Testo
Verbale n. 8 della Commissione I
Verbale n. 10 della Commissione III
Seduta del 27 maggio 2008
Il giorno 27 maggio 2008 alle ore 14,30 si sono riunite presso la
sede dell'Assemblea Legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, in
Udienza Conoscitiva le Commissioni Bilancio Affari Generali ed
Istituzionali e Territorio Ambiente Mobilità (seduta congiunta),
convocate con nota prot. n.11626 del 16 maggio 2008.
Partecipano alla seduta i Consiglieri:
Cognome Qualifica Gruppo Voto
e nome
NERVEGNA Presidente Forza Italia - 4 presente
Antonio Popolo della Libertà
MUZZARELLI Presidente Partito Democratico 6 presente
Gian Carlo
BERETTA Vice Partito Democratico 6
Nino Presidente
FRANCESCONI Vice Gruppo della Libertà - 3
Luigi Presidente Popolo della Libertà
MANFREDINI Vice Lega Nord Padania 3 presente
Mauro Presidente Emilia e Romagna
PIVA Vice Partito Democratico 6 presente
Roberto Presidente
AIMI Componente Alleanza Nazionale - 4
Enrico Popolo della Libertà
BARTOLINI Componente Alleanza Nazionale - 4
Luca Popolo della Libertà
BORGHI Componente Partito Democratico 2
Gianluca
BORTOLAZZI Componente Partito dei Comunisti 1 presente
Donatella Italiani
CARONNA Componente Partito Democratico 1
Salvatore
CORRADI Componente Lega Nord Padania 3
Roberto Emilia e Romagna
DELCHIAPPO Componente Partito della 3 presente
Renato Rifondazione Comunista
DRAGOTTO Componente Forza Italia - 1
Giorgio Popolo della Libertà
GUERRA Componente Verdi per la Pace 1
Daniela
LEONI Componente Gruppo della Libertà - 2 presente
Andrea Popolo della Libertà
LUCCHI Componente Partito Democratico 3 presente
Paolo
MASELLA Componente Partito della 3
Leonardo Rifondazione Comunista
MAZZA Componente Sinistra Democratica per 2 presente
Ugo il Socialismo Europeo
MAZZOTTI Componente Partito Democratico 3
Mario
MONACO Componente Per l'Emilia-Romagna 1
Carlo
MONARI Componente Partito Democratico 4 presente
Marco
MONTANARI Componente Partito Democratico 3
Roberto
NANNI Componente Italia dei Valori 1
Paolo con Di Pietro
NOE' Componente UDC - Unione dei 1 presente
Silvia Democratici Cristiani
e Democratici di Centro
RICHETTI Componente Partito Democratico 3 presente
Matteo
RIVI Componente Partito Democratico 3
Gian Luca
SALOMONI Componente Gruppo della Libertà - 2 presente
Ubaldo Popolo della Libertà
SALSI Componente Partito Democratico 3 presente
Laura
VILLANI Componente Forza Italia - 4
Luigi Giuseppe Popolo della Libertà
ZANCA Componente Uniti nell'Ulivo - SDI 1
Paolo
ZOFFOLI Componente Partito Democratico 3 presente
Damiano
Il consigliere Mauro BOSI sostituisce il consigliere Mazzotti, il
consigliere Marco LOMBARDI sostituisce il consigliere Villani, il
consigliere Gianni VARANI sostituisce il consigliere Dragotto ed il
consigliere Alberto VECCHI sostituisce il consigliere Aimi.
E' presente il consigliere Marco BARBIERI (PD). Sono presenti gli
assessori Gilli e Zanichelli e il sottosegretario Bertelli.
Presiedono la seduta: Antonio Nervegna e Gian Carlo Muzzarelli
Assistono le Segretarie: Claudia Cattoli e Samuela Fiorini
UDIENZA CONOSCITIVA
sul progetto di legge di iniziativa della Giunta regionale:
MISURE PER IL RIORDINO TERRITORIALE,
L'AUTORIFORMA DELL'AMMINISTRAZIONE
E LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE FUNZIONI
relatore consigliere Richetti
ogg 3595
Partecipano all'udienza conoscitiva:
Andraghetti Stefano Comune di Conselice
Argentesi Giuseppe Comune di Medicina
Astolfi Maurizio FIT CISL
Balboni Michele AMI - Ferrara
Beggi Cesare Comune di Quattro Castella
Bergamini Emanuela Osservatorio Educazione stradale
Vezzali e Sicurezza
Bernardo Andrea Provincia di Bologna
Bertani Sergio S.M.T.P. SPA Parma
Bocchini Ariana Romagna Acque SPA di Piacenza
Bonino Tommaso S.R.M. Spa di Bologna
Bortone Giuseppe Dir. gen. Regione Emilia-Romagna
Bottino Felice OIKOS Centro Studi di Bologna
Brandolini Filippo Confservizi Emilia-Romagna
Brugnoli Laura Regione Emilia-Romagna
Burgin Emanuele Provincia di Bologna
Calzolari Guido Comune di San Lazzaro
Canedoli Sergio ATO 3 Reggio Emilia
Carpi Stefano ATO 3 Reggio Emilia
Castagnoli Carlo Comunità Montana Modena Est
Castaldi Gerardino Regione Emilia-Romagna
Castelli Massimo Comunità Montana Appennino
Piacentino
Cavassini Glauco Commissione regionale Artigianato
Chiari Giorgio Comune di Castel D'Aiano
Cocchi Enrico Dir. gen. Regione Emilia-Romagna
Colombi Pasquale Comunità Montana Alto e Media Valle del Reno
Corazza Tiberio Comitato Consultivo Utenti ATO 5 Bologna
Corticelli Giuseppe Confservizi Emilia-Romagna
Curcio Vincenzo FIT CISL Emilia-Romagna
Della Chiara Giorgio Comunità Montana Valle del Marecchia
De Rosa Ernesto Corpo Forestale dello Stato
Fabi Franco Agenzia Mobilità Rimini
Favali Marino CISL regionale
Favazzo Maria A. ATO 5 Bologna
Ferrari Marzia Regione Emilia-Romagna
Ferrecchi Paolo Dir. gen. Regione Emilia-Romagna
Ferri Svevo Comune di Sant'Ilario D'Enza
Ferruzzi Marianna CISL Funzione Pubblica regionale
Formentin Fabio Regione Emilia-Romagna
Gallerani Nerino Agenzia Mobilità Modena
Giovanelli Ferruccio HERA
Govi Alessandro Unione Alto Appennino Reggiano
Govoni Cristina Regione Emili-Romagna
Graldi Ivano ATO 6 Ferrara
Grana Mario ATO 4 Modena
Castagnetti
Guermandi Alessandra Regione Emilia - Romagna
Guerrini Giulio Agenzia ATR Forli' - Cesena
Iritale Francesco Regione Emilia-Romagna
Lenzi Sonia CER Consorzio per il Canale
Emiliano Romagnolo
Lombardi Carlo Confindustria Emilia-Romagna
Lontani Giovanni Provincia di Ravenna
Lorenzi Franco Nuovo Circondario Imolese
Luccarini Luigi CGIL Emilia-Romagna
Magni Daniela CNA Emilia-Romagna
Malagoli Angelo ALMA (Agenzia Locali per la
Mobilità Associate)
Manicardi Enrico UPI Emilia-Romagna
Mantini Emanuela Regione Emilia-Romagna
Marchi Andrea Comunità Montana Cinque Valli bolognesi
Martoni Elena Comune di Conselice
Massimo Luigia URBER
Melchiorre Gabriele ACFT Ferrara
Melloni Gianni Provincia di Bologna
Mengozzi Alessandro UNIBO
Monesi Marco Comune di Catel Maggiore
Montali Gianni CNA CAIPET Emilia-Romagna
Montanari Giuseppe Romagna Acque Spa di Forlì
Montanari Massimo WWF Emilia-Romagna
Montemerli Leonilde Comuntà Montana dell'Appennino
Reggiano
Morico Roberta Regione Emilia-Romagna
Montroni Daniele Comune di Imola
Negri Alfredo Coordinamento regionale Comitato
Utenti Trasporto Pubblico Locale
Negrini Claudio Consorzio Bonifica Reno Palata
Ortolan Elisabetta Unioncamere Emilia-Romagna
Ottaviano Manuel Regione Emilia-Romgna
Pareschi Rita Legacoop Emilia-Romagna
Pasi Marco Confesercenti Emilia-Romagna
Pasini Giovanni B. UNCEM Emilia-Romagna
Patuelli Luciano ANCESTER Legacoop
Patullo Anna Comune di Bologna
Poli Giuseppe Federconsumatori Regione
Emilia-Romagna
Polloni Mauro ATO 4 Modena
Randi Laura Agenzia Mobilità Ravenna
Renzi Roberto Agenzia Mobilità Rimini
Rezoagli Paolo Tempi Agenzia SPA di Piacenza
Ricciardelli Maurizio Regione Emilia-Romagna
Rizzo Nervo Luca Regione Emilia-Romagna
Rossi Massimo Parco Storico Monte Sole di Marzabotto
Rossi Stefano Autolinee dell'Emilia SPA
Rossini Alberto Provincia di Rimini
Sabattini Sergio Comune di Porretta Terme
Saliera Simonetta Comune di Pianoro
Salfi Anna CGIL Emilia-Romagna
Sassi Claudio Comune di Grizzana Morandi
Scaglioni Rino ARCAB Legacoop Emilia-Romagna
Servidio Lorenzo Regione Emilia-Romagna
Simoni Giona Comunità Montana Appennino
Cesenate
Sitta Daniele Comune di Modena
Solaroli On. Bruno Capo Cabinetto del Presidente
della Giunta Regione Emilia-Romagna
Sorbi Mauro Comune di Crespellano
Tagliati Rita Comune di Ferrara
Tebaldi Alessandro Comunità Montana Frignano
Tedeschi Roberto Comunità Montana Valle del
Samoggia
Terzini Filomena Dir. gen. Regione Emilia-Romagna
Tognacci Anita Comunità Montana del Marecchia
Tommasi Roberto Regione Emilia-Romagna
Toselli Valerio Comune di Sala Bolognese
Tramonti Domenico CISL regionale
Urban Davide Confcommercio Emilia-Romagna
Venturelli Marco Confcooperative Emilia-Romagna
Vezzani Fabrizio ACT Reggio Emilia
Vicini Mauro CIA Emilia-Romagna
Villa Valeria Comune di Conselice e S. Agata
Virgili Francesco A. E. Autolinee dell'Emilia
Zani Marino Consorzio Bonifica Parmigiana Moglia Secchia
Zanoni Francesco Confcooperative Emilia-Romagna
Il presidente NERVEGNA introduce l'udienza conoscitiva svolta in
seduta congiunta dalle Commissioni assembleari I^ Bilancio Affari
Generali ed Istituzionali e III^ Territorio ambiente Mobilità .
Presenta quindi il presidente della III^ Commissione Gian Carlo
Muzzarelli, il relatore consigliere Matteo Richetti, gli assessori
Gilli (Programmazione e sviluppo territoriale, Cooperazione col
sistema delle Autonomie, Organizzazione) e Zanichelli (Ambiente e
sviluppo sostenibile), i consiglieri regionali in aula.
Ricorda che il progetto di legge Misure per il riordino
territoriale, l'autoriforma dell'amministrazione e la
razionalizzazione delle funzioni - oggetto 5359 - approvato con
deliberazione di Giunta n. 638 del 5 maggio 2008, è un progetto di
legge che è già stato illustrato in Commissione, e quindi
sostanzialmente da oggi inizia il proprio iter, con la consultazione
della società regionale tramite questa udienza conoscitiva, dalla
quale auspica di avere il massimo dei contributi e osservazioni per
l'importanza del testo e delle sue conseguenze.
Dopo aver richiamato la scadenza del 30 giugno prevista dalla legge
finanziaria nazionale, cede la parola agli oratori che hanno chiesto
di intervenire.
FILIPPO BRANDOLINI - Confservizi Emilia-Romagna
Consegno fin da subito tre documenti elaborati da Confservizi. Il
primo è un documento che Confservizi ha elaborato alcuni mesi or
sono sulla riorganizzazione della governance in questa regione, ivi
compresi i temi che sono oggetto del progetto di legge in
discussione in data odierna.
Un secondo documento che interviene in maniera tanto puntuale quanto
sintetica sul progetto di legge medesimo, e un terzo e ultimo
documento nel quale sono illustrati emendamenti al progetto di legge
così come è presentato dalla Giunta, in discussione oggi.
Avendo consegnato questi documenti e non potendo ovviamente
illustrarli nel dettaglio per ovvie ragioni di tempo, mi limito ad
alcune considerazioni di carattere generale.
Innanzi tutto, partendo dalla legge regionale n. 25 del 1999, io mi
occuperò sostanzialmente di servizio idrico integrato e servizio di
gestione rifiuti - poi i documenti di Confservizi riguardano anche
il settore del trasporto - dicevo, io parto innanzi tutto esprimendo
un giudizio positivo sulla legge regionale 25 del '99 che, con
questo provvedimento, si va a modificare. Un giudizio positivo che
muove dal fatto che questa legge, congiuntamente e in coordinamento
con altre norme, anche di carattere nazionale, che hanno riguardato
anche il settore energetico, ha indotto, ha favorito, ha assecondato
processi di industrializzazione dei servizi pubblici locali
decisamente robusti, andando a superare le frammentazioni
gestionali, e andando a riflettere anche sui servizi pubblici locali
parametri di efficienza e di economicità in termini finora inediti
anche per la nostra regione.
Confservizi ritiene questo positivo, perché Confservizi si fa
portatrice di un'esigenza di forte industrializzazione del settore
in cui operano le aziende da noi rappresentate. A partire da questo
giudizio positivo, riteniamo però che la situazione sia giunta a
maturità; lo crediamo già da un po' di tempo, l'abbiamo sostenuto
nel documento prodotto alcuni mesi or sono che prima citavo. Per cui
riteniamo opportuno intervenire, riteniamo importante il lavoro che
con questo progetto di legge si intende fare, apprezzando innanzi
tutto che la Regione intende intervenire anche su ambiti - scusate
il gioco sulla parola ambiti - quali quelli degli ambiti
territoriali ottimali sui quali non c'è una cogenza, come su altri
aspetti, data dalla legge finanziaria. Quindi, vogliamo esprimere
innanzi tutto questo apprezzamento per la volontà e il coraggio di
intervenire anche su questo aspetto.
Rispetto al progetto di legge, esprimiamo una condivisione
sull'impianto generale, in quanto lo vediamo abbastanza coerente con
gli obiettivi e le assunzioni da noi sostenute nei documenti sopra
citati, anche se, ovviamente, abbiamo individuato dei limiti, delle
carenze in questo progetto di legge, in particolare ne cito una, che
è quella più importante.
Avremmo preferito che la regolazione dei servizi idrici e dei
servizi di igiene urbana fosse allocata in una autorità terza
indipendente piuttosto che nella configurazione prevista dal
progetto di legge. Tuttavia, riteniamo comunque importante, e in
questo senso vogliamo esprimere e ribadire il nostro apprezzamento,
la volontà che la Regione ha espresso di voler procedere a una
distinzione netta delle funzioni - funzioni di regolazione, funzioni
di organizzazione e funzioni di gestione, quindi i tre livelli - che
spesso, non essendo questa distinzione netta nella situazione
attuale, hanno ingenerato problemi, equivoci e inefficienze.
In questo senso, quindi, il documento presenta le modifiche da noi
proposte, un testo volto a migliorare il progetto di legge il cui
impianto, come dicevo prima, nel suo complesso fondamentale
condividiamo, migliorarlo al fine di evitare sovrapposizioni,
duplicazioni, ambiguità, la riproposizione di ruoli impropri.
Tutto questo, tutte queste problematiche, se permangono, possono
provocare inefficienze, ritardi e problemi nel pieno dispiegamento
delle potenzialità che il nostro settore può esprimere a beneficio
della regione.
Senza fare una illustrazione di dettaglio degli emendamenti, voglio
solo evidenziare tre aspetti fondamentali sui quali siamo
intervenuti, proprio per quella necessità, mi verrebbe da dire
quell'urgenza, di una distinzione netta di ruoli occorre che la
determinazione delle tariffe non sia in qualche modo equivocabile
come responsabilità.
Quindi, in linea di massima condividiamo lo spirito della norma,
vale a dire che alla struttura regionale di regolazione compete la
determinazione non delle tariffe, bensì dei criteri di
determinazione delle tariffe, dei criteri di riferimento per la
determinazione delle tariffe. Vorremmo evitare sovrapposizioni che
in qualche modo leggiamo nel ritornare spesso su questo tema delle
tariffe, anche negli articoli successivi, quando si parla di
funzioni e competenze della Convenzione di carattere locale
piuttosto che del Comitato di indirizzo.
Riteniamo che le tariffe debbano essere definite in termini di
indirizzi di tariffe di riferimento dalla struttura di regolazione
regionale.
Alla Convenzione, definiamola locale, riteniamo che debba rimanere
un ruolo residuale di determinazione dell'articolazione tariffaria
tra le varie categorie che dovranno corrispondere appunto le
tariffe, ma non delle tariffe in quanto tali.
Secondo aspetto.
Riteniamo che vadano ben specificate le funzioni di regolazione.
Quindi, abbiamo presentato un emendamento volto proprio a definire
le funzioni che la struttura regionale di regolazione deve svolgere
per non rimanere nella aleatorietà, e nella vacuità della
definizione di regolazione economica dei servizi. Quindi,
specificare le funzioni di regolazione.
Terzo, e ultima riflessione che vi sottopongo.
Rimandando ai documenti presentati una lettura più analitica e
puntuale della nostra posizione, abbiamo ritenuto di proporre un
emendamento volto a definire bene come funziona, come debba
funzionare la struttura regionale di cui al comma 7 dell'articolo
27, in quanto questo può apparire una problematica secondaria, ma
dal funzionamento di queste strutture, anche dalla loro tempestività
ed efficienza nella loro attività, può dipendere l'efficienza e la
tempestività di intervento e di azione dei soggetti gestori.
Grazie.
RITA PARESCHI - LEGACOOP EMILIA-ROMAGNA
Consegno anch'io un documento alle Commissioni. L'intervento che
farò oggi sarà a nome del tavolo dell'imprenditoria. Il tavolo
dell'imprenditoria rappresenta le organizzazioni che fanno capo al
comparto della distribuzione, dell'artigianato, dell'agricoltura,
della cooperazione, e della piccola e media industria.
Le prime considerazioni riguardano il metodo. Con questo progetto di
legge, la Giunta regionale ha deciso di affrontare in uno stesso
provvedimento, oltre i temi del riordino e della semplificazione
territoriale, anche aspetti rilevanti dell'organizzazione dei
servizi pubblici locali.
L'importanza degli argomenti trattati nell'articolato avrebbe
indubbiamente richiesto a nostro avviso adeguate forme di
consultazione che, purtroppo, sono mancate. Ci troviamo infatti di
fronte a una proposta elaborata in assenza di ogni informazione e
concertazione, e soprattutto senza quella tempistica necessaria per
consentire approfondimenti, analisi e la predisposizione di proposte
puntuali, anche alternative a quelle prospettate nella proposta di
legge regionale.
Abbiamo preso visione del testo in esame solo lunedì 19 maggio, a
fronte di un iter ormai giunto nella sua fase conclusiva. In questi
pochissimi giorni non ci è stato possibile esaminare in modo
approfondito la complessa riorganizzazione proposta, e soprattutto
avviare, anche al nostro interno, quel necessario dibattito e
confronto volto ad analizzare in modo puntuale le ricadute e gli
effetti della profonda rivisitazione di competenze e di funzioni
proposta.
Tali rilievi li rivolgiamo ovviamente non alla Commissione
consiliare competente, che anzi ringraziamo, le commissioni
consiliari che ringraziamo per l'opportunità data in questo contesto
di poter esprimere le nostre ragioni e considerazioni. Dicevo che i
rilievi li rivolgiamo piuttosto agli assessorati competenti, che su
materia di tale rilievo non hanno ritenuto di dover avviare alcuna
forma di consultazione.
Sul merito dell'articolato, noi siamo in linea generale favorevoli
alla proposta di riordino territoriale per ciò che concerne la
riforma delle Comunità montane, e la loro assimilazione alle Unioni
di Comuni in merito all'esercizio associato delle funzioni comunali.
Questo risponde da un lato alla necessità di adeguarsi alle
disposizioni della legge finanziaria del 2008 e, fatto ancora più
importante, alla volontà di allocare le funzioni ad un livello più
adeguato ed efficiente per la dimensione e la complessità dei
bisogni che oggi gli Enti locali si trovano a affrontare.
Occorre, tuttavia, mettere in evidenza che quanto disposto non è una
novità, poiché rientrava pienamente nelle previsioni delle leggi
regionali n. 3 del 1999 e n. 11 del 2001.
Il quesito che nasce spontaneo è allora rivolto alla comprensione di
quegli impedimenti che hanno bloccato la loro piena applicazione.
Forse è mancato uno stimolo forte, una volontà politica precisa,
rivolta al perseguimento degli obiettivi di razionalizzazione e di
efficienza dell'erogazione dei servizi, che oggi trova invece piena
espressione e sostegno nella legge nazionale.
È opportuno, riteniamo, sviluppare questi approfondimenti per
evitare anche per il futuro il ripetersi di situazioni similari e
soprattutto per cogliere al meglio quelle opportunità che derivano
dalle semplificazioni proposte, non solo ai fini del risparmio
economico, pur importante, ma anche di una nuova capacità di
programmazione del territorio meno frazionata e più rispondente alle
esigenze di sviluppo.
Al riguardo, la riflessione finisce con il toccare inevitabilmente
le modifiche apportate alla legge regionale sulla montagna. In tale
contesto risulta chiaro che il riordino e le semplificazioni
introdotte potranno esprimere la loro piena efficacia se
adeguatamente supportate da un nuovo rilancio dei territori montani
- vedi il famoso progetto Appennino - e dalle necessarie risorse
funzionali a tali obiettivi.
Per quanto riguarda più in generale la parte di riordino
territoriale, riteniamo ancora che sarebbe stato opportuno spingere
ulteriormente l'acceleratore sulle Unioni di Comuni, stimolando
processi riorganizzativi soprattutto là dove le realtà comunali sono
di piccole dimensioni.
Salto qualche passaggio ed entro nel merito delle misure di
riorganizzazione in materia di servizi pubblici locali.
Per quanto concerne il Titolo III, pur condividendo gli obiettivi
generali rappresentati dall'art. 23, volti a favorire il
raggiungimento di adeguati standard prestazionali di servizi e ad
apportare ordine e omogeneità a livello di strumentazioni locali, ci
pare che, nella traduzione operativa, venga complicato il quadro
delle competenze, con sovrapposizione di funzioni e con il rischio
di svuotare dei contenuti il ruolo degli Enti locali, che sono i
primi referenti dei cittadini e delle imprese.
Occorre premettere che, per quanto riguarda le risorse idriche e i
rifiuti urbani, la legge regionale 25 del 1999, in particolare,
disciplinava le forme di cooperazione (ATO) tra gli Enti locali
ricadenti in ciascun ambito territoriale ottimale per l'esercizio
delle funzioni amministrative di organizzazione e di vigilanza di
servizi pubblici, stimolando i processi di aggregazione attraverso
l'istituto della salvaguardia e l'assegnazione dei servizi alle
aziende maggiormente strutturate in un'ottica di integrazione
funzionale fra i diversi gestori. Le agenzie così individuate
attraverso la formula della convenzione o del consorzio sono quindi
diventate strumento di programmazione e regolazione di servizi,
nonché controllori delle ex municipalizzate in quanto affidatarie
degli stessi servizi. Anche gli utenti, attraverso la loro
partecipazione al Comitato degli utenti, avrebbero dovuto essere
maggiormente tutelati e garantiti circa la qualità dei servizi resi.
Questo era la legge 25.
Il processo avviato, anche in termini di efficientamento aziendale e
di razionalizzazione, non ha tuttavia comportato a parere delle
organizzazioni del Tavolo regionale dell'imprenditoria un evidente
salto qualitativo nell'erogazione dei servizi, né tantomeno un
contenimento delle tariffe. Peraltro l'equazione: aumento delle
dimensioni medie delle aziende uguale a maggiori economie di scala,
contenimento dei costi ed efficienza dei servizi, si è dimostrato un
automatismo non scontato, anzi, molto spesso imprese e cittadini
hanno dovuto fare i conti con vere e proprie diseconomie determinate
anche dalla non vicinanza del gestore al territorio.
L'assenza di un sistema concorrenziale ha certamente pesato in
questa direzione, così come la mancata privatizzazione delle
multiutilities ha mantenuto in essere, senza superarlo nei fatti,
quella sorta di conflitto di interessi presente fra soggetto
regolatore e soggetto gestore dei servizi.
Questi elementi che rappresentiamo in questa sede, seppure in modo
sommario, dovrebbero far riflettere, soprattutto nel momento in cui
si decide con la proposta di legge in esame di approntare nuove
regole e di introdurre nuove attribuzioni e funzioni, definendo, per
esempio, sistemi snelli ma chiari, nelle competenze e nelle
funzioni, senza sovrapposizioni, oltre all'attivazione di una vera e
propria Authority regionale di controllo e tutela per i cittadini e
le imprese e nuovi e più rappresentativi strumenti di partecipazione
da parte degli utenti.
Accanto alle considerazione di merito rappresentate, occorre ancora
evidenziare che la regolazione proposta sconta possibili elementi di
illegittimità laddove sopprime le agenzie d'ambito previste dallo
stesso decreto legislativo n. 152/2006 - per motivi di tempo non
ripeto l'articolo esatto in cui richiamava appunto l'esigenza delle
agenzie d'ambito in termini obbligatori.
Non pare infatti al riguardo sufficiente, ancorché prevista dal d.
lgs. 267/2000, la previsione del solo utilizzo della convenzione per
l'espletamento delle funzioni comunque di competenza comunale con
personalità giuridica temporanea.
Né ci pare che la rappresentanza dei Comuni o la titolarità delle
loro competenze in materia possa essere surrogata dal Comitato di
indirizzo - l'articolo 28 - laddove sono presenti insieme
all'assessore regionale competente solo quattro componenti dei
Comuni nominati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali.
In questo ambito la trasposizione del Titolo III, con particolare
riferimento al Capo III o ad altro provvedimento legislativo sul
quale iniziare da subito un serio lavoro di rivisitazione con il
pieno coinvolgimento di tutte le parti interessate, sarebbe, a
nostro avviso, la strada maestra per adeguare le norme regionali
alle mutate esigenze, nella ricerca di un percorso condiviso e
partecipato come recitano gli stessi documenti preliminari alla
stesura del PTR (piano territoriale regionale).
Riforma del trasporto locale.
Per quanto concerne più nello specifico le azioni promosse dalla
Regione per la riforma delle Agenzie locali della mobilità,
condividiamo un'impostazione volta a meglio definirne ruolo e
funzioni al fine di rendere più omogeneo il panorama regionale. Al
riguardo, con favore valutiamo l'indirizzo di superare quelle
situazioni con partecipazione nelle società di gestione da parte
delle AMI locali, come pure l'indicazione chiara del trasferimento,
a seguito di nuove gare, della titolarità dei ricavi tariffari e
dell'intera gestione della tariffazione alle società di gestione.
In sostanza, l'ampia gamma di scelte lasciate con la legge regionale
30/1998 ad ogni singolo bacino di ricercarsi gli strumenti più
consoni e le tipologie di bandi più confacenti alle singole realtà
territoriali, ha prodotto su scala regionale situazioni fortemente
disomogenee sia per quanto concerne la presenza delle dotazioni, che
per gli aspetti propriamente legati alla sfera economico-gestionale.
Sotto tale profilo ci pare quindi corretta un'impostazione volta a
riportare su di una scala più omogenea e semplificata ruolo e
funzioni.
Per osservazioni più puntuali e di merito rimandiamo al Comitato
delle Associazioni delle imprese private esercenti il trasporto di
persone su strada (CAIPET) per ulteriori dettagli e precisazioni.
Ritornando al tema delle Agenzie e della riforma del servizio idrico
integrato, in questo ambito occorre sviluppare delle valutazioni. Le
valutazioni sviluppabili in questo ambito sono certamente più
complesse, seppur per molti aspetti similari a quelle rappresentate
per il settore della mobilità.
La normazione delle Agenzie d'ambito è stata peraltro una materia
alquanto controversa dove diversi Comuni, solo pochi anni fa,
avevano impugnato la stessa legge regionale n. 25/1999 davanti al
TAR prima e la Corte Costituzionale poi, ottenendo la piena conferma
dell'operato regionale e il relativo commissariamento di quelle
amministrazioni che non avevano inteso perseguire le indicazioni
prescrittive previste dal dettato legislativo.
La legge 25/99, come la legge 30/98, certamente necessitano di
operazioni di maquillage, anche pesanti. Non comprendiamo tuttavia
l'estrema urgenza, e senza un adeguato preavviso, di approvare in
tempi rapidi una riorganizzazione profonda negli effetti ma parziale
e totalmente non esaustiva rispetto al complesso degli adeguamenti
necessari.
Comprendiamo e condividiamo le ragioni che hanno portato la Giunta
regionale a distinguere meglio i confini dei ruoli tra soggetto
regolatore, programmatore, controllore, e soggetto gestore. Nella
consapevolezza, tuttavia, che la piena risoluzione del possibile
conflitto d'interessi in atto potrà essere perseguita totalmente
solo attraverso un convinto e deciso processo di privatizzazione. Ci
auguriamo, sotto tale profilo, che un rapido avvio del federalismo
fiscale possa, svincolando gli Enti locali dalle sempre più
difficili quadrature di bilancio, agevolare un tale percorso.
In questa direzione ci piacerebbe pensare all'avvio di una nuova
stagione, dove i processi di industrializzazione avviati dalle
aziende pubbliche e il loro alto livello di competitività acquisito
si potessero confrontare all'interno di un mercato finalmente
libero, senza protezioni, concorrenziale, a beneficio degli utenti e
delle tariffe dell'intero sistema regione.
All'interno della legge 25 esiste tuttavia un altro conflitto di
interessi, non meno significativo ma completamente trascurato. Ci
riferiamo al mancato obbligo di separazione tra l'attività di
raccolta e quella di smaltimento dei rifiuti, con il fine, anche in
questo caso, di una maggior chiarezza di ruoli e funzioni fra chi
dovrebbe perseguire obiettivi gestionali di alta differenziazione
dei rifiuti e chi, di contro, ha tutto l'interesse economico a
mantenere alto il quantitativo dei rifiuti smaltiti.
Ancora, necessario sarebbe nell'ambito delle modifiche della legge
25/1999 inserire l'attività di smaltimento quale parte integrante
dell'intero processo di gestione del ciclo dei rifiuti e della
stessa tariffa.
Ritornando ai contenuti del Capo III, è possibile constatare come la
Regione, attraverso l'istituzione di un Comitato di indirizzo, si
sostituisca alle Agenzie d'ambito nella determinazione del piano
economico e finanziario, con verifiche sulla legittimità di tali
assunzioni di competenze tutte da verificare sul piano giuridico,
nonché nella individuazione della tariffa di riferimento,
proponendola agli Enti locali partecipanti nella forma di
cooperazione.
Non è tuttavia dato sapere nello specifico quali siano le modalità
di raccordo e proposta con i 341 Comuni presenti nel territorio, con
particolare riferimento ai criteri organizzativi per l'adempimento
delle funzioni di competenza.
Peraltro, le funzioni individuate all'art. 29, comma 5 dalla
definizione dell'organizzazione di servizio, l'approvazione
dell'articolazione tariffaria, ecc. richiedono, per essere svolte in
forma cooperativa, l'attivazione di una struttura preposta che, per
forza di cose, dovrà assumere forma giuridica definita e non solo
per gli affidamenti, come invece recita il testo di legge.
Considerazioni conclusive.
A conclusione di quanto evidenziato vorremmo sottolineare che, come
Tavolo regionale dell'imprenditoria, condividiamo gli obiettivi di
fondo posti e rappresentati dalla Regione in diverse parti della
stessa nota introduttiva al progetto di legge, tutti rivolti alla
ricerca di una maggiore omogeneizzazione, razionalizzazione e
semplificazione dei diversi assetti organizzativi.
Riteniamo, tuttavia, che le soluzioni prospettate, con particolare
riferimento al Capo III, necessitano di ulteriori approfondimenti
che peraltro mal si conciliano con la tempistica posta dalla
Finanziaria 2008 e dalla ricerca, in parallelo, di ipotesi anche
alternative in grado di fornire chiarezza e precisa delimitazione di
ruoli, di efficienza nel sistema, contenimento dei costi ed
efficacia nello svolgimento dell'attività di gestione a favore di
tutti i soggetti interessati.
Il Tavolo dell'imprenditoria è disponibile in questa direzione a
dare il proprio contributo e a partecipare attivamente alla
costruzione di un modello di governo regionale. Grazie.
DOMENICO TRAMONTI - CISL REGIONALE
L'intervento è a nome delle tre organizzazioni sindacali Cgil,
Cisl e Uil.
La riorganizzazione del sistema di governo della Regione è un
obiettivo di grande rilevanza, che il Sindacato confederale
condivide e sostiene, anche perché corrisponde a un comune sentire
prima ancora che ad un obbligo derivante da leggi e patti
interistituzionali. Infatti Cgil, Cisl e Uil regionali, nel
documento piattaforma sulla fiscalità locale ed i bilanci comunali
dello scorso anno, chiedevano interventi per abbattere i costi della
politica attraverso una serie di interventi, anche di carattere
istituzionale.
Ci sembra che questo progetto, seppur non troppo lineare nella
formulazione, vada nella direzione richiesta. La necessità di dare
carattere sistemico alla filiera istituzionale troppo frammentata e
carente del necessario coordinamento tra istituzioni è presupposto
per una amministrazione più efficiente ed efficace, in grado di dare
risposte alla crescente complessità sociale.
Si condivide pure l'obiettivo di affrontare la saturazione
istituzionale, determinata dal confuso sovrapporsi sul territorio
dei Comuni, delle Province, delle Comunità Montane, delle
Circoscrizioni comunali, degli ATO, delle Autorità di bacino e della
relativa complessa e articolata pianificazione.
Riteniamo necessario che l'opportuna riforma istituzionale non si
esaurisca in una semplice revisione del sistema, pur necessaria, ma
che si accompagni a precise scelte di governance, con la diffusione
della concertazione sul territorio quale presupposto per dare
effettività alla partecipazione.
Nello spirito di un nuovo federalismo istituzionale solidale e
coeso, condividiamo molto la scelta di stimolare e di incentivare le
Unioni di Comuni, perché, di fronte alle difficoltà economiche o di
bilancio degli Enti locali, le uniche strade per uscirne sono:
primo, la creazione di sistemi intercomunali, soprattutto per una
razionale gestione dei servizi interni e dei servizi alle comunità
amministrate; in secondo luogo, un federalismo che eviti
sovrapposizioni di tassazione per lo stesso titolo, che lasci
maggiori risorse al territorio, che garantisca un corretto
equilibrio nazionale attraverso la solidarietà fra le varie regioni.
In questo senso noi chiediamo alla Giunta regionale di tenere conto
di alcune questioni fondamentali che, cito in modo molto sintetico:
l'efficacia dell'azione amministrativa al servizio delle persone e
delle imprese; il coordinamento interistituzionale, a cominciare
dall'azione della Regione; la semplificazione dell'azione
amministrativa, a cominciare dalla razionalizzazione dei molti piani
che si intrecciano in Emilia-Romagna; l'adeguatezza, attribuendo le
funzioni ai livelli amministrativi maggiormente in grado di
svolgerli con efficacia; la sussidiarietà orizzontale e verticale;
la valorizzazione delle identità degli Enti locali, non disperdendo
il valore simbolico e democratico delle municipalità; prevedere
un'organizzazione della funzione amministrativa basata
sull'erogazione uniforme su tutto il territorio regionale dei
livelli essenziali dei servizi pubblici; valorizzare le
professionalità dei dipendenti della pubblica Amministrazione
provvedendo, intanto, a stabilizzare i lavoratori precari.
In sostanza, vogliamo dire che condividiamo i principi e gli
obiettivi che animano questo progetto di legge ma riteniamo anche,
allo stesso tempo, che sussistano alcune criticità che, ci
auguriamo, trovino soluzione positiva attraverso il confronto di
merito che la Giunta sta attuando.
Proponiamo un sostanziale rafforzamento delle finalità della riforma
in materia di servizi pubblici, con il fine di perseguire
nell'azione di industrializzazione finalizzata alle aggregazioni e
al governo di cicli integrati, in particolare per i rifiuti e per
l'intero sistema dei servizi pubblici locali.
Inoltre, chiediamo di prevedere, in riferimento alla condivisibile
ricaratterizzazione delle Agenzie del Trasporto pubblico, anche
l'obiettivo di favorire un sistema di mobilità sostenibile,
incentivando l'aggregazione e lo sviluppo di aziende integrate della
mobilità urbana su bacini di traffico contigui.
Riteniamo necessaria una forte caratterizzazione del ruolo
dell'organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del
servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani.
Proponiamo di utilizzare l'occasione del progetto di legge regionale
per conferire alla Regione un ruolo rafforzato di controllo e
regolazione dei servizi pubblici locali.
Chiediamo altresì di prevedere la sistematica consultazione delle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative con
riferimento alle scelte fondamentali compiute dalla Regione e che
hanno riflessi diretti su questioni di assetti istituzionali
territoriali nonché su personale coinvolto nel processo di
riorganizzazione.
Sulla questione del personale chiediamo la garanzia e il rispetto
della dignità di questi lavoratori e lavoratrici. Le affermazioni di
principio vanno bene, ma non ci bastano: a noi interessa che,
definita la legge, siano contestualmente chiari i criteri di tutela,
tali appunto da garantire la dignità professionale e umana di queste
persone, che involontariamente sono coinvolte nel processo di
riforma, nonché la stabilizzazione di quanti hanno rapporti di
lavoro precari.
Sulla questione della tariffa, la trattazione delle questioni
inerenti la fiscalità locale, svolta sul territorio, permette una
maggiore opportunità di perseguire l'equità e la redistribuzione
delle risorse. Per questi motivi è necessario che la tariffa finale
sia definita a tale livello, cioè a livello territoriale. La tariffa
comunque non può essere definita dal soggetto gestore.
Rafforzare la regolazione pubblica, anche in riferimento alla
definizione di un sistema tariffario che, per l'ambito e la
finalizzazione, favorisca la tutela ambientale e le fasce sociali
più deboli con intervento magari anche a carico della fiscalità
generale.
E su questa questione delle tariffe - badate, mi sembra, ho sentito
qui, nel primo intervento, una posizione che mi sembra diversa - noi
riteniamo che, effettivamente, sul territorio ci sia la possibilità
di perseguire l'equità e la giustizia sociale, trattando l'ampio
scenario delle questioni che appunto riguardano la fiscalità: le
tariffe, le rette, le addizionali, le opportunità e le possibilità
di mettere in moto meccanismi di agevolazioni e quant'altro.
Quindi, è sul territorio che prevalentemente nel ruolo delle
istituzioni e dei sindaci, visto che sono eletti direttamente dai
cittadini, che devono quindi avere assunzione di responsabilità
primaria nella definizione dei livelli tariffari.
Controlli sul funzionamento dei servizi e la congruità dei
capitolati: questa ci sembra una funzione che oggi veniva svolta
bene dalle Agenzie locali; con questa riforma chiediamo che sia
mantenuta una modalità di controllo reale e significativa, sia sul
funzionamento dei servizi, sia sulla rispondenza e l'efficacia che
questi hanno sul territorio.
Altra questione riguarda gli appalti, e quindi le regole nelle
attività degli appalti che tutelino il lavoro e la sicurezza nelle
attività, - tutto ciò che è previsto all'art. 34 -, noi abbiamo
chiesto una serie di emendamenti che speriamo siano accolti.
La questione dei costi dell'Osservatorio e la struttura
organizzativa regionale a sostegno del Comitato di indirizzo. Non si
capisce perché debba essere a carico degli utenti, non si capisce
perché eventualmente non possa essere a carico della fiscalità
generale!
Sta di fatto che ciò che ci preoccupa, infine, su questo progetto di
legge è che non ci sia un incremento o un aggravamento del
tariffario e quindi scaricare sulla tariffa, e quindi sui cittadini,
eventuali costi nuovi o aggiuntivi cioè, in sostanza, da un lato si
vorrebbe, con questo progetto di legge, ridurre dei costi e
dall'altro, eventualmente, il rischio che qualche costo vada ancora
a incidere in modo aggiuntivo sulla tariffa. Questo indubbiamente
noi non possiamo accettarlo.
Così come ci è stato proposto, nel confronto che stiamo svolgendo
con gli assessorati, la definizione di un protocollo che raccolga
alcune delle questioni che abbiamo posto, tipo quelle delle
relazioni, del confronto, della questione della attuazione del
complesso della normativa della legge, ci è stata proposta la
definizione di un protocollo sul personale; è una soluzione che ci
può stare bene, se il protocollo viene assunto come atto integrativo
aggiuntivo e quindi un allegato vero e proprio alla legge, e se la
questione del personale viene risolta contemporaneamente all'uscita
della legge. Cioè non possiamo fare una legge e poi il personale, i
problemi del personale coinvolto, li risolveremo in fase successiva.
Quindi, criteri, indirizzi, obiettivi e tutele vanno garantiti
prima.
Abbiamo comunque inviato nostre osservazioni scritte che, speriamo,
ci auguriamo siano accolte. Grazie.
ALFREDO NEGRI - Coordinamento regionale Comitato utenti trasporto
pubblico locale
E' da poco, il 14 di marzo, che abbiamo tenuto un convegno
regionale e il 20 di maggio abbiamo inviato alle due Commissioni le
nostre valutazioni sulla proposta. Solo alcune idee: noi abbiamo, in
queste due occasioni, manifestato agli assessorati e alle due
Commissioni la nostra preoccupazione. E dove si va?
Verso un processo non ancora compiuto, che ci si propone una grande
novità. Cioè, sostanzialmente negli ultimi anni si è andati alla
costruzione delle Agenzie senza definirne i contorni, lasciando -
come dire - lasciar fare a chi voleva fare. Ogni campanile poteva
organizzarsi come voleva e, come risposta di non governo centrale,
si arriva a una proposta costruita senza farla vivere dal basso.
Vista l'importanza, lo spessore, la grande difficoltà che può avere
come impatto una novità come questa - ovviamente parlo, per quanto
ci riguarda, del trasporto pubblico locale - è di importanza
capitale capire con chi il piano triennale della mobilità pone
giustamente uno sviluppo industriale del trasporto collettivo.
Lo affrontiamo in questo nodo? Lo deleghiamo a chi, forse non si sa?
Non mettiamo in moto un meccanismo dove le agenzie possano essere lo
strumento operativo, unitario, che parlino la stessa lingua, la
stessa organizzazione, la stessa capacità di razionalizzare le
risorse e poterle immettere sul territorio.
E ancora di più. Noi, come Comitati utenti, che - da questo convegno
l'abbiamo detto a chiare lettere - non intendiamo più farci
rappresentare da nessuno, siamo noi che rappresentiamo gli utenti. E
siamo organizzati sul territorio.
Abbiamo cinque realtà, abbiamo realizzato già un coordinamento
regionale - questo convegno ha molto dibattuto questi temi - per cui
ho la possibilità di non scendere nei dettagli visto la
comunicazione che abbiamo inviato alle due presidenze.
Dunque noi, come comitati, con chi avremo a che fare da oggi in poi?
Con quale capacità concertativa è possibile mettere in piedi
l'esigenza dell'utente sul territorio? Ritorneremo indietro? Avremo
la difficoltà anche con chi discutere, con quale qualità si discute?
Avremo la difficoltà che, in questa struttura che nascerà, ci
saranno, per così dire, difficoltà di comprendonio rispetto alle
tematiche e alla qualità che si è potuto sviluppare, e che ha
bisogno ancora di definirsi per operare al meglio.
Questa è una preoccupazione che non può non essere presente in tutta
la discussione. Il problema del trasporto pubblico, le Agenzie,
certo! si tratta di riordinarle, riorganizzarle in una coerente
politica regionale, cioè recuperare quello che non c'è stato ieri,
del lasciar fare - dicevo prima - per lo sviluppo della mobilità,
cogliendo le eccellenze che si possono trovare all'interno dei
territori.
Perché disconoscere questa realtà? Perché non utilizzarla al meglio,
perché non recuperare questo errore di fondo su una tematica così
grande, così di spessore enorme. Non si è andati in periferia a
cogliere le novità, a cercare quello che c'era, a discutere con la
periferia, per poi arrivare a un progetto centrale e riportarlo
all'assemblea generale. Credo sia necessario che sull'errore di
ieri, oggi bisogna recuperare quella fase negativa. Ci sia, in
sostanza, un reale governo regionale verso la mobilità del trasporto
collettivo.
Gli utenti del trasporto hanno scelto di autorappresentarsi, senza
delega, e pertanto pretendiamo di avere certezza di riferimento, la
certezza di concertare e migliorare il trasporto pubblico locale.
Questo confronto, che si è avviato in questi anni e ha prodotto
risultati positivi, per quanto ci riguarda, non può essere chiuso,
ma deve crescere in senso positivo e dare certezza sul trasporto
pubblico locale. Grazie.
MASSIMO CASTELLI - Comunità montana Appennino piacentino
Essendo di una Comunità montana, mi occuperò della parte che ci
compete direttamente, anche se premetto che le osservazioni di
merito verranno poi illustrate dal presidente dell'Uncem Pasini
perché in quella sede concordate.
Mi permetto, però, una lettura del progetto di legge che io, per
quanto riguarda le zone montane, definisco ad alto tasso demagogico.
In che senso? Nasce dalla Finanziaria 2007 che a fronte di una,
diciamo, evidente protesta popolare sui costi della politica, i più
alti costi, parlamentari europei che percepiscono l'indennità
maggiore a livello europeo, i vitalizi per i parlamentari e tutti
gli altri privilegi che veramente sono costi della politica, per cui
l'impianto sul contenimento dei costi della politica è assolutamente
doveroso e penso che noi non ci sottrarremo, nel nostro piccolo.
Perché ritengo che questa proposta di legge abbia un alto tasso
demagogico? Lo leggo dalla conferenza stampa, del presidente Errani,
che mette in risalto questo aspetto.
Con questa proposta di legge i costi delle pubbliche Amministrazioni
e, in particolare le Comunità montane, dimagriranno di molto. Ho
portato un dato a conoscenza dei consiglieri, che poi lascerò alla
presidenza. Mi sono fatto certificare le cifre dalla mia ragioneria,
e vi dico i costi del Consiglio della mia Comunità Montana.
L'indennità per i consiglieri nella Comunità montana Appennino
piacentino, è 16,27 Euro lorde. Nel corso del 2007 si sono tenute
sei sedute consiliari per un costo totale di 1.366,68 Euro per
l'attività del Consiglio e 1.770 per i rimborsi alle spese di
partecipazione alle sedute, per un totale di 3.000 Euro.
Poi parlo anche di me, perché è giusto che sia così. Io sono
assessore in Comunità montana, assessore nel mio piccolo Comune,
sono membro del CdA di una Agenzia d'ambito in rappresentanza della
Montana e nel distretto sociosanitario, dove c'è la mia Comunità
montana. Per questi importanti compiti, dal mio punto di vista, (e
che mi versa la Comunità in carica) percepisco 313,75 Euro lorde per
una quota netta di 241,59 al netto delle ritenute, in quanto ho
optato per la sola indennità prevista dalla Comunità montana che è
stata dimezzata dalla citata finanziaria.
Di cosa parliamo? Sono questi i costi della politica? Chiedo questo,
solamente mi interessa questo dato.
Mi risulta che il Consiglio regionale, con delibera n. 13 del 31
marzo 2005, ha giustamente, per rientrare nella riforma del Titolo V
della Costituzione, aggiornato il nuovo Statuto, dove si prevedono,
dalla prossima legislatura, diciassette nuovi consiglieri regionali.
Parliamoci chiaro, parliamoci veramente chiaro. Un conto
approssimativo, tenendo conto delle attuali retribuzioni dei
consiglieri regionali, comporta per i cittadini un incremento di 2
milioni e 500.000 Euro di oneri, per soli diciassette consiglieri
all'anno. Ci vuole coerenza, a tutti i livelli. Tutto è concepibile,
dal piccolo amministratore come me, che non vive di politica, lo fa
per passione, e cerca di difendere le piccole Comunità per quello
che può, e con le capacità che ha.
Ora entro nel merito invece di cosa non mi piace assolutamente di
questa legge.
Il concetto con questa legge è che si dice la parola fine sulle
Comunità montane per come lo Stato le ha disegnate con la legge
istitutiva del '71 e per come sono state sempre riconosciute come
Enti locali intermedi al servizio delle comunità, con funzioni di
governo del territorio. Ridurle a Unioni di Comuni e mantenendone
nove, camuffandone il nome, cioè chiamandole Comunità montane solo
per avere il contributo ordinario dimezzato dallo Stato - perché
questo è negli effetti quello che succede - mi sembra veramente
un'operazione di bassa politica, perché veramente non penso che vada
incontro alle esigenze delle zone montane.
Nel merito: la funzione, prevista anche dalla Costituzione, di
programmare sul territorio, senza i campanilismi dei Comuni, molte
volte ingombranti, o del grande Comune che vuol fare la voce grossa,
la Comunità montana è stata sempre capace di compensare, è sempre
stata interlocutore a tutti i livelli - vi dico, faccio parte del
CdA dell'Agenzia d'ambito in quanto rappresentate delle zone
montane.
In quella veste, con l'aiuto dei sindaci della mia Comunità montana,
sono riuscito a ottenere un 20% di sconto sulla tariffa d'ambito. Se
non avessi avuto questo livello di governo, non sarei riuscito in
questo obiettivo per i miei cittadini, avrei fatto molta più fatica.
Ho ottenuto il sei per mille, come prevede la legge 25, a favore
delle zone montane, sempre sulle tariffe, diciamo sul calcolo per
fare degli investimenti sul mio territorio.
Allora, veramente, chiedo a tutti i consiglieri, prima di tutto di
verificare - lo dico soprattutto agli amici della Lega - di
verificare cosa succede nelle regioni limitrofe alla nostra, del
Nord Italia.
Le Comunità montane sono state potenziate per quanto riguarda i
livelli, non di governo, ma proprio veramente di interazione con la
Regione, per andare a gestire il bene di queste comunità che sono
sicuramente nel nostro territorio molto in difficoltà - parlo in
particolare dell'Appennino piacentino.
Io veramente mi aspetto un'assunzione di responsabilità dei
consiglieri. Si rendano conto, dico anche quelli che non conoscono
il territorio montano, veramente di capire su cosa stiamo
ragionando. I costi: io invito anche tutte le altre Comunità
montane, i Comuni montani, a dare i costi effettivi di quello che
sono. Poi, proprio per un'esigenza di chiarezza, io non ho problemi!
Cosa volete, 250 Euro? Ma anche niente! Non è il problema.
Però non possiamo far passare questa operazione di avere di avere
risolto e dato una risposta ai costi della politica. Non chiamatela
così. Era molto meglio chiamarla riorganizzazione, però, veramente,
non abusate di questa prerogativa che non c'è. Veramente. Perché io
non mi sento di essere criminalizzato per quello che faccio, non mi
sento, rispetto ai miei cittadini, di essere considerato, tra
virgolette, un ladro di indennità , veramente! Qui ci vuole una
chiarezza forte!
Credo che l'Uncem debba essere anche interprete di questo disagio,
che è un disagio forte, per chi, magari anche senza grandi capacità,
ha passione per le proprie comunità, prima che per la politica.
Per cui, veramente, chiedo una forte revisione, il mantenimento del
ruolo di programmazione delle Comunità montane, e l'invito alle
forze di governo attuali, se possibile, di posticipare la data del
30 giugno per poter riflettere meglio.
Perché poi entro nel merito di alcune cose.
La Regione, in base alla legge 25, assegna alle Comunità montane la
competenza diretta in agricoltura. Dove non ci sono più le Comunità
Montane, questa competenza a chi viene trasferita? Parlo in
particolare del piano di sviluppo rurale, si è dibattuto fortemente
di questo, riconoscendo ancora alle Comunità montane una competenza
diretta. Dentro questa competenza vi sono delle grosse
professionalità. Che cosa li mandiamo a fare? A curare i vigili ?
La Comunità Montana ha trent'anni di professionalità, di
professionisti, di gente che lavora sul territorio, per il
territorio, e ha quella competenza.
La scorsa legislatura si parlava di una legge di bonifica, di
riforma della legge di bonifica, che avrebbe dato un ruolo
importante nella difesa del territorio alle Comunità montane. Questa
legge non si è vista, non so perché è scomparsa. Ora se ne riparla
in maniera disgiunta.
Mi sembra un altro errore! Perché la Comunità montana con le
competenze delle ATO e delle bonifiche c'entra fortemente. Noi
abbiamo il grosso problema che - parlo di Piacenza - interagiamo
sugli acquedotti pubblici con la legge 25, abbiamo moltissimi -
soprattutto nel mio territorio - acquedotti di bonifica che non
rispondono alla legge 25, e abbiamo molti acquedotti privati, per
cui una gestione del ciclo delle acque non omogenea.
Allora, vale la pena disgiungere questi ambiti di intervento?
Rifletteteci. Io non penso che sia una grande operazione. Con questo
concludo. Non ho voluto fare demagogia, ma mi sembrava un punto
corretto da tenere in considerazione. Veramente, riflettete bene,
perché qua si sta distruggendo e smobilitando un patrimonio di
competenze e di conoscenze che è da trent'anni che lavora in
montagna.
Lascio in documentazione le cifre che ho citato e comunicazioni in
tema di bonifiche agli assessori regionali competenti che non mi
hanno mai dato risposta. Grazie.
ARIANA BOCCHINI - Romagna Acque SpA
Pochissimi minuti per sollecitare, nel momento in cui il Consiglio
regionale si appresta alla discussione e all'approvazione di questa
legge, due questioni, che in parte sono già state sollecitate anche
dal dott. Brandolini.
La prima è la necessità di una maggiore chiarezza sul ruolo della
Regione in quanto soggetto regolatore. Mi riferisco in particolare
alle questioni che attengono i criteri di composizione delle
tariffe, essendo interessata soprattutto a quella parte che riguarda
il servizio idrico integrato.
Questo è necessario per avere intanto una maggiore omogeneità a
livello del territorio regionale, ma soprattutto per avere un unico
soggetto regolatore che, per la scelta che fa questo testo di legge,
credo debba essere, naturalmente, la Regione.
L'altro tema è strettamente collegato a questo, e - leggo - nella
relazione di accompagnamento alla legge, si dice: il livello locale
avrà un ruolo residuale. Mi riferisco sostanzialmente al superamento
delle Agenzie d'ambito. Anche lì presuppone una maggiore chiarezza,
e probabilmente uno sforzo maggiore di inquadramento in un'idea di
sistema territoriale. Nel senso che comprendo il livello
provinciale, ma come livello minimo, e con la necessità di un forte
supporto della Regione a far sì che quelle dimensioni divengano -
come si dice da noi - almeno di area vasta, perché ciò consente una
migliore interlocuzione con la Regione e anche un miglior governo
del territorio, che mi pare sia un tema anche all'ordine del giorno
di questa legge.
Quindi se c'è una sollecitazione da fare, c'è una necessità di
maggiore chiarezza e, inoltre, poiché comunque è in atto un
confronto fra i soggetti regolatori e i soggetti gestori, c'è una
necessità anche di maggiore chiarezza rispetto alla gestione del
periodo transitorio, cioè dal momento in cui viene approvata la
legge al momento in cui vengono sostanzialmente superate le agenzie
d'ambito.
Vale a dire come si gestisce questa fase di transizione in luogo di
una necessità che hanno i soggetti gestori anche di poter procedere
alla definizione di convenzioni e di altri strumenti che riguardano
la gestione del servizio idrico. Grazie.
SIMONETTA SALIERA - Sindaco del Comune di Pianoro
Tralascio l'aspetto della consultazione perché mi pare che
qualcosa non abbia funzionato. E mi fermo qui. Sul testo presentato
faccio riferimento solo al tema delle Comunità Montane.
PRESIDENTE NERVEGNA : Cos'è che non ha funzionato, scusi?
SALIERA : La consultazione.
ASSESSORE GILLI : Ci siamo visti con tutte le Comunità Montane.
SALIERA : Sì, sì, lo so. Potrebbe non aver funzionato a diversi
livelli. Però la sintesi è che non ha funzionato. Poi, dopo di che
ognuno valuti dove e come.
Quindi il testo presentato dà risposta al taglio previsto dalla
finanziaria ma non alla necessità, ormai improrogabile, di riforme
delle autonomie locali. Tant'è che i testi a livello nazionale,
presentati e all'esame, del Parlamento - quello precedente, e
l'attuale nelle commissioni -, vanno nella direzione di formazione
di tre livelli di autonomie locali : le Unioni, le Province o Città
metropolitane e le Regioni, con la volontà di individuare precise
funzioni nello snellimento delle propaggini periferiche dello Stato
e di individuare in quei tre livelli le funzioni più vicine ai
cittadini. Non ritroviamo questo nel progetto di legge dalla Regione
che ci viene sottoposto.
Noi chiediamo che la legge consenta e incentivi questo processo di
formazione di Unione di Comuni, con il superamento delle Comunità
montane, sulle quali non si è mai realmente investito. Dobbiamo
prendere atto che in questi anni nessuno ha mai creduto nella
Comunità montana se non quando ragionavamo sulla valorizzazione
della montagna, bla, bla, bla, ma le risorse e le reali competenze
non sono mai state date. Quindi è ora di avere coraggio, di passare
oltre. Perché, o ragioniamo sul sistema di questi anni - dagli anni
'70 ad oggi - e diamo una versione che è reale, oppure facciamo
altro.
Quindi l'opzione per noi, che vorremmo che fosse consentita appieno
però, è quella prevista dall'art. 4 alla lettera b), cioè
scioglimento della Comunità Montana con eventuale trasformazione non
in Unione, ma in Unioni , con la formazione quindi di Unioni che
siano realmente in grado di associare funzioni, e che quindi la
legge possa o modifichi, per lasciare quella flessibilità necessaria
perché dal basso si riescano a formare Unioni di Comuni concrete,
reali, per mettere insieme realmente, in forma associata, le
funzioni.
Pertanto pochi vincoli nella formazione delle Unioni, nel numero dei
Comuni, nella perimetrazione, nel numero degli abitanti. Lasciateci
quella flessibilità, perché noi, Comuni, possiamo trovare quelle
necessarie sinergie per far sì che siano Unioni che funzionino.
E noi sappiamo quanto sia difficile, soprattutto in montagna, far sì
che questo processo avvenga, della formazione delle Unioni. Abbiamo
tentato - nel bolognese abbiamo due, anzi quattro, a dire il vero,
Comunità montane - ma nel caso della mia, cioè Le cinque valli ,
abbiamo tentato - siamo in otto Comuni -, ma una formazione vera, di
Unione, non è mai avvenuta in termini di funzioni associate. Abbiamo
la necessità di ritrovare all'interno altre sinergie.
E l'altro aspetto: non torniamo e non vogliamo tornare
all'esperienza di una grande comunità montana del bolognese.
L'abbiamo già sperimentata; fino agli anni '90 eravamo una grande
Comunità che non riusciva a risolvere i problemi del territorio.
Quindi le modifiche che ho proposto sono quelle dell'art. 4: anziché
Unione , unioni ; all'art. 6 qualora la maggioranza e non tutti
i Comuni (nella proposta di legge è previsto qualora tutti i
Comuni ) In questo modo non si riuscirà mai a far sì che la
maggioranza dei Comuni che vogliono attivare un processo virtuoso,
ci riescano. Quindi qualora la maggioranza invece di tutti i
Comuni , e di costituire una o più Unioni - il testo prevede una
unione. È in questo che chiediamo la flessibilità.
L'altro aspetto da considerare sono le Comunità Montane di oggi :
hanno poche funzioni proprie, hanno qualche funzione delegata anche
dai Comuni.
Quindi nel processo di formazioni di Unioni, le funzioni delle
Comunità montane dovrebbero andare alle Unioni dei Comuni, quelle
proprie dei Comuni. Ma quelle che sono di competenza della Comunità
montana, mi pare, come dire, improprio che obbligatoriamente debbano
essere in capo ai Comuni o alle loro Unioni perché, per quelle
deleghe, per quelle competenze, molte volte c'è bisogno di una
territorialità diversa.
Allora, stiamo parlando di che cosa poi, alla fine? Di forestazione,
di difesa del suolo, di agricoltura. Settori importantissimi per la
montagna, e non solo per la montagna. Attualmente vengono svolte,
per gli altri territori, dalla Provincia.
Si preveda la possibilità che possano essere funzioni in capo alla
Provincia e la Provincia debba condividere col territorio della
montagna e le nuove Unioni una condivisione di un processo di
decentramento di funzioni e di sportelli sul territorio.
E allora, a quel punto, abbiamo tolto la Comunità Montana, nella
quale io credevo ma, poi, ci si crede se ci si crede tutti. Abbiamo,
in questo caso, attivato un processo virtuoso fra i Comuni. Se
vogliamo farlo, abbiamo l'occasione, però bisogna modificare questo
testo. Altrimenti è solo del bla bla. Grazie.
CLAUDIO SASSI - Sindaco del Comune di Grizzana Morandi
Come sindaco vi consiglierei di prendere come consulente chi mi ha
preceduto nell'intervento, data la chiarezza e la puntualità.
Aggiungo solo alcuni particolari. Credo non ci sia nessuno dell'Anas
qui. Ma facciamo quest'esempio. Hanno abbandonato le strade. Secondo
voi, di quanto personale è calato l'ufficio dell'Anas? Quanti uffici
si sono vuotati, visto che non hanno più le strade da curare?
Sarebbe interessante. Perché questo è uno dei casi di riduzione
della quantità di lavoro, ma dove non c'è per niente la definizione
di quanto è calato il personale. E per fare un raccordo su una
strada dell'Anas personalmente ci ho messo un anno. Un raccordino.
C'eran tre timbri da prendere, e via di questo passo.
Quindi il problema della riduzione, della ristrutturazione
dell'apparato amministrativo ci obbliga a vederla in maniera
maldestra perché così l'ha impostata il ministro. Ci strangola con i
costi, e ha ragione il consigliere che mi ha preceduto. Mentre
l'ottica con la quale affrontare il tema era, ed è, dell'efficienza,
della qualità, e della produttività dei servizi e delle risorse sul
territorio montano oggi.
È a partir da quest'ottica che dobbiamo vedere, utilizzando questa
legge che strangola anziché razionalmente ristrutturare gli enti di
governo territoriali, dobbiamo affrontare il tema. E io aggiungo,
dobbiamo affrontarlo concludendo questa procedura di discussione
entro l'anno, e decidere dal primo gennaio l'entrata in funzione dei
nuovi organi. Cioè noi dobbiamo andare alle elezioni amministrative
del prossimo anno con la decisione operativa assunta, altrimenti,
ovviamente, saremo scavalcati dall'altro, come è successo su alcuni
esempi che si potrebbero fare sul piano del governo nazionale.
Quindi, decisioni operative entro il primo di gennaio. Perché dico
questo? Perché noi dobbiamo presentare un risultato ottenuto sul
piano di una nuova efficienza dei servizi per la montagna. Quindi do
concretezza a quello che diceva Saliera prima. Cosa intendo per
Unione di Comuni? Intendo fare una grande azienda pubblica della
manutenzione del territorio.
Nel mio Comune ho tre stradini, cinque o sei tra camion, gru; in
certi Comuni c'è addirittura la raffinatrice. Abbiamo più mezzi che
uomini, in sostanza, più capannoni. Ma quando andiamo a esaminare
l'efficacia e l'efficienza e i costi, e la tempestività rispetto
alle necessità del territorio, è qui che, rispetto ai Comuni più
grandi, che hanno fatto dei global service o che hanno ristrutturato
radicalmente la loro struttura di gestione e manutenzione del
territorio, il differenziale si è elevato moltissimo.
Ovviamente questo tocca anche la Provincia, perché la Provincia ha
personale, strutture e mezzi che operano sul territorio. Allora,
quando vediamo, per esempio, la pulizia delle strade dalla neve, il
Comune opera in un modo su certe strade e altre strade vengono
ripulite dopo delle ore, e in modo radicalmente diverso, perché
magari c'è un geometra che la lama la vuol tenere alta un palmo
sennò rovina il catrame. Ora, se noi facciamo una vera e propria
azienda, pubblica come capitale sociale ma privata come normativa di
funzionamento, premiando con stipendi adeguati chi ci lavora, dando
la possibilità di competere anche per nei lavori privati, con una
struttura di questo genere e, soprattutto, mantenendo alla montagna
le tasse che la montagna paga e che adesso vanno a finire alla Reno.
Quindi ci vuole un disegno organico, precisione di obiettivi e di
risorse che debbono restare sul territorio, perché altrimenti, come
dice un libro bellissimo di un ex amministratore, la manutenzione
della montagna quando si faceva. Perché, oggi, la manutenzione del
territorio della montagna (parlo del medio e alto Reno) non si fa.
Non si fa, perché i Comuni non ce la fanno per ovvie ragioni.
Passo ad un altro piano : la pianificazione urbanistica.
Ma vi pare possibile che un Comune come il mio, di quattromila e
rotti abitanti, possa pianificare la costruzione dei nidi e delle
scuole materne? Ora siamo in un picco di crescita, ogni anno apre
una sezione di scuola materna, e poi quando han finito cosa
facciamo? Grande conflitto con i cittadini per trasformarli in
centri sociali, per far ginnastica. E così è l'andazzo ogni dieci,
quindici anni, se guardate. Non è concepibile che da Vado a San
Benedetto, per non dire Castiglion dei Pepoli, non ci sia un'unica
programmazione dei servizi per la persona. Così vale, naturalmente,
anche per la valle del Reno.
Allora se noi premiamo chi governa in questo modo il territorio, chi
aderisce a questi servizi - so bene che ho dei colleghi sindaci che
sono assolutamente contrari. Loro, se non hanno i loro stradini con
i quali vanno insieme a loro col badile in spalla ad aggiustare le
sponde dei rigagnoli quando son rotte, loro non ne vogliono sapere,
gli piace di fare i sindaci così. E hanno, come è giusto che
abbiano, un grande consenso popolare perché sono efficientissimi, è
gente che se brucia un camino, sono sui tetti ad aggiustarlo. Ma
questo è il modello che abbiamo ormai alle spalle, fondato su una
idea di rapporto cittadino-Stato che ormai non esiste più.
Ora, noi dobbiamo andare nella direzione che ho detto prima. Se non
puniamo chi va in questa direzione e se non premiamo con forti
incentivi chi invece sceglie di gestire il territorio con
responsabilità, con imprese efficaci ed efficienti, con costi
accettabili, e con stipendi che paghino chi effettivamente se lo
merita - perché un Brunetta salta fuori in tutti i Comuni ed è
facile, è quasi banale - allora, se andate a girare nei ministeri -
io spesso ci vado - adesso vedi tutte le porte chiuse, i én là tott
a testa basa sulla tastiera.
Ma il problema vero è chiedersi cosa serve quella funzione e quindi
chiamare in causa anche la Provincia, ma non nel senso ideologico;
chiamare in causa i servizi effettivamente necessari e quelli che
sono dei doppioni, delle sovrapposizioni e che sono fatti solo per
garantire uno spazio e una funzione.
Se andiamo in questa direzione - però il tempo l'abbiamo già
superato, perché gli esempi che stan venendo, e che arriveranno
sempre più numerosi a livello nazionale, non ci danno il tempo che è
previsto dal vostro disegno della strategia con cui abbiamo discusso
con l'assessore su questo punto.
Quindi è indispensabile concludere per presentarci alle elezioni
politiche degli enti locali con già il risultato ottenuto, questo è
assolutamente indispensabile. Grazie.
ENRICO MANICARDI - UPI Emilia-Romagna
Il presidente Dall'Acqua è fuori sede. Peraltro oggi è al
Quirinale, come molti presidenti di Provincia sono al Quirinale dal
Presidente Napolitano. Questa è una sintesi, che consegno subito e
della quale dirò immediatamente.
L'Upi Emilia-Romagna e le Province della Regione esprimono un
giudizio nettamente positivo sulla manovra complessiva del
provvedimento, che costituisce una prima attuazione dell'intesa
Regione-Autonomie locali del dicembre 2007.
Si esprime altresì un forte sostegno all'azione della Regione che,
con questo provvedimento, anticipa e favorisce una parte delle
riforme nazionali nuovamente annunciate in materia di
ammodernamento, efficientamento e minor costo della pubblica
amministrazione.
Tale giudizio è già stato pronunciato anche nella seduta della CRAL
(Conferenza Regione-Autonomie locali) del 15 maggio ultimo scorso.
Ma venendo ora al testo di legge, si auspica, in applicazione del
Titolo I e II di questo provvedimento legislativo, una scelta chiara
e univoca della Provincia, quale ente unico di area vasta, che
precluda ogni tentazione di affidare o consentire alle Unioni di
Comuni lo svolgimento della funzione di ente intermedio
territoriale.
Anche a tal fine, l'UPI e le Province sono da tempo disponibili e
attrezzate per concorrere, con la Regione, alla ricognizione
dell'assetto esistente delle funzioni in capo alle Province e alla
riallocazione di funzioni fra Comuni (anche in forma associata) e le
Province, basata su principi di sussidiarietà, adeguatezza,
differenziazione, efficienza e semplificazione.
Avendo ascoltato Sassi che, tra l'altro, non a caso porta quel
cognome, è giustissimo richiamare ad una chiarezza assoluta. Sono
d'accordo con te.
In relazione a quanto sopra, le stesse Province sono disposte a
svolgere, in forma associata, l'esercizio di funzioni che richiedono
un ambito territoriale ottimale, molto vasto, come previsto anche
dall'art. 3 della legge in esame. E sarà una cosa reale.
Sul riordino delle Comunità Montane si è già dato un giudizio
positivo senza riserve e si valuteranno, anche in sede UPI e di
singola Provincia, i criteri con cui si procederà, anche a seguito
della prevista ricognizione e riallocazione di funzioni,
all'eventuale attribuzione di compiti e funzioni provinciali alle
Nuove Comunità montane, o alle Unioni di Comuni, da svolgersi in
forma decentrata, come previsto dall'art. 12 del progetto di legge
in esame.
Il Titolo III Misure di riorganizzazione in materia di servizi
pubblici locali ci trova pienamente concordi con la Regione nel
processo di revisione, razionalizzazione e superamento delle attuali
Agenzie locali e di ambito ottimale, concernenti i servizi: del
trasporto pubblico locale, l'idrico integrato, e la gestione dei
rifiuti solidi e urbani.
Assetti che sono attualmente regolati dalle leggi regionale 30 del
'96 e 25 del '99, leggi con cui abbiamo positivamente lavorato in
questi anni di sperimentazione e di verifica del loro impianto,
impianto che oggi si propone di aggiornare e superare.
Per quanto concerne le Agenzie della mobilità, positivamente e
opportunamente sostituite da semplici convenzioni fra Province e
Comuni del territorio ai sensi dell'art. 30 del Testo unico degli
enti locali, inizialmente previste nella dimensione minima
provinciale che, tuttavia, prelude alla ricerca di ambiti
territoriali omogenei più vasti, di dimensione interprovinciale, si
chiede, per esigenze di natura patrimoniale e fiscale, la certezza
del possesso della personalità giuridica per le Convenzioni così
come previsto dall'art. 148 del Testo unico ambientale n. 152 del
2006.
Per quanto attiene invece il superamento delle attuali Agenzie
d'ambito ottimale, ATO, organizzato ai sensi della legge regionale
25 del '99, si conviene sull'impianto proposto, a condizione che i
livelli regionali e locali di decisione - come diremo fra poco -
siano fortemente integrati ma distinti.
Il livello regionale, costituito dagli atti di competenza della
Regione, in accordo con le Autonomie locali e dal Comitato di
Indirizzo per la regolazione dei servizi pubblici, congiuntamente
composto dalla Regione e dalle Autonomie locali, con compiti di
visione unitaria, di coesione delle decisioni, di informazione e di
controllo, anche mediante parametri, indirizzi, schemi e
regolamenti.
Quello locale, costituito dalle convenzioni provinciali, come
minimo, competenti ad approvare il piano degli investimenti, la
determinazione delle tariffe e l'affidamento dei servizi.
Quanto al Comitato di Indirizzo, previsto all'art. 28, che è
composto dall'assessore regionale competente per materia e da
quattro componenti nominati dalla CRAL in rappresentanza del sistema
delle Autonomie, si sarebbe preferita una rappresentanza
territoriale come quella garantita dalle Province o dalle
convenzioni locali piuttosto che a una individuazione basata su
criteri di rappresentanza dimensionale e/o funzionale (la Provincia,
il grande Comune, il medio o piccolo Comune, la Nuova Comunità
montana).
Tuttavia, ci rendiamo conto della necessità di snellire, anche in
questa sede dotata di poteri propositivi di supporto alle competenze
regionali, tenendo pure conto di un futuro, speriamo prossimo, che
vedrà diminuire i nove ambiti territoriali, a seguito di auspicabili
processi di aggregazione.
Concludendo, si richiama l'attenzione di codeste Commissioni
assembleari sui punti critici che sono rimasti nel progetto di legge
in esame.
In particolare, non viene condivisa sul territorio la potestà
regionale di fissare tariffe di riferimento e direttive da proporre
alle Convenzioni per l'esercizio delle loro funzioni.
Allo stesso modo non si condivide il potere, sempre in capo alla
Regione, di determinare la tariffa finale, anche se basata su
parametri cogenti di riferimento approvati dal Comitato di
Indirizzo.
Non si accetta infine di limitare il potere delle convenzioni locali
alla semplice articolazione tariffaria per bacini gestionali
omogenei della tariffa di riferimento approvata dalla Regione.
Si evidenzia, inoltre, la necessità di puntualizzare meglio la
gestione del servizio rifiuti che deve comprendere l'intero ciclo,
che va dalla raccolta allo smaltimento finale.
Scusandoci per la lunghezza del testo, che consegno, ma soprattutto
confidando nella sensibilità del legislatore regionale, ci
permettiamo, quale contributo di chiarezza, di suggerire i seguenti
emendamenti coerenti con quanto sopra.
Non vi leggo il testo attuale del progetto di legge in esame, vi
leggo solo le proposte di modifica.
Art. 27, comma 1, lettera b): sostituire con al servizio di
gestione dei rifiuti urbani dalla raccolta allo smaltimento .
Art. 27 comma 2: testo proposto con modifiche : La Regione esercita
le funzioni di regolazione economica e di regolazione dei servizi in
raccordo con le Autonomie locali, provvedendo in particolare alla
redazione congiunta del piano economico e del piano finanziario di
cui all'art. 149, comma 4 e all'art. 203, comma 3 del d. lgs. n. 152
del 2006, nonché alla individuazione, ai sensi del vigente metodo
tariffario regionale, dei parametri di riferimento ai fini della
proposizione ai soggetti partecipanti alla forma di cooperazione di
cui all'art. 29 della regolazione tariffaria. Con direttiva della
Giunta regionale, previa intesa con i soggetti di cui all'art. 29,
sono ulteriormente specificate le attività connesse alle suddette
funzioni .
Art. 28, comma 3, testo modificato : Il Comitato propone alla
Giunta regionale gli indirizzi per l'esercizio delle funzioni di cui
all'art. 27, ivi compresi i parametri cogenti di riferimento per la
determinazione della tariffa da parte della forma di convenzione
prevista dall'art. 29, comma 2, e si avvale delle strutture tecniche
regionali competenti per materia .
Art. 29, comma 2, si propone di cassare nell'ultima riga le parole:
ai soli fini dell'affidamento dei servizi , ed era riferita alla
personalità giuridica di diritto pubblico.
Art. 29, comma 5, lettera d), il testo lo conoscete, quello proposto
è il seguente: determinare la tariffa sulla base dei parametri di
riferimento definiti ai sensi del comma 2 dell'art. 27 e approvarne
l'articolazione tariffaria per bacini gestionali omogenei , e questo
era riferito ai compiti delle convenzioni locali. Grazie.
TIBERIO CORAZZA - Comitato consultivo utenti ATO 5 Bologna
Volevamo portare anche il contributo del cittadino utente, e
quindi in una larga strategia che, seppure necessaria, tocca diversi
aspetti in questo riordino pareva opportuno potere dire alcune
considerazioni che vi leggo e che non commento.
Ad una prima lettura, ma anche successivamente, la proposta di legge
appariva evidentemente, priva di una, cioè piena di carenze di
consultazioni, quindi di un coinvolgimento dei Comitati consultivi
delle istanze dei cittadini.
La proposta pare ancora, a tutt'oggi, a tratti unilaterale.
Gli utenti, le associazioni e la territorialità in genere sono gli
stakeholders più importanti, e pertanto consideriamo il cittadino
utente al centro della qualità dei servizi.
Con questa proposta di legge lo stesso cittadino viene marginalmente
coinvolto, e il prevalere di espressioni decisioniste su questi
delicati servizi, qualitativamente importanti per valori economici e
tariffari, e anche per una questione di responsabilità seria sociale
che, a volte, nei sistemi tariffari diventa un po' la controversia
della povertà.
Quanti sono i contenziosi evidenti e in sede tra ente gestore ed
ente cittadino? Occorre che la gestioni di questi cicli, acque e
rifiuti, sia controllata e gestita con grande consenso e buona
volontà e non solo attraverso il mercato contrattuale.
Si rileva inoltre, in tale proposta, una distanza tra il cittadino e
l'organo di governo.
Badate, tutti sappiamo che bisogna ascoltarlo il cittadino, e credo
che oggi il cittadino, quando si determinano nuovi indirizzi, nuove
tariffe, ma soprattutto nuovi sistemi tariffari, evidentemente
all'utente deve arrivare un messaggio positivo. Partendo dalla nuova
organizzazione regionale, all'interno della ridefinizione
territoriale e le sue competenze, si ritiene che il territorio debba
avere compiti, il territorio - sottolineo -, debba avere compiti di
rappresentanza e non di mera apparizione o di semplice supporto, e
di interpretazione della sofferenza sociale in atto, fatta di liti e
vertenze.
Per entrare nell'ambito di un'analisi che potrebbe essere
migliorata, ci sembrava utile fare alcune osservazioni.
Premesso che a noi interessa anche la qualificazione della spesa,
oltre al riordino, nell'ambito di questo argomento - e parlo di ATO
e di tutto il complesso della riforma, al Titolo III, art. 22, comma
1 si è d'accordo con il ripristino del grande tema dello smaltimento
e trasporto dei rifiuti, cosa che, nella prima stesura, noi non
avevamo visto.
All'art. 22, comma 2, c'è una esemplificazione di responsabilità e
garanzie qualitative del livello del servizio che è apprezzabile, ma
è ancora molto generico, non conoscendone i livelli attuativi.
All'art. 27, le proposte delle funzioni che la Regione intende
svolgere, intanto va rafforzato con un riferimento agli aspetti
della sicurezza, che è citata, ma che, anche questa, ha bisogno di
essere ampliata e maggiormente esemplificata. E quindi, anche la
stessa presenza dei quattro membri della CRAL ci sembrano, nel
Comitato di indirizzo, non sufficienti per quanto riguarda anche un
ascolto delle rappresentatività associative.
All'art. 28, l'istituzione poi del Comitato di indirizzo appare, se
non integrato a dovere con le sole funzioni di proposte senza
compenso, non dotato di quella significatività ed appropriatezza che
lo dovrebbe contraddistinguere, che, avvalendosi pur di strutture
tecniche e competenti, però rappresenta di per sé alcuni limiti.
All'art. 29, sulle politiche territoriali e di convenzione molti
hanno già detto, però anche noi vorremmo citare che alcuni
chiarimenti e precisazioni andrebbero fatti. Andrebbe fatti rispetto
alle forme di partecipazione locale degli utenti, ma non ci sembra
che, magari in un'eventuale ipotesi di uno per provincia, questo sia
sufficiente, per esempio per Bologna, alla rappresentanza di
sessanta Comuni, anche che l'accordo con le posizioni espresse dal
documento Cgil, Cisl e Uil avverso le ragioni di sostenibilità
economica e sociale, ambientale e dei servizi, che favorisce gli
sviluppi di un solido sistema operante nel settore della dimensione
organizzativa dal documento citato.
Quindi, sarebbe auspicabile - passo ad altre proposte - un
riferimento all'organizzazione associativa regionale, che è quella
del Comitato di indirizzo, di una rappresentanza che coinvolga il
territorio, se non provinciale a dimensioni o di area vasta o di
altro, al fine di favorire una reciprocità di informazioni e di
scelte che, su una base conoscitiva più ampia e più efficace, possa
dare un disegno comune in armonia con quanto la Regione si prefigge
di raggiungere.
Se si osserva che, sul piano tariffario, sia gli indirizzi, che la
concreta definizione della medesima sono in capo alla Regione,
assieme ad altre quasi totali sono le funzioni economiche e
finanziarie, sale la preoccupazione in molti rispetto al tema del
conflitto d'interessi sui territori e su chi li governa.
L'istituzione territorio area vasta o provincia potrebbe ancora fare
un riferimento pro tempore attraverso una gestione che non siano,
ovviamente, gli ATO, ma che a qualche cosa possa assomigliare.
Insistiamo perché il cittadino utente sia veramente al centro del
rispetto istituzionale, assieme alle organizzazioni sindacali e alle
categorie associative.
Nel progetto di legge viene individuato il Comitato di indirizzo
regionale, composto di cinque membri, quattro nominati dalle CRAL,
ma ancora questo, ripetiamo, ci pare migliorabile. E se all'interno,
inoltre, della discussione della stessa legge regionale non verrà
citato in modo articolato e scelto come si va all'ascolto delle
citate istanze del cittadino utente, il timore sarà di una
operazione di facciata notarile e forse di una politica
organizzativa che creerà vittime tariffarie fra i cittadini.
Grazie.
GIANNI MONTALI - CNA - CAIPET (Coordinamento imprese private
esercenti il trasporto persone in Emilia-Romagna)
Sarò breve, anche perché alcuni principi sono stati anticipati dai
colleghi che mi hanno preceduto nel Tavolo dell'Imprenditoria.
L'intervento che farò è a nome del Caipet (Coordinamento delle
Associazioni delle Imprese private che sono impegnate nel trasporto
pubblico locale, e che è formato dall'Anav, dalla Associazione
Nazionale delle Cooperative e dei Servizi, di Lega Coop,
Confcooperative, Confartigianato Trasporti e da Cna
dell'Emilia-Romagna).
E proprio in merito al progetto di legge di iniziativa della Giunta
regionale Misure per il riordino territoriale, l'autoriforma
dell'amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni , le
nostre considerazioni non possono che partire da quanto espresso
pubblicamente in tempi, come dire, per certi aspetti anche non
sospetti. Andiamo all'ottobre del 2006, in occasione di
un'iniziativa sulla situazione e le prospettive del trasporto
pubblico locale. Ed è su questo tema che io mi concentrerò.
In quell'occasione, testualmente, si diceva che le Agenzie della
mobilità dovrebbero essere tutte leggere, mantenendo soltanto la
titolarità delle reti e delle infrastrutture. La proprietà e la
gestione dei mezzi anche rotabili e i ricavi della bigliettazione
dovrebbero essere trasferiti in capo all'Azienda che eroga il
servizio di trasporto.
Come veniva anche richiamato anche prima, tuttavia, la libertà
lasciata dalla legge regionale 30 agli Enti locali nei modi e nelle
forme di costituzione delle Agenzie ha avuto come conseguenza la
nascita di Agenzie pesanti, sia nella struttura sia nei patrimoni, e
con le conseguenze che, anche in termini di tenuta di bilancio,
abbiamo visto in questi ultimi anni, e con pesanti sconfinamenti,
assolutamente impropri, in funzioni di vera e propria attività
d'impresa.
Alle Agenzie locali deve essere confermato il pieno riconoscimento
delle funzioni di attori esercitanti in forma collettiva le funzioni
proprie degli Enti locali che, in materia di trasporti e di servizi
connessi alla mobilità, intendono loro assegnare, ad esclusione di
qualsiasi attività d'impresa.
Queste erano alcune delle considerazioni che noi riportavamo in quel
in quel seminario. È chiaro che il Caipet non può quindi che
esprimere soddisfazione per alcuni punti fermi riaffermati e, ancor
meglio, precisati sui futuri assetti e compiti delle Agenzie, punti
che vanno esattamente nella direzione da noi auspicata e più volte
sollecitata.
In particolare, il passaggio a un modello organizzativo più leggero;
distinzione tra i soggetti delle funzioni regolatorie e i soggetti
gestori; riconduzione a un criterio di omogeneità sul territorio
regionale; alle Agenzie compiti di progettazione, organizzazione,
promozione di servizi pubblici, gestione delle procedure concorsuali
per l'affidamento dei servizi, controllo nell'attuazione dei
contratti di servizio, con la esclusione della gestione dei servizi.
E sottolineo ancora, evitare che le stesse Agenzie si evolvano verso
funzioni di tipo aziendale, gestionale, del trasporto pubblico
locale. Questo è assunto quale obiettivo da conseguire con maggior
determinazione per rendere, quindi, più omogenea la situazione dei
vari bacini.
È chiaro quindi, se questi sono i contenuti e gli scopi, che il
Caipet saluta con favore gli impegni espressi nel presente progetto
di legge in materia di trasporto pubblico locale e sin d'ora si
impegna affinché, durante il percorso di approvazione, questi
principi, che per noi sono assolutamente importanti e inderogabili,
non vengano disattesi, al fine anche di riaffermare la validità di
quelle esperienze che, sul territorio regionale, hanno dimostrato la
positività di una scelta in questa direzione.
Tutto questo per consentire anche alle imprese private che operano
nel trasporto pubblico locale, di giocare quel ruolo ormai imposto
non solo dall'esperienza, dalla professionalità e anche dalla
imprenditorialità dimostrate in questi ultimi circa quindici anni di
vita, ma anche perché una scelta in questa direzione aiuta a pesare
meno sui bilanci degli Enti locali, e quindi è anche nell'interesse
dell'intera collettività. Grazie.
DANIELE SITTA - Comune di Modena
Abbiamo già fatto pervenire una nota a nome del sindaco del Comune
di Modena, per cui mi limito ad alcuni aspetti dei contenuti,
appunto, di quella nota.
Noi diamo un giudizio complessivamente positivo sul disegno di
legge. Ma questo giudizio complessivamente positivo non ci esime da
mettere in evidenza, soprattutto per ciò che concerne il tema
dell'assetto delle Agenzie della mobilità, alcuni punti critici
dell'articolato che, a nostro avviso, potrebbero produrre effetti
negativi sul governo del trasporto pubblico locale.
Non mettiamo in discussione la necessità di procedere a un riordino
degli enti, delle funzioni, delle istituzioni locali. Siamo convinti
di dover operare sui temi dell'efficacia e dell'economicità delle
strutture che abbiamo messo in campo.
Siamo d'accordo su un impegno in tema di riduzione dei costi della
politica, - sono esigenze che sicuramente vanno affrontate -, però
cercando di evitare atteggiamenti demagogici e andando alla sostanza
dei problemi.
In questo contesto noi condividiamo l'esigenza, prospettata dalla
proposta regionale, di adeguare il sistema delle Agenzie della
mobilità in modo da porre rimedio ad una eccessiva differenziazione
tra le funzioni delle stesse Agenzie che si sono evidenziate.
Non solo, ma in alcuni casi certamente vi sono state anche funzioni
debordanti rispetto agli stessi obiettivi indicati dalla legge 30,
quindi certamente non mettiamo in discussione l'esigenza di
intervenire su questo piano.
Noi peraltro crediamo di essere portatori di un'esperienza come
quella dell'Agenzia di Modena, che ha cercato di attenersi in
maniera scrupolosa alle indicazioni della legge 30. E quindi
progetta da tempo i servizi di trasporto pubblico, sia quelli urbani
che extra-urbani, ha gestito la procedura concorsuale per
l'affidamento dei servizi, ha selezionato il gestore, attua il
controllo sulla efficacia del gestore stesso e va anche a comminare
le sanzioni quando è il caso, verifica la qualità erogata, curando
anche il rapporto con il Comitato degli utenti. Non produce servizi
economici, ma gestisce funzioni tipiche di un soggetto regolatore,
non gestisce i ricavi da traffico - di competenza del gestore -,
determina le tariffe e le applica e, tra l'altro, da ben tredici
anni applica sola in regione il sistema Stimer , ha proprietà di
soli beni essenziali per il trasporto pubblico, quelli rientranti
nella nozione di rete, come previsto dalla legge nazionale, che,
ovviamente, vengono messi a disposizione dal gestore, mentre tutto
il parco degli autobus e le relative tecnologie e gestione della
flotta sono di proprietà di quest'ultimo, non controlla né ha
partecipazioni nella società di produzione dei servizi.
Quindi, dopo aver letteralmente e scrupolosamente e rigorosamente
osservato la legge regionale 30, oggi scopriamo di dover smontare o
snaturare le Agenzie che abbiamo creato, se non a ridurle ad un mero
ufficio della Provincia, e, a questo punto, dico, se dev'essere
così, si affidi tutto alle Province, così l'UPI è contenta e abbiamo
risolto il problema, ricordando però che quando era così non
funzionava niente.
Nel merito, quindi, condividiamo pienamente quanto riportato
dall'articolato della legge, però, ecco, riteniamo che il punto, che
è quello del comma primo dell'art. 24 relativamente alla forma
organizzativa ipotizzata, prefigura, di fatto, un'Agenzia molto
debole, un'Agenzia burocratica, alla mercè del gestore, senza
peraltro ridurre i costi della politica.
Facendo riferimento alla nostra situazione, dove l'Agenzia è
costituita in forma di SpA, proporsi di istituirla con una
convenzione, tra l'altro di difficile realizzazione - e credo anche
di inconsistenza giuridica, non so che cosa vi hanno consigliato i
vostri tecnici, ma credo proprio che sia così - dovendo concertare
gli intenti di ben 48 enti, prefigurerebbe una situazione ben
difficile da governare.
A nostro avviso, avremo sicuramente un danno finanziario sul tema
dell'IVA, è noto, non potendo recuperare interamente al cento per
cento questo aspetto, poi non so se si troveranno le soluzioni per
porre rimedio a questo tema.
Avremo un indebolimento della capacità progettuale, perché le figure
professionali che abbiamo creato, di fronte al fatto che ci
troveremo nella necessità di doverli inserire all'interno di un ente
pubblico con contratti diversi e meno vantaggiosi, certamente
chiederanno di rientrare nelle aziende di origine, e quindi noi
dovremo assumere tecnici nuovi, inesperti, e le Aziende si
troveranno obbligate a riassumere i tecnici che prima erano dentro
le Agenzie, con il risultato certamente di non ridurre i costi, ma
di moltiplicarli.
Avremo una maggior burocratizzazione, perché certamente ci troveremo
costretti ad agire con le procedure tipiche dell'ente pubblico,
quindi riducendo il livello di agilità, snellezza e rapidità nelle
decisioni da attuare.
Avremo la necessità, nel caso dell'Agenzia di Modena, così come in
tutte le Agenzie, dove siamo ovviamente proprietari dei patrimoni
essenziali per il trasporto pubblico, come prevede la legge
nazionale e regionale, dovremo trovare qualche forma societaria per
la gestione del patrimonio pubblico, quindi dovremo creare una
società apposita per la gestione del patrimonio pubblico, essendo
assolutamente impossibile ricollocare in 48 enti il patrimonio
costituito e, tra l'altro, essendo assolutamente impossibile poi
prevedere anche gli investimenti che, ovviamente, non hanno una
proporzionalità esattamente uguale rispetto alle percentuali dei 48
Comuni, o enti, nell'andare a individuare i nuovi investimenti.
Avremo, a nostro avviso, una evidente situazione di conflitto
d'interessi qualora l'Agenzia, avente forma di un ufficio o di un
ente locale, proceda allo svolgimento di una selezione pubblica per
l'affidamento dei servizi di trasporto pubblico. La gara sarebbe
gestita di fatto da un ente locale che ha anche partecipazioni
dirette nelle società che partecipano alle gare. E prevedere, come
ho sentito ventilare, che la convenzione tra i Comuni abbia valenza
giuridica solo in occasione dell'espletamento delle gare è una
fattispecie societaria che, funzionando solamente nei giorni di
festa, non credo proprio esista in natura.
Insomma, in conclusione, non ci pare opportuno che la proposta di
legge regionale che, torno a dire, condividiamo assolutamente nello
spirito e nel merito di tutto il suo articolato, eccezion fatta per
questa cosa, che mette in condizioni, veramente, le Agenzie di dover
affrontare il tema della gestione del trasporto pubblico sui propri
territori senza una strutturazione di carattere societario che
consenta loro di poter funzionare nel migliore dei modi.
Tra l'altro, sapete benissimo che, se il tema è quello dei costi
della politica, si è già intervenuti pesantemente su questo fronte.
Abbiamo ridotto i consigli d'amministrazione a soli tre membri, con
l'obbligo, ovviamente, per quanto riguarda le indennità, di
attenersi: ai regolamenti che abbiamo stabilito, quindi in rapporto
con le indennità relative agli amministratori. Quindi credo che, da
questo punto di vista, qualora ci fossero state aberrazioni - ma non
era neanche questo il punto -, comunque, qualora ci fossero state
aberrazioni si era già intervenuti per risolvere questi problemi.
Quindi, veramente, vi invito a ripensare questo punto, perché
potrebbe vanificare tutto un impianto che, torno a dire per non
esser frainteso, giudico assolutamente positivo.
Un ultimo tema, che può essere probabilmente tipico solamente del
nostro territorio e che riguarda il nostro consorzio per le aree
produttive.
Noi abbiamo da trent'anni funzionato in consorzio per le aree
produttive, che associa 13 Comuni tra i più importanti e gestisce in
forma congiunta la politica delle aree produttive sul nostro
territorio. Cosa accade? Accade che la formulazione dell'art. 9, che
dice che i Comuni non possono aderire a più di un ente associativo
salvo l'adesione in consorzi istituiti o resi obbligatori da leggi
nazionali o regionali, il fatto che una parte di questi Comuni siano
già uniti e organizzati tramite Unioni di Comuni, e facciano parte
anche di questo consorzio, teoricamente non potrebbero farne parte,
e quindi anche qui ci troveremo nella condizione o di sciogliere
l'ente o di sciogliere le Unioni comunali, uno delle due.
Quindi da questo punto di vista, anche qui, si tratta di un aspetto
di carattere giuridico-formale, pertanto auspico di riguardare
questi aspetti, che possono tradursi da aspetti giuridici e formali,
in elementi ostativi per un funzionamento corretto dei nostri enti.
Grazie.
GIUSEPPE POLI - Federconsumatori Emilia-Romagna
Cercherò di dare un contributo e, nel frattempo, tuttavia, devo
anche cercare di sintetizzare in poco tempo le diverse problematiche
molto dissimili fra loro e quindi il compito di ridurre e limitare i
termini credo sia improvvido. Per cui, salterò alcuni punti ed
entrerò nel merito di alcune cose che ci interessano
particolarmente.
Se parliamo di riordino del servizio idrico, della gestione rifiuti
e del trasporto pubblico locale, è evidente che, se ne parliamo in
termini di riordino e di razionalizzazione, non può che trovare da
parte nostra apprezzamento e condivisione.
Pensiamo anche noi che sia possibile economizzare, che sia possibile
razionalizzare, e che sia possibile distribuire meglio le risorse a
disposizione. Ovviamente, quando diciamo questo pensiamo
prevalentemente - a parole lo diciamo tutti, però noi non possiamo
prescindere da questo - pensiamo prevalentemente al passaggio
fondamentale delle tariffe del servizio che viene fornito
all'utenza. Pensiamo che questa razionalizzazione sia prima di tutto
un vantaggio sulla qualità dei servizi erogati e sulle tariffe
praticate all'utenza.
Detto questo, che è un assunto assolutamente astratto, proviamo a
entrare nel merito della questione. E mi associo a quella parte
della platea degli intervenuti che hanno lamentato un difetto di
comunicazione nel programmare questo incontro.
Mi associo, in quanto credo che sia ormai, negli ultimi mesi,
capitato troppo spesso che qualcuno valuta non necessario
coinvolgere le associazioni dei consumatori titolate a questo tipo
di confronto. Lo dico perché è una carenza, a mio modo modesto di
vedere, anche dello stesso articolato che ci viene proposto. Non c'è
alcun riferimento a quanto prevede la legge nazionale, la
Finanziaria 2008, che obbliga, e ripeto obbliga, i nostri
corrispondenti - nel momento in cui parliamo di servizi questi
vengono affidati tramite il contratto di servizio agli enti gestori
- obbliga al coinvolgimento delle associazioni dei consumatori.
Su questo dobbiamo essere chiari: le ambiguità, le volontà devono
essere rimosse. Sono dettati di legge molto chiari e, a nostro
parere, già abbiamo ritardato alcuni mesi ad applicarli. Quindi,
ripeto, un richiamo sull'articolato di questa legge mi sembra, per
lo meno, opportuno.
E l'ultimo richiamo che faccio, relativamente alle imprese definite
comunemente multiutility, è che noi non vediamo più
quell'automatismo che si dava per scontato, secondo il quale la
dimensione di questa azienda, di questa società, determini una buona
qualità del servizio o tariffe convenienti per l'utente. Non
concordiamo più automaticamente su questo assunto, su questa
equazione. Questa equazione va dimostrata nei fatti. Non può essere,
come è stato fino a ieri, che veniamo rimandati al bilancio annuale
di queste aziende. Cioè, noi non siamo in condizioni di pagare uno
studio professionale che analizzi i bilanci di queste società.
Pensiamo per un attimo alla mostruosità che andrà ad avere una
multiutility come Hera nel prossimo futuro. Chi sarà in grado di
analizzare quei bilanci? E come noi potremmo tutelare a posteriori
gli interessi degli utenti leggendo quei bilanci?
Qui occorre evidentemente fare un'inversione di priorità, tutto
questo relazionato anche al Comitato degli utenti. Chi è in grado di
dire oggi, così come non riusciamo a dare una dimensione alla
società, una dimensione territoriale di questa società, come
riusciamo a dare una dimensione del Comitato degli utenti? Cosa
dobbiamo pensare, a un Comitato utenti internazionale? Che sia in
grado di intervenire in ogni punto del globo dove questa società
avrà le sue appendici societarie? Mi sembra, evidentemente, un
limite sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista
pratico.
Anche perché l'articolato del progetto di legge non prevede risorse
per chi partecipa ai Comitati degli utenti. Allora, se il Comitato
Utenti vede la nascita per opera della struttura regionale,
dell'Amministrazione regionale, con queste caratteristiche, nasce
già un po' limitato, non è attaccato al tubo dell'ossigeno ma
probabilmente hanno invertito le condotte, è attaccato al tubo del
gas, è destinato a morte prematura.
Quindi, tutto questo per dire: cerchiamo di recuperare i valori, i
contenuti, e le persone, il valore delle persone che lavorano nei
Comitati territoriali, in ambito ATO, attraverso strutture,
mediazioni e coordinamenti e tutto quello che si vuole, ma è
evidente che dobbiamo recuperare queste competenze. E dobbiamo
valorizzarli, sia gli uni che gli altri, intendo sia il Comitato
degli utenti che le associazioni dei consumatori.
Che la politica emani una legge che preveda queste cose va bene, ma
non si può mettere per iscritto che ci sia la volontà politica poi
di farle funzionare. Allora faccio l'esempio pratico del Crufer,
Comitato regionale degli utenti ferroviari, trasporto locale, quindi
completamente all'interno di questo ragionamento, che, in un
documento che consegnerò alla presidenza, lamenta il mancato
funzionamento di questo rapporto di riconoscimento reciproco con la
Regione (e questo non è domani, non è oggi, sono già alcuni anni che
questo Comitato opera per emanazione diretta della stessa Regione).
Quindi, se è permessa l'osservazione, è doppiamente negativo che
questo Comitato non funzioni. Ecco quindi che bisogna riprendere
questo ragionamento e arrivare a una maggiore efficienza di queste
strutture di riferimento. E quello che non vedo nell'articolato, e
mi avvio a concludere queste poche note, è che non viene in alcun
modo sollecitato il rilancio del trasporto pubblico.
Vengono citate, nella premessa all'articolato, tutte le modalità di
trasporto, come se fossero tutte uguali. Sappiamo che non è così. Lo
sappiamo tutti, però se non indichiamo qualche obiettivo è evidente
che rischiamo poi di non far progredire quello che noi riteniamo una
priorità, cioè il trasporto pubblico, e in particolare il trasporto
ferroviario per evidenti ragioni ambientali, che per noi sta
diventando un'emergenza, e quindi questa può essere un'occasione di
rispondere a un'emergenza.
Vediamo anche con disappunto un'ulteriore mancata immediata
attivazione dello Stimer, cioè il sistema tariffario integrato.
Questo ulteriore procrastinarne l'attivazione ci sembra la negazione
di quello che andiamo a dire nella premessa della legge, cioè che
queste cose devono funzionare meglio.
Non attiviamo gli strumenti che ci consentono di farle funzionare
meglio. E con questo credo di chiudere l'intervento consegnando alla
presidenza il documento che vi dicevo. Grazie.
CARLO LOMBARDI - Confindustria Emilia-Romagna
Ringraziamo le Commissioni che hanno organizzato questo momento di
confronto, perché dà a noi come ad altri un'opportunità di poter
discutere di un tema delicato, importante. Un tema che, vista la
ristrettezza dei tempi per l'approvazione finale, da qui al 30
giugno, crediamo debba meritare momenti di confronto e sedi
concertative e formali erga omnes di molto antecedenti all'adozione
del provvedimento legislativo in Giunta, che è del 5 maggio.
Così non è stato, ne prendiamo atto e ci dispiace di non essere
stati coinvolti prima. Questo è un primo momento importante di
confronto e l'invito che, come Confindustria, rivolgiamo a tutti i
consiglieri, e naturalmente anche alla Giunta regionale, è che ora,
dall'iter assembleare, sia possibile avviare un ascolto delle
istanze provenienti dalla società civile e dalle organizzazioni
portatrici di interessi, così da riportare effettivamente al centro
del dibattito pubblico un tema così sensibile per l'organizzazione
della macchina regionale.
È un invito che rivolgiamo ai presidenti delle due Commissioni
interessate e ai consiglieri, e non è di circostanza, non è rituale.
Non è rituale perché ci troviamo davanti a un provvedimento che
rappresenta, a nostro avviso, una prima importante tappa di un
percorso che dovrà condurre, nei mesi a venire, a un ripensamento
complessivo delle logiche che, in questi anni, hanno caratterizzato
le forme di governance del territorio e di organizzazione dei
servizi al cittadino da parte dei vari livelli istituzionali. Da
questo punto di vista, crediamo sia apprezzabile l'iniziativa della
Giunta di intervenire sul riordino territoriale, agendo sui livelli
di governo, semplificando, eliminando le sovrapposizioni,
razionalizzando l'attribuzione delle funzioni amministrative.
L'occasione è propizia, effettivamente, e sarebbe peccato
annacquarla . Vediamo che non mancano distinguo, non mancano spinte
contrarie e ci sono malumori. Tuttavia, crediamo che in questo la
Giunta, anzi, la Regione abbia ben presente che, in questo processo
di riassetto di funzioni, la principale, diremmo, se non unica,
cartina di tornasole in grado di misurare l'efficacia del
provvedimento e degli atti che a questo seguiranno, è rappresentata
dalle ricadute positive, effettive, visibili e durature nel tempo su
cittadini e imprese.
Ricadute che, per noi, come Confindustria, non sono misurabili solo
sul piano della riduzione del numero dei componenti degli organi
delle nuove realtà intercomunali, va bene, ma non è solo questo il
grado di misurazione. Numeri che, tra l'altro, auspichiamo che, una
volta annunciati, non siano oggetto di ripensamenti, ritocchi
all'insù, o di travaso fra un organo rappresentativo all'interno
delle nuove realtà comunali e l'altro.
Le ricadute dovrebbero essere misurabili sul piano dell'adozione
anche di norme che introducano vera concorrenza nel settore dei
servizi pubblici locali, e qui mi riferisco al trasporto pubblico
locale, al servizio idrico e della gestione dei rifiuti, sul piano
dell'interlocuzione realmente paritetica tra chi è titolare delle
funzioni amministrative in materia di servizi pubblici locali di
interesse economico e chi questi servizi li eroga, misurabili in un
rapporto più trasparente tra utenti dei servizi pubblici locali ed
enti gestori, ed anche sul piano dell'ammodernamento
dell'infrastruttura idrica.
E qui lanciamo una proposta: i ventilati tre milioni di risparmi
dalla riorganizzazione delle ATO e delle Comunità montane potrebbero
forse essere utilmente reimpiegati nell'ammodernare il servizio e la
l'infrastruttura idrica, di cui tutti sappiamo gli enormi sprechi e
la vetustà degli impianti oggi.
Un accenno veloce alla parte riordino territoriale , poi mi
soffermerò su quello che è il tema per noi più importante, quello
dei servizi pubblici locali, il Titolo III.
Il progetto di legge fa proprie le richieste pervenute, anche dalle
sedi nazionali, di una razionalizzazione degli assetti, e la strada
intrapresa crediamo sia quella auspicabile, a patto naturalmente che
non dia luogo a una moltiplicazione di enti e di uffici, e che
attraverso il trasferimento di deleghe da parte dei Comuni all'ente
intercomunale, con cessazione quindi delle competenze a livello
comunale, si pervenga a una razionalizzazione sia nelle risorse, sia
nelle procedure di erogazione dei servizi.
E da questo punto di vista crediamo sia condivisibile quanto reso
esplicito nell'art. 3 circa l'incentivazione e l'unificazione dei
livelli dimensionali.
Anche in tema di composizione dei nuovi organi, la previsione
all'art. 5 che il Consiglio delle nuove Comunità montane sia formato
esclusivamente dai sindaci o consiglieri dei Comuni aderenti è
funzionale a una coerenza e snellezza nelle funzioni di governo
territoriale.
Crediamo che il fatto che la Giunta - sempre nello stesso articolo -
di questi organi sia composta solo dai sindaci dei Comuni aderenti e
che a questi non spetti alcuna indennità, a nostro avviso ci sembra
un passo significativo. Analoghi tentativi da parte di altre Regioni
- mi riferisco al progetto di legge della Lombardia - sono molto più
timidi su questo aspetto, per cui, da questo punto di vista, un
apprezzamento alla previsione e un richiamo alla fermezza di queste
di queste previsioni.
Passiamo ora al tema dei servizi pubblici locali, che, come
accennavo prima, è il capitolo che, come Confindustria, a noi più
interessa per gli effetti che determina concretamente sull'attività
d'impresa.
Sappiamo che la riorganizzazione territoriale e dei servizi in forma
di ATO è opera della legge Galli, che ha dato luogo a una prima
forma di aggregazione tra Comuni, finalizzata all'individuazione di
ambiti di intervento più adeguati, al superamento della
frammentazione della gestione e a un contenimento dei costi.
Diremmo che, sul piano dell'organizzazione amministrativa, siano
indubbi i risultati prodotti da questa legge, mentre sul piano del
superamento della frammentazione delle gestioni e
dell'efficientamento dei costi, a nostro avviso il bilancio è meno
positivo. Sappiamo, ad esempio, che a Modena vi è sì un'unica ATO,
ma tre diversi gestori; sempre a Modena vi sono Comuni con lo stesso
gestore ma che applicano tariffe diverse, Formigine e Fiorano.
Quindi, a nostro avviso, i tempi effettivamente erano e sono maturi
per una riprogettazione dell'intera materia, anche alla luce del
mutato quadro normativo nazionale e regionale e dei mutati assetti
che in questi ultimi anni si sono determinati sulla spinta delle
aggregazioni tra multiutilities. Quindi l'iniziativa della Giunta,
riteniamo, va nella giusta direzione.
Il nostro auspicio è che, con questo progetto di legge, la Regione
voglia anche porre le basi, come dicevo prima, per un ripensamento
della governance dei servizi pubblici locali, in chiave di apertura
al mercato e soprattutto di maggiore prossimità alle esigenze del
cittadino e dell'impresa. Perché se la bussola non dovesse essere
quella, avremmo prodotto un interessante esercizio di ingegneria
istituzionale, però privo di ricadute effettive. E credo che, noi,
come cittadini - ognuno di noi in questo caso - utenti, siamo
interessati più che alle ingegnerie istituzionali alle ricadute
effettive e ai benefici che, da questa opera di riorganizzazione,
concretamente verranno.
Sotto questa angolatura, il prospettato: scioglimento dei nuovi ATO
e il contestuale avvio di nuove convenzioni tra Province e Comuni
non aiuta, a nostro avviso, a decodificarne la portata.
Le imprese ci chiedevano : cosa cambia effettivamente? E noi questa
domanda la giriamo alla Giunta, la giriamo a tutti. L'interrogativo,
è se per questa via si riesce a superare la frammentazione di
gestione, la sovrapposizione di funzioni e il contenimento dei
costi. Se questa è la via, va bene. Altrimenti, ci chiediamo se tale
compito non possa essere meglio assolto da quelle macro-aggregazioni
in due, tre ATO che la Giunta, mesi fa, sulla stampa, aveva
annunciato e che ci sembravano un buon inizio.
Sarebbe senz'altro un passo significativo verso la necessaria
semplificazione dei livelli che, a nostro avviso, andrebbe
completato con la definizione di un player regionale.
Per noi potrebbe essere un'authority, terza naturalmente, che abbia
tra le altre cose, precisi poteri in materia di regolazione, di
controllo dell'operato delle società di gestione, che elabori le
componenti di costo della tariffa idrica per la determinazione della
tariffa di riferimento da far applicare poi agli enti gestori e che
definisca gli schemi di contratto di servizio e provveda agli
affidamenti.
Pertanto, la sostituzione prevista all'art. 29 tra ATO e convenzioni
è un aspetto da valutare con attenzione, perché non emerge in modo
chiaro, a nostro avviso, l'impatto che potrà avere nella creazione
di condizioni di maggiore oggettività nella determinazione delle
tariffe e nella gestione dei servizi.
Qualche perplessità abbiamo inoltre rispetto alla previsione
all'art. 28 di un Comitato di indirizzo. In sé, così come è scritto
sulla carta, potrebbe anche andare, ma non vorremmo che,
nell'istituzione di tale organo, possano diluirsi quei concetti
lucidi e condivisibili enunciati nella relazione al progetto di
legge, che parlano di separazione del potere regolatorio dal
soggetto proprietario.
Parlano, tra l'altro, anche di apertura alla concorrenza da parte
dei servizi pubblici (ai privati): non vorremmo che questi concetti,
che pure sono riportati all'art. 22, comma 2, di fatto, poi, non
sono traslati nelle norme di riferimento, cioè gli articoli da 27 a
33.
Vorremmo evitare, appunto, che tale Comitato di indirizzo funga, o
si limiti a fungere, da stanza di compensazione tra interessi locali
spesso contrastanti - e lo vediamo -, peraltro non sempre in linea
con le istanze dei consumatori e delle imprese.
Manca poi, a nostro avviso, un adeguato ed effettivo collegamento
tra il Comitato degli utenti, previsto all'art. 30, e il Comitato di
indirizzo, oppure direttamente con il player regionale, l'authority,
che avrà l'incarico di un ruolo regolatorio sulla materia.
Quindi, crediamo che occorra un maggiore e più effettivo
coinvolgimento delle imprese, soprattutto per ciò che concerne la
determinazione delle tariffe, cosa oggi difficile perché le
componenti di costo su cui ragionare non sono sempre trasparenti. A
titolo di esempio, alcune voci, come quelle relative ai costi di
allacciamento, sono fuori dal regolamento dei servizi, i servizi
delle ATO. E mentre prima venivano calcolati - sempre per rimanere
sul concreto - su base analitica, oggi vengono calcolati su base
forfettaria, con aumenti esponenziali dei costi a carico
dell'impresa che provvede all'intervento di allacciamento. Per fare
un esempio, un'impresa che prima, per questa operazione, su base
analitica aveva un aggravio di 1.500 Euro, oggi su base forfettaria
ha circa 10.000 Euro, dall'oggi al domani.
Quindi il coinvolgimento che auspichiamo dovrebbe, a nostro
giudizio, interessare in modo periodico, e possibilmente non
mediato, soggetto regolatore e utenti.
C'è infine il tema dell'apertura dei servizi pubblici locali al
mercato, che la relazione introduttiva lucidamente affronta, ma di
cui non vi è traccia nel nell'articolato. Anche qui crediamo che i
tempi siano perfettamente maturi per ragionamenti più ampi e più
incisivi di quello che è stato fatto negli anni passati,
ragionamenti che tengano conto di come il quadro dei soggetti
gestori oggi sia mutato e di come gli scenari di area vasta in cui
questi operano necessitino di una più forte governance regionale, di
cui altrimenti non si capisce chi ha la regia vera, e che assicuri
trasparenza, gestioni efficienti e sostenibili, che tuteli gli
utenti, migliori la qualità del servizio e, in definitiva, abbassi
le tariffe.
A fronte di queste spinte aggregative, crediamo occorra introdurre
in questo progetto di legge, principi di apertura alla concorrenza.
Ci possono stare, superando quindi sia la legge regionale 25/1999,
sia le integrazioni, non del tutto felici, apportate a questa legge
nel 2003 dalla legge 1 del 2003, in particolare dall'art. 8 ter.
Sappiamo naturalmente che non sarà un processo facile, tutt'altro,
che non sarà privo di insidie ma l'occasione è propizia e non
andrebbe sprecata. Crediamo che la Regione debba perseguire
l'obiettivo, ripetutamente dichiarato, di voler ammodernare e
semplificare la governance, e che debba perseguirlo con
determinazione, con coerenza e fino in fondo. Sarebbe una cosa
decisamente apprezzata e sulla quale si misurerà l'azione appunto su
questo provvedimento e, più in generale, della Giunta. Grazie.
GIONA SIMONI - Comunità montana Cesenate
Due considerazioni generali per quanto riguarda la parte di
riforma, o meglio di autoriforma come dice il testo, che interessa
gli enti montani. Sia giusto che così possa definirsi il percorso
oltre i tempi per arrivare a regime con la fine di questa
legislatura, quello ipotizzato dal progetto di legge regionale,
verso la razionalizzazione, quindi anche la diminuzione, del numero
delle Comunità montane. Pare comunque arrivare, a fine di questo
percorso, ad una sostanziale omogeneizzazione delle nuove entità,
non distinguendosi per molti aspetti quelle che saranno le Nuove
Comunità montane rispetto a quelle che saranno più semplicemente
chiamate Unioni di Comuni.
Specie sul versante della mission dove, a mio parere, occorre
tracciare una delimitazione più marcata, nel senso di mantenere in
capo alle Nuove Comunità montane i compiti di gestione e di
programmazione attualmente svolti dalle attuali Comunità montane,
oltre a quelli chiaramente ipotizzati dallo stesso progetto di
legge, ma già in larga parte attivi e operanti alla nostra realtà
regionale, cioè quella di attuatori per conto dei Comuni membri
delle cosiddette funzioni associate.
Personalmente concordo più col termine di sposare alla mission
originale delle Comunità montane questa ulteriore mission, già
sperimentata del resto in questi anni, anziché il termine
sostituire che, a mio avviso, è un termine non esatto per quello
che dobbiamo e vogliamo fare.
L'unica differenza, per intenderci, fra Nuova Comunità montana e
Unione di Comuni montani, e meno montani, non può risiedere, a mio
modo di vedere, nel riversamento, in capo a una sola delle due
tipologie di enti che usciranno riformati, di quel che rimane o,
peggio, di quel che rimarrà, soprattutto dal 2009 in poi, del Fondo
nazionale di mantenimento degli enti montani.
Dico in particolare dal 2009 in avanti, perché non tutti lo sanno,
ma già quest'anno diventa assai problematico far quadrare i bilanci
delle attuali Comunità montane, delle 18 attuali Comunità montane,
per l'anno in corso, stante il secco meno 30% deciso a livello
ministeriale. E soltanto per le Comunità montane in Italia e nessun
altro, questo taglio diventerà impraticabile farlo con l'anno
prossimo, cioè coi bilanci preventivi del 2009, stante il
preventivato raddoppio già contenuto in quella bella finanziaria che
ci hanno consegnato. Per cui, per l'anno a venire, stante il
raddoppio di questo taglio, a meno che non ci siano interventi
straordinari compensativi o integrativi, per esempio da parte delle
Regioni, che potrebbero indicare o anche, in parte, contribuire a
sostenere, (anche se pare difficile questa via), comunque, se non si
vuol morire di consunzione, i prossimi due anni, nel mentre
riformiamo gli enti, saranno necessarie risorse per andare avanti,
sennò si muore prima, senza bisogno di né riforma né autoriforma.
La seconda considerazione, che è di carattere più giuridico, ma non
solo, in quanto ha anche delle implicazioni chiare e pratiche, è la
governance del nuovo ente montano per quanto concerne quella perla
contenuta in questo progetto di legge, che gli statuti della nuova
entità, siano esse Nuove Comunità montane o Unioni di Comuni,
dovranno essere messe in capo esclusivamente ai Consigli dei Comuni
membri e non già alla istituzione o riformata o razionalizzata o
semplificata, ma comunque sempre istituzione che, a mio avviso, deve
rimanere. Questo per quanto riguarda lo statuto.
Per quanto concerne il tipo di governo da porre in capo ai nuovi
enti, c'è poi quell'altra perla , almeno a mio modo di vedere, tale
la definivo ieri, nel 2000, e la continuo a definire oggi (non ho
cambiato assolutamente parere), che consiste nell'associazione al
governo di queste nuove entità, soprattutto le Nuove Comunità
montane (anche qui compare il termine esclusivo ), esclusivamente
da parte dei sindaci e non altri soggetti. Non più quindi
consiglieri comunali, ma neppure più gli eventuali delegabili membri
scelti dai sindaci stessi, neanche all'interno delle loro Giunte.
Se ciò potesse avere una qualche plausibilità, a mio avviso, -
escluso il discorso dei delegati - nel caso dell'Unione sic et
simpliciter dei Comuni montani o non montani - come già lo è adesso
perché è abbastanza volontario questo discorso - non lo è e non lo
diventerà certamente nel caso delle Nuove Comunità montane. Uno,
perché è un ente a finalità generali e peculiari, specie quelle di
propulsore dello sviluppo dell'economia del primario e dei settori
del territorio, non può essere governato da figure che, pur
importanti e fondamentali nei propri ambiti territoriali e comunali
come i sindaci, hanno notoriamente molto altro da fare e ben poco
residua loro della loro occupazione quotidiana e fissa entro i
propri confini, ripeto, comunali.
Non lo dico solo io : quattro sindaci della mia realtà hanno scritto
anche a tutti i consiglieri regionali per dire queste cose. Lo
dicono loro che son sindaci e non lo dico io che non lo sono,
evidentemente. Se lo dicono loro, ci si potrà credere.
La seconda considerazione: se si tratta di risparmiare, come abbiamo
già sentito dire negli interventi precedenti, sul discorso delle
indennità, non vi preoccupate. Ci ha già pensato, in buona parte, la
Finanziaria di quest'anno e degli anni prossimi, che noi siamo gli
unici amministratori ad aver decurtato il 50% - non lo faccio per
lamentarmi in questa sede, ma per ripristinare la verità dei fatti -
delle già non grasse indennità, il 50%. Se, poi, vogliamo
risparmiare al cento per cento, se anche ci mettiamo gli assessori,
è la stessa condizione dei sindaci! Perché se c'è un assessore che
prende lo stipendio, l'indennità da parte del Comune, non può
prenderla dalla Comunità montana, anche se delegato dal proprio
sindaco ad essere componente. Quindi la rappresentatività dei Comuni
ci sarebbe lo stesso e ci sarebbe lo stesso il risparmio.
Mi esimo poi dal proseguire, anche per dare spazio ad altri e non
essere ripetitivo. Per quanto riguarda le modifiche, se ritenete
come consiglieri regionali di accogliere queste proposte stanno
tutte nel documento che ha preparato l'Uncem e che credo sia stato
distribuito dopo varie riunioni svolte, l'ultima è quella di ieri.
Però non mi esimo da un'ultima considerazione, anche con un po' di
polemica, al dott. Manicardi, rappresentante dell'Upi. Perché quando
parlava prima, ed era così d'accordo per come vengono trattate le
Comunità montane, però parla in casa d'altri. Sarebbe come la
parabola del lupo e dell'agnello, se andassimo a chiedere al lupo se
siamo d'accordo che gli agnelli vanno mangiati perché son buoni. Voi
cosa dite, che non è d'accordo? Ma, con entusiasmo. Però, cari amici
e colleghi dell'Upi, dell'Anci o di qualsiasi altra Amministrazione:
state attenti, che a scherzare coi lupi a scherzare coi lupi non è
molto produttivo e soprattutto i lupi notoriamente stanno in
montagna e quando svestono il ruolo di agnelli diventano anche
feroci. Grazie.
EMANUELE BURGIN - Provincia di Bologna
Nello svolgere alcune considerazioni, inevitabilmente in modo
sintetico, sulla parte relativa alla riorganizzazione e riforma dei
servizi idrici e dei rifiuti, vorrei che si partisse nelle
considerazioni politiche da un giudizio franco e leale, non di
circostanza, sul lavoro svolto dalle Agenzie d'ambito in questi
anni, e vorrei che si rispondesse con precisione e con la massima
disponibilità da parte di tutti al confronto sul raggiungimento, da
parte delle ATO, degli obiettivi che erano ad essi consegnati.
Penso al superamento della frammentazione delle gestioni, agli
investimenti, all'adeguamento delle tariffe al metodo normalizzato,
alla capacità di produrre trasparenza rispetto agli investimenti e
ai servizi svolti dal gestore.
Credo che l'esperienza di tutte le ATO mostri una curva crescente di
capacità e di efficacia nel corso degli anni, per cui abbiamo
raddoppiato gli investimenti, messo in linea dei database trasparenti
su quello che prima era custodito segretamente dai gestori, abbiamo
messo in campo capacità nei settori della depurazione, che prima
erano negletti, abbiamo adeguato finalmente le tariffe che, prima,
erano consegnate unicamente agli aumenti del Cipe.
Tutto questo in una concertazione sociale tale per cui, in questa
nostra Provincia, alla data di ieri, i sindacati uscivano con un
comunicato stampa dove sottolineavano tutti gli aspetti positivi di
un aumento tariffario che mediamente viaggia intorno al 6%. Allora
credo si possa dire in termini politici che i territori hanno
gestito, in questi anni, la regolazione dei servizi cogliendo e
centrando gli obiettivi ad essi consegnati.
Non credo ci possiamo tirare indietro rispetto al tema della
riduzione dei costi, che da più parte viene sollevata. Credo che gli
strumenti ci siano senza obbligatoriamente rovesciare il sistema,
attraverso la determinazione della quota massima delle ATO, dei
famosi 3 Euro a cittadino, credo che ci siano attraverso forme di
convenzione per cui gli amministratori, senza ricorrere ad evocare
lupi ed agnelli, partecipano in virtù della loro funzione e non come
amministratori di un qualcosa di più.
Allora, in tutto questo richiamo anche alla finanziaria, altro
elemento di quadro, la finanziaria non chiede di abolire le Agenzie
di ambito, ma chiede di rideterminarle. Questo non mi porta ad
evocare l'esigenza di lasciare le cose come sono, ma nemmeno a
guardare alla data del 30 giugno come un punto oltre il quale non si
può andare.
A partire da queste considerazioni, penso che vi siano punti critici
nel progetto di legge presentato che hanno trovato - e do
riconoscimento e apprezzamento per questo -, strada facendo, una
definizione più accurata, un po' più precisa rispetto a quanto
avevamo visto inizialmente, ma che, al tempo stesso, a mio modo di
vedere, devono trovare un compimento.
Mi riferisco alla compatibilità col decreto legislativo 152, art.
201, che dice che le Agenzie d'ambito esistono. Mi riferisco al tema
della finanziaria, del perimetro inequivocabilmente provinciale che
in essa viene identificato. Mi riferisco al tema della tariffa,
rispetto al quale il metodo normalizzato elaborato dalla Regione è
stato da tutti noi sui territori condiviso e, a partire da
quest'anno, applicato.
Credo che si debba lavorare su questi temi, per perseguire un
obiettivo che consegni le responsabilità al livello in cui queste
responsabilità possono essere meglio gestite e sostenute. Se si
vuole fare un inceneritore sul nostro territorio, credo che siano le
comunità locali quelle più capaci di rispondere ai cittadini e di
sostenere una scelta, come dimostra il principio
dell'autosufficienza regionale nell'esempio che sto facendo. Allora
non si possono rimandare sui territori le responsabilità scomode e
non consegnare ai territori le competenze decisionali parallele.
Io chiedo, di concerto e in sintonia con un ragionamento che stiamo
facendo da settimane e continueremo a fare con gli Enti locali della
provincia di Bologna, che sui territori rimangano pianificazione,
regolazione, affidamento della gestione.
Vi prego di notare che questo non è un difendere a spada tratta le
ATO come sono; questo è difendere un principio - e poi troviamo le
armonie più opportune - perché sui territori rimangano queste, le
responsabilità, le titolarità.
Dopo di che, sottoscrivo pienamente gli emendamenti presentati
dall'Upi, credo che l'Unione delle Province rappresenti un livello
di mediazione, non un'opposizione oltranzista, credo che nella
governance che tutti quanti abbiamo in mente, questo senso di
responsabilità possa essere apprezzato e corrisposto.
Aggiungo agli emendamenti dell'Upi due ulteriori proposte di
emendamento, l'uno che fa riferimento a questo Comitato di indirizzo
regionale, per il quale chiedo, alla lettera b), che la
rappresentanza di quattro componenti nominati dalla CRAL sia
sostituita con un delegato per ogni convenzione di cui all'art. 29.
Chiedo inoltre - altro emendamento - all'art. 29, comma 5, lettera
a), laddove si dice che la convenzione territoriale deve definire
l'organizzazione del servizio e scegliere per ciascun servizio le
forme di gestione nel rispetto della normativa di settore sia
inserito l'inciso mediante gara , ovvero definire l'organizzazione
dei servizi e scegliere mediante gara per ciascun servizio le forme
di gestione nel rispetto della normativa di settore .
Credo che vi siano le condizioni, e mi auguro permangano, per
continuare a lavorare su questo testo e portare a livello più giusto
la titolarità delle varie responsabilità su un punto assolutamente
importante. Grazie.
STEFANO CARPI - ATO 3 Reggio Emilia
Parlo in rappresentanza dei presidenti delle Agenzie di ambito
della Regione Emilia-Romagna.
In buona sostanza l'intervento che mi ha preceduto ha fatto il punto
della situazione e non sto a ripetermi. Ho consegnato al tavolo
della presidenza le proposte ultime che le Agenzie di ambito, i
direttori e i presidenti, hanno fatto. Devo dire che l'approccio,
anche nei confronti di questo riordino, è stato pianificato con uno
spirito collaborativo e di conseguenza ci sono già stati degli
elementi e degli interventi che hanno in parte modificato, ma non
risolto, i problemi che noi evidenziamo.
Il documento che noi abbiamo presentato è stato largamente condiviso
anche da buona parte di tutti gli amministratori pubblici e dai
sindaci delle varie province, in virtù di un rapporto che abbiamo
avuto e di un approfondimento sul tema delle Agenzie di ambito, sul
loro ruolo e su questo riordino.
Detto questo, accenno immediatamente a quelli che potenzialmente
possono essere i dubbi, e che sono presenti nel documento presentato
al tavolo della presidenza.
I dubbi partono da quanto definito dal decreto legislativo 152 del
2006 e riguardano, secondo me, dei problemi anche legati alla
legittimità di questo atto che si sta esaminando.
Il primo: la 152, come tutti sanno, prevede la piena personalità
giuridica per gli ATO, e la proposta che viene fatta è di avere ad
intermittenza questa legittimità giuridica. Credo vada bene nel
periodo natalizio, ma, di fatto l'intermittenza della personalità
giuridica non porta da nessuna parte.
L'istituto della convenzione viene assolutamente condiviso,
naturalmente, e, nel condividere l'istituto della convenzione si
accenna anche al fatto che, nel documento, noi concordiamo che vi
sia un organo a livello regionale di verifica e di controllo e che
di questo organo facciano parte non solo quattro elementi, in
rappresentanza di un territorio così ampio, ma ogni, naturalmente,
territorio in convenzione. La personalità giuridica viene
legittimata, perché si prevede con la 152 anche un bilancio e un
consuntivo, e di conseguenza la personalità giuridica è assicurata.
È prevista anche per legge la determinazione tariffaria delle ATO,
perciò un protagonismo degli Enti locali, in buona sostanza. È
prevista la titolarità del piano degli investimenti e la sua
approvazione. Detto questo, effettivamente sono operazioni
assolutamente da recuperare, anche in virtù di un'esperienza fatta e
che ha portato dei risultati estremamente importanti.
E' di questi ultimi periodi che sul servizio idrico integrato, la
pianificazione e la programmazione nei vari ambiti territoriali
raggiungono il 2023, 2024, sia a livello di investimenti che a
livello di sistema tariffario, che in progress recuperano
naturalmente dei costi di gestione che, in un qualche modo, vedono
la copertura totale dei costi del servizio.
Un'altra capacità che mi preme sottolineare delle Agenzie di ambito
è l'interlocuzione con i gestori e il fatto di riuscire a definire
in modo preciso e puntuale quali sono i costi industriali dei vari
servizi, metterli in discussione, garantire un alto grado di
investimenti ed una calmierazione tariffaria sugli investimenti che,
in buona sostanza, non solo omogeneizza in prospettiva il livello
regionale ma che, nello stesso tempo, riesce anche a non confliggere
con organizzazioni sindacali, associazioni di categoria e Comitati
utenti in generale.
L'esperienza della Regione Emilia-Romagna va letta in modo positivo.
Sono convinto anch'io che non si debba stravolgere, ma migliorare,
che si deve basare su un controllo del gestore preciso e puntuale,
ma che non vada dismesso il protagonismo degli Enti locali.
Ricordiamoci che l'accentrare funzioni a livello provinciale o a
livello regionale, in buona sostanza, perde il contatto con quelli
che sono i portatori d'interessi del territorio. E noi ci
allontaniamo sempre di più da quella che è una politica di gestione
di servizi essenziali come questi.
Esprimo poi forti dubbi sulla operatività e funzionalità di altri
soggetti che potenzialmente possono sostituire il ruolo degli Enti
locali e delle Agenzie di ambito in questi contesti. Temo che non si
sia avuta la giusta percezione del lavoro svolto, con un rischio che
gli Enti locali, o si organizzino autonomamente, o che vadano
autonomamente, o che si perda l'idea di un progetto di area vasta,
che si sta pianificando e portando avanti.
Per concludere, ritengo che due siano gli obiettivi principali: uno
è la semplificazione amministrativa e, secondo me, obiettivamente
diventa difficile pensare che altro soggetto ex novo possa creare
una semplificazione amministrativa dall'oggi al domani, quando la
nostra è un'esperienza, ripeto, positiva.
Poi, la riduzione dei costi della politica, secondo obiettivo, non
passa sicuramente attraverso una formula che viene qui prevista, ma
attraverso una cosa già prevista in finanziaria, cioè che non vi
siano emolumenti per la componente politica, naturalmente, sia a
livello assembleare che a livello di presidenza.
Ecco, una cosa importante, per chiudere, è la definizione di un
ruolo prioritario, preciso e importante, molto più importante
rispetto a prima, della Regione Emilia-Romagna. La Regione
Emilia-Romagna deve riappropriarsi di indirizzi di regolazione e di
controllo di quanto le Agenzie di ambito fanno e di quanto le
Agenzie hanno proposto e hanno pianificato in questi tempi.
Credo che la Regione Emilia-Romagna abbia un po' delegato questi
ruoli e questi compiti. Se ci fosse effettivamente un ruolo di
regolazione e di controllo preciso, molto probabilmente
funzionerebbe tutto molto meglio e la trasparenza che prima è stata
evidenziata passa attraverso il rapporto diretto con gli Enti
locali, con i diretti front-office dei cittadini che sono le
Amministrazione pubbliche, che fanno parte dell'Assemblea. Nel
documento vi sono tutte queste indicazioni, chiedo naturalmente di
valutarle con attenzione senza tuttavia incidere in modo negativo
sul processo complessivo di riordino del progetto di legge che la
Regione sta portando avanti. Grazie.
GIOVANNI BATTISTA PASINI - UNCEM Emilia-Romagna
Come Uncem dell'Emilia-Romagna siamo fra gli enti, fra i soggetti
che già nel novembre scorso abbiamo sottoscritto il patto
interistituzionale propedeutico a questo processo di riforma che la
Regione ha avviato. L'ha avviato ancora prima che la finanziaria
prevedesse quelle norme che ben conosciamo e che semmai, a nostro
parere, ha aggravato il giudizio e complicato il percorso e reso,
per certi aspetti, anche meno sereno.
Abbiamo condiviso un processo di riforma, come Comunità montane,
come Comuni montani, e quindi abbiamo firmato quel patto perché
l'esigenza che sentivamo e che sentiamo di avviare, anche per quanto
riguarda la riforma del sistema territoriale, in montagna, e in
specifico delle Comunità montane, riteniamo che fosse fondamentale.
E' evidente come fossimo fondamentali nella direzione di fare
chiarezza rispetto al ruolo delle Comunità montane, che in questi
anni, in questi decenni, da quando sono state costituite credo
abbiano svolto un ruolo sicuramente importante per quanto riguarda
lo sviluppo della montagna, per quanto riguarda un lavoro di
identità, di rappresentanza, una logica sovracomunale dei territori
montani. Sottolineo territori montani , perché, anche nella nostra
regione, i territori montani non hanno dappertutto le stesse
esigenze, da Piacenza a Parma a Modena e a Forlì.
E credo che abbiano rappresentato bene questa esigenza che ha
corrisposto anche ad una crescita complessiva del livello di
benessere del nostro territorio. Le Comunità Montane hanno dato un
contributo, anche se, ovviamente, il merito non è solo loro.
A fronte di questi risultati, tuttavia, vediamo pericoli di un
regresso, rispetto a quello che è stato e quanto è avvenuto.
Intanto, da diversi anni e ormai da troppo tempo (e questa è una
delle ragioni che ci fa sostenere e chiedere e ci ha fatto chiedere
anche nel passato un processo di riforma), da troppo tempo dicevo
vediamo nelle Comunità montane una politica e un'attività di
delegittimazione.
L'ultima è quella che abbiamo visto anche dalle diverse inchieste
televisive, dove le Comunità montane, insieme a qualche altro ente,
sono state additate come la pietra dello scandalo, dello spreco e
dell'occupazione da parte dei politici degli Enti locali.
In questa regione non è così, credo però vi sia bisogno di fare
chiarezza rispetto ai ruoli, alle funzioni delle Comunità montane,
per quanto riguarda il territorio montano. Ora, in questo noi
pensavamo, ci attendavamo, come Uncem, avendo da sempre partecipato
in rapporto molto stretto con la Regione a questo processo,
mettendone in evidenza i limiti e i problemi (devo dire anche con un
buon rapporto) ci aspettavamo, ci attendavamo sostanzialmente un
progetto di legge in sintonia, che sostanzialmente partisse da ciò
che c'è di positivo, correggendo i limiti e le criticità che pure ci
sono. E sostanzialmente puntasse ad un progetto di riforma che
rafforzasse il ruolo dell'identità della rappresentanza
territoriale, secondo ambiti omogenei del territorio montano, quindi
rafforzasse questo pilastro tipico delle Comunità montane, assieme
all'altro, sempre più necessario, sempre più importante per quanto
riguarda i Comuni, ma che, poi, alla fine, ha un diretto riflesso
sulle le politiche di sviluppo per i territori, che sono: la
funzione associativa da parte dei Comuni, dei piccoli Comuni, che si
trovano sempre più di fronte alle esigenze di corrispondere a
problemi e richieste da parte dei cittadini anche nuove, e che con
sempre maggiore difficoltà, rispetto agli altri territori, riescono
a dare delle risposte.
Noi ci attendavamo che sostanzialmente questa sintesi, questi due
pilastri trovassero una migliore sintesi, un migliore rafforzamento
rispetto invece a quello che ci siamo ritrovati nel progetto di
legge.
Dico, rispetto a quello che ci siamo trovati, perché manca questa
parte fondamentale che è la prima che ho richiamato, quello
dell'essere Comunità montana come entità intercomunale di
rappresentanza del territori.
E vediamo che sostanzialmente, invece, il progetto di legge in parte
stravolge questa impostazione, e va sostanzialmente a delineare, a
trasformare completamente la Comunità montana in Unione di Comuni.
Ora, questo non è un fatto di per sé negativo, anzi, questa è una
funzione che per prime le Comunità montane hanno svolto, ancora
prima che fossero inventate le associazioni dei Comuni, prima che
fosse inventata l'Unione di Comuni. Sul resto del territorio le
Comunità montane hanno svolto la funzione per prime di associazioni
di Comuni.
Non ci aspettavamo quindi questo errore importante. Condividiamo il
fatto che sia reso anche più pregnante e più vincolante rispetto
all'impegno che i Comuni assumono per quanto riguarda la gestione
associata, però ciò che non condividiamo è sostanzialmente che si
vada ad annullare la funzione storica e fondamentale per la montagna
delle Comunità Montane.
Qui, in gioco non c'è l'aspetto nominalistico della Comunità
montana, c'è in gioco la questione attraverso quali forme la Regione
vuole portare avanti il sistema istituzionale, il sistema politico
per condurre, per portare avanti le politiche a favore della
montagna.
O si ritorna ad altre forme - che tuttavia, ricordo, non hanno dato,
a memoria di tutti, grandi risultati, quelle dal Testo Unico del
1938 alla forma assembleare dei Comuni -, però non mi pare che da un
punto di vista della politica di sviluppo per la montagna avessero
prodotto grandi risultati.
Quindi in gioco non c'è il fatto nominale della Comunità montana,
che possiamo chiamare anche in un altro modo, ma quello degli
strumenti per attuare queste politiche. Ci pare, invece, in questo
senso, venga assolutamente indebolito, e quindi si verifichi una
perfetta omologazione delle Comunità montane in Unioni di Comuni,
quindi un'omologazione del territorio montano che è diverso rispetto
al resto del territorio.
Questo non ci trova d'accordo e chiediamo che venga rivisto. Non è
quindi un problema nominalistico, è un problema anche di
competitività del territorio, di come quel territorio è in grado di
essere protagonista in termini di proposte di analisi del proprio
territorio rispetto anche ad altre prospettive.
In questi anni i territori montani, con queste formule, sono stati
in grado di ben utilizzare i finanziamenti riservati alle zone
montane - mi riferisco agli obiettivi 5b, all'obiettivo 2, ai patti
territoriali, ai diversi programmi di sviluppo rurale -, hanno
saputo gestirli e hanno ottenuto quei risultati.
È evidente che ora, non essendoci più peraltro finanziamenti anche
di emanazione comunitaria dedicati e destinati per legge alle zone
montane, la possibilità di intercettare quei finanziamenti per
continuare a consolidare quel modello di sviluppo, passa attraverso
la capacità di elaborare politiche, individuare prospettive,
valorizzare le proprie risorse e progettare.
Se questo elemento, questo punto di sintesi viene meno, credo che
quello sviluppo che abbiamo conosciuto, anziché progredire, possa
avere elementi di ritorno. Un altro aspetto che vediamo in pericolo,
che rischia di essere esattamente contrario a quello che si vuol
raggiungere. È evidente che, se vogliamo conseguire - come dobbiamo
conseguire -, la logica della semplificazione, della
razionalizzazione, della riduzione dei costi, siamo d'accordo,
questo si consegue attraverso accorpamenti, secondo la logica di
ambiti ottimali, rendendo più sinergico e più forte anche la
componente, la sinergia fra l'essere Comuni, rappresentanza dei
Comuni, forma associativa presso la Comunità Montana e la Comunità
Montana stessa.
Quindi non è che una più diretta presenza, emanazione dei sindaci, o
loro delegati, senza aggravio dei costi presso la Comunità montana,
che mantengono le indennità, come è scritto. Però il rischio che
corriamo, se viene meno la convenienza, che sta in quei fattori che
richiamavo prima, del tenere in piedi una Comunità montana che in
una logica di aggregazione assume un territorio molto più vasto,
quindi funzionale ad una logica di politiche di sviluppo per ambiti
ottimali, ma molto meno per quanto riguarda la gestione associata
dei servizi comunali, per i quali sono più confacenti spesso ambiti
più ristretti.
Ora, se viene meno la convenienza da parte dei Comuni di partecipare
a un ambito più ampio che si chiama Comunità montana, per quegli
obiettivi che ho richiamato, il rischio qual è? Che i Comuni
scelgano di dar vita tout court a delle Unioni secondo ambiti che
decidono loro, rispetto alla loro esclusiva funzionalità di gestire
quei servizi, come è giusto che sia.
La conseguenza di questo: è evidente che, quando le Comunità montane
sono delegittimate, non sono in grado di svolgere la loro funzione,
è del tutto evidente che quello che dice il sindaco di Pianoro è
quello che naturalmente avverrà.
Quindi questo lo pavento come un pericolo assai reale, ripeto reale,
che corriamo, quindi anziché di avere da 18 Comunità montane magari
9, magari 10, avere qualche Comunità montana e avere una
proliferazione di Unioni, più limitate, di Unioni con una situazione
da arlecchino che vede in montagna Comunità montane e Unioni di
Comuni.
Ora, questo rischio, questo pericolo, che sarebbe assolutamente
negativo, crediamo debba essere corretto. Quindi, salvaguardare la
funzione della Comunità montana e la sua potestà di rappresentare il
territorio, recuperando anche quella forma di autonomia statutaria,
pur sulla base dei pareri e degli statuti che acquisiscano il parere
da parte dei Comuni.
Un ultimo aspetto, già richiamato, riguarda anche i Comuni montani,
che hanno dimostrato di avere una grande sensibilità rispetto al
tema dei servizi pubblici locali. Mi riferisco in particolare a
quello del servizio idrico integrato.
Non riprendo le cose che diceva sostanzialmente il dott. Carpi,
presidente dell'ATO di Reggio Emilia, assolutamente condivisibile,
però anch'io voglio sottolineare il fatto di quanto sia importante
mantenere la potestà da parte dei sindaci, che sono i titolari di
questi servizi, la possibilità di determinare le scelte fondamentali
verso il gestore, cioè il controllo rispetto al contratto e alle
convenzioni, la determinazione della tariffa in rapporto agli
investimenti o viceversa.
Questo è fondamentale che rimanga nella potestà locale dei Comuni
perché altrimenti il rischio, magari qualche grosso Comune, un
Comune capoluogo ha comunque la possibilità di farsi sentire
ugualmente a un livello più ampio o meno, però sicuramente i piccoli
e i medi Comuni, questo è un rischio che perderebbero. E quindi
chiediamo anche noi che sia sostanzialmente chiarito l'aspetto
convenzione , che abbia una personalità giuridica per tutti gli
effetti esterni, che sia chiarito e rafforzato la potestà locale di
determinare controllo, tariffa, investimenti e che sia sicuramente
rafforzato, anche per conseguire quel processo di uniformità, di
omogeneità. Quindi, aiutare anche i livelli territoriali delle
convenzioni, un organismo o un livello regionale che sia in grado di
operare in modo più forte e cogente sugli indirizzi, controlli, e
tutto ciò che può superare quella frammentazione che, ricordo bene,
non è di un secolo fa, è di quattro o cinque anni fa.
In questa regione, diciamolo, i risultati ottenuti in termini di
regolazione, di omogeneità tariffaria sul territorio, di uso
migliore della risorsa idrica, sono stati risultati importanti, non
vanno sicuramente interrotti, ma vanno rafforzati.
Con questo non diciamo che il progetto di legge debba essere
stravolto; chiediamo però un miglioramento nel percorso legislativo
ai consiglieri e ai presidenti di Commissione, anche sulla base dei
contributi che da oggi sono arrivati e che arriveranno, con la piena
disponibilità da parte dell'Uncem anche a incontri specifici per
chiarire qual è la nostra posizione, che vuol essere un contributo a
migliorare, perché è un progetto di legge particolarmente
importante. Se questa legge viene bene confezionata e diventa una
legge positiva, otterremo sicuramente dei risultati positivi,
altrimenti i rischi sono alti. Grazie.
ANGELO MALAGOLI - ALMA (Agenzie locali per la mobilità associate)
Parlando adesso, ho sentito praticamente tutti gli interventi.
Tralascio le considerazioni di tipo politico, cosa è giusto o
sbagliato, e mi concentro sul nostro mestiere: cosa succede se si fa
una cosa piuttosto che un'altra perché, alla fine, l'autorevolezza
politica di chi decide non è certo inferiore a chi viene a
intervenire. Quindi, una volta che son chiare le conseguenze, chi
deve decidere si assumerà le responsabilità della decisione.
Consegno i miei documenti.
Come agenzie della mobilità, quando siamo entrati in possesso del
testo, dopo la prima riunione della CRAL, non è che ci siamo chiesti
che fine facevamo noi, ma è stato chiaro fin da subito che il
problema era: che fine fa il sistema che abbiamo costruito in questi
anni.
E questo è il problema, secondo me, principale. L'obiettivo nostro è
fare in modo che la strada apertasi con la legge Burlando e con la
legge regionale 30 faccia dei passi in avanti e non dei passi
indietro, questo per noi è un discrimine, valorizzando ciò che ha
funzionato e riordinando, anche in base all'esperienza, ciò che
appare tuttora troppo disomogeneo.
Questa considerazione ci porta ad esprimere una condivisione degli
obiettivi dichiarati e alcune riserve sull'articolato del
provvedimento legislativo. D'altra parte, non è che lo scopriamo
noi, perché se qualcuno va a leggere la relazione di accompagnamento
al testo di legge, dalla pagina 28 in poi, dove si motivano le
scelte sul riordino del Trasposto pubblico locale e del trasporto in
generale, non è chiaro come si faccia da quella relazione ad
arrivare alla lettera a) del comma 1 dell'art. 24; sembrano due cose
diverse, scritte da due mani diverse, oltre che pensate da due teste
diverse.
Sembra che l'assetto societario delle Agenzie sia il primo elemento
da riordinare. Secondo me, non è vero, né alla prova dei fatti, né
in concreto. Se pensate alle lettere b), c), d), e), eccetera del
testo dell'art. 24, non c'è nemmeno una, sottolineo nemmeno una cosa
che non si possa fare per via del fatto che le Agenzie sono delle
società di capitali.
Sono due cose diverse. E in effetti, alla fine, pur con varie
difficoltà da parte delle Agenzie ad applicare questa legge, beh, il
punto vero è la lettera a), cioè è l'assetto societario che non
corrisponde ai bisogni.
Si torna indietro, si riaprono problemi già risolti e non è detto
che si risolvano i problemi che invece si vogliono risolvere cioè,
almeno a priori, non si può sapere. Questa è una contraddizione.
La relazione spinge a un rafforzamento delle Agenzie e la lettera a)
del comma 1 dell'art. 24, sostanzialmente, trasforma le Agenzie in
un ufficio amministrativo. Sostanzialmente depotenzia il ruolo del
regolatore pubblico. Potenzia, per converso, il ruolo delle società
di produzione, fino al punto che oggi, con una legge, se va in porto
così, diventa strategica la proprietà pubblica dell'azienda di
produzione. Io avevo capito che la sussidiarietà funzionasse in un
altro modo, era rovesciata, però questa è una contraddizione
esistente. Quando nella relazione si fa cenno alle società di
capitali come limite, perché con la finanziaria 2005 sono entrati in
azione i tetti di spesa, guardate che, sulle società di capitali e
sui consorzi, questi non hanno prodotto dei problemi.
Il problema l'ha prodotto il fatto che lo Stato e la Regione non
hanno, per diversi anni, finanziato il trasporto perché, dal punto
di vista della spesa pubblica, sono i Comuni che hanno trasferito ed
esternalizzato, hanno esternalizzato, in modo più o meno fittizio,
dei servizi, a chi? ai consorzi, alle farmacie comunali riunite,
all'azienda del gas, per far quadrare il bilancio degli Enti locali
e stare sotto il tetto del 2%.
Ve la ricordate la finanziaria del 2005: tetto del 2% alle spese,
compreso le spese in conto capitale. Per cui ci sono stati due anni,
il 2005 e il 2006, di esternalizzazione dagli Enti locali verso i
consorzi, le società di capitale, eccetera, per far quadrare il loro
bilancio, non il nostro.
Quindi la forma societaria come elemento di aggressione al sistema
delle Agenzie per omogeneizzare il sistema, secondo me, è
completamente fuori luogo. Non c'è nesso. Detto ciò, passo alle
considerazioni conseguenti.
Intanto, se i nove decimi della Regione, all'atto della fondazione
delle Agenzie, hanno scelto la forma dei consorzi o delle società di
capitali, una ragione ci sarà. E sono le stesse ragioni che oggi
vengono addotte a contestazione della sola convenzione come forma di
collaborazione fra i Comuni, che riapre i problemi.
Quello che ha descritto il dott. Sitta è esattamente ciò che
succede. Fino al punto che una legge di riorganizzazione, e quindi
di snellimento del sistema, rischia di produrre tre livelli anziché
due: il livello dell'Agenzia, che non conterà quasi nulla; il
livello delle imprese, che conteranno tantissimo; e poi tutti i
patrimoni, le partecipazioni azionarie, eccetera, che non sono
frammentabili, e se fosse così sarebbe un disastro per il sistema di
governo nostro, cioè ripartire da quarant'anni di collaborazione fra
i Comuni a all'un per cento su ogni Comune.
Quindi, inevitabilmente, si formerà un terzo livello, una holding,
una società di capitali, un qualche cosa che risolve il problema che
si apre con la lettera a) del comma citato. Penso allora che
pragmaticamente bisogna affrontare quel problema lì.
Allora, tanto per esser chiari, oltre a parlare a nome di tutte o
quasi le Agenzie della della Regione Emilia-Romagna, faccio anche il
presidente di ACT di Reggio, poiché si tratta di un lavoro di
coordinamento che facciamo a turno. Noi a metà giugno faremo
l'assemblea dove proprio per scelta endogena, cioè per convinzione
dovuta all'esperienza, i punti b), c), d), e), li andiamo a
decidere, dal net cost per la prossima gara al trasferimento dei
beni essenziali, cioè i bus eccetera, alla società di produzione.
Sull'assetto proprietario delle società di produzione vogliamo solo
sapere dove andiamo a finire. Perché, se l'Agenzia diventa un
ufficio del Comune, il Comune non può diventare proprietario della
società di produzione, altrimenti il conflitto di interessi che oggi
è in capo al consorzio, domani va in capo agli Enti locali, su
questo non c'è dubbio.
Avevamo già deciso, ovviamente, di liberarci della proprietà della
società, ma adesso aspettiamo di vedere se la dobbiamo tenere,
perché se l'Agenzia va in Comune, a questo punto è l'ACT che tiene
la proprietà della società.
Ma siamo già a tre livelli, l'Agenzia e il Comune e ACT, che
continua a fare il suo mestiere, perché almeno una cosa
politicamente la voglio dire: la separazione del governo del
trasporto pubblico locale dal governo di tutti gli altri temi della
mobilità è concettualmente discutibile, perché se c'è una cosa
chiara a chi lavora in questo settore, è che l'efficacia e
l'efficienza del trasporto collettivo dipende dalle politiche di
mobilità sostenibile che si alimentano reciprocamente.
Ecco, questa è la ragione vera per cui delle due l'una. O c'è del
non detto - cosa che non credo, perché la scelta della
liberalizzazione non ho visto da nessuna parte che venga messa in
discussione -, o semplicemente si è fatto un errore di valutazione
su una lettera di un punto di un comma, nel senso che si è
sopravvalutato un aspetto, sottovalutando gli altri.
Allora, se è un errore, gli errori si correggono senza enfasi, cioè,
non v'è da attribuire un significato particolare ad una cosa
rispetto a un'altra. La formulazione del testo nuovo, dopo la
seconda conferenza della CRAL (quale aspetto giuridico e la
personalità giuridica di diritto pubblico), checché ne dica il dott.
Manicardi, non risolve il problema, perché non è la soggettività di
diritto pubblico che ti fa recuperar l'IVA. È l'attività, l'attività
commerciale.
Allora, un'Agenzia, che non è padrona di niente, che non può fare
niente, come fa a recuperare i costi dell'IVA? solo perché ha
personalità giuridica? è ovvio che è un ossimoro, è una
contraddizione in termini.
Quindi, io sono più dell'opinione che, nella valutazione dei pesi e
dei contrappesi, vale a dire cosa risparmiamo e cosa spendiamo in
più, oggi come oggi, questa legge con quella lettera a) fatta così
sia sbilanciata, risparmiamo alcune centinaia di migliaia di euro in
risparmio, ma conteremo milioni di euro all'aumento della spesa
pubblica. Per altre ragioni, ma la sola Iva, le consulenze e il
costo finanziario di un'IVA recuperata dopo tre o quattro anni, per
quella parte che puoi recuperare, son già milioni di euro. Allora,
la mia opinione, concludendo, è poi questa: si corregga un errore,
senza attribuire significati particolari, sapendo - ultima
considerazione - che questa legge per molti versi è una legge di
indirizzo, cioè esprime tutta una serie di concetti che vengono
attuati attraverso l'intesa con gli Enti locali, essendo,
ovviamente, una legge che ha bisogno dell'intesa, perché invade il
terreno degli Enti locali.
Quindi, ciò che si decide davvero non lo si decide in sede di testo
di legge, molto lo si decide in sede di intesa. Il testo di legge
dovrebbe pertanto prevedere le varie possibilità e in sede d'intesa
si sceglie poi, appunto d'intesa, cosa fare. Quindi non c'è neanche
contrasto da questo punto di vista.
D'altra parte, se la legge adombra delle soluzioni che creano dei
problemi, non sarà facilissimo trovare l'intesa. Perché se si
scaricano sugli Enti locali dei costi, perché si dovrebbero sedere a
siglare un'intesa che li danneggia? Allora, credo che le cose che
noi sosteniamo siano sicuramente dentro allo spirito della legge.
Condividiamo gli obiettivi. Noi diciamo: risolviamo le questioni
tecnico-giuridiche, per fare in modo che non ci sia contraddizione
fra dove vogliamo andare e gli strumenti che usiamo per andare da
quella parte. Molto pragmaticamente, senza enfasi, però cerchiamo di
non avere in seguito una situazione peggiore di quella che vogliamo
risolvere. Grazie.
SERGIO SABATTINI - Sindaco del Comune di Porretta Terme
Ho pensato di intervenire quanto meno per lasciare in memoria
l'opinione di un sindaco di un piccolo Comune. Come si diceva alla
fine di quel libro che si chiama il Capitale, dixi et salvavi animam
meam.
Questa legge, secondo me, è sbagliata. È sbagliata, in primo luogo
la necessità di rispondere, diciamo così, alla battaglia sulle caste
in modo oligarchico, perché il tema è il seguente. La Regione
decide, in un quadro politico che è un po' cambiato dalle ultime
elezioni mi par di capire, di seguire un modello che francamente può
avere qualche elemento propagandistico, utile per dire: abbiamo
ridotto un po' qui, abbiamo ridotto un po' là, una cosa utile, penso
che sia utile però non cambia fondamentalmente nulla, cioè non
affronta il tema.
Tocco la questione delle Comunità montane e vado per sommi capi. Se
ci fosse una riflessione dietro questo articolato, che ragionasse
sugli strumenti istituzionali come strumenti che servono alle aree
territoriali per competere sul mercato globale, considererei che
questo sarebbe un elemento da prendere in valutazione seria.
Ma questa riflessione non c'è, si vede a occhio nudo per come è il
combinato disposto. C'è una riflessione banale: debbo semplificare
degli organi, non c'è più tanta montagna, c'è una pletora di cariche
politiche, le semplifico.
Vedete, faccio il sindaco in un'area, l'Alto Reno, in cui c'è la
neve e ci sono le Terme (spero, se se non finiscono). Apprendo che
la Regione è dentro Castrocaro, è dentro Salsomaggiore Terme, mi
candido, candido Porretta Terme affinché la Regione partecipi anche
alle Terme di Porretta, visto che c'è un'asta per poterle
acquistare.
E scopro, oggi è stata una giornata utile, ho imparato delle cose,
discuto e imparo che la Regione, tra le tante terme, ne sceglie due.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare perchè sono state scelte quelle due, e
non altre, ma questo fa parte dell'imperscrutabilità dell'oligarchia
che si contrappone alle caste.
La questione che dico è questa: l'Alto Reno ha terme, laghi e la
stazione di sci, ed è un crinale, un pezzo di Toscana, cioè Sambuca
Pistoiese viene a scuola lì, viene all'ospedale lì, viene al
tribunale lì. Questo tema del crinale non è toccato, perché, siccome
non ci interessa trovare lo strumento istituzionale adeguato, ma ci
interessa semplificare, semplifichiamo.
Ma per poter competere noi abbiamo bisogno di un marchio. Perché sul
mercato si devono vendere marchi, non è che si vendono l'Appennino
bolognese o l'Appennino modenese o l'Appennino romagnolo .
Allora questo marchio non era venduto dalla Comunità montana
tradizionale - e qui c'è una parte buona dell'operazione - perché,
almeno nella provincia di Bologna, si usavano le Comunità montane
per dire: c'è un po' di soldi per questa o per altra cosa, e tutto
veniva spartito a pioggia - ma forse funzionava così anche da altre
parti -, senza scegliere i marchi da vendere e i sottosistemi da far
competere.
Infatti, come sapete, non è più lo Stato-Nazione o la Regione che
compete su sulla scala globale, sono i sottosistemi
economico-produttivi. Ormai è quindici anni di teoria economica che
ha dimostrato tutto questo. Se sanno fare rete, se hanno buone
istituzioni, se hanno vie di comunicazioni adeguate.
Allora, brevemente, voi mi dite: devi uscire da una Comunità montana
(che penso andasse superata) e poi mi mettete in una Comunità
montana più grande, dove debbo mediare - perché voi sapete che i
soldi vanno dove c'è più bacino elettorale - dove ci son più voti,
dove ci sono più abitanti, e quindi scompare la qualità dei
sottosistemi per competere. E' chiaro il ragionamento che sto
facendo? Questo tema non c'è qui.
Vogliamo risolverlo meglio, senza toccare e fare tante questioni?
Bastava dire che c'erano i sindaci, il sindaco e un presidente, e i
sindaci sono membri dell'esecutivo della Comunità montana, che voi
chiamate assessori, ma io penso sia sbagliato, perché la Comunità
montana non è un Comunone , sbagliava chi la pensava così, senza
alcuna indennità. Prevedete un'indennità per il presidente, non
datela, perché è sbagliato! Perché si può fare il rimborso. Cioè,
bisogna smetterla di usare enti di secondo grado come se fossero
enti di primo grado.
Ma un ente territoriale che, in qualche misura, sia un passaggio
intermedio verso l'Unione di Comuni o l'unità intercomunale o
l'unione di funzioni dei Comuni è importante.
Seconda cosa: non è prevista questa possibilità e quindi è una cosa
inutile, perché una Comunità montana, che non serve a promuovere sul
mercato perché promuoverà quel che per esempio accadrà a Bologna,
promuoverà l'Appennino bolognese, che è una vera fetenzia , cioè,
non c'è il mercato per l'Appennino bolognese e l'Appennino modenese.
Ribadisco, c'è il mercato per dei marchi, per delle aree ben
determinate che hanno determinate vocazioni. Scusate se mi
appassiono, ma è tanti anni che mi capita di insistere su questo
punto.
L'altra cosa, sulle ATO avreste potuto fare una riflessione seria.
Vedete, faccio una battuta, ma vedo che c'è una nuova figura
giuridica qui, diciamo così, castrista - perché dire bulgara non
si può più, castrista ha un senso.
La partecipazione è obbligatoria alla convenzione. È una figura
giuridica stravagante. Si tratta di una presenza già vista nella
legge regionale 25 e che ha avuto, come dire, un riconoscimento
negativo da parte del Consiglio di Stato.
Ma come è noto, le convenzioni sono atti soggettivi di chi le fa:
una convenzione obbligatoria è una contraddizione.
Cioè, è la trasformazione di una Regione che aveva una tradizione
autonomista in una tradizione bulgara, nel senso che se non ti
convenzioni ti sanziono. Devo dire che francamente non mi sembra ben
risolto il tema. Faccio una domanda: si è riflettuto sul fatto che,
come siamo messi oggi, non è possibile? Se un Comune vuole
raggiungere il 75% della differenziata, non è possibile farlo a
carico, per esempio, dell'aumento tariffario delle tariffe dei
cittadini di quel Comune, perché ATO dice che non è possibile.
Perché ATO, perché voi dite che tutti devono avere le stesse
tariffe. Non c'è una leva. Allora, diciamoci la verità: questo
documento, questo progetto di legge, come tante altre leggi, va in
una direzione sola, che tutti vogliono governare. La Regione è un
Comunone , la Provincia è un Comunone , le Comunità Montane erano
Comunoni . Sciogliamo quelle più deboli, perché non abbiamo neanche
costituzionalizzato le Comunità Montane. E però chiudiamo i Comuni.
Vedete, questo è il problema.
Nessuno riflette al fatto che si dovrebbe riappropriare ciascuno di
funzioni che sono sue proprie.
La funzione di gestione non pertiene alla Regione, la funzione di
gestione non pertiene alle Province così come non pertiene alle
Comunità montane.
Questo provvedimento legislativo è un provvedimento propagandistico
che, di fronte a certe questioni che riguardano le caste, dice: noi
le abbiamo abrogate . È una scelta politica. Fatelo, non risolverete
nulla, se non aumentare il livello di confusione e di difficoltà.
L'ho voluto dire per una ragione molto semplice: il mio Comune
cercherà, in tutte le forme di legge previste dalle leggi, di
bloccare un provvedimento che considera insensato e francamente
sbagliato. Grazie.
GIULIO GUERRINI - Agenzia ATR Forlì-Cesena.
Ho consegnato già il mio intervento con i documenti inoltrati da
Provincia di Forlì, Cesena, Comune di Forlì, Comune di Cesena
relativamente sia al tema dell'Agenzia della mobilità sia all'ATO.
Ora, visto che da dieci anni mi occupo di regolazione in un'Agenzia
e prima ero direttore generale di un'Azienda di trasporto pubblico,
di fronte alla legge, arrivata un po' imprevista e improvvisa, è
anche una legge che è critica, almeno da una lettura potrebbe
sembrare molto critica nei confronti dei regolatori, visto che, non
solo a Forlì e Cesena, ma anche su altri bacini della regione chi ha
tentato di fare regolazione in questo Paese, che è un complesso e un
po' difficile, credo sia giusto possa esprimere delle considerazioni
che sicuramente possono sembrare critiche, non tanto critiche nei
confronti dell'obiettivo della legge, ma critiche perché
sostanzialmente si va verso una controriforma senza, in realtà, aver
attuato il progetto di riforma che era quello di liberalizzazione.
Cosa voglio dire? la legge 422/1997 e la successiva legge regionale
30 poggiavano le loro basi di indirizzo su una chiara verità: il
monopolio pubblico non era più lo strumento idoneo a governare il
trasporto pubblico; emergevano basse efficienze e poca qualità del
servizio. Soluzione: mettere a gara i servizi di trasporto pubblico
locale in un contesto di regole e chiarezza di compiti fra i vari
soggetti.
Punto nodale e moderno per un Paese che solitamente fa le leggi e
che regolarmente poi non le applica era l'intuizione, contenuta
nella legge regionale 30 del '98, che il processo di
liberalizzazione, al fine di evitare di sostituire un monopolio
pubblico con uno privato, doveva essere governato. Era cioè
indispensabile che la gestione del servizio ottenuta attraverso le
logiche di mercato avvenisse sotto il controllo di un regolatore
competente. In tal senso, sulla base delle migliori esperienze
europee, furono individuate dalla legge regionale le Agenzie come
soggetti a ciò deputati.
Successivamente su pressione delle lobby contrarie al superamento
del monopolio pubblico - e qui i primi interventi di Confservizi e
delle Organizzazioni sindacali sono da questo punto di vista, direi,
estremamente chiari - veniva approvato in Consiglio regionale un
atto di indirizzo con una definizione di clausola sociale così
rigida che, già allora, si pensava da parte nostra avrebbe minato il
processo delle gare e del correlato obiettivo di ottimizzazione
della gestione dei servizi pubblici, e purtroppo questo sembra
avverarsi.
Ora, a distanza di dieci anni, con le gare non svolte su un terzo
dei servizi regionali di trasporto pubblico locale Gomma e con un
bacino provinciale senza regolatore, si rischia una sostanziale
controriforma. Con il legittimo motivo di ridurre i costi, la
revisione della legge 30/1998 punta sostanzialmente a ridurre il
ruolo del regolatore e non incide sui veri nodi del trasporto
pubblico anzi, a nostro avviso, li aggrava.
Già ben ha detto il dott. Malagoli sul tema dell'Agenzia, sui costi
della scellerata scelta di inventarsi una convenzione con
personalità giuridica, che non si sa cosa voglia dire. Solo questa
invenzione comporterebbe un danno a livello regionale per gli Enti
locali di circa 10 milioni di euro, dopo di che non capisco dove
stanno i risparmi di questa legge, almeno per quanto riguarda il
tema della mobilità.
Quali sono i temi sui cui riflettere ed era il caso di aprire un
confronto?
Ora, il tema principale su cui si suggerisce di intervenire è la
qualità e quantità del trasporto pubblico. Servono investimenti
rilevanti se si vuole che un'ulteriore quota significativa di
cittadini utilizzi il trasporto pubblico per i propri spostamenti.
Una regione come l'Andalusia, per portare un esempio, investe 9
miliardi di euro nei prossimi anni per potenziare le infrastrutture
del trasporto pubblico locale. Quindi, il primo tema, bisognerebbe
che l'Assemblea legislativa ci credesse al trasporto pubblico
locale.
Secondo tema, che è quello correlato a liberare il trasporto
pubblico dalla morsa del traffico che lo attanaglia, con specifici
provvedimenti di aumento della velocità commerciale, di
qualificazione del ferro-gomma, di qualificazione dei punti di
fermata e dei punti d'interscambio, di realizzazione di un sistema
di bigliettazione integrata ferro-gomma, - pregando di evitare
l'introduzione delle cosiddette zone tecniche che, ritengo, poco
abbia a che fare con la bigliettazione integrata -, di informazione
e di promozione all'uso dei servizi.
Questi interventi permetterebbero di ridurre i costi di produzione,
aumenterebbero i passeggeri trasportati con un significativo impatto
sui ricavi e si avrebbe come risultato indiretto, socialmente ed
economicamente rilevante, quello di ridurre inquinamenti vari,
sinistri, tutti effetti che possono portare risparmi di costi
sociali e sanitari a ciò annessi.
Terzo tema - e qui ritorno alla legge 422 del '97, alla
liberalizzazione -, è quello della efficienza tramite il superamento
dei monopoli. Gli accordi nazionali di lavoro, sottoscritti
nell'ambito del trasporto locale dopo l'uscita della legge 422,
miravano a recuperare la massima efficienza possibile a livello
locale, che, tradotto, vuol dire sostanzialmente aumentare le ore di
guida in linea a parità di orario di lavoro.
In Emilia-Romagna, dove le Municipalizzate avevano ben operato, si
stima che un recupero di trenta minuti di ore guidate in linea sul
totale delle ore lavorate, possibile con apposita revisione delle
normative aziendali stratificate negli anni sotto i monopoli
pubblici, possa portare recuperi intorno ai 15 milioni di Euro
annui. E viene da dire che questi sono i veri costi della politica
se non si interviene.
Se, in particolare, si vuole garantire quest'ultimo risultato -
quello dei risparmi e dell'efficienza - servono regolatori
competenti in grado di determinare le basi d'asta con riferimento a
definiti e condivisi livelli di produttività dei lavoratori. Il
costo del lavoro, infatti, rappresenta il 60-70% dei costi
complessivi del trasporto pubblico locale su gomma. Una revisione
della cosiddetta clausola sociale che, pur garantendo i sacrosanti
diritti dei lavoratori, punta ad ottenere, in cambio, cioè in cambio
dei diritti, la massima efficienza possibile, soprattutto se si
ipotizzasse di unificare le aziende pubbliche. È dimostrato, anche
in questa regione, che più le aziende diventano grandi, più costano.
Questi sono i dati, mi dispiace chi teorizza il contrario, ma se non
si interviene con delle modifiche, questi sono i fatti.
Ultimo e forse più spinoso passaggio: se il processo di
liberalizzazione non ha portato i suoi frutti, ritengo che questo
derivi da aver imposto i regolatori, la gara, la clausola sociale,
ma non aver imposto che gli Enti locali uscissero dalla produzione
dei servizi pubblici locali.
O si ha il coraggio di completare in tal senso la riforma con la
completa uscita degli Enti locali dalla proprietà delle Aziende di
gestione o, altrimenti, è meglio tornare alla vecchia
Municipalizzata locale, anche perché un monopolio di piccola
dimensione è meno costoso di un monopolio di grande dimensione.
Se, quindi, l'obiettivo è quello della liberalizzazione prevista
dalla 422 e dalla legge regionale 30, si suggerisce di mantenere un
soggetto regolatore che abbia personalità giuridica e possa svolgere
attività commerciali.
Come bene è stato sottolineato nel corso dell'udienza conoscitiva,
se non si fa questo si perde l'IVA, che costa molto di più agli Enti
locali del problema dei costi dei consigli d'amministrazione.
Questo permetterebbe al sistema Emilia-Romagna di avere soggetti
che, con il solo recupero dell'IVA stimato in almeno 8 o 10 milioni
di Euro annui, altrimenti persi, possono svolgere un ruolo positivo
per il sistema degli Enti locali, senza costare un euro alla
collettività.
Gli altri indirizzi del disegno di legge in discussione sono di
difficile comprensione perché non supportati da analisi economica.
Solo per fare un esempio, scusate se cito la mia azienda, l'Agenzia
ATR ha il miglior trend regionale di aumento di ricavi da
viaggiatori negli ultimi dieci anni ed il minor costo manutenzione
autobus a livello regionale, nonostante abbiamo un parco autobus di
10,4 anni di età. Quindi forse il problema non sono le Agenzie.
Si ritiene suggerire, in un sistema di chiare responsabilità
definite dalla legge 422, che le scelte gestionali individuate dalla
norma siano demandate agli Enti locali i quali, in base alle
esigenze delle comunità amministrate, possono così operare quelle
scelte che ritengono più vicine alle esigenze dei cittadini
rappresentati, piuttosto che essere costretti ad attuare scelte
vicine, o almeno che sembrano vicine ai suggerimenti di parte
avanzate dalle lobby di settore che, non sempre, ovviamente, tengono
conto degli interessi dell'intera collettività.
Ove così non si operasse, in primis la Regione si dovrebbe
riproporre il tema della disomogenea ripartizione delle risorse a
livello regionale fra i diversi bacini. L'elemento della quantità
delle risorse a livello di singolo bacino è infatti fattore
certamente decisivo e rilevante se si vuole uniformare il modello di
governo del trasporto pubblico locale regionale. Grazie.
PRESIDENTE NERVEGNA: Grazie a lei e a tutti coloro che sono
intervenuti. Abbiamo terminato questa giornata, ringrazio ancora
tutti i presenti e l'alto contributo offerto alla discussione delle
due Commissioni, Territorio Ambiente e Mobilità, e Bilancio, Affari
Generali ed Istituzionali, che inizieranno l'esame del progetto di
legge già a partire dal prossimo giovedì.
Ricordo in conclusione che i verbali delle sedute sono pubblicati
sul sito internet della I Commissione alla pagina:
http://assemblealegislativa.regione.emilia-romagna.it/wcm/al/comm/I/
inevidenza.htm
Grazie.
La seduta termina alle ore 18,15.
Verbale approvato dalla I Commissione nella seduta del 17 giugno 2008
Verbale approvato dalla III Commissione nella seduta del 19 giugno 2008
La Segretaria Il Presidente
Claudia Cattoli Antonio Nervegna
La Segretaria Il Presidente
Samuela Fiorini Gian Carlo Muzzarelli