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226.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 29 GENNAIO 2019

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 7490

Interpellanza circa problematiche e procedimenti riguardanti, presso l’AUSL di Modena, il blocco del riconoscimento economico delle progressioni orizzontali e del saldo della produttività. A firma del Consigliere: Alleva

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

ALLEVA (Altra ER)

VENTURI, assessore

ALLEVA (Altra ER)

 

OGGETTO 7551

Interpellanza circa le azioni da attuare per tutelare il patrimonio di fauna selvatica, sospendendo ogni forma di caccia sul territorio regionale al fine di recuperare gli ecosistemi e gli habitat naturali. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

GIBERTONI (M5S)

CASELLLI, assessore

GIBERTONI (M5S)

 

OGGETTO 7611

Interpellanza circa le azioni da attuare per far fronte alle carenze di organico esistenti nelle strutture ospedaliere, con particolare riferimento al personale infermieristico ed alla relativa situazione di stress lavorativo. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

GIBERTONI (M5S)

VENTURI, assessore

GIBERTONI (M5S)

 

OGGETTO 7617

Proposta recante: “L.R. n. 3/2016 "Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna" - Programma degli interventi per il triennio 2019-2021”. (Delibera di Giunta n. 2061 del 3 dicembre 2018) (194)

(Continuazione discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Rainieri)

TAGLIAFERRI (FdI)

MUMOLO (PD)

TARUFFI (SI)

GALLI (FI)

POMPIGNOLI (LN)

CALIANDRO (PD)

GALLI (FI)

PRODI (Gruppo Misto)

FACCI (Gruppo Misto)

CAMPEDELLI (PD)

TORRI (SI)

RANCAN (LN)

MEZZETTI, assessore

TARUFFI (SI)

PRESIDENTE (Rainieri)

GALLI (FI)

TARUFFI (SI)

PRESIDENTE (Rainieri)

MEZZETTI, assessore

CALIANDRO (PD)

RANCAN (LN)

FACCI (Gruppo Misto)

PRODI (Gruppo Misto)

SASSI (Gruppo Misto)

PRESIDENTE (Rainieri)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 7617

 

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,22

 

PRESIDENTE (Rainieri): Buongiorno.

Apriamo la seduta pomeridiana n. 226 del 29 gennaio 2019.

Hanno giustificato la loro assenza la consigliera Sensoli, il presidente della Giunta, Bonaccini, e gli assessori Donini e Gualmini.

Riprendiamo i lavori della seduta con la prosecuzione delle interpellanze.

 

OGGETTO 7490

Interpellanza circa problematiche e procedimenti riguardanti, presso l’AUSL di Modena, il blocco del riconoscimento economico delle progressioni orizzontali e del saldo della produttività. A firma del Consigliere: Alleva

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Partiamo con l’interpellanza n. 7490 circa problematiche e procedimenti riguardanti, presso l’AUSL di Modena, il blocco del riconoscimento economico delle progressioni orizzontali e del saldo della produttività, a firma del consigliere Alleva a cui risponderà l’assessore Venturi.

Consigliere Alleva, prego.

 

ALLEVA: […] un certo tempo, ed è stata aperta per un evento piuttosto strano: ai lavoratori dell’AUSL, cioè, non erano state liquidate le spettanze economiche provenienti dai premi di incentivazione. Questo perché? Questo quale conseguenza ulteriore di un’ispezione che avrebbe dato dei risultati preoccupanti, con gravi irregolarità, di talché il direttore generale aveva bloccato qualsiasi uscita.

Questo problema è stato superato, per fortuna, abbastanza rapidamente. Quello che però non è stato chiarito fino in fondo è quali sono stati i risultati di queste ispezioni, e se i problemi sono stati risolti. Io personalmente ho avuto la visita del direttore amministrativo, che era stato molto criticato, il quale mi ha chiesto che io stesso mi convincessi di ciò di cui non sono convinto, e cioè che questi problemi sono stati risolti, perché me ne facessi carico chiedendo spiegazioni, per l’appunto, all’assessore.

In sostanza, quindi, le ispezioni presso l’AUSL di Modena, che avevano dato luogo a una lunghissima serie di rilievi per tipologia di rilievo, come si sono concluse – queste le domande – e con quali provvedimenti?

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

La parola all’assessore Venturi. Prego.

 

VENTURI, assessore: Grazie, presidente. Grazie, consigliere.

Nei primi mesi del 2018 il Ministero dell’economia e delle finanze ha disposto una verifica amministrativo-contabile presso l’azienda USL di Modena e altre istituzioni modenesi, che rientra nell’ordinaria attività del Dipartimento della Ragioneria dello Stato e che interessa periodicamente tutte le aziende sanitarie nazionali.

A fine luglio, il Ministero ha inoltrato le risultanze della verifica all’azienda e ha stabilito in 120 giorni il termine per la trasmissione delle risposte ai rilievi formulati che hanno avuto a riferimento elementi riguardanti la tenuta della contabilità, la contrattualistica e alcune procedure riferite alle risorse umane, tra cui la corresponsione delle quote di produttività al personale dipendente.

L’azienda si è preliminarmente concentrata sui temi riferiti al personale con l’obiettivo di rispondere nel minor tempo possibile sia ai rilievi ministeriali che al parere non favorevole espresso dal Collegio sindacale aziendale, il quale, relativamente al saldo della produttività collettiva dell’anno 2017, aveva rinviato la disamina del provvedimento previ approfondimenti sulla modalità di svolgimento del processo di assegnazione e monitoraggio degli obiettivi e sulla selettività del processo di valutazione ad essi collegato.

L’azienda, dopo aver fornito i necessari chiarimenti al Collegio sindacale ed avere ottenuto l’autorizzazione, lo scorso mese di novembre ha pagato il saldo degli incentivi 2017 e delle progressioni economiche al personale del comparto. Non pare, quindi, esservi stata alcuna intenzione dell’azienda di non erogare al personale le risorse economiche destinate alla produttività, ma, a tutela sia dell’Amministrazione che delle legittime aspettative dei lavoratori, è stata necessaria un’attenta e articolata ricostruzione normativa, al fine di poter recuperare tutti gli elementi giuridici che consentissero un giusto pagamento della produttività spettante ai lavoratori.

In risposta alle risultanze della verifica ministeriale, l’azienda ha, quindi, predisposto una relazione, che è stata preliminarmente valutata insieme ai competenti uffici dell’assessorato e che, poi, è stata trasmessa al Ministero entro i termini previsti. La relazione contiene una risposta ai rilievi formulati e fornisce le argomentazioni a sostegno dell’operato aziendale oppure indica le modalità per il superamento delle criticità evidenziate.

Lo scorso 4 dicembre il Ministero ha preso atto degli elementi forniti e delle iniziative intraprese dall’azienda USL e, alla luce degli elementi e delle iniziative intraprese, ha comunicato la chiusura del procedimento di verifica.

Per quanto riguarda, infine, la tenuta economico-finanziaria, l’azienda USL di Modena ha avuto accesso al Fondo di riequilibrio, ma si conferma che il finanziamento da tale fondo è avvenuto in misura non superiore alla propria quota di accesso al Fondo sanitario e pertanto il territorio modenese non assorbe risorse destinate ad altre aziende sanitarie. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliere Alleva, ha sei minuti. Prego.

 

ALLEVA: Mi dichiaro parzialmente soddisfatto. L’importante è che non ci siano state ricadute in danno dei lavoratori. Ci piacerebbe, in generale, conoscere queste cose prima, più per tempo, con maggiore dettaglio.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Alleva.

 

OGGETTO 7551

Interpellanza circa le azioni da attuare per tutelare il patrimonio di fauna selvatica, sospendendo ogni forma di caccia sul territorio regionale al fine di recuperare gli ecosistemi e gli habitat naturali. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo all’interpellanza 7551 circa le azioni da attuare per tutelare il patrimonio della fauna selvatica, sospendendo ogni forma di caccia sul territorio regionale al fine di recuperare gli ecosistemi e gli habitat naturali, a firma della consigliera Gibertoni a cui risponderà l’assessore Caselli.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Credo che la domanda in questa interpellanza sia chiara. Ascolto volentieri la risposta dell’assessore Caselli.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie. Assessore, prego.

 

CASELLI, assessore: Grazie. Ho già risposto a una interpellanza simile in dicembre. Quindi, sulle valutazioni di carattere più generale rimando integralmente alla risposta all’oggetto assembleare 7468 del 3 dicembre 2018 relativo a interrogazione a risposta scritta circa le azioni da attuare per tutelare il patrimonio di fauna selvatica sospendendo ogni forma di caccia sul territorio regionale al fine di recuperare gli ecosistemi e gli habitat naturali, sempre della consigliera Giulia Gibertoni.

Con riferimento alla realtà emiliano-romagnola, l’ondata di maltempo del 28-30 ottobre 2018, sicuramente significativa, non ha raggiunto, per nostra fortuna, la drammatica intensità registrata in Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento.

L’evento nel nostro territorio è stato caratterizzato da intensi fenomeni piovosi accompagnati da venti impetuosi, in particolare nelle province di Piacenza e Parma, dove si sono registrati picchi di precipitazioni cumulate di oltre 300 millimetri. Si sono, inoltre, verificati danneggiamenti di fabbricati civili, industriali ed agrozootecnici, abbattimenti di singoli alberi e rami per il forte vento, con problemi di circolazione, qualche allagamento, interruzioni del traffico veicolare anche in contesti urbanizzati.

Si sono verificate anche mareggiate con limitati fenomeni di erosione. Sono stati segnalati da parte di alcune Unioni di Comuni montani danni di modesta entità al patrimonio forestale, mentre le polizie e gli enti parco non hanno formalizzato alcuna segnalazione in ordine a situazioni di difficoltà a carico della fauna selvatica presente nelle zone colpite dal maltempo.

Al contrario, il clima mite e la buona disponibilità idrica che hanno caratterizzato i mesi di ottobre e in parte di novembre, si sono tradotti in un incremento, nonostante la stagione avanzata, delle risorse alimentari a disposizione degli animali presenti sul territorio.

L’insieme dei fenomeni ha quindi causato problemi in diverse aree della regione. Tuttavia, non si sono verificate, se non in ambiti molto circoscritti, situazioni di particolare gravità. La richiesta di stato di emergenza per i danni alle attività antropiche non è quindi in alcun modo sovrapponibile alla richiesta di maggior tutela della fauna selvatica.

Alla luce di queste considerazioni si può quindi affermare che non si sono registrate, con riferimento agli ecosistemi e agli habitat frequentati dalla fauna selvatica, la quale in ogni caso è perfettamente adattata alle condizioni climatiche, anche particolarmente severe, che possono interessare i nostri ambienti, situazioni di difficoltà tali da richiedere la chiusura della caccia, ovvero una misura che anche in realtà devastate dal maltempo, come l’Agordino e l’altopiano di Asiago, è stata rapidamente circoscritta alle sole aree interessate da cantieri e attività di ripristino.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliera Gibertoni, prego. Ha praticamente otto minuti.

 

GIBERTONI: Mi spiace dover constatare che non è stata presa sul serio questa richiesta. Non è che mi offendo io perché la richiesta non è stata considerata, ma la risposta dell’assessore mi fa capire che non si prende nella giusta considerazione il concetto di benessere generale di un habitat. Se le condizioni climatiche sono avverse per gli esseri umani, le condizioni climatiche sono critiche anche per la fauna, selvatica e non.

Come si fa a chiedere uno stato di emergenza dicendo che però non è sovrapponibile? Se non impariamo a vedere che queste cose sono e devono essere sovrapponibili, secondo me noi non vediamo l’idea di prevenzione e l’idea di habitat nel suo concetto più pieno, più importante, quindi continuiamo a correre dietro delle emergenze, a ragionare per circuiti chiusi, per nicchie chiuse, e non siamo all’altezza delle esigenze dei nostri ecosistemi, di quello che ne resta e di quello che siamo chiamati a preservare, non siamo all’altezza di questo, non siamo all’altezza di questo tempo, non siamo all’altezza di quello che ci chiedono anche i cittadini, che cominciano per fortuna ad avere una consapevolezza alta, incredibile.

Non voglio fare polemica su questo, perché ci saranno anche altre interpellanze che sicuramente farò sul tema, con cui magari farò polemica di più. Ma mi lascia molta perplessità, in un certo senso mi dispiace e mi preoccupa molto che si considerino due ambienti separati, quello dove vivono gli esseri umani, quello dove circola la fauna selvatica. A volte si tende a dire che certi animali non subiscono nessun tipo di pressione o che la loro vita è quella di animali che vivono nei nostri habitat, ma è messa in discussione seria soltanto dai cambiamenti climatici. A volte si parla di pesticidi e ci viene risposto che non sono i pesticidi, sono i cambiamenti climatici. Qui abbiamo un evento drammatico sotto l’aspetto delle condizioni climatiche e si dice “sono già abituati, se la cavano da soli”. Non accetto questa risposta come una risposta seria, assessore. Mi dispiace, perché io sono convinta che lei abbia e possa avere sensibilità e conoscenze maggiori. Quindi, probabilmente il problema è di chi gliel’ha scritta. Questa risposta andrebbe rinviata, riscritta e riportata in aula. Adesso magari cercheremo di farlo in Commissione, perché non è un’immagine positiva, secondo me, per un’Istituzione rispondere così. È troppo elementare quello che voi avete risposto oggi.

I motivi non li conosco ancora per cui non si sia provveduto a tutelare, per quanto possibile, nelle competenze regionali, la legge n. 157/1992, il nostro fragile e prezioso patrimonio di fauna selvatica, sospendendo, quando si chiede uno stato di emergenza sacrosanto, che deve essere accordato doverosamente, ogni forma di caccia sull’intero territorio per consentire il pieno recupero degli ecosistemi e degli habitat, nonché la piena tranquillità di tutte quelle operazioni di ripristino, in cui sono coinvolti gli operatori che si occupano di rimettere in piedi le cose, perché in quel momento, secondo me, una pausa, una sospensione deve essere considerata pienamente a favore e nel benessere più totale, a 360 gradi (come si dice) di tutto il nostro habitat.

Finché si ragiona per compartimenti stagni credo che non andremo da nessuna parte o arriveremo addirittura ad un’involuzione. Se cominciamo a capire che le risposte si possono scrivere in un altro modo, tenendo in considerazione il fatto che viviamo nel 2019 e che i cittadini ci chiedono di essere più aggiornati rispetto alle considerazioni e alle esigenze anche del benessere animale, qualche piccolo passo avanti è il tempo di farlo. Come è il tempo di rivedere tutta una serie di concetti, tutta una serie di distrazioni, di metterle insieme, di metterle a sistema e di integrarle. Si parla tanto di normative integrate, di valutazioni integrate, ma evidentemente integrate non lo sono mai a sufficienza, perché io vedo sempre molto spacchettamento, molto ragionamento al minimo sindacale, molto ragionamento di emergenza.

Che dire, assessore? Ripresenterò il tema, magari nell’ambito di un’informativa più ampia, in cui noi possiamo riflettere e fare il punto su come trattiamo la fauna selvatica (questo potrebbe disinteressare molti) su come trattiamo l’habitat in cui anche noi esseri umani viviamo, su come lo trattiamo, su come lo bistrattiamo, su come lo diamo per scontato.

Questo è quanto.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 7611

Interpellanza circa le azioni da attuare per far fronte alle carenze di organico esistenti nelle strutture ospedaliere, con particolare riferimento al personale infermieristico ed alla relativa situazione di stress lavorativo. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo all’interpellanza 7611 circa le azioni da attuare per far fronte alle carenze d’organico esistenti nelle strutture ospedaliere, con particolare riferimento al personale infermieristico ed alla relativa situazione di stress lavorativo, a firma della consigliera Gibertoni.

Risponderà l’assessore Venturi.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente. Il tema è quello della carenza negli organici, degli infermieri in particolare, quindi come rispetto al benessere finale e alle esigenze del paziente…

Aspetto che l’assessore finisca e magari ascolto direttamente la risposta dell’assessore.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie. Prego, assessore.

 

VENTURI, assessore: È peggiorato da questa mattina lo stato di salute dei microfoni.

Nell’ultimo triennio nella nostra Regione sono stati assunti a tempo indeterminato quasi 9.000 professionisti, di cui 4.060 nell’anno 2018. Di queste 9.000 assunzioni, 3.165 sono state stabilizzazioni che hanno riguardato prevalentemente medici, infermieri, ostetriche e tecnici.

Il potenziamento degli organici è stato voluto dalla Regione per continuare a garantire ai cittadini gli elevati standard quali-quantitativi del nostro sistema sanitario, che non possono però prescindere da un’adeguata dotazione di personale.

Questo percorso è stato sviluppato in condivisione con i sindacati di categoria, con i quali sono stati siglati ripetuti accordi sia per il personale del comparto che della dirigenza.

Il percorso proseguirà anche nei prossimi anni. Sono stati approvati, anche attraverso un costruttivo confronto con le organizzazioni sindacali, i Piani triennali aziendali delle assunzioni che prevedono nel 2019 l’investimento di ulteriori 20 milioni di euro.

Per quanto riguarda il personale infermieristico preciso che dal 2015 a settembre 2018 questo è aumentato di oltre mille unità, da 24.419 del 2015 a 25.443 a settembre 2018, con una maggiore spesa di oltre 30 milioni.

In termini di copertura del turnover la percentuale di sostituzione del personale infermieristico a tempo indeterminato è stata, secondo l’ultimo dato disponibile, superiore al 150 per cento.

Le aziende sanitarie regionali, secondo il percorso delineato con le organizzazioni sindacali nel protocollo siglato a dicembre 2017 hanno perfezionato nell’ultimo biennio la stabilizzazione di oltre 750 infermieri, che hanno visto il loro rapporto di lavoro passare da tempo determinato a tempo indeterminato.

Il primo riconoscimento giuridico e contrattuale della figura del coordinatore risiede nel Contratto collettivo nazionale di lavoro 1998-2001 del comparto sanità, con cui viene riconosciuta una specifica indennità economica per la funzione di coordinamento.

Il successivo contratto, 2006-2009, che era anche l’ultimo prima di quello che è stato recentemente siglato, riconosce l’obbligatorietà del possesso del master in coordinamento a seguito del recepimento dell’articolo 6, comma 1, lettera b, della legge 43 del 2006. Con la delibera di Giunta regionale 1706 del 2009, la Regione Emilia-Romagna ha disposto le basi affinché dal coordinatore siano attesi i livelli di gestione della cultura della sicurezza, sia del paziente, sia dei lavoratori, per effetto della naturale classificazione di preposto, ai sensi del Testo unico della sicurezza del lavoro di cui al decreto legislativo 81 del 2008, entrando pertanto in gioco tutta una serie di competenze e responsabilità necessarie all’esercizio di quel particolare ruolo.

La figura del coordinatore ha subìto un’ulteriore modifica nell’ultimo Contratto collettivo, sottoscritto a maggio 2018, col quale ci si è orientati verso la scelta di unificare tutte le funzioni attribuite nel tempo in un unico incarico organizzativo da graduare secondo complessità e valore strategico, con la conseguente possibilità di valorizzare ulteriormente l’indennità di funzione e coordinamento, passata da una retribuzione massima di poco superiore ai 3.000 euro, a 12.000 euro previsti dal Contratto recentemente firmato.

Si segnala, inoltre, che la Direzione generale cura della persona, salute e welfare di questa Regione ha in corso un progetto di ricerca-azione (così si chiama) sui ruoli di coordinamento infermieristico, ostetrico, della riabilitazione e tecnico, e dei rispettivi staffing, in modo che questi professionisti possano lavorare in qualità e sicurezza e in un buon clima organizzativo.

Riguardo alla prevenzione del rischio stress lavoro correlato, ci risulta che tutte le Aziende sanitarie della Regione abbiano effettuato la valutazione prevista dal decreto legislativo 81 del 2008, al fine di individuare reparti e mansioni a maggior rischio e, di conseguenza, di individuare le relative azioni di miglioramento da realizzare, e che stiano sviluppando azioni di promozione del benessere organizzativo di contrasto alla violenza nei confronti degli operatori sanitari, in merito al quale vi è anche uno specifico progetto regionale e di promozione della salute secondo quanto previsto dal Piano regionale della prevenzione 2014-2018, prorogato al 2019. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliera Gibertoni, prego. Ha sette minuti.

 

GIBERTONI: Io ho capito, assessore, che ci sono state delle assunzioni, anzi delle stabilizzazioni, ma non ho capito se c’è un monitoraggio effettivo dello stress lavorativo e non ho avuto una risposta rispetto ai coordinatori infermieristici, che sono presi su più mansioni e, quindi, devono, talvolta anche più volte nell’ambito della stessa settimana, abbandonare il loro ruolo di coordinatore infermieristico, non dovuto ad una loro assenza o ad una loro scelta, ma per imposizione dell’organizzazione ospedaliera, e quindi non contribuire a fare quello che l’assessore ricorda il coordinatore infermieristico è chiamato a fare.

In questo senso è una chiave di volta, a mio avviso: il coordinatore infermieristico può davvero, con un ruolo anche di vertice, contribuire a quella che noi abbiamo chiamato in questa interpellanza una promozione necessaria della salute anche degli operatori, attuando una supervisione e un coordinamento continuo ed efficace all’interno delle strutture, che però al momento non è sufficiente, non mi pare che si faccia.

Vi è una competenza che mi sento di sottolineare, che in questa interpellanza ho scritto, ed è la competenza relazionale. Lo scopo della professione infermieristica (ho scritto qui nell’interpellanza) è aiutare il paziente attraverso sia interventi di competenza tecnica che interventi di competenza relazionale. Io non so, assessore, quanto ancora investe o pensa di investire il servizio sanitario regionale sulla competenza relazionale. Vi è tutta una serie di figure che probabilmente ritiene di non doversene dotare, fanno altro. Però, se noi non abbiamo figure cuscinetto, che sono in grado, invece, di investire e di essere formate in questa competenza, noi perdiamo una delle grandi eccellenze del servizio sanitario regionale.

Se la competenza regionale è prioritaria ed è una delle cose a cui sono formati e a cui sono chiamati gli infermieri, non valorizzarli in questo senso, non monitorare lo stress, i carichi di lavoro, i turni, le assenze imposte dalla struttura ospedaliera ad un coordinatore infermieristico, che quella volta non può dedicarsi al suo turno, quindi aggrava l’organico già risicato che deve distribuire le sue mansioni, allora diamo ragione a tutti coloro che ci segnalano che si sentono trattati come numeri anche all’interno del nostro servizio sanitario regionale, cosa che non vorremmo sentirci dire in Emilia-Romagna, cosa che non vorremmo sentirci dire per la tradizione che ci compete e che vogliamo portare avanti con orgoglio.

Allora, promuovere la salute anche degli operatori con un’adeguata dotazione di personale non è una cosa che noi possiamo mettere in prospettiva per i prossimi anni. Ci si ammala facilmente, infatti, dove c’è maggiore possibilità di errore, dove la qualità del servizio offerto all’utenza è più basso, e non più basso per volontà degli operatori, al contrario. L’abnegazione non è in discussione. C’è il fatto che si colmino tutta una serie di carenze di organico, di turni massacranti. La competenza relazionale non è mica roba da poco, quindi anche metterla in pratica richiede che il personale ci sia, che sia pronto, che sia motivato. Non è certo una loro volontà, ma evidentemente c’è qualcosa che scricchiola nell’organizzazione, c’è qualcosa che scricchiola nel sistema complessivo. Forse, al di là dei numeri che lei mi cita, nelle migliaia di stabilizzazioni che mi ha citato nella sua risposta, si è perso di vista proprio questo, il fatto che chi teneva alta quella competenza relazionale, quella che magari altri comparti hanno perso di vista o anche loro in difficoltà, in criticità di organico non sempre hanno il tempo di poter focalizzare, di potersi concentrare pienamente su quella, noi abbiamo delle figure che pienamente hanno la giusta formazione, possono effettivamente contribuire ad ascoltare le difficoltà, le ansie del paziente, a sostenerlo nelle sue sofferenze. Sono anche le figure, proprio in virtù di questa figura di cuscinetto e anche di intermediazione, tra le più esposte allo stress lavorativo. Le loro mansioni all’interno di una struttura sanitaria sono tutti fattori che possono incidere anche sulla loro capacità di equilibrare le proprie risposte in funzione delle esigenze dei pazienti.

Anche qui i numeri non bastano a dire che i problemi non ci sono, perché si toccano con mano, le segnalazioni ci sono e sono tante. A volte non sono segnalazioni polemiche, sono segnalazioni dispiaciute, di chi vorrebbe che tutto funzionasse al meglio e di chi si aspetta e dice che ci sono le risorse economiche per farlo funzionare al meglio.

C’è proprio un problema di organizzazione evidentemente, c’è qualcosa che non funziona nel sistema che impartisce il primo moto alla ruota. Non ho avuto una risposta, assessore, alle azioni che si intendono mettere in atto per contrastare questo stress lavorativo, su cui noi ogni tanto riceviamo segnalazioni di veri e propri picchi.

Bisogna, però, ammettere che esiste, per informarci di inversione di tendenza, di azioni che possono effettivamente mettere in atto un’inversione di tendenza. Poi non si ammette che c’è una carenza di organico di personale infermieristico nelle strutture sanitarie emiliano-romagnole. A noi risulta che ci sono in quasi tutte. Se ne lamentano i medici, se ne lamentano gli stessi infermieri. Si trovano a dover fare il lavoro di tre persone, si trovano a dover fare un lavoro non proprio, a doversi dividere tra più incombenze.

Ricordiamoci che anche se questa interpellanza è a pieno a sostegno della valorizzazione di queste figure, di questi operatori sanitari, chi poi ne risente nella filiera finale è il paziente. Di fatto, con questa interpellanza si chiede anche maggiore attenzione al paziente nell’ingranaggio del sistema sanitario emiliano-romagnolo.

Sul coordinamento degli infermieri nei reparti ospedalieri, funzione garantita dal coordinatore infermieristico, che può mettere in campo quei precisi doveri sinergici di organizzazione, di gestione, di segnalazione. Anche su questo, evidentemente, sovrapposizioni ce ne sono, carenze ce ne sono. Probabilmente non ci sono sufficienti figure.

Anche su questo, assessore, chiedo se non si ritenga necessario e opportuno evitare che ci siano assenze dei coordinatori, richieste dalla struttura ospedaliera, che comportano però l’onere della sostituzione a carico dell’organico dei reparti. Io non ho colto una risposta, non ritengo di avere avuto una risposta, oggi, a questa interpellanza.

Permane il problema, ed è un problema che si autoalimenta, perché ne mette in moto altri. Figure di coordinatore infermieristico magari non ce ne sono in numero sufficiente, o non può concentrarsi pienamente e focalizzarsi sul suo lavoro, che a pioggia ricade sugli infermieri, su queste figure su cui noi dovremmo concentrare, invece, la formazione della competenza relazionale, che si sta perdendo in altri comparti, che sta perdendo, forse, come priorità del nostro Servizio sanitario, eppure le competenze non mancano. Questa però è una tra le altre, che a pioggia ricadono, alla fine, sull’utente che dovremmo tenere in palmo di mano, e sul paziente.

Non ho avuto risposta, quindi non posso essere soddisfatta dell’esito di questa interpellanza.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

È così conclusa la fase delle interpellanze.

 

OGGETTO 7617

Proposta recante: “L.R. n. 3/2016 “Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna” - Programma degli interventi per il triennio 2019-2021”. (Delibera di Giunta n. 2061 del 03 dicembre 2018) (194)

(Continuazione discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo all’ordine dei lavori, come da programma, riprendendo l’atto amministrativo 7617.

Siamo nella fase della discussione generale. Questa mattina c’erano alcuni colleghi iscritti, ma che non vedo in aula. Siamo sulla “Memoria”.

Per gentilezza, sospendo cinque minuti cinque, e poi riapro, sperando che i consiglieri che stamattina volevano intervenire siano presenti in aula. Altrimenti, vado avanti con il procedimento.

Sospendo per cinque minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 14,52, è ripresa alle ore 14,58)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo l’esame del provvedimento 7617 “Memoria del Novecento”.

Ci sono iscritti in discussione generale? Consigliere Tagliaferri, prego.

 

TAGLIAFERRI: Presidente e colleghi, come è noto, sulla legge regionale n. 3/2016, recante “Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna”, erano stati raggiunti alcuni punti di equilibrio che ne avevano permesso se non l’unanimità, almeno l’approvazione di una legge largamente condivisa, che non vedesse voti contrari.

Mi permetto di rilevare che in questo documento sui criteri per l’attribuzione delle risorse, proprio come già avvenne in occasione dell’approvazione del primo Piano triennale degli interventi, l’equilibrio si è rotto, perché è evidente che si cerca di rendere quella che doveva essere una legge che si occupava di tutto il Novecento un’occasione di finanziamento esclusivamente di alcune iniziative, perdendo completamente di vista lo spirito con il quale questa legge era stata scritta e votata.

Intendo soffermarmi particolarmente sul periodo della guerra civile del primo dopoguerra, periodo che ritengo essenziale, perché soltanto dalla ricostruzione storica di quei fatti, che tanto profondamente segnarono il nostro territorio, può scaturire una vera memoria comune.

Questo è stato, per lungo tempo, un periodo tra i meno approfonditi dagli storici, consegnato esclusivamente ad una memorialistica reducistica, e così hanno continuato a prosperare tesi di comodo, dirette a minimizzare e a contestualizzare, quando non addirittura a giustificare del tutto i drammatici fatti del cosiddetto “triangolo della morte”.

A fine anni Ottanta, la caduta del Muro di Berlino, causa e insieme effetto della crisi globale del comunismo, ha fatto da traino alla fase di trasformazione politica del PCI, sfociata nella fondazione del PDS, rompendo forse definitivamente l’incantesimo fatto di versioni di comodo e di mistificazioni e avviando una più obiettiva riflessione sulle ampie zone d’ombra che circondano la vicenda del comunismo italiano.

È in questo clima da caduta degli dei che si collocano due comunisti reggiani, sui quali vorrei soffermarmi un attimo. Entrambi erano stati prima gappisti, poi dirigenti del PCI, dell’ANPI e dell’Istituto Cervi. Il primo è l’onorevole Otello Montanari, già parlamentare della Repubblica nella terza legislatura, che il 29 agosto 1990 dalle pagine del Resto del Carlino, con mezza riga di articolo “Chi sa parli”, spazzò via una tradizione di silenzi, di omertà e di connivenze, restituendo in qualche modo l’onore a una sinistra che lo aveva perduto tacendo per decenni sulle infamie del dopoguerra.

Le reazioni non tardarono. Montanari fu fatto oggetto di un vero e proprio linciaggio morale all’interno del suo partito subito dopo aver scritto il suo articolo sul dopoguerra. Quello più violento fu probabilmente quello dell’onorevole Gian Carlo Pajetta, che lo bollò subito come un infame, diffidandolo dal girare per le strade di Reggio.

In un’intervista a Il Resto del Carlino del 19 ottobre 1991 Montanari confesserà: “Molte persone e forze diverse mi odiano, ben più che fossi un boss o un criminale nazista, perché non solo ha avviato l’operazione verità per gli innocenti, ma anche perché stanno esplodendo e saltando contraddizioni ed omertà”.

L’onorevole Otello Montanari resterà nella storia, quella con la “S” maiuscola, per il coraggio che ha avuto nel mettersi contro una città e un partito, pagando un prezzo politico enorme in termini di emarginazione, di allontanamento dall’Istituto Cervi, di estromissione dall’ANPI, che lo hanno segnato per il resto della vita.

Il secondo ha seduto tra i banchi di questo Consiglio regionale nella prima e nella seconda legislatura come capogruppo del PCI. Si tratta di Giannetto Magnanini che nel 1992 pubblicò il volume “Dopo la Liberazione. Reggio Emilia aprile 1945 settembre 1946” nel quale sono elencati i nominativi di 431 persone giustiziate a guerra terminata, ovvero a partire dal 23 aprile per la provincia di Reggio Emilia e dal 24 per quanto riguarda la città.

La maggior parte dei nominativi sono corredati dalle indicazioni e i relativi fascicoli custoditi presso l’Istituto Storico della Resistenza di Reggio Emilia. L’uno, l’onorevole Otello Montanari, è morto lo scorso anno, l’altro, Giannetto Magnanini, si è spento pochi giorni fa senza che il Consiglio comunale di Reggio Emilia dedicasse alla sua scomparsa omaggio alcuno.

Perché parlare oggi di loro a proposito di questo programma triennale? Perché ho voluto parlarvi di questi due uomini provenienti da posizioni decisamente opposte alle mie, ma di profonda cultura? Perché, senza nulla voler rinnegare della propria esperienza partigiana prima e politica poi, avevano probabilmente capito che l’unico modo di ricucire la ferita ancora aperta della guerra civile era quello di avviare un percorso che potesse finalmente condurre alla creazione di una memoria condivisa di quegli anni. In un certo senso possono definirsi entrambi come antesignani nello spirito della legge regionale sulla Memoria del Novecento.

Loro, però, a differenza di questa programmazione triennale, hanno saputo interpretare correttamente lo spirito della legge regionale n. 3 del 2016. Per sintetizzare il dibattito che seguì ed investì anche l’aula di questo Consiglio regionale nei primi anni Novanta sono emblematici due interventi: il primo di Paolo Emilio Taviani, senatore DC e presidente della Federazione Volontari della Libertà, che con chiarezza traccia la linea di demarcazione che intercorre tra la Resistenza ed i crimini successivi, asserendo, dalle pagine dell’Unità dell’11 settembre 1990, che la Resistenza, secondo il Risorgimento nazionale, iniziò l’8 settembre 1943, e si concluse il 25 aprile del 1945, con la resa delle truppe naziste alle forze popolari della Liberazione.

I fatti deplorevolissimi di cui si torna oggi a parlare, che da noi furono subito, già allora deprecati e denunciati, si verificarono dopo la Resistenza e non hanno nulla a che vedere con i suoi ideali. Il secondo è quello di Norberto Bobbio, che ha scritto in maniera autorevole che dalla Resistenza scaturiscono tre diverse guerre: le prime due, quelle contro i tedeschi e contro i fascisti furono vinte; la terza, quella rivoluzionaria contro il nemico di classe, che era voluta solo dai comunisti, no. Ma la terza e decisiva battaglia, che pure alla fine risultò perdente, in Emilia-Romagna, venne ingaggiata non da schegge impazzite, come qualcuno continua a sostenere, ma da migliaia di persone, anche se non tutte arrivarono a macchiarsi di delitti.

Un lungo cordone ombelicale legò poi, almeno dal punto di vista ideale, questo vero e proprio partito armato, con la copertura del quale furono consumati tanti delitti. E di deliri eversivi delle Brigate Rosse, così come del resto è testimoniato dagli stessi protagonisti, Alberto Franceschini, uno dei leader storici del terrorismo rosso, in un’intervista apparsa sul quotidiano La Stampa il 5 settembre 1990, all’intervistatore che gli chiede se le Brigate Rosse sono anche figlie del PCI e di una certa cultura rivoluzionaria, risponde: “Certamente, almeno quel pezzo di BR proveniente come me dalla tradizione dei partiti storici della classe operaia, noi a Reggio Emilia, altri a Milano, altri ancora a Torino. La discendenza e la continuità storica sono evidenti. Siamo figli di quella parte del PCI che a Reggio perse la sua battaglia, di quelli che credevano che la Resistenza non fosse finita con la sconfitta dei nazifascisti, di chi pensava che bisognasse continuare, per prendere il potere, a portare il socialismo anche in Italia”.

Significativo, poi, è quanto dice Franceschini a proposto dell’ingegner Arnaldo Vischi, dirigente delle Officine Reggiane, ucciso da alcuni comunisti nell’estate del 1945: “Le Reggiane erano un’industria bellica, intorno a cui ruotava l’economia di Reggio. Dopo la guerra volevano ristrutturare la fabbrica licenziando migliaia di operai”. Vischi non era un fascista, né un collaborazionista, ma colui che doveva procedere a questa ristrutturazione. È per questo che fu ammazzato. Averlo attaccato significava colpire quel progetto di ristrutturazione. È la stessa logica con la quale decidemmo di attaccare i dirigenti di fabbrica negli anni Settanta.

A corredo del progetto di legge sulla Memoria del Novecento, noi presentammo un ordine del giorno proprio sul tema della violenza politica nel dopoguerra, nella quale si invitavano i rappresentanti degli enti locali a valutare l’opportunità di provvedere e ad adeguatamente segnalare i luoghi ove, a guerra conclusa, vennero massacrate persone colpevoli unicamente di essere odiate dai propri carnefici, nonché gli istituti collegati alla rete dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia a voler contribuire alla ricerca e all’individuazione anche in ragione delle fonti a disposizione degli stessi dei luoghi di sepoltura ancora sconosciuti, così dando finalmente pace a chi risulta tutt’oggi scomparso nell’oblio.

In sede di dichiarazione di voto, la collega relatrice del provvedimento pronunciò le seguenti parole (le cito testualmente, perché le ritengo di un’importanza straordinaria): “In riferimento a questo ordine del giorno, di cui in senso generale condividiamo le finalità, pensiamo sia un segnale che non aggiunge nulla rispetto a quello che già è l’obiettivo di questa legge, perché quando parliamo di luoghi della memoria intendiamo luoghi di tutte le memorie, quando parliamo di istituti che devono occuparsi di ricerca intendiamo ricerca a 360 gradi, quindi compresa quella delle violenze, a cui qui si fa riferimento. Pertanto, davvero è già negli obiettivi della legge. Ancora, in riferimento alla clausola valutativa, verificheremo anche che questa memoria sia davvero declinata in tutte le modalità possibili, come è giusto che sia quando parliamo di un tema che non appartiene a nessuno, che non ha colori politici, ma che deve rifarsi ai risultati della ricerca storica”.

A tre anni di distanza duole constatare…

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Tagliaferri…

 

TAGLIAFERRI: Ho finito.

Dicevo, a tre anni di distanza duole constatare che quelle parole pronunciate, ritengo con estrema onestà, dalla collega relatrice appartenevano soltanto a lei, non alla maggioranza che essa rappresentava, tantomeno alla Giunta. Questo secondo programma pluriennale ne è la lampante dimostrazione, alla vigilia del trentesimo anniversario del famoso “Chi sa parli”.

Stupisce che anche in questo bando ci si ostini a non prevedere progetti finalizzati a costruire una memoria condivisa sull’immediato dopoguerra nel cosiddetto “triangolo rosso”. Fortunatamente la verità storica è più forte delle favolette, anche se sostenute da abbondanti iniezioni di pubblico denaro.

Augurandomi che a questa maturazione possa prima o poi arrivare anche chi governa questa Regione, sono per il momento a preannunciare, a nome del Gruppo di Fratelli d’Italia, il nostro voto decisamente contrario a questa programmazione da operetta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Mumolo, prego.

 

MUMOLO: Grazie, presidente.

La conoscenza approfondita del passato e il lavoro sulle memorie sono strumenti indispensabili di cittadinanza attiva. La Regione, con la legge sulla memoria e con questo piano triennale, riconosce e sostiene il lavoro delle tante realtà che sul nostro territorio portano avanti ricerche storiche di valore e contribuiscono a coltivare la memoria.

In questi giorni a Bologna è aperta una mostra sulle leggi razziali, che noi italiani abbiamo elaborato non molti decenni fa, distruggendo la vita di tanti nostri concittadini. È importante ricordare che è successo qui, nel nostro Paese, con la collaborazione o semplicemente con il silenzio di tanti. “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo”, come ammoniva Primo Levi, e la ricerca storica è veramente molto importante. Vorrei sapere, per esempio, quanti sanno, tra coloro che ci ascoltano, che le leggi riguardavano proprio la razza, non era la persecuzione religiosa, o quantomeno solo in parte religiosa, la razza ebraica.

Come si stabiliva, per esempio, che un soggetto era ebreo? C’erano delle norme tedesche, che poi sono state mutuate con una certa fantasia anche in Italia, e per esempio era considerato ebreo colui che aveva almeno tre nonni ebrei. Poi c’erano anche quelli che di nonni ebrei ne avevo solamente due. Allora, questi erano considerati ebrei a metà. Per decidere sulla persecuzione o meno si doveva anche stabilire qual era l’ambiente in cui queste persone vivevano, se queste persone erano state educate alla religione ebraica oppure no. Per far questo cosa si fece? Si fece un censimento per stabilire chi apparteneva alla razza ebraica. Alle volte questa era la differenza tra essere immediatamente messi a morte oppure inviati in un campo di concentramento dove moltissimi morivano, ma qualcuno si è salvato.

Questo è quello che è accaduto nel nostro Paese. Per questo è così cruciale l’azione dei tanti che continuano a studiare il passato, perché anzitutto è storia e poi è memoria, e a raccogliere le memorie e a diffonderle con tutti gli strumenti possibili.

Viviamo frangenti in cui stiamo di nuovo iniziando a dividere l’umanità in noi e loro, in cui cerchiamo facili capri espiatori per assicurarci di fronte a una complessità che ci sfugge, un tempo in cui alcune parole vengono usate con leggerezza, in cui azioni disumane vengono legittimate da rappresentanti delle Istituzioni e in cui le manifestazioni fasciste vengono talvolta accolte senza nessun tipo di indignazione.

Promuovere e sostenere non solo lo studio e la ricerca, ma anche le iniziative didattiche e formative, valorizzare i luoghi della memoria, sono gli obiettivi di questo programma. È importante e significativo che la nostra Regione continui a sostenerlo.

In questi anni i risultati sono stati molteplici. Ne voglio ricordare solamente uno: il rafforzamento della rete e del coordinamento tra le diverse realtà, che ha aumentato l’efficacia delle azioni realizzate.

Come ci ricorda Liliana Segre: “L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino nei confronti dell’indifferenza”.

Contro l’indifferenza è importante questo programma e contro l’indifferenza è importante anche l’azione di ognuno di noi. Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Riteniamo che l’atto amministrativo che ci troviamo oggi a discutere e ad esaminare sia un atto importante e significativo, che dà seguito ad un’importante iniziativa legislativa di questa Regione che ha promosso la Giunta, che è stata promossa dall’assessorato alla cultura di questa Regione. Legge importante, come dicevo, significativa, e altrettanto significativi sono gli interventi che sono contenuti nel programma triennale che oggi siamo qui ad esaminare.

Spesso, quando trattiamo di questa materia, non è la prima volta che capita in Assemblea, in aula, la discussione tende a scivolare su dibattiti annosi, che hanno a che fare con una storia con la quale non abbiamo fatto i conti fino in fondo, e con la quale, soprattutto, il nostro Paese non si è misurato fino in fondo, determinando una visione generale, in qualche modo condivisa di un pezzo tanto importante della storia del nostro Paese.

Io però credo sia utile stare anche soprattutto sull’attualità. Quando parliamo di questi temi è importante tenere a mente anche l’attualità, le conseguenze dirette delle cose di cui discutiamo, che ci sembrano molto lontane nel tempo, e che invece ci si ripresentano sotto forma, alle volte, di una dura realtà con la quale ci dobbiamo misurare. E allora vediamo linguaggi, forme espressive, alle volte anche riferimenti culturali e ideali, che pensavamo superati, sconfitti dalla storia, da una drammatica storia che abbiamo conosciuto bene in Italia e in Europa. Ecco che allora invece vediamo che quei linguaggi, quei riferimenti tornano a essere prepotentemente in cima alla cronaca quotidiana, alla cronaca della nostra attualità.

Io allora voglio citare due esempi, che credo siano importanti da sottolineare in una discussione come quella che stiamo facendo oggi. Parliamo di leggi della memoria. Spesso facciamo riferimento implicitamente ad una fase molto controversa della nostra storia nazionale. Ecco che allora voglio ricordare e denunciare in quest’aula quanto avvenuto ad esempio il 27 gennaio, che è il Giorno della Memoria, sull’Appennino bolognese, lungo la Linea Gotica, proprio lungo quello che è stato il terreno di scontro tra gli alleati tedeschi, nazisti, e soprattutto il terreno su cui si sono misurate le forze partigiane, che hanno condotto la battaglia di liberazione dal nazifascismo e hanno respinto i nazisti che hanno occupato (lo dico visto che spesso parliamo di sovranità) il nostro Paese.

Domenica 27 gennaio, lungo il crinale dell’Appennino, quattro personaggi non meglio definibili hanno pensato di trascorrere quella domenica vestendosi di tutto punto, indossando le divise delle SS (visto che va di moda ultimamente vestirsi, travestirsi, indossare le divise un po’ a casaccio, c’è sempre qualcuno che poi emula) ebbene, questi quattro personaggi hanno indossato le divise delle SS e hanno fatto un giro lungo l’Appennino, dicendo di far parte di una rievocazione storica quando poi sono stati fermati e di un’associazione di rievocazione storica.

Io mi sono preso la briga non solo di seguire la cosa, denunciarla e verificare che, ovviamente, tutte le Istituzioni facessero quello che è giusto fare, perché non è normale e non è tollerabile girare con la divisa delle SS, specialmente laddove le SS hanno prodotto eccidi, uccisioni, drammi (su questo tornerò, perché è giusto che anche quest’aula, visto che parliamo di memoria, faccia un pezzettino di memoria). Non è tollerabile che questo accada.

Questa associazione, tra l’altro, che si chiama Project Schwarzes Edelweiss (Stella alpina nera), è un’associazione di rievocazione storica che si ispira alle memorie di un combattente delle SS, che ha dato il nome a questa associazione, che ha come obiettivo (oggi non ci vuole l’Interpol, basta aprire un attimo i social, Facebook, per vedere quello di cui sto parlando) quello di pubblicizzare iniziative inneggiando alla Waffen-SS e compagnia cantante.

Ebbene, io credo che questo non sia tollerabile da nessuno, soprattutto tantomeno è tollerabile (do il mio contributo a questo dibattito) quando queste persone, come ho detto prima, domenica sono state fotografate esattamente a un chilometro di distanza, in località Cavone al Corno alle Scale, nell’Appennino bolognese, da una località che si chiama Caverna, dove nel settembre 1944 le SS hanno fucilato, mettendole al muro, ventotto persone, tra cui donne e bambini.

Visto che la consapevolezza di quei fatti probabilmente quelle persone non ce l’hanno e neanche molti forse di quelli che li difendono o che dicono che altre cose sono più importanti, vorrei consigliare a tutti la lettura di questo libro “Cento ragazzi e un capitano” di un docente universitario, Pier Giorgio Ardeni, che intervista Francesco Berti Arnoaldi Veli, partigiano, avvocato, che è morto alla fine di dicembre dell’anno scorso, quindi giusto un mese fa. In questo bel libro, importante e significativo, si fa proprio riferimento all’eccidio di Ca’ Berna, si riportano i nomi, si descrive quanto è avvenuto, l’uccisione, lo sterminio, l’eccidio compiuto dalle SS, per lo più donne, bambini, anziani, ragazze di 17 anni, bambine di 5 anni, donne di 14, 21, 48 anni, i cui nomi sono ovviamente riportati tutti. Non li cito per ragioni di tempo, ma credo sia utile denunciare, senza mezzi termini, senza ambiguità, senza reticenze, che queste cose non sono tollerabili e lo dico soprattutto rivolto a chi utilizza ogni giorno un linguaggio e magari ricopre incarichi importanti in questo Paese e si permette ogni tre per due di occhieggiano e di fare riferimenti a linguaggi che non sono tollerabili: il “me ne frego”, il “tanti nemici, tanto onore” che anche oggi, non più tardi di oggi, anche il governatore della Lombardia ha voluto asserire nel suo eloquio, chiamiamolo così.

Queste sono modalità espressive che vanno rigettate. Lo dico perché è ora di finirla con il qualunquismo per cui tutto in fondo va bene, più o meno si possono esprimere opinioni.

Le opinioni si possono esprimere, ma vestirsi da SS e passeggiare a un chilometro da dove le SS hanno fatto gli eccidi non ha nulla di divertente, non ha nulla di tollerabile, non ha nulla di accettabile.

So che c’è qualcuno che magari amava e ama vestirsi con la divisa delle SS e magari siede anche in Parlamento, ma questo non giustifica il fatto che altri lo facciano. Ripeto, non è tollerabile che questa subcultura, chiamiamola così, sia tollerata, perché dalle parole che, come si sa, descrivono una realtà, spesso poi qualcuno passa ai fatti. È successo così e purtroppo rischia di succedere nuovamente così quando ci si riferisce a esseri umani come a scarti, come a qualcosa di cui si può fare a meno, o dai quali si possono girare la testa, le spalle, pensando che in fondo il mare è tanto grande e se qualcuno ci affonda dentro, pazienza.

Tutto questo ha un collegamento, io credo, diretto con i termini in cui stiamo discutendo. Io credo che sia giusto dirlo con forza e con chiarezza. A chi, e lo voglio ricordare in questa sede, e chiudo, presidente, è abituato a dire “me ne frego”, a chi è abituato a dire “tanti nemici, tanto onore”, io voglio ricordare che chi come me viene dall’Appennino bolognese, dalla Linea Gotica, e ha conosciuto il valore della Resistenza, chi come me ha conosciuto e conosce la storia, è abituato a resistere a chi dice “me ne frego” e a chi dice “tanti nemici, tanto onore”.

E soprattutto, non solo è abituato a resistere, ma alla fine è abituato anche a vincere.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Galli, prego.

 

GALLI: Rivolgendomi all’assessore Mezzetti, che è l’autore di questo progetto, se uno dovesse cominciare leggendo questo programma triennale di investimento sulla memoria storica non potrebbe non essere d’accordo, soprattutto se legge la premessa, dove dice: “il presente programma è adottato in attuazione, eccetera, eccetera, per individuare obiettivi e modalità con l’attuazione di interventi per ricordare la nostra memoria storica di un periodo molto preciso, quello a cavallo della prima metà del secolo”.

Quali sono le cose che si possono dire? Non certo la filippica che abbiamo appena sentito, che c’entra e non c’entra. Riguarda invece l’impostazione che lei dà a questo progetto. Come si può non essere d’accordo sullo studio della memoria storica di un popolo? Lei è un emiliano, un modenese di adozione, ma le garantisco che il suo punto di vista su questo periodo non è molto diverso da quello mio o del collega Boschini, preoccupato di quello che potevo dire su questo tema.

La storia ormai ha lasciato i suoi sedimenti, ha lasciato passare quella patina del tempo che permette, volendo, di guardare con un po’ di distacco, se uno ha onestà intellettuale. Chi può difendere quello che è successo durante la guerra? Popolazioni civili fucilate, villaggi bruciati, eccetera, eccetera, eccetera? Nessuno di buon cuore, nessuno di buona intelligenza, nessuno di buona memoria può dimenticarsi, o cancellare quello che è successo. Però la storia, mi permetta, materia delicata, va presa con le molle, soprattutto quando non c’è quell’intelligenza, quella libertà di pensiero.

Non molti anni fa, la storia ha periodi molto lunghi, George Orwell ha scritto un libro che è famoso e (credo) a tutti conosciuto, se non altro nel titolo, 1984. Quando lo scrisse (si parlava subito degli anni dopo la guerra, 1984 è l’anagramma di 1948, l’anno in cui scrisse il libro) il 1984 sembrava un’epoca lontanissima, talmente lontana che noi l’abbiamo già lasciata alle spalle. In quel libro veniva ipotizzato che la lingua italiana, la lingua alla base con cui si scrive la storia, ogni popolo con la sua lingua e ogni popolo la sua storia, era irreggimentata da un sistema politico che con le parole false mutava la realtà. Dicendo che la politica viene divisa con il ministero dell’amore, della verità e della pace, chi è che può trovarsi in contraddizione con il ministero della verità, con il ministero della pace, con il ministero dell’amore? Però, quando si viene a sapere che il ministero della verità di Orwell era incaricato della propaganda e della riscrittura della storia - ripeto, propaganda e riscrittura della storia - si capisce immediatamente che quel termine “verità” era falso. La storia non può essere riscritta. Può essere capita, può essere compresa, può essere paragonata, ma non può essere riscritta.

In quello che leggo nella sua proposta, lei invece stabilisce un progetto che Orwell avrebbe capito molto bene: la riscrittura della storia. Del resto, la storia si può riscrivere negandola o salvandone solo la parte che interessa, cancellando quella secondaria o quella che non si ritiene opportuna.

La storia nasce dal confronto fra posizioni politiche diverse. Dal confronto viene fuori la vera realtà, quello che è successo, quello che deve essere ricordato. Se della storia salviamo solo quello che ci pare, viene fuori il ministero della bugia, il ministero della propaganda.

Lei vuole stanziare un milione all’anno, come già negli anni passati, destinandolo a degli enti che sono dedicati, che hanno come compito precipuo quello di cambiare la storia, ovvero scrivere solo la storia che gli pare. Pochi giorni fa l’ANPI, una delle poche associazioni che sono riportate in questo suo opuscolo di presentazione, ha negato l’esistenza delle foibe.

Andrea Galli, come credo molti dei colleghi di centrodestra, potrei dire tutti, sa cosa vuol dire 27 gennaio, che vuol dire ricordare la liberazione di Auschwitz da parte dei russi, ma sa anche cosa vuol dire 10 febbraio, il giorno della memoria, il giorno in cui vengono ricordate le foibe. La sua ANPI, in passato assolutamente maggioritaria, oggi per fortuna un po’ meno, ha negato le foibe fino all’altro giorno. Che legittimità ha di prendere questi denari, frutto della nostra regione, frutto del nostro lavoro, per falsare la storia? Lei sta procedendo su questa strada.

Assessore Mezzetti, io farò un accesso agli atti. Mi è venuta la curiosità di leggerlo. Perderò un po’ di tempo per vedere dove sono andati i soldi in questi ultimi anni a queste associazioni, cosa hanno prodotto.

La storia dovrebbe nascere dal confronto, assessore Mezzetti. Se lei qui avesse scritto, a rischio di far apparire le bolle blu al collega Taruffi, fra gli enti a cui erano dedicati, non so se esiste in Emilia-Romagna, l’Istituto della storia della Repubblica sociale io l’avrei capito. L’avrei capito non perché sono vicino alla Repubblica sociale, alla quale non posso essere vicino per tantissimi motivi, ma perché avrei capito che dallo studio di certi documenti e dallo studio di altri documenti veniva fuori la visione reale di quello che è successo.

Lei, invece, vuole riscrivere la storia e noi non possiamo essere d’accordo su questo suo intendimento.

Il collega Truffi ricordava un libro di cui adesso non mi ricordo il nome che immagino racconterà di stragi, di disastri, di villaggi bruciati. Se lui avesse l’intelligenza, che ha, ma non ha l’obiettività, dovrebbe andare in edicola o in libreria, dove lo trova, a comprare un libro appena uscito di Gianfranco Stella che si intitola “Compagno Mitra”.

Di cosa si parla in questo “Compagno Mitra”? Si parla dell’altro rovescio della medaglia: per 100 morti partigiani uccisi, per 100 civili uccisi dalle SS, ci sono 100 civili uccisi da parte di partigiani assassini. Perché lei deve continuare su questa strada di incitazione all’odio, incitazione al mancato rispetto alla storia? Perché deve proseguire su una strada che è platealmente sbagliata? Perché non deve arrivare al passaggio di dire che la storia è finita?

Lo sa qual è stato un periodo difficilissimo della storia antica? La lotta fratricida fra Silla e Mario, molto peggio delle guerre partigiane di oggi. Si ammazzavano e si inseguivano per strada. Quella storia oggi è sedimentata. Noi non possiamo dire se uno sta con Silla o se uno sta con Mario. Lei, invece, vuole proseguire su questa strada, vuole ancora costringerci a guardare l’ombelico per studiare una storia che non ci appartiene più, la sua storia non ci appartiene più.

Ci appartiene la storia che è stata condivisione, comprensione, studio delle fonti. Invece, lei vuole dare i soldi ai suoi amici, alle sue associazioni, per portare a casa qualche voto, per portare a casa un po’ di simpatie politiche.

Basta, assessore! Cambiate il regime, cambiate bandiera. Basta, basta. Questi sono soldi sprecati, sono soldi clientelari.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Pompignoli, prego.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente.

Non volevo intervenire, ma ovviamente il collega Taruffi anima sempre interventi, su questo tema, importanti.

Non entro nel merito dell’atto amministrativo che andiamo a votare, ciascuno credo che la debba pensare come ritiene opportuno. Vero è che la storia deve essere scritta a 360 gradi, non con omissioni, non con tagli, non con le volontà che avete di storpiare quello che è successo nel corso di questi anni.

È chiaro che però il collega Taruffi fa sempre riferimenti a situazioni che si svolgono in alcuni posti della Regione Emilia-Romagna, senza prendere però a riferimento quello che menzionava poc’anzi Galli, cioè quello che scrive l’ANPI di Rovigo, che ha negato l’esistenza delle foibe. Ora, siamo in campagna elettorale. Ad ogni campagna elettorale, cioè a sei mesi dal voto, voi tirate sempre in discussione, tirate sempre fuori il discorso legato al fascismo. Lo avete fatto, tra le altre cose, coi gadget fascisti. Purtroppo, sono questioni che oggi non interessano. Oggi interessa come risolvere i problemi della gente. Voi parlate tanto di storia, e per questo vi ringrazio, perché ci fate comunque prendere voti. Parlate sempre di storia, ma non pensate all’attuale. Pensate all’attuale solo nel momento in cui ricordate i quattro che vanno sull’Appennino vestiti da fascisti, ma non pensate ai problemi reali della gente, quelli attuali, quelli che il Governo sta risolvendo dopo anni di inefficienza da parte del Partito Democratico.

Ma da questo punto di vista, io non sono qua a discutere su quella che è la storia e su come deve essere scritta la storia. Ciascuno l’ha studiata, ciascuno si è fatto un’idea, e sulla base di questa idea ha un proprio convincimento.

Io sono qua, oggi, semplicemente a dire che questa strumentalizzazione da parte vostra non vi porta assolutamente consenso, ma insistete costantemente a discutere di problemi collegati al ventennio fascista, piuttosto che all’epoca dei partigiani, piuttosto che all’Ottocento o al Novecento, ma non vi occupate dei tempi nostri. Questo è un problema che la gente ha visto e gli unici argomenti che andate ad affrontare vicino alla campagna elettorale sono sempre e solo gli stessi, cioè risvegliare la polemica, la diatriba tra fascismo e comunismo, ma non c’è altro. Di contenuti non ne avete. Quindi, i semplici ricordi, se li vogliamo ricordare tutti, caro collega Taruffi, ricordiamo i quattro vestiti da fascisti…

 

(interruzioni)

 

Da nazisti, scusate. E ricordiamo quello che ha detto l’ANPI pochi giorni fa.

Cerchiamo di stare nel merito, di essere obiettivi e di raccontare tutte le cose. Non raccontiamo solo le cose che volete sentirvi dire o che volete esporre all’esterno, ma raccontiamo tutto a 360 gradi, come deve essere raccontato tutto della storia che è stata e che abbiamo vissuto nel corso di quest’ultimo secolo.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Purtroppo quando si parla di storia e quando si parla di impegno per la storia, capita spesso di sentirne parlare a sproposito, perché la storia si accompagna molto spesso alla conoscenza e la conoscenza di per sé purtroppo non è patrimonio di tutti, mentre l’approfondimento è una scelta. Approfondire gli argomenti è una scelta, documentarsi è una scelta, rimuovere le documentazioni è un’altra scelta.

Io ho condiviso lo spirito con il quale questa legge ha preso le mosse, una legge innovativa, importante per la storia del Novecento di questo Paese, per quel secolo breve che in questo Paese è stato più difficile di tanti altri.

Questa è una città che ha sulle porte del suo ingresso, Bologna, tutte le ferite della sciatteria culturale e morale con cui una parte dei cittadini ha imposto la sua volontà a un’altra parte dei cittadini di questo paese, di questa città.

Io, allora, dico questo, e lo dico con l’educazione e il garbo che, secondo me, si dovrebbe avere quando si affrontano questi argomenti. I finanziamenti pubblici sono pubblicati e non esistono, caro consigliere Galli, né amici né clientele. Esistono delle libere associazioni che partecipano a dei bandi all’interno di percorsi istituzionali. Se, invece, le sue parole – la invito a riformularle – fossero così gravi, avrebbe il dovere di denunciarle e non di dichiararle, provandole, assumendosi la responsabilità. Credo, invece, che, talvolta, come pure ha fatto il consigliere Pompignoli, la parola prenda il sopravvento sul pensiero.

Noi non facciamo campagna elettorale sulla Memoria del Novecento e non siamo alla ricerca di consenso sulla Memoria del Novecento. Non dobbiamo prendere voti sui morti. Noi speriamo che i vivi sappiano ricordare e omaggiare i morti.

È stato ricordato “Compagno Mitra”. Io ero con l’ANPI a manifestare contro quella iniziativa revisionista, grave.

La guerra di liberazione fu una guerra dolorosa, una guerra in cui le persone furono costrette a combattere per la libertà di tanti altri cittadini di questo Paese. Fu una guerra dolorosa prima e dopo, per chi la combatteva e per chi la ricorda, perché è stato disumano quello che è accaduto e trovo altrettanto disumana la speculazione su quello che è accaduto.

Non ci sono morti di serie A e di serie B, ma c’era chi stava dalla parte della libertà e chi stava dalla parte della dittatura. C’è chi ha lottato per la libertà di questo Paese.

Non permetteremo a nessuno di pensare che la cifra politica di una legge sia il consenso elettorale. La legge sul Novecento, sulla Memoria storica del Novecento, è una legge che parla ai cittadini di oggi e di domani e serve a comprendere, sulla base di valutazioni tecniche, storiche, scientifiche questo passaggio.

Lo dico perché in queste ore a Bologna, sempre a Bologna, sta per aver luogo una conferenza stampa di Adinolfi e di Fiore dalla quale spero che questa Assemblea si sappia dissociare sulla strage di Bologna, su quella che è asserita come la comoda versione giudiziaria che è stata accertata in questi anni.

Si può comprendere tutto, ma c’è un momento in cui bisogna sapersi indignare. Lo dico anche a quella parte che considero più dialogante e più aperta, ma purtroppo poco rappresentata in questa Assemblea, quanto meno nei banchi, e mi riferisco al Movimento 5 Stelle, che di fronte ad un dibattito come quello di oggi è silentemente distratto e non si indigna.

Indignatevi! Abbiate il coraggio di dire che le parole che state ascoltando sulla discussione sulla memoria storica sono parole gravi. Fatelo, perché lo facciamo non per l’interesse di bottega, ma per l’interesse della storia repubblicana di questo Paese. E lo facciamo perché pensiamo che quando si parla di segreti di Stato, quando si parla di lotta partigiana, quando si parla di studio, si debba avere un sentire democratico che può propendere soltanto da una parte: dalla parte della lotta di liberazione.

E anche l’involuzione della Lega Nord stupisce. Me la ricordo, Milano, nel 1994, io c’ero, quando il 25 aprile andammo a manifestare, quel 25 aprile. Quella Lega Nord era diversa da questa Lega Nord che abbiamo sentito parlare per bocca del consigliere Pompignoli. È grave, avete avuto un arretramento culturale, vi siete adeguati alla nuova destra. Ma adeguarsi alla nuova destra rimuovendo quello che siamo, significa non prendere del consenso, ma significa consegnarsi culturalmente al qualunquismo. Svegliatevi!

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie. Consigliere Prodi, prego. 

A che cosa si riferisce per fatto personale?

 

GALLI: Il collega Caliandro diceva se avevo il coraggio, o qualcosa degli altri, di dire quello che dovevo dire, quindi poche parole, se posso.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Tre minuti; gliene do uno e mezzo.

 

GALLI: Basta anche meno.

Il mio intervento si è basato sulla riscrittura della storia che vuol fare la maggioranza che governa per il momento questa Regione. Questa riscrittura della storia lo ritengo un aspetto colpevole, ed è stato riconosciuto anche dal collega Caliandro, quando ha affermato la sua presenza ad un’amministrazione civile, di protesta contro la presentazione del libro di Gianfranco Stella, “Compagno Mitra”. È un libro dove sono scritti solamente una serie di fatti. In un percorso corretto, quindi, l’assessore Mezzetti avrebbe dovuto riconoscere la liceità di portare anche un altro pezzo di storia. È proprio di uno specchio guardare entrambi i lati, non solamente il lato dove lo specchio riflette l’immagine che è gradita.

La differenza fra uno specchio e un vetro è che il vetro trasmette l’immagine reale, lo specchio l’immagine che si vuole avere. Il collega Mezzetti ha piacere di vedere l’immagine che gli piace vedere.

Il collega Caliandro, che insinua circa la mia impossibilità di dichiarare con completezza di fonti quello che io ho affermato in questo mio intervento si sbaglia. Farò un accesso agli atti. Lo controllerò per bene. Perderò molto tempo per guardare finora questo milioncino all’anno come lo abbiamo investito.

È un vero peccato, perché la storia andrebbe scritta da tutte le parti che hanno costruito la storia, non solo da quelle che si vogliono...

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Galli, lei ha avuto il tempo nel suo intervento di esporre le sue ragioni. Il fatto personale è riferito ai primi trenta secondi in cui lei ha parlato. Gli altri direi che erano un’altra roba.

 

(interruzione)

 

Benissimo. Grazie.

Do la parola alla consigliera Prodi. Prego.

 

PRODI: Grazie, presidente.

Faccio una premessa sull’oggetto che andiamo a discutere. Io sono fermamente convinta della bontà dell’impianto della legge sulla Memoria del Novecento.

Per quanto riguarda le risoluzioni amministrative, abbiamo avuto anche l’udienza conoscitiva. Per cui, il mio invito è di interloquire anche con le associazioni per implementare, sempre in modo più positivo, l’impianto di questa legge, che – come dicevo prima – mi vede assolutamente convinta della bontà e della necessità, evidentemente, di ribadire questi studi storici, di affidarci a chi con competenza, con umiltà e con ricerca studia la storia anche locale delle nostre comunità proprio per avere quella documentazione.

Nel momento in cui i testimoni oculari di questa tragedia stanno, purtroppo, scomparendo, ci sarà bisogno sempre più di un mestiere puntuale e dettagliato. Altrimenti, il revisionismo vediamo già che sta prendendo atto, ed è un revisionismo particolarmente spiacevole. Usare la figura di Giannetto Magnanini in modo strumentale è una cosa sconveniente, anche sotto un profilo etico. Una persona che nella sua vita non ha fatto altro che combattere il fascismo e quello che è stato viene usata strumentalmente oggi in quest’aula. Un po’ di dignità. Se qualcuno è stato da un’altra parte, che lo dica. Da questa parte qua non c’è mai stato quello che ha parlato oggi di Giannetto Magnanini. Ci sono state due parti e stanno tornando ad esserci due parti. Mi dispiace.

Parlando dell’intervento del collega Galli, non è la prima volta che chiediamo a Galli di rivedere il suo lessico. Io ho sentito “partigiani assassini” e “legge clientelare”. È un uso revisionista. Io la invito un attimo a rivedere il suo linguaggio. Il mio è proprio un invito, perché questo è veramente esecrabile, perlomeno per me. Vi inviterei a ripercorrere il vostro ragionamento in una chiave totalmente revisionista della storia. Magari andate a farvi qualche viaggio della memoria, andate a prendere contatto con queste realtà.

C’è il libro, anche questo innominabile, di Gianfranco Stella e ricordo le parole che l’ANPI ci ha fatto avere dopo una ricerca, e Gianfranco Stella è stato condannato in via definitiva a pagare un risarcimento al partigiano reggiano Nemesio Crotti per diffamazione, è stato condannato a pagare un risarcimento al figlio di Arrigo Boldrini (detto Bulow) per diffamazione. Insomma, è un personaggio che in questa fase, ahimè, storica evidentemente ha pensato bene che ci siano le condizioni per re-infiltrarsi con questi pensieri, con queste pubblicazioni che non fanno altro che fomentare un pensiero che deve, evidentemente, condurre le persone a essere distratte rispetto a una verità storica, a evocare l’uomo qualunque, la vita della gente normale, eccetera, eccetera, come se vi fosse della gente non normale che, invece, vuole sapere e ricordare quello che è stato, perché sotto traccia forse bisogna allontanarsi dai valori costituzionali che sono alla base e sono nati dalla lotta della Resistenza, e ricordiamoci che i valori costituzionali parlano di libertà, di solidarietà, di dignità per tutti. Forse è questo che noi vogliamo cancellare.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Grazie.

Mi trovo, obiettivamente, un po’ in difficoltà in questa discussione, che certamente ha a che fare con l’oggetto che è sottoposto alla nostra valutazione e al nostro voto, ma indubbiamente ha a che fare con una spaziatura a 360 gradi. Siamo passati dalle macchiette che l’amico Taruffi ha individuato in quel del Corno alle Scale, siamo arrivati a parlare della conferenza stampa di questa sera da parte di due esponenti della cosiddetta destra radicale e abbiamo sentito tutti quelle che sono state le varie affermazioni che hanno fatto i colleghi.

Non mi appassiona, perché in queste discussioni si rischia sempre di farsi prendere dal pathos, da enfasi, e a diventare in un certo senso ultras ognuno della rispettiva posizione. Forse ultras lo sono stato in passato. Avendo un’età un po’ più matura, cerco sempre di guardare le cose sotto ogni angolatura.

Faccio fatica, per richiamare le parole ultime della collega Prodi, a non citare, per esempio, uno storico che credo non abbia preso alcun tipo di querela. Anzi, credo che sia uno storico che a Bologna non si può nemmeno avvicinare per presentare le proprie ricerche storiche, che si chiama Giampaolo Pansa. Non credo che possa essere citato di appartenenze alla destra radicale o tanto meno appartenenze partitiche in quella che è l’area della destra.

Giampaolo Pansa ha detto esattamente, forse l’ha detto in tono addirittura minore, quello che, invece, una persona dichiaratamente di area di destra, tale Giorgio Pisanò, ha detto per decenni. Siccome lo diceva Giorgio Pisanò, che era un esponente del Movimento Sociale Italiano, e parlava di fatti naturalmente sgraditi, fatti che una certa parte politica non voleva sentire, è chiaro che Giorgio Pisanò era noto semplicemente nella propria area di riferimento.

Giampaolo Pansa ha avuto il merito di provenire da sinistra e di dire le stesse cose che diceva Giorgio Pisanò. Giampaolo Pansa, nonostante questa sua provenienza da sinistra, questa sua onestà intellettuale universalmente riconosciuta, che gli ha permesso di poter scrivere e avere anche un successo editoriale, diversamente non sarebbe avvenuto…

Provate a portare Giampaolo Pansa a Bologna a fare una presentazione di un proprio libro. È impossibile. Avremmo i cortei come quelli visti l’altra sera da Gianfranco Stella, avremmo le associazioni dell’ANPI e degli amici dell’ANPI e magari qualche consigliere regionale di quest’aula, oltre a vari esponenti della sinistra istituzionale, perché certe cose non possono essere ancora dette.

Quanto ci è voluto per arrivare a riconoscere la giornata del 10 febbraio, quanto ci è voluto! C’è voluta una legge nazionale, di un Governo di centrodestra, perché – questa è la verità –  ci si è arrivati grazie a un Governo di centrodestra e anche alla condivisione, da parte di chi magari di centrodestra non era, ma che ha capito finalmente, dopo decenni, che un certo tipo di verità storica non poteva essere più taciuta.

E allora, se vogliamo possiamo stare delle ore, qua, a discutere di questo. Sinceramente, ripeto, lo dico in maniera molto franca, non mi appassionano queste prese di posizione, però quando sento che c’è una volontà di revisionismo, che c’è un rigurgito che deve essere assolutamente in qualche modo frenato, bloccato fin sul nascere, allora dico che dobbiamo metterci d’accordo su qual è il concetto di democrazia. Significa che di certe cose non si può parlare, che si può parlare solo delle cose che piacciono, delle cose sulle quali si è d’accordo, delle cose sulle quali c’è un’adesione ideologica unilaterale? Io credo che la riflessione debba essere questa.

E allora entro nel merito del provvedimento che oggi è in discussione sugli interventi. Io credo che occorra equilibrio anche nell’individuazione degli interventi, se vogliamo che ci sia effettivamente una valorizzazione della storia, non delle storie che interessano, ma della storia, dei fatti che sono accaduti. E i fatti che sono accaduti sono anche quelli che qua, purtroppo, in Emilia-Romagna hanno visto tanti crimini da parte di una certa sinistra, passatemi il termine immediato, ma per capirci. Se la valorizzazione è a 360 gradi, stiamo facendo una corretta ricostruzione storica. Poi i giudizi li daranno gli osservatori, li darà chi si farà una propria coscienza conoscendo quello che è avvenuto, ma non è possibile sentir parlare di una storia a senso unico. Chi in qualche modo prova a dissentire o a evidenziare che non c’è solo quella storia viene tacciato di revisionismo. Questo io non lo accetto. Lo dico in maniera pacata. È altrettanto fermo il fatto che si voglia a tutti i costi cercare il pericolo, l’elemento violento, pescare i singoli episodi. Certo, c’è una cultura ancora da formare, una cultura complessiva generale da formare, da far conoscere, ma – ripeto – deve essere una conoscenza a trecentosessanta gradi.

Purtroppo, in questo programma di interventi non vedo questa volontà. Lo dico, ovviamente, con rammarico. Non piace mai, quantomeno al sottoscritto, fare valutazioni o contestazioni di petto, per partito preso, però indubbiamente in questo tipo di provvedimento che viene sottoposto alla nostra valutazione non vedo la volontà di superare quel conflitto che in alcune persone, anzi forse in troppe persone, ma anche in alcuni consiglieri esponenti della maggioranza di quest’aula è ancora forte ed è ancora tale da non permettere una valutazione equilibrata della storia del Novecento che noi oggi stiamo ricordando e stiamo affrontando.

Questa ritengo sia un’occasione persa. Lo dico all’assessore, che non vedo. Lo dico alla Giunta. Lo dico a questa Assemblea. È un’occasione persa per parlare, forse per la prima volta, ma non sarebbe mai troppo tardi, di una valutazione e di una memoria storica non dico “condivisa”, perché ritengo utopistico condividere una memoria storica, ma quantomeno con un giusto senso di equilibrio che, purtroppo, in quest’aula oggi e nel provvedimento sottoposto al nostro esame non vedo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, consigliere Facci.

Consigliere Campedelli, prego.

 

CAMPEDELLI: Di fronte a tutta questa discussione non posso non intervenire. Vedete, qui stiamo approvando il piano triennale legato alla legge della memoria, che secondo me abbiamo fatto bene ad approvare qualche anno fa, perché noi abbiamo bisogno di studiare.

Si è sentito parlare di tesi di comodo e di riscrittura della storia. Ebbene, la storia la si studia e la si studia scientificamente. Non è che ogni parte studia la sua storia. La storia è una. Poi c’è il vissuto di ognuno, che sono le memorie, e le memorie si raccolgono, ma la storia è una. Certo, la si può guardare da più sfaccettature, ma la storia è sempre quella. Quindi, non esiste riscrittura della storia.

C’è chi dice che alcuni fatti non sono mai avvenuti, e per questo è giusto aver fatto la legge sulla memoria del Novecento, perché è giusto dare gli strumenti per studiare, per approfondire e per conoscere, perché la conoscenza è fondamentale.

Io vengo da un territorio (è per questo che non potevo stare zitto oggi dopo tutte le cose che ho sentito, anche se adesso non voglio fare, io stesso, il partigiano di una cosa o di un’altra) e ho avuto il piacere di essere amministratore proprio di un Comune che nel suo gonfalone ha una medaglia d’argento al valor militare perché è stata la prima zona partigiana e una medaglia d’oro al valor civile per il sostegno che i cittadini di Carpi hanno dato a chi era internato nel campo di Fossoli. Il campo di Fossoli era un campo di smistamento: da lì sono partite più di 5.000 persone per andare a morire nei campi di sterminio del nord Europa. Una delle principali mete era Auschwitz. Questo non è riscrivere la storia. Questa è la storia! È la storia!

Domenica mattina ero a una commemorazione. Trentaquattro persone prese dall’Accademia militare di Modena, che allora funzionava come carcere, dove persone venivano portate per essere torturate, e per una vicenda che ha visto arrestare un gerarca fascista che si era travestito da persona normale per cercare di stanare partigiani in quella zona era stato solamente preso dalla brigata partigiana di quel luogo. Trentaquattro di quelle persone sono state torturate, uccise, legate con il filo spinato a due a due e per due giorni sono rimaste lì, perché c’era la guardia che impediva di andare a prenderli. Di questi trentaquattro persone, diciassette sono ancora irriconoscibili per le torture che hanno subito. Questo non è riscrivere la storia, questa è la realtà, è quello che è successo.

Qualche settimana fa a Mirandola siamo andati alla commemorazione di Odoardo Focherini, persona che ha vissuto tra Carpi e Mirandola, cattolico credente, fervente cattolico, medaglia d’oro al valor civile, riconosciuto giusto tra le genti dello Yad Vashem di Israele, fatto beato dalla Chiesa cattolica nel 2013, perché salvò più di un centinaio di ebrei dalla deportazione, facendoli scappare insieme a don Dante Sala, parroco di una frazione di Mirandola, in Svizzera. Questa è realtà.

Credo che la legge del Novecento e questo piano triennale sia importante perché noi abbiamo bisogno di fare in modo che non solo questo pezzo di storia, ma la storia di tutto il Novecento sia ricordata. Il Novecento è stato un secolo dove ci sono state grandi scoperte, ma anche grandi atrocità: Prima guerra mondiale, Seconda guerra mondiale, lotta di liberazione, fine del Novecento con il terrorismo e tutte le questioni che sono successe nella nostra regione e nel nostro Paese. Noi abbiamo bisogno di studiare, di conoscere, di approfondire ancora di più la storia, ancora di più.

Torno da dove ho iniziato. Ve lo dice uno che sul suo territorio non ha vissuto solo quelle cose, ma segni e segnali che hanno contraddistinto tutta la storia del Novecento, perché il campo di Fossoli è stato quello che citavo prima, ma è stato anche Nomadelfia, la struttura d’accoglienza per ragazzi di Don Zeno Saltini che nel 1954 ha ospitato fino agli anni Settanta la maggioranza degli istriani giuliani dalmati che sono passati in provincia di Modena, che hanno costruito all’interno del campo di Fossoli il Villaggio San Marco e che hanno contribuito comunque allo sviluppo di quel territorio e di quella città negli anni successivi.

Credo che la legge sulla Memoria del Novecento sia utile per i soggetti che sono sul territorio regionale e che si pongono l’obiettivo di studiare scientificamente la storia. Io credo questo. Quindi, ben venga questo programma triennale. È un programma triennale di parte? Non credo, perché prosegue il programma dei tre anni passati. Ricordo che la discussione, anche in quest’aula, quando si votò la legge sulla Memoria del Novecento, fu non del tutto ma abbastanza condivisa. Credo che sia una buona legge, che ci può permettere di sviscerare queste questioni.

Io penso che anche per una questione di serietà nei confronti della storia, questa Assemblea legislativa faccia bene a impegnarsi, così come sta facendo, sostenendo i viaggi della memoria, quindi anche l’Assemblea, parlando alle giovani generazioni. Negli anni passati ho aiutato a costruire due iniziative, una rispetto al viaggio della memoria ad Auschwitz di alcuni studenti delle scuole medie superiori, così come l’anno dopo, la mostra sul Villaggio San Marco degli istriani giuliano dalmati all’ex campo di Fossoli a Carpi. Devo dire che studiare e approfondire queste cose senza logiche di parte ci può portare davvero a costruire una società migliore.

È per questo che sinceramente io non ci sto quando si dice che la storia va scritta da tutte le parti politiche. Ma quali parti politiche? Le cose che ho citato prima sono cose concrete, non sono parti politiche. Quando si dice “tesi di comodo”, non mi sembrano tesi di comodo. Lo testimoniano le medaglie che su molti gonfaloni dei nostri Comuni ci sono: quelle non sono tesi di comodo, così come tante altre storie e tante altre situazioni che hanno vissuto i cittadini della nostra Regione: alcuni hanno potuto raccontarlo, altri non hanno potuto farlo.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Torri, prego.

 

TORRI: Grazie, presidente.

Il programma che ci troviamo a discutere e a dover votare penso sia positivo, anche a fronte del percorso che ha avuto in Commissione e all’udienza conoscitiva che è stata svolta.

Penso si sia registrato anche all’esterno dell’aula, della Commissione, da parte delle associazioni, una sostanziale convergenza. Penso anche che siano stati portati degli elementi di riflessione da parte di alcune associazioni, che vanno tenuti presenti. Penso, pur condividendo il programma e le linee che vengono date, che possano essere oggetto di ulteriore riflessione nel lavoro che si svilupperà, e credo sarà importante che anche da parte della Giunta vengano tenuti presenti in un dialogo con tutte le realtà coinvolte, che comunque penso fosse condivisibile portare alla nostra attenzione. La condivisione rispetto a questo programma viene proprio dal fatto che sostiene – come era nelle intenzioni della legge sulla Memoria del Novecento – una rete di istituti storici, istituzioni, associazioni che si occupano principalmente di ricerca storica locale e di memoria. Penso sia da questo che bisogna partire, proprio per evitare – sono d’accordo con il collega Campedelli – di confondere la politica con la storia. La storia è una successione di fatti che hanno, chiaramente, delle premesse e delle conseguenze, ma che, se studiati nella loro oggettività, possono essere compresi e non strumentalizzati.

Questo riguarda tutti i fatti. Questo riguarda la Memoria del Novecento in generale. Guardiamo la nostra Regione. È la memoria di una Regione che all’inizio del secolo era tra le più povere del Paese e che alla fine del secolo è arrivata tra le più sviluppate, una Regione che ha saputo accogliere i profughi come seconda linea della prima guerra mondiale, che ha avuto l’esperienza – come ricordava il collega Campedelli – rispetto all’esodo giuliano-dalmata, che ha avuto vicissitudini prima della seconda guerra mondiale, durante il regime fascista e durante gli eventi della seconda guerra mondiale e che ha avuto vicissitudini dopo, vicissitudini che sono state studiate. Non ho problemi a citare i lavori di Pisanò e di Pansa. Ho più problemi a citare quelli di Stella, da un punto di vista storiografico, come dimostrano anche i risultati che ha avuto. Li ho letti e li ho letti per intero, nell’elencazione dei fatti e nell’elencazione dei processi che sono avvenuti dopo il ’45, com’era giusto che avvenisse e come è stato riconosciuto a partire dalle istituzioni e, ricorda Pansa, dallo stesso Partito Comunista.

Questa penso sia storia. Va riconosciuta nella sua interezza, senza dire che ci sono spazi grigi. Ci sono stati problemi, ci sono state assunzioni di responsabilità, ci sono stati processi e condanne. Se guardo alla mia terra posso pensare a Colombaia, per esempio. È un fatto gravissimo che ha un inizio e una conclusione, anche giudiziaria. Questo bisogna dirlo, e penso lo si possa dire, senza problemi. Come si può dire tranquillamente, proprio in forza del lavoro che anche i nostri istituti hanno condotto sul tema delle foibe, che è sbagliato negare una certa parte di quella storia, perché c’è stata, è gravissima e l’Italia, il nostro Paese, la deve guardare in faccia, come deve guardare in faccia e assumersi le responsabilità delle leggi razziali. Troppo spesso ci si scorda, nel guardare in faccia la storia, il fatto di assumersi le responsabilità conseguenti, nel bene e nel male. Io sono perché vengano assunte tutte, a partire dalla mia parte politica o culturale e a partire, però, dall’intera visione della storia e dall’italianizzazione forzata che aveva colpito le zone dei Balcani prima di un ritorno, quindi di tutta la guerra civile che ha colpito quella zona, cause e conseguenze, fatti.

Allo stesso modo, altri fatti sono le Amministrazioni che hanno reso questa terra sviluppata, la capacità degli amministratori locali, perlopiù di una parte politica, se parliamo di fatti, la loro capacità di andare a interloquire con tutte le realtà, anche quelle produttive, della nostra regione. Quando si è parlato di sviluppo industriale, quando si è parlato di insediamenti industriali, la capacità dei comunisti di dialogare con la Confindustria, per portare, appunto, questa regione ai livelli che dicevamo prima. Anche questi sono fatti.

Nel citare una figura come quella di Giannetto Magnanini, penso vadano ricordati tutti, perché quella figura tutti incarna, o buona parte, di questi aspetti, la lotta al nazifascismo, che resta il fondamento di questa Istituzione, come delle Istituzioni italiane, la capacità di guardare per intero la storia, il fatto di essere stato presidente dell’Istituto Storico di Reggio Emilia e di aver condotto una transizione non semplice proprio di fronte al “Chi sa parli”, non semplice, ma trasparente. Il fatto di essere stato amministratore locale nel Comune dal quale provengo, Casina, e quindi la capacità di confrontarsi con problemi concreti, nonostante avesse già raggiunto livelli politici ben più alti di quelli dell’Amministrazione di quel Comune. La capacità, come presidente dell’Azienda consorziale trasporti, di affrontare temi molto concreti dell’amministrazione. Io penso che tutti questi aspetti siano parte della storia di questa regione e non meritino strumentalizzazioni, bensì meritino di essere guardati uno per uno, soprattutto se incarnati in una figura di quel livello.

Come non ho avuto problemi, anzi ho avuto l’orgoglio, in prossimità della scomparsa di Otello Montanari, di ricordarlo qua dentro, riconoscendo il valore di quella che allora veniva chiamata la sua “eresia”, che in realtà, la sua come altre, di tutte le parti politiche, rappresenta proprio la ricchezza della storia - non dell’ideologia, della storia -, la capacità di aprirsi, di riconoscere le differenze, di capire l’importanza delle sfumature del linguaggio, di apprezzare tutto questo e di farlo diventare un valore, quello che penso i nostri istituti storici, a partire da quello di Reggio Emilia, siano in grado di fare e di consentire di fare a ognuno di noi, nel mio piccolo, me compreso, quando ho fatto le mie ricerche di storia locale, affrontando proprio i temi del post Seconda guerra mondiale. È per questo valore che penso vada sostenuto il programma che andiamo a votare oggi, con le eccezioni che sono state fatte presenti dalle associazioni durante l’udienza conoscitiva, che sono elementi di ulteriore riflessione, con la massima apertura e capacità di guardare i fatti per quello che sono e di tenere la distanza oggettiva tra i fatti e le interpretazioni. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Rancan, prego.

 

RANCAN: Grazie, presidente. Intervengo dopo l’intervento anche del mio collega Pompignoli solo per ribadire un paio di concetti che mi paiono essenziali e fondamentali.

Voglio assumere un atteggiamento in parte istituzionale, nel senso che fondamentalmente l’Istituzione dovrebbe essere quella che tutela diritti e storia sopra le parti. È vero quello che diceva il consigliere Campedelli, quello che diceva il collega Torri, quello che dicevano altri colleghi, quello che diceva il consigliere Tagliaferri, tutto è vero, nel senso che tutto fa parte della storia. I fatti oggettivi fondamentalmente non si possono cancellare e non si devono cancellare, però vanno ricordati tutti. La storia non è solamente quella dei partigiani, della lotta al nazifascismo. Ci sono tante altre lotte che fanno parte di questa storia, tante altre lotte, come sapete bene anche voi, che io cito non tanto per essere di parte, cito per dare un esempio in più, quello dei preti e seminaristi che sono stati uccisi nel triangolo della morte, per gente che voleva bolscevizzare l’Italia, che prendeva ordini da altre parti del mondo, e questo è un fatto oggettivo.

Questo per dire che, insieme al fascismo, il comunismo è un’altra cosa da combattere. Di fatto, vanno combattuti tutti i totalitarismi perché questo è stato il cancro del Novecento, questi sono i veri problemi e ad oggi, comunque, continuare a parlare di fascismo e comunismo è una cosa ormai anacronistica.

L’ho già detto anche in fase di discussione del progetto di legge: parliamo di tutti i totalitarismi. Questo sarebbe bene che si andasse a modificare all’interno della legge per poter davvero, concretamente, essere sopra le parti, perché una Regione che parla solamente di una parte dei totalitarismi esclude automaticamente l’altra e questo, ahimè, mi dispiace, non è fare storia.

Ovviamente, si parla dell’ANPI, ma sappiamo che vi sono anche i partigiani cattolici e vi sono tante altre fondazioni e associazioni che ricordano quelli che sono i periodi del Novecento.

Però sia chiaro: quando un’associazione prende dei soldi pubblici, poi, però, non si deve permettere di andare a fare dei comizi politici a commemorazioni istituzionali dove sono presenti dei rappresentanti istituzionali di tanti enti di ordine e grado.

Io ho partecipato ad alcune manifestazioni dove degli esponenti di alcune associazioni facevano palesemente dei comizi politici. La prima volta che succede questo, ve lo dico, preparatevi, perché ci sarà un’opposizione ferma e completamente dura a quelle che sono le associazioni che prendono soldi pubblici, perché questo non è fattibile. Parlo per qualsiasi parte: se cioè c’è un’associazione di un tipo, o di un altro, di qualche schieramento che fa politica prendendo soldi pubblici, è assolutamente sbagliato.

Quello che mi piace sottolineare, quindi, è che quello che dice il consigliere Campedelli è giusto, la storia è una. È per quello che nei fatti, secondo me, il progetto di legge, questo programma triennale non è esauriente. La storia del Novecento parla di tantissime cose. Oggi noi ci siamo soffermati a parlare di lotta al nazifascismo, di resistenza, eccetera. Però bisogna parlare anche di tantissime altre cose, e questo è gravemente e totalmente limitante, a parer mio. Va a finire che tutta questa discussione, il fatto di riconoscere in quel progetto di legge, in questa delibera, solamente una parte della storia, tutto questo svilisce tutto il ruolo dell’Istituzione Regione Emilia-Romagna.

Noi dovremmo essere pronti e capaci a dichiararci sopra le parti, dando un’interpretazione oggettiva e una promozione oggettiva di tutta quella che è la storia della nostra Regione. Mi permetto di dire che Memoria del Novecento vuol dire anche ricordarsi dell’identità, delle tradizioni, di tutta quella che è stata la storia della nostra Regione nel Novecento, non solamente di questa parte. Quindi si parla anche delle realtà locali, delle tradizioni, della storia, di tutte quelle che sono le generazioni precedenti che hanno creato la società che noi abbiamo oggi. Questo è quello che mi sento di dire.

Nei fatti serve qualcosa di più ampio ed è per questo che questa legge – questo programma triennale – va molto modificata. In larghissima parte noi ci eravamo astenuti, ma speravamo in qualcosa di diverso, in qualcosa che si potesse davvero riconoscere concretamente. In questo programma triennale, purtroppo, non lo vediamo.

Noi siamo per un riconoscimento oggettivo di tutte le parti e la storia. Mi dispiace. Da un lato, come sappiamo, tanti sono stati i patrocini a film o a documentari o tante le iniziative che riguardano il nazifascismo piuttosto che shoah e altro. Adesso sappiamo bene che c’è anche un film, che verrà proiettato sulla RAI, che parla anche della questione foibe. A me piacerebbe che fosse tutto inglobato. Altrimenti perde valore l’istituzione. Storia senza colore politico, identità e tradizioni. Questo è un progetto di legge per il Novecento. Questa sarebbe una legge per il Novecento utile. Purtroppo, ancora una volta, si è persa l’occasione di fare qualcosa che davvero potesse valorizzare la Regione Emilia-Romagna e la nostra storia.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Non avendo più nessun iscritto in discussione generale, passo la parola all’assessore Mezzetti. Prego.

 

MEZZETTI, assessore: Consiglieri e consigliere, presidente, si è sviluppata una discussione a tratti, a mio avviso, impropria rispetto all’oggetto di cui stiamo discutendo. Alcune volte, credo, si è peccato e si pecca anche nella discussione di ignoranza. Non lo dico in senso offensivo. Si ignorano alcuni elementi di conoscenza.

Senza dover fare un accesso agli atti, consigliere Galli, basterebbe, oltre che saper usare questi mezzi elettronici che ci hanno messo a disposizione, accedere al sito di ERMES Regione Emilia-Romagna e si avrebbe un’informazione costante, continua e trasparente su quelli che sono stati i nostri contributi e finanziamenti ai progetti della legge n. 3 sulla memoria. Quindi, basta andare lì e vedrà l’elenco di tutti i progetti finanziati, anche le cifre per i quali sono stati finanziati. Probabilmente - questo è un invito che faccio anche agli altri consiglieri - vi rendereste conto della pluralità di progetti sostenuti e della pluralità dei temi affrontati nei 73 progetti finanziati in tre anni di soggetti privati e nei 32 progetti finanziati di soggetti pubblici e di Enti locali. Fra l’altro, vi accorgereste anche che, tranne che quelle domande che presentavano imperfezioni dal punto di vista tecnico nella presentazione delle domande, sono state accolte tutte le domande presentate in questi tre anni. Poi se fra queste domande e richieste di finanziamento di contributo non c’erano progetti che andavano nella direzione dei temi da voi posti, questo non è un problema della Regione e dell’assessore, questo è un problema dei soggetti proponenti. Noi lo strumento l’abbiamo messo a disposizione. Se ci sono soggetti che non utilizzano lo strumento, questo non si può attribuire a una nostra responsabilità, perché noi non abbiamo bocciato nessun progetto per i contenuti che presentava, non abbiamo operato nessuna censura sui progetti presentati. Accedendo, appunto, al sito di ERMES, potrete vedere che vanno da progetti che partono dalla prima guerra mondiale, la Grande Guerra, dai progetti sulla ricerca di quelli che sono stati i profughi di tutte le guerre che ci sono state, la prima e la seconda guerra mondiale, e i profughi che sono arrivati nella nostra regione, compresi quelli dalmata-istriani, progetti sulle foibe addirittura, proposti e avanzati dagli istituti storici della Resistenza e della storia contemporanea, che hanno analizzato il tema delle foibe con lettura critica e autocritica su quella che è stata una lettura anche nei decenni alle nostre spalle. Quindi, vi accorgereste che molte delle cose che sono state qui affermate sono assolutamente prive di fondamento.

Come dicemmo in epoca di approvazione della legge, anzi lungi - questa è l’accusa che mi rivolge il consigliere Galli - dal voler io scrivere la storia, affermai - basterebbe andarsi a rivedere i verbali di quelle sedute - esattamente l’opposto. Siccome né io né nessun membro della Giunta né, credo, nessun consigliere regionale, ahimè, temo forse, sia titolato a scrivere la storia, avevamo detto che mettevamo uno strumento al servizio di quei soggetti che hanno la titolarità, la capacità, gli strumenti per fare indagini e ricerche su documenti, distinguendo quello che è memoria da quello che è storia.

Il consigliere Tagliaferri erroneamente diceva “dovremmo costruire una memoria condivisa”. Io ho sempre detto che la memoria condivisa è una castroneria. Non esisterà mai. La memoria si fonda anche su aspetti soggettivi, emozionali, passionali. Basterebbe prendere un evento che insieme abbiamo vissuto soltanto nella giornata di ieri e ognuno di noi ne darebbe una lettura probabilmente diversa.

La storia si distingue dalla memoria e può inglobare la memoria perché invece richiede il rigore scientifico, documentale, dello studio, dell’applicazione sullo studio e dei documenti, i quali documenti possono oggi affermare una tesi, domani probabilmente stravolgere questa tesi alla luce anche di nuovi documenti, una nuova documentazione che si dovesse proporre.

Ci sono fatti ed eventi che hanno coinvolto anche il nostro territorio regionale che, finché non saranno proposti altri documenti altrettanto efficaci, altrettanto rigorosi, che dimostreranno la falsità di alcune tesi o teorie che sono state portate fino a oggi e che sono scritte sui libri di storia, se mi consentite, darò retta a quelli fin quando non vedrò documenti che, all’opposto, siano riconosciuti come tali e non come suggestioni anche qui.

È stato detto che Pansa è uno storico. Pansa, ad esempio, è un giornalista, non è uno storico. Di Gianfranco Stella si è già detto come più volte è stato anche condannato dai tribunali. Possiamo pensare diversamente dai tribunali, ma le condanne, evidentemente, hanno ritenuto, da parte di quei giudici, che molte di quella affermazioni riportate da Stella non corrispondano esattamente al vero.

A parte questo - non voglio prendere questa polemica –, lo spirito della legge andava nella direzione di sostenere la ricerca, lo studio e la divulgazione di fatti, eventi o personaggi vissuti in questa Regione o fatti avvenuti in questa regione nel corso del Novecento.

Mi dispiace. Anzi, sono contento che questa Regione non ha vissuto sotto un regime autoritario, stalinista e comunista. La storia di questa Regione del Novecento non è fatta della storia di una dittatura comunista, ma è stata fatta di una storia che per un pezzo è stata segnata dalla dittatura fascista.

È evidente che si concentra di più l’attenzione su questo. Ripeto, abbiamo affrontato nelle ricerche e nei progetti proposti e sostenuti tante altre questioni fino anche a fatti di terrorismo accaduti nella nostra regione come Marco Biagi, vittima delle Brigate Rosse.

Ci stiamo apprestando anche a uno studio, a una ricerca e a una serie di iniziative rispetto alla figura dello studioso Ruffilli, che fu colpito sempre dai brigatisti rossi a Forlì nel corso dello scorso secolo.

Abbiamo diverse esperienze in questa direzione. È curioso. Chi ha partecipato all’audizione ha visto come sono stato criticato proprio dall’ANPI, perché hanno ritenuto che io non sostengo a sufficienza i progetti che l’ANPI ha presentato, nella totalità delle spese sostenute dall’ANPI. Qui mi sono sentito accusato del contrario. Va bene, vuol dire che evidentemente sono in equilibrio, se mi accusano gli uni e gli altri di una mancanza in questa direzione.

Poi, capisco che noi viviamo permanentemente in una condizione di campagna elettorale, e quindi permanentemente qui si usa anche questa tribuna per dire alcune cose che proprio non corrispondono esattamente all’oggetto che affrontiamo, ci azzeccano poco.

Il Piano triennale, intanto, non è il bando, ma il piano triennale fissa degli indirizzi e non mi sembra, ribadisco quello che ho detto, che questo piano triennale abbia violato lo spirito col quale all’epoca fu approvato. Se poi oggi qualcuno ci ha ripensato perché ci apprestiamo ad andare verso altri appuntamenti elettorali, questa è questione che a me francamente non riguarda.

Quanto al fatto che si diano soldi pubblici a chi fa comizi, noi diamo soldi e contributi, consigliere Rancan, a progetti che vengono avanzati. Se poi, al di là di questo ci possono essere soggetti che fanno altro tipo di attività, ovviamente, se non violano i princìpi costituzionali, anche questo non è un dato che noi… D’altronde, lei, consigliere, fa parte della provincia di una città che nel cambio di Governo ha assegnato lo Spazio Giovani ad un soggetto istituzionale. Ad esempio, ha partecipato all’inaugurazione di quello Spazio Giovani il referente cittadino di CasaPound, che non mi pare si astenga da comizi politici, eppure, diciamo così, è stato assegnato l’appalto ad un’associazione che si chiama Placentia Superba, che fa riferimento ai valori di lealtà, onore e pratica giochi sportivi di difesa personale… Riceve anche finanziamenti dal Comune, come no, ha vinto il bando, riceve 20.000 euro dal Comune...

 

PRESIDENTE (Rainieri): Assessore e consigliere Rancan, non è un dibattito. Prego, assessore.

 

MEZZETTI, assessore: Comunque, in conclusione, consigliere Galli, noi ci conosciamo da tanti anni. Le do del lei perché siamo in una sede istituzionale, però forse lei non si rende neanche conto di quello che dice, tanto è vero che quando ha risposto per questione personale a una questione che ha sollevato il consigliere Caliandro, ha risposto a un’altra cosa non avendo compreso a cosa lui faceva riferimento. Faceva riferimento al fatto che lei ha detto che io do soldi clientelarmente alla ricerca di voti perché qualcuno mi può votare. Questa è un’accusa pesante, che sarebbe addirittura passibile anche di querela, lei lo sa, ed è rispetto a questo che il consigliere Caliandro diceva che appunto lei ha fatto affermazioni pesanti, che se ne ha prove, le porta a chi di dovere.

Io credo che non c’è un solo mio atto, e lo dico perché sono piccato su questo, che possa rispondere ad un criterio clientelare che qualcuno possa dire.

Ripeto, potrei farlo – sarebbe passibile di querela – ma non lo faccio perché, come recita il libro dei proverbi, chi risponde allo stolto con la sua stoltezza rischia di passare anche lui per stolto. Lei non ha offeso me, ma ha offeso la sua intelligenza. La prossima volta le chiedo di riflettere prima di parlare per il solo gusto della propaganda. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

È così conclusa la parte della discussione generale.

Passiamo alle dichiarazioni di voto. Cinque minuti per Gruppo.

Se non ci sono iscritti in dichiarazione di voto, passiamo alla votazione.

Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Intanto chiedo il voto elettronico, così anticipo il consigliere Rancan.

Non voglio ripercorrere le cose che sono state dette. Dico solo due cose molto secche. La prima. Avete fatto una pantomima sulle foibe e sulla storia. Il consigliere Facci, che adesso non vedo in aula, è buon testimone. Nella mia piccola esperienza di amministratore locale sono stato l’assessore alla cultura che ha proposto, in seno al Consiglio comunale di Porretta Terme, di intitolare una strada – una piazza, in quel caso – ai martiri delle foibe. A Porretta c’è una piazza che si chiama “Martiri delle Foibe”.

Il consigliere Facci è entrato adesso. Inaugurammo insieme quella targa. Questo per dirvi quanto siano risibili le vostre osservazioni, in particolar modo quelle del consigliere Pompignoli, rispetto al fatto che qualcuno qua dentro abbia paura di riconoscere la storia. No. Il fatto è questo: proprio perché conosciamo la storia e la conosciamo tutta, non abbiamo nessun problema ad affermarla.

 

(interruzione)

 

Io non parlo solo, come fate voi, attraverso annunci, ma con gli atti e con i fatti. Io ho votato in Consiglio comunale e ho proposto al Consiglio comunale di cui facevo parte l’intitolazione di una piazza che si chiama piazza Martiri delle Foibe. Non c’è niente di male. La storia bisogna dirla tutta. Facevo l’assessore, Michele. Bisogna dirla tutta e non avere paura.

Allo stesso modo vorrei che, dall’altra parte, ci fosse la stessa onestà intellettuale, la stessa trasparenza e la stessa chiarezza. Vede, consigliere Galli, lei ha una abitudine insopportabile. Io l’ho già denunciato una volta in quest’aula, l’ultima volta in cui ci siamo trovati. Lei ha una libertà di linguaggio che non è consentita in un’aula istituzionale. Glielo dico per la seconda volta. Anche se siamo nell’ambito delle espressioni del nostro pensiero, la qualcosa aprirebbe ad una riflessione, perché per pensare c’è anche una precondizione, che non sempre è espressamente ed esplicitamente riconoscibile, lei ha un linguaggio, una formulazione di linguaggio in quest’aula insopportabile e inaccettabile, perché lei è la seconda volta che dice in quest’aula, prima rivolto al consigliere Boschini, oggi rivolto all’assessore Mezzetti, quindi alla Giunta, che qui si fanno provvedimenti clientelari. Quindi, io la invito ad andare alla Procura della Repubblica, o altrimenti a tacere, perché queste insinuazioni sono insopportabili. Lei non è al bar! Glielo dico per la seconda volta.

Io capisco che la vostra tendenza a confondere il bar con le Istituzioni sia prossima, perché avete una modalità cialtronesca di gestire queste vostre presenze, cialtronesca. Però, siccome non siamo tutti uguali, perché non siamo tutti uguali, e qualcuno il senso delle Istituzioni ce l’ha ancora, forse è il caso di intervenire e di cessare con queste commedie. Lo ribadisco, possiamo essere in disaccordo sul merito, possiamo avere opinioni diverse, non possiamo tollerare che, come se nulla fosse, un consigliere regionale dichiari, a microfoni aperti, a registrazione in atto, davanti alla stampa, che c’è qualcuno che fa provvedimenti clientelari. Lei o ha le prove di quello che dice o deve tacere! Non ci sono mediazioni! È insopportabile.

Ho chiesto alla Presidenza, perché sfortunatamente, non per una ragione soggettiva, ma per un fatto oggettivo, capita sempre al presidente Rainieri di gestire queste situazioni… Mi dispiace per lui. Però, è la seconda volta. Chiedo, a questo punto, che l’Ufficio di Presidenza valuti (lo faccio io) gli estremi delle dichiarazioni del consigliere a tutela di questa Istituzione, perché non è possibile. Non siamo al bar! Consigliere Galli, quando entra qua dentro deve collegare il cervello alla bocca e quando parla deve avere la responsabilità di assumersi le responsabilità di quello che dice, perché questa non è la piazza di una grande città come Modena.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Taruffi, la ringrazio, ma le ricordo che il suo Gruppo ha un membro effettivo nell’Ufficio di Presidenza, per cui se lei ritiene che l’Ufficio di Presidenza deve prendere provvedimenti faccia fare al componente del suo Gruppo una richiesta ufficiale all’interno dell’Ufficio di Presidenza.

Detto questo, il presidente interviene all’interno di un dibattito quando si va oltre. Se poi, però, a livello personale voi ritenete che siano state utilizzate parole offensive, vi è la Procura da una parte, ma vi è la Procura anche dall’altra. Comunque, non ritengo che fino ad oggi siano stati utilizzati termini al di fuori di quella che è la dialettica politica, anche se un po’ forti, e li ha usati anche lei in questa sua replica. A questo punto avrei dovuto censurare anche lei, cosa che lei mi conosce e sa che non faccio. Non dico di essere contento di trovarmi in questa gestione, in questa situazione, però capita sempre a me, cosa ci posso fare? O non presiedo più oppure voi utilizzate toni diversi.

Mi auguravo, e l’avevo detto alla fine dell’anno, che con l’anno nuovo ci fossero situazioni più tranquille e serene. Evidentemente il Natale non vi ha fatto rilassare in modo corretto, per cui alla fine siamo in questa situazione.

Ribadisco, però, che facendo parte dell’Ufficio di Presidenza un suo collega del suo Gruppo, lei ha tutto il diritto di porre la questione all’attenzione dell’Ufficio di Presidenza.

Consigliere Galli, prego, ha cinque minuti.

 

GALLI: La dichiarazione di voto, come è stato preannunciato nel corso dell’intervento, sarà ovviamente negativa.

Ho apprezzato l’intervento dell’assessore Mezzetti, che nella sua completezza ha spiegato con dettagli l’azione e gli scopi di questa iniziativa che, comunque, non mi trovano d’accordo.

Al collega Taruffi prima o poi verrà un colpo. A forza di agitarsi in questa maniera dimentica non solo il bon ton dell’educazione normale, perché gridare in un ambiente pubblico va bene forse per un bovaro, ma non certamente per un consigliere regionale nelle Istituzioni, però, con il rispetto che ho per i bovari, non vorrei prendermi una querela magari da qualche collega allevatore della Bassa Cremonese, l’intervento che si fa in sede politica, quando si usano i termini “interventi clientelari” è evidente…

 

PRESIDENTE (Rainieri): Scusi, non sono della Bassa Cremonese, se non altro. Allevatore sì, ma non della Bassa Cremonese. Altrimenti non potrei essere qui con lei a fare il consigliere dell’Emilia-Romagna. Ecco, solo questo.

 

GALLI: Non mi riferivo certamente a lei, presidente. Nel dialogo, soprattutto nel dialogo politico, ci sono le formule che si chiamano “iperboli”, si chiamano “litote”. Sono formule della retorica. Quando si parla di interventi clientelari è evidente che è una formula generica che viene usata dal primo giorno della storia della Repubblica e verrà usata fino alla fine dei tempi.

“Interventi clientelari” non vuol dire che c’è qualcuno che porta delle mazzette da una parte all’altra, vuol dire che si cerca di favorire le associazioni e gli enti che sono vicini. Non lo dice Andrea Galli, lo dice qualunque giornale, qualunque persona si sia occupata di politica negli ultimi settant’anni. Se poi dire delle parole, stona, perché bisogna parlare come loro vorrebbero che si parlasse, mi dispiace, ma non funziona così. La storia non si riscrive, gli interventi vengono programmati perché in questo modo si spiegano le differenze fra noi e loro.

Quando il collega Taruffi si scalda e minaccia querele a destra e a manca, sbaglia, sia nelle forme che nella sostanza. Che si favoriscano ambienti politici vicini a chi governa succede dalla storia dei tempi e succederà fino alla fine dei giorni. Quindi, si faccia pace, è un termine che viene usato, che ho usato e userò quando troverò dei provvedimenti che non mi convincono e che servono ad aiutare partiti, movimenti, associazioni vicine a chi governa.

Che non si scaldi più di tanto, quindi.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliere Taruffi, lei parla per fatto personale, presumo.

 

TARUFFI: Solo per indicare che non è che la presenza all’interno dell’Ufficio di Presidenza di un componente del Gruppo di cui faccio parte io, tolga le responsabilità al Questore, al vicepresidente o al presidente nella gestione dell’aula.

Detto questo, rubo solo un secondo per dire che il consigliere Galli ha attribuito a questa maggioranza l’intenzionalità di ottenere consenso elargendo favori. Questo ha detto in due rapide occasioni. Ritengo che attribuisca agli altri quello che lui ritiene essere normale fare quando magari tocca forse governare a quella parte. Per fortuna, i cittadini di questa Regione, essendo saggi, non te ne hanno mai dato la possibilità.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Il mio non voleva essere un prevaricare la sua persona, era semplicemente per ricordarle che all’interno del suo Gruppo lei ha un membro facente parte dell’Ufficio di Presidenza. Era anche una strada più diretta, semplicemente quello.

L’assessore Mezzetti per fatto personale, presumo.

 

MEZZETTI, assessore: Per fatto personale.

A parte il fatto che gli altri consiglieri non sanno che in verità fra me e il consigliere Galli c’è una discriminante di fondo, che ci distingue, che non ha nulla di carattere politico, gravissima: essendo lui un laziale, non si può altro che naturalmente…

 

PRESIDENTE (Rainieri): Adesso abbiamo capito il perché, allora.

 

MEZZETTI, assessore: Voglio dire, consigliere Galli: io non mi stupisco perché siamo uomini di mondo, veniamo da una storia, ne abbiamo passate tante, quindi non mi stupisco, né mi scandalizzo. Però, tradurre l’accezione di clientelare come una normale accusa politica per cui si favoriscono le associazioni amiche, o gli istituti amici, presuppone che siano state escluse altre associazioni o altri istituti.

Come ho detto all’inizio, nessuno è stato escluso, nessuno è stato bocciato. Di conseguenza, per sillogismo, nessuno è stato favorito. Semplicemente questo. Quindi, mi consenta, lei ha semplicemente affermato il falso.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Ci sono altri interventi in dichiarazione di voto? Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Presidente, è simpatico o, quantomeno, antipatico parlare di clientelismo il giorno in cui si parla di una legge così importante, quella del Novecento. Il Novecento è stato originato da tante storie e anche da tanta cultura. Posso comprendere che non tutti conoscano il rapporto che esiste nel vocabolario latino tra cliens e patronus, però c’è una bella differenza. Il cliens era un cittadino svantaggiato che aveva bisogno di ricorrere ad un patronus e che, proprio per questa sua sudditanza, ingenerava quella forma di sudditanza che lo portava ad esprimere il voto favorevole all’usufrutto del quale godeva.

Lo so, la storia è pesante, va studiata. Il latino è ancora più pesante. I latini dicevano “nomina sunt consequentia rerum”. Se penso alle leggi razziali penso anche a cosa sono state le parole e i nomi. Anche i cognomi che portiamo noi hanno la loro storia. Interrogatevi sui vostri cognomi e scoprirete chi siete. La desinenza, quello che siete, sta nei vostri cognomi. Quando vedete cognomi che hanno una derivazione latina o greca sapete cosa significano. Quando vedete cognomi, però, che fanno riferimento a oggetti, cose, animali dovete domandarvi da dove derivano, da quale tradizione. Ci sono state persone che hanno dovuto cambiare il loro cognome proprio perché erano perseguitate e hanno preso il nome di cose, di città, di animali.

Riflettete su questo, su quanto è grave parlare di clientelismo su cose così serie e su quello che siamo e da chi deriviamo. Scegliete da quale parte stare, ma sceglietelo con la consapevolezza che non basta essere eruditi per essere acculturati. Bisogna aver compreso quello che si è letto ed essersi interrogati su chi siamo e di chi siamo figli.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Se non ci sono altri interventi in dichiarazione di voto, mettiamo in votazione l’oggetto 7617.

Nomino scrutatori i consiglieri Bagnari, Marchetti Francesca e Liverani.

 

(interruzione)

 

L’ha già chiesta il consigliere Taruffi…

 

(interruzione)

 

Probabilmente abbiamo qualche problema con il sistema. Chiedo scusa.

Do la parola al consigliere Rancan per dichiarazione di voto. Prego.

 

RANCAN: Grazie, mille.

Oggi, se dovessimo stare alle dichiarazioni di qualche consigliere della maggioranza, su questo provvedimento dovremmo votare contro immediatamente, perché nei fatti ci sono state dichiarazioni abbastanza pesanti, che a parer mio legittimano e non legittimano delle posizioni politiche.

D’altra parte, però, essendo una forza politica che cerca, comunque, di arrivare a un obiettivo, visto che, comunque, le clausole valutative ci sono e detto anche che vi sono tanti problemi all’interno di questa legge e di questo atto amministrativo, che però fondamentalmente, come specificato prima, andremo a controllare per capire intanto dove andranno questi soldi e inoltre a chi e come verranno spesi, oggi il nostro voto sarà di astensione.

Non per parlare politicamente di quello che c’è stato in quest’aula, perché ognuno legittimamente ha le sue posizioni politiche, noi abbiamo la nostra, che ribadisco è una posizione che deve essere il più possibile super partes per il riconoscimento di tutti i totalitarismi, andremo a valutare poi come verranno spesi questi soldi. Quindi, il nostro voto sarà un voto di astensione, confidando che non ci siano problematiche derivanti da come vengono spesi questi soldi sui nostri territori.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Grazie.

Anch’io voglio dichiarare il mio voto. Non parteciperò al voto, per un discorso molto semplice. Richiamando il mio intervento, ma ho ascoltato anche gli interventi ulteriori, successivi, compreso quello dell’Assessore. Confermo il fatto che su questo provvedimento, purtroppo, si è aperto un dibattito che non doveva aprirsi, una discussione che alla fine si è trasformata in una questione ideologica, non per colpa nostra, non per colpa o per responsabilità di questa parte dell’aula. Si è volutamente portata la questione su una divisione ancora una volta di parte della storia e questo io credo che sia assolutamente non corretto, sia assolutamente da evitare.

Quando ho detto che, a mio avviso, si è persa un’occasione per affrontare la storia, una volta per tutte, in maniera differente lo confermo. Quindi, nonostante condivida buona parte dell’impianto, se vogliamo, l’impostazione di fondo che è sottesa rispetto a questo provvedimento, non posso non evidenziare come si sia trasformata questa discussione in una questione purtroppo di parte, in una diatriba ideologica che, invece, avrebbe dovuto rimanere assolutamente fuori da qui.

Pertanto, annuncio la mia personale non partecipazione al voto.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Prodi, prego.

 

PRODI: Per esprimere il voto favorevole, convintamente favorevole, nei confronti di questo provvedimento. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliere Sassi, prego.

 

SASSI: Grazie, presidente. Ho sentito dire che dovremmo ragionare anche in base ai nostri cognomi per capire da dove veniamo. Io mi chiamo “Sassi”. Mio padre era comandante partigiano e io parto da lì.

Io parto da lì non tanto perché sia una questione ideologica, anche se la parte in cui era schierato mio padre è nota, ma perché è una questione storica. Oggi pagherei per conoscere tutte le esperienze che ha fatto mio padre in quel periodo, perché non amava parlarne e quindi non le conosco.

Credo sia fondamentale tramandare la storia. Che questo programma sia completo, sia esaustivo, probabilmente no. Molto ci sarà da fare e molto bisognerà continuare a fare, anche in futuro.

Credo che il lungo dibattito su questioni ideologiche di destra o di sinistra, se i partigiani erano cattivi o buoni, se i fascisti avessero fatto qualcosa di buono nella loro vita, e io personalmente penso di no, è una questione personale, che non ha niente a che vedere con quello che è il mio atteggiamento in ambito politico, che invece rimane aperto al dialogo con chiunque, anche quando non vorrei. Questo vuol dire che oggi, se esistono strutture, Istituzioni, associazioni che fanno della raccolta dei fatti, della loro divulgazione, del loro racconto, della loro preservazione, la loro attività principale, vanno sostenute.

Questo credo sia il compito della politica. Poi, se quelle associazioni hanno un’idea, o sono vicine a una certa idea politica, cosa possiamo fare? Non li sosteniamo perché non c’è il controcanto? Se uno ha fatto un bando aperto a tutti e non tutti si sono presentati, c’è poco da fare: si chiama democrazia. Ognuno decide se partecipare o no a quel tipo di attività.

Io quindi ritengo fondamentale che la storia venga tramandata, per un dato anche proprio oggettivo. Chi ha memoria personale di quegli eventi sta scomparendo un anno dopo l’altro, perché sono passati gli anni. Bisogna garantire alle giovani generazioni che quella storia venga preservata e raccontata, con i fatti, possibilmente.

Io qui concordo con quanto detto da altri prima di me: bisogna che questo tipo di racconto, di preservazione, di tramandare la storia sia basata sui fatti e non sulle ideologie, né sulle opinioni, che vanno tenute ben distinte. Come ho detto prima, io ho un’opinione personale verso quelli che si definivano fascisti, vecchi e nuovi, ma non c’entra nulla con la mia attività politica. Finché ricoprirò un ruolo politico è mio dovere parlare con tutti. Questo non vuol dire sostenere. Comprendere non vuol dire sostenere, ascoltare non vuol dire condividere. Però, questo ritengo sia un atto quasi formale. Non rende l’idea. È un atto dovuto quello di poter preservare la storia. Se c’è qualcuno che pensa di preservarla meglio, si faccia avanti.

Comunque, il mio voto sarà favorevole.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Non essendoci più iscritti in dichiarazione di voto, mettiamo in votazione, con il dispositivo elettronico, l’oggetto 7617.

La votazione è aperta.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con registrazione dei nomi)

 

La votazione è chiusa.

 

Presenti 44

Votanti 42

Favorevoli 30

Contrari 2

Astenuti 10

 

È approvato.

 

Vista l’ora, direi di rinviare a domani i prossimi lavori, che riprenderanno con l’oggetto 6945, il progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante l’istituzione di un nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Fiscaglia e Ostellato.

Grazie. Buonasera.

 

La seduta ha termine alle ore 16,58

 

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Fabrizio BENATI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Michele FACCI, Andrea GALLI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il sottosegretario alla Presidenza Giammaria MANGHI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Massimo MEZZETTI, Emma PETITTI, Sergio VENTURI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta il presidente della Giunta Stefano BONACCINI, la vicepresidente della Giunta Elisabetta GUALMINI, gli assessori Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO e la consigliera Raffaella SENSOLI.

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 7617 “Delibera: «L.r. n. 3/2016 "Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna" - programma degli interventi per il triennio 2019-2021».  (Proposta della Giunta regionale in data 3 dicembre 2018, n. 2061)” (194)

 

Presenti: 44

 

Favorevoli: 30

Mirco BAGNARI, Fabrizio BENATI, Gianni BESSI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Massimo IOTTI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Roberto POLI, Silvia PRODI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Gian Luca SASSI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Contrari: 2

Andrea GALLI, Giancarlo TAGLIAFERRI.

 

Astenuti: 10

Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Massimiliano POMPIGNOLI, Matteo RANCAN.

 

Non votanti: 2

Michele FACCI, Fabio RAINIERI.

 

Assenti: 6

Piergiovanni ALLEVA, Stefano BONACCINI, Daniele MARCHETTI, Giorgio PRUCCOLI, Simonetta SALIERA, Raffaella SENSOLI.

 

 

IL PRESIDENTE

I SEGRETARI

Rainieri

Rancan - Torri

 

 

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