LEGGE REGIONALE 27 giugno 2014, n. 6
LEGGE QUADRO PER LA PARITÀ E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI DI GENERE
Testo coordinato con le modifiche apportate da:
INDICE
Art. 34 - Discriminazione dell'immagine femminile
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
Il Presidente della Giunta regionale promulga
la seguente legge:
TITOLO I
Disposizioni generali e norme di principio
Art. 1
Principi
1. In attuazione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) ratificata e resa esecutiva con la legge 14 marzo 1985, n. 132 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979), della Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge 27 giugno 2013 n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011), della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del Trattato sull'Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), delle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 37, 51 e 117, comma 7, della Costituzione, e dello Statuto regionale, la Regione Emilia-Romagna e gli Enti locali, aderendo ai principi della Carta Europea per l'uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale promossa dal Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa, nel rispetto delle competenze dello Stato, concorrono alla realizzazione dell'eguaglianza sostanziale e della democrazia paritaria, allo sviluppo di un sistema regionale ispirato ai principi della cittadinanza sociale responsabile, al rispetto per la cultura plurale delle diversità che compongono la Comunità regionale, e alle pari opportunità.
2. La Regione Emilia-Romagna favorisce il pieno sviluppo della persona e sostiene la soggettività e l'autodeterminazione femminile come elemento di cambiamento e progresso della società; contrasta ogni tipo di violenza e discriminazione di genere in quanto lesive dei diritti umani, della libertà, della dignità e dell'inviolabilità della persona; promuove la cultura della rappresentanza paritaria, del potere condiviso, della prevenzione, cura e benessere della persona anche in relazione al genere, dell'educazione e della valorizzazione delle differenze di genere per il contrasto agli stereotipi contro tutte le discriminazioni; favorisce l'equilibrio tra l'attività lavorativa, professionale e la vita privata e familiare per donne e per uomini; promuove e coordina azioni e strumenti volti all'attuazione della presente legge nel rispetto di quanto disposto dalle norme internazionali, comunitarie e nazionali, e da leggi e programmi regionali.
3. La Regione e gli Enti locali, nell'esercizio delle funzioni previste dalla presente legge, conformano la propria attività al metodo della collaborazione istituzionale, nel rispetto del principio di coordinamento e cooperazione tra i livelli di governo nonché del principio di sussidiarietà. E' promossa altresì la collaborazione e la partecipazione delle parti sociali ed economiche interessate alle politiche per la parità e contro le discriminazioni di genere mediante un confronto costante.
Art. 2
Finalità
1. La presente legge ha come oggetto la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di ogni discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, in particolare delle bambine, delle ragazze e delle donne, che di fatto ne limiti la libertà, impedisca il pieno sviluppo della personalità e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale della Regione.
2. La Regione valorizza la differenza di genere e l'affermazione della specificità, libertà e autonomia femminile per il raggiungimento della parità giuridica e sociale tra donne e uomini, raccordandosi con le donne elette nelle istituzioni, le parti sociali, gli organismi che si occupano di pari opportunità e discriminazioni di genere, i centri antiviolenza, le rappresentanze femminili delle realtà economiche, imprenditoriali, professionali e del lavoro, nonché le associazioni femminili, i centri di documentazione delle donne e gli istituti culturali per la promozione della cultura delle differenze di genere presenti nella regione.
3. La Regione agisce contro la violenza di genere ovvero quella perpetrata ai danni delle donne, come manifestazione discriminatoria ed espressione più grave di relazioni di potere diseguale tra uomini e donne.
4. Essa elabora politiche di prevenzione mediante correttivi paritari e misuratori di equità al fine di contrastare le disparità in ogni campo e valutare il raggiungimento degli obiettivi della presente legge.
5. Gli interventi di cui alla presente legge sono promossi, progettati e realizzati anche in collaborazione con altri enti pubblici e privati, oppure da questi con il sostegno della Regione.
Art. 3
Definizioni
1. Ai fini della presente legge, si intende per:
a) genere: si assume la definizione di cui all'articolo 3 lettera c), della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge n. 77 del 2013 per cui "con il termine 'genere' ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini";
b) democrazia paritaria: uguaglianza sostanziale tra donne e uomini che condividono il potere e lo spazio pubblico e privato ai sensi dei principi di cui alla Carta Costituzionale;
c) correttivi paritari: strumenti di accompagnamento che favoriscano la piena attuazione della Costituzione a garanzia della parità tra donne e uomini;
d) medicina di genere: lo studio delle differenze tra le funzioni vitali di uomini e donne e la loro esperienza relativa alla stessa malattia finalizzata all'appropriatezza della prestazione sanitaria. Indaga le relazioni tra l'appartenenza al genere sessuale e l'efficacia delle terapie nel trattamento delle patologie;
e) misuratori di equità: indicatori diretti a valutare il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge;
f) linguaggio di genere: linguaggio che rispetta e trasmette l'identità che deriva dalle caratteristiche socio-culturali di appartenenza al genere, finalizzato a contrastarne una presunta neutralità;
g) violenza nei confronti delle donne: si assume la definizione di cui all'articolo 3 lettere a), b) e d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per cui "a) con l'espressione violenza nei confronti delle donne si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata", "b) l'espressione violenza domestica designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima"; "d) l'espressione violenza contro le donne basata sul genere designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato";
h) centri antiviolenza: presidi socio-assistenziali e culturali a servizio delle donne, che operano attraverso pratiche di relazione tra donne in collaborazione con la rete integrata dei soggetti impegnati nella prevenzione della violenza di genere e che hanno come finalità primaria l'accoglienza delle donne, anche con figli o figlie, minacciate o che hanno subito violenza, fornendo consulenza, ascolto e sostegno;
i) case rifugio: strutture ad indirizzo segreto di accoglienza e protezione delle donne vittime di violenza e loro figli o figlie minori nell'ambito di un programma personalizzato di recupero e di inclusione sociale;
j) discriminazione di genere: ogni distinzione, disposizione, criterio, prassi, atto, patto, comportamento o limitazione basata sul sesso o sull'orientamento di genere, che abbia l'effetto o lo scopo diretto o indiretto di produrre una disparità di trattamento lesiva della dignità in ragione del sesso, ai sensi delle definizioni di discriminazione diretta e indiretta e di molestie e molestie sessuali di cui alla direttiva 2006/54/CE recepita con decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione));
k) politiche di conciliazione e condivisione: insieme di misure che hanno l'obiettivo di mettere le persone nelle condizioni di poter armonizzare e affrontare al meglio tutti gli aspetti della vita, dal lavoro retribuito all'ambito familiare, dal tempo per sé, a quello dedicato all'impegno sociale e politico, fornendo la chiave di una nuova condivisione e trasformazione dei ruoli assunti da donne e uomini nella suddivisione dei compiti e delle responsabilità sia nella sfera pubblica che in quella privata;
l) diversity management: disciplina di gestione delle risorse umane e dell'organizzazione che si sostanzia in strumenti, interventi, progetti finalizzati a gestire e a valorizzare le diversità;
m) educazione di genere: educare alla parità e al rispetto delle differenze mediante l'inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica, sia sotto il profilo teorico che operativo;
n) bilancio di genere: rendicontazione sociale dell'integrazione di una prospettiva di genere nella programmazione economica delle politiche pubbliche mediante riclassificazione delle voci di bilancio, schede di analisi esplicative ovvero ogni altra modalità che ne evidenzi l'impatto sulla popolazione femminile e maschile.
TITOLO II
Sistema della rappresentanza
Art. 4
Rappresentanza paritaria nel sistema elettorale
1. La Regione Emilia-Romagna, conformemente a quanto previsto dall'articolo 117, comma 7, della Costituzione , promuove la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità di accesso alle cariche elettive, e si doterà a tal fine, con successivi interventi legislativi, di una specifica normativa, introducendo correttivi paritari volti al perseguimento di una compiuta democrazia paritaria fin dalle prossime elezioni regionali.
Art. 5
Rappresentanza paritaria nelle società controllate
1. La Regione Emilia-Romagna nelle società controllate di cui all'articolo 2359, commi 1 e 2, del codice civile, assicura l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 3 della legge 12 luglio 2011, n.120 (Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 , concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati).
2. La Regione Emilia-Romagna, a tal fine, promuove azioni di monitoraggio, costituendo un'apposita sezione di genere nell'albo regionale delle nomine di cui all'articolo 9 della legge regionale 27 maggio 1994, n. 24 (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi. Disposizioni sull'organizzazione regionale).
Art. 6
Rappresentanza paritaria diffusa
1. La Regione Emilia-Romagna in collaborazione con gli enti locali favorisce iniziative di promozione della rappresentanza paritaria in tutti gli organismi associativi operanti sul territorio regionale.
2. La Regione Emilia-Romagna e gli enti locali nella predisposizione di bandi, forme di collaborazioni, selezioni, si impegnano ad adottare, laddove compatibili con la normativa nazionale e con il diritto dell'Unione Europea, criteri di valutazione volti a valorizzare i soggetti che contribuiscano a promuovere o abbiano promosso nell'ambito della propria organizzazione i principi egualitari e antidiscriminatori di cui alla presente legge, come l'equilibrio della rappresentanza nella governance, la previsione della responsabilità sociale d'impresa in materia antidiscriminatoria, l'adozione di soluzioni conciliative dei tempi di vita e di lavoro.
3. I criteri applicativi dei correttivi paritari in atti, delibere e procedimenti amministrativi regionali saranno elaborati ed attuati da ciascuna direzione generale per le materie di competenza.
TITOLO III
Cittadinanza di genere e rispetto delle differenze
Art. 7
Educazione
1. La Regione Emilia-Romagna, anche attraverso il Centro regionale contro le discriminazioni di cui all'articolo 41, i centri antiviolenza e le associazioni femminili di comprovata esperienza e radicamento territoriale, sostiene progetti e iniziative in ogni scuola di ordine e grado volti a perseguire gli obiettivi di educazione e formazione alla cittadinanza di genere e alla cultura di non discriminazione, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell'essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini nel rispetto dell'identità di genere, culturale, religiosa, dell'orientamento sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale.
2. La Regione, anche in collaborazione con l'ufficio scolastico regionale, università, scuole e istituti, enti di formazione, centri documentazione delle donne e di genere, promuove progetti che:
a) favoriscano in tutte le scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia e l'università, un approccio multidisciplinare e interdisciplinare al rispetto delle differenze, al superamento degli stereotipi e delle discriminazioni multiple, allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere;
b) evidenzino l'esemplarità delle personalità femminili distintesi nel campo della filosofia, della storia, dell'arte e della cultura, dell'impegno sociale e nel mondo del lavoro, degli studi scientifici e matematici, dell'impresa e della politica, delle istituzioni e in ogni ambito rilevante per l'educazione e l'istruzione scolastica.
3. La Regione, su proposta della Commissione regionale per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, istituita dalla legge regionale 15 luglio 2011, n. 8 (Istituzione della Commissione regionale per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini), di seguito denominata Commissione per la parità, promuove l'istituzione di borse di studio per tesi di laurea in differenze di genere e tematiche funzionali al tema.
Art. 8
Cultura
1. La Regione Emilia-Romagna riconosce il ruolo delle donne e dell'associazionismo femminile nell'elaborazione e nella diffusione della cultura paritaria come leva fondamentale per il progresso della società, della conoscenza, del comportamento, dei saperi e delle attitudini per l'affermazione del rispetto reciproco nella diversità e nelle differenze, nonché come strumento di prevenzione e contrasto di ogni violenza e discriminazione sessista anche di tipo omofobico e transfobico.
2. La Regione opera per la divulgazione del ruolo delle donne nella storia, della loro partecipazione alla nascita della Repubblica, alla Costituzione e all'affermazione dei diritti civili e sociali e, a tal fine, promuove e sostiene iniziative e progetti volti ad ampliare la ricerca storica di testimonianze, biografie e iconografie, anche in collaborazione con università, centri di documentazione delle donne, istituti storici e culturali, archivi delle donne, biblioteche delle donne, musei e luoghi della memoria.
3. Per tali finalità, la Regione promuove l'intitolazione da parte degli Enti locali di spazi pubblici, vie, strade, piazze, rotonde delle città dell'Emilia-Romagna a donne meritevoli ed esemplari che possano costituire modelli positivi per le nuove generazioni.
4. La Regione sostiene i centri documentazione delle donne e le biblioteche delle donne nell'opera di alfabetizzazione alla cultura di genere; aggiorna le proprie riviste, cataloghi, pubblicazioni, campagne d'informazione alla luce del rispetto per la soggettività femminile e per un approccio paritario; censisce, attraverso l'Istituto beni artistici, culturali e naturali (IBACN), anche in collaborazione con gli enti locali, le altre istituzioni culturali e centri di documentazione, la dotazione di autrici femminili, integrandone mediante il sistema informativo biblioteche l'eventuale carenza anche nella sezione per ragazzi e ragazze; sostiene i talenti femminili in ogni ambito questi si esprimano.
Art. 8 bis
(prima aggiunto articolo da art. 17 L.R. 29 dicembre 2015, n. 22, poi modificato comma 5 da art. 50 L.R. 30 maggio 2016, n. 9)
Interventi regionali e a sostegno delle iniziative di enti locali, associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)
1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 2 la Regione Emilia-Romagna promuove, concorre ad attuare e attua direttamente manifestazioni, iniziative, progetti formativi, divulgativi e di approfondimento, studi e ricerche, volti alla promozione e al conseguimento delle pari opportunità e al contrasto alle discriminazioni ed alla violenza di genere.
2. La Regione Emilia-Romagna interviene mediante la concessione di contributi a sostegno di iniziative, progetti e manifestazioni proposte dagli enti locali, in forma singola o associata, per la promozione ed il conseguimento delle pari opportunità e per il contrasto alle discriminazioni ed alla violenza di genere.
3. La Regione Emilia-Romagna interviene mediante la concessione di contributi a sostegno di iniziative, progetti e manifestazioni proposte dalle associazioni di promozione sociale, dalle organizzazioni di volontariato e dalle ONLUS il cui statuto o atto costitutivo prevede, anche alternativamente:
a) la diffusione e l'attuazione del principio di pari opportunità fra donna e uomo;
b) la promozione e la valorizzazione della condizione femminile;
c) la prevenzione ed il contrasto di ogni violenza e discriminazione sessista.
4. Per accedere ai contributi regionali i soggetti di cui al comma 3 devono essere iscritti rispettivamente nel registro regionale delle associazioni di promozione sociale, di cui alla legge regionale 9 dicembre 2002, n. 34 (Norme per la valorizzazione delle associazioni di promozione sociale. Abrogazione della legge regionale 7 marzo 1995, n. 10 (Norme per la promozione e la valorizzazione dell'associazionismo)), nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge regionale 21 febbraio 2005, n. 12 (Norme per la valorizzazione delle organizzazioni di volontariato. Abrogazione della L.R. 2 settembre 1996, n. 37 (Nuove norme regionali di attuazione della legge 11 agosto 1991, n. 266 - Legge quadro sul volontariato. Abrogazione della legge regionale 31 maggio 1993, n. 26)), nell'anagrafe unica delle ONLUS di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale).
5. La Giunta regionale individua i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e per l'attuazione delle iniziative di cui al presente articolo....
Art. 9
Linguaggio di genere e lessico delle differenze
1. La Regione riconosce, ai fini di uno sviluppo coerente delle proprie politiche di genere, che la lingua rispecchia la cultura di una società e ne è una componente fortemente simbolica e che l'uso generalizzato del maschile nel linguaggio è un potente strumento di neutralizzazione dell'identità culturale e di genere che non permette un'adeguata rappresentazione di donne e uomini nella società.
2. La Regione Emilia-Romagna opera per riconoscere, garantire e adottare un linguaggio non discriminante, rispettoso dell'identità di genere, identificando sia il soggetto femminile che il maschile in atti amministrativi e corrispondenza, denominazioni di incarichi, funzioni politiche ed amministrative.
3. Al fine di cui al comma 2, sarà predisposta idonea informativa al personale che tenga conto di una efficace semplificazione linguistica degli atti e di una redazione fedele ad un linguaggio comprensibile e veritiero oltre che rispettoso del genere.
4. Per stimolare e promuovere nuova coscienza linguistica finalizzata a riconoscere la piena dignità, parità, importanza del genere femminile e maschile, le strutture generali competenti in materia di semplificazione, pari opportunità, comunicazione, predispongono una rivisitazione del lessico giuridico e amministrativo di atti, provvedimenti, comunicazioni, nella direzione impressa dall'orientamento europeo e nazionale sul punto mediante raccolta e analisi di buone pratiche, formazione sulle strategie di comunicazione interne-esterne, applicazione di linee guida che potenzino il ruolo della comunicazione di genere, diffusione e promozione dei risultati.
TITOLO IV
Salute e benessere femminile
Art. 10
Medicina di genere e cura personalizzata
1. La Regione Emilia-Romagna tutela il diritto alla salute come sancito dall'articolo 32 della Costituzione , garantendo parità di trattamento e di accesso alle cure con particolare riguardo alle differenze di genere e relative specificità; favorendo la formazione dei professionisti della sanità e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza per garantire nell'ambito dell'assistenza un approccio che tenga conto della medicina di genere.
2. Le aziende pubbliche sanitarie, le aziende ospedaliere e le strutture socio-sanitarie della Regione Emilia-Romagna valorizzano l'approccio di genere nella cura e nell'assistenza di donne e bambine, di uomini e bambini; offrono un'informazione corretta ed equa sulle problematiche di salute e sulle differenze di genere; promuovono l'attività scientifica e di ricerca secondo l'ottica di genere, implementando percorsi di ricerca, prevenzione, diagnosi, cura farmacologica e riabilitazione orientate all'equità di genere; realizzano un'attività formativa professionale permanente con l'obiettivo di fornire la conoscenza di problematiche specifiche connesse alla diversità di genere e alla sicurezza sul lavoro.
3. La Regione Emilia-Romagna, anche in collaborazione con lo Stato, università, enti pubblici e privati, mass media e associazioni, promuove mediante appositi accordi campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione sulla salute di genere, sulle patologie genere-specifiche, sulle differenze nella prevenzione e trattamento.
4. Agli obiettivi del presente Titolo sono adeguati tutti i documenti programmatici della sanità regionale, in particolare il Piano sociale e sanitario regionale, al fine di contribuire alla individuazione, promozione e monitoraggio dei determinanti di genere nell'organizzazione del lavoro, nella ricerca interdisciplinare, nei curricula studiorum, nei percorsi diagnostico-terapeutici, nell'uso dei farmaci, nei valutatori dei dati di efficacia e produttività del sistema sanitario, per fornire prestazioni appropriate e cure personalizzate coinvolgendo tutti gli operatori della sanità, in primo luogo i medici di famiglia.
5. L'Agenzia sanitaria e sociale regionale, nell'ambito delle proprie competenze, in forza degli indirizzi approvati dalla Giunta e nel rispetto della presente legge, adotta, nella formulazione dei propri programmi e delle proprie rendicontazioni l'approccio equity oriented, con particolare attenzione alle differenze di genere.
Art. 11
Rete dei servizi e presidi territoriali
1. La rete integrata dei servizi socio-sanitari, ai sensi della legge regionale 12 marzo 2003 n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), assume l'approccio di genere come informatore di interventi, programmi, prestazioni del Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e relativi piani di zona, oltre che per la formazione del personale e della dirigenza con modalità standard e rilevabili nell'ottica di diversity management.
2. La Regione Emilia-Romagna, nella piena applicazione della legge 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari) e della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), in particolare si impegna a garantire, consolidare e sviluppare le aree di attività connesse ai consultori familiari, nell'ambito del sistema di cure primarie integrato e della pianificazione delle case della salute, quale servizio di assistenza alla famiglia, alla maternità e paternità responsabili, alla educazione sessuale e alla contraccezione per i giovani, nonché di tutela del benessere delle donne e delle ragazze in un'ottica orientata alla salute e alla medicina di genere.
3. A tal fine, i consultori, in linea con i nuovi ed emergenti bisogni della popolazione e nel rispetto delle normative di settore, individueranno misure organizzative, comunicative e tecnologiche per facilitare l'accesso alle strutture e ai servizi per la prevenzione e diagnosi precoce, educazione alla sessualità e all'affettività, trattamento dei disturbi alimentari e di comportamento; garantiranno continuità e flessibilità assistenziale, apertura oraria e personale addetto adeguati, presenza di équipe multiprofessionali, in particolare a supporto del percorso nascita, dell'informazione sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita e sulle problematiche di infertilità o sterilità mediante la valorizzazione del ruolo dell'ostetrica e della continuità assistenziale tra territorio ed ospedale.
4. L'approccio di genere, l'integrazione multidisciplinare tra i soggetti, le aziende e le agenzie della rete socio-sanitaria territoriale nell'organizzazione e nelle prestazioni sanitarie territoriali sarà rendicontato da un sistema di indicatori di qualità che incideranno sulla valutazione del budget attribuito alle aziende, sulla selezione dei progetti e programmi per il miglioramento dei servizi all'utenza, sulla produttività.
5. In particolare l'Agenzia sanitaria e sociale regionale e le Aziende del Servizio sanitario regionale si attivano, in collaborazione con gli enti locali dell'Emilia-Romagna, per promuovere piattaforme formative in tema di garanzie di equità, rispetto delle differenze e contrasto alle disuguaglianze, sia nei confronti degli utenti che degli operatori.
6. Nell'ambito della pianificazione della rete territoriale dei servizi si tiene conto della medicina di genere al fine di rafforzare i servizi di prevenzione e promozione del benessere e della salute femminile, nella logica di promuovere l'equità, ridurre le disuguaglianze e favorire il rispetto delle differenze nella programmazione, nella formazione, nell'accesso e nella fruizione dei servizi.
7. La Regione promuove un percorso di accoglienza integrato e multidisciplinare denominato "codice di prevenzione" dedicato a chi subisce violenza, per l'accesso a tutti i Pronto soccorso del territorio regionale, garantendo riservatezza e protezione alle vittime in particolare di violenza domestica, nonché l'attivazione dei soggetti attivi della rete e dei centri antiviolenza.
8. Nell'organizzazione, costruzione e allestimento degli spazi socio-sanitari pubblici e privati convenzionati, sarà cura della committenza promuovere la realizzazione di progetti rispettosi dell'ottica di genere, delle differenze e dei bisogni di accoglienza dell'utenza tutta, con particolare riguardo per le disabilità.
Art. 12
Sport e qualità del tempo libero
1. Ai fini della presente legge, la Regione riconosce l'attività motoria e sportiva come forma di prevenzione di patologie, promozione della salute della persona e il suo benessere fisico, psichico e sociale, costituendo un arricchimento della vita di comunità, un sostegno alla socializzazione e all'integrazione sociale, un importante strumento educativo per la promozione di stili di vita sani e attivi.
2. La Regione riconosce che le donne e gli uomini hanno diritto al pari accesso alle attività sportive e motorie, nonché agli impianti culturali, sportivi e del tempo libero di qualità; favorisce la partecipazione equa di donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini a tutti gli sport fuori dagli stereotipi di discipline considerate tradizionalmente femminili o maschili; favorisce progetti che avviano alla pratica sportiva considerando l'uso flessibile delle strutture, in particolare per la conciliazione dei tempi di lavoro e di pratica sportiva delle donne nel rispetto delle diverse culture.
3. La Regione, in collaborazione con gli enti Locali, le organizzazioni sportive associative e federali, l'università, le agenzie educative e formative, promuove il coinvolgimento delle bambine, donne e ragazze nell'attività sportiva e motoria; la consapevolezza sulle questioni di genere; i programmi di educazione e formazione sulla cultura sportiva femminile, nonché la costituzione di reti di donne nelle scienze sportive.
4. La Regione, in collaborazione col Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM), favorisce una più incisiva copertura mediatica dello sport femminile praticato a tutti i livelli.
TITOLO V
Indirizzi di prevenzione alla violenza di genere
Art. 13
Violenza di genere
1. La Regione Emilia-Romagna, nei limiti delle competenze proprie:
a) opera per prevenire ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva della libertà, della dignità, dell'inviolabilità della persona;
b) riconosce la violenza alle donne come fenomeno sociale e culturale da contrastare in tutte le sue forme, come violazione dei diritti umani, come espressione di una cultura discriminatoria e stereotipata basata su relazioni di potere diseguale fra uomini e donne;
c) promuove cultura ed educazione nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, delle differenze di genere e dell'uguaglianza tra uomini e donne;
d) sviluppa politiche di prevenzione e di sostegno alle vittime e ai minori coinvolti, nonché programmi di recupero degli uomini maltrattanti;
e) promuove, in collaborazione con le associazioni, la formazione per l'occupazione delle donne inserite in percorsi di uscita dalla violenza.
2. La presente legge ha tra i propri obiettivi quello di rafforzare il sistema di prevenzione della violenza di genere previsto dalla normativa regionale vigente e già attivo sul territorio, valorizzando le competenze di tutti i soggetti pubblici e privati impegnati sul tema, al fine di promuovere politiche e azioni integrate dirette ad eliminare la violenza contro le donne in qualsiasi forma essa si manifesti, anche in forza dei principi e delle azioni previste dalla legge regionale 4 dicembre 2003, n. 24 (Disciplina della polizia amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza)
Art. 14
Centri antiviolenza
1. La Regione riconosce la funzione essenziale dei centri antiviolenza di cui al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , quali presidi socio-assistenziali e culturali gestiti da donne a servizio delle donne, che hanno come finalità primaria la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne e che forniscono consulenza, ascolto, sostegno e accoglienza a donne, anche con figli o figlie, minacciati o che hanno subito violenza; ne valorizza saperi e modelli di intervento maturati nell'esperienza delle relazioni di pratiche di aiuto tra donne; li sostiene nella loro azione di supporto e rafforzamento dell'autonomia delle donne offese da violenza mediante progetti personalizzati tesi all'autodeterminazione, inclusione e rafforzamento sociale.
2. Nel rispetto dei parametri raccomandati dal Consiglio d'Europa, la Regione favorisce, nell'ambito della programmazione territoriale del sistema locale dei servizi sociali a rete organizzato dagli enti locali, la presenza uniforme sul territorio regionale dei centri antiviolenza e collabora con gli enti locali affinché ne promuovano il radicamento sul territorio per offrire un'assistenza adeguata alle persone offese secondo requisiti di accessibilità, presa in carico, sicurezza e riservatezza.
3. Ai sensi dell'articolo 5, comma 4, lettera f), della legge regionale n. 2 del 2003, le case e i centri antiviolenza sono parte integrante del sistema locale dei servizi alla persona e costituiscono un riferimento essenziale per le politiche di prevenzione della violenza sulle donne.
4. Per la definizione dei percorsi di presa in carico, delle modalità di collaborazione tra soggetti della rete, dei livelli di prestazione e criteri di accesso, previo parere delle competenti commissioni assembleari, vengono emanate dalla struttura regionale competente apposite linee guida nell'ambito del Piano di azione regionale contro la violenza di genere, previo parere del Consiglio delle autonomie locali.
5. La gestione dei centri antiviolenza è condotta in forma singola o mediante convenzioni con enti locali e Unioni di Comuni, con associazioni di donne, associazioni iscritte ai registri regionali del volontariato o della promozione sociale, organizzazioni non lucrative di utilità sociale e cooperative sociali, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne e che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato.
6. I centri antiviolenza offrono gratuitamente consulenza legale, psicologica, lavorativa e sociale alle donne che hanno subito violenza, orientandole nella scelta dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, ovvero delle case rifugio di cui eventualmente avvalersi, indirizzandone e favorendone il percorso di reinserimento sociale e lavorativo.
7. Al fine di prevenire ogni forma di discriminazione e di violenza fondata su relazioni affettive, i centri antiviolenza svolgono attività di informazione e sensibilizzazione sulle fenomenologie e sulle cause della violenza e delle discriminazioni, nonché attività formative e culturali per la promozione di una cultura consapevole e rispettosa delle differenze di genere volta al contrasto di tali fenomeni; conducono attività di rilevazione e di monitoraggio degli atti di violenza e discriminazione commessi nell'ambito del territorio di riferimento e redigono rapporti periodici sull'attività espletata che inviano alla Regione per le finalità di cui al presente titolo.
8. La Regione riconosce il coordinamento regionale dei centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore secondo i principi di efficienza ed efficacia nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere. Il coordinamento dei centri antiviolenza, che opera in modo integrato alla rete dei servizi, relaziona annualmente esito e consistenza della propria attività alle Commissioni assembleari competenti.
9. La Regione, ai fini dell'attuazione delle politiche di cui al presente articolo, coinvolge ulteriori soggetti dell'associazionismo femminile e rappresentativi di tematiche di genere in enti e organizzazioni, che contribuiscono alla prevenzione della violenza di genere.
Art. 15
Case rifugio e soluzioni abitative temporanee
1. Alle case rifugio, che assicurano sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli minori, per consentire loro di ripristinare la propria autonoma individualità, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato, deve essere garantita la segretezza dell'ubicazione finalizzata alla sicurezza delle persone ospitate.
2. Le donne che hanno subito violenza e i loro figli minori, indipendentemente dallo stato giuridico, dalla residenza nel Comune ove è ubicata la struttura o dalla cittadinanza, possono ricorrere alle case rifugio che applicano la metodologia di accoglienza contenuta in una carta dei servizi rispettosa delle linee guida approvate dalla Giunta regionale.
3. Le case rifugio possono essere promosse da enti locali, associazioni o organizzazioni in forma singola o associata che hanno maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne.
4. I centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali e si dotano di una carta dei servizi di accoglienza.
5. La Regione e gli enti locali possono individuare immobili a disposizione e non produttivi di reddito da concedere in comodato d'uso ai centri antiviolenza per gli scopi e le finalità espresse dal presente articolo.
6. I Comuni possono promuovere normative di favore o incentivanti per l'assegnazione o locazione di alloggi a donne sole o con figli o figlie minori che hanno subito violenza.
7. Il Comune, a seguito di provvedimento giudiziario, di pubblica sicurezza o amministrativo, può individuare una soluzione abitativa temporanea ed attribuirla direttamente alla donna mettendo a disposizione il patrimonio immobiliare di cui dispone in armonia con quanto previsto dalla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell'intervento pubblico nel settore abitativo).
Art. 16
Rete regionale integrata di prevenzione e contrasto alla violenza di genere
1. Al fine di prevenire, monitorare, contrastare il fenomeno della violenza di genere, la Regione Emilia-Romagna favorisce il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non, impegnati sul tema.
2. La Regione favorisce, attraverso la promozione di politiche attive per il lavoro e la formazione professionale, azioni che sostengano le donne ad uscire dalla violenza fisica, economica e psicologica anche attraverso percorsi dedicati di inserimento lavorativo e formativo, in collaborazione con le organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative, i servizi per l'impiego, le associazioni imprenditoriali e professionali, i centri antiviolenza e le consigliere di parità.
Art. 17
Piano regionale contro la violenza di genere e linee di indirizzo per l'accoglienza
1. Al fine di perseguire con maggior efficacia gli obiettivi di prevenzione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'Assemblea legislativa approva, su proposta della Giunta regionale, il Piano regionale contro la violenza di genere di durata triennale, che definisce le azioni promosse sulle aree d'intervento individuate.
2. Costituiscono parte integrante del Piano regionale contro la violenza di genere, le linee di indirizzo per l'accoglienza delle donne che hanno subito violenza, al fine di declinare operativamente ed in modo integrato tra tutti i soggetti della rete coinvolti, l'organizzazione della loro presa in carico sia in caso di emergenza sia nella quotidianità.
3. Il Piano regionale è sottoposto dalla Giunta all'approvazione dell'Assemblea legislativa, sentita la Commissione per la parità in sede referente.
4. Le Conferenze territoriali socio-sanitarie (CTSS) concorrono all'attuazione degli indirizzi e alla realizzazione degli obiettivi di cui al Piano, in forza del sistema di pianificazione integrato di interventi di cui alla egge regionale n. 2 del 2003.
Art. 18
Funzioni di osservatorio regionale e monitoraggio permanente sulla violenza di genere
1. La Regione svolge funzioni di osservatorio sui temi di genere, sulla violenza di genere e sulle azioni di prevenzione e contrasto.
2. La Giunta regionale, sentita in sede referente la Commissione assembleare per la parità, disciplina le modalità organizzative, individua le strutture della Regione chiamate a collaborare all'esercizio della funzione di osservatorio regionale e a nominarne il responsabile
3. Per l'esercizio delle funzioni di osservatorio, la Regione promuove la collaborazioni con tutti i soggetti funzionali alla realizzazione di una Rete conoscitiva a supporto del sistema di welfare regionale e locale sui temi di genere (RCS), utilizzando, ove possibile il sistema statistico regionale.
4. Le attività dell'osservatorio sono comprese nel Programma statistico regionale.
5. La struttura cui sono assegnate le funzioni di osservatorio svolge i seguenti compiti:
a) supporto delle politiche regionali, e nel rispetto di quanto previsto dall'allegato A.3 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) acquisisce le fonti ufficiali sui temi di genere e sulla violenza di genere, rileva sistematicamente i dati dalla Rete conoscitiva di supporto (RCS), costruisce e gestisce le banche dati a fini statistici e di ricerca, definisce metodologie di analisi delle diverse tipologie di dati, e le loro integrazioni, e rende disponibili i risultati in apposita sezione del portale web della Regione Emilia-Romagna;
b) promuove, anche in collaborazione con la Rete dei Centri antiviolenza, l'utilizzo di strumenti per la valutazione dell'efficacia delle politiche di genere;
c) collabora con l'Osservatorio regionale per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani istituito con legge regionale 28 luglio 2008, n. 14 (Norme in materia di politiche per le giovani generazioni) sui dati di comune interesse, con gli istituti nazionali, europei ed internazionali coinvolti nello studio della violenza contro le donne;
d) realizza mappe aggiornate per l'utenza sulla rete dei servizi a disposizione e sostiene all'uopo campagne d'informazione.
Art. 19
Formazione regionale
1. La Regione si avvale anche della collaborazione del coordinamento regionale dei centri antiviolenza e dei soggetti competenti sulle tematiche di genere per promuovere iniziative, percorsi formativi e di aggiornamento per tutti i soggetti che a diverso titolo si occupano di violenza di genere secondo un approccio di intervento integrato e multidisciplinare.
2. La Regione, nell'ambito della programmazione della formazione professionale, promuove, mediante gli enti accreditati secondo la normativa vigente, formazione specifica per le operatrici dei Centri antiviolenza con particolare riguardo alle competenze dell'operatrice di accoglienza e della casa rifugio.
3. La Regione attua politiche di sensibilizzazione e formazione degli operatori socio-sanitari.
Art. 20
Interventi per uomini maltrattanti
1. La Regione, per favorire il raggiungimento dell'uguaglianza tra i sessi in chiave di prevenzione contro la violenza sulle donne, sostiene e promuove anche in collaborazione con le Aziende USL, specifici progetti e servizi sperimentali, dedicati agli uomini maltrattanti, perché attivino nuove modalità relazionali che escludono l'uso della violenza nelle relazioni d'intimità.
2. L'esito dei programmi attivati per lo scopo di cui al comma 1 sarà presentato annualmente alle Commissioni assembleari competenti.
Art. 21
Interventi per minori testimoni di violenza di genere
1. La Regione, in collaborazione con il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Istituzione del Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza) e con la Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati di cui alla legge regionale n. 24 del 2003, in forza dei diritti fondamentali che la Convenzione sui diritti del fanciullo riconosce all'infanzia e all'adolescenza e della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'11 maggio 2011 ratificata e resa esecutiva con la legge n. 77 del 2013 , attua interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali, mediante linee di intervento previste dal Piano regionale contro la violenza di cui all'articolo 14.
Art. 22
Interventi per la prevenzione dei fenomeni della tratta e della riduzione in schiavitù
1. La Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con gli enti locali, promuove, ai sensi dell'articolo 12 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2), la realizzazione di programmi di protezione, assistenza e integrazione sociale rivolti alle vittime in situazione di violenza e grave sfruttamento. La Regione sostiene anche gli interventi di prevenzione socio-sanitaria per le persone che si prostituiscono e per la tutela della salute pubblica. Realizza azioni di sistema per l'emersione e il monitoraggio del fenomeno, l'informazione sui diritti, il sostegno ai soggetti che attuano gli interventi territoriali.
2. La Regione sostiene gli enti locali nella realizzazione dei programmi individualizzati di prima assistenza, di protezione e integrazione sociale e delle azioni di prevenzione socio-sanitaria per la tutela della salute individuale e pubblica, anche diretti alla conoscenza e monitoraggio del fenomeno mediante appositi database.
Art. 23
Interventi per la prevenzione del fenomeno dei matrimoni forzati
1. La Regione Emilia-Romagna collabora con gli enti locali e tutti i livelli istituzionali per favorire l'assunzione di tutte le misure utili al contrasto del fenomeno dei matrimoni forzati quale violazione dei diritti umani, nonché all'assistenza e al sostegno delle donne e ragazze a cui di fatto è coartata la volontà.
2. Nell'ambito delle funzioni di osservatorio della Regione di cui all'articolo 18, si attiveranno strumenti di monitoraggio del fenomeno in collaborazione con la rete dei centri antiviolenza, mediatrici culturali, associazioni e comunità di migranti.
Art. 24
Interventi per la prevenzione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili
1. La Regione Emilia-Romagna, in riferimento alla legge 9 gennaio 2006 n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile) e nei limiti delle proprie competenze:
a) promuove iniziative di sensibilizzazione e formazione con la partecipazione di organizzazioni di volontariato, associazioni no profit, strutture sanitarie, comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l'integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine;
b) promuove la collaborazione con l'ufficio scolastico regionale al fine di organizzare corsi di informazione per gli insegnanti delle scuole dell'obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine;
c) promuove presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi rilevati avvalendosi anche delle funzioni di osservatorio di cui all'articolo 18.
Art. 25
Misure per la sicurezza urbana
1. La Regione, ai fini di uno sviluppo coerente delle proprie politiche di genere, riconosce che la cittadinanza rispettosa del genere si esprime anche nell'accoglienza e nella sicurezza degli spazi urbani in forza di progettualità preventiva, riqualificazione di qualità, tecnologia integrata, accessibilità e vitalità dei contesti, collegamenti senza barriere, cura del territorio e aggregazione sociale, con particolare riferimento alla promozione di un sistema integrato di sicurezza di cui alla legge regionale n. 24 del 2003.
2. Al fine di promuovere la responsabilità e la consapevolezza di donne e uomini sui temi della sicurezza, la Regione sostiene e promuove l'attività di formazione della polizia locale, i protocolli interistituzionali sulla sicurezza, i progetti sperimentali di formazione e sensibilizzazione rivolti ai giovani delle scuole e di indagine nel mondo scolastico, di informazioni utili per le donne che subiscono violenza nell'ambito delle linee di indirizzo di cui all'articolo 17.
Art. 26
Costituzione di parte civile
1 La Regione Emilia-Romagna valuta, nei casi di violenza di genere di particolare impatto e rilevanza sociale nella vita della comunità regionale, l'opportunità di costituirsi parte civile, devolvendo l'eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione contro violenza sulle donne.
2. La Regione in tali circostanze si avvale anche della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati istituita con articolo 7 della legge regionale n. 24 del 2003.
3. La Regione incentiva l'adeguamento statutario degli enti locali per le finalità di cui al comma 1.
TITOLO VI
Lavoro e occupazione femminile
Art. 27
Misure per la crescita equa e inclusiva
1. La Regione Emilia-Romagna riconosce, promuove e valorizza il lavoro come fondamento della Repubblica, fattore di sviluppo e fonte di realizzazione individuale e sociale della persona.
2. La Regione in particolare promuove l'autonomia economica delle donne che hanno subito violenza e si impegna a contrastare il fenomeno delle donne con fragilità sociale, economica ed occupazionale, assumendo, nei limiti della propria competenza, l'incentivazione dell'occupazione femminile, la qualità del lavoro delle donne, la parità salariale, l'orientamento formativo e l'inserimento delle ragazze nel mondo del lavoro, come elementi qualificanti il sistema regionale e le politiche del lavoro.
3. Al fine di cui al comma 2, prevede un piano di iniziative, incentivi e agevolazioni organizzative per favorire l'aumento dell'occupazione femminile di qualità rafforzando la formazione, l'orientamento scolastico, il coordinamento delle risorse dedicate all'accesso al mondo del lavoro, vigilando sull'effettiva parità di trattamento tra donne e uomini anche mediante la collaborazione con le consigliere di parità nel rispetto dei compiti e delle funzioni loro attribuite dall'articolo 15 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246 ), nonché di tutti gli organismi paritari a ciò dedicati e previo confronto con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
4. La Regione, anche mediante l'attività dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG) di cui all'articolo 57, commi da 01 a 05, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e all'articolo 32 della legge regionale 26 novembre 2001, n. 43 (Testo unico in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nella Regione Emilia-Romagna), promuove la formazione e il coordinamento dei CUG anche attraverso il CUG della Regione Emilia-Romagna, al fine di affermare a tutti i livelli le politiche di pari opportunità, buone pratiche, contrasto alle discriminazioni di genere, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché la parità nell'accesso alla carriera, contribuendo all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, all'efficienza delle prestazioni, al benessere organizzativo.
Art. 28
Organizzazione del lavoro, reclutamento e gestione del personale regionale
1. La Regione, al fine di rimuovere anche sul lavoro gli ostacoli che impediscono la realizzazione della piena parità e delle pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro, nel rispetto della normativa vigente, anche in materia di confronto sindacale:
a) definisce e attua politiche che coinvolgano tutti i livelli dell'organizzazione nel rispetto del principio di pari dignità e trattamento sul lavoro;
b) opera per il superamento degli stereotipi di genere attraverso azioni interne di formazione e sensibilizzazione per la massima valorizzazione del capitale umano in base alle competenze, esperienza, potenziale professionale delle persone;
c) organizza, progetta, struttura il lavoro con modalità che favoriscano, per i lavoratori e le lavoratrici, la conciliazione dei tempi di lavoro e tempi di vita;
d) attiva progetti di miglioramento organizzativo volti alla valorizzazione delle competenze e favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi e al rientro dalla maternità, mediante l'adozione di misure di accompagnamento che assicurino il mantenimento delle competenze, il loro accesso alla possibilità di formazione oltre che la garanzia al proseguimento della carriera;
e) attua la normativa in materia di composizione delle commissioni di concorso con l'osservanza del criterio della parità di genere, ai sensi dell'articolo 57, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 165 del 2001 ;
f) monitora gli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale e le relative indennità, al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra donne e uomini e promuove le conseguenti azioni correttive;
g) adotta iniziative per favorire il riequilibrio di genere nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi.
Art. 29
Disciplina e condivisione della responsabilità paritaria nei luoghi di lavoro
1. La Regione Emilia-Romagna, ai sensi e nei limiti stabiliti dalla normativa vigente, assume il principio paritario come base per la costruzione e disciplina dei rapporti istituzionali e amministrativi, formulazione di bandi, selezione degli interlocutori, retribuzione per lavoro equivalente, politiche di reclutamento e promozione, formazione, equilibrio fra vita privata e lavoro, cultura dell'organizzazione, anche attraverso raccolta e analisi di documenti, statistiche, interviste e sondaggi.
2. In tal senso promuove la condivisione della responsabilità di realizzazione di un sistema paritario valorizzando i soggetti che nell'ambito della propria organizzazione assicurino la promozione della parità tra donne e uomini in particolare nel rispetto della normativa contributiva, parità salariale, congedi parentali, flessibilità oraria e organizzativa.
3. In particolare, la Regione in collaborazione con gli enti locali e i centri per l'impiego promuove offerte lavorative dirette a incrementare il lavoro femminile di tutte le età.
Art. 30
Etichetta di diversità e parità di genere
1. La Regione, al fine di incentivare e promuovere a tutti i livelli l'affermarsi della cultura paritaria nell'organizzazione istituzionale, sociale e produttiva, valuta le migliori pratiche di genere segnalate da enti locali, associazioni, organizzazioni e parti sociali, attribuendo uno specifico riconoscimento ad aziende esemplari sia pubbliche che private.
2. Il riconoscimento sarà attribuito annualmente, sulla base dei criteri individuati dalla Giunta regionale, alle realtà che si siano distinte per comportamenti virtuosi e non discriminatori, oltre gli obblighi di legge, e che abbiano considerato le pari opportunità, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici quali elementi fondamentali per la propria strutturazione aziendale e per il conseguente sviluppo organizzativo.
3. L'assegnazione dell'etichetta "GED" (Gender Equality and Diversity Label - Etichetta di diversità e parità di genere) alla migliore buona pratica riconosce i benefici relativi all'adozione di un modello organizzativo che favorisce il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, valorizzandone le diversità e le competenze, nonché il valore economico, sociale e culturale di politiche non discriminatorie nei luoghi di lavoro.
Art. 31
Imprenditoria femminile e professioni
1. La Regione favorisce il consolidamento, lo sviluppo e l'avvio di attività imprenditoriali a conduzione femminile o con maggioranza dei soci donne secondo quanto previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo n. 198 del 2006 , e promuove la presenza delle donne nelle professioni; in particolare la Regione sostiene esperienze lavorative di condivisione di un ambiente di lavoro, di beni strumentali e servizi anche tecnologici, di integrazione professionale di cooperazione fra le imprese nell'ottica di rafforzare il protagonismo sociale delle donne.
2. Per queste finalità la Regione, inoltre, promuove e sostiene l'accesso al credito mediante:
a) la costituzione di fondi regionali di garanzia, controgaranzia e cogaranzia;
b) la concessione di contributi per l'abbattimento dei tassi di interesse praticati dal sistema finanziario e del credito;
c) il sostegno all'accesso al sistema dei Consorzi fidi regionale;
d) la stipula di convenzioni con il sistema finanziario e del credito, nonché ordinistico, anche per percorsi specifici di formazione e misure conciliative.
3. La Giunta, con proprio atto, adotta le disposizioni procedurali e organizzative per l'attuazione del presente articolo, anche con riferimento alle procedure di cui alle leggi di settore vigenti.
Art. 32
Dimissioni in bianco e approccio discriminatorio sul lavoro
1. La Regione contrasta il fenomeno delle dimissioni in bianco che colpisce soprattutto le donne e la loro legittima aspirazione di maternità.
2. La Regione, anche in collaborazione con il servizio ispettivo del Ministero del lavoro dell'Emilia-Romagna, la Direzione regionale del lavoro per l'Emilia-Romagna, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio e le consigliere regionale e provinciali di parità, attiva strumenti di monitoraggio statistico e valutazione dei dati raccolti e delle procedure di convalida svolte per assumere azioni di prevenzione e contrasto ad un approccio discriminatorio sul lavoro, agito in particolare contro le donne.
Art. 32 bis
(aggiunto da art. 7 L.R. 22 ottobre 2018, n. 14)
Disposizioni organizzative sulla Consigliera o sul Consigliere di parità regionale
1. L'ufficio della Consigliera o del Consigliere di parità regionale, di cui al Libro I, Titolo II, Capo IV del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246 ), ha sede presso l'Assemblea legislativa e si avvale della struttura di supporto agli istituti di garanzia di cui all'articolo 16 bis della legge regionale 16 dicembre 2003, n. 25 (Norme sul Difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 21 marzo 1995, n. 15 (Nuova disciplina del Difensore civico)).
2. Nello svolgimento delle proprie funzioni, la Consigliera o il Consigliere di parità regionale opera in collegamento e collaborazione con gli organismi di garanzia nominati dall'Assemblea legislativa, con la Commissione assembleare per la parità e i diritti delle persone e con gli assessorati regionali competenti per materia. Si avvale, altresì, dei risultati derivanti dall'applicazione degli strumenti del sistema paritario di cui al Titolo X della presente legge, al fine di contribuire alla realizzazione delle finalità di cui all'articolo 2.
3. La Consigliera o il Consigliere di parità regionale predispone annualmente una relazione sull'attività svolta che, corredata da osservazioni, suggerimenti e proposte circa le innovazioni normative ed amministrative da adottare, sarà presentata alla Commissione assembleare per la parità e i diritti delle persone. La Commissione potrà richiedere all'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea legislativa di sottoporre la relazione all'esame dell'Assemblea.
4. La rete regionale delle Consigliere o dei Consiglieri di parità provinciali, coordinata dalla Consigliera o dal Consigliere di parità regionale, opera al fine di rafforzare l'efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto alle discriminazioni nei luoghi di lavoro, di favorire lo scambio di esperienze e buone prassi, nonché di potenziare il raccordo con gli organismi competenti per materia.
5. L'Assemblea legislativa procede alla designazione, di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo n. 198 del 2006 , di una Consigliera o di un Consigliere di parità effettiva/o e di una Consigliera o di un Consigliere di parità supplente, su proposta della Commissione assembleare per la parità e i diritti delle persone, previo espletamento, da parte del competente Servizio dell'Assemblea legislativa, di una procedura di valutazione comparativa sulla base di un avviso pubblico.
6. La Giunta provvede, previa intesa con l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea legislativa, a trasferire in capo all'Assemblea legislativa le risorse umane, finanziarie e strumentali attribuite all'ufficio della Consigliera o del Consigliere di parità regionale per l'esercizio in corso e garantisce tale disponibilità per gli esercizi successivi di attività dell'ufficio della Consigliera o del Consigliere di parità. Nell'ambito dell'intesa saranno definite le modalità tecniche e la decorrenza degli adempimenti connessi al trasferimento dell'ufficio della Consigliera o del Consigliere di parità regionale. La Giunta regionale è autorizzata a provvedere, con proprio atto, alle variazioni di bilancio che si rendano necessarie.
TITOLO VII
Conciliazione e condivisione delle responsabilità sociali e di cura
Art. 33
Strategia per la conciliazione e l'armonizzazione
1. La Regione riconosce che la promozione di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare, tra tempi di lavoro retribuito, delle relazioni, della cura anche di sé, migliora la qualità della vita delle persone e determina un processo di riequilibrio nei ruoli assunti da donne e uomini nell'organizzazione della società, del lavoro, della sfera privata e familiare.
2. Al fine di condividere azioni strategiche mirate al superamento di una organizzazione socio-economica discriminatoria che ostacola la piena attuazione dell'articolo 37, primo comma, della Costituzione , la Regione promuove iniziative dirette a favorire la conciliazione dei tempi di vita, di lavoro e di cura delle donne, l'armonizzazione dell'organizzazione delle città, delle imprese e dei servizi di interesse pubblico nonché volte al riequilibrio dei carichi di cura all'interno della coppia, l'innovazione dei modelli sociali, economici e culturali per rendere compatibili sfera lavorativa e sfera familiare in una logica di realizzazione piena della persona.
3. A supporto delle finalità espresse dal presente titolo, la Regione, in collaborazione con tutte le istituzioni, le aziende e gli enti preposti e le rappresentanze sociali e sindacali ai sensi della normativa vigente:
a) predispone analisi delle organizzazioni pubbliche e dei sistemi organizzativi integrati per rafforzare i servizi a supporto dei bisogni conciliativi espressi da persone e famiglie, per individuare forme di flessibilità nell'assistenza agli anziani e nell'educazione dei bambini e delle bambine, per promuovere cultura della condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne all'interno delle famiglie e dei luoghi di lavoro; per neutralizzare gli sterotipi di ruolo;
b) promuove normative e azioni per il miglioramento dell'organizzazione dei servizi di pubblica utilità, del coordinamento dei soggetti istituzionali e sociali impegnati nella vivibilità delle città;
c) sostiene esperienze innovative di condivisione del lavoro e di uso di nuove tecnologie;
d) favorisce l'implementazione del sistema di conciliazione e di accesso ai servizi educativi, ai servizi integrativi e ai servizi sperimentali per l'infanzia e l'adolescenza, ai servizi di assistenza e di cura per anziani e malati a domicilio, anche mediante l'erogazione di assegni di servizio alle famiglie residenti nel territorio regionale rispondenti a criteri di difficoltà oggettivi;
e) riconosce e sostiene l'attività del caregiver familiare di cui alla legge regionale 28 marzo 2014, n. 2 (Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura e assistenza)) nell'ambito del sistema integrato socio-sanitario regionale come disciplinato dalla normativa di settore;
f) adotta nell'ambito del PTR (Piano territoriale regionale) e di tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, le misure integrate di sostegno alla rimozione di ogni forma di discriminazione socio-economica, culturale e strutturale delle donne secondo il principio di trasversalità degli interventi in ogni ambito della vita sociale.
4. La Regione si adopera per esercitare appieno il ruolo di promozione, coordinamento, stimolo, formazione di cui all'articolo 22 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) relativamente all'adozione dei piani territoriali degli orari, la costituzione di banche dei tempi, la riorganizzazione dei servizi per una migliore convivenza solidale ed un maggior benessere della popolazione.
TITOLO VIII
Rappresentazione femminile nella comunicazione
Art. 34
Discriminazione dell'immagine femminile
1. La Regione Emilia-Romagna, ai fini delle proprie politiche di genere, considera fondamentale promuovere un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione fin dai primi anni di vita, affinché i messaggi, sotto qualunque forma e mezzo espressi, discriminatori o degradanti, basati sul genere e gli stereotipi di genere siano compresi, decodificati e superati.
2. La Regione, al fine di cui al comma 1, anche in collaborazione con il CORECOM favorisce, per quanto di competenza, azioni dirette a contrastare la discriminazione dell'immagine femminile nella pubblicità e nei mezzi di informazione e comunicazione, nonché a favorire la rappresentazione autentica dei generi e realistica della donna, coerente con l'evoluzione dei ruoli nella società ed oltre gli stereotipi di genere, nel pieno rispetto della dignità femminile e della parità.
3. La Regione e il CORECOM promuovono collaborazioni con:
a) amministrazioni statali competenti;
b) enti territoriali e loro associazioni;
c) Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM);
d) Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM);
e) Ordine dei giornalisti;
f) operatori nel settore della comunicazione, pubblicità e marketing, mass media, social network, in forma singola o associata.
4. La struttura regionale competente per le pari opportunità di genere, in collaborazione con gli esperti del settore, scuole e università promuove azioni utili al contrasto agli stereotipi di genere, compresa l'assegnazione di un riconoscimento annuale, non in denaro, alla pubblicità che meglio abbia saputo rappresentare la figura femminile.
5. Nei casi di utilizzo offensivo o discriminatorio dell'immagine della donna, il CORECOM si fa parte attiva per segnalare ai soggetti competenti la presenza di comportamenti non conformi ai codici di autodisciplina della comunicazione commerciale da parte di soggetti aderenti a tali codici.
TITOLO IX
Cooperazione internazionale
Art. 35
Relazioni globali per la parità
1. La Regione, ritenendo imprescindibile lo sviluppo dei rapporti tra i popoli diretto alla promozione di una cultura di pace, equità, parità e rispetto reciproco, opera a sostegno di progetti di cooperazione e solidarietà internazionale per promuovere l'empowerment femminile, prevenire e contrastare la violenza sulle donne, agire sulla reciprocità dello scambio dei saperi e delle esperienze anche di amministrazione pubblica, mediante l'attività e l'iniziativa dei soggetti di cui all'articolo 4 della legge regionale 24 giugno 2002, n. 12 (Interventi regionali per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo e i paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace), oltre alle associazioni femminili, reti di donne impegnate nella cooperazione internazionale e network transnazionali di riconosciuta valenza europea.
2. La programmazione e il coordinamento degli interventi sulle politiche di genere faranno parte integrante dei lavori dei Tavoli-Paese di cui all'articolo 12 della legge regionale n. 12 del 2002, nonché della banca dati e delle funzioni dell'osservatorio regionale sulle politiche di cooperazione.
3. La Regione nel documento di indirizzo programmatico triennale, nonché nei bandi di contributo predisposti ai sensi della legge regionale n. 12 del 2002 assume i valori, i principi e le finalità della presente legge al fine della individuazione degli obiettivi e della destinazione dei contributi. La proposta programmatica è presentata in sede referente alla Commissione per la parità, alla quale viene rendicontato l'esito con cadenza annuale.
TITOLO X
Strumenti del sistema paritario
Art. 36
Bilancio di genere
1. Il bilancio di genere, quale rendicontazione sociale dell'integrazione di una prospettiva di genere nella programmazione economica delle politiche pubbliche ai sensi della lettera n) del comma 1 dell'articolo 3, è redatto annualmente dalla Giunta regionale, in coincidenza con la presentazione del rendiconto annuale sulla base degli indirizzi e con le modalità da essa stabiliti, e comporta l'adozione di una valutazione dell'impatto sul genere delle politiche di bilancio.
2. Il bilancio di genere:
a) costituisce strumento di monitoraggio e valutazione delle politiche regionali in tema di pari opportunità, nell'ambito della complessiva valutazione delle politiche pubbliche regionali;
b) analizza il diverso impatto sulla condizione di donne e uomini delle politiche nei diversi settori dell'intervento pubblico.
3. La Regione promuove la diffusione del bilancio di genere tra gli enti locali anche al fine di favorire azioni positive per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e la condivisione delle responsabilità di cura.
4. La Giunta regionale cura l'attuazione di specifiche attività di formazione ed aggiornamento del personale nelle materie di cui al presente articolo.
Art. 37
Statistiche di genere
1. Le statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell'ambito di attività finanziate dalla Regione adeguano la rilevazione, l'elaborazione e la diffusione dei dati statistici di interesse regionale in termini di genere.
Art. 38
Tavolo regionale permanente per le politiche di genere
1. Al fine di fornire un quadro unitario della dimensione di genere all'interno delle politiche regionali, è istituito il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere, quale organo consultivo della Regione. La composizione e le modalità di funzionamento sono definite con atto della Giunta regionale. Il Tavolo è presieduto dall'assessore o dall'assessora regionale con delega in materia di pari opportunità e coinvolge gli assessori e le assessore competenti in materia di pari opportunità degli enti locali, nonché le rappresentanze regionali dei soggetti attivi nella rete di sostegno alla parità, così come individuati nell'atto della Giunta. Al Tavolo è assicurata la partecipazione del referente dell'Area d'integrazione di cui all'articolo 39.
2. Al Tavolo regionale permanente per le politiche di genere è invitato il presidente o la presidente della Commissione per la parità.
3. Il Tavolo, che può organizzarsi in sottogruppi tematici, svolge attività di condivisione, di riflessione, di confronto, anche al fine di coordinare le azioni positive territoriali.
4. Il funzionamento del Tavolo è senza oneri per la Regione.
Art. 39
Area d'integrazione del punto di vista di genere e valutazione del suo impatto sulle politiche regionali
1. La Giunta regionale istituisce l'Area di integrazione del punto di vista di genere e valutazione del suo impatto sulle politiche regionali, cui spetta fornire un quadro unitario della dimensione di genere all'interno delle politiche dell'Amministrazione. Essa è presieduta dall'assessore o dall'assessora regionale con delega in materia di pari opportunità ed è composta da rappresentanti delle direzioni generali.
2. L'Area di integrazione, che può organizzarsi in sottogruppi tematici, svolge attività di condivisione dei dati raccolti sui temi di genere, di monitoraggio e di coordinamento al fine della stesura del Piano di cui all'articolo 40.
Art. 40
Piano interno integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere
1. L'Area di integrazione di cui all'articolo 39, predispone un Piano integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere, di durata triennale, approvato dalla Giunta regionale e trasmesso alla Commissione per la parità.
2. Di norma l'Area di integrazione predispone un report di monitoraggio ed un report finale del Piano integrato e li trasmette alla Commissione per la parità.
3. Il Piano integrato contiene informazioni e dati qualitativi e quantitativi sulle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere avendo a riferimento anche le indicazioni dell'Unione europea.
4. La Commissione esamina il Piano, elabora proposte di adeguamento normativo o proposte di appositi atti d'indirizzo, può promuovere forme di valutazione partecipata, coinvolgendo cittadini e soggetti attuatori degli interventi previsti, mediante la realizzazione di consultazioni, audizioni e incontri sulle tematiche ritenute di maggiore interesse.
5. La Commissione può richiedere all'Area di integrazione approfondimenti e analisi valutative, sia in seguito all'esame del Piano integrato, sia su tematiche ritenute d'interesse in un'ottica di genere. Nel corso della discussione, la Commissione può altresì richiedere la presenza degli assessori competenti.
6. La Commissione per la parità, collabora con la Giunta regionale per assicurare la più ampia diffusione del Piano integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere, nonché delle risultanze degli approfondimenti eventualmente richiesti all'Area di integrazione.
Art. 41
Centro regionale contro le discriminazioni
1. Il Centro regionale contro le discriminazioni, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge regionale n. 5 del 2004, e dell'articolo 48 della legge regionale 22 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012), costituisce un punto qualificante della rete regionale contro le discriminazioni di genere che, in modo integrato con i soggetti attivi sulle politiche di genere, concorre alla prevenzione, rimozione e monitoraggio delle discriminazioni come definite dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Art. 42
Conferenza delle elette
1. La Regione convoca la Conferenza regionale delle elette, al fine di promuovere la piena affermazione dei diritti delle donne, mediante il coordinamento e la partecipazione attiva delle stesse alla vita politica ed istituzionale regionale nell'ottica di genere, confronto e scambio di azioni positive nell'esperienza locale, come premessa per l'assunzione consapevole dell'obiettivo dell'equità e dell'uguaglianza di genere.
2. La Regione favorisce l'articolazione territoriale della Conferenza regionale delle elette che potrà dotarsi di forum o conferenze territoriali al fine di rendere capillare l'attuazione delle politiche di genere ad ogni livello istituzionale, attraverso un confronto ed un coordinamento permanente con il pieno coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine emiliano-romagnoli in forma singola o associata.
3. La Conferenza regionale delle elette è convocata dalla Commissione per la parità e si riunisce in seduta comune almeno una volta all'anno.
4. L'attività della Conferenza regionale delle elette è supportata dalla struttura tecnica della Commissione per la parità, che provvederà ad individuare le migliori soluzioni per la condivisione digitale dei contenuti sul portale della Regione, nonché per l'aggiornamento e il confronto permanente tra le elette.
5. Alla Conferenza delle elette è invitato l'assessore o l'assessora con deleghe in materia di pari opportunità.
6. Il funzionamento della Conferenza regionale delle elette è senza oneri per la Regione.
TITOLO XI
Sistema di verifica e di valutazione
Art. 43
Clausola valutativa
1. L'Assemblea legislativa esercita il controllo sull'attuazione della presente legge e valuta i risultati ottenuti. A tal fine, la Giunta con cadenza triennale, avvalendosi anche delle analisi svolte dall'osservatorio di cui all'articolo 18, del lavoro sviluppato dal Tavolo delle politiche di genere, nonché dalla Conferenza delle elette, presenta alla Commissione assembleare competente una relazione che fornisca informazioni su:
a) l'andamento del fenomeno della violenza di genere sul territorio regionale nelle sue varie manifestazioni, anche in relazione alla situazione nazionale, dando inoltre conto dell'attuazione degli interventi previsti dal Piano regionale di cui all'articolo 17 e dei risultati ottenuti nel prevenirla e contrastarla;
b) il processo di implementazione, la copertura territoriale e il funzionamento della Rete regionale integrata di prevenzione e contrasto di cui all'articolo 16;
c) il quadro dell'attuazione e dei risultati degli interventi per l'oggettivo avanzamento della parità di genere e contrasto alle discriminazioni previsti nell'ambito del sistema della rappresentanza, cittadinanza di genere e rispetto delle differenze, salute e benessere femminile, indirizzi di prevenzione alla violenza di genere, lavoro e occupazione femminile, conciliazione e condivisione delle responsabilità sociali e di cura, rappresentazione femminile nella comunicazione, cooperazione internazionale, strumenti del sistema paritario;
d) l'ammontare delle risorse e loro ripartizione per il finanziamento delle iniziative previste dalla legge, unitamente a numero e tipologia dei soggetti beneficiari, anche sulla base dei risultati emersi dall'adozione del bilancio di genere;
e) le eventuali criticità riscontrate nell'attuazione della legge e l'indicazione delle proposte per superarle.
2. Le competenti strutture di Assemblea e Giunta si raccordano per la migliore valutazione integrata della presente legge.
3. La Regione può promuovere forme di valutazione partecipata coinvolgendo cittadini e soggetti attuatori degli interventi previsti in tutti gli ambiti.
Art. 44
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione e fino a diversa disposizione della Giunta regionale, l'Area di integrazione prevista all'articolo 39 è disciplinata dalla deliberazione della Giunta regionale n. 1057 del 2006.
Art. 45
Norma finanziaria
1. Per l'attuazione della presente legge, con riferimento alle leggi settoriali vigenti, la Regione provvede, nell'ambito degli stanziamenti di spesa già autorizzati nel bilancio di previsione 2014 e pluriennale 2014-2016. La Giunta regionale è autorizzata a provvedere, con proprio atto, alle variazioni compensative al bilancio di competenza e di cassa del bilancio 2014, all'istituzione di apposite unità previsionali di base e relativi capitoli e alle eventuali modificazioni a capitoli e unità previsionali di base esistenti, che si rendessero necessarie.
2. Per gli esercizi successivi al 2014, la Regione provvede al finanziamento degli interventi di cui alla presente legge nei limiti degli stanziamenti annualmente autorizzati, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 37 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 (Ordinamento contabile della Regione Emilia-Romagna, abrogazione delle L.R. 6 luglio 1977, n. 31 e 27 marzo 1972, n. 4).