comunitaria e nazionale per la procedura di valutazione ambientale dei piani sono integrati nel procedimento disciplinato dal Titolo III, Capo III, della presente legge.
La Valsat ha ad oggetto unicamente le prescrizioni e gli indirizzi del piano, recependo gli esiti della valutazione dei piani competenti e dei piani cui si porti variante, per le previsioni e gli aspetti rilevanti che sono stati oggetto di precedenti valutazioni. Ai fini della Valsat sono utilizzati, se pertinenti, gli approfondimenti e le analisi già effettuati e le informazioni raccolte nell'ambito degli altri livelli di pianificazione o altrimenti acquisite. L'amministrazione procedente, nel predisporre il documento di Valsat del proprio piano può dar conto che talune previsioni e aspetti possono essere più adeguatamente decisi e valutati in altri successivi atti di pianificazione di propria competenza, di maggior dettaglio, rinviando agli stessi per i necessari approfondimenti.
3.La Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, assumono la qualità di autorità competente per la valutazione ambientale in merito alla valutazione:
a)la Regione, dei piani regionali, metropolitani e d’area vasta;
b)la Città metropolitana di Bologna, degli strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni facenti parte del territorio metropolitano;
c)i soggetti d’area vasta, degli strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni facenti parte dell’ambito territoriale di area vasta di loro competenza.
4.Le autorità competenti per la valutazione ambientale di cui al comma 3 esprimono il parere motivato di cui all’articolo 15, comma 1, del DLgs n. 152 del 2006, in sede di comitato urbanistico, nel corso del procedimento unico e nella fase di conclusione dell’accordo di programma, in variante ai piani disciplinati rispettivamente dagli articoli 47, 53 e 60 della presente legge, acquisendo il parere di ARPAE relativo unicamente alla sostenibilità ambientale delle previsioni dello strumento urbanistico in esame. Il parere del comitato urbanistico e le determinazioni conclusive del procedimento unico e dell’accordo di programma danno specifica evidenza alla valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale e delle motivazioni per le quali l’autorità ambientale si è eventualmente discostata dal parere di ARPAE.
5.Le autorità competenti per la valutazione in materia ambientale di cui al comma 3, lettere b) e c), svolgono altresì la verifica di assoggettabilità degli accordi operativi per interventi di riuso e rigenerazione che riguardino unicamente aree collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato, secondo le modalità indicate dall’articolo 39.
6.Sono esclusi dalla valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale le varianti che, non riguardando le tutele e le previsioni di piano sugli usi e le trasformazioni dei suoli e del patrimonio edilizio esistente, si limitano a introdurre:
a) rettifiche degli errori materiali;
b) modifiche della perimetrazione degli ambiti di intervento, che non incidono in modo significativo sul dimensionamento e la localizzazione degli insediamenti, delle infrastrutture e delle opere ivi previsti;
c) modifiche delle caratteristiche edilizie o dei dettagli costruttivi degli interventi;
d) modifiche necessarie per l'adeguamento del piano alle previsioni localizzative immediatamente cogenti contenute in strumenti di pianificazione nazionali, regionali, metropolitani o d’area vasta di cui sia già stata svolta la valutazione ambientale;
e) varianti localizzative, ai fini dell'apposizione del vincolo espropriativo, per opere già localizzate e valutate in piani vigenti o per la reiterazione del vincolo stesso.
7.Sono inoltre esclusi dalla valutazione gli accordi operativi nel caso di cui all’articolo 11, comma 1, e i permessi di costruire convenzionati di cui all’articolo 11, comma 2.
Art. 20
Misure di compensazione e
di riequilibrio ambientale e territoriale
1.La strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, di cui all’articolo 34, può stabilire, in conformità agli esiti della Valsat del PUG, misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, dirette al miglioramento ambientale, alla mitigazione degli effetti negativi riconducibili ai nuovi insediamenti, tenendo conto delle caratteristiche, dimensioni e impatto territoriale e ambientale della nuova previsione, anche in ragione della concentrazione di attività impattanti. Per le opere soggette a valutazione di impatto ambientale, le misure di compensazione stabilite dal piano possono essere modificate o integrate dal provvedimento di VIA.
2.L’accordo operativo, di cui all’articolo 38, individua le modalità ed i tempi di attuazione delle misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale, la cui realizzazione ed entrata in esercizio costituisce condizione al rilascio dell’agibilità del nuovo insediamento.
Art. 21
Dotazioni ecologiche e ambientali
1.Le dotazioni ecologiche ed ambientali del territorio sono costituite dall'insieme degli spazi, delle opere e degli interventi che concorrono, insieme alle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, a contrastare i cambiamenti climatici e i loro effetti sulla società umana e sull’ambiente, a ridurre i rischi naturali e industriali e a migliorare la qualità dell'ambiente urbano. Le dotazioni sono volte in particolare: alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti responsabili del riscaldamento globale; al risanamento della qualità dell'aria e dell'acqua ed alla prevenzione del loro inquinamento; alla gestione integrata del ciclo idrico; alla riduzione dell'inquinamento acustico ed elettromagnetico; al mantenimento della permeabilità dei suoli e al riequilibrio ecologico dell'ambiente urbano; alla mitigazione degli effetti di riscaldamento (isole di calore); alla raccolta differenziata dei rifiuti; alla riduzione dei rischi sismico, idrogeologico, idraulico e alluvionale.
2.La strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale provvede alla determinazione del fabbisogno di dotazioni ecologiche e ambientali e dei requisiti prestazionali che le stesse devono soddisfare, coordinandosi con le politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici stabilite a livello europeo, nazionale e regionale e recependo le indicazioni delle pianificazioni settoriali. Rientrano tra le dotazioni ecologiche e ambientali anche gli spazi di proprietà privata che concorrono al raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, attraverso la specifica modalità di sistemazione delle aree pertinenziali stabilita dal piano comunale.
3.La strategia, nel definire il fabbisogno di dotazioni ecologiche e ambientali, persegue le seguenti finalità:
a) garantire un miglior equilibrio idrogeologico e la funzionalità della rete idraulica superficiale, anche attraverso il contenimento della impermeabilizzazione dei suoli e la dotazione di spazi idonei alla ritenzione e al trattamento delle acque meteoriche, al loro riuso o rilascio in falda o nella rete idrica superficiale;
b) favorire la ricostituzione, nell'ambito urbano e periurbano, di un miglior habitat naturale, la biodiversità del suolo e la costituzione di reti ecologiche di connessione, ottenute prioritariamente con il mantenimento dei cunei verdi esistenti tra territorio rurale e territorio urbanizzato;
c)preservare e migliorare le caratteristiche meteoclimatiche locali, ai fini della riduzione della concentrazione di inquinanti in atmosfera e di una migliore termoregolazione degli insediamenti urbani. Concorrono alla realizzazione di tali obiettivi la dotazione di spazi verdi piantumati, di bacini o zone umide, il mantenimento o la creazione di spazi aperti all'interno del territorio urbano e periurbano;
d) migliorare il clima acustico del territorio urbano e preservarlo dall'inquinamento elettromagnetico, prioritariamente attraverso una razionale distribuzione delle funzioni ed una idonea localizzazione delle attività rumorose e delle sorgenti elettromagnetiche ovvero dei recettori particolarmente sensibili;
e) migliorare le prestazioni degli insediamenti in caso di emergenza sismica, con particolare riguardo all’accessibilità anche ai mezzi di soccorso, alle vie di fuga verso aree sicure di prima accoglienza, nonché all’operatività della maggior parte delle funzioni strategiche per l’emergenza, alla loro accessibilità e connessione con il contesto territoriale.
Art. 22
Quadro conoscitivo
1.Il quadro conoscitivo è elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Esso provvede alla organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi che lo caratterizzano, con particolare attenzione agli effetti legati ai cambiamenti climatici, e costituisce riferimento necessario per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del piano e per la Valsat di cui all'articolo 18.
2.La Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, i Comuni e le loro Unioni predispongono, secondo criteri di competenza, il quadro conoscitivo dei propri strumenti di pianificazione, perseguendone la massima semplificazione. In particolare, il quadro conoscitivo di ciascun livello di pianificazione è riferito unicamente ai contenuti e al livello di dettaglio richiesto dallo specifico ambito di competenza del piano e tenendo conto del quadro conoscitivo degli altri livelli, per evitare duplicazioni nell'attività conoscitiva e valutativa e di elaborazione dello stesso. I quadri conoscitivi del PUG e dell’accordo operativo contengono le analisi della pericolosità sismica locale, l’analisi della condizione limite per l’emergenza (CLE) e la microzonazione sismica del territorio, che consentono ai medesimi strumenti di pianificazione di fornire specifici indirizzi e prescrizioni per le parti del territorio che risultano maggiormente esposte a pericolosità sismica, in conformità all’atto di coordinamento tecnico regionale in materia.
3.Allo scopo di semplificare la predisposizione del quadro conoscitivo dei piani comunali, la Regione, la Città Metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta, rendono disponibile gratuitamente il quadro conoscitivo dei propri strumenti di pianificazione e provvedono costantemente al loro aggiornamento.
4.La Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta provvedono altresì alla predisposizione e all’aggiornamento, nelle materie di rispettiva competenza stabilite dalla presente legge e dalla legislazione settoriale, di appositi elaborati cartografici sui sistemi ambientali, paesaggistici, naturali, insediativi e infrastrutturali, su aspetti fisici e morfologici del territorio, sull’utilizzazione del suolo e sullo stato della pianificazione.
5.Con atto di coordinamento tecnico, approvato ai sensi dell’articolo 49, la Giunta regionale stabilisce le modalità tecniche per la messa a disposizione dei quadri conoscitivi, attraverso la costituzione di una piattaforma informatica unica, cogestita dagli enti competenti.
6.I Comuni nella predisposizione del quadro conoscitivo del PUG integrano le informazioni e i dati conoscitivi di cui al comma 3 e 4 del presente articolo con le informazioni ottenute ai sensi dell'articolo 23, procedendo solo alle integrazioni e agli approfondimenti necessari per le tematiche di competenza dei propri strumenti di pianificazione.
7.I piani settoriali provvedono ad integrare e approfondire il quadro conoscitivo del piano generale del medesimo livello di governo esclusivamente con gli approfondimenti relativi al loro specifico campo di interesse.
Art. 23
Informazioni ambientali e territoriali
1.ARPAE e tutte le amministrazioni pubbliche di interesse regionale e locale che, per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, svolgono compiti di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati conoscitivi e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente, ivi compresi i concessionari di pubblici servizi operanti nel territorio regionale, concorrono all'integrazione e implementazione del quadro conoscitivo del territorio, rendendo disponibili gratuitamente nei propri siti web le informazioni in proprio possesso ovvero impegnandosi ad assicurarne l’immediata trasmissione in occasione della predisposizione dei piani territoriali e urbanistici, ai sensi dell’articolo 44, comma 2.
2.La Giunta regionale, con l’atto di coordinamento tecnico di cui all’articolo 22, comma 5, definisce gli strumenti tecnologici, il modello dati, i formati e le regole di interscambio delle informazioni di cui al comma 1 del presente articolo e stabilisce altresì le modalità di collaborazione di ARPAE alla predisposizione dei documenti di Valsat dei piani territoriali e urbanistici.
CAPO IV
Efficacia dei piani e rapporti tra i diversi strumenti
Art. 24
Riparto delle funzioni pianificatorie
secondo il principio di competenza
Allo scopo di semplificare e qualificare il contenuto dei piani, superando il meccanismo della pianificazione a cascata, le funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica sono conferite dalla presente legge secondo il principio di competenza, secondo il quale ciascun strumento di pianificazione deve limitarsi a disciplinare le tematiche e gli oggetti che gli siano attribuiti dalla presente legge, in conformità alla legislazione statale e regionale vigente.
In applicazione del principio di competenza di cui al comma 1, in caso di conflitto tra le previsioni di diversi strumenti di pianificazione, prevale quanto stabilito dal piano cui la regolazione di quella materia è conferita dalla legge. In particolare, in applicazione di tale principio:
la cartografia relativa ai contenuti strategici dei piani territoriali e del PUG deve avere carattere ideogrammatico, con l’effetto che la modifica dei relativi perimetri in sede attuativa non costituisce variante al piano;
le indicazioni della componente strategica del PUG relative: ai criteri di localizzazione delle nuove previsioni insediative, agli indici di edificabilità, alle modalità di intervento, agli usi e ai parametri urbanistici ed edilizi, costituiscono riferimenti di massima circa l'assetto insediativo del territorio comunale, la cui puntuale definizione e specificazione è di competenza degli accordi operativi e dei piani attuativi di iniziativa pubblica, senza richiedere la variazione del PUG.
Il principio di competenza regola altresì il rapporto tra i piani generali e i piani tematici o settoriali del medesimo livello istituzionale, in quanto il piano generale fissa, in termini conoscitivi e normativi, il quadro strategico generale che costituisce il riferimento necessario per i piani settoriali del medesimo livello di pianificazione. Ai fini della presente legge:
a)per piani generali si intendono gli strumenti con i quali ciascun ente pubblico territoriale detta, per l'intero ambito di propria competenza, la disciplina di tutela e uso del territorio frutto della composizione dell’insieme degli interessi pubblici attribuita alla sua competenza;
b)per piani settoriali o tematici si intendono gli strumenti con i quali, nei casi espressamente previsti dalla legge, gli enti pubblici territoriali o gli enti pubblici preposti alla cura di specifici interessi pubblici stabiliscono la disciplina pianificatoria contraddistinta dagli obiettivi e contenuti di carattere settoriale di propria competenza.
Art. 25
Conformazione del territorio
Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 26, comma 1, lettera b), circa gli interventi di riuso e rigenerazione urbana attuabili per intervento diretto, il PUG e gli strumenti di pianificazione territoriale non attribuiscono in nessun caso potestà edificatoria alle aree libere né conferiscono alle stesse potenzialità edificatorie o aspettative giuridicamente tutelate di analogo contenuto.
La pianificazione territoriale e urbanistica è diretta a conformare il territorio, disciplinando gli usi e le trasformazioni compatibili con la sua tutela e valorizzazione e accertando i limiti, condizioni e vincoli che derivano:
a) da uno specifico interesse pubblico insito nelle caratteristiche del territorio, stabilito da leggi statali o regionali relative alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura ed alla difesa del suolo;
b) dalle caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni che rendono incompatibile o limitano il processo di trasformazione;
c)dalla presenza di fattori di rischio ambientale, per la vulnerabilità delle risorse naturali, ovvero di rischio industriale;
d)dalla necessità di assicurare la fattibilità delle opere pubbliche e di interesse pubblico di cui sia stata programmata la realizzazione.
3.Al fine di assicurare la sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni, la pianificazione territoriale e urbanistica può subordinare l'attuazione degli interventi ad uno dei seguenti requisiti:
a) alla contestuale attuazione da parte degli interessati di misure dirette a impedire, limitare e compensare gli impatti negativi ovvero di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, di attrezzature e spazi collettivi, di dotazioni ecologiche e ambientali o di infrastrutture per la mobilità;
b) al fatto che si realizzino le condizioni specificamente individuate dal piano, quali ad esempio l’entrata in esercizio di infrastrutture per la mobilità in corso di costruzione o lo sviluppo già programmato di servizi di trasporto pubblico locale.
4.I vincoli e le condizioni di cui ai commi 2 e 3 sono inerenti alle qualità intrinseche del bene e operano senza alcun limite temporale. Essi sono stabiliti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e dai piani settoriali e sono recepiti dagli accordi operativi.
5.Il PUG, gli accordi operativi, il procedimento unico e gli accordi di programma in variante di piani possono apporre vincoli urbanistici, finalizzati all'acquisizione coattiva della proprietà o di diritti reali sugli immobili, secondo la disciplina vigente in materia di espropriazione di pubblica utilità.
Art. 26
Attribuzione dei diritti edificatori e principio di perequazione urbanistica
1.Fatti salvi gli interventi edilizi comunque realizzabili nelle aree prive di pianificazione urbanistica o parzialmente edificate, di cui all’articolo 8 della LR n. 15 del 2013, l’attribuzione di diritti edificatori compete:
a)agli accordi operativi di cui all’articolo 38, i quali attuano le previsioni generali del PUG stabilendo il progetto urbano degli interventi da attuare e la disciplina di dettaglio degli stessi, relativa sia agli usi ammissibili, agli indici e parametri edilizi e alle modalità di attuazione sia alla definizione delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici da realizzare o riqualificare e alla loro localizzazione;
b)al PUG, limitatamente alla disciplina degli interventi attuabili per intervento diretto, di qualificazione edilizia, di ristrutturazione urbanistica e di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio tutelato dal piano, ivi compreso il riconoscimento di incentivi urbanistici per promuovere l’attuazione dei medesimi interventi ai sensi dell’articolo 8, comma 1.
2. La pianificazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari delle aree e degli edifici interessati, dei vantaggi e degli oneri derivanti dalle trasformazioni urbanistiche. A tal fine, l’accordo operativo assicura la ripartizione dei diritti edificatori e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici, richiesti dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, tra tutti i proprietari degli immobili interessati dalle trasformazioni, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree, secondo criteri di perequazione urbanistica.
Art. 27
Salvaguardia
1. A decorrere dalla data di adozione, da parte dell’organo consiliare competente, di tutti gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e delle relative varianti ai sensi dell’articolo 46, comma 1, le amministrazioni pubbliche sospendono ogni determinazione in merito:
a) all'autorizzazione di interventi di trasformazione del territorio che siano in contrasto con le prescrizioni dei piani e delle varianti adottati, incompatibili con gli indirizzi degli stessi o tali da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione;
b) all'approvazione di strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica che presentino previsioni in contrasto con quanto disposto dal piano e dalla variante adottati.
2.Fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, comma 6, l’amministrazione procedente può disporre che gli effetti della salvaguardia di cui al comma 1 siano prodotti sin dalla assunzione della proposta di piano di cui all’articolo 45, comma 2. In tale caso, la proposta di piano, completa di tutti gli elaborati costitutivi, è assunta con le modalità stabilite dal medesimo articolo 45, comma 2, dall’organo consiliare dell’amministrazione procedente.
3.Salvo diversa previsione di legge, le norme di salvaguardia di cui al comma 1 operano fino alla data di entrata in vigore del piano e comunque:
a) per non oltre tre anni dalla data di adozione o di assunzione della proposta di piano, ai sensi del comma 2, ovvero
b) per non oltre cinque anni se lo strumento, entro un anno dall'adozione o dalla assunzione della proposta di piano ai sensi del comma 2, è trasmesso al comitato urbanistico competente ai fini della formulazione del parere motivato di sua competenza.
Art. 28
Indicazioni della cogenza delle previsioni di piano
1.Allo scopo di specificare il grado di cogenza delle previsioni di piano, gli elaborati normativi degli strumenti di pianificazione devono indicare l’efficacia delle singole disposizioni, distinguendo tra prescrizioni e indirizzi, secondo i criteri distintivi indicati dal comma 2.
2.Ai fini della presente legge:
a)per prescrizioni, si intendono le disposizioni cogenti e autoapplicative dei piani che incidono direttamente sul regime giuridico dei beni disciplinati, regolando in modo vincolante gli usi ammessi e le trasformazioni consentite. Le prescrizioni devono trovare piena e immediata osservanza ed attuazione da parte di tutti i soggetti pubblici e privati, secondo quanto previsto dal piano, e prevalgono automaticamente, senza la necessità di recepimento, sulle disposizioni incompatibili contenute negli strumenti di pianificazione e negli atti amministrativi attuativi assunti in data antecedente;
b)per indirizzi si intendono le disposizioni volte ad orientare gli usi e le trasformazioni del territorio, allo scopo di perseguire finalità generali ovvero obiettivi prestazionali, pur riconoscendo agli operatori pubblici e privati chiamati ad osservarli ambiti di autonomia nella individuazione delle modalità, dei tempi o del grado di realizzazione dei risultati indicati.
TITOLO III
STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE
Art. 29
Piani urbanistici e territoriali
1.Il presente Titolo disciplina gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, individuando gli ambiti di competenza di ciascun livello di pianificazione e i contenuti essenziali degli stessi.
2.Allo scopo di assicurare la massima semplificazione degli strumenti di pianificazione e di rendere omogenea l’applicazione della presente legge, la Giunta regionale, con apposito atto di coordinamento tecnico emanato ai sensi dell’articolo 49, definisce indirizzi sui contenuti dei piani e sulle politiche generali che li caratterizzano.
3.Fino alla emanazione dell’atto di coordinamento tecnico di cui al comma 2, continuano a trovare applicazione le definizioni uniformi contenute nell’Allegato A della L.R. n. 20 del 2000.
CAPO I
Pianificazione comunale
Art. 30
Strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni e piani intercomunali
1.Allo scopo di semplificare la pianificazione urbanistica comunale e valorizzare i processi negoziali nella definizione della fase operativa degli interventi, la pianificazione urbanistica comunale si articola in:
a)un unico Piano Urbanistico Generale (PUG), che stabilisce la disciplina di competenza comunale sull’uso e la trasformazione del territorio, con particolare riguardo ai processi di rigenerazione urbana;
b)gli accordi operativi e i piani attuativi di iniziativa pubblica con i quali, in conformità al PUG, l’amministrazione comunale attribuisce i diritti edificatori, stabilisce la disciplina di dettaglio delle trasformazioni, e definisce il contributo delle stesse alla realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale. Gli accordi operativi e i piani attuativi di iniziativa pubblica sostituiscono ogni piano urbanistico operativo e attuativo di iniziativa pubblica e privata, comunque denominato, previsto dalla legislazione vigente.
2.Gli strumenti di cui al comma 1, lettere a) e b) si attuano attraverso i titoli abilitativi edilizi previsti dalla normativa vigente.
3.Le Unioni cui sia stato conferito l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica elaborano ed approvano gli strumenti di pianificazione urbanistica disciplinati dal presente Capo con riferimento al territorio dei Comuni partecipanti. In tale ipotesi, ogni disposizione della presente legge relativa al Comune e alla pianificazione urbanistica comunale si intende riferita all’Unione e alla funzione pianificatoria ad essa conferita.
4. Il piano territoriale metropolitano e il piano territoriale di area vasta possono prevedere, l’obbligo, per i Comuni facenti parte di una Unione che presentino una contiguità insediativa ovvero una stretta connessione funzionale dei sistemi urbani, di attuare particolari forme di cooperazione nella pianificazione urbanistica e nell'esercizio delle altre funzioni di governo del territorio, tra cui l’approvazione e attuazione di PUG intercomunali.
5. La predisposizione e approvazione di PUG intercomunali può altresì essere concordata tra i Comuni facenti parte di una Unione che non abbiano conferito alla stessa l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica.
6. Allo scopo di programmare la predisposizione e approvazione del piano intercomunale di cui ai commi 4 e 5, i Comuni definiscono, con apposito accordo territoriale, le attività che saranno svolte dall’Unione per coordinare e accelerare la redazione del piano intercomunale, nonché le forme di partecipazione di ciascun ente all'attività tecnica di predisposizione del piano e il riparto delle relative spese. L'accordo definisce altresì modalità semplificate di assunzione degli atti di approvazione del piano da parte dei Comuni e dell’Unione.
Art. 31
Piano Urbanistico Generale (PUG)
1.Il Piano urbanistico generale (PUG) è lo strumento di pianificazione che il Comune predispone, con riferimento a tutto il proprio territorio, per delineare le invarianze strutturali e le scelte strategiche di assetto e sviluppo urbano di propria competenza, orientate prioritariamente alla rigenerazione del territorio urbanizzato, alla riduzione del consumo del suolo e alla sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni, secondo quanto stabilito dal Titolo II della presente legge.
2.In particolare, sulla base di una approfondita analisi e valutazione dei tessuti urbani esistenti e avvalendosi delle risultanze del quadro conoscitivo e delle informazioni ambientali e territoriali di cui agli articoli 22 e 23, il PUG:
a )individua il perimetro del territorio urbanizzato, detta la disciplina del centro storico e stabilisce i vincoli e le invarianze strutturali di propria competenza, di cui all’articolo 32;
b) disciplina gli interventi di riuso e rigenerazione del territorio urbanizzato, di cui all’articolo 33;
c) stabilisce la strategia per la qualità urbana ed ecologico-ambientale, di cui all’art. 34;
d) disciplina i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato e la d) disciplina del territorio rurale, ai sensi degli articoli 35 e 36, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 41, comma 4, lettere e), f), g) e h), in merito alla componente strutturale del Piano Territoriale Metropolitano.
Art. 32
Perimetro del territorio urbanizzato, tutela del centro storico ed altre invarianze
strutturali di competenza comunale
1.Il PUG, sulla base delle invarianze individuate nel quadro conoscitivo, stabilisce gli elementi strutturali riconosciuti di competenza comunale, ai sensi del presente articolo o della legislazione nazionale e regionale.
2.Il PUG individua il perimetro del territorio urbanizzato, il quale comprende:
a) le aree edificate con continuità ed aventi destinazione residenziale, produttiva, commerciale, direzionale e di servizio, turistico ricettiva, le dotazioni territoriali, le infrastrutture, gli impianti tecnologici, le attrezzature e i servizi pubblici comunque denominati, i parchi urbani nonché i lotti e gli spazi inedificati dotati di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti;
b) le aree per le quali siano stati rilasciati o presentati titoli abilitativi edilizi per nuove costruzioni o siano state stipulate convenzioni urbanistiche attuative;
c) le aree di completamento individuate dal piano vigente alla data di entrata in vigore della presente legge e collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato o contermini allo stesso;
d) i lotti residui non edificati, dotati di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti in quanto facenti parte di un piano urbanistico attuativo, comunque denominato, attuato o in corso di completamento.
3.Non fanno parte del territorio urbanizzato:
a) le aree rurali, comprese quelle intercluse tra più aree urbanizzate aventi anche una elevata contiguità insediativa;
b) l’edificato sparso o discontinuo, collocato nel territorio rurale o lungo la viabilità e le relative aree di pertinenza e di completamento;
c) le aree permeabili collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato che non siano dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti;
d) le aree di pertinenza delle infrastrutture per la mobilità, collocate al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato.
4.Sulla base della individuazione del sistema insediativo storico del territorio regionale operata dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), il PUG definisce inoltre la perimetrazione del centro storico e ne individua gli elementi peculiari e le potenzialità di qualificazione e sviluppo, nonché gli eventuali fattori di abbandono o degrado sociale, ambientale ed edilizio. Il PUG stabilisce inoltre la disciplina generale diretta ad integrare le politiche di salvaguardia e riqualificazione del centro storico con le esigenze di rivitalizzazione e rifunzionalizzazione dello stesso, anche con riguardo alla presenza di attività commerciali e artigianali e alla tutela degli esercizi aventi valore storico e artistico.
5.Nella disciplina del centro storico il PUG si conforma ai seguenti principi:
a) è vietato modificare i caratteri che connotano la trama viaria ed edilizia, nonché i manufatti anche isolati che costituiscono testimonianza storica o culturale e fattori identitari della comunità locale;
b) sono escluse rilevanti modificazioni alle destinazioni d'uso in atto, in particolare di quelle residenziali, artigianali e di commercio di vicinato;
c) non possono essere rese edificabili le aree e gli spazi rimasti liberi destinati ad usi urbani collettivi nonché quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici.
6.Per motivi di interesse pubblico e in ambiti specificamente determinati del centro storico, Il PUG può disciplinare specifici interventi in deroga ai principi stabiliti al comma 5, lettere a), b) e c), da attuare attraverso l’approvazione di accordi operativi. Il PUG può inoltre individuare le parti del centro storico prive dei caratteri storico architettonici, culturali e testimoniali, nei quali sono ammessi interventi di riuso e rigenerazione, ai fini dell'eliminazione degli elementi incongrui e del miglioramento della qualità urbanistica ed edilizia dei tessuti urbani, ed è ammesso l’aumento delle volumetrie preesistenti.
7.Compete inoltre al PUG individuare gli edifici che, pur non essendo compresi negli elenchi di cui alla Parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), presentano un particolare interesse storico-architettonico, o culturale e testimoniale, con le relative aree di pertinenza, specificando per ciascuno di essi le categorie degli interventi di recupero ammissibili, gli elementi architettonici o tipologici da salvaguardare, le modalità di intervento ed i materiali utilizzabili, nonché le destinazioni d'uso compatibili con la struttura e la tipologia dell'edificio e con il contesto ambientale.
8.Il PUG individua altresì il perimetro del territorio comunale facente parte dell’arenile e soggetto alla disciplina stabilita dall’apposito piano di cui all’articolo 3, comma 2, della legge regionale 31 maggio 2002, n. 9 (Disciplina dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale).
Art. 33
Disciplina del territorio urbanizzato
1.Oggetto principale del PUG è la disciplina dell’assetto fisico e funzionale del sistema insediativo esistente, di cui analizza e valuta le caratteristiche urbanistiche ed edilizie, ambientali e storico culturali, allo scopo di individuare e regolamentare gli interventi idonei al riuso e alla rigenerazione del territorio urbanizzato ai sensi degli articoli da 7 a 17.
2.A tale scopo, il PUG elabora lo schema di assetto del territorio urbanizzato, con il quale individua, con una cartografia a carattere ideogrammatico ai sensi dell’articolo 24, comma 2, lettera a), le parti della città che presentano caratteristiche omogenee, dal punto di vista funzionale, morfologico, ambientale, paesaggistico e storico culturale e che, per questo, richiedono una disciplina uniforme.
3.Il PUG, per ciascuna parte del territorio urbanizzato individuata ai sensi del comma 2 del presente articolo, definisce gli obiettivi generali per il miglioramento della qualità urbana e ambientale e le dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici ritenuti necessari, ai sensi dell’articolo 34, nonché la gamma degli usi e delle trasformazioni ammissibili, stabilendo per ciascuno di essi i requisiti e le condizioni cui è subordinato l’intervento nonché gli incentivi urbanistici riconosciuti. Il piano in particolare definisce, per ciascuna parte del territorio urbanizzato:
a) gli interventi di addensamento e sostituzione urbana subordinati alla stipula di accordi operativi, di cui all’articolo 7, comma 3, lettera c), e all’articolo 32, comma 6;
b) gli interventi sul tessuto urbano consolidato che possono essere attuati direttamente con la presentazione di un titolo abilitativo edilizio, ai sensi del comma 4 del presente articolo.
4. Per le trasformazioni attuabili per intervento diretto, il PUG fornisce una univoca rappresentazione cartografica degli immobili interessati e stabilisce la disciplina urbanistica di dettaglio da osservare. In particolare il piano disciplina compiutamente i seguenti interventi:
a) i mutamenti di destinazione d’uso e le trasformazioni edilizie da promuovere nel centro storico per realizzare le politiche di cui all’articolo 32, commi 4, 5 e 6;
b) gli interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio tutelato dal piano ai sensi dell’articolo 32, comma 7;
c) gli interventi di qualificazione edilizia, ristrutturazione urbanistica e di costruzione e successiva demolizione, di cui all’articolo 7, comma 3, lettere a) e b).
5.Fuori dai casi di cui al comma 4 del presente articolo, in applicazione del principio di competenza di cui all’articolo 24, commi 1 e 2, il PUG non può stabilire la capacità edificatoria, anche potenziale, delle aree del territorio urbanizzato né fissare la disciplina di dettaglio degli interventi la cui attuazione sia subordinata ad accordo operativo.
Art. 34
Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale
1. Il PUG, attraverso la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, persegue l’obiettivo di rafforzare l’attrattività e competitività dei centri urbani e del territorio, elevandone la qualità insediativa ed ambientale tramite: la crescita e qualificazione dei servizi e delle reti tecnologiche, l’incremento quantitativo e qualitativo degli spazi pubblici, la valorizzazione del patrimonio identitario, culturale e paesaggistico, il miglioramento delle componenti ambientali, lo sviluppo della mobilità sostenibile, il miglioramento del benessere ambientale e l’incremento della resilienza del sistema abitativo rispetto ai fenomeni di cambiamento climatico e agli eventi sismici. La strategia indica altresì i criteri e le condizioni generali che, specificando le politiche urbane e territoriali perseguite dal piano, costituiscono il quadro di riferimento per gli accordi operativi. In particolare, la strategia fissa, attraverso l’indicazione di requisiti prestazionali e di condizioni di sostenibilità da soddisfare, gli obiettivi generali che attengono:
a)ai livelli quantitativi e qualitativi del sistema delle dotazioni territoriali, delle infrastrutture per la mobilità e dei servizi pubblici da realizzare nel territorio comunale;
b)al grado di riduzione della pressione del sistema insediativo sull’ambiente naturale, di adattamento ai cambiamenti climatici, di difesa o di delocalizzazione dell’abitato e delle infrastrutture a rischio e di miglioramento della salubrità dell’ambiente urbano, anche grazie all’attuazione delle misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e alla realizzazione e al potenziamento delle dotazioni ecologiche e ambientali, di cui agli articoli 20 e 21.
2.In considerazione degli obiettivi generali stabiliti ai sensi del comma 1 del presente articolo, la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale definisce l’assetto spaziale di massima degli interventi e delle misure ritenute necessarie e, tenendo conto delle significative carenze pregresse di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici e delle situazioni di vulnerabilità accertate dal quadro conoscitivo per gli areali urbani omogenei individuati ai sensi dell’articolo 33, comma 2, individua i fabbisogni specifici da soddisfare nei medesimi ambiti, anche fornendo indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo. Queste ultime indicazioni di massima sono specificate in sede di accordo operativo senza che ciò costituisca variante al PUG, fermo restando il soddisfacimento del fabbisogno definito dalla strategia stessa.
3.La strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale individua altresì il fabbisogno complessivo di alloggi di edilizia residenziale sociale, specificando le diverse esigenze abitative presenti nel territorio comunale alla luce delle analisi demografiche operate dal quadro conoscitivo e stabilisce le modalità con cui gli interventi di riuso e rigenerazione e di nuova urbanizzazione concorrono al soddisfacimento di tale fabbisogno. Nei Comuni ad alta tensione abitativa la strategia prevede una quota complessiva di edilizia residenziale sociale comunque non inferiore al 20 per cento degli alloggi ammissibili.
4.Le previsioni della strategia di cui ai commi 1, 2 e 3 costituiscono, in sede di elaborazione degli accordi operativi e dei permessi di costruire convenzionati, riferimento necessario per la determinazione delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici cui è subordinata la realizzazione degli interventi di rigenerazione urbana e di nuova urbanizzazione, in conformità alla presente legge.
5.La strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale individua altresì le azioni, ordinate secondo criteri di rilevanza e fattibilità, che consentono di attuare le esigenze prestazionali, le condizioni di sostenibilità e i fabbisogni specifici di cui ai commi 1, 2 e 3, attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche, dei proventi di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), nonché attraverso la negoziazione con gli operatori privati in sede di perfezionamento degli accordi operativi.
6.Gli atti di programmazione dei lavori pubblici comunali sono predisposti in coerenza con quanto previsto dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale.
Art. 35
Disciplina delle nuove urbanizzazioni
1.Le nuove urbanizzazioni sono attuabili, al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato o nelle aree permeabili collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato che non siano dotate di infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, nell’osservanza degli articoli 5, 6, 8, comma 4, 11, comma 4 e 13 comma 4.
2.Per le nuove urbanizzazioni la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale stabilisce i requisiti prestazionali e le condizioni di sostenibilità ambientale e territoriale nonché il concorso delle nuove previsioni alla realizzazione del fabbisogno di edilizia residenziale sociale, ai sensi dell’articolo 34, commi 1 e 3, nel rispetto delle dotazioni minime di aree pubbliche di cui al comma 3 del presente articolo. In particolare, i nuovi insediamenti al di fuori del territorio urbanizzato devono assicurare la contemporanea realizzazione, oltre alle infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti, delle seguenti opere:
a) le attrezzature e gli spazi collettivi richiesti dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale;
b) le condizioni di accessibilità tra cui i sistemi per la mobilità ciclabile e pedonale protetta nonché, compatibilmente con le condizioni locali, il trasporto pubblico locale;
c)i servizi idrici integrati e le altre reti e impianti tecnologici ed energetici;
d)le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e le dotazioni ecologiche ed ambientali, stabilite ai sensi degli articoli 20 e 21, le quali non sono oggetto di scomputo dal contributo di costruzione e non possono essere monetizzate.
3.Nelle nuove urbanizzazioni attuabili ai sensi del comma 1 sono osservate le seguenti quote di dotazioni minime di aree pubbliche per attrezzature e spazi collettivi, oltre alle aree destinate alla viabilità, riferite al dimensionamento complessivo degli insediamenti previsti dalla pianificazione:
a)per l'insieme degli insediamenti residenziali, 30 mq. per ogni abitante effettivo e potenziale;
b)per l'insieme degli insediamenti ricreativi, ricettivi, direzionali e commerciali, 100 mq. per ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento;
c)per l'insieme degli insediamenti produttivi, industriali, artigianali e per il commercio all'ingrosso, una quota non inferiore al 15 per cento della superficie complessiva destinata a tali insediamenti;
d)per l’insieme degli insediamenti produttivi e logistici ricadenti negli ambiti dei porti di II categoria – I classe, una quota di dotazioni minime di aree pubbliche non inferiore al 10 per cento della superficie complessiva destinata a tali insediamenti;
e)per i nuovi insediamenti produttivi facenti parte di un interporto o contigui ad uno scalo o terminal ferroviario, una quota non inferiori al 10 per cento di superficie complessiva destinata a tali insediamenti, in ragione della riduzione dei parcheggi pubblici necessari, qualora le attività da insediare garantiscano, attraverso specifica convenzione, l’utilizzo prevalente e continuativo del trasporto ferroviario delle merci.
4.Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 41, commi 5 e 6, per i Comuni facenti parte della Città metropolitana di Bologna, il PUG, sulla base della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale e delle previsioni della pianificazione territoriale e settoriale, ricostruisce la griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per le nuove previsioni, e stabilisce i limiti, le condizioni e le opportunità insediative che ne derivano, in conformità agli esiti della Valsat del piano. I principali elementi strutturali del territorio extraurbano sono costituiti da:
a) il sistema delle infrastrutture per la mobilità, delle reti tecnologiche e dei servizi di rilievo sovracomunale esistenti o previsti dai piani e programmi;
b) il sistema delle tutele ambientali, paesaggistiche e storico culturali;
c) le caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni;
d) le caratteristiche dei suoli e dei servizi ecosistemici da essi svolti;
e) le aree caratterizzate da situazioni di rischio industriale o naturale, comprese quelle che presentano situazioni di pericolosità sismica locale.
5. Il piano fornisce, attraverso appositi elaborati cartografici, una puntuale rappresentazione dei sistemi ed elementi strutturali di cui al comma 4, esistenti e in corso di realizzazione, definisce attraverso apposita zonizzazione gli ambiti destinati ad assicurare la fattibilità delle opere pubbliche e di interesse pubblico e può comportare l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, attraverso la puntuale individuazione delle aree di pertinenza delle opere di cui sia programmata la realizzazione.
6. Gli elaborati di cui al comma 5 non contengono in nessun caso una rappresentazione cartografica delle aree idonee ai nuovi insediamenti bensì indicano, attraverso apposita rappresentazione ideogrammatica ai sensi dell’articolo 24, comma 2, lettera a), le parti del territorio extraurbano, contermini al territorio urbanizzato, che non presentano fattori preclusivi o fortemente limitanti alle trasformazioni urbane e che beneficiano delle opportunità di sviluppo insediativo derivanti dalle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici in essere o in corso di realizzazione, secondo quanto previsto dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale..
Art. 36
Territorio rurale
1.La pianificazione del territorio rurale persegue la tutela e la valorizzazione dei territori agricoli e delle relative capacità produttive agroalimentari, salvaguardando le diverse vocazionalità tipiche che lo connotano, valorizzando altresì l’agricoltura periurbana e i parchi agricoli. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 41 comma 6, lettere f), g), e h), per i Comuni facenti parte della Città metropolitana di Bologna, compete al PUG dettare la disciplina degli usi e delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie che siano funzionali all’attività agricola e a quelle ad essa connesse, in conformità alle disposizioni di tutela e valorizzazione del valore paesaggistico del territorio rurale, stabilite dal PTPR, nel rispetto della disciplina ambientale. Nelle more dell’approvazione del PTPR, la Giunta regionale, con apposito atto di coordinamento tecnico, predisposto e approvato ai sensi dell’articolo 49, stabilisce le linee guida in merito alla tutela e qualificazione paesaggistica e ambientale del territorio rurale e al recupero e valorizzazione degli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale che lo connotano.
2.Nel territorio rurale il piano persegue altresì il recupero del patrimonio edilizio esistente per soddisfare le esigenze abitative e produttive delle aziende agricole ivi insediate, promuovendo gli interventi di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica dei fabbricati aziendali con le misure previste dall’articolo 8, comma 1, lettera d). La realizzazione di nuovi fabbricati è ammessa, nell’osservanza delle previsioni di piano, soltanto qualora sia necessaria alla conduzione del fondo, all'esercizio dell’attività agricola e di quelle ad essa connesse, secondo quanto disposto dalla presente legge e dalla disciplina di settore, e solo nel caso in cui non sussistano ragionevoli alternative consistenti nel riuso o nella trasformazione di fabbricati esistenti. L’esigenza della costruzione di nuovi fabbricati aziendali produttivi aventi un rilevante impatto ambientale e territoriale, secondo i criteri definiti dal PUG, , è dimostrata attraverso la presentazione, in allegato alla richiesta del titolo abilitativo edilizio, di un Programma di Riconversione o Ammodernamento dell’attività agricola (PRA) asseverato da tecnico abilitato in conformità alla normativa di settore. Il Comune effettua il controllo a campione dei PRA presentati. Gli interventi che non comportano gli impatti considerati rilevanti dal PUG sono subordinati, ai fini urbanistici ed edilizi, alla presentazione unicamente del titolo abilitativo edilizio.
3.I nuovi fabbricati di cui al comma 2 sono realizzati all’interno o in adiacenza ai centri aziendali, evitando la realizzazione di insediamenti isolati, che frammentino e alterino la struttura consolidata del paesaggio rurale, fatta salva l’osservanza delle prescrizioni zootecniche o igienico sanitarie che stabiliscono distanze minime per i nuovi impianti.
4.Il PUG individua e disciplina l’edificato sparso o discontinuo non facente parte del territorio urbanizzato e le relative aree di pertinenza e di completamento, di cui all’articolo 32, comma 3, lettera b), promuovendo prioritariamente gli interventi di cui all’articolo 7, comma 3, lettere a) e b).
5.Il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola e di quelle ad essa connesse è disciplinato dal PUG o dal PTM per i Comuni facenti parte della Città metropolitana di Bologna, con riferimento alle diverse caratteristiche del territorio rurale, nel rispetto della disciplina dettata dal PTPR, allo scopo di conseguire prioritariamente il recupero e la valorizzazione degli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale di cui all'articolo 32, comma 7, la qualificazione del paesaggio e il contrasto allo spopolamento e abbandono delle aree remote e marginali, nell’osservanza dei seguenti principi:
a) per gli edifici con originaria funzione abitativa sono comunque consentiti interventi di recupero a fini residenziali non connessi con l'esercizio dell’attività agricola e di quelle ad essa connesse nonché per altri usi compatibili con la tipologia dell'immobile e con il contesto ambientale e paesaggistico purché ammessi dal piano;
b) per gli edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa sono consentiti unicamente gli interventi di recupero, comprensivi della demolizione e ricostruzione, che risultino compatibili con la conservazione delle caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e per gli usi ammessi dal piano;
c) nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b), è ammessa altresì la demolizione dei manufatti edilizi aventi funzione accessoria che siano stati legittimamente realizzati o oggetto di sanatoria, quali i depositi attrezzi, i ricoveri per animali domestici e i magazzini, nonché il recupero delle relative superfici con l’ampliamento dell’edificio principale ovvero con la realizzazione in adiacenza allo stesso di fabbricati autonomi aventi le destinazioni d’uso dei manufatti accessori originari o quelle consentite dal piano. Non è comunque consentito il recupero di tettoie, baracche e di ogni altro manufatto precario e di strutture leggere, la cui completa rimozione costituisce condizione per l’attuazione degli interventi di cui alla presente lettera;
d) gli interventi di recupero di cui alle lettere a), b) c) sono subordinati all'esistenza della dotazione minima di infrastrutture e di servizi, necessaria a garantire la sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti diffusi, attinenti in particolare alle infrastrutture per l'urbanizzazione e per la mobilità;
e) nei restanti casi di edifici non più funzionali all’attività agricola e di quelle ad essa connesse, dismessi o in corso di dismissione, al fine di incentivare la totale rimozione di tali manufatti e di migliorare la qualità ambientale e paesaggistica del territorio rurale, il piano prevede la stipula di accordi operativi per disciplinare interventi volti al recupero di una quota progressivamente minore della superficie coperta originaria, comunque non superiore al dieci per cento della stessa, ovvero al venti per cento nel caso in cui siano necessarie opere di bonifica del sito e di rimozione di materiali pericolosi, tra cui l’amianto. Per i fabbricati individuati dal piano come opere incongrue, ai sensi della L.R. n. 16 del 2002 e dell’articolo 3-bis del DPR n. 380 del 2001, il medesimo piano può consentire la stipula di accordi operativi che prevedano il recupero di una quota comunque non superiore al cinquanta per cento della superficie coperta originaria, parametrata ai costi dell’intervento specificati analiticamente nella relazione economico finanziaria di cui all’articolo 38, comma 3, lettera c). La convenzione urbanistica deve prevedere, a cura e spese degli interessati, la completa e preventiva demolizione dei manufatti esistenti, la rinaturazione dell’area di sedime e di pertinenza e la costruzione di edifici, anche di diversa tipologia e destinazione d'uso, in aree individuate dal piano, collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato o contigue allo stesso. Tali interventi non sono computati ai fini del calcolo della quota massima del consumo del suolo ammessa ai sensi dell’articolo 6 e sono soggetti al pagamento del contributo di costruzione, comprensivo del contributo straordinario.
6. L'attuazione degli interventi di recupero di cui al comma 5 comporta, per le unità poderali agricole cui erano asserviti gli edifici riutilizzati a fini non agricoli, i seguenti limiti a nuove edificazioni, anche a seguito di frazionamento:
a) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione abitativa, è esclusa la possibilità di realizzare nuovi edifici abitativi connessi all'agricoltura;
b) nel caso di recupero di edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa, la realizzazione di nuovi manufatti funzionali all'esercizio dell’attività agricola e di quelle ad essa connesse è comunque precluso per 10 anni dalla data della trascrizione di cui al comma 7. Successivamente, tali interventi sono subordinati alla presentazione assieme al titolo edilizio di un PRA e alla verifica da parte del Comune dell'esistenza di sopravvenute esigenze dell'azienda, conseguenti alla riconversione dei sistemi di produzione agricola.
7.I limiti alla capacità edificatoria delle unità poderali agricole, stabiliti dal comma 6, sono trascritti a cura e spese degli interessati presso la competente conservatoria dei registri immobiliari, all’atto della variazione catastale degli edifici non più funzionali all'agricoltura. Trova altresì applicazione la comunicazione al Comune prevista dall’art. 7, comma 3, della L.R. n. 15 del 2013.
8.Il piano può subordinare gli interventi cui al comma 5, lettere a), b) e c), alla stipula di una convenzione con la quale il proprietario si impegna, in luogo del pagamento del contributo di costruzione, alla realizzazione, in tutto o in parte, delle infrastrutture e dei servizi di cui alla lettera d) del medesimo comma 5 ovvero di talune opere necessarie alla tutela e riqualificazione ambientale dell'area.
Art. 37
Tavola dei vincoli
1. Allo scopo di favorire la conoscibilità e il coordinamento delle prescrizioni conformative del territorio e dei vincoli morfologici, paesaggistici, ambientali, storico culturali e infrastrutturali che gravano sul territorio e di semplificare la presentazione e il controllo dei titoli edilizi e ogni altra attività di verifica di conformità degli interventi di trasformazione, i Comuni si dotano di un apposito strumento conoscitivo, denominato "Tavola dei vincoli". In esso sono rappresentati tutti i vincoli e le prescrizioni che precludono, limitano o condizionano l'uso o la trasformazione del territorio, derivanti, oltre che dagli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti, dalle leggi, dai piani generali o settoriali, ovvero dagli atti amministrativi di apposizione di vincoli di tutela. Tale atto è corredato da un elaborato, denominato "Scheda dei vincoli", che riporta per ciascun vincolo o prescrizione, l'indicazione sintetica del suo contenuto e dell'atto da cui deriva.
2.Al fine di favorire la predisposizione della Tavola dei vincoli, la Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, mettono a disposizione dei Comuni in formato digitale gli elaborati dei propri piani che individuano i perimetri degli ambiti soggetti a prescrizioni e vincoli territoriali. La Regione inoltre, in collaborazione con le amministrazioni competenti, provvede con appositi atti ricognitivi ad individuare, aggiornare periodicamente e mettere a disposizione dei Comuni in formato digitale la raccolta dei vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico artistici che gravano sul territorio regionale.
3.La Tavola dei vincoli costituisce, a pena di illegittimità, elaborato costitutivo degli strumenti di pianificazione urbanistica e delle relative varianti. A tale scopo, il parere di legittimità e regolarità amministrativa dell'atto di approvazione dello strumento urbanistico attesta, tra l'altro, che il piano contiene la Tavola dei vincoli di cui al comma 1.
4.Nel documento di Valsat di ciascun strumento urbanistico o atto negoziale che stabilisca la localizzazione di opere o interventi in variante alla pianificazione è contenuto un apposito capitolo, denominato "Verifica di conformità ai vincoli e prescrizioni", nel quale si dà atto analiticamente che le previsioni del piano sono conformi ai vincoli e prescrizioni che gravano sull'ambito territoriale interessato.
5.I Comuni devono aggiornare la Tavola dei vincoli anche a seguito dell’approvazione di leggi, di piani o atti di altre amministrazioni preposte alla cura del territorio, che comportano la modifica delle prescrizioni o dei vincoli che gravano sul territorio comunale. I Comuni vi provvedono attraverso una deliberazione meramente ricognitiva del Consiglio comunale, che non costituisce variante al piano vigente. Tale deliberazione individua altresì le previsioni del PUG e degli accordi operativi che hanno cessato di avere efficacia, in quanto incompatibili con le leggi, i piani e gli atti sopravvenuti che hanno disposto vincoli e prescrizioni immediatamente operanti nel territorio comunale.
6.Allo scopo di assicurare l'uniforme applicazione del presente articolo in tutto il territorio regionale e di agevolare e rendere più celere l'interpretazione e l'interpolazione dei dati e delle informazioni contenute nella Tavola e nella scheda dei vincoli, la Giunta regionale, con apposito atto di coordinamento tecnico emanato ai sensi dell'articolo 49, può stabilire gli standard tecnici e le modalità di rappresentazione e descrizione dei vincoli e delle prescrizioni.
Art. 38
Accordi operativi e piani attuativi di iniziativa pubblica
1. Le previsioni del PUG relative al riuso e alla rigenerazione del territorio urbanizzato e alle nuove urbanizzazioni si attuano principalmente attraverso accordi operativi, fatte salve le trasformazioni soggette ad intervento diretto. Il Comune può promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi attraverso la pubblicazione periodica di avvisi pubblici di manifestazione di interesse, nei quali esplicita gli obiettivi prioritari da perseguire nell’attuazione delle previsioni del PUG. A tale scopo il Comune può altresì fornire indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo, da osservarsi nella predisposizione del progetto urbano di cui al comma 3, lettera a), per gli ambiti che presentano un particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale o che sono caratterizzati da una significativa carenza di tali fattori identitari, dalla mancanza di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici o da significative criticità ambientali, ovvero per gli areali che richiedano il coordinamento di una pluralità di interventi.
2. Gli accordi operativi hanno il valore e gli effetti dei piani urbanistici attuativi e sono soggetti, prima della loro stipula, alle forme di pubblicità, controllo e valutazione stabiliti dai commi seguenti, ai sensi dell’art. 11, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
3. Ai fini della stipula degli accordi operativi, i privati presentano al Comune una proposta contenente i seguenti elaborati:
a)il progetto urbano, con il quale viene puntualmente rappresentato l’assetto urbanistico ed edilizio dell’ambito territoriale interessato, comprensivo, assieme agli interventi di interesse privato, sia delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici correlati all’intervento che l’operatore si impegna a realizzare, in conformità alle previsioni della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, sia delle eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e dotazioni ecologiche e ambientali stabilite ai sensi degli articoli 20 e 21;
b)la convenzione urbanistica, nella quale sono definiti gli obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico assunti dal privato, il cronoprogramma degli interventi e le garanzie finanziarie che il privato si impegna a prestare, per assicurare la realizzazione e cessione al Comune delle opere pubbliche previste dal progetto urbano di cui alla lettera a);
c)la relazione economico finanziaria, che illustra analiticamente i valori economici degli interventi pubblici e privati programmati e che ne dimostra la fattibilità. La relazione è corredata dalle certificazioni camerali e dalle documentazioni finanziarie idonee ad attestare che l’operatore possiede le competenze professionali e dispone delle risorse finanziarie necessarie per la completa attuazione del programma di interventi o degli stralci funzionali in cui lo stesso eventualmente si articola.
4.Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore edilizio, il Comune acquisisce l’informazione antimafia di cui all’art. 84, comma 3, del DLgs n. 159 del 2011 con riferimento ai soggetti che propongono la stipula degli accordi operativi. La convenzione urbanistica deve riportare una clausola risolutiva secondo la quale, in caso di informazione antimafia interdittiva, il Comune procederà alla risoluzione della convenzione nei confronti dei destinatari del provvedimento prefettizio.
5.Fatta salva la corresponsione, secondo quanto previsto dalla presente legge, del contributo di costruzione comprensivo del contributo straordinario, non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni per la previsione urbanistica degli insediamenti e la loro attivazione.
6.Entro il termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento, l’Ufficio di piano verifica la conformità della proposta al PUG e alla pianificazione territoriale e settoriale vigente e valuta l’interesse pubblico alla sua realizzazione. Entro il medesimo termine l’Ufficio di piano, laddove la strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale non ha individuato specificamente le dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici necessariamente correlati all’intervento ai sensi dell’art. 34, comma 2, svolge una negoziazione con i privati interessati, per definire il concorso degli stessi alla realizzazione degli obiettivi di qualità urbana ed ecologico-ambientale fissati dal piano, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento degli operatori. Il termine perentorio per l’esame delle proposte avanzate dai privati è raddoppiato nelle ipotesi indicate dal comma 1, secondo periodo, del presente articolo e dall’articolo 4, comma 1, nonché nel caso di programmi di intervento particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.
7.Nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine perentorio di cui al comma 6, la Giunta comunale, qualora sia valutata la conformità della proposta di accordo alla disciplina vigente e sia raggiunta la condivisione dei suoi contenuti, anche attraverso l’eventuale introduzione di modifiche concordate con gli interessati, procede al deposito della proposta di accordo presso la sede comunale, per sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul sito web del Comune e sul BURERT del relativo avviso di pubblicazione. Entro il medesimo termine chiunque può prendere visione della proposta di accordo e presentare osservazioni. Il Comune può svolgere, entro il medesimo termine, le ulteriori forme di consultazione di cui all’articolo 45, comma 8. La documentazione relativa alla proposta di accordo è pubblicata in apposita sezione del sito web del Comune, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni).
8.Fuori dai casi in cui sono esentati dalla predisposizione della Valsat e dalla valutazione del CU ai sensi dell’articolo 19, comma 6, contemporaneamente al deposito, la proposta di accordo operativo relativo a interventi da realizzare al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato, contemporaneamente al deposito, è trasmessa:
a)ai soggetti competenti in materia ambientale, per acquisirne il parere entro il termine e con le modalità previste per la presentazione di osservazioni, di cui al comma 7;
b)al CU competente, di cui all’articolo 47.
9. Nelle ipotesi di cui al comma 8, il CU acquisisce altresì copia delle osservazioni presentate tempestivamente e formula, entro il termine perentorio di 30 giorni dal suo ricevimento, il proprio parere in merito alla sostenibilità ambientale e territoriale dell’accordo operativo. Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva.
10. Per gli accordi operativi relativi ad interventi di riuso e rigenerazione urbana che riguardino unicamente aree collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato trova applicazione la verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 39.
11. Nei 30 giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni di cui al comma 7, ovvero successivi alla scadenza termine per la formulazione del parere del CU ai sensi del comma 9, il Consiglio comunale autorizza la stipula dell’accordo, a norma dell’articolo 11, comma 4-bis, della legge n. 241 del 1990, decidendo in merito alle osservazioni presentate. Il Consiglio è tenuto:
a) ad adeguare l’accordo al parere formulato dal CU ai sensi del comma 9 del presente articolo, ovvero ad esprimersi sullo stesso con motivazioni puntuali e circostanziate;
b) ad adeguare l’accordo alle prescrizioni stabilite dal provvedimento di verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 39, comma 4.
12. Il privato e il responsabile dell’Ufficio di piano stipulano l’accordo operativo nei 10 giorni successivi.
13. Copia integrale dell’accordo sottoscritto è pubblicata sul sito web dell’amministrazione comunale ed è depositata presso la sua sede per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta stipula è pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, cui è inviata copia completa dell’atto. L’accordo operativo produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione nel BURERT dell’avviso, a condizione che alla medesima data, ai sensi dell’articolo 39, comma 3, del DLgs n. 33 del 2013 esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione comunale.
14. L’accordo operativo può avere il valore e gli effetti di titolo abilitativo edilizio, per tutti o parte degli interventi previsti, qualora l’amministrazione comunale accerti che sussistano i requisiti e condizioni prescritti per le opere edilizie e siano stati acquisiti i pareri, le autorizzazioni e gli atti di assenso comunque denominati, previsti dalla normativa vigente. Eventuali varianti possono essere autorizzate in fase attuativa con ordinari titoli edilizi.
15. La sottoscrizione degli accordi operativi comporta l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità per le opere pubbliche e di interesse pubblico ivi previste, previa comunicazione di un apposito avviso a coloro che risultino proprietari delle aree interessate secondo le risultanze dei registri catastali, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante posta elettronica certificata o altre soluzioni tecnologiche individuate in conformità all’articolo 48 del decreto legislativo 7 marzo 2005, 82 (Codice dell'amministrazione digitale).
16. L’amministrazione comunale può dotarsi di piani attuativi di iniziativa pubblica, in particolare per gli ambiti che presentano un particolare valore sotto il profilo paesaggistico, ambientale, architettonico, storico artistico e testimoniale o che sono caratterizzati da una significativa carenza di tali fattori identitari, dalla mancanza di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici o da significative criticità ambientali. Tali piani sono predisposti e approvati con il procedimento di cui agli articoli da 43 a 47, fatta eccezione per il termine per l’espressione del parere motivato del Comitato urbanistico, di cui all’articolo 46, comma 2, che è ridotto a 30 giorni. Nel corso del procedimento di approvazione del piano attuativo, il Comune promuove il coinvolgimento dei soggetti interessati attraverso la stipula di accordi con i privati ai sensi dell’articolo 61.
Art. 39
Verifica di assoggettabilità degli accordi operativi
per interventi di riuso e rigenerazione urbana
1.Fuori dai casi in cui sono esentati dalla predisposizione della Valsat e dalla valutazione del CU ai sensi degli articoli 11, comma 1, e 19, comma 5, gli accordi operativi per interventi di riuso e rigenerazione che riguardino unicamente aree collocate all’interno del perimetro del territorio urbanizzato, sono soggetti a verifica di assoggettabilità ai sensi del presente articolo.
2.Scaduto il termine di cui al comma 6, dell’articolo 38, la Giunta comunale provvede, contemporaneamente alla pubblicazione di cui al comma 7 della medesima disposizione, all’invio della proposta di accordo, corredata dal rapporto preliminare di cui all’articolo 12, comma 1, del DLgs n. 152 del 2006, ai soggetti competenti in materia ambientale da consultare, per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento all’autorità competente e all’amministrazione comunale.
3.Copia della proposta di accordo è altresì inviata all’autorità competente per la valutazione ambientale la quale, nei dieci giorni successivi al ricevimento, può indicare altri soggetti competenti in materia ambientale da consultare e può richiedere, per una sola volta l’integrazione della documentazione. La richiesta di integrazione documentale interrompe i termini della verifica di assoggettabilità.
4.L’autorità competente, sentita l’amministrazione comunale e tenuto conto dei contributi pervenuti, emette entro il termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento il provvedimento di verifica, assoggettando o escludendo l’accordo dalla valutazione di cui all’articolo 38, comma 9, e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni. Gli esiti della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni sono pubblicati integralmente nel sito web dell’autorità competente.
CAPO II
Pianificazione territoriale
Art. 40
Piano Territoriale Regionale (PTR)
1. La Regione, nell’esercizio del ruolo istituzionale di indirizzo, pianificazione e controllo riconosciutole dalla legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 (Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, Province, Comuni e loro Unioni), si dota di un unico piano generale, denominato Piano Territoriale Regionale (PTR), caratterizzato dalla integrazione di una componente strategica e una strutturale. Il PTR ricomprende e coordina, in un unico strumento di pianificazione relativo all’intero territorio regionale, la disciplina per la tutela e la valorizzazione del paesaggio di cui al Titolo V della presente legge e la componente territoriale del Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT), di cui all’articolo 5 della legge regionale 2 ottobre 1998, n. 30 (Disciplina generale del trasporto pubblico regionale e locale).
2. Nella formazione del PTR la Regione persegue la massima integrazione tra tutti i livelli istituzionali del governo territoriale, valorizzando le nuove sedi per la governance multilivello previste dagli articoli 6 e 10 della L.R. n. 13 del 2015, quali strumenti di concertazione e codecisione delle strategie territoriali e di condivisione degli indirizzi. A tal fine, ai sensi dell’articolo 45, comma 8, della presente legge, la Giunta regionale stabilisce le particolari forme di concertazione da attuare nel corso della fase di formazione del PTR, tra cui la convocazione di una sessione speciale della Conferenza interistituzionale per l’integrazione territoriale, di cui all’articolo 10 della L.R. n. 13 del 2015. Ai lavori della sessione speciale della Conferenza partecipa l’Assessore regionale competente in materia di pianificazione territoriale.
3. la Regione assicura altresì l’integrazione ed il coordinamento tra le previsioni del PTR ed i contenuti del Piano Territoriale Metropolitano approvato ai sensi dell’articolo 40 della presente legge, in coerenza con il ruolo e le funzioni di governo del territorio della Città metropolitana di Bologna, di cui all’art. 5 della L.R. 13 del 2015. A tale scopo, nel corso della formazione del PTR, la Giunta regionale promuove la sottoscrizione di un accordo territoriale con la Città metropolitana di Bologna, attuativo dell’intesa generale quadro di cui all’articolo 5, comma 2, della L.R. n. 13 del 2015.
4. La componente strategica del PTR attiene alla definizione degli obiettivi, indirizzi e politiche che la Regione intende perseguire per garantire la tutela del valore paesaggistico, ambientale, culturale e sociale del suo territorio e per assicurare uno sviluppo economico e sociale sostenibile ed inclusivo, che accresca insieme la competitività e la resilienza del sistema territoriale regionale e salvaguardi la riproducibilità delle risorse.
5. I contenuti strategici del PTR costituiscono il riferimento necessario per il sistema della pianificazione di area vasta e locale e per i piani settoriali regionali aventi valenza territoriale, i quali si conformano alle indicazioni del PTR nella definizione degli obiettivi e degli scenari generali di riferimento, dandone atto specificamente nella Valsat, ovvero procedono all’aggiornamento o integrazione delle previsioni del PTR, con apposita variante ai sensi dell’articolo 52.
6. Nella componente strutturale del PTR sono individuati e rappresentati i sistemi paesaggistico, fisico-morfologico, ambientale, storico-culturale che connotano il territorio regionale nonché le infrastrutture, i servizi e gli insediamenti che assumono rilievo strategico per lo sviluppo dell’intera comunità regionale, e sono stabilite prescrizioni ed indirizzi per definire le relative scelte di assetto territoriale.
7. Il PTR assume, per gli aspetti a valenza territoriale, la Strategia regionale di sviluppo sostenibile, con la quale detta il quadro di riferimento per la Valsat dei piani e programmi territoriali e urbanistici disciplinati dalla presente legge. In coerenza con gli obiettivi e le operazioni del Programma di sviluppo rurale, il PTR detta inoltre la disciplina generale per la qualificazione e lo sviluppo paesaggistico ed ambientale del territorio rurale.
Art. 41
Piano Territoriale Metropolitano (PTM)
Nell’esercizio del ruolo istituzionale di cui agli articoli 3 e 5 della L.R. n. 13 del 2015, la Città metropolitana di Bologna, attraverso il Piano Territoriale Metropolitano (PTM) definisce, per l’intero territorio di competenza e in coerenza con gli indirizzi del Piano Strategico Metropolitano (PSM) elaborato ai sensi dell’articolo 1, comma 44, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), le scelte strategiche e strutturali di assetto del territorio funzionali alla cura dello sviluppo sociale ed economico territoriale nonché alla tutela e valorizzazione ambientale dell’area metropolitana.
In coerenza con il ruolo istituzionale differenziato riconosciuto alla città metropolitana di Bologna, la componente strategica del PTM costituisce parte integrante della pianificazione territoriale regionale, per quanto attiene al ruolo e agli obiettivi di sviluppo strategico dell’area metropolitana. A tal fine la Città metropolitana di Bologna, prima dell’approvazione del piano, ai sensi dell’articolo 46, comma 6, propone alla Regione la stipula di un accordo territoriale, che sancisca la condivisione delle politiche territoriali metropolitane e la loro piena coerenza rispetto al quadro generale di assetto del territorio regionale stabilito dal PTR.
Nella componente strategica del PTM la Città metropolitana di Bologna definisce, in coerenza con gli obiettivi strategici regionali stabiliti dal PTR e con gli obiettivi generali e specifici individuati dal PSM:
la visione condivisa circa gli scenari generali di riferimento e la vocazione delle varie parti del territorio, in considerazione delle loro caratteristiche fisico morfologiche, degli assetti socio economici ed insediativi, dei valori paesaggistici, ambientali e culturali che le connotano;
la missione del territorio, da perseguire attraverso gli obiettivi di sviluppo sostenibili delle diverse realtà locali, con l’indicazione delle principali linee di assetto e di utilizzazione del territorio e dei diversi ruoli dei centri abitati nel sistema insediativo, specificando le funzioni e i servizi pubblici da rafforzare ed integrare;
le azioni a scala territoriale necessarie per incrementare la resilienza degli insediamenti e del territorio, in rapporto all’attuazione della pianificazione settoriale regionale, tenendo conto delle caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità dei sistemi naturali ed antropici del territorio.
La cartografia relativa ai contenuti strategici del PTM ha carattere ideogrammatico ai sensi dell’articolo 24, comma 2, lettera a).
Nel rispetto dei dimensionamenti complessivi di superfice territoriale consumabile di cui all’articolo 6, comma 1, compete al PTM l’assegnazione ai Comuni o loro Unioni, di quote differenziate della capacità edificatoria ammissibile, secondo criteri di perequazione territoriale, previa verifica della sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti. A tale scopo è istituito il fondo perequativo metropolitano, nel quale confluisce una quota, comunque non superiore al cinquanta per cento, delle risorse che derivano nei Comuni del territorio metropolitano dagli oneri di urbanizzazione secondaria, dal contributo straordinario e dalle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali. Il PTM regolamenta le modalità di gestione ed erogazione delle risorse del fondo, prevedendo la corresponsione dei suoi proventi a favore dei Comuni cui è riconosciuta una minore capacità edificatoria complessiva, di quelli che subiscono significativi impatti negativi dalla realizzazione di nuove urbanizzazioni nel territorio di altri Comuni e di quelli il cui territorio, soggetto a specifici vincoli paesaggistici e ambientali, fornisce significativi servizi ecosistemici alla comunità metropolitana. Il PTM può inoltre stabilire che una quota dei proventi derivanti dal contributo di costruzione dovuto per gli insediamenti ad alta attrattività di cui al comma 6, lettera d), sia destinata alla realizzazione di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici di rilievo metropolitano o intercomunale, anche al di fuori dei territori comunali interessati dagli insediamenti.
In coerenza con le scelte programmatiche di cui ai commi da 1 a 3, la componente strutturale del PTM stabilisce, per i Comuni facenti parte del territorio metropolitano, la disciplina delle nuove urbanizzazioni, di cui all’articolo 35, e definisce le funzioni insediative e dei servizi di area vasta, che attengono in particolare ai seguenti sistemi ed elementi:
le principali infrastrutture strategiche metropolitane nonché i servizi per la mobilità di scala metropolitana;
le reti, impianti e infrastrutture territoriali relativi ai servizi idrici integrati e agli impianti di produzione e distribuzione energetica;
le dotazioni territoriali e i servizi pubblici di area vasta di tipo socio assistenziale, dell’istruzione superiore e della sicurezza del territorio;
gli insediamenti cui la disciplina vigente riconosce rilievo sovracomunale per la forte attrattività di persone e di mezzi e per il significativo impatto sull’ambiente e sul sistema insediativo e della mobilità, quali: i poli funzionali, le aree produttive sovracomunali e quelle ecologicamente attrezzate, le grandi strutture di vendita, le multisale cinematografiche di rilievo sovracomunale. Il PTM può prevedere che tali insediamenti si attuino tramite accordi territoriali, e promuovere la progettazione di qualità degli stessi attraverso il ricorso ai concorsi di architettura di cui all’articolo 17;
le reti ecologiche e le altre infrastrutture verdi extraurbane;
l’individuazione dei servizi ecosistemici ed ambientali forniti dai sistemi ambientali presenti nell'ambito territoriale di propria competenza;
l’individuazione e la rappresentazione della griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato, di cui all’articolo 35, commi 3 e 4;
la disciplina del territorio rurale, in conformità alle disposizioni del PTPR, ai sensi dell’articolo 36.
7.Ai sensi dell’articolo 25, comma 2, lettera d), la componente strutturale del PTM individua specifici ambiti del territorio destinati ad assicurare la fattibilità delle opere pubbliche e di interesse pubblico previste dal piano stesso, all’interno dei quali la pianificazione urbanistica non può prevedere trasformazioni che risultino incompatibili con la loro realizzazione. Gli strumenti urbanistici e gli atti che prevedono la puntuale localizzazione delle opere individuate dal PTM e l’apposizione del conseguente vincolo preordinato all’esproprio, comportano la cessazione dell’efficacia conformativa della zonizzazione stabilita dal piano sovracomunale, senza che ciò costituisca variante al medesimo piano.
Art. 42
Piano Territoriale di Area Vasta (PTAV)
Nell’osservanza di quanto disposto dall’articolo 3 della L.R. n. 13 del 2015, compete ai soggetti d’area vasta di cui al comma 2 del presente articolo la funzione di pianificazione strategica d’area vasta, comprensiva del coordinamento delle scelte urbanistiche strutturali dei Comuni e loro Unioni che incidano su interessi pubblici che esulano dalla scala locale.
Ai fini della presente legge, costituiscono soggetti di area vasta le Province, che esercitano le funzioni pianificatorie di cui al comma 1 anche in forma associata negli ambiti territoriali stabiliti ai sensi dell’articolo 6 della L.R. n. 13 del 2015.
Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, i soggetti d’area vasta approvano il Piano Territoriale di Area Vasta (PTAV), con il quale, in particolare:
definiscono gli indirizzi strategici di assetto e cura del territorio e dell’ambiente, in coerenza con gli obiettivi strategici regionali stabiliti dal PTR;
possono stabilire l’assegnazione ai Comuni di quote differenziate di capacità edificatoria ammissibile, secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 4;
dettano indirizzi per il coordinamento delle scelte generali e dei criteri localizzativi stabiliti dai piani comunali, relativamente: alle reti, impianti e infrastrutture tecnologiche di rilievo sovracomunale; alle dotazioni territoriali e servizi pubblici di area vasta; agli insediamenti caratterizzati dalla forte attrattività di persone e merci; alle reti ecologiche e alle altre infrastrutture verdi extraurbane;
possono individuare ambiti di fattibilità delle opere e infrastrutture di rilievo sovracomunale, ai sensi dell’articolo 41, comma 7;
possono individuare i servizi ecosistemici ed ambientali forniti dai sistemi ambientali presenti nell'ambito territoriale di propria competenza.
Trova applicazione il comma 4 dell’articolo 41, in merito al carattere necessariamente ideogrammatico della cartografia relativa ai contenuti strategici del PTAV.
Nell’osservanza del principio di adeguatezza e differenziazione, nel caso di esercizio in forma associata della funzione di pianificazione strategica di area vasta, ai soggetti di area vasta di cui al comma 2 possono essere riconosciute, anche su richiesta degli stessi, ulteriori competenze nel campo della pianificazione territoriale, attraverso la stipula di appositi accordi territoriali con la Regione, sentito il parere della Conferenza interistituzionale per l’integrazione territoriale, di cui all’articolo 10 della L.R. n. 13 del 2015, integrata con la partecipazione dell’Assessore regionale competente in materia di pianificazione territoriale.
CAPO III
Semplificazione del procedimento di approvazione dei piani
Art. 43
Unificazione del procedimento di piano
Per l’approvazione del PUG e di tutti i piani territoriali e delle relative varianti trova applicazione il procedimento unico disciplinato dal presente Capo. Il procedimento unico risponde ai seguenti principi generali:
pubblicità e partecipazione dei cittadini alla formazione del piano;
integrazione e non duplicazione degli adempimenti e atti previsti dal procedimento di valutazione ambientale del piano;
necessaria partecipazione dei livelli istituzionali a competenza più ampia al processo di approvazione dei piani, attraverso il meccanismo dell’atto complesso.
L’amministrazione titolare del piano, denominata ai fini della presente legge “Amministrazione procedente”, può integrare il procedimento unico con le attività e gli adempimenti indicati agli articoli 44, comma 5, e 45, comma 8, in considerazione della rilevanza e complessità delle previsioni dello strumento che si intende approvare.
Le disposizioni del presente Capo si applicano anche ai piani settoriali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina.
Art. 44
Consultazione preliminare
Nel corso della elaborazione del piano, il responsabile dell’Ufficio di piano attiva la consultazione preliminare di ARPAE, dell’autorità competente per la valutazione ambientale di cui all’art. 19, comma 3, e dei soggetti competenti in materia ambientale, convocando uno o più incontri preliminari. Agli incontri intervengono inoltre tutte le amministrazioni competenti al rilascio di ogni parere, nulla osta e altro atto di assenso, comunque denominato, richiesti dalla legge per l’approvazione del piano.
Nel corso della prima fase della consultazione preliminare, ARPAE e gli altri soggetti convocati mettono gratuitamente a disposizione dell’amministrazione procedente i dati e le informazioni conoscitive in loro possesso, ai sensi dell’articolo 23.
L’Ufficio di piano presenta gli obiettivi strategici che si intendono perseguire e le scelte generali di assetto del territorio, con le prime considerazioni sulle possibili alternative e sugli effetti significativi sull’ambiente e sul territorio che ne possono derivare. Gli enti partecipanti forniscono, nel corso della consultazione preliminare, contributi conoscitivi e valutativi e avanzano proposte in merito ai contenuti di piano illustrati e alla definizione della portata e del livello di dettaglio delle informazioni da includere nel documento di Valsat.
Ai sensi dell’articolo 13 del DLgs n. 152 del 2006, è obbligatorio svolgere la consultazione preliminare nel corso della elaborazione del PTR, del PTM, del PTAV, del PUG e delle varianti generali agli stessi. Nel caso di varianti specifiche o degli altri strumenti di pianificazione previsti dalla presente legge l’amministrazione procedente valuta l’opportunità di procedere alla stessa.
Nel corso della elaborazione del piano, l’amministrazione procedente ha altresì la facoltà di svolgere una prima fase dei percorsi partecipativi e di consultazione, di cui agli articoli 17 e 45, comma 8, con riferimento ai contenuti pianificatori preliminari indicati dal comma 3, primo periodo, del presente articolo.
Art. 45
Fase di formazione del piano
La fase di formazione del piano è diretta alla consultazione del pubblico e dei soggetti nei cui confronti il piano è diretto a produrre effetti diretti, dei soggetti aventi competenza in materia ambientale, degli enti che esercitano funzioni di governo del territorio, e delle forze economiche e sociali, nonché all’eventuale stipula di accordi integrativi con i privati ai sensi dell’articolo 61.
L’organo di governo dell’amministrazione procedente assume la proposta di piano, completa di tutti gli elaborati costitutivi, e la comunica all’organo consiliare. Ai fini dell’applicazione, sin dalla predisposizione della proposta di piano delle norme di salvaguardia, trova applicazione quanto disposto dall’articolo 27, comma 2. La proposta di piano è comunicata altresì, anche secondo modalità concordate, all’autorità competente per la valutazione ambientale, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, del DLgs n. 152 del 2006.
Una copia completa della proposta di piano è depositata presso la sede dell’amministrazione procedente, ed è pubblicata sul sito web della stessa amministrazione, per un periodo di sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul BURERT di un avviso dell’avvenuto deposito che riporta l’indicazione:
dello strumento di pianificazione in corso di approvazione, delle eventuali varianti ad altri strumenti di pianificazione che esso comporta ai sensi dell’articolo 52, degli eventuali vincoli preordinati all’esproprio e dichiarazioni di pubblica utilità che ne derivano;
del sito web nel quale il piano è pubblicato, della sede presso la quale è depositato e del termine perentorio entro cui chiunque può prenderne visione, ottenere le informazioni pertinenti e formulare osservazioni;
del responsabile del procedimento e del garante della comunicazione e della partecipazione.
Il medesimo avviso è altresì pubblicato, a fini meramente informativi, sul sito web degli enti territoriali operanti nell’ambito territoriale di competenza dell’amministrazione procedente.
Entro la scadenza del termine di deposito chiunque può formulare osservazioni. L’amministrazione procedente può motivatamente prorogare il termine di presentazione delle osservazioni per un massimo di sessanta giorni. E’ fatto divieto di prevedere termini di deposito più lunghi e di esaminare osservazioni o altri contributi presentati tardivamente.
Una comunicazione dell’avvenuto deposito, con le informazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3, è trasmessa ai soggetti competenti in materia ambientale e agli altri enti e organismi che hanno partecipato alla consultazione preliminare ai sensi dell’art. 44, affinché possano presentare proprie considerazioni e proposte, entro il termine e con le modalità previste per la presentazione di osservazioni.
Anche in adesione a osservazioni presentate, l’amministrazione procedente può stipulare accordi con i privati interessati, ai sensi dell’articolo 61.
In considerazione della rilevanza e complessità dei contenuti del piano, l’amministrazione procedente durante il periodo di deposito ha la facoltà di attuare ulteriori forme di consultazione e di partecipazione dei cittadini, anche su iniziativa del Garante della comunicazione e della partecipazione di cui all’articolo 56. In particolare, l'amministrazione procedente può attivare un processo partecipativo o promuovere un'istruttoria pubblica con le amministrazioni, le associazioni, i comitati e i gruppi di cittadini portatori di interessi a carattere non individuale, per fornire una completa informazione sul progetto e acquisire elementi di conoscenza e di giudizio, al fine dell'assunzione delle determinazioni conclusive sul piano. Qualora lo ritenga opportuno, l'amministrazione procedente può svolgere altresì un contraddittorio pubblico con coloro che hanno presentato osservazioni e proposte, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine stabilito dal comma 9.
Entro il termine di 60 giorni successivi alla scadenza del termine di deposito, l’organo di governo dell’amministrazione procedente esamina le osservazioni presentate e gli esiti delle eventuali ulteriori attività di consultazione attuate ai sensi del comma 8, predispone la proposta di decisione delle osservazioni e la sottopone all’organo consiliare insieme alla conseguente proposta di piano da adottare.
Art. 46
Fase di approvazione del piano
L’organo consiliare dell’amministrazione procedente adotta la proposta di piano, esaminate e decise le osservazioni presentate e tenendo conto degli esiti delle altre forme di consultazione eventualmente attuate. La deliberazione è accompagnata da una prima elaborazione della dichiarazione di sintesi che illustra, in linguaggio non tecnico, come si è tenuto conto delle osservazioni e degli esiti delle consultazioni e le ragioni per le quali sono state scelte le soluzioni previste nel piano, alla luce delle ragionevoli alternative che erano state individuate.
Il piano adottato ai sensi del comma 1, assieme alle osservazioni, proposte e contributi presentati nel corso delle fasi di consultazione preliminare e di formazione del piano e alla dichiarazione di sintesi, è trasmesso al comitato urbanistico competente, di cui all’articolo 47, il quale, entro il termine perentorio di 120 giorni dal ricevimento, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata ed esprime il proprio parere motivato sul piano.
In caso di incompletezza della documentazione, il comitato, entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento del piano, può per una sola volta richiedere le necessarie integrazioni documentali. La richiesta sospende il termine per esprimersi che riprende a decorrere per la parte residua dalla data del completo ricevimento degli atti richiesti.
Il parere di cui al comma 2 attiene in particolare:
al rispetto dei limiti massimi di consumo del suolo, stabiliti ai sensi dell’articolo 6, e all’osservanza della disciplina delle nuove urbanizzazioni di cui all’articolo 35;
alla conformità del piano alla normativa vigente e alla coerenza dello stesso alle previsioni di competenza degli altri strumenti di pianificazione;
alla sostenibilità ambientale e territoriale del piano, con riferimento in particolare ai seguenti profili:
c1.come si è tenuto conto degli obiettivi di protezione ambientale e di qualità urbana pertinenti al piano, stabiliti dalla disciplina sovraordinata;
c2.la ragionevolezza delle scelte effettuate, rispetto alle alternative individuate dal documento di Valsat;
c3.la corretta individuazione dei possibili impatti significativi sull’ambiente e sul territorio che deriveranno dalle scelte di piano, l’idoneità delle misure previste ad impedire, ridurre o compensare tali impatti e l’adeguatezza delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici di cui è prescritta la realizzazione o l’ammodernamento;
c4.gli indicatori territoriali e ambientali prescelti, le modalità di svolgimento del monitoraggio e le modalità di informazione sugli esiti dello stesso;
alla condivisione dei contenuti dello strumento all’esame del CU da parte degli enti titolari del piano di cui lo stesso ha il valore e gli effetti o propone la modifica, ai sensi degli articoli 51 e 52.
Trascorso inutilmente il termine di cui al comma 2 si considera espressa una valutazione positiva.
Entro 60 giorni dal ricevimento del parere ovvero dalla scadenza del termine per la sua espressione, l’organo consiliare adegua il piano, apportando le opportune revisioni, e lo approva. Il parere è comunque vincolante per i profili di cui alle lettere a) e d) del comma 4. Rispetto ai restanti profili l’organo consiliare può discostarsi dal parere con motivazioni puntuali e circostanziate.
Ai sensi dell’articolo 17 del DLgs n. 152 del 2006, l’atto di approvazione del piano è pubblicato integralmente sui siti web della amministrazione procedente e dell’autorità competente per la valutazione ambientale, assieme alla seguente documentazione:
al parere del comitato urbanistico, comprensivo del parere motivato espresso dall’autorità competente per la valutazione ambientale;
alla dichiarazione di sintesi di cui comma 1 del presente articolo, completata con l’illustrazione sintetica del modo con cui le considerazioni ambientali e territoriali presenti nel parere di cui alla lettera a) del presente comma sono state integrate nel piano;
alle misure adottate in merito al monitoraggio dell’attuazione del piano.
Una copia del piano approvato, completa della documentazione di cui al comma 7, è altresì depositata presso la sede dell’amministrazione procedente per la libera consultazione del pubblico.
Copia integrale del piano è inoltre trasmessa alle strutture regionali competenti che provvedono all’immediata pubblicazione sul BURERT dell’avviso della avvenuta approvazione del piano e all’aggiornamento del proprio sistema informativo territoriale e dei relativi quadri conoscitivi. I piani sono predisposti e inviati nei formati e con le specifiche tecniche stabilite con apposito atto di coordinamento tecnico emanato dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 49.
Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul BURERT dell’avviso dell’approvazione di cui al comma 9 del presente articolo, a condizione che alla medesima data, ai sensi dell’articolo 39, comma 3, del DLgs n. 33 del 2013, esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione procedente, secondo quanto previsto dal comma 7 del presente articolo.
Art. 47
Comitato Urbanistico
Presso la Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, è istituito un Comitato Urbanistico (C.U.), allo scopo di coordinare e integrare in un unico provvedimento:
l’esercizio delle funzioni di partecipazione del livello territoriale a competenza più ampia alla determinazione di approvazione degli strumenti di pianificazione;
l’espressione del parere di sostenibilità ambientale e territoriale;
l’acquisizione dei pareri, nulla osta e atti di assenso, comunque denominati, richiesti alla legge per gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica;
le intese degli enti titolari del piano di cui lo strumento all’esame del CU ha il valore e gli effetti e l’intesa sulla variazione dei piani di altri livelli territoriali, di cui agli articoli 51, comma 4, e 52, comma 4.
La composizione e le modalità di funzionamento dei CU sono regolati con apposita delibera della Giunta regionale, in conformità ai seguenti principi:
del Comitato Urbanistico Regionale (CUR) fanno necessariamente parte un rappresentante unico della Giunta regionale, uno della Città metropolitana di Bologna e uno del soggetto d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, territorialmente interessato;
del Comitato Urbanistico della Città metropolitana di Bologna (CUM) fanno necessariamente parte un rappresentante unico della Giunta regionale, uno della Città metropolitana di Bologna e uno del Comune o dell’Unione territorialmente interessati;
del Comitato Urbanistico di Area Vasta (CUAV) fanno necessariamente parte un rappresentante unico della Giunta regionale, uno del soggetto d’area vasta, e uno del Comune o dell’Unione territorialmente interessati;
partecipano inoltre ai lavori dei CU, con voto deliberativo, i rappresentanti unici degli enti chiamati ad esprimere l’intesa sul piano di cui al comma 1, lettera d);
ai lavori dei CU intervengono con voto consultivo ARPAE e gli enti o organismi competenti al rilascio dei pareri nulla osta e atti, di cui al comma 1, lettere c);
la Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta si esprimono nell’ambito dei CU anche in veste di autorità competente per la valutazione ambientale ai sensi dell’articolo19, comma 3;
ciascun ente o amministrazione, facente parte del CU o chiamato a partecipare ai suoi lavori con voto consultivo, è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’ente o amministrazione stessa. Il rappresentante unico può chiedere l’intervento di altri soggetti facenti parte del proprio ente o amministrazione, in funzione di supporto;
la partecipazione ai lavori del CU non dà luogo al riconoscimento di indennità, compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti, comunque denominati;
ciascun CU per l’esercizio dei propri compiti si avvale di una struttura tecnica operativa, che svolge l’istruttoria preliminare degli strumenti di pianificazione sottoposti al parere del comitato e cura altresì gli adempimenti per la costituzione e il funzionamento dello stesso. Le strutture tecniche operative sono costituite dalla Regione, dalla Città metropolitana di Bologna e dai soggetti d’area vasta con personale proprio che sia in possesso delle competenze professionali indicate dall’articolo 55, comma 4, e si avvalgono del contributo istruttorio dei soggetti di cui alla lettera e) del presente comma.
CAPO IV
Misure di semplificazione del sistema dei piani
Art. 48
Semplificazione dei contenuti
degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica
1.Al fine di ridurre la complessità degli apparati normativi dei piani e l'eccessiva diversificazione delle disposizioni operanti in campo urbanistico ed edilizio, le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, della Regione, della Città metropolitana di Bologna, dei soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2 e dei Comuni attengono unicamente alle funzioni di governo del territorio attribuite al loro livello di pianificazione e non contengono la riproduzione, totale o parziale, delle normative vigenti, stabilite:
a)dalle leggi statali e regionali;
b)dai regolamenti;
c) dagli atti di indirizzo e di coordinamento tecnico;
d) dalle norme tecniche;
e) dalle prescrizioni e indirizzi stabiliti dalla pianificazione competente;
f) da ogni altro atto normativo di settore, comunque denominato, avente incidenza sugli usi e le trasformazioni del territorio e sull'attività edilizia.
2. Nell'osservanza del principio di non duplicazione della normativa sovraordinata di cui al comma 1, le norme tecniche di attuazione e la Valsat dei piani territoriali e urbanistici, coordinano le previsioni di propria competenza alle disposizioni degli atti normativi elencati dal medesimo comma 1 attraverso il rinvio alle prescrizioni delle stesse.
3.La Regione predispone e aggiorna periodicamente, la raccolta delle disposizioni che trovano uniforme e diretta applicazione su tutto il territorio regionale, attraverso appositi atti di coordinamento tecnico, approvati ai sensi dell'articolo 49. La Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta e i Comuni adeguano i propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica a quanto previsto dai commi 1 e 2 secondo le indicazioni degli atti di indirizzo regionali, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore degli stessi. Trascorso tale termine, le normative di cui al comma 1 trovano diretta applicazione, prevalendo sulle previsioni con esse incompatibili.
4.Allo scopo di consentire un’agevole consultazione da parte dei cittadini delle normative vigenti che trovano diretta applicazione in tutto il territorio regionale, la Regione pubblica sul proprio sito web il testo vigente degli atti di cui al comma 3 e i Comuni inseriscono nel proprio sito istituzionale il collegamento automatico alla pubblicazione regionale.
Art. 49
Atti di coordinamento tecnico
1.Allo scopo di semplificare e uniformare l’applicazione della presente legge e di assicurare l’esercizio coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta atti di coordinamento tecnico secondo quanto previsto dal presente articolo.
2. Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:
a)detta indirizzi e direttive per l'attuazione della presente legge e per uniformare i suoi contenuti alle disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalla normativa statale e dalle legislazioni settoriali;
b)stabilisce l'insieme organico delle definizioni, modalità di calcolo e di verifica, concernenti gli indici e i parametri urbanistici ed edilizi, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell'intero territorio regionale, che comunque garantisca l'autonomia nelle scelte di pianificazione;
specifica le caratteristiche generali dei principali elaborati ed atti disciplinati dalla presente legge, tra cui: il Documento di Valsat, il Quadro conoscitivo, la Tavola dei vincoli, i contenuti essenziali e gli elaborati costitutivi dei piani;
stabilisce le specifiche tecniche degli elaborati di piano predisposti in formato digitale, per assicurarne l’agevole trasmissione, utilizzazione e conservazione.
3.La proposta degli atti di cui al comma 1 è definita dalla Regione congiuntamente agli enti locali in sede di Consiglio delle Autonomie locali (CAL). con il concorso dei rappresentanti delle forze economiche, sociali e professionali ed è approvata con deliberazione della Giunta regionale.
4.Entro centottanta giorni dall'approvazione, i contenuti degli atti di coordinamento tecnico sono recepiti dagli enti territoriali e organismi interessati, con deliberazione dell’organo consiliare che comporta la modifica o l’abrogazione delle previsioni pianificatorie, regolamentari e amministrative con essi incompatibili. Decorso inutilmente tale termine, salvo diversa previsione, gli atti di cui al comma 1 trovano diretta applicazione, prevalendo sulle previsioni con essi incompatibili.
Art. 50
Pianificazione generale
comprensiva della pianificazione settoriale
1.La Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, e i Comuni possono conferire al proprio piano generale anche il valore e gli effetti di uno o più piani settoriali di propria competenza ovvero di una variante agli stessi, qualora esso ne presenti i contenuti essenziali.
2.Al procedimento di approvazione del piano generale di cui al comma 1 si applica la disciplina prevista dal Capo III del presente Titolo, con le seguenti integrazioni:
a)nell’oggetto degli atti deliberativi, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicata la sua particolare efficacia;
b)nel corso della predisposizione del piano deve essere comunque acquisito ogni parere richiesto per l'approvazione del piano settoriale.
Art. 51
PTM o PTAV
con effetti di piani di altre amministrazioni
1.Il PTM e i PTAV possono assumere, su richiesta e d'intesa con i Comuni interessati, il valore e gli effetti del PUG.
2. Il PTM e il PTAV inoltre possono assumere, ai sensi dell'art. 57 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza di altre amministrazioni, qualora le loro previsioni siano predisposte d'intesa con le amministrazioni interessate.
3. In tali casi, il Sindaco metropolitano o il Presidente del soggetto d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, provvede in via preliminare a stipulare un accordo con il Comune o con le amministrazioni interessate, in merito ai tempi e alle forme di partecipazione all'attività tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese.
4.Le amministrazioni interessate esprimono la propria intesa sui contenuti del PTM o del PTAV, afferenti alle funzioni pianificatorie di propria competenza, nell'ambito del CUR. In particolare, il rappresentante unico dell’ente titolare del piano partecipa ai lavori del CUR con voto deliberativo, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera d), e la posizione da lui espressa, previa deliberazione dell’organo consiliare, è vincolante ai fini dell’approvazione del piano.
Art. 52
Modificazione della pianificazione di altri livelli territoriali
1.Per assicurare la flessibilità del sistema della pianificazione territoriale e urbanistica, le proposte dei piani previsti dalla presente legge possono contenere esplicite proposte di modificazione ai piani generali o settoriali di altri livelli territoriali.
2.Le proposte comunali di modifica delle previsioni dei piani di tutela del territorio, dell'ambiente, del paesaggio, della protezione della natura, delle acque e della difesa del suolo, possono attenere unicamente alla cartografia dei piani.
3.Per l'approvazione dei piani che propongono modificazioni si applica la disciplina procedurale prevista dal Capo III del presente Titolo, o quella prevista dalla legislazione di settore, con le seguenti modifiche o integrazioni:
a) nella denominazione della proposta di piano, nell’oggetto degli atti deliberativi di adozione e di approvazione, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicato lo strumento del quale si propongono modificazioni;
b) le proposte di modifica devono essere evidenziate in appositi elaborati tecnici, nei quali devono essere indicati i presupposti conoscitivi e le motivazioni di ciascuna di esse;
c) vanno seguite le forme di deposito, pubblicità e intervento previste per il piano di cui si propone la variazione, qualora assicurino una più ampia conoscenza e partecipazione degli interessati al procedimento;
d) copia integrale della proposta del piano è trasmessa all'ente titolare dello strumento di cui si propongono modificazioni il quale può formulare osservazioni entro sessanta giorni dal ricevimento dello stesso. Il medesimo ente è altresì invitato a partecipare alle attività di consultazione e partecipazione, previste per la formazione del piano.
4.L'atto di approvazione del piano ha anche il valore e gli effetti di variante del piano di cui si propone la modificazione, qualora sulla variante stessa sia acquisita, nell'ambito del CU, l'intesa dell'ente titolare dello strumento. In particolare, il rappresentante unico dell’ente titolare del piano di cui si propone la modifica partecipa ai lavori del CU con voto deliberativo, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera d), e la posizione da lui espressa, previa deliberazione dell’organo consiliare, è vincolante ai fini dell’approvazione del piano in variante.
5.A seguito dell'atto di approvazione, l’ente titolare del piano variato, con atto meramente ricognitivo, aggiorna gli elaborati tecnici dello stesso. A tale scopo l’amministrazione procedente mette a disposizione, in formato digitale, gli elaborati di piano contenenti la variazione.
CAPO V
Approvazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico e delle modifiche agli
insediamenti produttivi esistenti
Art. 53
Procedimento unico
1. Fuori dai casi di progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), per i quali operano le modalità di coordinamento e integrazione dei procedimenti previste dall’articolo 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990 e dagli articoli 7 e 17 della legge regionale n. 9 del 1999, gli enti e i soggetti interessati possono promuovere lo svolgimento del procedimento unico disciplinato del presente articolo per l’approvazione del progetto definitivo o esecutivo dei seguenti interventi e opere:
a) opere pubbliche e opere qualificate dalla legislazione di interesse pubblico, di rilievo regionale, metropolitano, d’area vasta o comunale;
b) interventi di ampliamento e ristrutturazione di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa ovvero interventi di nuova costruzione di fabbricati o altri manufatti necessari per lo sviluppo e la trasformazione di attività economiche già insediate, nell’area di pertinenza delle stesse, in lotti contigui o circostanti, ovvero in aree collocate in prossimità delle medesime attività economiche;
2.L’approvazione del progetto delle opere e interventi elencati al comma 1 attraverso il presente procedimento unico consente:
a)di acquisire tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi, comunque denominati, necessari per la realizzazione dell’opera o intervento secondo la legislazione vigente;
b)di approvare la localizzazione delle opere e interventi non previste dal PUG o dall’accordo operativo, ovvero in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale vigente;
c)di conseguire per le opere pubbliche e, nei casi previsti dalla legge, per le opere di pubblica utilità, l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
3.Per l’esame del progetto delle opere e interventi di cui al comma 1, la Regione, la Città metropolitana di Bologna, il soggetto d’area vasta, il Comune o l’Unione convoca una conferenza di servizi, che si svolge secondo quanto disposto dagli articoli da 14 al 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, fatto salvo quanto previsto dai commi seguenti.
4.Alla conferenza di servizi partecipano:
a) le amministrazioni competenti ad esprimere gli atti di assenso di cui al comma 2, lettera a);
b) il Comune e la Città metropolitana di Bologna o il soggetto d’area vasta territorialmente interessati dalla localizzazione dell’opera;
c) gli enti titolari dei piani di cui si propone la modifica;
d) l’autorità competente per la valutazione ambientale, di cui all’articolo 19, comma 3, la quale esprime il proprio parere sulla sostenibilità ambientale e territoriale delle varianti nell’ambito della conferenza di servizi;
e) le altre amministrazioni chiamate dalla legge ad esprimere il proprio parere, nulla osta o altro atto di assenso, comunque denominato, per l’approvazione delle varianti proposte.
5.L’espressione della posizione definitiva degli enti titolari degli strumenti di pianificazione cui l’opera o l’intervento comporta variante è subordinata alla preventiva pronuncia degli organi consiliari, ovvero è soggetto, a pena di decadenza, a ratifica da parte dei medesimi organi entro trenta giorni dalla assunzione della determinazione conclusiva della conferenza di servizi di cui al comma 9.
6.Entro il termine di convocazione della Conferenza di servizi, l’amministrazione procedente provvede altresì:
a) al deposito del progetto presso la sede degli enti titolari dei piani da variare;
b) alla pubblicazione nel sito web degli enti titolari dei piani da variare e sul BURERT di un avviso c) dell’avvenuto deposito con i contenuti di cui all’articolo 45, comma 3;
c) alla pubblicazione integrale del progetto sul sito web degli enti titolari dei piani da variare;
d) a trasmettere gli elaborati relativi alle varianti ai soggetti competenti in materia ambientale che non partecipano alle conferenze di servizi, per acquisirne il parere entro il termine e con le modalità previste per la presentazione delle osservazioni;
e) ad acquisire per i soggetti privati titolari degli interventi di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo l’informazione antimafia di cui all’articolo 84, comma 3 del DLgs n. 159 del 2011. La conclusione della conferenza di servizi e la sua efficacia sono subordinate all’acquisizione dell’informazione antimafia non interdittiva.
7. Qualora la realizzazione dell'opera comporti la necessità di apporre il vincolo preordinato all'esproprio, l'avviso avente i contenuti di cui all’articolo 45, comma 3, è comunicato a coloro che risultino proprietari delle aree interessate secondo le risultanze dei registri catastali, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante posta elettronica certificata o altre soluzioni tecnologiche individuate in conformità all’articolo 48 del DLgs n. 82 del 2005. Qualora, ad esito della conferenza, occorra apportare modifiche localizzative o del tracciato dell'opera che coinvolgano nuovi soggetti, l'amministrazione procedente provvede alle ulteriori comunicazioni dell'avviso. I proprietari delle aree interessate possono presentare osservazioni entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione.
8. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione sul BURERT dell’avviso di deposito chiunque può prendere visione del progetto e formulare osservazioni.
9. Nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 8 i soggetti partecipanti alla conferenza di servizi esprimono la propria posizione, tenendo conto delle osservazioni presentate e l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, dando specifica evidenza alla valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale.
10. Copia integrale della determinazione di conclusione della conferenza di servizi è pubblicata sul sito web dell’amministrazione procedente e dell’autorità competente per la valutazione ambientale ed è depositata presso la sede dell’amministrazione procedente per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta conclusione della conferenza di servizi è pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, cui è inviata copia completa dell’atto. La determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza di servizi produce gli effetti indicati dal comma 2 del presente articolo dalla data di pubblicazione nel BURERT dell’avviso, a condizione che alla medesima data, ai sensi dell’articolo 39, comma 3, del DLgs n. 33 del 2013 essa risulti integralmente pubblicata sul sito web dell’amministrazione procedente.
Art. 54
Localizzazione delle opere di interesse statale
1.L'intesa prevista dalla legislazione vigente, in ordine alla localizzazione nel territorio regionale di opere pubbliche di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, è espressa, anche in sede di conferenza di servizi:
a) dalla Giunta regionale, per le opere aventi rilievo nazionale o regionale nonché per quelle che interessino il territorio di più soggetti di area vasta e per quelle che riguardino il territorio di una area vasta e della città metropolitana di Bologna;
b) dalla Città metropolitana di Bologna o dai soggetti di area vasta territorialmente competenti, nei restanti casi.
2.La Giunta regionale specifica i criteri di classificazione delle opere aventi rilievo nazionale o regionale, ai fini del riparto delle competenze di cui al comma 1.
3.L'intesa di cui al comma 1 è espressa sentiti i Comuni interessati, i quali si pronunciano entro il termine di trenta giorni dal ricevimento degli atti. Trascorso tale termine, si prescinde dal parere.
4. Nel caso di opere pubbliche di interesse statale già previste dagli strumenti urbanistici comunali approvati, la dichiarazione di conformità urbanistica resa dal Comune sostituisce l'intesa disciplinata dal comma 1.
5. Per le modifiche ad opere già assentite che derivino da approfondimenti progettuali o da adeguamenti tecnico funzionali non si dà luogo all'intesa qualora il Comune ne dichiari la conformità urbanistica o provveda tempestivamente a conformare il piano attraverso apposita variante.
TITOLO IV
MISURE ORGANIZZATIVE E STRUMENTI NEGOZIALI
CAPO I
Misure organizzative
Art. 55
Ufficio di piano
1. I Comuni per l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica loro assegnate dalla presente legge costituiscono, in forma singola o associata, una apposita struttura denominata “Ufficio di piano”. Qualora i Comuni abbiano conferito ad una Unione le funzioni di pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché di partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale, l’ufficio di piano è istituito dall’Unione dei Comuni.
2.L’ufficio di piano svolge i compiti attinenti all’elaborazione, gestione e attuazione della pianificazione urbanistica, tra cui la predisposizione del PUG e degli accordi operativi e le attività di negoziazione con i privati e di coordinamento con le altre amministrazioni che esercitano funzioni di governo del territorio, fatte salve le attività riservate dalla legge o dallo statuto ad altri organismi tecnici ovvero agli organi politici.
3.La Regione, la Città metropolitana di Bologna e il soggetto di area vasta si dotano di un ufficio di piano per l’attività di pianificazione territoriale di loro competenza, per l’esercizio della funzione di autorità competente per la valutazione ambientale di cui all’articolo 19, commi 3 e 5, e per lo svolgimento dei compiti propri delle strutture tecniche operative di supporto dei Comitati urbanistici, di cui all’articolo 47, comma 2, lettera i).
4.Gli uffici di piano devono essere dotati delle competenze professionali richieste dalla presente legge per lo svolgimento delle funzioni di governo del territorio, tra cui quelle in campo pianificatorio, paesaggistico, ambientale, giuridico ed economico finanziario.
5.La Giunta regionale definisce gli standard minimi richiesti per gli uffici di piano comunali, in ordine alla dotazione di personale avente le adeguate competenze professionali di cui al comma 4 e con riferimento alla dimensione demografica e territoriale del Comune e della forma associativa.
6.Il programma di riordino territoriale di cui all’articolo 26 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 21 (Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza) riconosce priorità di accesso ai finanziamenti alle Unioni che abbiano provveduto alla costituzione dell’ufficio di piano dell’Unione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, e, in subordine, alle Unioni che abbiano costituito uffici di piano intercomunali tra i Comuni facenti parte dell’Unione che non abbiano conferito alla stessa l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica.
Art. 56
Garante della comunicazione e della partecipazione
1.Per ogni procedimento di pianificazione territoriale e urbanistica, l’amministrazione procedente nomina, nell’ambito del personale assegnato all’ufficio di piano, il “Garante della comunicazione e della partecipazione”, distinto dal responsabile del procedimento, il quale ha il compito di garantire:
a) il diritto di accesso alle informazioni che attengono al piano e ai suoi effetti sul territorio e sull’ambiente;
b) la partecipazione al procedimento dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) il diritto al contradditorio dei soggetti nei confronti dei quali il piano è destinato a produrre effetti diretti, prevedendo l’approvazione di un vincolo di natura espropriativa o conformativa;
d) Il proficuo svolgimento dei processi partecipativi, di istruttoria pubblica e contradditorio pubblico, ove disposti ai sensi dell’articolo 45, comma 8.
2. A tale scopo il Garante:
a) cura lo svolgimento degli adempimenti previsti dalla presente legge che attengono: alla pubblicità del piano, alla trasmissione dei suoi elaborati, alla pubblicazione, alla comunicazione e alla notifica degli avvisi di deposito;
b) rende accessibili sul sito web dell’amministrazione e fornisce ai richiedenti, senza costi aggiuntivi per l’amministrazione, ogni informazione disponibile sui contenuti del piano e del documento di Valsat, sull’esito delle valutazioni territoriali ed ambientali del piano, sulle osservazioni, presentate tempestivamente;
c) partecipa allo svolgimento dei processi partecipativi, collaborando alla predisposizione della sintesi delle opinioni, contributi, proposte e valutazioni raccolte in tali sedi.
Art. 57
Strumenti cartografici di supporto
alla pianificazione territoriale
1. Il Data Base Topografico Regionale (DBTR) costituisce la base informativa territoriale per la raccolta e la gestione dei dati di supporto alle funzioni di programmazione e pianificazione previste dalla presente legge.
2.Il DBTR costituisce inoltre, unitamente all’Anagrafe Comunale degli Immobili (ACI), il supporto cartografico ed informativo per la raccolta e rappresentazione delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche, al fine del calcolo del consumo di suolo.
3.La Giunta regionale provvede alla gestione del DBTR e cura il suo aggiornamento, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e i soggetti che hanno compiti di gestione e tutela del territorio. La Giunta regionale promuove inoltre la diffusione delle ACI e il loro aggiornamento da parte dei Comuni, nonché l’omogeneizzazione e la sincronizzazione delle stesse con il DBTR.
4.La Giunta regionale, con atto di coordinamento tecnico assunto ai sensi dell’articolo 49 della presente legge, in conformità alle regole tecniche di cui all’articolo 59, comma 5, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), specifica criteri e regole generali che garantiscono lo scambio e l’interoperabilità degli strumenti cartografici di supporto alla pianificazione nonché gli standard per la comunicazione e le regole con cui le amministrazioni rendono disponibili i propri dati territoriali per la consultazione e il riuso.
CAPO II
Strumenti negoziali
Art. 58
Accordi territoriali
1.La Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti d’area vasta di cui all’articolo 40, comma 2, i Comuni e le loro Unioni possono promuovere accordi territoriali per concordare gli obiettivi e le scelte strategiche dei loro piani. I medesimi Enti possono altresì stipulare accordi territoriale per coordinare l'attuazione delle previsioni dei piani territoriali e urbanistici, in ragione della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali.
2.Accordi territoriali possono essere stipulati altresì tra i Comuni e tra questi e le loro Unioni per definire speciali forme di collaborazione nell’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica, anche attraverso l'elaborazione, approvazione e gestione di strumenti urbanistici intercomunali ai sensi dell’articolo 30, commi 3, 4, 5 e 6.
3.La Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti d’area vasta partecipano, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, alla stipula degli accordi territoriali che definiscono scelte strategiche di rilievo sovracomunale, nonché alla stipula degli accordi che prevedono l'avvio di procedure di variante agli strumenti di pianificazione territoriale. La proposta di accordo territoriale è approvata dalla Giunta regionale, acquisito il parere della Commissione assembleare competente, qualora l'accordo preveda la modifica a piani e atti regionali di competenza dell'Assemblea legislativa regionale.
4.Gli accordi territoriali di cui ai commi 1, 2 e 3 possono prevedere forme di perequazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati. A tal fine gli accordi definiscono le attività, il finanziamento ed ogni altro adempimento che ciascun soggetto partecipante si impegna a realizzare, con l'indicazione dei relativi tempi e delle modalità di coordinamento.
5.Agli accordi territoriali si applica, per quanto non previsto dalla presente legge, la disciplina propria degli accordi tra amministrazioni di cui all'art. 15 della legge n. 241 del 1990.
Art. 59
Accordi di programma
1.Fuori dai casi disciplinati dagli accordi operativi di cui all’articolo 38, per la definizione e l’attuazione di opere, interventi e programmi di intervento di rilevante interesse pubblico che richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più Comuni o di altri enti pubblici con l’eventuale partecipazione di soggetti privati, il Sindaco, il Sindaco metropolitano, il Presidente del soggetto d’area vasta di cui all’articolo 42, comma 2, o il Presidente della Regione, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera, intervento o programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma.
2.Per i soggetti privati partecipanti all’accordo di programma, l’ente promotore acquisisce l’informazione antimafia di cui all’articolo 84, comma 3 del DLgs n. 159 del 2011. La conclusione dell’accordo e la sua efficacia sono subordinate all’acquisizione dell’informazione antimafia non interdittiva.
3.L’accordo ha ad oggetto gli impegni assunti dai partecipanti ai fini della realizzazione del risultato di comune interesse, i tempi e le modalità per la loro attuazione ed ogni altro connesso adempimento, ed indica i casi in cui è ammesso il recesso dei partecipanti dall’accordo e gli effetti che derivano da eventuali inadempienze.
4.Un Collegio di vigilanza, presieduto dal rappresentante legale dell’ente che ha promosso la conclusione dell’accordo e composto da rappresentanti dei soggetti sottoscrittori, verifica la corretta attuazione degli impegni assunti, può deliberare modifiche non sostanziali all’accordo che non richiedano la variazione degli strumenti di pianificazione, accerta la sussistenza delle condizioni di decadenza dell’accordo e dei suoi effetti urbanistici, nel caso in cui non sia possibile realizzare i risultati principali perseguiti dall’accordo. La decadenza è dichiarata con decreto dell’organo che ha approvato l’accordo ai sensi dell’articolo 60, comma 8, e comporta l’applicazione della disciplina di piano vigente al momento dell’approvazione dell’accordo.
Art. 60
Accordi di programma in variante ai piani
1.La conclusione di un accordo di programma può comportare variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, per conformarne le previsioni alle opere, interventi e programmi di intervento approvati. La modifica degli strumenti di pianificazione riguarda esclusivamente la disciplina delle aree destinate alla realizzazione delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento oggetto dell'accordo. Trovano applicazione i limiti al consumo del suolo di cui all’articolo 6.
2L'accordo di programma in variante alla pianificazione è stipulato, oltre che dai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 59, dai rappresentanti:
a) degli enti titolari degli strumenti di pianificazione di cui si propongono modificazioni;
b) della Città metropolitana di Bologna o del soggetto d’area vasta, per esprimere la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale nel caso di modifiche a piani comunali;
c) della Regione, per esprimere la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale nel caso di modifiche a piani territoriali.
3.Il Presidente della Regione, il Sindaco metropolitano, il Presidente del soggetto d’area vasta o il Sindaco che intenda promuovere un accordo di programma che comporti variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica provvede a convocare una conferenza preliminare dei soggetti partecipanti. Ai fini dell'esame e dell'approvazione preliminare dell’oggetto dell’accordo e delle varianti che lo stesso comporta, l'amministrazione competente predispone, assieme al progetto definitivo delle opere, interventi o programmi di intervento oggetto dell’accordo, il progetto urbano e gli altri elaborati relativi alle variazioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica che conseguono alla conclusione dell’accordo e il documento di Valsat delle varianti stesse. L'espressione dell'assenso preliminare all'accordo, da parte dei rappresentanti dei soggetti partecipanti, è preceduto da una determinazione dell'organo istituzionalmente competente.
4.L'amministrazione competente può chiamare a partecipare alla conferenza preliminare, con voto consultivo, gli enti e organismi cui competono le autorizzazioni, i pareri o gli altri atti di assenso, comunque denominati, richiesti dalla legge per la realizzazione delle opere, interventi o programmi di intervento oggetto dell'accordo. L'amministrazione competente, inoltre, definisce modalità e tempi per lo svolgimento di incontri e dibattiti pubblici con i portatori di interesse allo scopo di fornire una informazione approfondita sui contenuti dell’accordo e stimolare la partecipazione dei cittadini alla sua definizione.
5.Qualora in sede della conferenza preliminare sia verificata la possibilità di un consenso unanime dei soggetti partecipanti all’accordo indicati al comma 2 del presente articolo, la proposta di accordo di programma, corredata dalla documentazione di cui al comma 3, è depositata presso le sedi degli enti territoriali partecipanti all'accordo, per sessanta giorni dalla pubblicazione sul BURERT di un avviso dell'avvenuta conclusione dell'accordo preliminare, che presenta le informazioni indicate dall’articolo 45, comma 3. L'avviso è pubblicato altresì sul sito web di tutti gli enti pubblici partecipanti all’accordo. Le amministrazioni titolari dei piani oggetto di variante provvedono altresì alla pubblicazione integrale della proposta di accordo sul proprio sito web.
6.Entro la scadenza del termine perentorio di deposito di cui al comma 5 chiunque può presentare osservazioni.
7.Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni di cui al comma 6, il Presidente della Regione, il Sindaco metropolitano, il Presidente del Soggetto d’area vasta o il Sindaco convoca tutti i soggetti pubblici e privati partecipanti, per la conclusione dell'accordo. I soggetti partecipanti, tra cui l’autorità competente per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale di cui al comma 2, lettere b) e c), esprimono le loro determinazioni, tenendo conto anche delle osservazioni presentate. Qualora siano apportate modifiche sostanziali rispetto alla proposta di accordo assentita dall'organo istituzionale competente ai sensi del comma 3, ultimo periodo, l'assenso alla conclusione dell'accordo di ciascun soggetto partecipante deve essere preceduto dalla deliberazione del medesimo organo ovvero ratificata dallo stesso entro trenta giorni dalla sottoscrizione, a pena di decadenza.
8.Il decreto di approvazione dell'accordo di programma è emanato dal Sindaco metropolitano o dal Presidente del soggetto d’area vasta territorialmente competente, per gli accordi in variante a strumenti urbanistici comunali, dal Presidente della Regione nei restanti casi di variante.
9. Il decreto di approvazione, corredato dalla copia integrale dell’accordo di programma, è pubblicata sul sito web dell’amministrazione che ha promosso la conclusione dell’accordo e dell’autorità competente per la valutazione ambientale ed è depositata presso la sede dei soggetti pubblici partecipanti, per la libera consultazione del pubblico. Un avviso dell’avvenuta conclusione dell’accordo è pubblicato sul BURERT dalle strutture regionali, cui è inviata copia completa dell’atto. Il decreto di approvazione produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione sul BURERT dell’avviso, a condizione che alla medesima data, ai sensi dell’articolo 39, comma 3 del DLgs n. 33 del 2013, esso sia integralmente pubblicato sul sito web dell’amministrazione che ha promosso la conclusione dell’accordo.
10.Il decreto di approvazione comporta la variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Nel caso in cui il Consiglio comunale abbia espresso l'assenso all'accordo previo rilascio, da parte dello sportello unico dell'edilizia, dell'atto di accertamento di conformità previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera c), della LR n. 15 del 2013, le opere, interventi o programmi di intervento oggetto dell’accordo non sono subordinati a titolo abilitativo edilizio.
11.Qualora l'accordo di programma abbia ad oggetto la realizzazione di un'opera pubblica e non si raggiunga il consenso unanime di tutte le amministrazioni chiamate ad esprimersi sulla variante, l'amministrazione procedente può richiedere una determinazione di conclusione del procedimento all’Assemblea legislativa regionale, che provvede entro il termine di quarantacinque giorni. Tale approvazione produce gli effetti indicati dal comma 10, primo periodo.
12.Ogni rinvio alla disciplina degli accordi di programma in variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica operato dalle disposizioni vigenti, si intende riferito al presente articolo.
Art. 61
Accordi con i privati
1.Nel corso della fase di formazione del PUG, di cui all’articolo 45, anche in accoglimento di osservazioni o di proposte presentate, gli enti locali possono concludere accordi integrativi con i soggetti privati, nel rispetto dei principi di imparzialità amministrativa, di trasparenza, di parità di trattamento degli operatori, di pubblicità e di partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati, allo scopo di assumere nel PUG previsioni di assetto del territorio di rilevante interesse per la comunità locale condivise dai soggetti interessati e coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti di pianificazione. Gli accordi possono attenere al contenuto discrezionale del piano, sono stipulati nel rispetto della legislazione e pianificazione vigente e senza pregiudizio dei diritti dei terzi.
2.L'accordo indica le ragioni di rilevante interesse pubblico che giustificano il ricorso allo strumento negoziale e verifica la compatibilità delle scelte di pianificazione concordate ai criteri generali cui è conformato il piano, attraverso una motivazione puntuale e circostanziata.
3. L'accordo costituisce parte integrante della proposta di piano cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e trasparenza. La stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo di governo dell'ente. L'accordo è subordinato al recepimento dei suoi contenuti nella delibera con cui l’organo consiliare fa propria la proposta di piano ai sensi dell’art. 46, comma 1, e alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato.
4.Per quanto non disciplinato dalla presente legge trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1-bis, 2 e 4 dell'art. 11 della legge n. 241 del 1990.
TITOLO V
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO
Art. 62
Principi generali per la tutela e valorizzazione del paesaggio
1. Il presente Titolo, nell'osservanza dell'articolo 9 della Costituzione e dei principi della Convenzione europea sul paesaggio, ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14, e in attuazione del DLgs n. 42 del 2004, di seguito indicato quale Codice dei beni culturali e del paesaggio, persegue l'obiettivo dell'integrazione tra la primaria esigenza della tutela del paesaggio regionale ed i processi di pianificazione territoriale e urbanistica.
2. Nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, la Regione, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti di area vasta, i Comuni e loro Unioni e le altre amministrazioni pubbliche, ciascuna nell'ambito della propria competenza, contribuiscono alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione sostenibile del paesaggio.
3.Il paesaggio è componente essenziale del contesto di vita della popolazione regionale, in quanto espressione della identità culturale e dei valori storico-testimoniali, naturali, morfologici ed estetici del territorio. Pertanto, le amministrazioni pubbliche assumono la tutela e la valorizzazione del paesaggio quale riferimento per la definizione delle politiche a incidenza territoriale.
Art. 63
Compiti della Regione e politica per il paesaggio
1. La Regione esercita le proprie funzioni di tutela, valorizzazione e vigilanza del paesaggio sulla base di leggi e norme, operando per una politica unitaria e condivisa.
2. La politica per il paesaggio ha l'obiettivo di migliorare la qualità dei paesaggi regionali tramite la salvaguardia e il rafforzamento dei valori identitari e la gestione sostenibile del paesaggio. In particolare, la politica per il paesaggio si sviluppa attraverso le seguenti azioni:
a) la tutela del paesaggio, attuata dal PTPR, il quale, assieme agli altri strumenti di pianificazione, ha il compito di governare e indirizzare le azioni di tutela mediante la definizione delle regole e degli obiettivi di qualità del paesaggio regionale;
b) la valorizzazione del paesaggio, attraverso progetti di tutela, recupero e valorizzazione, finalizzati all'attuazione degli obiettivi e delle politiche di miglioramento della qualità paesaggistica fissati dal PTPR;
c) la vigilanza sull'esercizio delle funzioni amministrative in materia di paesaggio, nonché il monitoraggio, mediante l'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio, dell'attuazione della pianificazione paesaggistica e delle trasformazioni dei paesaggi regionali.
3.La Giunta regionale assicura l'integrazione e la concertazione delle politiche settoriali e di sviluppo che producono effetti diretti o indiretti sul paesaggio ovvero sui singoli immobili o sulle aree tutelate e promuove la partecipazione alle scelte relative alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio, anche attraverso processi partecipativi dei cittadini e loro associazioni secondo metodologie trasparenti, paritetiche, rappresentative e inclusive che permettano il confronto dei punti di vista e la mediazione degli interessi.
4. Allo scopo di perseguire tale sviluppo coordinato e omogeneo delle attività di tutela, valorizzazione e recupero del paesaggio, la Giunta regionale adotta atti di coordinamento tecnico, ai sensi dell'articolo 49.
Art. 64
Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR)
1. La componente paesaggistica del PTR, di seguito denominata Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), definisce gli obiettivi e le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio, con riferimento all'intero territorio regionale, quale piano urbanistico-territoriale avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, storico-testimoniali, culturali, naturali, morfologici ed estetici.
2. Il PTPR, in considerazione delle caratteristiche paesaggistiche, naturali e culturali del territorio regionale, individua i sistemi, le zone e gli elementi territoriali meritevoli di tutela, in quanto costituiscono gli aspetti e i riferimenti strutturanti del territorio, e stabilisce per ciascuno di essi la normativa d'uso per la tutela dei caratteri distintivi. La disciplina del PTPR è integrata dalle specifiche prescrizioni di tutela degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico.
3. Allo scopo di attuare la gestione coordinata e omogenea della tutela, il PTPR definisce, inoltre, i criteri di rappresentazione, specificazione e articolazione dei sistemi, delle zone e degli elementi di propria competenza, ai fini dell'elaborazione della cartografia della pianificazione territoriale e urbanistica.
4. Il PTPR, sulla base del riconoscimento e della condivisione dei caratteri connotativi del territorio, nonché delle dinamiche di sviluppo dello stesso, individua gli ambiti paesaggistici costituiti da un insieme eterogeneo di elementi, contesti e parti di territorio regionale unitariamente percepiti, i quali costituiscono quadro di riferimento cogente, per assicurare la coerenza delle politiche generali e settoriali, dei programmi di sviluppo, dei progetti e delle azioni per il governo del territorio con le caratteristiche dei diversi paesaggi regionali.
5.Il PTPR individua per ciascun ambito obiettivi di qualità paesaggistica indirizzati a realizzare azioni di:
a) mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie dei luoghi sottoposti a tutela;
b) individuazione delle linee di sviluppo sostenibile del territorio, compatibili con i valori e i significati riconosciuti del paesaggio;
c) valorizzazione, recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati, diretti a reintegrare i valori preesistenti ovvero a creare nuovi valori paesaggistici, perseguendo il miglioramento della qualità complessiva del territorio e il rafforzamento delle diversità locali, assicurando, nel contempo, il minor consumo di suolo.
6. Il PTPR definisce i criteri per l'apposizione, la verifica e l'aggiornamento dei vincoli paesaggistici, con l'obiettivo di identificare il sistema dei valori identitari, rappresentativi della diversità paesaggistica e culturale del territorio emiliano-romagnolo.
7. Il PTPR, sulla base dei valori paesaggistici indicati e dei livelli di tutela definiti dalle norme nazionali e regionali e delle linee guida attuative del comma 10 dell'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), individua le aree del territorio regionale non idonee alla localizzazione di specifiche tipologie di impianti tecnologici di produzione e trasporto di energia e le aree sottoposte a peculiari limitazioni.
Art. 65
Procedimento di approvazione del PTPR
1. Il procedimento disciplinato dagli articoli da 43 a 47 trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione delle varianti al PTPR, nonché della verifica e adeguamento della pianificazione paesaggistica regionale di cui all'articolo 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 135, comma 1, terzo periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Giunta regionale può stipulare un accordo con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, finalizzato alla individuazione dei contenuti del piano paesaggistico da elaborare congiuntamente e alla definizione dei tempi e delle modalità di redazione dello stesso. L’attività di verifica dei beni paesaggistici di cui all’articolo 136 del Codice, sulla base dei criteri individuati congiuntamente, e la conseguente definizione della specifica disciplina d’uso delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 141-bis del Codice, è svolta dalla Commissione regionale per il paesaggio di cui all’articolo 71 della presente legge.
Art. 66
Coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione
1.Ai sensi dell'articolo 145, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le disposizioni del PTPR non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti statali, regionali e locali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica e prevalgono, per le tematiche di propria competenza, sulle eventuali disposizioni difformi previste dai medesimi strumenti di pianificazione e dagli atti amministrativi attuativi posti in essere da Città metropolitana di Bologna, soggetti di area vasta, Comuni e loro Unioni. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni del PTPR sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale, previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti di gestione delle aree naturali protette.
2.Il PTPR prevede misure di coordinamento e di integrazione con le politiche e programmazioni di settore, in particolare con la programmazione per il sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete natura 2000 di cui alla legge regionale 17 febbraio 2005, n. 6 (Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della Rete natura 2000), nonché con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico, incidenti sul territorio.
3.Le amministrazioni di cui al comma 1, entro i termini stabiliti dal piano regionale e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, conformano e adeguano i propri strumenti di pianificazione alle previsioni, alle disposizioni e alle misure di coordinamento del PTPR. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.
4.Le amministrazioni di cui al comma 1 assicurano la partecipazione degli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al procedimento di adeguamento degli strumenti di pianificazione alle previsioni del PTPR.
5.Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica possono avanzare motivatamente proposte di verifica e aggiornamento dei vincoli paesaggistici presenti sul territorio, comprensive delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione dei beni paesaggistici e dei relativi interventi di valorizzazione. Le proposte sono trasmesse alla Commissione regionale per il paesaggio, che assume le determinazioni di cui all’articolo 71.
Art. 67
Progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio
1.I progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio costituiscono lo strumento attraverso il quale la Regione persegue il miglioramento della qualità territoriale e il rafforzamento delle diversità locali, favorendo il recupero delle aree compromesse o degradate e la produzione di nuovi valori paesaggistici nei contesti identitari che connotano il territorio regionale individuati dal PTPR.
2.Costituiscono aree preferenziali per la realizzazione dei progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio i territori sui quali insistono immobili o aree di notevole interesse pubblico, ai sensi della Parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ovvero ricompresi all'interno dei paesaggi naturali e seminaturali protetti, individuati ai sensi della LR n. 6 del 2005, per le finalità di cui all'articolo 66, comma 2.
3.Al fine della predisposizione dei progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio, la Regione promuove la conclusione con gli enti territoriali di accordi territoriali ai sensi dell'articolo 58, anche attraverso il confronto con le parti sociali e i portatori di interessi diffusi. Agli accordi possono partecipare anche gli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ovvero altre amministrazioni statali interessate.
4.Gli accordi territoriali stabiliscono, in particolare:
a) il contesto paesaggistico oggetto delle azioni previste dall'accordo e le misure dirette alla sua valorizzazione;
b) il programma di lavoro del progetto con l'indicazione del costo complessivo, dei tempi e delle modalità di attuazione;
c) le forme di partecipazione degli enti contraenti all'attività di predisposizione del progetto di valorizzazione;
d) la valutazione degli effetti di miglioramento del contesto paesaggistico di riferimento.
5.L'accordo impegna gli enti sottoscrittori a conformare i propri atti di pianificazione e di programmazione ai suoi contenuti, indirizzando l'allocazione delle risorse comunitarie, nazionali, regionali e locali, anche settoriali e la progettazione dei relativi specifici interventi.
6 La Regione concorre al finanziamento dei progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio attraverso appositi contributi agli enti territoriali. La Giunta regionale definisce modalità e criteri di erogazione dei contributi, nella misura massima del 70 per cento della spesa ritenuta ammissibile per l'elaborazione e l'attuazione degli stessi.
Art. 68
Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio
1.La Regione istituisce l'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio nell'ambito delle proprie strutture, con il compito di monitorare l'attuazione della pianificazione paesaggistica e l'evoluzione delle trasformazioni del paesaggio regionale, a supporto dell'esercizio da parte della Regione dei compiti di vigilanza sulle funzioni amministrative delegate ai Comuni e di valutazione delle trasformazioni incidenti sui beni paesaggistici. A tale scopo, l'Osservatorio realizza studi, raccoglie dati conoscitivi e formula proposte.
2.L'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio, nell'esercizio dei propri compiti, collabora con l'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio e con la Città metropolitana di Bologna, i soggetti di area vasta, i Comuni e le loro Unioni, gli enti di gestione dei parchi e gli organismi territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché, previo specifico accordo, con le associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, con gli altri soggetti istituzionali cui sono attribuite funzioni di vigilanza sul territorio e con l'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna (IBACN).
3.La Giunta regionale presenta ogni tre anni il rapporto sullo stato del paesaggio regionale. A tale scopo può attivare forme di collaborazione con i soggetti di cui al comma 2.
4.Per favorire la diffusione della conoscenza sullo stato del paesaggio e sulle politiche e attività di tutela e valorizzazione realizzate dalla Regione e dalle autonomie locali, l'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio realizza attività di informazione ai cittadini, anche tramite l'utilizzo di sistemi telematici.
Art. 69
Compiti dei Comuni
1.I Comuni e loro Unioni, attraverso i PUG perseguono gli obiettivi di qualità paesaggistica individuati dal PTPR e danno attuazione alle disposizioni generali di tutela e valorizzazione del valore paesaggistico del territorio rurale stabiliti dal medesimo piano regionale ai sensi dell’articolo 36, comma 1. I PUG, in ragione del maggior livello di dettaglio dei propri elaborati cartografici, possono rettificare le delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate dal PTPR, per portarle a coincidere con le suddivisioni reali rilevabili sul territorio.
2.Sono delegate ai Comuni le funzioni amministrative di cui agli articoli 146, 147, 150, 151, 152, 153, 154, 159, 167 e 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché le funzioni attinenti alla valutazione di compatibilità paesaggistica delle opere edilizie, da svolgersi nell'ambito dei procedimenti di sanatoria ordinaria e speciale. I Consigli comunali possono conferire le medesime funzioni amministrative alle Unioni di comuni.
3.In caso di persistente inerzia nel compimento di un atto nell'esercizio delle funzioni delegate, la Giunta regionale assegna al Comune o all'Unione un termine per provvedere, comunque non inferiore a quindici giorni. Trascorso inutilmente tale termine, la Regione assume i provvedimenti necessari per il compimento dell'atto, ivi compresa la nomina di un commissario ad acta.
Art. 70
Autorizzazione paesaggistica
1.Il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è disciplinato dagli articoli 146 e 147 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
2.I Comuni e le loro Unioni assicurano l'adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche e garantiscono la differenziazione tra l'attività di tutela del paesaggio e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia, secondo quanto stabilito dall'articolo 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
3.La Giunta regionale, accertata l'inadempienza di un Comune o di una Unione a quanto previsto dal comma 2, apporta, previa formale diffida, le eventuali necessarie modificazioni all'assetto delle funzioni delegate, ai sensi dell'articolo 159, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
4. I Comuni e le loro Unioni richiedono, a corredo dell'istanza di autorizzazione, la documentazione, stabilita dal Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero la documentazione semplificata definita dalla normativa vigente.
5.Il divieto di sanatoria stabilito dall’art. 146, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applica agli interventi realizzati in area paesaggisticamente vincolata in epoca successiva al 12 maggio 2006, data di entrata in vigore del DLgs n. 157 del 2006.
6.Ai fini dell'esercizio della funzione di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dei Comuni e delle loro Unioni, negli ambiti territoriali individuati dall'articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, gli strumenti di pianificazione paesaggistica costituiscono primario parametro di valutazione per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di cui agli articoli 146, 147 e 159 del Codice stesso. Negli ambiti territoriali interessati da vincoli paesaggistici, di cui all'articolo 136 del suddetto Codice, un ulteriore parametro ai fini del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è costituito dalle specifiche normative e indicazioni degli elementi meritevoli di tutela, definite dall'atto di apposizione o di verifica e aggiornamento del vincolo paesaggistico, di cui al comma 1 dell'articolo 71.
7.La relazione tecnica illustrativa che il Comune e l'Unione deve inviare alla competente Soprintendenza ai sensi dell'articolo 146, comma 7, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, riporta il parere espresso dalla Commissione per la qualità architettonica e per il paesaggio di cui all'articolo 6 della LR n. 15 del 2013.
8.L'autorizzazione è atto autonomo e presupposto del titolo abilitativo edilizio e i lavori non possono essere iniziati in difetto di essa. L'autorizzazione è vigente per un periodo di cinque anni dalla sua emanazione, trascorso il quale l'esecuzione degli interventi deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. Per le opere temporanee e stagionali, l'autorizzazione può abilitare la reiterazione dei medesimi interventi nei cinque anni successivi.
9.In attuazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, presso ogni Comune e Unione è istituito un elenco delle autorizzazioni rilasciate, aggiornato almeno ogni trenta giorni e liberamente consultabile, anche per via telematica, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione, con l’annotazione sintetica del relativo oggetto. Le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate sono inviate alla Regione unicamente in via telematica, con le modalità stabilite dalla stessa, ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza.
10.I Comuni e le loro Unioni hanno la facoltà di istituire Commissioni per la qualità architettonica e il paesaggio per ambiti territoriali ottimali, attraverso le forme associative previste dalla legislazione vigente. I Comuni che hanno conferito alle Unioni l’esercizio delle funzioni pianificatorie, sono tenuti all'istituzione e gestione, in forma associata, di un'unica Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio.
Art. 71
Commissione regionale per il paesaggio
1. In attuazione dell'articolo 137 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, è istituita la Commissione regionale per il paesaggio, con il compito di proporre alla Giunta regionale:
a) la dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, di cui all'articolo 140 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, specificando le prescrizioni, le misure e i criteri di gestione degli ambiti individuati e i relativi interventi di valorizzazione;
b) la verifica e aggiornamento della dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, qualora siano venute a mancare o siano oggettivamente mutate le esigenze di tutela del bene, ovvero nei casi di incertezza sulla esistenza e vigenza di un vincolo paesaggistico, a norma degli articoli 138 e seguenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
c) l'integrazione delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 141-bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio di competenza regionale;
2. La Commissione regionale per il paesaggio predispone le proposte di cui al comma 1, d’ufficio o su istanza presentata dalla Regione, dagli Uffici territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché dalla Città metropolitana di Bologna, dai soggetti d’area vasta, dai Comuni o loro Unioni, anche attraverso gli strumenti di pianificazione ai sensi dell’articolo 66, comma 5.
3. In caso di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Giunta regionale esprime il parere di cui all'articolo 138, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio sentita la Commissione regionale per il paesaggio. La Commissione comunica la propria valutazione entro quindici giorni dalla richiesta, trascorsi i quali la Giunta regionale esprime il proprio parere.
4. Su richiesta del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Commissione regionale per il paesaggio esprime il proprio parere anche in merito alle proposte di integrazione delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico di competenza ministeriale, di cui all'articolo 141-bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
5. La Commissione regionale per il paesaggio è nominata con decreto del Presidente della Regione, dura in carica cinque anni e ha sede presso la Regione. La Giunta regionale, con apposita delibera, stabilisce in conformità all’articolo 137, comma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio la composizione e le modalità di funzionamento della Commissione regionale per il paesaggio e ne designa il Presidente.
6. La partecipazione ai lavori della Commissione regionale per il paesaggio non dà luogo al riconoscimento di indennità, compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti, comunque denominati.
TITOLO VI
NORME FINALI
Art. 72
Modifiche alla LR n. 2 del 2009 in materia di demanio marittimo
1. All’articolo 3 della legge regionale 31 maggio 2002, n. 9 (Disciplina dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2.I Comuni approvano, con le procedure di cui agli articoli da 43 a 47 della legge regionale sulla tutela e l’uso del territorio ed in conformità alle direttive regionali di cui all'articolo 2, comma 2, della presente legge, il Piano dell'arenile, avente ad oggetto la regolamentazione dell'uso e delle trasformazioni dell'arenile e delle costruzioni esistenti, nonché l'individuazione delle dotazioni delle aree per servizi pubblici e per tutte le attrezzature necessarie per l'attività turistica. Le previsioni del piano dell’arenile si attuano con intervento diretto”.
Art. 73
Modifiche alla LR n. 4 del 2009 in materia di agriturismo
1. All’articolo 11 della legge regionale 31 marzo 2009, n. 4 (Disciplina dell’agriturismo e della multifunzionalità delle aziende agricole), il comma 1 è sostituito dal seguente:
“1. Possono essere utilizzati per le attività agrituristiche tutti gli edifici o porzioni di essi, sia a destinazione abitativa che strumentale all’attività agricola esistenti sul fondo.”.
Art. 74
Adeguamento della pianificazione territoriale ed efficacia dei vigenti PTCP
1.La Regione, la Città metropolitana di Bologna e i soggetti di area vasta adeguano i propri strumenti di pianificazione territoriale alle previsioni della presente legge entro tre anni dalla data di entrata in vigore della stessa.
2.Le previsioni dei piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP) approvati ai sensi della LR n. 20 del 2000 conservano efficacia fino all’entrata in vigore del PTM e dei PTAV, limitatamente ai contenuti attribuiti dalla presente legge e dalla legislazione vigente ai piani territoriali generali, metropolitani e di area vasta.
3.Fino all’entrata in vigore del PTR di cui al comma 1, conservano altresì efficacia le previsioni dei vigenti PTCP relative ai contenuti conferiti dalla presente legge al medesimo piano regionale.
Art. 75
Monitoraggio dell’attuazione della legge
1. La Giunta regionale provvede, assieme agli enti locali e con il concorso dei rappresentanti delle forze economiche, sociali e professionali, al monitoraggio dell’applicazione della presente legge e alla verifica degli effetti della stessa sulla qualità paesaggistica, ambientale e insediativa del territorio e sul consumo del suolo.
2.Nel corso della prima fase attuativa disciplinata dagli articoli 3 e 4, la Giunta regionale provvede altresì ad attivare percorsi sperimentali di adeguamento della pianificazione vigente alle disposizioni della presente legge, attraverso specifiche convenzioni o altre forme di collaborazione con gli enti locali e le Unioni di Comuni, anche al fine di raccogliere contributi per l’adozione degli atti di coordinamento tecnico di cui all’articolo 49.
Art. 76
Disposizioni finanziarie
1.Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, per gli esercizi finanziari 2017-2019, si fa fronte con le risorse autorizzate con riferimento alle leggi regionali 3 luglio 1998, n. 19 (Norme in materia di riqualificazione urbana) e 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), nell'ambito della Missione 8 Assetto del territorio ed edilizia abitativa - Programma 1 Urbanistica e assetto del territorio e Missione 9 Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente, Programma 2 - Tutela, valorizzazione e recupero ambientale, del Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2017-2019.
2.Nell'ambito di tali risorse la Giunta regionale è autorizzata a provvedere, con proprio atto, alle variazioni di bilancio che si rendessero necessarie per la modifica dei capitoli esistenti o l'istituzione e la dotazione di appositi capitoli.
3.Per gli esercizi successivi al 2019, agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si fa fronte nell'ambito delle autorizzazioni di spesa annualmente disposte dalla legge di approvazione del bilancio ai sensi di quanto previsto dall'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
Art. 77
Abrogazioni
1.Dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) la LR 3 luglio 1998, n. 19 (Norme in materia di riqualificazione urbana) fatto salvo quanto previsto dal comma 2;
b) la LR 24 marzo 2000, n. 20 fatto salvo quanto disposto dagli articoli 3 e 29, comma 3, della presente legge;
c) l’articolo 1, comma 5, e l’articolo 2 della L.R. 13 giugno 2008, n. 9.
2. Ai procedimenti di spesa in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla loro conclusione, continuano ad applicarsi le disposizioni delle leggi regionali previgenti, ancorché abrogate.
3. I programmi di riqualificazione urbana in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimati secondo quanto previsto dalla L.R. n. 19 del 1998.
SCHEDA TECNICO-FINANZIARIA
Progetto di legge di iniziativa della Giunta regionale
DISPOSIZIONI REGIONALI SULLA TUTELA E L’USO DEL TERRITORIO
Analisi dell’articolato
L’articolato del progetto di legge comprende 77 articoli ed è strutturato in sei Titoli: I - Principi fondamentali e adeguamento della pianificazione comunale; II - Disposizioni generali sulla tutela e l’uso del territorio; III - Strumenti di pianificazione; IV - Misure organizzative e strumenti negoziali; V - Tutela e valorizzazione del paesaggio; VI - Norme finali.
Poiché il progetto prevede l’aggiornamento e l’adeguamento della normativa regionale sulla tutela e l’uso del territorio, non costituisce maggiori oneri a carico del bilancio regionale e la copertura delle spese è prevista a valere sulle autorizzazioni di spesa riferite alle leggi regionali che vengono abrogate dall’articolo 77 e che sono attualmente finanziate nel bilancio di previsione 2017-2019, come di seguito specificato con riguardo alle singole disposizioni del progetto di legge.
Il Titolo I - Principi fondamentali e adeguamento della pianificazione comunale (Articoli 1-4) è dedicato agli obiettivi ed ai principi fondamentali del governo del territorio, ed alla regolazione della fase di transizione dagli strumenti urbanistici attualmente operanti, nei Comuni della Regione, ai nuovi strumenti di pianificazione introdotti dalla legge.
L’Articolo 1 (Principi e obiettivi generali) definisce l’oggetto della legge e il concetto di governo del territorio, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 2 (Legalità, imparzialità e trasparenza nelle scelte di pianificazione), oltre a richiamare il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa nel governo del territorio, obbliga ad acquisire l’informativa antimafia prevista dalla legge statale, relativamente ai soggetti privati proponenti interventi urbanistici, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 3 (Adeguamento della pianificazione urbanistica vigente e conclusione dei procedimenti in corso) fissa termini e modi con i quali i Comuni devono giungere alla sostituzione dei loro attuali strumenti urbanistici con il nuovo Piano urbanistico generale (PUG).
L’ultimo comma prevede che la Regione conceda contributi a Comuni e Unioni per favorire l’adeguamento della loro pianificazione urbanistica generale al sistema definito dalla legge, e che la Giunta regionale vi provveda con appositi bandi annuali.
Si fissano in proposito alcune inerenti regole generali, tra le quali un criterio di priorità nell’erogazione dei contributi a favore dell’elaborazione dei piani urbanistici generali delle Unioni aventi la funzione di pianificazione urbanistica, e in secondo luogo a favore dei piani intercomunali, con preferenza per quelli con maggior numero di Comuni coinvolti.
La copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente articolo è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 4 (Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti) regola i modi con i quali i Comuni possono definire e attuare interventi urbanistici nei tre anni previsti per l’avvio del procedimento di approvazione del nuovo PUG, e precisa ciò che è attuabile dopo la scadenza del termine. Non comporta alcun onere a carico del bilancio regionale.
Il Titolo II - Disposizioni generali sulla tutela e l’uso del territorio (Articoli 5-28) contiene le norme volte al contenimento del consumo di suolo e alla riduzione delle attuali previsioni edificatorie, alla promozione del riuso e della rigenerazione urbana, alla valutazione della sostenibilità delle previsioni di piano, oltre le regole generali sull’efficacia dei piani ed i rapporti tra i diversi strumenti.
L’Articolo 5 (Contenimento del consumo del suolo) fissa le regole generali sul contenimento del consumo di suolo, da qui al 2050, per tutte le amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio.
All’ultimo comma affida alla Regione il compito del monitoraggio del consumo del suolo e di pubblicazione dei relativi dati, ai fini della verifica dell’osservanza dei limiti previsti dalla legge, trattandosi di attività istituzionale dell’ente, tale previsione non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.
L’Articolo 6 (Quota complessiva del consumo del suolo ammissibile) fissa e regola il limite specifico di nuovo consumo di suolo, da qui al 2050, pari ad un massimo del 3% del territorio urbanizzato alla data di entrata in vigore della legge. La disposizione non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 7 (Disciplina favorevole al riuso e alla rigenerazione urbana) definisce gli obiettivi del riuso e della rigenerazione urbana e individua tre tipologie di interventi, ai fini della disciplina contenuta nella legge. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 8 (Incentivi urbanistici per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana) disciplina vari tipi di incentivi, in forma di sgravi di oneri di urbanizzazione e di incremento di diritti edificatori, per la promozione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana.
Gli sgravi consistono nell’esclusione dell’applicazione da parte Comuni, in determinati casi,
del contributo straordinario previsto nell’ambito degli oneri di urbanizzazione dall’articolo 16 co. 4 lett. d-ter, DPR 380/2001, o, in altri casi, in riduzioni del contributo di costruzione nel caso di interventi di riqualificazione urbana.
L’articolo non comporta comunque oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 9 (Standard urbanistici differenziati) prevede un atto di coordinamento della Giunta regionale sul sistema di dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici, che i Comuni devono assicurare nell’esercizio e nell’attuazione della pianificazione urbanistica, e fissa inoltre varie inerenti regole generali, per i Comuni, tra le quali obblighi di cessione di aree per dotazioni territoriali, la possibilità di monetizzazione o di scomputo delle stesse dotazioni e la destinazione dei proventi di titoli e sanzioni edilizie e di monetizzazioni di dotazioni. L’articolo non comporta comunque oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 10 (Deroghe al DI 2 aprile 1968, n. 1444), regola le deroghe ammissibili ai limiti di distanza, densità, altezza delle costruzioni, fissati dal decreto interministeriale 1444/1968.
Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 11 (Semplificazioni procedurali per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana) stabilisce varie semplificazioni procedurali volte a favorire gli interventi nel territorio urbanizzato, senza comportate oneri per il bilancio regionale.
L’Articolo 12 (Contributi regionali per il riuso e la rigenerazione urbana) prevede la possibilità di concessione di contributi dalla Regione agli enti locali e altri enti pubblici per la realizzazione e il rinnovo di dotazioni territoriali, l’acquisizione, demolizione o trasformazione di opere incongrue, per l’attuazione di opere di bonifica di aree contaminate, la progettazione a scala urbana degli interventi e la erogazione di servizi di gestione dei processi partecipativi.
Prevede inoltre che la Regione, per le stesse finalità, possa costituire o partecipare a uno o più fondi immobiliari che attuino interventi di rigenerazione urbana, e possa istituire un fondo di garanzia per favorire l’accesso al credito per l’attuazione degli interventi di riuso e di rigenerazione urbana.
Per tale fondo di garanzia si stabilisce che l’Assemblea legislativa, su proposta della Giunta regionale, individui modalità e criteri di concessione della garanzia.
Si prevede infine che la Regione incentivi iniziative di promozione della cultura urbanistica, in particolare sul riuso e la rigenerazione delle città, nonché i processi di formazione e aggiornamento professionale per i componenti degli uffici di piano.
La copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente articolo è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 13 (Interventi di costruzione e successiva demolizione) regola una particolare tipologia di intervento di ristrutturazione urbanistica, senza comportare oneri per il bilancio regionale.
L’Articolo 14 (Opere incongrue) integra la disciplina vigente sulle opere incongrue e sulle relative possibilità di eliminazione, attuabili dai Comuni, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 15 (Albo degli immobili disponibili per la rigenerazione urbana) introduce l’obbligo per i Comuni di predisporre e aggiornare l’albo degli immobili pubblici e privati resi disponibili per interventi di riuso e di rigenerazione urbana, e fissa inerenti regole che i Comuni devono osservare. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 16 (Usi temporanei) introduce e regola la possibilità per i Comuni di consentire l’uso temporaneo di spazi ed edifici dismessi o in via di dismissione, per fini diversi da quelli cui sono destinati, senza determinare il mutamento d’uso delle unità immobiliari. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 17 (Concorsi di architettura e progettazione partecipata) richiede ai Comuni di promuovere il ricorso al concorso di progettazione e al concorso di idee nonché ai processi di progettazione partecipata per la definizione dei processi di rigenerazione urbana, e fissa varie inerenti regole.
Prevede inoltre che la Regione favorisca le iniziative locali che promuovono la partecipazione dei cittadini alla definizione degli obiettivi della rigenerazione urbana, e che incentivi il ricorso da parte dei Comuni alle procedure concorsuali per la scelta dei progetti meglio rispondenti agli obiettivi di qualità attesi.
La copertura finanziaria degli oneri derivanti da tale previsione è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 18 (Valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale - VALSAT) regola la valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli atti di pianificazione urbanistica e territoriale, in coerenza agli inerenti obblighi fissati dalla normativa europea e statale. I relativi obblighi ricadono anche sulla Regione, per le relative attività di pianificazione territoriale generale e settoriale.
Trattandosi di funzioni istituzionali già svolte dai Servizi competenti della Giunta, l’articolo non comporta nuovi oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 19 (Principi di integrazione e non duplicazione della valutazione) detta disposizioni procedurali relative alla valutazione ambientale, per il PUG e per i piani territoriali, ed i relativi principi, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 20 (Misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale) regola misure che devono essere specificate e richieste dai Comuni, nell’ambito della definizione ed attuazione dei relativi strumenti urbanistici. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 21 (Dotazioni ecologiche e ambientali) definisce le dotazioni in oggetto, affidando al PUG dei Comuni il compito di determinare i relativi fabbisogni e i requisiti prestazionali che devono soddisfare. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 22 (Quadro conoscitivo) disciplina il quadro conoscitivo quale elemento costitutivo di tutti gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, compresi i piani territoriali di competenza della Regione. In tale contesto obbliga anche la Regione a rendere disponibile gratuitamente il quadro conoscitivo dei propri strumenti e provvedere costantemente al loro aggiornamento, nonché a predisporre e aggiornare, nelle materie di propria competenza, appositi elaborati cartografici sui sistemi ambientali, paesaggistici, naturali, insediativi e infrastrutturali, su aspetti fisici e morfologici del territorio, sull’uso del suolo e sullo stato della pianificazione.
Obbliga inoltre la Giunta regionale a stabilire, con un atto di coordinamento tecnico, le modalità per la messa a disposizione dei quadri conoscitivi, da parte di tutte le amministrazioni, attraverso la costituzione di una piattaforma informatica unica, cogestita dagli enti competenti.
La copertura finanziaria degli oneri derivanti da tali previsioni è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 23 (Informazioni ambientali e territoriali) dispone che ARPAE e tutte le amministrazioni pubbliche di interesse regionale e locale, nonché i concessionari di pubblici servizi operanti nel territorio regionale, rendano disponibili gratuitamente nei propri siti web le informazioni in proprio possesso o si impegnino ad assicurarne l’immediata trasmissione in occasione della predisposizione dei piani territoriali e urbanistici. Tale previsione non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.
L’Articolo 24 (Riparto delle funzioni pianificatorie secondo il criterio di competenza) fissa regole generali inerenti il sistema della pianificazione urbanistica e territoriale, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 25 (Conformazione del territorio) chiarisce la natura degli effetti dei piani territoriali e urbanistici, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 26 (Attribuzione dei diritti edificatori e principio di perequazione urbanistica) regola l’attribuzione di diritti edificatori da parte della pianificazione urbanistica comunale, e stabilisce il principio di perequazione urbanistica, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 27 (Salvaguardia) ribadisce e precisa il principio di obbligatorietà delle misure di salvaguardia fissato dalla legislazione statale (art. 10, co. 4, L 1150/1942, introdotto con L 765/1967), in ordine ai processi di pianificazione urbanistica, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 28 (Indicazioni della cogenza delle previsioni di piano) fissa regole generali sulle disposizioni contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, senza comportare oneri a carico del bilancio regionale.
Il Titolo III - Strumenti di pianificazione (articoli 29-54) disciplina i diversi strumenti di pianificazione urbanistica (PUG e accordi operativi) e territoriale (PTR, PTM e PTAV), i loro ambiti di competenza e i contenuti essenziali, il procedimento di approvazione, le relative misure di semplificazione, ed il procedimento unico per l’approvazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico e delle modifiche agli insediamenti produttivi esistenti.
L’Articolo 29 (Piani urbanistici e territoriali) demanda ad un atto di coordinamento della Giunta regionale la definizione di indirizzi sui contenuti dei piani e le politiche generali che li caratterizzano. Trattandosi di attività istituzionale svolta con le strutture della Giunta non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 30 (Strumenti urbanistici dei Comuni e delle loro Unioni e piani intercomunali) chiarisce l’articolazione del nuovo sistema di pianificazione urbanistica dei Comuni e le possibilità della relativa attribuzione alle Unioni di Comuni. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 31 (Piano Urbanistico Generale - PUG) definisce i contenuti del PUG, quale strumento generale della pianificazione urbanistica comunale, e le relative previsioni essenziali. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
Inoltre l’Articolo 32 (Perimetro del territorio urbanizzato, tutela del centro storico ed altre invarianze strutturali di competenza comunale, l’Articolo 33 (Disciplina del territorio urbanizzato), l’Articolo 34 (Strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale), l’Articolo 35 (Disciplina delle nuove urbanizzazioni), l’Articolo 36 (Territorio rurale) e l’Articolo 37 (Tavola dei vincoli) disciplinano nel dettaglio i contenuti del PUG, non comportando oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 38 (Accordi operativi e piani attuativi di iniziativa pubblica) disciplina il nuovo strumento di pianificazione urbanistica attuativa, definito “Accordo operativo”, il relativo procedimento di approvazione, nonché la possibilità per i Comuni di dotarsi di piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 39 (Verifica di assoggettabilità degli accordi operativi per interventi di riuso e rigenerazione urbana) disciplina la verifica di assoggettabilità degli accordi operativi al parere del comitato urbanistico metropolitano o di area vasta, sulla loro sostenibilità ambientale e territoriale. Non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 40 (Piano Territoriale Regionale - PTR) disciplina i contenuti del nuovo Piano territoriale regionale (PTR), comprensivo della disciplina per la tutela e la valorizzazione del paesaggio e della componente territoriale del Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT) e non comporta alcun onere a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 41 (Piano Territoriale Metropolitano - PTM) indica i contenuti del piano territoriale della Città metropolitana di Bologna
Tra l’altro si prevede che il PTM, nel rispetto della quota complessiva di suolo consumabile definita all’articolo 6, può assegnare ai Comuni, o alle Unioni di Comuni del territorio metropolitano, quote differenziate della capacità edificatoria ammissibile, secondo criteri di perequazione territoriale, previa verifica della sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti.
Per le stesse finalità perequative la Città metropolitana deve istituire un fondo (fondo perequativo metropolitano), nel quale fare confluire una quota, non superiore al cinquanta per cento, delle risorse che derivino nei Comuni del territorio metropolitano dagli oneri di urbanizzazione secondaria, dal contributo straordinario e dalle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali. Il PTM deve regolamentare le modalità di gestione ed erogazione delle risorse del fondo.
Tali previsioni consentono alla Città metropolitana di Bologna di destinare secondo criteri di perequazione territoriale, quote del contributo di costruzione dovuto per gli interventi edilizi e delle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali, ma non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 42 (Piano Territoriale di Area Vasta - PTAV), stabilisce che ai soggetti di area vasta, intesi quali Province o loro associazioni, compete la funzione di pianificazione strategica d’area vasta, comprensiva del coordinamento delle scelte urbanistiche strutturali dei Comuni e loro Unioni incidenti su interessi pubblici che esulano dalla scala locale.
Nell’ambito di tali funzioni pianificatorie il Piano Territoriale di Area Vasta (PTAV), può anch’esso stabilire l’assegnazione ai Comuni di quote differenziate di capacità edificatoria ammissibile, secondo quanto previsto dall’articolo 41 prevedendo la costituzione di un fondo di perequazione territoriale analogo a quello già previsto per il piano territoriale della Città metropolitana di Bologna. Anche tale disposizione tuttavia non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 43 (Unificazione del procedimento di piano) apre il Capo formato da cinque articoli che regola il procedimento di elaborazione e approvazione del PUG, dei piani territoriali e delle relative varianti, secondo una disciplina unificata rispetto ai diversi procedimenti previsti dall’attuale LR 20/2000. In particolare l’articolo 43 stabilisce i principi generali che connotano tale procedimento. L’Articolo 44 (Consultazione preliminare) regolamenta la fase di prima elaborazione dei piani. L’Articolo 45 (Fase di formazione del piano) regola la fase di formazione dei piani. L’Articolo 46 (Fase di approvazione del piano) disciplina la fase decisoria nella quale la proposta di piano è adottata dall’organo consiliare dell’amministrazione procedente, è sottoposta al parere del comitato urbanistico di cui al seguente articolo 47 e, con gli eventuali conseguenti aggiustamenti, viene approvata dallo stesso organo consiliare. Si tratta dunque di disposizioni procedurali che non comportano alcun onere a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 47 (Comitato Urbanistico) fissa le regole generali relative ai Comitati urbanistici che svolgono la funzione di partecipazione del livello territoriale a competenza più ampia alla determinazione di approvazione degli strumenti di pianificazione; di espressione del parere di sostenibilità ambientale e territoriale; di acquisizione delle intese, pareri, nulla osta e atti di assenso, comunque denominati, richiesti alla legge per gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
Il comma 2, lettera h), stabilisce che la partecipazione ai lavori del CU non dà luogo al riconoscimento di indennità, compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti, comunque denominati, e pertanto anche l’attività del Comitato urbanistico di cui è prevista la costituzione presso la Regione non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 48 (Semplificazione dei contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica) definisce il principio generale di non duplicazione nei piani della normativa sovraordinata. Trattandosi di norma procedurale non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 49 (Atti di coordinamento tecnico) contiene la disciplina degli atti regionali di coordinamento tecnico, previsti in più punti della legge per la specificazione di determinate previsioni, e qui, in generale, per semplificare e uniformare l’applicazione della legge e assicurare l’esercizio coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica. Trattandosi di compiti istituzionali svolti dalle strutture della Giunta non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
Gli Articoli 50 (Pianificazione generale comprensiva della pianificazione settoriale) 51 (PTM o PTAV con effetti di piani di altre amministrazioni) e 52 (Modificazione della pianificazione generale e degli altri livelli territoriali) prevedono misure di semplificazione del sistema dei piani che non comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 53 (Procedimento unico) disciplina un procedimento uniforme utilizzabile per l’approvazione dei progetti relativi ad opere pubbliche o di interesse pubblico di rilievo regionale o locale, o relativi alla trasformazione di insediamenti imprenditoriali, comportanti la localizzazione di opere non previste dal PUG o da accordi operativi, o in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale. Trattandosi di compiti amministrativi svolti (oltre che da Comuni e dagli enti d’area vasta) dalle strutture della Giunta, non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 54 (Localizzazione delle opere di interesse statale) regola la forma di espressione dell'intesa in ordine alla localizzazione nel territorio regionale delle opere pubbliche di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, prevista dalla legislazione statale: trattandosi di compiti istituzionali svolti dalle strutture della Giunta non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
Il Titolo IV - Misure organizzative e strumenti negoziali (Articoli 55-61) ricomprende sette articoli dedicati alle misure organizzative ed agli strumenti negoziali volti a supportare ed a semplificare il sistema della pianificazione urbanistica e territoriale e le relative attività.
L’Articolo 55 (Ufficio di piano) dispone che tutte le amministrazioni territoriali deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio nell’ambito regionale, individuate all’articolo 1 (Comuni o loro Unioni, Città metropolitana di Bologna, soggetti di area vasta intesi quali Province o loro associazioni, e Regione), costituiscano un’apposita struttura, denominata “Ufficio di piano”, adeguata all’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge.
In particolare i Comuni, o le relative Unioni (qualora ad esse siano conferite le funzioni di pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale e di partecipazione alla pianificazione territoriale), devono costituire l’Ufficio di piano, in forma singola o associata con altri Comuni o altre Unioni.
Anche la Regione deve costituire un proprio Ufficio di piano, il quale, dovendo essere formato dal personale delle strutture competenti della Giunta, non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
Per incentivare la costituzione di uffici di piano intercomunali, l’articolo dispone che nell’ambito del programma di riordino territoriale di cui all’articolo 26 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 21 (Misure per assicurare il governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza) sia riconosciuta priorità di accesso ai finanziamenti alle Unioni che abbiano provveduto alla costituzione dell’ufficio di piano dell’Unione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, e, in subordine, alle Unioni che abbiano costituito uffici di piano intercomunali tra i Comuni facenti parte dell’Unione che non abbiano conferito alla stessa l’esercizio delle funzioni di pianificazione urbanistica. Limitandosi a stabilire criteri di priorità nell’erogazione dei finanziamenti che saranno comunque stabiliti dal programma di riordino territoriale, la disposizione non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 56 (Garante della comunicazione e della partecipazione) dispone che per ogni procedimento di pianificazione urbanistica o territoriale, l’amministrazione procedente nomini, nell’ambito del personale assegnato all’Ufficio di piano, il “Garante della comunicazione e della partecipazione”, distinto dal responsabile del procedimento. Trattandosi di un componente dell’ufficio di piano, anche nel caso della Regione la disposizione non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 57 (Strumenti cartografici di supporto alla pianificazione territoriale) prevede che il Data Base Topografico Regionale (DBTR) costituisca la base informativa territoriale per la raccolta e la gestione dei dati di supporto alle funzioni di programmazione e pianificazione previste dalla legge, e che lo stesso DBTR costituisca insieme all’Anagrafe Comunale degli Immobili (ACI), il supporto cartografico ed informativo per la raccolta e la rappresentazione delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche, al fine del calcolo del consumo di suolo.
Dispone inoltre che la Giunta regionale provveda alla gestione del DBTR e curi il suo aggiornamento, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche e i soggetti che hanno compiti di gestione e tutela del territorio, e che promuova la diffusione delle ACI e il loro aggiornamento da parte dei Comuni, nonché l’omogeneizzazione e la sincronizzazione delle stesse con il DBTR.
Per quanto riguarda la gestione del Data Base Topografico Regionale l’articolo richiama attività già svolte dalla Regione nell’ambito dei propri compiti istituzionali, attraverso apposito servizio della Giunta, e, pertanto, non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
Per quanto invece riguarda l’implementazione della Anagrafe Comunale degli Immobili (ACI) la copertura finanziaria è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 58 (Accordi territoriali) prevede che tutte le amministrazioni deputate all’esercizio delle funzioni di governo del territorio nell’ambito regionale (ossia Regione, Città metropolitana di Bologna, soggetti d’area vasta, Comuni e le loro Unioni) possano promuovere accordi territoriali per concordare preventivamente gli obiettivi e le scelte strategiche dei loro piani, o per coordinare l'attuazione delle previsioni dei piani territoriali e urbanistici, in ragione della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali. Trattandosi di disposizioni procedurali non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 59 (Accordi di programma) definisce la disciplina generale degli accordi di programma, già previsti dalla normativa statale (art. 34 DLgs 267/2000), utilizzati per la definizione e l’attuazione di opere, interventi e programmi di intervento di rilevante interesse pubblico che richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più Comuni o di altri enti pubblici, con l’eventuale partecipazione di soggetti privati. L’Articolo 60 (Accordi di programma in variante ai piani) regola i casi nei quali gli accordi di programma, del precedente articolo 59, comportano variante agli strumenti di pianificazione. Trattandosi di disposizioni regolative di tale istituto negoziale non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 61 (Accordi con i privati) disciplina gli accordi integrativi con i soggetti privati che i Comuni possono definire e concludere nel corso della fase di formazione del PUG. Si Tratta di previsioni procedurali che non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale
Il Titolo V - Tutela e valorizzazione del paesaggio (Articoli 62-71) è volto all’integrazione della tutela del paesaggio regionale nei processi di pianificazione territoriale e urbanistica.,
In particolare l’Articolo 62 stabilisce i “Principi generali per la tutela e valorizzazione del paesaggio” e l’articolo 63 (Compiti della Regione e politica per il paesaggio) prevede gli obiettivi generali che la Regione deve perseguire nell’esercizio delle proprie funzioni di tutela, valorizzazione e vigilanza del paesaggio. Tali disposizioni di principio non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 64 (Piano Territoriale Paesaggistico Regionale - PTPR) disciplina i contenuti del PTPR, quale componente paesaggistica del PTR di cui al precedente articolo 40, e l’articolo 65 (Procedimento di approvazione del PTPR) prevede il procedimento di approvazione dello stesso. Trattandosi di disposizioni procedurali non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale
Anche l’articolo 66 (Coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione), occupandosi del rapporto tra il contenuto del PTPR e le previsioni degli altri piani territoriali, non comporta alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 67 (Progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio) disciplina i progetti regionali di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio, promossi e cofinanziati dalla Regione e volti a dare attuazione agli obiettivi di qualità paesaggistica fissati dal PTPR. I progetti sono definiti in particolare come lo strumento con il quale la Regione persegue il miglioramento della qualità territoriale e il rafforzamento delle diversità locali, favorendo il recupero delle aree compromesse o degradate e la produzione di nuovi valori paesaggistici nei contesti identitari individuati dal PTPR.
Compete alla Giunta regionale definire modalità e criteri di erogazione dei contributi, che comunque possono concessi nella misura massima del 70 per cento della spesa ritenuta ammissibile per la loro elaborazione ed attuazione.
La copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente articolo è assicurata secondo quanto previsto dal successivo articolo 76 (Disposizioni finanziarie).
L’Articolo 68 (Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio) conferma l’istituzione dell’Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio, già prevista dalla LR 20/2000 (art. 40-octies) in attuazione del Codice statale (art. 132). I compiti dell’Osservatorio sono svolti dal Servizio competente della Giunta e, pertanto, non comportano oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.
L’Articolo 69 (Compiti dei Comuni) affida ai Comuni ed ai rispettivi PUG l’attuazione degli obiettivi di qualità paesaggistica individuati dal PTPR. Esso conferma inoltre la delega ai Comuni delle funzioni amministrative inerenti il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, la vigilanza sugli interventi, l’applicazione delle sanzioni, ecc. Trattandosi di disposizioni ordinamentali di conferma delle precedenti deleghe, non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 70 (Autorizzazione paesaggistica) riprende la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica già definita dall’articolo 40-undecies della LR 20/2000 e basata sugli articoli 146, 147 e 159 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Trattandosi di disposizioni procedurali non comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 71 (Commissione regionale per il paesaggio) in attuazione dell'articolo 137 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, conferma l’istituzione della Commissione regionale per il paesaggio, già definita dalla LR 20/2000, i cui compiti attengono alla predisposizione di proposte di apposizione e revisione dei vincoli paesaggistici. La disposizione conferma che la Commissione è nominata con decreto del Presidente della Regione, dura in carica cinque anni, ha sede presso la Regione, e che compete alla Giunta regionale la definizione delle relative modalità di composizione e funzionamento, nonché la designazione del suo Presidente, precisando che la partecipazione ai lavori della Commissione non dà luogo al riconoscimento di indennità, compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti, comunque denominati. Pertanto si conferma che la prosecuzione dell’attività della Commissione non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’ultimo Titolo VI – Norme finali (Articoli 72-76) contiene le norme necessarie alla modifica o all’abrogazione di altre norme di legge regionali, per esigenze di coordinamento o per connessi aggiornamenti, nonché un articolo sull’adeguamento dei piani territoriali vigenti e sull’efficacia degli attuali PTCP ed una disposizione sul monitoraggio dell’attuazione della legge.
L’Articolo 72 (Modifiche alla LR n. 2 del 2009 in materia di demanio marittimo) e l’Articolo 73 (Modifiche alla LR n. 4 del 2009 in materia di agriturismo) costituiscono adeguamenti normativi conseguenti alle previsioni della nuova legge sul governo del territorio che non comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 74 (Adeguamento della pianificazione territoriale ed efficacia dei vigenti PTCP) prevede che la Regione, la Città metropolitana di Bologna ed i soggetti di area vasta debbano adeguare i propri strumenti di pianificazione territoriale alle previsioni della nuova legge entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore. Trattandosi di norma sollecitatoria riferita a compiti istituzionali dell’ente e che non prevede impegni operativi, non comporta specifici oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 75 (Monitoraggio dell’attuazione della legge) prevede che la Giunta regionale, insieme alle Autonomie locali e con il concorso dei rappresentanti delle forze economiche, sociali e professionali, provveda al monitoraggio dell’applicazione della legge trattandosi, anche in questo caso, di compiti istituzionali svolti dalle strutture regionali competenti non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.
L’Articolo 76 (Disposizioni finanziarie) contiene le norme di carattere contabile con le quali si stabilisce che agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si farà fronte:
per gli esercizi finanziari 2017-2019, con le risorse autorizzate con riferimento alle leggi regionali 3 luglio 1998, n. 19 (Norme in materia di riqualificazione urbana) e 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), nell'ambito della Missione 8 Assetto del territorio ed edilizia abitativa - Programma 1 Urbanistica e assetto del territorio e Missione 9 Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente, Programma 2 - Tutela, valorizzazione e recupero ambientale, del Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2017-2019, autorizzando anche la Giunta regionale a provvedere, con propri atti, alle variazioni di bilancio che si rendessero necessarie per la modifica dei capitoli esistenti o l'istituzione e la dotazione di appositi capitoli;
per gli esercizi successivi, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa annualmente disposte dalla legge di approvazione del bilancio, in conformità a quanto previsto dall'articolo 38 DLgs 118/2011, sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.
L’Articolo 77 (Abrogazioni) esplicita l’abrogazione delle norme di legge regionale incompatibili con la nuova disciplina o superate dalla stessa tra cui la LR 19/1998 sulla riqualificazione urbana. Il comma 2 precisa che i programmi di riqualificazione urbana in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimati secondo quanto previsto dalla medesima LR 19/1998, con la copertura finanziaria richiamata al precedente articolo 76.
L’articolo precisa inoltre che ai procedimenti di spesa in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla loro conclusione, continuano ad applicarsi le disposizioni delle le leggi regionale previgenti, ancorché abrogate.