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Documento storico: Testo Originale

LEGGE REGIONALE 06 marzo 1980, n. 14

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO NELLA REGIONE EMILIA - ROMAGNA AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA E PER L'ESERCIZIO CONTROLLATO DELLA CACCIA - ADEGUAMENTO DELLA LEGGE REGIONALE 21 GENNAIO 1974, N. 5, ALLA LEGGE STATALE 27 DICEMBRE 1977, N. 968

BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE n. 30 del 10 marzo 1980

INDICE

Art. 1 - Finalità della legge
Espandere area tit1 Titolo I - ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA TUTELA, L'INCREMENTO E LA PRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Espandere area tit2 Titolo II - ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LE ATTIVITA' CINOFILE
Espandere area tit3 Titolo III - ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA GESTIONE SOCIALE DELLA CACCIA
Espandere area tit4 Titolo IV - PROGRAMMAZIONE REGIONALE DEGLI INTERVENTI PER IL RIEQUILIBRIO FAUNISTICO DEL TERRITORIO
Espandere area tit5 Titolo V - VIGILANZA VENATORIA E ITTICA
Espandere area tit6 Titolo VI - NORME PER L'ESERCIZIO DELLA DELEGA
Espandere area tit7 Titolo VII - NORME TRANSITORIE E FINALI
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Commissario del Governo ha apposto il visto
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
Art. 1
Finalità della legge
La Regione attua la ristrutturazione e l'organizzazione del territorio al fine del riequilibrio faunistico mediante la tutela della fauna selvatica, l'intensificazione della produzione in campo aperto della selvaggina, la difesa delle produzioni agricole e l'esercizio venatorio controllato.
Programma gli interventi necessari alla realizzazione degli scopi di cui al primo comma.
Promuove, altresì, l'istituzione di organismi democratici di partecipazione e di gestione delle attività a ciò connesse.
La Regione, salvo quanto disposto con leggi dello Stato, si impegna alla difesa dell'acqua, dell'aria, del terreno dall' inquinamento, per consentire alla fauna selvatica di vivere e riprodursi allo stato libero.
Titolo I
ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA TUTELA, L'INCREMENTO E LA PRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Art. 2
Ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica
L'incremento naturale della fauna selvatica viene promosso mediante l'istituzione di " ambiti territoriali protetti".
In detti ambiti territoriali l'esercizio venatorio è sempre vietato.
Ai fini della presente legge, per ambiti territoriali protetti si intendono:
a) le zone di ripopolamento e cattura;
b) le oasi di protezione della fauna;
c) i centri pubblici di produzione della fauna selvatica anche allo stato naturale.
Gli ambiti territoriali protetti vengono istituiti in funzione degli obiettivi di protezione e d' incremento della fauna selvatica indicati con i programmi pluriennali di cui al successivo art. 39, su una estensione pari ad un quarto della superficie agricolo - forestale di ogni provincia, compatibilmente con le condizioni ambientali, entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge.
Capo I
LE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA
Art. 3
Definizione
La zona di ripopolamento e cattura è la struttura di base della programmazione regionale in materia di produzione e di ripopolamento della selvaggina stanziale.
Le funzioni amministrative concernenti l'istituzione, la modifica e la gestione delle zone di ripopolamento e cattura sono delegate alle province e al circondario di Rimini. La gestione avviene tramite le commissioni di cui al successivo articolo 8.
Art. 4
Istituzione e finalità
La zona di ripopolamento e cattura è istituita dall'ente delegato su propria iniziativa ovvero su proposta degli enti locali, delle associazioni venatorie e dei proprietari o conduttori dei fondi territorialmente interessati, che comunque devono essere sentiti al riguardo. La zona di ripopolamento e cattura ha i seguenti fini:
a) migliorare le condizioni per la sosta e la riproduzione naturale della fauna selvatica;
b) fornire, mediante catture, la selvaggina per il popolamento di altri ambiti territoriali protetti nonchè per il ripopolamento dei terreni aperti alla caccia;
c) favorire il ripopolamento del territorio circostante mediante l'irradiamento della selvaggina.
L'estensione della zona di ripopolamento e cattura deve essere commisurata alle esigenze biologiche delle specie animali di cui viene previsto l'incremento.
Il provvedimento di istituzione ha la validità iniziale di sei anni e può essere rinnovato alla scadenza anche per diversi periodi.
La zona può essere revocata prima della scadenza soltanto con provvedimento motivato.
Art. 5
Procedure di istituzione
La proposta per la determinazione del perimetro delle zone da vincolare è pubblicata negli albi degli enti locali territorialmente interessati e notificata ai proprietari o ai conduttori dei fondi; viene resa nota mediante manifesto da affiggere nel capoluogo e nelle frazioni dei comuni territorialmente interessati. Nel manifesto devono essere indicati:
a) il perimetro e l'estensione del territorio dove la caccia verrà vietata;
b) le finalità tecniche di protezione e di produzione.
Avverso tale deliberazione, i proprietari o conduttori interessati possono proporre opposizione, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, all'ente delegato, entro sessanta giorni dalla notificazione.
Decorso il suddetto termine, l'ente delegato, ove sussista il consenso dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno i due terzi della superficie complessiva che si intende vincolare, provvede in merito alla costituzione delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento e cattura, decidendo anche sulle opposizioni presentate.
Il provvedimento di istituzione definisce le finalità produttive della zona di ripopolamento e cattura, le misure per assicurare un' efficace sorveglianza e la protezione delle colture agricole, la data entro cui deve essere nominata la commissione di gestione.
Alla deliberazione deve essere allegata una planimetria della zona in scala 1: 25.000. Negli stessi modi si provvede alla modifica ed alla revoca della zona di ripopolamento e cattura.
In vista di particolari necessità faunistiche ed in via eccezionale, il provvedimento di istituzione, modifica o revoca della zona di ripopolamento può essere assunto in forma coattiva, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 6 della legge 27 dicembre 1977 n. 968 Sito esterno, prescindendo dalle procedure di cui ai precedenti commi.
Art. 6
Rinnovo
Il rinnovo della zona è disposto almeno sessanta giorni prima della scadenza, con le stesse modalità previste per l' istituzione.
Art. 7
Prelievi di selvaggina
Nelle zone di ripopolamento possono essere disposte dall'ente delegato catture di selvaggina tenendo conto della consistenza faunistica e secondo i programmi annuali d' intervento di cui al successivo art. 40.
La selvaggina stanziale catturata viene destinata secondo quanto disposto dal successivo art. 12.
Prima dell'apertura della zona di ripopolamento e cattura all'esercizio venatorio deve essere, di norma, disposta la cattura a scopo di ripopolamento di tutta la selvaggina di cui sia possibile il prelievo senza arrecare danno alle colture.
Art. 8
Commissione di gestione
La zona di ripopolamento è gestita da apposita commissione, così composta:
a) un rappresentante dell'ente locale delegato;
b) da quattro a otto rappresentanti dei cacciatori, designati in proporzione degli iscritti assicurando la presenza di tutte le associazioni presenti nella zona;
c) sei rappresentanti dei proprietari e dei conduttori agricoli, designati dalle associazioni di categoria in rapporto al numero dei loro associati assicurando la presenza di tutte le associazioni esistenti nel territorio;
d) l'operatore faunistico o la guardia giurata o volontaria incaricata di cui al successivo articolo 51.
I componenti della commissione devono essere preferibilmente scelti fra i cittadini che risiedano entro il perimetro della zona di ripopolamento e cattura.
Non possono essere designati a far parte della commissione di gestione coloro che siano incorsi nelle sanzioni di cui all'art. 31 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, nei precedenti cinque anni, escluse le infrazioni di cui alle lettere h) e i).
I rappresentanti dei cacciatori, dei proprietari e dei conduttori agricoli sono designati dalle rappresentanze locali delle associazioni entro la data indicata con la deliberazione di istituzione della zona di ripopolamento e cattura e nominati tenendo conto delle effettive presenze nel territorio.
Trascorso tale termine, l'ente delegato nomina la commissione in base alle designazioni effettuate entro la scadenza, ancorchè non siano tutte pervenute, quando è possibile nominare la maggioranza dei componenti.
La commissione viene completata con successivo provvedimento al fine di assicurare la presenza degli organismi di cui al 1 comma del presente articolo, non appena gli stessi provvederanno alla designazione del loro rappresentante.
Per la validità della seduta è richiesta la presenza della maggioranza dei membri nominati.
Il presidente è eletto a maggioranza assoluta dai presenti, nella prima seduta, fra i componenti della commissione.
Ciascuna commissione può essere incaricata della gestione di una o più zone di ripopolamento e cattura.
Art. 9
Compiti della Commissione di gestione
Nelle zone di competenza, la commissione di gestione provvede, in base agli orientamenti della programmazione regionale, alle attività inerenti al ripopolamento, alla organizzazione delle catture di selvaggina, nonchè alla protezione delle colture agricole, dei nidi e della fauna selvatica; partecipa inoltre alla formazione dei programmi di riequilibrio faunistico.
Il personale addetto alla vigilanza venatoria collabora con la commissione per le attività inerenti la gestione della zona di ripopolamento e cattura. La commissione non ha gestione diretta di fondi.
Art. 10
Danneggiamento delle colture agricole arrecato dalla selvaggina
I danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole vengono accertati dai competenti servizi dell'ente delegato.
Valutazioni ed accertamenti sono compiuti in contraddittorio con il conduttore del fondo interessato.
Delle valutazioni effettuate viene data comunicazione all' ente delegato, che provvede a norma del successivo art. 48.
Gli animali abbattuti o catturati per la tutela delle produzioni agricole vengono destinati, oltre a quanto disposto dall' art. 6 della legge regionale 17 agosto 1978 n. 33, al ripopolamento, oppure a scopo di richiamo o per fini alimentari.
Art. 11
Tabelle perimetrali
I confini delle zone di ripopolamento e cattura sono delimitati con tabelle perimetrali di colore giallo, recanti la scritta " Zona di ripopolamento e cattura - divieto di caccia ai sensi di legge", apposte ad una distanza di circa m. 100 l'una dall'altra, e comunque in modo che da una siano visibili le due contigue. Le tabelle debbono essere collocate anche all'interno della zona, ovunque se ne ravvisi l'opportunità.
In dette zone le tabelle perimetrali sono esenti da ogni tassa ai sensi dell'art. 6 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
Quando si tratti di terreni vallivi, laghi o specchi d' acqua, le tabelle possono essere collocate su natanti ancorati al fondo e devono emergere alemno cm. 50 dal livello dell'acqua.
Nel caso che il confine coincida con un corso d' acqua, il tabellamento deve avvenire in modo tale da consentire l'abbeverata della selvaggina.
Art. 12
Cattura e destinazione della selvaggina
Per le operazioni di cattura della selvaggina stanziale, di cui al precedente articolo 7, l'ente delegato si avvale della commissione di gestione e dei cacciatori all'uopo incaricati, con l'intervento di un operatore faunistico o, in mancanza, di una guardia giurata, che redige il verbale e lo trasmette all' ente delegato.
La selvaggina catturata nelle zone di ripopolamento e cattura è destinata al ripopolamento nelle seguenti proporzioni:
- lepri: fino ad un massimo dell'80% del catturato in proporzione alle esigenze di ripopolamento del territorio aperto alla caccia compreso quello di gestione sociale di cui al successivo art. 22;
- non meno del 20% negli ambiti territoriali protetti;
- starne e pernici rosse: in proporzione alla esigenza del ripopolamento dei territori aperti alla caccia, compresi quelli in gestione sociale di cui al successivo art. 22, ricadenti nella fascia territoriale destinata all'incremento delle dette specie;
- fagiani: in proporzione alle esigenze di ripopolamento dei territori aperti alla caccia con obbligo di immissione fuori dalla fascia territoriale destinata all'incremento della starna e della pernice rossa, salvo le località boscate dove dette specie non trovano idoneo habitat.
Una quota - parte del catturato di starne, pernici rosse e fagiani è destinata al ripopolamento di ambiti territoriali protetti, aventi habitat idoneo.
Altre specie selvatiche catturate vengono destinate secondo i programmi regionali.
Delle immissioni effettuate viene redatto verbale a cura dell'operatore faunistico o in mancanza da una guardia giurata all'uopo incaricata e controfirmata da due cacciatori.
Capo II
LE OASI DI PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Art. 13
Definizione ed istituzione
L'oasi di protezione è l'ambito territoriale destinato al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica secondo i piani di cui al successivo art. 39.
L'oasi di protezione è istituita dall'ente locale delegato con propria iniziativa o su proposta degli enti locali territorialmente interessati, dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina, delle associazioni venatorie o naturalistiche.
L'istituzione, la modifica e la revoca delle oasi di protezione sono regolate dalle disposizioni dei precedenti art. 5 e 6.
Le funzioni amministrative concernenti l'istituzione, la modifica, la revoca e la gestione dell'oasi sono delegate alle provincie ed al circondario di Rimini.
Art. 14
Gestione
Il provvedimento di istituzione dell'oasi determina la superficie, la durata e le modalità della gestione.
L'oasi di protezione è gestita da apposita commissione nominata dall'ente delegato, della quale fanno parte esperti designati dagli enti locali territorialmente interessati, dalle associazioni venatorie, naturalistiche e dei proprietari o conduttori agricoli.
Ciascuna commissione può essere incaricata della gestione di più oasi.
Nel territorio dell'oasi vengono installate dall'ente delegato le attrezzature ed effettuati gli interventi tecnici necessari a perseguire gli scopi di protezione e di ripristino degli habitat, nonchè di incremento delle specie di fauna selvatica che ne hanno motivato l'istituzione.
Sentito il parere dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina, possono essere altresì autorizzate immissioni e catture di selvatici a scopo sperimentale, di ripopolamento o di studio quando si determinano situazioni di squilibrio, nell' ambito degli orientamenti contenuti nella carta delle vocazioni faunistiche della regione Emilia - Romagna di cui al successivo art. 38.
La destinazione della selvaggina catturata avviene secondo i programmi annuali di intervento di cui al successivo art. 40.
Il territorio costituito in oasi di protezione è delimitato da tabelle di colore giallo, recanti la scritta: " Oasi di protezione - divieto di caccia a norma di legge". Dette tabelle sono esenti da tassa a norma della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno. Esse vengono apposte secondo quanto previsto dal precedente art. 11.
Se l'oasi è delimitata da un corso d' acqua, il tabellamento dovrà avvenire in modo tale da consentire l'abbeveramento della selvaggina.
La commissione di gestione esercita le funzioni di cui al precedente art. 9.
Capo III
CENTRI PUBBLICI DI PRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Art. 15
Destinazione del demanio regionale per l'incremento della fauna
Al fine di contribuire al riequilibrio faunistico del territorio, i terreni del demanio regionale che presentano favorevoli condizioni d' ambiente, debbono essere destinati alla protezione oppure alla produzione delle specie di cui viene programmato l'incremento, a norma dei successivi artt. 39 e 40.
A tal fine possono essere istituiti nei terreni del demanio regionale centri pubblici di produzione della fauna selvatica in campo aperto o in recinti.
I terreni del demanio regionale, quando non vengono compresi in centri pubblici di produzione della selvaggina, possono essere inclusi in zone di ripopolamento e cattura o in oasi di protezione.
I terreni del demanio regionale collocati oltre gli 800 metri d' altitudine vengono sempre destinati ad oasi di protezione, salvo diversa destinazione deliberata dalla giunta regionale.
I terreni del demanio regionale possono, altresì, venire compresi in zone per l'addestramento e per le prove di qualificazione dei cani da caccia di cui al successivo art. 19.
I terreni del demanio classificati valichi possono essere aperti con speciali norme e limitatamente al territorio strettamente necessario all'esercizio venatorio delle specie migratrici, nel periodo del passo quando tale attività non reca disturbo alla fauna selvatica e autoctona.
Le funzioni amministrative concernenti l'istituzione, la revoca, la modifica e la gestione dei centri pubblici di produzione della selvaggina sono delegate alle provincie e al circondario di Rimini.
Art. 16
Istituzione e gestione dei centri pubblici di produzione della selvaggina
I centri pubblici di produzione della selvaggina sono istituiti con il consenso scritto dei proprietari e conduttori dei fondi territorialmente interessati.
Il provvedimento di istituzione deve indicare le finalità del centro e le modalità di gestione.
Le spese d' esercizio sono a carico della Regione e devono essere preventivamente autorizzate.
La selvaggina prodotta nei centri pubblici di produzione viene destinata per l'attuazione dei programmi annuali d' intervento di cui al successivo art. 40.
La gestione degli enti pubblici di produzione avviene secondo le direttive della giunta regionale.
Il controllo veterinario dei centri pubblici di produzione avviene a mezzo dei competenti servizi dell'ente delegato e della Regione.
Capo IV
DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 17
Promozione della partecipazione alla gestione faunistica del territorio
La Regione, ai sensi dell'art. 15 - I comma della legge 968, promuove la gestione faunistica del territorio con iniziative volte ad ottenere la partecipazione volontaria dei cacciatori, dei naturalisti, della scuola e delle categorie interessate a realizzare i seguenti interventi: protezione dei nidi e dei nuovi nati; pasturazione della selvaggina; prevenzione dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole; catture di selvaggina; immissioni di selvaggina; rilevazione di dati ed inanellamento della selvaggina; tabellamento e stabellamento; informazione culturale e servizio di vigilanza.
Altre eventuali attività vengono indicate nell'ambito dei programmi annuali di intervento di cui al successivo art. 40.
L'organizzazione degli interventi di cui al precedente comma negli ambiti protetti e nel terreno non soggetto a vincoli venatori viene delegato alle provincie ed al circondario di Rimini.
Art. 18
Fondi chiusi
La caccia è vietata a chiunque nei fondi chiusi da muro o recintati con rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a mt. 1,80 oppure circondati da corsi o specchi d' acqua perenni aventi la larghezza di almeno mt. 3 ed una profondità di almeno mt. 1,50.
Nei fondi chiusi è ammesso l'allevamento di specie selvatiche non previste dall'art. 2 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, a scopo ornamentale.
I confini dei fondi chiusi sono delimitati da tabelle perimetrali di colore bianco, collocate a cura del proprietario del terreno, distanti 100 metri le une dalle altre, portanti la scritta: " Fondo chiuso - divieto di caccia". L'apposizione di dette tabelle è esente da tasse.
Nei fondi chiusi, su richiesta del proprietario o conduttore, può essere disposta la cattura di selvaggina per la protezione delle colture agricole o a scopo di studio. La selvaggina così catturata viene destinata a scopi di ripopolamento.
Dei fondi chiusi esistenti o che si intendono istituire deve essere data comunicazione alla Regione o all'ente locale delegato.
Titolo II
ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LE ATTIVITA' CINOFILE
Art. 19
Zone per l'addestramento e per le prove di qualificazione dei cani da caccia
Le funzioni amministrative concernenti la delimitazione di zone per l'addestramento e le prove dei cani da caccia sui terreni non sottoposti ai vincoli previsti dall'art. 2 della presente legge e non destinati prevalentemente a colture specializzate ed intensive, sono delegate alle provincie o al comitato circondariale di Rimini. La delimitazione delle zone di cui sopra è disposta su richiesta delle associazioni cinofile e venatorie. Il richiedente deve proporre contestualmente alla domanda il regolamento di esercizio contenente le misure per la salvaguardia dei nidi, dei nuovi nati, delle colture agricole ed il programma minimo di ripopolamento.
L'ente delegato approva le condizioni d' accesso e le eventuali variazioni.
Quando la zona è autorizzata per una durata superiore all'annuale periodo di caccia chiusa, nella zona stessa è vietato l'esercizio venatorio per tutta la stagione venatoria.
Il divieto può essere limitato alla caccia della selvaggina stanziale e alla caccia vagante o da appostamento temporaneo della selvaggina migratoria.
E' consentito l'esercizio venatorio da appostamenti fissi limitatamente a quelli preesistenti.
L'estensione delle zone sopraddette non può superare tremila ettari per ogni provincia.
Al fine di costituire un centro per le attività cinofile di particolare interesse tecnico e di rilievo economico per le località interessate, può essere istituita dall'ente delegato una zona per l'addestramento e la qualificazione dei cani da caccia oltre i limiti di superficie di cui al precedente comma, comunque non oltre i 5.000 ha.
L'autorizzazione è subordinata al consenso dei proprietari, ottenuto preventivamente e per iscritto a cura dei richiedenti.
Il titolare della concessione risponde a norma di legge per gli eventuali danni provocati alle persone, alle colture agricole ed alla fauna selvatica.
Dette zone debbono essere delimitate con tabelle bianche recanti la scritta: " Zona addestramento cani. Autorizzazione ai sensi di legge".
La gestione delle zone di addestramento è affidata alle associazioni cinofile e venatorie intestatarie della concessione.
Le irregolarità e gli abusi commessi nella gestione delle zone di addestramento cani da caccia possono comportare la revoca della autorizzazione.
Tutti i cacciatori ed i cinofili possono accedere alle zone di addestramento a parità di condizioni e senza obbligo associativo.
Possono essere destinati a zone di addestramento per cani da caccia i territori già compresi nelle riserve di caccia che cessano l'attività.
Nelle zone di addestramento per cani da caccia possono essere eseguite gare di caccia pratica, esclusi i mesi dal 1 aprile al 15 giugno, con il consenso di tutti i proprietari territorialmente interessati.
Art. 20
Campi di addestramento cani
Le associazioni venatorie e cinofile che abbiano la disponibilità di terreni possono venire autorizzate a gestire, sugli stessi, campi per l'addestramento di cani da caccia in periodi di caccia chiusa. Alla domanda il richiedente deve allegare la proposta di regolamento di gestione.
L'ente delegato approva le condizioni d' accesso e le eventuali variazioni.
Il provvedimento di autorizzazione può consentire che in detti terreni siano effettuate prove di riporto con quaglie allevate in cattività.
L'area occupata non può avere dimensioni superiori a 15 ettari.
Le irregolarità e gli abusi commessi nella gestione di tali campi comportano la revoca dell'autorizzazione.
I campi sopraddetti dovranno essere delimitati con tabelle bianche collocate alla distanza di 50 metri le une dalle altre, recanti la dicitura: " Campo di addestramento cani - autorizzato ai sensi di legge".
I campi istituiti su terreni di proprietà degli enti pubblici sono aperti a tutti i cacciatori a parità di condizione e senza obbligo associativo.
Art. 21
Prove di qualificazione per cani da caccia
Nelle zone di ripopolamento e cattura, l'ente locale delegato può autorizzare gare per cani iscritti nei libri genealogici riconosciuti dall'ENCI e che abbiano sostenuto prove di qualificazione in manifestazioni cinofile, alle seguenti condizioni:
a) assenso preventivo scritto dei conduttori dei fondi direttamente interessati;
b) richiesta delle associazioni venatorie e cinofile e sentito il parere della commissione di gestione competente;
c) preventiva definizione delle misure volte alla salvaguardia della fauna selvatica e delle colture agricole.
Sono fatti salvi i limiti temporali disposti dall'ultimo comma dell'articolo 19.
Nei terreni non compresi in ambiti territoriali protetti le gare possono essere consentite anche per i cani non iscritti.
Il richiedente le autorizzazioni di cui ai precedenti commi, contestualmente alla presentazione delle domande deve proporre il regolamento d' esercizio.
Le gare di cani non possono essere autorizzate nei periodi in cui i nidi, le cove, i nuovi nati di selvaggina vengono danneggiati.
La gestione della gara è affidata ai richiedenti. Gli eventuali danni provocati alle colture agricole sono a carico dei concessionari dell'autorizzazione.
L'accesso dei partecipanti è prestabilito con il regolamento della prova.
Titolo III
ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA GESTIONE SOCIALE DELLA CACCIA
Art. 22
Territori per la gestione sociale della caccia (Territori gsc)
Per il conseguimento dei fini della programmazione regionale l'ente locale delegato promuove la partecipazione dei cacciatori ed a norma del 2 comma dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977 n. 968 Sito esterno, sentite le associazioni venatorie e dei proprietari e conduttori agricoli, può delimitare " territori regionali per la gestione sociale della caccia" ( gsc) aperti ai cacciatori che siano titolari del tesserino di accesso.
L'estensione complessiva dei territori sopraddetti non deve superare di norma il 30% della superficie agricolo - forestale di ciascuna provincia, ed è rapportata di massima al numero di aderenti alla gestione sociale.
Le funzioni amministrative concernenti la delimitazione, la modifica, la revoca dei territori gsc sono delegate alle provincie e al circondario di Rimini.
I territori per la gestione sociale della caccia vengono delimitati, modificati o revocati almeno 90 giorni prima dell' nizio della stagione venatoria.
Art. 23
Delimitazione dei territori per la gestione sociale della caccia
Il territorio gsc viene indicato a cura dell'organismo di gestione con tabelle di colore arancione recanti la scritta: " Territorio per la gestione sociale della caccia - Autorizzazione ai sensi di legge". Le tabelle sono esenti da tasse e soprattasse regionali.
I territori debbono essere delimitati di norma su corsi d' acqua, crinali od importanti opere, come strade, canali e ferrovie, per facilitare ai cacciatori l'individuazione dei confini e rendere agevole la vigilanza.
Nel provvedimento devono essere indicati: la denominazione del territorio, la superficie, i confini, la data entro cui deve essere costituito il comitato di gestione di cui al successivo art. 33.
Ogni territorio gsc di norma non può avere una estensione superiore a 10.000 ettari nè inferiore a 1.000 ettari.
Ogni territorio gsc non può essere delimitato a meno di un chilometro da altro preesistente.
Art. 24
Modalità di gestione organizzativa
La Regione regolamenta i modi di gestione e di accesso dei cacciatori ai territori gsc al fine di ottenere:
- una presenza globalmente equilibrata dei cacciatori sul complesso dei terreni compresi nei territori gsc;
- ripopolamenti omogenei e rapportati alle condizioni dell'ambiente secondo gli orientamenti del successivo art. 43;
- la vigilanza venatoria e la tutela delle colture agricole rispondenti alle esigenze locali, attraverso un adeguato utilizzo dei contributi finanziari richiesti ai cacciatori aderenti.
Art. 25
Modalità di accesso dei cacciatori nei territori gsc.
Per l'attuazione delle finalità di cui al precedente art. 24 l'accesso dei cacciatori nei territori gsc deve avvenire tenendo conto:
- del rapporto cacciatori - territorio;
- delle caratteristiche dell'ambiente naturale e delle produzioni agricole nel territorio gsc;
- del diritto che ogni cacciatore ha di esercitare la caccia nei territori gsc, a parità di condizioni.
La giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, può autorizzare gli organismi dei territori gsc ad esigere un contributo finanziario a copertura delle spese di gestione. Le prestazioni eseguite dai cacciatori aderenti a noma del precedente art. 17 possono essere rimborsate.
Art. 26
Modalità per la gestione dei territori gsc.
La Regione, con apposito regolamento, stabilisce i modi di gestione economica e tecnica dei territori gsc.
L'importo complessivo della spesa per il personale fisso di vigilanza nonchè per il personale e per il funzionamento amministrativo degli organismi di gestione dei territori gsc non deve superare il 50% delle spese annualmente effettuate in ciascuna provincia.
Le prestazioni dei componenti dei comitati di coordinamento e di gestione sono gratuite. Ad essi possono essere rimborsate le spese vive sostenute per partecipare alle riunioni o per svolgere incarichi ricevuti. Non possono far parte dei comitati di coordinamento regionale, provinciale e di territorio, e qualora ne facessero parte decadono, coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 8 - III comma della presente legge.
La gestione dei territori gsc istituiti nei terreni umidi e nelle località interessate al passo delle principali specie migratrici può prevedere forme di caccia speciali aperte a tutti gli aderenti e a parità di condizioni.
La gestione dei territori gsc può altresì prevedere, nei limiti della legislazione vigente, forme di caccia a pagamento a selvaggina stanziale secondo le modalità approvate dal comitato di coordinamento regionale di cui al successivo art. 27, da effettuarsi su una superficie massima di ettari 2.000 per ogni provincia e per il circondario di Rimini.
I danni provocati dalla fauna selvatica e dall'esercizio venatorio alle produzioni agricole dei territori gsc sono a carico delle rispettive gestioni.
Art. 27
Coordinamento regionale dei territori gsc.
Il comitato regionale di coordinamento nei territori gsc è nominato dalla giunta regionale ed è costituito:
a) da un rappresentante per ogni comitato di coordinamento delle provincie e del circondario di Rimini;
b) da dodici rappresentanti designati dalle associazioni venatorie in rapporto al numero degli associati, garantendo la presenza di tutte le associazioni venatorie riconosciute;
c) da un rappresentante dei naturalisti designato da Federnatura;
d) da quattro rappresentanti dei proprietari o conduttori dei fondi designati dalle associazioni regionali più rappresentative;
e) da tre esperti nominati dalla giunta regionale sentita la commissione consiliare competente.
Il comitato è nominato entro sessanta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni.
Trascorso tale termine, il comitato è nominato sulla base delle designazioni pervenute secondo le indicazioni dell'art. 8 - commi V e VI.
Il presidente del comitato è eletto a maggioranza dei suoi componenti nella prima seduta. Le sedute sono valide se è presente la maggioranza dei membri nominati.
Il comitato può nominare un ufficio di presidenza con compiti esecutivi, prevedendo la presenza di membri di cui alle lettere a), b) e d) del comma I del presente articolo.
Il comitato si riunisce su convocazione del presidente o su richiesta di uno dei candidati di coordinamento provinciali o di tre componenti o del presidente della Regione.
Il comitato regionale di coordinamento rimane in carica fino alla scadenza del consiglio regionale.
Art. 28
Esercizio finanziario e previsione della spesa
L'esercizio finanziario decorre dall'1 agosto di ciascun anno e ha termine il 31 luglio dell'anno successivo.
Il bilancio di previsione del comitato di coordinamento regionale viene trasmesso alla giunta regionale entro il 1 giugno, che l'approva sentita la commissione consiliare competente. Ad esso devono essere allegati i bilanci di previsione dei comitati di coordinamento provinciali e del circondario di Rimini.
Il bilancio del comitato di coordinamento regionale deve indicare anche le previsioni di spesa per il proprio funzionamento, per il coordinamento tecnico, per l'informazione e la educazione sportiva dei cacciatori.
Dette spese non possono superare il 10% dell'introito derivante dagli eventuali contributi dei cacciatori di cui al precedente art. 25 - ultimo comma. Il rimanente viene destinato alle attività di competenza dei comitati di coordinamento provinciali e del circondario di Rimini.
La gestione dei fondi a disposizione dei comitati di coordinamento provinciale e del circondario di Rimini avviene secondo gli indirizzi programmatici espressi dal comitati di coordinamento regionale.
Il bilancio dei comitati provinciali o del circondario di Rimini deve essere trasmesso al comitato di coordinamento regionale entro il 1 maggio e specificatamente indicare le previsioni di spesa per il funzionamento amministrativo e tecnico, per la vigilanza con personale dipendente e volontario, per il ripopolamento - con l'indicazione delle immissioni preventivate - nonchè per l'indennizzo dei danni eventualmente arrecati alle colture agricole nei territori gsc.
I comitati di coordinamento regionale, provinciali e del circondario di Rimini sono autorizzati ad effettuare le spese nei limiti dei finanziamenti loro attribuiti.
Art. 29
Rendiconto delle spese
Entro il primo novembre di ogni anno il comitato di coordinamento regionale presenta alla giunta regionale il proprio bilancio consuntivo, allegando i bilanci consuntivi dei comitati provinciali di coordinamento e del circondario di Rimini.
I comitati provinciali e del circondario di Rimini devono presentare entro il primo ottobre i propri bilanci consuntivi al comitato di coordinamento regionale.
Il controllo dei bilanci di cui al precedente comma viene delegato alle province territorialmente competenti ed al circondario di Rimini, i quali segnaleranno - entro trenta giorni - alla giunta regionale gli eventuali rilievi.
La giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva il bilancio consuntivo del comitato di coordinamento regionale e delibera in merito ai rilievi presentati dalle province e dal circondario di Rimini.
Art. 30
Compiti del comitato di coordinamento regionale
Il comitato di coordinamento regionale provvede ai seguenti compiti:
- stabilisce le modalità dell'esercizio venatorio nei territori gsc nei limiti previsti dal calendario venatorio regionale;
- adotta i bilanci preventivo e consuntivo della propria gestione economica e finanziaria e li trasmette alla giunta regionale unitamente a quelli dei comitati provinciali e del circondario di Rimini;
- stabilisce i criteri di uniformità per il trattamento economico di tutto il personale dipendente dagli organismi della gestione sociale della caccia;
- rilascia i tesserini annuali validi per l'accesso dei cacciatori nei territori gsc;
- determina l'entità dei rimborsi a favore dei cacciatori per la realizzazione delle attività di cui al precedente art. 17;
- presenta alla Regione una relazione sull'andamento della stagione venatoria anche sulle risultanze di verifiche periodiche sul funzionamento dei comitati di coordinamento provinciali.
Il comitato nomina inoltre i propri rappresentanti nella consulta regionale sui problemi venatori di cui al successivo art. 46. Il comitato provvede nei limiti dei fondi disponibili.
Art. 31
Coordinamento provinciale dei territori gsc.
Il coordinamento delle attività inerenti alla gestione dei territori gsc, compresi nella stessa provincia, avviene a mezzo di periodiche riunioni del comitato di coordinamento provinciale.
Detto comitato viene costituito:
- da un rappresentante di ciascun territorio di gsc, designato dai rispettivi comitati di gestione;
- da dieci rappresentanti delle associazioni venatorie in proporzione degli iscritti e in modo da assicurare la presenza di ogni associazione regionale presente nel territorio provinciale;
- da quattro rappresentanti dei proprietari e conduttori dei fondi;
- da un rappresentante dei naturalisti designato da Federnatura;
- da un esperto designato dalla giunta provinciale.
Il comitato è nominato o rinnovato dal comitato regionale di coordinamento entro sessanta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni.
Trascorso tale termine, la nomina avviene sulla base delle designazioni pervenute in conformità a quanto previsto dal precedente articolo 8 - commi V e VI.
Il presidente del comitato è eletto a maggioranza dei componenti nella prima seduta fra i rappresentanti dei comitati di territorio gsc o delle associazioni venatorie. La seduta è valida se è presente la maggioranza assoluta dei membri nominati.
Il comitato si riunisce su convocazione del presidente o su richiesta di uno dei comitati di territori gsc o di tre componenti o del presidente della provincia o del comitato di coordinamento regionale.
Il comitato di coordinamento provinciale rimane in carica sino alla scadenza del comitato regionale di coordinamento e assicura la continuità della gestione sino al rinnovo.
Art. 32
Compiti del comitato provinciale di coordinamento
Il comitato provinciale, e del circondario di Rimini, provvede ai seguenti compiti:
- formula proposte al comitato regionale di coordinamento circa le modalità di esercizio venatorio;
- predispone il bilancio preventivo e consuntivo rispettivamente sulla base delle proposte dei territori gsc e delle spese sostenute e li sottopone all'approvazione delle assemblee dei rispettivi territori gsc I bilanci preventivo e consuntivo vengono trasmessi al comitato regionale dei territori gsc e alla provincia o al circondario di Rimini corredati dai verbali delle assemblee e dalla relazione dei sindaci revisori di cui al successivo art. 35;
- determina le forme e i modi di intervento dei cacciatori aderenti alla gestione sociale per la realizzazione dell'attività di cui al precedente art. 17, d' intesa con l'ente locale delegato;
- provvede all'attuazione del bilancio di previsione tramite i comitati di territori gsc previsti al successivo art. 33;
- provvede al controllo della regolarità economica e finanziari della gestione dei territori gsc;
- promuove l'informazione e l'educazione venatoria dei cacciatori.
Il comitato di coordinamento provinciale attribuisce ai comitati di territori gsc l'espletamento di tutte le funzioni che trovano soluzione tecnica ed economica ottimale nell' ambito di ciascun territorio assegnando a tale scopo anche i finanziamenti necessari. Il comitato provvede nei limiti dei fondi disponibili.
Art. 33
Comitato del territorio gsc.
Il comitato del territorio gsc è costituito secondo le indicazioni del comitato provinciale di coordinamento sentiti gli organismi locali delle associazioni venatorie riconosciute.
Il comitato è costituito da:
- i rappresentanti delle associazioni venatorie proporzionalmente agli iscritti e garantendo la presenza di quelle minoritarie presenti nella zona;
- quattro rappresentanti dei proprietari e conduttori dei fondi.
Il comitato è nominato e rinnovato dal comitato provinciale di coordinamento entro sessanta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni.
Trascorso tale termine, la nomina avviene sulla base delle designazioni pervenute, in conformità a quanto previsto dal precedente articolo 8 - commi V e VI.
Il presidente del comitato è eletto a maggioranza dei componenti nella prima seduta. Le sedute del comitato sono valide se è presente la maggioranza dei membri nominati.
Il comitato si riunisce su convocazione del presidente o su richiesta del comitato di coordinamento provinciale o regionale o di tre componenti o del presidente della provincia.
Il comitato dei territori gsc rimane in carica sino alla scadenza del comitato regionale di coordinamento e assicura la continuità della gestione sino al rinnovo.
Art. 34
Compiti del comitato di territorio gsc.
Il comitato di territorio gsc provvede a:
- attribuire incarichi ai componenti e stabilire le modalità di funzionamento del comitato stesso;
- organizzare la vigilanza venatoria del territorio gsc in collaborazione con l'ente locale delegato;
- formulare la previsione ed il rendiconto annuali delle spese sostenute e trasmetterli al comitato provinciale di coordinamento;
- convocare ogni anno almeno due assemblee dei cacciatori interessati al territorio gsc per la discussione dei bilanci preventivo e consuntivo predisposti dal comitato provinciale di coordinamento, dei risultati della gestione, del programma di attività per l'esercizio seguente e delle proposte di regolamento per l'esercizio venatorio;
- dotare il territorio delle attrezzature di campagna idonee alle immissioni, all'ambientamento ed alla protezione della selvaggina;
- proporre le modifiche di confine del territorio gsc;
- collaborare con l'ente locale delegato e con le commissioni di gestione degli ambiti territoriali protetti;
- richiedere gli interventi di cui allhart. 6 della legge regionale 17 agosto 1978, n. 33;
- liquidare alle guardie volontarie rimborsi, anche forfettari, per le spese dalle stesse sostenute nell'espletamento di servizi comandati.
Il comitato provvede nei limiti dei fondi disponibili.
Art. 35
Collegi provinciali dei sindaci revisori
I presidenti delle province e il presidente del circondario di Rimini nominano il collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione contabile e finanziaria dei comitati di coordinamento provinciali in riferimento alla legislazione vigente.
Il collegio è tenuto inoltre a verificare la sussistenza di presunte irregolarità di gestione quando siano segnalate per iscritto.
Sui bilanci annuali e sulle verifiche compiute a norma del presente articolo, il collegio dei revisori formula una relazione scritta che deve pervenire ai comitati di coordinamento regionale e provinciale interessati, nonchè alla giunta provinciale.
Il collegio è costituito da tre componenti effettivi, uno designato dalle associazioni venatorie e due dalla giunta provinciale, di cui uno con funzioni di presidente e da due supplenti designati dalla giunta provinciale.
I sindaci revisori durano in carica sino alla scadenza del consiglio provinciale e conservano la funzione sino al rinnovo.
Ai sindaci revisori viene corrisposto un gettone a norma delle vigenti leggi regionali ed un compenso forfettario a carico del comitato provinciale di coordinamento.
I sindaci revisori assistono alle riunioni dei comitati di coordinamento.
Art. 36
Collegio regionale dei Sindaci revisori
Il presidente della Regione nomina il collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione contabile e finanziaria dei comitati di coordinamento regionale e provinciali in riferimento alla legislazione vigente.
Il collegio è tenuto inoltre a verificare la sussistenza di presunte irregolarità di gestione quando siano segnalate per iscritto.
Sui bilanci annuali e sulle verifiche compiute a norma del presente articolo, il collegio dei revisori formula una relazione scritta che deve pervenire ai comitati di coordinamento regionale e provinciale interessati, nonchè alla giunta regionale.
Il collegio è costituito da tre componenti effettivi: uno designato dalle associazioni venatorie, uno dalle associazioni dei proprietari e conduttori agricoli e uno, con funzioni di presidente, dalla giunta regionale; e due componenti supplenti, designati dalla giunta regionale.
I sindaci revisori durano in carica sino alla scadenza del consiglio regionale e conservano la funzione sino al rinnovo.
Ai sindaci revisori viene corrisposto un gettone a norma delle vigenti leggi regionali ed un compenso forfettario a carico del comitato regionale di coordinamento.
I sindaci revisori assistono alle riunioni dei comitati di coordinamento.
Art. 37
Validità delle decisioni dei comitati regionale e provinciale di coordinamento
Le decisioni del comitato di coordinamento regionale sono valide quando assunte dalla maggioranza dei presenti. Diesse viene tenuta nota in apposito registro preventivamente firmato dai sindaci revisori.
Le decisioni divengono esecutive trascorsi cinque giorni dalla data della seduta.
Entro detto termine, almeno due componenti, quando ritengano che la decisione assunta sia contraria alla legislazione vigente o ai vincoli del programma regionale, possono richiedere, motivando, che tale decisione sia sottoposta alla approvazione della giunta regionale.
In questo caso, l'esecutività della decisione è sospesa ed il presidente deve trasmettere alla Regione copia della richiesta del provvedimento assunto e delle eventuali osservazioni.
La giunta regionale decide in merito formulando le proprie valutazioni entro dieci giorni dal ricevimento. La decisione della giunta regionale è definitiva.
Analoga procedura viene seguita per il controllo delle decisioni dei comitati provinciali di coordinamento. In questo caso, la competenza a decidere è della giunta provinciale.
Titolo IV
PROGRAMMAZIONE REGIONALE DEGLI INTERVENTI PER IL RIEQUILIBRIO FAUNISTICO DEL TERRITORIO
Art. 38
Carta delle vocazioni faunistiche dell'Emilia - Romagna
I territori aventi condizioni ambientali tali da consentire la naturale riproduzione delle stesse specie di selvaggina, sono delimitati dalla " Carta delle vocazioni faunistiche della regione Emilia - Romagna " approvata e periodicamente revisionata dal consiglio regionale, sentito l'istituto nazionale di biologia della selvaggina.
La carta delle vocazioni ha carattere vincolante per quanto attiene alla scelta delle specie di selvaggina stanziale da immettere a scopo di ripopolamento nel territorio della regione.
L'immissione di specie diverse da quelle previste nella carta delle vocazioni faunistiche deve essere di volta in volta autorizzata dalla giunta regionale, sentiti la consulta regionale sui problemi venatori, l'istituto nazionale di biologia della selvaggina e le province territorialmente interessate.
Art. 39
Piani pluriennali della Regione
La giunta regionale, con la collaborazione degli enti locali, degli organismi della gestione sociale della caccia, degli imprenditori e conduttori agricoli, delle associazioni venatorie, delle associazioni dei produttori di selvaggina e delle aziende faunistico - venatorie, nonchè delle associazioni di tutela della natura, predispone piani pluriennali aventi lo scopo di promuovere il ripristino dell'equilibrio biologico delle specie selvatiche e regolare gli interventi nel settore venatorio.
Tali piani sono elaborati sulla base della carta faunistica di cui al precedente art. 38. I piani pluriennali della Regione devono prevedere:
1.) iniziative per la tutela e l'incremento della fauna selvatica mediante l'istituzione degli ambiti territoriali protetti di cui al precedente art. 2, nonchè immissioni integrative con selvaggina stanziale quando necessaria per l'incremento delle specie programmate;
2.) contributi agli enti locali per la dotazione di strumenti idonei all'espletamento delle funzioni delegate;
3.) iniziative per la tutela dei nidi e l'incremento della nidificazione;
4.) interventi sul territorio per il ripristino degli habitat di specie selvatiche delle quali si programma l'incremento;
5.) iniziative per lo studio della situazione faunistica e per la diffusione delle conoscenze acquisite;
6.) promozione della formazione e dell'aggiornamento professionale del personale che partecipa alla realizzazione della programmazione regionale;
7.) iniziative collaterali dirette a promuovere attività alternative o complementari dell'esercizio venatorio.
I piani pluriennali sono riferiti a tutto il territorio dell'E milia - Romagna, sia esso destinato ad ambiti territoriali protetti o aperto alla caccia. Gli interventi programmati vengono attuati in " fasce territoriali d' intervento " comprendenti gli habitat che sono stati riconosciuti ottimali per la riproduzione o la sosta delle stesse specie selvatiche.
L'unità territoriale di base per la programmazione degli interventi di cui al precedente terzo comma è costituita dai territori comunali di ogni provincia compresi in tutto o nella maggior parte della stessa " fascia territoriale d' intervento ".
Art. 40
Programmi annuali d' intervento
Il piano pluriennale di cui al precedente art. 39, approvato dal consiglio regionale su proposta della giunta regionale, viene attuato mediante programmi annuali, ripartiti per fasce territoriali d' intervento. A tal fine:
1.) entro l'1 giugno la giunta regionale trasmette il progetto di programma alle province, ai comuni, alle associazioni di categoria, all'azienda regionale ARIS e ai comitati di coordinamento regionale e provinciali dei territori gsc;
2.) entro il 15 settembre successivo, le province, valutate le osservazioni e le proposte dei comuni e delle associazioni venatorie di categoria, presentano alla giunta regionale proposte complessive in ordine al progetto di cui al precedente punto 1. corredate dei seguenti dati:
a.) superficie e valutazione della situazione organizzativa e produttiva degli ambiti protetti compresi in ciascuna unità territoriale di programmazione;
b.) previsione di modifica degli ambiti sopraddetti;
c.) contributi finanziari e di selvaggina richiesti, per l' attuazione delle iniziative indicate nel progetto regionale e di altre eventualmente proposte;
d.) superficie dei territori gsc e numero degli aderenti;
e.) quantitativi di selvaggina e disponibilità finanziarie direttamente impegnati dagli enti locali, dai territori gsc e da altri organismi venatori;
f.) previsione di incremento faunistico promosso con le immissioni e con gli interventi richiesti;
g.) previsioni di cattura negli ambiti territoriali protetti;
h.) processi economici correlati alle iniziative programmate;
3.) entro il mese di ottobre la giunta regionale, valutate le proposte di cui al precedente comma, delibera il programma annuale degli interventi per l'esercizio successivo e lo trasmette al consiglio regionale per l'approvazione;
4.) l'attuazione dei programmi annuali di intervento è delegata alla provincia e al circondario di Rimini.
Art. 41
Deleghe agli enti locali
Sono delegate alle province e al circondario di Rimini le funzioni amministrative concernenti:
- l'istituzione delle stazioni di inanellamento e per osservatori ornitologici;
- l'autorizzazione a istituire aziende faunistico - venatorie;
- l'autorizzazione a istituire centri privati di produzione di fauna selvatica in cattività;
- la prevenzione, l'accertamento e il risarcimento dei danni alle colture agricole.
Art. 42
Stazioni di inanellamento e osservatori ornitologici
Le stazioni di inanellamento e gli osservatori ornitologici sono istituiti al fine di acquisire dati di valore scientifico sul fenomeno delle migrazioni dell'avifauna ai fini dell' aggiornamento della carta delle vocazioni faunistiche, e per contribuire alle ricerche svolte in campo nazionale ed internazionale.
Per gli scopi suddetti e sentito l'istituto nazionale di biologia della selvaggina, l'ente delegato può utilizzare prestazioni e attrezzature di tenditori autorizzati a norma della legge regionale 17 agosto 1978, n. 33, definendo le modalità delle prestazioni.
Art. 43
Adeguamenti dei ripopolamenti effettuati nei territori gsc alla programmazione regionale
Gli organismi dei territori gsc di cui ai precedenti artt. 27, 31 e 33 uniformano gradualmente le immissioni di selvaggina agli orientamenti dei programmi regionali di ripopolamento previsti per ciascuna fascia territoriale d' intervento.
Nelle fascie territoriali d' intervento in cui il fagiano può determinare squilibri dannosi per le specie di cui è specificatamente programmato l'incremento, le immissioni vengono effettuate esclusivamente per scopi venatori e a partire dalla prima decade di giugno di ogni anno.
Le autorizzazioni di ripopolamento rilasciate ai sensi degli artt. 11 e 12 della legge regionale 17 agosto 1978, n. 33, sono subordinate all'osservanza delle prescrizioni di cui al precedente comma.
Art. 44
Aziende faunistico - venatorie
Nelle località dove esistono condizioni ambientali e faunistiche di rilevante interesse, la cui conservazione è subordinata all'intervento del richiedente, possono essere autorizzate aziende faunistico - venatorie ai sensi dell'art. 36 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
Il richiedente deve presentare domanda all'ente delegato, corredata dalla seguente documentazione:
- planimetria del comprensorio in scala 1: 5.000;
- corografia della zona in scala 1: 25.000;
- dati e consistenza catastale dei terreni da comprendere nell'azienda faunistica;
- adesione dei proprietari con firme autenticate a norma di legge;
- piano di conservazione e di ripristino degli habitat;
- relazione sulla consistenza faunistica delle specie di selvaggina autoctona o in sosta di maggior interesse;
- previsione di produzione della selvaggina stanziale tipica della fascia territoriale di intervento nella quale ricade nella maggior parte il territorio da vincolare;
- piano di investimenti;
- previsione di utilizzazione della selvaggina prodotta mediante piani di abbattimento o mediante cattura.
Ove per accertate ragioni tecniche sia necessario comprendere, nel comprensorio riservato dell'azienda faunistico - venatoria, terreni per i quali non sia stato dato il consenso dei proprietari, l'ente delegato può disporre l'inclusione coattiva, stabilendo con il medesimo provvedimento la misura e le modalità di pagamento dell'indennità da corrispondere ai proprietari dei terreni inclusi. In ogni caso la superficie dei terreni inclusi coattivamente non potrà superare il decimo della superficie totale della azienda faunistico - venatoria.
Il titolare dell'azienda deve presentare entro il 1 gennaio di ogni anno un rapporto sui risultati della situazione faunistica, il programma dei ripopolamenti ed il piano di utilizzazione delle risorse faunistiche.
Il titolare può effettuare le immissioni, le catture e gli abbattimenti che sono stati approvati.
Il piano di utilizzazione delle specie cacciabili viene approvato dall'ente locale delegato entro il 1 settembre di ogni anno.
Le autorizzazioni alla costituzione dell'azienda faunistica vengono revocate in caso di inadempienza grave oppure quando vengono a cessare le situazioni di fauna e di ambiente di cui al primo comma.
I territori compresi nelle aziende faunistico - venatorie vengono delimitati con tabelle di colore bianco recanti la scritta " Azienda faunistico - venatoria - Legge 27 dicembre 1977 n. 968 Sito esterno " secondo le modalità indicate dal precedente articolo 11.
La giunta regionale, con proprio provvedimento, emana direttive vincolanti per la determinazione in ciascuna provincia e nelle fasce territoriali d' intervento di cui al precedente art. 39, della estensione massima che possono avere le aziende faunistico - venatorie nonchè per la loro gestione.
Art. 45
Centri privati di produzione in cattività
Il centro privato di produzione di fauna selvatica in cattività deve essere preventivamente autorizzato dall'ente locale delegato.
La domanda deve essere corredata dai seguenti elaborati:
- relazione illustrativa;
- disegni tecnici;
- programma e ciclo di produzione.
L'autorizzazione è subordinata al possesso delle caratteristiche di rispondenza tecnica degli impianti da realizzare o da modificare ai fini produttivi dichiarati.
Gli impianti devono, inoltre, essere idonei al sano ed equilibrato sviluppo degli animali allevati ed al permanere delle loro istintive doti di rusticità.
La mancata attuazione delle cautele sanitarie può comportare la revoca dell'autorizzazione.
Il titolare di allevamento è tenuto a presentare annualmente all'ente locale delegato un rendiconto della selvaggina prodotta ed il piano per l'annata successiva.
Il sindaco del comune territorialmente competente dispone controlli periodici per accertare la condizione sanitaria della fauna selvatica in allevamento e adotta le misure che si rendano necessarie per prevenire la diffusione di epizoozie.
Le risultanze degli accertamenti vengono comunicate all' ente locale delegato.
Art. 46
Consulta regionale per i problemi venatori
E' istituita la consulta regionale sui problemi venatori, organo consultivo della Regione. Essa è presieduta dall'assessore regionale competente o da un suo delegato, ed è composta:
a.) da dodici rappresentanti designati dalle associazioni venatorie in rapporto al numero degli associati e garantendo la presenza di tutte le associazioni riconosciute;
b.) da due rappresentanti dei gruppi cinofili;
c.) da tre rappresentanti designati dal comitato regionale dei territori per la gestione sociale della caccia;
d.) da tre rappresentanti dei naturalisti;
e.) da quattro rappresentanti delle associazioni dei proprietari e conduttori di fondi;
f.) da un rappresentante delle associazioni dei produttori di selvaggina.
I membri sono designati dalle rispettive associazioni regionali maggiormente rappresentative.
Funge da segretario della consulta un collaboratore regionale designato dall'assessore competente.
Alle riunioni della consulta regionale vengono invitati i consiglieri regionali che compongono la commissione consiliare competente.
Art. 47
Compiti della consulta regionale
La consulta esprime pareri e formula proposte in materia venatoria, con particolare riferimento a:
- calendario venatorio annuale;
- gestione sociale del territorio;
- carta faunistica e suoi aggiornamenti;
- programmazione regionale pluriennale ed annuale delle attività nel settore venatorio;
- vigilanza venatoria;
- introduzione di specie estranee alla fauna locale;
- iniziative tese al miglioramento dell'educazione venatoria e naturalistica.
Art. 48
Danni a colture agricole
La Regione, con il bilancio di previsione, istituisce un fondo destinato alla tutela delle produzioni agricole ed al risarcimento dei danni ad esse arrecati dalla selvaggina e da attività connesse all'esercizio venatorio, non altrimenti risarcibili.
Il proprietario o il conduttore del fondo, anche tramite le associazioni di appartenenza, deve provvedere a segnalare all'ente delegato territorialmente competente:
- la presenza sul proprio fondo di colture agricole che siano da proteggere preventivamente;
- la presenza di fauna selvatica in tale quantità da arrecare danno alle colture.
La richiesta di risarcimento del danno deve avvenire in tempo utile per consentirne la valutazione. Dovrà pertanto essere segnalata la imminente modifica dello stato di fatto delle colture danneggiate per motivi connessi alla produzione aziendale.
I danni arrecati dalla fauna selvatica o dall'esercizio venatorio alle produzioni agricole vengono accertati dai competenti servizi dell'ente delegato, previa domanda dell'interessato.
Quando il danno deriva dall'esercizio di attività venatoria, il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a fornire tutti i possibili elementi in suo possesso atti a favorire l' individuazione dei cacciatori resisi responsabili di danneggiamento alle colture.
L'utilizzazione del fondo di cui al comma I del presente articolo avviene nel seguente modo: l'accertamento e la liquidazione dei danni provocati dalla fauna selvatica alle colture agricole, negli ambiti protetti di cui al precedente articolo 2 e salvo quanto disposto al precedente articolo 26 - ultimo comma, sono delegati alle province; a seguito di accertamento condotto dall'ente delegato, la liquidazione dei danni non altrimenti risarcibili, provocati da sconosciuti nell'esercizio venatorio, avviene a mezzo di un comitato nominato dalla giunta regionale, presieduto dall'assessore regionale competente o da un suo delegato e composto da:
- sei rappresentanti designati dalle organizzazioni agricole interessate più rappresentative;
- quattro rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute più rappresentative.
Titolo V
VIGILANZA VENATORIA E ITTICA
Art. 49
Vigilanza venatoria ed ittica
La tutela della fauna selvatica e la repressione della caccia e della pesca di frodo, la salvaguardia della flora e la tutela dei boschi sono assicurate:
a) dai dipendenti, preposti a tale funzione, degli enti locali delegati;
b) dal personale preposto a tale funzione dagli organismi dei territori per la gestione sociale della caccia;
c) dal personale preposto a tale funzione dalle aziende faunistico - venatorie;
d) dalle guardie volontarie autorizzate ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza su richiesta delle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute;
e) dalle guardie giurate di cui al successivo art. 50.
I dipendenti degli enti locali assumono la qualifica di " operatore faunistico " ed hanno facoltà di operare in tutto il territorio dell'Emilia - Romagna. La loro qualificazione giuridica ed i loro poteri sono quelli previsti dagli art. 27 e 28 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
Il numero degli operatori faunistici di cui alle lettere a) ed e) viene proporzionato dall'ente delegato alla superficie degli ambiti territoriali protetti.
Agli operatori faunistici è vietata la caccia nelle località in cui operano abitualmente. Tutti gli altri addetti non possono esercitare la caccia quando sono comandati nell'esercizio delle loro funzioni.
Art. 50
Guardie giurate venatorie
La provincia e il circondario di Rimini sono delegati a richiedere all'autorità di pubblica sicurezza la qualifica di guardia giurata per i cittadini che, avendo i requisiti di legge, diano sicuro affidamento di preparazione tecnica e siano disposti a prestare la loro opera volontariamente e gratuitamente per conto dell'ente locale delegato, per le funzioni di cui agli artt. 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977 n. 616 Sito esterno.
Le guardie giurate di cui al precedente comma operano nell'ambito territoriale di competenza e nelle località adiacenti.
Art. 51
Formazione e aggiornamento professionale del personale di vigilanza
In conformità al disposto dell'art. 136 pp del TULPS, il riconoscimento di guardia giurata a norma dell'art. 27, 1 comma della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, per l'espletamento dei compiti di cui alle funzioni attribuite alle Regioni con gli artt. 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 Sito esterno, è subordinato al conseguimento di un attestato di idoneità tecnica a seguito di speciali corsi di addestramento.
I corsi di cui al precedente comma sono attuati dall'ente delegato con i programmi e le modalità indicati dalla giunta regionale.
L'attestato di idoneità tecnica viene rilasciato, previo esame, dalla commissione istiuita presso le province con legge regionale 16 agosto 1978 n. 31 (art. 10) integrata con la presenza di un esperto designato dal prefetto.
La Regione promuove altresì l'aggiornamento e la qualificazione tecnica degli operatori che svolgono attività per rendere operanti le finalità previste dalla presente legge, secondo le modalità contenute nella legislazione regionale vigente in materia di formazione professionale.
Art. 52
Coordinamento dei servizi di vigilanza
Il presidente della provincia coordina l'attività di vigilanza ai sensi degli artt. 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977 n. 616 Sito esterno e della presente legge, svolta dagli organismi di gestione dei territori gsc, dalle associazioni venatorie e naturalistiche, nonchè dalle stazioni del corpo forestale dello Stato, al fine di ottenere il più funzionale ed economico impiego degli addetti.
La Regione, con apposito regolamento, emana norme tendenti ad uniformare le divise, gli strumenti, l'armamento in dotazione agli agenti venatori per l'espletamento dei compiti inerenti l'attuazione della presente legge.
Titolo VI
NORME PER L'ESERCIZIO DELLA DELEGA
Art. 53
Direttive
Nel corso del rapporto di delega, previsto dalla presente legge, il consiglio e la giunta regionali possono emanare direttive vincolanti riguardanti le funzioni regionali delegate.
Le direttive della giunta possono contenere indicazioni vincolanti per i delegatari nei soli casi in cui siano conformi al parere espresso dalla competente commissione consiliare e siano sentiti gli enti delegati.
Le direttive di carattere vincolante saranno pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 54
Potere sostitutorio
In caso di inerzia degli enti delegatari, la giunta regionale può invitare gli stessi a provvedere entro congruo termine; decorso il quale, al compimento del singolo atto provvede direttamente la giunta stessa.
Art. 55
Revoca
La revoca delle funzioni delegate con la presente legge è ammessa per legge, di norma, nei confronti di tutti i soggetti delegatari.
La revoca nei confronti del singolo delegatario è ammessa, sempre per legge, nei soli casi di persistente e grave violazione delle leggi o delle direttive regionali.
Art. 56
Definitività degli atti emanati nell'esercizio di funzioni delegate
Gli enti delegatari debbono, nell'emanazione degli atti concernenti funzioni delegate con la presente legge, fare espressa menzione della delega di cui sono destinatari.
Gli atti emanati nell'esercizio delle funzioni delegate hanno carattere definitivo. Non è ammesso ricorso all'amministrazione regionale.
Art. 57
Ripartizione delle funzioni delegate
Prima di iniziare l'esercizio delle funzioni delegate con la presente legge, i consigli provinciali e il comitato circondariale di Rimini determinano, con atto motivato, la ripartizione delle funzioni delegate fra i propri organi.
Tale deliberazione dovrà essere tempestivamente comunicata alla Regione, che curerà la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale.
Art. 58
Scambio di informazioni
La Regione e gli enti delegatari sono tenuti a fornirsi, reciprocamente e a richiesta, informazioni, dati statistici e ogni elemento utile allo svolgimento delle rispettive funzioni.
Art. 59
Rapporti finanziari
I rapporti finanziari con gli enti delegatari, per l'esercizio delle funzioni delegate con la presente legge, saranno definiti, di norma, mediante convenzioni aventi la durata dei programmi pluriennali nella materia della caccia, approvati dal consiglio regionale.
Titolo VII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 60
Zone di protezione, bandite demaniali, zone di ripopolamento e cattura, oasi di rifugio istituite a norma degli articoli 23, 50, 52 e 67 bis del TU delle leggi sulla caccia 5 giugno 1939 n. 1016 e successive modificazioni
Sino a quando non siano stati adottati i provvedimenti istitutivi delle zone di ripopolamento, delle oasi di protezione e dei centri pubblici di produzione previsti agli artt. 3, 13 e 16 della presente legge, restano ferme le zone, le oasi e le bandite istituite a norma del TU delle leggi sulla caccia 5 giugno 1939 n. 1016 e successive modificazioni, nei limiti territoriali del 25% della superficie agricolo - forestale di ogni provincia.
Le tabelle delimitanti dette zone, oasi e bandite, rimangono valide sino alla loro sostituzione.
Art. 61
Gestione finanziaria degli organismi dei territori di caccia autogestita
La gestione finanziaria degli organismi di gestione dei territori di caccia autogestita, istituiti a norma dell'art. 25 della legge regionale 21 gennaio 1974 n. 5, cessa il 31 luglio 1980.
Entro tale data, il comitato di coordinamento regionale e i comitati provinciali e locali rendono il conto della situazione finanziaria e patrimoniale al presidente della giunta regionale.
A tale data cessano i comitati di coordinamento e di gestione istituiti a norma della legge regionale 21 gennaio 1974, n. 5.
Il presidente della giunta regionale provvede alla consegna della situazione finanziaria e patrimoniale relativa alla gestione dei territori di caccia autogestita, al comitato regionale di coordinamento dei territori gsc.
Gli organismi di coordinamento assorbono il personale già dipendente dai disciolti comitati dei territori di caccia autogestita, secondo le modalità definite con i sindacati maggiormente rappresentativi.
Art. 62
Adeguamento dei ripopolamenti effettuati nelle riserve di caccia alla programmazione regionale
I titolari delle riserve di caccia devono uniformare le immissioni di selvaggina agli orientamenti del programma regionale di ripopolamento della fascia territoriale d' intervento in cui la riserva ricade in tutto o nella maggior parte.
I concessionari delle riserve di caccia ricadenti nella fascia territoriale per l'incremento della starna, della pernice rossa e della lepre devono limitare i ripopolamenti a dette specie.
Per i ripopolamenti si osservano le prescrizioni degli artt. 11 e 12 della legge regionale 17 agosto 1978, n. 33.
Art. 63
Proroga delle concessioni di riserve di caccia
Nell'ambito delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 36 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, le concessioni delle riserve di caccia in atto alla data dell'entrata in vigore della presente legge vengono prorogate sino al 31 dicembre 1980.
Le eventuali domande di trasformazione delle riserve di caccia sopraddette in aziende faunistico - venatorie, devono essere presentate dai concessionari o proprietari consorziati entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Le riserve di caccia aventi ricorso pendente davanti ai giudici amministrativi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, possono presentare la domanda di trasformazione entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza qualora abbiano ottenuto giudizio ad esse favorevole.
L'ente delegato deve deliberare sulla domanda entro sessanta giorni dal termine utile per la presentazione della domanda stessa.
Allegato alla domanda di trasformazione, in luogo della adesione dei proprietari di cui al precedente art. 44, il richiedente può presentare l'atto costitutivo del consorzio dei proprietari titolare della concessione della riserva e la deliberazione con la quale il consorzio stesso decide di richiedere la istituzione dell'azienda faunistico - venatoria.
Art. 64
Norma finanziaria
Per quanto concerne le entrate conseguenti all'entrata in vigore della legge regionale 23 agosto 1979 n. 26 e le uscite programmate a norma dell'articolo 40 della presente legge, la giunta regionale provvede mediante l'istituzione degli appositi capitoli di entrata e di uscita nel bilancio annuale di previsione, secondo le indicazioni dell'art. 24 della legge 27 dicembre 1977 n. 968 Sito esterno
Art. 65
Norma finale
Entro il termine di quattro anni dall'entrata in vigore della presente legge, le gestioni sociali si adeguano alla norma di cui al precedente articolo 26 - II comma.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Emilia - Romagna.
Bologna, 6 marzo 1980

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