LEGGE REGIONALE 07 dicembre 1978, n. 47
TUTELA E USO DEL TERRITORIO
BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE n. 161 dell' 11 dicembre 1978
INDICE
Art. 1 - Principi fondamentali
Art. 2 - Riferimenti alla programmazione regionale
Art. 3 - Livelli e strumenti della pianificazione territoriale
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Commissario del Governo ha apposto il visto
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
Il Commissario del Governo ha apposto il visto
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Principi fondamentali
La Regione intende assicurare l'equilibrato sviluppo del proprio territorio e garantire che lo sfruttamento delle risorse naturali e la utilizzazione dei suoli e dell'intero territorio avvengano in funzione degli interessi generali.
La pianificazione territoriale è coordinata alla programmazione economica; in particolare la pianificazione territoriale regionale e comprensoriale si coordina alla programmazione economica nazionale e a quella regionale perseguendo le seguenti finalità:
- lo sviluppo equilibrato del territorio attraverso la programmazione degli insediamenti abitativi, produttivi, dei trasporti, della rete infrastrutturale, delle attrezzature e dei servizi, in un quadro di rigoroso e coordinato utilizzo delle risorse territoriali;
- la tutela ed il recupero all'uso sociale dei beni di interesse culturale e ambientale e la valorizzazione a fini sociali del patrimonio edilizio e urbanistico esistente;
- l'approfondita e sistematica conoscenza del territorio in tutti gli aspetti fisici, storici e socio - economici.
La presente legge, nel rispetto delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, formulate in attuazione dell'art. 81 - primo comma, lettera a) - del DPR 24 luglio 1977 n. 616 , regola tutti gli interventi di trasformazione e conservazione del territorio regionale, promossi da soggetti pubblici o privati; disciplina l'intera attività programmatoria della Regione in materia urbanistica, e fissa le modalità e i tempi per la formazione e l'attuazione dei programmi dei piani.
Art. 2
Riferimenti alla programmazione regionale
La pianificazione territoriale della regione va strettamente e sistematicamente riferita al " programma di sviluppo regionale " di cui all'articolo 4 dello statuto e ai " piani di intervento " annuali o poliennali adottati dal Consiglio regionale a norma dello stesso articolo 4.
La Giunta regionale presenterà ogni anno al Consiglio regionale una " relazione generale " sullo stato della pianificazione territoriale regionale e sui problemi di coordinamento con i programmi e i piani regionali.
Nel processo di formazione, applicazione e verifica della pianificazione territoriale, la Regione si avvale della partecipazione degli enti locali e della società civile, secondo le norme dello statuto regionale e della presente legge.
Art. 3
Livelli e strumenti della pianificazione territoriale
Sono strumenti della pianificazione:
a) a livello regionale: i piani territoriali regionali;
b) a livello comprensoriale: i piani territoriali di coordinamento comprensoriale;
c) a livello comunale: i piani regolatori generali comunali.
La pianificazione territoriale relativa ai punti b) e c) si attua sulla base di " Programmi pluriennali di attuazione ".
Titolo II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE
Art. 4
Finalità e contenuti della pianificazione territoriale regionale
La Regione, per il conseguimento delle finalità di cui all'art. 1, elabora con la partecipazione delle Province, dei Comuni, dei Comitati comprensoriali e delle Comunità montane:
1) un piano territoriale regionale che definisca, sulla base delle scelte di programmazione regionale, individuate anche attraverso il confronto con le scelte nazionali e delle altre Regioni, gli obiettivi qualitativi e quantitativi di carattere generale per gli insediamenti residenziali, produttivi e di servizi; garantisca la piena utilizzazione delle risorse agricole e la protezione e valorizzazione dei beni culturali ambientali; assicuri la salvaguardia delle parti del territorio interessate alla realizzazione degli interventi di interesse nazionale e regionale; stabilisca il quadro dell'assetto del territorio regionale anche in relazione:
a) al sistema delle grandi strutture e linee di comunicazione viaria, ferroviaria, idroviaria, marittima ed aerea, ivi compresi i centri di interscambio per il trasporto di persone e merci;
b) alle grandi strutture portuali, annonarie e distributive e alle infrastrutture tecnologiche;
c) agli impianti e alle reti per l'energia e le telecomunicazioni;
d) alle industrie di base, alle centrali di produzione di energia e alle raffinerie di idrocarburi;
e) alle sedi universitarie;
f) ai parchi, alle riserve naturali ed ai bacini idrogeologici di interesse termale;
g) alla difesa del suolo ed alla bonifica integrale e montana;
h) alla prevenzione e alla difesa dalle varie forme di inquinamento, recependo per le acque le previsioni del piano regionale di cui alla legge 10 maggio 1976 n. 319 ;
i) alle zone sismiche, individuate a norma della lettera
b) dell'art. 81 del DPR 24 luglio 1977 n. 616 ;
2) piani territoriali stralcio relativi all'intero territorio regionale od a parti di esso e piani territoriali che specifichino nel quadro del bilancio pluriennale della Regione i programmi regionali di intervento e quelli da attuare attraverso specifici progetti;
3) gli atti normativi e di indirizzo politico - amministrativo contenenti obiettivi generali e criteri per la predisposizione e l'attuazione dei piani di cui all'art. 3 - punti b) e c).
Il piano territoriale regionale è costituito dai seguenti elaborati:
1) relazione illustrativa che formula le scelte di assetto territoriale idonee a conseguire gli obiettivi della programmazione economica regionale;
2) elaborati grafici e cartografici adeguati, per numero e scala, ad illustrare la relazione di cui al punto 1).
La Regione coordina, nell'ambito degli strumenti di cui al primo comma, la pianificazione dei Comprensori e approva i relativi piani territoriali di coordinamento comprensoriale.
Il piano territoriale regionale o i piani territoriali stralcio ricomprendono il piano regionale di coordinamento dei porti, di cui alla legge regionale 27 aprile 1976 n. 19.
Art. 5
Formazione e approvazione dei piani territoriali regionali
Il piano territoriale regionale viene predisposto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, assicurando la partecipazione degli enti locali e della società civile della regione, prima della sua approvazione da parte del Consiglio regionale, al processo di formazione, applicazione e verifica della pianificazione regionale. Per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ambientali la Giunta regionale, nella predisposizione delle proposte per il piano territoriale, si avvale della collaborazione dell'Istituto regionale dei beni artistici culturali e naturali.
Gli enti territoriali elettivi, i Comitati comprensoriali, le Comunità montane formulano le loro proposte attraverso deliberazioni dei loro organi consiliari.
I piani territoriali regionali di cui all'articolo 4 - 1 comma, punti 1) e 2) - sono approvati dal Consiglio regionale previo parere del comitato consultivo regionale, a sezioni riunite, sentite le amministrazioni dello Stato interessate.
Le amministrazioni dello Stato interpellate dovranno esprimere i loro pareri entro 90 giorni dalla richiesta della Regione e, trascorso senza esito tale termine, il Consiglio regionale potrà procedere ugualmente all'approvazione dei piani.
Ai progetti delle amministrazioni dello Stato e delle aziende pubbliche a carattere nazionale che hanno riflessi sul territorio regionale e che siano in contrasto con le indicazioni dei piani territoriali regionali di cui all'art. 4, si applica il procedimento di cui all'art. 81 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 .
Gli atti di cui all'art. 4 - 1 comma, punto 3) - sono approvati dal Consiglio regionale.
I provvedimenti di approvazione dei piani sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione, e ne è data altresì notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Art. 6
Efficacia ed effetti dei piani territoriali regionali
Gli strumenti di pianificazione territoriale regionale entrano in vigore alla data della pubblicazione del provvedimento di approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
I Comitati comprensoriali, le Comunità montane e i Comuni sono tenuti ad uniformare i rispettivi piani alle disposizioni degli strumenti di pianificazione territoriale regionale di cui all'art. 4 - 1 comma, punti 1), 2) e 3) - entro sei mesi dall'approvazione di questi ultimi.
In assenza di piani territoriali di coordinamento comprensoriale, i piani territoriali regionali di cui all'art. 4 possono indicare tra l'altro i piani territoriali stralcio che i Comitati comprensoriali e le Comunità montane denovo adottare nei termini stabiliti.
In attesa dell'adeguamento dei piani vigenti alle prescrizioni degli strumenti di cui al secondo comma e a partire dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del provvedimento di approvazione dei piani territoriali regionali adottati, si applicano obbligatoriamente le misure di salvaguardia di cui all'art. 55 della presente legge.
All'atto delle approvazioni dei piani territoriali regionali di cui all'art. 4 - 1 comma, punti 1) e 2) - le previsioni e le prescrizioni in essi contenute che comportano vincoli di carattere generale o particolare, per i quali è obbligatoria la rappresentazione grafica adeguata, sono rese immediatamente impositive nei confronti di chiunque e prevalgono sulle diverse destinazioni d' uso contenute negli strumenti urbanistici vigenti o adottati.
Nei casi previsti nei due commi precedenti, i privati e gli enti interessati dalle previsioni e destinazioni d' uso immediatamente vincolanti possono presentare le proprie osservazioni e proposte, entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di approvazione dei piani, presso le sedi dei Comitati comprensoriali i quali, entro 30 giorni dalla suddetta scadenza, li rimettono con i propri pareri al Consiglio regionale che è tenuto a pronunciarsi e provvedere nel merito entro i successivi 90 giorni.
Titolo III
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE COMPRENSORIALE
Art. 7
Funzione dei Comitati comprensoriali in materia urbanistica
Il penultimo comma dell'art. 5 e l'art. 8 della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, sono soppressi.
Ai Comitati comprensoriali sono attribuite le seguenti funzioni, oltre a quelle specificatamente indicate in singole disposizioni della presente legge:
1) l'adozione, entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, di un piano territoriale di coordinamento comprensoriale; l'adozione dei piani stralcio relativi all'intero territorio e sue parti, compresi quelli di cui all'art. 6 precedente, e quelli per l'attuazione sul territorio dei piani e dei programmi economici di cui al titolo II della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, ed alla legge 3 dicembre 1971 n. 1102 . Nella formazione di tali piani il Comitato tiene conto degli atti di programmazione economica e sottopone a verifica quelli di pianificazione territoriale elaborati a livello comunale e subregionale, e si adegua ai piani territoriali regionali ed agli atti normativi e di indirizzo politico - amministrativo della Regione, ove esistenti;
2) la partecipazione alla formazione dei piani territoriali regionali;
3) il coordinamento della pianificazione comunale e dei programmi pluriennali di attuazione dei piani regolatori generali;
4) l'approvazione:
a) dei piani regolatori generali e delle relative varianti;
b) dei programmi pluriennali di attuazione dei piani regolatori generali;
c) dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica e relative varianti nei casi previsti dal terzultimo comma dell'art. 21 della presente legge;
d) dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare e loro varianti anche nei casi previsti nell'art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni;
e) delle convenzioni - tipo per categorie di interventi ai sensi degli artt. 4, 57 e 64 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;
f) delle convenzioni - tipo ai sensi dell'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni e delle convenzioni - tipo nel quadro delle indicazioni di cui agli artt. 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 ;
g) dei piani dei Comuni e loro Consorzi previsti dall'art. 27 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;
h) delle deliberazioni dei consigli comunali indicanti la scelta delle aree per la costruzione di attrezzature di servizio scolastico, ospedaliero, universitario e poste e telecomunicazioni non in conformità alle previsioni urbanistiche vigenti. L'approvazione costituisce variante allo strumento urbanistico vigente o adottato e comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l'urgenza e indifferibilità dei relativi lavori;
i) dei regolamenti edilizi comunali;
l) dei piani di ricostruzione e loro varianti di cui alla legge 27 ottobre 1951, n. 1402 ;
m) dei piani regolatori e loro varianti di cui alla legge 9 luglio 1908 n. 445 e successive modificazioni ed integrazioni;
5) l'esercizio dei poteri di cui agli artt. 26 e 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , relativamente alle violazioni ed illegittimità afferenti agli strumenti urbanistici vigenti, nonchè dei poteri di cui al secondo comma dell'articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 ;
6) la richiesta ai Comuni, ai sensi del terzo e quarto comma dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni e integrazioni, dell'adozione delle deliberazioni di cui al primo comma dello stesso articolo;
7) la presentazione di proposte per la predisposizione dei programmi regionali di localizzazione di cui all'art. 3 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;
8) la costituzione di consorzi obbligatori tra Comuni limitrofi per la formazione dei piani di zona consortili a norma dell'ultimo comma dell'art. 28 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e la promozione di consorzi, in tutti i casi in cui ciò è necessario per l'attuazione delle direttive del piano territoriale di coordinamento comprensoriale;
9) l'esercizio delle attività relative al censimento dei fabbisogni abitativi ai sensi dell'art. 8 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , distinguendo quello che può essere soddisfatto attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente e quello da soddisfare con nuove costruzioni;
10) la scelta delle aree per la localizzazione dei programmi costruttivi per i Comuni che non dispongono dei piani previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167 , nel caso previsto dal quarto comma dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 ;
11) l'indicazione, decorso il termine di cui al primo comma dell'art. 8 della legge 27 giugno 1974 n. 247 , entro i successivi sessanta giorni, delle aree comprese nei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 , ovvero la promozione della localizzazione in altro comune;
12) l'esercizio delle funzioni di cui al RD 30 dicembre 1923, n. 3267, nonchè all'art. 5 del RD 13 febbraio 1933 n. 215;
13) il nulla - osta al rilascio di concessioni in deroga, di cui all'art. 54 della presente legge.
Fino all'approvazione dei piani territoriali di coordinamento comprensoriale, le funzioni di cui al punto 4 -lett. a) del presente articolo rimangono riservate agli organi regionali competenti ai sensi delle leggi vigenti e in tal caso il Comitato comprensoriale è chiamato ad esprimere sul piano regolatore generale il proprio parere.
Salvo quanto disposto dall'ultimo comma dell'art. 61 della presente legge fino alla approvazione dei piani territoriali, le funzioni di cui ai punti 1), 2), 3), 7), 8) e 10) del presente articolo sono esercitate dal Comitato comprensoriale; quelle di cui ai punti 4), 9), 11), 12) e 13), dall'ufficio di presidenza; quelle di cui ai punti 5) e 6), dal presidente del Comitato comprensoriale o suo delegato.
Per quanto attiene alle lettere a), b), c), d) e g) del punto 4 del presente articolo, in caso di richiesta scritta di almeno tre consiglieri all'ufficio di presidenza del Comitato comprensoriale, la competenza spetta al Comitato comprensoriale.
Resta fermo, relativamente alle attribuzioni comprensoriali, quanto previsto dalle leggi regionali 8 marzo 1976, n. 10 e 27 aprile 1976 n. 19, in materia rispettivamente di viabilità e di porti.
In caso di mancata adozione dei provvedimenti attribuiti agli organi comprensoriali, comunque segnalata alla Regione, la Giunta regionale inviterà l'organo comprensoriale a provvedere entro un determinato termine.
Scaduto tale termine, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, nominerà un commissario per l'adozione del provvedimento.
Art. 8
Contenuti della pianificazione territoriale comprensoriale
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale, elaborato in connessione con il piano di sviluppo economico - sociale di cui all'articolo 5 della legge regionale 31 gennaio 1975 n. 12, disciplina la tutela e l'uso del territorio e coordina sul territorio gli interventi economici previsti nei piani e programmi di cui al titolo II della citata legge regionale n. 12.
Tali piani e programmi, se adottati in assenza di piano territoriale di coordinamento comprensoriale, avranno valore di piano stralcio comprensoriale.
Ai fini del disposto dell'art. 9 della legge regionale 31 gennaio 1975 n. 12, I e II comma, i contenuti del titolo III della presente legge costituiscono i criteri per la compilazione del piano territoriale di coordinamento o dei piani stralcio comprensoriali.
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale provvede:
1) alla individuazione delle zone da sottoporre a speciali norme di tutela ai fini della difesa attiva del suolo, dell'ambiente e delle risorse naturali. Tali norme hanno valore di piano territoriale paesistico ai sensi dell'articolo 5 della legge 29 giugno 1939 n. 1497 e producono gli effetti di cui alla legge stessa; tali norme potranno altresì disporre vincoli idrogeologici ai sensi del RD 30 dicembre 1923, n. 3267. Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale sostituisce il piano generale di bonifica di cui al RD 13 febbraio 1933, n. 215, per quanto attiene al regime dei vincoli e delle prescrizioni relative all'uso corretto dei suoli e delle risorse fisico - ambientali;
2) al recepimento di un piano delle attività estrattive comprensoriali sulla base delle indicazioni della legge regionale 2 maggio 1978, n. 13. Il piano delle attività estrattive è formato, adottato ed approvato con le medesime procedure del piano territoriale di coordinamento comprensoriale. I Comuni dovranno adeguare il proprio piano delle attività estrattive adottate ai sensi dell'art. 3 della suddetta legge, al piano comprensoriale.
3) alla determinazione del bilancio idrico, compresi i bacini idrogeologici d' interesse termale, del comprensorio e delle norme sull'uso delle acque sulla base del piano regionale delle acque e del piano di risanamento di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319 ;
4) alla definizione delle fasce di tutela di cui all'art. 33
- quarto comma della presente legge, relative ai fiumi, ai canali, ai laghi, al Po, alle coste, alle golene ed alle zone umide;
5) alla individuzione delle zone a prevalente destinazione agricola e forestale, anche in rapporto al piano quinquennale di sviluppo agricolo di cui all'art. 7 della legge regionale 31 gennaio 1975 n. 12. Il piano territoriale di coordinamento od il piano - stralcio di cui al punto 1), secondo comma dell'art. 7 della presente legge, provvedono alla definizione di norme urbanistiche - quadro delle zone agricole da recepire nei piani regolatori generali interessati, tenuto conto delle caratteristiche produttive delle aziende, anche in relazione alla loro adesione a forme cooperative ed associative. Il piano territoriale di coordinamento od il piano - stralcio relativo alle zone agricole devono contenere:
a) la classificazione delle diverse zone agricole in funzione delle caratteristiche morfologiche del territorio interessato;
b) norme - quadro delle diverse attività agricole suddivise in funzioni residenziali, attività di servizio, attività zootecniche di tipo aziendale, interaziendale ed associate, attività zootecniche intensive non collegate alla conduzione del fondo ed alla produzione dell'azienda agricola, impianti tecnici al servizio dell'agricoltura, ogni altra attività produttiva o di servizio ritenuta utile all'attività agricola;
c) la previsione di strumenti per verificare il rapporto che intercorre tra i processi produttivi dell'azienda agricola e le corrispondenti esigenze di opere ed impianti di natura edilizia al servizio del fondo;
6) alla individuzione delle aree necessarie alla realizzazione di interventi ed opere pubbliche di carattere infrastrutturale e servizi pubblici di interesse nazionale o regionale previsti dalla programmazione regionale;
7) alla definizione della viabilità di interesse comprensoriale, compresa la rete ferroviaria, tenendo conto delle indicazioni del piano regionale dei trasporti;
8) alla predisposizione del dimensionamento complessivo nei diversi settori, nel rispetto delle previsioni regionali e dell'ipotesi demografica e occupazionale relativa sia al comprensorio che ai singoli comuni. Tali ipotesi per il piano territoriale comprensoriale devono tendere all'annullamento del saldo migratorio e a un andamento demografico basato sui tassi di natalità, fatte salve diverse previsioni della programmazione economica regionale e degli strumenti di cui al punti 1), 2), 3) del primo comma dell'art. 4 della presente legge;
9) al dimensionamento della capacità ricettiva turistica, compresi gli alberghi, le pensioni, le locande, i campeggi, gli insediamenti turistici residenziali e le strutture finalizzate al turismo sociale, relativa sia al Comprensorio che ai singoli Comuni. I Comprensori del litorale marino effettueranno tale dimensionamento tenendo conto anche delle capacità della spiaggia secondo standards fissati in funzione delle caratteristiche del litorale;
10) al dimensionamento ed alla localizzazione nonchè, ove occorra, alla individuazione, ai fini dell'applicazione dell'art. 55 della presente legge, in rapporto alle ipotesi di cui ai punti precedenti:
a) delle aree necessarie alla realizzazione di attrezzature pubbliche di interesse comprensoriale;
b) delle aree per i piani di zona consortile, di cui all'art. 28 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 , relativi ai programmi coordinati tra più Comuni e per gli interventi che rivestono interesse comprensoriale;
c) delle aree destinate ai nuovi insediamenti produttivi industriali tenendo conto delle esigenze produttive e di sviluppo nonchè di tutela della salute e dell'ambiente con particolare riferimento alla difesa del territorio dagli inquinamenti atmosferici, idrici e del suolo;
d) delle aree destinate agli insediamenti produttivi commerciali all'ingrosso e turistici qualora rivestano interesse comprensoriale, nonchè ai grandi esercizi commerciali al dettaglio con superficie di vendita superiore ai mq 1.500. Nella individuzione si dovrà tener conto delle esigenze di cui al precedente punto
c) ;
11) alla definizione dei criteri per il dimensionamento e la localizzazione delle aree di interesse comunale residenziali, produttive, artigianali, commerciali, turistiche e per servizi;
12) alla predisposizione di norme comprensoriali per la disciplina degli interventi di cui ai punti precedenti;
13) alla determinazione, per le varie zone del territorio individuate nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale o da individuarsi nei piani regolatori generali comunali, di standards urbanistici di ulteriore specificazione rispetto a quelli indicati nell'art. 46 della presente legge;
14) alla prospettazione delle esigenze ed alla formulazione delle proposte per l'elaborazione del piano dei trasporti pubblici del bacino di traffico interessato.
I dimensionamenti relativi ai punti 8, 9 e 10 vanno riferiti ad un arco temporale decennale, disaggregati per due quinquenni.
In base a quanto stabilito dall'art. 14 - ultimo comma della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, i piani urbanistici delle Comunità montane sono a tutti gli effetti assimilati ai piani territoriali di coordinamento comprensoriale, fatte salve le norme di coordinamento di cui agli articoli 14 e 15 della legge citata.
Il Consiglio regionale, in collaborazione con i Comitati comprensoriali, potrà determinare altri criteri da osservare nella compilazione del piano territoriale di coordinamento o dei piani stralcio comprensoriali.
Art. 9
Procedimento per la formazione della pianificazione territoriale comprensoriale
Le norme dell'art. 9 e dell'art. 25 della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, non si applicano ai fini dell'adozione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale e dei piani stralcio di cui al punto 1) del precedente art. 7.
Il Comitato comprensoriale, con la più ampia partecipazione, adotta, sentiti i relativi Comuni, un progetto preliminare di piano territoriale di coordinamento comprensoriale costituito da:
1) una relazione generale, corredata da elementi conoscitivi, contenente le indicazioni e le previsioni della programmazione e pianificazione regionale, e del piano quinquennale di sviluppo economico e sociale comprensoriale, gli obiettivi generali e settoriali del piano territoriale di coordinamento comprensoriale, nonchè la determinazione di massima del fabbisogno e del relativo dimensionamento in termini di residenza, di occupazione e di servizi;
2) una prima ipotesi di assetto territoriale, con l'indicazione delle scelte urbanistiche fondamentali.
Il progetto preliminare di piano viene depositato nella segreteria del Comitato comprensoriale nonchè nella segreteria di ogni Comune; di tale deposito viene data notizia sul foglio annunzi legali delle province e sul Bollettino Ufficiale della Regione, nonchè sulla stampa locale.
Tale progetto preliminare di piano inviato alla Regione, alle amministrazioni statali e provinciali nel cui territorio ricade il territorio comprensoriale, alle Comunità montane comprese nel comprensorio ed ai Comitati comprensoriali limitrofi; viene altresì inviato a tutti gli enti e organizzazioni, pubblici e privati che ne facciano richiesta entro 15 giorni dalla data dell'ultima pubblicazione fra quelle previste al comma precedente.
I predetti, entro 60 giorni dalla trasmissione o dalla pubblicazione, possono presentare proposte scritte al Comitato comprensoriale che nello stesso termine può promuovere apposite consultazioni.
Entro i 120 giorni successivi, il piano territoriale di coordinamento comprensoriale viene adottato dal Comitato comprensoriale con deliberazione approvata a maggioranza dei componenti del Comitato.
il piano viene depositato nelle segreterie del Comitato comprensoriale nonchè nella segreteria di ogni Comune facente parte del comprensorio per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione; di tale deposito viene data notizia nei modi di cui al terzo comma del presente articolo.
Entro i 30 giorni successivi alla scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni.
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale, unitamente alle osservazioni e alle eventuali controdeduzioni del Comitato comprensoriale, viene inoltrato alla Regione entro 60 giorni dalla scadenza del periodo di cui al comma precedente.
Se le previsioni contenute nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale risultano difformi dalle disposizioni della presente legge o in contrasto con i piani di cui all'articolo 4, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, restituisce, entro 60 giorni, il piano al Comitato comprensoriale perchè apporti entro i successivi 60 giorni le necessarie modifiche.
Il Consiglio regionale, anche a seguito delle asservazioni presentate al piano territoriale di coordinamento comprensoriale, può proporre al Comitato comprensoriale di introdurre modificazioni al piano stesso. Ove esse abbiano carattere sostanziale, le modifiche dovranno essere introdotte con le procedure di cui ai precedenti commi. Il Comitato comprensoriale si pronuncerà sulle modifiche e sulle eventuali osservazioni nei termini e nei modi indicati nei commi precedenti.
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale è approvato dal Consiglio regionale entro 90 giorni dalla data del suo inoltro definitivo, sentito il parere del Comitato consultivo regionale a sezioni riunite.
Le norme del presente articolo si applicano anche per i piani stralcio comprensoriali.
Il provvedimento di approvazione del piano viene pubblicato per estratto nel Bollettino Ufficiale della Regione e ne viene data notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nonchè sui principali quotidiani della Regione.
Art. 10
Efficacia della pianificazione territoriale comprensoriale
Alla previsione della pianificazione territoriale comprensoriale si applicano le misure di salvaguardia, di cui all'art. 55 della presente legge, dalla data di adozione dei piani territoriali di coordinamento comprensoriale o dei piani stralcio.
Inoltre, le previsioni relative alla destinazione delle aree e di immobili di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 10 dell'art. 8 della presente legge, contenute nei detti piani, hanno valore di direttive programmatiche per i soggetti pubblici fino alla data dell'adozione dei piani stessi, salvo diverse disposizioni che risultassero determinate dagli organi competenti ad approvare i piani.
I Comuni devono adeguare il piano regolatore generale alle previsioni del piano territoriale di coordinamento comprensoriale o dei piani stralcio, entro dodici mesi dalla loro approvazione.
Art. 11
Aggiornamento della pianificazione territoriale comprensoriale
Il Comitato comprensoriale procede ad una verifica generale del piano territoriale di coordinamento comprensoriale o dei piani stralcio almeno ogni cinque anni e comunque in concomitanza con l'adozione del piano quinquennale di sviluppo economico e sociale di cui all'art. 5 della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12.
Le relative varianti dovranno essere formate con il procedimento di cui all'art. 9 della presente legge.
Qualora il Comitato comprensoriale ravvisi la necessità di varianti che non incidano sull'impostazione e sul dimensionamento del piano territoriale o dei piani stralcio comprensoriali, procede direttamente all'adozione delle varianti stesse senza preventiva adozione del progetto preliminare.
Titolo IV
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE COMUNALE
Art. 12
Finalità del piano regolatore generale
Ogni Comune è obbligato a adottare un piano regolatore generale nei termini e nei modi previsti dalla presente legge.
Il piano regolatore generale deve disciplinare le destinazioni d' uso relative all'intero territorio comunale e gli interventi pubblici e privati in rapporto alle esigenze di sviluppo economico e sociale delle comunità locali, tendendo alla salvaguardia dei valori urbani collettivi, di quelli ambientali e naturali, nonchè di quelli produttivi.
Art. 13
Contenuto del piano regolatore generale
Il piano regolatore generale recepisce e specifica le previsioni e i vincoli contenuti nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale di cui all'art. 8 della presente legge, nonchè dei piani territoriali regionali e degli atti normativi e l'indirizzo esistenti, di cui all'articolo 4 della presente legge. Il piano regolatore generale prevede altresì:
1) la distribuzione tra insediamenti concentrati e sparsi della popolazione ipotizzata per il decennio dal piano territoriale di coordinamento comprensoriale;
2) la specificazione del fabbisogno in termini di residenza, di occupazione e di servizi indicandone le quota che può essere soddisfatta attraverso il recupero del patrimonio edilizio e urbano esistente e definendo la quantità delle aree necessarie per la realizzazione della restante quota di nuovi insediamenti;
3) l'individuzione del territorio urbanizzato costituito dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi;
4) l'individuazione delle aree da sottoporre a speciali norme ai fine della difesa del suolo, della tutela e dell'ambiente e della salvaguardia della salute pubblica, nonchè del recupero del patrimonio edilizio esistente di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457 ;
5) l'individuazione, attraverso un piano di servizi articolato per quartieri, circoscrizioni o frazioni, delle aree necessarie ad assicurare agli insediamenti la dotazione minima e inderogabile di servizi, di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi, nel rispetto degli standards di cui all'art. 46 della presente legge, nonchè la specificazione urbanistica delle previsioni dei piani di adeguamento e sviluppo in materia di distribuzione commerciale.
Le aree necessarie al soddisfacimento degli standards previsti dal successivo articolo 46 per gli abitanti esistenti o da insediare nel territorio agricolo vanno inserite nell'ambito delle previsioni dei centri minori agricoli;
6) l'individuzione delle aree e delle zone di rispetto per le vie di comunicazione.
Il piano regolatore generale, in rapporto alle indicazioni di cui ai punti precedenti, provvede alla suddivisione del territorio comunale in zone omogenee dettando per ciascuna zona precise norme sull'utilizzazione dei suoli.
Le zone territoriali omogenee, di cui al comma precedente, sono le seguenti:
ZONA A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbanistico - edilizi che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale oppure da porzioni di essi, comprese le arre circostanti che possono considerarsi per tali caratteristiche parte integrante degli agglomerati stessi;
ZONA B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate diverse dalle zone A e a prevalente destinazione residenziale o turisticoresidenziale;
ZONA C) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti residenziali o turistico - residenziali;
ZONA D) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate e quelle da destinare a nuovi insediamenti a prevalente funzione produttiva di tipo industriale, artigianale, commerciale, direzionale e turistica; ZONA E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli;
ZONA F) le parti del territorio destinate ad attrezzature pubbliche di interesse generale;
ZONA G) le parti del territorio di cui al punto 5) del presente articolo.
Il dimensionamento del piano regolatore generale, sotto il profilo della residenza permanente, va effettuato nell'ambito dei criteri e delle previsioni del piano territoriale di coordinamento comprensoriale, secondo i seguenti parametri:
a) per capacità insediativa reale si deve intendere il numero delle effettive stanze abitabili esistenti comprese quelle delle zone agricole, considerando convenzionalmente mq 25 di superficie utile per ogni stanza;
b) per capacità insediativa teorica si deve intendere il numero delle stanze realizzabili secondo le norme di zona del piano regolatore generale, considerando sia le stanze recuperabili attraverso la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente sia le previsioni delle zone di nuovo insediamento, oltre alla capacità insediativa reale esistente;
c) ai fini del calcolo del fabbisogno residenziale l'indice di affollamento, misurato in abitanti per stanza, non deve essere superiore a 1 nè inferiore a 0,75.
Tale dimensionamento deve coincidere con la differenza fra la capacità insediativa teorica e la capacità insediativa reale.
Tali parametri possono essere modificati dal Comitato comprensoriale ai sensi del punto 11) dell'art. 8 della presente legge, in sede di piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
Il piano regolatore generale può contenere l'indicazione dei perimetri degli strumenti di attuazione di cui ai nn. 1), 2), 3), 4) e 5) dell'articolo 18 della presente legge.
Art. 14
Formazione ed approvazione del piano regolatore generale
Il Comune, con la collaborazione degli organi di decentramento amministrativo, predispone un progetto preliminare di piano regolatore generale costituito da:
1) una relazione generale, corredata da elementi conoscitivi, contenente le indicazioni e le previsioni della programmazione e pianificazione regionale e comprensoriale, gli obiettivi generali e settoriali del piano regolatore generale, nonchè la determinazione del fabbisogno e del relativo dimensionamento in termini di occupazione, di residenze e servizi con l'indicazione della quota che può essere soddisfatta attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente;
2) una prima ipotesi di assetto territoriale con l'indicazione delle scelte urbanistiche fondamentali.
Tale progetto preliminare, deliberato dal Consiglio comunale, viene immediatamente inviato agli organi di decentramento amministrativo del Comune e al Comitato comprensoriale; viene inoltre inviato ad enti ed organizzazioni che ne facciano richiesta entro 15 giorni dalla data di pubblicazione.
Il progetto preliminare di piano viene depositato nella segreteria del Comune; di tale deposito viene data notizia sul Foglio Annunzi Legali delle Province, sul Bollettino Ufficiale della Regione e sulla stampa locale.
Entro sessanta giorni dalla pubblicazione gli enti, le organizzazioni e i privati interessati possono presentare proposte scritte. Nello stesso termine il Comune stabilisce le consultazioni con apposita deliberazione.
Il piano regolatore generale viene adottato dal Consiglio comunale entro 180 giorni dall'adozione del progetto preliminare. In caso di inerzia l'ufficio di presidenza del Comitato comprensoriale, previa diffida e fissazione di un nuovo termine, nomina un commissario ad acta.
A partire dalla data di adozione del piano regolatore generale si applicano obbligatoriamente le misure di salvaguardia di cui all'art. 55 della presente legge nonchè le altre procedure di legge vigenti, ivi incluse quelle relative alla presentazione e all'esame di osservazioni da parte di soggetti pubblici e privati.
Il piano regolatore generale viene approvato dal Comitato comprensoriale entro 90 giorni dalla data del ricevimento, sentito il parere della Commissione consultiva comprensoriale. La deliberazione del Comitato comprensoriale di approvazione del piano regolatore generale è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Con la delibera di approvazione del Comitato comprensoriale sono decise le osservazioni e possono essere apportate d' ufficio le conseguenti modifiche nonchè quelle necessarie al perfezionamento della normativa per l'adeguamento del piano regolatore generale alle disposizioni del piano di coordinamento comprensoriale.
Il Comitato comprensoriale può rinviare altresì il piano per l'adeguamento o la rielaborazione al Comune che provvederà ad adottare le proprie determinazioni nel termine di 90 giorni dalla restituzione. Anche in tale caso si applicano le norme di salvaguardia di cui all'art. 55 della presente legge.
Art. 15
Varianti al piano regolatore generale
Il piano regolatore generale è sottoposto a revisione periodica ogni dieci anni e comunque nel caso di cui all'art. 10 - ultimo comma della presente legge.
Le varianti generali al piano regolatore generale devono essere elaborate secondo le procedure di cui all'art. 14 della presente legge e la loro approvazione da parte del Comprensorio comprende, a tutti gli effetti, l'autorizzazione alla variante stessa ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 8 marzo 1976, n. 10.
Le varianti che non incidono sull'impostazione e sul dimensionamento del piano regolatore generale sono adottate seguendo le procedure dell'art. 14 - sesto, settimo, ottavo e nono comma, sentiti gli organi del decentramento, senza formazione del progetto preliminare.
Titolo V
ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE URBANISTICA
Art. 16
Programma di attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale
Per la realizzazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale il Comitato comprensoriale è tenuto a adottare un programma pluriennale di attuazione nel quale sono indicati gli interventi prioritari di interesse comprensoriale determinati nel tempo, con l'indicazione delle risorse necessarie e delle fonti di finanziamento.
Tale programma di attuazione farà specifico riferimento agli interventi conseguenti all'attuazione delle scelte prioritarie previste dai programmi stralcio annuali del piano di sviluppo economico e sociale, ai sensi dell'art. 26 della legge regionale 31 gennaio 1975 n. 12.
Il programma di attuazione potrà articolarsi in piani di settore e progetti di intervento, in connessione con quanto previsto al comma precedente.
Sia il programma pluriennale che i piani di settore ed i progetti di intervento sono inviati ai Comuni perchè esprimano le loro osservazioni entro 30 giorni dal loro ricevimento.
Entro 30 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma precedente il Comitato comprensoriale adotta i predetti atti.
Per l'approvazione del programma di attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale si applicano le norme previste per l'approvazione dei programmi stralcio annuali di cui all'art. 17 della legge regionale 17 agosto 1973, n. 30 e dell'art. 5 della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12.
Art. 17
Attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale
I Comuni, singoli od associati, attuano il piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
I Comuni possono affidare al Comprensorio l'elaborazione dei progetti necessari per l'attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
Art. 18
Attuazione del piano regolatore generale
Il piano regolatore generale dei Comuni, obbligati a norma della legge regionale 12 gennaio 1978 n. 2, si realizza sulla base del programma pluriennale di attuazione.
Comunque sono strumenti di attuazione del piano regolatore generale:
1) i piani particolareggiati di iniziativa pubblica;
2) i piani per l'edilizia economica e popolare;
3) i piani delle aree destinate agli insediamenti produttivi;
4) i piani particolareggiati di iniziativa privata;
5) i piani di recupero d' iniziativa pubblica e privata;
6) la concessione onerosa;
7) la concessione convenzionata;
8) la concessione gratuita.
Art. 19
Programma pluriennale di attuazione del Piano Regolatore Generale
Il piano regolatore generale dei Comuni non compresi nell'elenco di cui al 1 comma dell'art. 1 della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, viene attuato mediante il programma pluriennale di attuazione adottato dal Comune.
Tale programma pluriennale di attuazione è regolato dalle norme contenute nella suddetta legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, fatta eccezione per i termini di cui al sesto comma dell'art. 1 della legge stessa che sono prorogati al 31 dicembre 1978 ed al settimo comma del medesimo articolo che è abrogato.
Dopo il terzo comma dell'art. 2 della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, è aggiunto il seguente comma:
" Le restanti aree sono assegnate, secondo criteri stabiliti dal consiglio comunale, in proprietà oppure, ove trattasi di aree per la realizzazione di impianti di carattere industriale, commerciale, artigianale o turistico, anche di diritto di superficie. Per tutte le aree di cui sopra dovranno essere previsti appositi bandi di pubblico concorso e le assegnazioni avranno luogo previa stipula di apposita convenzione ".
Nei Comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione per gli interventi di edilizia residenziale assistiti dal contributo o dal concorso dello Stato ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 457 , la concessione edilizia è rilasciata anche in pendenza dell'approvazione del programma stesso.
Art. 20
Piano particolareggiato di iniziativa pubblica
L'adozione del piano particolareggiato di iniziativa pubblica è obbligatoria:
a) nelle zone omogenee A, ove non sia previsto l'intervento di attuazione attraverso i piani per l'edilizia economica e popolare, o i piani di recupero di cui agli artt. 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978 n. 457 , qualora lo richiedano particolari caratteristiche del centro storico e specifiche esigenze di intervento;
b) nelle zone omogenee B, salvo che per le zone di degrado, ove sia previsto il piano di recupero di cui agli artt. 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978 n. 457 , per trasformazioni d' uso o ristrutturazione di complessi insediativi di notevoli dimensioni, da determinare in sede di previsioni del piano regolatore generale, rispetto al contesto in cui si devono inserire e comunque per interventi superiori a 30.000 mc e per le nuove costruzioni con un indice di utilizzazione fondiaria superiore ai 3 mcmq, ove non sia previsto dal piano regolatore generale quello di iniziativa privata;
c) nelle zone omogenee C e D, fatte salve le aree di cui agli artt. 38 - quarto comma e 39 - quarto comma della presente legge, ove non sia previsto l'intervento con i piani per l'edilizia economica e popolare, con i piani per gli insediamenti produttivi o con i piani particolareggiati di iniziativa privata.
Art. 21
Formazione, approvazione ed efficacia del piano particolareggiato di iniziativa pubblica
Lo schema di massima e la relazione generale del piano particolareggiato, prima dell'adozione da parte del consiglio comunale, sono inviati agli organi di decentramento del Comune il cui territorio è interessato dal piano perchè esprimano il proprio parere nel termine di 30 giorni dal ricevimento.
Il piano è quindi adottato e depositato presso la segreteria del Comune per la durata di 30 giorni consecutivi.
L'avvenuto deposito è reso noto al pubblico mediante avvisi affissi all'albo pretorio del Comune e pubblicati sulla stampa locale, e mediante comunicazione pubblicata sul Foglio Annunzi Legali della Provincia.
Chiunque può prendere visione del piano in tutti i suoi elementi e presentare osservazioni entro il termine di 30 giorni successivi alla data dell'avvenuto deposito.
I proprietari di immobili interessati dal piano possono presentare opposizione entro il termine perentorio di 30 giorni successivi alla data dell'avvenuto deposito.
Trascorso detto termine, il Consiglio comunale esamina le eventuali osservazioni al piano, decide sulle medesime e approva il piano con deliberazione che diviene esecutiva ai sensi dell'art. 130 della Costituzione .
Con la stessa delibera vengono fissati i termini per l'attuazione del piano stesso in base a quelli previsti dal programma pluriennale di attuazione di cui all'art. 19 della presente legge, ove esista tale programma. In carenza del programma, i termini di cui sopra non potranno essere superiori a dieci anni. Dovranno essere altresì indicati i termini entro i quali debbono essere ultimate le espropriazioni.
Nel caso in cui vengono presentate opposizioni, il piano viene trasmesso entro 60 giorni al Comitato comprensoriale per l'approvazione unitamente alla delibera contenente le decisioni sulle eventuali osservazioni e le controdeduzioni del Comune sulle opposizioni. L'ufficio di presidenza del Comprensorio approva il piano particolareggiato entro 45 giorni dalla data di ricevimento, sentito il parere della Commissione consultiva comprensoriale.
Con la delibera di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati i termini di cui al quinto comma del presente articolo.
La delibera comunale o comprensoriale di approvazione deve essere pubblicata nel Comune interessato e notificata, nelle forme degli atti processuali civili, a ciascun proprietario compreso nel piano.
Giusta l'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , ai piani particolareggiati, già approvati alla data del 20 agosto 1978 e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i Comuni possono attribuire, con deliberazione consiliare, il valore di piani di recupero.
Art. 22
Attuazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica
Per l'attuazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica, nelle zone espressamente indicate nel piano regolatore generale, il Comune, mediante deliberazione consiliare, può autorizzare od invitare soggetti privati singoli o associati a predisporre dei progetti per la realizzazione degli interventi previsti dal piano stesso.
Il Comune fissa ai proprietari delle aree e degli immobili interessati un termine per la presentazione dei progetti per gli interventi previsti dal piano particolareggiato.
Tali progetti vengono approvati dal Consiglio comunale previa stipula di una convenzione con i proprietari o gli aventi titolo. Tale convenzione deve prevedere, tra l'altro, la cessione gratuita, entro determinati termini, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione, nonchè:
1) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzare a cura del Comune ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e a spesa del concessionario, le relative garanzie finanziarie e gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità di controllo sulla loro esecuzione nonchè i criteri e le modalità per il loro trasferimento al Comune;
2) gli elementi progettuali di massima delle opere e degli edifici da realizzare;
3) i termini di inizio e di ultimazione delle opere e degli edifici nonchè delle opere di urbanizzazione;
4) le sanzioni convenzionali a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione nonchè per l'inosservanza delle destinazioni d' uso fissate nel piano particolareggiato o nel progetto di intervento.
Decorso il termine fissato per la presentazione dei progetti, il Comune, fissato un nuovo termine e dopo l'inutile decorso di questo, potrà procedere alla espropriazione.
Sulle aree ed immobili in tal modo esproriati il Comune potrà procedere direttamente all'esecuzione degli interventi previsti, ovvero cederli a soggetti privati interessati alla realizzazione degli interventi in base a regolari bandi di concorso.
In tali casi la convenzione da stipularsi dovrà contenere, oltre agli elementi di cui al secondo comma precedente, anche i criteri per la determinazione dei prezzi di cessione o dei canoni di locazione ai sensi del successivo art. 32.
Il corrispettivo della cessione è determinato in misura pari al costo di acquisizione delle aree e degli immobili nonchè al costo delle relative opere di urbanizzazione se già realizzate.
Art. 23
Piano per l'edilizia economica e popolare
I Comuni, non obbligati ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni, possono adottare un piano per l'edilizia economica e popolare nei modi previsti dalla presente legge. Il Consiglio regionale può altresì disporre, su proposta della Giunta e sentito il Comprensorio interessato, la formazione dei detti piani anche per Comuni non obbligati a norma della citata legge 18 aprile 1962, n. 167 .
Il piano per l'edilizia economica e popolare si applica di norma nelle zone destinate dal piano regolatore generale a edilizia residenziale, ivi compresi immobili o parti di immobili nelle zone edificate e nei centri storici.
Le varianti al piano per l'edilizia economica e popolare di cui all'art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni, sono ammissibili per l'inclusione di nuove zone residenziali già previste dal Piano Regolatore Generale e per modificazioni di minima entità legate alla funzionalità di attuazione e d' organizzazione urbanistica; altre varianti sono ammissibili soltanto in sede di variante generale al Piano Regolatore Generale.
Per la formazione del piano per l'edilizia economica e popolare, e delle sue varianti, si seguono le procedure di cui all'art. 21 della presente legge.
Il piano per l'edilizia economica e popolare dovrà contenere i criteri e le priorità per l'assegnazione delle aree ai diversi soggetti ai sensi dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 .
Per gli interventi di edilizia economica e popolare che consistano in restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione di edifici di cui all'art. 36 - punti A1, A2, A3 della presente legge, il Comune con deliberazione consiliare, prima di iniziare il procedimento di appropriazione, può invitare i proprietari degli immobili o di singoli alloggi, che risultano tali al momento della notifica del vincolo di piano, a realizzare direttamente le opere previste dal piano. In tal caso, il rilascio della concessione è subordinato alla stipula di una convenzione ai sensi dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e l'area interessata è computata nella quota di cui all'undicemo comma dell'articolo stesso.
Giusta l'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , ai piani per l'edilizia economica e popolare, già approvati alla data del 20 agosto 1978 e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i Comuni possono attribuire con deliberazione consiliare il valore di piani di recupero.
Art. 24
Piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi
Il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni, è obbligatorio nei casi previsti dal punto 10 - lett. c) e d) dell'art. 8 della presente legge.
Ai fini dell'applicazione della predetta legge n. 865, per insediamenti produttivi si intendono tra l'altro quelli destinati alle seguenti attività:
a) industriali, artigianali, direzionali;
b) turistiche, ivi comprese i campeggi, i villaggi turistici, gli insediamenti per vacanze e simili;
c) commerciali, di cui alle zone omogenee D descritte dall'art. 13 della presente legge;
d) di trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli, ivi compresi i caseifici, le cantine e gli allevamenti intensivi non collegati alla conduzione del fondo ed alle esigenze dell'azienda agricola;
e) di estrazione da cave e torbiere, fatte comunque salve le disposizioni di cui alla legge regionale 2 maggio 1978, n. 13;
f) portuali, di cui all'art. 11 della legge regionale 27 aprile 1976 n. 19;
g) di distribuzione del carburante.
Ai fini del calcolo delle quote di cui all'art. 27 - sesto comma della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , vanno considerate tutte le aree destinate ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi è applicabile nell'ambito delle zonizzazioni del Piano Regolatore Generale, ivi comprese le zone edificate.
Nel caso delle zone edificate il Comune può procedere secondo quanto disposto dall'art. 23, penultimo comma, della presente legge. Le convenzioni relative devono prevedere i contenuti di cui all'articolo 29 della presente legge.
Per le aree assoggettate a piano per gli insediamenti produttivi da cedere in proprietà il Comune, anzichè procedere all'esproprio, può convenzionare con i proprietari l'utilizzo delle aree. Le convenzioni dovranno prevedere i contenuti di cui all'articolo 29 della presente legge.
Le procedure di formazione e di approvazione dei piani per insediamenti produttivi sono le stesse previste per i piani per l'edilizia economica e popolare, di cui all'art. 23 della presente legge.
Art. 25
Piano particolareggiato di iniziativa privata
I piani particolareggiati di iniziativa privata sono obbligatori per i nuovi insediamenti residenziali e produttivi per i quali non siano già previsti piani particolareggiati di iniziativa pubblica, piani per l'edilizia economica e popolare e piani per gli insediamenti produttivi.
Secondo le previsioni dei programmi pluriennali di attuazione, il Comune invita o autorizza i proprietari compresi nei perimetri fissati a presentare il piano particolareggiato.
Entro il termine stabilito dal Comune all'atto dell'invito i proprietari o gli aventi titolo dovranno predisporre il progetto di piano particolareggiato nonchè lo schema di convenzione da stipularsi con il Comune. Tale convenzione dovrà contenere tutti gli elementi di cui all'art. 22, secondo comma.
Ove i proprietari non provvedano nei termini indicati, il Comune, fissato eventualmente un nuovo termine e dopo l'inutile decorso di questo, può procedere all'interno di detti perimetri attraverso il piano particolareggiato di iniziativa pubblica.
Il piano particolareggiato di iniziativa privata, prima della sua approvazione da parte del Consiglio comunale, viene inviato agli organi di decentramento del Comune, il cui territorio è interessato dal piano, affinchè esprimano il proprio parere nel termine di 30 giorni dal ricevimento.
Il piano particolareggiato di iniziativa privata diviene esecutivo dopo l'approvazione del Consiglio comunale e la stipula delle relative convenzioni.
Art. 26
Piani di recupero
I piani di recupero di iniziativa pubblica e privata sono quelli regolati dal titolo IV della legge 5 agosto 1978, n. 457 .
Per quanto concerne le procedure non regolate dal detto titolo, si applicano i primi quattro commi dell'articolo 21 della presente legge.
Art. 27
Concessione a costruire
Chiunque intenda nell'ambito del territorio comunale, ivi comprese le aree del demanio pubblico, eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire quelle esistenti, procedere all'esecuzione di piani particolareggiati di iniziativa privata ovvero procedere all' esecuzione di opere di urbanizzazione o di qualsiasi opera che comunque comporti una modificazione del territorio, ad eccezione delle normali operazioni colturali e a fini produttivi agricoli, deve chiedere concessione al sindaco. Tale concessione può essere:
a) onerosa;
b) convenzionata;
c) gratuita.
A tutti i tipi di concessione si applicano le norme di cui ai successivi commi del presente articolo.
Le determinazioni favorevoli o sfavorevoli ma motivate del sindaco sulle domande di concessione devono essere notificate all'interessato non oltre sessanta giorni dalla data di ricevimento delle domande stesse o da quella di presentazione di documenti aggiuntivi richiesti dal sindaco, in una sola volta, ad integrazione dei progetti o degli impegni da porsi a carico del richiedente la concessione.
Il sindaco trasmette immediatamente la domanda di concessione alla Commissione consultiva agricola di cui all'art. 40 della presente legge, ai sovrintendenti ai beni ambientali e monumentali agli effetti della legge 1 giugno 1939 n. 1089 , al comandante dei vigili del fuoco nonchè all'ufficiale sanitario comunale nei casi in cui le norme e le leggi vigenti ne prescrivano il parere od il nulla - osta. Se entro 20 giorni dal ricevimento della predetta domanda i succitati organi ed uffici non inviano il loro parere al sindaco, il nulla - osta o parere si intende tacitamente concesso.
Il parere negativo o il negato nulla - osta da parte degli organi ed uffici estranei all'amministrazione comunale, citati nel precedente quinto comma, costituisce impedimento al rilascio della concessione richiesta.
Il sindaco decide sulla domanda sentita la commissione edilizia di cui al successivo articolo 60 e, nel caso di beni soggetti alla legge 29 giugno 1939 n. 1497 , la commissione integrata prevista dall'articolo 10 della legge regionale 1 agosto 1978, n. 26. Il provvedimento con cui viene negato il rilascio della concessione deve precisare i motivi del diniego.
Scaduti i termini senza che il sindaco si sia pronunciato, l'interessato, salvo comunque il diritto alla tutela giurisdizionale di cui all'art. 16 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 , può avanzare, entro 20 giorni da detta scadenza, istanza al presidente del Comprensorio contro il silenzio - rifiuto; nei successivi quindici giorni dal ricevimento dell'istanza, il presidente del Comprensorio invita il sindaco a pronunciarsi entro i successivi quindici giorni. Scaduto infruttuosamente detto termine, il presidente del Comprensorio procede con proprio decreto, immediatamente esecutivo, alla nomina del commissario ad acta per il pronunciamento motivato - entro trenta giorni - sulla domanda.
Entro 15 giorni dall'avvenuto rilascio della concessione ne viene data notizia al pubblico mediante affissione per 15 giorni all'albo pretorio, con la specificazione del titolare della concessione e della località nella quale deve effettuarsi l'intervento. La concessione deve essere ritirata nei successivi 60 giorni, pena la sua decadenza. L'affissione non fa decorrere i termini per l'impugnativa.
Qualsiasi cittadino può prendere visione presso gli uffici comunali della concessione e dei relativi atti di progetto e convenzionali e presentare esposto, non oltre 12 mesi dalla pubblicazione del rilascio della concessione, al presidente del Comprensorio contro il rilascio della concessione stessa in quanto in contrasto con le disposizioni di legge e dei piani urbanistici.
Per gli immobili di priorità dello Stato la concessione è data a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell'amministrazione, al godimento del bene.
Nell'atto di concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile ai sensi dell'art. 50 della presente legge, non può essere superiore a tre anni e può essere prorogato con provvedimento motivato solo per il sopravvenire di fatti estranei alla volontà del concessionario durante l'esecuzione dei lavori. Un periodo più lungo per l'ultimazione dei lavori può essere concesso esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico - costruttive; ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
Qualora i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve presentare istanza diretta a ottenere una nuova concessione; nel caso di mancata ultimazione entro il termine, la nuova concessione concerne la parte non ultimata.
La concessione decade se entro l'anno non sono stati eseguiti i lavori fino alla costruzione del solaio sul piano terra o di altre opere, indicate nella concessione, per costruzioni di particolari caratteristiche.
Il titolare della concessione deve notificare al Comune, con lettera raccomandata, l'inizio delle operazioni di organizzazione del cantiere.
Qualora i lavori non siano iniziati entro la data stabilita, la concessione decade e il sindaco potrà procedere al rilascio di nuova concessione in conformità alle previsioni urbanistiche e al programma pluriennale di attuazione in vigore all'atto del rilascio e previo pagamento di eventuali maggiori oneri connessi alla concessione stessa.
Art. 28
Concessioni onerose
Nei casi in cui il proprietario, nei limiti della presente legge, non abbia optato per l'ipotesi di cui all'art. 7 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 , la concessione è subordinata alla stipula di una convenzione o ad un atto unilaterale d' obbligo da parte del richiedente la concessione che deve prevedere, fra l'altro:
1) la quota di contributo commisurata al costo di costruzione determinato ai sensi dell'articolo 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ;
2) gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, realizzate o da realizzare a cura del Comune, in proporzione al volume e alla superficie edificabile, determinati ai sensi dell'art. 5 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e ai sensi dell'articolo 31 della presente legge, ovvero, qualora dette spese vengano coperte tutte o in parte attraverso la diretta esecuzione delle opere, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità di controllo sulla loro esecuzione, nonchè i criteri e le modalità per il loro eventuale trasferimento al Comune;
3) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare e le relative destinazioni d' uso;
4) l'obbligo di mantenere la destinazione d' uso, nel rispetto delle norme del piano regolatore in relazione alle disposizioni di cui all'ultimo comma dell'art. 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ;
5) le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione o nell'atto unilaterale d' obbligo.
Art. 29
Concessioni convenzionate
Nei casi di cui agli artt. 7 e 9 - punto b) della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e nei casi previsti dalla presente legge, la concessione è subordinata alla stipula di una convenzione o ad un atto unilaterale d' obbligo da parte del richiedente la concessione, che deve prevedere tra l'altro:
1) gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, realizzate o da realizzare a cura del Comune, in proporzione al volume o alla superficie edificabile, determinati ai sensi dell'art. 5 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e ai sensi dell'art. 31 della presente legge, ovvero qualora dette spese vengano coperte tutte o in parte attraverso la diretta esecuzione delle opere, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità di controllo sulla loro esecuzione, nonchè i criteri e le modalità per il loro eventuale trasferimento al Comune;
2) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare e le relative destinazioni d' uso;
3) l'obbligo a rispettare le destinazioni d' uso previste dalla convenzione;
4) i criteri per la determinazione e la revisione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione degli alloggi o delle altre opere edilizie realizzate, ai sensi dell'art. 32 della presente legge;
5) le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione.
Art. 30
Concessioni gratuite
Nei casi di cui allhart. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , la concessione è comunque subordinata alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio o all'impiego dei privati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alle costruzioni oggetto della concessione, eccetto che nei casi di cui alla lett. a) del citato art. 9, fatti salvi comunque i regolamenti comunali, nonchè alla stipula di una convenzione o ad un atto unilaterale d' obbligo che deve prevedere tra l'altro:
1) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare e le relative destinazioni d' uso;
2) l'obbligo a rispettare le destinazioni d' uso previste dalla convenzione nei casi di cui alle lettere a), b) e d) dell'art. 9 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 , comunque nel rispetto di quanto disposto nell'ultimo comma dell'art. 10 della citata legge;
3) le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione.
Art. 31
Oneri di urbanizzazione primaria e secondaria
Sono opere di urbanizzazione primaria, ai fini dell'art. 5 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 , le opere sottoelencate per la parte posta al diretto servizio dell'insediamento:
a) le strade e gli spazi di sosta e di parcheggio;
b) le fognature e gli impianti di depurazione;
c) il sistema di distribuzione dell'acqua;
d) il sistema di distribuzione dell'energia elettrica, forza motrice, gas, telefono;
e) la pubblica illuminazione;
f) il verde attrezzato.
Sono altresì opere di urbanizzazione primaria gli allacciamenti ai pubblici servizi non aventi carattere generale, ma al diretto servizio dell'insediamento.
Sono opere di urbanizzazione secondaria ai fini dell'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 :
a) gli asili nido e le scuole materne;
b) le scuole d' obbligo;
c) le chiese e gli altri edifici per servizi religiosi;
d) i centri civili e sociali, le attrezzature culturali e sanitarie di quartiere;
e) gli spazi pubblici a parco e per lo sport;
f) i parcheggi pubblici.
Sono opere di urbanizzazione generale gli allacciamenti ai pubblici servizi e le infrastrutture indotte a carattere generale.
Gli oneri di urbanizzazione sono stabiliti con deliberazione comunale secondo le tabelle parametriche definite dalla Regione in base all'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .
Le opere di urbanizzazione primaria sono di norma attuate dai concessionari.
Le tabelle parametriche e di incidenza sono aggiornate ogni due anni dal Comitato comprensoriale, secondo i criteri indicati dalla Regione.
Le classi dei Comuni sono stabilite dalla Regione in relazione:
a) alla popolazione e all'andamento demografico;
b) all'ampiezza del territorio e alla sua densità territoriale;
c) alla distribuzione della popolazione sul territorio;
d) alle caratteristiche socio - economiche e territoriali del comprensorio;
e) alle caratteristiche geografiche e socio - economiche delle loro zone territoriali;
f) all'andamento dell'attività edilizia;
g) alle destinazioni di zone previste negli strumenti urbanistici;
h) agli standards urbanistici di cui all'art. 46 della presente legge.
Tale classificazione è aggiornata dalla Regione ogni quattro anni.
Nei piani particolareggiati relativi a zone turisticoresidenziali le aree per le urbanizzazioni secondarie possono essere cedute ovvero può essere disposto il pagamento del relativo onere finanziario.
Gli oneri di urbanizzazione di cui al quinto comma del presente articolo sono fissati dalla Regione per abitante convenzionale (25 mq di superficie utile per la residenza permanente e 15 mq di superficie utile per la residenza turistica) o per unità produttiva, sulla base d' insediamenti tipo, che per la residenza, nel caso degli oneri di urbanizzazione secondaria, deve essere riferito ad un insediamento di almeno 5000 abitanti.
Art. 32
Criteri per la determinazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione degli alloggi
Ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , la convenzione tipo regionale, alla quale dovranno uniformarsi quelle comunali nei casi previsti dalla presente legge e dalla legge 28 gennaio 1977 n. 10 , dovrà prevedere tra l'altro:
a) l'indicazione delle caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi;
b) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi, sulla base del costo delle aree, della costruzione e delle opere di urbanizzazione, nonchè delle spese generali, comprese quelle per la progettazione e degli oneri di preammortamento e di finanziamento;
c) la determinazione del canone di locazione in misura non superiore al 3% del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi;
d) la durata di validità della convenzione, non superiore a 30 e non inferiore a 20 anni.
I prezzi di cessione ed i canoni di locazione, determinati nelle convenzioni ai sensi del primo comma del presente articolo, sono suscettibili di periodiche variazioni con frequenza non inferiore al biennio, in relazione agli indici ufficiali ISTAT dei costi di costruzione intervenuti dopo la stipula delle convenzioni medesime.
Ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione è nulla per la parte eccedente.
Titolo VI
DISCIPLINA EDIFICATORIA DELLE ZONE
Art. 33
Zone di tutela
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale e il piano regolatore generale individuano le zone di tutela e dettano la relativa normativa. Sono zone di tutela:
a) le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe o di alluvioni o che presentino caratteristiche geomorfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti anche in funzione combinata della pendenza della quota, o della natura del suolo;
b) le golene recenti ed antiche dei corsi d' acqua, gli invasi dei bacini naturali e artificiali, nonchè le aree ad esse adiacenti per una profondità adeguata;
c) gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini;
d) le aree umide, deltizie e vallive;
e) le aree boschive o destinate al rimboschimento;
f) le aree d' interesse storico - ambientale ed archeologico;
g) le aree regolate dalla legge regionale 24 gennaio 1977 n. 2, sulla flora.
In tali zone sono vietate nuove costruzioni e sono ammesse solo le opere di urbanizzazione primaria ed i servizi tecnologici strettamente funzionali alla destinazione d' uso delle aree, nonchè attrezzature al servizio della pesca.
Sono vietate nuove costruzioni, ad eccezione di quelle di cui al comma precedente, nelle aree comprese fra gli argini maestri e il corso d' acqua dei fiumi e nelle isole fluviali nonchè per una fascia di profondità di almeno:
a) mt. 50 dal limite demaniale dei fiumi, torrenti e canali compresi nel territorio delle comunità montane;
b) mt. 100 dal limite demaniale dei laghi nonchè nei restanti territori non montani, dalle zone umide e dal limite demaniale dei fiumi e loro golene, torrenti e canali;
c) mt. 50 dalle sponde dei canali navigabili.
I vincoli di cui al comma precedente valgono per tutto il territorio regionale dalla data di entrata in vigore della presente legge fino all'adozione del piano stralcio comprensoriale di cui all'ottavo comma successivo. Con lo stesso piano stralcio il Comprensorio può proporre alla Regione la esclusione dei fiumi, canali e torrenti o di loro parti da tale vincolo.
Sono comunque escluse dal vincolo le aree comprese nel territorio urbanizzato, delimitato con delibera consiliare ai sensi dell'art. 13 - punto 3 della presente legge, e le lottizzazioni convenzionate ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 e successive modificazioni e integrazioni, per le sole parti già completamente urbanizzate, ed i piani di edilizia economica e popolare approvati ma limitatamente al programma pluriennale di attuazione di cui all'art. 38 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni e integrazioni. Sono altresì escluse dal vincolo le lottizzazioni già convenzionate comprese nei programmi pluriennali di attuazione approvati ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2.
Restano in vigore altresì le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti per le zone omogenee B, per le parti non comprese nel territorio urbanizzato di cui sopra, limitatamente agli interventi per attrezzature scolastiche, fino alla scuola dell'obbligo, per verde ed impianti sportivi pubblici.
Il piano stralcio comprensoriale può escludere da tali vincoli, quando non comportino pregiudizio per l'ambiente, le aree inserite negli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e definite zone territoriali omogenee B, C, D, E, F, e G, secondo i successivi artt. 37, 38, 39, 40 e 41.
La formazione di tale piano stralcio comprensoriale può non prevedere la fase relativa al progetto preliminare di cui ai primi sei commi dell'art. 9 della presente legge.
Qualora il Comitato comprensoriale non abbia provveduto all'adozione del piano stralcio decorsi sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede, in deroga al precedente art. 5, alla formazione di un progetto di piano territoriale avente valore di piano stralcio comprensoriale. Tale progetto viene sottoposto al parere del comitato consultivo regionale a sezioni riunite e della competente commissione consiliare, dopo di che la Giunta regionale approva il progetto definitivo.
Sono vietate nuove costruzioni, ad eccezione di quelle previste dal presente articolo, per il Po e le coste marine, per una fascia di profondità di almeno:
1) per il fiume Po, mt. 300 dal piede esterno degli argini maestri e mt. 100 dal limite esterno della zona golenale;
2) per le coste marine, mt. 300 dal limite demaniale della spiaggia.
In caso di non certezza di tali limiti, vi provvede la Regione con delimitazione grafica su apposita cartografia.
Sono comunque fatte salve, per tali zone, le norme relative alle zone portuali di cui alla legge regionale 27 aprile 1976, n. 19.
I vincoli di cui all'undicesimo comma, fatte salve le aree di cui ai precedenti quinto e sesto comma del presente articolo, valgono dall'entrata in vigore della presente legge fino all'approvazione di un piano stralcio regionale da formare, adottare ed approvare con le procedure previste nel precedente decimo comma. Tale piano stralcio regionale dovrà essere approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il piano stralcio regionale, valutando eventuali proposte dei Comitati comprensoriali inviate entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può escludere da tali vincoli le aree di cui all'ottavo comma del presente articolo.
La profondità delle fasce previste per i fiumi, torrenti, canali e laghi può essere aumentata in sede di formazione dei suddetti piani stralcio comprensoriali o regionali ed in sede di piani territoriali regionali e comprensoriali.
Per le aree e per le costruzioni escluse dal vincolo in sede di piano stralcio comprensoriale o regionale, valgono le norme previste dagli strumenti urbanistici vigenti.
Per tali aree e costruzioni in sede di revisione di tali strumenti, da effettuarsi nei tempi di cui all'articolo 61 della presente legge, va prevista un' apposita normativa che tenga conto delle particolari caratteristiche di dette fasce.
In sede di revisione del piano regolatore generale, nella fascia dei 300 metri dal limite demaniale della spiaggia possono essere previsti servizi ed esercizi pubblici funzionali all'attività turistica con esclusione delle attività ricettive.
Per quanto riguarda le spiagge il piano regolatore generale va attuato attraverso un piano dell'arenile, sotto forma di piano particolareggiato di iniziativa pubblica, che regolamenti le costruzioni esistenti, la dotazione di aree per servizi pubblici e per tutte le attrezzature in precario necessarie per l'attività turistica.
L'installazione di nuovi campeggi, parcheggi per roulottes e per case mobili e simili è consentita solo sulle aree destinate a tale scopo nei Piani Regolatori Generali.
Per tali previsioni il Comune può applicare l'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 . Per le zone destinate a campeggio va rispettato il rapporto fissato dalla normativa regionale in materia.
Nelle fasce di cui al presente articolo, l'installazione di campeggi può essere prevista nei nuovi Piani Regolatori Generali con la dotazione dei servizi igienici prescritti da norme regionali vigenti in materia.
L'apertura di nuovi scarichi liquidi e solidi è subordinata all'autorizzazione di cui all'art. 9 della legge 10 maggio 1976, n. 319 , ed è altresì subordinata alla presentazione di una documentazione che garantisca l'assenza di pericolo per l'inquinamento delle acque superficiali e profonde e dell'atmosfera, tenendo conto anche dei nuclei residenziali e produttivi esistenti e previsti e della direzione dei venti dominanti.
Art. 34
Vincolo idrogeologico
Alla materia relativa ai vincoli idrogeologici, salvo le modifiche contenute nei commi seguenti del presente articolo, sono applicate le disposizioni contenute nel titolo I del RD 30 dicembre 1923, n. 3267 e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè nel relativo regolamento di esecuzione approvato con RD 16 maggio 1926, n. 1126, intendendosi sostituite le amministrazioni centrali dello Stato con la Regione nonchè gli organi ed enti periferici di cui all'art. 18 del precitato RD 30 dicembre 1923, n. 3267, con il Comitato comprensoriale di cui alla legge regionale 31 gennaio 1975 n. 12, salvo quanto disposto nel successivo comma.
Il rilascio delle autorizzazioni di cui agli artt. 7 e 9 - ultimo comma - del RD 30 dicembre 1923, n. 3267, è attribuito al Comitato comprensoriale. Sono pure sottoposte al medesimo comitato anche i movimenti di terreni di cui al RD 20 maggio 1926 n. 1154 con le stesse condizioni e modalità previste negli artt. 7 e 8 del RD 30 dicembre 1923 n. 3267.
Il vincolo idrogeologico e la relativa normativa sono disposti con il piano di coordinamento comprensoriale;
in caso di dissesti previsti o in atto, si seguono le prescrizioni particolari vigenti per le aree di sistemazione idrogeologica e di bonifica integrale e montana ai sensi del RD 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni ed integrazioni.
Nelle zone assoggettate a vincolo idrogeologico, gli enti e i privati che intendono realizzare le opere di cui all'art. 7 e successivi del capo I del RD 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modifiche ed integrazioni, nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici, dovranno avanzare istanza d' autorizzazione al Comitato comprensoriale.
L'autorizzazione viene rilasciata o negata previo parere dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, il quale deve indicare al Comitato comprensoriale le prescrizioni a cui assoggettare le autorizzazioni.
Fino all'entrata in vigore e alla completa operatività della legge regionale concernente la organizzazione degli uffici regionali, gli Ispettorati ripartimentali delle foreste continuano ad esercitare le funzioni loro attribuite dal citato RD 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni e integrazioni nonchè dal relativo regolamento di esecuzione.
Successivamente, dette funzioni verranno assunte dai Comitati comprensoriali.
Art. 35
Obiettivi e criteri generali per l'intervento nel territorio urbanizzato
Il Piano Regolatore Generale promuove nel quadro del controllo pubblico il recupero, la valorizzazione e l'integrazione nel contesto territoriale del patrimonio edilizio e urbanistico esistente.
Sulla base del piano dei servizi di cui all'art. 13 - punto 5) della presente legge, il Piano Regolatore Generale nelle zone omogenee A di cui al predetto articolo individua gli edifici che sono riconosciuti idonei, con scelta motivata, nonchè le aree libere per il soddisfacimento degli standars di cui al successivo art. 46 - primo comma. Vanno destinati a vincoli di inedificabilità le aree e gli spazi storicamente liberi, in quanto spazi di uso urbano e collettivo, nonchè quelli di pertinenza dei complessi insediativi pubblici e privati. Le restanti aree e spazi liberi non rispondenti alle caratteristiche di cui sopra possono essere destinate a servizi pubblici e, quando siano stati soddisfatti gli standards di cui al seguente art. 46, ad edilizia economica e popolare.
Nelle zone omogenee B di cui all'art. 13 della presente legge, le aree libere e gli edifici di cui al comma precedente sono destinati agli usi di cui al successivo art. 46 - primo comma fino al soddisfacimento degli standards ivi previsti e le residue aree sono destinate in via prioritaria alle attrezzature di cui alle zone omogenee F dell'art. 13 della presente legge.
In caso di comprovata inesistenza di aree libere e di edifici idonei per soddisfare il fabbisogno di servizi sociali e di attrezzature pubbliche di cui ai commi precedenti, dette aree ed edifici sono reperiti esternamente alle zone omogenee A e B nella fascia più prossima ed accessibile.
Per l'intera zona omogenea A il Piano Regolatore Generale deve dettare la disciplina particolareggiata di cui all'art. 36 della presente legge, che costituisce parte integrante del piano. Ciò, al fine di indicare le modalità dell'intervento e le destinazioni d' uso delle unità di intervento atte al recupero del tessuto urbanistico e delle tipologie edilizie, perseguendo l'obiettivo del mantenimento delle destinazioni d' uso esistenti o compatibili, in particolare quelle residenziali, artigianali e di commercio al minuto, nonchè del recupero di quelle residenziali.
Tale disciplina dovrà altresì individuare le zone, esattamente delimitate, all'interno delle quali gli interventi sono subordinati all'adozione dei piani per l'edilizia economica e popolare, dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica, nonchè dei piani di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978 n. 457 .
Per le zone omogenee B, il Piano Regolatore Generale deve prevedere una capacità insediativa teorica non superiore a quella esistente; la capacità insediativa esistente può essere superata solo qualora siano soddisfatti gli standards di cui al primo comma dell'art. 46 della presente legge in relazione agli abitanti esistenti e previsti per le stesse zone.
Nelle zone omogenee A, nelle aree comprese nel programma pluriennale di attuazione del Piano Regolatore Generale sottoposte a piani particolareggiati di iniziativa pubblica, in attesa dell'adozione dei medesimi, sono ammessi interventi diretti attraverso concessione su singole unità d' intervento, secondo la disciplina particolareggiata del Piano Regolatore Generale, ad eccezione degli interventi di cui al punto A4 del seguente articolo 36. Nelle zone sottoposte a piano per l'edilizia economica e popolare, in attesa della loro adozione, sono ammessi gli interventi di cui al successivo art. 42.
Nelle zone omogenee A per le aree non comprese nel programma pluriennale di attuazione, in attesa dei piani particolareggiati, sono ammessi solo gli interventi di cui all'art. 9 - lett. b), c), d), e), f), g) della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .
Nelle parti della zona A non comprese nei piani particolareggiati di iniziativa pubblica e comprese nel programma pluriennale di attuazione, si attuano interventi diretti attraverso concessione su singole unità di intervento secondo la disciplina particolareggiata del Piano Regolatore Generale.
Nelle zone omogenee B gli interventi sono disciplinati nel modo seguente:
a) nelle aree comprese nel programma pluriennale e soggette a piani particolareggiati pubblici e privati sono ammesse, in attesa dell'adozione di tali piani, le opere di cui all'art. 9 - lett. b), c), d), e), f), g) della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ;
b) nelle altre aree comprese nel programma pluriennale sono ammessi interventi diretti attraverso concessione.
Nelle zone omogenee A e B le aree e gli immobili sedi di attività produttive industriali non destinate dal Piano Regolatore Generale agli usi di cui all'art. 46 e alle finalità di cui alle zone omogenee F dell'art. 13 della presente legge o ad interventi di edilizia economica e popolare, vanno ridestinati ad usi produttivi artigianali e industriali purchè non insalubri o nocivi.
Eventuali deroghe dovranno essere preventivamente deliberate dal Consiglio comunale ed approvate dal Comitato comprensoriale, sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative.
Nel caso di trasferimento di attività industriali dalle zone edificate ad altre zone o altri comuni, vanno convenzionati, tra il Comune e le aziende interessate, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali più rappresentative gli aspetti relativi al loro trasferimento. Tali convenzioni vanno approvate dal consiglio comunale.
Di norma, vanno conservate nella loro destinazione d' uso le case di vacanza, le colonie e le altre strutture ricettive di carattere sociale con le relative aree di pertinenza, salvo una loro destinazione a servizi pubblici.
Art. 36
Zone culturali ambientali Zone territoriali omogenee A
Sono considerate zone omogenee A le parti del territorio di cui all'art. 13, quarto comma, zona A, della presente legge. Vanno comunque compresi nelle zone culturali ambientali:
1) gli insediamenti storici uniti senza soluzione di continuità con l'espansione urbana; essi riguardano, oltre al nucleo originario, gli organici ampliamenti ad esso storicamente connessi anche se non contigui;
2) gli insediamenti storici isolati ovvero iscritti in perimetri murati o comunque definiti.
La disciplina particolareggiata del Piano Regolatore Generale per le zone omogenee A è articolata per " unità minime di intervento " per le quali va rilasciata un' unica concessione; tali unità minime possono comprendere, in ragione della complessità tipologica, una o più particelle edilizie. I piani particolareggiati di attuazione del Piano Regolatore Generale recepiscono e specificano tale disciplina particolareggiata.
Per ogni unità di intervento va prevista la destinazione d' uso tenendo conto del piano dei servizi di cui all'art. 13 - punto 5 della presente legge e del piano di sviluppo e adeguamento della rete distributiva di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 . Le destinazioni d' uso compatibili possono essere specificate per il piano - terra e gli altri piani, compresi nell'unità di intervento.
Ogni particella edilizia comprendente edifici e aree scoperte di pertinenza viene individuata attraverso una classificazione tipologica secondo le seguenti categorie di intervento: A1) Restauro scientifico.
Gli interventi di restauro scientifico riguardano le particelle edilizie che hanno assunto rilevante importanza nel contesto urbano territoriale per specifici pregi o caratteri architettonici o artistici, ivi compresi gli immobili vincolati ai sensi della legge 1 giugno 1939 n. 1089 . Il tipo di intervento prevede:
a) il restauro degli aspetti architettonici o il ripristino delle parti alterate, e cioè:
- il restauro o il ripristino dei fronti esterni ed interni;
- il restauro o il ripristino degli ambienti interni;
- la ricostruzione filologica di parti dell'edificio eventualmente crollate o demolite;
- la conservazione o il ripristino dell'impianto distributivo organizzativo originale;
- la conservazione o il ripristino degli spazi liberi, tra gli altri le corti, i larghi, i piazzali, gli orti, i giardini, i chiostri;
b) il consolidamento, con sostituzione delle parti non recuperabili e senza modificare la posizione o la quota dei seguenti elementi strutturali:
- murature portanti sia interne che esterne;
- solai e volte;
- scale;
- tetto, con ripristino del manto di copertura originale;
c) la eliminazione delle superfetazioni definite come parti incongrue all'impianto originario e agli ampliamenti organici del medesimo;
d) l'inserimento degli impianti tecnologici ed igienicosanitari essenziali nel rispetto delle norme di cui ai punti precedenti.
Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo riguardano le particelle edilizie in buono o mediocre stato di conservazione che, pur non presentando particolari pregi architettonici ed artistici, costituiscono parte integrante del patrimonio edilizio dell'insediamento storico, sia in quanto elementi partecipanti alla formazione dell'ambiente storico antico, sia perchè significativi dal punto di vista tipologico per la distribuzione interna degli ambienti, la disposizione degli elementi di collegamento verticale o per altre caratteristiche morfologiche.
Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d' uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l' inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio. Il tipo di intervento prevede:
a) la valorizzazione degli aspetti architettonici per quanto concerne il ripristino dei valori originali, mediante:
- il restauro e il ripristino dei fronti esterni ed interni; su questi ultimi sono consentite parziali modifiche purchè non venga alterata l'unitarietà del prospetto e siano salvaguardati gli elementi di particolare valore stilistico;
- il restauro e il ripristino degli ambienti interni nel caso in cui vi siano elementi di documentata importanza;
b) il consolidamento con sostituzione delle parti non recuperabili, senza modificare la posizione dei seguenti elementi strutturali:
- murature portanti sia interne che esterne;
- solai e volte;
- scale;
- tetto, con ripristino del manto di copertura originale.
L'eliminazione delle superfetazioni come parti incongrue all'impianto originario e agli ampliamenti organici del medesimo; l'inserimento degli impianti tecnologici e igienico - sanitari essenziali nel rispetto delle norme di cui ai punti precedenti;
c) il ripristino tipologico e rinnovo riguarda le particelle edilizie fatiscenti o parzialmente demolite che non rientrano nei tipi di intervento A1 e di cui sia possibile reperire adeguata documentazione della loro organizzazione originaria individuabile anche in altre unità edilizie dello stesso periodo storico.
Tale ripristino tipologico e rinnovo si attua mediante:
- interventi atti a ripristinare i collegamenti verticali e orizzontali collettivi quali androni, blocchi scale, portici;
- interventi atti a ripristinare e mantenere la forma, la dimensione ed i rapporti preesistenti fra unità edilizia ed aree scoperte quali corti, chiostri;
- interventi atti a ripristinare tutti gli elementi organici al tipo edilizio preventivamente definito quali partitura delle finestre, tipo di copertura, posizione dei muri portanti interni, particolari elementi di finitura;
d) la demolizione senza ricostruzione degli elementi estranei quali le superfetazioni ed i corpi di fabbrica incompatibili con la struttura dell'insediamento storico la cui demolizione concorre all'opera di risanamento funzionale e formale delle aree destinate a verde pubblico di cui al piano dei servizi previsto al punto 5) dell'art. 13 della presente legge;
e) la demolizione e l'esecuzione di opere esterne atte a valorizzare la organizzazione morfologica e distributiva delle particelle edilizie nel loro insieme nonchè delle aree destinate a verde pubblico.
Gli interventi riguardano le particelle edilizie che, pur non presentando particolari caratteristiche storico - ambientali, sono compatibili con l'organizzazione morfologica del tessuto urbanistico.
Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e di impianti.
Il tipo di intervento prevede:
- il ripristino o la sostituzione attraverso interventi atti a riordinare i collegamenti verticali ed orizzontali collettivi nonchè i servizi;
- l'inserimento di nuovi elementi ed impianti prevedendo la quota di parcheggi fissata dall'articolo 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 .
Tali interventi riguardano le particelle edilizie incongrue all'organizzazione morfologica e tipologica del tessuto urbanistico.
Gli interventi di ristrutturazione urbanistica sono quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanisticoedilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale non storica.
Il tipo di intervento prevede:
- la demolizione e la ricostruzione sulla base di parametri ricavati dall'organizzazione morfologica e tipologica originaria degli isolati con una densità fondiaria non superiore a 5 mc / mq e comunque non superiore al volume preesistente nel caso esso sia inferiore ai predetti 5 mc / mq.
Il tipo di intervento, se limitato ad un singolo edificio, deve prevedere, oltre al rispetto dell'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 , la cessione gratuita di uno standard di parcheggio pubblico non inferiore a mq 3 per ogni 30 mq di superficie utile all'atto della concessione.
In sede di piano particolareggiato di iniziativa pubblica, non limitato ad un singolo edificio, il volume ricostruibile complessivo non può essere superiore alla somma dei volumi calcolati, per le singole particelle edilizie, in base al terzo comma del presente punto;
tale volume può essere diversamente distribuito all'interno dell'area di cui al piano particolareggiato nel rispetto del disposto di cui al secondo comma dell'art. 22.
I medesimi criteri si applicano agli interventi per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 , sulle aree libere di cui al secondo comma del precedente articolo 35 nel caso in cui non si applichi il ripristino tipologico e rinnovo di cui al punto A2), lettera c), del presente articolo.
Le norme del presente articolo costituiscono i criteri metodologici di cui all'articolo 2 - comma 1 della legge regionale 7 gennaio 1974, n. 2.
La Regione potrà integrare i suddetti criteri con gli atti normativi di cui al precedente articolo 4, punto 3, della presente legge.
Art. 37
Zone edificate a prevalente destinazione residenziale Zone territoriali omogenee B
Sono zone territoriali omogenee B le parti del territorio di cui all'art. 13, zona B.
Nelle zone territoriali omogenee B il piano regolatore generale:
a) classifica le aree secondo la specifica destinazione d' uso stabilendo i limiti massimi di altezza, distanza, densità raggiungibili;
b) individua le aree destinate a verde pubblico e le aree e gli edifici da destinare a servizi pubblici o ad attrezzature generali;
c) individua i perimetri all'interno dei quali gli interventi edilizi sono subordinati all'adozione di un piano particolareggiato;
d) individua le aree da sottoporre al piano per l'edilizia economica e popolare;
e) individua le zone di degrado di cui al primo comma dell'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457 , da sottoporre a piano di recupero.
Il Piano Regolatore Generale per le zone omogenee B prevede inoltre:
- indici fondiari minimi sui lotti liberi non inferiori a 1,5 mc / mg o a 0,5 mq / mq;
- standards di parcheggio pubblico per ogni intervento di nuova edificazione non inferiori a 5 mq / ab, e da cedersi sul fronte strada gratuitamente all'atto del rilascio della concessione;
- la dotazione minima di autorimesse ai sensi dell'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , da prevedersi anche per gli interventi di ristrutturazione:
- la dotazione di verde per unità di superficie;
- la determinazione della percentuale di spazi scoperti permeabili sui lotti, in misura non inferiore al 30%;
- criteri normativi per la destinazione d' uso dei piani terra, sia per nuovi edifici residenziali che per ristrutturazioni, anche sulla base del piano di adeguamento e sviluppo della rete distributiva.
Nelle zone B gli interventi sono regolati secondo quanto previsto dai punti A2, A3, A4 dell'articolo 36 della presente legge; quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, secondo quanto previsto dagli articoli 42 e 43.
Art. 38
Zone per nuovi insediamenti residenziali Zone territoriali omogenee C
Tali zone vanno dimensionate in rapporto alla quota di fabbisogno complessivo depurata di quella soddisfatta dagli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente o di nuove costruzioni previste nelle zone edificate.
Tali zone devono essere individuate prioritariamente nelle aree limitrofe ai centri edificati che siano incolte o di modesto valore agricolo o non più recuperabili agli usi agricoli.
All'interno di tali zone, con particolari normative i Comuni possono consentire l'edificazione mediante concessione di cui all'art. 27 della presente legge per aree inedificate di modeste dimensioni, semprechè dette zone territoriali omogenee C siano immediatamente limitrofe ai centri abitati, direttamente servite dalla rete infrastrutturale esistente e nelle quali siano stati preventivamente individuati gli spazi per il soddisfacimento degli standards di cui al primo comma dell'art. 46 della presente legge.
Le aree di cui al comma precedente potranno incidere sulle previsioni di nuovi insediamenti residenziali per un massimo del 30% in termini volumetrici.
Per tutte le altre aree comprese nelle zone territoriali omogenee C, la utilizzazione a scopo edificatorio può avvenire solo mediante piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata o piani per l'edilizia economica e popolare. In assenza di tali piani è escluso il rilascio di concessioni.
In tali zone, l'indice territoriale previsto dal piano regolatore generale non dovrà essere inferiore a 0,75 mc / mq o a 0,25 mq / mq nè superiore a 3 mc / mq o a 1 mq / mq.
Art. 39
Zone destinate ad insediamenti produttivi Zone territoriali omogenee D
Sono zone territoriali omogenee D le parti del territorio di cui all'articolo 13, zona D.
Il Piano Regolatore Generale nelle zone territoriali omogenee D recepisce e specifica le indicazioni di cui al punti 8), 9) nonchè 10) - lett. c) e d) del precedente articolo 8.
Il Piano Regolatore Generale definisce inoltre, sulla base dei criteri di cui al punto 11) del sopra citato art. 8:
a) gli insediamenti artigianali, industriali, commerciali e turistici esistenti, di cui si intende conservare la destinazione d' uso;
b) le nuove zone produttive artigianali nonchè quelle commerciali e turistiche.
Il Piano Regolatore Generale con particolare normativa può consentire la edificazione mediante concessione di cui all'art. 27 della presente legge nelle zone di cui al punto a) del comma precedente e nelle aree inedificate di modeste dimensioni, limitrofe a tali insediamenti esistenti, per le quali siano stati preventivamente individuati gli spazi per il soddisfacimento degli standards di cui all'art. 46 della presente legge.
Per le altre zone il Piano Regolatore Generale si attua attraverso il piano per le aree destinate agli insediamenti produttivi ai sensi dell'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , o piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata.
Art. 40
Zone agricole Zone territoriali omogenee E
Sono zone territoriali omogenee E, zone agricole, le parti del territorio di cui all'articolo 13, zona E.
In tutte le zone agricole il Piano Regolatore Generale opera nel rispetto delle scelte programmatiche comprensoriali contenute nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale e nel piano di sviluppo agricolo, disciplina gli interventi ai fini del recupero e dello sviluppo del patrimonio produttivo agricolo, tutelando le unità produttive e favorendo le esigenze economiche e sociali dei lavoratori agricoli, delle imprese coltivatrici e delle loro forme associative e cooperative.
In assenza di tali strumenti il Piano Regolatore Generale persegue direttamente i medesimi obiettivi di cui al comma quarto dell'art. 8, punto 5), lettere a), b), c) della presente legge.
Le nuove costruzioni residenziali non al diretto servizio della produzione agricola e delle esigenze dei lavoratori agricoli e dei loro familiari sono incompatibili con le destinazioni d' uso delle zone agricole.
Le nuove costruzioni residenziali si intendono come funzionali alla produzione agricola quando sono realizzate in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze economiche, sociali, civili e culturali:
a) del coltivatore diretto proprietario e del coltivatore diretto affittuario che dedica all'attività agricola almeno la metà del tempo di lavoro complessivo e ricava da tale attività almeno la metà del proprio reddito di lavoro, ridotti rispettivamente al 30% nel caso dei Comuni compresi nel territorio delle Comunità montane;
b) dei seguenti soggetti, in quanto aventi la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi del primo comma dell'articolo 7 della legge regionale 5 maggio 1977, n. 18:
- proprietari concedenti in quanto richiedenti la concessione in funzione delle esigenze dell'azienda agricola, dei coltivatori e dei conduttori interessati e dei loro familiari;
- proprietari conduttori in economia e dei loro familiari;
- affittuari e conduttori mezzadri in possesso del titolo di cui alla legge 11 febbraio 1971 n. 11 ed alla legge 15 settembre 1964 n. 756 ;
- cooperative agricole di conduzione, braccianti e forme associate assimilabili.
Gli interventi nelle zone agricole si attuano attraverso i seguenti strumenti:
a) piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata, previsti dai piani quinquennali di sviluppo agricolo;
b) piani per insediamenti produttivi di cui all'art. 24, lettera d) della presente legge;
c) concessione gratuita in conformità alle norme del piano regolatore generale nei soli casi di cui all'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ;
d) concessione onerosa in conformità alle norme del Piano Regolatore Generale, in tutti gli altri casi previsti dalle presenti norme e non ricompresi nella concessione gratuita;
e) piani di sviluppo aziendali ed interaziendali di iniziativa privata, proposti dai soggetti di cui agli artt. 6 e 7 della legge regionale 5 maggio 1977 n. 18 che stabiliscono, in funzione delle reali necessità produttive delle aziende, la qualità e la quantità degli interventi infrastrutturali ed edilizi necessari al loro sviluppo.
I piani di sviluppo aziendali ed interaziendali sono redatti in conformità alle modalità previste per la formazione dei piani di sviluppo di cui alla legge regionale 5 maggio 1977, n. 18.
Il piano va corredato dagli elementi previsti dall'art. 21 della stessa legge regionale n. 18 e dagli elaborati richiesti dalle norme di Piano Regolatore Generale. Il piano può essere approvato indipendentemente dal conseguimento dei redditi di riferimento di cui alla citata legge regionale 5 maggio 1977, n. 18.
In sede di piano di sviluppo aziendale ed interaziendale, nell'ambito degli obiettivi produttivi stabiliti dal piano, possono essere superati i limiti fissati dalle norme urbanistiche del Piano Regolatore Generale; in tali casi, il piano di sviluppo aziendale è obbligatorio.
Gli interventi edilizi previsti dal piano di sviluppo aziendale ed interaziendale dopo l'approvazione del piano stesso, sono comunque sottoposti alla procedura della concessione.
Le concessioni rilasciate in zona agricola saranno in ogni caso assoggettate ad atto d' obbligo unilaterale per quanto attiene la destinazione d' uso nei limiti indicati all'ultimo comma dell'art. 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .
In sede di formazione del Piano Regolatore Generale il Comune effettua il censimento degli insediamenti e degli edifici presenti nelle zone agricole, classificando e normando, attraverso tale censimento, gli edifici che presentano le caratteristiche di bene culturale ed individuando gli edifici esistenti non destinati o non destinabili all'attività agricola, definendone in tal caso le specifiche normative e destinazioni d' uso.
Per valutare la conformità degli interventi di cui ai punti precedenti del presente articolo, il sindaco si avvale della commissione consultiva agricola all'uopo costituita con delibera del Consiglio comunale. Tale commissione è composta almeno da 9 membri in rappresentanza delle organizzazioni professionali agricole, sindacali e cooperative del settore, maggiormente rappresentative a livello regionale. La commissione è presieduta dal sindaco o da un suo delegato.
Art. 41
Attrezzature pubbliche e servizi sociali Zone territoriali omogenee F e G
Sono zone territoriali omogenee F e G le parti del territorio di cui all'art. 13, zone F e G.
Il Piano Regolatore Generale recepisce e specifica le previsioni del piano territoriale di coordinamento per le zone territoriali omogenee F di interesse nazionale, regionale e comprensoriale, nonchè individua le aree per attrezzature urbane e territoriali di uso pubblico e per servizi pubblici tecnologici e amministrativi di livello comunale, ivi compresi quelli destinati a fiere e spettacoli ambulanti.
Su tali aree, in attesa della loro utilizzazione pubblica, il Piano Regolatore Generale disciplina mediante convenzionamento i casi di possibile uso del suolo, con l'esclusione di quello edificatorio.
Il Piano Regolatore Generale individua altresì, come zone territoriali omogenee G, le aree di cui al punto 5) dell'articolo 13 della presente legge.
Art. 42
Manutenzione ordinaria
Ferme restando le eventuali disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1 giugno 1939 n. 1089 e 29 giugno 1939 n. 1497 e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono interventi di manutenzione ordinaria quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, quali:
1) pulitura esterna, ripresa parziale di intonaci senza alterazioni di materiali o delle tinte esistenti;
2) pulitura, riparazione, sostituzione o tinteggiatura degli infissi esterni, recinzioni, manti di copertura, pavimentazioni esterne, senza alterazione dei tipi di materiali esistenti o delle tinte o delle tecnologie;
3) rifacimento parziale di rivestimenti esterni, senza modificazione dei tipi di materiali esistenti o delle tinte o delle tecnologie;
4) riparazione ed ammodernamento di impianti tecnici che non comportino la costruzione o la destinazione ex - novo di locali per servizi igienici e tecnologici;
5) tinteggiatura, pittura e rifacimento degli intonaci interni;
6) riparazione di infissi interni, grondaie e canne fumarie;
7) riparazione di pavimenti interni.
Art. 43
Manutenzione straordinaria
Fatte salve le limitazioni di cui al primo comma dell'art. 42, costituiscono interventi di manutenzione straordinaria le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d' uso.
In particolare sono opere di manutenzione straordinaria il rifacimento totale di intonaci, di recinzioni, di manti di copertura e pavimentazioni esterne, con modificazione dei tipi dei materiali esistenti, delle tinte, nonchè il rifacimento comportante anche rifacimento ex - novo di locali per servizi igienici e tecnologici.
La manutenzione straordinaria non è ammessa nei casi di restauro scientifico di cui al precedente articolo 36 - punto A1, nonchè di restauro e risanamento conservativo di cui al medesimo art. 36 - punto A2.
Per gli interventi di manutenzione straordinaria la concessione prevista dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10 , è sostituita da una autorizzazione del sindaco ad eseguire i lavori.
Per gli interventi di manutenzione straordinaria che non comportano il rilascio dell'immobile da parte del conduttore, l'istanza per l'autorizzazione di cui al comma precedente s' intende accolta qualora il sindaco non si pronunci nel termine di novanta giorni. In tal caso il richiedente può dar corso ai lavori dando comunicazione al sindaco del loro inizio.
Art. 44
Zone di recupero del patrimonio edilizio esistente
Il Piano Regolatore Generale specifica le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione ed alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonchè edifici da destinare ad attrezzature.
Le zone sono individuate per i Comuni dotati di Piano Regolatore Generale con deliberazione del Consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 .
Nell'ambito delle zone possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al precedente articolo 26.
Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo, si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. Qualora tali strumenti subordinino il rilascio della concessione alla formazione del piano particolareggiato, sono consentiti, in assenza di questo, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonchè di restauro e di ristrutturazione edilizia che riguardino esclusivamente opere interne e singole unità immobiliari, con il mantenimento delle destinazioni di uso residenziali.
Gli interventi di restauro e di ristrutturazione edilizia, qualora riguardino globalmente edifici costituiti da più alloggi, sono consentiti, con il mantenimento delle destinazioni d' uso residenziali, purchè siano disciplinati da convenzioni o da atto d' obbligo unilaterale, trascritto a cura del Comune e a spese dell'interessato, mediante il quale il concessionario si impegna a praticare prezzi di vendita e canoni di locazione degli alloggi concordati con il Comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione.
Art. 45
Aree per la viabilità e la rete ferroviaria
Il Piano Regolatore Generale recepisce e specifica le aree destinate alla viabilità e alla rete ferroviaria secondo quanto previsto dall'articolo 8 - punto 7) della presente legge, oltre alla viabilità di esclusivo interesse comunale.
Il Comprensorio, in sede di piano territoriale di coordinamento, provvede alla classificazione funzionale delle strade e detta norme per la regolamentazione dei relativi accessi all'esterno dei centri abitati.
Le distanze tra tali accessi non possono essere inferiori per le strade statali a ml 300 e, per le provinciali, a ml 200.
Le zone di rispetto stradale dovranno avere una profondità almeno pari a quella stabilita dal decreto ministeriale 1 aprile 1968, n. 1404. Tale profondità si applica anche alle ferrovie nella misura minima di mt 30, misurati dal ciglio o dal piede della scarpata, fermi restando i divieti di cui all'art. 235 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 e successive modificazioni ed integrazioni.
Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale, fatte salve le distanze minime di legge, detta norme relative alle zone di rispetto stradale di cui ai commi precedenti e alle installazioni pubblicitarie.
Le zone di rispetto sono normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti di carreggiate, parcheggi pubblici, percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazioni a verde, conservazione dello stato di natura.
Nelle zone di rispetto stradale, sulla base di una quantificazione del fabbisogno di impianti per la distribuzione del carburante fatta a livello di comprensorio, il Piano Regolatore Generale potrà consentire a titolo precario la costruzione di detti impianti.
Il Piano Regolatore Generale detta norme specifiche per le costruzioni esistenti in dette zone ai fini della loro ristrutturazione concedendo anche una quota di ampliamento da realizzarsi nella parte non prospiciente il fronte stradale e ferroviario.
Art. 46
Standards urbanistici
Nei Piani Regolatori Generali deve essere assicurata una dotazione minima e inderogabile di aree per servizi pubblici di quartiere o di complesso insediativo.
1) Per gli insediamenti residenziali:
1a) relativamente ai Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, detta misura minima inderogabile è di mq 25 per ogni abitante insediato o da insediare e mq 25 per ogni due posti - letto negli insediamenti residenziali a carattere turistico residenziale, così ripartiti:
a) mq 7 di aree per l'istruzione dell'obbligo, asili - nido, scuole materne;
b) mq 4 di aree per attrezzature di interesse comune, di cui mq 1,2 per servizi religiosi;
c) mq 10 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco, per il gioco e lo sport, escluse le zone di rispetto stradale, ferroviario, aeroportuale, demaniale, marittimo e cimiteriale;
d) mq 4 di aree per parcheggi pubblici.
1b) relativamente a tutti gli altri Comuni, la misura minima inderogabile per gli insediamenti residenziali e per quelli a carattere turistico è di mq 30 per ogni abitante insediato o da insediare e mq 30 per ogni due posti letto, così ripartiti:
a) mq 7 di aree per l'istruzione dell'obbligo, asili - nido, scuole materne;
b) mq 4 di aree per attrezzature di interesse comune, di cui mq 1,2 per servizi religiosi;
c) mq 14 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco, per il gioco e lo sport, escluse le zone di rispetto stradale, ferroviario, aeroportuale, demaniale, marittimo e cimiteriale;
d) mq 5 di aree per parcheggi pubblici.
Nelle zone residenziali e turistiche esistenti, sottoposte a piano particolareggiato, piano per l'edilizia economica e popolare o a piano per gli insediamenti produttivi, nel caso in cui siano previsti interventi di demolizione o ricostruzione, il Piano Regolatore Generale fissa il livello degli standards, fermo restando un minimo inderogabile corrispondente a 5 mq di parcheggio pubblico per abitante, calcolato come nel comma precedente per le zone turistiche.
2) Per i nuovi insediamenti produttivi, turistici, industriali e artigianali, commerciali e direzionali vanno previste le seguenti dotazioni minime:
a) nei nuovi insediamenti di carattere turistico, commerciale e direzionale, a mq 100 di superficie lorda di pavimento di edifici previsti deve corrispondere la quantità minima di mq 100 di spazio pubblico, escluse le sedi viarie, di cui mq 40 destinati a parcheggi pubblici in aggiunta a quelli di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , e mq 60 a verde pubblico alberato e attrezzato;
b) nei nuovi insediamenti produttivi industriali e artigianali la superficie da destinare a spazi pubblici, oltre le aree destinate alla viabilità, non può essere inferiore al 20% della superficie destinata a tali insediamenti, di cui il 10% per parcheggi e attività collettive e il restante 10% a verde pubblico.
Per i piani di edilizia economica e popolare e per i piani particolareggiati relativi a nuovi insediamenti, compresi quelli residenziali a carattere turistico, fatta salva la quota di cui al punto 1) - lettera d) del presente articolo, il Piano Regolatore Generale, per la restante quota, può prevedere una diversa ripartizione degli standards rispetto a quelle previste dal punto 1) del presente articolo.
Il Comprensorio fissa in sede di piano territoriale di coordinamento la dotazione minima di aree di cui all'art. 41 della presente legge, per l'istruzione superiore all'obbligo, per attrezzature sanitarie e ospedaliere, per parchi comprensoriali e grandi attrezzature, per lo sport, nonchè per attrezzature pubbliche di interesse generale.
Il piano comprensoriale può fissare, in caso di comprovata necessità, ai sensi dell'art. 8 - punto 13) della presente legge, una dotazione di standards superiore a quella fissata nei punti 1) e 2) dei commi precedenti del presente articolo. Il piano comprensoriale può altresì stabilire la facoltà per i Comuni di adottare standards inferiori a quelli indicati al punto 1, lettera c), per i nuclei e i centri frazionali aventi consistenza demografica fino a 1000 abitanti, precisando i minimi consentiti.
L'approvazione del Piano Regolatore Generale, relativamente alle aree nelle quali siano state già specificatamente localizzate singole opere pubbliche, equivale a dichiarazione di pubblica utilità e consente l'inizio delle espropriazioni delle aree destinate al soddisfacimento degli standards urbanistici del presente articolo, semprechè lo stesso Piano Regolatore Generale non ne disponga l'attuazione mediante piano particolareggiato.
Titolo VII
ELEMENTI DELLA PIANIFICAZIONE COMPRENSORIALE E COMUNALE
Art. 47
Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comprensoriale
Nella formazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale si devono acquisire i seguenti dati conoscitivi:
1) fattori fisico - ambientali:
a) le limitazioni e le potenzialità d' uso del territorio definite a partire dalle interrelazioni fra i fondamentali fattori fisico - ambientali;
b) le utilizzazioni in essere dei suoli;
c) le destinazioni previste, quali risultano dalla ricomposizione a scala comprensoriale delle destinazioni proposte o previste, e non ancora realizzate, definite dagli strumenti urbanistici od altri piani e relativi progetti vigenti o in via di elaborazione;
2) fattori demografico - occupazionali riferiti alla struttura e distribuzione dei posti di lavoro, stimate a 5 e 10 anni, della popolazione residente e degli attivi per settore con riferimento alle ipotesi di andamento tendenziale e di riequilibrio del piano quinquennale di sviluppo;
3) servizi e infrastrutture con specifico riferimento alla rete delle infrastrutture, del trasporto pubblico, dei servizi sociali e delle attrezzature pubbliche di competenza comprensoriale esistenti; infrastrutture e servizi di competenza regionale o nazionale esistenti e previsti.
Tutta la documentazione relativa alle ricerche finalizzate all'elaborazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale resta depositata presso la sede del Comitato comprensoriale e chiunque può prenderne visione.
Gli elementi costitutivi del piano territoriale di coordinamento comprensoriale sono:
1) relazione al piano con allegata scheda dell'ipotesi demografica e occupazionale per il comprensorio e disaggregata per Comuni;
2) tavole del progetto nel rapporto 1: 10.000;
3) tavola nel rapporto 1: 50.000, con la sintesi schematica dei contenuti del piano territoriale di coordinamento comprensoriale;
4) norme di attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale;
5) relazione geologica generale del territorio comprensoriale.
Art. 48
Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comunale
Ai fini dell'elaborazione del Piano Regolatore Generale, si devono approfondire a livello comunale i dati conoscitivi di cui all'art. 47 della presente legge nonchè acquisire i seguenti ulteriori dati:
- vincoli di legge esistenti;
- analisi dello stato di fatto;
- indagine sugli immobili di valore storico - ambientale;
- analisi delle condizioni abitative;
- analisi dell'attività costruttiva;
- analisi sulle strutture aziendali agricole e individuazione delle aree a colture pregiate;
- analisi delle strutture produttive;
- analisi delle reti infrastrutturali esistenti;
- censimento del verde e delle alberature esistenti per le zone territoriali omogenee A e B.
In particolare, ai fini della predisposizione della disciplina particolareggiata per le zone territoriali omogenee A, di cui al precedente art. 36, l'analisi dello stato di fatto deve comprendere almeno i seguenti studi preliminari in scala 1: 1000 o 1: 500:
a) trasformazione storica del tessuto urbanistico;
b) datazione degli edifici;
c) principali tipologie;
d) analisi degli spazi liberi;
e) consistenza della proprietà pubblica;
f) analisi strutturale della popolazione;
g) analisi del patrimonio edilizio esistente.
Gli elementi costitutivi del Piano Regolatore Generale sono:
1) relazione illustrativa con allegate schede dell'ipotesi demografica e occupazionale nonchè del fabbisogno residenziale arretrato e futuro calcolato secondo il disposto dell'articolo 13 della presente legge, comma secondo, e i dati quantitativi relativi alle previsioni di nuovi insediamenti residenziali, produttivi e di servizi. Tale relazione dovrà contenere altresì una stima di massima dei costi di insediamento relativamente almeno alle opere di urbanizzazione primaria. Tutta la documentazione relativa alle ricerche finalizzate all'elaborazione del Piano Regolatore Generale resta depositata presso la segreteria del Comune e chiunque può prenderne visione;
2) tavola di progetto nel rapporto 1: 5000 dell'intero territorio comunale;
3) tavola di progetto in scala non inferiore rispettivamente a 1: 1000 e a 1: 2000 per le zone A e B sottoposte a disciplina particolareggiata e stralci in scala non inferiore a 1: 2000 delle parti delle zone C e D regolate ai sensi degli artt. 38 e 39 della presente legge;
4) tavola nel rapporto 1: 10.000 contenente la sintesi schematica delle previsioni di Piano Regolatore Generale;
5) norme di attuazione del piano regolatore generale;
6) relazione geologica contenente le prescrizioni per i nuovi insediamenti.
Art. 49
Elementi costitutivi degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale
I piani particolareggiati pubblici e privati e i piani di recupero pubblici e privati devono contenere i seguenti elementi:
a) schema di convenzione nella quale sia compresa, oltre a quanto previsto agli artt. 31 e 32 della presente legge per i piani particolareggiati, sia l'indicazione dell'entità dell'intervento dimensionato in superficie territoriale, sia la superficie utile edificabile relativamente a tutte le destinazioni d' uso previste, nonchè al numero degli abitanti o degli addetti insediabili con la quantificazione e delimitazione degli standards urbanistici e delle altre aree pubbliche o di uso pubblico;
b) stralcio dello strumento urbanistico vigente e delle relative norme di attuazione;
c) estratto catastale con indicazione dei limiti di proprietà e relative superfici in scala 1: 2000 nonchè elenco catastale delle proprietà e, nel caso dei piani particolareggiati pubblici, elenco catastale delle proprietà da espropriare o da vincolare;
d) stato di fatto planimetrico e altimetrico della zona, prima e dopo l'intervento, con la individuazione di un caposaldo fisso permanente da riferire alle curve di livello;
e) stato di fatto contenente fra l'altro:
1) rilievo del verde esistente con la indicazione delle essenze legnose;
2) costruzioni e manufatti di qualunque genere esistenti;
3) elettrodotti, metanodotti, fognature e impianti di depurazione, acquedotti e relative servitù;
4) viabilità e toponomastica;
5) altri eventuali vincoli;
f) documentazione fotografica del terreno, con indicazione dei relativi punti di vista;
g) planimetria di progetto in scala 1: 500 indicante numerazione dei lotti, strade, piazze debitamente quotate, spazi di verde attrezzato (pubblico, condominiale, privato), eventuali utilizzazioni in sotterraneo e servizi centralizzati, spazi per servizi e per verde attrezzato, spazi pubblici per sosta o parcheggio;
h) sezioni e profili in scala 1: 500 con l'indicazione delle tipologie edilizie e relative destinazioni d' uso specificatamente per il piano terreno, dei materiali con le prescrizioni necessarie alla corrispondenza del progetto alle esigenze reali, ambientali e morfologiche;
i) schema degli impianti tecnici quali acquedotto, gas, fognatura e impianti di depurazione, energia elettrica e rete telefonica, con relativa previsione di spesa;
l) progetto di massima dell'impianto di illuminazione pubblica con ubicazione delle necessarie cabine, con relativa previsione di spesa;
m) norme urbanistiche e edilizie per la buona esecuzione del piano;
n) relazione illustrativa e relazione sulla previsione della spesa occorrente per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano;
o) relazione geologica e analisi geotecnica del terreno;
p) dichiarazione del sindaco attestante che il piano particolareggiato in questione ricade o meno:
- all'interno di zone dichiarate bellezze naturali ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ;
- all'interno di zone soggette a vincolo idrogeologicoforestale;
- all'interno della zona territoriale omogenea A o in area d' interesse ambientale;
- in area soggetta a consolidamento dell'abitato;
- in area dichiarata sismica.
Per i piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani per gl'insediamenti produttivi sono richiesti esclusivamente gli elementi di cui all'art. 4 della legge 18 aprile 1962 n. 167 e all'art. 27 - quarto comma della legge 22 ottobre 1971, n. 865 .
I piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani per gli insediamenti produttivi relativi a zone di espansione, limitatamente alle parti comprese nel piano pluriennale di attuazione di cui all'art. 38 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 , preliminarmente alla loro attuazione dovranno essere dotati di tutti gli elementi di cui al primo comma, fatta eccezione della lettera a), mediante variante ai sensi dell'art. 34 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 .
I piani particolareggiati pubblici e i piani di recupero pubblici nelle zone A specificano la disciplina particolareggiata e possono contenere solo gli elementi di cui alle lettere a), b), c), m) ed n) del presente articolo; la relativa planimetria di progetto può essere presentata in scala 1: 1000, mentre per le zone B, oltre agli elementi di cui sopra, va presentato anche lo stato di fatto di cui al punto d) del presente articolo.
I piani particolareggiati pubblici e privati e i piani per gli insediamenti produttivi relativi alle zone industriali e artigianali possono non contenere gli elementi di cui alla lettera h) del presente articolo.
Titolo VIII
CONTROLLO SULL'ATTIVITA' COSTRUTTIVA
Art. 50
Abitabilità e usabilità delle costruzioni
Nessuna nuova costruzione, ivi compresi gli ampliamenti, le sopraelevazioni, le modificazioni e le ristrutturazioni di edifici preesistenti, può essere abitata o usata senza autorizzazione del sindaco, all'uopo richiesta dall'interessato.
L'autorizzazione di cui al precedente comma è subordinata alle seguenti condizioni:
a) che sia stata rilasciata dal sindaco regolare concessione;
b) che la costruzione sia conforme al progetto approvato;
c) che siano state rispettate tutte le eventuali prescrizioni e condizioni apposte sulla concessione, siano esse di carattere urbanistico - edilizio, igienico - sanitario o di altro genere;
d) che siano rispettate le destinazioni d' uso previste nel progetto approvato;
e) che siano rispettate le norme di cui alla legge 5 novembre 1971, n. 1086 ;
f) che la costruzione non presenti cause o fattori di insalubrità sia nei confronti degli utenti di essa che dell'ambiente, sia interno che esterno;
g) che siano state rispettate le norme antincendio, antisismiche e in genere di sicurezza delle costruzioni.
Gli accertamenti saranno svolti dall'ufficio tecnico e dall'ufficio sanitario, secondo le rispettive competenze.
Il sindaco, entro i successivi 30 giorni dalla presentazione della domanda, effettuati tramite gli uffici tecnici comunali gli accertamenti di conformità alle norme sanitarie, tecniche e di sicurezza vigenti, nonchè alle condizioni stabilite nella concessione stessa, rilasciata l'autorizzazione d' uso o di abitabilità.
In assenza di dette autorizzazioni, è fatto divieto ai Comuni o loro Consorzi ed alle loro aziende di erogazione di servizi pubblici, quali acqua, gas, illuminazione, rete fognante, di effettuare le relative forniture.
Qualora ai fini dell'abitabilità o dell'usabilità di un immobile sia necessaria l'autorizzazione di altra autorità secondo le leggi vigenti, il sindaco è tenuto a revocare l'autorizzazione entro 90 giorni dalla conoscenza dell'eventuale diniego.
Art. 51
Utilizzazione abusiva di costruzioni
I proprietari che abitano o usano personalmente o consentono a titolo gratuito od oneroso che altri utilizzi una o più unità immobiliari site in costruzioni prive dell'autorizzazione di cui al primo comma dell'art. 50, saranno denunciati all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 221 del TU delle leggi sanitarie approvato con RD 27 luglio 1934 n. 1265.
Qualora all'atto dell'accertamento dell'infrazione l'edificio o l'unità immobiliare interessata non possieda i requisiti per ottenere l'autorizzazione di abitabilità o di usabilità, il sindaco porrà un termine per la regolarizzazione dell'immobile, trascorso il quale infruttuosamente provvederà a ulteriore denuncia all'autorità giudiziaria.
Nei casi in cui possa esserci pregiudizio per la salute o per l'ambiente il sindaco, su proposta dell'ufficio tecnico comunale o dell'ufficiale sanitario, a seconda delle rispettive competenze, ordinerà lo sgombero della costruzione e ne impedirà l'uso attraverso opportune misure tecnico - edilizie.
Art. 52
Opere costruite in difformità o in assenza della concessione
Per le opere in corso di costruzione di cui sia stata accertata la totale difformità dalla concessione o l'assenza della medesima, il sindaco ordina la immediata sospensione dei lavori, notificando la relativa ordinanza agli interessati nelle forme prescritte per le citazioni.
Entro i successivi 10 giorni il sindaco ordina con le medesime modalità la demolizione delle opere, che deve avvenire a cura e spese del proprietario entro il termine massimo di 90 giorni dalla notifica. Ove si tratti di opere totalmente eseguite, il sindaco ne ordina senz' altro la demolizione con le modalità di cui sopra.
Ove non si provveda alla demolizione nei termini suddetti, il Consiglio comunale entro i successivi 60 giorni dovrà valutare con delibera motivata, agli effetti delle disposizioni di cui al terzo e all'ottavo comma dell'articolo 15 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 , se l'opera realizzata sia in contrasto con rilevanti interessi urbanistici e ambientali o se ne sia possibile l'utilizzazione per i fini pubblici.
Per le opere realizzate in parziale difformità dalla concessione, il sindaco ordina l'immediata sospensione dei lavori notificando la relativa ordinanza agli interessati nelle forme prescritte per le citazioni. Entro i successivi 20 giorni, il sindaco decide l'applicazione dell'ordine di demolizione o della sanzione pecuniaria.
Ove il sindaco non provveda, il presidente del Comitato comprensoriale o suo delegato è tenuto ad attuare i provvedimenti di cui ai commi precedenti entro 20 giorni dall'arrivo di comunicazione scritta formulata sia da enti sia da qualsiasi soggetto anche non direttamente interessato, nella quale viene segnalata l'inerzia del sindaco.
Per le sanzioni amministrative e penali valgono le norme di cui agli artt. 15 e 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .
Ai fini della valutazione della sanzione pecuniaria di cui all'undicesimo comma dell'art. 15 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , il sindaco si avvale della commissione di cui all'art. 1 della legge regionale 13 gennaio 1978, n. 5.
Art. 53
Annullamento di autorizzazioni comunali
Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni, i provvedimenti e le concessioni comunali che autorizzano opere non conformi a prescrizioni di strumenti urbanistici, o che in qualsiasi modo costituiscano violazioni delle prescrizioni stesse, sono annullati dal Comitato comprensoriale, sentita la commissione consultiva comprensoriale, secondo le procedure disposte dall'art. 27 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni.
In caso di inerzia da parte del detto Comitato comprensoriale, la Giunta regionale inviterà tale organo a provvedere ponendo un termine perentorio. Trascorso tale termine, la Giunta stessa, seguendo le procedure del citato articolo, adotterà i relativi provvedimenti sentita la competente commissione consiliare.
Art. 54
Deroghe
Il Piano Regolatore Generale e il regolamento edilizio possono dettare disposizioni che consentano al Comune di rilasciare concessioni edilizie in deroga alle norme di regolamento edilizio e di attuazione del Piano Regolatore Generale purchè le relative scelte non comportino modifiche al piano territoriale di coordinamento comprensoriale e semprechè riguardino edifici e impianti pubblici ai sensi dell'art. 46 della presente legge.
In tali casi, il sindaco richiede il preventivo nulla - osta del Comitato comprensoriale e rilascia la concessione previa deliberazione del Consiglio comunale.
Art. 55
Misure di salvaguardia
A decorrere dalla data di adozione di tutti gli strumenti urbanistici nei casi previsti dalla presente legge e fino all'emanazione del relativo atto di approvazione, il sindaco deve sospendere ogni determinazione sulla domanda di concessione di costruzione e nei confronti di qualsiasi intervento di trasformazione del territorio che sia in contrasto con le disposizioni di detti piani o tale da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione.
In ogni caso, le sospensioni suddette non potranno essere protratte oltre cinque anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico. L'applicazione delle misure previste nel presente articolo non esime dall'applicazione di misure di salvaguardia più restrittive previste da altre leggi vigenti statali nonchè dall'art. 7 della legge regionale 8 marzo 1976, n. 10.
Titolo IX
ORGANI CONSULTIVI
Art. 56
Organi consultivi
Per le attribuzioni previste dalla presente legge sono organi consultivi:
a) il Comitato consultivo regionale;
b) le Commissioni consultive comprensoriali;
c) le Commissioni edilizie comunali;
d) le Commissioni consultive agricole.
Art. 57
Comitato consultivo regionale
Il Comitato consultivo regionale, formato ai sensi della legge regionale 24 marzo 1975 n. 18 e successive modificazioni e integrazioni, esprime:
1) parere obbligatorio sui piani territoriali regionali di cui all'art. 4 della presente legge;
2) parere obbligatorio sui piani territoriali di coordinamento comprensoriale e relativi piani stralcio, di cui all'art. 8 della presente legge.
In via transitoria, fino alla costituzione delle Commissioni consultive comprensoriali, detto comitato continuerà a esercitare le funzioni consultive attribuite alle commissioni stesse dal successivo art. 59.
Fino all'approvazione dei piani territoriali di coordinamento comprensoriale, il predetto comitato esercita altresì le funzioni consultive sugli strumenti urbanistici di cui al precedente art. 7, punto 4) - lett. a).
Art. 58
Commissione consultiva comprensoriale
Il Comitato comprensoriale, mediante decreto del suo presidente, provvede alla costituzione di una commissione consultiva comprensoriale così composta:
1) dal presidente del Comitato comprensoriale o da un suo delegato, con funzioni di presidente;
2) da due componenti dell'ufficio di piano comprensoriale, designati dall'ufficio di presidenza del Comitato comprensoriale;
3) da otto componenti designati, con voto limitato a 4, dal Comitato comprensoriale, scelti fra esperti in diritto amministrativo, in urbanistica, in geologia, in agraria e in igiene dell'ambiente, assicurando la nomina di almeno un membro per ciascuna delle predette discipline;
4) da tre esperti, eletti con voto limitato a due fra quelli designati dai Comuni del comprensorio;
5) da un esperto designato dalle amministrazioni provinciali interessate.
Il presidente della commissione può far intervenire di volta in volta alle adunanze, senza diritto di voto, studiosi ed esperti estranei all'amministrazione. Potranno essere altresì invitati, senza diritto di voto, rappresentanti di organi e uffici pubblici i cui compiti risultino connessi con l'argomento da trattare. Parimenti potranno essere invitati alle adunanze i sindaci dei Comuni interessati, i quali all'atto della votazione dovranno allontanarsi.
Il presidente del Comitato comprensoriale nominerà il segretario ed il relativo sostituto, scegliendoli tra i collaboratori dell'ufficio di piano comprensoriale.
Le adunanze della commissione sono valide con la presenza dei due quinti dei suoi componenti ed i pareri sono validi quando siano espressi col voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti; in caso di parità, prevale il voto del presidente.
I Comitati comprensoriali possono deliberare la costituzione di un' unica commissione consultiva su base intercomprensoriale; in tal caso, ferma restando la composizione della commissione prevista al primo comma del presente articolo, ne entrano a far parte di diritto i presidenti dei Comitati comprensoriali interessati.
Tali presidenti presiedono a turno la Commissione consultiva intercomprensoriale; la nomina di tutti i componenti va adottata dai singoli Comitati comprensoriali per i quali l'organo svolge funzioni di consulenza, che indicheranno altresì la sede della commissione e la segreteria.
Art. 59
Compiti della Commissione consultiva comprensoriale
La Commissione consultiva comprensoriale esprime parere:
- sugli strumenti urbanistici di cui al precedente art. 7, punto 4 - lettere a), c), d), g), h), i), l), m), sottoposti all'approvazione del Comitato comprensoriale;
- per i provvedimenti di cui al precedente art. 7 - punto 5);
- per i provvedimenti di cui al precedente art. 7 - punto 12);
- su qualsivoglia altro argomento sottopostogli dal Comitato comprensoriale.
Art. 60
Commissione edilizia comunale
Il Consiglio comunale nomina una Commissione edilizia comunale, con il compito di esprimere parere obbligatorio non vincolante ai fini del rilascio della concessione di cui all'art. 27 della presente legge.
Tale Commissione è composta da un numero di membri non inferiore a cinque, ivi compreso il suo presidente nella persona del sindaco o dell'assessore delegato.
Nei Comuni superiori a 50.000 abitanti la Commissione edilizia può essere articolata in una o più sottocommissioni.
Non fanno parte della Commissione edilizia i rappresentanti di organi o istituti ai quali per legge è demandato un parere specifico e autonomo sull'oggetto della concessione.
Il capo dell'ufficio tecnico comunale, o suo delegato, svolge funzione di segretario senza diritto di voto.
Possono partecipare ai lavori della Commissione, senza diritto di voto, i consiglieri comunali.
Titolo X
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 61
Obbligo di adozione o di revisione del Piano Regolatore Generale e del Piano per l'edilizia economica e popolare
I Comuni sprovvisti di Piano Regolatore Generale o dotati di programma di fabbricazione sono obbligati a adottare un Piano Regolatore Generale adeguato alle disposizioni e ai criteri della presente legge, entro e non oltre due anni dall'entrata in vigore della medesima.
I Comuni dotati di Piano Regolatore Generale sono tenuti alla sua revisione per l'adeguamento alle norme della presente legge entro i seguenti termini dalla data di entrata in vigore della medesima, fatti salvi i tempi di cui all'art. 10 - ultimo comma della presente legge:
a) i Comuni dotati di Piano Regolatore Generale approvato dal Ministero per i Lavori Pubblici, entro due anni;
b) i Comuni dotati di Piano Regolatore Generale approvato dalla Regione prima dell'entrata in vigore della presente legge:
- entro due anni, se hanno una popolazione inferiore a 20.000 abitanti;
- entro tre anni se hanno una popolazione superiore a 20.000 abitanti, ma non superiore a 50.000;
- entro quattro anni, se hanno una popolazione superiore a 50.000 abitanti.
I Comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano adottato il Piano Regolatore Generale, ma non abbiano ancora deliberato le controdeduzioni alle osservazioni, devono adeguare il piano medesimo alle norme della presente legge.
I Comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano adottato il Piano Regolatore Generale e deliberato le controdeduzioni alle osservazioni ai sensi dell'art. 9 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , debbono trasmettere il piano medesimo alla Regione. Detti piani e gli altri giacenti a tale data presso la Regione possono essere approvati se rispondenti alle disposizioni degli artt. 33, 36 e 46 della presente legge. Con il provvedimento di approvazione la Regione fissa il termine massimo, non superiore a cinque anni, entro il quale il Comune deve procedere all'adeguamento del Piano Regolatore Generale a tutte le norme della presente legge.
I Comuni obbligati che siano sprovvisti di un piano per l'edilizia economica e popolare devono adottarlo entro e non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge, salvo il caso in cui esista o sia in itinere l'adozione di un piano per lhedilizia economica e popolare consortile.
In caso di inadempienza il Comitato comprensoriale, previa diffida a adempiere entro congruo termine, si sostituisce al Comune per il rispetto degli obblighi di cui ai commi precedenti.
I Piani Regolatori Generali adottati in esecuzione delle disposizioni del presente articolo sono trasmessi, fino alla data di approvazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale, alla Regione ed approvati dalla Giunta regionale su parere del Comitato consultivo regionale. Nei Piani Regolatori Generali adottati in assenza del piano territoriale di coordinamento comprensoriale, il loro dimensionamento va determinato ai sensi dell'art. 13 della presente legge.
Nei riguardi dei Piani Regolatori Generali, programmi di fabbricazione, regolamenti edilizi, piani di edilizia economica e popolare, piani di insediamenti produttivi, e loro rispettive varianti, già trasmessi dai Comuni prima dell'entrata in vigore della presente legge, vengono seguite le procedure previste dalla legge regionale 24 marzo 1975, n. 18.
I Comuni dotati di piano di fabbricazione possono adottare varianti allo stesso solo se le medesime non incidono sul dimensionamento del piano, oppure sono in adeguamento agli artt. 33, 36 e 46 della presente legge.
Tali varianti sono approvate dai Comitati comprensoriali, sentita la Commissione consultiva comprensoriale.
Sono altresì approvate dai Comprensori le varianti ai Piani Regolatori Generali in adeguamento ai medesimi articoli con le procedure previste dalla presente legge.
Art. 62
Regolamenti edilizi
Tutti i Comuni devono adeguare, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, il proprio regolamento edilizio alle disposizioni della presente legge volte a disciplinare l'attività edilizia e, in particolare, quella di cui ai nn. 1, 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13 e 14 dell'art. 33 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 .
Tale regolamento viene approvato dal Comitato comprensoriale entro tre mesi dalla data del ricevimento, sentito il parere della Commissione consultiva comprensoriale.
Art. 63
Efficacia degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale
Conservano piena efficacia gli strumenti di attuazione dei Piani Regolatori Generali e dei programmi di fabbricazione approvati dalla Regione prima della data di entrata in vigore della presente legge e comunque nei limiti di cui all'articolo 18 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .
Tali strumenti di attuazione, anche se convenzionati, in sede di revisione del Piano Regolatore Generale o della sua adozione, perdono di efficacia per le parti non realizzate, qualora risultino in contrasto con le nuove previsioni urbanistiche.
Gli strumenti di cui sopra adottati dal Consiglio comunale e non trasmessi agli organi competenti prima dell'entrata in vigore della presente legge, sono approvati secondo le disposizioni di questa stessa legge.
I piani particolareggiati, nei cui confronti non siano state presentate opposizioni, nonchè i piani di lottizzazione già trasmessi alla Regione prima dell'entrata in vigore della presente legge, possono diventare esecutivi senza che vengano adottati i provvedimenti di competenza regionale, qualora i consigli comunali, mediante apposita delibera di approvazione, decidano di darvi efficacia ai sensi del presente articolo.
Il programma pluriennale di attuazione, di cui all'art. 19, può prevedere l'attuazione anche per fasi di piani particolareggiati di iniziativa pubblica e privata già approvati e di cui sia stata stipulata la convenzione.
Art. 64
Cartografia, grafia e simbologia comprensoriale e comunale
Tutti gli strumenti urbanistici devono essere elaborati sulla base della carta tecnica regionale, di cui alla legge regionale 19 aprile 1975 n. 24 e successive modificazioni, e con la grafia e simbologia regionale unificate che, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, verranno indicate con deliberazione della Giunta regionale.
La concessione dei contributi previsti dalla legge regionale 23 gennaio 1973 n. 10 e dalla legge regionale 9 gennaio 1975, n. 1, è subordinata al rispetto dei predetti adempimenti.
Fino a quando non sarà predisposta detta carta tecnica regionale e fino a che non saranno emanate le indicazioni relative alla grafia e simbologia regionale unificate, i Comuni potranno presentare elaborati su cartografia e con grafia e simbologia concordate con i Comprensori, ma comunque nella scala di cui all'art. 48 della presente legge, fatto salvo il piano territoriale di coordinamento comprensoriale che potrà essere redatto in scala comunque non inferiore a 1: 25.000.
Art. 65
Zone produttive turistiche
I Comuni, previa perimetrazione delle zone e degli edifici turistici a carattere non residenziale di cui si intende conservare la destinazione d' uso da effettuarsi con delibera consiliare, possono autorizzare entro e non oltre diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con specifiche delibere consiliari, per le attrezzature ricettive relative ad alberghi, pensioni e locande, escluse quelle comprese nei centri storici, interventi di riqualificazione volti all'adeguamento dei servizi strettamente funzionali e proporzionati all'attività ricettiva, anche in deroga alle norme degli strumenti urbanistici vigenti, ferma restando la capacità ricettiva esistente.
Per gl'interventi di riqualificazione, in ogni caso, le distanze tra pareti finestrate non potranno essere inferiori a un terzo dell'altezza della più alta delle pareti prospicienti, e comunque non inferiori a mt. 6, e per gli edifici non si potranno avere incrementi di altezza superiori, se non per realizzare volumi strettamente necessari per impianti tecnologici. A tali interventi non si applicano le disposizioni di cui all'art. 9 - punto 2) del DM 2 aprile 1968.
Art. 66
Compiti di vigilanza
I compiti di vigilanza nella materia urbanistica di cui all'art. 3 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , vengono esercitati dalla Giunta regionale a mezzo dei propri uffici, oppure affidati, con apposito atto deliberativo, al competente Comitato comprensoriale.
In particolari casi la Giunta regionale potrà altresì nominare commissioni d' indagini, di cui faranno parte due consiglieri regionali - uno di maggioranza e uno di minoranza - designati dalla competente Commissione consiliare, che riferiscono alla Giunta stessa. Di tali commissioni potranno far parte anche persone estranee all'amministrazione, esperte nella materia.
Le amministrazioni regionali, provinciali e comunali, le Comunità montane, il Circondario di Rimini, gli enti e aziende pubbliche comunque operanti nel territorio dell'Emilia - Romagna, in sede di concessione di contributi, sovvenzioni e agevolazioni per la realizzazione di opere, impianti e attrezzature fisse o per l'esecuzione di interventi di trasformazione e conservazione del territorio, accertano la conformità delle opere, degli impianti, delle attrezzature e degli interventi interessati ai piani territoriali ed urbanistici di cui alla presente legge.
Art. 67
Finanziamento e imputazione della spesa
Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge saranno determinati, per ciascun esercizio a partire dal 1978, con la legge di approvazione del bilancio ed iscritti in appositi capitoli, secondo quanto previsto dalla legge regionale sul bilancio e la contabilità regionale.
In prima applicazione, per gli adempimenti di cui all'art. 61, limitatamente ai Comuni con meno di 50.000 abitanti, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, delibera il programma per la concessione di contributi a fondo perduto ai Comprensori, ai Comuni o ai loro Consorzi, entro 3 mesi dall'approvazione della presente legge.
Art. 68
Disposizioni finali
Dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applica l'art. 4 della legge 1 giugno 1971, n. 291 .
E' abrogato il terzo comma dell'art. 3 della legge regionale 7 gennaio 1974, n. 2, e sostituito dal seguente:
" Interventi diversi da quelli previsti nel comma precedente sono ammessi solo nell'ambito di piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata, nonchè a mezzo piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167
Sono abrogate le prescrizioni di precedenti leggi regionali in contrasto con la presente legge e, in particolare, quelle contenute nel punto 5) - lettera a), dell'art. 2 della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18.
La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Emilia - Romagna.
Bologna, 7 dicembre 1978