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Legislatura XI - Atto ispettivo ogg. n. 982

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Oggetto:
Testo presentato:
982 - Interpellanza circa le conseguenze ambientali dei depositi artificiali di CO2 nel nostro sottosuolo e in particolare sul progetto di stoccaggio di CO2 riguardante Ravenna. A firma della Consigliera: Gibertoni

Testo:

Interpellanza a risposta orale in Aula

 

Visti

 

  • il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162 recante “Attuazione della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, nonché modifica delle direttive 85/337/CEE, 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del Regolamento (CE) n. 1013/2006”;
  • la direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio che all’art. 4, co. 1 prevede: “Gli Stati membri mantengono il diritto di designare le zone all’interno delle quali scegliere i siti di stoccaggio ai sensi della presente direttiva. Ciò include il diritto, per gli Stati membri, di non permettere lo stoccaggio in alcune parti o nella totalità dei rispettivi territori.”
  • la legge 26 aprile 1974, n. 170, recante “Disciplina dello stoccaggio di gas naturale in giacimenti di idrocarburi”, come modificata dal decreto legislativo n. 164/2000”;
  • il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 recante “Attuazione della direttiva n.98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale a norma dell’art. 41 della legge 17 maggio 1999 n. 144”;
  • il decreto ministeriale 21 gennaio 2011 recante “Modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo e relativo disciplinare tipo” il quale, all’art 9, prevede che il Ministero dello Sviluppo Economico può autorizzare, su richiesta del concessionario, previa presentazione di specifico studio di idoneità, la sostituzione, totale o parziale, del cushion gas con gas inerte, compreso il biossido di carbonio;
  • il “Piano per l’individuazione delle aree del territorio nazionale e della zona economica esclusiva all’interno delle quali possono essere selezionati i siti di stoccaggio geologico della CO2” proposto dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare-Direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia e dal Ministero dello Sviluppo Economico redatto in attuazione del D.Lgs. n.162 del 14/09/2011 di recepimento della Direttiva 2009/31/CE Carbon Capture and Storage - CCS e prevedeva l’individuazione delle aree per effettuare attività di esplorazione e di stoccaggio di CO2 (la tecnologia CCS prevede la cattura e la compressione della CO2 emessa da impianti industriali, il trasporto ai siti di stoccaggio e l’iniezione in formazioni geologiche nel sottosuolo profondo adatte al confinamento permanente) e, nell’ambito di questo Piano, la relativa Valutazione Ambientale Strategica, del 12 aprile 2013, PRR-1198-12042013, in particolare nella sezione Osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale, l’Osservazione n. 9, alla pagina 43, della Regione Emilia-Romagna – Servizio Valutazione Impatto e Promozione Sostenibilità Ambientale;

 

premesso che

 

  • il 22 giugno 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri, nella conferenza stampa tenuta al termine degli Stati generali dell’Economia a Roma ha annunciato tre direttrici: 1) modernizzare il Paese; 2) lavorare ad una robusta transizione energetica; 3) lavorare per un’Italia più inclusiva; e all’interno della seconda: “A Ravenna nascerà, grazie al progetto di Eni, il più grande centro al mondo di cattura e stoccaggio di CO2, si avranno energia blu ed idrogeno integrale”;
  • la suddetta dichiarazione è stata ripresa immediatamente sia dal Sindaco di Ravenna: “Ravenna con il suo altissimo know-how, le infrastrutture, le tecnologie, le competenze e le relazioni acquisite in oltre 60 anni di esperienza nella filiera energetica e dell’economia circolare, può candidarsi a rappresentare l’hub italiano della green energy, un riferimento all’avanguardia nel mondo, ed è pronta a cogliere la sfida, ma chiediamo al governo un programma chiaro e ben definito, ascolto del territorio e un coinvolgimento serio e strutturato degli stakeholder nel processo decisionale. Non a caso qui è la sede di Omc e Rem, eventi internazionali sui temi dell’energia e della green economy che attirano decine di paesi partecipanti da tutto il mondo e già da diversi anni lavoriamo in coordinamento tra istituzioni, attività economiche e sindacali per fare di Ravenna un polo tecnologico di ricerca e produzione di energia sostenibile, nell’ottica di una graduale decarbonizzazione e transizione energetica. Su questo continuiamo a chiedere al Governo un progetto chiaro che tuteli il lavoro e non favorisca solo le importazioni di gas naturale dall’estero”, che dal Presidente della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna: “Si tratta di un progetto altamente innovativo in campo energetico e ambientale, che va nella direzione della sostenibilità e di una riconversione produttiva che guarda a quella che per noi è una priorità: la green economy. Ne esce rafforzato ulteriormente il nostro obiettivo di arrivare entro pochi mesi a siglare con tutte le parti sociali in Emilia-Romagna un nuovo Patto per il lavoro e per il clima”, nonché dall’Assessore regionale allo Sviluppo economico e green economy, lavoro e formazione: “Il piano di Eni per la decarbonizzazione, attraverso la cattura e lo stoccaggio di CO2 con lo sfruttamento dei giacimenti esauriti di metano al largo di Ravenna, è un esempio di come l’economia circolare possa diventare un volano di sviluppo e di occupazione per il territorio e il Paese. L’Emilia-Romagna è nelle condizioni di porsi come hub internazionale della transizione verso la green economy, attraverso l’innovazione tecnologica e lo sviluppo sostenibile, in Europa e nel mondo. Potendo contare sul ‘fare sistema’ tra istituzioni, parti sociali, operatori privati nei territori e le grandi professionalità che qui sono presenti, a partire proprio dal comparto ravennate dell’energia”;
  • sono ormai da anni allo studio i processi relativi all’iniezione e stoccaggio della CO2, nonché i processi chimico-fisici connessi per lo sviluppo di questa tecnologia c.d. CCS (Carbon Capture and Storage) che rappresenterebbe, secondo i suoi sostenitori, nel medio periodo, una delle possibilità per la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera;
  • la tecnologia CCS nasce da pratiche minerarie consolidate negli Stati Uniti ed altrove nelle quali quantità di CO2, di produzione industriale, vengono iniettate in giacimenti di petrolio o di gas naturale svuotati per consentire una estrazione supplementare della risorsa, per effetto della forte capacità sostitutiva dell’anidride carbonica, analoghe tecniche si praticano per estrarre il metano dal carbone;
  • già il rapporto ICHESE, la commissione internazionale nominata per studiare le relazioni tra sfruttamento degli idrocarburi, attività antropiche nel sottosuolo ed i terremoti in Emilia-Romagna del 20 e 29 maggio 2012, aveva concluso, nel 2014, che non si poteva escludere che questi eventi fossero stati innescati da attività umane, inoltre il presidente di quella commissione, il professor Styles, in una intervista ad una rivista scientifica, a febbraio 2019, commentando la circostanza per cui non tutti i dati allora disponibili erano stati messi a disposizione della commissione stessa, in particolare quelli relativi all’attività di stoccaggio in sovrapressione presso il sito di Minerbio (BO), così si esprimeva: “Nell’ultimo decennio abbiamo iniziato a comprendere che è molto più facile di quanto pensassimo stimolare sismicità – sebbene di varia magnitudo: spesso molto piccola, ma talvolta non insignificante – attraverso le attività umane. Nella maggior parte delle regioni, anche lontano dalle zone di faglia principali, la crosta terrestre ha una storia geologica complessa, con collisioni e orogenesi, rifting e variazioni nel campo di forze. Questo ha fatto sì che le faglie si siano mosse in determinati periodi geologici e che attualmente si trovino a vari livelli di stabilità. Le indagini nelle miniere di carbone svolte mediante osservazione diretta e sismicità indotta – effettuate dal mio (allora) gruppo di ricerca a Liverpool e dal Liverpool Fault Analysis Group – hanno mostrato che ci sono probabilmente migliaia di faglie che non sono facilmente riconoscibili dalla superficie terrestre, nemmeno con le più sofisticate investigazioni sismiche: anche queste faglie, a loro volta, hanno condizioni di stabilità molto diverse fra loro. Come ci si può aspettare da una distribuzione statistica, alcune faglie sono molto stabili, altre lo sono abbastanza, alcune invece sono molto instabili e possono essere riattivate da stimoli geomeccanici o idrogeologici relativamente modesti. …. Gli inneschi possono essere meccanici; gli scavi dell’industria mineraria sono un buon esempio. Spesso però le cause sono cambi di pressione idrostatica, iniezione di acque reflue, estrazione di acqua e idrocarburi, stoccaggio di gas e forse persino variazioni del clima come, per esempio, periodi di piogge persistenti e inusuali.”;

 

considerato che

 

  • la stessa Regione Emilia-Romagna nel corso della procedura di Valutazione Ambientale Strategica del sopra citato “Piano per l’individuazione delle aree del territorio nazionale e della zona economica esclusiva all’interno delle quali possono essere selezionati i siti di stoccaggio geologico della CO2” nell’Osservazione n. 9, alla pagina 43, avanzava forti perplessità e dubbi: “in linea generale si evidenzia una “preoccupante immaturità” della tecnologia CCS. …. La necessità di tali depositi di CO2 è perciò dettata da considerazioni di urgenza climatica e non tiene conto della scarsa conoscenza complessiva della metodologia CCS, sia nell’immediato che, soprattutto, nel lungo termine. L’ipotesi di “far sparire” quote rilevanti di CO2, (si stima per l’Italia al 2100 una capacità di stoccaggio di 6 miliardi di tonnellate di CO2) pone serie domande sulle conseguenze ambientali dei depositi artificiali di CO2 nel nostro sottosuolo: domande alle quali è ora impossibile dare risposte scientificamente attendibili. Ciò risulta evidente dalla lettura del documento presentato, sia per la parte progettuale (la derivazione tecnologica da pratiche minerarie di estrazione residuale di petrolio o metano, quindi, caratterizzate da tecniche semplificate e per quantitativi inferiori) sia per la parte di conseguenze ambientali (incertezze sui rilasci in atmosfera, sull’effettiva stabilità chimico geologica dei depositi, sulle caratteristiche del sottosuolo per l’idoneità, sui fenomeni di diffusività e gravità, sulla efficacia e concretezza della carbonatazione per l’intrappolamento della CO2, sulle conseguenze di microsismicità, sugli effetti sanitari di rilasci incontrollati.” ed ancora: “dovrebbe essere valutata la sostenibilità della scelta di stoccaggio rispetto ad altre scelte per il contenimento delle emissioni di CO2”, ma ancora di più, sempre la Regione Emilia-Romagna così si esprimeva: “Si ritiene necessario che il Rapporto Ambientale di VAS, a seguito del “dimensionamento” e “georeferenziazione” delle azioni di piano, provveda all’individuazione e valutazione delle “ragionevoli” alternative al Piano, comprendendo anche l’alternativa “zero” di non intervento, considerato che l’art. 4, co. 1 della direttiva 2009/31/CE, evidenzia che la scelta è considerata una opportunità e non un obbligo per gli Stati, infatti ribadisce che: “Ciò include il diritto, per gli Stati membri, di non permettere lo stoccaggio in alcune parti o nella totalità dei rispettivi territori”. In particolare, si evidenzia che non si considera adeguato effettuare una valutazione in merito ad alternative di localizzazione dei siti di stoccaggio, ma si ritiene necessario che la VAS del Piano valuti alternative di scenario, riferite alle strategie da mettere in atto per la riduzione della CO2, rappresentate non solo dalla possibilità di stoccaggio ma soprattutto dal risparmio energetico e dalla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”;
  • appare evidente l’interesse di ENI ad utilizzare strutture dismesse o in fase di dismissione, quali i pozzi esauriti nel mare di fronte a Ravenna, tanto è vero che l’annuncio di ieri del Presidente del Consiglio dei ministri ricalca, sostanzialmente, l’annuncio del 28 febbraio scorso dell’Amministratore delegato di ENI: “Lo stoccaggio di anidride carbonica in Italia ha un’opportunità unica nell’area di Ravenna, grazie alla combinazione tra giacimenti offshore esauriti con infrastrutture ancora operative, insieme a centrali elettriche sulla terraferma unitamente ad altri impianti industriali nelle vicinanze … c’è un’opportunità unica perché le possibilità di stoccaggio sono enormi, tra 300 e 500 milioni di tonnellate ”;
  • tra questi vantaggi, per ENI, possiamo annoverare i risparmi sulle future spese di dismissione dei pozzi esauriti, che vedrebbero prolungata la loro vita utile, e il miglioramento dell’immagine ambientale della multinazionale italiana degli idrocarburi;
  • la scelta di costruire mega impianti per la cattura e lo stoccaggio nel sottosuolo della CO2, oltre ai rischi insiti nell’operazione, e sopra illustrati, non fa altro che posporre la necessaria e non più rinviabile uscita dal circuito di un’economia basata sull’utilizzo dei combustibili fossili, con una scelta, anche culturalmente, arretrata per cui anziché smettere di inquinare si preferisce continuare a farlo, generando CO2 e inseguendo poi il fenomeno con palliativi quali lo stoccaggio nel sottosuolo, tra l’altro, con costi ben maggiori, alla fine ricadenti sui cittadini.

 

Interpella la Giunta regionale per sapere:

 

  • quali siano le ragioni per cui abbia cambiato idea rispetto allo stoccaggio di CO2 nel sottosuolo ed abbia fatto proprio, fideisticamente e senza nemmeno conoscerlo e, quindi, senza nessuna vera analisi scientifica, il progetto di ENI per fare di Ravenna “il più grande centro al mondo di cattura e stoccaggio di CO2” e perché, rispetto alle sopracitate Osservazioni del 12 aprile 2013, non si ponga più “serie domande sulle conseguenze ambientali dei depositi artificiali di CO2 nel nostro sottosuolo” e non reputi più necessario valutare “alternative di scenario, riferite alle strategie da mettere in atto per la riduzione della CO2, rappresentate non solo dalla possibilità di stoccaggio ma soprattutto dal risparmio energetico e dalla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”.

 

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