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Documento storico: Testo Originale

LEGGE REGIONALE 15 maggio 1987, n. 20

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO NELLA REGIONE EMILIA - ROMAGNA AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATIVA E PER L'ESERCIZIO CONTROLLATO DELLA CACCIA. NORME DI ADEGUAMENTO ALLA LEGGE STATALE 27 DICEMBRE 1977, N. 968. ABROGAZIONE DELLE LEGGI REGIONALI 16 AGOSTO 1978, N. 31, 17 AGOSTO 1978, N. 33, 6 MARZO 1980, N. 14 E LORO SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI

BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE n. 67 del 18 maggio 1987

Titolo III
ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' VENATORIA E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO A FINI VENATORI
Capo I
Abilitazione all'esercizio venatorio
Art. 22
Attestato di abilitazione
1. L'attestato di abilitazione all'esercizio venatorio viene rilasciato dal Presidente della Giunta provinciale al richiedente che - nella provincia dove risiede - ha superato l'apposito esame innanzi alla Commissione di cui all'art. 23.
2. L'esame previsto nel precedente comma consta di una prova pratica e di una prova teorica. La prova pratica consiste nello smontaggio, montaggio ed uso del fucile da caccia, e deve essere sostenuta dal candidato dopo che sia stata superata positivamente la prova teorica. La prova teorica concerne, in particolare, le seguenti materie:
a) legislazione vigente in materia di protezione della fauna e di esercizio venatorio controllato;
b) zoologia applicata;
c) tutela della natura e delle produzioni agricole;
d) armi da caccia e loro uso.
3. Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, con propria deliberazione regola le modalità di svolgimento dell'esame.
4. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d' armi e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
5. Nei dodici mesi successivi al rilascio della licenza, il cacciatore potrà praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata almeno tre anni prima.
6. Gli aspiranti cacciatori possono essere ammessi a sostenere la prova d' esame per l'abilitazione venatoria nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, ferma restando la possibilità di esercizio effettivo al compimento di tale età.
Art. 23
Commissione per l'abilitazione
1. La Commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio è istituita in ogni provincia; ha sede presso l'Ammistrazione provinciale; è nominata dal Presidente della Provincia, sentita la Consulta provinciale di cui all'art. 21, ed è composta da:
a) l'Assessore provinciale competente per materia, o suo delegato, con funzioni di presidente;
b) otto esperti qualificati nelle materie di cui all'art. 22, di cui quattro supplenti;
c) un dipendente dell'Amministrazione provinciale con funzioni di segretario.
2. La Commissione dura in carica quanto il Consiglio provinciale. Il presidente può tuttavia convocare la Commissione, dopo la scadenza degli organi provinciali, e sino alla nomina della nuova Commissione, per l'esame delle domande giacenti.
3. Ai componenti della Commissione, esclusi i dipendenti della Provincia o dei Comuni, vengono corrisposti compensi e rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 concernenti:" Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. La Commissione è validamente insediata con la presenza del Presidente e di almeno quattro componenti.
5. Il giudizio della Commissione è definitivo e inappellabile. Il candidato giudicato inidoneo è ammesso a ripetere l'esame, previa domanda e relativi allegati, non prima che siano trascorsi sei mesi dalla data del precedente esame.
Capo II
Norme per l'esercizio venatorio controllato
Art. 24
Esercizio venatorio controllato
1. Nel territorio della regione Emilia - Romagna l'esercizio venatorio è consentito a tutti i titolari di licenza di porto d' armi per uso di caccia e di tesserino per l'esercizio venatorio rilasciato a norma della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
2. Non è considerato esercizio venatorio il prelievo ai fini di impresa di cui al precedente art. 15.
Art. 25
Tesserino di autorizzazione all'esercizio venatorio
1. Il tesserino di cui all'art. 24 viene rilasciato dal Comune in cui il richiedente risiede, dietro presentazione dei seguenti documenti:
a) licenza di porto d' armi per uso di caccia;
b) ricevuta del versamento dei tributi di cui all'art. 23 delle Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e della LR 29 dicembre 1980, n. 60 " Disciplina delle tasse di concessioni regionali" e successive modificazioni;
c) attestazione del versamento della quota assicurative di cui al sesto comma dell'art. 8 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
2. All'atto del rilascio del tesserino, il richiedente deve consegnare il tesserino della stagione venatorio precedente.
3. Il tesserino viene emesso su esemplari editi dalla Giunta regionale. Oltre alle modalità di esercizio venatorio, sul tesserino devono essere riportati i seguenti dati: numerazione regionale, cognome e nome del titolare, data e luogo di nascita, indirizzo, numero di codice attribuito dalla Regione al titolare, professione, data del rilascio.
4. In caso di deterioramento o smarrimento il titolare, per ottenere il duplicato del tesserino, deve rivolgersi al Comune di residenza, dimostrando di aver provveduto alla denuncia dell'avvenuta perdita all'autorità di Pubblica sicurezza.
5. Nel caso in cui il numero delle giornate di caccia ammesse nella stagione venatoria sia inferiore a quello consentito dalla Legge 968/ 1977 Sito esterno, nel nuovo tesserino vanno depennate le giornate di caccia già effettuate, su dichiarazione del titolare, risultanti dalla denuncia all'autorità di Pubblica sicurezza.
6. Il titolare della licenza di caccia è autorizzato, durante l'esercizio venatorio, a portare utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 26
Attività venatoria nella regione Emilia - Romagna
1. L'attività venatoria nella regione Emilia - Romagna è consentita nei limiti e nei modi previsti dalla vigente legislazione nazionale, nonchè dalla LR 26 gennaio 1987, n. 3 e successive modifiche e integrazioni, concernente norme per la definizione del calendario venatorio regionale, e della presente legge.
2. Per gli eventuali provvedimenti limitativi di cui all' art. 3 della LR 26 gennaio 1987, n. 3, per la definizione del carniere giornaliero e stagionale e del calendario venatorio regionale, di cui al secondo comma dell'art. 6 della medesima LR n. 3/ 1987, la Giunta regionale acquisisce il parere motivato del Comitato tecnico venatorio regionale di cui all'art. 3 della presente legge.
3. In presenza di rilevanti e motivate ragioni connesse a particolari condizioni faunistiche, ambientali, stagionali o climatiche, ovvero a malattie o altre calamità che riguardino solo ambiti compresi in un determinato territorio provinciale, la Provincia territorialmente competente, acquisito il parere della propria Consulta e sentito l'INBS, può derogare dalle disposizioni contenute nel calendario venatorio regionale e vietare la caccia per zone, periodi o modalità determinati o per singole specie di selvaggina.
Art. 27
Esercizio venatorio da appostamento
1. Sono considerati appostamenti fissi di caccia quelli costituiti in muratura, legno, materie plastiche o plasticate, faesite o materiali simili, comunque approntati stabilmente ed atti a consentire un uso per l'intera stagione venatoria.
2. Sono considerati fissi anche gli appostamenti costituiti da botti, tine, imbarcazioni e simili, stabilmente ancorati al fondo dei corsi e specchi d' acqua, naturali o artificiali, nonchè ai margini degli stessi.
3. Tutti gli altri appostamenti sono considerati temporanei, compresi gli apprestamenti che, sebbene costruiti in materia solida, vengono impiantati dalle apposite strutture associative all'interno dei territori per la gestione sociale della caccia, di cui agli articoli 40 e seguenti, il cui uso viene disciplinato da apposite disposizioni ed è subordinato a specifica autorizzazione del conduttore o del proprietario.
Art. 28
Tipi di appostamento fisso
1. Gli appostamenti fissi possono riguardare la terraferma e le zone d'acqua.
2. L'appostamento fisso in terraferma è costituito da un solo capanno nel quale possono cacciare contemporaneamente non più di due cacciatori. L'esercizio venatorio non è consentito a meno di 150 metri dal capanno.
3. L'appostamento fisso in zona d'acqua e per le forme tradizionali di caccia al colombaccio può essere costituito da un capanno o tina principale e da non più di due altri capanni o tine secondarie situati nel raggio di 150 metri dal capanno o tina principale. In ogni appostamento fisso d' acqua non possono cacciare più di due persone per capanno o tina. Nelle forme tradizionali di caccia al colombaccio non possono cacciare contemporaneamente più di quattro persone. L'esercizio venatorio non è consentito a meno di 300 metri dal capanno o tina principale quando l'appostamento è in effettivo esercizio.
4. E' consentita l'apposizione di tabelle perimetrali, ai sensi dell'art. 6 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, esenti da tasse per la delimitazione delle zone di rispetto all'interno delle quali è sempre vietata la caccia ai non autorizzati.
5. Nei dintorni degli appostamenti in zone d' acqua è consentito, all'interno della zona di rispetto, vagare per l'abbattimento dei selvatici feriti.
6. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti fissi di caccia, nelle giornate o nelle località in cui non è ammessa la caccia in forma vagante, deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
Art. 29
Regolamentazione degli appostamenti fissi di caccia e rilascio delle autorizzazioni
1. Ai fini di salvaguardare l'ambiente, la fauna, le bellezze paesaggistiche e di consentire un esercizio venatorio più equilibrato sul territorio, con apposito provvedimento della Giunta provinciale, sentita la rispettiva Consulta, vengono determinate:
a) la distanza minima fra i capanni o tine principali dei diversi appostamenti fissi;
b) la distanza minima degli appostamenti fissi dal confine degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica e delle strutture per la gestione privata del territorio, di cui al Titolo II, Capi I e II;
c) le zone di particolare interesse naturalistico, nonchè le zone comprese nel raggio di 1000 metri di distanza dai valichi montani, posti sopra i m. 600 sul livello del mare, di cui all'ottavo comma del presente articolo, dove non è ammesso l'esercizio venatorio da appostamento fisso;
d) le limitazioni tecnicamente opportune ad impedire che l'eccessiva diffusione degli appostamenti fissi in determinate zone serva ad escludere altri cacciatori dall'esercizio venatorio;
e) le limitazioni tecnicamente idonee ad impedire che l'esercizio venatorio da appostamento fisso in determinate località abbia a contrastare obiettivamente con esigenze di pubblico interesse e, in particolare, con le esigenze riproduttive o migratorie della fauna selvatica.
2. Gli appostamenti fissi sono soggetti al consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, nonchè all' autorizzazione annuale rilasciata dalla Provincia.
3. Il consenso suddetto deve riguardare anche i terreni sui quali il cacciatore interessato ha inteso richiedere la delimitazione della zona di rispetto nei limiti di distanza di cui all'art. 28.
4. Il titolare dell'appostamento fisso può richiedere che nell'autorizzazione vengano indicati i nomi di almeno due cacciatori che lo rappresentino in caso di sua assenza.
5. L'autorizzazione di appostamento fisso ha la durata di un' annata venatoria e conferisce al titolare ed ai suoi sostituti, durante la loro presenza, l'uso venatorio della località dove l'appostamento è situato.
6. Il titolare di un' autorizzazione ed i sostituti non possono richiederrne altre nell'ambito regionale.
7. Le istanze di appostamento fisso devono essere presensentate non oltre il 30 aprile di ciascun anno. La Provincia dà comunicazione scritta all'interessato della decisione assunta non oltre il 30 giugno. Al rilascio delle suddette autorizzazzioni la Provincia deve provvedere salvaguardando gli appostamenti esistenti e dando proprietà alle richieste avanzate da cacciatori di età superiore ai sessanta anni, da invalidi e portatori di handicap.
8. La Provincia è delegata a indicare, con apposito provvedimento, i valichi montani dove è vietato l'esercizio venatorio da appostamento a norma dell'art. 16 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
Art. 30
Esercizio venatorio da appostamento temporaneo
1. L'appostamento temporaneo di caccia viene usato dal cacciatore che per primo abbia approntato il capanno od occupato il terreno sul quale questo viene costruito; di norma si devono usare capannani portatili prefabbricati.
2. Quando l'appostamento temporaneo comporta modificazioni del terreno e preparazione del sito, con vegetazione reperita sul posto, il cacciatore deve richiedere il consenso al proprietario o conduttore del terreno, con obbligo di rimuovere l'appostamento al termine della giornata venatoria. In ogni caso è fatto obbligo a fine giornata venatoria della rimozione del capanno, compresi i residuati derivanti dall'attività venatoria.
3. L'esercizio venatorio non è ammesso a meno di 150 metri da ogni capanno temporaneo di caccia, quando il medesimo sia in effettivo esercizio.
4. Ad una distanza inferiore a 100 metri da frutteti, vigneti e altre colture specializzato, o all'interno delle stesse aree a coltura specializzate, è ammesso l'appostamento temporaneo solo previo consenso scritto del proprietario o del conduttore del fondo, al quale il cacciatore, se richiesto, è tenuto a fornire le proprie generalità e gli estremi della licenza di porto d' armi per uso di caccia.
5. In ogni appostamento temporaneo di caccia non possono cacciare contemporaneamente più di due cacciatori.
6. E' vietato l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo a meno di 150 metri dai confini degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica, dagli immobili, fabbricati, stabili o da altre strutture fisse o mobili adibiti a posto di lavoro, e da vie di comunicazione ferroviarie, nonchè da strade carrozzabili, fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali. L'esercizio venatorio è altresì vietato nel raggio di 1000 metri di distanza da valichi montani, posti sopra i metri 800 del livello del mare, indicati nel medesimo provvedimento di cui all'ottavo comma dell'art. 29.
7. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti temporanei nelle giornate o nelle località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
8. La raccolta della selvaggina abbattuta, se effettuata dal cacciatore, deve avvenire con il fucile scarico.
Art. 31
Custodia dei cani
1. I cani da caccia incustoditi trovati a vagare nelle campagne in periodi o in aree non consentiti, o nelle zone di protezione della fauna, sono catturati dagli agenti di vigilanza e consegnati al più vicino canile municipale. Durante i periodi e nelle aree nei quali non è permesso l'uso del cane, la cattura ha luogo solo quando il medesimo non sia accompagnato o non si trovi sotto la sorveglianza del proprietario o di chi ne abbia l'obbligo. La presente disposizione non si applica ai cani da guardia appartenenti al proprietario o conduttore dello stesso fondo sul quale vagano.
Capo III
Cattura della fauna selvatica
Art. 32
Cattura e utilizzazione di animali selvatici
1. La Provincia è delegata dalla Regione ad autorizzare, su tutto il territorio agro - forestale, nei limiti della presente legge e delle eventuali direttive dello Stato, sentita la Consulta provinciale, su parere dell'Istituto nazionale di biologia della selvaggina (INBS), la cattura o l'abbattimento di fauna selvatica nonchè il prelievo di uova, nidi e piccoli nati di fauna per le seguenti finalità:
a) nell'interesse della salute e per prevenire danni alle colture agricole, al bestiame, ai boschi, alla pesca ed alle acque, nonchè per la protezione della flora e della fauna e per il riequilibrio biologico;
b) per la ricerca scientifica e l'insegnamento, per il ripopolamento e la reintroduzione, nonchè per l'allevamento connesso a tali operazioni.
Art. 33
Rilascio delle autorizzazioni
1. Le autorizzazioni per effettuare gli interventi di cui all' art. 32 sono concesse sulla base di appositi piani adottati dalla Provincia, sentita la Consulta provinciale, i quali stabiliscono:
a) le finalità di pubblico interesse perseguite;
b) la specie faunistica interessata;
c) la destinazione della selvaggina catturata o abbattuta;
d) il numero massimo dei capi catturabili o abbattibili;
e) i mezzi e i metodi selettivi adottati;
f) le condizioni di rilascio della selvaggina, le circostanze di tempo e di luogo relative;
g) le forme di controllo;
h) gli operatori incaricati provvisti di competenza, che posseggano, di norma, i requisiti di pubblico ufficiale.
2. E' comunque vietato l'uso dei bocconi avvelenati e di tutti i mezzi non selettivi.
Art. 34
Destinazione della fauna selvatica catturata o abbattuta
1. Per le specie di fauna non cacciabili viene escluso l' abbattimento, mentre possono essere consentite forme di intimidazione e di allontamento dai luoghi di danno temuto per le finalità di cui alla lett a) del primo comma dell'art. 32.
2. Gli animali catturati appartenenti alle specie non cacciabili vengono liberati in località ritenute idonee e, comunque, tali da non suscitare eventuali danni.
3. Gli animali catturati appartenenti alle specie cacciabili, quando non possono essere liberati a scopo di ripopolamento o quando vengono abbattuti, possono essere ceduti anche per scopi alimentari, con obbligo della certificazione sanitaria.
4. Gli animali appartenenti alle specie particolarmente protette menzionati all'art. 2 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno possono essere esclusivamente oggetto di cattura per fini scientifici e di studio sentito l'INBS Devono essere, quanto prima, rimessi in libertà in ambienti ritenuti idonei.
5. La scelta della destinazione degli animali catturati, o abbattuti, compete all'ente delegato sentito il parere della Consulta provinciale.
Art. 35
Patrimonio faunistico regionale
1. La Regione, nei limiti e con le modalità previsti dalla legislazione nazionale vigente, delega alle Province le funzioni concernenti la costituzione e la gestione di un patrimonio faunistico, preordinato a consentire l'uso controllato di richiami vivi.
2. Le Province, nell'esercizio delle funzioni di cui al primo comma e sulla base di specifiche direttive regionali, emanano provvedimenti di concessione abilitanti alla cattura di specie selvatiche in favore di soggetti singoli o associati, purchè provvisti dei necessari requisiti professionali.
3. La Regione fissa le specie e le quantità massime catturabili su proposta dell'INBS, al quale fa pervenire una espressa richiesta in tal senso. Decorsi 60 giorni la Regione provvede.
4. Le direttive regionali contengono prescrizioni vincolanti in ordine:
a) alle specie e alle quantità massime oggetto di cattura individuate ai sensi del terzo comma;
b) alle caratteristiche degli strumenti di cattura e alle relative modalità di collocamento e d' uso;
c) ai requisiti professionali dei destinatari delle concessioni, nonchè degli altri operatori addetti alla cattura;
d) alla istituzione e alla tenuta degli albi dei concessionari, degli operatori e degli utilizzatori, da istituire presso ogni Provincia;
e) alla densità massima delle concessioni, comunque non superiore mediamente all'unità per ogni 150 chilometri quadrati su base regionale.
Art. 36
Concessione abilitante
1. Il provvedimento di concessione abilitante alla cattura di specie selvatiche indica:
a) il destinatario della concessione;
b) i nominativi degli operatori abilitati diversi dal concessionario, in possesso dei necessari requisiti professionali;
c) le caratteristiche degli strumenti di cattura, le loro modalità di collocazione e d' uso, nonchè le località ed i terreni nei quali debbono essere situati;
d) le specie e le quantità massime faunistiche oggetto di cattura;
e) le prescrizioni concernenti le cessioni agli utilizzatori.
Art. 37
Detenzione e commercio della fauna selvatica
1. E' sempre vietato detenere fauna selvatica viva o morta anche se imbalsamata, fatta eccezione per i casi di legittimo possesso previsti dalla legge.
2. La Provincia è delegata a provvedere in ordine alle autorizzazioni all'allevamento, alla detenzione e al commercio di fauna selvatica, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale, ai sensi dell'art. 19 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e successive modifiche e integrazioni.
3. La cessione per scopi di vendita e di commercio della fauna selvatica viva o morta nei casi ammessi dalla legge comporta l'obbligo per il cedente di rilasciare all'acquirente apposito attestato sulla legittima provenienza degli animali.
4. Chiunque commerci o rivenda fauna selvatica viva o morta, nei casi ammessi dalla presente legge, ha l'obbligo di tenere un registro vidimato dal Comune competente per l'annotazione del carico e dello scarico dei capi di selvaggina commerciati o utilizzati.
5. E' fatta comunque salva la facoltà di detenere, senza alcuna autorizzazione, le specie esotiche per conservarle in cattività, per scopi amatoriali od ornamentali.
Art. 38
Della civetta e del falco pellegrino
1. Sono vietati la cattura, la detenzione e l'uso della civetta (Athene noctua) a scopi di zimbello per qualunque tipo di caccia, ivi compresa la caccia agli alaudidi, nonchè la cattura, la detenzione e l'uso per qualunque tipo di caccia del falco pellegrino (Falco peregrinus) anche riprodotto o allevato in cattività.
Art. 39
Vendita di fauna selvatica nelle fiere tradizionali
1. E' in ogni caso vietata la vendita di uccelli da richiamo o da zimbello, per uso venatorio, nelle tradizionali fiere.
Capo IV
Organizzazione del territorio per la gestione sociale della caccia
Art. 40
Territori per la gestione sociale della caccia - TGSC
1. Sono territori per la gestione sociale della caccia le zone in cui le categorie territorialmente interessate partecipano alla gestione dell'ambiente faunistico - venatorio. Tali zone hanno una estensione di norma non inferiore a 2.000 ha e non superiore a 6.000.
2. La Provincia, su richiesta degli Enti locali interessati o di organizzazioni professionali agricole o di associazioni venatorie riconosciute operanti nel territorio, sentita la Consulta provinciale, istituisce tali zone ai sensi del precedente art. 2.
3. La deliberazione che determina il perimetro del TGSC è notificata ai proprietari o conduttori dei fondi e pubblicata nelle forme consuete, nonchè mediante manifesto da affiggere per almeno sessanta giorni nel capoluogo dei Comuni territorialmente interessati e loro frazioni, e da inviare alle sedi delle associazioni agricole.
4. In caso di proposta da parte di associazioni venatorie riconosciute, è richiesto il consenso scritto degli Enti locali interessati; è comunque sempre richiesto il consenso dei conduttori o proprietari agricoli aventi la disponibilità di almeno l'80% delle aree interessate. Il consenso si considera validamente accordato quando i dissensi, manifestati entro il termine previsto dal terzo comma, non superano il 20%.
5. Le disposizioni di cui ai precedenti commi, in quanto applicabili, devono essere osservate anche in caso di modifica o di revoca del TGSC.
6. I territori per la gestione sociale non possono essere complessivamente superiori alla percentuale massima prevista dall'art. 15 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e successive modifiche e integrazioni.
7. Tali zone sono istituite per una durata non superiore ad anni cinque, e alla scadenza possono essere rinnovate anche per periodi inferiori.
8. Tali zone sono istituite o modificate almeno novanta giorni prima dell'inizio della stagione venatoria.
9. L'attività venatoria è consentita solo ai cacciatori che siano titolari del tesserino di accesso.
Art. 41
Delimitazione dei territori per la gestione sociale della caccia
1. L'ambito territoriale del TGSC viene segnalato a cura dell'organismo di gestione con tabelle di colore arancione recanti la scritta: " Territorio per la gestione sociale della caccia - Autorizzazione ai sensi di legge - Divieto di caccia ai non autorizzati ". Le tabelle sono esenti da tasse e sopratasse regionali.
2. Qualora il TGSC sia delimitato da un corso d' acqua che non costituisca confine con un ambito protetto, il tabellamento deve consentire l'abbeverata della fauna selvatica.
3. I territori debbono essere delimitati su corsi d' acqua od importanti opere come strade, canali e ferrovie, per facilitare ai cacciatori l'individuazione dei confini e rendere agevole la vigilanza.
Art. 42
Finalità
1. La gestione sociale della caccia assicura:
a) una presenza venatoria programmata in relazione alle caratteristiche ambientali, faunistiche e colturali del territorio, nonchè la stabilità del rapporto del cacciatore col proprio territorio di caccia;
b) aree di rispetto e ripopolamenti, secondo la carta delle vocazioni faunistiche e rapportati alle condizioni dell' ambiente e dell'ordinamento colturale;
c) prelievo venatorio commisurato nelle entità e nelle modalità alle esigenze di conservazione delle specie oggetto di caccia;
d) informazione ed educazione delle categorie interessate;
e) la vigilanza venatoria e la tutela delle colture agricole rispondenti alle esigenze territoriali;
f) forme speciali di caccia, aperte a tutti gli aderenti a parità di condizioni, nei territori istituiti nei terreni umidi e nelle località interessate al passo delle principali specie migratrici.
2. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, autorizza gli organismi dei TGSC ad esigere un contributo finanziario a copertura delle spese di gestione.
3. La gestione economica dei TGSC assicura il pareggio dei bilanci e deve essere rapportata al perseguimento equilibrato delle finalità di cui al primo comma.
4. I danni provocati alle produzioni agricole nei TGSC dall'esercizio venatorio e dalla fauna selvatica cacciabile ad esclusione di quelli provocati da cinghiali e fauna protetta sono a carico delle rispettive gestioni.
5. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge la Regione emana direttive vincolanti per il perseguimento delle finalità di cui alle lettere a) e c) del primo comma del presente articolo sulla base dei parametri individuati dal Comitato tecnico venatorio regionale di cui all'art. 3.
Art. 43
Organi di gestione e coordinato
1. Per la gestione e il coordinamento dei territori di cui all'art. 40 sono istituiti:
a) un Comitato territoriale di gestione per ciascuna zona;
b) un Comitato di coordinamento per ciascuna provincia;
c) il Comitato di coordinamento regionale.
Art. 44
Comitato territoriale di gestione
1. Il Comitato territoriale di gestione è composto da:
a) da quattro a sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole territorialmente interessate;
b) da quattro a sei rappresentanti delle associazioni venatorie territorialmente interessate;
c) da quattro a sei esperti, designati dagli enti locali territorialmente interessati;
d) due rappresentanti delle associazioni naturalistiche e protezionistiche territorialmente interessate.
2. I rappresentanti di cui alle lettere a), b) e c) sono presenti nel Comitato di gestione in misura paritetica. I componenti di cui alle lettere a), b), c) e d) sono designati da associazioni effettivamente operanti nel territorio a gestione sociale, e sono scelti fra persone residenti in un Comune territorialmente interessato. Le rispettive delegazioni sono formate in base al principio della rappresentatività.
3. Il Comitato è nominato dal Presidente della Giunta provinciale su designazione degli enti ed organizzazioni interessati entro trenta giorni dalla richiesta. Il Comitato nomina a maggioranza nel proprio seno il Presidente ed è validamente costituito quando sono stati nominati i rappresentanti di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma del presente articolo.
4. L'attività di gestione si svolge sulla base di un programma annuale proposto dal Comitato territoriale d' intesa con il Comitato di coordinamento provinciale territorialmente competente e approvato dalla Giunta provinciale.
5. Il programma di gestione ha per oggetto l'attività di qualificazione faunistica, le immissioni di selvaggina, le modalità di accesso, l'attività venatoria, la prevenzione e il risarcimento dei danni alle colture agricole.
6. In particolare il programma definisce, secondo lo schema di programma tipo di cui alla lettera a) del primo comma dell'art. 48:
a) i rapporti di equilibrio tra le popolazioni di selvaggina presente e immessa in base ai quali determinare il prelievo venatorio;
b) l'individuazione del numero dei cacciatori ammessi all' esercizio tra cacciatori residenti nel territorio di gestione sociale e cacciatori non residenti;
c) le strutture venatorie adeguate alla produzione, all' allevamento e all'adattamento in libertà della selvaggina.
Art. 45
Coordinamento provinciale dei TGSC
1. L'indirizzo e il coordinamento delle attività dei Comitati territoriali di gestione compresi nella stessa provincia, sono assicurati dal Comitato di coordinamento provinciale.
2. Il Comitato è nominato entro trenta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni dal Presidente della Provincia ed è composto:
a) dal Presidente di ciascun Comitato territoriale di gestione, o da un suo delegato;
b) da nove rappresentanti delle Associazioni venatorie riconosciute presenti nella provincia designati in rapporto agli aderenti ai TGSC, assicurando la presenza delle associazioni minoritarie;
c) da nove rappresentanti designati dalle organizzazioni agricole riconosciute presenti nella provincia;
d) da nove rappresentanti designati dalle associazioni naturalistiche operanti nell'ambito provinciale;
e) da tre esperti in materia faunistico - venatoria designati dal Consiglio provinciale con voto limitato a due.
Art. 46
Compiti del Comitato provinciale di coordinamento
1. Oltre alle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui al primo comma dell'art. 45, spetta al Comitato provinciale:
a) formulare pareri obbligatori sul programma di gestione dei Comitati territoriali di cui all'art. 44 con particolare riferimento agli aspetti di cui al sesto comma del medesimo articolo;
b) predisporre il bilancio preventivo sulla base delle proposte dei Comitati territoriali e delle proprie esigenze;
c) predisporre il conto consuntivo sulla base delle spese sostenute;
d) promuovere l'informazione e l'educazione agro - faunistico - venatoria d'intesa con le associazioni venatorie, le organizzazioni professionali agricole, le associazioni naturalistiche, il mondo della ricerca scientifica e della scuola.
2. I pareri sui programmi territoriali di gestione, i bilanci preventivi e i conti consuntivi sono trasmessi alla Provincia e al Comitato di coordinamento regionale.
3. I conti consuntivi sono corredati dai verbali delle assemblee che le riguardano e dalla relazione dei sindaci revisori.
Art. 47
Coordinamento regionale dei TGSC
1. Il coordinamento delle attività relative alla gestione sociale nell'ambito regionale è assicurato dal Comitato di coordinamento regionale.
2. Detto Comitato è nominato dal Presidente della Giunta regionale trascorsi sessanta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni ed è costituito:
a) dal Presidente di ogni Comitato di coordinamento provinciale o da un suo delegato;
b) da nove rappresentanti designati dall'UNAVI garantendo la presenza di tutte le associazioni;
c) da nove rappresentanti fra quelli designati da ciascuna delle associazioni dei proprietari o conduttori dei fondi operanti nel territorio regionale;
d) da nove rappresentanti fra i designati dalle associazioni naturalistiche identificate in base agli articoli 12 e 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349 Sito esterno, operanti nel territorio regionale;
e) da tre esperti nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a due;
f) da tre esperti in materie agro - faunistico - venatorie designati dalla Commissione amministratrice dell'ARIS.
3. Il Presidente del Comitato di coordinamento regionale è eletto a maggioranza dei suoi componenti nominati. Le sedute sono valide se è presente la maggioranza dei membri nominati.
4. Il Comitato può nominare un ufficio di presidenza con compiti esecutivi.
5. Il Comitato si riunisce su convocazione del Presidente o su richiesta di uno dei Comitati di coordinamento provinciali o di tre componenti o del Presidente della Regione.
Art. 48
Compiti del Comitato di coordinamento regionale
1. Oltre alle funzioni di coordinamento di cui al primo comma dell'art. 47, spetta al Comitato di coordinamento regionale:
a) formulare uno schema di programma tipo per la gestione territoriale con particolare riferimento all'individuazione di criteri idonei a stabilire:
1) i rapporti di equilibrio tra popolazioni di selvaggina presente e selvaggina immessa sulla base del quale determinare il prelievo venatorio;
2) il numero di cacciatori ammessi all'esercizio venatorio, nonchè la proporzione tra cacciatori residenti e non residenti;
3) le modalità di rapporto tra territori a gestione sociale appartenenti a Province di diversa densità venatoria;
b) stabilire le modalità di esercizio venatorio alla selvaggina migratoria nei territori a gestione sociale, nei limiti previsti dal calendario venatorio regionale;
c) predisporre ed approvare i propri bilanci preventivo e consuntivo;
d) stabilire i criteri di uniformità per il trattamento economico di tutto il personale dipendente dagli organismi della gestione sociale della caccia;
e) rilasciare entro il 30 aprile di ogni anno alla Regione una relazione sull'andamento della stagione venatoria e sul funzionamento dei Comitati di coordinamento provinciali;
g) promuovere la formazione, l'informazione e la ricerca in materia agro - faunistico - venatorio - ambientale;
h) programmare interventi per la valorizzazione ambientale anche in funzione della conservazione delle specie non cacciabili;
i) nominare inoltre il proprio rappresentante nella Consulta regionale prevista all'art. 19.
2. Il Comitato di coordinamento regionale provvede all' assegnazione dei fondi ai singoli comitati di territorio in relazione al numero degli aderenti, trattenendo il 20 per i comitati di coordinamento provinciali e il 10% per le spese connesse al proprio funzionamento. Eventuali avanzi di bilancio dei Comitati provinciali e regionale devono essere ripartiti fra tutti i Comitati territoriali di gestione in proporzione al numero degli aderenti.
Art. 49
Collegi territoriali dei sindaci revisori
1. I Presidenti delle Province nominano il Collegio dei sindaci revisori dei Comitati territoriali di gestione, su proposta del Comitato stesso, con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei rispettivi Comitati territoriali di gestione.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effetivi, uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole, uno designato dalla Provincia con compiti di Presidenti. La Provincia designa inoltre due supplenti di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte dei TGSC provinciali i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni dei rispettivi Comitati territoriali.
Art. 50
Collegi provinciali dei sindaci revisori
1. I Presidenti delle Province nominano il Collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei Comitati di coordinamento provinciali dei TGSC.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effettivi, uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole ed uno designato dalla Provincia con compiti di Presidente. La Provincia designa altresì due supplenti, di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte dei TGSC provinciali i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni dei Comitati di coordinamento.
Art. 51
Collegio regionale dei sindaci revisori
1. Il Presidente della Regione nomina il Collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei Comitati di coordinamento regionale.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effettivi: uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole e uno designato dalla Giunta regionale con compiti di Presidente. La Giunta regionale designa altresì due supplenti, di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte del Comitato di coordinamento regionale dei TGSC i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni del Comitato di coordinamento regionale.
Art. 52
Validità delle decisioni dei Comitati regionali e provinciali di coordinamento e territoriali di gestione
1. Per la validità delle decisioni del Comitato di coordinamento regionale e dei Comitati provinciali di coordinamento e territoriali di gestione è necessaria la presenza di almeno la metà più uno dei componenti il Comitato che delibera a maggioranza. Delle decisioni viene tenuta nota in apposito registro preventivamente firmato dai sindaci revisori.
2. Le decisioni divengono esecutive trascorsi cinque giorni dalla data della seduta.
3. Entro tale termine un terzo dei nominati, quando ritenga che la decisione assunta sia contraria alla legislazione vigente o ai vincoli del programma regionale, provinciale e territoriale, può richiedere, motivando, che tale decisione sia sottoposta all'approvazione dell'organo competente che deve inderogabilmente provvedere entro il decimo giorno dal ricevimento della richiesta. Nella mora la decisione è sospesa.
Art. 53
Accesso dei cacciatori residenti in Emilia - Romagna
1. Il cacciatore ha facoltà di esercizio venatorio nel territorio a gestione sociale di residenza ed in uno altro per tutto il periodo di caccia alla selvaggina stanziale.
2. In tale periodo il cacciatore, per esercitare la caccia nel territorio di gestione sociale diverso da quello di residenza, si munisce, entro la data annualmente fissata dal Comitato di coordinamento regionale, dell'autorizzazione rilasciata a richiesta e gratuitamente dal Comitato di coordinamento provinciale di residenza.
3. Il numero delle autorizzazioni di cui al comma precedente è individuato per ciascun territorio a gestione sociale dal Comitato di coordinamento provinciale, ed è pari alla differenza fra il numero dei posti complessivamente disponibili per ciascun territorio e il numero dei cacciatori residenti che nella precedente annata venatoria hanno aderito alla gestione sociale.
4. Fino all'emanazione delle direttive di cui al quinto comma dell'art. 42, la quantità dei posti disponibili si ottiene applicando il parametro di un cacciatore ogni 5 ha di superficie del territorio a gestione sociale, salvo altra determinazione adottata dai Consigli provinciali territorialmente competenti. Il Comitato di coordinamento regionale provvede a ripartire le autorizzazioni disponibili tenendo prioritariamente conto delle richieste dei Comitati provinciali nel territorio dei quali nella precedente annata venatoria ogni cacciatore ha avuto a disposizione una superficie media inferiore ai 5 ha.
5. Dopo la chiusura della caccia alla selvaggina stanziale il cacciatore ha facoltà di esercizio venatorio in tutti i territori a gestione sociale.
6. Nel periodo di cui al primo comma del presente articolo, coloro che intendono esercitare la caccia fuori dai territori a gestione sociale prescelti sono autorizzati a farlo solo da appostamento. Nelle risaie, lungo le rive dei corsi l'acqua e nelle zone umide comprese all'interno dei TGSC e appositamente indicati dalle Province, la caccia alla selvaggina migratoria può essere consentita anche in forma vagante a chiunque sia in possesso del tesserino di accesso.
7. Nella caccia da appostamento è fatto obbligo di usare i capanni artificiali. L'utilizzo di materiali esistenti sul posto è consentito solo con il consenso del conduttore del fondo. I bossoli delle cartucce sparate debbono essere raccolti e portati via.
8. I Comitati territoriali di gestione, acquisito il parere scritto del Comitato di coordinamento provinciale competente per territorio e del Comitato di coordinamento regionale, possono proporre all'Amministrazione provinciale l'adozione di un parametro diverso a quello precedentemente indicato di un cacciatore ogni 5 ha. Anche in questo caso deve comunque essere garantita una quota di posti disponibili per cacciatori non residenti.
9. Il Comitato di coordinamento regionale, al fine di migliorare le condizioni di esercizio venatorio, promuove intese con gli altri Comitati di coordinamento provinciali e con i Comitati territoriali al fine di realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori non residenti.
10. La scelte del cacciatore viene annotata sul tesserino di accesso.
11. Le norme del presente articolo restano in vigore sino all'emanazione delle disposizioni regolamentari per l'attuazione della presente legge. E' abrogato l'art. 10 del Regolamento regionale 26 luglio 1984, n. 41.
Art. 54
Cacce speciali nel TGSC e modalità delle medesime
1. I Comitati di coordinamento provinciali, d' intesa con i Comitati di gestione territorialmente interessati, promuovono forme di caccia speciali di cui alla lettera f) dell'art.42. Tali cacce sono gratuite ed aperte a tutti i cacciatori in possesso del tesserino di accesso a parità di condizioni, salvo il rimborso delle spese di organizzazione sostenute dal Comitato di gestione territorialmente interessato.
2. I Comitati di coordinamento provinciali dei TGSC territorialmente interessati predispongono le modalità di esercizio.
3. Dette modalità devono riguardare:
a) la superficie e le caratteristiche dei terreni che vengono vincolati;
b) il periodo di esercizio venatorio;
c) il numero dei cacciatori da ammettere, garantendo comunque la presenza di almeno il 60% di cacciatori non residenti nei comuni dove è ubicata la zona, e di questi almeno la metà residenti fuori provincia;
d) l'ammissione mediante prenotazione eventuale o sorteggio tra i prenotati;
e) il metodo di consegna dei permessi e il rimborso spese dovuto per ogni giornata di caccia;
f) il numero delle giornate di caccia concesse ad ogni cacciatore nei limiti previsti dal calendario venatorio regiornale;
g) le forme di caccia vagante o da appostamento;
h) le modalità di assegnazione degli apprestamenti fissi.
4. Le modalità di esercizio vengono approvate dal Comitato di coordinamento regionale dei TGSC e divengono operanti dopo la ratifica della Giunta regionale.
5. L'autorizzazione di appostamento fisso per nuovi impianti o di rinnovo per quelli esistenti nei territorio di caccia speciale inclusi nei TGSC viene rilasciata dalla Provincia sentito il Comitato di coordinamento provinciale TGSC Il titolare, per accedere nell'appostamento, deve essere in possesso del tesserino di accesso.
6. Le località destinate alle forme di caccia speciale vengono delimitate da tabelle recanti la scritta: " Regione Emilia - Romagna - TGSC della Provincia di...... - Zona di caccia speciale - LR ...... ".
7. Qualora il calendario venatorio regionale consenta l'esercizio della caccia al cervo, daino, al muflone e al capriolo, nei TGSC potranno essere proposte forme di caccia per tali specie secondo le modalità del presente articolo.
8. Le norme del presente articolo restano in vigore sino all'emanazione delle disposizioni regolamentari per l'attuazione della presente legge. E' abrogato l'art. 11 del Regolamento regionale 26 luglio 1984, n. 41.
Capo V
Tutela della attività agro - silvo - pastorali
Art. 55
Fondi chiusi
1. La caccia è vietata a chiunque nei fondi chiusi da muro o recintati con rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1.80 oppure circondati da corsi o specchi d' acqua perenni aventi la lunghezza di almeno m. 3 ed una profondità di almeno m. 1,50.
2. I fondi chiusi sono delimitati da tabelle perimetrali di colore bianco, collocate a cura del proprietario del terreno, distanti 100 metri le une dalle altre, e comunque in modo che siano visibili le due contigue, portanti la scritta: " Fondo chiuso - Divieto di caccia ". L'apposizione di dette tabelle è esente da tasse. Qualora, durante la stagione venatoria, vengano a cessare le condizioni di fondo chiuso a norma delle vigenti leggi regionali, il proprietario, o in mancanza il conduttore del fondo, deve darne tempestiva comunicazione alla Provincia. In tali casi sussiste il divieto di caccia fino alla conclusione della stagione venatoria in corso.
3. Nei fondi chiusi, su richiesta del proprietario o, in mancanza, del conduttore, può essere autorizzata, nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 13, la cattura della selvaggina per la protezione delle colture agricole. La selveggina così catturata viene destinata a scopi di ripopolamento.
4. E' fatto obbligo al proprietario o conduttore del fondo di comunicare la delimitazione del fondo chiuso alla Provincia.
Art. 56
Salvaguardia dell'ambiente agricolo - forestale
1.
L'art. 8 della L. R. 26 gennaio 1987, n. 3 è sostituito come segue:
"1. Fermo restando quanto previsto alla lett. e) dell'art. 20 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, l'esercizio venatorio è vietato nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali, nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, serre e impianti fissi di irrigazione e di 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria, da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali e interpoderali, nei giardini e nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,80 o da corsi o da specchi d' acqua perenni il cui letto abbia profondità di almeno m. 1,50 e larghezza di almeno m. 3,00.
2. L'esercizio venatorio è altresì vietato nelle aree comprese nel raggio di 100 metri da macchine agricole operatrici in attività.
3. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione.
4. Agli effetti della presente legge sono considerati terreni in attualità di coltivazione gli orti, le colture erbacee e cerealicole dalla semina a raccolto effettuato, i prati artificiali e quelli naturali che abbiano raggiunto i 15 cm. di altezza, i frutteti e i vigneti, nonchè i terreni di recente rimboschimento per un periodo di almeno tre anni.
5. Nei frutteti e nei vigneti, a raccolto compiuto:
a) l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo è ammesso, previo consenso del conduttore o del proprietario del fondo;
b) l'esercizio venatorio in forma vagante è comunque vietato. E' altresì vietato l'esercizio venatorio a meno di 100 metri dal limite esterno della piantagione;
c) è consentito l'accesso all'ausiliare.
6. E' fatto divieto di sparo, a meno di 150 metri dagli stabbi, dagli stazzi e da altri ricoveri, nonchè dai recinti destinati al ricovero ed alla alimentazione del bestiame nei periodi di effettiva utilizzazione agro - silvo - pastorale, secondo le condizioni produttive del pascolo e quando sono presenti almeno un capo adulto o tre capi giovani per ogni ettaro di terreno, e dai recinti dove gli animali sono tenuti in cattività stretta.
7. Il conduttore deve segnalare la presenza del bestiame nei recinti sopraddetti con apposite tabelle aventi la scritta: " Bestiame al pascolo ", esenti da tributi.
8. I cani devono essere condotti dal cacciatore in modo che il bestiame al pascolo o gli animali in cattività non siano disturbati o danneggiati.
9. La Provincia, su conforme parere della Commissione provinciale per l'agricoltura di cui agli articoli 24 e 25 della LR 27 agosto 1983, n. 34, può integrare o modificare, per il territorio di propria competenza, le disposizioni di cui al presente articolo relative ai terreni in attualità di coltivazione.
10. Le Province in accordo con le associazioni agricole possono autorizzare l'esercizio venatorio in territori sociali diversi da quello di opzione limitatamente alla caccia al cinghiale. "
Sito esterno
Art. 57
Danni alle produzione agricole
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili alle produzione agricole e alle altre produzioni connesse con l'agricoltura o ad esse similari, arrecati dalla fauna selvatica, ed in particolare da quella protetta e dall'attività venatoria, si provvede secondo quanto dispongono i successivi commi del presente articolo.
2. L'accertamento dei danni avviene con modalità stabilite dalla Provincia, quale ente delegato, sentita la Consulta provinciale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, anche mediante direttive vincolanti impartite agli organismi e alle aziende cui spetta la gestione delle zone di cui al secondo comma dell'art. 2. In ogni caso la segnalazione del danno deve avvenire in tempi e modi che ne consentano la valutazione in loco da parte di chi deve provvedere alla stima e al richiedente deve essere garantita la possibilità di presenziare all'eventuale sopralluogo, e di far annotare i propri rilievi nel relativo verbale.
3. Quando il danno lamentato derivi dall'esercizio dell' attività venatoria, il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a fornire, oltre alle prove del danno medesimo, anche tutti i possibili elementi in suo possesso atti all' individuazione dei cacciatori resisi responsabili.
4. L'indennizzo per i danni arrecati dalla fauna selvatica può essere liquidato in forma forfettaria. Sono indennizzabili anche i guasti arrecati dalla fauna selvatica alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo, quali i recinti, le palizzate e in genere gli elementi e gli impianti di sostegno, protezione, allineamento di alberi, viti o altre piante.
5. Alla liquidazione dei danni provvede la Provincia. La proposta di liquidazione dei danni non altrimenti risarcibili, che a seguito di accertamento effettuato direttamente o confermato dai competenti uffici della Provincia risultino provocati da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria, compete ad un Comitato nominato dal Presidente della Provincia, presieduto dall'Assessore provinciale competente o da un suo delegato e formato da tre esperti designati dalle organizzazioni agricole interessate più rappresenative e da altrettanti esperti designati dalle associazioni venatorie nazionali riconosciute più rappresentative. Il Presidente del Comitato ha diritto di voto.
Art. 58
Tutela delle produzioni agricole
1. Per la tutela delle produzioni agricole, connesse o similari, e per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni medesime dalla selvaggina e dall' attività venatoria, ai sensi dell'art. 26 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, la Regione provvede al finanziamento degli oneri derivanti.
2. L'ammontare delle risorse è stabilito tenendo conto delle tipologie di intervento prediposte in un progetto attuativo del piano regionale di cui all'art. 2.
3. Gli oneri per gli indennizzi e il risarcimento dei danni arrecati alle colture agricole nei territori ricompresi nelle zone di cui alle lettere d), e) e g) del secondo comma dell'art. 2, sono ad esclusivo carico delle aziende, organismi o centri preposti alla gestione degli ambiti medesimi.
Art. 59
Incentivi ai conduttori di terreni agricoli
1. Agli imprenditori agricoli che si adoperano attraverso l'attuazione di interventi specifici tesi alla salvaguardia e all'incremento della selvaggina, nonchè al miglioramento e mantenimento degli habitat naturali sono erogati contributi secondo le modalità previste da apposite direttive emanate dalla Giunta regionale sentita (entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge) la competente Commissione consiliare. In particolare saranno incentivati i seguenti interventi:
a) coltivazioni programmate per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli;
b) mantenimento e miglioramento delle zone umide;
c) collaborazioni operative;
d) tabellamento, difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamenti;
e) pasturazioni invernali degli animali in difficoltà;
f) manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della selvaggina;
g) limitato taglio dei boschi;
h) ripristino e mantenimento di siepi, alberate, maceri ecc.

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