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Documento storico: Testo Originale

LEGGE REGIONALE 15 maggio 1987, n. 20

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO NELLA REGIONE EMILIA - ROMAGNA AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATIVA E PER L'ESERCIZIO CONTROLLATO DELLA CACCIA. NORME DI ADEGUAMENTO ALLA LEGGE STATALE 27 DICEMBRE 1977, N. 968. ABROGAZIONE DELLE LEGGI REGIONALI 16 AGOSTO 1978, N. 31, 17 AGOSTO 1978, N. 33, 6 MARZO 1980, N. 14 E LORO SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI

BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE n. 67 del 18 maggio 1987

Titolo I
FINALITA' E PIANI REGIONALI
Art. 1
Finalità
1. La Regione, nell'osservanza della vigente legislazione nazionale, fissa, con la presente legge, norme per la protezione della fauna selvatica, per il ripristino, la difesa ed il miglioramento degli habitat naturali e per l'esercizio controllato dell'attività venatoria.
2. La Regione in particolare:
a) realizza programmi di salvaguardia e di recupero dell' equilibrio ambientale - faunistico dell'Emilia - Romagna;
b) dota il territorio regionale di strutture atte alla protezione e allo sviluppo delle specie faunistiche autoctone;
c) disciplina, compatibilmente alle risorse faunistiche e alle esigenze della produzione agricola, l'attività venatoria.
3. Per il conseguimento delle finalità della presente legge, la Regione predispone piani faunistici annuali e poliennali.
4. Nell'adozione degli atti indicati al presente articolo, la Regione persegue anche obiettivi di eliminazione o riduzione dei fattori di squilibrio o di degradazione ambientale e tende a corresponsabilizzare a tal fine i cittadini.
5. La Regione promuove altresì la conoscenza del patrimonio faunistico e dei modi per la sua tutela avvalendosi della collaborazione della scuola, delle Università, di organizzazioni sociali, di organizzazioni agrciole, naturalistiche, venatorie, nonchè di associazioni culturali.
Art. 2
Piano regionale faunistico
1. Il piano regionale faunistico è costituito:
a) dalla carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale di cui alla delibera consiliare n. 2646 del 5 marzo 1980;
b) dagli indirizzi deliberati dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, ivi comprese le percentuali massime e minime di aree del territorio agro - forestale da destinarsi alle diverse zone faunistiche;
c) dalle norme deliberate dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, che fissano i criteri per la determinazione degli indennizzi in favore dei proprietari e conduttori dei fondi per la liquidazione degli effettivi danni alle produzioni agricole da parte della fauna selvatica nei terreni utilizzati per oasi di protesione, zone di ripopolamento e cattura, terreno libero e zone di rifugio;
d) dalle norme che prevedono e regolamentano gli incentivi in favore dei proprietari e conduttori dei fondi, singoli o associati, che si impegnino al ripristino ed alla salvaguardia dell'ambiente ed all'incremento del patrimonio faunistico;
e) dai piani territoriali provinciali faunistici deliberati dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, e approvati dal Consiglio regionale;
f) dai programmi provinciali di incentivi per l'incremento del patrimonio faunistico o per la salvaguardia, il ripristino e il miglioramento dell'ambiente.
2. I piani territoriali provinciali faunistici sono proposti dalle Province sentiti i Comuni interessati e la Consulta provinciale e prevedono, individuano e delimitano le seguenti zone:
a) oasi di protezione;
b) zone di ripopolazione e di cattura destinate alla riproduzione della selvaggina, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per il ripopolamento;
c) centri pubblici per la ricerca, la sperimentazione, la cura e il ripopolamento di specie appartanenti alla fauna selvatica, anche allo stato naturale, finalizzati al popolamento degli habitat;
d) centri privati di riproduzione di selvaggina anche allo stato naturale organizzati in forma di azienda agricola, ove è vietato l'esercizio della caccia ed è consentito il prelievo per fini propri dell'impresa;
e) zone di addestramento cani e per le gare degli stessi;
f) aziende faunistico - venatorie;
g) territori a gestione sociale della caccia;
h) zone di osservazione faunistica.
3. Nelle zone protette di cui alle lettere a), b), c), d) ed h) del secondo comma del presente articolo e nei parchi l'esercizio venatorio è sempre vietato. Le zone di cui alle lettere a), b), c) ed h) non possono essere complessivamente inferiori a un ottavo nè superiori ad un quarto del territorio agro - forestale di ciascuna Provincia.
4. Alle oasi di protezione di cui alla lettera a) del secondo comma del presente articolo è riservato almeno il sei per cento del territorio agro - forestale regionale. Il concorso delle singole Province alla costituzione delle oasi di protezione è stabilito sulla base di un progetto elaborato dal Comitato tecnico regionale di cui all'art. 3, ed approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale.
5. Alle zone di cui alle lettere e) ed f) del secondo comma è riservato fino al dieci per cento del territorio agro - forestale complessivo. Il concorso delle singole Province è definito sulla base di un progetto elaborato dal Comitato teccnico regionale di cui all'art. 3 ed approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale.
Art. 3
Comitato tecnico regionale
1. Il Presidente della Giunta regionale con proprio decreto nomina un Comitato tecnico regionale composto da:
a) un esperto designato dall'Istituto nazionale di biologia della selvaggina( INBS);
b) un esperto designato dalle organizzazioni professionali agricole più rappresentative;
c) un esperto designato dall'Unione nazionale associazioni venatorie italiane (UNAVI);
d) un esperto designato d' intesa dalle tre associazioni naturalistiche più rappresentative in ambito regionale;
e) quattro esperti nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a due.
2. I lavori del Comitato tecnico sono coordinati dall'assessore regionale competente per materia.
3. Al Comitato tecnico sono attribuiti compiti di studio, ricerca e proposta per:
a) la valutazione della consistenza della fauna stanziale e migratoria sul territorio regionale;
b) la protezione e la tutela della fauna selvatica;
c) la tutela delle produzioni agricole;
d) la regolamentazione dei diversi aspetti della attività venatoria;
e) la valorizzazione faunistica degli ambienti naturali;
f) la formulazione di pareri sulle materie previste dalla presente legge con particolare riferimento a quelle espressamente indicate.
4. Ai componenti il Comitato tecnico venatorio regionale spettano i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 concernenti modificazioni alle Leggi regionali del 15 dicembre 1977, n. 49 e del 21 agosto 1981, n. 23 relative ai compensi ed ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali e successive modifiche ed integrazioni.

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