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63.
SEDUTA DI MARTEDÌ 20 DICEMBRE 2011
(POMERIDIANA)
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RICHETTI
INDI DEL VICEPRESIDENTE AIMI
INDI DEL VICEPRESIDENTE MANDINI
Indice
OGGETTO 2128
Relazione del Presidente della Giunta sull'attuazione del Programma di Governo con allegati il Documento di politica economico-finanziaria 2012-2015 (DPEF) e Relazione del Presidente della Giunta all'Assemblea legislativa sull'attività della Giunta regionale nel 2010 (Articoli 28 comma 2 Statuto, 19 Regolamento interno e 46 comma 3 Statuto)
(Continuazione discussione e conclusioni)
PRESIDENTE (Richetti)
MANFREDINI (Lega Nord)
NOÈ (UDC)
GRILLINI (Italia dei Valori)
PRESIDENTE (Aimi)
CAVALLI (Lega Nord)
BERNARDINI (Lega Nord)
DEFRANCESCHI (Mov. 5 Stelle)
ERRANI, presidente della Giunta
Inversione dell'ordine dei lavori
PRESIDENTE (Aimi)
OGGETTO 2062
Delibera: «Ratifica, ai sensi dell'art. 13, comma 2, dello Statuto, dell'accordo tra Regione Emilia-Romagna (RER) e Repubblica di San Marino (RSM) per la gestione dei rifiuti urbani e speciali anche pericolosi destinati al recupero e allo smaltimento, in attuazione di accordi vigenti. (Richiesta del Presidente della Giunta regionale in data 22 novembre 2011).» (68)
(Discussione e approvazione)
PRESIDENTE (Aimi)
FAVIA (Mov. 5 Stelle)
OGGETTO 1996
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete Natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del Piacenziano»
(Testo base) (33) (Relazione di maggioranza, relazione di minoranza, discussione e conclusioni)
(Ordine del giorno oggetto 1996-2016-2056/1 – Presentazione) (47)
OGGETTO 2016
Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Meo, Naldi, Sconciaforni, Defranceschi e Moriconi: «Istituzione del Parco regionale fluviale del Secchia»
(Abbinato)
OGGETTO 2056
Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Villani, Bignami, Aimi, Bartolini, Bazzoni, Filippi, Leoni, Lombardi, Malaguti, Pollastri e Alberto Vecchi: «Riorganizzazione degli enti gestori del sistema regionale e delle aree protette e dei siti di Rete Natura 2000»
(Abbinato)
PRESIDENTE (Aimi)
MEO, relatrice di maggioranza
BAZZONI, relatore di minoranza
POLLASTRI (PDL)
BERNARDINI (Lega Nord)
PRESIDENTE (Mandini)
VECCHI Alberto (PDL)
CORRADI (Lega Nord)
BIGNAMI (PDL)
DONINI (Fed. della Sinistra)
MARANI (PD)
NOÈ (UDC)
MANFREDINI (Lega Nord)
MONARI (PD)
FILIPPI (PDL)
PRESIDENTE (Richetti)
FAVIA (Mov. 5 Stelle)
MANDINI (Italia dei Valori)
DEFRANCESCHI (Mov. 5 Stelle)
VILLANI (PDL)
FREDA, assessore
Allegato
Partecipanti alla seduta
Votazione mediante appello nominale
Allegato A
Atti esaminati nel corso della seduta
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RICHETTI
La seduta ha inizio alle ore 15,17
PRESIDENTE (Richetti): Dichiaro aperta la sessantatreesima seduta della IX legislatura dell'Assemblea legislativa.
OGGETTO 2128
Relazione del Presidente della Giunta sull'attuazione del Programma di Governo con allegati il Documento di politica economico-finanziaria 2012-2015 (DPEF) e Relazione del Presidente della Giunta all'Assemblea legislativa sull'attività della Giunta regionale nel 2010 (Articoli 28 comma 2 Statuto, 19 Regolamento interno e 46 comma 3 Statuto) (Continuazione discussione e conclusioni)
PRESIDENTE (Richetti): Riprendiamo i nostri lavori con la discussione sull’oggetto 2128.
Ricordo che il tempo a disposizione di ogni singolo consigliere è di quindici minuti.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Manfredini. Ne ha facoltà.
MANFREDINI:Grazie, presidente. Avrei avuto piacere che il Presidente Errani fosse presente, anche perché il mio è più un discorso diretto, e spero che mi stia ascoltando attraverso i mezzi che abbiamo a disposizione in ufficio.
Cari colleghi, caro presidente, la bozza di DPEF consegnata a noi consiglieri con ammissibile ritardo, malgrado i reiterati solleciti, pur comprendendo che in ordine ad alcuni dettagli possa aver inciso la necessità di attendere il quadro della nuova finanziaria del Governo Monti, ha comunque finito con il pregiudicare i contributi che sono stati avanzati da tutti i Gruppi consiliari.
Io e i miei colleghi del Gruppo Lega Nord avremmo preferito dei richiami, nel documento, ai tanti importi discrezionali maturati, per così dire, dalle varie politiche perseguite dalla Giunta sia nel corrente anno che in quelli più recenti, soprattutto per capirne la reale sostenibilità. Tuttavia, comprendo che un’operazione di vera trasparenza avrebbe creato più di un imbarazzo, anche perché, come avrò modo di precisare in queste giornate in Consiglio, soprattutto quando analizzeremo il bilancio, persistono finanziamenti e centri di costo molto discutibili.
Nella premessa del DPEF si accenna a un ennesimo Patto della crescita siglato a novembre 2011, piuttosto sconosciuto a livello locale, malgrado la faraonica campagna di comunicazione messa in campo. Si registra un sempre maggior disinteresse verso questi accordi istituzionali che, al di là del nome altisonante, finiscono con l’essere soluzioni effimere, da vetrina.
Non mi stancherò di ripetere che la green economy, l’internazionalizzazione e via dicendo, che vengono presentate come ricette salvifiche, pur importanti, sono tuttavia solo alcune opportunità tra le tante che il nostro tessuto produttivo emiliano-romagnolo potrebbe cogliere.
Anche la tanto sbandierata discesa in campo della Regione contro le infiltrazioni mafiose, che finirà con l’essere declinata in convegnistica e finanziamenti a pioggia al solito mondo dell’associazionismo interessato, finirà con il servire poco se non pochissimo, perché è chiaro a tutti che l’unica lotta efficace contro i criminali è quella che fanno le forze dell’ordine, a cui dovrebbe seguire un’azione inflessibile della magistratura.
Questa Regione vuole veramente prevenire l’infiltrazione mafiosa? Bene, allora mi dica, signor presidente, perché si sono respinti gli emendamenti leghisti che imponevano la trasparenza per chi opera nei settori degli inerti, nella coltivazione di cave e via elencando, ossia nei settori più tipicamente gestiti dalle associazioni malavitose, anziché continuare a parlare a vanvera di ambiente perché l’Esecutivo di via Aldo Moro non dissuade i Comuni dall’incessante consumo di suolo che tanto favorisce quell’edilizia indiscriminata.
Prendo atto dei tanti indicatori economici richiamati dal testo, ma dissento sul fatto che siano idonei a fornire un quadro esaustivo. Come si può fare autocelebrazione di elevati livelli di benessere quando mancano dati sulla cattiva distribuzione di reddito, sottoccupazione, carovita, mortalità delle nostre imprese artigianali, spesso fagocitate – sfatiamo pure il mito – dalle esportazioni, che sempre più spesso consistono in prodotti finiti, assemblando componenti di importazione cinese o chissà da dove, come è stato detto da un autorevole economista, pseudo-imprenditori asiatici e, per finire, come ci dice il Corriere della Sera, lavoro nero?
Contesto quindi la smania di fare aggregare a tutti i costi le piccole imprese padane per snaturare la grande capacità di imporsi sui tradizionali mercati interni e confinanti. Ci si occupi, invece, localmente del vero dramma dei mancati subentri delle loro condizioni che fa sparire da un giorno all’altro professionalità uniche.
Purtroppo vi sono oggi associazioni di categoria che sembrano poco interessate a tutelare i veri interessi dei loro associati, essendosi progressivamente trasformate in covi di burocrati pseudo-sindacali buoni solo per mediazioni istituzionali.
Immagino che conosca bene come la sua Amministrazione ha distribuito le risorse per l’artigianato. Oppure devo ricordarle io che ha finanziato associazioni per attività che non interessano gli artigiani ma chi erige le loro associazioni?
Detto questo, nel documento sono interessanti i dati sui tassi di povertà relativa, che però andrebbero meglio osservati rapportandoli a quell’evasione fiscale ben colpevole di forti distorsioni sul sistema economico e certo causa di pressioni tributarie abnormi, a tutto danno del cosiddetto “ceto medio”. Il discorso sulla povertà si lega a quello veramente ossessivo dell’inclusione sociale, che ha trasformato la nostra terra in un campo per i disperati di tutte le patrie. La Regione rossa ha perfezionato un terzomondismo clientelare che ingrassa le solite associazioni, parcheggio per i loro dipendenti, al punto che il termine “lavoro” rischierebbe di risultare offensivo. Già subiamo le conseguenze di questa macchina assistenziale fuori controllo. Eppure a sinistra non c'è un cenno, un pensiero, un’idea rivolta a quel ceto medio autonomo, a quella parte IVA che lavora e paga, unica a poter dare opportunità ai senza lavoro, agli indigenti, ai giovani.
Non è certo la grande industria, il capitalismo assistito, quello della finanza amica, delle fughe all’estero, dei mestieri seriali a basso costo, dei tirocini fasulli e dei bilanci sociali di propaganda: la crescita arriva con la cultura del fare, non quella dell’affare.
Vedremo poi quali risultati daranno i promessi 20 milioni di euro per l’accompagnamento al lavoro dei giovani, se finalmente daranno corso o meno alla buona pratica della scuola- bottega, già incentivata ad esempio da alcune Camere di commercio.
Alternative a queste soluzioni ve ne sono poche, niente o quasi. I ragazzi sanno tutti degli ottimi sbocchi lavorativi che potrebbero avere diventando buona manodopera qualificata in abbinamento alla scuola dell’obbligo? Che ne pensa, presidente, del suo assessore a proposito dei fondi di corsi di formazione professionale, visto che nonostante le mie tre interrogazioni si sono tenuti nascosti per quasi un anno i 35 milioni di euro trasferiti alla nostra Regione dal Governo di centrodestra per i lavoratori in cassa integrazione in deroga e che, guarda caso, sono ricomparsi oggi soltanto con il Governo Monti.
Un piccolo cenno al dato mancante della disuguaglianza del reddito, che da altra documentazione ho appurato essere rilevante in Emilia-Romagna. Con questo intendiamo il divario di retribuzione tra tutti coloro che costruiscono l’intero reddito regionale. Ebbene, da vent’anni ad oggi la forbice tra stipendi ai dirigenti e ai loro sottoposti non ha fatto che allargarsi in modo scandaloso. Spieghino i sindacati che cosa hanno fatto per evitarlo. A quando la soppressione delle costosissime direzioni generali e la razionalizzazione delle dirigenze ancora in sovrannumero rispetto ai sempre più ridotti e maltrattati dipendenti di ruolo del nostro Ente?
Pertanto, le chiedo di mettere in atto quel passaggio del suo discorso che poco fa ha rivolto ai dipendenti della Regione sull’equità. Dalle parole le chiedo di passare ai fatti.
Vengo all’Europa. Così come stanno le cose non credo che nel nostro bel Paese si potrà mai sperare in qualcosa di buono sull’attuale Unione Europea, e a riprova sono i cinque obiettivi comunitari da conseguire entro il 2020 riferiti nel DPEF e ripresi da lei questa mattina. Ebbene, sembra un conto da ragionieri, che sarà magari raggiunto ma in modo formale, puramente matematico, secondo schemi di accademia. Basti pensare al preteso incremento (un tanto al chilo) dei tassi di istruzione universitaria, che non si sa quanto si abbineranno a una maggiore ricettività del mondo del lavoro.
Intanto, è vero che in America parecchie banche hanno dato prestiti scolastici a miriadi di studenti rivelatisi poi insolventi perché senza lavoro dopo la laurea. Questa è una delle più incombenti bolle finanziarie pronte a esplodere a livello planetario. Ma l’Europa dei salotti buoni procede col sole in fronte, con le sue incertezze di carta.
Non dimentico l’altro tema ossessivo dell’aumento dei consumi, quasi che per Bruxelles e i suoi satelliti sia diventato un obbligo morale. È tutto da vedere se nella società odierna il tempo libero sarà ancora generosamente trascorso a far la spesa all’outlet, nel senso che non è dato sapere se l’attuale regime di consumi superflui, cioè indotti, terrà la domanda in modo sufficiente.
Eppure persiste un continuo richiamo ad una crescita quantitativa che, tra l’altro, potrà mettere sempre più fuori gioco l’economia padana delle piccole e medie imprese di qualità. Ovviamente nel DPEF non c'è alcuna riflessione critica similare, va tutto bene, assunto come verità e basta.
Mi sarei aspettato che nella sua relazione di stamattina avesse messo in rilievo uno dei problemi strutturali dell’Italia, cioè il fatto che viviamo in un Paese a due velocità, dove il Nord ha un PIL pari a quello delle maggiori economie mondiali e il Sud campa di assistenzialismo, e dove l’economia non cresce, non riesce a decollare a causa in particolare dell’enorme mole di lavoro sommerso che si traduce in un’evasione fiscale insostenibile per le casse dello Stato.
Caro presidente, essendo lei anche Presidente della Conferenza Stato-Regioni, le rivolgo un appello che mi sta molto a cuore: spinga a livello istituzionale affinché la legge n. 42 prodotta da Calderoli sul federalismo fiscale venga attuata nei tempi più brevi possibili. Ci conto.
Torniamo a far contare la politica e non i burocrati. Torniamo a far assumere responsabilità dirette a noi politici, assessori anzitutto e anche consiglieri di maggioranza, senza delegare l’impiego del denaro pubblico a degli esterni di comodo, nominati e non elettivi. Renderemo conto direttamente al popolo sovrano delle nostre scelte e riavvicineremo i cittadini alla cosa pubblica. Ma anche questa concreta ipotesi è assente del tutto nel testo del DPEF.
Presidente, penso che i punti da me esposti siano più che sufficienti per esprimere la nostra contrarietà a questo DPEF. Pertanto, il nostro voto sarà convintamente contrario. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Manfredini.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Noè. Ne ha facoltà.
NOÈ: Grazie, presidente. Ho trovato interessante la relazione che lei ha illustrato questa mattina. Vorrei svolgere una considerazione di merito e una di metodo, rispetto a quello che è stato fatto nell’arco di questo mandato, in questo anno e mezzo che ci ha accompagnato, e rispetto a quello che ci dovrebbe attendere, sul come e cosa fare.
Sono rimasta particolarmente colpita, presidente, quando lei ci ha invitato a uscire dalla demagogia e dalla propaganda. Anch’io obiettivamente riconosco che forse in certi momenti il nostro agire, il nostro stile può anche prestarsi a una chiave di lettura in questo senso, però mi sento di dire, per quello che mi riguarda e per quello che rappresenta lo stile del partito cui faccio riferimento, l’UDC, che né la demagogia né la propaganda mi hanno caratterizzato né in questo mandato né in quello precedente. Anzi, penso di poter dire che, con grande senso di responsabilità e con grande coerenza, ho cercato in quest’Aula di portare avanti le mie convinzioni. Purtroppo, debbo anche dirle che la coerenza con cui ho sempre cercato di difendere la mia identità non sempre mi è stata riconosciuta e forse quest’Aula, in un’occasione particolare, me l’ha negata.
Al di là di questa premessa sulla demagogia e sulla propaganda, sono d’accordo con lei quando dice che dobbiamo fare una particolare attenzione al momento che stiamo vivendo. Come ho già detto varie volte, è un momento che non voglio nemmeno definire “crisi”, se non altro perché non voglio arrotondarlo per difetto, pur nella totale consapevolezza di che cosa ci sta facendo passare questo presente.
Diciamo che questo è un momento di profondo cambiamento e di mutazione genetica della nostra società. Io dico sempre che sta cambiando il DNA della nostra società e per effetto di questo cambiamento di pelle, e non solo, credo che ci sia bisogno – ha ragione lei quando lo dice – di una certa discontinuità, una discontinuità con un passato che però ci caratterizza, probabilmente per alcune impostazioni di scelta, ma anche per il modo con cui abbiamo fatto politica in questa Regione, o quanto meno per il modo con cui abbiamo deciso di impiegare le nostre risorse, e soprattutto per la modalità con cui noi ci siamo rapportati.
Questo è un messaggio molto forte che io voglio indirizzare non solo a lei, ma a tutta quest’Aula, non solo ai miei colleghi consiglieri regionali, ma a questa Giunta. È logico che questa Regione, come il Paese Italia, deve gestire in modo diverso rispetto al passato questa emergenza, però oggi questa strategia deve essere frutto di un gioco di squadra.
Io guardo con molta attenzione a quello che sta avvenendo in questi giorni a Roma. Sto guardando con molta attenzione alla modalità con cui certe forze, tutte insieme, hanno deciso di anteporre il bene comune dell’Italia, l’emergenza dell’Italia a un’ideologia di appartenenza per fronteggiare questa grandissima emergenza.
Mi intriga molto il fatto che ci sia stata una scelta di questo tipo e che, di fronte all’Unione, ci possa essere anche la prospettiva di dialogare di più, di ritrovarci di più, di abbassare di più quei toni che – ahimè – nel passato ci hanno contrapposto troppe volte, forse portandoci anche, in alcuni momenti, all’incapacità di ascoltarci e di capire le valide ragioni che venivano esposte anche dall’altro.
Quello che voglio raccogliere da questo particolare momento, ahimè, di emergenza, è che comunque rappresenta un’opportunità di farci dialogare di più, di farci parlare di più.
Le rivolgo questo appello, presidente: le chiedo di ascoltare di più la minoranza, di ascoltare di più le minoranze che sono fuori dal suo schieramento, e di dipendere di meno dalle minoranze che sono dentro al suo schieramento. Le chiedo di ascoltare di più tutti.
Naldi, stai buono…
PRESIDENTE (Richetti): Colleghi, consentiamo alla consigliera Noè di terminare il suo intervento.
NOÈ: L’amica Donini – mi dispiace che non sia in Aula – parlava della dignità della politica e richiamava anche l’amico Favia rispetto ai contributi che hanno dato in tante battaglie proposte da questa maggioranza. Ebbene, io ricordo solamente, durante questo mandato, un unico progetto di legge che è stato presentato da un esponente della minoranza, però assieme a una collega della maggioranza, Palma Costi, sui funghi. Quel progetto di legge presentato da due consiglieri regionali ha trovato la disponibilità da parte di tutti noi. Forse ne dimenticherò qualcun altro, ma proprio perché sono così rari credo che sia anche legittimo che non ne ricordi altri.
Auspico davvero che, se si creerà questa maggiore predisposizione all’ascolto, si possa riuscire a credere che anche qualche esponente della minoranza possa proporre qualcosa che sia meritevole di attenzione e, perché no, anche di approvazione.
Sarà perché ho appena presentato un testo in cui credo molto, confido che così come tre colleghe donne, nella scorsa seduta assembleare, hanno avuto la soddisfazione di vedersi approvato un progetto di legge all’unanimità, mi sono candidata come donna dell’opposizione ad avere questa aspettativa rispetto a un altro progetto di legge che ho presentato e che sono convinta potrebbe trovare l’interesse di tutti voi.
Al di là di questo dettaglio, credo che, forse durante il bipolarismo, certi assemblaggi saranno serviti anche per vincere, però purtroppo insieme non sono riusciti a governare. Quello che mi auguro, invece, è che con questa impostazione, dove effettivamente c'è una maggiore predisposizione all’ascolto, anche questa Regione possa prendere ad esempio quello che sta avvenendo a livello romano per riproporlo a livello locale.
Come dicevo, ci sono anche considerazioni di merito, soprattutto sulle modalità con cui, secondo me, oggi questa Regione si deve rapportare di fronte alla specificità e all’’unicità del momento. Oggi, è vero, noi prendiamo atto che molti capitoli di spesa ci sono stati tagliati, però forse è giunto il momento in cui, nella maggior parte dei casi, dobbiamo cercare non di costruire dei bilanci che vengano avanti sulla base di quello che è un arrotondamento per difetto, magari di grande difetto, ma provare invece ad azzerare completamente alcuni bilanci e redigerli sulla base di una spending review.
Quindi, si deve cercare di individuare delle modalità nuove per impiegare le risorse che – ahimè – oggi sono rimaste a disposizione.
Lei, Presidente, sottolineava la necessità di sostenere in particolare alcuni ambiti. Quando parlava del credito sono assolutamente d’accordo con lei, nel senso che il credito oggi sta diventando veramente un fattore letale per tante imprese. Però, se è vero questo, come ho sollevato questa mattina in question time, noi non possiamo pensare che nella sanità – proprio nella sanità, che rappresenta la voce per eccellenza di questo bilancio – la Regione Emilia-Romagna, che io per prima riconosco essere comunque una Regione virtuosa, eccellente, sia la tredicesima o la quattordicesima a pagare i suoi fornitori, stando ad alcune statistiche che oggi sottopongono le varie associazioni di riferimento. È impensabile che fra tutte le Regioni virtuose l’Emilia-Romagna sia la peggiore. Non è possibile che venga immediatamente prima delle Regioni che sono state commissariate. È inaccettabile, soprattutto perché, guardando fuori dai nostri confini nazionali, in Europa, in Paesi simili a noi (penso alla Francia, alla Germania, alla Gran Bretagna) per andare incontro a questo stato di contrazione del credito gli enti pubblici hanno ridotto i termini di pagamento, come peraltro dispone la stessa direttiva comunitaria.
D’accordo, dobbiamo fare pressioni sul Governo affinché questi termini di riferimento vengano recepiti anche dal nostro Governo nazionale, però anche noi dobbiamo cercare effettivamente di restringere i termini: un tempo erano diventati 400 giorni, poi due anni fa siamo riusciti a riportarli a 200, però negli ultimi tempi c'è stato un ulteriore allungamento dei termini. In questo particolare momento, ciò sta facendo l’interesse solamente delle banche.
Detto questo, sono d’accordo con lei anche quando dice che è giusto porre attenzione sui giovani e sulle donne. Presidente, facciamo attenzione – l’ho detto anche all’assessore Muzzarelli in Commissione – anche alle microimprese, quelle che arrivano fino a nove dipendenti; quelle che sono rimaste oggi, purtroppo, per il loro limite dimensionale non riescono ad affrontare la globalizzazione e la competitività. Cerchiamo di inventarci dei meccanismi che consentano una maggiore aggregazione o di sollecitare le associazioni di riferimento affinché insieme si possano individuare dei progetti che permettano l’unione di questi microcosmi che oggi non riescono più a sopravvivere di fronte a questo tsunami congiunturale.
Inoltre, lei parlava, Presidente, di welfare e sussidiarietà. In particolare, quando si parla di sussidiarietà, vedo già alcuni movimenti. Mi auguro che la sussidiarietà su cui tutti ci diciamo disponibili – penso che questa Regione già lo abbia dimostrato anche nel suo agire – laddove effettivamente si possa aprire a nuovi campi (penso anche alla sanità leggera), sia comunque finalizzata a prendere atto che ci può essere un passo indietro del pubblico e l’offerta delle medesime opportunità a tutto il resto del mondo, purché fra il resto del mondo non si caratterizzino alcuni soggetti con particolari forze contrattuali che fanno da tagliafuori a tanti che legittimamente avrebbero diritto di partecipare a questo ruolo sussidiario.
Infine, lei non ha posto attenzione a un tema che per me è il numero uno, sebbene io le riconosca un abbuono per averlo citato prima, quando ha fatto gli auguri. Parlo dell’attenzione alla famiglia. Sono stata attenta, ma nel suo discorso qui in Aula lei non ha mai pronunciato una volta la parola “famiglia”. Deve scusarmi, ma le chiedo cortesemente, d’ora in avanti, dal primo gennaio 2012, di avere ben presente il ruolo che ha giocato questo soggetto nella società, il più grande ammortizzatore sociale a costo zero rispetto a questo tsunami che – ahimè – ha lasciato a casa tanti giovani e ha messo a repentaglio le finanze di tante famiglie e di tanti ragazzi che, nel conforto della casa e dei risparmi familiari, hanno trovato delle risposte.
Cerchiamo di aver presente bene il ruolo di questo soggetto perché ad oggi, purtroppo, con quel maledetto sovraticket, anche se in modo lungimirante questa Regione si era riproposta di far pagare di più a chi ha di più, ahimè ha fatto pagare di più a chi non è coniugato. Questa è purtroppo la declinazione finale che oggi quotidianamente ancora stiamo consumando in questa regione da Piacenza a Rimini.
L’assessore Lusenti ha detto che prima di procedere attendiamo che il Governo si manifesti, perché sembra che sia all’attenzione del Governo una sanatoria dal ticket, dalla casa madre, fino al sovraticket. Però facciamo in modo, se i tempi si allungano, di intervenire noi.
PRESIDENTE (Richetti): Deve concludere, cortesemente, consigliera.
NOÈ: Ottobre, novembre, dicembre: sono già quattro mesi e nel frattempo…
Anche la natalità è un altro di quei dati che mi sta molto a cuore e che dovrebbe trovare diritto di cittadinanza in quest’Aula.
Questi sono i consigli che io mi sono permessa di darle e, se vuole ancora la tripla A, come lei pensa di avere per questa Regione, la tripla A per me si declina in tre parole: maggiore autocritica (anche se la consigliera Donini parlava di un autoelogio, un po’ di autocritica consentirebbe di realizzare quella discontinuità che serve), maggiore ascolto e maggiore attenzione.
Poi sono certa che tutto questo potrebbe produrre un dialogo maggiore. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliera Noè.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Grillini. Ne ha facoltà.
GRILLINI: Grazie, presidente. Noi ci troviamo di fronte a una situazione di emergenza che molti hanno chiamato la “grande paura”. I debiti pubblici degli Stati, soprattutto quelli più fragili, il rallentamento delle economie, la debolezza dell’economia internazionale hanno prodotto un surriscaldamento dei mercati internazionali che ha fatto paventare addirittura un’implosione della crisi in Europa.
Il nostro Paese è diventato in questo modo protagonista perché addirittura qualcuno ha paventato un effetto domino: se l’Italia va in default, trascina l’Europa e trascina addirittura il mondo. È stata questa grande paura che ha fatto cadere il precedente Governo – che, a mio avviso, è largamente responsabile della situazione del nostro Paese, e quando dico “largamente” significa “soprattutto” – e ci ha portato addirittura a ipotizzare un’uscita dell’Italia dall’euro, con tutto ciò che questo fatto comporterebbe: isolamento sul piano internazionale, crollo del valore dei risparmi delle famiglie (si è parlato di un dimezzamento).
Quindi, cade un Governo da un lato e ne nasce uno nuovo su una grande paura. È ovvio che sulla paura è molto difficile costruire in positivo; sulla paura a volte si commettono anche dei grandi sbagli. È evidente che questo Governo che abbiamo è definito come Governo tecnico, anche se alcuni suoi Ministri scaldano i motori per una – legittima, per carità – grande carriera politica futura e anche se alcuni suoi Ministri hanno conflitti di interesse che non hanno nulla da invidiare al Governo precedente.
Come sapete, l’Italia dei Valori ha votato per senso di responsabilità la fiducia al Governo Monti, però non ne ha condiviso questa manovra e non l’ha votata, con grande sofferenza. La decisione è stata presa dall’intergruppo parlamentare dopo nove ore di accesa discussione, quindi non certamente a cuor leggero, perché le implicazioni di questa decisione erano assolutamente note.
Questo certamente non autorizza a pensare a una trasposizione dei mutati – io spero solo temporaneamente – rapporti politici a livello nazionale sul piano locale. Sarebbe assolutamente sbagliato solo ipotizzare una cosa di questo tipo. Io ho visto oggi grande fair play, che non avevo visto in altre occasioni, da parte delle opposizioni; un fair play che è sfociato, in alcuni interventi, persino in complimenti espliciti al Presidente.
Devo dire che condivido questo fair play perché dovrebbe essere la cifra dei rapporti tra maggioranza e opposizione, ma – lo dico alla consigliera Noè che si lamenta del fatto che il Presidente Errani ascolti un po’ troppo le sue cosiddette “minoranze” – la maggioranza che c'è in Regione è una maggioranza solida, coesa, anche sul piano dei rapporti personali, che non sono indifferenti quando si parla di una maggioranza e della sua coesione. Peraltro, essa ha ben governato fin qui, è stata eletta con una maggioranza qualificata ed è candidata ad arrivare con serenità e in modo fattivo a fine legislatura, senza cambi di maggioranza politica. Certo, è chiaro che se un partito decide autonomamente di votare un bilancio ben venga. Non sarà certo l’Italia dei Valori a dolersi del fatto che la maggioranza si allarghi, ma nella chiarezza che noi abbiamo una maggioranza che è stata definita dagli elettori e che, lo ripeto, è candidata a portare la legislatura a suo compimento come tale.
Detto questo, vorrei utilizzare il tempo che mi è concesso per un paio di riflessioni e una sollecitazione. A livello nazionale l’Italia dei Valori non ha votato la manovra, per un giudizio vedo anche largamente condiviso: sentivo prima le dichiarazioni di Bersani in televisione e di molti esponenti del PD. Non è che l’Italia dei Valori abbia detto cose diverse da quelle che ha detto anche il maggior partito del centrosinistra, cioè che si tratta di una manovra fatta di rigore ma senza crescita, fatta di rigore ma senza equità. Guardate, in un Paese dove c'è un’evasione di 235 miliardi all’anno non è che ci vuol molto a dire che se ci fosse non dico un recupero totale dell’evasione, ma almeno un recupero di una buona parte dell’evasione in dieci anni noi avremmo cancellato il nostro debito pubblico.
Allora, una manovra che è fatta soprattutto di tassazione e in particolare di tassazione verso i ceti più deboli francamente a me non pare la strada maestra per risolvere il grande problema del nostro Paese, quello dell’imponente debito pubblico, che costa allo Stato ogni anno tra i 70 e gli 80 miliardi di interessi. Pensiamo a come noi potremmo utilizzare questa cifra enorme.
Aggiungiamo a questi 70-80 miliardi di interessi il costo di un’altra gravissima piaga del nostro Paese, sebbene meno grave in Emilia-Romagna – leggendo le statistiche, mi pare che la nostra regione, da questo punto di vista, non dico che sia immune, ma sicuramente è ai primi posti tra le Regioni virtuose –, cioè la corruzione che qualcuno ha calcolato, come costo per lo Stato, in circa 80 miliardi all’anno. Noi siamo in fondo alla scala dei Paesi sviluppati per lotta alla corruzione, per la gravità di questo drammatico problema.
Se poi aggiungiamo il costo dell’inefficienza, della burocrazia, dei ritardi, dell’incapacità di far funzionare in modo efficiente la macchina dello Stato e via dicendo, sappiamo bene che cosa significa avere in Italia uno Stato non efficiente e una Pubblica amministrazione incapace di risolvere e di soddisfare in tempi brevi i bisogni dei cittadini. Noi abbiamo dato un bell’esempio di cui dobbiamo andare fieri, quello delle leggi sulla semplificazione; anche l’opposizione deve andarne fiera, visto che le ha votate. Non è il rogo di Calderoli, la semplificazione che abbiamo fatto noi è stata intelligente. Non abbiamo bruciato in piazza le leggi inutili della Regione Emilia-Romagna, ma abbiamo fatto un lavoro di intelligenza al servizio dei cittadini.
Da questo punto di vista – seconda riflessione – non si sentiva davvero la necessità di resuscitare un vecchio arnese della polemica sindacale come quello attorno all’intervento sull’articolo 18. Ricordava prima il collega Bonaccini che sono stati 50 i reintegri sull’articolo 18 per l’anno scorso, quindi francamente non si capisce l’entità e l’urgenza della questione. Noi come Italia dei Valori siamo contrari a intervenire sull’articolo 18 non perché abbiamo dei totem, come qualcuno ha detto, piuttosto perché quando si parla di Danimarca, dove non esiste l’articolo 18, si parla di un Paese che ha delle condizioni socio-economiche assolutamente non paragonabili a quelle italiane. La Danimarca è posta costantemente, da una decina d’anni, al vertice della classifica della Banca mondiale come il Paese dove si vive meglio e dove il reddito è più alto.
È noto che in caso di licenziamento in Danimarca una persona ha due anni di salario garantito al 90 per cento e la garanzia dello Stato di un altro posto di lavoro. Tutto questo in Italia non c’è, dunque da un lato si eleva l’età pensionabile fino a 67 anni (per alcuni casi significa anche 70 anni) e dall’altro lato si toglie l’unica garanzia efficace esistente sul mantenimento del posto di lavoro.
Non è questa la strada; la strada è un’altra, quella di sconfiggere il precariato, di riformare le leggi che hanno creato il precariato, con decine e decine di tipologie di contratti diversi. La strada è quella dello sviluppo e della crescita. Da questo punto di vista, penso che la Regione Emilia-Romagna possa giocare un ruolo fondamentale, in primo luogo perché abbiamo l’avventura e la fortuna di avere il Presidente della Conferenza Stato-Regioni.
Colleghi, a volte penso che noi sottovalutiamo questo ruolo di Vasco Errani che, come molti dicono, equivale a un ruolo di Ministro. Potremmo chiamare il Presidente della Regione Emilia-Romagna signor ministro, perché il 30-40 per cento della legislazione nazionale passa per la Conferenza Stato-Regioni.
Questa Conferenza, quindi, può e deve giocare un ruolo decisivo in quella che è la partita già annunciata, cioè la fase due del Governo Monti, vale a dire crescita e sviluppo. Che cosa significa crescita e sviluppo e come li si debba declinare, questa è una discussione che a mio parere potremmo, anzi dovremmo, fare in questa sede. Se crescita e sviluppo significa crescita e sviluppo soprattutto dell’attività manifatturiera, come nel Novecento, non credo che noi pensiamo alla crescita e allo sviluppo in questo modo.
Il mondo è cambiato in modo radicale. Una notizia di due giorni fa diceva che Schmidt, il presidente di Google, vale a dire di una delle principali aziende informatiche, che ha una delle più alte quotazioni – è noto che l’azienda che ha la maggiore capitalizzazione a Wall Street è un’azienda informatica, e i due terzi dei consiglieri hanno in tasca un prodotto di questa azienda informatica, anche in questo Consiglio regionale – ha fatto le scuole a Bologna. Schmidt, ricordando l’eccellenza degli asili, di una scuola di orientamento montessoriano, esprimeva nell’intervista pubblicata ieri su un noto quotidiano nazionale, la nostalgia per l’efficienza di questo asilo.
Sempre per quanto riguarda Google, che è il motore di ricerca che usiamo tutti ormai – è un po’ come la colazione del mattino, non ne possiamo fare più a meno –, l’inventore dell’algoritmo sul quale è stata costruita l’intera azienda è un italiano, è di Padova, si chiama Massimo Marchiori (l’algoritmo si chiamava hyper search) e sta mettendo a punto in Italia un altro motore di ricerca che si chiama Volunia. Tra una settimana sarà disponibile, vedremo di che cosa si tratterà e se sarà ugualmente rivoluzionario.
PRESIDENTE (Richetti): Consigliere, si avvii alla conclusione, prego.
GRILLINI: Sto per concludere. Quindi, una scuola italiana e intelligenza italiana, ma qui da noi un’azienda come Google non è nata. La sfida che noi dobbiamo lanciare, Presidente Errani, è fare in modo che la Regione Emilia-Romagna sia al centro di quella rivoluzione tecnologica, innovativa, digitale che consenta ai cervelli di non scappare più, di rimanere qui nella nostra regione, di fare in modo che anche dalla regione Emilia-Romagna possa nascere un’azienda come Google, di livello mondiale.
Noi non ci possiamo accontentare – qui concludo – di amministrare semplicemente, dell’ordinaria amministrazione, perché non siamo in una situazione di ordinaria amministrazione. Siamo in una situazione eccezionale e dobbiamo fare appello a tutte le nostre intelligenze, a tutte le nostre capacità di innovazione per favorire quella crescita, quello sviluppo e quella rivoluzione tecnologica che certamente partono da un nuovo umanesimo, ma partono soprattutto da una rivoluzione culturale che anche qui in Emilia-Romagna è necessario compiere.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE AIMI
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliere Grillini.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Cavalli. Ne ha facoltà.
CAVALLI: Grazie, presidente. Anche se apprezziamo molto, come persona e come governatore, il Presidente Errani, come Gruppo Lega Nord non abbiamo nessuna intenzione di entrare in maggioranza.
Noi partiamo dal mondialismo di cui ha parlato questa mattina e su alcune dinamiche possiamo anche essere d’accordo, ma su un’apertura incontrastata a una globalizzazione veloce noi siamo sempre stati contrari e lo saremo anche in futuro.
Chiediamo che alcuni passaggi siano regolati in modo serio, per far sì che i nostri cittadini, i nostri lavoratori, i nostri pensionati riescano ad arrivare alla quarta settimana del mese.
Passando per l’Europa, noi ci siamo sempre battuti per un’Europa dei popoli, per dare valore ai cittadini e non a un’Europa di banchieri. Ahimè, avevamo ragione, visto quello che è successo in questi mesi. Forse la politica dell’euro che avevamo criticato all’inizio degli anni Duemila è a grave rischio. Come gruppo politico da subito ci siamo opposti al Governo Monti, non perché Monti fosse una persona non degna di ricoprire il ruolo di Primo Ministro – anzi egli ha tutti gli attributi e le capacità per portare l’Italia fuori da una grave crisi – ma perché non condividiamo soprattutto il metodo, che tutti noi forse saremmo in grado di attuare, cioè quello di una macelleria sociale.
Sicuramente, negli ultimi dieci anni, otto hanno visto la Lega al Governo, quindi non ci sottraiamo all’onere di avere governato, secondo noi in modo equo; la Lega ha dichiarato che le pensioni non sarebbero state toccate e infatti, durante il periodo in cui la Lega è rimasta in maggioranza le pensioni non sono state toccate.
Vedete, questa riforma delle pensioni toccherà soprattutto il Nord, con oltre 700.000 lavoratori, e l’Emilia-Romagna con 180.000 lavoratori. Questo è un grave segnale per quei 180.000 lavoratori che dovranno vedere allungarsi in modo molto cospicuo il proprio cammino lavorativo. Ne parlava Naldi stamattina e io condivido le sue osservazioni.
L’altra mattina un signore di 56 anni, venendomi incontro, mi dice di essere di essere in mobilità, che gli viene allungata la pensione di tre anni e non sa come potrà andare in pensione. Vedete, quando si fanno delle finanziarie in modo così duro, colpendo soprattutto il Nord, che produce circa il 75 per cento di risorse, significa mettere in ginocchio l’economia del Nord.
Sappiamo benissimo che le banche sono in grave crisi economica, che non hanno più le risorse per finanziare le imprese. Un dato molto grave è che circa il 35 per cento delle imprese dell’Emilia-Romagna sono a rischio chiusura, il che equivale a migliaia di posti di lavoro a rischio.
Sulla revisione della PAC, che andremo a discutere successivamente, invito l’assessore Rabboni, persona che stimo, a battersi per far sì che le risorse del territorio non siano inferiori a quelle date negli ultimi anni, visto che l’agricoltura sarà il futuro per la salvaguardia della nostra economia, e non solo della nostra regione Emilia-Romagna.
Vorrei chiudere in modo molto semplice con un invito al Presidente, anche se non c'è. Vorrei invitare qualche suo funzionario e qualche suo assessore a far sì che nella prossima finanziaria ci siano anche loro, perché sicuramente sarà più equa e più vicina ai cittadini. Grazie, presidente.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie a lei, consigliere Cavalli.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Bernardini. Ne ha facoltà.
BERNARDINI: Grazie, presidente. L’intervento del Presidente Errani ha dato la possibilità di ragionare su alcuni aspetti che vanno al di là di quello che è un contesto regionale sul quale rimangono diversità di vedute, di opinioni e anche di valutazioni.
Cito, per esempio, l’intervento del collega Grillini sulla legge di semplificazione che abbiamo approvato: io ritengo che quella sia solamente una goccia di acqua dolce in un mare di acqua salata, che per nulla inciderà su quella che è un’esigenza di semplificazione che tanti settori della nostra regione invocano, ormai in un’ottica di sopravvivenza, per ridurre i costi anche di un iter burocratico che incide negativamente sulle attività di impresa.
È la premessa sulla crisi del progetto europeo che ritengo sia un ottimo spunto di discussione. Il corto circuito nella creazione di quel grande progetto di Unione Europea, di tutto quello che poteva essere e che non è oggi, è sicuramente il punto di partenza per un’analisi politica reale che deve, in qualche modo, gettare le basi per nuove soluzioni politiche che nascono sì all’interno di Stati nazionali, ma che devono trovare in un contesto europeo un nuovo ragionamento e una nuova collocazione.
Lei, Presidente, ha ragione, il mondo cresce: + 4 per cento spalmato su quella che è una crescita mondiale. È altrettanto vero che c'è una parte del nostro Paese che cresce ai livelli della Baviera – Nord-Ovest + 1,7, Nord-Est + 1,1 – ma che percepisce da anni una diseguaglianza socio-economica del Paese, che è un po’ il freno anche a uno sviluppo del contesto Nord Italia che noi amiamo definire Padania e che oggi sente l’iniquità di una manovra economica ritenuta regressiva, punitiva, non equa dagli stessi che oggi sorreggono questa maggioranza.
C'è un deficit reale Nord-Sud e qui facciamo un’autocritica anche al nostro Governo: non siamo stati sicuramente in grado, negli ultimi decenni – pur avendo fatto parte, come Lega Nord, di una compagine governativa – di risolvere quell’antica questione di un divario territoriale e anche socio-economico tra Nord e Sud.
L’Italia è ancora un Paese nel quale il PIL è diviso in due grandi realtà, dove purtroppo nel Meridione raggiunge livelli che sono la metà del PIL del Nord, dove l’evasione al Sud è il doppio di quella del Nord, con punte del 90 per cento. La manovra che oggi il Governo Monti si appresta a varare è una manovra che non affronta il gap territoriale che esiste in Italia, anzi lo aggrava, visto che tutte le simulazioni riportate da giornali anche non riferibili al nostro contesto politico e partitico dicono che la manovra impatta enormemente sulla classe produttiva del Nord.
Con questo intendo dire che serve una nuova strategia neoeuropeista; serve una nuova politica che affronti all’interno di un contesto europeo anche la questione settentrionale, che affronti in una visione europea anche tutti quei problemi che possono accomunare il Nord Italia e che vedono nella Baviera e nella Catalogna un concetto di aree vaste, di macroregioni. Penso a un’Europa che deve ridisegnare i suoi equilibri al di là della realtà che fino ad oggi ha portato a disegnare gli Stati nazionali, ma che parta da un equilibrio di macroregioni, di aree economicamente e socialmente omogenee e che possa ridisegnare anche un equilibrio dei poteri all’interno della stessa Unione Europea.
Occorre una nuova analisi socio-economica, una nuova interpretazione delle proposte politiche da mettere in campo. Il suo discorso per molti versi si avvicina alle conclusioni che ho sentito dai miei stessi leader a Vicenza, nel Parlamento della Padania. So che questa è una definizione che non riscuote consenso, anzi molte volte viene derisa, ma devo dire che molti passaggi del suo intervento ricalcano un’analisi politica che ho sentito a Vicenza. Mi riferisco al trasportare il problema nazionale in un contesto europeo.
Oggi è chiaro a tutti che il mondo è cambiato, sono cambiati gli equilibri e la partita che si giocherà domani sarà in un contesto sovranazionale, europeo, in un’Europa che speriamo non sarà più espressione di poteri burocratici, finanziari e tecnocratici, come è oggi. L’Europa di oggi è nata in assenza di un potere costituente, non è fondata su un trattato politico, ma solo su intese economiche e commerciali.
Questa è un’Europa, Presidente Errani, che non piace neanche a noi; un’Europa che ha segnato il suo fallimento, nella quale la democrazia si è affievolita e i popoli sono sempre meno sovrani.
È una nuova sfida che intreccia i processi di globalizzazione – che giustamente consideriamo in maniera negativa quanto lei – con le comunità territoriali di tutta Europa. È proprio sulla parola “democrazia” che vorrei soffermarmi, avvicinandomi alla conclusione e collegandomi al perché la Lega non appoggia questo Governo. È un Governo che non è nato da un percorso democratico inteso come delega di rappresentanza da parte del popolo.
Lei ha affermato che quando la democrazia non è più in grado di decidere siamo al fallimento. È un errore sostenere che la democrazia e i suoi tempi siano un freno e un limite. Io sto sostenendo, ormai da settimane, “viva la Spagna!” e “viva gli spagnoli!” perché hanno avuto la forza di dimostrare a tutta l’Europa e a tutto il mondo di essere veramente un popolo. In 45 giorni hanno affrontato una campagna elettorale. Hanno gli stessi problemi dell’Italia, hanno lo stesso problema dell’attacco finanziario al loro sistema economico, ma come popolo hanno trovato la forza di presentarsi con una campagna elettorale vera davanti al proprio popolo, di presentarsi con un programma, di chiedere il consenso dei loro elettori al programma. E oggi la Spagna si appresta a varare una manovra economica totalmente opposta a quella che ha messo in campo il Governo Monti, senza mettere mano a nuove tasse, senza produrre una manovra con un impatto sociale notevolissimo (ciò che oggi in tanti criticano della nostra manovra).
La Spagna ha avuto la forza di dare dignità a un’intera nazione e a un intero popolo, cosa che non siamo riusciti a fare noi in Italia. Questa è la vera sconfitta, la vera macchia nera che porta in grembo il Governo Monti. Sinceramente a tutti coloro che propongono in ogni Assise regionale o comunale l’inno d’Italia come momento di difesa della nostra identità, io dico che la nostra identità è stata calpestata proprio in quello che è un riconoscimento e un valore di democrazia, che oggi all’interno di questo Governo non riconosciamo, non perché non sia legittimamente formato e sorretto, ma perché il popolo italiano, in questo momento, non ha contato nulla.
Le finanziarie non sono state avallate da una campagna elettorale e da un consenso dei cittadini; le finanziarie vengono apprese dalla stampa, ma fino a quel momento nessuno sa o può immaginare che cosa possa venire, sotto dettatura del nuovo Governo italiano, da parte di quelle che sono oggi rappresentanze europee, lo ripeto, non elettive, autoreferenziali, che sono una delle cause di una precarietà finanziaria ed economica di cui tutti i Paesi del comparto europeo oggi purtroppo soffrono e di cui sono vittime, compresa la Francia, in parte la Germania, compresi tutti i Paesi che in qualche modo sono stati gli artefici di un’Europa che è nata senza avere le fondamenta. Grazie.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliere Bernardini.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Defranceschi. Ne ha facoltà.
DEFRANCESCHI: Grazie, presidente. Vorrei fare una piccola precisazione rispetto a persone che si stupiscono che il Movimento 5 Stelle voti dei provvedimenti proposti dalla Giunta.
Non capisco i motivi di questo stupore, anche perché gli esempi citati dal consigliere, cioè la legge sulla semplificazione piuttosto che quella sulla mafia, si riferiscono a leggi un po’ generiche e volutamente un po’ vaghe, che possono essere assolutamente condivise.
Quello che mi ha molto stupito è che lo stesso consigliere abbia fatto riferimento alla circostanza che noi abbiamo votato quella che, secondo lui, è la loro meravigliosa idea di abolire i vitalizi.
Francamente ritengo che sagacia politica e anche umana avrebbe consigliato di evitare di fare questo riferimento, perché per fortuna ci sono i protocolli, in questa Regione, quindi è evidente che questa meravigliosa idea era uno dei leit motiv della nostra campagna elettorale. Infatti, è stata una delle prime proposte di legge che abbiamo depositato e probabilmente anche una delle prime proposte di legge depositate in toto in questa Regione. Dopodiché, una volta depositata è stata tenuta in congelatore per mesi, nelle Commissioni.
Il PD istituì una commissione di studio su come realizzare questa proposta di legge e dopo sei mesi fu partorito questo progetto, che noi ovviamente – mi sarei stupito e mi sarei dato del deficiente se fosse avvenuto il contrario – abbiamo votato, nonostante noi chiedessimo un piccolo sforzo aggiuntivo, quello di togliere questo tipo di privilegi soprattutto a chi oggi siede in quest’Aula e non solamente a quelli che verranno dopo. Non è mai comunque una bella abitudine.
Nel contempo, il consigliere si è dimenticato di dire che assieme a quella proposta di legge ce n’erano altre per far sì che, come ha detto il Presidente Errani nei suoi auguri di Natale, non siamo dei privilegiati rispetto ai cittadini normali. Altre proposte prevedevano, per esempio, che si riducesse lo stipendio dei consiglieri regionali, che i rimborsi chilometrici che si ottengono come in tutte le aziende di questo Paese, ma anche di tutta Europa e del mondo, fossero commisurati effettivamente alle spese realmente sostenute da un consigliere, evitando che se qualcuno spende 20 euro di treno ne riceva magari 120 di rimborso.
Avevamo chiesto che ci fossero rimborsi non forfettari. Ci troviamo in busta paga – vado un po’ a memoria – 2.270 euro di rimborsi forfettari, senza la presentazione di alcuna ricevuta o di spese realmente sostenute. Nessuno dice che non ci possano essere spese di questo tipo, ma questo non toglie che credo ognuno di noi abbia il dovere di rendicontarle e motivare come vengono spesi i soldi dei cittadini.
Dopodiché avevamo anche chiesto che i soldi dei cittadini che spendiamo per quanto riguarda le gestioni del Gruppo consiliare fossero trasparenti, perché non riteniamo che si possano gestire i denari pubblici senza far sapere ai cittadini come lo facciamo.
Ecco, tutto questo è stato bocciato, perché sicuramente il tema caldo oggi è quello dei vitalizi, dunque si mette questo tappo di sughero in questa diga che sta crollando di quella che molti chiamano antipolitica, ma forse è semplicemente un momento in cui i cittadini chiedono conto, visto che i risultati sono scarsi, di come vengono spesi i loro soldi, considerato che i sacrifici vengono chiesti oggi a loro.
Abbiamo votato la legge, lo ammettiamo, e ne siamo anche orgogliosi. Siamo orgogliosi di far parte di una Regione che, all’interno di questa Assemblea, per prima ha voluto abolire i vitalizi. Credo, però, che qualche merito a tutti coloro che hanno sostenuto quella legge vada riconosciuto e che non ci si debba rinfacciare di averla votata.
Questo rientra anche nel tema che lei suggeriva di evitare la demagogia e la ricerca – come ci dice spesso qualcuno anche qui dentro – dei titoli sui giornali. Siamo qui, credo, tutti per lavorare e per fare il nostro dovere, però bisognerebbe che il suo invito fosse rivolto anche a molti che siedono nell’Assemblea legislativa e probabilmente anche a molti assessori. Lei sicuramente, per ovvi motivi istituzionali, ha poco tempo di seguire quello che accade in quest’Aula e men che meno, immagino, quello che succede nelle Commissioni, però sarebbe opportuno che lei avesse la possibilità di accorgersi che qui viene depositata una risoluzione e dopo ventiquattro ore ne arriva una a fotocopia, semplicemente perché qualcuno deve mettere un bollino. Si presenta un progetto di legge che magari sta fermo qualche mese, ma poi ne arriva un altro, della Giunta o di altri consiglieri, per far sì che il testo diventi quello base.
Questa mattina ho presentato degli emendamenti sulla legge dei parchi e oggi mi ritrovo un emendamento della maggioranza identico al nostro. Questa è una sciocchezza, ma la dice lunga su come vengono letti e valutati i nostri emendamenti – cioè gli argomenti piuttosto che la firma – sia in Commissione sia in Aula.
Va tutto bene, siamo assolutamente disposti a collaborare sugli argomenti, però occorrerebbe un po’ di rispetto da entrambe le parti nella gestione della democrazia di quest’Aula, che è un’Assemblea legislativa in cui molto spesso si esaminano quelli che in realtà sono dei decreti-legge che provengono dalla Giunta.
Per tornare al tema iniziale, rispondo al consigliere, sebbene non abbia guardato le statistiche, che anche se noi avessimo votato la metà dei provvedimenti che sono passati da quest’Aula, garantisco che l’avremmo fatto perché crediamo nell’argomento, perché li abbiamo letti e studiati. Lo rivendico con orgoglio e questo sarà il nostro atteggiamento negli anni futuri.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliere Defranceschi.
Se nessun altro consigliere chiede di intervenire, do la parola al Presidente Vasco Errani per la replica.
ERRANI, presidente della Giunta: Grazie a tutti i colleghi che sono intervenuti, grazie anche per le critiche e per la sollecitazione ad ascoltare, cosa che mi impegnerò a fare.
Vorrei chiarire alcune cose e non farvi perdere molto tempo. La prima è questa: con tutti i miei limiti – come ciascuno di noi – neanche lei, consigliere Favia, può dire con credibilità che voglio nascondere la testa sotto la sabbia. Se c'è una cosa che io e questo Governo facciamo, assumendoci le responsabilità nel bene e nel male, è metterci la faccia. Non ho bisogno che nessuno (glielo dico con affetto) mi tiri per la giacca da questo punto di vista. Sono serenamente e pacatamente davanti a tutte le scelte che questa Regione fa, con grande convinzione e perfino – ma non è nel mio stile – con orgoglio.
Dico questo non perché sia convinto che non ci sia ragione di autocritica, ma perché sono convinto che qui comunque l’esercizio della buona politica è una pratica, sebbene con limiti. Non è neanche nel mio costume cercare l’immagine pubblica. Potete dirmi di tutto fuorché accusarmi di cercare l'intervista o la rappresentazione televisiva di ciò che non faccio per raccontarlo.
No, siamo qui in carne ed ossa, e a proposito di discontinuità – alcuni consiglieri l'hanno raccolto e li ringrazio – pensavo che fosse chiaro lo sforzo che tentavo di fare, cioè di proporre una riflessione, perché senza pensiero non si va da nessuna parte, e la necessità di provare a trovare punti comuni per esempio sull'Europa, sulle politiche globali, è una questione decisiva per fare politiche territoriali efficaci.
Senza pensiero non si va da nessuna parte, e dico anche con astio non si va da nessuna parte, ma questa è una scelta personale. Allora mi cimento almeno per sottolineare alcune cose di discontinuità che noi abbiamo realizzato in questo percorso. Ne evidenzio alcune solo per memoria, non per annoiarvi.
Siamo la prima Regione che ha fatto un Patto di stabilità, facendo una cosa federalista. Questa è la Regione che ha liberato più risorse per il Patto di stabilità del territorio di tutte le altre Regioni italiane, a prescindere dalla dimensione, e ciò ha consentito di innervare nel sistema di investimenti 105 milioni, che diversamente sarebbero andati a Roma.
È un elemento di discontinuità dal punto di vista del rapporto tra centralismo nazionale, di cui negli anni che ci stanno alle spalle abbiamo avuto, come anche adesso l'opposizione potrà riconoscere, un esempio eclatante, e abbiamo costruito un sistema di cooperazione tra i diversi livelli istituzionali nel quale la Regione garantisce se c'è uno sforamento del Governo.
Ciò presuppone che tutto il sistema, a partire dal più piccolo Comune di questa terra fino al più grande, debba stare all'interno di princìpi condivisi. È un elemento che ci darà soddisfazione in futuro, se, come è indispensabile, verrà introdotta una cultura premiale, perché sviluppa pratiche innovative.
Secondo punto, che è stato sottolineato da altri. Consigliere Manfredini, non abbiamo mai negato che sugli ammortizzatori in deroga c'era un accordo tra Regioni e Governo presieduto dal Presidente Berlusconi, anzi ne siamo andati orgogliosi (lei potrà trovare tutte le mie dichiarazioni), anche perché di quell'accordo siamo stati pienamente protagonisti, come tutte le parti sociali nazionali hanno riconosciuto.
Le Regioni hanno messo una parte di risorse che non erano di competenza. Lo hanno deciso a fronte di una scelta strategica, e nel secondo accordo lo hanno fatto aumentando la loro percentuale di partecipazione. Ciò non toglie che questa Regione rimanga creditrice nei confronti del Governo di 70 milioni di risorse nazionali che ha anticipato, ma questo è un altro discorso.
Sulla questione degli ammortizzatori in deroga rivendichiamo non il ruolo del Governo regionale, ma che le relazioni sindacali e industriali di qualità con la triangolazione della Regione hanno consentito di salvare migliaia e migliaia di posti di lavoro. Non so se vivo fuori dal mondo nel momento in cui dico queste cose, non siamo fuori dal mondo e vorrei che sul piano nazionale queste pratiche eccellenti diventassero il modo per modificare e qualificare le relazioni industriali in questo Paese, e non che qualcuno con il maglioncino blu spieghi la rava e la fava, perché così non si va da nessuna parte, come dimostra peraltro il livello di vendite della FIAT in Europa, che negli ultimi mesi ha avuto un ulteriore picco, e ciò mi preoccupa.
Vorrei che parlassimo di cose concrete. Questa Regione ha avviato un progetto cofinanziato dal Governo, per il quale abbiamo dovuto accettare un Commissario straordinario, un ottimo Prefetto che sta facendo con noi un ottimo lavoro. Ci abbiamo messo risorse regionali e risorse dello Stato, stiamo investendo 100 milioni per la messa in sicurezza del territorio, priorità fondamentale.
Abbiamo il problema che l'accordo firmato con il Governo è stato definanziato, ma ce ne faremo carico. Peraltro qualcuno aveva pensato che fossimo stati commissariati, ma abbiamo accettato questa forma perché non abbiamo problemi e stiamo facendo un lavoro di grande qualità nella messa in sicurezza del territorio.
Questa sì, consigliere Bernardini, che è una goccia nell'acqua: sono 100 milioni rispetto a una necessità gravissima, ma questo è frutto di una proposta di questa Regione sul piano nazionale, quella di mettere insieme, relazionare e fare le intese e gli accordi programmati tali da consentirci di non vedere più ripetersi cose che ci sono state negli altri anni, per cui, a prescindere dalle priorità sulla messa in sicurezza del territorio, si interveniva puntualmente su questo o quel Comune, perché portava i fazzoletti o le magliettine coerenti con il Governo, come è successo in questa Regione.
Non è successo più, e lo abbiamo fatto d'intesa con il Governo ma ne siamo stati protagonisti, e credo che abbiamo fatto una buona pratica, così come le azioni che abbiamo fatto sulla legalità.
A proposito di coerenza, mi si potrà dare atto che non solo ora, ma anche prima, e anche in campagna elettorale, ho sempre detto che affermare che vi fosse l'infiltrazione della criminalità organizzata in questa regione non era lesa maestà, ma riconoscere un problema reale, che andava affrontato. Nel mio lungo excursus non troverete una frase ambigua su questo punto, perché il rispetto intellettuale è importante a prescindere dalle posizioni e dalla lontananza, che può essere perfino siderale.
Credo e ho sempre detto che è proprio laddove si esprime maggiore ricchezza che il rischio dell'infiltrazione sia più serio. Fino all’ultima generazione di legislazione, che non è generica ma è una legislazione proattiva per promuovere legalità, oltre a quello abbiamo fatto le norme sugli appalti e una serie di altre iniziative che puntano alla trasparenza, peraltro insieme alle forze economiche, sociali e imprenditoriali di questa Regione, che sono – questo è il lavoro estremamente positivo che abbiamo realizzato – in prima linea su questa battaglia assolutamente importante, di valore.
Siamo la Regione che sul sistema e sulla riforma dell'organizzazione dei trasporti è più avanti in Italia, dobbiamo accelerare. Abbiamo trasformato le Comunità montane…
(interruzione del consigliere Defranceschi)
Abbiamo trasformato le Comunità montane in unioni dove c'è la rappresentanza diretta e non ci sono costi, ma le assicuro che andare per le vallate non è stato semplice, e lo abbiamo fatto perché abbiamo messo – lo dico al consigliere di Piacenza che ora non c’è – più risorse per la montagna, valorizzando le riforme che abbiamo fatto.
Voglio anche ricordare che, per quanto riguarda le aziende collegate di questa Regione, abbiamo fatto la riforma prima del decreto n.78 con la riduzione dei Consigli e dei costi. Non mi interessa attaccarmi lo scudetto sul petto, però vi voglio dire che, se voi avete avuto un ruolo qui sulla questione dei vitalizi, l’abbiamo fatta tutti. Siete anche in Consiglio regionale in Piemonte, ma là non l'avete fatto, per cui vorrà dire che c'è una ragione per cui si è fatto, tutte le persone che siedono qui.
Là non è stato fatto, qui sì: è importante riconoscerci, serve per migliorare perché nessuno nasce imparato!
Ritorno sulla questione dei trasporti, perché nella vecchia legge finanziaria (decreto n. 78) c'era una norma che premiava la virtuosità del sistema dei trasporti. L’abbiamo dovuta ridurre al 25 per cento, era la Regione Emilia-Romagna. Dietro bisognava prendere il cannocchiale per vedere qualcuno.
Oggi stiamo lavorando sulle aree vaste e faremo un'azienda unica integrata, riducendo profondamente i costi gestionali, e produrremo uno sforzo di qualità in questa direzione, per mettere più risorse su pendolarismo e trasporto pubblico.
Sul piano energetico mi hanno fornito una dichiarazione del suo Presidente, come è scritto nel simbolo, Beppe Grillo, in relazione all'utilizzo dell'olio di colza, che spiega come l'utilizzo dell'olio di colza sia il futuro del mondo. Ce l’ho qui.
Le mostro una relazione di reciprocità: lei ha voluto prendere la mia dichiarazione ed estremizzarla, si figuri se io facessi altrettanto! Io ho detto un'altra cosa: che il mondo è di fronte a nuove, straordinarie priorità, e forse esserne consapevoli non è così male. Tra le nuove priorità c’è la produzione alimentare, e non a caso questa Regione nella sua modestia sta riducendo il consumo di aree agricole e nel 2010 siamo a meno 0,8 rispetto al 2000.
Non è un grande risultato rispetto a una dispersione delle aree agricole, ma questo presuppone anche una riflessione sulla PAC, la politica della PAC e su come per un lungo periodo la PAC abbia finanziato la dismissione della produzione.
Siamo la Regione che sul fotovoltaico e sulle biomasse ha fatto una scelta, dove la priorità rimane quella della superficie agricola per la produzione agricola, e che solo attraverso la filiera corta in relazione alle biomasse si pone il problema di produrre energia.
Se vuole, le sottolineo come stiamo lavorando per evitare che si crei una competizione scritta nelle nostre linee guida, che sono state criticate a livello nazionale, come voi ricorderete, per la rigidità e la puntualità.
(interruzione del consigliere Favia)
Il mio assessore come tutti gli assessori qui godono della mia piena fiducia e sono la piena rappresentazione del mio pensiero, quindi tutte le contraddizioni sono le mie, ma noi abbiamo fatto questo e quando a livello nazionale queste norme sono state criticate, quando il sottoscritto ha sollevato al Governo ad agosto di due anni fa che gli incentivi così come erano definiti sulla produzione del fotovoltaico e dei sistemi di fonti alternative stavano rischiando di drogare il mercato e di produrre una nuova permeabilizzazione del territorio agricolo, questa Regione coerentemente ha fatto delle scelte, che rivendichiamo.
Sul welfare voglio chiarire un punto: sussidiarietà. Consigliere Lombardi, in questa Regione, se ha i permessi urbanistici, chiunque può aprire una clinica privata, un laboratorio o un servizio, ci mancherebbe altro! Il problema è che, se stai all'interno del sistema integrato, come ha detto lei, devi rispettare accreditamento, rapporto sulle rette, garanzia della qualità del servizio alle persone.
Questo è questa Regione, perché non ha appaltato il sistema a un settore, a una componente, a una filiera di imprese, e non lo farà mai. Si chiamino cooperative, privato, Compagnia delle opere, Luigi e Andrea: questa Regione non lo farà mai finché siamo qui noi, perché basta guardare gli ultimi dati elaborati qualche giorno fa a livello nazionale dal punto di vista della appropriatezza, parola chiave, per capire come il sistema di appropriatezza di questa Regione sia il più avanzato d'Italia proprio per questo.
Benissimo, ad esempio, la sanità leggera, però attenzione: sappiamo tutti che il meccanismo della sanità funziona al rovescio, domanda infinita, per cui anche chi era partito dall'accreditamento di tutti i soggetti oggi fa la previsione di budget come fa questa Regione fin dall'inizio, altrimenti alla fine dell'anno hai fatto tanta di quella cardiochirurgia che metà basta, soprattutto dal punto di vista della gestione dei conti e della appropriatezza.
Sulla sanità (non tanto sugli extra LEA) siamo orgogliosi, e ieri abbiamo approvato una legge dove proroghiamo le norme per i cassintegrati e i lavoratori in mobilità in relazione alla questione dei ticket che non pagano. Dobbiamo però avere il coraggio di avviare un nuovo piano di qualificazione della sanità, perché le tecnologie cambiano, perché dobbiamo costruire sistemi più integrati tra territorio e alta specialità che sono gli ospedali, e su questo vogliamo provare ad essere i primi in Europa, ma ci lavoreremo con grande serietà.
Non ho difficoltà a riconoscere il tema della famiglia, e mi dispiace di non averlo fatto ma lo faccio ora, perché ne sono convintissimo, ma ho detto in un'altra Assemblea regionale che, se abbiamo retto questa crisi e non abbiamo vissuto livelli così alti di destabilizzazione sociale, è perché l'elemento fondamentale è stata la famiglia e il risparmio familiare degli italiani, che per la prima volta è sotto la media dell'Europa a 27, non per la proprietà che è molto più alta per fortuna, ma per il risparmio del 2010, come ha detto l’ex Governatore della Banca d’Italia, attualmente Presidente della BCE.
Si è ridotto perché abbiamo tagliato i servizi, e non si fa nessuna politica di crescita se non si sostengono i servizi. Come dicono i nuovi economisti indiani e anche i nuovi Chicago Boys dell'università di Chicago, il welfare è un elemento fondamentale della nuova politica di crescita, per questo ho parlato di economia sociale.
Non andiamo bene invece sulla questione dei pagamenti. Sono d'accordo, facciamo di più, ma credo che l'unico modo per risolvere seriamente questo problema – l’ho proposto prima al Governo di centrosinistra, poi al Governo di centrodestra e adesso al Governo Monti – sia usare la cassa depositi e prestiti, non i BOT e i BTP. Questa proposta non mi convince, perché quando vai da un imprenditore con la corda attorno al collo e gli proponi un BTP non fai il giro delle imprese.
La Cassa depositi e prestiti a bassissimo tasso di interesse, perché questa Regione era arrivata a duecento giorni anche perché con il factoring siamo arrivati a pagare 15 milioni di euro, per cui non abbiamo più le risorse da dare alle banche per pagare: dobbiamo trovare un sistema nazionale a basso tasso di interesse perché, se immetti queste risorse, l'erario ne guadagnerà, quindi per lo Stato centrale è una partita di giro.
Ho provato a ragionare con voi su alcune questioni che riguardano le scelte e le politiche. Devo dire solo due cose di carattere generale. Consigliere Bernardini, l’Italia è una Repubblica democratica parlamentare, non presidenziale, e non c'è stato un colpo di Stato: il Parlamento ha dato la fiducia a un nuovo Governo. Questo siamo noi, ciò che non c'è nella Costituzione – lo ha detto anche simpaticamente – è il Parlamento padano, e per fortuna, ma noi siamo una Repubblica parlamentare e questo Governo ha ottenuto costituzionalmente la fiducia del Parlamento.
Ad alcuni questo piace, ad altri non piace, ma questo è il dato oggettivo, perché dobbiamo stare anche attenti a immettere nel nostro linguaggio concetti che possano generare una confusione, secondo la quale si è spezzata la rappresentanza. È vero che abbiamo introdotto in modo surrettizio meccanismi tali per cui nella scheda c’è il nome, ma è tutto legato a scelte dei singoli partiti, non è nella Costituzione che funziona in un certo modo. Questo Governo ha la piena legittimità del Parlamento.
Sull'Europa potremmo fare una serie di riflessioni e rimango convinto del grande valore del progetto europeo, sul quale dobbiamo investire, anche perché, come ha ricordato la Confindustria tedesca alla signora Merkel, senza l'Europa anche la cosiddetta “locomotiva europea”, cioè la Germania, che rende il 62 per cento del suo export nell'Europa, si ferma, e nessuno ha la massa critica per affrontare i problemi globali che abbiamo davanti.
Concludo ringraziandovi davvero ancora, recuperando una carenza della mia introduzione. Come evidenziato dai consiglieri Favia e Grillini, non ho parlato di una delle politiche più importanti strategicamente, che è la digitalizzazione e l'ICT. Non abbiamo la Apple, ma in questi anni dallo spin off dei tecnopoli e delle politiche di ricerca sono nate decine di microimprese che dobbiamo curare come oro, che lavorano su l'ICT e la digitalizzazione.
Sono imprese di grande interesse, perché hanno un'età media bassissima, un livello di lauree e di professionalizzazione altissimo e rappresentano uno dei punti cardine – lo diceva Naldi nel suo intervento – su cui noi siamo chiamati a fare sempre di più, cioè a riconvertire un pezzo di manifattura, che così com’è fatica e non ce la farà, nei settori più avanzati: scienza della vita, biotecnologie, nanotecnologie, ICT.
Stiamo concludendo la banda larga e stiamo lavorando sull'alta velocità della banda larga e soprattutto sui servizi, perché ribadisco che è questo il punto più critico. Puoi avere anche l'alta velocità nella banda larga, che è indispensabile, ma devi metterci i servizi.
Le imprese devono lavorare di più – e su questo stiamo lavorando ad hoc – e il sistema pubblico deve lavorare di più: questa è una delle chiavi per l'innovazione e la sburocratizzazione. Siamo comunque la Regione più avanti dal punto di vista del servizio sanitario, la cartella elettronica e la messa in rete dei medici di medicina generale, e forse ce ne sono poche in Europa da questo punto di vista.
Dobbiamo fare di più – assolutamente sì – e ho fatto un errore a non sottolinearlo nella relazione, ma è una politica importante e fondamentale.
Chiudo con un ragionamento più generale. Ho già detto quello che penso sulla manovra, su quello che secondo me bisogna fare, sulla questione del mercato del lavoro. Credo mi si possa dare atto di non essere stato reticente.
Rimango convinto di una cosa: che non ci farà male, anche in futuro, provare a confrontarci su questioni robuste, difficili, perché, per concludere dove ho cominciato, per me il problema più serio che abbiamo in questo Paese rimane quello di un’apertura culturale che ci renda disponibili all’innovazione.
Questo problema c’è in questo Paese. Ho apprezzato il suo ragionamento sul sud, consigliere Bernardini, diverso da quelli che avrà ascoltato nel Parlamento della Padania (almeno da quelli che ho visto sui giornali). Se questo Paese mantiene una parte di se stesso in queste condizioni perché in Costituzione c’è che l'Italia è una e indivisibile, non andiamo da nessuno parte.
È il Nord che di questo deve essere consapevole, perché credo che l'idea che ho sentito vagheggiare qualche settimana fa, secondo la quale il Nord potrebbe entrare nell'area del marco e andare per i fatti suoi, è un'idea gravissima dal punto di vista politico, ma prima ancora destituita di fondamento dal punto di vista della possibilità di svolgere un ruolo per cambiare le politiche europee.
Dopo tutte le critiche che fate all'Europa, andate in bocca a chi ha ristretto le potenzialità del progetto europeo? No, non vorrete fare questo, non penserete che la Baviera ci considererà come lei! Da questo punto di vista, c’è sempre qualcuno più a nord, che pensa che ci sia sotto qualche terrone.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, Presidente Errani.
Si è concluso il dibattito sulla relazione concernente l'attuazione del programma di Governo.
Inversione dell’ordine dei lavori
PRESIDENTE (Aimi): È pervenuta richiesta di inversione dell'ordine dei lavori da parte dell'assessore Freda, per trattare subito l'oggetto 2062, ratifica, ai sensi dell'art. 13, comma 2, dello Statuto, dell'accordo tra Regione Emilia-Romagna (RER) e Repubblica di San Marino (RSM) per la gestione dei rifiuti urbani e speciali anche pericolosi destinati al recupero e allo smaltimento, in attuazione di accordi vigenti.
Nomino scrutatori il consigliere Mumolo, il consigliere Pagani e il consigliere Alberto Vecchi.
Se nessun consigliere chiede di parlare, metto in votazione, per alzata di mano, la richiesta di inversione dell’ordine dei lavori.
(È approvata all'unanimità)
PRESIDENTE (Aimi): La richiesta di inversione è accolta.
OGGETTO 2062
Delibera: «Ratifica, ai sensi dell'art. 13, comma 2, dello Statuto, dell'accordo tra Regione Emilia-Romagna (RER) e Repubblica di San Marino (RSM) per la gestione dei rifiuti urbani e speciali anche pericolosi destinati al recupero e allo smaltimento, in attuazione di accordi vigenti (Richiesta del Presidente della Giunta regionale in data 22 novembre 2011).» (68) (Discussione e approvazione)
PRESIDENTE (Aimi): La Commissione “Bilancio Affari generali ed istituzionali”, ha espresso parere favorevole, nella seduta del 13 dicembre 2011, con la seguente votazione: 41 voti a favore, nessun contrario, 6 astenuti.
Passiamo al dibattito generale sull'oggetto 2062. Non essendoci interventi in dibattito generale, passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Favia. Ne ha facoltà.
FAVIA: Chiedo scusa per la mia distrazione, perché stavo parlando con il presidente in uscita, ma è stato cambiato l'ordine del giorno e siamo all'accordo tra San Marino e la Regione. Abbiamo aperto il dibattito generale, non c'era nessun iscritto al dibattito generale.
PRESIDENTE (Aimi): Non c'era nessuno, ma, se lei si iscrive, le do la parola.
FAVIA: Mi iscrivo, presidente.
PRESIDENTE (Aimi): Bene. Ha chiesto di intervenire il consigliere Favia. Ne ha facoltà.
FAVIA: Ho fatto un'interrogazione su questo tema ed era ora che si arrivasse all'accordo, ma credo che questo accordo non sia sufficiente, che pochi paletti siano stati messi alla Repubblica di San Marino e avremmo potuto metterci al tavolo con San Marino e ottenere qualcosa di più, ad esempio sui sistemi di raccolta, cosa che leggendo l'accordo non è avvenuta.
Sicuramente è migliorativo, però a nostro avviso non è abbastanza.
PRESIDENTE (Aimi): Preciso solo per il verbale che abbiamo dato la parola al consigliere Favia perché ha chiarito di non aver compreso che si era ancora in dibattito generale. Grazie, consigliere Favia.
Se nessun altro consigliere chiede di parlare, nemmeno per dichiarazione di voto, si proceda alla votazione, per alzata di mano, del partito di deliberazione di cui all'oggetto 2062.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Aimi): L'Assemblea approva.
Passiamo all’oggetto seguente:
OGGETTO 1996
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete Natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del Piacenziano» (TESTO BASE) (33)
(Relazione di maggioranza, relazione di minoranza, discussione e conclusioni)
(Ordine del giorno oggetto 1996-2016-2056/1 – Presentazione) (47)
OGGETTO 2016
Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Meo, Naldi, Sconciaforni, Defranceschi e Moriconi: «Istituzione del Parco regionale fluviale del Secchia» (Abbinato)
OGGETTO 2056
Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Villani, Bignami, Aimi, Bartolini, Bazzoni, Filippi, Leoni, Lombardi, Malaguti, Pollastri e Alberto Vecchi: «Riorganizzazione degli enti gestori del sistema regionale e delle aree protette e dei siti di Rete Natura 2000» (Abbinato)
PRESIDENTE (Aimi): Il testo (n. 5/2011) è stato licenziato dalla Commissione “Territorio Ambiente Mobilità” nella seduta del 12 dicembre 2011. Il progetto di legge è composto da 41 articoli.
Relatrice della Commissione è la consigliera Gabriella Meo, che ha presentato relazione scritta. Relatore di minoranza è il consigliere Guido Bazzoni, che ha fatto riserva di chiedere l'autorizzazione alla relazione orale (occorre il voto favorevole dei 2/3 dei consiglieri presenti). Il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere favorevole.
La parola alla consigliera Meo per lo svolgimento della relazione.
MEO, relatrice di maggioranza: Grazie, presidente. Arriviamo a questo testo dopo un’udienza conoscitiva molto partecipata e due Commissioni dedicate alla discussione e all'osservazione di questo articolato.
Del resto, le funzioni di tutela e conservazione della natura sono affidate in Emilia-Romagna a un articolato sistema di aree naturali protette integrato dai Siti della Rete Natura 2000.
Le aree protette sono attualmente rappresentate da 2 parchi nazionali, 14 parchi regionali, 1 parco interregionale, 16 riserve naturali, 3 Paesaggi naturali e seminaturali protetti, 33 aree di riequilibrio ecologico. I Siti della Rete Natura 2000, che sono istituiti ai sensi delle direttive europee per la conservazione della natura, sono ben 153 e coincidono per il 50 per cento circa con i territori delle aree protette. Boschi, spazi aperti, paesaggi, laghi, fiumi, che i cittadini dell'Emilia-Romagna amano raggiungere nei week-end, quando sentono il bisogno di andar via dalla città per respirare aria pulita, passeggiare e rigenerarsi nel silenzio della natura. Alcuni di questi parchi, oltre ad essere rifugio per il corpo, sono luoghi di interesse storico e culturale a pochi chilometri dalle città, con monumenti e testimonianze storiche di grande importanza.
Entrando più nello specifico, le aree protette si occupano di conservazione, quindi di preservare la biodiversità, anche e soprattutto laddove prescritto dalle normative dell'Unione europea. Questo significa che, grazie alla presenza e all’attività delle aree protette dei Siti della Rete Natura 2000, la Regione non rischia di pagare ad esempio le sanzioni comunitarie.
I parchi inoltre gestiscono e tutelano la risorsa idrica, sorvegliando e monitorando le possibili fonti inquinanti e favorendo un uso sostenibile della risorsa acqua. Si occupano della tutela delle foreste, che riducono l'emissione globale di anidride carbonica. Su scala nazionale è stato calcolato che per ogni ettaro di bosco lo Stato risparmierà in media 578 euro di costi per la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica.
I parchi si sono inoltre impegnati in questi anni a recuperare e a restituire le aree estrattive all'uso pubblico, alla natura e quindi alle funzioni ambientali caratteristiche degli ecosistemi naturali. Parchi e riserve hanno anche offerto servizi di didattica alle scuole e ai cittadini, e hanno formato volontari ed esperti in diversi settori ambientali.
Promuovono anche il turismo e i prodotti tipici, creando opportunità ricreative e turistiche di notevole valore sociale, oltre che per le economie locali. Tutto ciò incide sul bilancio totale della Regione per una percentuale irrisoria dello 0.03 per cento.
La superficie protetta della Regione attraverso la rete regionale sopra descritta ammonta a più di 350.000 Ha, per una percentuale pari a circa il 15 per cento dell'intera Emilia-Romagna. A ciò si aggiungono le tutele previste per i corridoi ecologici di scala regionale individuati, al fine di garantire la connettività ecologica tra i diversi ambiti naturali, dal “1° Programma triennale per il sistema regionale delle aree protette e dei Siti della Rete Natura 2000”, approvato dall'Assemblea legislativa con deliberazione del 22 luglio 2009, n. 243.
Il Programma, costruito con il contributo propositivo fornito principalmente dalle Amministrazioni Provinciali, prevede la creazione di un altro parco regionale, quello del fiume Secchia di ulteriori 4 Paesaggi naturali e seminaturali protetti e di altre 21 aree di riequilibrio ecologico.
Il sistema di protezione del patrimonio naturale regionale si integra con le tutele garantite dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) attualmente in vigore, a cui si affiancano le previsioni attraverso i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale delle cosiddette Reti Ecologiche provinciali.
Le principali leggi di riferimento in materia di conservazione e tutela del patrimonio naturale sono la legge n. 7 del 2004, che definisce le competenze relative ai Siti della Rete Natura 2000, e la n. 6 del 2005, che stabilisce il quadro delle norme per la gestione e la pianificazione del sistema delle aree protette.
Il modello di gestione adottato in dette leggi per le aree protette e i Siti della Rete Natura 2000, in base ai principi di sussidiarietà, cooperazione istituzionale, responsabilizzazione e integrazione, si fonda sul protagonismo degli Enti Locali e in particolare, per i Consorzi dei parchi regionali, è previsto il Consorzio obbligatorio fra Province, Comuni e Comunità montane.
La legge finanziaria 2010 del 23 dicembre 2009, n. 191 all’art. 2, comma 186 ha previsto la soppressione dei Consorzi di funzione tra enti locali.
Tale previsione è stata ulteriormente precisata dall'art. 1, comma 44 della legge n. 10 del 2011 (Legge “Mille proroghe”), che stabilisce che “fino alla data di entrata in vigore di ciascuna legge regionale di riordino e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, i Consorzi di funzioni costituiti per la gestione degli Enti parco con legge regionale sono esclusi dall'applicazione dell'art. 2 della legge finanziaria 2010”.
È sorta pertanto l'imprescindibile esigenza di adeguare l'assetto giuridico istituzionale degli strumenti di gestione dei parchi della nostra Regione.
Con il presente Progetto di legge si è voluto cogliere l'occasione rappresentata dalla necessità di costituire nuovi Enti di gestione in sostituzione dei sopprimendi Consorzi per riorganizzare complessivamente l'intero sistema delle aree protette e dei siti della Rete Natura 2000. L’esperienza sin qui prodotta ha consentito al sistema territoriale della nostra Regione di conseguire buoni risultati  dal punto di vista qualitativo nella gestione delle aree protette attraverso la partecipazione degli Enti locali territoriali e dei portatori di interesse. Ciò nonostante sono emerse alcune criticità, al fine di superare le quali viene proposto un nuovo modello gestionale.
La principale problematica è rappresentata dall'eccessiva frammentazione delle aree protette, dalle loro ridotte dimensioni e dall'isolamento delle stesse, fattori che non sempre hanno garantito la necessaria efficacia nelle azioni di tutela della biodiversità.
In secondo luogo, i Consorzi obbligatori di Enti locali si sono dimostrati di troppo ridotte dimensioni, con conseguente scarsità di mezzi e dotazioni, elementi che hanno a volte impedito di esercitare la dovuta influenza sulle decisioni di competenza di altri soggetti pubblici all'esterno dell'area protetta.
La scelta adottata è costituita dall'individuazione di cinque macroaree con caratteristiche amministrative, geografiche e naturali omogenee. Questa suddivisione del territorio regionale risponde appunto all'esigenza di coordinare e ottimizzare la gestione di tutte le competenze già attribuite a diversi soggetti istituzionali nell'ambito di un ente di grandi dimensioni e specializzato nella tutela del patrimonio naturale.
Nel governo degli Enti di gestione delle Macroaree per i parchi e la biodiversità sono comunque rappresentate le Province il cui territorio è interessato da aree protette e dai Siti della Rete Natura 2000 e i Comuni interessati dai parchi regionali, in un'ottica di continuità con il precedente modello gestionale.
Questo disegno di organizzazione su area vasta è un modello che la Regione ha già adottato in altri settori, in quanto è stato ritenuto il più efficace ed efficiente in termini di ottimizzazione delle risorse, di specializzazione del personale e di elevazione della qualità dei servizi forniti.
Inoltre la creazione di Enti di gestione di dimensione idonea a rapportarsi efficacemente con altri soggetti istituzionali competenti al perseguimento di politiche settoriali sul territorio favorisce il rilancio delle politiche regionali di conservazione e il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla strategia europea e nazionale sulla biodiversità.
L’udienza conoscitiva convocata dalla Commissione Territorio Ambiente Mobilità il 28 novembre scorso ha visto una folta partecipazione dei portatori di interesse, che hanno presentato numerosi documenti di osservazioni al testo. Nel corso delle successive convocazioni della Commissione del 7 e del 12 dicembre, si è svolto un intenso lavoro di esame e votazione degli emendamenti presentati sia dalla Giunta, sia dai Commissari, con cui si è cercato di tener conto delle istanze ricevibili sollevate in udienza conoscitiva da amministratori pubblici, associazioni ambientalistiche, organizzazioni professionali e dagli stessi parchi.
In particolare, con gli emendamenti approvati in Commissione si è garantita la continuità occupazionale dei lavoratori delle aree protette, con contratti sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato, e si sono chiariti tutti i passaggi della fase transitoria per consentire la piena operatività ai parchi senza interruzioni.
Infine, sempre in Commissione è stata riconosciuta ai 2 parchi nazionali che interessano il nostro territorio la possibilità di partecipare alla gestione della macroarea di riferimento e si è fissata al 30 novembre 2012 la data entro la quale - qui voglio anche anticipare parte della discussione che ci sarà - con un percorso partecipato che veda il coinvolgimento di tutti gli Enti giungere all’istituzione del Parco fluviale del Secchia.
Pochi giorni fa, si sono celebrati i 20 anni della legge quadro sui parchi, la legge n. 394 del 1991, che alla fine degli anni ’80 tanti di noi auspicavano per salvare e rilanciare il patrimonio naturale italiano. In quegli anni solo il 3 per cento del territorio era protetto ed era in serio pericolo a causa di speculazione edilizia, incendi e mille altre minacce.
Oggi le aree protette devono contribuire di più a fermare la perdita di biodiversità e a incidere maggiormente nelle scelte per mitigare il cambio climatico. Per questo è necessario rafforzare il loro sistema attraverso la crescita della percentuale di territorio protetto, per raggiungere entro il 2010 gli obiettivi sottoscritti in sede internazionale: 17% a terra, 10% mare e coste.
Si prevede di investire nelle aree protette per evitare il degrado del territorio a causa di incendi, abbandono, calamità naturali, e di sviluppare le aree protette per recuperare un ruolo nelle strategie euromediterranee di conservazione della natura.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliera Meo.
Il consigliere Bazzoni ha fatto riserva di chiedere l'autorizzazione alla relazione orale di minoranza, ma è necessario il voto favorevole dei 2/3 dei consiglieri presenti.
Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione della richiesta di autorizzazione alla relazione orale del consigliere Bazzoni, con l’uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.
(Si procede alla votazione)
PRESIDENTE (Aimi): Poiché il sistema elettronico non è funzionante, si procede mediante appello nominale.
Prego il consigliere Defranceschi di procedere all'appello nominale dei signori consiglieri.
Il consigliere Defranceschi effettua l'appello dei consiglieri che così si esprimono:
AIMI Enrico
favorevole
ALESSANDRINI Tiziano
favorevole
BARBATI Liana
(assente)
BARBIERI Marco
favorevole
BARTOLINI Luca
favorevole
BAZZONI Gianguido
astenuto
BERNARDINI Manes
favorevole
BIGNAMI Galeazzo
favorevole
BONACCINI Stefano
favorevole
CARINI Marco
favorevole
CASADEI Thomas
favorevole
CAVALLI Stefano
favorevole
CEVENINI Maurizio
(assente)
CORRADI Roberto
favorevole
COSTI Palma
favorevole
DEFRANCESCHI Andrea
favorevole
DONINI Monica
favorevole
ERRANI Vasco
favorevole
FAVIA Giovanni
favorevole
FERRARI Gabriele
(assente)
FIAMMENGHI Valdimiro
favorevole
FILIPPI Fabio
favorevole
GARBI Roberto
favorevole
GRILLINI Franco
favorevole
LEONI Andrea
(assente)
LOMBARDI Marco
(assente)
MALAGUTI Mauro
(assente)
MANDINI Sandro
(assente)
MANFREDINI Mauro
(assente)
MARANI Paola
favorevole
MAZZOTTI Mario
favorevole
MEO Gabriella
favorevole
MONARI Marco
favorevole
MONTANARI Roberto
favorevole
MORI Roberta
favorevole
MORICONI Rita
favorevole
MUMOLO Antonio
favorevole
NALDI Gian Guido
favorevole
NOÈ Silvia
favorevole
PAGANI Giuseppe Eugenio
favorevole
PARIANI Anna
favorevole
PIVA Roberto
favorevole
POLLASTRI Andrea
favorevole
RICHETTI Matteo
(assente)
RIVA Matteo
(assente)
SCONCIAFORNI Roberto
favorevole
VECCHI Alberto
favorevole
VECCHI Luciano
favorevole
VILLANI Luigi Giuseppe
favorevole
ZOFFOLI Damiano
favorevole
PRESIDENTE (Aimi): Comunico il risultato della votazione:
Presenti
40
Assenti
10
Favorevoli
39
Contrari
--
Astenuti
1
PRESIDENTE (Aimi): L’autorizzazione alla relazione orale è concessa.
La parola al consigliere Bazzoni.
BAZZONI, relatore di minoranza: Grazie, signor presidente. Egregi colleghi, mi dispiace aver creato un trambusto così.
Le funzioni di tutela e conservazione della natura sono affidate in Emilia-Romagna a un articolato sistema di parchi, riserve, aree protette, Siti della Rete Natura 2000, che copre complessivamente il 15 per cento del territorio regionale.
Tutto questo territorio, oltre a proteggere la biodiversità e a rappresentare una possibilità di rigenerazione del corpo e della mente, è anche un'area in cui sono insediate popolazioni in città e paesi, vengono esercitate attività economiche e vengono quotidianamente impostati e realizzati progetti di vita e costruite famiglie.
La prima biodiversità da tutelare deve sempre essere l'uomo, da preservare la nostra società così come si è sviluppata e conformata con le tradizioni, gli usi e l’opera infaticabile di trasformazione e miglioramento del proprio ambiente e delle condizioni di vita che le comunità umane di cultura occidentale hanno nel proprio DNA, a differenza delle immobili società arcaiche di molte parti del terzo e quarto mondo, che tanto affascinano gli intellettuali alla moda.
I parchi non sono un museo, le aree in cui si vogliono tutelare ambienti naturali di pregio e biodiversità non possono diventare entità cristallizzate che espellono l'uomo, quasi fosse un elemento estraneo alla natura e non il suo prodotto più evoluto.
Il Progetto di legge in questione, all'approvazione del quale ci opponiamo con forza, non tiene per nulla conto di queste considerazioni, così come non tiene conto del coro di critiche, osservazioni e proposte venute tutte dalla società civile, dal WWF, per passare a tutte le organizzazioni agricole unite fino a Confindustria, e dagli enti locali che si vedono passare decisioni sopra la testa, quando poi sono loro a dover mettere territori e soldi!
In base alla legge finanziaria del 2010, confermata dal decreto “Mille proroghe” n. 10 del 2011, la Regione Emilia-Romagna era tenuta entro fine anno ad adeguare l'assetto giuridico e istituzionale dei parchi regionali, con la soppressione dei Consorzi di gestione fra gli enti locali. Nulla però imponeva la soluzione adottata in maniera autocratica e ottusamente burocratica, e inoltre non era sicuramente opportuno arrivare in zona Cesarini impedendo così, per effetto dell'urgenza, un reale confronto sulle esigenze e sulle modalità per definire un assetto nuovo, più razionale ed efficace con il consenso e non con la costrizione.
La gattina sonnacchiosa in un attimo è diventata frettolosa e ha fatto i gattini ciechi. I gattini sono le macroaree fatte a tavolino nello stesso modo in cui gli imperialisti tracciavano i confini degli Stati africani in base alla loro mentalità o cultura e soprattutto in base ai rapporti di forza.
Si sono individuate 5 macroaree, e perché non 6, 4 o 12? Dove sta scritto che il modello di gestione e organizzazione assunto dalle Regioni per i trasporti, la sanità e i servizi abbia senso anche per la tutela della natura e delle biodiversità?
ATO e aree vaste, su cui ci sarebbe comunque molto da dire, non devono essere il modello per individuare il miglior strumento organizzativo gestionale da applicare alla biodiversità. Non si tutela la biodiversità con un modello che nega l'idea stessa di diversità, in quanto vuole standardizzare modalità, comportamenti, normative, prassi, impegno volontario che uguali non sono.
A 22 anni dalla caduta del muro di Berlino, il muro del pensiero burocratico comunista è ancora vivo nei cervelli e nel pensiero di chi governa l'Emilia-Romagna: tutto deve essere uniforme, tutto irregimentato, tutto diretto dal centro, tutto sottomesso a un disegno preordinato, che non accetta correzioni in quanto eversive rispetto a un potere che non vuole e non può confrontarsi realmente con la realtà di base e la sua diversità.
Per questi motivi dalla Giunta non è stata accettata l'idea semplice e banale di ottemperare alle leggi nazionali, trasformando i parchi in Enti di diritto pubblico, che fossero espressione reale di quella comunità del parco che non è composta da politici di risulta o amministratori distratti, ma da chi nel parco risiede, coltiva, intraprende, lavora o trova momenti di svago e di impegno sociale.
La composizione burocratica e quindi la geografia delle macroaree è stata criticata da tutti: dagli ambientalisti perché prescinde da qualsiasi criterio naturalistico, dagli enti locali perché in pratica si vedono espropriati di un potere immediato, esercitato secondo la volontà dei cittadini, dai portatori di interesse perché vedono allontanarsi fin quasi a sparire il riferimento cui far presente le proprie istanze e necessità, che una legge sorda calpesta senza remore.
La Giunta sa bene che in ogni parco vi sono problemi irrisolti con la vera comunità del parco, che è quella composta da coloro che vivono e lavorano lì. Questi problemi rimarranno sempre irrisolti finché chi governa non modificherà la concezione del parco come di un museo, con tutto sotto le teche alle quali non ci si può nemmeno avvicinare.
Le foreste casentinesi sono state piantate dall'uomo, così come la pietra di Dante, e il Po sfocia in quel modo perché da 2000 anni l’uomo interviene costantemente a chiudere e aprire vie d'acqua, asciugare o allagare valli, creare rive.
La laguna di Venezia sarebbe una vasta pianura alluvionale coltivata a carote e cocomeri senza la deviazione dei fiumi che la riempivano di sedimenti. Allontanare la direzione e il potere da chi nel parco coltiva, raccoglie, estrae, vive e fa industria significa acuire tensioni, danni e la rabbia di tanti.
Gli agricoltori hanno già abbastanza problemi dati dalla congiuntura economica, senza dover anche diventare sudditi di una macroarea. Se la Giunta regionale intendesse queste preoccupazioni e fondate considerazioni e l'Assemblea legislativa volesse farle sue, la strada maestra sarebbe quella di adottare la soluzione prospettata nel Progetto di legge dei consiglieri del Popolo della libertà, cioè di trasformare gli attuali Consorzi in Enti di diritto pubblico, in modo da ottemperare a quanto richiesto dalla normativa nazionale, e successivamente lanciare un grande progetto di aggregazione partecipato attorno e fra i parchi.
In questo modo si individuerebbero meglio quelle affinità e quelle sinergie fra parchi, aree protette, Siti della Rete Natura 2000, riserve e parchi nazionali, attraverso un processo che si snoda nei territori e non attorno al tavolo di un assessorato.
Anche il processo di accorpamento dei Consorzi di bonifica è avvenuto con una partecipazione dal basso, ma nonostante questo in certi casi vi sono stati difficoltà e problemi di rapporti, che hanno assunto una certa vivacità. Penso ai problemi posti da Cesena verso Ravenna per quel che riguardava in ultima istanza la posizione di una targa di ottone con scritto “Sede”.
Rendiamoci quindi conto, fatte le debite proporzioni, di cosa vorrà dire decidere da Rimini sulla Grotta di Re Tiberio a Riolo Terme o da Ferrara sulla Salina di Cervia. Con le macroaree così determinate si aprirà un disagio costante fra gli enti locali, con i cittadini e con tutte le categorie economiche, e si vedranno entità territoriali smembrate o accorpate con un atto di imperio, che non trova riscontro nella vita reale.
La collega Meo nella sua relazione parla di aver voluto cogliere l'occasione dell'imprescindibile esigenza di adeguare l'assetto giuridico istituzionale degli strumenti di gestione dei parchi, per riorganizzare complessivamente l'intero sistema. Se questo fosse stato il vero e prioritario scopo di chi chiede all'Assemblea legislativa un voto favorevole, non ci saremmo trovati a doverne discutere in appena un mese, con la società civile in subbuglio e con gli enti locali rassegnati a dover subire questi imposizione per motivi politici.
Eppure avremmo potuto migliorare il testo in Commissione, così come spero potremo farlo in Assemblea, se solamente fossero stati accolti i suggerimenti e gli emendamenti dettati dal buonsenso, ad esempio riferiti alle possibilità e modalità per i Comuni di uscire da queste gabbie che diventeranno le macroaree, oppure alle modalità di contribuzione e reperimento delle risorse e al potere dei Consigli comunali di approvare o meno le scelte che vengono dalla Giunta regionale.
Altre cose da prendere in considerazione sarebbero state le problematiche relative ai danni da fauna selvatica, che in certi casi stanno diventando un serio problema per gli agricoltori, così come la possibilità per le aziende agricole e industriali presenti in un territorio di poter smaltire o trasformare i propri rifiuti.
Paradossale è anche il divieto assoluto di attività estrattive, anche per quelle già in corso e regolarmente autorizzate e anche per quelle che potrebbero avere un effetto di ripristino, manutenzione o creazione di zone naturalistiche. Tante aree protette esistenti sono nate proprio da importanti recuperi di canali, vasche di laminazione e cave.
La cosa più eclatante, non modificata in Commissione è la volontà di escludere dal momento propositivo, decisionale e gestionale dei parchi proprio chi rappresenta la vera comunità del parco, cioè chi nel parco vive, lavora, occupa il tempo libero.
Spero che l'Assemblea voglia rimediare all'ostinata insensibilità della Giunta e alla supina condiscendenza della Commissione, reintroducendo con forza il tema della presenza delle associazioni di rappresentanza di interessi negli organi che contano, la Comunità del parco e il Comitato esecutivo.
Non è sufficiente la Consulta del parco per incidere e dare un segno diverso dalla gestione dell'ente: diventerebbe come quello che succede nelle udienze conoscitive della Commissione, il cui esempio in questo caso è illuminante. Tutti criticano certe cose e ne propongono altre, ma la Giunta e la maggioranza della Commissione non se ne preoccupano minimamente.
La cosa su cui insistiamo, facendoci interpreti delle istanze raccolte trasversalmente in tutte le consultazioni effettuate, è che si trovi il modo e la forma attraverso cui determinare la presenza dei portatori di interesse nei due organi decisionali e gestionali. Se rappresentare tutte le associazioni e i sindacati è troppo dispersivo, si può trovare la forma di un rappresentante per settore o differenziare la partecipazione alla Comunità del parco con quella al Comitato esecutivo, altrimenti si può verificare la modalità di presenza, di parola ma non di voto.
L’importante è che si capisca che l'agricoltore, che nel parco vede limitate le sue attività imprenditoriali o si vede danneggiare direttamente i raccolti, è un contribuente del parco, e come e più di un ente locale deve essere rappresentato. Questo evidentemente vale anche per tutte le altre forme di impresa o per chi al parco o alla riserva dedica tutto il suo tempo volontario.
Chiedo a questa Assemblea legislativa di fare un salto di qualità e, seppur nell’enorme ristrettezza dei tempi, di approvare una legge che sia più giusta, efficace e condivisa.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliere Bazzoni.
Ricordo che siamo in fase di dibattito generale.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Pollastri. Ne ha facoltà.
POLLASTRI: Grazie, signor presidente. Ero inizialmente tentato, ai sensi del Regolamento, di presentare in quest'Aula una questione sospensiva o pregiudiziale, per segnare, signor sottosegretario, sotto il profilo politico la nostra contrarietà a questo percorso, che avete fatto a fine anno a tappe forzate su un argomento, colleghi, che, come qualche collega più libero potrebbe riconoscere, avrebbe meritato molto più tempo e approfondimento.
Il progetto di legge di riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette e dei Siti della Rete Natura 2000 è un esempio fattivo, in cui un importante concetto, che è quello di razionalizzare e ottimizzare, in seguito a una rilettura condita diversamente dopo varie mediazioni, viene distorto e si trasforma in un provvedimento che a nostro avviso ottiene un effetto contrario.
Ancor prima di entrare nel merito del contenuto e nel metodo che ha portato alla nascita di questo Progetto di legge, è d'obbligo una premessa di carattere generale: questo provvedimento si inserisce in una serie di atti e di interventi che la Regione deve fare per sopprimere enti inutili e razionalizzare i costi. Si è passati dagli Enti parco, poi financo per parlare degli ATO, di cui poi discuteremo, sino al trasporto pubblico locale e ad altri settori.
La finalità – mi rivolgo ai colleghi della maggioranza – può essere ed è buona, ma non il modo, il tono che fa la musica e il metodo con cui le cose vengono fatte. Riteniamo – abbiamo già avuto modo di dirlo sia nelle sedi istituzionali, quindi in sede di Commissione, sia sulla stampa – che si vengano a creare organismi di difficile gestione, lontani dal territorio e dalle esigenze, con problemi logistici ma soprattutto di conoscenza del territorio dovuta alle loro dimensioni.
Nei contenuti questo progetto mira ad accorpare 17 parchi, 16 riserve, 3 Paesaggi naturali, 33 aree di riequilibro, 153 Siti, dando vita a quelle macroaree che noi contestiamo – lo ha già fatto con dovizia di particolari il consigliere Bazzoni, relatore di minoranza – di dimensioni sovraprovinciali, che andranno a gestire un territorio complessivo di 350.000 Ha.
Riteniamo, sottosegretario, che questa composizione sia pletorica (Presidente, Revisore, Comitato, promozioni, consulente), una struttura elefantiaca che darà dei problemi.
Aggiungiamo poi (andremo a verificarlo) anche l'indennità di carica del Presidente, pari a quella un sindaco di una città avendo sicuramente meno responsabilità.
Ci troviamo quindi di fronte a un'iniziativa che contestiamo, quindi tutto il Gruppo del Popolo della Libertà iniziando dal Capogruppo ha elaborato una controproposta che è stata abbinata, ma che evidenzia la diversa visione e le diverse scelte dell'azione politica del Gruppo del Popolo delle Libertà su un tema così importante.
Risulterà difficile a nostro avviso per i nuovi amministratori trovare ascolto da un esecutivo lontano, ma non vogliamo fare strumentalmente della polemica politica. Tutte queste riserve e perplessità – torno alla mia dichiarazione iniziale: questo provvedimento meritava più tempo di gestazione – vengono dalle associazioni, dalle categorie, dai vari soggetti che si occupano della questione che oggi dibattiamo in quest'Aula.
Le attuali perimetrazioni delle macroaree peccano a nostro avviso di astrattezza, hanno scarsa omogeneità ambientale, non prevedono i rappresentanti delle associazioni venatorie, incomprensibilmente escluse anche dai Comitati per la promozione della biodiversità.
Le nostre critiche si appuntano quindi essenzialmente a monte, cioè su come la Giunta ha proceduto e ha atteso soltanto novembre. Questo è inspiegabile perché avevate a disposizione molti mesi prima e siete arrivati solo alla fine dell'anno con un programma dei lavori di quest'Aula che vede ingolfata di provvedimenti l'Assemblea legislativa, per fare tutto in fretta e furia, senza condividere preventivamente con i territori e accettare i suggerimenti e le proposte da chicchessia.
È vero, c'è stata l'udienza conoscitiva, che è stata però un' udienza «di facciata», perché i giochi e le decisioni erano già fatte, un'udienza in cui tra associazioni imprenditoriali, associazioni agricole, ambientaliste, sindacati, guardie ecologiche, speleologi, Enti parco, abbiamo contato 28 interventi che – bisogna dirlo con franchezza – hanno espresso pesanti riserve su questo provvedimento.
Le modifiche che sono degne di nota non riguardano soltanto il Comitato esecutivo, e il nostro Gruppo ha presentato oggi in Aula altri emendamenti per cercare di correggere il testo, modificare e migliorare secondo le nostre posizioni questo provvedimento.
Il nostro Progetto di legge ha accolto le osservazioni del territorio di esperti, di consulenti e di addetti ai lavori, cercando di incidere radicalmente e cambiare l'impianto del testo della Giunta. Anche sotto il profilo istituzionale nessun conto è stato dato e siete andati avanti a tappe forzate. Anche i colleghi componenti della Commissione hanno segnalato questo disagio in sede di udienza conoscitiva e di fronte alle categorie si poteva anche evidenziare la nostra controproposta.
Un ultimo aspetto mi preme evidenziare, assessore, anche per arricchire questo importante dibattito. La cosa riguarda più da vicino la nostra Provincia e la fusione del Parco dello Stirone, dove noi abbiamo dei rappresentanti, e la Riserva del Piacenziano.
Deve riconoscere, assessore, che è un atto non voluto dalla Provincia di Piacenza, sul quale sono state espresse riserve. Abbiamo partecipato come consiglieri regionali del territorio a un incontro in Provincia con l'assessore competente delegato, che ha evidenziato dei punti critici che ha anche espresso pubblicamente sulla stampa (non scopro l'acqua calda), dichiarando chiaramente che tutta questa fretta non andava bene e che sarebbe stato meglio, come si è fatto in Regione Lombardia, spostare in avanti i tempi di questo provvedimento.
Ci saranno poi problemi che riguarderanno le attività estrattive (è stato già ricordato), la costruzione di nuove opere. Si teme inoltre lo spopolamento di zone che già subiscono evidenti problemi legati anche a questa congiuntura internazionale.
Certamente questo nei banchi della Giunta dove avete scritto la legge a tavolino probabilmente non potevate saperlo. Su tante altre cose noi abbiamo condiviso le vostre scelte, votando ad esempio la legge sulla semplificazione, che abbiamo condiviso realizzando un percorso serio, partecipato, importante, quindi non siamo qui a fare barricate o ostruzionismo per fare semplicemente muro contro muro.
Abbiamo una proposta importante, seria, alternativa perché siamo convinti che su questo atto la Giunta abbia sbagliato. Era una materia importante, che avrebbe meritato tutt'altra condivisione, tutt'altra attenzione, e per questo il Gruppo del Popolo della Libertà voterà convintamente contro.
PRESIDENTE (Aimi): Grazie, consigliere Pollastri.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Bernardini. Ne ha facoltà.
BERNARDINI: Grazie, presidente. Molte delle conclusioni del collega che mi ha preceduto sono le medesime del Gruppo della Lega Nord.
Nulla da eccepire sulla nobile funzione di utilità sociale e ambientale delle aree protette, ma questo disegno di legge, che doveva e poteva essere concepito in maniera diversa, purtroppo ha trovato un percorso di chiusura nei confronti anche di coloro che siedono sui banchi dell'opposizione, come dimostrato anche dai lavori della Commissione.
Nulla da eccepire sugli intendimenti della Giunta, ma, caro assessore, si poteva fare meglio e prima, con più tempo, senza arrivare al fotofinish di una scadenza imperativa come invece abbiamo.
Non ci resta che ripercorrere le osservazioni di altri, di cui come Movimento Lega Nord ci facciamo portavoci, che sintetizzo in pochi passaggi ma che sono sicuramente emblematiche di un disegno di legge che presenta dei punti su cui si poteva fare di più e meglio.
Le macroaree che oggi ci apprestiamo a istituire si prestano a rilievi anche sulla omogeneità o meglio disomogeneità del territorio ivi racchiuso, una lettura sicuramente diversa da quella fornita dalla Giunta, ma che invece trova ampia condivisione in tutti quei territori ed enti locali che sono forzosamente chiamati a parteciparvi, con annessi problemi di rappresentatività negli organi formanti la governance dell'ente.
Non si prevede quel percorso di reversibilità del processo di appartenenza e permanenza nell’istituenda macroarea, venendo meno la possibilità di esercitare una propria volontà di recesso. Parlo per esempio di quei Comuni che sono più o meno territorialmente coinvolti, solo perché magari pochi metri quadrati del proprio territorio vengono ad essere interessati dalla nuova ristrutturazione dell'Ente di gestione.
Per quanto riguarda gli organi di gestione, nella composizione si escludono dalla gestione diretta le rappresentanze sociali che più direttamente sono coinvolte dalla costituzione e successiva gestione degli ambiti protetti, ma anche la rappresentanza degli agricoltori coinvolti.
L’articolo 5, Comunità del parco, parla solo di sindaci, così come anche l’articolo 6 nel Comitato esecutivo. Non è previsto e noi l'abbiamo proposto, prendendo spunto da un'osservazione del Gruppo PD in Regione Lombardia e qui bocciato, che ai lavori della Comunità del parco partecipassero con diritto di parola i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, agricole e produttive, venatorie, della pesca, Pro Loco e di fornitori di servizi turistici presenti all'interno del parco.
Si tratta di una proposta che il Gruppo politico del PD ha proposto in Regione Lombardia sul medesimo oggetto e che lì è stata accolta dalla maggioranza, a testimonianza del fatto che in alcune Regioni si ascoltano di più le proposte e gli input che vengono dalla minoranza. È una linea di considerazione che manca in molti passaggi del testo normativo, dove si poteva fare di più e meglio per coinvolgere le categorie interessate, anche prevedendo strumenti partecipativi in seno agli stessi organi, con pareri preventivi da raccogliere obbligatoriamente nei passaggi decisionali.
Non si disciplina un altro elemento spesso di polemica all'interno di questi contenitori, che è l’annoso problema della prevenzione e indennizzo dei danni derivanti dalla fauna alle produzioni agricole presenti nel parco, con soldi che si potevano prevedere da eventuali, nuove funzioni amministrative affidate all’ente in materia faunistica venatoria, con un preciso impegno a tutela delle produzioni agricole.
Si parla solo genericamente, all’articolo 11, comma 12, di promozione, sviluppo e salvaguardia del parco. Non si è previsto, altra norma che in maniera comparativa emerge da un esame degli altri progetti di legge sulla materia adottati da altre regioni, che all'interno dei parchi la realizzazione di opere pubbliche in deroga previste dalla legislazione nazionale e di reti e infrastrutture previste dalla programmazione regionale siano possibili solo previa acquisizione del parere favorevole, vincolante e obbligatorio dell'Ente parco.
Si tratta di una partecipazione che riteniamo obbligatoria, ma vessatoria, perché si prevede anche l'obbligatorietà del contributo economico da parte degli stessi enti locali interessati e degli altri centri di interesse obbligati a parteciparvi, e che quindi riassume tutto un giudizio negativo, che parte, oltre che dal merito, anche dal metodo con il quale si è portato a compimento il lavoro su una riorganizzazione dovuta, ma mal gestita, perché con tutto il tempo che c'era avremmo potuto farla con un processo diverso, che tenesse conto in modo più rilevante delle osservazioni pervenute durante le udienze conoscitive, che sono rimaste oggi in gran parte inevase. Grazie.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANDINI
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Bernardini.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Alberto Vecchi. Ne ha facoltà.
VECCHI Alberto: In riferimento a questa legge, i miei colleghi hanno già evidenziato come sia stata portata in fretta e furia perché c'era la necessità di intervenire con poca discussione su un argomento importante.
Per l’organizzazione delle aree protette regionali voi create queste grandi macroaree, ma credo che preventivamente avreste dovuto consultare i territori, coinvolgerli, sentire un loro parere, perché c'è una grande diversità quando parliamo di queste cose: per noi, per il centrodestra al centro di tutto c'è sempre l'uomo, tutto ruota attorno all'uomo e alla vita che si vive in questi luoghi, dall'altra parte probabilmente si vorrebbero fare dei musei, perché i cittadini che abitano a Bologna sabato e domenica vanno a divertirsi in queste aree.
Dal mio punto di vista, invece – e questo l'abbiamo sempre detto con forza e su questo ho fatto convegni – i parchi devono essere un'opportunità e non una serie di divieti per le persone che vivono al loro interno. È un cambio di mentalità, un cambio di passo, che però è decisivo: un'area protetta diventa vincente nel momento in cui i cittadini che vivono quella realtà accettano il parco perché vi vedono un’opportunità di sviluppo.
Se questo non c'è, se si sono create queste macroaree ma non si è cambiata la struttura, la parte integrante di un parco, se non sono stati eliminati i divieti oggi imposti alle persone che vivono all’interno del parco, che non possono neanche spostare un alberello o raccogliere la legna pena una serie di multe, se il parco non è vissuto e accettato da chi ci vive, non è visto come risorsa, tutto quello che stiamo facendo non porta da nessuna parte.
Ci sarà sempre la contrarietà a questo tipo di iniziativa, che è lo specchietto delle allodole per attrarre le persone sabato e domenica a fare un picnic, ma non raggiunge invece l’importante obiettivo di creare una società a misura d'uomo, che però rispetti la natura.
Abbiamo quindi mentalità diverse nell’affrontare questo ragionamento. Purtroppo in questa legge non si parla di opportunità, ma si continua a parlare di una serie di divieti che rimangono inalterati, perché non c'è stata alcuna modifica. Numerosi Comuni coinvolti devono subire questa ennesima scelta, e la cosa mi meraviglia perché spesso anche in campo sanitario vengono fatte scelte regionali che ci fanno sembrare tutti fratelli di Ponzio Pilato, per cui facciamo decidere i territori perché forse è più comodo dare poche linee di indirizzo.
Qui, invece, viene fatto l'opposto: dal centro andiamo a dare queste disposizioni. Non condivido assolutamente questo, condivido le opinioni dei miei colleghi Bazzoni e Pollastri, e sono contrario a quanto viene oggi portato in Aula.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Alberto Vecchi.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Corradi. Ne ha facoltà.
CORRADI: Grazie, presidente. Con il mio intervento vorrei puntualizzare quello che a giudizio mio e del nostro Gruppo è uno degli elementi di maggiore criticità di questo progetto di legge.
Così come è formulato, con la previsione della partecipazione obbligatoria di tutti i Comuni che oggi rientrano nelle varie realtà di tutela presenti nella nostra Regione, andiamo sostanzialmente a violare i patti che erano nati al momento dell'istituzione dei parchi, che vedevano i Comuni come soggetti coinvolti, che con il loro consenso riuscivano a fornire la possibilità di istituire queste aree.
Oggi abbiamo raccolto nei vari territori – io parlo del mio – il netto dissenso da parte di alcuni sindaci di Comuni coinvolti nei parchi, che vivono questo percorso normativo che vi accingete a varare come una sorta di espropriazione delle proprie prerogative.
Andrete a creare queste macroaree lontane dai territori, nelle quali sarà estremamente difficile, soprattutto per i piccoli Comuni dell'arco appenninico, riuscire ad essere interlocutori capaci di trovare ascolto, laddove il loro ruolo e la loro funzione vengono diluiti in questi grandi contenitori, che alla fine rischiano di essere forieri di una sorta di usurpazione di prerogative delle amministrazioni locali.
Credo che questo sia un aspetto che vi invito a riconsiderare (abbiamo presentato anche emendamenti in proposito), dando ai Comuni la dignità di poter nuovamente decidere se essere parte o meno di questo progetto. Credo che la loro libertà di scelta non possa essere umiliata con una previsione di obbligatorietà, che mai come ora mette in difficoltà le amministrazioni comunali che, se in passato hanno avuto modo di conoscere – e non sempre in termini positivi – la relazione con gli Enti parchi, credo che oggi quantomeno abbiano il diritto di potersi liberamente pronunciare rispetto al percorso che andate a prospettare loro.
Credo che, se siete convinti dei contenuti del vostro progetto di legge, non dovreste avere alcun timore nel rimettere ai Comuni, ai sindaci e alle Amministrazioni, quindi ai territori, la possibilità di esprimersi rispetto all'adesione a questo percorso.
Se viceversa ritenete di insistere nel prevedere la partecipazione obbligatoria dei Comuni che già rientrano nei vecchi parchi, credo che questo dimostri la consapevolezza di avere messo in campo un progetto legislativo che non trova il consenso o quantomeno non trova il consenso unanime dei sindaci, in molti casi anche dei vostri sindaci, che si troveranno coinvolti in questa sovrastruttura, con anche un problema di costi gestionali che rischiano di ricadere sugli stessi Comuni.
Una chiosa tanto per sorridere, ma credo che qualche sindaco non sorriderà molto, laddove prevedete che, nel caso di esuberi di organico da parte di questi nuovi enti, ossia macroaree, sarà possibile la mobilità verso gli enti già partecipanti dei disciolti Consorzi, quindi dei Comuni.
Non so fino a che punto sorrideranno i sindaci nel momento in cui gli metterete in casa i dipendenti di cui non credo abbiano particolare bisogno o necessità. Grazie.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Corradi.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Bignami. Ne ha facoltà.
BIGNAMI: Grazie, presidente. In primo luogo, ringrazio l'assessore per la sua assenza, perché il rischio è che, ove fosse stata presente, avrebbe capito fischi per fiaschi alcune nostre proposte e avrebbe apportato altre, ulteriori modifiche a un progetto di legge che è stato letteralmente “arlecchinizzato”, nel senso che è nato con un tessuto, se ne è rivisto un altro, se ne sono aggiunti ulteriori, sono arrivati emendamenti agli emendamenti degli emendamenti che aveva presentato la Giunta sul Progetto di legge.
Per fortuna, quindi, non è in Aula, perché rischieremmo fondatamente che, capendo una cosa per l'altra, presenti ulteriori emendamenti. Una delle poche virtù della votazione di oggi è che da domani avremo un testo certo, a meno che non continuino ad arrivare emendamenti, ma mi auguro che qualche dirigente si premuri di avvisare l'assessore che con oggi si chiude la possibilità di emendare la sua legge.
Dovremmo chiudere la partita e avere un testo fermo, di cui non condividiamo nulla, e devo registrare, sfidando la legge dei grandi numeri, il fatto che mai abbiamo condiviso nulla di questo progetto di legge, nonostante la stratificazione emendativa di volta in volta proposta. La stratificazione normativa è un evento raro, ma oggi si chiude un percorso e da domani dovremmo avere la certezza di una legge.
È un buon passo avanti e speriamo che dopo un anno e mezzo l'assessore Freda faccia tesoro di questa esperienza.
Questa è la premessa di un elemento che a mio giudizio dovrebbe far riflettere, così come abbiamo detto anche in Commissione, sul fatto che questa proposta di legge riesce a centrare l'obiettivo di far scontenti tutti, e devo dire che è uno sforzo importante. Non credo che avremmo saputo elaborare una proposta così peggiorativa degli assetti da riuscire a scontentare tutti: associazione animaliste, cacciatori, ambientalisti, operatori del territorio, residenti, villeggianti.
Si nega non solo il presupposto per noi essenziale della centralità dell'individuo, ma anche l'idea che il territorio dovrebbe essere tutelato in primo luogo dall'individuo. Opprimendo il territorio con soluzioni burocratiche – viene da pensare alla Cenerentola di Rossini –, riuscendo ad avviluppare il quadro che era già abbastanza complesso, escludiamo in qualsiasi modo le figure che maggiormente dovrebbero interagire sul territorio (residenti e soggetti che da un punto di vista di coltivazione, di agricoltura, di Consorzi interagiscono con il territorio) da qualsiasi cura e manutenzione del medesimo.
Si afferma l'idea di un Eden, in cui teoricamente dovrebbe avvenire tutto nel rispetto delle regole di natura, negando la realtà dei fatti: una riproduzione incontrollata, una presenza degli animali che purtroppo sta diventando gravosa sul territorio.
Lo dico perché questa legge rappresenta da un lato un'occasione mancata, perché si poteva fare un ragionamento di revisione, per cui l'amministrazione diventava una risorsa utile per il territorio, dall'altro lato un aggravio di situazioni che invece dovevano essere alleggerite, realizzando un'interazione con i soggetti che sul territorio restano i protagonisti di questa operazione, per renderli realmente attori di una cura e di una manutenzione del territorio che è così del tutto assente.
Sorprende – è una valutazione che rivolgo anche a qualche amico di associazioni di categoria – il silenzio di alcune associazioni, che evidentemente (ma sono io che penso male), avendo portato a casa la volta scorsa il Registro unico sulle imprese agricole, tacciono rispetto a questo progetto, che loro stessi sanno essere qualcosa che va oltre l'abominio legislativo.
Nella valutazione che, se non si è colto, ribadisco essere negativa – lo preciso all'assessore che non vorrei avesse le idee confuse anche su questo –, riteniamo importante presentare un progetto di legge che non va in direzione opposta, perché in realtà il progetto di legge della Giunta non va in nessuna direzione, ma che prova a disegnare una geografia legislativa (uso questo termine con un prudenza), che riafferma la centralità dell'individuo sul territorio, un territorio che sia al servizio dell'individuo, non suddito e non spremuto dall'individuo, e che renda una visione di queste aree come dovrebbero essere.
Si tratta di un territorio utile da salvaguardare, senza creare una sorta di cappa di intoccabilità che, a nostro giudizio, oggi si traduce per una malintesa accezione del concetto di biodiversità e tutela del territorio in una tutela estesa, ma che domani diventerà il prodromo e, per certi aspetti, la premessa di un lento – ma neppure forse troppo lento, visto quello che già sta succedendo in certe aree del nostro Appennino – declinare della presenza antropica, ma anche della valorizzazione produttiva, commerciale e turistica di queste aree. Grazie.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Bignami.
Ha chiesto di parlare la consigliera Donini. Ne ha facoltà.
DONINI: Grazie, presidente. Sto ascoltando, molto interessata, questa discussione e i molti interventi che si sono succeduti dai tavoli delle opposizioni. Rispetto alla domanda che poneva il collega Corradi in chiosa al suo intervento, provo a esprimere il mio punto di vista. Il collega Corradi chiedeva se siete convinti di questo impianto e dell'efficacia dei contenuti di questa legge.
Provo a dire di che cosa sono convinta: io sono convinta del principio, della necessità di ribadire, e possibilmente incentivare, la nostra volontà di tutelare questo 15 per cento di superficie del territorio regionale, al quale io auspico si aggiungano altre porzioni di territorio (lo so che questa affermazione potrebbe sconvolgere qualche collega), e di farlo con l'autorevolezza che questa Regione deve offrire, alla base del perseguimento di un principio.
Ricordo che è un principio statutario. Noi abbiamo, tra le finalità e tra i princìpi dello Statuto della Regione Emilia-Romagna, una parte specifica che riguarda la tutela del nostro patrimonio ambientale, la tutela delle aree che abbiamo deciso di proteggere – in questo caso in collaborazione e in codecisione con gli Enti locali – istituendo riserve e parchi regionali.
Sono convinta dello strumento, che è in sé qualcosa che sperimenteremo. Io auspico che questo impianto possa funzionare, ma sicuramente è ispirato e orientato ai princìpi che, a partire dallo Statuto, questa Regione ha deciso di perseguire costantemente.
Un'altra cosa della quale sono convinta è questa: non ho voluto io la finanziaria 2010, né il contenuto del Milleproroghe. Questa è una decisione sì calata dall'alto, che ha cancellato con tre righe una storia di esperienze costruite con fatica sui territori del nostro Paese e di questa regione.
Siamo tenuti, adesso, e di questo sono convinta, a dare una risposta, coi tempi, le possibilità e gli strumenti che abbiamo, che serva da un lato a rilanciare quel tipo di esperienza, facendo tesoro di quanto di positivo si è costruito, e quindi il sistema di relazioni tra gli Enti locali, il livello di responsabilità reciproca che nella gestione dei Consorzi si era stabilita, a tutelare i livelli occupazionali (parliamo di oltre 160 persone tra contratti a tempo indeterminato e contratti a tempo determinato, e questo è uno degli aspetti importanti della nuova normativa), a consentire senza soluzione di continuità lo svolgimento delle attività all'interno dei nostri parchi.
Questi sono infatti importanti e fondamentali sia per il settore economico, che per quello turistico, che per quello più legato ai temi dell'educazione, dell'istruzione, della scuola, e posso mettere in fila molte altre questioni.
Questo è il nostro obiettivo: passare a un nuovo sistema che è imposto dall'alto, ma ci deve servire a rilanciare l'operatività di tutti gli attori coinvolti nel sistema, in modo da migliorare per quanto possibile, anche nella crescita di consapevolezza, la gestione di un sistema complesso e articolato, perché complesso e articolato è il nostro sistema regionale dal punto di vista naturalistico, ambientale, morfologico.
Nessuno nega quanto è complesso e come è difficile e come effettivamente sono tante le sensibilità relative ai temi ambientali che devono trovare una loro composizione, ristabilendo un patto di reciproco coinvolgimento. Ecco perché la legge in sé può sembrare complicata, ma la complicazione non sta nel sistema di relazioni che abbiamo cercato di costruire tra i soggetti portatori di interesse, che all'interno delle Consulte devono avere il modo di potersi esprimere e di far valere la loro opinione, il loro punto di vista.
Il sistema degli Enti locali attraverso l'esperienza della gestione dei parchi può nelle comunità dei parchi rimettere in circolo quel bel livello di energie e di risorse intese complessivamente, che hanno liberato in questi anni di esperienza. C’è il tentativo di razionalizzare attraverso l'istituzione di questi nuovi enti, soggetti di diritto pubblico sul territorio regionale, che come proposta iniziale organizziamo in queste cinque macroaree, ma, dal momento che tutto – lo dico qui assumendomi la responsabilità – è perfettibile a questo mondo, dato che la legge ha anche una clausola valutativa e abbiamo dei tempi certi entro i quali acquisire i risultati di questa esperienza di gestione, nel giro di qualche tempo vedremo se funzionino e se questo tipo di ripartizione geografica abbia efficacia.
Lo dobbiamo fare in fretta. Anche io ho un rammarico e non voglio scaricare colpe e responsabilità che sono del sistema nel suo insieme, perché, se la maggioranza può essere accusata di aver trascurato questo tema e di essere arrivata tardi ad affrontarlo, l'opposizione non è da meno, perché non mi risulta che la proposta di legge del PdL sia stata presentata otto mesi fa, ma è stata presentata più o meno contemporaneamente alla nostra proposta.
È stata unificata perché lo dice l'art. 31 del nostro Regolamento, però è stata iscritta all'ordine generale dei lavori della nostra Assemblea non con un anticipo tale da consentire quella riflessione nei tempi e nei modi cui facevano riferimento i consiglieri Bernardini e Bignami. Se arriviamo con ritardo ad affrontare questo tema, il ritardo è dell'Assemblea nel suo complesso, non c'è una parte politica che aveva anticipato.
In questa Assemblea legislativa, come forze di maggioranza qualche settimana fa abbiamo promosso un'iniziativa legata a una risoluzione, abbiamo deliberato un documento di indirizzo, che impegnava noi stessi e la Giunta regionale ad arrivare appunto ad adottare un provvedimento legislativo entro il termine previsto del 31 dicembre, che fosse ispirato a determinati princìpi e orientato a chiare e determinate finalità.
Vedo in questa proposta di legge sia i princìpi ai quali cercavamo di ispirarci come indirizzo, sia le finalità. Interveniamo esercitando una pressione sul territorio, perché il tema della tutela, della promozione, del funzionamento delle attività dei nostri parchi e delle nostre riserve sia vissuto come un dovere di carattere istituzionale: sì, è vero, perché lo consideriamo tale.
Se una realtà di enti locali ha collaborato con la Regione perché si arrivasse all'istituzione di un parco, ritengo che sia poi obbligata a occuparsi della sua gestione, per cui gli aspetti relativi agli obblighi che qui prevediamo sono coerenti al tipo di impianto. Facciamo dei parchi per preservare porzioni del nostro territorio da usi impropri, territori che sono particolarmente sensibili e belli, che conservano un patrimonio fondamentale per preservare la biodiversità hanno dei vincoli, altrimenti non esisterebbe la necessità di istituire riserve, parchi o aree protette.
I vincoli sono incompatibili con la promozione economica di quel territorio? Direi proprio di no. Come diceva con molta chiarezza la consigliera Meo nella sua relazione, credo che sia facile acquisire una serie di dati oggettivi che dimostrano come la presenza di un parco non sia deprimente.
In questi giorni abbiamo ascoltato di tutto e mi hanno stupito le recenti uscite sulla cronaca modenese a proposito dell’allarme delle associazioni del mondo agricolo in merito alla previsione – finalmente, se ne discute da anni! – dell'istituzione del Parco del Secchia. Faccio questo passaggio perché abbinato a questa proposta di legge, che è diventata il testo base, c'era una proposta di legge sottoscritta da alcuni consiglieri, tra i quali anche il Capogruppo della mio Gruppo assembleare per l'istituzione del Parco del Secchia.
Abbiamo ritenuto di presentare questa proposta di legge per accelerare una discussione che sul territorio c'è da anni. Abbiamo stabilito dei termini, abbiamo inserito nell'articolato un articolo specifico, che stabilisce che entro il 30 novembre del prossimo anno invita i soggetti interessati attraverso le forme della partecipazione, che evidentemente auspichiamo, a giungere ad assumersi questa responsabilità e a prendere questa decisione.
Delle considerazioni delle associazioni del mondo agricolo che ho letto dai giornali agricolo mi ha stupito l’allarme relativo all’influenza negativa che per le loro attività il parco può avere. Questo dimostra la confusione che c'è attorno a questi temi, perché in realtà le attività agricole possono essere tranquillamente svolte all'interno di un parco e non sono incompatibili con le regole di gestione del parco, anzi la presenza di attività agricole aiuta tutto l'aspetto della preservazione, della regimazione delle acque, della tutela.
Alcune questioni vengono talora poste in maniera allarmistica, non chiariscono quali sono gli obiettivi e le finalità e rischiano di contribuire a un arretramento di carattere culturale.
Diciamo sovente che siamo un territorio estremamente urbanizzato, la regione Emilia-Romagna è di passaggio per l'intero Paese, per la sua estensione territoriale e per la sua forma, è una regione che ha problematiche di carattere ambientale significative e sistematiche, alle quali si aggiungono problematiche di carattere idrogeologico, quindi c'è un tema vero legato anche alla sicurezza.
Tra il carico urbanistico, la cementificazione, l'uso che si è fatto dei prelievi del sottosuolo (gas, acqua), la pianura rischia di subire tutta una serie di effetti legati a dissesti di carattere strutturale, come la subsidenza, tema del quale si dibatte.
Credo che, proprio in nome di un principio di precauzione del tema caro a tutti della sicurezza, ci debba essere un grande interesse generale nel cercare di invertire delle tendenze e di determinare un altro punto di vista attraverso un diverso approccio, partendo da quel che abbiamo, che ormai è frammentato e a francobollo, cercando di migliorare i nostri interventi di tutela, non per gli aspetti legati alle bellezze paesaggistiche, che pure sono un aspetto importante, ma perché questo approccio ci aiuta a riconsiderare il modo in cui come esseri umani viviamo nel nostro ambiente e usiamo il territorio.
Formulo un auspicio. Sono convinta che da quando è entrata in vigore la legge n. 6 e abbiamo istituito i Consorzi degli Enti locali per la gestione dei parchi nei territori si sia vissuta una bella esperienza: i territori che hanno i parchi hanno imparato a lavorare insieme, a mettere insieme le risorse, a lavorare con il “noi” anziché con l’“io”.
Si sono formate persone che hanno lavorato e lavorano tuttora all'interno degli Enti parchi con professionalità formate sul campo, che non sono di poco conto, quindi si è creato un positivo indotto. Questo modello aveva un limite oggettivo, quello dell'eccessiva frammentazione, ma nello stesso tempo questo legame diretto con il territorio ha fatto emergere una serie di aspetti positivi.
Auspico che il necessario intervento di razionalizzazione non disperda questo tipo di portato esperienziale e che questo portato possa trasferirsi come sapere nella gestione dei nuovi enti.
Sono dispiaciuta della frammentazione, della discussione che c’è stata, dell'abbandono dei lavori della Commissione da parte dell'opposizione, e mi permetto di fare una considerazione perché trovo grave come gesto politico arrivare all'abbandono di un luogo istituzionale mentre si discute una proposta di legge importante.
Questa legge è stata cambiata da molti emendamenti perché c'è stata una discussione vera, che ha animato anche le forze di maggioranza, che si sono confrontate su questo testo, e la discussione è stata vera, animata e pubblica, senza bisogno di nascondere nulla. Il confronto ci ha permesso di fare un salto di qualità, se non altro nella consapevolezza di ognuno di noi su un tema così importante, che è fondativo della nostra realtà regionale, perché è contenuto statutario.
Questa consapevolezza, che diventa anche nel nostro caso un nuovo sapere, ci deve servire per procedere anche quando affrontiamo altri temi collegati alle questioni relative alla gestione del territorio. Credo che sia stato utile anche in questa forma, anche con questi scambi arrivare a questa proposta.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliera Donini.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Marani. Ne ha facoltà.
MARANI: Credo che l'ora non ci consenta di approfondire come sarebbe giusto anche il percorso che da molti è stato richiamato. Sono però sollecitata anche dalle osservazioni della minoranza nel richiamare il rammarico del fatto che non si sia voluto partecipare a una discussione che, come già loro ricordavano, è stata una discussione molto franca nell'ambito della Commissione.
Questa ha visto la maggioranza mettere sul tavolo molte questioni, entrare nel merito e discuterle, e queste hanno dato luogo a diverse modifiche al testo iniziale della legge. Non è stato l'unico momento nel quale il lavoro di Commissione è stato utile per modificare testi di legge per portare il contributo di questa Assemblea.
Penso ad esempio alle linee guida del Piano energetico delle fonti rinnovabili, discussione molto approfondita e accesa che è stata sicuramente utile per svolgere un lavoro importante insieme. Francamente, quindi, è incomprensibile che si sia scelto di sottrarsi a questo confronto e alla possibilità di portare proposte, che potevano raccogliere suggerimenti condivisi.
Voglio brevemente entrare nel merito di alcune questioni, perché mi pare che nelle osservazioni finora formulate non siano usciti davvero i termini della questione. Prima cosa: avevamo l'obbligo di trasformare gli attuali Consorzi in relazione a una disposizione legislativa nazionale e non avevamo di fronte molte alternative.
Una era quella di mantenere di fatto uno status quo, trasformare 14 Consorzi in 14 enti di diritto pubblico e non operare alcuna trasformazione nel sistema; l’altra era quella di pensare a un ente di dimensioni diverse, a un soggetto diverso (qualcuno ha parlato dell'Agenzia regionale),
Se avessimo mantenuto lo status quo, avremmo mantenuto un sistema frammentato, come abbiamo tutti potuto vedere; se fossimo andati verso soluzioni come quella ventilata dell'Agenzia regionale, avremmo sicuramente prodotto quello che tanti di voi hanno dichiarato non positivo, ovvero un accentramento di funzioni che andava a leggere il principio di radicamento territoriale e di forte collegamento con i territori nei quali i parchi insistono.
Per questo motivo si è ragionato su un'area che avesse una dimensione sufficiente per potere avviare un'azione di sistema, e qui ci potremmo sbizzarrire sul concetto di biodiversità perché ognuno può sostenere tesi tutte ugualmente condivisibili. Rispetto al tema biodiversità, che pure è un concetto importante rispetto a un'azione di sistema, mettendo insieme aree più significative possiamo avere una dimensione territoriale che fa sì che tutto il nostro patrimonio naturalistico, tutte le nostre aree protette possano avviare quella sinergia, integrazione, azione di sistema assolutamente importante per superare l'estrema frammentazione.
Le 5 macroaree hanno questa opportunità di avviare questo tipo di azione e di avere un sistema di governance che tiene insieme i due aspetti, l’organo di gestione della macroarea esecutivo, che quindi diventa l'organismo che ha il compito di gestire quest'area vasta, ma anche la Comunità del parco, che diventa uno strumento fondamentale perché ha la possibilità non solo di rappresentare gli enti locali di quel territorio, ma anche di raccogliere gli input che vengono dalla Consulta del parco.
Mi piacerebbe che chi ha detto che le diverse categorie non sono rappresentate avesse potuto leggere con attenzione quello che è stato scritto nella legge rispetto alla funzione e al ruolo che hanno nell'ambito della Consulta le associazioni ambientaliste, gli agricoltori, i vari portatori di interesse, che devono essere sentiti quando la Comunità del parco formula le proposte di piano del proprio parco all'ente di gestione.
Vi chiederete quale sia il collegamento tra questo ambito locale, Comunità e Consulta, e macroarea: il collegamento è dato dalla garanzia della possibilità di nominare da parte della Comunità del parco un rappresentante in seno all'esecutivo, che sarà quindi un organismo snello, che avrà 5-8 componenti, che saranno coloro che le Comunità del parco individuano come loro rappresentanti nell'ambito dell'esecutivo.
Porrei attenzione a questo principio, che ha voluto risolvere un problema che tutti voi avete affrontato: tenere insieme l'aspetto del radicamento territoriale, della grande risorsa data dal volontariato, dalla dedizione e dalle risorse che gli enti locali ci mettono, dalla profonda appartenenza dei parchi nei territori con quella che invece è l'esigenza di avere aree di sistema più vaste, ma anche di ottimizzare le risorse. Lasciatemi quindi spendere qualche parola rispetto a questo tema che nessuno ha toccato.
In Emilia-Romagna abbiamo una dotazione organica dei parchi di circa 150-160 addetti, tra personale dipendente in organico e personale che ha diversi tipi di rapporto di lavoro. Circa 80 hanno rapporti a tempo determinato e indeterminato. Questo è un dato che ha grandi aspetti di positività, perché, se lo rapportiamo alla dotazione organica di altre Regioni, siamo molto al di sotto e quindi abbiamo già delle gestioni assolutamente razionali, e d’altronde il lavoro dei Consorzi è stato da tutti voi riconosciuto anche in questo senso.
Pensiamo a cosa significhi per una macroarea poter ottimizzare e specializzare personale, che oggi in virtù di questa frammentazione non ha possibilità di essere specializzato né di acquisire funzioni che possono essere svolte nell'intera area. Avere funzioni di gestione del personale frammentate in ogni parco, avere gestioni di bilancio frammentate in ogni parco, mentre stiamo favorendo progetti di fusione e unioni, significa mantenere situazioni nelle quali pochissime unità si devono suddividere fra loro un lavoro amministrativo assolutamente parcellizzato.
Credo che con le stesse risorse umane potremo riuscire a recuperare quelle economie di scala, che vogliono dire razionalizzare il lavoro amministrativo, ma anche specializzare talune funzioni. Non l'avete detto, ma oggi la Regione Emilia-Romagna sostiene i parchi al 60 per cento in termini di risorse, ed è necessario valutare cosa significhi avere soggetti che siano in grado, anche rispetto ai fondi europei e ai progetti specifici, di specializzarsi nell'acquisizione di risorse, che non arrivano in un sistema così frammentato e minuscolo perché non ha alcuna possibilità di competere con la dimensione dei parchi a livello nazionale e internazionale.
Se abbiamo avuto – e ce ne siamo rammaricati – non molto tempo per discuterne, abbiamo fatto un grosso lavoro sulla legge, ma anche un grosso lavoro di collegamento con i territori, perché qui si diceva che sono tutti scontenti, ma il cambiamento scontenta, le novità sono faticose, però abbiamo toccato con gli amministratori locali e con i Presidenti dei parchi le questioni da loro poste, facendo in modo che nell'ambito della legge queste potessero essere contemplate.
Chiudo dicendo che, rispetto ad alcune osservazioni che sono state svolte, andrebbe anche vista nell'ambito della legge quella che è stata l'attenzione alle particolarità locali, non solo per quanto riguarda le competenze di proposta dei piani dei parchi, ma anche per il significato che ha la scelta di lasciare ad ogni comunità del parco la possibilità di mantenere una propria attività di promozione di attività economiche (quelle piccole attività così importanti, dai funghi ai mirtilli), che rimangono.
Non solo potestà della Comunità del parco, ma hanno anche la possibilità di essere risorse che vengono reinvestite nell'ambito del parco stesso.
Credo che questa sperimentazione ci consenta di traghettare un percorso, che riesca a tenere insieme l'aspetto locale e puntuale e un'azione di sistema. Forse la cosa potrebbe non chiudersi qui, potremmo avere bisogno di pensare a una dimensione ancora più larga e a un'azione rispetto ai princìpi della biodiversità che possa vedere aggregazioni con criteri diversi.
Oggi, però, abbiamo avviato un percorso che ha voluto dire che non rinunciamo all'idea che si possa razionalizzare il sistema, recuperare risorse, utilizzarle meglio in una visione, che è quella che sentivo proporre, per cui trasformiamo l'esistente, fermiamoci qua e pensiamo.
Abbiamo voluto lanciare una sfida, che è quella di andare verso un modello di gestione e di pianificazione che ci dia ulteriori possibilità. In tempi di vacche così magre, credo che questo sia un obiettivo assolutamente importante.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliera Marani.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Noè. Ne ha facoltà.
NOÈ: Grazie, presidente. Mi è piaciuto l'intervento della consigliera Marani soprattutto nella fase finale, quando afferma che l'obiettivo di questa legge è finalizzato, attraverso questa sperimentazione, a individuare un modello di gestione che offra l'opportunità di utilizzare al meglio le risorse, quello che normalmente dovrebbe produrre una corretta razionalizzazione delle procedure e quindi delle risorse impiegate.
Lei non deve però meravigliarsi del suo rammarico, consigliera Marani, non prendiamoci in giro, perché l'epilogo di quello che è successo oggi in quest'Aula è esattamente il contrario di quello che prima con il Presidente Errani abbiamo auspicato che non succedesse e non caratterizzasse il modus operandi di questa Assemblea legislativa.
Vorremmo lavorare in modo diverso, e questa minoranza che siede da questa parte assieme a voi che sedete da quella parte nel recentissimo progetto di legge sulla semplificazione ha dimostrato come un progetto di legge inizialmente poco condiviso ma sicuramente aperto, con una grande disponibilità al dialogo, al confronto da parte di chi ne curava la regia abbia trovato da parte di quest'Aula intera la volontà di collaborare e giungere a una condivisione pressoché totale su un progetto di legge importantissimo.
Chiedo, ribadisco e faccio notare in questo mio intervento che spesso la forma diventa sostanza. Capisco che probabilmente, al di là del fatto che abbiamo iniziato a ragionare su un progetto di legge su cui indiscutibilmente potevamo iniziare a ragionare prima, qualcuno si è fatto anche carico di un lavoro per portarlo a compimento nei termini dovuti, altrimenti si correva il rischio di non arrivare.
Tengo a dire che nessuno si è voluto sottrarre a un confronto, ma sia all'esterno che all'interno non si è stati messi adeguatamente nelle condizioni di potersi confrontare e portare costruttivamente dei contributi a questo progetto di legge. Questa è stata la difficoltà sulla materia che stiamo discutendo.
Per voi della maggioranza è facile parlare. Tra di voi, nelle vostre stanze, con i vostri assessori e con i vostri referenti, quanto meno, un dialogo lo trovate. Qui è oggettivamente più difficile. Anche di fronte a “baggianate”, a proposte infinitesimali si ricevono sempre dei no. Come è possibile continuare una discussione quando c’è una preclusione ad ascoltare? È il discorso che facevo prima. È possibile che quanto noi proponiamo non sia mai ammissibile di ascolto e meritevole di attenzione?
Tale è l’atteggiamento che è stato tenuto nei confronti di questo progetto di legge. Abbiamo lavorato insieme alla vicepresidente Saliera. Il lavoro non è iniziato bene: abbiamo svolto diverse udienze conoscitive e ci siamo incontrati molte volte. Alla fine siamo arrivati a un’approvazione pressoché unanime del testo.
Non entro nel merito del progetto di legge perché, se ci riuscirò, lo farò in sede di esame dell’articolato. Vi chiedo però se vogliamo cambiare qualcosa e iniziare a lavorare insieme o se vogliamo continuare a giocare sempre a tennis, a prescindere da quale sia la regia.
Io mi appello a voi, colleghi. È possibile che fuori dalla Commissione e dall’Aula io mi confronti con tanti di voi trovando molti punti in comune e quando arriviamo in Commissione o in Aula ci contrapponiamo un’altra volta? Non è giusto. Tutti stanno dicendo che dobbiamo metterci la faccia e fare sempre più gioco di squadra, in particolar modo nei momenti di emergenza. Vogliamo iniziare anche noi a fare questo esercizio o in questa Regione è così difficile?
Anche questo è uno di quei progetti di legge che vengono caldeggiati a voi della maggioranza? È questo che si legge nelle vostre prese di posizione. Abbiamo visto tutti la difficoltà della maggioranza nel gestire la situazione. Non ho difficoltà a pensare a voce alta. Non lo faccio per mania di protagonismo, ma perché voglio finalmente smussare alcune situazioni e cercare di lavorare insieme, altrimenti ogni sforzo è fine a se stesso.
Mi appello a voi, colleghi, perché siamo noi che determiniamo, con il nostro voto, se certi progetti di legge verranno approvati o meno.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliera Noè.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Manfredini. Ne ha facoltà.
MANFREDINI: Grazie, presidente. Le aree protette dell’Emilia-Romagna soffrono le pressioni di un territorio che negli ultimi trent’anni, da un lato, ha visto un progressivo abbandono di molte aree, con relativa perdita di biodiversità, e dall’altro ha dovuto sostenere uno sviluppo economico sempre più forzato dalla competizione internazionale.
Nel momento in cui si è svolta l’udienza conoscitiva, gli intervenuti hanno chiesto di trovare nuove forme di finanziamento per i parchi, ma la nuova legge, presentata a ridosso della scadenza per la sua approvazione, non ha consentito un reale confronto alle parti in causa. Pare al contrario preoccuparsi di bloccare qualsiasi adeguamento della dotazione di personale.
Oggi parchi e riserve in Emilia-Romagna costano circa 10 milioni di euro l’anno, suddivisi tra Regione, Province, Comunità montane e Comuni. Con questi soldi vengono svolte moltissime attività di pianificazione, amministrazione, manutenzione, vigilanza, progettazione, gestione della fauna e tanto altro su circa 153.000 ettari di territorio.
Sul bilancio della Regione le aree protette hanno un peso dello 0,03 per cento, pari a 2,25 euro all’anno per abitante. Il costo annuale di tutte le aree protette regionali equivale al costo di 200 metri di una delle tante nuove autostrade che stiamo per finanziare nello stesso territorio, come ad esempio la Cispadana.
È sulle tutele della natura che potremmo ottenere dei risparmi significativi o piuttosto non rischiamo di perdere un patrimonio che vale, anche in termini economici, molto più di quello che oggi spendiamo per proteggerlo?
Così il nuovo sistema potrà contare su 81 addetti, un dipendente ogni 3.641 ettari di territorio protetto. Il personale addetto alla vigilanza sarà invece di un guardaparco ogni 40.000 mila ettari, corrispondenti al triplo dell’intero Comune di Bologna, ma distribuiti in modo molto diverso e più sparso.
Sono state fatte proposte in merito alla riduzione della spesa pubblica e della semplificazione. I due principi sarebbero stati probabilmente meglio perseguibili attraverso la regionalizzazione del sistema parchi e la creazione di agenzie regionali, garantendo sedi locali oppure accorpando i già esistenti servizi tecnici di bacino regionali e ampliandone le funzioni o ancora prendendo in considerazione gli accorpamenti a livello di singole Province, come già proposto da alcuni presidenti.
La Regione è completamente assente dalla governance nonostante le funzioni dei parchi siano regionali. L’assemblea è composta da un numero troppo elevato di rappresentanti. Al contrario il consiglio ha un numero esiguo di rappresentanti. La proposta non trova soluzione al rischio della mancanza di finanziamenti agli enti locali e non vengono date direttive ai Comuni su come pagare la quota di cofinanziamento. Io credo che i Comuni si diano già abbastanza da fare per pagare la manutenzione dei piccoli parchi che hanno, in particolare nelle zone di montagna.
Non è contemplato poi un periodo di transizione tra l’attuale organizzazione e la nuova per il passaggio degli atti dal vecchio al nuovo ente e per l’informazione e il coinvolgimento positivo dei Comuni coinvolti.
Non vengono date indicazioni certe per la redazione dei bilanci del 2012. Non viene previsto un tavolo tecnico per il completamento della fase di transizione. Mancano completamente i riferimenti alla dislocazione nel nuovo ente di diritto di proprietà, pianificazione, dotazione organica e presa in carico dei debiti degli ex consorzi.
La transizione potrebbe comportare un periodo di vacatio legis sulle funzioni attualmente attribuite ai Consorzi. La proposta non prevede, infatti, soluzione a questa problematica. Infine deve essere sancito dalla legge di riordino chi e come è responsabile delle attività nel periodo di transizione, ad esempio per l’emissione di pareri, nulla osta, sanzioni.
Noi auspicavamo che almeno si ponesse rimedio a questi macro errori. Purtroppo non sono stati presi in considerazione i suggerimenti delle amministrazioni, delle associazioni di Federparchi e altri. Inoltre ci appare in contrasto con quanto recentemente affermato dalla legge regionale sulla semplificazione. Invito l’assessore a rileggere l’articolo 8: “Divieto di introduzione di nuovi oneri amministrativi se non compensati”.
Per finire, non mi è mai capitato – e sono alla seconda legislatura – che la Confindustria regionale ci invitasse a bocciare una proposta di legge. Ho qui il documento inviato che probabilmente hanno ricevuto anche gli altri consiglieri.
Quando qualcuno fa male le cose, assessore, a Modena diciamo che “è andato a scuola dal bidello”. A nostro parere, probabilmente la sua équipe l’ha mal consigliata. Nonostante sia una legge pessima, che colpirà soprattutto le aziende di montagna in qualsiasi piccola operazione vorranno compiere, non credo che sia opera sua. Se l’avesse fatta lei, assessore, sarebbe ancora peggio.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Manfredini.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Monari. Ne ha facoltà.
MONARI: Grazie, presidente. Vorrei dire due cose, sollecitato dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Non saranno questioni di merito perché l’intervento della collega Marani sui punti specifici ha già ampiamente e con competenza argomentato la posizione del gruppo del Partito Democratico. Si tratterà piuttosto di sottolineature metodologiche, dal momento che alcuni interventi si sono applicati anche al metodo dei rapporti politici tra maggioranza e opposizione.
Parto anch’io dal confronto di questa mattina sulla relazione del Presidente Errani. Fatta salva la buona fede dei colleghi, comparando il tenore degli interventi di questa mattina con quello degli interventi rivolti dai banchi della minoranza all’indirizzo dell’assessore Freda, mi sembra che non vi sia grande coerenza tra la richiesta di confronto e la veemenza di tali attacchi poco politici e di dubbio gusto, anche da un punto di vista di genere, a proposito di questa legge.
Ricordo a coloro che, come ad esempio la collega Noè, erano presenti anche nella scorsa legislatura, e che quindi, essendo veterani dell’Aula, dovrebbero essere avulsi, per onestà intellettuale, dallo scambio reciproco di propaganda, che tutte le leggi che intervengono a riformare provvedimenti di riordino delle realtà istituzionali territoriali – è stato così per le Comunità montane e per i Consorzi di bonifica e lo sarà per le ATO – toccano interessi legittimi.
Alla semplificazione, a ciò che generalmente chiamiamo, sbagliando perché cerchiamo di cogliere una venatura demagogica e propagandistica, costi della politica, io contrappongo la tesi della migliore efficienza della politica e dell’amministrazione e, quindi, della bontà dell’agire politico. È di questo che si sta discutendo.
Non si può non prendere atto che l’assessore Freda si è dovuta scontrare sui territori con una resistenza al cambiamento e non è vero che il percorso adottato ha dispregiato l’ascolto dei territori, tant’è che il testo è cambiato e sono stati portati degli emendamenti.
(interruzione della consigliera Noè)
Consigliera Noè, in Emilia-Romagna non siamo in presenza di un governo di solidarietà regionale. C’è una maggioranza che esercita in maniera democratica, perché è uscita dalle urne, il diritto di governare, ascoltando e prendendo quanto c’è di buono – lo sottolineo – dalla condivisione e dal confronto.
Il provvedimento finale ha tenuto conto ampiamente del dibattito che si è sviluppato sui territori, delle critiche e dei suggerimenti. Come ripeto, è una questione di riordino, ma intanto questo provvedimento coglie l’obiettivo del rispetto dei tempi, imposti, come sa benissimo anche il collega Manfredini, da norme di carattere di nazionale.
Ringrazio l’assessore e gli uffici, ma soprattutto la relatrice Meo per lo straordinario lavoro che ha svolto con i territori, ottemperando alle richieste di ascolto evocate negli interventi e mettendo a frutto la competenza maturata nella sua passata esperienza amministrativa proprio nell’ambito delle politiche riguardanti gli oggetti in questione.
Tenendo conto e non volendo celare la fatica di un percorso che alla fine coglie pienamente l’obiettivo, dichiaro con convinzione il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico.
PRESIDENTE (Mandini): Grazie, consigliere Monari.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Filippi. Ne ha facoltà.
FILIPPI: Grazie, presidente. Io credo che il capogruppo del PD questa volta abbia preso male la mira e abbia sbagliato l’obiettivo. Innanzitutto ha difeso l’assessore Freda, che io ho visto molto disattenta, come è disattenta adesso. Non ha nemmeno preso appunti, quando invece i miei colleghi hanno svolto interventi importanti.
Come dice il consigliere Monari, un progetto di legge può toccare degli interessi, ma io aggiungo anche dei posti di lavoro. Collega Marani, questo progetto di legge tocca posti di lavoro veri. Un posto di lavoro nel parco equivale a venti posti di lavoro veri. Con questo progetto di legge togliamo posti di lavoro veri a persone che lavorano, che producono, che creano PIL e guadagno per realizzare posti di lavoro finti per persone che si annoieranno tutto il giorno in un ufficio in cui non sapranno cosa fare. Ecco la differenza.
Voi di sinistra, con questo progetto di legge provocherete, per i prossimi dieci o venti anni, un danno incredibile alle aziende che operano nella nostra Regione. Intervengo perché il danno lo subirà Reggio Emilia. Se avesse riguardato il fiume Reno, il fiume Taro o il fiume Parma, la cosa mi avrebbe dato meno fastidio. Il problema è che colpirete il fiume Secchia al confine tra Reggio e Modena e, infatti, tutte le imprese che lavorano intorno al fiume sono nere di rabbia.
L’ex assessore Zanichelli, che forse era un po’ più smaliziato dell’attuale, ha tenuto fermo il progetto di legge per anni perché sapeva che avrebbe danneggiato le imprese che lavorano e che producono.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RICHETTI
(interruzioni)
Lo ha tenuto fermo, così come la Provincia di Reggio Emilia non ha mai spinto per questo provvedimento perché sa che è sbagliato.
Io non ho interessi specifici nel settore. Mi interessa che la gente lavori e che le aziende creino posti di lavoro. Aziende importanti con cento dipendenti, non tre, come il collega Bonaccini sa bene poiché operano più nel modenese che nel reggiano, rischiano di chiudere perché sono in grande difficoltà. Con questo progetto di legge taglieremo loro le gambe. Non c’è un verde che abiti in montagna. È ora che smettiate di difendere l’ambiente, di difendere i parchi fluviali e creare vincoli dove non vivete. Lo dico anche ai colleghi Favia e Defranceschi.
Questo progetto di legge è stato fatto in fretta ed è stato fatto male. È vero che il Governo Monti, sostenuto anche dai vostri voti, per diminuire i costi della politica ha imposto di tagliare alcuni enti entro il 31 dicembre, che è tra dieci giorni, ma voi, per aggirare l’ostacolo, avete tagliato l’ente e ne avete creato uno nuovo, aggiungendo costi su costi.
Questa mattina il Presidente Errani ha detto che l’economia e i posti di lavoro sono le cose più importanti. Oggi pomeriggio voi – noi siamo decisamente contrari – proponete un progetto di legge che farà perdere decine, decine e decine di posti di lavoro, a meno che non ci sia, come succede spesso, l’interesse a favorire le solite Coop rosse collegate alla CCPL. Spero che non sia così perché il danno per l’economia della nostra Regione è incredibile.
Per giustificare il progetto di legge di riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette avete introdotto anche una norma per il Parco fluviale del fiume Secchia. Non capisco come mai lei, consigliera Meo, che è la prima firmataria, si preoccupi tanto dei territori di Reggio Emilia, quando a Parma ci sono i fiumi Parma e Taro. Poi intervengono i soliti verdi, Defranceschi e l’altro collega, tutti non residenti nella Provincia di Reggio Emilia. È strano che questo progetto di legge sia stato firmato – e mi dispiace molto – anche dalla collega reggiana Rita Moriconi.
L’attuale consorzio che gestisce queste aree avrebbe dovuto essere sciolto tra dieci giorni. Il consiglio è presieduto da un ex verde (naturalmente i posti dobbiamo darli a loro) di nome Nironi. Ci sono poi alcuni dipendenti, il cui costo grava sui Comuni frontalieri del Secchia, da Casalgrande di Reggio Emilia alla Provincia di Mantova. Per farvi un esempio concreto, il solo Comune di Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, partecipa al mantenimento del consorzio con una spesa annua di 25.000 euro.
L’utilità di tale consorzio è totalmente – e vi prego di informarvi – sconosciuta ai cittadini. I cittadini hanno scoperto che esiste perché stiamo approvando un progetto di legge al riguardo. È un consorzio inutile e costoso. Le aree fluviali confinanti con il fiume Secchia sono già tutelate dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, il così detto PTCP, che dovrebbe coordinare le decine e decine di altri piani urbanistici e regolatori approvati in questa Regione.
Non c’è bisogno di ulteriori piani, assessore. Vorrei sentire le spiegazioni che mi darà nella sua risposta. Lei è una grande esperta di piani urbanistici e dovrebbe intendersi di questi problemi. Sinceramente la mia impressione di uomo della strada è che non sia così. Se sarà in grado di convincermi, sarò il primo a cambiare idea.
L’unica cosa che questo consorzio gestiva, come l’assessore sa bene, è una sala espositiva e didattica presso la Corte ospitale di Rubiera. Questa sala conteneva vasche per i pesci. Sa perché è stata chiusa, assessore? Perché i pesci sono tutti morti. Non sto scherzando, ma ai verdi e agli animalisti non importa nulla di queste cose.
È tutto vero ed è registrato. L’unica cosa che il consorzio gestiva era questa sala dove erano esposte vasche contenenti pesci del fiume che sono tutti morti. L’unica funzione che aveva era dar da mangiare ai pesci e li ha lasciati morire. Questo per sottolineare l’utilità del consorzio.
Caro collega Defranceschi, quando Sauro Marazzi della Confapi di Reggio Emilia afferma che il sito sulla sponda sinistra del fiume Secchia – leggo testualmente – è il più importante del territorio reggiano e non ha alternative in ambito provinciale, vuol dire che contrariamente alla sponda modenese, cioè a differenza di Modena, essendo tutti destrorsi gli affluenti del Po da quella parte, non sussiste il problema della ricerca di materiale litoide, presente invece nella sponda opposta anche a distanze chilometriche dal fiume.
Se la Regione, come credo, sbagliando deciderà di sterilizzare le fasce fluviali limitrofe alla sponda reggiana, obbligherà le imprese a chiudere. Mi pare, anzi ne sono certo, che lei, collega Defranceschi, nel suo articolo pubblicato a Reggio Emilia abbia confuso le casse di espansione che si trovano nel Comune di Rubiera, realizzate per la sicurezza del fiume, con le fasce fluviali che si trovano lungo l’asta del fiume, presenti soprattutto nel Comune di Casalgrande.
Inoltre, le regalie ai cavatori di cui parla non trovano riscontro nella realtà. L’ampliamento delle casse di espansione in progetto è stato programmato in aree esclusivamente di proprietà privata e non coinvolge affatto zone demaniali. Nessuna regalia, quindi, ma piuttosto il contrario. Queste aziende, che operano e lavorano, cedono tali aree a costo zero alle amministrazioni comunali, esattamente il contrario di ciò che lei ha scritto.
Certi ambientalisti, come si sa, falsificano i dati e la realtà. Non è vero che con la nascita del parco prevista da questo progetto di legge si tuteleranno i posti di lavoro. Non si tutelerà un bel niente! Con questo progetto di legge tre delle cinque imprese che stanno lavorando sull’asta del Secchia saranno costrette a chiudere. Le altre due hanno un po’ più di avvenire, ma chiuderanno fra quindici o venti anni, e anche lei, se va avanti così, andrà poco lontano.
(risate in Aula)
Credo che tali considerazioni dovrebbero essere sufficienti per riflettere un po’ di più. Se le priorità della politica, come ha detto questa mattina il Presidente Errani, sono l’economia e i posti di lavoro, con il progetto attuale andremo contro l’economia e contro i posti di lavoro.
Noi vogliamo avanzare una controproposta. È doveroso, dal momento che questo progetto di legge non va nella direzione giusta, ma è contrario agli interessi dei cittadini. Potremmo, ad esempio, proporre un patto di fiume, così come la stessa Unione europea suggerisce, per disporre di uno strumento agile, senza costi, condiviso dalle popolazioni e in grado di raggiungere obiettivi di buon senso senza danneggiare chi lavora nel territorio.
Il patto di fiume, oltre alle amministrazioni locali, coinvolgerebbe tutte le rappresentanze e tutti i portatori di interesse, ivi comprese le associazioni degli agricoltori, danneggiati dai parchi perché non possono più lavorare. Quando ci sono i parchi, collega Donini, gli agricoltori non riescono più a costruire una stalla o un fienile e la burocrazia si moltiplica per cento. Gli agricoltori sono contrari perché i parchi non favoriscono l’ambiente e danneggiano il loro lavoro.
MONARI: Non si creano dei nuovi parchi, l’hai letta la legge?
FILIPPI: L’ho letta meglio di lei, caro Monari. Il suo intervento è stato solamente a difesa dell’assessore. Non mi sembra di aver colto altre considerazioni, se non una convinta dichiarazione di voto favorevole. Secondo me, sta sbagliando.
Gli imprenditori, ivi compresa Assindustria, sono contrari a questo provvedimento perché devono creare lavoro, mentre noi lo stiamo cancellando. Ci rendiamo conto che, in questo periodo di crisi, agiamo esattamente in modo contrario? Se ne rende conto, collega Monari, lei che è capogruppo del PD? Questi progetti di legge saranno una rovina per il futuro della nostra Regione.
Noi, quindi, diciamo un deciso no politico alla creazione di macroaree denominate ambiti territoriali ottimali per le biodiversità e no all’accentramento burocratico della sinistra. Questi carrozzoni costeranno molti denari ai cittadini e creeranno nuovi e onerosi posti pubblici. Chi lavorerà in queste aree sarà retribuito con i soldi dei contribuenti emiliano-romagnoli, a differenza di chi lavora presso i cavatori, che è pagato dai cavatori stessi per lavorare e per produrre. Oltre a ciò, saranno assunti, come è attualmente, politici “trombati” di sinistra o amici degli amici.
È l’ennesimo progetto che il centrosinistra presenta contro le popolazioni, in questo caso quelle che vivono nella zona adiacente il fiume Secchia, perché negherà ai Comuni la possibilità di intervenire in un’area che prima era di loro pertinenza. Non si tratta, assessore Freda, di campanilismo degli amministratori, come vorrebbe far credere lei, che non mi pare abbia le idee molto chiare in materia, ma di volere un’organizzazione degli enti parco che tenga conto degli interessi reali del territorio.
È di tali interessi e delle persone che lavorano che dobbiamo occuparci. Se siete così preoccupate per l’ambiente, assessore Freda, consigliera Donini e consigliera Meo, perché non andate a vivere in mezzo al verde? In montagna ci sono tante case disabitate. Lì trovereste l’ambiente pulito e l’aria buona. Consiglio di abitarci per due anni obbligatoriamente. È facile parlare da qui.
Termino dicendo che il mio gruppo è decisamente contrario ai vostri progetti di legge. Per questo abbiamo predisposto un controprogetto, maggiormente rispettoso delle comunità locali e dei portatori di interesse che lavorano nel territorio. Il nostro progetto è improntato a criteri di confronto e di collaborazione con le rappresentanze degli interessi locali.
Non va contro gli interessi locali e non punta a comandare in casa d’altri.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Filippi.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Favia. Ne ha facoltà.
FAVIA: Devo dire, presidente, che il consigliere Filippi ha svolto uno dei suoi migliori interventi di questo anno e mezzo.
Condivido quanto ha detto sulla lottizzazione dei parchi. Per il resto, il suo discorso è difficilmente commentabile e sarà complicato, soprattutto per i giornalisti, sintetizzare il ragionamento che c’è a monte. Però, è stato molto interessante. Il consigliere Filippi ha la capacità di riaccendere il dibattito quando si sta spegnendo. Bisogna dargliene atto, perché a volte l’Aula rallenta.
Anch’io non ho apprezzato l’intervento del capogruppo Monari. Più che di merito, ha parlato della dinamica dell’Aula da un punto vista politico. L’assessore Freda, tuttavia, non si trova in una area protetta. Sa quel che sta facendo e sa che si espone alle critiche, come è giusto che sia. Noi non siamo certo morbidi e sentiamo questo tema, della partecipazione troppo marginale dell’Assemblea rispetto al lavoro della Giunta, che scrive la legge e poi presenta emendamenti e subemendamenti. Vorremmo un’Assemblea Legislativa più “legislativa” ed anche più presente.
Non ho certo ritenuto sconveniente il fatto che l’opposizione abbia lasciato la Commissione. In quel momento non era in grado di esercitare i propri diritti e non aveva gli strumenti per affrontare una discussione nel merito. Non penso neanche che la consigliera Noè sia stata inelegante. Come ripeto, fa parte dello scontro politico. Noi abbiamo presentato alcuni emendamenti e non ci sottraiamo mai al lavoro in Commissione.
Ringrazio ancora l’uomo della strada per il suo bellissimo intervento. Ricordo che il collega Defranceschi è un noto animalista e ambientalista rompiscatole e vive davvero a 70 chilometri da qui. Posso, quindi, per la mia esperienza, sconfessare una delle teorie primarie del consigliere Filippi, dopo quella di Einstein sulla relatività.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Favia.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Mandini. Ne ha facoltà.
MANDINI: Grazie, presidente. Molto è stato detto finora perciò vorrei solo puntualizzare due mie impressioni. In primo luogo ho la sensazione che stiamo dibattendo due progetti di legge diversi. Non ho ben capito su quale testo il consigliere Filippi si sia espresso e abbia compiuto le proprie valutazioni.
Stiamo parlando della riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette. Le tutele ambientali previste non vengono assolutamente alterate, anzi. Organizzare e integrare vuol dire anche semplificare e ottimizzare sia le funzioni sia le risorse, in un momento in cui le risorse, in particolare quelle economiche, saranno ridotte. Sappiamo che, pur con tutta l’attenzione che la Regione ha sempre dimostrato, il tema ambientale sarà tra quei settori che purtroppo dovranno patire i minori stanziamenti. Pertanto, anche nell’ottica di ottimizzare le risorse, è bene che si proceda a questa riorganizzazione.
Siamo tutti sensibili al mantenimento dei livelli occupazionali. Nessuno ha pensato a questo piano di riorganizzazione con l’obiettivo di mandare a casa qualcuno. Non è questo il tema, anche perché in questo settore lavorano alte specializzazioni, dai guardaboschi ai ricercatori nell’ambito della biologia o della fauna. L’intenzione, quindi, non è quella di mandare a casa qualcuno. Il percorso, peraltro non si chiude ma inizia con questa legge e sarà riservata grande attenzione anche all’aspetto occupazionale e al mantenimento dei posti di lavoro.
Certo è che la legge è complessa e muove situazioni stratificate negli anni. Come qualcuno ha già ricordato, quando si operano dei cambiamenti, si incontrano ovviamente delle resistenze. Abbiamo ascoltato, dibattuto e ci siamo confrontati a ogni livello con chiunque. Alla fine bisogna trovare una sintesi e riteniamo che questa sia la migliore sintesi che si potesse raggiungere data la situazione.
Le tutele ambientali non vengono alterate, anzi vengono aumentate perché queste aree si gestiranno in forma più ampia e non si guarderà più al singolo caso, al singolo parco o al singolo problema, ma si avrà una visione più complessa, come credo competa oggi a una Regione.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Mandini.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Defranceschi. Ne ha facoltà.
DEFRANCESCHI: Quest’oggi devo aver fatto l’errore di chiedere al mio collega Favia, senza girarmi, se il consigliere Filippi fosse presente perché sentivo troppo silenzio. Me ne sono pentito presto, anche se il consigliere Filippi dà sempre il suo contributo.
È vero, io risiedo in una zona montana e dietro casa mia pascolano i caprioli. Non so se sono un verde, non mi pongo questo problema. Ho firmato quella legge per un principio diverso da quello che sostiene il consigliere Filippi. Io ritengo di prendere lo stipendio dai cittadini dell’Emilia-Romagna e quindi non ho particolare interesse a tutelare il Reno piuttosto che il Setta o il Secchia. Trovo che un progetto sia ugualmente fattibile anche se riguarda un territorio a chilometri di distanza da casa mia.
A parte questo punto, non ho nulla di personale – anche per la scarsa conoscenza – con la signora Freda e non ho alcun problema politico con l’assessore. Rilevo anch’io tuttavia che l’atteggiamento che c’è stato in Commissione, atteggiamento dovuto secondo me anche alla fretta, non ha facilitato il dialogo con le opposizioni e non ha consentito, anche se il Regolamento è stato completamente rispettato, una vera discussione su questo argomento.
La fretta, si sa, è cattiva consigliera. Il tempo c’era. È evidente che presentarsi in Commissione con quasi sessanta emendamenti, subemendati nella seduta successiva, ha reso difficile la discussione. Per altro, come abbiamo detto in Commissione, si tratta di argomenti molto tecnici. Quando si presentano cinquanta emendamenti di dettaglio è più il tempo che si perde a trovare il punto che a discuterne. Questo sicuramente non ha reso facile il nostro lavoro, anche perché gli emendamenti sono stati presentati la mattina stessa.
La democrazia, però, è molto bella e lo è anche l’intelligenza umana. A parte per alcuni aspetti su cui concordo con i consiglieri dell’opposizione intervenuti finora, sono in disaccordo con questa legge per motivi totalmente diversi dalla maggior parte di quelli che sono stati esposti.
Sicuramente c’è un errore fondamentale. Io non sono contrario in linea di massima al concetto di macro area o a un ente di gestione che sia sovraordinato rispetto ai Comuni e permetta un grado di controllo maggiore. Rilevo, però, che queste macroaree sono righe tirate su una carta e sono ancora legate, salvo qualche piccolo ritaglio operato, lo devo riconoscere, del tutto giustamente, a una vecchia logica provinciale che qualcuno dice di voler abolire. Alla prova dei fatti, vedo che questo non succede in questo come in altri contesti.
Affermare, come ha fatto la relatrice e come è scritto nel testo della legge, che stiamo creando aree con caratteristiche amministrative, geografiche e naturali omogenee mi pare azzardato. L’omogeneità amministrativa è ovvia perché i confini sono quelli delle Province, ma sul piano geografico e naturale si crea un problema a livello di scuola. Che l’Appennino tosco-emiliano e i paesaggi naturali che ivi si trovano siano uguali alle rive del Po francamente è arduo da sostenere.
Ci saranno certo state altre motivazioni, nonché la difficoltà di conciliare questo progetto con le posizioni degli enti locali, che appena vengono privati di un pezzetto di potere si ribellano come orsi feriti (a proposito di parchi). Per questo abbiamo presentato, e spero ci sarà modo di esaminarli, alcuni emendamenti che individuano aree realmente omogenee.
È vero che si è svolta l’udienza conoscitiva ed è vero che gli interventi sono stati tanti. Ma, a dispetto di ciò che ha affermato il collega Monari e di ciò che è stato scritto nelle premesse della relazione, di quanto emerso dall’udienza conoscitiva non è stato riportato quasi nulla, ad eccezione dell’ingresso nella gestione dei presidenti dei parchi nazionali e due piccoli punti sul trasferimento del personale, che fra l’altro erano veramente molto ovvi.
Se avranno avuto ragione loro o avrete avuto ragione voi lo deciderà il tempo, che è galantuomo. Se avessimo voluto ascoltare non solo i verdi esaltati, come dice il collega Filippi, ma associazioni che lavorano e vivono sul territorio e hanno a che fare con i parchi tutti i giorni e se avessimo voluto ascoltare chi lavora nei parchi, questa legge sarebbe da rifare da capo. Questo emerge dall’udienza conoscitiva. Dobbiamo essere onesti. Le relazioni di WWF e Legambiente, solo per fare due esempi, sono distruttive per la sua legge, assessore.
Le associazioni ambientaliste sono state deliberatamente tenute fuori da questo progetto di legge, mentre in altre Regioni, come in Lombardia e in Toscana, sono parte integrante anche della gestione perché loro più che il sindaco eletto del momento conoscono la realtà e le difficoltà di gestione di queste zone.
Noi stiamo affidando la gestione dei parchi solo in piccola parte alle Province, che dubito avranno un grande interesse a entrarvi, e quasi completamente, mentre sarebbe stata l’occasione per cambiare registro, ai Comuni, Comuni anche piccoli, di 2000 o 3000 abitanti, Comuni che cambiano di legislatura in legislatura e con intendimenti anche molto diversi a proposito della tutela ambientale del proprio territorio. Non immagino cosa succederebbe se diventasse sindaco di un territorio del parco il consigliere Filippi.
È vero che la gestione è politica e amministrativa, ma deve anche basarsi su dati tecnici e di conoscenza. I sindaci non hanno nessuna specializzazione né competenza scientifica. Oggi – ma domani sarà lo stesso perché decideranno i sindaci chi piazzare –abbiamo presidenti di parco con la terza media. Saranno bravissime persone, ma devono gestire problematiche complesse, per le quali forse sarebbe necessaria una specializzazione di tipo scientifico. La presidentessa di un importante parco della nostra Regione ha una laurea in architettura e si trova a gestire le problematiche legate alla nidificazione dei fenicotteri. Io credo che con tutti i biologi e gli scienziati naturali che sono a spasso forse qualcuno che possa dedicarsi a tematiche così specifiche potrebbe esserci.
Il grosso problema è proprio questo. Io critico la legge dal punto di vista opposto a quello, altrettanto legittimo, di altre opposizioni. Per altro, ho letto tutti i loro emendamenti e li discuterò anch’io. Questa doveva essere l’occasione per la Regione di prendere in mano la gestione dei parchi e di rinunciare a questa continua emorragia di deleghe in materia di tutela ambientale, di edilizia e di attività estrattive. Ci troviamo in mezzo a una babele di PTCP che prevedono cose anche molto diverse e contrarie tra loro.
Rinunciare a questa tutela mette a rischio i parchi. Come sappiamo, i Comuni, soprattutto quelli piccoli e quelli di montagna o delle zone periferiche dove spesso sono i parchi, sono alla canna del gas. Ho molta paura del primo “palazzinaro” o del primo cavatore che andrà a proporre qualche centinaio di migliaia di euro di oneri ai presidenti di questi parchi e ai sindaci presenti all’interno dei comitati di gestione. Il rischio è perdere la finalità dei parchi.
Dalla fretta con cui è stata redatta la legge e dal fatto che è arrivata così tardi, ho avuto l’impressione che questa Regione viva le deleghe che le derivano dallo Stato e la gestione dei parchi con fastidio.
Di investimenti per i parchi, come vedremo domani nella sessione di bilancio, non ne sono previsti. Spendiamo solo lo 0,03 per cento del bilancio. Apprezzo, invece, che non aumenteranno, contrariamente a quanto è stato detto, i costi per il personale. È evidente che qualcuno non ha ben letto il testo della legge, perché nulla cambia da questo punto di vista.
La mia opinione diametralmente opposta, pur arrivando alla stessa conclusione, è che sui parchi si sarebbe dovuto investire. Non è un conto che ho avuto modo di verificare, ma se penso che quanto investe la Regione, come sostengono WWF o Legambiente, equivale al costo di 200 metri di autostrada – fosse anche il doppio, il triplo o dieci volte tanto – mi si stringe il cuore.
Oggi cerchiamo di creare delle macro aree che comprendano sia i vecchi parchi sia le vecchie riserve sia giustamente – ed è un punto importante – tutto il sistema di Rete Natura 2000. In altri termini, raddoppiamo più o meno le zone da tutelare all’interno dei parchi, ma con gli stessi mezzi economici di varia natura, dalla ricerca alla semplice manutenzione, e con lo stesso personale dedicato alla sorveglianza. Non so se anche questo sia un calcolo reale, ma è preoccupante che vi sia un addetto alla sorveglianza ogni 40.000 ettari.
Questo è quanto io leggo in questa legge. Poiché è una tematica a cui ho sempre tenuto e tengo, mi dispiace davvero che i parchi e le aree protette siano abbandonati a se stessi in una situazione come quella della nostra Regione, in cui la cementificazione sta distruggendo il territorio e in cui solo pochi folli pensano ancora che il benessere e i redditi si creino continuando a cavare o a costruire nuove abitazioni per venderle a non si sa chi (francamente vorrei gli elenchi di chi le compra).
Credo che invece dovremmo cercare di uscire da questo stato di crisi attraverso soluzioni che passano attraverso i parchi, attraverso l’agricoltura – è un discorso che abbiamo già fatto – e in generale attraverso il sistema di gestione del nostro territorio e che in altri Paesi, contrariamente a quanto è stato detto qui, creano straordinarie forme di reddito.
Io amo molto viaggiare in questi posti. Visito parchi di tutto il mondo e scopro business incredibili e assolutamente eco-compatibili e forme di turismo che valorizzano il territorio e creano posti di lavoro e ricchezza. Veder trattare così i parchi mi dispiace molto. Abbiamo presentato vari emendamenti e spero, considerati tutti i discorsi che abbiamo fatto, che saranno letti e discussi con attenzione.
Ci rivediamo giovedì per la discussione.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Defranceschi.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Villani. Ne ha facoltà.
VILLANI: Grazie, presidente.
Non avevo intenzione di intervenire perché abbiamo svolto la relazione di minoranza e sono già intervenuti diversi colleghi. Tuttavia, l’intervento del capogruppo del PD a difesa dell’assessore Freda mi ha stimolato.
Intanto, non mi pare che sia stato detto nulla di offensivo nei confronti dell’assessore. Certo è che un atteggiamento ilare può significare tante cose. Può significare il fatto di non capire che ci si trova in un’Aula dove si elaborano leggi e dove ci sono persone che quelle leggi le hanno studiate e muovono critiche, discutibili ma pur sempre legittime. Io sono molto contento di vedere questo atteggiamento ilare perché vuol dire che l’assessore è felice.
Detto questo, vorrei entrare nel merito della questione che ha posto il collega Monari a proposito del metodo. Ho sentito dire che nel corso dell’iter di questo progetto di legge si è dato ampiamente ascolto alla società emiliano-romagnola. In base alla mia valutazione, conoscendo e frequentando gli ambiti territoriali sui quali insiste il mio collegio elettorale, posso senz’altro dire che vi è stata una frettolosità in qualche caso accolta con un certo sospetto.
Ho sentire provenire critiche a questo progetto di legge non solo da istituzioni guidate da soggetti politici vicini alla mia parte politica, ma anche da diversi sindaci dell’area del PD, i quali nei colloqui che ho svolto diffusamente sul territorio hanno avuto qualcosa da eccepire sia nel merito sia nel metodo. Io spero che questo metodo non diventi un metro da utilizzare con una certa ripetitività, anche se noto che si è verificato più o meno lo stesso con il progetto di legge che discuteremo giovedì.
Di per sé la materia è molto complessa e ha una forte rilevanza e un forte impatto sulle dinamiche economiche e sociali dei territori. La delibera di Giunta è stata presentata a novembre e ora siamo alla fine di dicembre. Credo che ci sia stato davvero poco tempo per sviluppare quella serie di incontri e di audizioni, se non l’udienza frettolosa che c’è stata. La delibera approvata in Giunta è arrivata in Commissione emendata, cosa che ha denotato evidentemente un po’ di confusione a livello di assessorato, ma tant’è. Si è verificato questo ed è stato notato da tutti i consiglieri intervenuti, non solo da quelli del mio gruppo.
Credo che tali critiche sul metodo siano assolutamente giustificate. È vero, collega Monari, che questo procedimento legislativo discende da un obbligo legislativo nazionale. Tuttavia, l’obbligo legislativo nazionale sia per questa legge che per quella di riordino degli ATO era noto da tempo. Credo, quindi, che su alcune deleghe assessorili incombano competenze che avrebbero forse dovuto anticipare questi provvedimenti, in modo da consentire una discussione diffusa.
Per il resto, ho sentito sollevare questioni che toccano sensibilità ambientaliste più o meno diffuse e anche contrapposte. Anch’io farò due valutazioni nel merito. La prima riguarda gli ambiti territoriali ottimali per le biodiversità, così come li avete chiamati. Guardando la cartina geografica e la disposizione di parchi, zone protette e zone appartenenti alla Rete Natura 2000, si nota una disomogeneità spaventosa, il che significa che queste strutture dovranno gestire situazioni territoriali tra loro molto difformi.
Quali sono, ad esempio, le problematiche che insistono sul Parco dello Stirone o sul nuovo Parco Stirone – Piacenziano rispetto a quelle del Parco dei cento laghi o di altri? Non è un fatto di poco conto. Viste le difficoltà gestionali che ci saranno, ciò va di pari passo con la creazione di strutture tecnico-gestionali più complesse e quindi più onerose di quanto non sia attualmente. Quando sento parlare di economie di scala, non voglio essere dissacrante, ma mi viene da ridere. Per essere gestite, queste strutture necessiteranno di conoscenze tecniche e perciò richiederanno specificità che naturalmente vanno retribuite.
Inoltre, stabilite che il livello occupazionale all’interno dei parchi e delle aree protette sarà mantenuto, ma che gli eventuali esuberi saranno a carico degli enti locali. Vi sfido a chiedere al sindaco di Corniglio, di Palanzano o di qualche Comune della montagna piacentina se ha la possibilità di assumere personale, visto che, come è stato ampiamente riferito da altri, i Comuni sono tutti alla canna del gas.
In seconda battuta, ho ascoltato con attenzione l’intervento della presidente Donini, la quale afferma che si tratta di una legge complessa – ce ne rendiamo conto anche noi – e che la clausola valutativa la rende un work in progress. Ebbene, non capisco perché, prendendo per buono il concetto che la materia è complessa, i Comuni non possano avere la loro clausola valutativa dell’applicazione della legge e debbano per forza rimanere entro questa architettura, senza che la legge preveda la possibilità di recedere.
È un problema che abbiamo già riscontrato in un’altra legge regionale e che sta creando difficoltà e criticità agli enti locali, alcuni dei quali stanno chiedendo di uscire da una sorta di camicia di forza. Mi riferisco alla legge che ha istituito le aziende di servizi alla persona. C’è, quindi, già un precedente da questo punto di vista, precedente che recentemente è stato riscontrato in amministrazioni dell’Emilia occidentale e che avrebbe dovuto consigliare quanto meno di estendere la clausola valutativa, con un iter già predisposto, agli enti locali.
Questa è una legge raffazzonata, che è arrivata all’ultimo minuto rispetto a un obbligo legislativo sovradimensionato e che non ha ascoltato i portatori di interesse dei territori, tanto è vero che raramente nei miei oramai lunghi anni di permanenza in quest’Aula ho sentito provenire critiche così diffuse dal mondo dell’associazionismo più vario, da quello imprenditoriale a quello sportivo e quant’altro. Evidentemente esiste un grosso problema.
Noi pensiamo di avere rimarcato quali e quanti siano i problemi. Come ripeto, vi sono tre o quattro aspetti che riteniamo inficino questa legge dal punto di vista della buona legislazione.
Al di là del fatto che qualcuno abbia interpretato alcune espressioni come un atto di maleducazione nei confronti dell’assessore, torno a dire che mi fa piacere che sia felice.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Villani.
Se nessun altro consigliere chiede di parlare in sede di discussione generale, do la parola all’assessore Freda per la conclusione del dibattito.
FREDA, assessore: Ci tenevo a fare una premessa. Le considerazioni sono state diverse e in alcuni casi sono entrate nel merito di questioni che noi stessi ci siamo posti anche attraverso il confronto con chi sta sul territorio, portatori di interesse e amministratori. Pur non essendosi protratto per un tempo infinito, poiché è solo da febbraio che il decreto Milleproroghe ha definito l’abolizione dei consorzi parco, è stato un confronto serrato, approfondito e articolato.
Comincio con il rilevare che purtroppo diversi interventi sembrano prescindere da un dato fondamentale e cioè che noi non siamo intervenuti sul sistema di norme di tutela e non abbiamo né creato nuovi parchi né vessato le attività già presenti all’interno dei parchi medesimi. Il Piacenziano, ad esempio, è l’unione di una riserva e di un parco, quindi non un parco nuovo. Non abbiamo inasprito condizioni preesistenti e neanche caricato sugli enti locali obblighi in precedenza inesistenti.
Il dato da cui si parte è che il sistema delle norme di tutela resta il medesimo. Siamo, invece, intervenuti sul sistema gestionale perché il Milleproroghe abolisce la forma che la Regione aveva scelto come governance e cioè il coinvolgimento diretto dei territori.
Io comprendo la riflessione del consigliere Defranceschi. La tentazione, soprattutto quando ci si trova a parlare di ambiente, è quella di accentrare. Le politiche sull’ambiente, infatti, non conoscono confini amministrativi. Da un certo punto di vista, poter prescindere dalle volontà dei territori o dagli interessi particolari è sicuramente una tentazione con cui si deve fare i conti.
Noi abbiamo cercato di trovare un punto di equilibrio. Questa legge è il risultato di una riflessione che ha cercato di soddisfare la necessità di rivedere la forma di gestione – con tutto quello che ci sarebbe stato da fare, il precedente Governo ha trovato il modo di inserire in due righe l’abolizione dei consorzi parco –, raccogliendola come una sfida di rilancio del sistema delle aree protette.
Si intendeva, da un lato, confermare il coinvolgimento degli amministratori dei territori e dei portatori di interesse e, dall’altro, provare a fare sistema con l’obiettivo di rendere più efficace la politica di tutela e superare quella frammentazione che, stando alle riflessioni e alle esperienze portate dagli amministratori e dai portatori di interesse medesimi, costituiva forse il principale limite del sistema gestionale dei consorzi. L’obiettivo era, quindi, trovare il punto di equilibrio che ci consentisse anche di rilanciare la politica di tutela.
Io penso, per sintetizzare al massimo, che il primo punto forte di questo progetto sia l’aver confermato la partecipazione dei territori e la presenza di tutti i portatori di interesse con il medesimo peso di prima o anzi un peso maggiore, perché sono stati creati altri organi. Se avete letto la legge, sicuramente sapete che per gli agricoltori, che hanno visto diventare norma gli accordi agro-ambientali, e per gli operatori commerciali, nel senso sostenibile del termine, è stato creato un nuovo organismo che affianca la macroarea con l’intento della promozione. Anche l’Osservatorio per la biodiversità a livello regionale è sicuramente qualcosa di nuovo che si inserisce in questa ottica di rilancio.
Il percorso è stato laborioso, anche perché tutti gli emendamenti di cui alcuni consiglieri si sono lamentati derivano proprio dal processo di ascolto. Abbiamo svolto una serie di confronti, compresa l’udienza conoscitiva, e abbiamo raccolto delle istanze, cercando ancora una volta di trovare una sintesi e un punto di equilibrio coerenti con gli obiettivi di confermare la tutela e di migliorare la gestione.
Credo che questa legge attraverso il sistema delle macroaree abbia cercato di dare un peso maggiore alle aree protette. Pur confermando il coinvolgimento dei territori, è stata favorita un’aggregazione che, sebbene potesse essere interpretata con criteri diversi, consente di contemperare l’esperienza amministrativa e la conoscenza diretta del territorio con una massa critica in grado di pesare di più nelle decisioni politiche o concernenti il profilo della tutela. Ritengo che questo sia un obiettivo centrato che potrà aprire una strada nuova verso traguardi di tutela più ambiziosi.
Come è stato rimarcato in diversi interventi e come credo sappiate tutti, non c’è politica di tutela senza un sistema di vincoli. La politica di tutela declina necessariamente in modo specifico ciò che si può e ciò che non si può fare. Se così non fosse, non sarebbe politica di tutela. Ho sentito parlare di aziende che chiudono e via dicendo. Ribadisco che in realtà non abbiamo toccato la legge quadro. Abbiamo modificato il sistema gestionale, ma non è una novità questa. Non siamo intervenuti in quel senso.
Per quanto riguarda i finanziamenti, come sapete circa l’80 per cento del bilancio della Regione va in sanità. Questo 0,03 per cento emerso da più parti io non l’ho controllato, ma lo prendo per buono. È chiaro che, se togliamo sanità e trasporti, il dato va relativizzato. Noi abbiamo confermato tutti i nostri investimenti, che costituiscono circa il 70 per cento della somma complessiva a sostegno alla rete delle aree protette. Ho sentito interventi che prefiguravano un’abdicazione della Regione sia rispetto al tema delle risorse sia rispetto a quello della gestione. In realtà non è così né da un lato né dall’altro. Noi le risorse le abbiamo confermate, nonostante le difficoltà che tutti conoscete e che domani forse affronterete più nello specifico.
Da questa nuova forma di gestione ci aspettiamo anche una migliore integrazione delle diverse politiche. Benché rappresenti un progetto sperimentale, nel senso che non l’abbiamo ancora visto declinarsi in concreto, pensiamo che la dimensione ci possa consentire di mettere in pratica quell’approccio integrato alle politiche su cui si dovrebbe incentrare la politica ambientale. Riteniamo, quindi, che abbia questo valore in più.
Ci sarebbe tanto altro da dire, ma questi sono i cardini su cui si regge la proposta di legge. A margine del mio intervento faccio un riferimento alla confusione che è emersa a proposito dei danni causati dalla fauna. Trattandosi di un progetto gestionale, anche qui non è cambiato nulla. Resta, quindi, il fatto che la Regione quest’anno ha speso 3 milioni di euro, 2 per i danni causati dalla fauna selvatica e 1 per la prevenzione.
Siamo intervenuti e non capisco francamente la correlazione con questo progetto di legge. In ogni caso la cifra è questa: la Regione ha speso 3 milioni di euro.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, assessore Freda.
La seduta è tolta.
La seduta ha termine alle ore 20,03
ALLEGATO
Partecipanti alla seduta
Numero consiglieri assegnati alla Regione: 50
Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:
Enrico AIMI, Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Manes BERNARDINI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Marco CARINI, Thomas CASADEI, Stefano CAVALLI, Maurizio CEVENINI, Roberto CORRADI, Palma COSTI, Andrea DEFRANCESCHI, Monica DONINI, Giovanni FAVIA, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Fabio FILIPPI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Andrea LEONI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Mauro MANFREDINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Gabriella MEO, Marco MONARI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Silvia NOÈ, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Roberto PIVA, Andrea POLLASTRI, Matteo RICHETTI, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Alberto VECCHI, Luciano VECCHI, Luigi Giuseppe VILLANI, Damiano ZOFFOLI.
Hanno partecipato alla seduta il presidente della Giunta Vasco ERRANI;
il sottosegretario alla Presidenza Alfredo BERTELLI;
gli assessori: Donatella BORTOLAZZI, Sabrina FREDA, Paola GAZZOLO, Carlo LUSENTI, Teresa MARZOCCHI, Maurizio MELUCCI, Massimo MEZZETTI, Gian Carlo MUZZARELLI, Alfredo PERI, Tiberio RABBONI, Simonetta SALIERA.
Votazione mediante appello nominale
Autorizzazione alla relazione orale:
OGGETTO 1996 “Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete Natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del Piacenziano»”
Presenti: 40
Favorevoli: 39
Enrico AIMI, Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Luca BARTOLINI, Manes BERNARDINI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Marco CARINI, Thomas CASADEI, Stefano CAVALLI, Roberto CORRADI, Palma COSTI, Andrea DEFRANCESCHI, Monica DONINI, Vasco ERRANI, Giovanni FAVIA, Valdimiro FIAMMENGHI, Fabio FILIPPI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Gabriella MEO, Marco MONARI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Silvia NOÈ, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Roberto PIVA, Andrea POLLASTRI, Roberto SCONCIAFORNI, Alberto VECCHI, Luciano VECCHI, Luigi Giuseppe VILLANI, Damiano ZOFFOLI.
Contrari: 0
Astenuti: 1
Gianguido BAZZONI.
Assenti: 10
Liana BARBATI, Maurizio CEVENINI, Gabriele FERRARI, Andrea LEONI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Mauro MANFREDINI, Matteo RICHETTI, Matteo RIVA.
I PRESIDENTI
I SEGRETARI
Aimi - Mandini - Richetti
Cevenini - Corradi
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