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Documento storico: Testo Originale

REGOLAMENTO REGIONALE 15 dicembre 2017, n. 3

REGOLAMENTO REGIONALE IN MATERIA DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO, DEL DIGESTATO E DELLE ACQUE REFLUE

BOLLETTINO UFFICIALE n. 336 del 15 dicembre 2017

INDICE

Espandere area tit1 Titolo I - Norme generali
Espandere area tit2 Titolo II - Utilizzazione agronomica di effluenti d'allevamento e fertilizzanti azotati
Espandere area tit3 Titolo IIIDisposizioni in materia di utilizzazione agronomica delle acque reflue derivanti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari
Espandere area tit4 Titolo IV - Norme finali e transitorie
Titolo I
Norme generali
Art. 1
Ambito di applicazione e finalità
1. In attuazione dell'articolo 8 della legge regionale 6 marzo 2007, n. 4 (Adeguamenti normativi in materia ambientale) e dell'articolo 1 del decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 25 febbraio 2016 (Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato) il presente regolamento:
a) disciplina l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue provenienti da aziende agricole e da piccole aziende agroalimentari in coerenza con quanto previsto dall'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Sito esterno (Norme in materia ambientale) e del digestato di cui all' articolo 2, lettera t);
b) fornisce i criteri tecnici per l'utilizzazione agronomica dei fertilizzanti ai sensi del d.lgs. 29 aprile 2010, n. 75 Sito esterno (Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti), con un titolo in azoto superiore all'1% ed inclusi negli allegati 1 "Concimi" e 2 "Ammendanti" dello stesso decreto legislativo, e dei correttivi da materiali biologici inclusi nell'Allegato 3;
c) definisce i contenuti della comunicazione cui è soggetta l'attività di utilizzazione agronomica, anche in considerazione dei contenuti informativi definiti per l'autorizzazione unica ambientale (di seguito AUA) ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59 Sito esterno (Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale) e dei relativi atti attuativi regionali.
2. Il presente regolamento fornisce i criteri per l'utilizzazione agronomica delle biomasse vegetali come definite all'articolo 2, lettera q).
3. Ai fini della presente disciplina, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue nonché del digestato di cui al comma 1 lettera a) è esclusa dall'ambito di applicazione delle disposizioni di cui alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno solo qualora siano rispettati i criteri generali e le norme tecniche disciplinati nel d.M. 25 febbraio 2016 e nel presente regolamento.
4. Il Direttore Generale competente in materia ambientale stabilisce eventuali ulteriori specifiche norme tecniche ai sensi dell'art. 8, comma 1, della l.r. n. 4 del 2007.
5. La gestione degli effluenti, delle acque reflue di origine agricola, del digestato e delle biomasse vegetali di cui al comma 1 e 2, comporta l'applicazione di un sistema di bilancio dell'azoto prodotto e utilizzato che consideri, nella successione operativa delle fasi del processo, i seguenti criteri:
a) idoneità degli ambiti territoriali: aree di divieto, zone vulnerabili ai nitrati, superfici in pendenza;
b) adeguatezza dei periodi di distribuzione e periodi di stoccaggio;
c) modalità e capacità minime di stoccaggio e ulteriori trattamenti;
d) standard di qualità e quantità delle sostanze;
e) standard di fertilizzazione o fertirrigazione in rapporto alle coltivazioni e all'idoneità degli ambiti territoriali;
f) modalità di trasporto;
g) distribuzione omogenea effettuata con tecniche in grado di contenere le emissioni.
6. L'utilizzazione di ulteriori sostanze fertilizzanti, per quanto non previsto dal presente regolamento, deve rispettare i principi agronomici dei disciplinari regionali di produzione integrata, finalizzati a diminuire l'impatto ambientale dei processi produttivi.
7. Su terreni destinati all'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento e digestato è vietata l'utilizzazione agronomica nello stesso anno solare delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, dei fanghi di depurazione, nonché dei correttivi derivanti dal trattamento di materiali biologici come definiti all'art. 2, lettera kk);
8. Relativamente ai criteri agronomici per il recupero di rifiuti organici, di cui all'operazione R10 dell'Allegato C, parte IV, d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, le presenti norme costituiscono riferimento per la gestione dell'azoto distribuito nel terreno.
9. Il presente regolamento si applica anche alle aziende soggette ad autorizzazione integrata ambientale (di seguito AIA) di cui alla parte II del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, nel rispetto di quanto disposto dalla legge regionale 11 ottobre 2004, n. 21 (Disciplina della prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).
10. Il Programma di informazione e formazione professionale degli agricoltori, previsto all'art. 8, comma 2, della l.r. n. 4 del 2007, è riportato nell'Allegato V, in cui sono descritte le misure attivate dalla Regione nell'ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, a sostegno delle iniziative di formazione, informazione e consulenza rivolte agli addetti al settore agricolo.
11. Ferma restando l'applicazione delle norme in materia di sanzioni penali previste dall'art. 137, comma 14, del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, e delle norme in materia di sanzioni amministrative previste dall'art. 12 della l.r. n. 4 del 2007, l'inosservanza delle disposizioni del presente regolamento comporta l'applicazione di quanto stabilito dall'art. 11 della stessa l.r. n. 4 del 2007.
12. La comunicazione preventiva per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, del digestato, delle acque reflue provenienti dalle aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari oggetto del presente regolamento, è presentata secondo quanto stabilito dal D.p.r. n. 59 del 2013 Sito esterno in materia di autorizzazione unica ambientale (AUA) e dai relativi atti attuativi regionali. È fatta comunque salva la facoltà di non avvalersi dell'AUA nel caso in cui si tratti di attività soggette solo a comunicazione. In questo caso, ai fini di semplificazione ed in applicazione dell'art. 4 della legge n. 154 del 2016 Sito esterno (Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricoli e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale) il legale rappresentante dell'impresa può inoltrare la comunicazione direttamente all'autorità competente. La domanda per il rilascio dell'AUA deve essere presentata allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 Sito esterno (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive) del Comune in cui ha sede l'impresa oppure in cui è localizzato il numero prevalente di capi allevati, o in cui è ubicata la maggior parte dei terreni destinati all'utilizzazione agronomica.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:
a) "utilizzazione agronomica": il processo di distribuzione in campo, finalizzato al recupero delle sostanze nutrienti ed ammendanti, degli effluenti di allevamento, delle acque reflue provenienti da aziende agricole e da piccole aziende agro-alimentari e del digestato, fin dalla loro produzione comprensiva delle fasi intermedia di gestione, stoccaggio, trattamento, trasporto e distribuzione in campo.
b) Zona Vulnerabile dai nitrati di origine agricola ed assimilate" (di seguito ZVN):
b.1) le aree individuate alla lettera a) e b) dell'art. 30 del titolo III delle Norme del Piano di Tutela delle Acque (di seguito PTA) approvato dall'Assemblea legislativa con deliberazione n. 40 del 21 dicembre 2005;
b.2) le zone di rispetto delle captazioni e derivazioni dell'acqua destinata al consumo umano, corrispondenti ad un'estensione di 200 metri di raggio dal punto di captazione o derivazione, di cui all'art. 94, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, salvo diversa delimitazione stabilita dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, ai sensi dell'art. 42 delle norme del PTA;
b.3) le fasce fluviali A e B delimitate nelle tavole grafiche del Piano di Assetto Idrogeologico (di seguito PAI) dell'Autorità di Bacino del Po, per quanto disposto dalle norme tecniche di attuazione del Piano regionale di Tutela delle Acque;
c) "acque reflue": le acque reflue che non contengono sostanze pericolose e provengono, ai sensi dell'art. 112, comma 1, e dell'art. 101, comma 7, lettere a), b) e c), del d. lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, dalle seguenti aziende:
c.1) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno oppure alla silvicoltura;
c.2) imprese dedite all'allevamento di bestiame;
c.3) imprese dedite alle attività di cui ai numeri c.1) e c.2) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
c.4) piccole aziende agro-alimentari: le aziende operanti nei settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono quantitativi di acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1.000 kg/anno;
d) "acque di vegetazione dei frantoi oleari": acque ed elementi fibrosi del frutto residuate dalla lavorazione meccanica delle olive che non hanno subito alcun trattamento né ricevuto alcun additivo ad eccezione delle acque per la diluizione delle paste ovvero per la lavatura degli impianti;
e) "consistenza dell'allevamento": il numero di capi mediamente presenti nell'allevamento, nel corso dell'anno solare corrente. Per un esempio di calcolo si rinvia all'Allegato I, paragrafo 10;
f) "stallatico": ai sensi del Regolamento (CE) 1069/2009, gli escrementi e/o l'urina di animali di allevamento diversi dai pesci d'allevamento, con o senza lettiera;
g) "effluenti di allevamento": miscele, anche sotto forma di materiale trattato come da definizione di trattamento di cui alla successiva lettera r) di stallatico, reflui provenienti da attività di piscicoltura provenienti da impianti di acqua dolce, residui alimentari, perdite di abbeverata, acque di veicolazione delle deiezioni, materiali lignocellulosici utilizzati come lettiera;
h) "liquami": effluenti di allevamento non palabili. Nel presente regolamento e nei relativi Allegati, se non diversamente specificato, col termine "liquami" si fa sempre riferimento anche ai materiali assimilati di seguito indicati, se provenienti dall'attività di allevamento:
h.1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio;
h.2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame;
h.3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera;
h.4) le frazioni non palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica, derivanti dal trattamento di effluenti d'allevamento, come indicato nell'Allegato I, tabella 2, del presente regolamento;
h.5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati;
h.6) le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici non contenenti sostanze pericolose, se mescolate ai liquami definiti alla presente lettera e qualora destinate ad utilizzo agronomico. Qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono assoggettate alle disposizioni previste per le acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno o, qualora utilizzate in agricoltura, alle disposizioni di cui al Titolo III del presente regolamento;
h.7) eventuali residui di alimenti zootecnici.
i) "letami": effluenti di allevamento palabili provenienti da allevamenti che impiegano la lettiera. Nel presente regolamento e nei relativi Allegati, se non diversamente specificato, col termine "letami" si fa sempre riferimento anche ai materiali assimilati di seguito indicati. Sono assimilati ai letami, se provenienti dall'attività di allevamento:
i.1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli, utilizzati sia come giaciglio degli animali sia per assorbire le deiezioni;
i.2) le deiezioni di avicunicoli, anche non mescolate a lettiera, rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri;
i.3) le frazioni palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica, risultanti da trattamento di effluenti d'allevamento, come indicato nell'Allegato I, Tabella 2, del presente regolamento;
i.4) i letami, i materiali ad essi assimilati e le deiezioni avicunicole sottoposti a trattamento di disidratazione o compostaggio;
j) "fertilizzante azotato": qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati applicati al suolo per favorire la crescita delle colture. Sono compresi:
j.1) gli effluenti di allevamento di cui all'articolo 112 del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno;
j.2) i materiali derivanti dal trattamento di effluenti d'allevamento o di biomasse vegetali, nonché le acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b), c) del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, e da piccole aziende agroalimentari;
j.3) il digestato;
j.4) i fertilizzanti ai sensi del d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno e in particolare quelli inclusi negli allegati 1 "Concimi" e 2 "Ammendanti" se con un titolo in azoto superiore all'1%, nonché quelli inclusi nell'allegato 3 "Correttivi", derivanti da materiali biologici e contenenti azoto con qualunque titolo;
k) "azoto disponibile al campo": azoto contenuto negli effluenti d'allevamento al netto delle perdite nelle fasi di rimozione e stoccaggio comprensivo della quota derivante dal pascolamento degli animali o dall'allevamento all'aperto;
l) "efficienza fertilizzante degli effluenti d'allevamento": il rapporto tra la quantità di azoto potenzialmente utilizzabile dalla coltura e la quantità apportata al campo;
m) "limiti di Massima Applicazione Standard (di seguito MAS)": dose massima di azoto efficiente ammesso per singola coltura al fine di conseguire la resa mediamente ottenibile nelle condizioni di campo di una determinata area agricola;
n) "fango di depurazione": i fanghi residui provenienti dai processi di depurazione delle acque reflue di cui all'art. 127 del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e come definito dal d.lgs. n. 99 del 1992 Sito esterno e dagli atti della Giunta regionale recanti indirizzi per la gestione e l'autorizzazione all'uso dei fanghi di depurazione in agricoltura;
o) "stoccaggio": deposito di effluenti d'allevamento, o di digestato, o di biomasse vegetali di cui alla lettera q), o di altre matrici o sostanze in ingresso per la produzione di digestato, o di acque reflue provenienti dalle aziende di cui all' articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c) del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e da piccole aziende agroalimentari, effettuato nel rispetto dei criteri e delle condizioni di cui al presente regolamento;
p) "accumulo di letame": deposito temporaneo di letame idoneo all'impiego, effettuato sui terreni oggetto di utilizzazione agronomica;
q) "biomasse vegetali": materiali naturali, vegetali e non pericolosi di origine agricola e forestale utilizzati in agricoltura o per la produzione di energia di cui alla lettera f) del comma 1 dell'art. 185 del d. lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e residui dell'attività agroalimentare di cui alla lettera mm);
r) "trattamento": qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio, atta a modificare le caratteristiche degli effluenti di allevamento, biomasse vegetali di cui alla lettera q) ed acque reflue al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire a ridurre i rischi igienico-sanitari. Comprende anche la digestione anaerobica per la produzione di digestato, lo stoccaggio dei materiali da inviare alla digestione e del digestato;
s) "digestione anaerobica" (DA): processo biologico di degradazione della sostanza organica in condizioni anaerobiche controllate, finalizzato alla produzione del biogas, e con produzione di digestato;
t) "digestato": materiale prodotto da impianti aziendali o interaziendali nel rispetto delle disposizioni del d.M 25 febbraio 2016 derivante dalla digestione anaerobica esclusivamente delle matrici e delle sostanze, da sole e o in miscela tra loro, di cui all'art. 22, comma 1 dello stesso decreto ministeriale;
u) "digestato agrozootecnico": digestato prodotto da impianti alimentati esclusivamente con i materiali e le sostanze di cui al comma 1, lettere a), b), c) e h) dell'art. 22 comma 1 del d.M. 25 febbraio 2016;
v) "digestato agroindustriale": digestato prodotto da impianti alimentati esclusivamente con i materiali e le sostanze di cui al comma 1, lettere d), e), f) e g) eventualmente anche in miscela con materiali e sostanze di cui al comma 1 lettere a), b), c) e h) dell'art. 22 comma 1 del d.M. 25 febbraio 2016;
w) "digestato non palabile": digestato tal quale, frazioni chiarificate del digestato assimilati al liquame;
x) "digestato palabile": frazione palabile del digestato assimilata al letame;
y) "impianto di digestione anaerobica": il reattore anaerobico e tutte le pertinenze dell'impianto funzionali al processo di digestione e di utilizzazione agronomica del digestato, o di sue frazioni successivamente trattate, nonché alla gestione del biogas prodotto;
z) "impianti aziendali": tutti gli impianti al servizio di una singola impresa agricola che abbiano ad oggetto la manipolazione, trasformazione e valorizzazione degli effluenti di allevamento, da soli od anche addizionati con le biomasse vegetali di cui alla lettera q), ottenuti prevalentemente nell'impresa medesima. Fra gli impianti aziendali rientra anche quello di digestione anaerobica al servizio di una singola impresa agricola, alimentato con matrici o sostanze per la produzione di digestato, provenienti prevalentemente dall'attività della medesima impresa;
aa) "impianti interaziendali": tutti gli impianti, diversi dagli "impianti aziendali", gestiti o partecipati anche da soggetti, privati o pubblici, non agricoli, che abbiano ad oggetto la manipolazione, trasformazione e valorizzazione degli effluenti di allevamento, da soli od anche addizionati con biomasse vegetali e, nel caso di impianto di digestione anaerobica, delle matrici o sostanze per la produzione di digestato conferiti all'impianto medesimo da parte di imprese agricole associate o consorziate, oppure oggetto di apposito contratto di durata minima pluriennale;
bb) "detentore": il soggetto che subentra al produttore di effluenti o di digestato o di acque reflue nell'utilizzazione agronomica e ne assume la responsabilità;
cc) "fertirrigazione": l'applicazione al suolo effettuata mediante l'abbinamento dell'adacquamento con la fertilizzazione, attraverso l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame o materiali assimilati;
dd) "substrato esausto della coltivazione dei funghi": miscela di biomassa vegetale di cui alla lettera q) da coltivazione dei funghi e di lettiera esausta di allevamenti avicunicoli e/o di letame;
ee) "area aziendale omogenea": porzione della superficie aziendale uniforme per alcune caratteristiche dei suoli;
ff) "codice di buona pratica agricola (di seguito CBPA)": il codice di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole del 19 aprile 1999;
gg) "disciplinari di produzione integrata della Regione Emilia-Romagna": manuali prodotti ai sensi della l.r. 28 ottobre 1999, n. 28 (Valorizzazione dei prodotti agricoli ed alimentari ottenuti con tecniche rispettose dell'ambiente e della salute dei consumatori), coerenti con il CBPA, che raccolgono indicazioni utili per i tecnici e gli agricoltori, funzionali a vari interventi;
hh) "corsi d'acqua superficiali": salvo eventuali esclusioni, rientrano in tale definizione:
hh.1) i corsi d'acqua riportati nelle Tavole 1 del Piano Territoriale Paesistico Regionale approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 1338 del 28 gennaio 1993;
hh.2) i corsi d'acqua elencati nell'elaborato M del predetto Piano Paesistico;
hh.3) corsi d'acqua diversi dai precedenti classificati come torrenti, rii e canali dalla Carta tecnica regionale. In alternativa, qualora gli strumenti di pianificazione territoriale abbiano approvato una cartografia di dettaglio dei corsi d'acqua superficiali, si assume quest'ultima come riferimento;
ii) "appezzamento": insieme di terreni contigui o prossimi, anche se separati da scoline, fossi, capezzagne o strade destinati ad un'unica coltura e gestiti con la medesima tecnica agronomica;
jj) "effluenti di allevamento palabili o non palabili": effluenti di allevamento in grado oppure non in grado, se disposti in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad essi conferita;
kk) "correttivi da materiali biologici": correttivi ai sensi del d.lgs n. 75 del 2010 Sito esterno contenuti nell'Allegato 3 "Correttivi" e derivanti da materiali biologici anche classificati come rifiuti;
ll) "autorità competente": l'Agenzia regionale per la Prevenzione, l'ambiente e l'energia di cui all'articolo 16 della legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 (Riforma del sistema di governo regionale e locale e disposizioni su Città metropolitana di Bologna, province, comuni e loro unioni);
mm) "residui dell'attività agroalimentare": i residui di produzione individuati nell'Allegato I paragrafo 7.3, derivanti da trasformazioni o valorizzazioni di prodotti agricoli, effettuate da imprese agricole di cui all'art. 2135 del codice civile o da altre imprese agroindustriali, a condizione che derivino da processi che non rilasciano sostanze chimiche, conformemente al regolamento (CE) n. 1907/2006;
nn) "disponibilità dei terreni": atto o contratto, diverso dal contratto d'affitto, con il quale un'azienda produttrice di effluenti di allevamento o digestato acquisisce il diritto di utilizzare terreni agricoli di terzi per l'utilizzazione agronomica di tali materiali.
Art. 3
Digestato destinato all'utilizzazione agronomica
1. Il digestato è considerato sottoprodotto nel rispetto dell'art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e qualora derivi da impianti di digestione anaerobica aziendali o interaziendali alimentati esclusivamente con i materiali e le sostanze elencati all'art. 22 comma 1 del d.M. 25 febbraio 2016 e destinato ad utilizzazione agronomica nel rispetto dei principi, criteri, divieti e prescrizioni contenuti nel Titolo IV del medesimo decreto ministeriale.
2. All'Allegato III paragrafo 3 sono specificati, in attuazione dell'art. 24 comma 1 lettera c) e dell'art. 33 del d.M 25 febbraio 2016, i trattamenti che rientrano nella normale pratica industriale ai fini della qualificazione del digestato come sottoprodotto.
3. All'Allegato I paragrafo 7.3 sono specificate, in attuazione dell'Allegato IX del d.M 25 febbraio 2016, le caratteristiche del digestato agrozootecnico e agroindustriale ai fini della qualifica come sottoprodotto.
4. Le operazioni di trattamento e lo stoccaggio dei materiali e delle sostanze destinate alla digestione anaerobica devono essere effettuati secondo le disposizioni definite dal d.M 25 febbraio 2016.
Titolo II
Utilizzazione agronomica di effluenti d'allevamento e fertilizzanti azotati
Art. 4
Utilizzazione agronomica di effluenti d'allevamento e di fertilizzanti azotati in relazione alla vulnerabilità ai nitrati di origine agricola
1. Nelle zone vulnerabili ai nitrati e nelle zone assimilate, come individuate dalla cartografia dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (di seguito PTCP), l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento o di altri fertilizzanti azotati è disciplinata dalle norme specifiche riportate al Capo I. Tali norme costituiscono il Programma d'Azione Nitrati ai sensi della direttiva 91/676/CEE.
2. Nelle zone non vulnerabili ai nitrati, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento o di altri fertilizzanti azotati è disciplinata dalle norme del Capo II.
Capo I
PROGRAMMA D'AZIONE PER LE ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA
Art. 5
Superfici vietate all'utilizzazione agronomica
1. L'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, del digestato, di fertilizzanti azotati e di correttivi da materiali biologici, è vietata:
a) sulle superfici non interessate dall'attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico, privato e per le aree soggette a recupero-ripristino ambientale;
b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali nell'allevamento brado, semi brado;
c) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, interessati da movimenti di massa tali da non consentirne la coltivazione, e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione.
2. E' altresì vietata l'utilizzazione agronomica dei liquami e del digestato non palabile dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in generale ad uso pubblico.
3. E' inoltre vietata l'utilizzazione agronomica dei concimi azotati e ammendanti organici di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno nelle 24 ore precedenti l'intervento irriguo nel caso di irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati.
4. In relazione alle colture, il divieto per l'uso di liquami, letami, e digestato e di correttivi da materiali biologici si applica:
a) nei casi in cui i suddetti materiali possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano;
b) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;
c) su colture foraggere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento.
5. In relazione ai corsi d'acqua superficiali, il divieto si applica:
a) entro 5 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali, per i letami e digestato palabile, per gli altri fertilizzanti azotati e per i correttivi da materiali biologici;
b) entro 10 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali, per i liquami e digestato non palabile;
c) limitatamente ai liquami e digestato non palabile, nella fascia fluviale A, come individuata dal PAI dell'Autorità di Bacino del fiume Po e recepita nei Piani Territoriale di Coordinamento Provinciale;
d) entro 30 metri dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonché dei corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971 e ratificata e resa esecutiva con il d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448 Sito esterno, per tutti i fertilizzanti azotati.
6. Le disposizioni del comma 5 non si applicano ai seguenti casi:
a) canali artificiali, con arginatura coincidente con la sponda;
b) canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali;
c) sistemi di scolo aziendale, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali.
Art. 6
Limiti all'utilizzazione agronomica per superfici in pendenza
1. L'applicazione a fini di utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, digestato, di fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno, e delle biomasse vegetali è vietata in caso di rischio significativo di perdite di nutrienti da dilavamento e percolazione.
2. Al fine di ridurre tale rischio, in caso di spandimento di letami e digestato palabile, fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno e delle biomasse vegetali palabili, su terreni con pendenza superiore al 10%, devono essere assicurate la copertura vegetale del suolo e, laddove possibile, l'applicazione di appropriate pratiche per la conservazione del suolo. Sui terreni arativi, deve essere praticata l'incorporazione dei fertilizzanti di cui al presente comma entro il giorno successivo, come indicato nell'Allegato II al paragrafo 3.
3. In relazione alla morfologia del territorio, è vietato utilizzare liquami e digestato non palabile su appezzamenti con pendenza media superiore al 10%.
4. E' consentito l'utilizzo di liquami e digestato non palabile su appezzamenti con pendenze sino al 20 % in presenza di misure volte ad evitare il ruscellamento attraverso la copertura vegetale del suolo e l'applicazione di tecniche appropriate per la conservazione di esso, nonché attraverso l'utilizzo di adeguate tecniche di spandimento, come indicato nell'Allegato II al paragrafo 3.
5. In caso di aree agricole svantaggiate, riconosciute ai sensi del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (di seguito FEASR), l'applicazione di liquami e digestato non palabile è permessa su terreni in pendenza fino al 30% purché i carichi di azoto e di liquame siano frazionati in modo da non superare, per ogni applicazione, rispettivamente i 70 kg/ha e le 35 t/ha. Deve essere comunque garantito il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210 kg per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale ed ottenuto sommando i contributi da effluenti di allevamento, comunque non superiori a 170 kg di azoto, ed i contributi da concimi azotati e ammendanti organici di cui al d.lgs n. 75 del 2010 Sito esterno. Nel caso di colture con crescita primaverile particolarmente tardiva, è fatto obbligo di una seconda coltura per il periodo invernale, secondo quanto previsto dalle norme tecniche.
Art. 7
Criteri di gestione nelle aree di divieto o con limiti di utilizzazione
1. Nelle fasce di divieto di cui all'articolo 5, comma 5, è sviluppata una copertura erbacea permanente, anche spontanea, ed è consigliata la costituzione di siepi e di superfici boscate, così come previsto dal d.M. 25 febbraio 2016 e all'Allegato II dello stesso decreto.
2. Entro 5 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali non sono ammesse lavorazioni del terreno, tranne quelle necessarie alla costituzione della copertura e dell'impianto quali semina e piantumazione.
Art. 8
Trattamenti e stoccaggio. Criteri generali
1. I trattamenti degli effluenti di allevamento, la digestione anaerobica e le modalità di stoccaggio sono finalizzati a garantire il rispetto delle disposizioni igienico-sanitarie, la protezione dell'ambiente e la corretta gestione agronomica degli effluenti stessi e del digestato, rendendoli disponibili nelle condizioni e nei periodi più idonei sotto il profilo agronomico.
2. Nella Tabella 2 dell'Allegato I è riportato l'elenco dei trattamenti indicativi funzionali a tale scopo; rendimenti diversi da quelli riportati nelle citate tabelle dovranno essere giustificati con specifiche relazioni tecniche allegate alla documentazione di cui all'art. 23.
3. I trattamenti non devono comportare l'addizione agli effluenti di sostanze potenzialmente dannose per il terreno, le colture, gli animali e l'uomo per la loro natura o concentrazione.
4. Relativamente ai trattamenti finalizzati a migliorare il valore fertilizzante degli effluenti d'allevamento e biomasse vegetali, anche in miscela tra loro, può essere fatto riferimento alle specifiche tecniche riportate nell'Allegato I e nell'Allegato III.
5. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio, di cui all'Allegato III, è determinato in considerazione della produzione annuale di effluenti per specie allevata e per tipo di stabulazione, dei fabbisogni nutritivi delle colture normalmente praticate, delle precipitazioni.
Art. 9
Stoccaggio dei letami e del digestato palabile
1. I letami ed il digestato palabile devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio nei periodi in cui il loro impiego in agricoltura è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, meteo-climatiche e normative. Le capacità di stoccaggio minime per i letami e del digestato palabile sono stabilite in base alla produzione annuale di azoto netto al campo proveniente dall'attività di allevamento, ai sistemi particolari di trattamento delle deiezioni avicunicole ed ai particolari cicli produttivi nell'allevamento avicolo.
2. Gli allevamenti devono avere una capacità minima di stoccaggio dei letami pari al volume prodotto in novanta giorni, calcolato sulla consistenza dell'allevamento.
3. Gli impianti di digestione anaerobica devono essere dotati di contenitori per lo stoccaggio della frazione palabile del digestato aventi capacità pari al volume di digestato palabile prodotto in novanta giorni.
4. La capacità di stoccaggio prevista per gli allevamenti di cui al comma 2 è aumentata a centoventi giorni nel caso si debbano stoccare deiezioni di allevamenti avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%.
5. Per gli allevamenti avicunicoli su lettiera le lettiere esauste, dopo l'asportazione dal ricovero, possono essere trasportate direttamente in campo e disposte in cumuli secondo le modalità di cui all'articolo 10 e del paragrafo 1.1 dell'Allegato III.
6. Ai fini del calcolo della capacità di stoccaggio, sono considerate utili le superfici della lettiera permanente, purché alla base siano impermeabilizzate, le cosiddette "fosse profonde" dei ricoveri a due piani delle galline ovaiole e dei riproduttori e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati (posatoi), dotate di lettiera, nell'allevamento a terra. Ai fini della valutazione di tale capacità, nel calcolo del volume stoccato si fa riferimento ad altezze massime della lettiera di 0,60 metri nel caso dei bovini, di 0,15 metri per gli avicoli, 0,30 metri per le altre specie.
7. I contenitori per lo stoccaggio devono rispettare i requisiti tecnici e di salvaguardia ambientale riportati nell'Allegato III.
Art. 10
Accumulo temporaneo del letame e altri materiali palabili
1. L'accumulo ai fini dell'utilizzazione agronomica è ammesso soltanto per:
a) letame;
b) ammendanti commerciali e correttivi a norma del d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno, contenenti azoto;
c) nell'ambito della categoria degli assimilati ai letami, le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;
d) substrato esausto della coltivazione di funghi.
2. L'accumulo deve avvenire sui terreni oggetto di utilizzazione agronomica. La quantità di materiale accumulato deve essere funzionale alle esigenze colturali dei singoli appezzamenti di terreno e deve essere tale da consentire una corretta gestione nel rispetto di quanto stabilito in Allegato III paragrafo 1.1 alla lettera d). Il periodo di accumulo ha inizio il giorno del primo trasferimento in campo dei materiali. Le modalità operative per l'accumulo temporaneo sono definite nell'Allegato III.
3. Nel caso del letame l'accumulo in campo è ammesso dopo uno stoccaggio in platea di almeno novanta giorni.
4. L'accumulo temporaneo sul suolo agricolo è ammesso solo per un periodo massimo di tre mesi, elevabili a sei mesi nel caso di letame bovino su prati polifiti non avvicendati da almeno cinque anni (prati stabili).
5. Nel caso dei correttivi da materiali biologici, devono essere garantiti sia l'impermeabilizzazione del terreno, che la copertura con telo impermeabile o con altro materiale che garantisca l'impermeabilizzazione del cumulo, tale comunque da impedire emissioni odorigene e produzione di percolati. Il periodo di accumulo è estendibile fino a quattro mesi, a condizione che siano adottate le misure di cui all'Allegato III paragrafo 1.1, lettera d).
6. Per la lettiera degli allevamenti avicunicoli è consentito un periodo di accumulo temporaneo sino ad un massimo di nove mesi a condizione che siano adottate le misure di cui all'Allegato III paragrafo 1.1 alla lettera d), atte a evitare infiltrazioni di acque meteoriche attraverso i cumuli e la generazione di acque di percolazione.
7. L'accumulo non può essere ripetuto nello stesso luogo nel corso dell'annata agraria. Per impedire la dispersione nel terreno di eventuali liquidi di sgrondo, la loro formazione deve essere contenuta praticando il drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo e rispettando le specifiche tecniche riportate nell'Allegato III.
8. L'accumulo temporaneo, anche su terreno nudo, finalizzato alla sua successiva distribuzione in campo, non si configura come stoccaggio ai sensi del presente regolamento, ma modalità di utilizzazione che rientra nella normale pratica agronomica a condizione che vengano rispettate le specifiche tecniche, riportate al paragrafo 1.1 dell'Allegato III, volte ad evitare la dispersione dei liquidi di sgrondo garantendo al contempo una distanza minima dai corsi d'acqua superficiali.
9. Per le disposizioni relative all'accumulo di biomasse vegetali e dei relativi compost, valgono le indicazioni riportate nel paragrafo 1.1 dell'Allegato III.
Art. 11
Divieto di accumulo
1. L'accumulo non è ammesso:
a) nelle zone di rispetto delle captazioni e derivazioni dell'acqua destinata al consumo umano come definite all'articolo 2, comma 1, lettera b.2);
b) a distanza inferiore a 5 metri dalle scoline;
c) a distanza inferiore a 30 metri dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali;
d) a distanza inferiore a 40 metri dalle sponde dei laghi, dall'inizio dell'arenile per le acque marino-costiere e di transizione, nonché nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;
e) ad una distanza inferiore a 50 metri dagli edifici ad uso abitativo o produttivi di terzi, a meno che tali edifici siano in uso ai soggetti che hanno reso disponibili i medesimi terreni allo spandimento;
f) a distanza inferiore a 5 metri da strade statali, provinciali, comunali.
Art. 12
Stoccaggio dei liquami e del digestato non palabile
1. I liquami e il digestato non palabile, utilizzati in agricoltura devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio nei periodi in cui la distribuzione in campo non è adeguata alle fasi di crescita delle coltivazioni o è vietata per le condizioni dei terreni.
2. Gli stoccaggi dei materiali di cui al comma 1 devono essere realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, ad eccezione dei mezzi agricoli, quando queste acque vengano destinate all'utilizzazione agronomica. Ai volumi complessivi prodotti di liquami e digestato non palabile ed acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, deve essere sommato il volume delle acque meteoriche convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza degli stessi.
3. Devono essere dotati di una capacità minima di stoccaggio dei liquami e del digestato non palabile pari al volume prodotto almeno in centottanta giorni, calcolato con riferimento alla consistenza dell'allevamento o alla produzione di digestato negli impianti di digestione anaerobica:
a) gli allevamenti ubicati in ZVN;
b) gli allevamenti, ubicati in Zona Ordinaria, che distribuiscono in ZVN quantitativi superiori a 3000 kg/anno di azoto;
c) gli allevamenti, ubicati in Zona Ordinaria, che distribuiscono in ZVN quantitativi inferiori a 3000 kg/anno di azoto ma corrispondenti a più di un terzo della produzione totale annua di azoto;
d) gli impianti di digestione anaerobica, ubicati sia in ZVN che in Zona Ordinaria e indipendentemente dal tipo di matrici in ingresso all'impianto e dall'ubicazione dei terreni utilizzati per lo spandimento del digestato.
4. Per il calcolo dei quantitativi annuali di azoto da effluenti di allevamento o da digestato prodotti nell'anno, occorre fare riferimento ai dati delle tabelle in Allegato I.
5. La capacità di stoccaggio è ridotta a centoventi giorni per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini che dispongono di terreni coltivati a prati di media e lunga durata, ricompresi i medicai dal terzo anno di impianto, o cereali autunno vernini per almeno un terzo della Superficie Agricola Utilizzata (di seguito SAU) disponibile per lo spandimento.
6. I requisiti tecnici e di salvaguardia ambientale dei contenitori per lo stoccaggio sono contenuti nell'Allegato III.
7. Non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio degli allevamenti le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati. Tale disposizione si applica anche agli ampliamenti di allevamenti esistenti, limitatamente alla parte ampliata.
8. La capacità di stoccaggio deve essere garantita al netto dello spazio occupato dai sedimenti.
Art. 13
Divieti di localizzazione dei contenitori per lo stoccaggio
1. Lo stoccaggio dei letami, dei liquami, del digestato e altri fertilizzanti azotati non è ammesso:
a) entro 10 metri dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali, dei laghi e bacini;
b) nelle zone di rispetto delle captazioni e derivazioni delle acque destinate al consumo umano come definite all'art. 2, comma 1, lett. b.2);
2. Nella fascia fluviale A, come definita dal PAI dell'Autorità di bacino del fiume Po e recepita nei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale, è vietata la localizzazione di nuovi contenitori per lo stoccaggio.
3. È vietata la localizzazione di nuovi contenitori di stoccaggio dei liquami e del digestato non palabile nelle zone ad alto rischio di esondazione, così come individuate dalle Autorità competenti sulla base della normativa vigente.
Art. 14
Trasporto finalizzato all'utilizzazione agronomica
1. Il trasporto degli effluenti di allevamento e digestato, finalizzato all'utilizzazione agronomica, non è assoggettato alle disposizioni di cui alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno.
2. Al trasporto dello stallatico tra due punti situati presso la stessa azienda o tra aziende e utilizzatori di stallatico all'interno del territorio nazionale, si applica la deroga di cui all'articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1069/2009.
3. La disposizione del presente articolo si applica anche al digestato destinato ad utilizzazione agronomica proveniente da impianti esclusi dal riconoscimento e dalla registrazione ai sensi del reg. (CE) n. 1069/2009.
4. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per rete viaria pubblica principale si intendono tutte le strade fino al livello provinciale compreso.
5. Per il trasporto degli effluenti di allevamento e digestato tramite la rete viaria pubblica principale, è richiesta una documentazione recante le seguenti informazioni:
a) gli estremi identificativi dell'impresa da cui origina il materiale trasportato e il nominativo del legale rappresentante;
b) la natura, la quantità del materiale trasportato, la tipologia di digestato;
c) gli estremi identificativi dell'azienda destinataria in cui si effettua l'utilizzazione agronomica;
d) il nome del legale rappresentante dell'impresa destinataria in cui si effettua l'utilizzazione agronomica o del soggetto che ha la disponibilità del suolo oggetto di utilizzazione agronomica;
e) la copia della comunicazione di cui all'art. 23, recante il numero di protocollo dell'Ente competente. Gli allevamenti esentati dalla presentazione della comunicazione possono utilizzare un documento che comprovi la qualifica di azienda agricola, quali l'iscrizione alla camera di commercio industria agricoltura ed artigianato, il Codice Unico Azienda Agricola, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del d.P.R. n. 503 del 1999 Sito esterno;
f) l'identificazione del mezzo di trasporto utilizzato.
6. Una copia della documentazione di accompagnamento deve essere conservata per almeno due anni dai titolari delle comunicazioni di cui al presente regolamento e presso l'impresa agricola destinataria dei materiali.
7. Non viene considerato trasporto sulla rete viaria pubblica il semplice attraversamento della medesima.
8. E' richiesta soltanto una copia della comunicazione di cui all'art. 23, per il trasporto degli effluenti di allevamento, digestato tramite la rete viaria pubblica principale effettuato verso terreni in uso (proprietà, affitto, in disponibilità) o contenitori di stoccaggio dei medesimi in uso alla stessa impresa da cui origina il materiale trasportato, con mezzi immatricolati come agricoli, ai sensi del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 Sito esterno (Nuovo Codice della Strada) e del relativo regolamento di esecuzione ed attuazione recato dal d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 Sito esterno.
Art. 15
Criteri per l'utilizzazione agronomica
1. Una razionale ed efficace fertilizzazione effettuata con effluenti di allevamento, digestato e altri fertilizzanti azotati, conformemente alla buona pratica agricola, comporta:
a) la definizione preventiva degli apporti per coltura;
b) l'attuazione progressiva del piano nei terreni aziendali;
c) la registrazione delle utilizzazioni effettive per coltura e appezzamenti.
2. L'apporto di fertilizzanti azotati ai suoli agricoli deve tendere a equilibrare il bilancio dell'azoto del sistema suolo-coltura.
3. In rapporto alle caratteristiche della zona vulnerabile interessata, occorre rispettare le seguenti condizioni e criteri specifici:
a) la quantità di effluente zootecnico, palabile o non palabile, non deve in ogni caso determinare un apporto di azoto al campo superiore a 170 kg per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale, comprensivo delle deiezioni depositate dagli animali quando sono tenuti al pascolo o allevati all'aperto; sono fatte salve diverse quantità di azoto concesse in deroga dalla Commissione Europea con propria decisione ai sensi del paragrafo 2B dell'allegato III della direttiva 91/676/CEE (Protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole) alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalla Commissione stessa;
b) l'utilizzazione agronomica del digestato deve avvenire nel rispetto del limite di azoto al campo di 170 kg per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale al raggiungimento dei quali concorre per la sola quota che proviene dagli effluenti di allevamento;
c) caratteristiche del suolo: tipo e pendenza del suolo;
d) condizioni meteoclimatiche e modalità di irrigazione;
e) uso del terreno e prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture.
4. Per il calcolo dell'azoto netto al campo e dei volumi prodotti annualmente dall'allevamento si deve utilizzare la Tabella 1 dell'Allegato I. Qualora si renda necessaria una più analitica determinazione dell'azoto netto al campo prodotto annualmente, il legale rappresentante dell'impresa dovrà inviare apposita richiesta all'autorità competente, la quale provvederà a valutarla ed eventualmente a concedere la possibilità di utilizzare i parametri proposti, sentita la Regione. Per quanto riguarda il digestato per il calcolo dell'azoto e dei volumi si fa riferimento all'Allegato I paragrafo 7.
5. Al fine di garantire l'equilibrio tra il fabbisogno delle colture e gli apporti, di cui al comma 2, l'apporto di azoto proveniente dalla distribuzione di effluenti di allevamento, digestato, altri fertilizzanti azotati e di correttivi da materiali biologici, non deve superare i limiti di Massima Applicazione Standard (MAS), di cui alla Tabella 6 dell'Allegato II.
6. I quantitativi di azoto di cui alla Tabella 6 dell'Allegato II sono espressi come azoto efficiente. L'efficienza dell'azoto distribuito con i concimi minerali si considera costante pari a 1, quella degli effluenti di allevamento, dei digestati e di altre biomasse destinati all'utilizzo agronomico deve essere determinata sulla base dei livelli di efficienza riportati nell'Allegato II.
7. Le imprese soggette ad AIA di cui alla parte II del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e gli allevamenti bovini con più di 500 Unità Bestiame Adulto (di seguito UBA) che non effettuano cessione totale a terzi, le imprese che utilizzano oltre 3.000 kg/anno di azoto da effluenti di allevamento, da digestato, da correttivi da materiali biologici e da compost, sono tenute ad elaborare un Piano di Utilizzazione Agronomica annuale (di seguito PUA) attenendosi ai limiti di MAS. Qualora le suddette aziende siano in grado di dimostrare rese produttive maggiori di quelle stabilite per definire i MAS dovranno provvedere ad elaborare un bilancio dell'azoto che tenga in considerazione le voci riportate nell'equazione di cui al paragrafo 1.2 dell'Allegato II o in alternativa i metodi di calcolo riportati nei disciplinari di produzione integrata della Regione Emilia Romagna.
8. Per le aziende di cui al comma 7, il coefficiente di efficienza medio aziendale annuo dell'azoto deve rispettare i seguenti valori minimi specifici:
a) 60% per i liquami avicoli e le frazioni chiarificate dei digestati di qualsiasi provenienza;
b) 55% per i liquami suinicoli e digestato tal quale da liquami suinicoli;
c) 50% per i liquami bovini e digestati da liquami bovini da soli o in miscela con altre biomasse e digestati da sole biomasse;
d) 40% per i letami, le sostanze palabili assimilate, compresa la frazione solida del digestato e i correttivi da materiali biologici.
9. In considerazione dell'evolversi delle esigenze dell'azienda, sia in relazione alle esigenze colturali che agli andamenti stagionali o ad altre esigenze agronomiche correlate alla buona pratica agricola, è consentito apportare variazioni al Piano di utilizzazione annuale, purché debitamente registrate e conteggiate negli effetti complessivi sulla corretta gestione aziendale degli effluenti.
10. Il PUA deve essere preparato entro il 31 marzo di ogni anno e conservato in azienda per un periodo non inferiore a due anni dalla sua elaborazione definitiva, ai fini dei controlli da parte dell'autorità competente. Le eventuali varianti al piano sono ammesse entro il 30 novembre e devono comunque essere predisposte prima delle relative distribuzioni. Il legale rappresentante dell'impianto di digestione anaerobica e il detentore che utilizzano più di 3000 kg di azoto/anno da digestato devono inoltre allegare il PUA alla comunicazione, qualora abbiano una disponibilità di terreno inferiore ad un ettaro ogni 340 kg di azoto utilizzato.
11. L'utilizzazione agronomica dei concimi azotati di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno deve avvenire secondo le modalità indicate nell'Allegato II paragrafo 5.
Art. 16
Variazioni degli standard e delle condizioni specifiche per le ZVN
1. Per motivate ragioni di tutela ambientale, da riportare nei piani di tutela e nei piani di gestione di cui agli articoli 121 e 117 del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, la Regione può stabilire limiti azotati inferiori per una specifica area.
2. I limiti massimi di cui alla Tabella 6 in Allegato II devono essere periodicamente verificati, sulla base dei risultati produttivi conseguiti nelle annate agrarie precedenti, derivanti dalle basi statistiche regionali, dai dati relativi ai registri di utilizzazione, di cui all'articolo 20, dai dati sperimentali. La loro eventuale revisione deve essere concordata con i Ministeri competenti previa consultazione con la Commissione Europea.
3. Ai sensi dell'Allegato III della direttiva 91/676/CEE può essere consentito a singole aziende zootecniche, previa decisione favorevole della Commissione Europea, di applicare nelle Zone Vulnerabili da Nitrati quantitativi di azoto da effluenti d'allevamento superiori a 170 kg/ha/anno, nel rispetto delle norme tecniche che definiscono le procedure per la domanda di deroga ed i contenuti della documentazione tecnica da allegare alla medesima.
Art. 17
Periodi di divieto della distribuzione
1. Al fine di evitare i rilasci di azoto nelle acque superficiali e sotterranee, l'utilizzazione degli effluenti di allevamento, del digestato, dei fertilizzanti azotati e dei correttivi da materiali biologici nella stagione autunno-invernale, dal 1 novembre fino al 28 febbraio, è regolata dai periodi di divieto di cui al presente articolo.
2. La Regione, con atto del Direttore Generale competente in materia ambientale, può disporre una diversa decorrenza dei periodi di divieto previsti al presente articolo, in caso di situazioni pedoclimatiche tali da garantire un'attività microbiologica nel suolo e lo sviluppo vegetativo delle colture, sulla base dei dati forniti dall'Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell'Emilia-Romagna mediante i bollettini agrometeorologici.
3. L'utilizzazione degli ammendanti compostato misto ed ammendante compostato verde, con contenuto di azoto totale inferiore al 2,5 % sul secco e di azoto minerale non superiore al 20 % dell'azoto totale, dei letami bovino, ovicaprino e di equidi su prati con prevalenza di graminacee, ivi inclusi i medicai a partire nel terzo anno, ed in pre-impianto su colture orticole, è vietata per trenta giorni, decorrenti dal 15 dicembre al 15 gennaio.
4. E' vietata l'utilizzazione agronomica per novanta giorni, tra il 1 novembre e il 28 febbraio, per i seguenti materiali:
a) letami e digestato palabile, concimi azotati, ammendanti organici e correttivi da materiali biologici;
b) liquami e digestato non palabile, su terreni con colture in atto, quali prati, medicai dal terzo anno d'impianto, cereali autunno-vernini, colture arboree inerbite, terreni in preparazione per la semina primaverile anticipata (entro il mese di febbraio).
5. Dei novanta giorni di cui al precedente comma 4, sessantadue sono continuativi dal 1 dicembre al 31 gennaio e i restanti ventotto sono definiti in funzione dell'andamento meteorologico, nei mesi di novembre e/o di febbraio. A tale scopo sono predisposti dalla Regione, sulla base di dati fornititi dall'Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell'Emilia-Romagna, appositi bollettini agrometeorologici con le indicazioni sui possibili periodi di spandimento, che saranno pubblicati su sito dell'Agenzia.
6. E' vietata l'utilizzazione agronomica di liquami e digestato non palabile su colture diverse da quelle previste alla lettera b) del comma 4 e su terreni privi di colture o con residui colturali per 120 giorni, dal 1 novembre al 28 febbraio.
7. L'utilizzazione agronomica delle deiezioni di avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%, è vietata dal 1 novembre all'ultimo giorno del mese di febbraio.
8. La Regione provvede ad informare il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in merito ai periodi di divieto di cui ai commi 2, 4, 5 e 6.
9. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle colture protette con coperture impermeabili che non comportano rischi di rilasci di azoto nelle acque superficiali e sotterrane.
Art. 18
Modalità di distribuzione degli effluenti di allevamento, del digestato e di altri fertilizzanti azotati
1. Al fine di contenere le dispersioni di nutrienti nelle acque superficiali e profonde, le tecniche di distribuzione e le altre misure adottate devono assicurare:
a) l'uniformità di applicazione del fertilizzante;
b) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi ottenibile con un insieme di buone pratiche che comprende la somministrazione dei fertilizzanti azotati il più vicino possibile al momento della loro utilizzazione, il frazionamento della dose con il ricorso a più applicazioni ripetute nell'anno ed il ricorso a mezzi di spandimento atti a minimizzare le emissioni di azoto in atmosfera;
c) la corretta applicazione al suolo sia di concimi azotati e ammendanti organici di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno, sia di effluenti di allevamento, sia di acque reflue di cui al titolo III del presente regolamento, conformemente alle disposizioni di cui al CBPA;
d) l'adozione di sistemi di avvicendamento delle colture nella gestione dell'uso del suolo conformemente alle disposizioni del CBPA;
e) la conformità delle pratiche irrigue alle disposizioni di cui al CBPA ed all'Allegato II al presente regolamento;
f) al di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale, devono essere garantite o una copertura dei suoli tramite colture intercalari o colture di copertura, secondo le disposizioni contenute nel CBPA o altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati, quali l'interramento di paglie e stocchi.
2. Al fine di contenere i rilasci di azoto dal suolo alle acque e le emissioni in atmosfera di azoto ammoniacale e di odori molesti, la distribuzione al suolo degli effluenti di allevamento, di altri fertilizzanti azotati e di correttivi da materiali biologici si deve svolgere secondo le seguenti modalità:
a) la distribuzione dei liquami e del digestato non palabile, con erogatori deve avvenire a pressioni di esercizio inferiori a 6 atmosfere alla pompa;
b) i liquami, i letami, il digestato, gli ammendanti organici e correttivi da materiali biologici, se distribuiti su terreno nudo o con residui colturali, devono essere incorporati nel terreno entro ventiquattro ore dalla loro applicazione. Sono esclusi da tali modalità gli appezzamenti coltivati con copertura vegetale in atto e anche quelli con semina già effettuata.
3. Per situazioni in cui si renda necessario ridurre ulteriormente il rischio di emissioni, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica possono disporre l'adozione delle seguenti tecniche di distribuzione dei liquami e dei materiali ad essi assimilati:
a) iniezione diretta al suolo, con profondità indicativa 0,10-0,20 metri;
b) spandimento superficiale a bassa pressione, con rilascio al suolo del liquame per semplice caduta, per esempio da ugelli montati su ali distributrici e muniti di dispositivo rompigetto, seguito da interramento entro ventiquattro ore;
c) spandimento radente in bande su colture erbacee in copertura;
d) spandimento radente il suolo su colture prative con leggera scarificazione;
e) distribuzione per solchi aperti.
4. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, palabili e non palabili, dei correttivi da materiali biologici e degli altri fertilizzanti azotati, ad esclusione dei concimi minerali, deve essere effettuata garantendo comunque il rispetto di una distanza:
a) non inferiore a 100 metri dalla delimitazione dell'ambito urbano consolidato, come individuato dallo strumento urbanistico vigente;
b) di almeno 50 metri dagli edifici ad uso abitativo o produttivi di terzi, se utilizzati, in zona agricola, a meno che tali edifici siano in uso ai soggetti che hanno reso disponibili i medesimi terreni allo spandimento;
c) di almeno 2 metri da strade statali, provinciali, comunali per materiali non palabili.
5. Le suddette zone di rispetto sono ridotte a 50 metri dalla delimitazione dell'ambito urbano consolidato, a 30 metri dagli edifici ad uso abitativo o produttivo di terzi se utilizzati in zona agricola e a 1 metro da strade statali, provinciali, comunali, purché l'uso degli effluenti zootecnici e di altri fertilizzanti azotati venga effettuato esclusivamente con le seguenti tecniche di utilizzazione agronomica:
a) per i materiali non palabili: tecniche indicate al comma 3 lettere b), c),d) ed e);
b) per i materiali palabili: spandimento superficiale e interramento entro le dodici ore dall'inizio delle operazioni. Non essendo possibile l'interramento entro le dodici ore su appezzamenti con inerbimento, quali foraggere temporanee in atto, prati permanenti-pascoli, frutteti e vigneti mantenuti inerbiti, su tali appezzamenti la suddetta riduzione delle zone di rispetto è ammessa purché sia garantito l'utilizzo di letame sottoposto ad un periodo di maturazione (stoccaggio e accumulo) non inferiore a sei mesi.
6. Le zone di rispetto di cui al comma 4 sono ridotte a 1 metro da strade statali, provinciali, comunali, a 25 metri dalla delimitazione dell'ambito urbano consolidato ed a 15 metri dagli edifici ad uso abitativo o produttivo di terzi se utilizzati in zona agricola, purché l'uso degli effluenti zootecnici e di altri fertilizzanti azotati venga effettuato esclusivamente con le seguenti tecniche di utilizzazione agronomica:
a) per i materiali non palabili: iniezione diretta al suolo, con profondità indicativa 0,10- 0,20 metri;
b) per i materiali palabili: interramento contemporaneo alla distribuzione.
7. Per i liquami sottoposti alle linee di trattamento indicate rispettivamente nell'Allegato I ai progressivi 7 e 8 nella Parte 1 della Tabella 2 relativa ai suini e al progressivo 5 nella Parte 2 della medesima Tabella relativa a bovini e digestato e utilizzati a scopo fertirriguo, non si applicano le disposizioni del presente articolo.
8. Dopo il deposito a piè di campo la distribuzione dei materiali palabili deve essere conclusa entro 48 ore.
Art. 19
Utilizzazione di fertilizzanti azotati nelle aziende senza allevamento
1. Le imprese senza allevamento e che non impiegano effluenti zootecnici o digestato devono utilizzare i fertilizzanti azotati e i correttivi da materiali biologici rispettando i limiti di Massima Applicazione Standard di azoto efficiente per coltura riportati in Allegato II, Tabella 6, come già indicato per gli effluenti di allevamento, nonché le norme attinenti i divieti spaziali e i periodi di divieto stabiliti nei precedenti articoli.
2. E' consentito all'azienda di applicare le disposizioni in materia di fertilizzazione stabilite dai disciplinari regionali di produzione integrata rispettando comunque i limiti di Massima Applicazione Standard di azoto efficiente.
Art. 20
Registro delle fertilizzazioni e cessione dei fertilizzanti
1. Le imprese che utilizzano effluenti di allevamento, altri fertilizzanti azotati, correttivi da materiali biologici, compost, sono tenute a registrare le singole distribuzioni, riportando su carta libera o su supporto magnetico, entro quindici giorni dall'intervento, i seguenti dati:
a) gli appezzamenti per coltura praticata, riportando i codici delle particelle catastali componenti tramite uno schema esplicativo con gli appezzamenti e le particelle che li costituiscono;
b) la coltura;
c) la data di distribuzione (giorno/mese/anno);
d) il tipo di fertilizzante azotato;
e) il contenuto percentuale in azoto (titolo);
f) la quantità totale.
2. Il legale rappresentante dell'impresa agricola deve conservare presso una sede aziendale o altra sede, per almeno 2 anni, la seguente documentazione:
a) il registro cartaceo o informatizzato;
b) copia della sezione o tavola della Carta Tecnica Regionale (di seguito CTR), in scala 1:5.000 o 1:10.000, recante la individuazione degli appezzamenti con codice numerico progressivo, o, in alternativa, l'individuazione delle particelle catastali mediante la copertura cartografica fornita dal sistema informativo geografico dell'anagrafe delle aziende agricole regionale. Per le imprese non tenute alla presentazione della comunicazione deve essere indicato per ogni appezzamento il titolo di utilizzazione dei terreni (proprietà, affitto o in disponibilità), oltre alla conservazione della relativa documentazione per i due anni successivi alla scadenza del titolo.
3. La conservazione della documentazione di cui al comma 2, in altra sede rispetto a quella aziendale, deve essere resa nota all'autorità competente. Il materiale cartografico di cui al comma 2 deve essere conservato assieme al registro.
4. La cessione a terzi degli effluenti di allevamento o digestato, di cui all'articolo 24, comporta l'obbligo di registrazione delle quantità cedute annotando oltre ai dati relativi alla data di cessione anche: quantità, tipologia e nome dell'azienda nella colonna relativa alla coltura.
5. Sono escluse dagli adempimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4:
a) le aziende con allevamento con superficie in zona vulnerabile non superiore a sei ettari di SAU e produzione annua di azoto al campo non superiore a 1.000 kg;
b) le aziende senza allevamento con superficie in zona vulnerabile non superiore a sei ettari di SAU.
6. Le imprese che utilizzano effluenti di allevamento, che applicano i disciplinari di produzione integrata, devono registrare gli interventi di fertilizzazione nelle apposite schede di registrazione previste.
7. Le aziende biologiche che utilizzano effluenti di allevamento possono registrare gli interventi di fertilizzazione nella scheda colturale prevista dal d.lgs. 17 marzo 1995 n. 220 Sito esterno (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agroalimentare con metodo biologico), purché siano riportate tutte le informazioni di cui al comma 1 e la scheda sia accompagnata dalla cartografia di cui al comma 2, lettera b).
Art. 21
Disposizioni relative all'irrigazione
1. In mancanza di norme specifiche previste dai Piani Territoriali di coordinamento provinciale o in assenza di regolamenti irrigui dei Consorzi di Bonifica tali da soddisfare le indicazioni di cui all'Allegato 7 del d.M. 25 febbraio 2016, le imprese assumono a riferimento:
a) i tempi di intervento, avvio e termine della stagione irrigua, indicati dagli attuali Bollettini provinciali di Produzione integrata, o da altri mezzi di informazione tecnica per le aziende agricole;
b) i volumi massimi di adacquamento indicati nell'Allegato II.
2. Il legale rappresentante dell'impresa deve indicare nella comunicazione di cui all'art. 23 i riferimenti in base ai quali effettua l'irrigazione.
Art. 22
Disposizioni relative all'utilizzazione dei fanghi di depurazione e delle acque di vegetazione dei frantoi oleari
1. Su terreni destinati all'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento e digestato è vietata l'utilizzazione agronomica nello stesso anno solare delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, dei fanghi di depurazione, nonché dei correttivi derivanti dal trattamento di materiali biologici come definiti all'art. 2, lettera kk). Qualora i terreni inseriti nella comunicazione di cui all'art. 23 siano destinati all'utilizzazione di una delle suddette matrici organiche, diverse dagli effluenti di allevamento e digestato, l'azienda deve aggiornare la comunicazione e il relativo elenco di terreni fornito all'autorità competente.
Art. 23
Comunicazione
1. Il legale rappresentante dell'impresa che produce in zona vulnerabile ai nitrati, effluenti di allevamento o digestato deve darne comunicazione all'autorità competente almeno trenta giorni prima dell'avvio delle attività di utilizzazione su terreni propri, in affitto, in disponibilità, o della cessione a terzi ai sensi dell'art. 24. In quest'ultimo caso, il detentore deve trasmettere la comunicazione almeno trenta giorni prima di iniziare l'attività di utilizzazione agronomica degli effluenti o del digestato.
2. Sono tenute al rispetto degli obblighi di cui al presente articolo le imprese che producono o utilizzano in zona vulnerabile ai nitrati un quantitativo di azoto di origine zootecnica superiore a 1.000 kg all'anno, gli impianti di digestione anaerobica, le imprese soggette ad AIA e gli allevamenti bovini con più di 500 UBA che non effettuano cessione totale a terzi.
3. La comunicazione deve essere inviata per via telematica attraverso il sistema informativo agricolo regionale denominato "gestione effluenti zootecnici".
4. I contenuti della comunicazione e le procedure autorizzative all'accesso al sistema informativo sono riepilogati nell'Allegato I.
5. Il legale rappresentante dell'impresa deve comunicare ogni modifica relativa all'attività di utilizzazione agronomica che comporti variazione dei dati precedentemente comunicati. Il rinnovo della comunicazione di cui al comma 1 va effettuato entro cinque anni dalla comunicazione iniziale o dalla sua ultima variazione. I rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla data di presentazione ai fini della disciplina della comunicazione. Le informazioni previste per la comunicazione di utilizzazione agronomica devono essere aggiornate ogni cinque anni, con valenza di autocontrollo, anche quando la comunicazione è inserita nel procedimento di AUA di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno e in questo caso il termine di cinque anni riparte. I rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla data di presentazione ai fini della disciplina della comunicazione. Se la modifica della comunicazione determina anche modifica di altri procedimenti compresi in AUA, il legale rappresentante deve valutare tali modifiche in relazione alle norme relative agli altri titoli abilitativi e alle matrici ambientali e si applicano le disposizioni di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno.
6. Ad integrazione della comunicazione è richiesta la redazione di una documentazione tecnica con valenza annuale, da aggiornarsi preventivamente in caso di variazioni, che deve essere conservata presso una sede aziendale da indicarsi ed essere resa disponibile per i controlli. La conservazione della documentazione di cui al presente comma in altra sede rispetto a quella aziendale deve essere resa nota all'autorità competente. Tale documentazione è costituita da:
a) il PUA;
b) il registro di utilizzazione di tutti i fertilizzanti azotati;
c) copia della sezione o tavola della CTR, in scala 1:5.000 o 1:10.000, recante l'individuazione degli appezzamenti con codice numerico progressivo o, in alternativa, l'individuazione delle particelle catastali mediante la copertura cartografica fornita dal sistema informativo geografico dell'anagrafe delle aziende agricole regionale;
d) la documentazione di accompagnamento inerente i trasporti di cui all'art. 14.
7. Non è richiesta la duplicazione dei dati e della documentazione già presenti nell'Anagrafe delle Aziende Agricole o comunque già trasmessi all'autorità competente, e che non necessitano di aggiornamenti.
8. Sono escluse dall'obbligo di presentare la comunicazione le imprese senza allevamento che, sulla base dei contratti di cessione di cui all'art. 24, utilizzano direttamente su terreni in proprietà o in affitto, senza effettuare alcun trattamento diverso dallo stoccaggio, effluenti di allevamento o digestato per un corrispondente quantitativo di azoto inferiore a 3.000 kg/anno e che hanno regolarizzato la propria posizione nell'anagrafe delle aziende agricole regionali.
Art. 24
Cessione a terzi degli effluenti di allevamento e di digestato e disponibilità dei terreni per l'espletamento delle fasi di utilizzazione agronomica
1. Il legale rappresentante dell'impresa agricola o dell'impianto può cedere gli effluenti di allevamento o il digestato ad un soggetto terzo, detentore, formalmente incaricato e vincolato da un rapporto contrattuale per l'espletamento dell'utilizzazione agronomica. In tal caso, il legale rappresentante dell'impresa agricola che cede, deve trasmettere all'autorità competente copia del contratto stipulato, oltre alle informazioni relative all'azienda e alla produzione. Il detentore è responsabile della corretta attuazione delle fasi non gestite direttamente dall'azienda agricola produttrice, ed è tenuto a comunicare le relative informazioni all'autorità competente, come previsto all'art. 23, ed a produrre la relativa documentazione. Se l'impresa produttrice ubicata in territorio regionale non è tenuta a presentare la comunicazione, una copia del contratto di cessione deve essere conservata in azienda.
2. Il detentore di effluenti di allevamento o digestato ceduti da un'impresa produttrice ubicata fuori dal territorio regionale deve trasmettere la copia del contratto stipulato di cessione all'autorità competente entro il termine previsto per la trasmissione della comunicazione.
3. Il detentore è assimilato ad un'azienda con produzione annua pari ai quantitativi di azoto a lui ceduti dalle aziende produttrici.
4. La comunicazione iniziale, di cui al comma 1, deve essere presentata dal produttore e dal detentore, almeno trenta giorni prima dell'avvio delle rispettive attività.
5. Nel caso di detentori esonerati dal presentare la comunicazione ai sensi del comma 8 dell'articolo 23, in quanto utilizzatori in ZVN di effluenti zootecnici o digestato, senza gestione in proprio di alcuna operazione di trattamento diverso dallo stoccaggio, per un quantitativo di azoto corrispondente inferiore a 3.000 kg/anno, il legale rappresentante dell'impresa agricola che cede gli effluenti è tenuto a presentare all'autorità competente e a conservare in azienda, copia del contratto di cessione.
6. L'impresa che ha la disponibilità dei terreni è responsabile della corretta attuazione delle fasi di utilizzazione agronomica e dei relativi adempimenti ad esse correlati.
Art. 25
Contenuti della comunicazione
1. Le informazioni che devono essere contenute nella comunicazione all'autorità competente, di cui all'art. 23, così come precisato nell'Allegato I, elencate per voci aggregate, sono le seguenti:
a) anagrafica dell'impresa e del legale rappresentante;
b) tipologia e consistenza dell'allevamento, delle biomasse vegetali, delle matrici in ingresso all'impianto di digestione anerobica;
c) produzione di effluenti o digestato, stoccaggio e altri trattamenti aziendali, tipologia di effluenti e azoto contenuto;
d) dati sulle superfici destinate all'utilizzazione agronomica;
e) elenco dei documenti amministrativi ed elaborati tecnici relativi all'utilizzazione agronomica da conservarsi presso sede aziendale;
f) riferimenti del titolo amministrativo che legittima la costruzione e l'esercizio dell'impianto di trattamento anaerobico.
2. Per allevamenti o impianti ubicati fuori dal territorio regionale e che spandono anche nel territorio regionale, e per quelli ubicati in regione che utilizzano terreni fuori dal territorio regionale, il legale rappresentante deve allegare alla comunicazione presentata in Emilia-Romagna gli estremi della comunicazione presentata fuori dal territorio regionale.
Art. 26
Allevamenti soggetti ad AIA
1. Il titolare degli allevamenti di suini e avicoli, soggetti all'AIA di cui alla parte II del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno e alla l.r. n. 21 del 2004, che non effettua cessione totale a terzi, deve elaborare i Piani di Utilizzazione Agronomica annuali e, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 23 e 25, comunicare all'autorità competente con le modalità di cui all'art. 23, i dati e le informazioni standard richieste, nonché produrre e conservare la documentazione tecnica prevista all'Allegato I.
2. Le variazioni inerenti aspetti strutturali del PUA, quali la superficie complessiva utilizzata, le variazioni della disponibilità dei terreni o dei quantitativi complessivi di effluenti, devono essere preventivamente comunicate all'autorità competente con le modalità di cui all'art. 23.
Art. 27
Linee guida per il controllo delle aziende e flusso informativo
1. Ai fini della verifica della concentrazione di nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e della valutazione dello stato trofico delle acque lacustri, di transizione marino-costiere, la Regione, sulla base di un programma di monitoraggio, effettua i controlli in stazioni di campionamento ritenute rappresentative.
2. Il sistema di controllo del rispetto della condizionalità prevista dal regolamento (UE) n. 1306/2013 di riforma della PAC, nonchè quello relativo agli allevamenti soggetti ad AIA ai sensi della l.r. n. 21 del 2004, devono raccordarsi con il sistema dei controlli di cui al comma 1. Costituiscono strumenti di supporto ai controlli le banche dati:
a) del sistema di gestione effluenti zootecnici, inserito nel Sistema Informativo Agricolo Regionale (SIAR);
b) del sistema di gestione delle Autorizzazioni Integrate Ambientali - IPPC.
3. Ai sensi del d.M. 25 febbraio 2016 e dei criteri relativi all'applicazione della condizionalità, i controlli diretti devono essere svolti su almeno il 4% delle aziende tenute a presentare la comunicazione, con inclusione di analisi dei suoli specie nelle aree a maggior densità di aziende agro-zootecniche o per specifiche condizioni locali. I controlli cartolari devono essere svolti almeno sul 10% delle comunicazioni ricevute nell'anno. Sono fatti salvi gli ulteriori controlli sulle aziende soggette ad AIA.
4. Il campionamento dei terreni e le determinazioni analitiche sono svolte, secondo i metodi ufficiali di campionamento e di analisi chimica di cui al decreto 13 settembre 1999 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, sui suoli interessati dallo spandimento degli effluenti, ai fini della determinazione della concentrazione di rame e zinco, in forma totale, di fosforo in forma assimilabile e del ESP. I limiti di accettabilità delle concentrazioni di tali sostanze nel suolo sono riportate nell'Allegato II al paragrafo 6; i terreni in cui venga riscontrato un superamento contestuale dei suddetti limiti, devono essere esclusi dall'utilizzazione degli effluenti di allevamento e del digestato, con obbligo di coltivazione fino al rientro dei valori del fosforo al di sotto delle soglie.
Art. 28
Programma di verifica dell'efficacia del programma d'azione
1. Il programma d'azione di cui al presente capo I è soggetto a verifica di efficacia ai sensi dell'art. 42, comma 4, del d.M. 25 febbraio 2016 secondo i criteri generali indicati all'Allegato VIII del medesimo decreto.
2. Sono considerati utili ai fini della valutazione dell'efficacia del programma d'azione:
a) il numero di comunicazioni inviate e carichi di azoto apportati in campo;
b) la valutazione dello stato della concentrazione dei nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e dello stato trofico delle acque dolci superficiali e costiere, attraverso la rete di monitoraggio costituita da stazioni di campionamento rappresentative e coerenti con le ZVN;
c) l'evoluzione delle pratiche agricole, degli assetti colturali, della variazione di caratteri del suolo.
3. Al fine di conseguire un adeguato livello di informazione, il programma di verifica si coordina con gli strumenti di valutazione degli effetti della pianificazione relativa alla tutela delle acque e del Programma regionale di sviluppo rurale.
Capo II
DISCIPLINA PER L'UTILIZZAZIONE AGRONOMICA IN ZONE NON VULNERABILI DA NITRATI
Art. 29
Ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni sull'utilizzazione agronomica nelle zone non vulnerabili dai nitrati
1. Sono soggetti alle disposizioni del presente capo i legali rappresentanti delle imprese che operano in zone non vulnerabili dai nitrati, in relazione all'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento o di altri fertilizzanti azotati, come definiti all'art. 2.
Art. 30
Superfici vietate all'utilizzazione agronomica nelle zone non vulnerabili dai nitrati
1. L'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, del digestato, di altri fertilizzanti azotati e di correttivi da materiali biologici è vietata:
a) sulle superfici non interessate dall'attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico, privato, e per le aree soggette a recupero-ripristino ambientale;
b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali nell'allevamento brado, semi brado;
c) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, interessati da movimenti di massa tali da non consentirne la coltivazione, o saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione.
2. In relazione alle colture, il divieto per l'uso di liquami, letami, digestato e correttivi da materiali biologici si applica:
a) nei casi in cui i suddetti materiali possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano;
b) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;
c) su colture foraggere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento.
3. E' altresì vietata l'utilizzazione agronomica dei liquami e del digestato non palabile dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in generale ad uso pubblico.
4. In relazione ai corsi d'acqua superficiali, il divieto si applica:
a) entro 5 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali per i letami e digestato palabile;
b) entro 10 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali per i liquami e digestato non palabile;
c) limitatamente ai liquami e digestato non palabile, nella fascia fluviale A, come individuata dal PAI dell'Autorità di Bacino del fiume Po e recepita nei Piani Territoriale di Coordinamento Provinciale;
d) entro 30 metri dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonché dei corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, per tutti i fertilizzanti azotati.
5. Le disposizioni del comma 4 non si applicano ai seguenti casi:
a) canali artificiali, con arginatura coincidente con la sponda;
b) canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali;
c) sistemi di scolo aziendale, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali.
Art. 31
Limiti all'utilizzazione per superfici in pendenza nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. L'applicazione a fini di utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, digestato, di fertilizzanti azotati e ammendanti di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno e di biomasse vegetali è vietata in caso di rischio significativo di perdite di nutrienti da dilavamento e percolazione.
2. Al fine di ridurre il rischio di cui al comma 1, in caso di spandimento di letami e digestato palabile, fertilizzanti azotati e biomasse vegetali palabili su terreni con pendenza superiore al 10%, devono essere assicurate la copertura vegetale del suolo e, laddove possibile, l'applicazione di appropriate pratiche per la conservazione del suolo. Sui terreni arativi, deve essere praticata l'incorporazione dei fertilizzanti di cui al presente comma entro il giorno seguente.
3. In relazione alla morfologia del territorio, è vietato utilizzare liquami e digestato non palabile su appezzamenti con pendenza media superiore al 10%.
4. E' consentito l'utilizzo di liquami e digestato non palabile su appezzamenti con pendenze sino al 20 % in presenza di misure volte ad evitare il ruscellamento attraverso la copertura vegetale del suolo e l'applicazione di tecniche appropriate per la conservazione di esso, nonché attraverso l'utilizzo di adeguate tecniche di spandimento, secondo la disciplina contenuta nelle norme tecniche.
5. In caso di aree agricole svantaggiate, riconosciute ai sensi del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEASR, l'applicazione di liquami e digestato non palabile è permessa su terreni in pendenza fino al 30% purché i carichi di azoto e di liquame siano frazionati in modo da non superare, per ogni applicazione, rispettivamente i 50 kg/ha e le 35 t/ha. Nel caso di colture con crescita primaverile particolarmente tardiva, è fatto obbligo di una seconda coltura per il periodo invernale, secondo quanto previsto dalle norme tecniche.
Art. 32
Criteri di gestione nelle aree di divieto o con limiti di utilizzazione relativamente alle zone non vulnerabili da nitrati
1. Nelle fasce di divieto di cui all'art. 30, comma 4, è sviluppata una copertura erbacea permanente, anche spontanea, ed è consigliata la costituzione di siepi e di superfici boscate, così come previsto dal d.M. 25 febbraio 2016 e all'Allegato II dello stesso decreto.
2. Entro 5 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali non sono ammesse lavorazioni del terreno, tranne quelle necessarie alla costituzione della copertura e dell'impianto quali semina e piantumazione.
Art. 33
Stoccaggio degli effluenti di allevamento e del digestato
1. Relativamente ai trattamenti degli effluenti di allevamento, alla digestione anaerobica ed ai criteri generali per lo stoccaggio, valgono le indicazioni di cui all'art. 8.
2. Gli allevamenti che producono quantitativi annuali di azoto al campo superiori a 1.000 kg devono essere dotati di contenitori per lo stoccaggio, in relazione alla tipologia, aventi capacità pari al volume prodotto nel periodo minimo di seguito indicato, calcolato con riferimento alla consistenza dell'allevamento: .
a) per letami di allevamenti bovini, suini e avicoli e frazione palabile del digestato: novanta giorni;
b) per liquami di allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini che dispongono di terreni coltivati a prati di media e lunga durata, compresi i medicai dal terzo anno di impianto, o cereali autunno vernini per almeno un terzo della SAU totale in zona non vulnerabile: novanta giorni.
c) per liquami di bovini, suini e avicoli, per le deiezioni degli allevamenti avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%: centoventi giorni.
3. Per gli allevamenti, ubicati in zona ordinaria, che distribuiscono anche su terreni in ZVN, vale quanto previsto all'articolo 12, comma 3.
4. Gli impianti di digestione anaerobica devono essere dotati di contenitori per lo stoccaggio aventi capacità pari al volume di digestato non palabile prodotto in centoottanta giorni.
5. Per il calcolo dei quantitativi annuali di azoto da effluenti di allevamento o da digestato prodotti nell'anno, occorre fare riferimento ai dati delle tabelle nell'Allegato I.
6. In riferimento agli allevamenti avicunicoli su lettiera, le lettiere esauste, dopo l'asportazione dal ricovero, possono essere trasportate direttamente in campo e disposte in cumuli secondo le modalità di cui all'articolo 34 e del paragrafo 1.1 dell'Allegato III.
7. In riferimento agli allevamenti con stabulazione su lettiera, occorre fare riferimento a quanto stabilito all'art. 9, comma 6.
8. Gli effluenti prodotti da allevamenti, corrispondenti a quantità annue di azoto al campo pari o inferiore a 1.000 kg devono essere raccolti e conservati, secondo le modalità previste dalle disposizioni locali vigenti in materia. Dovranno essere comunque rispettate le seguenti prescrizioni:
a) raccogliere le urine e le feci prodotte nei locali dove alloggiano gli animali in appositi pozzetti o convogliare le stesse nella concimaia mediante condotte adeguate;
b) evitare che dalla concimaia vengano dispersi liquidi di qualunque tipo e natura, attraverso sistemi quali pozzi neri per la raccolta dei colaticci e modalità costruttive che evitino che gli stessi possano defluire anche in condizioni di pioggia al di fuori dell'area della concimaia;
c) garantire la tenuta attraverso l'impiego di manufatti di adeguata tipologia ed utilizzando idonee modalità costruttive.
9. Qualora le norme comunali non stabiliscano specifiche modalità per la custodia e la conservazione dei liquami e dei letami, si dovrà fare riferimento agli artt. 233, 234, 235 e 236, del r.d. n. 1265 del 1934.
10. I requisiti tecnici e di salvaguardia ambientale dei contenitori per lo stoccaggio sono contenuti nell'Allegato III.
11. Non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio degli allevamenti le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati. Tale disposizione si applica anche agli ampliamenti di allevamenti esistenti, limitatamente alla parte ampliata.
12. La capacità di stoccaggio deve essere garantita al netto dello spazio occupato dai sedimenti.
Art. 34
Accumulo temporaneo del letame e altri materiali palabili nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. L'accumulo ai fini dell'utilizzazione agronomica è ammesso soltanto per:
a) letame;
b) ammendanti commerciali e correttivi a norma del d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno, contenenti azoto;
c) nell'ambito della categoria assimilati, le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;
d) substrato esausto della coltivazione di funghi.
2. L'accumulo deve avvenire sui terreni oggetto di utilizzazione agronomica. La quantità di materiale accumulato deve essere funzionale alle esigenze colturali dei singoli appezzamenti di terreno e deve essere tale da consentire una corretta gestione nel rispetto di quanto stabilito in Allegato III paragrafo 1.1 alla lettera d).
3. L'accumulo temporaneo, sul suolo agricolo è ammesso per un periodo massimo di sei mesi, nel caso del letame, dopo uno stoccaggio in platea di almeno novanta giorni. Il periodo di accumulo ha inizio il giorno del primo trasferimento in campo dei materiali. In riferimento al presente comma, le modalità operative sono definite nell'Allegato III. Nel caso dei correttivi da materiali biologici, devono essere garantiti sia l'impermeabilizzazione del terreno, che la copertura con telo impermeabile o con altro materiale che garantisca l'impermeabilizzazione del cumulo, tale comunque da impedire emissioni odorigene e produzione di percolati.
4. Per la lettiera degli allevamenti avicunicoli è consentito un periodo di accumulo temporaneo sino ad un massimo di nove mesi a condizione che siano adottate misure atte a evitare infiltrazioni di acque meteoriche attraverso i cumuli e la generazione di acque di percolazione.
5. L'accumulo non può essere ripetuto nello stesso luogo nel corso dell'annata agraria. Per impedire la dispersione nel terreno di eventuali liquidi di sgrondo, la loro formazione deve essere contenuta praticando il drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo e rispettando le specifiche tecniche riportate nell'Allegato III.
6. L'accumulo non è ammesso nei casi di cui all'art. 11.
7. L'accumulo temporaneo, anche su terreno nudo, finalizzato alla sua successiva distribuzione in campo, non si configura come stoccaggio ai sensi del presente regolamento ma modalità di utilizzazione che rientra nella normale pratica agronomica a condizione che vengano rispettate le specifiche tecniche, riportate al paragrafo 1.1 dell'Allegato III, volte ad evitare la dispersione dei liquidi di sgrondo garantendo al contempo una distanza minima dai corsi d'acqua superficiali.
8. Per le disposizioni relative all'accumulo di biomasse vegetali e dei relativi compost, valgono le indicazioni riportate nell'Allegato III, paragrafo 1.1.
Art. 35
Divieti di localizzazione di contenitori per lo stoccaggio nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. Lo stoccaggio dei letami, dei liquami, del digestato e di altri fertilizzanti azotati non è ammesso:
a) entro dieci metri dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali, dei laghi e bacini;
b) nelle zone di rispetto delle captazioni e derivazioni delle acque destinate al consumo umano, come definite all'art. 2, lett. b.2).
2. Nella fascia fluviale A, come definita dal PAI dell'Autorità di bacino del fiume Po e recepita nei PTCP, è vietata la localizzazione di nuovi contenitori per lo stoccaggio.
3. È vietata la localizzazione di nuovi contenitori di stoccaggio dei liquami e digestato non palabile nelle zone ad alto rischio di esondazione, così come individuate dalle Autorità competenti sulla base della normativa vigente.
Art. 36
Trasporto finalizzato all'utilizzazione agronomica relativamente alle zone non vulnerabili da nitrati
1. Per il trasporto finalizzato all'utilizzazione agronomica relativamente alle zone non vulnerabili da nitrati valgono le disposizioni di cui all'art. 14.
Art. 37
Criteri di utilizzazione agronomica e modalità di distribuzione
1. Nelle zone non vulnerabili da nitrati, la quantità di azoto al campo apportato da effluenti di allevamento, non deve superare il limite di 340 kg per ettaro per anno. La quantità degli effluenti di allevamento da distribuire è calcolata sulla base dei valori della Tabella 1 dell'Allegato I o, in alternativa, di altri valori determinati secondo le procedure citate nell'allegato stesso, ed è comprensiva degli effluenti depositati dagli animali stessi quando sono tenuti al pascolo o allevati all'aperto.
2. L'utilizzazione agronomica del digestato avviene nel rispetto del limite di azoto al campo di 340 kg per ettaro per anno, al raggiungimento dei quali concorre per la sola quota che proviene dagli effluenti di allevamento.
3. Nelle zone non vulnerabili da nitrati l'apporto di azoto proveniente dalla distribuzione di correttivi da materiali biologici non deve superare il fabbisogno delle colture attenendosi ai limiti di Massima Applicazione Standard.
4. Le imprese che intendono superare il limite di cui al comma 1 devono tenere un registro di tutte le fertilizzazioni e dimostrare, sulla base di un PUA elaborato secondo le disposizioni dell'Allegato II, il rispetto del fabbisogno delle colture espresso come MAS; in questo caso il coefficiente di efficienza medio aziendale annuo dell'azoto deve rispettare i seguenti valori minimi:
a) 60% per i liquami avicoli, le frazioni chiarificate di digestati di qualsiasi provenienza;
b) 55% per i liquami suinicoli e digestato tal quale da liquami suinicoli;
c) 50% per i liquami bovini e digestati da liquami bovini da soli o in miscela con altre biomasse e digestati da sole biomasse;
d) 40% per i letami, le sostanze palabili assimilate, compresa la frazione solida del digestato e i correttivi da materiali biologici.
5. Il PUA deve essere elaborato secondo le disposizioni dell'Allegato II attenendosi ai limiti di MAS, ed è obbligatorio nei seguenti casi:
a) aziende soggette ad AIA;
b) allevamenti bovini ed altre specie con più di 500 UBA;
c) aziende che utilizzano oltre 6.000 kg/anno di azoto all'anno da digestato;
d) impianti di digestione anaerobica che producono oltre 6.000 kg/anno di azoto;
e) aziende che utilizzano oltre 12.000 kg/anno di azoto da correttivi da materiali biologici e da compost.
6. Il coefficiente di efficienza medio aziendale annuo dell'azoto apportato con materiale non palabile deve essere non inferiore al 48%.
7. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano agli allevamenti di cui alla lettera b) di specie diverse dai bovini con più di 500 UBA qualora utilizzino meno di 6.000 kg/anno di azoto zootecnico o da digestato.
8. Le aziende di cui al precedente comma 5, qualora siano in grado di dimostrare rese produttive maggiori di quelle stabilite per definire i MAS, potranno elaborare un bilancio dell'azoto che tenga in considerazione tutte le voci riportate nell'equazione di cui al paragrafo 1.2 dell'Allegato II o in alternativa i metodi di calcolo riportati nei disciplinari di produzione integrata della Regione Emilia - Romagna.
9. In considerazione dell'evolversi delle esigenze dell'azienda, sia in relazione alle esigenze colturali che agli andamenti stagionali o ad altre esigenze agronomiche correlate alla buona pratica agricola, è ammessa la possibilità di apportare variazioni al Piano di utilizzazione annuale, purché debitamente registrate e conteggiate negli effetti complessivi sulla corretta gestione aziendale degli effluenti.
10. Il PUA deve essere preparato entro il 31 marzo di ogni anno e conservato in azienda per un periodo non inferiore a due anni dalla sua elaborazione definitiva, ai fini dei controlli da parte delle autorità competenti. Le eventuali varianti al piano sono ammesse entro il 30 novembre e devono comunque essere predisposte prima delle relative distribuzioni. Il legale rappresentante dell'impianto di digestione anaerobica e il detentore che utilizzano più di 6000 kg di azoto/anno da digestato devono inoltre allegare il PUA alla comunicazione, qualora abbiano una disponibilità di terreno inferiore ad un ettaro ogni 340 kg di azoto utilizzato.
11. Per quanto riguarda le modalità di distribuzione degli effluenti di allevamento, palabili e non palabili, dei correttivi da materiali biologici e degli altri fertilizzanti azotati, ad esclusione dei concimi minerali, valgono le disposizioni di cui all'art. 18.
12. Dopo il deposito a piè di campo la distribuzione dei materiali palabili deve essere conclusa entro 48 ore.
Art. 38
Periodi di divieto della distribuzione nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. In considerazione del rischio di rilascio di azoto dal suolo alle acque é vietato distribuire effluenti di allevamento e digestato non palabile nei periodi di seguito specificati.
2. La Regione, con atto del Direttore Generale competente in materia ambientale, può disporre una diversa decorrenza dei periodi di divieto previsti al presente articolo, in caso di situazioni pedoclimatiche tali da garantire un'attività microbiologica nel suolo e lo sviluppo vegetativo delle colture, sulla base dei dati forniti dall'Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell'Emilia-Romagna mediante i bollettini agrometeorologici.
3. L'utilizzazione del letame bovino, equino ed ovicaprino e del digestato palabile su prati con prevalenza di graminacee, ivi inclusi i medicai a partire dal terzo anno, colture arboree inerbite ed in pre-impianto su colture orticole e su terreni in preparazione per la semina primaverile anticipata (entro il mese di febbraio), è sempre ammessa.
4. L'utilizzazione di letami diversi da quelli di cui al precedente comma, su terreni privi di colture, è vietata dal 1 dicembre al 31 gennaio.
5. L'utilizzazione dei liquami e del digestato non palabile su prati, medicai dal terzo anno d'impianto, cereali autunno-vernini, colture arboree inerbite, terreni in preparazione per la semina primaverile anticipata, è vietata dal 1 dicembre al 31 gennaio.
6. L'utilizzazione dei liquami e del digestato non palabile su terreni privi di colture o con residui colturali è vietata per 90 giorni dal 1 novembre al 31 gennaio. Nel mese di novembre il divieto può essere sospeso settimanalmente sulla base dei bollettini agrometeorologici predisposti dalla Regione, sulla base dei dati forniti dall' Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell'Emilia-Romagna, e pubblicati sul sito dell'Agenzia.
7. L'utilizzazione agronomica delle deiezioni di avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%, è vietata dal 1 novembre al 31 gennaio.
8. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle colture protette con coperture impermeabili che non comportano rischi di rilasci di azoto nelle acque superficiali e sotterrane.
Art. 39
Registro delle fertilizzazioni e cessione dei fertilizzanti nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. Le imprese che utilizzano effluenti di allevamento, digestato, correttivi da materiali biologici, compost, sono tenute a registrare le singole distribuzioni riportando, entro quindici giorni dall'intervento, i seguenti dati:
a) gli appezzamenti per coltura praticata, riportando i codici delle particelle catastali componenti tramite uno schema esplicativo con gli appezzamenti e le particelle che li costituiscono;
b) la coltura;
c) la data di distribuzione (giorno/mese/anno);
d) il tipo di fertilizzante azotato;
e) il contenuto percentuale in azoto;
f) la quantità totale;
2. Il legale rappresentante dell'impresa agricola deve conservare presso la sede aziendale o altra sede, la seguente documentazione:
a) il registro cartaceo o informatizzato;
b) copia della sezione o tavola della CTR, in scala 1:5.000 o 1:10.000, recante la individuazione degli appezzamenti con codice numerico progressivo, o, in alternativa, l'individuazione delle particelle catastali mediante la copertura cartografica fornita dal sistema informativo geografico dell'anagrafe delle aziende agricole regionale. Per le imprese non tenute alla presentazione della comunicazione deve essere indicato per ogni appezzamento il titolo di utilizzazione dei terreni (proprietà, affitto o in disponibilità) oltre alla conservazione della relativa documentazione per i due anni successivi alla scadenza del titolo.
3. La conservazione della documentazione di cui al comma 2 in altra sede rispetto a quella aziendale deve essere resa nota all'autorità competente. Il materiale cartografico di cui al comma 2 deve essere conservato assieme al registro.
4. La cessione a terzi di cui all'art. 41 degli effluenti di allevamento o del digestato comporta l'obbligo di registrazione delle quantità cedute, annotando, oltre ai dati relativi alla data di cessione anche: quantità, tipologia e nome dell'azienda nella colonna relativa alla coltura.
5. Sono escluse dagli adempimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 le aziende che utilizzano una quantità annua di azoto al campo, da effluenti di allevamento, digestato o correttivi da materiali biologici, non superiore a 3.000 kg.
6. Le imprese che non producono ma utilizzano effluenti di allevamento e applicano i disciplinari di produzione integrata, devono registrare gli interventi di fertilizzazione nelle apposite schede di registrazione previste.
7. Le imprese biologiche che utilizzano effluenti di allevamento possono registrare gli interventi di fertilizzazione nella scheda colturale prevista dal d.lgs. 17 marzo 1995 n. 220 Sito esterno (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agroalimentare con metodo biologico), purché siano riportate tutte le informazioni di cui al comma 1 e la scheda sia accompagnata dalla cartografia di cui al comma 2, lettera b).
8. Le imprese tenute alla predisposizione del PUA devono registrare tutte le distribuzioni incluse quelle di tutti i fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75 del 2010 Sito esterno.
Art. 40
Comunicazione nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. Il legale rappresentante dell'impresa che, in zone non vulnerabili ai nitrati, produce, effluenti di allevamento o digestato deve darne comunicazione all'Autorità competente almeno trenta giorni prima dell'avvio dell'attività di utilizzazione su terreni propri, in affitto, in disponibilità o della cessione a terzi ai sensi dell'art. 41. In tal caso, il detentore deve trasmettere la comunicazione almeno 30 giorni prima di iniziare l'attività di utilizzazione agronomica.
2. Sono tenute al rispetto degli obblighi di cui al presente articolo le aziende che producono o utilizzano un quantitativo di azoto al campo da effluenti di allevamento o digestato pari o superiore a 3.000 kg, le imprese soggette ad AIA e gli allevamenti con più di 500 UBA che non effettuano cessione totale a terzi.
3. La comunicazione deve essere inviata per via telematica attraverso il sistema informativo agricolo regionale denominato "Gestione Effluenti Zootecnici".
4. I contenuti della comunicazione e le procedure autorizzative per l'accesso al sistema informativo sono riepilogati nell'Allegato I.
5. Il legale rappresentante dell'impresa deve comunicare ogni modifica relativa all'attività di utilizzazione agronomica che comporti variazione dei dati precedentemente comunicati. Il rinnovo della comunicazione di cui al comma 1 va effettuato entro cinque anni dalla comunicazione iniziale o dalla sua ultima variazione. I rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla data di presentazione ai fini della disciplina della comunicazione. Le informazioni previste per la comunicazione di utilizzazione agronomica devono essere aggiornate ogni cinque anni, con valenza di autocontrollo, anche quando la comunicazione è inserita nel procedimento di AUA di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno e in questo caso il termine di 5 anni ricomincia a decorrere. I rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla comunicazione ai fini della disciplina della comunicazione. Se la modifica della comunicazione determina anche modifica di altri procedimenti compresi in AUA, il legale rappresentante deve valutare tali modifiche in relazione alle norme relative agli altri titoli abilitativi e alle matrici ambientali e si applicano le disposizioni di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno.
6. Ad integrazione della comunicazione, è richiesta la redazione di una documentazione tecnica da aggiornarsi annualmente, che deve essere resa disponibile per i controlli. La conservazione della documentazione di cui al presente comma in altra sede rispetto a quella aziendale deve essere resa nota all'autorità competente. Tale documentazione è costituita tra l'altro da:
a) il registro di utilizzazione degli effluenti di allevamento, del digestato e dei correttivi da materiali biologici; nel caso sia previsto il PUA devono essere registrati anche gli impieghi degli altri fertilizzanti azotati;
b) la documentazione di accompagnamento inerente i trasporti di cui all'art. 14;
c) il PUA, ove previsto;
d) copia della sezione o tavola della CTR, in scala 1:5.000 o 1:10.000, recante l'individuazione degli appezzamenti con codice numerico progressivo, o, in alternativa, l'individuazione delle particelle catastali mediante la copertura cartografica fornita dal sistema informativo geografico dell'anagrafe delle aziende agricole regionale, così come specificato all'art. 39, comma 2, lettera b).
7. Non è richiesta la duplicazione dei dati e della documentazione già presenti nell'Anagrafe delle aziende agricole o, comunque, già trasmessi alla pubblica amministrazione, e che non necessitano di aggiornamenti.
8. Sono escluse dall'obbligo di presentare la comunicazione le imprese agricole senza allevamento che, sulla base dei contratti di cessione di cui all'art. 41, utilizzano direttamente su terreni in proprietà o in affitto, senza effettuare alcun trattamento diverso dallo stoccaggio, effluenti di allevamento o digestato per un corrispondente quantitativo di azoto inferiore a 6.000 kg/anno e che hanno regolarizzato la propria posizione nell'anagrafe delle aziende agricole regionali.
Art. 41
Cessione a terzi degli effluenti di allevamento e del digestato e disponibilità dei terreni per l'espletamento delle fasi di utilizzazione agronomica nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. Il legale rappresentante dell'impresa agricola o dell'impianto può cedere gli effluenti o il digestato ad un soggetto terzo detentore formalmente incaricato e vincolato da un rapporto contrattuale, per l'espletamento dell'utilizzazione agronomica. In tal caso, il legale rappresentante dell'impresa agricola che cede gli effluenti, deve trasmettere all'autorità competente copia del contratto stipulato, oltre alle informazioni relative all'azienda e alla produzione. Il detentore è responsabile della corretta attuazione delle fasi non gestite direttamente dall'impresa agricola produttrice, ed è tenuto a comunicare le relative informazioni all'autorità competente ed a produrre la documentazione prevista. Se l'impresa produttrice non è tenuta a presentare la comunicazione, una copia del contratto di cessione deve essere conservata in azienda.
2. Il detentore di effluenti di allevamento o digestato ceduti da un'impresa produttrice ubicata fuori dal territorio regionale deve trasmettere la copia del contratto stipulato di cessione all'autorità competente entro il termine previsto per la trasmissione della comunicazione.
3. Il detentore è assimilato ad un'azienda con produzione annua pari ai quantitativi di azoto a lui ceduti dalle aziende produttrici.
4. Nel caso di detentori esonerati dal presentare la comunicazione ai sensi del comma 8 dell'art. 40 in quanto utilizzatori di effluenti zootecnici o digestato, senza gestione in proprio di alcuna operazione di trattamento diversa dallo stoccaggio, per un quantitativo di azoto corrispondente inferiore a 6.000 kg/anno, il legale rappresentante dell'impresa agricola che cede gli effluenti è tenuto a presentare all'autorità competente, e a conservare in azienda, copia del contratto di cessione specificandone il periodo di validità.
5. L'impresa che ha la disponibilità dei terreni è responsabile della corretta attuazione delle fasi di utilizzazione agronomica e dei relativi adempimenti ad esse correlati.
Art. 42
Contenuti della comunicazione nelle zone non vulnerabili da nitrati
1. Le informazioni che devono essere contenute nella comunicazione all'autorità competente di cui all'art. 40, così come precisato nell'Allegato I, elencate per voci aggregate sono:
a) anagrafica dell'impresa e del legale rappresentante;
b) tipologia e consistenza dell'allevamento, delle biomasse vegetali, delle matrici in ingresso all'impianto di digestione anaerobica;
c) produzione di effluenti o digestato, stoccaggio e altri trattamenti aziendali, tipologia di effluenti e azoto contenuto;
d) dati sulle superfici destinate all'utilizzazione agronomica;
e) elenco dei documenti amministrativi ed elaborati tecnici relativi all'utilizzazione agronomica da conservarsi presso sede aziendale;
f) riferimenti al titolo amministrativo che legittima la costruzione e l'esercizio dell'impianto di trattamento anaerobico.
2. Per allevamenti o impianti ubicati fuori dal territorio regionale e che spandono anche all'interno di esso e per quelli ubicati in regione che utilizzano terreni fuori dal territorio regionale, il titolare deve allegare alla comunicazione presentata in Emilia-Romagna, gli estremi della comunicazione presentata fuori dal territorio regionale.
Art. 43
Altre disposizioni
1. Per quanto riguarda gli allevamenti soggetti ad AIA, vale quanto previsto all'art. 26.
2. Per quanto riguarda i controlli in merito all'applicazione del presente regolamento vale quanto previsto all'articolo 27 per le ZVN.
3. Per l'utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione e di correttivi da materiali biologici, si applicano le disposizioni di cui all'art. 22.
Titolo III
Disposizioni in materia di utilizzazione agronomica delle acque reflue derivanti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari
Art. 44
Ambito di applicazione delle norme sull'utilizzazione agronomica delle acque reflue derivanti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari
1. Possono essere destinate all'utilizzazione agronomica senza necessità di specifiche determinazioni analitiche le acque reflue che non contengono sostanze pericolose e provengono da aziende agricole, come definite dall'art. 101, comma 7, lettere a), b) e c) del d.lgs. n. 152 del 2006 Sito esterno, e da aziende agroalimentari lattiero-casearie, vitivinicole e ortofrutticole che producono quantitativi di acque reflue non superiori a 4.000 metri cubi all'anno, e quantitativi di azoto contenuti in dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1.000 kg/anno.
2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1 è consentita purché siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti dai piani di gestione dei distretti in cui ricade il territorio regionale;
b) l'effetto concimante o ammendante o irriguo sul suolo e la commisurazione della quantità di azoto efficiente e di acqua applicata ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture.
3. E' ammessa l'utilizzazione agronomica delle acque reflue finalizzata a veicolare prodotti fitosanitari o fertilizzanti.
4. Sono ritenuti non rilevanti dal punto di vista ambientale quantitativi di acque reflue prodotte da aziende vitivinicole, uguali o inferiori a 1000 metri cubi annui a condizione che queste vengano distribuite su terreni agricoli dei quali i produttori abbiano la disponibilità riconosciuta da adeguato titolo giuridico, in un quantitativo massimo pari a 100 metri cubi per ettaro per anno. Per tali tipologie di acque reflue, per quanto riguarda le modalità di stoccaggio e la comunicazione, si applicano le disposizioni di cui all'art. 56.
Art. 45
Esclusioni
1. Non sono ritenute idonee alla utilizzazione agronomica le seguenti tipologie di acque reflue:
a) le acque derivanti dal dilavamento degli spazi esterni non connessi al ciclo produttivo, così come disciplinate al paragrafo I lett. A2 punto 4.3 delle Linee guida approvate con deliberazione di Giunta regionale. n. 1860/2006;
b) le acque derivanti da processi enologici speciali come ferrocianurazione e desolforazione dei mosti muti, da produzione di mosti concentrati e mosti concentrati rettificati e, più in generale, le acque derivanti dai processi enologici contenenti sostanze prioritarie di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 14 aprile 2009, n. 56 (Regolamento recante "Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l'identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Sito esterno, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo");
c) le acque reflue contenenti, detergenti, disinfettanti, tensioattivi, fatte salve quelle che provengono dalle ordinarie operazioni di pulizia e lavaggio delle strutture e delle attrezzature utilizzate nel processo produttivo ed ammesse dalle norme igienicosanitarie;
d) le acque di lavaggio dei mezzi agricoli e dei mezzi utilizzati per il trasporto del bestiame (trattori, rimorchi, etc.);
e) il siero di latte, il latticello, la scotta e le acque di processo delle paste filate delle aziende che trasformano un quantitativo di latte superiore a 100.000 litri all'anno.
2. Nell'ambito della preparazione delle miscele fitoiatriche restano valide le prescrizioni più restrittive riportate in etichetta dei formulati commerciali autorizzati e, in generale, quanto previsto dalla vigente normativa in tema di utilizzo dei prodotti fitosanitari.
Art. 46
Divieti di utilizzazione
1. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue è vietata:
a) sulle superfici non interessate dall'attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico o privato e per le aree soggette a recupero-ripristino ambientale;
b) nei boschi;
c) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, interessati da movimenti di massa tali da non consentirne la coltivazione, e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione;
d) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante.
2. In relazione ai corsi d'acqua superficiali, il divieto si applica:
a) entro 10 metri lineari dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali;
b) entro 30 metri dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonché dei corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;
c) nella fascia fluviale A, come individuata dal PAI dell'Autorità di Bacino del fiume Po e recepita nei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale.
3. Le disposizioni del comma 2 non si applicano:
a) ai canali artificiali, con arginatura coincidente con la sponda;
b) ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali;
c) ai sistemi di scolo aziendali, purché non connessi direttamente ai corsi d'acqua naturali.
Art. 47
Limiti all'utilizzazione
1. L'utilizzazione delle acque reflue è vietata su terreni con pendenza media superiore al 30%.
2. Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% ed il 30%, per evitare il ruscellamento superficiale, la distribuzione delle acque reflue è effettuata garantendo che i volumi d'adacquamento non superino i 90 m³/ha.
3. In relazione alle colture, si devono adottare metodi di distribuzione atti ad evitare contatto con i prodotti destinati al consumo umano.
4. Su colture foraggere la distribuzione è vietata nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento.
5. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue è inoltre vietata dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per la ricreazione o destinate in generale ad uso pubblico.
6. Per quanto riguarda le distanze da centri abitati e strade per l'utilizzazione agronomica valgono le disposizioni dell'art. 18.
Art. 48
Periodi di divieto della distribuzione delle acque reflue
1. Per i periodi di divieto all'utilizzazione agronomica delle acque reflue si applicano le disposizioni previste per i liquami all'art. 17 per le zone vulnerabili ai nitrati e all'art. 38 per le zone non vulnerabili.
2. La Regione, con atto del Direttore competente in materia ambiente, può sospendere tali divieti e individuare altri periodi di divieto in considerazione dell'entità delle precipitazioni e del tenore di umidità dei suoli, anche per zone limitate e per specifiche esigenze agronomiche.
Art. 49
Stoccaggio delle acque reflue
1. Le acque reflue destinate all'utilizzazione agronomica devono essere raccolte in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e in considerazione del tempo in cui l'impiego agricolo è vietato o impedito da motivazioni agronomiche o climatiche.
2. I contenitori delle acque reflue devono avere una capacità minima pari al volume medio annuale prodotto in novanta giorni.
3. In merito alla produzione discontinua di acque reflue di piccole imprese vitivinicole e ortofrutticole, la capacità di stoccaggio è valutata in rapporto al volume medio nelle fasi di produzione ed alle possibilità di utilizzazione per rispondere alle esigenze colturali nello stesso periodo stagionale della loro produzione.
4. I contenitori ove avvengono lo stoccaggio ed il trattamento delle acque reflue sono realizzati a tenuta idraulica, al fine di evitare la percolazione o la dispersione delle stesse all'esterno.
5. I contenitori di stoccaggio devono essere localizzati in aree non destinate ai processi produttivi al fine di evitare un possibile inquinamento microbiologico dell'ambiente di lavorazione dei prodotti. I contenitori possono essere ubicati anche al di fuori del perimetro dell'area su cui insiste l'impianto di lavorazione e al di fuori dell'area agricola su cui sono utilizzati, e in tal caso, deve essere garantita la non miscelazione con tipologie di acque reflue diverse da quelle di cui al presente regolamento, con effluenti di allevamento e digestato o con rifiuti. La miscelazione con effluenti zootecnici e digestato è ammessa nel caso di contenitori di stoccaggio ubicati all'interno della azienda, purché sia adeguatamente valutata nel PUA ove previsto.
6. Lo stoccaggio non è ammesso:
a) entro 10 metri dalla sponda dei corsi d'acqua superficiali, dei laghi e bacini;
b) nelle zone di rispetto delle captazioni e derivazioni delle acque destinate al consumo umano come definite all'art. 2, comma 1, lett. b.2);
c) nelle fasce di rispetto definite nei regolamenti comunali.
7. Nella fascia fluviale A, come definita dal PAI dell'Autorità di bacino del fiume Po e recepita nei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale, è vietata la localizzazione di nuovi contenitori per lo stoccaggio.
Art. 50
Volumi di distribuzione e computo dell'azoto apportato
1. I volumi delle acque reflue sono finalizzate a massimizzare l'efficienza dell'acqua e dell'azoto, qualora questo elemento sia in concentrazioni significative, in funzione del fabbisogno delle colture.
2. Le tecniche di distribuzione delle acque reflue assicurano:
a) il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attività agricola, comprese le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare;
b) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;
c) l'uniformità di applicazione delle acque reflue;
d) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nelle acque sotterranee.
3. La scelta delle tecniche di distribuzione tiene conto:
a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del sito;
b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo;
c) delle colture praticate e della loro fase vegetativa.
4. Degli apporti di azoto alle colture mediante la distribuzione delle acque reflue provenienti dall'attività lattiero-casearia si tiene conto per rispettare il bilancio dell'azoto stabilito dal PUA ed i limiti di MAS per coltura.
5. Per l'utilizzazione finalizzata all'irrigazione, in merito ai volumi e ai tempi di esecuzione degli interventi, le aziende assumono a riferimento:
a) i tempi di intervento, avvio e termine dell'irrigazione, indicati dagli attuali bollettini provinciali di produzione integrata, o da altri mezzi di informazione tecnica per le aziende agricole;
b) i volumi massimi di adacquamento indicati nell'Allegato II.
6. I volumi di adacquamento per singola distribuzione non devono essere superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle colture.
Art. 51
Trattamenti fitosanitari consentiti
1. In considerazione della necessità di verificare la concentrazione degli eventuali residui di sostanze impiegate nelle pratiche di lavaggio delle attrezzature e impianti utilizzati nel processo di vinificazione e, più in generale, di effettuare una valutazione del rischio sanitario, in particolare per le acque reflue destinate ai trattamenti fitoiatrici sul prodotto edibile, l'utilizzo delle acque reflue di cantina destinate a veicolare i prodotti fitosanitari, in attesa dei risultati della suddetta valutazione, è ammesso esclusivamente:
a) per i trattamenti diserbanti;
b) per i trattamenti fitoiatrici sulla pianta fino alla fase fenologica della fioritura.
Art. 52
Trasporto delle acque reflue, finalizzato all'utilizzazione agronomica
1. Per il trasporto finalizzato all'utilizzazione agronomica delle acque reflue valgono le disposizioni di cui all'art. 14.
Art. 53
Registrazione delle operazioni di fertirrigazione o irrigazione
1. Le imprese che utilizzano acque reflue sono tenute a registrare le singole distribuzioni, riportando, entro quindici giorni dall'intervento, i seguenti dati:
a) gli appezzamenti per coltura praticata, riportando i codici delle particelle catastali componenti;
b) la coltura;
c) la data di distribuzione (giorno/mese/anno);
d) tipologia di acqua reflua;
e) la quantità totale applicata per ogni somministrazione;
f) il contenuto percentuale in azoto e la quantità totale di azoto, nel caso di acque reflue delle attività lattiero-casearie.
2. Il legale rappresentante deve conservare la seguente documentazione:
a) il registro cartaceo o informatizzato;
b) copia della sezione o tavola della CTR, in scala 1:5.000 o 1:10.000, recante la individuazione degli appezzamenti con codice numerico progressivo o, in alternativa, l'individuazione delle particelle catastali mediante la copertura cartografica fornita dal sistema informativo geografico dell'anagrafe delle aziende agricole regionale.
3. Il materiale cartografico di cui al comma 2 deve essere conservato assieme al registro.
Art. 54
Comunicazione in materia di acque reflue
1. Il legale rappresentante dell'impresa che produce o utilizza acque reflue deve darne comunicazione all'autorità competente almeno trenta giorni prima dell'avvio delle attività di utilizzazione o della cessione a terzi.
2. Le imprese di cui al comma 1 devono essere iscritte al Sistema dell'anagrafe delle aziende agricole dell'Emilia-Romagna.
3. Il legale rappresentante dell'impresa deve comunicare ogni modifica relativa all'attività di utilizzazione agronomica che comporti variazione dei dati precedentemente comunicati. Il rinnovo della comunicazione di cui al comma 1 va effettuato entro cinque anni dalla comunicazione iniziale o dalla sua ultima variazione. I rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla data di presentazione ai fini della disciplina della comunicazione. Le informazioni previste per la comunicazione di utilizzazione agronomica devono essere aggiornate ogni cinque anni, con valenza di autocontrollo, anche quando la comunicazione è inserita nel procedimento di AUA di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno e in questo caso il termine di 5 anni ricomincia a decorrere; i rinnovi e le modifiche hanno effetto immediato dalla presentazione ai fini della disciplina della comunicazione. Se la modifica della comunicazione determina anche una modifica di altri procedimenti compresi in AUA, il legale rappresentante dell'impresa deve valutare tali modifiche in relazione alle norme relative agli altri titoli abilitativi e alle matrici ambientali e si applicano le disposizioni di cui al d.P.R. n. 59 del 2013 Sito esterno.
Art. 55
Contenuti della comunicazione delle imprese che producono acque reflue
1. Nella comunicazione di cui all'art. 54 devono essere contenute le seguenti informazioni:
a) anagrafica dell'impresa e del titolare;
b) caratteristiche del sito oggetto di spandimento, con relativa indicazione catastale e superficie totale utilizzata per lo spandimento;
c) volume stimato e tipologia di acque reflue annualmente prodotte/ricevute a seguito di cessione;
d) capacità e caratteristiche degli stoccaggi in relazione alla quantità e tipologia delle acque reflue e delle acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti;
e) tipo di utilizzazione, irrigua e/o per distribuzione di antiparassitari;
f) distanza fra i contenitori di stoccaggio e gli appezzamenti destinati all'applicazione delle acque reflue;
g) elenco dei documenti amministrativi ed elaborati tecnici relativi all'utilizzazione agronomica da conservarsi presso sede aziendale.
2. In caso di cessione a terzi il legale rappresentante dell'impresa agricola che cede acque reflue deve trasmettere all'autorità competente copia del contratto stipulato, oltre alle informazioni relative all'azienda e alla produzione. Il detentore è responsabile della corretta attuazione delle fasi non gestite direttamente dall'azienda agricola produttrice ed è tenuto a comunicare le relative informazioni all'autorità competente, come previsto all'art. 54, ed a produrre la relativa documentazione.
Art. 56
Aziende vitivinicole che producono quantitativi di acque reflue non rilevanti dal punto di vista ambientale
1. Le aziende vitivinicole che producono quantitativi di acque reflue ritenute non rilevanti dal punto di vista ambientale devono essere dotate di contenitori per lo stoccaggio aventi una capacità minima non inferiore al 10% del volume di acque reflue complessivamente prodotte in un anno.
2. Il legale rappresentante dell'impresa è obbligato a trasmettere all'autorità competente una dichiarazione ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 Sito esterno (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), predisposta secondo le indicazioni contenute nell'Allegato IV del presente regolamento, attestante il possesso dei requisiti di cui al comma 1. Tale dichiarazione va trasmessa entro trenta giorni dall'avvio della produzione di acque reflue e deve essere aggiornata ogni volta che subentrino modifiche rispetto a quella precedentemente inviata; in questo caso ha effetto immediato dalla data di presentazione. Una copia della dichiarazione e di tutti gli atti necessari ad attestarne la veridicità va conservata in azienda per i controlli successivi; una copia della dichiarazione che è stata oggetto di aggiornamento deve essere conservata per almeno 2 anni per consentire i controlli.
Titolo IV
Norme finali e transitorie
Art. 57
Norme finali e transitorie
1. Il regolamento regionale 4 gennaio 2016, n.1 è abrogato, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.
2. Le disposizioni del presente regolamento non si applicano ai manufatti costruiti o ristrutturati prima della data della sua entrata in vigore, per i quali continuano ad applicarsi le precedenti disposizioni in materia. In relazione agli obblighi di cui al comma 4 dell'art. 33, gli impianti di digestione anaerobica ubicati in zona ordinaria, qualora già esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento n. 1 del 2016, possono essere oggetto di specifiche valutazioni da parte dell'autorità competente nell'ambito del programma di adeguamento previsto al punto 8 dell'Allegato della deliberazione di Giunta Regionale n. 1495 del 2011.
3. Per quanto attiene ai provvedimenti di comunicazione e ai Piani di Utilizzazione Agronomica annuali attivi al momento di entrata in vigore del presente regolamento restano validi sino alla loro scadenza, fermi restando gli eventuali obblighi di integrazione al fine di adeguamento alle disposizioni del presente regolamento.
4. Le funzioni oggetto del presente regolamento sono svolte dalla Regione che le esercita tramite l'Agenzia regionale per la Prevenzione, l'ambiente e l'energia di cui all'articolo 16 della l.r. n. 13 del 2015.
5. Possono essere ammesse attività di studio e sperimentazione applicata per lo sviluppo di buone pratiche agricole attinenti i diversi aspetti dell'utilizzazione agronomica. Tali attività devono rispettare la disciplina del d.M. 25 febbraio 2016 e quella ambientale di riferimento e non devono comunque comportare, in zona vulnerabile ai nitrati, il superamento del limite previsto di 170 kg/ettaro per anno di azoto da effluenti di allevamento come media aziendale. L'attività di sperimentazione deve essere limitata alle superfici strettamente necessarie a condurre la sperimentazione e deve essere svolta da un ente di ricerca qualificato ai sensi della normativa vigente, previa presentazione di una relazione in cui vengono descritte le specifiche attività, inviata alle Direzioni generali competenti in materia ambiente e in materia agricoltura. Le Direzioni interessate esprimono parere in merito all'attività sperimentale entro sessanta giorni dal ricevimento del progetto da parte dell'ente di ricerca.
Art. 58
Entrata in vigore
1. Il presente regolamento regionale entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.


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