Testo
Verbale n. 5 del 2008
Seduta del 6 maggio 2008
Il giorno 6 maggio 2008 alle ore 15,00 si è riunita presso la sede
dell'Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la
Commissione Bilancio Affari Generali ed Istituzionali, convocata con
nota prot. n. 9767 del 24 aprile 2008.
Partecipano alla seduta i Consiglieri:
Cognome Qualifica Gruppo Voto
e nome
NERVEGNA Presidente Forza Italia - 4 presente
Antonio Popolo della Libertà
BERETTA Vice Partito Democratico 6 presente
Nino Presidente
MANFREDINI Vice Lega Nord Padania 3 presente
Mauro Presidente Emilia e Romagna
AIMI Componente Alleanza Nazionale - 4
Enrico Popolo della Libertà
BORTOLAZZI Componente Partito dei Comunisti 1
Donatella Italiani
CARONNA Componente Partito Democratico 1
Salvatore
DRAGOTTO Componente Forza Italia - 1
Giorgio Popolo della Libertà
GUERRA Componente Verdi per la Pace 1 presente
Daniela
LEONI Componente Gruppo della Libertà - 2 presente
Andrea Popolo della Libertà
LUCCHI Componente Partito Democratico 3 presente
Paolo
MASELLA Componente Partito della Rifondazione 3
Leonardo Comunista
MAZZA Componente Sinistra Democratica 2 presente
Ugo per il Socialismo Europeo
MONACO Componente Per l'Emilia-Romagna 1
Carlo
MONARI Componente Partito Democratico 4 presente
Marco
MONTANARI Componente Partito Democratico 3 presente
Roberto
NANNI Componente Italia dei Valori 1 presente
Paolo con Di Pietro
NOE' Componente UDC - Unione dei 1
Silvia Democratici Cristiani e
Democratici di Centro
RICHETTI Componente Partito Democratico 3 presente
Matteo
RIVI Componente Partito Democratico 3 presente
Gian Luca
SALOMONI Componente Gruppo della Libertà - 2 presente
Ubaldo Popolo della Libertà
ZANCA Componente Uniti nell'Ulivo - SDI 1 presente
Paolo
La consigliera Gabriella ERCOLINI sostituisce il consigliere Caronna
e il consigliere Marco LOMBARDI sostituisce il consigliere Dragotto.
E' presente il consigliere Gianluca BORGHI.
E' presente altresì l' Assessore a Programmazione e Sviluppo
territoriale, Cooperazione col Sistema delle Autonomie,
Organizzazione Luigi Gilli
Sono inoltre presenti: On. Solaroli (Capo di Gabinetto del
Presidente della Giunta), Boselli (Agenzia Informazione e Ufficio
Stampa della Giunta), Rossi (Segreteria Gruppo PD), Baietti
(Segreteria Gruppo UDC), Celletti (Serv. Informazione Assemblea
legislativa).
Presiede la seduta: Antonio Nervegna
Assiste la Segretaria: Claudia Cattoli
Resocontista: Simonetta Mingazzini
Il presidente NERVEGNA dichiara aperta la seduta.
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Approvazione del verbale n. 4 del 2008
La Commissione all'unanimità dei presenti approva il verbale n. 4
del 2008, relativo alla seduta del 15 aprile 2008.
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Informazione dell'Assessore a Programmazione e sviluppo
territoriale. Cooperazione col sistema delle Autonomie.
Organizzazione Luigi Gilli sul progetto di legge relativo a:
Misure per il riordino territoriale, l'autoriforma
dell'amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni
Il presidente NERVEGNA introduce l'argomento e ringrazia l'assessore
per l'informazione alla Commissione sulle linee generali del
progetto di legge che la Giunta regionale si appresta a proporre per
il riordino territoriale, l'autoriforma dell'amministrazione e la
razionalizzazione delle funzioni.
Ricorda che, per le disposizioni dettate dalla legge finanziaria
nazionale, sono previste importanti scadenze al 30 di giugno, data
entro cui l'Assemblea legislativa sarà chiamata ad esprimersi in
merito al progetto di legge.
L'informazione odierna dell'Assessore segna quindi l'avvio di un
percorso istituzionale che consentirà alle Commissioni competenti -
in sede referente la Commissione Bilancio, Affari Generali ed
istituzionali e in sede consultiva la Commissione Territorio
Ambiente Mobilità - ed all'Assemblea di esaminare, approfondire ed
approvare il progetto di legge entro le scadenze previste.
Cede quindi la parola all'assessore a Programmazione e sviluppo
territoriale. Cooperazione col sistema delle Autonomie.
Organizzazione .
L'assessore GILLI svolge il seguente intervento:
Ringrazio il presidente Nervegna ed i componenti della
Commissione dell'opportunità di svolgere questa informazione in
ordine ad un provvedimento legislativo che la Giunta regionale
ritiene di particolare importanza per il riordino territoriale,
l'autoriforma dell'amministrazione e la razionalizzazione delle
funzioni. Vi ringrazio perché, come ha già accennato il presidente
Nervegna, vi sono scadenze fissate al 30 giugno, per rispettare le
quali si chiede di avviare oggi un iter procedurale che, seguendo le
norme del regolamento interno dell'Assemblea legislativa, possa
arrivare all'approvazione dell'Assemblea entro il mese di giugno.
L'illustrazione di oggi, se pure non si basa su un testo già
definito e depositato, consente tuttavia di avviare il percorso ed
accelerare i tempi necessari per l'esame.
La Giunta ha approvato nella seduta di ieri il testo del progetto
di legge, composto da 40 articoli, suscettibili di diventare 41
poichè si sta valutando di inserire una norma relativa alla scadenza
di una società partecipata dalla Regione. Il testo e la relazione di
accompagnamento saranno depositati a giorni presso l'Ufficio di
presidenza dell'Assemblea legislativa per l'avvio formale dell'iter.
Sostanzialmente la proposta costituisce la seconda parte del lavoro
iniziato con la legge regionale relativa al riordino delle società
partecipate, nell'ambito di una cornice condivisa costituita dal
patto per l'autoriforma della pubblica amministrazione. Il patto si
inserisce, a sua volta, nel piano territoriale regionale, che
prevede nelle proprie linee di indirizzo ed elaborazione anche la
parte riguardante la riorganizzazione della cosiddetta governance
locale.
Con questa nuova proposta di legge siamo di fronte ad un
provvedimento che si inquadra nel percorso avviato dalla Regione
Emilia-Romagna, con l'obiettivo di realizzarlo entro il 2008 e che,
riguardo alle scadenze previste dalla legge finanziaria dello Stato,
riteniamo di dover rispettare.
Oltre alle scadenze previste, come quella per l'approvazione delle
norme di riforma, bisogna tener conto da un lato che le Comunità
montane per il 2008 hanno già subito un taglio di risorse da parte
dello Stato, dall'altro che la legge finanziaria prevede inoltre il
divieto per ogni Comune di aderire a più Unioni, consorzi o altre
forme associative, fatte salve quelle obbligatorie per legge.
Occorre quindi avere ben presente che le condizioni di operatività
sono dettate dalla legge finanziaria.
L'idea proposta dalla Giunta è quella di cogliere l'occasione per
compiere il primo passo di riordino territoriale. Rispetto al
modello che ha funzionato e che sta funzionando abbastanza bene, si
pensa di optare, anche per quanto riguarda i territori montani, a
rafforzare le Comunità montane in termini di funzioni e di ambiti
ottimali. Verrebbero quindi aggiunte alle Comunità montane anche le
funzioni di Unioni di Comuni, come già accade in qualche caso
concreto in cui le Comunità montane svolgono anche funzioni di
Unioni di Comuni.
D'intesa con i Comuni montani, si procederebbe ad una
razionalizzazione ed una riorganizzazione territoriale istituzionale
degli ambiti di loro pertinenza, attraverso una più appropriata
funzionalità e rappresentanza del territorio. In sostanza, mentre
attualmente in Emilia-Romagna ci sono 18 Comunità montane, si
prevede di arrivare ad un numero di circa 9 Comunità montane entro
il 2009. Alcune di esse sono già orientate a trasformarsi in Unione
di Comuni, altre sono già orientate a fondersi ed a unire gli ambiti
dei propri territori. Di fronte a questi percorsi d'innovazione
ritengo che la Regione Emilia-Romagna debba farsi carico di
accompagnare, anche in termini di intervento e di risorse di
investimento, quei territori disposti a compiere il salto di qualità
o di riqualificazione della propria attività.
La preoccupazione maggiore, abbastanza complessa da affrontare ed
eliminare, consiste nell'evitare organismi territoriali che possano
continuare a duplicare funzioni rispetto ai Comuni associati a
quelle forme di Unione o di Comunità montana. Occorre quindi che gli
amministratori assumano il coraggio e la determinazione necessari
per arrivare a compiere scelte più precise e pregnanti rispetto alle
funzioni svolte.
Attualmente infatti vi sono casi in cui le funzioni sono gestite in
parte da un livello superiore, in parte dal Comune di origine e in
parte anche dalla Provincia. E' pertanto necessaria, nel corso di
questa fase di razionalizzazione, la riorganizzazione di tutte le
leggi che regolano questo settore e in particolare le leggi
regionali n. 3 del 1999 (Riforma del sistema regionale e locale), la
n. 11 del 2001 (Disciplina delle forme associative e altre
disposizioni in materia di enti locali), la n. 6 del 2004 (Riforma
del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e
relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti
con l'università) e la n. 2 del 2004 (Legge per la montagna).
Ciò al fine di semplificare, innanzitutto, la vita dei cittadini,
dare certezza dei compiti che ogni amministrazione deve svolgere e
cercare di arrivare ad un percorso tale per cui, quando si decide di
partecipare ad una forma associata, Unione o Comunità montana, la
funzione svolta non debba essere svolta da altri livelli
istituzionali, Comune, Provincia o Regione.
Da qui la necessità di pensare ad un adeguamento del processo di
decentramento che la Regione Emilia-Romagna ha avviato a partire
dalle leggi Bassanini del 1999, che si sono ulteriormente integrate
con l'applicazione del Titolo V della Costituzione e che hanno
l'esigenza di essere adeguate alla nuova stagione di semplificazione
e di maggiore adeguatezza delle funzioni che devono essere svolte
dalle Istituzioni.
Occorre infine tenere in evidenza la novità politica del Governo
nazionale che, rispetto alla fase finora seguita, certamente andrà a
determinare nuovi percorsi sulla riorganizzazione, sul Testo unico
degli enti locali, sul federalismo fiscale e sul decentramento.
Percorsi che auspichiamo siano di maggiore funzionalità e di
maggiore efficacia nell'applicazione sul territorio, rispetto a
situazioni che appaiono ridondanti. Quello compiuto dalla Regione
sarà pertanto un percorso che in parte si adeguerà alla fase di
elaborazione di proposte del Governo centrale.
L'innovazione che la Giunta propone di introdurre inerisce le
funzioni di Unioni di Comuni che vengono integrate alle nuove
Comunità montane. Si parla di 'nuove' Comunità montane, in quanto si
vuole che le Comunità montane che rimarranno siano utili ed
efficaci, non delle debolezze o delle mere ritualità. Riteniamo la
specificità della montagna del tutto particolare, tanto che vogliamo
preservarla, in quanto si tratta di territori che nel loro complesso
possono essere avvantaggiati se crescono e si sviluppano nella
qualità. Per questo motivo, la definizione che si vorrebbe dare di
Comunità montana chiarisce con coerenza il riferimento che si vuole
mantenere per la montanità.
Si è inoltre pensato di non modificare i criteri di montanità,
innanzitutto perché ciò rientrerebbe nelle competenze dello Stato,
poi perché l'impostazione indicata dal Governo uscente sui criteri
di montanità produrrebbe un danno, in quanto nella regione
Emilia-Romagna solo alcuni comuni e solo certe zone avrebbero avuto
i benefici collegati alla qualifica di montanità.
I criteri erano infatti riferiti all'altezza e alla popolazione.
Perciò si e deciso di mantenere il principio che gli attuali Comuni
montani possono godere dei benefici di montanità, e anche per quei
Comuni che decidono di modificare il loro assetto istituzionale da
vecchia Comunità montana in Unione di Comuni rimane il beneficio di
montanità, legato in particolare ai benefici degli abitanti di quei
territori, come ad esempio per le tariffe.
Infine, si affronta il tema in ordine alla governance delle
Comunità montane.
Si è riscontrata una pletora abbastanza consistente di
amministratori diretti, indiretti, delegati ad amministrare gli
organismi e la Giunta regionale, a questo proposito, si è orientata
nel senso di far approvare dai relativi Consigli comunali i propri
statuti. Vale a dire, saranno impartite linee di indirizzo, ma
successivamente ogni organismo sceglierà un proprio statuto che sarà
approvato dai Consigli comunali.
Si prevede un'assemblea unica di Comunità, che eleggerà i propri
rappresentanti all'interno della Comunità montana, mentre fino ad
ora ogni Comune indicava i propri tre rappresentanti (di cui due
espressione della maggioranza ed uno espressione della minoranza).
La scelta effettuata intende anche integrare maggiormente i
territori attraverso la previsione di un'unica assemblea dei
consiglieri comunali che elegge i propri rappresentanti all'interno
dell'Assemblea della Comunità montana.
Gli organi di governo saranno costituiti dai soli sindaci di quel
territorio, non da tutti, ma, in proporzione alle dimensioni di
quella Comunità, di 8 o di 6 sindaci di quel territorio.
Si tratta di un'operazione che può sembrare pesante dal punto di
vista della concentrazione delle funzioni dei poteri sui sindaci.
Invero, nelle consultazioni svolte con i territori montani, non è
emersa alcuna ostilità ad una simile ipotesi, anche perché si è
potuto constatare che, laddove si è verificata una tale
rappresentanza di sindaci, si sono avuti risultati migliori.
Ciò perché la forma della delega di partecipazione all'esecutivo di
una Comunità montana è più efficace nel caso vi siano i sindaci, e
risulta maggiormente rispettosa del principio contenuto nella legge
finanziaria, rappresentato dalla riduzione dei costi.
Occorre inoltre evidenziare che nell'esperienza della Regione
Emilia-Romagna non c'è sperpero di risorse per il funzionamento
degli organismi istituzionali. La stima effettuata, rispetto ad
eventuali ridondanze o riduzione di costi dovuti al nuovo meccanismo
introdotto dalla legge finanziaria, non ha evidenziato Comunità
montane che superano un risparmio di 30 o 40 mila euro all'anno.
Il vulnus della non funzionalità e dello spreco risiede
esclusivamente nell'inefficacia di alcuni territori rispetto alle
funzioni che le Comunità montane svolgono rispetto a quello che
potrebbero svolgere. Ad esempio, cito la Provincia di Modena che non
consente alla Comunità montana - a causa probabilmente alla
debolezza istituzionale sul territorio delle Comunità - di svolgere
le funzioni dovute, in quanto si verifica un accentramento nei
confronti della Provincia. Vi sono invece Province dove la
funzionalità delle Comunità montane è maggiore in quanto hanno
ricevuto dalla Provincia deleghe più ampie.
Il progetto di legge contiene poi una parte relativa ai servizi
pubblici locali, con particolare riferimento agli ATO ed alle
agenzie di mobilità.
Per quanto riguarda gli ATO, essi derivano dalla legge regionale n.
25 del 1999 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e
disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per
l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di
gestione dei rifiuti urbani). La legge ha senza dubbio avuto una sua
utilità ed efficacia, se si pensa a quante erano allora le gestioni
dirette rispetto a quanto sono state ridotte.
L'idea proposta dalla Giunta è quella di superare l'attuale
strutturazione dei 9 ATO provinciali, senza creare un ATO regionale,
bensì affidando ad un comitato di indirizzo le funzioni di
regolazione delle linee di lavoro negli ambiti territoriali
ottimali. Il riferimento, come ambito minimo, è la Provincia o più
Province (nel caso della Romagna, si ipotizza che avendo un gestore
abbastanza significativo, possa determinarsi un'intesa tra più
Province ai fini della regolazione dei rapporti con il gestore).
La funzione svolta dagli ATO verrebbe così ad essere direttamente
svolta dalla funzione provinciale, senza orpelli e strutture di
presidenza, consigli, funzionari, eccetera.
Tuttavia, occorre un soggetto che dia indicazioni di regolazione
sulle azioni da intraprendere, in particolare per quanto riguarda
gli investimenti e la regolazione della tariffa.
La tariffa deve essere decisa da questi ambiti territoriali che
abbiano una dimensione minima provinciale, seguendo dei criteri e
dei parametri che il comitato di indirizzo, che può essere chiamato
anche autorità regionale , individua secondo le specificità e le
macrodivisioni dei territori. Il gestore si troverà ad applicare la
tariffa definita dagli ambiti locali. Anche questo aspetto
rappresenta una straordinaria novità ed un passo in avanti della
legge regionale n. 25 del 1999 che aveva riorganizzato il settore.
Il rapporto fra autorità locale/ambito e gestore verrebbe regolato
attraverso un sistema di convenzioni, previste anche per la parte
della mobilità.
Con questo progetto di legge dovrebbero infatti cessare le attività
delle Agenzie provinciali di mobilità, tenendo presente che anche in
questo settore, come per gli ATO, la fotografia sul territorio è a
macchia di leopardo , in quanto non sono tutte uguali. Così come per
gli ATO, anche questa funzione verrebbe regolata attraverso
convenzioni da autorità locali, nella fattispecie la Provincia, con
le aziende del trasporto pubblico locale che sono i gestori del
servizio.
Nel testo vi sono poi norme che riguardano: la modifica della
partecipazione al Centro ricerche marine - un tema che non era stato
incluso nella legge regionale n. 26 del 2007 Misure di
razionalizzazione in attuazione dei principi della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) - e la modifica
della Società Terme di Salsomaggiore e Società Terme di Tabiano nel
senso della costituzione di una società unica.
E' infine prevista una norma generale di indirizzo sul personale,
poiché è facile immaginare che per le Comunità montane e per qualche
agenzia di mobilità occorra affrontare anche il tema del personale,
che successivamente sarà disciplinato da un progetto di legge
specifico che la Giunta regionale definirà nel prossimo mese di
giugno.
Il progetto di legge conterrà anche una ulteriore norme in ordine
alla modifica della legge regionale n. 2 del 2004 (Legge per la
montagna).
Per quanto riguarda la gestione annuale dei piani programma (un
movimento finanziario di circa 15-20 milioni di euro) abbiamo
infatti riscontrato che il criterio utilizzato risulta
eccessivamente aggravato da lungaggini burocratiche che rallentano
gli investimenti nei territori montani. La modifica porterebbe ad
una programmazione pluriennale della Giunta regionale nel suo
complesso, e non solo da parte di un singolo assessorato, sentita
l'Assemblea legislativa, per interventi a favore della montagna da
programmare ogni 2-3 anni.
Questi, a grandi linee, sono i punti focali della legge che la
Giunta proporrà. Ritengo che le parti che riguardano i servizi
pubblici locali (ATO e Agenzie) siano anche di pertinenza della III^
Commissione Territorio, Ambiente e Mobilità, tuttavia è la I^
Commissione che dovrà raccogliere tutte le indicazioni per esaminare
il testo in sede referente e licenziarlo per l'approvazione
dell'Aula.
Entrano i consiglieri Monari e Zanca.
Il presidente NERVEGNA ricorda che la discussione generale avrà
luogo successivamente alla formale presentazione del progetto di
legge e chiede se vi sono interventi per eventuali chiarimenti e
precisazioni.
Il consigliere SALOMONI interviene ringraziando l'Assessore per la
sollecitudine con cui si è reso disponibile ad illustrare il
progetto di legge che tuttavia, non essendo ancora stato
materialmente depositato e distribuito, non è suscettibile di essere
pienamente compreso e valutato.
Auspica che, una volta letto il testo, possano esservi indicazioni
di maggiore sostanza in quanto, come prima sensazione, ritiene che
gli intenti di innovazione che sono stati illustrati, in realtà non
cambino sostanzialmente la realtà attuale. Ritiene infatti che,
anziché procedere ad una concreta sburocratizzazione del sistema, lo
si appesantisca ulteriormente.
Inoltre, sulla base di quanto illustrato dall'Assessore, osserva
che, come effetto delle disposizioni contenute nel progetto di
legge, si finirà per togliere ulteriore potere ai cittadini. I
Comuni e le Province, essendo enti di primo grado, sono
rappresentati da persone direttamente elette dai cittadini. Con la
proposta delineata si privilegerebbero invece enti di secondo
livello, non rappresentativi dei cittadini.
Si augura che i benefici concessi alle Comunità montane ed ai
territori montani vengano opportunamente destinati a chi presenta
tali caratteristiche, mentre al momento accade che le agevolazioni
ed i contributi vengono riconosciuti anche a quei cittadini che non
possiedono tali requisiti. Destinare le risorse dove effettivamente
sono necessarie costituisce un atto di responsabilità.
Per quanto riguarda poi le considerazioni svolte sulla legge
regionale n. 25 del 1999 (Delimitazione degli ambiti territoriali
ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti
locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del
servizio di gestione dei rifiuti urbani), ritiene che l'operazione
delineata dalla Giunta sia parimenti inopportuna, in quanto si
tratta di organismi già troppo burocratizzati. In quest'ambito, con
la legge citata si è già verificato uno svuotamento dei poteri
comunali a favore delle Province. Con la nuova legge si
introdurrebbe addirittura un potere decisionale di livello
regionale.
A questo proposito, non condivide il meccanismo delle convenzioni
che l'assessore ha preannunciato.
Ad un primo approccio generale sul progetto di legge, intravede il
rischio di introdurre un sistema peggiorativo e non di
semplificazione.
Sottolinea inoltre situazioni locali in cui sono presenti, oltre ai
Comuni ed alle Comunità montane, altri livelli istituzionali ed enti
di secondo grado, come ad esempio il Nuovo Circondario imolese ed
altre Agenzie d'ambito. Si tratta di meccanismi che evidenziano un
surplus di enti con competenze frammentate e sovrapposte.
Occorre, a suo parere, una riforma corretta, attribuendo le
competenze agli enti che abbiano come prima caratteristica quella
della diretta rappresentatività, eletti dai cittadini.
Il consigliere MAZZA formula una prima considerazione in merito alle
Agenzie di mobilità, convenendo con l'affermazione dell'assessore
che si tratta di organismi a macchia di leopardo e fortemente
differenziati.
Ciò deriva a suo parere dal fatto che la legge regionale n. 30 del
1998 (Disciplina generale del trasporto pubblico regionale e
locale), piuttosto che disporre un obbligo, ha lasciato una facoltà
ai Comuni ( possono anzichè devono ). E questo ha causato le
situazioni più diverse.
Avrebbero potuto diventare Agenzie dei Comuni, che univano le
competenze dei Comuni e delle Province per il sistema della mobilità
pubblica e privata.
Invece si è verificato - con la previsione della mera facoltà - che
ogni Comune ha scelto ciò che gli è parso più opportuno, meno
conflittuale, più adeguato (a dimostrazione che nel momento in cui
si approvano le leggi sarebbe bene avere chiaro l'obiettivo da
raggiungere). E nel caso specifico si è determinata una situazione
poco gestibile e conflittuale.
Per quanto riguarda i poteri richiamati dall'assessore, ritiene che
la proposta illustrata potrebbe essere un'occasione importante per
riassestare i poteri, distribuiti fra i vari organi.
Il principio guida dovrebbe essere quello di collocare i poteri in
capo agli organi di primo grado, eletti direttamente. Non condivide
il principio per cui gli organi di primo grado siano svuotati di
potere a favore di organi di secondo grado. Anche perché, l'organo
di secondo grado, per come è costituito, non è rappresentativo di
tutti gli elettori che partecipano al voto.
Ad esempio, vi sono partiti politici che pur presenti in Consiglio
comunale non sono presenti negli organi di secondo grado che
tendenzialmente sono composti solo da rappresentanti degli
esecutivi. Di conseguenza viene a determinarsi uno squilibrio
democratico rilevante.
Ritiene che questo sia un punto importante su cui riflettere, sia
per quanto riguarda le Associazioni comunali che per le Comunità
montane.
Come ultimo punto rilevato, senza voler entrare nel merito, vi è la
questione metodologica: occorrerebbe avere una legge unica che
quando sarà approvata abrogherà automaticamente le leggi precedenti.
Non vorrebbe introdurre modifiche di leggi preesistenti, ma una
legge unica che consentisse di operare una semplificazione anche di
carattere normativo, per rendere un servizio ai cittadini.
Porta l'esempio della legge n. 6 del 2004 (Riforma del sistema
amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni
internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con
l'università), che tuttavia al momento della sua entrata in vigore
non ha abrogato la legge la legge regionale n. 3 del 1999 (Riforma
del sistema regionale e locale).
Quindi vi sono nell'ordinamento regionale due leggi fondamentali in
materia di sistema amministrativo regionale e locale che si
applicano parallelamente, mentre se ve ne fosse solo una si avrebbe
un significativo elemento di semplificazione.
L'assessore GILLI ringrazia i componenti della Commissione per le
osservazioni svolte e dichiara che un'attenta lettura del testo
faciliterà la comprensione della proposta legislativa che peraltro
dovrà essere sottoposta anche al parere consultivo di altre
Commissioni.
Entra il consigliere Borghi.
Il consigliere SALOMONI interviene per evidenziare che nell'attuale
fase politica nazionale, in cui è in procinto di insediarsi un nuovo
Governo, si verificheranno indicazioni di riforma generale del
sistema amministrativo e istituzionale.
Suggerisce pertanto, prima di procedere all'approvazione del
progetto di legge, di compiere opportune verifiche in sede di
Conferenza Stato-Regioni, per evitare di approvare una legge a cui
si sovrapporrebbero disposizioni di livello nazionale.
L'assessore GILLI condivide la prospettiva di raccordo con il
livello nazionale. Tuttavia ribadisce che l'impianto di riforma
delineato risponde alle disposizioni legislative ed alle scadenze
previste.
Per quanto riguarda una riforma istituzionale nazionale che
coinvolga le Province, si profilano tempi non brevi, innanzitutto
perché occorrerebbe una riforma di natura costituzionale ed inoltre
perché risultano già depositate agli atti del Parlamento italiano
diverse proposte di legge concernenti l'istituzione di nuove
Province.
Il presidente NERVEGNA ringrazia nuovamente l'assessore e conclude
ricordando che, dopo questa prima fase interlocutoria di
presentazione di massima, si avvierà l'iter di approfondimento,
esame e discussione del testo che sarà sottoposto anche al parere
consultivo della Commissione Territorio Ambiente Mobilità.
Escono i consiglieri Lombardi e Salomoni.
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Esame abbinato dei progetti di legge ogg. 1859, 1925 e 1931
Testo unificato: Pari opportunità e contro le discriminazioni
Relatore Consigliere Paolo Lucchi
Il presidente NERVEGNA introduce l'argomento e cede la parola, per
l'illustrazione, al consigliere relatore.
Il consigliere LUCCHI svolge il seguente intervento:
I sistemi legislativi nazionale e comunitario sono, in tema di
lotta alle discriminazioni, fra i più avanzati al mondo.
L'Unione Europea pone i principi di non discriminazione e parità di
trattamento al centro del proprio modello sociale e ne fa un
caposaldo dei diritti fondamentali dell'individuo.
Nel percorso culturale e legislativo comunitario, il Trattato di
Amsterdam rappresenta senz'altro uno dei momenti più importanti per
la lotta alle discriminazioni, poiché nell'art. 13 dello stesso si
trova il passaggio da un'ottica settoriale - prevalentemente legata
alle discriminazioni di genere - ad un approccio integrato che
prende in considerazione qualsiasi tipo di comportamento
discriminatorio, sia esso dovuto alla razza piuttosto che alla
religione, all'età o agli orientamenti sessuali, all'handicap o alle
convinzioni personali.
Diretta emanazione del Trattato sono le direttive del Consiglio
2000/43/CE, 2000/78/CE e la successiva 2004/113/CE, che attuano il
principio di parità di trattamento.
Tuttavia esse limitano la propria azione all'ambito occupazionale,
offrendo un'adeguata protezione particolarmente per le
discriminazioni fondate sul sesso e sull'origine etnica.
Nell'intento di estendere ed omogeneizzare per tutti i Paesi membri
l'azione legislativa, il programma operativo dell'Unione per il 2008
si propone dunque di superare questi limiti attraverso l'emanazione
di una ulteriore direttiva.
L'Italia, che con l'art. 3 della Costituzione fa della pari dignità
sociale e dell'uguaglianza di fronte alla legge uno dei principi
fondamentali del proprio ordinamento, ha recepito le direttive
europee con i decreti legislativi 215/2003 e 216/2003.
E d'altro canto, in un contesto di grandi trasformazioni sociali e
demografiche come l'attuale, il tema delle discriminazioni assume un
rilievo sempre maggiore rispetto alla necessità di garantire i
cittadini sui propri diritti, e fondamentale diventa il ruolo che
possono giocare le Regioni e gli Enti Locali in quanto livelli di
governo ad essi più vicini.
Si tratta dunque, nel rispetto delle competenze di cui al Titolo V
della Costituzione, di fornire un quadro normativo di riferimento
per l'azione legislativa, regolamentare e programmatoria della
Regione, e nel contempo di porre l'accento sulle azioni positive che
la Regione può alimentare: dal coinvolgimento delle associazioni al
ruolo fondamentale della scuola, dall'accoglienza al rispetto e alla
tolleranza della diversità.
Infatti il presente progetto di legge, contestualmente alla
necessità di normare la materia da un punto di vista legislativo, si
pone l'obiettivo di emancipare la collettività regionale da
atteggiamenti e preclusioni mentali che sempre più si scontrano con
la realtà quotidiana di una società variegata e multiculturale.
D'altro canto l'azione legislativa dell'Emilia-Romagna ha assunto,
di pari passo all'affermarsi di una società regionale multiculturale
e multietnica, una sempre maggiore attenzione rispetto ai temi
dell'integrazione e della tolleranza, di cui la lotta alle
discriminazioni è inevitabile corollario.
Lo si riscontra facilmente nelle leggi regionali di riforma del
sistema integrato dei servizi sociali (l.r. 2/03), di quello
scolastico e di formazione (l.r. 12/03), del lavoro (l.r.17/05) e,
naturalmente, nelle leggi regionali 29/97 Norme e provvedimenti per
favorire le opportunità di vita autonoma e l'integrazione sociale
delle persone disabili e 5/04 Norme per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21
febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2 , alla base del
protocollo d'intesa firmato nel 2006 contro le discriminazioni e
dell'istituzione del Centro regionale contro le discriminazioni.
Il testo in esame Legge sulle pari opportunità e contro le
discriminazioni si propone di dettare norme per uniformare l'azione
pubblica al rispetto delle diversità e all'uguaglianza nel rapporto
con i cittadini ed impegna la Regione a promuovere azioni positive
che superino qualsiasi forma di svantaggio, si tratti di salute
piuttosto che di formazione, di diritto alla casa piuttosto che di
politiche del lavoro. In questo contesto si è volutamente scelto di
non occuparsi delle tematiche dell'immigrazione, poiché la
complessità delle stesse ha suggerito di rimandare direttamente alla
legge quadro che la Regione ha approvato (l.r. 24 marzo 2004, n. 5
Norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati.
Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo
2003, n. 2 ).
L'art. 1 (finalità) enuncia la volontà di dare attuazione al
principio di non discriminazione e parità di trattamento contenuto
nelle norme statutarie e nelle Carte europee di concerto con gli
Enti locali.
L'art. 2 (definizioni) contiene il richiamo alle direttive UE di
riferimento per la definizione delle discriminazioni dirette ed
indirette.
L'art. 3 (oggetto) si richiama alla sussidiarietà fra Enti e al
raccordo con le vigenti Istituzioni di parità regionali
nell'applicazione dei principi della presente legge.
L'art. 4 (parità di accesso e divieto di ogni forma di
discriminazione) sancisce la parità di accesso dei cittadini ai
servizi pubblici e privati e impegna la Regione, nel rispetto del
principio di sussidiarietà con gli Enti locali ed in collaborazione
con le parti sociali e il terzo settore, a promuovere azioni
positive per il superamento di eventuali condizioni di svantaggio
derivanti da pratiche discriminatorie. I soggetti destinatari della
norma sono i singoli individui, le famiglie e tutte le forme di
convivenza di cui all'art. 4 del DPR 223 del 30 maggio 1989
instaurate da almeno due anni.
L'art. 5 (accesso ai servizi pubblici e privati) prescrive il
principio di parità d'accesso ai servizi pubblici e privati e vieta
che questi possano essere rifiutati o somministrati in maniera
deteriore per motivi discriminatori.
L'art. 6 (accesso all'istruzione, alla formazione, al lavoro) nel
riconoscere nella scuola l'ambito privilegiato per la realizzazione
di una società multiculturale e tollerante, assicura ad ognuno la
parità di accesso attraverso la rimozione di eventuali ostacoli di
ordine sociale, culturale o economico. In particolare, la Regione
opera per innalzare i livelli educativi e per ampliare l'offerta
formativa e favorisce percorsi di accompagnamento per i ragazzi in
difficoltà o diversamente abili in raccordo con le politiche sociali
e sanitarie e in supporto alle famiglie.
L'art. 7 (rimozione delle discriminazioni nel lavoro) riprende il
concetto di parità e non discriminazione applicato all'ambito
lavorativo, ovvero nell'inserimento, nella carriera e nella
retribuzione. In particolare, la Regione opera per la conciliazione
dei tempi di vita e di lavoro, per favorire l'occupazione femminile
e per sostenere le scelte di genitorialità.
L'art. 8 (accesso ai servizi sanitari e sociali) prevede che
chiunque abbia raggiunto la maggiore età ha il diritto di designare
una persona per la propria assistenza fisica e psicologica durante
il ricovero in strutture sanitarie e socio-assistenziali e alla
quale i sanitari devono rivolgersi per ogni decisione in caso di
incapacità del designante.
L'art. 9 (diritto alla casa) riconosce il diritto all'abitazione
dei singoli e delle famiglie e si richiama alle disposizioni
contenute nella l.r. 24/01.
L'art. 10 (accesso al credito) promuove l'ampliamento delle
opportunità di accesso al credito anche attraverso specifiche azioni
della Regione nei confronti del sistema creditizio ed accordi con
gli enti eroganti.
L'art. 11 (accesso alla cultura) valorizza e favorisce le
iniziative culturali che perseguono lo sviluppo della persona umana
e opera per incoraggiare l'offerta di eventi attenti alle diversità.
L'art. 12 (accesso alle informazioni) riconosce a tutti pari
diritto nell'accesso alle informazioni e promuove azioni per rendere
questo diritto effettivamente fruibile anche dai diversamente abili
e dai cittadini stranieri attraverso strumenti idonei- soprattutto
di tipo informatico- , la semplificazione del linguaggio e la
diffusione di materiale plurilingue.
L'art. 13 (integrazione e coordinamento delle azioni) individua nel
Piano sociale e sanitario la sede per la definizione delle linee di
intervento contro le discriminazioni, in raccordo con gli altri
piani settoriali su disabilità, lavoro, immigrati, istruzione e
formazione e col coinvolgimento degli organi di parità regionali.
Gli Enti locali sono chiamati a definire la programmazione
territoriale tenendo conto delle specificità presenti in tema di
discriminazioni e pari opportunità.
L'art. 14 (monitoraggio e valutazione) prevede un monitoraggio da
parte della Regione nei vari ambiti di competenza, ivi compresa la
verifica dell'impatto del corpus normativo regionale rispetto ad
eventuali fattori discriminatori ai sensi della presente legge.
L'art. 15 (promozione delle associazioni per le pari opportunità)
riconosce il ruolo e l'importanza dell'associazionismo anche in tema
di lotta alle discriminazioni e ne valorizza l'autonomia e il
pluralismo.
L'art. 16 (cooperazione internazionale e rimozione delle
discriminazioni) riconosce nei progetti di lotta alle
discriminazioni e per la promozione delle pari opportunità uno degli
ambiti di intervento privilegiati dalla Regione nell'ambito della
cooperazione internazionale. La Regione promuove l'azione delle
associazioni che operano in tale ambito.
L'art. 17 (pari opportunità tra donne e uomini), nel sottolineare
il principio di pari dignità fra uomo e donna, promuove interventi
tesi all'eliminazione delle discriminazioni e della
marginalizzazione femminile nell'istruzione e nella formazione, nel
lavoro e nella carriera anche attraverso servizi destinati ad
alleggerire i carichi familiari.
L'art. 18 (nomine pubbliche) dispone il principio di equilibrio di
genere nelle nomine pubbliche di spettanza regionale.
L'art. 19 (la vita autonoma e l'integrazione sociale della persona
diversamente abile) definisce azioni di sostegno ed integrazione
rivolte ai cittadini diversamente abili per favorirne una vita
autonoma, l'accesso e la permanenza nella formazione e nel lavoro,
prevedendo a tal fine anche percorsi conoscitivi rivolti ai soggetti
che si trovano a condividerne l'esperienza e agevolando la
partecipazione ed il confronto con le associazioni comparativamente
più rappresentative.
L'art. 20 (contro ogni discriminazione) si occupa del contrasto ad
ogni discriminazione legata all'orientamento sessuale, in
particolare in ambito lavorativo, dove si prevedono anche percorsi
di formazione e riqualificazione per persone a rischio di
marginalizzazione, il potenziamento qualitativo della rete dei
servizi per il lavoro e la formazione degli operatori.
L'art. 21 (codice di comportamento per il personale e
l'amministrazione pubblica regionale) ribadisce l'adozione da parte
della Regione, in qualità di datore di lavoro, del codice di
comportamento dei dipendenti di cui all'art. 2 della l.r. 43/01 e di
modalità linguistiche consone alle finalità della presente legge. La
Regione, stanti le proprie competenze, si adopera perché tutte le
Amministrazioni pubbliche adottino strumenti analoghi.
L'art. 22 (contrasto al mobbing) impegna la Regione ad utilizzare
gli strumenti previsti nella presente legge anche per contrastare
fenomeni di mobbing.
L'art. 23 (diffusione delle informazioni e ruolo del CoReCom),
riconoscendo il ruolo fondamentale dell'informazione per la
diffusione di una cultura delle pari opportunità ed
antidiscriminatoria, impegna la Regione ad attivare campagne di
informazione e a sensibilizzare i mezzi d'informazione. Al CoReCom
spetta l'attività di monitoraggio e segnalazione dei mezzi di
informazione e quella di proposta agli organi regionali.
L'art. 24 (estensione delle competenze dell'ufficio del Difensore
civico regionale) estende le competenze del difensore civico anche
alle materie della presente legge. Il Difensore civico rileva e
segnala la presenza di norme o pratiche discriminatorie ai sensi
della presente legge ed agisce a tutela delle persone discriminate.
L'art. 25 (eguaglianza e non discriminazione nella legislazione
regionale) sottolinea che tutto l'ordinamento giuridico regionale
deve informarsi ai principi della presente legge.
Il presidente NERVEGNA ringrazia il relatore per l'illustrazione e
ricorda che la Commissione svolgerà sul testo la consultazione degli
enti locali, organizzazioni sindacali e associazioni regionali con
l'udienza conoscitiva di lunedì 12 maggio alle ore 15 presso la sala
polivalente dell'Assemblea legislativa.
La seduta termina alle ore 16,10
Verbale approvato nella seduta del 13 maggio 2008.
La Segretaria Il Presidente
Claudia Cattoli Antonio Nervegna