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Documento storico: Testo Originale

LEGGE REGIONALE 15 maggio 1987, n. 20

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO NELLA REGIONE EMILIA - ROMAGNA AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATIVA E PER L'ESERCIZIO CONTROLLATO DELLA CACCIA. NORME DI ADEGUAMENTO ALLA LEGGE STATALE 27 DICEMBRE 1977, N. 968. ABROGAZIONE DELLE LEGGI REGIONALI 16 AGOSTO 1978, N. 31, 17 AGOSTO 1978, N. 33, 6 MARZO 1980, N. 14 E LORO SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI

BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE n. 67 del 18 maggio 1987

INDICE

Espandere area tit1 Titolo I - FINALITA' E PIANI REGIONALI
Espandere area tit2 Titolo II - ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA TUTELA, L'INCREMENTO E LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Espandere area tit3 Titolo III - ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' VENATORIA E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO A FINI VENATORI
Espandere area tit4 Titolo IV - DIVIETI E SANZIONI VIGILANZA PER LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ITTICA E DELL'AMBIENTE
Espandere area tit5 Titolo V - DELEGA DI FUNZIONI AMMINISTRATIVE
Espandere area tit6 Titolo VI - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE NORME FINANZIARIE
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Commissario del Governo ha apposto il visto
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
Titolo I
FINALITA' E PIANI REGIONALI
Art. 1
Finalità
1. La Regione, nell'osservanza della vigente legislazione nazionale, fissa, con la presente legge, norme per la protezione della fauna selvatica, per il ripristino, la difesa ed il miglioramento degli habitat naturali e per l'esercizio controllato dell'attività venatoria.
2. La Regione in particolare:
a) realizza programmi di salvaguardia e di recupero dell' equilibrio ambientale - faunistico dell'Emilia - Romagna;
b) dota il territorio regionale di strutture atte alla protezione e allo sviluppo delle specie faunistiche autoctone;
c) disciplina, compatibilmente alle risorse faunistiche e alle esigenze della produzione agricola, l'attività venatoria.
3. Per il conseguimento delle finalità della presente legge, la Regione predispone piani faunistici annuali e poliennali.
4. Nell'adozione degli atti indicati al presente articolo, la Regione persegue anche obiettivi di eliminazione o riduzione dei fattori di squilibrio o di degradazione ambientale e tende a corresponsabilizzare a tal fine i cittadini.
5. La Regione promuove altresì la conoscenza del patrimonio faunistico e dei modi per la sua tutela avvalendosi della collaborazione della scuola, delle Università, di organizzazioni sociali, di organizzazioni agrciole, naturalistiche, venatorie, nonchè di associazioni culturali.
Art. 2
Piano regionale faunistico
1. Il piano regionale faunistico è costituito:
a) dalla carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale di cui alla delibera consiliare n. 2646 del 5 marzo 1980;
b) dagli indirizzi deliberati dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, ivi comprese le percentuali massime e minime di aree del territorio agro - forestale da destinarsi alle diverse zone faunistiche;
c) dalle norme deliberate dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, che fissano i criteri per la determinazione degli indennizzi in favore dei proprietari e conduttori dei fondi per la liquidazione degli effettivi danni alle produzioni agricole da parte della fauna selvatica nei terreni utilizzati per oasi di protesione, zone di ripopolamento e cattura, terreno libero e zone di rifugio;
d) dalle norme che prevedono e regolamentano gli incentivi in favore dei proprietari e conduttori dei fondi, singoli o associati, che si impegnino al ripristino ed alla salvaguardia dell'ambiente ed all'incremento del patrimonio faunistico;
e) dai piani territoriali provinciali faunistici deliberati dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale, e approvati dal Consiglio regionale;
f) dai programmi provinciali di incentivi per l'incremento del patrimonio faunistico o per la salvaguardia, il ripristino e il miglioramento dell'ambiente.
2. I piani territoriali provinciali faunistici sono proposti dalle Province sentiti i Comuni interessati e la Consulta provinciale e prevedono, individuano e delimitano le seguenti zone:
a) oasi di protezione;
b) zone di ripopolazione e di cattura destinate alla riproduzione della selvaggina, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per il ripopolamento;
c) centri pubblici per la ricerca, la sperimentazione, la cura e il ripopolamento di specie appartanenti alla fauna selvatica, anche allo stato naturale, finalizzati al popolamento degli habitat;
d) centri privati di riproduzione di selvaggina anche allo stato naturale organizzati in forma di azienda agricola, ove è vietato l'esercizio della caccia ed è consentito il prelievo per fini propri dell'impresa;
e) zone di addestramento cani e per le gare degli stessi;
f) aziende faunistico - venatorie;
g) territori a gestione sociale della caccia;
h) zone di osservazione faunistica.
3. Nelle zone protette di cui alle lettere a), b), c), d) ed h) del secondo comma del presente articolo e nei parchi l'esercizio venatorio è sempre vietato. Le zone di cui alle lettere a), b), c) ed h) non possono essere complessivamente inferiori a un ottavo nè superiori ad un quarto del territorio agro - forestale di ciascuna Provincia.
4. Alle oasi di protezione di cui alla lettera a) del secondo comma del presente articolo è riservato almeno il sei per cento del territorio agro - forestale regionale. Il concorso delle singole Province alla costituzione delle oasi di protezione è stabilito sulla base di un progetto elaborato dal Comitato tecnico regionale di cui all'art. 3, ed approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale.
5. Alle zone di cui alle lettere e) ed f) del secondo comma è riservato fino al dieci per cento del territorio agro - forestale complessivo. Il concorso delle singole Province è definito sulla base di un progetto elaborato dal Comitato teccnico regionale di cui all'art. 3 ed approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale.
Art. 3
Comitato tecnico regionale
1. Il Presidente della Giunta regionale con proprio decreto nomina un Comitato tecnico regionale composto da:
a) un esperto designato dall'Istituto nazionale di biologia della selvaggina( INBS);
b) un esperto designato dalle organizzazioni professionali agricole più rappresentative;
c) un esperto designato dall'Unione nazionale associazioni venatorie italiane (UNAVI);
d) un esperto designato d' intesa dalle tre associazioni naturalistiche più rappresentative in ambito regionale;
e) quattro esperti nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a due.
2. I lavori del Comitato tecnico sono coordinati dall'assessore regionale competente per materia.
3. Al Comitato tecnico sono attribuiti compiti di studio, ricerca e proposta per:
a) la valutazione della consistenza della fauna stanziale e migratoria sul territorio regionale;
b) la protezione e la tutela della fauna selvatica;
c) la tutela delle produzioni agricole;
d) la regolamentazione dei diversi aspetti della attività venatoria;
e) la valorizzazione faunistica degli ambienti naturali;
f) la formulazione di pareri sulle materie previste dalla presente legge con particolare riferimento a quelle espressamente indicate.
4. Ai componenti il Comitato tecnico venatorio regionale spettano i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 concernenti modificazioni alle Leggi regionali del 15 dicembre 1977, n. 49 e del 21 agosto 1981, n. 23 relative ai compensi ed ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali e successive modifiche ed integrazioni.
Titolo II
ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA TUTELA, L'INCREMENTO E LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Capo I
Zone per la protezione e l'incremento della fauna selvatica
Sezione I
Oasi di protezione
Art. 4
Oasi di protezione
1. Sono oasi di protezione le zone destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica. L' estensione delle oasi di protezione deve essere commisurata alle esigenze biologiche della specie.
2. L' Istituzione, la modificazione e la revoca delle oasi sono deliberate dalla Provincia in attuazione dei piani territoriali provinciali faunistici approvati a norma dell' art. 2.
3. La deliberazione che determina il perimetro dell' oasi e' notificata ai proprietari o conduttori dei fondi e pubblicata nelle forme consuete, nonche' mediante manifesto da affiggere nel capoluogo dei Comuni territorialmente interessati e loro frazioni, e da inviare alle sedi delle associazioni agricole.
4. Avverso tale deliberazione i proprietari o conduttori interessati possono proporre opposizione in carta semplice ed esente da oneri fiscali alla Provincia entro sessanta giorni dalla notificazione.
5. Decorso tale termine, la Provincia, ove sussita il consenso esplicito o tacito dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno i quattro quinti della superficie complessiva che si intende vincolare, provvede in merito, decidendo anche sulle opposizioni presentate.
6. Il provvedimento di istituzione dell' oasi di protezione in relazione alle finalita' produttive della zona interessata, definisce i programmi per l' incremento faunistico e per assicurare un' efficace sorveglianza e la protezione delle colture agricole, nonche' le modalita' di gestione, i finanziamenti necessari e la loro durata.
7. La Giunta provinciale, sentita la Consulta di cui all' art. 21, in via eccezionale ed in vista di particolari necessita' faunistiche scientificamente accertate, previo parere dell' Istituto nazionale di biologia della selvaggina, puo' disporre la istituzione, modifica o revoca coattiva di oasi di protezione. Qualora il vincolo di destinazione ad oasi scada in periodo di esercizio venatorio, questo e' automaticamente prorogato fino alla fine della stagione venatoria.
8. Il principio di cui al comma precedente vale anche nei confronti delle zone di ripopolamento e cattura di cui al successivo art. 5 e dei centri pubblici per la ricerca, la sperimentazione, la cura ed il ripopolamento della fauna selvatica di cui al successivo art. 8.
Art. 5
Zone di ripopolamento e cattura
1. Sono zone di ripopolamento e cattura le aree destinate a:
a) incrementare la produzione della selvaggina stanziale;
b) favorire la sosta e la riproduzione della selvaggina migratoria;
c) fornire la selvaggina da catturare per i ripopolamenti;
d) favorire l' irradiamento della selvaggina nei territori circostanti.
2. L' estensione della zona di ripopolamento e cattura deve essere commisurata alle esigenze biologiche delle specie animali di cui viene previsto l' incremento.
3. L' istituzione delle zone di ripopolamento e cattura avviene con le medesime procedure disposte dal precedente art.4.
4. Tali zone sono istituite per una durata di anni cinque ed alla prima o alle successive scadenze possono essere rinnovate motivatamente anche per periodi inferiori.
5. In caso di scadente redditivita' o accertati gravi danni provocati dalla selvaggina alle colture agricole, e' ammessa la revoca anticipata, purche' non nel corso di annata venatoria.
Art. 6
Gestione delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento e cattura
1. Le oasi di protezione e le zone di ripopolamento e cattura sono gestite dalle Province che si avvalgono di una o piu' Commissioni consultive costituite, in misura paritaria, da esperti designati dagli enti locali territorialmente interessati, dalle organizzazioni professionali agricole, dalle associazioni protezionistiche e dalle associazioni venatorie.
2. Il Consiglio provinciale, sentita la Consulta provinciale, puo' autorizzare la Giunta a stipulare convenzioni per l' affidamento in gestione delle oasi e delle zone di ripopolamento e cattura a Comitati comunali o intercomunali di gestione composti rispettando il criterio indicato nel primo comma, idonei a perseguire gli scopi per cui sono istituite tali zone. A ciascun Comitato non puo' essere affidata la gestione di piu' di un' oasi o di una zona di ripopolamento e cattura.
3. La gestione di una o piu' zone di ripopolamento, e cattura puo' essere affidata, mediante convenzione, ad organismi associativi privati, compresi gli organismi per la gestione sociale della caccia (TGSC) di cui agli articoli 40 e seguenti.
4. Non possono far parte degli organismi consultivi e di gestione di cui ai commi precedenti coloro che siano incorsi, nei precedenti cinque anni, nelle sanzioni di cui all' art 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968, Sito esterno escluse le infrazioni di cui alle lettere h) ed i).
Art. 7
Tabelle perimetrali delle oasi e delle zone di ripopolamento
1. I confini delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura e delle zone di osservazione faunistica sono delimitati con tabelle perimetrali di colore giallo, apposte ad una distanza di circa m 100 l'una dall'altra e, comunque, in modo che da una siano visibili le due contigue, recanti l'indicazione della struttura e la menzione del divieto di caccia.
2. Le tabelle devono essere collocate anche all' interno dell'oasi e della zona, ovunque se ne ravvisi l' opportunita'.
3. Le tabelle perimetrali sono esenti da ogni tassa ai sensi dell'art. 6 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
4. Quando si tratti di terreni vallivi, laghi o specchi d'acqua, le tabelle possono essere collocate su natanti ancorati al fondo e devono emergere almeno cm 50 dal livello dell' acqua.
5. Qualora il confine coincide con un corso d' acqua l'apposizione delle tabelle deve essere attuata in modo tale da consentire alla fauna selvatica di abbeverarsi.
Art. 8
Centri pubblici per la ricerca, la sperimentazione e il ripopolamento della fauna selvatica
1. Sono centri pubblici per la ricerca, la sperimentazione e il ripopolamento della fauna selvatica le aree, opportunamente recintate e attrezzate con impianti atti a svilupparne il naturale processo fisiologico di inselvatichimento, destinate a produrre esemplari allo stato naturale, ed eventualmente in cattivita', a scopo di ripopolamento e studio, con esclusione di qualsiasi utilizzazione venatoria interna.
2. L' istituzione di centri pubblici e' deliberata dalla Regione, su proposta delle Province, in attuazione dei piani territoriali faunistici di cui all' art. 2.
3. La gestione dei centri e' affidata alle Province secondo apposite direttive emanate dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare.
Art. 9
Utilizzazione del Demanio regionale a fini faunistici
1. L' effettiva utilizzazione a fini faunistici ed eventualmente venatori dei terreni del Demanio regionale e' definita dal Consiglio regionale, sentite le Province e il Comitato di cui all' art. 3.
2. I terreni del Demanio regionale collocati oltre gli 800 metri di altitudine sono destinati ad oasi di protezione, salvo diversa destinazione deliberata dal Consiglio regionale secondo le modalita' di cui al comma precedente.
Art. 10
Zone di rifugio
1. Le Province sono delegate a istituire, nel territorio di rispettiva competenza, sentita la Consulta provinciale, zone di rifugio nelle quali, per la sola durata di una stagione di caccia, e' vietato l' esercizio venatorio, quando ricorra una delle seguenti condizioni:
a) sia stato adottato il progetto per l' istituzione di zone di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma dell' art. 2;
b) sia necessario provvedere in via d'urgenza alla tutela di situazioni aventi un particolare interesse faunistico, determinate da eccezionali eventi atmosferici, meteorologici o altri eventi che modifichino i normali equilibri dell' ambiente naturale.
2. All'istituzione delle zone di rifugio si provvede in deroga alle procedure di cui all'art. 4. Il relativo provvedimento deve indicare il perimetro e l'estensione del territorio dove la caccia e' vietata e, con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi, le modalita' straordinarie di risarcimento dei danni alle colture procurati dalla selvaggina.
3. Le zone di rifugio sono segnalate con apposite tabelle a norma dell' art. 7.
Art. 11
Zone di osservazione faunistica
1. Le Province possono istituire, previo consenso dei singoli proprietari, sentita la Consulta di cui all' art. 21, zone di osservazione faunistica.
2. Sono zone di osservazione faunistica le aree in cui si effettuano, per scopi strettamente scientifici ed educativi, rilevazioni quantitative e qualitative sulla presenza e condizione della fauna selvatica e osservazioni sui suoi comportamenti.
3. Ciascuna zona si estende, nell' ambito degli organismi previsti dalla presente legge, per un raggio non inferiore a m 400 e non superiore a m 600 attorno al punto di osservazione.
4. Le zone di osservazione faunistica sono gestite dalla Provincia, attraverso apposite convenzioni con Istituti scientifici qualificati.
5. Tali convenzioni regolano, tra l' altro, i mezzi e le modalita' di cattura a fini di rilevazioni, marcatura o inanellamento.
6. I dati dei rilevamenti sono mensilmente trasmessi all' INBS entro e non oltre il decimo giorno del mese successivo.
Art. 12
Controllo sanitario della selvaggina
1. La selvaggina comunque liberata deve essere preventivamente assoggettata, a cura di chi effettua il ripopolamento, ai controlli veterinari che certifichino che gli animali sono esenti da malattie contagiose.
2. La selvaggina rivenuta morta o uccisa accidentalmente, o in stato fisico anormale, deve essere consegnata al competente servizio veterinario dell' Unita' sanitaria locale, il quale, per i necessari accertamenti, puo' avvalersi delle sezioni locali degli Istituti zooprofilattici o di Istituti universitari, oppure dell' Istituto nazionale di biologia della selvaggina.
3. Copia dei referti viene trasmessa alla Regione ed alla Provincia.
4. In caso di epizoozia, la Regione, sentito il Servizio veterinario delle Unita' sanitarie locali interessate, dispone gli interventi tecnici necessari alla salvaguardia del patrimonio faunistico.
Art. 13
Cattura, destinazione della selvaggina e ripopolamento
1. Le Province regolamentano le catture e l' immissione di selvaggina stanziale nelle zone di ripopolamento, tenendo conto della consistenza faunistica dei territori interessati. Con lo stesso provvedimento e' stabilita anche la quantita' e la destinazione della selvaggina catturata.
2. Le Commissioni territoriali di gestione predispongono un piano annuale per il prelievo, la destinazione e le immissioni della selvaggina sul territorio, indicandone i soggetti attuatori. Tale piano deve essere approvato dalla Provincia. Ogni operazione venatoria dovra' avvenire in presenza di un operatore faunistico all' uopo incaricato, che redige apposito verbale da trasmettere al competente ufficio della Provincia.
3. Le immissioni di selvaggina devono essere effettuate nei periodi e con le modalita' idonei ad evitare danni alle colture agricole e a consentire la sopravvivenza della selvaggina.
4. Le immissioni di selvaggina per scopi di ripopolamento e per altre finalita' consentite dalle leggi vigenti sono attuate dalle Province medesime, da associazioni venatorie, da organismi dei TGSC o dai titolari di aziende faunistico - venatorie.
5. Copia dei verbali di immissione e dei certificati veterinari sono titoli necessari per dimostrare i ripopolamenti effettuati e devono essere trasmessi alla Provincia entro otto giorni dalla data delle immissioni.
6. Nelle zone ove siano presenti colture specializzate suscettibili di danni, e' necessario l'assenso del proprietario o conduttore dei fondi circa i tempi e le procedure per le operazioni di immissione della selvaggina.
Art. 14
Salvaguardia dei nidi e tutela della selvaggina - Delega
1. La Regione promuove il completamento del ciclo naturale di riproduzione e di sviluppo della fauna selvatica mediante la concessione di premi ai conduttori e lavoratori agricoli che provvedono alla salvaguardia dei nidi, dei nuovi nati di fauna ed alla tutela dell' ambiente nei territori di loro proprieta' o in uso, secondo le modalita' stabilite con deliberazione dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare.
2. Le funzioni amministrative previste dal presente articolo sono delegate ai Comuni.
3. E' fatto divieto a chiunque di prelevare o detenere nidi, uova e nuovi nati di fauna in tutto il territorio della regione, salve le previsioni del Capo III - Titolo III.
4. Chi raccoglie uova e nuovi nati di fauna per motivi di immediata necessita', al fine di salvaguardarli da sicura distruzione o morte, deve darne comunicazione entro e non oltre ventiquattro ore al competente ufficio del Comune, o ad una guardia venatoria o all' organismo competente alla gestione dell' ambito territoriale protetto che provvedono agli opportuni interventi di tutela.
Capo II
Strutture per la gestione privata del territorio
Art. 15
Centri privati di produzione di selvaggina
1. I centri privati di produzione di selvaggina che perseguono lo scopo di consentire l'allevamento, allo stato naturale oppure in cattivita', di tutte le specie consentite appartenenti alla fauna selvatica ed esotica, destinati a scopo di ripopolamento ovvero a scopi alimentari o amatoriali, sono autorizzati dalle Province territorialmente competenti su delega della Regione.
2. La Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare emana, con proprio provvedimento, direttive vincolanti alle Province per l'esercizio della funzione prevista al comma precedente, al fine di assicurare una pianificazione equilibrata sul territorio dei centri privati di produzione di selvaggina.
3. I danni arrecati alle colture agricole dalla fauna selvatica nei centri privati di produzione sono indennizzati al titolare del centro.
4. L' attivita' di produzione esercitata da impresa agricola e' considerata agricola a tutti gli effetti. Nei centri privati di produzione di selvaggina e' vietato l'esercizio della caccia. E' consentito il prelievo controllato, che puo' essere compiuto dall' imprenditore o dai suoi dipendenti fissi o temporanei, per fini propri dell' azienda nonche' la commercializzazione del prodotto prelevato.
5. I centri privati di produzione vengono delimitati da apposite tabelle secondo le modalita' indicate dalla Giunta provinciale.
Art. 16
Aziende faunistico - venatorie
1. Nelle localita' dove esistono condizioni ambientali e faunistiche di rilevante interesse, la cui conservazione e' subordinata all' intervento del richiedente, le Province autorizzano l' istituzione di aziende faunistico - venatorie ai sensi dell' art. 36 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno. L' istituzione di tali aziende puo' essere autorizzata anche in zone nelle quali sia possibile ripristinare condizioni ambientali e faunistiche di rilevante interesse, a suo tempo esistenti e successivamente degradate.
2. L' autorizzazione all' istituzione o al rinnovo delle aziende faunistico - venatorie ha validita' quinquennale e in ogni caso scade il 31 dicembre del quinto anno. Le Province, sentita la Consulta provinciale, possono consentire che le aziende faunistico - venatorie limitrofe possano costituirsi in Consorzio.
3. L' autorizzazione all' istituzione di aziende faunistico - venatorie e' subordinata all' assenso scritto dei proprietari o conduttori dei fondi. Qualora i proprietari o conduttori stessi non si siano costituiti in Consorzio con atto pubblico, tale assenso deve essere rinnovato mediante firma autenticata dei proprietari o conduttori dei fondi ad ogni scadenza amministrativa.
4. Ove, per ragioni tecniche, si renda necessario includere nella zona riservata all' azienda faunistico - venatoria terreni per i quali non sia stato possibile ottenere il consensso dei proprietari e/ o dei conduttori, la Provincia, sentita la Consulta provinciale di cui all' art. 21, puo' disporne l' istituzione coattiva, stabilendo con il medesimo provvedimento la misura e le modalita' di pagamento delle indennita'. L' estensione dei terreni da includere coattivamente non potra' superare il dieci per cento della superficie totale riservata a ciascuna azienda.
5. Il Consiglio regionale, acquisito il parere del Comitato tecnico di cui all' art. 3, emana, entro novanta giorni dall' entrata in vigore della presente legge, direttive vincolanti in ordine ai criteri di istituzione, rinnovo e revoca nonche' per la gestione tecnica delle aziende faunistico - venatorie. I piani annuali di ripopolamento e abbattimento della selvaggina compatibili con le finalita' naturalistiche e faunistiche sono approvati dalla Giunta provinciale.
Art. 17
Tasse di concessione regionale
1. L' istituzione ed il rinnovo di centri privati di produzione di selvaggina allo stato naturale e di aziende faunistico - venatorie, nonche' l' autorizzazione di appostamenti fissi di caccia, sono soggetti a tasse di concessione regionale.
Art. 18
Zone per l' addestramento e per le prove di qualificazione dei cani da caccia
1. Le Province, anche su richiesta di associazioni venao cinofile riconosciute o di produttori agricoli singoli od associati, previo assenso scritto dei conduttori interessati o, in mancanza, dei proprietari, in attuazione dei piani provinciali faunistici, sentita la Consulta provinciale, deliberano l' istituzione e la regolamentazione di:
a) zone in cui sono permessi l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da ferma e da seguito;
b) zone individuate in campi in cui sono permessi l'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma.
2. Nelle zone di tipo a) e' vietato l' esercizio venatorio per l' intera durata della istituzione. La Provincia, nei limiti del calendario venatorio, puo' consentire la caccia da appostamento fisso preesistente alla selvaggina migratoria.
3. I soggetti che abbiano ottenuto l'istituzione di zone di cui al presente articolo rispondono degli eventuali danni provocati alle persone, alle colture agricole e alla fauna selvatica.
4. Le irregolarita' e gli abusi commessi nella gestione delle zone di cui al presente articolo comportano la revoca della istituzione.
5. Le zone di tipo a) e b) non possono essere complessivamente superiori a ettari 5.000 per Provincia e sono determinate per le zone a) in misura non inferiore a ciascuna ha 100 e per le zone b) in misura non superiore a ha 15.
6. Tali zone sono istituite per una durata massima di cinque anni e possono essere rinnovate con le stesse modalita' di istituzione.
7. Nelle zone di tipo a) l' addestramento, l'allenamento e le gare non sono consentiti nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 luglio.
8. La Giunta provinciale, sentita la Consulta provinciale, puo' con provvedimento motivato ampliare tale periodo.
9. Nelle zone di tipo b) l' addestramento e l' allenamento dei cani sono consentiti tutto l' anno con esclusione del periodo stabilito dal calendario venatorio per le suddette attivita', nonche' del periodo previsto per la caccia alla selvaggina stanziale.
10. La Giunta provinciale, sentita la Consulta provinciale, su richiesta dei soggetti di cui al primo comma, che abbiano ottenuto l' istituzione delle zone di cui al presente articolo, puo' autorizzare gare di caccia pratica per cani su selvaggina d' allevamento appartenente a specie cacciabile, anche con facolta' di sparo.
11. Nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici e privati di produzione di selvaggina, nelle aziende faunistico - venatorie, le Province possono autorizzare gare per cani da caccia iscritti nei libri genealogici riconosciuti dall' Ente nazionale cinofilo italiano (ENCI) alle seguenti condizioni:
a) assenso preventivo scritto dei proprietari o conduttori dei fondi direttamente interessati;
b) preventiva definizione delle misure volte alla salvaguardia della fauna selvatica e delle colture agricole sentito il parere dell' organismo di gestione e della Consulta provinciale per la protezione della fauna ed i problemi venatori.
Capo III
Organi consultivi
Art. 19
Consulta regionale per la protezione della fauna e la programmazione venatoria
1. E' istituita la Consulta regionale per la protezione della fauna e la programmazione venatoria.
2. La Consulta, nominata con decreto del Presidente della Regione, e' presieduta dal competente Assessore regionale o da un suo delegato ed e' composta da:
a) nove rappresentanti designati dalle associazioni venatorie riconosciute in rapporto al numero degli associati e garantendo la presenza di tutte le associazioni;
b) tre rappresentanti designati dal Comitato di coordinamento regionale dei territori per la gestione sociale della caccia di cui al successivo art. 47;
c) nove rappresentanti designati dalle associazioni naturalistiche identificate in base agli articoli 12 e 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, operanti nel territorio regionale;
d) nove rappresentanti designati dalle associazioni professionali agricole nazionali operanti nel territorio regionale, in rapporto al numero degli associati;
e) tre esperti designati dalla regione, con voto limitato a due;
f) tre rappresentanti dell' Azienda per il riequilibrio faunistico ed ittico del territorio dell' Emilia - Romagna.
3. Esercita le funzioni di segretario un collaboratore regionale designato dall' Assessore competente.
4. Alle riunioni della Consulta vengono invitati i consiglieri che compongono la Commissione consiliare competente.
5. Ai componenti la Consulta spettano i compensi ed i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 concernente "Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali", e successive modifiche e integrazioni.
Art. 20
Compiti
1. La Consulta esprime pareri e formula proposte nelle materie della presente legge, con particolare riferimento ai seguenti argomenti:
a) tutela delle produzioni agricole e incremento della fauna:
b) calendario venatorio annuale;
c) gestione sociale del territorio;
d) carta delle vocazioni faunistiche del territorio regionale e suoi aggiornamenti;
e) programmazione regionale pluriennale ed annuale delle attivita' nel settore venatorio e relativi finanziamenti;
f) vigilanza venatoria;
g) introduzione di specie estranee alla fauna locale;
h) iniziative tese al miglioramento dell' educazione venatoria e naturalistica;
i) ripartizione dei proventi derivanti dalle tasse di porto d'armi per uso caccia, dalle sanzioni in materia venatoria e dalle tasse di concessione regionali;
l) direttive vincolanti della Giunta regionale previste nei vari articoli della presente legge.
Art. 21
Consulta provinciale per la protezione della fauna ed i problemi venatori
1. Presso ciascuna Provincia e' istituita la Consulta per la protezione della fauna ed i problemi venatori.
2. La Consulta e' nominata dal Presidente della Provincia, ed e' presieduta dall' Assessore provinciale competente o da un suo delegato.
3. La composizione della Consulta e il numero complessivo dei suoi componenti sono determinati dalla Provincia. E' in ogni caso assicurata la presenza paritaria dei rappresentanti delle associazioni venatorie, delle associazioni professionali agricole e delle associazioni naturalistiche riconosciute ed effettivamente operanti sul territorio provinciale.
4. Svolge le funzioni di segretario un dipendente della Provincia.
5. La Consulta:
a) formula proposte in merito alla programmazione degli interventi di difesa delle produzioni agricole e d' incremento della fauna;
b) formula proposte in merito al calendario venatorio;
c) assolve compiti di rilevazione e di controllo tecnico richiesti dagli organi di gestione dei programmi regionali;
d) esprime pareri obbligatori agli organi della Provincia su tutta la materia venatoria e ogniqualvolta vengano richiesti.
6. Ai componenti la Consulta provinciale spettano i compensi e i rimborsi della LR 15 dicembre 1977, n. 49 e della LR 18 marzo 1985, n. 8 e successive modifiche e integrazioni.
Titolo III
ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' VENATORIA E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO A FINI VENATORI
Capo I
Abilitazione all'esercizio venatorio
Art. 22
Attestato di abilitazione
1. L'attestato di abilitazione all'esercizio venatorio viene rilasciato dal Presidente della Giunta provinciale al richiedente che - nella provincia dove risiede - ha superato l'apposito esame innanzi alla Commissione di cui all'art. 23.
2. L'esame previsto nel precedente comma consta di una prova pratica e di una prova teorica. La prova pratica consiste nello smontaggio, montaggio ed uso del fucile da caccia, e deve essere sostenuta dal candidato dopo che sia stata superata positivamente la prova teorica. La prova teorica concerne, in particolare, le seguenti materie:
a) legislazione vigente in materia di protezione della fauna e di esercizio venatorio controllato;
b) zoologia applicata;
c) tutela della natura e delle produzioni agricole;
d) armi da caccia e loro uso.
3. Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, con propria deliberazione regola le modalità di svolgimento dell'esame.
4. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria per il rilascio della prima licenza di porto d' armi e per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
5. Nei dodici mesi successivi al rilascio della licenza, il cacciatore potrà praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata almeno tre anni prima.
6. Gli aspiranti cacciatori possono essere ammessi a sostenere la prova d' esame per l'abilitazione venatoria nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, ferma restando la possibilità di esercizio effettivo al compimento di tale età.
Art. 23
Commissione per l'abilitazione
1. La Commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio è istituita in ogni provincia; ha sede presso l'Ammistrazione provinciale; è nominata dal Presidente della Provincia, sentita la Consulta provinciale di cui all'art. 21, ed è composta da:
a) l'Assessore provinciale competente per materia, o suo delegato, con funzioni di presidente;
b) otto esperti qualificati nelle materie di cui all'art. 22, di cui quattro supplenti;
c) un dipendente dell'Amministrazione provinciale con funzioni di segretario.
2. La Commissione dura in carica quanto il Consiglio provinciale. Il presidente può tuttavia convocare la Commissione, dopo la scadenza degli organi provinciali, e sino alla nomina della nuova Commissione, per l'esame delle domande giacenti.
3. Ai componenti della Commissione, esclusi i dipendenti della Provincia o dei Comuni, vengono corrisposti compensi e rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 concernenti:" Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. La Commissione è validamente insediata con la presenza del Presidente e di almeno quattro componenti.
5. Il giudizio della Commissione è definitivo e inappellabile. Il candidato giudicato inidoneo è ammesso a ripetere l'esame, previa domanda e relativi allegati, non prima che siano trascorsi sei mesi dalla data del precedente esame.
Capo II
Norme per l'esercizio venatorio controllato
Art. 24
Esercizio venatorio controllato
1. Nel territorio della regione Emilia - Romagna l'esercizio venatorio è consentito a tutti i titolari di licenza di porto d' armi per uso di caccia e di tesserino per l'esercizio venatorio rilasciato a norma della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
2. Non è considerato esercizio venatorio il prelievo ai fini di impresa di cui al precedente art. 15.
Art. 25
Tesserino di autorizzazione all'esercizio venatorio
1. Il tesserino di cui all'art. 24 viene rilasciato dal Comune in cui il richiedente risiede, dietro presentazione dei seguenti documenti:
a) licenza di porto d' armi per uso di caccia;
b) ricevuta del versamento dei tributi di cui all'art. 23 delle Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e della LR 29 dicembre 1980, n. 60 " Disciplina delle tasse di concessioni regionali" e successive modificazioni;
c) attestazione del versamento della quota assicurative di cui al sesto comma dell'art. 8 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
2. All'atto del rilascio del tesserino, il richiedente deve consegnare il tesserino della stagione venatorio precedente.
3. Il tesserino viene emesso su esemplari editi dalla Giunta regionale. Oltre alle modalità di esercizio venatorio, sul tesserino devono essere riportati i seguenti dati: numerazione regionale, cognome e nome del titolare, data e luogo di nascita, indirizzo, numero di codice attribuito dalla Regione al titolare, professione, data del rilascio.
4. In caso di deterioramento o smarrimento il titolare, per ottenere il duplicato del tesserino, deve rivolgersi al Comune di residenza, dimostrando di aver provveduto alla denuncia dell'avvenuta perdita all'autorità di Pubblica sicurezza.
5. Nel caso in cui il numero delle giornate di caccia ammesse nella stagione venatoria sia inferiore a quello consentito dalla Legge 968/ 1977 Sito esterno, nel nuovo tesserino vanno depennate le giornate di caccia già effettuate, su dichiarazione del titolare, risultanti dalla denuncia all'autorità di Pubblica sicurezza.
6. Il titolare della licenza di caccia è autorizzato, durante l'esercizio venatorio, a portare utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 26
Attività venatoria nella regione Emilia - Romagna
1. L'attività venatoria nella regione Emilia - Romagna è consentita nei limiti e nei modi previsti dalla vigente legislazione nazionale, nonchè dalla LR 26 gennaio 1987, n. 3 e successive modifiche e integrazioni, concernente norme per la definizione del calendario venatorio regionale, e della presente legge.
2. Per gli eventuali provvedimenti limitativi di cui all' art. 3 della LR 26 gennaio 1987, n. 3, per la definizione del carniere giornaliero e stagionale e del calendario venatorio regionale, di cui al secondo comma dell'art. 6 della medesima LR n. 3/ 1987, la Giunta regionale acquisisce il parere motivato del Comitato tecnico venatorio regionale di cui all'art. 3 della presente legge.
3. In presenza di rilevanti e motivate ragioni connesse a particolari condizioni faunistiche, ambientali, stagionali o climatiche, ovvero a malattie o altre calamità che riguardino solo ambiti compresi in un determinato territorio provinciale, la Provincia territorialmente competente, acquisito il parere della propria Consulta e sentito l'INBS, può derogare dalle disposizioni contenute nel calendario venatorio regionale e vietare la caccia per zone, periodi o modalità determinati o per singole specie di selvaggina.
Art. 27
Esercizio venatorio da appostamento
1. Sono considerati appostamenti fissi di caccia quelli costituiti in muratura, legno, materie plastiche o plasticate, faesite o materiali simili, comunque approntati stabilmente ed atti a consentire un uso per l'intera stagione venatoria.
2. Sono considerati fissi anche gli appostamenti costituiti da botti, tine, imbarcazioni e simili, stabilmente ancorati al fondo dei corsi e specchi d' acqua, naturali o artificiali, nonchè ai margini degli stessi.
3. Tutti gli altri appostamenti sono considerati temporanei, compresi gli apprestamenti che, sebbene costruiti in materia solida, vengono impiantati dalle apposite strutture associative all'interno dei territori per la gestione sociale della caccia, di cui agli articoli 40 e seguenti, il cui uso viene disciplinato da apposite disposizioni ed è subordinato a specifica autorizzazione del conduttore o del proprietario.
Art. 28
Tipi di appostamento fisso
1. Gli appostamenti fissi possono riguardare la terraferma e le zone d'acqua.
2. L'appostamento fisso in terraferma è costituito da un solo capanno nel quale possono cacciare contemporaneamente non più di due cacciatori. L'esercizio venatorio non è consentito a meno di 150 metri dal capanno.
3. L'appostamento fisso in zona d'acqua e per le forme tradizionali di caccia al colombaccio può essere costituito da un capanno o tina principale e da non più di due altri capanni o tine secondarie situati nel raggio di 150 metri dal capanno o tina principale. In ogni appostamento fisso d' acqua non possono cacciare più di due persone per capanno o tina. Nelle forme tradizionali di caccia al colombaccio non possono cacciare contemporaneamente più di quattro persone. L'esercizio venatorio non è consentito a meno di 300 metri dal capanno o tina principale quando l'appostamento è in effettivo esercizio.
4. E' consentita l'apposizione di tabelle perimetrali, ai sensi dell'art. 6 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, esenti da tasse per la delimitazione delle zone di rispetto all'interno delle quali è sempre vietata la caccia ai non autorizzati.
5. Nei dintorni degli appostamenti in zone d' acqua è consentito, all'interno della zona di rispetto, vagare per l'abbattimento dei selvatici feriti.
6. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti fissi di caccia, nelle giornate o nelle località in cui non è ammessa la caccia in forma vagante, deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
Art. 29
Regolamentazione degli appostamenti fissi di caccia e rilascio delle autorizzazioni
1. Ai fini di salvaguardare l'ambiente, la fauna, le bellezze paesaggistiche e di consentire un esercizio venatorio più equilibrato sul territorio, con apposito provvedimento della Giunta provinciale, sentita la rispettiva Consulta, vengono determinate:
a) la distanza minima fra i capanni o tine principali dei diversi appostamenti fissi;
b) la distanza minima degli appostamenti fissi dal confine degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica e delle strutture per la gestione privata del territorio, di cui al Titolo II, Capi I e II;
c) le zone di particolare interesse naturalistico, nonchè le zone comprese nel raggio di 1000 metri di distanza dai valichi montani, posti sopra i m. 600 sul livello del mare, di cui all'ottavo comma del presente articolo, dove non è ammesso l'esercizio venatorio da appostamento fisso;
d) le limitazioni tecnicamente opportune ad impedire che l'eccessiva diffusione degli appostamenti fissi in determinate zone serva ad escludere altri cacciatori dall'esercizio venatorio;
e) le limitazioni tecnicamente idonee ad impedire che l'esercizio venatorio da appostamento fisso in determinate località abbia a contrastare obiettivamente con esigenze di pubblico interesse e, in particolare, con le esigenze riproduttive o migratorie della fauna selvatica.
2. Gli appostamenti fissi sono soggetti al consenso scritto del proprietario o del conduttore del terreno, nonchè all' autorizzazione annuale rilasciata dalla Provincia.
3. Il consenso suddetto deve riguardare anche i terreni sui quali il cacciatore interessato ha inteso richiedere la delimitazione della zona di rispetto nei limiti di distanza di cui all'art. 28.
4. Il titolare dell'appostamento fisso può richiedere che nell'autorizzazione vengano indicati i nomi di almeno due cacciatori che lo rappresentino in caso di sua assenza.
5. L'autorizzazione di appostamento fisso ha la durata di un' annata venatoria e conferisce al titolare ed ai suoi sostituti, durante la loro presenza, l'uso venatorio della località dove l'appostamento è situato.
6. Il titolare di un' autorizzazione ed i sostituti non possono richiederrne altre nell'ambito regionale.
7. Le istanze di appostamento fisso devono essere presensentate non oltre il 30 aprile di ciascun anno. La Provincia dà comunicazione scritta all'interessato della decisione assunta non oltre il 30 giugno. Al rilascio delle suddette autorizzazzioni la Provincia deve provvedere salvaguardando gli appostamenti esistenti e dando proprietà alle richieste avanzate da cacciatori di età superiore ai sessanta anni, da invalidi e portatori di handicap.
8. La Provincia è delegata a indicare, con apposito provvedimento, i valichi montani dove è vietato l'esercizio venatorio da appostamento a norma dell'art. 16 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
Art. 30
Esercizio venatorio da appostamento temporaneo
1. L'appostamento temporaneo di caccia viene usato dal cacciatore che per primo abbia approntato il capanno od occupato il terreno sul quale questo viene costruito; di norma si devono usare capannani portatili prefabbricati.
2. Quando l'appostamento temporaneo comporta modificazioni del terreno e preparazione del sito, con vegetazione reperita sul posto, il cacciatore deve richiedere il consenso al proprietario o conduttore del terreno, con obbligo di rimuovere l'appostamento al termine della giornata venatoria. In ogni caso è fatto obbligo a fine giornata venatoria della rimozione del capanno, compresi i residuati derivanti dall'attività venatoria.
3. L'esercizio venatorio non è ammesso a meno di 150 metri da ogni capanno temporaneo di caccia, quando il medesimo sia in effettivo esercizio.
4. Ad una distanza inferiore a 100 metri da frutteti, vigneti e altre colture specializzato, o all'interno delle stesse aree a coltura specializzate, è ammesso l'appostamento temporaneo solo previo consenso scritto del proprietario o del conduttore del fondo, al quale il cacciatore, se richiesto, è tenuto a fornire le proprie generalità e gli estremi della licenza di porto d' armi per uso di caccia.
5. In ogni appostamento temporaneo di caccia non possono cacciare contemporaneamente più di due cacciatori.
6. E' vietato l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo a meno di 150 metri dai confini degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica, dagli immobili, fabbricati, stabili o da altre strutture fisse o mobili adibiti a posto di lavoro, e da vie di comunicazione ferroviarie, nonchè da strade carrozzabili, fatta eccezione per le strade poderali o interpoderali. L'esercizio venatorio è altresì vietato nel raggio di 1000 metri di distanza da valichi montani, posti sopra i metri 800 del livello del mare, indicati nel medesimo provvedimento di cui all'ottavo comma dell'art. 29.
7. Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti temporanei nelle giornate o nelle località in cui il cacciatore non è autorizzato alla caccia vagante deve avvenire con il fucile smontato o chiuso in apposita custodia.
8. La raccolta della selvaggina abbattuta, se effettuata dal cacciatore, deve avvenire con il fucile scarico.
Art. 31
Custodia dei cani
1. I cani da caccia incustoditi trovati a vagare nelle campagne in periodi o in aree non consentiti, o nelle zone di protezione della fauna, sono catturati dagli agenti di vigilanza e consegnati al più vicino canile municipale. Durante i periodi e nelle aree nei quali non è permesso l'uso del cane, la cattura ha luogo solo quando il medesimo non sia accompagnato o non si trovi sotto la sorveglianza del proprietario o di chi ne abbia l'obbligo. La presente disposizione non si applica ai cani da guardia appartenenti al proprietario o conduttore dello stesso fondo sul quale vagano.
Capo III
Cattura della fauna selvatica
Art. 32
Cattura e utilizzazione di animali selvatici
1. La Provincia è delegata dalla Regione ad autorizzare, su tutto il territorio agro - forestale, nei limiti della presente legge e delle eventuali direttive dello Stato, sentita la Consulta provinciale, su parere dell'Istituto nazionale di biologia della selvaggina (INBS), la cattura o l'abbattimento di fauna selvatica nonchè il prelievo di uova, nidi e piccoli nati di fauna per le seguenti finalità:
a) nell'interesse della salute e per prevenire danni alle colture agricole, al bestiame, ai boschi, alla pesca ed alle acque, nonchè per la protezione della flora e della fauna e per il riequilibrio biologico;
b) per la ricerca scientifica e l'insegnamento, per il ripopolamento e la reintroduzione, nonchè per l'allevamento connesso a tali operazioni.
Art. 33
Rilascio delle autorizzazioni
1. Le autorizzazioni per effettuare gli interventi di cui all' art. 32 sono concesse sulla base di appositi piani adottati dalla Provincia, sentita la Consulta provinciale, i quali stabiliscono:
a) le finalità di pubblico interesse perseguite;
b) la specie faunistica interessata;
c) la destinazione della selvaggina catturata o abbattuta;
d) il numero massimo dei capi catturabili o abbattibili;
e) i mezzi e i metodi selettivi adottati;
f) le condizioni di rilascio della selvaggina, le circostanze di tempo e di luogo relative;
g) le forme di controllo;
h) gli operatori incaricati provvisti di competenza, che posseggano, di norma, i requisiti di pubblico ufficiale.
2. E' comunque vietato l'uso dei bocconi avvelenati e di tutti i mezzi non selettivi.
Art. 34
Destinazione della fauna selvatica catturata o abbattuta
1. Per le specie di fauna non cacciabili viene escluso l' abbattimento, mentre possono essere consentite forme di intimidazione e di allontamento dai luoghi di danno temuto per le finalità di cui alla lett a) del primo comma dell'art. 32.
2. Gli animali catturati appartenenti alle specie non cacciabili vengono liberati in località ritenute idonee e, comunque, tali da non suscitare eventuali danni.
3. Gli animali catturati appartenenti alle specie cacciabili, quando non possono essere liberati a scopo di ripopolamento o quando vengono abbattuti, possono essere ceduti anche per scopi alimentari, con obbligo della certificazione sanitaria.
4. Gli animali appartenenti alle specie particolarmente protette menzionati all'art. 2 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno possono essere esclusivamente oggetto di cattura per fini scientifici e di studio sentito l'INBS Devono essere, quanto prima, rimessi in libertà in ambienti ritenuti idonei.
5. La scelta della destinazione degli animali catturati, o abbattuti, compete all'ente delegato sentito il parere della Consulta provinciale.
Art. 35
Patrimonio faunistico regionale
1. La Regione, nei limiti e con le modalità previsti dalla legislazione nazionale vigente, delega alle Province le funzioni concernenti la costituzione e la gestione di un patrimonio faunistico, preordinato a consentire l'uso controllato di richiami vivi.
2. Le Province, nell'esercizio delle funzioni di cui al primo comma e sulla base di specifiche direttive regionali, emanano provvedimenti di concessione abilitanti alla cattura di specie selvatiche in favore di soggetti singoli o associati, purchè provvisti dei necessari requisiti professionali.
3. La Regione fissa le specie e le quantità massime catturabili su proposta dell'INBS, al quale fa pervenire una espressa richiesta in tal senso. Decorsi 60 giorni la Regione provvede.
4. Le direttive regionali contengono prescrizioni vincolanti in ordine:
a) alle specie e alle quantità massime oggetto di cattura individuate ai sensi del terzo comma;
b) alle caratteristiche degli strumenti di cattura e alle relative modalità di collocamento e d' uso;
c) ai requisiti professionali dei destinatari delle concessioni, nonchè degli altri operatori addetti alla cattura;
d) alla istituzione e alla tenuta degli albi dei concessionari, degli operatori e degli utilizzatori, da istituire presso ogni Provincia;
e) alla densità massima delle concessioni, comunque non superiore mediamente all'unità per ogni 150 chilometri quadrati su base regionale.
Art. 36
Concessione abilitante
1. Il provvedimento di concessione abilitante alla cattura di specie selvatiche indica:
a) il destinatario della concessione;
b) i nominativi degli operatori abilitati diversi dal concessionario, in possesso dei necessari requisiti professionali;
c) le caratteristiche degli strumenti di cattura, le loro modalità di collocazione e d' uso, nonchè le località ed i terreni nei quali debbono essere situati;
d) le specie e le quantità massime faunistiche oggetto di cattura;
e) le prescrizioni concernenti le cessioni agli utilizzatori.
Art. 37
Detenzione e commercio della fauna selvatica
1. E' sempre vietato detenere fauna selvatica viva o morta anche se imbalsamata, fatta eccezione per i casi di legittimo possesso previsti dalla legge.
2. La Provincia è delegata a provvedere in ordine alle autorizzazioni all'allevamento, alla detenzione e al commercio di fauna selvatica, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale, ai sensi dell'art. 19 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e successive modifiche e integrazioni.
3. La cessione per scopi di vendita e di commercio della fauna selvatica viva o morta nei casi ammessi dalla legge comporta l'obbligo per il cedente di rilasciare all'acquirente apposito attestato sulla legittima provenienza degli animali.
4. Chiunque commerci o rivenda fauna selvatica viva o morta, nei casi ammessi dalla presente legge, ha l'obbligo di tenere un registro vidimato dal Comune competente per l'annotazione del carico e dello scarico dei capi di selvaggina commerciati o utilizzati.
5. E' fatta comunque salva la facoltà di detenere, senza alcuna autorizzazione, le specie esotiche per conservarle in cattività, per scopi amatoriali od ornamentali.
Art. 38
Della civetta e del falco pellegrino
1. Sono vietati la cattura, la detenzione e l'uso della civetta (Athene noctua) a scopi di zimbello per qualunque tipo di caccia, ivi compresa la caccia agli alaudidi, nonchè la cattura, la detenzione e l'uso per qualunque tipo di caccia del falco pellegrino (Falco peregrinus) anche riprodotto o allevato in cattività.
Art. 39
Vendita di fauna selvatica nelle fiere tradizionali
1. E' in ogni caso vietata la vendita di uccelli da richiamo o da zimbello, per uso venatorio, nelle tradizionali fiere.
Capo IV
Organizzazione del territorio per la gestione sociale della caccia
Art. 40
Territori per la gestione sociale della caccia - TGSC
1. Sono territori per la gestione sociale della caccia le zone in cui le categorie territorialmente interessate partecipano alla gestione dell'ambiente faunistico - venatorio. Tali zone hanno una estensione di norma non inferiore a 2.000 ha e non superiore a 6.000.
2. La Provincia, su richiesta degli Enti locali interessati o di organizzazioni professionali agricole o di associazioni venatorie riconosciute operanti nel territorio, sentita la Consulta provinciale, istituisce tali zone ai sensi del precedente art. 2.
3. La deliberazione che determina il perimetro del TGSC è notificata ai proprietari o conduttori dei fondi e pubblicata nelle forme consuete, nonchè mediante manifesto da affiggere per almeno sessanta giorni nel capoluogo dei Comuni territorialmente interessati e loro frazioni, e da inviare alle sedi delle associazioni agricole.
4. In caso di proposta da parte di associazioni venatorie riconosciute, è richiesto il consenso scritto degli Enti locali interessati; è comunque sempre richiesto il consenso dei conduttori o proprietari agricoli aventi la disponibilità di almeno l'80% delle aree interessate. Il consenso si considera validamente accordato quando i dissensi, manifestati entro il termine previsto dal terzo comma, non superano il 20%.
5. Le disposizioni di cui ai precedenti commi, in quanto applicabili, devono essere osservate anche in caso di modifica o di revoca del TGSC.
6. I territori per la gestione sociale non possono essere complessivamente superiori alla percentuale massima prevista dall'art. 15 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e successive modifiche e integrazioni.
7. Tali zone sono istituite per una durata non superiore ad anni cinque, e alla scadenza possono essere rinnovate anche per periodi inferiori.
8. Tali zone sono istituite o modificate almeno novanta giorni prima dell'inizio della stagione venatoria.
9. L'attività venatoria è consentita solo ai cacciatori che siano titolari del tesserino di accesso.
Art. 41
Delimitazione dei territori per la gestione sociale della caccia
1. L'ambito territoriale del TGSC viene segnalato a cura dell'organismo di gestione con tabelle di colore arancione recanti la scritta: " Territorio per la gestione sociale della caccia - Autorizzazione ai sensi di legge - Divieto di caccia ai non autorizzati ". Le tabelle sono esenti da tasse e sopratasse regionali.
2. Qualora il TGSC sia delimitato da un corso d' acqua che non costituisca confine con un ambito protetto, il tabellamento deve consentire l'abbeverata della fauna selvatica.
3. I territori debbono essere delimitati su corsi d' acqua od importanti opere come strade, canali e ferrovie, per facilitare ai cacciatori l'individuazione dei confini e rendere agevole la vigilanza.
Art. 42
Finalità
1. La gestione sociale della caccia assicura:
a) una presenza venatoria programmata in relazione alle caratteristiche ambientali, faunistiche e colturali del territorio, nonchè la stabilità del rapporto del cacciatore col proprio territorio di caccia;
b) aree di rispetto e ripopolamenti, secondo la carta delle vocazioni faunistiche e rapportati alle condizioni dell' ambiente e dell'ordinamento colturale;
c) prelievo venatorio commisurato nelle entità e nelle modalità alle esigenze di conservazione delle specie oggetto di caccia;
d) informazione ed educazione delle categorie interessate;
e) la vigilanza venatoria e la tutela delle colture agricole rispondenti alle esigenze territoriali;
f) forme speciali di caccia, aperte a tutti gli aderenti a parità di condizioni, nei territori istituiti nei terreni umidi e nelle località interessate al passo delle principali specie migratrici.
2. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, autorizza gli organismi dei TGSC ad esigere un contributo finanziario a copertura delle spese di gestione.
3. La gestione economica dei TGSC assicura il pareggio dei bilanci e deve essere rapportata al perseguimento equilibrato delle finalità di cui al primo comma.
4. I danni provocati alle produzioni agricole nei TGSC dall'esercizio venatorio e dalla fauna selvatica cacciabile ad esclusione di quelli provocati da cinghiali e fauna protetta sono a carico delle rispettive gestioni.
5. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge la Regione emana direttive vincolanti per il perseguimento delle finalità di cui alle lettere a) e c) del primo comma del presente articolo sulla base dei parametri individuati dal Comitato tecnico venatorio regionale di cui all'art. 3.
Art. 43
Organi di gestione e coordinato
1. Per la gestione e il coordinamento dei territori di cui all'art. 40 sono istituiti:
a) un Comitato territoriale di gestione per ciascuna zona;
b) un Comitato di coordinamento per ciascuna provincia;
c) il Comitato di coordinamento regionale.
Art. 44
Comitato territoriale di gestione
1. Il Comitato territoriale di gestione è composto da:
a) da quattro a sei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole territorialmente interessate;
b) da quattro a sei rappresentanti delle associazioni venatorie territorialmente interessate;
c) da quattro a sei esperti, designati dagli enti locali territorialmente interessati;
d) due rappresentanti delle associazioni naturalistiche e protezionistiche territorialmente interessate.
2. I rappresentanti di cui alle lettere a), b) e c) sono presenti nel Comitato di gestione in misura paritetica. I componenti di cui alle lettere a), b), c) e d) sono designati da associazioni effettivamente operanti nel territorio a gestione sociale, e sono scelti fra persone residenti in un Comune territorialmente interessato. Le rispettive delegazioni sono formate in base al principio della rappresentatività.
3. Il Comitato è nominato dal Presidente della Giunta provinciale su designazione degli enti ed organizzazioni interessati entro trenta giorni dalla richiesta. Il Comitato nomina a maggioranza nel proprio seno il Presidente ed è validamente costituito quando sono stati nominati i rappresentanti di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma del presente articolo.
4. L'attività di gestione si svolge sulla base di un programma annuale proposto dal Comitato territoriale d' intesa con il Comitato di coordinamento provinciale territorialmente competente e approvato dalla Giunta provinciale.
5. Il programma di gestione ha per oggetto l'attività di qualificazione faunistica, le immissioni di selvaggina, le modalità di accesso, l'attività venatoria, la prevenzione e il risarcimento dei danni alle colture agricole.
6. In particolare il programma definisce, secondo lo schema di programma tipo di cui alla lettera a) del primo comma dell'art. 48:
a) i rapporti di equilibrio tra le popolazioni di selvaggina presente e immessa in base ai quali determinare il prelievo venatorio;
b) l'individuazione del numero dei cacciatori ammessi all' esercizio tra cacciatori residenti nel territorio di gestione sociale e cacciatori non residenti;
c) le strutture venatorie adeguate alla produzione, all' allevamento e all'adattamento in libertà della selvaggina.
Art. 45
Coordinamento provinciale dei TGSC
1. L'indirizzo e il coordinamento delle attività dei Comitati territoriali di gestione compresi nella stessa provincia, sono assicurati dal Comitato di coordinamento provinciale.
2. Il Comitato è nominato entro trenta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni dal Presidente della Provincia ed è composto:
a) dal Presidente di ciascun Comitato territoriale di gestione, o da un suo delegato;
b) da nove rappresentanti delle Associazioni venatorie riconosciute presenti nella provincia designati in rapporto agli aderenti ai TGSC, assicurando la presenza delle associazioni minoritarie;
c) da nove rappresentanti designati dalle organizzazioni agricole riconosciute presenti nella provincia;
d) da nove rappresentanti designati dalle associazioni naturalistiche operanti nell'ambito provinciale;
e) da tre esperti in materia faunistico - venatoria designati dal Consiglio provinciale con voto limitato a due.
Art. 46
Compiti del Comitato provinciale di coordinamento
1. Oltre alle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui al primo comma dell'art. 45, spetta al Comitato provinciale:
a) formulare pareri obbligatori sul programma di gestione dei Comitati territoriali di cui all'art. 44 con particolare riferimento agli aspetti di cui al sesto comma del medesimo articolo;
b) predisporre il bilancio preventivo sulla base delle proposte dei Comitati territoriali e delle proprie esigenze;
c) predisporre il conto consuntivo sulla base delle spese sostenute;
d) promuovere l'informazione e l'educazione agro - faunistico - venatoria d'intesa con le associazioni venatorie, le organizzazioni professionali agricole, le associazioni naturalistiche, il mondo della ricerca scientifica e della scuola.
2. I pareri sui programmi territoriali di gestione, i bilanci preventivi e i conti consuntivi sono trasmessi alla Provincia e al Comitato di coordinamento regionale.
3. I conti consuntivi sono corredati dai verbali delle assemblee che le riguardano e dalla relazione dei sindaci revisori.
Art. 47
Coordinamento regionale dei TGSC
1. Il coordinamento delle attività relative alla gestione sociale nell'ambito regionale è assicurato dal Comitato di coordinamento regionale.
2. Detto Comitato è nominato dal Presidente della Giunta regionale trascorsi sessanta giorni dalla data indicata nella richiesta delle designazioni ed è costituito:
a) dal Presidente di ogni Comitato di coordinamento provinciale o da un suo delegato;
b) da nove rappresentanti designati dall'UNAVI garantendo la presenza di tutte le associazioni;
c) da nove rappresentanti fra quelli designati da ciascuna delle associazioni dei proprietari o conduttori dei fondi operanti nel territorio regionale;
d) da nove rappresentanti fra i designati dalle associazioni naturalistiche identificate in base agli articoli 12 e 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349 Sito esterno, operanti nel territorio regionale;
e) da tre esperti nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a due;
f) da tre esperti in materie agro - faunistico - venatorie designati dalla Commissione amministratrice dell'ARIS.
3. Il Presidente del Comitato di coordinamento regionale è eletto a maggioranza dei suoi componenti nominati. Le sedute sono valide se è presente la maggioranza dei membri nominati.
4. Il Comitato può nominare un ufficio di presidenza con compiti esecutivi.
5. Il Comitato si riunisce su convocazione del Presidente o su richiesta di uno dei Comitati di coordinamento provinciali o di tre componenti o del Presidente della Regione.
Art. 48
Compiti del Comitato di coordinamento regionale
1. Oltre alle funzioni di coordinamento di cui al primo comma dell'art. 47, spetta al Comitato di coordinamento regionale:
a) formulare uno schema di programma tipo per la gestione territoriale con particolare riferimento all'individuazione di criteri idonei a stabilire:
1) i rapporti di equilibrio tra popolazioni di selvaggina presente e selvaggina immessa sulla base del quale determinare il prelievo venatorio;
2) il numero di cacciatori ammessi all'esercizio venatorio, nonchè la proporzione tra cacciatori residenti e non residenti;
3) le modalità di rapporto tra territori a gestione sociale appartenenti a Province di diversa densità venatoria;
b) stabilire le modalità di esercizio venatorio alla selvaggina migratoria nei territori a gestione sociale, nei limiti previsti dal calendario venatorio regionale;
c) predisporre ed approvare i propri bilanci preventivo e consuntivo;
d) stabilire i criteri di uniformità per il trattamento economico di tutto il personale dipendente dagli organismi della gestione sociale della caccia;
e) rilasciare entro il 30 aprile di ogni anno alla Regione una relazione sull'andamento della stagione venatoria e sul funzionamento dei Comitati di coordinamento provinciali;
g) promuovere la formazione, l'informazione e la ricerca in materia agro - faunistico - venatorio - ambientale;
h) programmare interventi per la valorizzazione ambientale anche in funzione della conservazione delle specie non cacciabili;
i) nominare inoltre il proprio rappresentante nella Consulta regionale prevista all'art. 19.
2. Il Comitato di coordinamento regionale provvede all' assegnazione dei fondi ai singoli comitati di territorio in relazione al numero degli aderenti, trattenendo il 20 per i comitati di coordinamento provinciali e il 10% per le spese connesse al proprio funzionamento. Eventuali avanzi di bilancio dei Comitati provinciali e regionale devono essere ripartiti fra tutti i Comitati territoriali di gestione in proporzione al numero degli aderenti.
Art. 49
Collegi territoriali dei sindaci revisori
1. I Presidenti delle Province nominano il Collegio dei sindaci revisori dei Comitati territoriali di gestione, su proposta del Comitato stesso, con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei rispettivi Comitati territoriali di gestione.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effetivi, uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole, uno designato dalla Provincia con compiti di Presidenti. La Provincia designa inoltre due supplenti di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte dei TGSC provinciali i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni dei rispettivi Comitati territoriali.
Art. 50
Collegi provinciali dei sindaci revisori
1. I Presidenti delle Province nominano il Collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei Comitati di coordinamento provinciali dei TGSC.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effettivi, uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole ed uno designato dalla Provincia con compiti di Presidente. La Provincia designa altresì due supplenti, di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte dei TGSC provinciali i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n. 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni dei Comitati di coordinamento.
Art. 51
Collegio regionale dei sindaci revisori
1. Il Presidente della Regione nomina il Collegio dei sindaci revisori con il compito di controllare la regolarità della gestione amministrativa e contabile dei Comitati di coordinamento regionale.
2. Il Collegio è costituito da tre componenti effettivi: uno designato dalle associazioni venatorie, uno designato dalle organizzazioni professionali agricole e uno designato dalla Giunta regionale con compiti di Presidente. La Giunta regionale designa altresì due supplenti, di cui uno su proposta delle associazioni naturalistiche.
3. Ai sindaci revisori vengono corrisposti da parte del Comitato di coordinamento regionale dei TGSC i compensi e i rimborsi previsti dalla LR 15 dicembre 1977, n 49 e dalla LR 18 marzo 1985, n. 8 " Modificazioni alle Leggi regionali n. 49 del 15 dicembre 1977 e n. 23 del 21 agosto 1981, relative ai compensi e ai rimborsi spettanti ai componenti di organi collegiali" e successive modifiche e integrazioni.
4. I sindaci revisori assistono alle riunioni del Comitato di coordinamento regionale.
Art. 52
Validità delle decisioni dei Comitati regionali e provinciali di coordinamento e territoriali di gestione
1. Per la validità delle decisioni del Comitato di coordinamento regionale e dei Comitati provinciali di coordinamento e territoriali di gestione è necessaria la presenza di almeno la metà più uno dei componenti il Comitato che delibera a maggioranza. Delle decisioni viene tenuta nota in apposito registro preventivamente firmato dai sindaci revisori.
2. Le decisioni divengono esecutive trascorsi cinque giorni dalla data della seduta.
3. Entro tale termine un terzo dei nominati, quando ritenga che la decisione assunta sia contraria alla legislazione vigente o ai vincoli del programma regionale, provinciale e territoriale, può richiedere, motivando, che tale decisione sia sottoposta all'approvazione dell'organo competente che deve inderogabilmente provvedere entro il decimo giorno dal ricevimento della richiesta. Nella mora la decisione è sospesa.
Art. 53
Accesso dei cacciatori residenti in Emilia - Romagna
1. Il cacciatore ha facoltà di esercizio venatorio nel territorio a gestione sociale di residenza ed in uno altro per tutto il periodo di caccia alla selvaggina stanziale.
2. In tale periodo il cacciatore, per esercitare la caccia nel territorio di gestione sociale diverso da quello di residenza, si munisce, entro la data annualmente fissata dal Comitato di coordinamento regionale, dell'autorizzazione rilasciata a richiesta e gratuitamente dal Comitato di coordinamento provinciale di residenza.
3. Il numero delle autorizzazioni di cui al comma precedente è individuato per ciascun territorio a gestione sociale dal Comitato di coordinamento provinciale, ed è pari alla differenza fra il numero dei posti complessivamente disponibili per ciascun territorio e il numero dei cacciatori residenti che nella precedente annata venatoria hanno aderito alla gestione sociale.
4. Fino all'emanazione delle direttive di cui al quinto comma dell'art. 42, la quantità dei posti disponibili si ottiene applicando il parametro di un cacciatore ogni 5 ha di superficie del territorio a gestione sociale, salvo altra determinazione adottata dai Consigli provinciali territorialmente competenti. Il Comitato di coordinamento regionale provvede a ripartire le autorizzazioni disponibili tenendo prioritariamente conto delle richieste dei Comitati provinciali nel territorio dei quali nella precedente annata venatoria ogni cacciatore ha avuto a disposizione una superficie media inferiore ai 5 ha.
5. Dopo la chiusura della caccia alla selvaggina stanziale il cacciatore ha facoltà di esercizio venatorio in tutti i territori a gestione sociale.
6. Nel periodo di cui al primo comma del presente articolo, coloro che intendono esercitare la caccia fuori dai territori a gestione sociale prescelti sono autorizzati a farlo solo da appostamento. Nelle risaie, lungo le rive dei corsi l'acqua e nelle zone umide comprese all'interno dei TGSC e appositamente indicati dalle Province, la caccia alla selvaggina migratoria può essere consentita anche in forma vagante a chiunque sia in possesso del tesserino di accesso.
7. Nella caccia da appostamento è fatto obbligo di usare i capanni artificiali. L'utilizzo di materiali esistenti sul posto è consentito solo con il consenso del conduttore del fondo. I bossoli delle cartucce sparate debbono essere raccolti e portati via.
8. I Comitati territoriali di gestione, acquisito il parere scritto del Comitato di coordinamento provinciale competente per territorio e del Comitato di coordinamento regionale, possono proporre all'Amministrazione provinciale l'adozione di un parametro diverso a quello precedentemente indicato di un cacciatore ogni 5 ha. Anche in questo caso deve comunque essere garantita una quota di posti disponibili per cacciatori non residenti.
9. Il Comitato di coordinamento regionale, al fine di migliorare le condizioni di esercizio venatorio, promuove intese con gli altri Comitati di coordinamento provinciali e con i Comitati territoriali al fine di realizzare una equilibrata distribuzione dei cacciatori non residenti.
10. La scelte del cacciatore viene annotata sul tesserino di accesso.
11. Le norme del presente articolo restano in vigore sino all'emanazione delle disposizioni regolamentari per l'attuazione della presente legge. E' abrogato l'art. 10 del Regolamento regionale 26 luglio 1984, n. 41.
Art. 54
Cacce speciali nel TGSC e modalità delle medesime
1. I Comitati di coordinamento provinciali, d' intesa con i Comitati di gestione territorialmente interessati, promuovono forme di caccia speciali di cui alla lettera f) dell'art.42. Tali cacce sono gratuite ed aperte a tutti i cacciatori in possesso del tesserino di accesso a parità di condizioni, salvo il rimborso delle spese di organizzazione sostenute dal Comitato di gestione territorialmente interessato.
2. I Comitati di coordinamento provinciali dei TGSC territorialmente interessati predispongono le modalità di esercizio.
3. Dette modalità devono riguardare:
a) la superficie e le caratteristiche dei terreni che vengono vincolati;
b) il periodo di esercizio venatorio;
c) il numero dei cacciatori da ammettere, garantendo comunque la presenza di almeno il 60% di cacciatori non residenti nei comuni dove è ubicata la zona, e di questi almeno la metà residenti fuori provincia;
d) l'ammissione mediante prenotazione eventuale o sorteggio tra i prenotati;
e) il metodo di consegna dei permessi e il rimborso spese dovuto per ogni giornata di caccia;
f) il numero delle giornate di caccia concesse ad ogni cacciatore nei limiti previsti dal calendario venatorio regiornale;
g) le forme di caccia vagante o da appostamento;
h) le modalità di assegnazione degli apprestamenti fissi.
4. Le modalità di esercizio vengono approvate dal Comitato di coordinamento regionale dei TGSC e divengono operanti dopo la ratifica della Giunta regionale.
5. L'autorizzazione di appostamento fisso per nuovi impianti o di rinnovo per quelli esistenti nei territorio di caccia speciale inclusi nei TGSC viene rilasciata dalla Provincia sentito il Comitato di coordinamento provinciale TGSC Il titolare, per accedere nell'appostamento, deve essere in possesso del tesserino di accesso.
6. Le località destinate alle forme di caccia speciale vengono delimitate da tabelle recanti la scritta: " Regione Emilia - Romagna - TGSC della Provincia di...... - Zona di caccia speciale - LR ...... ".
7. Qualora il calendario venatorio regionale consenta l'esercizio della caccia al cervo, daino, al muflone e al capriolo, nei TGSC potranno essere proposte forme di caccia per tali specie secondo le modalità del presente articolo.
8. Le norme del presente articolo restano in vigore sino all'emanazione delle disposizioni regolamentari per l'attuazione della presente legge. E' abrogato l'art. 11 del Regolamento regionale 26 luglio 1984, n. 41.
Capo V
Tutela della attività agro - silvo - pastorali
Art. 55
Fondi chiusi
1. La caccia è vietata a chiunque nei fondi chiusi da muro o recintati con rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1.80 oppure circondati da corsi o specchi d' acqua perenni aventi la lunghezza di almeno m. 3 ed una profondità di almeno m. 1,50.
2. I fondi chiusi sono delimitati da tabelle perimetrali di colore bianco, collocate a cura del proprietario del terreno, distanti 100 metri le une dalle altre, e comunque in modo che siano visibili le due contigue, portanti la scritta: " Fondo chiuso - Divieto di caccia ". L'apposizione di dette tabelle è esente da tasse. Qualora, durante la stagione venatoria, vengano a cessare le condizioni di fondo chiuso a norma delle vigenti leggi regionali, il proprietario, o in mancanza il conduttore del fondo, deve darne tempestiva comunicazione alla Provincia. In tali casi sussiste il divieto di caccia fino alla conclusione della stagione venatoria in corso.
3. Nei fondi chiusi, su richiesta del proprietario o, in mancanza, del conduttore, può essere autorizzata, nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 13, la cattura della selvaggina per la protezione delle colture agricole. La selveggina così catturata viene destinata a scopi di ripopolamento.
4. E' fatto obbligo al proprietario o conduttore del fondo di comunicare la delimitazione del fondo chiuso alla Provincia.
Art. 56
Salvaguardia dell'ambiente agricolo - forestale
1.
L'art. 8 della L. R. 26 gennaio 1987, n. 3 è sostituito come segue:
"1. Fermo restando quanto previsto alla lett. e) dell'art. 20 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, l'esercizio venatorio è vietato nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali, nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro, serre e impianti fissi di irrigazione e di 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria, da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali e interpoderali, nei giardini e nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a m. 1,80 o da corsi o da specchi d' acqua perenni il cui letto abbia profondità di almeno m. 1,50 e larghezza di almeno m. 3,00.
2. L'esercizio venatorio è altresì vietato nelle aree comprese nel raggio di 100 metri da macchine agricole operatrici in attività.
3. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione.
4. Agli effetti della presente legge sono considerati terreni in attualità di coltivazione gli orti, le colture erbacee e cerealicole dalla semina a raccolto effettuato, i prati artificiali e quelli naturali che abbiano raggiunto i 15 cm. di altezza, i frutteti e i vigneti, nonchè i terreni di recente rimboschimento per un periodo di almeno tre anni.
5. Nei frutteti e nei vigneti, a raccolto compiuto:
a) l'esercizio venatorio da appostamento temporaneo è ammesso, previo consenso del conduttore o del proprietario del fondo;
b) l'esercizio venatorio in forma vagante è comunque vietato. E' altresì vietato l'esercizio venatorio a meno di 100 metri dal limite esterno della piantagione;
c) è consentito l'accesso all'ausiliare.
6. E' fatto divieto di sparo, a meno di 150 metri dagli stabbi, dagli stazzi e da altri ricoveri, nonchè dai recinti destinati al ricovero ed alla alimentazione del bestiame nei periodi di effettiva utilizzazione agro - silvo - pastorale, secondo le condizioni produttive del pascolo e quando sono presenti almeno un capo adulto o tre capi giovani per ogni ettaro di terreno, e dai recinti dove gli animali sono tenuti in cattività stretta.
7. Il conduttore deve segnalare la presenza del bestiame nei recinti sopraddetti con apposite tabelle aventi la scritta: " Bestiame al pascolo ", esenti da tributi.
8. I cani devono essere condotti dal cacciatore in modo che il bestiame al pascolo o gli animali in cattività non siano disturbati o danneggiati.
9. La Provincia, su conforme parere della Commissione provinciale per l'agricoltura di cui agli articoli 24 e 25 della LR 27 agosto 1983, n. 34, può integrare o modificare, per il territorio di propria competenza, le disposizioni di cui al presente articolo relative ai terreni in attualità di coltivazione.
10. Le Province in accordo con le associazioni agricole possono autorizzare l'esercizio venatorio in territori sociali diversi da quello di opzione limitatamente alla caccia al cinghiale. "
Sito esterno
Art. 57
Danni alle produzione agricole
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili alle produzione agricole e alle altre produzioni connesse con l'agricoltura o ad esse similari, arrecati dalla fauna selvatica, ed in particolare da quella protetta e dall'attività venatoria, si provvede secondo quanto dispongono i successivi commi del presente articolo.
2. L'accertamento dei danni avviene con modalità stabilite dalla Provincia, quale ente delegato, sentita la Consulta provinciale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, anche mediante direttive vincolanti impartite agli organismi e alle aziende cui spetta la gestione delle zone di cui al secondo comma dell'art. 2. In ogni caso la segnalazione del danno deve avvenire in tempi e modi che ne consentano la valutazione in loco da parte di chi deve provvedere alla stima e al richiedente deve essere garantita la possibilità di presenziare all'eventuale sopralluogo, e di far annotare i propri rilievi nel relativo verbale.
3. Quando il danno lamentato derivi dall'esercizio dell' attività venatoria, il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a fornire, oltre alle prove del danno medesimo, anche tutti i possibili elementi in suo possesso atti all' individuazione dei cacciatori resisi responsabili.
4. L'indennizzo per i danni arrecati dalla fauna selvatica può essere liquidato in forma forfettaria. Sono indennizzabili anche i guasti arrecati dalla fauna selvatica alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo, quali i recinti, le palizzate e in genere gli elementi e gli impianti di sostegno, protezione, allineamento di alberi, viti o altre piante.
5. Alla liquidazione dei danni provvede la Provincia. La proposta di liquidazione dei danni non altrimenti risarcibili, che a seguito di accertamento effettuato direttamente o confermato dai competenti uffici della Provincia risultino provocati da sconosciuti nel corso dell'attività venatoria, compete ad un Comitato nominato dal Presidente della Provincia, presieduto dall'Assessore provinciale competente o da un suo delegato e formato da tre esperti designati dalle organizzazioni agricole interessate più rappresenative e da altrettanti esperti designati dalle associazioni venatorie nazionali riconosciute più rappresentative. Il Presidente del Comitato ha diritto di voto.
Art. 58
Tutela delle produzioni agricole
1. Per la tutela delle produzioni agricole, connesse o similari, e per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni medesime dalla selvaggina e dall' attività venatoria, ai sensi dell'art. 26 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, la Regione provvede al finanziamento degli oneri derivanti.
2. L'ammontare delle risorse è stabilito tenendo conto delle tipologie di intervento prediposte in un progetto attuativo del piano regionale di cui all'art. 2.
3. Gli oneri per gli indennizzi e il risarcimento dei danni arrecati alle colture agricole nei territori ricompresi nelle zone di cui alle lettere d), e) e g) del secondo comma dell'art. 2, sono ad esclusivo carico delle aziende, organismi o centri preposti alla gestione degli ambiti medesimi.
Art. 59
Incentivi ai conduttori di terreni agricoli
1. Agli imprenditori agricoli che si adoperano attraverso l'attuazione di interventi specifici tesi alla salvaguardia e all'incremento della selvaggina, nonchè al miglioramento e mantenimento degli habitat naturali sono erogati contributi secondo le modalità previste da apposite direttive emanate dalla Giunta regionale sentita (entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge) la competente Commissione consiliare. In particolare saranno incentivati i seguenti interventi:
a) coltivazioni programmate per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli;
b) mantenimento e miglioramento delle zone umide;
c) collaborazioni operative;
d) tabellamento, difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamenti;
e) pasturazioni invernali degli animali in difficoltà;
f) manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della selvaggina;
g) limitato taglio dei boschi;
h) ripristino e mantenimento di siepi, alberate, maceri ecc.
Titolo IV
DIVIETI E SANZIONI VIGILANZA PER LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ITTICA E DELL'AMBIENTE
Capo I
Divieti e sanzioni
Art. 60
Divieti di esercizio venatorio
1. Oltre ai divieti già previsti dalla Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e dalle altre norme della presente legge, nel territorio della regione Emilia - Romagna è altresì vietato:
a) disturbare la fauna selvatica negli ambienti protetti, nelle aziende faunistico - venatorie e nei TGSC con modi e mezzi non giustificati o comunque tali da allontanarla o danneggiare la sosta e le riproduzione;
b) circolare lungo le strade pubbliche o private a mezzo di veicoli o a piedi con fucile carico e non contenuto nell' apposita custodia, fatta eccezione per le strade poderali ed interpoderali;
c) attraversare o circolare all'interno degli ambiti di cui al Titolo II, Capi I e II con mezzi idonei all'esercizio venatorio, fatta eccezione per i casi di attraversamento motivato, nel qual caso il fucile deve essere tenuto in busta chiusa e scarico, oppure fuori busta ma smontato e scarico;
d) accedere direttamente con mezzi motorizzati ai terreni di caccia, alle aree cortilizie o comunque alle pertinenze delle strutture di lavoro agricolo, nonchè alle strade private di campagna non aperte al pubblico transito;
e) esercitare l'attività venatoria nei terreni o nelle zone soggetti a pasturazione artificiale per animali selvatici, nonchè nei 500 metri attorno, fino all'esaurimento delle pasture.
Art. 61
Sanzioni
1. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lett. c) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno nelle seguenti ipotesi:
a) caccia nelle località interdette per motivi turistici;
b) caccia in periodi, giornate ed orari non consentiti o per un numero di giornate superiori al consentito;
c) caccia da appostamento fisso senza autorizzazione;
d) addestramento dei cani in ambiti protetti;
e) caccia a meno di 150 metri dall'appostamento autorizzato;
f) caccia da appostamento fisso autorizzato senza il rispetto delle distanze e del numero dei cacciatori presenti;
g) caccia in valichi montani non ammessi all'esercizio venatorio;
h) caccia a meno di 150 metri da un altro appostamento temporaneo, quando in effettivo esercizio;
i) caccia da appostamento a meno di 100 metri dai confini degli ambiti protetti, delle aziende faunistico - venatorie, dei centri pubblici e privati di produzione e di allevamento di selvaggina, nonchè dalle zone di addestramento cani;
l) caccia nel raggio di 1000 metri di distanza dai valichi montani posti sopra i 600 metri slm;
m) caccia all'interno dei TGSC senza il possesso dell'apposito tesserino d' accesso;
n) caccia negli ambiti territoriali di protezione della fauna;
o) caccia nelle strutture a gestione privata dei non autorizzati;
p) caccia nelle zone di rifugio;
q) caccia nei fondi chiusi;
r) caccia nei terreni in attualità di coltivazione di cui all' art. 56;
s) caccia nei vigneti, nei frutteti e comunque negli impianti da frutto durante il periodo dei frutti pendenti;
t) caccia a meno di 150 metri dalle macchine operatrici in movimento;
u) caccia a meno di 100 metri da immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro, serre ed impianti fissi di irrigazione.
2. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lettera e) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno nelle seguenti ipotesi:
a) uso di mezzi di caccia non consentiti;
b) esercizio venatorio alle specie non previste dall'art. 11 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno e dai DPCM previsti dallo stesso articolo;
c) uso dei bocconi avvelenati e dei mezzi non selettivi.
3. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lett. f) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno alle ipotesi di cattura di volatili nei casi non contemplati al Titolo III, Capo III.
4. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lett. g) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno alle ipotesi di esercizio venatorio senza l'apposito tesserino.
5. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lett. h) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno alle ipotesi di omissione delle prescritte annotaziomi sul tesserino regionale o di manomissione dello stesso.
6. Si applica la sanzione amministrativa prevista alla lett. n) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno nelle seguenti ipotesi:
a) mancato rispetto del limite di carniere giornaliero e stagionale;
b) percorso di andata e ritorno dagli appostamenti fissi o temporanei senza l'appposita custodia e con fucile montato;
c) caccia da appostamento temporaneo con modificazione del terreno e preparazione di sito senza il consenso del proprietario o conduttore del terreno;
d) mancata rimozione dell'appostamento nonchè dei residui dell'attività venatoria al termine della giornata di caccia;
e) cani vaganti in aree, periodi ed orari non consentiti o senza il dovuto controllo o sorveglianza del possessore;
f) addestramento del cane senza la dovuta autorizzazione o nei periodi non consentiti;
g) mancato controllo sanitario della selvaggina;
h) mancata consegna ai competenti servizi veterinari dell' Unità sanitaria locale della selvaggina trovata morta o uccisa accidentalmente;
i) immissione di selvaggina in periodi e con modalità tali da arrecare danni alle colture agricole;
l) prelievo e detenzione di nidi, uova e piccoli nati di fauna selvatica per finalità non consentite;
m) mancata comunicazione della raccolta di uova e di piccoli nati di fauna all'autorità competente;
n) mancata consegna del tesserino di cui all'art. 25;
o) mancata denuncia della costituzione del fondo chiuso e mancato mantenimento delle tabelle.
7. Si applica altresì la sanzione amministrativa di cui alla lett. n) dell'art. 31 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno alle ipotesi di violazione della presente legge non previste dai commi precedenti; la stessa sanzione si applica alle violazioni dei regolamenti di gestione dei TGSC non specificatamente sanzionate dai regolamenti stessi; a tali sanzioni si aggiunge la rifusione del danno faunistico arrecato nella misura stabilita con apposito provvedimento della Giunta regionale.
Capo II
Vigilanza per la protezione della fauna selvatica ed ittica e dell'ambiente
Art. 62
Vigilanza venatoria ed ittica
1. La protezione della fauna selvatica e la repressione della caccia e delle pesca di frodo, la salvaguardia della flora e la tutela dell'ambiente sono delegate alle Province e sono assicurate dai dipendenti, preposti a tale funzione, della Provincia o della Regione. La Provincia può altresì avvalersi, nell'ambito del proprio coordinamento:
a) del personale preposto a tale funzione degli organismi dei territori per la gestione sociale della caccia;
b) del personale preposto a tale funzione delle aziende faunistico - venatorie;
c) delle guardie volontarie autorizzate ai sensi delle leggi di Pubblica sicurezza su richiesta delle associazioni nazionali riconosciute di appartenenza;
d) delle guardie giurate di cui all'art. 63.
2. I dipendenti delle Province e della Regione preposti alla vigilanza venatoria e ittica, ai quali sia riconosciuta la qualifica di " guardia giurata" ai termini delle norme di Pubblica sicurezza, assumono la qualifica di operatore faunistico ed hanno facoltà di operare in tutto il territorio dell'Emilia - Romagna. Essi esercitano i poteri previsti dagli articoli 27 e 28 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno.
3. Agli operatori faunistici sono vietate la caccia e la pesca nelle località in cui operano abitualmente. Tutti gli altri addetti alla vigilanza venatoria e ittica non possono esercitare la caccia e la pesca quando sono comandatati nell' esercizio delle loro funzioni.
Art. 63
Guardie giurate
1. La Provincia è delegata a richiedere all'autorità di Pubblica sicurezza la qualifica di guardia giuriata per i cittadini che, avendo i requisiti di legge, diano sicuro affidamento di preparazione tecnica e siano disposti a prestare la loro opera volontariamente e gratuitamente per conto del suddetto ente per le funzioni di cui agli articoli 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 Sito esterno, oppure per i servizi di competenza degli organismi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma dell'art. 61.
2. Le guardie giurate di cui al primo comma del presente articolo operano nell'ambito territoriale di competenza e nelle località adiacenti.
Art. 64
Formazione e aggiornamento professionale del personale di vigilanza
1. In conformità al disposto dell'art. 136 del TULPS il riconoscimento di guardia giurata a norma del primo comma dell'art. 27 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 Sito esterno, per l'espletamento dei compiti di cui alle funzioni attribuite alla Regione con gli articoli 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 Sito esterno, è subordinato al conseguimento di un attestato di idoneità tecnica a seguito di speciali corsi di addestramento.
2. I corsi di cui al primo comma del presente articolo sono promossi dalla Provincia con i programmi e le modalità indicati dalla Giunta regionale, sentita la Consulta regionale. Per l'attuazione dei corsi la Provincia può provvedere direttamente oppure avvalersi dei centri di formazione professionale di cui alla LR 24 luglio 1979, n. 19 concernente riordino, programmazione e deleghe della formazione alle professioni e successive modifiche e integrazioni.
3. L'attestato di idoneità tecnica viene rilasciato, previo esame, dalla Commissione di cui all'art. 23 istituita presso le Provincie, integrata con la presenza di un esperto designato dal Prefetto e di un esperto in materie ittiche.
4. La Regione promuove, altresì, l'aggiornamento e la qualificazione tecnica degli operatori che svolgono attività per rendere operanti le finalità previste dalla presente legge, secondo le modalità contenute nella legislazione regionale vigente in materia di formazione professionale.
Art. 65
Coordinamento dei servizi di vigilanza
1. Il Presidente della Provincia coordina l'attività di vigilanza ai sensi degli articoli 99 e 100 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 Sito esterno e della presente legge svolta dagli organismi di gestione dei territori TGSC, dalle associazioni agricole, pescatorie, venatorie e naturalistiche, nonchè dalle stazioni del Corpo forestale dello Stato al fine di ottenere il più funzionale ed economico impiego degli addetti.
2. La Regione, con apposito regolamento, emana norme tendenti ad uniformare le funzioni ed i criteri organizzativi ritenuti più idonei per l'espletamento dei compiti inerenti all'attuazione della presente legge.
Titolo V
DELEGA DI FUNZIONI AMMINISTRATIVE
Art. 66
Disciplina del rapporto di delega
1. Per l'esercizio delle funzioni delegate con la presente legge si osservano le disposizioni di cui al Titolo III della LR 27 febbraio 1984, n. 6 concernente norme sul riordino istituzionale.
Art. 67
Funzioni delegate al Circondario di Rimini
1. Il Circondario di Rimini esercita nel territorio di sua competenza le funzioni delegate con la presente legge, o comunque attribuite alle Province.
2. Tutti gli organismi che per effetto della presente legge risultano istituiti presso le Province si intendono istituiti anche presso il Circondario di Rimini. Tutte le previsioni della presente legge comunque concernenti l'ambito territoriale provinciale si intendono riferite distintamente al territorio del Circondario di Rimini nonchè al restante territorio della provincia di Forlì.
Art. 68
Durata in carica di organi, oganismi, collegi
1. Gli organi, gli organismi e i collegi con competenza riferita a tutto il territorio regionale istituiti con la presente legge durano in carica quanto il Consiglio regionale.
2. Gli organi, gli organismi e i collegi con competenza riferita all'ambito provinciale istituiti con la presente legge, nonchè quelli preposti alla gestione delle zone di cui alle lettere a), b) e g) del secondo comma dell'art. 2 durano in carica quanto il Consiglio della rispettiva Provincia.
3. Tutti gli organi, gli organismi e i collegi di cui al primo e secondo comma del presente articolo sono prorogati fino a quando non divengano esecutivi i rispettivi provvedimenti di rinnovo, che devono comunque essere attuati entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
4. Le associazioni e gli altri organismi che a norma della presente legge hanno titolo per designare i componenti di organismi collegiali possono in ogni momento revocare la designazione. La revoca della designazione comporta la cessazione della carica da quando diviene esecutivo il provvedimento di nomina di chi succede nella carica stessa.
Art. 69
Potere sostitutorio
1. In caso di inerzia degli enti delegatari, la Giunta regionale deve invitare gli stessi a provvedere entro congruo termine, decorso il quale al compimento del singolo atto provvede direttamente la Giunta stessa.
Art. 70
Ripartizione delle funzioni delegate
1. Prima di iniziare l'esercizio delle funzioni delegate con la presente legge, i Consigli comunali e provinciali determinano la ripartizione delle funzioni delegate fra i propri organi.
2. Tale deliberazione dovrà essere tempestivamente cominicata alla Regione, che ne curerà la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale.
Titolo VI
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE NORME FINANZIARIE
Art. 71
Disposizione finale
1. La costituzione degli organi collegiali previsti dalle disposizioni della presente legge, ove la designazione di uno o più membri sia omessa e la omissione sia protratta oltre il termine di trenta giorni assegnato dal Presidente della Giunta regionale, della Giunta provinciale e delle altre autorità rispettivamente competenti, è validamente effettuata, con la nomina dei rappresentanti già designati. In tale ipotesi l'organo è composto, a tutti gli effetti, dal numero dei componenti corrispondente a quello dei membri nominati all'atto dell'insediamento.
Art. 72
Abrogazione di norme
1. Le Leggi regionali 16 agosto 1978, n. 31; 17 agosto 1978, n. 33 e 6 marzo 1980, n. 14 e successive modifiche e integrazioni sono abrogate.
2. I Regolamenti regionali 29 ottobre 1982, n. 48 e 26 luglio 1984, n. 41, restano in vigore, salvo quanto disposto dagli articoli 53 e 54, sino all'emanazione delle disposizioni regolamentari per l'attuazione della presente legge.
Art. 73
Proroga della validità dei vincoli venatori in atto
1. I vincoli in atto al momento dell'entrata in vigore della presente legge relativi alle zone di protezione della fauna, ai TGSC e alle aziende faunistico - venatorie, nonchè ogni altro vincolo territoriale istituito con le Leggi regionali 17 agosto 1978, n. 33 e 6 marzo 1980, n. 14 conservano la loro validità fino alla scadenza naturale e comunque fino a quando non divengano esecutivi i provvedimenti relativi ai corrispondenti vincoli, che saranno adottati a norma della presente legge.
Art. 74
Possesso di fauna alla data dell'entrata in vigore della legge
1. Chiunque all'entrata in vigore della presente legge detenga selvaggina, viva o morta, appartenente a specie non oggetto di caccia ai sensi dell'art. 11 e successive modificazioni della Legge 968/ 77 Sito esterno e delle leggi regionali, deve darne comunicazione alla Provincia di residenza che ne stabilisce l'utilizzazione.
2. La detenzione di animali imbalsamati appartenenti alle specie di cui al primo comma è consentita solo qualora gli esemplari risultino già denunciati oppure, quando trattisi di selvaggina proveniente dall'estero, risulti dal certificato doganale di importazione, dal certificato veterinario o da altro documento rilasciato nel luogo di abbattimento.
3. I cacciatori in possesso di uccelli impagliati ad uso richiamo da caccia, appartenenti a specia oggetto di caccia, non muniti del contrassegno di un tassidermista autorizzato, ne danno specifica denuncia, nel termine di 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, alla Provincia di residenza, in duplice copia. La Provincia provvede a restituire vistata, a prova dell'avvenuta denuncia, una delle copie.
4. Ogni altra forma di detenzione di animali protetti non oggetto di caccia comunque imbalsamati, o di " stampi" da richiamo per uso caccia, è da ritenersi illegittima e punibile ai sensi dell'art. 31 della Legge n. 968/ 77 Sito esterno.
Art. 75
Norma finanziaria
1. I piani annuali e poliennali di cui all'art. 1 stabiliscono i criteri e le modalità di finanziamento delle funzioni delegate alle Province ed ai Comuni in attuazione della presente legge, nonchè i criteri di riparto delle risorse disponibili fra i medesimi.
2. Con la legge di bilancio la Regione autorizza annualmente l'ammontare complessivo delle risorse da destinare al finaziamento delle attività di carattere continuativo e ricorrente. Detto ammontare comprenderà le spese dirette della Regione, le assegnazioni all'Azienda per il riequilibrio faunistico ed ittico del territorio dell'Emilia - Romagna - ARIS, e assegnazioni a favore delle Amministrazioni provinciali e quelle destinate ai Comuni per l'esercizio delle funzioni delegate ai sensi della presente legge, nonchè le spese per il rimborso danni e per la tutela delle produzioni agricole e gli incentivi relativi. Le spese per impianti, attrezzature, opere ed investimenti in genere previste nei piani e programmi di cui all'art. 2 saranno autorizzate, anche con riferimento ad un arco temporale pluriennale, dalla legge finanziaria di cui all'art. 13/bis della LR 6 luglio 1977, n. 31 di contabilità regionale come modificata dalla LR 12 dicembre 1985, n. 29.
2.
3. Le spese per il funzionamento della Consulta regionale per la protezione della fauna ed i problemi venatori di cui all'art. 19 della presente legge sono previste per l' essercizio 1987 e saranno previste annualmente nel capitolo corrispondente dei futuri bilanci di previsione, per gli esercizi successivi.
4. Le amministrazioni provinciali sono tenute a rappresentare contabilmente sui propri bilanci le spese sostenute per l'esercizio delle funzioni delegate ai sensi della presente legge in modo da evidenziare le seguenti distinte partite di spesa:
a) spese di gestione delle oasi di protezione e delle zone di ripopolamento;
b) spese per l'attrezzatura, gli impianti e le opere da realizzare nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento;
c) spese per la gestione dei centri pubblici di produzione di selvaggina;
d) spese per attrezzature, impianti ed opere nei centri pubblici di produzione di selvaggina;
e) spese per la Consulta provinciale per la protezione della fauna ed i problemi venatori e per la Commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio;
f) spesa per la concessione di indennizzi a favore dei conduttori dei fondi a ristorno danni provocati dalla selvaggina;
g) spese per la gestione delle zone di osservazione faunistica.
5. Al fine di acquisire i necessari elementi di valutazione sull'andamento della gestione e sul grado di raggiungimento degli obiettivi fissati dai piani di settore di cui all' art. 2, anche ai fini di una loro più opportuna e conveniente riformulazione per il futuro, nei mesi di luglio di ciascun anno, le Amministrazioni provinciali sono tenute a presentare, nell'ambito del rapporto di collaborazione di cui all'art. 78 della LR 6 luglio 1977, n. 31, una relazione dettagliata alla Giunta regionale delle spese effettuate con riferimento alle singole destinazioni dianzi descritte, mettendo in evidenza i risultati della gestione e gli elementi conoscitivi necessari per definire il grado di efficienza ed efficacia conseguito, sulla base degli indici e parametri di rilevazione previsti a questo scopo dai piani regionali di settore.
6. A partire dall'esercizio finanziario 1987 le spese per l'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge saranno iscritte nel bilancio di previsione alla Sezione dipartimentale 6a - Settore 05 - Tempo libero, Programma 01, " Tutela della fauna selvatica ed esercizio controllato dell'attività venatoria (nuova formulazione)", Rubrica 01, avente medesima denominazione rispetto al programma, nei capitoli di spesa attualmente previsti alla Rubrica 1 " Interventi per la caccia e l'incremento della fauna selvatica."
7. Le spese per l'aggiornamento e la qualificazione tecnica degli operatori faunistici ed ittici sono annualmente autorizzate dalla legge di bilancio e collocate in apposito capitolo avente denominazione " Spese per l'organizzazione di corsi per l'aggiornamento e la qualificazione di operatori faunistici ed ittici e del settore agricolo", Rubrica 02. Altri interventi di formazione professionale del Programma 01 Formazione professionale.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Emilia - Romagna.
Bologna, 15 maggio 1987

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