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151.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 3 OTTOBRE 2017

 

(ANTIMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 5347

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa questioni e procedure riguardanti la realizzazione del nuovo ospedale di Piacenza. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

FOTI (FdI)

VENTURI, assessore

FOTI (FdI)

 

OGGETTO 5348

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa le azioni da attuare per armonizzare i servizi del trasporto pubblico locale con gli orari di inizio e fine delle lezioni scolastiche. A firma del Consigliere: Sassi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

SASSI (M5S)

BIANCHI, assessore

SASSI (M5S)

 

OGGETTO 5349

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dell’azienda Motori Minarelli. A firma del Consigliere: Taruffi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

TARUFFI (SI)

COSTI, assessore

TARUFFI (SI)

 

OGGETTO 5350

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela delle famiglie che, a seguito della determinazione dei nuovi requisiti economici per l’accesso e la permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, dovranno abbandonare quelli attualmente utilizzati. A firma del Consigliere: Bignami

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

BIGNAMI (FI)

GUALMINI, vicepresidente della Giunta

BIGNAMI (FI)

 

OGGETTO 5351

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dello stabilimento produttivo del gruppo Froneri (ex Nestlé) di Parma. A firma del Consigliere: Rainieri

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Saliera)

RAINIERI (LN)

COSTI, assessore

RAINIERI (LN)

 

OGGETTO 5166

Comunicazione del Presidente della Giunta sul "Documento di indirizzi della Giunta regionale per l'avvio del percorso finalizzato all'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione"

(Discussione)

 

OGGETTO 5321

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.

(Discussione)

(Risoluzioni oggetti 5336 - 5147 - Discussione)

(Risoluzione oggetto 5024 - Ritiro)

(Risoluzioni oggetti 5359 - 5360 - 5361 - Presentazione e discussione)

PRESIDENTE (Saliera)

BONACCINI, presidente della Giunta

PRESIDENTE (Saliera)

FOTI (FdI)

PRESIDENTE (Saliera)

BONACCINI

BERTANI (M5S)

FABBRI (LN)

BESSI (PD)

CALIANDRO (PD)

BARGI (LN)

ALLEVA (Altra ER)

POMPIGNOLI (LN)

BERTANI (M5S)

PICCININI (M5S)

TARUFFI (SI)

PRESIDENTE (Saliera)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

La seduta ha inizio alle ore 9,49

 

PRESIDENTE (Saliera): Dichiaro aperta la centocinquantunesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Sono assenti le consigliere Francesca Marchetti, Roberta Mori e Ottavia Soncini.

 

(Le comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno sono riportate in allegato)

 

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Aula

 

OGGETTO 5347

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa questioni e procedure riguardanti la realizzazione del nuovo ospedale di Piacenza. A firma del Consigliere: Foti

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Iniziamo i nostri lavori con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Il primo oggetto è il numero 5347: Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa questioni e procedure riguardanti la realizzazione del nuovo ospedale di Piacenza, a firma del consigliere Foti. Risponde l’assessore Venturi.

Consigliere Foti, ha la parola.

 

FOTI: Trenta secondi soltanto per dire all’assessore che mi sono visto costretto a dover mettere nero su bianco alla luce delle reiterate dichiarazioni del direttore generale dell’ASL, che in una sua ultima dichiarazione alla stampa è arrivato ad affermare che, se entro dicembre non si decide quale sia l’area su cui costruire il nuovo ospedale di Piacenza, si perderà il finanziamento regionale.

Per il poco che valgo come consigliere regionale, io non ho visto ancora stanziato, nei documenti appositi, alcun finanziamento. Quindi, volevo sapere se c’era il finanziamento, se c’è il termine effettivo del 31 dicembre entro il quale si perde e soprattutto, aspetto che mi interessa maggiormente e che rappresenta l’argomento di fondo, che cosa intende fare la Regione come stanziamento rispetto all’ipotesi della costruzione del nuovo ospedale, per il quale ovviamente il parere è favorevole.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

La parola all’assessore Venturi, che ricordo che ha tre minuti.

 

VENTURI, assessore: Le leggo la risposta formale e poi mi spingo a formulare alcune considerazioni meno formali, ma comunque degne di rilievo, credo.

Riguardo al nuovo ospedale di Piacenza, l’Azienda USL ha avviato la predisposizione di uno studio di prefattibilità, preliminare all’avvio della progettazione vera e propria. Questo studio è in fase avanzata di redazione, ma non è ancora stato concluso e approvato dall’Azienda sanitaria.

Lo studio di prefattibilità viene sviluppato in raccordo con gli uffici regionali e darà conto delle motivazioni che supportano la necessità di realizzare una nuova struttura, a partire dalle criticità funzionali e strutturali dell’attuale ospedale “Guglielmo da Saliceto” e da quelle che si renderanno evidenti in prospettiva pluriennale. Inoltre, lo studio darà conto degli interventi di manutenzione straordinaria, indispensabili per mantenere in condizioni di sicurezza l’ospedale esistente per il tempo necessario alla costruzione del nuovo.

Riguardo agli aspetti economico-finanziari, lo studio di prefattibilità definirà il quadro economico attraverso la somma di costi parametrici delle varie aree che caratterizzeranno il nuovo ospedale. Al momento, non è stata effettuata alcuna quantificazione dei costi di realizzazione dell’opera e, conseguentemente, non sono state definite le modalità di finanziamento della stessa.

Anche la stessa scelta dell’area nella quale sarà realizzato il nuovo ospedale potrà influire, evidentemente, nella determinazione del quadro economico. Per favorire tali scelte, infatti, è stato costituito un gruppo di lavoro regionale interassessorile avente lo scopo di stabilire quale tra l’ex proiettificio Pertite e la caserma Lusignani sia il complesso avente le caratteristiche meglio rispondenti ai criteri necessari per l’edificazione del nuovo ospedale di Piacenza. Verosimilmente, il lavoro sarà terminato entro la fine dell’anno.

Successivamente all’individuazione dell’area sulla quale sarà edificato il nuovo ospedale di Piacenza, l’Azienda USL di Piacenza potrà completare il quadro economico-finanziario e sottoporlo, unitamente allo studio di prefattibilità, alla Regione per ogni necessaria valutazione sotto il profilo organizzativo, strutturale, impiantistico ed economico-finanziario.

Alla luce di quanto rappresentato, la Giunta regionale non ha evidentemente, al momento, assunto alcuna determinazione riguardo al quadro economico-finanziario dell’opera.

Infine, consigliere Foti, nel ringraziarla per la domanda che mi ha posto, aggiungo alcune mie valutazioni rispetto all’assunzione, anche da parte mia, di responsabilità nel momento in cui io, ormai quasi due anni fa, in occasione di un’inaugurazione presso l’ospedale di Piacenza ho espresso la valutazione politica, che mantengo tutt’oggi, riguardo all’opportunità, sia per la collocazione attuale dell’ospedale sia per il fatto che è stato costruito, rivisto e ristrutturato e che sono stati realizzati investimenti nel corso di decine di anni, che a Piacenza il nuovo ospedale sia una delle priorità regionali.

Noi, però, non abbiamo mai discusso di quanto potrebbe costare la realizzazione del nuovo ospedale per il semplice motivo che questo è un ragionamento che al momento o si compie rispetto a ospedali di dimensioni simili che sono stati aggiudicati nella loro progettazione e nell’esecuzione dei lavori in altre aree accanto o in altre regioni, oppure si aspetta di avere un quadro complessivo prima di poterlo realizzare.

Mi rendo conto che i tre minuti probabilmente sono già passati, per cui concludo con queste parole. Come sta avvenendo per l’altra grande opera che abbiamo detto abbiamo necessità di eseguire in questa regione, che è a Cesena, mi auguro che analogamente alla fine, rispetto al tema dell’interazione tra le Istituzioni, si raggiunga una concertazione, ovviamente, a cominciare da Regione e Comune di Piacenza, che credo siano le due Istituzioni che devono necessariamente interpretare maggiormente le necessità di una comunità anche sul piano della strutturazione dei servizi sanitari. Penso che ci siano le condizioni, quindi credo che la valutazione sul quantum e su come finanziare il quantum non possa non prescindere da quello che ho appena finito di dire. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Venturi.

La parola al consigliere Foti, che ha sei minuti.

 

FOTI: Io ringrazio l’assessore Venturi non solo per la risposta, ma anche per il contenuto della stessa, soprattutto quella che ha posto a margine e, quindi, ha espresso a braccio della risposta predisposta dall’ASL.

Innanzitutto, però, assessore, mi consenta di dire che non è pensabile che il direttore generale dell’ASL continui a sostenere tutto e il contrario di tutto. Le ha scritto un rapporto nel quale ha riportato sostanzialmente che non c’è una lira, non c’è uno studio, non c’è niente allo Stato, e in compenso continua a ripetere sul giornale locale che, se entro dicembre 2017 non si definisce l’area su cui realizzare il nuovo ospedale di Piacenza, si perdono i finanziamenti.

Le dirò di più. Un comunicato stampa predisposto dal Gruppo consiliare del Partito Democratico al Comune di Piacenza già definisce qual è stata l’area scelta, vale a dire quella della caserma Lusignani, e già va nello specifico scrivendo che il progetto tiene adeguatamente conto sia della rete del trasporto pubblico sia di quella dei parcheggi.

Ebbene, o vi è un’Amministrazione parallela, ovvero il direttore generale si rapporta soltanto con il direttore dell’Agenzia del demanio e con il Gruppo consiliare del PD a Piacenza, oppure c’è qualcosa che non torna. Del resto, lei stesso, prima, ha letto una risposta dove è scritto che non c’è assolutamente nulla e che, anzi, si spera che entro la fine dell’anno questa ipotesi di progetto di prefattibilità sia assegnata.

Aggiungo un’ultima considerazione, che a me pare fondamentale e sulla quale penso di non aver capito male, ma molto bene da lei: lo schema dell’ospedale che la Regione avrebbe in testa è un ospedale di dimensioni analoghe e – penso – anche di costi a città similari a quelle di Piacenza e provincia, anche come numero di abitanti. Non voglio essere un suo interprete del pensiero, ma ritengo di non andare molto lontano se dico che uno dei modelli potrebbe essere quello dell’ospedale di Pordenone. Possibili, poi bisogna andare a vedere tecnicamente tutto. Però, un’idea potrebbe essere quella. Tuttavia, se quelle sono le idee, meglio sarebbe se, anziché continuare a lanciare proclami, il direttore dell’ASL si preoccupasse, invece, di perseguire questa strada, indipendentemente dal fatto che possa verificarsi su un’area ex demaniale o demaniale. Sull’ex proiettificio Pertite, mi permetto soltanto di precisare che già il protocollo d’intesa escludeva quell’area, dal momento che era chiaramente riportato che il Comune di Piacenza era più d’accordo sulla caserma Lusignani. Comunque, poi sulle aree bisogna farceli stare anche gli ospedali, perché il direttore dell’ASL ha ribadito che i nuovi ospedali devono essere tutti a un piano, ma se facciamo tutto a un piano andiamo a mettere un ospedale che è ancora più incastrato, anche se in periferia, di quello cui oggi faceva riferimento l’assessore, dal momento che in tal caso il nuovo ospedale avrebbe alla sua sinistra la tangenziale, alla sua destra la via Emilia Pavese e ai due lati una costruzione e la concessionaria storica della Mercedes Lodigiani, della quale dubito che si possa procedere con l’esproprio. Questo tanto per dare un inquadramento urbanistico della zona.

Io penso che la cosa migliore sia quella, al di là del protocollo di intesa, di mettere in chiaro tre punti. In primo luogo, occorre decidere il tipo di ospedale che si vuole. In secondo luogo, bisogna capire se vale la pena compiere operazioni di bonifica di aree ex militari o se non conviene più comprare un’area ugualmente vantaggiosa. D’altronde, qui il tema era di averla vicino all’autostrada, ma limitrofa all’autostrada nel caso di specie sulla tangenziale di Piacenza è tutto limitrofo all’autostrada: basta scegliere il posto. Dato che se ne è parlato, voglio essere anche chiaro che l’area dell’Opera Pia Alberoni potrebbe essere un’area ugualmente idonea. I costi sono quelli del terreno agricolo, quindi più o meno costi di mercato che tutti noi conosciamo. In tal caso, si potrebbe indire un bando da parte dell’ASL per vedere se ci sono soggetti disponibili a fare questo.

Sulla base di queste considerazioni ci tenevo solo a dire una volta per tutte che di finanziamenti allo stato non ce ne sono, di finanziamenti allo stato non ne sono stati previsti, c’è l’ipotesi e il discorso politico cui faceva riferimento, invece, l’assessore Venturi secondo cui, una volta che verrà confezionato un progetto di massima, sapremo quanti soldi servono, le risorse economiche che può erogare la Regione, se la scelta è ottimale e se va modificato qualcosa.

In conclusione, quindi, penso che questa partita, non per essere centralista, ma anche per essere centralista, sia molto meglio che la si gestisca a Bologna piuttosto che lasciare continuamente spazio a vox clamantis in deserto, che in realtà sono un deserto di parole, perché mi pare che, al di là delle tante parole del direttore generale, l’interrogazione che ho presentato rappresenti esattamente la smentita di tutte le sue dichiarazioni, che oggi deve rimangiarsi, per mettere nero su bianco.

Sono, comunque, soddisfatto della risposta, perché confesso che sul piano politico l’assessore Venturi ha chiarito adeguatamente non solo il percorso, ma anche le idee, tra cui quella della costruzione di un nuovo ospedale di Piacenza, che io personalmente condivido, con un’unica subordinata, vale a dire che l’ASL deve pensare a cosa vuol fare dell’area vecchia, in quanto si tratta di 180.000 metri in centro storico che non si possono lasciare andare in malora né pensare di non utilizzare più in alcun modo perché sarebbe un problema.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

 

OGGETTO 5348

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa le azioni da attuare per armonizzare i servizi del trasporto pubblico locale con gli orari di inizio e fine delle lezioni scolastiche. A firma del Consigliere: Sassi

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 5348: Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa le azioni da attuare per armonizzare i servizi del trasporto pubblico locale con gli orari di inizio e fine delle lezioni scolastiche.

La parola al consigliere Sassi. Risponderà l’assessore Bianchi. Prego, consigliere Sassi, ha sei minuti.

 

SASSI: Grazie, presidente.

Rinuncio al mio intervento di esposizione e attendo la risposta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Bene.

La parola all’assessore Bianchi, che ha tre minuti. Prego, assessore.

 

BIANCHI, assessore: Grazie, presidente. Ringrazio il consigliere Sassi per aver posto questo problema.

Il sistema scolastico è un sistema molto complesso, perché ovviamente deve tener conto dei diversi gradi di autonomia. In particolare, con la programmazione 2010 la normativa regionale ha assunto dalla normativa nazionale quel principio che permette ai dirigenti scolastici di poter organizzare con flessibilità le entrate e le uscite degli studenti.

Tutto questo ha il suo luogo di programmazione, fin dal 2003, con la legge n. 12, in Emilia-Romagna, nella Conferenza regionale del sistema scolastico, dove si riuniscono i rappresentanti delle scuole, i rappresentanti dei Comuni, i rappresentanti delle Province con l’Ufficio scolastico regionale, sotto la presidenza dell’assessorato. Questo è il luogo di programmazione ed è il luogo in cui, tra l’altro, viene fissato l’inizio dell’anno scolastico e, quindi, la partenza dei duecento giorni previsti dalla legge, più i cinque di flessibilità, che vengono assegnati proprio alle autonomie scolastiche per potere gestire, su base territoriale, la capacità di affrontare le feste tipicamente locali o i ponti che si considerano adeguati. Quindi, sulla base di questo aspetto il sistema implica una capacità dei Comuni e delle Province a intervenire. I Comuni hanno la responsabilità della gestione anche degli edifici delle scuole dell’obbligo, quindi dei comprensivi verticali, mentre le Province quello dei comprensivi orizzontali, ovvero quella delle scuole secondarie. D’altra parte, sulla base territoriale e, quindi, sulla base provinciale noi abbiamo spostato la capacità di svolgere quell’opera di mediazione, più che di armonizzazione, fra i bisogni dei diversi comprensivi e il territorio.

Io accetto tranquillamente le sue riflessioni, che ritengo opportune, anche perché noi andiamo a comprimere in una fascia oraria molto ristretta tutte le esigenze di mobilità di territori molto vasti, però credo che il modo sia quello, rispettando le autonomie e rispettando anche la funzionalità e l’efficienza delle organizzazioni, di andare ancora una volta nella Conferenza regionale e di rimandare poi su base territoriale la capacità di apportare i dovuti aggiustamenti, che possono anche apparire entro uno spazio molto limitato di tempo, ma che permetterebbero una migliore organizzazione anche dei flussi. Ovviamente, questo dipende territorio per territorio, avendo una diversa collocazione per quanto riguarda le diverse scuole. D’altronde, per le scuole primarie anche la mobilità deve essere garantita dai Comuni sui bacini comunali, mentre per le scuole di secondo grado il bacino si amplia, anche in considerazione del fatto che le scuole superiori generalmente si trovano nei capoluoghi o nei centri più grandi. Quindi, è quello il luogo in cui noi stiamo già da adesso operando in questo senso proprio, lo ripeto, sulla base della legge regionale del 2003.

La ringrazio, quindi, di queste sue riflessioni, che riporterò certamente in Conferenza.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Bianchi.

La parola al consigliere Sassi, che ha sei minuti a disposizione.

Prego, consigliere Sassi.

 

SASSI: Grazie, presidente.

Ringrazio l’assessore della risposta, che mi trova parzialmente soddisfatto. Comprendo, certamente, la necessità di un’autonoma organizzazione dei territori, tant’è che nella mia interrogazione non facevo riferimento all’eventualità che la Regione ne prendesse titolo, assolutamente. Anzi, proprio perché i territori sono ovviamente differenti tra loro, essi hanno una necessità di un’organizzazione e una pianificazione flessibile e non calata dall’alto e uguale per tutti, perché probabilmente sarebbe un problema. Tuttavia, mi permetto di avanzare, visto che il problema non è didattico o formativo, ma di mobilità degli studenti, una proposta, che ho azzardato a riportare nella mia interrogazione, vale a dire quella di sfalsare l’orario di ingresso dei plessi scolastici, che sono da valutare, ovviamente, in base anche alla programmazione didattica, di venti minuti, mezz’ora.

Questa soluzione – lo dico in pieno conflitto d’interesse – non l’ho individuata io, bensì una ragazzina di diciassette anni, che molto candidamente mi ha detto: “Ma non si può spostare l’orario?”. Io le ho risposto che l’orario si potrebbe anche spostare, ma è necessario che qualcuno assuma una tal decisione. Ebbene, questa soluzione, che all’apparenza può sembrare banale e semplice, deve essere strutturalmente coordinata e programmata all’interno sia dell’ambito scolastico che del trasporto pubblico locale.

L’alternativa sarebbe che io vada dal suo collega, l’assessore regionale ai trasporti, a rompergli le scatole affinché compri continuamente autobus, considerato che i ragazzi viaggiano stretti come sardine all’interno di questi scuolabus. Diverse volte ho personalmente viaggiato con loro e le assicuro che è una cosa allucinante. Peraltro, mi è stato sottoposto il caso singolo, che magari non è l’unico, di una signora che, per portare il proprio bambino a scuola a Reggio dalla provincia, dovendo andare in autobus in quanto non dotata di mezzo proprio, è costretta a tenere il bambino in braccio. È una roba da non crederci, una cosa veramente indegna. Credo che chi trasporta animali vivi abbia meno problemi. Del resto, se si mette un animale in più su un carro per il trasporto del bestiame, si va incontro a problemi incredibili.

Non bisogna sottovalutare, peraltro, il rischio a cui si va incontro, considerato che questi ragazzi viaggiano pressati all’interno di un mezzo, a volte anche fuori dalle regole, dal momento che gli autisti a volte si assumono anche la responsabilità di farli salire pur di non lasciarli a piedi. Qualcuno si è beccato anche delle multe.

Questa soluzione, nella sua semplicità, tende anche a generare un risparmio per la Regione. È sufficiente organizzare meglio gli orari, magari coinvolgendo la Conferenza regionale del sistema scolastico e qualche rappresentante del trasporto pubblico locale, anche perché è un servizio primario per l’accesso alla scuola. In questo modo si riesce a fare un unico discorso, senza nemmeno dover pensare di istituire l’ennesimo tavolo di lavoro, che non avrebbe senso visto che si tratterebbe di incastrare un tassello in più importantissimo, dato che i ragazzi non possono, certo, andare tutti in automobile a scuola. In questo modo daremmo soluzione a un problema a costo zero (diciamo così), perché comunque eviteremmo di andare a rompere le scatole al suo collega Donini per comprare autobus, e contestualmente andremmo a spalmare il carico dei ragazzi soprattutto nella fase d’ingresso. Del resto, per effetto delle diverse programmazioni formative all’interno dei plessi scolastici, le uscite sono già scaglionate in modo naturale, mentre gli ingressi no. Entrano tutti insieme allo stesso orario. Mezz’ora, venti minuti credo che sia una soluzione che, se ci mettiamo d’impegno, possiamo adottare. Certo, non può essere la Regione a decidere, ma può fungere da coadiutore, da coordinatore, da stimolo a questa discussione.

Per queste ragioni, spero che si riesca a trovare, nel più breve tempo possibile, la quadratura del cerchio e risolvere un problema molto sentito non solo – lo dico palesemente – da mia figlia. D’altronde, è notizia di ieri che anche a Imola si sono registrate situazioni molto simili a questa. Un’indagine si fa presto a farla. Però, proprio perché le Conferenze sono territoriali e l’autonomia è territoriale, ogni territorio potrebbe definire una propria programmazione, anche leggermente diversa dalle altre, per cui ci potrebbe essere chi decida di scaglionare nei dieci minuti, chi di non farlo, chi in una mezz’ora, lasciando comunque integra la propria autonomia, assolutamente. Certo, deve essere integrata con il servizio di trasporto, che è un aspetto fondamentale della questione considerato che la maggior parte dei ragazzi si sposta con i mezzi pubblici. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Sassi.

 

OGGETTO 5349

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dell’azienda Motori Minarelli. A firma del Consigliere: Taruffi

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 5349: Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dell’azienda Motori Minarelli.

La parola al consigliere Taruffi.

Risponderà l’assessore Costi.

Prego, consigliere Taruffi, ha sei minuti.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

L’interrogazione che poniamo muove dai fatti che sono avvenuti negli ultimi giorni, di cui ha dato ampio risalto la stampa, e che riguardano la Motori Minarelli, casa motociclistica ben nota di Calderara di Reno, di proprietà della Yamaha, che purtroppo non solo negli ultimi giorni, ma ormai da qualche anno presenta ciclicamente problemi relativamente al numero dei lavoratori che in quella azienda vengono impiegati. Recentemente i vertici aziendali hanno annunciato l’avvio di un processo di licenziamento di 70 lavoratori nei due stabilimenti, dove complessivamente lavorano 260 persone. Non solo, si stima anche un taglio del 10 per cento della produzione nei prossimi 2-3 anni, che si somma a quello già registrato negli anni precedenti. Dai 74.000 motori prodotti ogni anno si dovrebbe passare a circa 65.000-68.000, con una riduzione significativa della produzione.

Interroghiamo, pertanto, la Giunta per conoscere quali azioni intenda mettere in campo e soprattutto la invitiamo ad avviare quanto prima, come richiedono le organizzazioni sindacali, un tavolo al Ministero dello sviluppo economico per cercare di ripristinare una situazione che ci preoccupa non poco, che preoccupa non poco i lavoratori e le loro famiglie, ma che segnala come ancora, evidentemente, anche nella nostra regione e anche nella provincia di Bologna esistano situazioni di difficoltà delle imprese e delle realtà produttive, alle quali dobbiamo in tutti i modi cercare di far fronte. L’interrogazione va in questa direzione e attendiamo una risposta.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

Assessore Costi, prego, ha la parola.

 

COSTI, assessore: Grazie, consigliere Taruffi, per questa interrogazione, che permette di informare che noi stiamo seguendo questa vicenda. Solitamente prendiamo i contatti con le rappresentanze sindacali proprio per restare continuamente informati.

Come diceva lei, questa azienda ha già attivato una CIGS per crisi, che dovrebbe scadere il 22 dicembre di quest’anno, e nel frattempo in settembre ha aperto una procedura di licenziamento collettivo per 68 lavoratori. Solitamente l’utilizzo degli ammortizzatori sociali conservativi è uno degli strumenti per gestire le fasi di crisi e di riorganizzazione, consentire il superamento dei momenti di difficoltà e poi riprendere al meglio la produzione.

Ad oggi, il confronto è ancora a livello di azienda e sindacati. Abbiamo letto tutti che ieri si è svolto l’incontro, che non è andato bene. Si sono aggiornati al 12 ottobre sempre ancora in sede di confronto azienda e sindacati. Nel frattempo, i segretari provinciali di FIOM e FIM hanno annunciato che avrebbero chiesto al Ministero dello sviluppo economico l’organizzazione del tavolo, nel caso chiaramente l’azienda, nel prossimo incontro, non decida di ritirare la procedura di licenziamento collettivo. Personalmente posso dire che noi, come Regione, parteciperemo a questo tavolo attivamente, come sempre abbiamo fatto, perché sentiamo il dovere di costruire una soluzione con i nostri strumenti per tutelare i lavoratori, però mi permetto di dire che questo non basta.

Grazie agli sforzi che sono stati compiuti da questa Regione e soprattutto agli sforzi che ha compiuto il sistema regionale, il settore manifatturiero oggi vive un momento di rilancio, di cui l’automotive è un’eccellenza, ma questo soltanto perché quel settore ha deciso di puntare sulla ricerca, sull’innovazione e sulla formazione. Basti pensare al MUNER e a quello che è stato fatto proprio per tenere questo settore sempre un passo in avanti. Per cui, come Regione non possiamo accettare che un grande gruppo proprio del settore automotive, perché di questo si tratta, depotenzi progressivamente il sito della Motori Minarelli, dal momento che questa, come ricordava il consigliere Taruffi, è un’operazione che si sta perpetrando da tempo, azienda che da sempre – mi permetto di dire – rappresenta un unicum di conoscenze, di competenze e di saper fare.

Per queste ragioni, non lasceremo nulla di intentato affinché Yamaha torni sui suoi passi e soprattutto investa sul futuro di questo nostro sito bolognese. Tant’è che nei prossimi giorni è mia intenzione – accelerò, comunque, le procedure – chiedere un incontro urgente con i vertici dell’azienda per discutere anche di questa delicata vicenda.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Costi.

La parola al consigliere Taruffi, che ha a disposizione quattro minuti.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Ringrazio l’assessore Costi, che sollecitiamo molto spesso in quest’Aula per interventi relativi a crisi aziendali o situazioni comunque di difficoltà e alla quale non manco di riconoscere l’impegno diretto su tante situazioni di crisi.

Ciò detto, bene l’impegno della Regione, bene gli impegni che sono stati assunti dall’assessore. Chiaramente la situazione, come ho detto prima, ci preoccupa non poco, soprattutto perché purtroppo sappiamo bene – l’abbiamo sperimentato più e più volte in questa regione e nella provincia di Bologna in particolar modo – che i rapporti con le multinazionali spesso sono difficili da instaurare e a volte diventa anche difficile incontrarsi e discutere. Quindi, bene la richiesta di tenere un incontro con i vertici dell’azienda.

Appare comunque evidente, poiché come Istituzione ci giochiamo molto sul lavoro e poiché questo è un comparto che afferisce a uno dei tre asset fondamentali della Motor Valley, quindi rappresenta il rilancio di un comparto per noi strategico, che anche l’intervento del Ministero deve avvenire quanto prima e quanto prima si deve dar vita a questo incontro. Fermo restando che il punto di fondo è che manca un piano industriale vero e serio, come purtroppo spesso accade, di rilancio e noi non possiamo accettare che, ogniqualvolta ci si trovi di fronte a situazioni di crisi o di difficoltà aziendale, l’unica voce sulla quale si pensa di intervenire è sempre e solo il costo del lavoro e, di conseguenza, il taglio del personale. Queste scelte vanno modificate e la politica e le Istituzioni devono intervenire in tal senso, altrimenti il nostro ruolo oggettivamente rischia di venire meno.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

 

OGGETTO 5350

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela delle famiglie che, a seguito della determinazione dei nuovi requisiti economici per l’accesso e la permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, dovranno abbandonare quelli attualmente utilizzati. A firma del Consigliere: Bignami

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 5350: Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela delle famiglie che, a seguito della determinazione dei nuovi requisiti economici per l’accesso e per la permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, dovranno abbandonare quelli attualmente utilizzati, a firma del consigliere Bignami, a cui darei la parola. Non lo vedo. L’ho visto un attimo fa, ma non lo vedo in questo momento. Ho abbassato gli occhi e non l’ho più visto. Ecco, dicevo a firma del consigliere Bignami, a cui do la parola. Risponderà la vicepresidente Gualmini.

Prego, consigliere Bignami.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente.

Credo che l’illustrazione dell’interrogazione sia abbastanza dettagliata per consentire all’assessore di poter dare riscontro, riservandomi poi di utilizzare il tempo a fronte dell’esito della risposta.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bignami.

Vicepresidente Gualmini, ha la parola per tre minuti. Grazie.

 

GUALMINI, vicepresidente della Giunta: Grazie. Ringrazio anche il consigliere che mi permette di chiarire alcuni elementi obiettivamente delicati della riforma.

Come lei sa, la riforma dell’ERP si muove su due distinti canali. Peraltro, ci sono anche due delibere interessate, la n. 894 del 2016 e la n. 739 del 2017. I due canali sono la revisione delle soglie di reddito soprattutto per l’uscita dalle case popolari, con l’obiettivo di aumentare lievemente il tasso di rotazione, ad oggi di fatto inesistente, cioè fermo allo 0,1, e la revisione dei canoni di affitto introducendo un meccanismo di calcolo di tipo oggettivo. Entrambe queste parti della riforma, in verità, si sono anche rese necessarie – lo sottolineo – a causa della riforma nazionale dell’ISEE, su cui ovviamente la Regione non ha potuto intervenire, ma di cui la Regione deve tener conto in sede di applicazione dei propri regolamenti.

Per quanto riguarda il calcolo degli affitti, sostanzialmente sono state introdotte tre modifiche. La prima, sono stati aumentati i valori dei canoni minimi, valori decisi dai Comuni. Consideri che in alcune province della nostra regione si pagavano tredici euro al mese per l’affitto in una casa popolare, nonostante in verità i regolamenti della Regione prevedano che il canone minimo sia comunque legato al costo minimo di gestione. La seconda, sono state introdotte caratteristiche di tipo strutturali per valorizzare l’oggettività dell’alloggio, nel bene e nel male, ovverosia sia per alloggi obsoleti che per alloggi meno obsoleti. La terza, sono state previste clausole di salvaguardia nel caso di aumenti o diminuzioni eccentrici rispetto al passato. Non ci risulta, dalle simulazioni condotte dalle ACER, che ci siano aumenti straordinari. Comunque, abbiamo istituito al riguardo un tavolo di monitoraggio e, ovviamente, staremo attenti.

Per quanto riguarda, invece, l’uscita dalle case popolari, siamo assolutamente attenti ai bisogni delle categorie più fragili e vulnerabili, tant’è che, come lei sa, abbiamo introdotto quattro meccanismi di mitigazione. Il primo è quello che prevede che persone fragili, quindi anziani o disabili, possano rimanere nell’alloggio ERP anche qualora superino i limiti di reddito e di patrimonio fino a un massimo del 20 per cento. Il secondo meccanismo è quello dei nuclei che sono un po’ borderline, cioè che superano di poco la soglia di decadenza, quindi entro il 10 per cento. Il terzo meccanismo di mitigazione riguarda la possibile trasformazione di un alloggio ERP in alloggio ERS, purché il totale degli alloggi rimanga uguale. Il quarto scivolo prevede un percorso di accompagnamento con le agenzie sull’affitto, su cui tra l’altro è già attivo un gruppo di lavoro della Regione.

Sottolineo, però, come alcuni nuclei in realtà abbiano patrimoni bancari e caratteristiche tali per cui non occorre necessariamente un accompagnamento sociale, ossia sono perfettamente in grado di affittare o acquistare una casa sul mercato.

Per quanto riguarda, invece, le famiglie in condizioni di debolezza, su cui lei pone l’accento, non solo i Comuni si sono dichiarati disponibili a utilizzare tutte le leve delle politiche sociali, ma noi stessi valuteremo se sarà il caso di prorogare eventualmente alcuni meccanismi di mitigazione, oppure se dovremo andare avanti in questo modo. Nessuno vuole causare shock dall’oggi al domani, quello che ci interessa è che nel medio-lungo periodo chi entra oggi in una casa popolare almeno sappia che non ci rimarrà per tutta la vita e che non diventerà un bene da far ereditare ai figli. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, vicepresidente Gualmini.

La parola al consigliere Bignami, che ha sei minuti.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente. Grazie anche alla vicepresidente Gualmini.

Intanto ringrazio la vicepresidente per aver ricostruito in maniera puntuale l’intera vicenda, rispetto alla quale quindi esprimo soddisfazione sulla risposta. Una valutazione che pongo alla sua attenzione è quella di verificare se non siano maturati i tempi per provare a indire un piano vendite per consentire a coloro che attualmente possono permetterselo l’acquisto dell’alloggio, scelta che, tra l’altro, consentirebbe di garantire una qualche liquidità alle Aziende case popolari, con cui magari provare a compiere qualche investimento di valorizzazione dell’esistente. Tra l’altro, l’intervento prossimo della legge urbanistica dovrebbe portare a processi di riqualificazione. È chiaro che questa azione deve essere condotta in stretta correlazione per evitare la parcellizzazione della proprietà immobiliare soprattutto sugli interventi ACER, che dovrebbero essere quelli maggiormente destinatari degli interventi di riqualificazione e rigenerazione immaginati dalla nuova legge urbanistica. Tuttavia, potrebbe essere un buon punto di sintesi tra le esigenze dei nuclei familiari che magari oggi sono nelle condizioni di acquistare gli immobili e la possibilità di ACER di capitalizzare, altrimenti, delle situazioni che rischiano – la vicepresidente ne è ben consapevole – di non vedere poi riassegnati questi immobili, visto che da tanti anni sono in permanenza alla medesima famiglia e magari si è realizzato un deterioramento che comporterebbe interventi di ristrutturazione significativi, che pongono in questa fase fuori dalla possibilità di assegnazione quegli immobili stessi in quanto, appunto, non dotati di tutte le certificazioni e di tutte le agibilità necessarie.

In conclusione, ribadendo la soddisfazione per la risposta e per la ricostruzione complessiva, mi permetto di sottoporre all’assessore, ovviamente in stretta relazione con gli interventi programmati nella legge urbanistica, una valutazione in ordine al piano vendite finalizzato a consentire a queste famiglie di divenire definitivamente proprietarie di immobili che spesso hanno già da decenni nella loro disponibilità.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bignami.

 

OGGETTO 5351

Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dello stabilimento produttivo del gruppo Froneri (ex Nestlé) di Parma. A firma del Consigliere: Rainieri

(Svolgimento)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 5351: Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dello stabilimento produttivo del gruppo Froneri (ex Nestlé) di Parma, a firma del consigliere Rainieri, a cui do la parola. Risponde l’assessore Costi.

Prego, consigliere Rainieri.

 

RAINIERI: Grazie, presidente.

Assessore, lei saprà benissimo quello che sta succedendo a Parma, anche perché ho letto i suoi interventi sulla stampa, però quello che credo non sappia o, meglio, quello che credo debba essere sottolineato è che i dati parlano di 120 lavoratori, ma non è esattamente così, sono molti di più, sono circa 250, se consideriamo anche gli stagionali.

Lo stabilimento ex Nestlé, oggi Froneri, è uno stabilimento importante per Parma ed è uno stabilimento che è anche storico, quindi sarebbe un’altra parte storica della città che abbandona il nostro territorio. È una situazione che si protrae da anni, perché c’erano state tante rassicurazioni, che invece andavano nella direzione di preparare quello che oggi purtroppo sta succedendo. I vertici avevano smentito l’ipotesi dei licenziamenti, purtuttavia, mentre da una parte si prodigavano a smentire questa ipotesi, dall’altra parte lavoravano per preparare il terreno a quello che poi è successo.

Questa è una situazione che, al di là dei danni economici arrecati al territorio, ci preoccupa, perché all’interno di questo stabilimento ci sono molte famiglie che vivono solo ed esclusivamente di quel tipo di lavoro e ci sono società, come la Coop e la Conad, che usufruiscono dei prodotti di questa ditta quasi in esclusiva. Per cui, ci chiediamo se la Regione, al di là delle sue dichiarazioni, che capisco perché sono state rese nell’immediatezza della notizia, ha già iniziato a fare qualcosa di concreto e se non vale la pena di coinvolgere i due più grossi acquirenti, quindi Coop e Conad, per evitare che la situazione diventi ancora più complessa.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rainieri.

La parola all’assessore Costi. Prego.

 

COSTI, assessore: Ringrazio il consigliere Rainieri. Noi stiamo seguendo, anche in questo caso da subito, questa vicenda. Ricordo che il gruppo Froneri è composto al 50 per cento da Nestlé Italia e al 50 per cento da R&R, che è una multinazionale inglese, proprietaria di un fondo. Noi stiamo seguendo questa vicenda anche perché abbiamo già visto che la Nestlé Italia ha attivato procedure di CIGS, quindi la stiamo seguendo nel suo complesso.

Desidero rilevare che la Froneri Italy ha adottato uno strano comportamento, in quanto prima ha aperto una procedura di cassa integrazione, poi a un certo punto ha aperto, invece, una procedura di licenziamento collettivo e, infine, ha annunciato in quest’ultima lettera di apertura degli esuberi di voler chiudere l’intera struttura di produzione e gli uffici ad essa collegati del sito di Parma e di voler rivedere anche gli assetti organizzativi degli uffici non strettamente legati alla produzione.

Noi siamo consapevoli che stiamo parlando di un sito produttivo di eccellenza, come ha detto lei, del settore alimentare, e siamo preoccupati, quando si verificano queste vicende, come quella precedente, delle conseguenze che queste scelte determinano in termini di posti di lavoro, diretti ma anche indiretti, non semplicemente stagionali, perché mi permetto di far presente che dietro ci sono anche le filiere, e quindi anche il rischio di un impoverimento industriale soprattutto in un settore, quello alimentare, che è il nostro fiore all’occhiello, in particolare quello del territorio di Parma.

Ci siamo già mossi assieme alle Istituzioni locali, con il sindaco e con la Provincia, e abbiamo convocato questo tavolo di salvaguardia per il 12 ottobre prossimo presso il Comune di Parma, perché è chiaramente urgente confrontarci con l’impresa, anche alla luce del fatto che fino a poco tempo fa l’impresa, interpellata, aveva smentito questa volontà di procedere ad un’apertura degli esuberi. Quindi, l’appuntamento del 12 ottobre prossimo rappresenta per noi chiaramente un momento molto importante.

Non vi nascondo, però, visto che l’azienda fa parte di un grande gruppo, che abbiamo già avvisato il Ministero, perché noi abbiamo un’attenzione rispetto alla situazione della nostra regione, ma sappiamo già che è in atto un ridisegno rispetto al piano nazionale. Pertanto, mi permetta di dirle con molta schiettezza che noi intendiamo lavorare su questo fronte e non abbiamo intenzione di interpellare altre imprese che hanno contatti con quell’azienda, perché a questo punto dovremmo aprire, per tutte le situazioni di crisi, vicende che non ci competono e per le quali non abbiamo né gli strumenti né i mezzi per intervenire.

Le posso dire, comunque, che come Regione lavoreremo sia per parte nostra sia al tavolo nazionale per salvaguardare non solo la difesa dell’occupazione, ma proprio il sito produttivo, perché comunque rappresenta un asset per noi fondamentale. Aggiungo, inoltre, che sarebbe opportuno che tutti noi cominciassimo a fare una riflessione nei confronti di un grande gruppo come la Nestlé, un marchio chiaramente internazionale, che detiene il 50 per cento della Froneri, che decide di tagliare le radici con il territorio che ha creato e dato valore ai suoi prodotti.

Ricordo che la Nestlé Italia è presente in Italia dal 1875, ha acquisito grandi marchi che sono leader nella qualità alimentare, e se voi andate a leggere le sue dichiarazioni tra i suoi valori manifestati trovate l’unione tra la tradizione, la ricerca avanzata e un intenso investimento nelle attività di sostegno alle comunità locali, questo nell’ottica proprio della creazione di valore condiviso. Ebbene, mi pare che con le azioni che loro oggi stanno intraprendendo – e questo gruppo in passato ha avuto anche qualche problema – contraddicano esattamente quanto loro hanno dichiarato, dichiarano e continuano a dichiarare.

In conclusione, come ho già detto anche per la questione precedente, credo che siano situazioni dove, come Regione, dobbiamo mettere in atto…

 

PRESIDENTE (Saliera): Assessore, la invito a concludere.

 

COSTI: Ho finito.

Metteremo in atto tutto ciò che è di nostra competenza, in raccordo con il Governo, trattandosi di una multinazionale, e non lasceremo intentato assolutamente nulla, come abbiamo fatto fino ad oggi rispetto a tutte le grandi crisi, chiaramente utilizzando i sistemi e le possibilità che una Regione, quindi un Ente pubblico, ha a sua disposizione.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Costi.

La parola al consigliere Rainieri, che ha quattro minuti a disposizione.

 

RAINIERI: Grazie, presidente.

Assessore, prendiamo le sue parole con grande attenzione. Le chiedo, però, di verificare effettivamente quello che lei ha detto perché, se la Nestlé, come sappiamo, non ha grande attenzione al territorio, bisogna in qualche modo che la Regione intervenga. D’altronde, la Regione Emilia-Romagna continua a ripetere in ogni occasione che la disoccupazione sta diminuendo e il lavoro sta aumentando, per cui ritengo che questo non sia certo il caso più bello da portare come esempio. Quindi, le chiedo di intensificare il vostro lavoro, insieme al Governo, come ha detto lei, ma soprattutto di fare in modo che queste multinazionali che arrivano sul nostro territorio a fare shopping – vedasi il caso della Parmalat che è andata in mano ai francesi – non portino queste situazioni a una degenerazione. Del resto, si ascoltano tante belle parole nel momento in cui si procede alle acquisizioni, ma poi si assiste al ripetersi purtroppo di queste situazioni con troppa costanza.

So che i lavoratori questa mattina sono a Milano, davanti alla sede centrale della Nestlé, a protestare. Aspettano con interesse la data del 12 ottobre per conoscere il loro futuro. Il dramma è che questi lavoratori sono stati licenziati senza nessun tipo di ammortizzatore, quindi anche per loro diventa una situazione ancor più drammatica in virtù di quello che sta succedendo.

La provincia di Parma subirà un grosso tracollo da questa situazione e credo non ne abbia bisogno, ma qui non allarghiamo alla situazione dei ponti tra Lombardia e Parma, non allarghiamo ad altre situazioni che potremmo prendere in considerazione, ma rimaniamo alla questione del lavoro. Chiediamo alla Regione, al presidente della Regione, visto che è qui stamattina, e che tra poco ci illustrerà il suo progetto di autonomia, di prendere coscienza che la Regione non si ferma a Reggio, ma che ci sono anche altre Province un pochettino più a nord della Regione, alle quali va data un pochettino di più di attenzione.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rainieri.

Procediamo con l’ordine del giorno.

 

OGGETTO 5166

Comunicazione del Presidente della Giunta sul "Documento di indirizzi della Giunta regionale per l'avvio del percorso finalizzato all'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione"

(Discussione)

 

OGGETTO 5321

Risoluzione proposta dal Presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, recante: Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.

(Discussione)

(Risoluzioni oggetti 5336 - 5147 - Discussione)

(Risoluzione oggetto 5024 - Ritiro)

(Risoluzioni oggetti 5359 - 5360 - 5361 - Presentazione e discussione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Iniziamo con la comunicazione 5166: “Comunicazione del presidente della Giunta sul ‘Documento di indirizzi della Giunta regionale per l’avvio del percorso finalizzato all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, comma terzo, della Costituzione’”.

La Commissione bilancio affari generali e istituzionali in data 25 settembre 2017 ha concluso l’esame preliminare alla trattazione in Assemblea legislativa della comunicazione del presidente della Giunta, e ha conferito il mandato al presidente della commissione, ai sensi dell’articolo 104, comma 2, del Regolamento interno a presentare la proposta di risoluzione oggetto n. 5321.

La comunicazione n. 5166 viene discussa in abbinamento alle risoluzioni 5321, quella proposta dalla Commissione, la 5336, la 5024, la 5147. Mi preme sottolineare che sulla 5321, la risoluzione proposta dal presidente Pompignoli, su mandato della I Commissione, al momento insistono nove proposte di emendamenti: una a firma dei consiglieri Caliandro, Calvano Sabattini, tre emendamenti a firma dei consiglieri Caliandro, Calvano; tre a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Calvano, Taruffi; due a firma dei consiglieri Caliandro, Prodi, Taruffi.

È inoltre stata aggiunta, quindi abbinata oggi in aula, un’ulteriore risoluzione, la n. 5359, che credo vi sia già stata distribuita, a firma dei consiglieri Sensoli, Bertani e Sassi.

Come da discussione in Conferenza dei Capigruppo, stamattina sono stati definiti i tempi a disposizione per ciascun consigliere, per un totale di venti minuti per ciascun consigliere in discussione generale e cinque minuti per Gruppo per la dichiarazione di voto.

Essendo pervenuti comunque degli emendamenti, aggiungerei, come presidenza, cinque minuti in discussione generale, per gli emendamenti, per ciascun consigliere. Se non ci saranno osservazioni nel merito, così si procederà.

Do ora la parola al presidente della Giunta, Stefano Bonaccini, per la comunicazione sul Documento di indirizzi della Giunta per l’avvio del percorso finalizzato all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, comma terzo, della Costituzione.

Prego, presidente Bonaccini, ha la parola. Ha venti minuti a disposizione.

 

BONACCINI, presidente della Giunta: Grazie, presidente.

Provo, se riesco, ad usarne meno, perché mi pare che la cosa sia molto conosciuta, e mi pare, soprattutto, che possiamo svolgerne un asse che parte dal tentativo di provare a portare a compimento ciò che in questo Paese non è mai stato portato a compimento – né si è tentato di farlo, in realtà.

Stiamo parlando dell’attivazione della richiesta di maggiore autonomia, come previsto partendo da un percorso che cita il comma 3 dell’articolo 116 e altri seguenti, che fu introdotto nella riforma costituzionale del 2001. Fu il centrosinistra a introdurlo, su proposta di Bressa nell’allora Bicamerale D’Alema. Dopo ci fu l’approvazione, attraverso il referendum del 2001, che inserì nella Costituzione alcune novità tra cui questa.

Per la verità, un tentativo ci fu nel 2006-2007, con il presidente Formigoni, che con la Lombardia tentò l’accordo col Governo Prodi, o una strada per arrivare a un tentativo di accordo, che però venne sostanzialmente messo in un cassetto l’anno successivo, con l’arrivo del Governo Berlusconi – ministri Zaia e Maroni. Obiettivamente, Governi di centrodestra e Governi di centrosinistra, non c’è mai stata nessuna concessione, o meglio, non c’è stata in realtà nessuna richiesta, attraverso questo strumento, di maggiore concessione di autonomia.

Noi pertanto cerchiamo, attraverso quella opportunità che la Costituzione ci concede, e soprattutto alla luce del referendum dello scorso dicembre, per il quale tanti di noi certamente avevano, da questa parte del tavolo, anche in aula, l’auspicio che fosse andata in maniera differente. Si deve tener conto della volontà popolare, e quindi, alla luce di mancate riforme, noi abbiamo pensato che fosse giusto tentare una strada, specificato quali competenze, o su quali competenze chiedere maggiore autonomia – perché una parte di competenze riteniamo debbano necessariamente stare in capo allo Stato – affinché la Regione Emilia-Romagna nel caso specifico, potesse farne richiesta.

Da questo punto di vista, voglio fare però due premesse. La prima è che l’unità nazionale per noi è sacra. Guai cioè all’idea, al tentativo, all’insinuazione, che peraltro nel recente passato c’è stata, di chiedere qualsiasi forma di indipendenza e quindi di separazione dallo Stato nazionale. Per noi l’unità nazionale è sacra, anche nel principio di solidarietà e sussidiarietà tra le stesse Regioni.

La seconda premessa è che noi non chiediamo, né chiederemmo mai, almeno per la parte che rappresentiamo, una specialità, cioè di essere Regione a Statuto speciale, posto che chi lo chiede spieghi bene perché non lo sta facendo, quale sarebbe l’iter, il percorso per arrivare ad ottenere…

 

(I consiglieri della Lega Nord mostrano stendardi della Catalogna e bandiere con scritto “Regione Romagna”)

 

PRESIDENTE (Saliera): Primo invito: chiedo ai componenti del Gruppo della Lega di abbassare gli stendardi. Primo invito, bandiere. Vi chiedo di abbassarle immediatamente. È un invito.

Chiedo ai questori, Pruccoli, che non c’è, e Foti. Mi avvalgo, ai sensi dell’articolo 13, se mi danno qualche indicazione, altrimenti si proceda alla sospensione.

Prego, questore Foti.

 

FOTI: Il sistema non va.

 

PRESIDENTE (Saliera): Può parlare, si sente, anche se è coperto.

Secondo invito ad abbassare le bandiere.

La seduta è sospesa.

 

(La seduta, sospesa alle ore 10,48, è ripresa alle ore 11)

 

PRESIDENTE (Saliera): Vi prego di riprendere posto e di rimanere un attimo in silenzio, in modo da ridare la parola, per la comunicazione, al presidente.

Chiederei al presidente Bonaccini, scusandomi per l’intera Assemblea, di riprendere da capo: ha a disposizione venti minuti.

 

BONACCINI: Do per già detto quello che ho indicato prima.

Mi dispiace, siccome ci erano stati chiesti più tempo, approfondimento, competenze, eccetera, che ci si lasci andare a manifestazioni tali, ma in ogni caso ognuno sceglie la strada che preferisce.

Io voglio stare al punto del dibattito e al merito, perché credo che sia il merito della questione quello che fa premio e che fa gioco.

Dicevo che per noi l’unità nazionale in primo luogo è sacra, e dicevo che noi non chiediamo né chiederemo l’istituzione di una Regione a Statuto speciale, posto che lascerò spiegare a chi interverrà, e che fa la proposta – che spieghi bene, altrimenti lo farò io in conclusione – l’iter che serve, cioè di riforma e di cambio della Costituzione italiana, per arrivare a richiedere di essere Regione a Statuto speciale.

Credo che questo Paese, opinione nostra, non si possa permettere di avere Regioni che una ad una chiedono una specialità. Tra l’altro, la storia di questo Paese è fatta di specialità concesse a talune Regioni: nel caso di Val d’Aosta e Sicilia, la storia era antecedente persino all’Unità nazionale; il Friuli Venezia Giulia ha avuto una specialità riconosciuta per questioni legate a ciò che è successo nell’ex Jugoslavia; il Trentino Alto Adige, con le due Province autonome richiamava una discussione che si riferiva alle Istituzioni internazionali; alla Sardegna fu concessa la specialità perché era una Regione, al pari della Sicilia, sostanzialmente un’isola, staccata dall’Italia.

Detto questo, per quanto mi riguarda, io credo che sarebbe anche forse il tempo di immaginare una discussione sulle specialità che oggi sono presenti in Italia. Non credo che la storia e il futuro di questo Paese siano tali che una ad una, le Regioni, a partire da quelle più ricche, possano richiedere di diventare Regioni a Statuto speciale.

In secondo luogo, noi abbiamo deciso, quindi, di provare a percorrere una strada nella quale un punto sia fissato, e sia fissato dentro una discussione, che vede un Parlamento eletto nel 2013 andare a scadenza naturale la prossima primavera, se terminerà a scadenza naturale il suo mandato, e che quindi ha pochi mesi, non solo per consentire al Governo – ci verrò al termine – di provare a trovare una sorta di accordo con la Regione che chiede di accedere a maggiore autonomia, ma soprattutto a un Parlamento, nel caso la concedesse, di votare a maggioranza assoluta una legge che consegni l’autonomia alla Regione che ne fa richiesta.

Ora, sapendo la difficoltà di tempi e di composizione del Parlamento stesso, noi crediamo, però, che sia una strada da provare a percorrere fino in fondo, perché vogliamo affermare un principio: il principio è quello che una Regione che dimostri di essere virtuosa, che abbia i conti in ordine, come noi riteniamo l’Emilia-Romagna sia, può permettersi di avere una premialità. Una premialità non per avere più risorse che arrivino da Roma, non si tratta di questo, ma per trattenere all’origine e alla fonte una parte di esse, per investire su quella parte di competenze per le quali chiedi tu di gestire in autonomia ulteriore, e rispetto alle quali, discutere successivamente il tipo di strumento fiscale, ad esempio, con cui trattenere quelle risorse, posto che abbiamo chiarito molto bene ieri, alle parti sociali, come lo avevo chiarito pubblicamente, che noi non intendiamo mettere una sola tassa in più.

Parlo del fatto, ripeto, di poter gestire. Perché chiedere più autonomia? Perché noi riteniamo di sapere dove e come investire una parte di risorse che venissero trattenute alla fonte qui, e di saperlo fare bene, anzi, io penso molto bene, per la qualità, ad esempio, delle politiche dei servizi che si erogano in questa Regione.

È per questo che abbiamo attivato un percorso che ha coinvolto le parti sociali, coinvolgendole al pari dell’Assemblea legislativa – e nelle parti sociali sono anche gli amministratori che firmarono il Patto per il lavoro – attraverso le Commissioni, per andare puntualmente a definire e a descrivere quali fossero le competenze, e dentro a quelle competenze la specificità delle richieste che l’Emilia-Romagna avanzava. Oggi la Giunta le porta con un documento a cui vi sono anche alcuni emendamenti, e che ieri, ad esempio, ha trovato il consenso unanime delle parti sociali che abbiamo riunito. In queste settimane, e le voglio perciò ringraziare tutte, hanno portato contributi e richieste di migliorie a un percorso che io credo, attraverso anche quelle richieste, abbiamo potuto arricchire, e – mi permetto di dire, ma è un’opinione personale – persino migliorare, rispetto a un indirizzo che mi pare non sia di poco conto, che vede le parti sociali coinvolte, dando un senso alla definizione di un percorso che a partire dalla stesura di quel Patto per il lavoro, che lo dico con grande umiltà e con mia sorpresa, lo stesso Papa Francesco l’altro giorno ha indicato – non sto adesso a intervenire nel merito, non mi interessa, intendo come metodo – per concertare un rapporto e un lavoro che in questa terra, tra parti sociali differenti e con interessi a volte persino contrapposti, si è riusciti a incanalare in un dibattito che nel dibattito istituzionale fa sì che oggi noi troviamo, questa è la nostra opinione, da quel percorso e processo anche un’utilità che è vista anche nei numeri, ai quali, seppure non da solo, certamente anche quel patto ha contribuito.

Con quella platea così vasta di rappresentanze della nostra regione e della nostra società, noi abbiamo trovato ieri un punto di vista coincidente rispetto al fatto che su alcune competenze, proverò ad elencare quali, noi crediamo che un Governo che ascoltasse e comprendesse, e un Parlamento che ascoltasse e comprendesse, e dunque ci consegnasse richiesta di maggiore autonomia, che non è ovviamente separazione, lo voglio dire… Ieri avevo ricevuto qualche insulto, e fa niente, bisogna avere il fisico anche per farli e per riceverli, ma noi non siamo per dire no alla Romagna, siamo per dire sì all’Emilia-Romagna. La nostra è una Regione che oggi ha performance e risultati che la pongono davanti a tutti in questo Paese, ma ho sempre detto – fosse stata anche seconda, terza, o quarta, non è questo il punto – che mi interessa che la pongano quale una delle locomotive, se non la locomotiva di questo Paese, che deve però crescere ancora più robustamente. Abbiamo, infatti, obiettivi molto precisi: uno su tutti, fare in modo che fra tre anni qui ci sia di nuovo la piena, e non ci basta, e buona occupazione, con un grado e un livello di servizi, a partire da quelli della tutela della salute, che sia garantito a tutti i cittadini nell’universalità dell’idea che istruzione e diritto alla salute debbano essere garantiti a tutti i cittadini, indipendentemente dalle condizioni nelle quali nascono e nelle quali crescono, da soli, o insieme alle loro famiglie.

Dentro quell’idea, quindi, c’è quella di una Regione che attraverso la richiesta di maggiore autonomia provi ad essere più forte, ancora più competitiva, in un’epoca in cui la globalizzazione richiede anche la misura del fisico con cui ti confronti, la dimensione. Altrimenti, non si capirebbe perché il punto di vista anche del mondo del lavoro e delle imprese tende e punta ad aggregare piuttosto che a ridurre o a dividere.

Proprio per questo motivo, noi abbiamo allora cercato di indicare alcune competenze molto specifiche, che permettano di provare a correre più speditamente. Al centro, ovviamente, il tema del lavoro, il tema della tutela e della sicurezza sul lavoro, il tema del lavoro abbinato alla formazione e dunque all’istruzione tecnica professionale che abbiamo detto che in questo Paese è stata per troppo tempo abbandonata, e che soprattutto vede, oggi che c’è davvero una ripresa vera, nei numeri, nei fatti, nelle richieste delle imprese di specializzazione, figure tecnico-professionali che a volte, spesso, mancano. È per questo che avevamo fatto riferimento – no, Patrizio Bianchi? – ad una rete di politecnici che potesse assolvere alla funzione di provare a indicare anche una specializzazione, laddove queste figure vengono a mancare o non sono sufficienti.

Vi è poi certamente il tema dell’impresa, l’internazionalizzazione e il commercio con l’estero, per una Regione che per la prima volta, nel 2016, ha superato tutto per quantità di prodotto esportato per quota pro-capite. La ricerca scientifica e tecnologica, il sostegno all’innovazione dei sistemi produttivi e delle start-up d’impresa, sono alcuni dei cuori del futuro che noi vogliamo consegnare a questa Regione: parlo del fatto che attraverso l’investimento in qualità noi si possa competere, pur con un costo del lavoro più alto, e ci mancherebbe che si abbassasse, dal punto di vista, intendo, della paga dei lavoratori, seppure auspichiamo che vi sia un provvedimento nazionale, prima o poi, speriamo presto, piuttosto che tardi, che riduca il cuneo fiscale per le conseguenze che potete ovviamente immaginare, per i lavoratori e per le imprese.

Sicuramente però noi oggi pensiamo che l’investimento in qualità sia quello che può fare la differenza, e la differenza, peraltro, per una Regione che ha ridotto di 2,5 punti in soli due anni la disoccupazione, ma che ha – quello mi interessa molto – il maggior tasso di attività, in questo momento, nel Paese, perché possa ulteriormente investirci ed investire.

C’è poi il tema del governo del territorio, a partire dal concetto di riqualificazione e rigenerazione urbana, che discuteremo tra qualche settimana, in previsione di una nuova legge urbanistica. Al di là di quello, e anche non ci fosse quell’elemento di discussione, un elemento che deve fare svoltare, noi pensiamo in questo momento a questa terra, ma crediamo, in prospettiva all’intero Paese, e pensiamo che si sia consumato troppo suolo vergine. È un tema di tutela dell’ambiente laddove non vogliamo condizionare norme nazionali, che è bene stiano in capo a una scelta nazionale, per non riprodurre venti legislazioni diverse nelle singole regioni, ma che metta al centro, oggi, in epoca di climate change e alla luce di quello che è accaduto… Io sono uno di quelli che tifa perché a Milano arrivi l’Agenzia del farmaco: sarebbe un bene non solo per la Lombardia, ma per l’intero Paese. Devo dire che abbiamo esultato tutti quanti per quello che non si pensava potesse arrivare, e cioè l’Agenzia per la climatologia e la meteorologia, nel cuore di questa Regione, che servirà all’Emilia-Romagna, servirà all’Italia, servirà, io credo, all’intera Europa, laddove c’è una delle sfide più grandi. Ecco perché il tema dell’ambiente deve vincere, cioè la riduzione dell’inquinamento atmosferico per evitare il surriscaldamento del globo e quindi disastri e tragedie che si susseguono un po’ troppo spesso.

E poi il tema, per ultimo, della tutela della salute, rispetto al quale la nostra Regione si vanta, si fregia di avere una delle migliori sanità pubbliche d’Europa, o del mondo. Ci è assegnato questo giudizio, al di là dei nostri difetti, delle nostre correzioni da apporre continuamente, perché è un mondo che cambia velocemente, e ci è assegnato da tutti gli osservatori, interni ed esterni. Al di là di questo, però, si deve poter anche lì incidere con autonomia su alcune scelte, che possano garantire un ulteriore salto di qualità.

Per finire, nel merito tecnico abbiamo fatto, avete fatto una discussione vera, e io voglio ringraziare tutti quelli che vi hanno apportato un contributo critico, di stroncatura, di miglioria, di apprezzamento, ma che sia stato nel merito, non negli slogan, in un Paese che troppo spesso discute per slogan. Noi abbiamo fatto un lavoro che crediamo sia all’altezza di una sfida, che è quella che se vuoi arrivare a quel risultato devi andare dal Governo, e questo io farò un minuto dopo – chiederò l’incontro – che questa Assemblea, nella sua autonomia, avrà votato il documento che noi portiamo in approvazione, per chiedere un confronto nel merito che però è facilitato dal fatto che noi ci andiamo non chiedendo tutte e ventidue le competenze e la specialità e l’autonomia su esse, non 25 miliardi di euro – o per noi, 12 o 13, che sarebbero l’intero bilancio di questa Regione. Io vorrei capire qual è quel Governo che può permettere ad una Regione di lasciare tutto ciò, complessivamente, che è il suo intero bilancio, e non è un caso che non andò avanti quello che la Lombardia tentò qualche anno fa. È inutile che stiamo qui ad aprire una discussione sul passato, non mi interessa, ma le ragioni furono tutte ragioni politiche, di tenuta del Paese per quella maggioranza di allora.

Ognuno sceglie legittimamente la strada che ritiene più opportuna, e c’è una cosa che mi interessa, e mi piacerebbe, al netto delle dispute ideologiche tra di noi, e al netto del fatto che parallelamente una forza politica chiede persino di una Regione di farne due, quindi di separare l’Emilia dalla Romagna. Questo a mio parere ci renderebbe due terre che diventerebbero immediatamente più deboli, perché non potrebbero mettere insieme le straordinarie eccellenze che mixando si possono produrre. Rispetto quella idea, non la condivido per niente, mi pare persino surreale, nell’epoca di oggi, ma è un’idea legittima.

Io chiedo di mettere persino da parte quella su cui si discuterà e voteremo, per provare a chiedersi, al di là di un percorso che qualcuno avrebbe voluto, differente, se però non valga la pena – visto che l’approdo è lo stesso, devi fare un accordo col Governo, devi far approvare una legge dal Parlamento a maggioranza assoluta – se ci è data la forza per essere ancora più forti, di andare tutti insieme dal presidente del Consiglio, e poi dopo, eventualmente, dal Parlamento italiano, per chiedere che l’Emilia-Romagna possa ottenere quello che mai nessuno ha ottenuto e che altri oggi dicono anch’essi di voler ottenere.

Io mi fermo e mi limito qui, non mi interessa aprire ulteriori dispute, eccetera. Dico solo di ragionare non per appartenenza ma per obiettivo. Se l’obiettivo è quello di maggiore autonomia, e la si può ottenere solo così, a meno che qualcuno non abbia altre idee, e se le ha ce le dica, io penso che noi facendo questo, e facendolo magari tutti insieme, potremmo diventare più forti, essere capaci di attivare un percorso che in questo Paese per la prima volta consegnerebbe la premialità a chi dimostra di essere virtuoso.

Non una parola di più. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, presidente Bonaccini. Aveva ancora del tempo, avrebbe avuto ancora circa quattro minuti.

Si apre la discussione generale congiunta sui documenti. Ricordo: venti minuti per ciascun consigliere, e poi, a seguire, la discussione generale sugli emendamenti, cinque minuti. Poi la dichiarazione di voto: ogni Gruppo avrà cinque minuti per la dichiarazione.

Si sono aggiunte altre due risoluzioni. Una l’avevo già chiamata prima, era la 5359. Adesso c’è anche la 5360, sempre a firma del Movimento 5 Stelle.

Consigliere Bertani, prego.

 

BERTANI: Grazie, presidente, solo sull’ordine dei lavori, non voglio interrompere il dibattito. Volevo solo sottolineare il diverso trattamento che è stato riservato al consigliere Sassi, in altra occasione, che dopo due richiami fu espulso dall’Aula, e poi non vi fu più riammesso.

Senza sindacare le decisioni, oggi, della presidenza, chiedo che comunque o in Giunta per il Regolamento, o in Capigruppo, si definisca una linea uniforme da applicare a tutti i consiglieri. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

Nella prima Conferenza dei Capigruppo esamineremo la questione che lei ha posto.

Consigliere Fabbri, in discussione generale, prego.

 

FABBRI: Grazie, presidente.

Nell’intervento che sto per svolgere, oltre ad entrare nel merito della discussione generale, mi piacerebbe anche giustificare la manifestazione che abbiamo fatto qui, all’interno dell’aula. Una manifestazione che non nasce fine a se stessa, bensì vuol sottolineare, a nostro avviso, poca trasparenza in quello che è stato fatto in merito anche all’atto che andremo ad esaminare, che segue ovviamente la comunicazione del presidente Bonaccini. Mi riferisco anche alla poca possibilità di dialogo che è intercorsa tra le forze politiche che siedono all’interno di quest’Aula, perché è inutile invocare la partecipazione quando non ci è stata data la possibilità di partecipare a nessun tipo di tavolo attraverso le nostre proposte, a meno che effettivamente venissero bocciate dalle Commissioni a maggioranza Pd.

Credo che un tema come quello dell’autonomia territoriale, che come diceva giustamente il presidente Bonaccini non ha un colore politico, ma esprime la forza di un territorio, debba essere trattato in maniera ben diversa, coinvolgendo più soggetti possibili, sia della società civile che anche del Consiglio regionale, dell’aula, cercando di portare avanti più contributi possibili. Non è stata fatta nessuna udienza conoscitiva, neanche con gli enti locali, neanche coi Comuni che appartengono a questo territorio.

Credo che sia una cosa molto particolare, come atto, se poi ci si chiede anche di partecipare alla discussione in maniera costruttiva.

A nostro avviso, sono mancati questo tatto e questa delicatezza, anche perché oggi qui viene votata una risoluzione che dà mandato al presidente di iniziare un percorso di trattativa con il Governo centrale. Con la stessa risoluzione, grazie anche a quello che abbiamo richiesto come forze politiche, e qui siamo stati ascoltati, viene inserito il fatto che il presidente dovrà tornare qui in aula prima di firmare qualsiasi tipo d’accordo con il Governo centrale italiano. Ovviamente poi seguirà, se andrà avanti, questo patto con il Governo attuale, anche tutto l’iter parlamentare, quindi la vedo ancora molto lunga dal punto di vista, ovviamente, del successo di questa operazione.

Quando è nata questa idea da parte del presidente Bonaccini, che ricordo, non aveva nel suo programma elettorale, rimasi abbastanza stupito, a fine luglio, perché effettivamente poteva essere una svolta politica opportuna, che andava anche verso le Regioni dove anche la Lega amministra, come Lombardia e Veneto, che hanno una storia e un’identità ben precise e che da tanto tempo chiedono più autonomia allo Stato centrale.

Purtroppo, invece, le affermazioni che vennero fatte allora, a fine luglio, credo che vengano un po’ vanificate dal documento politico che oggi il Pd propone all’interno di quest’Aula.

Io credo che la parola “autonomia” sia stata abusata dagli uffici-stampa di questa Regione, dalla Giunta regionale attuale, anche dal presidente Bonaccini, perché non stiamo parlando di autonomia, nello stesso modo in cui la stanno invece portando avanti altri governatori come Luca Zaia e Roberto Maroni. Stiamo dando alla stessa parola due significati che sono invece totalmente diversi. Potremmo parlare di autonomia se all’interno della risoluzione che a voto unico del Partito democratico è uscita dalla Commissione I, effettivamente, al minimo sindacale, o quanto meno, si parlasse delle ventuno competenze che prevede l’articolo 116 della Costituzione. Allora forse potremmo cercare di intavolare un percorso condiviso anche da questo punto di vista.

Quella che viene proposta oggi, invece, è una risoluzione al ribasso, che dà un mandato al ribasso al presidente della Regione, di andare a trattare su quattro materie, molte delle quali sono già comunque governate da questa Regione. Al netto delle competenze che vanno richieste, che vogliono essere richieste allo Stato centrale, manca totalmente, a nostro avviso, la richiesta principale, quella, appunto, di risorse. Non vediamo, in questa risoluzione, nulla che faccia riferimento effettivamente a cosa vogliamo andare a chiedere allo Stato per poi amministrare quelle poche competenze che questa Regione vuole andare a chiedere. È un dato fondamentale, perché se noi parliamo di autonomia, penso che ci capiamo tutti sul fatto che dobbiamo andare davanti al Governo a chiedere più risorse che vengono prodotte all’interno di questo territorio. Lo ricordo ancora una volta, non voglio essere ridondante, perché l’ho già fatto allo sfinimento anche nelle Commissioni, che la Regione Emilia-Romagna, da atto del 2015 della CGIA di Mestre, produce un residuo fiscale di 15 miliardi di euro.

L’Europa, oggi, sta dibattendo sul tema dell’indipendenza catalana, che ovviamente è un altro discorso, però rientra comunque nella legittimità dell’autodeterminazione dei popoli. Chiede più autonomia/indipendenza allo Stato spagnolo, e produce, la Catalogna, un residuo fiscale di 8 miliardi di euro. Capite bene la differenza politica, anche, a mio avviso, di visione che c’è tra quello che stiamo pensando noi come Lega, dal punto di vista, appunto, dell’autonomia, e quello che invece vuole chiedere la Giunta Bonaccini.

Non si può parlare di autonomia se non parliamo effettivamente di risorse che vengono prodotte su questo territorio e da questo territorio vengono poi amministrate. Mi dispiace anche molto sentir parlare il Partito democratico, che varie volte ha attaccato la nostra proposta, dire che è per l’unità nazionale, che non vuole Regioni a statuto speciale. Ricordo che l’articolo 116, al proprio interno, già denota cinque Regioni a statuto speciale e dà delle linee ben chiare, da questo punto di vista. Quindi, nella richiesta di più autonomia che facciamo non c’è una volontà di attaccare un’unità nazionale, che abbiamo ben presente qual è e vogliamo ovviamente mantenere, ma c’è la volontà politica di andare ad affossare, invece, un diritto importante di libertà che è quello del federalismo fiscale, dell’autodeterminazione anche nelle scelte politiche all’interno della fiscalità che questo territorio va a produrre.

Senza federalismo fiscale, senza autonomia fiscale stiamo parlando del nulla. Per questo dico che stiamo dando significati diversi alla parola, che purtroppo è la stessa, che è “autonomia”.

Chiudo questo primo intervento dicendo che ci aspettavamo molto di più, presidente, da questo punto di vista. Spero che nella trattativa che porterà avanti ottenga il più possibile rispetto alla tesi che dicevo prima. Spero che anche un dialogo con la Regione Lombardia e la Regione Veneto la faccia un po’ tornare indietro da questo approccio molto banale che si è dato al percorso dell’autonomia emiliano-romagnola, ma che invece la veda più determinato a ottenere più diritti per un territorio che come dice lei è un territorio che produce e che lavora, sicuramente non solo per merito della Giunta regionale, ma perché c’è un tessuto produttivo importante, che chiede meno fiscalità e chiede più servizi e più infrastrutture.

Noi vediamo che per ottenere questo dobbiamo ovviamente chiedere più risorse allo Stato centrale italiano, altrimenti stiamo parlando di cose completamente diverse. Si tolga di dosso il dogma ideologico del Partito democratico che vede nell’autonomia e nel federalismo fiscale qualcosa di negativo. Noi vediamo invece qualcosa di veramente positivo e credo che il grido di dolore che abbiamo manifestato anche nelle varie Commissioni dovrebbe essere colto. Ci dispiace di essere arrivati anche con le nostre bandiere dell’Emilia e della Romagna qui nell’Aula, però è per manifestarle il nostro dissenso su quello che sta portando avanti e anche sul fatto che non ci ha ascoltato fino in fondo.

Ricordo, e chiudo, che tutto si chiuderà con una legge primaria del Parlamento, dove la maggioranza non sarà, se mai andasse avanti con questa legislatura, soltanto del Partito democratico, ma anche delle forze politiche di opposizione. Per questo le chiedo, una volta che ritornerà qui, con una bozza di patto, di rivedere almeno alcuni aspetti.

Due cose positive, oltre l’ultima affermazione che ha fatto sul ritorno in Aula dell’atto prima di essere firmato. Ho visto anche un emendamento su una richiesta che avevo fatto in Commissione III per quello che riguarda la protezione civile, che ovviamente accogliamo in maniera favorevole.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Fabbri.

La parola al consigliere Bessi. Prego.

 

BESSI: Grazie, presidente.

Una settimana fa il collega Taruffi diceva in quest’Aula che le parole sono importanti. Io credo che anche i comportamenti e quello che noi mostriamo e rappresentiamo in quest’Aula siano importanti, quindi, per quanto riguarda quello che è successo prima, questa è la mia opinione, a carattere personale.

Per quanto riguarda invece il discorso del presidente Bonaccini, credo che oggi, con il progetto istituzionale per una maggiore autonomia gestionale e fiscale della Regione, andiamo a esaminare un punto fondamentale per questa legislatura, ma soprattutto per il futuro di questo territorio, che è la nostra regione. Credo che il percorso avviato sia fondamentale per concretizzare quella crescita sociale ed economica dell’occupazione della nostra regione, che è testimoniata, oggi, da tanti dati e da tanti report che ci vengono presentati anche e soprattutto da agenzie indipendenti.

Non credo e non crediamo che servano referendum, convocati per dare solo sangue alla campagna elettorale delle politiche del 2018. Si potevano fare anche prima. Il nostro lavoro credo debba puntare a definire quelle macro aree – come è stato fatto in questo documento – su cui chiedere più autonomia gestionale e sulle quali poter trattenere le risorse derivanti da una maggiore autonomia fiscale, quelle che sono state annunciate prima dal presidente Bonaccini.

Non dimentichiamo mai che il nostro ambito di manovra deve e vuole restare all’interno della Costituzione, che è lo strumento di garanzia per tutti. Una cosa va evidenziata: questo percorso si compie a metà della nostra legislatura, più o meno, mese più mese meno, che è stata rappresentata fin dall’inizio come una legislatura costituente, costituente nel fare, non nelle parole. Un’analisi dettagliata fa emergere quali siano le cose fatte nel nostro lavoro, dal Patto del lavoro al dimezzamento delle liste d’attesa in sanità, dai dati in crescita del PIL, dell’occupazione all’obbligatorietà dei vaccini e altro, non solo in quantità, ma anche in qualità. Lo testimoniano i numeri che ho appena affermato.

Recentemente, con il Governo Gentiloni, è stato firmato a Bologna un protocollo che è un esempio di politica alta; anzi, per essere più precisi, di responsabilità politica. Questo non è dovuto solo all’azione istituzionale del nostro lavoro, ma anche al lavoro di tante persone, dagli imprenditori alle imprenditrici, lavoratrici e lavoratori, tutto quel sistema di servizi alle imprese che hanno dato sostanza a quel Patto del lavoro e per il lavoro. Ricordiamoci da dove siamo partiti tre anni fa. Questo metodo di coinvolgimento di tutte queste parti, di tanti cittadini, ci ha permesso di crescere e di confermarci dentro una grande area, più grande della regione Emilia-Romagna, una macro area europea dove si cresce di più rispetto a tante aree nel mondo. Solo se siamo interconnessi con le Regioni vicine, sia del sistema Italia sia del sistema Europa, possiamo essere ambiziosi per raggiungere quel benessere e quella coesione sociale che la nostra realtà ha sempre dimostrato, ma soprattutto deve dimostrare in futuro.

Siamo un’area fortemente aperta all’innovazione, sia imprenditoriale, produttiva, sia culturale, a un nuovo modello di fare impresa sia produttiva sia culturale e, direi, anche a tutto ciò che è denominato “4.0”, che non è solo riferito all’industria, ma anche alla cultura, al saper vivere insieme e altro, perché dobbiamo sempre rinnovarci, andare avanti, guardare al futuro con positività e con ambizione. Questo conferma la forte costituzione democratica di una Regione dinamica, ambiziosa, che in molti casi riesce ad anticipare le scelte nazionali. Non dobbiamo, però, dirlo solo tra di noi; dobbiamo anche sentircelo dire chiaramente da agenzie indipendenti o da studiosi, dal mondo della cultura o altro. Il giudizio, chiaramente, va portato e confrontato a più ampio raggio rispetto a quest’aula. Per questo motivo – ripeto – i nostri comportamenti sono importanti, il nostro modo di essere e di rappresentarci verso la comunità a cui ci rivolgiamo.

Noi vogliamo mantenere questo stile. Una Regione, infatti, che fa parte dell’Europa, senza la quale non c’è crescita o benessere. Più frammentiamo, più polverizziamo le identità nazionali delle nostre comunità, dell’Italia e dell’Europa, più tutti quanti ne usciamo indeboliti. Senza questo sistema integrato finiremo per impoverirci progressivamente e per diventare marginali e anche irrilevanti. Quando saremo marginali o irrilevanti economicamente, ma soprattutto culturalmente avremo diviso il continente in migliaia di staterelli indipendenti, come è stata l’Italia tanto tempo fa, dove tutti facevano la guerra contro tutti. Sarà una soddisfazione per pochi. Io spero di non farne parte.

Il buon lavoro fatto e la buona politica non sono testimoniati solo dai numeri della crescita economica, come abbiamo già detto, ma anche dall’impegno per tenere insieme una comunità su obiettivi di lungo respiro. Credo che occorra dedicare più tempo al confronto e al dialogo da parte di tutti verso la nostra comunità, non solo con un confronto di parte uno contro gli altri, ma un’occasione per dare un esempio nei comportamenti, nei linguaggi usati di quale sia l’impegno nei confronti della nostra comunità. Credo sia un passaggio indispensabile verso quella buona politica a cui ci rivolgiamo tutti, che non è solo un’esclusiva di chi ha incarichi istituzionali o partecipa alla vita economica e sociale in vario modo, ma appartiene a tutta questa comunità e va estesa, quindi, partendo dalle nostre scuole, dalla vita sociale quotidiana di tutte le persone che ne fanno parte, ma anche di quelle che non ne fanno parte. C’è un pezzo consistente della società che, a vario titolo e per differenti motivi (e di motivi ce ne sono tanti, non credo solo quelli di carattere economico, ma dipendenti anche dal nostro comportamento), non partecipa più alla vita sociale delle nostre città e dei nostri territori.

Occorre, in questo momento, compiere un grande sforzo di divulgazione della cultura e dell’educazione civica a tutti i livelli, a cominciare dai nostri comportamenti e dai nostri linguaggi, delle donne e degli uomini che operano nelle nostre istituzioni. È questo concetto, questa cultura dell’autonomia che funziona; non quella appoggiata esclusivamente a confini o dogane, ma quella del pensiero, dell’essere parte attiva nella costruzione del futuro di questa comunità.

Con questo atto, che noi oggi portiamo avanti, facciamo proprio questo tipo di lavoro. Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bessi.

La parola al consigliere Caliandro.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente.

Credo che quest’Assemblea debba essere grata per il lavoro che il presidente Bonaccini sta facendo, perché ci inserisce in un percorso che è stato bramato anche da tanti contestatori di oggi e disegnato da un legislatore attento nel corso degli anni Novanta.

È vero, sì, sul pratone di Pontida, tanti anni fa, il vecchio leader – quello che non fanno più salire sul palco – cominciò a parlare di federalismo e del modo in cui questo Paese avrebbe dovuto cominciare a discutere. A quell’epoca, il vecchio leader – quello che non sale sul palco – poneva delle questioni che riguardavano la capacità di rendere la fiscalità e l’agire amministrativo di proprietà dei popoli – così li chiamava – padani. In quel solco, si è inserito un dibattito, alle volte colorito, come anche questa mattina abbiamo avuto modo di apprezzare, ma anche ricco di contenuti. Va dato atto a Gianfranco Miglio di aver aperto una discussione che fino ad allora non c’era stata in questo Paese.

Se oggi noi viviamo e assistiamo al cortocircuito del primo partito che ha introdotto il federalismo in questo Paese a livello istituzionale, che dopo non lo ha praticato, possiamo considerare questa esperienza “unica”, presidente Bonaccini, perché ci troviamo noi a fare quello che altri hanno pensato che dovesse essere, invece, la loro mission.

Certo, di fronte a queste geometrie variabili e di fronte a questa modalità di stare in politica, la risposta che lei ha offerto è stata quella del buonsenso. Io non credo in alcun modo che il sillogismo tra la riforma costituzionale del 4 dicembre e l’azione di Governo, l’azione di riforma che noi mettiamo in campo oggi siano in cortocircuito. Penso ci sia buonsenso nelle cose che si amministrano quando si ha intenzione di rappresentare gli interessi degli altri. Non si può rimanere ostaggio di una fase politica se fai l’interesse degli altri. Hai il dovere di andare avanti e di pensare a come far ripartire il tuo territorio. È lo stesso buonsenso – presidente, lei lo ha ricordato prima, ma forse in maniera troppo discreta, come è solito fare – che è stato riconosciuto dal Papa. Quel buonsenso che ha riconosciuto al nostro territorio, al nostro Patto per il lavoro un fatto senza precedenti. Un buonsenso che ci serve a dire che, nell’ambito di un Paese asimmetrico, di un mondo diseguale, ci sforziamo di abbreviare le distanze tra chi chiede lavoro e chi offre lavoro. Allora sì, gli anni Novanta, gli anni del centrosinistra, travagliato e difficile, anche rimpianto per certi versi, ci hanno consegnato una progressiva federalizzazione della pubblica amministrazione (penso alle riforme Bassanini) e ci hanno consegnato il Titolo V della Costituzione come riforma costituzionale, sì, di parte, ma che introdusse la possibilità di un regionalismo asimmetrico che teneva conto anche di quelle richieste che legittimamente negli anni Ottanta erano state promosse da chi oggi le rinnega.

Il dibattito, effettivamente, sta sulle spalle delle persone più che sul simbolismo che si vuole rappresentare. Per questo credo che lei abbia fatto bene, presidente, a mettere in campo un disegno organico di riforma di questa Regione. Abbiamo iniziato con il Patto per il lavoro. Abbiamo stabilito un’interlocuzione privilegiata con tutti gli attori sociali di questa Regione e oggi proponiamo a quello stesso Patto non di intervenire su tutto, ma di intervenire su alcuni punti che segnino la modalità attraverso la quale uscire dal cono d’ombra nel quale la grande crisi ci ha fatto precipitare. Questo lo voglio dire perché il documento di indirizzi che lei ha offerto e che noi, in qualche modo, abbiamo cercato, per la nostra parte, di migliorare, perfezionare come lavoro di maggioranza, serve a contrastare la disoccupazione, a creare nuovi posti di lavoro, a creare e a rafforzare capacità e competitività nel tessuto produttivo, ma soprattutto serve a non tornare indietro.

A tal proposito, credo vada detta una cosa di grande chiarezza. È vero, quella grande amnesia che ha colpito alcuni dirigenti politici è stata tale per cui nel 2006 la Lombardia presentò, in virtù di questo stesso procedimento che noi cerchiamo di attirare oggi, la possibilità di avere degli oggetti di interazione con il Governo nazionale che diventassero di competenza regionale. Identificò undici punti nel 2006. Il Veneto, sempre nel 2006, chiese dodici deleghe. Il Piemonte, nel 2008, ne chiese sei di deleghe.

Tuttavia, le motivazioni per le quali queste richieste caddero nel nulla sono tutte ascrivibili alla scelta politica di quella stessa maggioranza di centrodestra di respingere questo percorso. Questo è un fatto storico di fronte al quale c’è una responsabilità politica di chi ha messo in campo quella strategia. Oggi gli stessi attori, però, ripropongono e chiedono che ci sia una competizione tra questa Regione e le altre due Regioni che in questo momento si stanno occupando di regionalismo asimmetrico. Qualcosa di inaccettabile. Il Veneto aveva proposto non un solo quesito referendario, ma ben cinque quesiti, cinque dichiarazioni in libertà, presentate e cassate dalla Corte costituzionale perché impraticabili. Ripeto: impraticabili. Cosa veniva richiesto nei cinque quesiti? Nel primo, quello che è stato accolto, identico a quello che facciamo noi oggi, veniva chiesto: “Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. Questo è l’unico che è stato accolto. Sono stati bocciati questi quesiti: “Vuoi che una percentuale non inferiore all’80 per cento dei tributi pagati annualmente dai cittadini veneti e dalle Amministrazioni centrali venga utilizzata nel territorio regionale in termini di beni e servizi?”; “Vuoi che la Regione mantenga almeno l’80 per cento dei tributi riscossi?”; “Vuoi che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento non sia soggetto a vincoli di destinazione?”; “Vuoi che la Regione Veneto diventi una Regione a Statuto speciale?”. Tutte queste richieste sono state cassate.

Di quella legge regionale, la n. 15/2014, quindi, è rimasto un quesito identico a quello che lei, presidente, ci ha offerto oggi, identico alla volontà che sarà percorsa attraverso un’azione politica che noi mettiamo in campo. La prova provata che questa consapevolezza c’è è che la Regione Lombardia, che è intervenuta successivamente con la legge del 17 febbraio 2015, si è limitata a chiedere: “Volete o non volete l’autonomia?”.

In buona sostanza, presidente Bonaccini, lei ci sta facendo risparmiare milioni di euro. 14 milioni di euro è la somma stimata per il Veneto. Io so che in quest’Aula siedono tante persone molto attente all’utilizzo della spesa pubblica. Mi domando se, nella piena consapevolezza che 14 milioni di euro possono essere risparmiati, ci siano i due requisiti fondamentali che un uomo politico deve avere quando rappresenta i bisogni degli altri: l’utilità e come si risponderà ad un’eventuale azione della Corte dei conti che andrà ad indagare sull’utilizzo di queste risorse. Queste sono scelte politiche che ricadono sui cittadini. Lo dico perché anche altre risoluzioni si sono cimentate su questo tema. Lo spazio che la Costituzione ci riconosce è uno spazio di intervento dialettico tra questa Assemblea e il Parlamento. Non abbiamo bisogno di nessuna deriva peronista per raggiungere questi obiettivi.

Ci tenevo a specificare questo aspetto perché questa, signori, è politica. Questo è diritto dei cittadini. Voi, con il vostro atteggiamento, rischiate non di denigrare questa assise, ma di denigrare la credibilità della politica. Avete idea di quanti soldi sono 14 milioni di euro? Avete idea di quante cose si possono fare con 14 milioni di euro? Invece di organizzare una richiesta che dice le stesse cose che siamo in grado di ribadire qui, per favore, la serietà portiamola in mezzo alle piazze, altrimenti veramente ci verranno a prendere con i forconi.

Per questo motivo sono convinto, presidente, che abbiamo scelto la strada giusta. L’abbiamo scelta sui temi determinanti della nostra vita politica. L’abbiamo scelta su temi che non sono il sogno di un ubriaco in una notte di mezza estate. Noi abbiamo il dovere della concretezza e del buonsenso e scegliamo punti che hanno ricadute immediate ed efficaci sulla qualità dei nostri servizi formativi, del nostro accesso al lavoro e del nostro sistema sanitario.

Se il punto ha riguardato – e non vi è dubbio – le politiche attive e passive del lavoro sull’istruzione e la tecnica professionale è perché il nostro territorio si caratterizza per questo, si caratterizza per un idem sentire delle imprese, della formazione e del ruolo di cerniera che questo ente e le nostre agenzie possono mettere in campo.

Ancora, l’internazionalizzazione. Sì, siamo diventati il motore d’Europa grazie a questo Patto per il lavoro.

 

FABBRI: Addirittura!

 

CALIANDRO: Siamo diventati i primi in export. Sono numeri, mi dispiace, e purtroppo sono più ossidati delle bandiere. L’export è pari al 10 per cento rispetto all’anno scorso. La ricerca scientifica e quella tecnologica sono oggetto del nostro intervento. Ancora, quello che è stato rilanciato, meritoriamente, ovvero il Patto per la salute, ci permette di avere un utilizzo della spesa sanitaria per il nostro territorio e la possibilità di assumere nuovo personale, di effettuare – attraverso gli accordi che abbiamo stipulato con gli atenei – accordi tali per cui possiamo andare in deroga sulla quantità di medici che potremo formare in maniera specialistica. Questi sono fatti che servono a noi, servono ai nostri cittadini, servono ai nostri figli. Uscite da quella bolla mediatica che vi costringe ad un’ipocrisia di facciata.

Credo che siate molto meglio di quello che avete voluto rappresentare in questo dibattito e penso, anzi, che, grazie al vostro contributo, forse, l’asimmetrico sistema di politica presente tra le due Camere del Parlamento e le negoziazioni che il presidente Bonaccini dovrà cercare di fare in rappresentanza dei nostri territori possono essere aiutati da un gesto di grande responsabilità, ma mi auguro che questa responsabilità, prima o poi, esca dal torpore del sonno e diventi azione politica.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Caliandro.

La parola al consigliere Bargi. Prego.

 

BARGI: Grazie, presidente.

In verità, la schizofrenia politica io la vedo più da un’altra parte. È vero che noi abbiamo fatto una manifestazione qui dentro, ma credo totalmente pacifica. Abbiamo alzato le bandiere. Le regole d’Aula, ovviamente, impongono un certo comportamento. Non abbiamo fatto schiamazzi, non abbiamo interrotto – se non, ripeto, per le suddette regole – quello che stava dicendo il presidente Bonaccini. Non siamo intervenuti con i manganelli, come succede da altre parti della democratica Europa. Noi avevamo chiesto una presa di posizione a quest’Aula la volta scorsa, ma non si è voluta prendere proprio dalla maggioranza del Partito democratico.

Abbiamo chiesto che si potesse passare, nella richiesta di maggiore autonomia, tramite referendum. Perché? Perché riteniamo che il coinvolgimento delle persone a un referendum – una campagna informativa, a nostro avviso, sarebbe stata molto importante – sia dovuto su scelte di questo tipo. Succede un po’ ovunque in Europa, in tutti i movimenti indipendentisti e autonomisti. Tutti cercano di coinvolgere la base. Qui non succede.

Mi chiedo se non sia giunto il momento di evolvere, nella sua storia, che ha tanti nomi, l’area di centrosinistra italiana passando dal Partito democratico e dal Partito antidemocratico, così risolviamo del tutto il quesito su quali siano gli strumenti da utilizzare. A nostro avviso, il coinvolgimento della base, dei nostri cittadini, sarebbe stato un atto dovuto, se non altro informativo, se non altro di coinvolgimento. Si rischia di far passare questo percorso come una richiesta di alcuni atti, come diceva prima il collega Fabbri, una richiesta di alcune materie, che rimarranno probabilmente piccoli passaggi. Lo vedete voi stessi. Per alcune cose si chiede una maggiore libertà di movimento. Non si chiedono maggiori risorse, non si chiede un maggiore impiego per poter fare investimenti sul nostro territorio. Quindi, di fatto, si rischia di fare, di tutta questa decantata autonomia, un qualcosa di deciso tra il palazzo di Bologna e il palazzo di Roma.

Un altro aspetto che ci ha colpito profondamente riguarda questa conversione estiva – faceva molto caldo quest’estate; il caldo, effettivamente, può giocare brutti scherzi, lo capiamo – del Partito democratico verso una richiesta di autonomismo che, addirittura, ci viene detto qui, va oltre quanto richiesto negli anni dalla Lega Nord. Un autonomismo talmente spinto che fa accelerare così in fretta che, se non ci fosse stata una certa protesta dai banchi dell’intera opposizione, probabilmente staremmo già trattando con il Governo, senza il passaggio dall’Aula. Abbiamo dovuto faticare per avere il passaggio in Aula. Abbiamo dovuto faticare per prendere un attimo di tempo per capire cosa veniva fatto.

Sulle materie richieste (ci viene costantemente detto: “Guardate che abbiamo richiesto materie che possiamo gestire”) non abbiamo visto nessuno studio. Lo dissi in Commissione e lo ripeto qui: o c’è stato uno studio pregresso delle materia richieste, e vorremmo vederlo per poter meglio comprendere ciò che andiamo a votare oggi, oppure, di fatto, si è cercato di portare a casa qualcosina, giusto per poter dire che noi interveniamo prima delle Regioni d’Oltrepò (oggi ho sentito ripeterlo molte volte, a conferma di quello che è il mal pensiero che ci ha accolto fin da subito), per poter dimostrare che l’Emilia-Romagna targata “PD”, con il suo Governo, arriva prima di chi, invece, va a referendum e ci mette pure i soldi.

Mi sia permesso di dire che io sono attento alla spesa pubblica. Infatti, 35 milioni all’anno per il reddito di solidarietà non li avrei messi. Quei 14 milioni – o meno, nel nostro caso – per quanto riguarda un anno di referendum forse sarebbero stati meglio spesi, per i motivi che dicevo prima.

La nostra manifestazione all’inizio dell’Aula voleva sancire i due concetti di autonomia che evidentemente abbiamo qui dentro. A nostro avviso, questo Paese ha bisogno di un percorso che porti i territori a diventare padroni di quelle materie che, gestite direttamente qui, possono dare beneficio al nostro territorio. Cosa vuol dire? Vuol dire che l’ente locale dovrà evolversi per diventare una struttura per quanto riguarda l’ambiente, infrastruttura per quanto riguarda gli investimenti diretti sul territorio, le proprie imprese, i propri distretti industriali, in grado di poter intervenire direttamente. Quello che è oggi un Governo centrale, forse, per noi sarebbe un Governo federale, ma mi viene in mente una riforma che richiede un coinvolgimento delle forze politiche che in questo Paese, ad oggi, non è mai stato possibile. Questo è vero.

Hanno cercato di ottenere le materie di principio di un Governo centrale: giustizia, affari esteri, interno, difesa. Quelle sono le competenze di un Governo centrale. I territori devono badare a se stessi, ma devono avere le risorse per poterlo fare, quindi trattenere quelle che sono oggi le risorse che, invece, diamo a un Governo centrale. Ricordo anche che i tagli alla spesa degli enti locali hanno portato a un risparmio totalmente schiacciato dall’aumento di spesa del Governo centrale. Anche in questo caso, le problematiche non sono, probabilmente, degli enti locali, ma quanto più del Governo centrale.

Se ci sono queste due vedute diverse di autonomia, a noi pare che la nostra dia una spinta di un certo tipo. Ad oggi non è possibile? È chiaro. Oggi, per Costituzione, secondo la riforma del Titolo V, del 2001, possiamo richiedere determinate materie concorrenti. Se oggi abbiamo solo quella possibilità, a noi sembra ancora piccola, non ci sembra di aver raggiunto un traguardo eccezionale in questo Paese. Ci sembra di giocare a questa minestra riscaldata. Si utilizza diecimila volte il termine “asimmetrico”, fatto sta che questa è una pappardella sulla quale continuiamo a muoverci. Diciamo che le Regioni sprecano. Ricordo che fino a uno-due anni fa c’era la riforma per accorpare, sciogliere, modificare le Regioni. Sulle Regioni si puntava il dito fino a due anni fa, dicendo: “Quelli sono enti spreconi”. Oggi si dice: “No. La Regione, evidentemente, non è poi così sprecona”. E lo abbiamo dimostrato anche sulla carta.

È un po’ difficile vivere in una situazione di mezza via, in cui le Regioni hanno alcune competenze, ma non possono amministrare direttamente il territorio per quanto riguarda, ad esempio, le grandi infrastrutture, e sono costrette a passare sempre dal Governo centrale. Per noi bisogna andare oltre. Oggi c’è questa disponibilità immediata, la riforma del Titolo V. Prendiamola tutta. Facciamo una scelta di coraggio e di responsabilità. Non diciamo di arrivare domattina. Capiamo le difficoltà. Studiamo il percorso, ragioniamo. Avevamo portato un esempio per quanto riguarda i fondi pensione complementare. È una delle materie concorrenti. Potremmo trattenere noi stessi l’imposta sostitutiva sui redditi derivata dai rendimenti dei fondi pensione. Perché non inserirla nelle materie? È una risorsa in più che potrebbe restare sul nostro territorio. Chiaramente, parlo di quelli prodotti nella regione Emilia-Romagna, cosa che non ho visto. L’ho proposto anche in Commissione, ma vedo che non è stata inserita. Evidentemente, non si ha neanche la volontà di sfogliare più di tanto queste materie.

Ripeto: se si vuole fare un percorso di autonomia lo si segue dall’inizio alla fine, altrimenti si rischia di rimanere in un qualcosa che non è veramente autonomia. O si punta a uno Stato federale istituzionale...

 

BONACCINI: Cioè?

 

BARGI: Cioè i famosi Stati Uniti d’Italia, di cui qualcuno parlava.

Oppure noi continuiamo a vivere in un regionalismo “via di mezzo”, che porterà sempre delle problematiche. Le materie concorrenti non hanno mai avuto leggi che stabilivano princìpi base. Dovevano essere emanate dallo Stato centrale. Mai fatte negli anni, cosa che poi ha generato vari ricorsi alle Corti costituzionali per quanto riguarda gli interventi delle Regioni e dello Stato nella singola materia.

Noi viviamo costantemente in una via di mezzo. Se qui ci si impone intanto di gestire il gestibile e poi di chiedere un ulteriore sforzo allo Stato centrale, affinché si arrivi a una maggiore autonomia, stavolta vera, della Regione Emilia-Romagna e di tutto il blocco delle Regioni italiane, noi siamo più che d’accordo a seguirla, ma se il percorso è “facciamo una robina”, come a noi sembra, giusto per giustificarci, per poter dire che siamo arrivati primi anche stavolta, per poter dire che Lombardia e Veneto buttano via i soldi (coinvolgono i cittadini; non so se questo voglia dire buttare via i soldi; ci sono tanti progetti di coinvolgimento dei cittadini, anche finanziari, da parte di questa Regione; possiamo ragionare), però non c’è coinvolgimento, difficilmente si può dire che si fa male. È stato detto che il referendum è una cosa brutta. Qualche difficoltà ad ascoltare certe parole ce l’ho.

Il tentativo politico che volete fare è un referendum per le elezioni dell’anno prossimo. No. Semmai, tutto questo percorsetto viene fatto appositamente per poter stroncare la campagna elettorale di Lombardia e Veneto, per poter dire: “Guardate, loro vogliono fare tanto i fenomeni, ma siamo arrivati prima noi”. Non ci togliamo il dubbio di questa vostra strategia politica piuttosto che un interesse vero di sviluppare l’autonomia sul nostro territorio regionale. Se lo si vuol fare, lo si fa. Altrimenti, si rimane troncati a metà, in questa via di mezzo nella quale ci troviamo da un bel po’ di tempo, da quando sono state costituite le Regioni, da quando questi erano solo Consigli regionali, da quando qualcuno, due anni fa, diceva che andavano sciolti. Piuttosto, preferirei sentirmi dire: “Guarda, visto che crediamo così tanto nella sacra unità nazionale, visto che per noi mai e poi mai si può andare oltre un qualche regionalismo, siamo centralisti, mettiamo in piedi le Province, magari accorpandone qualcuna, togliamo le Regioni e ritorniamo verso quella che era l’Italia centralista degli inizi”. Allora potrei capire che si tratta di una visione diversa. Dire “guarda, stiamo un po’ nel mezzo, così pigliamo un voto qua e uno là” ci sembra una mossa non corretta e che di certo non porterà allo sviluppo di questo territorio.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bargi.

La parola al consigliere Alleva. Prego.

 

ALLEVA: Mi sia consentito di salutare con piacere il revirement del Partito democratico, che dall’eccesso neo-centralista della proposta di riforma costituzionale adesso, invece, va verso un allargamento dell’autonomia regionale. Molto bene.

Credo non si possa non essere d’accordo con l’iniziativa assunta dalla Giunta, anche perché sono molti i campi in cui effettivamente bisognerebbe intervenire. Il problema vero è che si tratta – fino adesso, per quello che abbiamo visto – più di titoli che di contenuti. Quindi, la mia raccomandazione, il mio desiderio sarebbe di poter discutere nel merito attentamente questi argomenti o di sapere che cosa, poi, il presidente andrà effettivamente a contrattare.

Faccio un esempio e parlo dell’argomento che conosco meglio, quello riguardante la tutela del lavoro. Si citano, lì, tre sotto capitoli, tutti e tre importantissimi: le politiche attive, le politiche passive del lavoro e i controlli. Perché sono importantissime? Perché su questo, a mio modo di vedere, ma credo sia una considerazione che molti possono condividere, noi abbiamo avuto una politica nazionale che ha avuto effetti, a parer mio, disastrosi, ma che altri potrebbero ritenere, al limite, anche buoni, riguardo alle politiche attive. Sicuramente, molte cose ci sarebbero da fare. Non ritengo che le politiche attive possano essere, in qualche maniera, una prosecuzione della precarizzazione del lavoro, che è stato il risultato vero del Jobs Act. Da questo punto di vista, vorrei sapere quali sono le politiche, le iniziative che, ottenendo una maggiore autonomia in questo campo, la Regione potrebbe realizzare. Aumento dell’occupazione, dell’occupazione stabile attraverso la riduzione delle ore di lavoro, ad esempio, attraverso sistemi di incoraggiamento di contratti dotati di effettiva stabilità convenzionale.

Importantissimo, poi, il campo delle politiche passive. Noi abbiamo assistito – se ne parla poco, ma è una verità molto grave – alla distruzione del sistema degli ammortizzatori sociali. Forse non tutti sanno che, oggi come oggi, una fabbrica ferma è una fabbrica morta, perché la cassa integrazione non copre più situazioni in cui la produzione sia ferma, sia stata sospesa. Non esiste più una cassa integrazione a zero ore. Cosa si è voluto introdurre? Un malthusianesimo sociale, la fabbrica a fisarmonica di tipo angloamericano, che ora assume e ora licenzia tutti dal primo momento. Le Regioni hanno già avuto in questa materia un’esperienza importante, che è stata quella della cassa integrazione in deroga, dove – devo dire – il centrodestra, una volta tanto, ha preso un’iniziativa veramente precisa e adeguata. Qui certo che ci sarebbe uno spazio grandissimo per un’autonomia sia normativa sia gestionale delle Regioni, per reintrodurre un sistema di ammortizzatori sociali di cui si sente un grandissimo bisogno. Idem sul versante dei controlli contro il lavoro illegittimo, grigio, in particolare contro il lavoro di appalti, di subappalti, delle cooperative spurie, eccetera. Su tutto questo, però, bisognerebbe fare uno studio, una proposta e discutere, anzitutto, in maniera molto precisa, con una considerazione sulla quale anch’io – dico la verità – devo manifestare qualche dubbio. Certamente, a partire dalla condizione di relativo privilegio di questa Regione, un’accentuata autonomia in quelle materie ci potrebbe dare dei vantaggi. Pensiamo a tutto ciò che riguarda, per esempio, i patti di insediamento di imprese estere, un argomento sul quale abbiamo dovuto in passato, purtroppo, spesso incassare delle sconfitte, oppure di internazionalizzazione delle nostre imprese.

La domanda è la seguente: si tratta effettivamente di temi nei quali l’autonomia regionale può svilupparsi o questo potrebbe essere solo un modo per non affrontare il medesimo problema a livello nazionale? A livello nazionale, evidentemente, condizioni di maggiore disponibilità economica consentirebbero, forse, di affrontarli. Quando si dice “ricreiamo condizioni in economia finanziaria per affrontare questi temi” io non ho dubbi che ciò sia possibile. Mi chiedo un po’ quanto sia giusto. In fondo, un po’ credo che possa essere anche il dilemma in cui si muove, forse, la Lega. È un po’ in bilico tra il vecchio secessionismo alla Bossi e il nuovo nazionalismo alla Salvini. Vogliamo avere un’Italia che, effettivamente, presenti dei livelli di benessere, di diritti, eccetera, uguali, oppure dobbiamo dare spazio all’autonomia, all’iniziativa delle Regioni più ricche. L’Emilia è una delle Regioni ricche. Gli spazi per una legislazione e una gestione favorevole qui ci sono.

Poi, il presidente dovrebbe dirci quali saranno, alla fine, i singoli contenuti. Certamente, insieme bisognerebbe portare avanti, anche a partire dal livello regionale, una considerazione sulle linee della legislazione nazionale su queste stesse materie, a cominciare dal lavoro per arrivare alla sanità e altre.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Alleva.

La parola al consigliere Pompignoli. Prego.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente.

Il tema che affrontiamo oggi è sicuramente di grande importanza e comporta, in ogni caso, una valutazione anche nel merito di quello che noi andremo a discutere e ad approvare su questo argomento.

Faccio una breve premessa, tranquillizzando i colleghi del Partito democratico dicendo che, comunque, do l’assenso, quale presentatore della risoluzione, affinché ci sia la discussione anche degli emendamenti. Vedo, infatti, che il Partito Democratico ha presentato la stessa risoluzione che ho presentato io in Commissione bilancio e affari istituzionali. È identica. Cambia solo per alcuni aspetti, che vado a richiamare, anche di sostanza, a mio avviso. A differenza della risoluzione che ho presentato come figura istituzionale, essendo presidente della Commissione bilancio e affari istituzionali, si dà atto dell’esito del confronto con le associazioni e le istituzioni firmatarie del Patto del lavoro. Ne date atto voi perché avete parlato con loro. Noi non sappiamo neanche quali sono le osservazioni che queste associazioni hanno fatto alla proposta e alla comunicazione del presidente della Regione Emilia-Romagna sull’idea di rendere più autonoma la Regione Emilia-Romagna.

Dall’altro punto di vista – peccato non sia presente in questo momento il presidente Bonaccini – comprendo le affermazioni che rilasciò tempo fa sul discorso legato al populismo: “Voi siete populisti. Sapete benissimo che anch’io posso fare il populista”. E oggi lo ha dimostrato.

Con la presentazione di questa comunicazione, di avere maggiore autonomia – concordo con il consigliere Alleva, pur nelle distanze politiche che abbiamo – parliamo solamente di titoli e non di contenuti. Slogan e non contenuti. Quindi, bravo il presidente Bonaccini a parlare di slogan e di populismo. Si è messo alla stregua di chi ha criticato fino all’altro giorno, rincorrendo temi che sono propri della Lega Nord, temi che abbiamo nel nostro DNA non da ieri, ma da trent’anni a questa parte. Riteniamo che il percorso del presidente Bonaccini sia corretto, ma incompleto. Ci sono diverse questioni che devono essere affrontate, in particolar modo sulla risoluzione che prevede la richiesta di maggiore autonomia. Due questioni devono essere argomentate. Una dal punto di vista del metodo e l’altra dal punto di vista del contenuto.

Il metodo – lo dicevano già gli altri consiglieri che sono intervenuti e che mi hanno preceduto – riguarda il fatto che ci si è svegliati a fine luglio, inizi di agosto buttando fuori un tema sull’autonomia. È chiaro che viene un po’ il sospetto del fatto che questa comunicazione che il presidente ha fatto in Commissione bilancio e affari istituzionali sia stata un po’ fatta ad arte – A – per la tempistica in cui è stata presentata e – B – per il fatto che nel programma elettorale non si era mai parlato di richiesta di autonomia. Perché viene un po’ il sospetto? Perché siamo a due mesi, dal momento in cui lo ha lanciato, dal voto referendario in Lombardia e Veneto e da sei-otto mesi – speriamo il prima possibile – dalle elezioni politiche. È chiaro che l’intento di sminuire il percorso fatto dal Veneto e dalla Lombardia da diversi anni... Non ci siamo svegliati nel 2014-2015 per fare la proposta di legge sull’autonomia, quindi sulle competenze, ma – come è già stato riferito anche dallo stesso presidente – è un percorso nato almeno dieci anni fa. Essendo un percorso molto lungo (si è arrivati addirittura a chiedere un referendum; diversamente non si è riusciti a concordare con il Governo le richieste di maggiore autonomia), è evidente che, da questo punto di vista, la spinta referendaria del popolo, che decide di essere più autonomo, è una spinta che dà al Governo la possibilità di decidere in senso diverso rispetto a quello che è stato deciso in precedenza, quando le sole istituzioni sono andate a trattare con il Governo.

Chiaramente – lo dico adesso e voglio strappare una promessa al presidente Bonaccini – qualora lui non ottenesse questo tipo di richiesta di autonomia sulle competenze e sul residuo fiscale dovrebbe presentare immediatamente le dimissioni. Non è possibile che tutte le volte voi iniziate un percorso isolati, perché non avete coinvolto nessuno, per arrivare, poi, a un nulla di fatto, senza nessun tipo di penale. La penale, oggi, che vi chiediamo e che vi chiedo, è quella secondo la quale il presidente, se non riesce a ottenere quello che lui ha chiesto, deve assolutamente dimettersi.

Passiamo al contenuto, visto che sul metodo è già stato detto che non siamo stati coinvolti per niente in questa richiesta. Per quanto riguarda il contenuto, è evidente che i titoli per i quali voi chiedete maggiore autonomia sono molto vaghi, sono titoli per i quali avete già delle competenze come Regione Emilia-Romagna. Non vengono specificate – lo abbiamo chiesto in più occasioni, anche nelle Commissioni – le norme di riferimento ove, poi, chiedere maggiore autonomia o maggiore competenze a livello regionale.

Dall’altro lato, la questione più dirimente rispetto alle richieste che sono state fatte dal Veneto e dalla Lombardia riguarda l’individuazione del residuo fiscale, cioè quanto chiedete al Governo di trattenere. Il 5 per cento? Il 10 per cento? Non chiedete nulla? Oggi votiamo una risoluzione priva di contenuto, per cui stiamo facendo una discussione completamente inutile. Fortunatamente, le opposizioni hanno richiesto che, prima di firmare l’intesa con il Governo, l’accordo venga ancora in aula, perché non ci fidiamo. È anche vero che domani mattina o, forse, questa sera, se riusciamo ad approvare le risoluzioni, il presidente Bonaccini chiamerà subito Gentiloni per andare a trattare sulle competenze e arrivare prima del 22 ottobre qua in Aula per dire “ce l’ho fatta”. Questo è l’accordo. Questa è l’intesa. È evidente, però, che poi ci trovate nella fase due. Già il percorso istituzionale non è stato chiaro. Si è compreso che dall’intesa vengono specificate quelle che sono effettivamente le richieste e quello che è stato dato dal Governo anche in termini di residuo fiscale. Vedremo se, effettivamente, avrete ottenuto qualcosa. Non è pensabile avere più competenze senza trattenersi dei soldi, anche se in qualche parere che è stato reso nelle Commissioni questa frase era scritta.

Dall’altro lato, il presidente Bonaccini ha detto: “La Regione Lombardia e la Regione Veneto vogliono essere Regioni a Statuto speciale”. Ma chi l’ha detto? Chi l’ha detto?

 

(brusio in Aula)

 

Maroni ha spiegato esattamente, al meeting di Rimini, al presidente Bonaccini che non richiede una Regione a Statuto speciale, richiede che la Regione Lombardia sia speciale. È diverso. Anche perché, lo ha detto il presidente prima, noi vogliamo – essendo la Regione che dà occupazione, che dà lavoro, economicamente la più avanzata del mondo, siamo quasi anche sopra Marte – che vengano riconosciute delle premialità o specialità. È la stessa identica cosa.

Non ci confondiamo per cercare di deridere le richieste fatte da altri governatori italiani, andando a confondere o giocando sulle parole. Bisogna ascoltare, cosa che allo stato attuale non è di vostro auspicio ascoltare.

Essendo romagnolo e presentatore della risoluzione nella quale chiediamo il referendum, oltre ovviamente a quello sull’autonomia dell’Emilia-Romagna e quindi sul 116, anche sull’autonomia della Romagna dico che non abbiamo la verità in tasca, non sappiamo se la Provincia unica sponsorizzata dal PD in Romagna si possa equivalere alla Regione Romagna. Cerchiamo di far capire ai cittadini, attraverso un referendum, che potrebbe essere anche fatto durante le politiche del 2018, se la gente o i romagnoli vogliono una Provincia unica, come sostiene il Partito Democratico, o una Regione Romagna. Perché non chiederlo? Chiaro è che la proposta di legge che abbiamo presentato sull’introduzione del referendum e l’assenza di democraticità che c’è nel Partito Democratico sul sentire i cittadini su quelle che sono scelte e svolte epocali di una Regione impone il fatto che sulla Regione Romagna non venga comunque data ai romagnoli la possibilità di affrontare questo argomento, nonostante Movimenti importanti che si sono sviluppati nel corso del tempo in Romagna, penso al MAR, a cui fanno parte anche sindaci, assessori ed esponenti politici del PD.

È evidente che c’è una differenziazione tra quelle che sono le pretese romagnole rispetto a quelle che sono le pretese emiliane, ma non dobbiamo decidere noi. Lasciamo che siano i cittadini a decidere se effettivamente è meglio la Provincia unica piuttosto che una Regione. Questo non ci verrà concesso perché dalle dichiarazioni fatte dal presidente Bonaccini su questo e dal segretario regionale Calvano è evidente che questa possibilità non verrà data ai cittadini, come non verrà data la possibilità, perché lo state facendo in maniera totalmente autonoma, di fare e di chiedere ai cittadini emiliano-romagnoli se effettivamente vogliono essere più autonomi oppure no.

Lo avete deciso voi. Noi andremo al Governo a trattare con un mandato popolare. Voi andrete al Governo a trattare con un voto vostro dell’Assemblea legislativa. Io credo che un po’ di differenza ci sia su questo argomento.

Mi piacerebbe che il presidente Bonaccini effettivamente mi dicesse: “Sì, se non ci arrivo a chiedere maggiore autonomia il giorno dopo presento le dimissioni da governatore”. Non capiterà, però nella vita non si sa mai. Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

È chiaro che sui contenuti delle risoluzioni e degli emendamenti avremo un ampio dibattito anche nel pomeriggio, però è evidente che sia nel metodo sia nel contenuto quello che votiamo oggi è uno slogan e non effettivamente una richiesta di maggiore autonomia come richiedono altri governatori in Italia.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pompignoli.

La parola al consigliere Bertani. Prego.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

Inizio annunciando che ritiriamo la risoluzione 5024, che era quella già iscritta all’ordine del giorno, perché, poi, oggi, ne abbiamo presentata un’altra.

Diversi temi sono già stati sviscerati questa mattina, ma diversi li avevamo già toccati anche nelle discussioni che abbiamo avuto in Commissione. Qualcuno oggi ha parlato di discussione vera che si è avuta in Commissione e si è avuta nella società regionale. A me non pare che questa discussione vera ci sia stata e fra i cittadini ci sia una discussione su questo tema.

Faccio una premessa. Sull’autonomia, il Movimento 5 Stelle – l’abbiamo già ribadito tante volte in Commissione – c’è. Noi riteniamo che esercitare le prerogative dell’articolo 116 sia importante e noi ci siamo, l’abbiamo già detto fin dall’inizio. Su questo, fra l’altro, ci differenziamo molto da quello che dicono i colleghi della Lega, che oggi mi sembra abbiano ammorbidito diverse posizioni, che parlano spesso di Regione a Statuto speciale o di Autonomia speciale, tanto che il quesito che è in discussione in Lombardia è stato proposto dal Movimento 5 Stelle proprio facendo esplicito richiamo al 116. Noi su questo ci siamo. Il tema – su questo mi voglio concentrare – è quello che purtroppo a noi questa sembra, l’ho già detto tante volte, una boutade.

Qualcuno dice: “Io concordo che questa serve solo a smontare i referendum di Veneto e Lombardia”. A me ancora nessun atto e nessun discorso che ho sentito oggi mi ha tolto questo sospetto. Qualcuno prima parlava di corto circuito del referendum. A me il corto circuito sembra quel referendum del 4 dicembre dove si accentravano tutta una serie di competenze presso il Governo centrale e si svuotavano, quindi, le competenze, la possibilità di legislazione concorrente delle Regioni e oggi, invece, ci ritroviamo a discutere del fatto che la nostra Regione possa chiedere maggiore autonomia su alcune questioni.

Bene, però, io non capisco perché. Voi dite che i tempi cambiano. Va bene, le fasi politiche cambiano, ma, ragazzi, sono sei mesi. È vero che il mondo è globalizzato e corre sempre più veloce, però sei mesi per determinare una nuova fase politica a me sinceramente sembrano veramente tanti. L’altro aspetto, sempre sul metodo, è questo, che non è stata coinvolta e voi non volete coinvolgere la società civile.

Il presidente finora ha detto di aver parlato con le parti sociali, ma nel ristretto circolo della Giunta, senza far sapere nulla all’Assemblea, se non comunicati stampa che si sono susseguiti nel tempo, se non oggi a dirci “Ieri ho parlato con le parti sociali che sono molto contente”. Io penso e ritengo che l’Assemblea debba sentire le parti sociali perché, altrimenti, che indirizzi dà all’Assemblea, che è l’organo di indirizzo?

Noi ci siamo ritrovati a subire gli indirizzi della Giunta, che è l’organo esecutivo. Secondo me, in questo percorso andava seguito quello che fu fatto in Lombardia nel 2006-2007, quando furono investite le Commissioni di un lavoro serio e approfondito dove magari, come dite voi, furono scelti troppi ambiti sui quali discutere, ma lì ci fu un lavoro approfondito.

Oggi noi ci troviamo a parlare di titoli; titoli anche in parte condivisibili, ma titoli a volte che dentro portano dei refusi importanti.

Faccio un solo esempio. Voi mi parlate di tutela e sicurezza del lavoro, ma io quando parlo di sicurezza del lavoro penso alla sicurezza del lavoro e ai controlli che fa la ASL. Invece, voi qui parlate di irregolarità del lavoro. Già nel titolo facciamo confusione.

Per non parlare della tutela dell’ambiente, dove ci dite che su certe materie non entrate. Sulla tutela ambientale, ovviamente, abbiamo da discutere, però su questo tema un’argomentazione approfondita non si è fatta.

Sullo Sblocca Italia io penso che, invece, una Regione come la nostra avrebbe qualcosa da dire e dovrebbe farlo. Invece, voi su questo non dite niente. Dite che certe cose le lasciate scegliere al Governo. Quindi, alle trivelle e agli inceneritori ci pensano ancora loro.

Ci dite che il referendum è insensato chiederlo, perché è uno spreco di risorse. Quando sento questi discorsi, fatti, fra l’altro, da una forza di sinistra, mi ricordo gli interventi fatti da forze di destra che dicevano che con la cultura non si mangia. Dire che sentire i cittadini è sprecare delle risorse equivale a dire che con la cultura non si mangia, perché aprire un dibattito in Regione su che cos’è l’autonomia e su cosa pensano i cittadini dell’autonomia è importante. Il referendum apre un dibattito, non lo chiude.

Il PD della Regione Lombardia non mi sembra così contrario al referendum. Gori, del PD, mi sembra che stia sostenendo il sì al referendum. Leggevo, perché ho fatto un po’ di ricerche, anche un’interrogazione parlamentare dei deputati lombardi del PD, che voleva affossare il referendum, che, però, fra le righe, dice: “A noi quel referendum non piace perché dice che volete solo l’autonomia”.

Maroni ha voluto fare questo referendum senza che fossero sentiti gli enti locali e senza che si fosse fatto un elenco delle materie. Un referendum fatto su una fase avanzata di discussione i parlamentari del PD lombardo dicono, da come io leggo la loro interrogazione, che sarebbe proponibile. Secondo noi, il percorso che andava e che va fatto era quello di investire l’Assemblea legislativa chiedendo all’Assemblea legislativa gli indirizzi. L’Assemblea avrebbe dato il mandato alla Giunta e nel frattempo si sarebbe fatta un’ampia discussione.

Noi, come Movimento 5 Stelle, abbiamo richiesto in Commissione I – ovviamente, poi, data la fretta, questa richiesta è stata messa da parte – di fare una serie di audizioni, sia delle parti sociali e altri gruppi delle direzioni regionali per capire dove sono i problemi che limitano l’autonomia della Regione Emilia-Romagna e dove sono le risorse che potremmo tenere in Regione Emilia-Romagna per svilupparci meglio senza andare a togliere nulla alle altre Regioni. Questi temi non sono stati affrontati, non li volete affrontare proprio perché, secondo noi, è un gioco di prestigio. Come è apparso improvvisamente il tema, così si è voluta dare una tabella di marcia non derogabile. Ci è stata fatta questa gentile concessione, che dal 26 settembre si è arrivati al 3 ottobre. Si è abbozzata in Capigruppo – che, secondo me, non è mai stata finalizzata – una sorta di roadmap su come lavorare nelle Commissioni, ma questa esigenza è nata solo perché noi presentammo a luglio quell’emendamento al bilancio dicendo di inserire il referendum.

Da quell’emendamento nacque in Aula una discussione, sulla quale intervennero tutti i Gruppi, e da lì fu convocata, a seguito della discussione, una Capigruppo. Altrimenti, non se ne sarebbe parlato. Si sarebbe andati avanti a tappe forzate, come, alla fine, avete fatto. Fra l’altro, secondo me, c’è proprio già uno scadenziario scritto da qualche parte perché la data del 3 ottobre non era derogabile, tanto che avete proposto anche in tempi contingentati.

Dopodiché, questa proposta è stata ritirata. Voi oggi dovete chiudere con il comunicato stampa e di qui a 15 giorni arrivare con l’accordo già fatto. A noi questo metodo non va bene. Noi sul metodo ci siamo. Però, questo metodo va a mettere in discussione anche il merito.

L’altro aspetto sul quale abbiamo presentato una seconda risoluzione, solo su questo, è che almeno noi chiediamo una garanzia. La garanzia è quella del “coinvolgimento” delle parti sociali. Lo dico fra virgolette perché ormai non le avete coinvolte. Almeno nella trattativa i Gruppi dell’Assemblea, quindi i Gruppi politici, chiediamo siano coinvolti, così come siano coinvolti gli enti locali. Su come vengono sentiti gli enti locali io ancora non ho sentito una parola, perché quell’intesa è valida sentiti gli enti locali. Avete intenzione di parlare solo con il CAL? Avete intenzione di far partecipare, invece, tutti gli enti locali? Su questo io non ho sentito una parola, e non c’è scritto da nessuna parte.

Nella nostra risoluzione noi diciamo che, invece, gli enti locali vanno sentiti tutti, non solo il CAL come forse è stato ventilato. Chiediamo almeno che in quella trattativa entrino anche i rappresentanti, sentita l’ANCI eventualmente, degli enti locali. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

In elenco ho il consigliere Taruffi. È in Aula?

Altrimenti, procediamo con la consigliera Piccinini, che ha la parola. Prego.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

 

(interruzioni)

 

Ditemi cosa devo fare.

 

PRESIDENTE (Saliera): Consigliera Piccinini, prego, proceda.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

In realtà, anche oggi ci troviamo a ribadire le criticità che abbiamo già espresso in Commissione rispetto al merito e rispetto al metodo della gestione di questo tema. Oggi ci troviamo come Assemblea legislativa a dover rincorrere il presidente di questa Giunta che sta rincorrendo la Lega Nord sul tema dell’autonomia, perché questo è, per quello che riteniamo essere neanche un accordo al ribasso, come veniva detto prima, ma meramente uno spot elettorale. È uno spot elettorale perché il percorso dell’articolo 116 della Costituzione ce lo dice chiaramente: è lungo, non è semplice, richiede una legge dello Stato, richiede la maggioranza assoluta delle due Camere. L’obiettivo che vi siete posti è l’intesa. L’intesa, però, non è la fine del percorso. Quindi, l’obiettivo non si esaurirà entro la fine del mandato nazionale. Questa cosa bisogna dirla chiaramente.

Noi arriveremo a un passaggio che è metà di tutto il percorso. Mi piacerebbe che questa cosa fosse chiara e fosse stata chiarita anche a quelle parti sociali, a quei soggetti con cui la Giunta ci dice di aver interloquito e che noi non conosciamo. Ci sono piovute da un giorno all’altro delle osservazioni da parte di soggetti che, tra l’altro, noi non sappiamo nemmeno quali siano. Chi avete audito? Non si sa. Noi non lo sappiamo.

Siamo stati completamente esclusi, salvo qualche forzatura di venire in Commissione a entrare nel merito delle questioni, perché questo testo è un testo general generico, ambiguo, sul quale io avrei voluto entrare nel merito delle questioni. Non c’è stato permesso.

Sostanzialmente, è stata un’imposizione unilaterale, però trovo abbastanza divertente che nel documento votato dalla Giunta venga scritto che la Regione considera un perno essenziale del mandato politico della legislatura l’azione di programmazione, partecipata e condivisa dalle parti sociali, dalla città, dalle università. Tanto partecipata e condivisa che chi siede da questa parte del tavolo, e che pensa di rappresentare perlomeno una parte dei cittadini, della volontà di chiedere questo percorso di autonomia è stata informata dai giornali in un pomeriggio di fine luglio. Questa è la considerazione che avete di questa Assemblea.

Però, ripeto, noi volevamo stare nel merito perché non abbiamo delle preclusioni a prescindere. Volevamo proprio valutare questo documento entrando nel dettaglio. Per entrare nei dettagli, però, bisogna avere anche delle risposte dall’altra parte.

Le Commissioni alle quali ho partecipato io, quando voi parlate di internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all’innovazione, vanno benissimo. Sui princìpi possiamo essere anche d’accordo. Noi, però, dobbiamo considerare che abbiamo due agenzie, Aster ed Ervet, che già in parte queste cose le fanno.

Perché, per quanto riguarda, per esempio, l’internazionalizzazione, che è un punto importante, non andiamo a implementare queste due agenzie? La risposta che ci è stata data è: la considerazione è giusta, il tema è sul tavolo.

Se il tema è sul tavolo, chiudiamolo. Cerchiamo di capire se con le forze che abbiamo riusciamo a far lavorare Ervet e Aster sull’internazionalizzazione, più di quello che stanno facendo oggi, ma facciamo tutte le valutazioni, chiudiamo il cerchio e poi andiamo a chiedere più autonomia. Si sta facendo il percorso contrario, cioè stiamo andando a chiedere più autonomia senza avere un quadro, una fotografia della situazione attuale e senza ancora aver valutato se effettivamente le nostre agenzie possono fare anche qualcosa di più. Questo ci è stato risposto.

Quando dite che le risorse potranno essere destinate per circa il 50 per cento al sostegno continuativo delle imprese, compresa l’incubazione e lo start-up di impresa, e per l’altro 50 per cento al sistema regionale della ricerca, mi sta benissimo, però questo 50 per cento lo andiamo a quantificare?

La risposta che ci è stata data in tutte le Commissioni, l’esigenza, almeno quella che avete manifestato, è quella di avere un sostegno nel tempo, un sostegno duraturo. Quanto cuba questo sostegno? Di quanti soldi abbiamo bisogno per avere un intervento di tipo organico? Queste risposte non ci sono state date in Commissione. Io non ho capito se è perché ve le siete voluti tenere per voi e non avete voluto condividere questo tipo di informazioni con le opposizioni, e non capisco francamente perché, oppure se questo documento sia frutto di considerazioni raffazzonate in fretta e furia per correre dietro al referendum della Lega.

Questo per dire che noi abbiamo provato a entrare nel merito. Volevamo fare delle considerazioni e capire che cosa si poteva migliorare, da che base partivamo. Le risposte, però, non sono arrivate. Quindi, non siamo noi che non volevamo fare una discussione seria e vera nel merito. Qui c’è qualcuno che aveva un’esigenza, che era quella di rincorrere la Lega sulla questione autonomia e nel merito non ci siete voluti entrare. Peccato, però, che nel documento di intesa qualche cifra andrà pur messa. Perché non ci volete dire se avete fatto delle analisi, se c’era un’istruttoria dietro tutto quello che scrivete qua dentro? È tutto e il contrario di tutto. Su questo, niente, non ci sono arrivate risposte.

La stessa cosa in Commissione Ambiente. Quando si parlava del governo del territorio, e la rigenerazione urbana, benissimo, l’acquisizione di competenze legislative e amministrative volte a superare la frammentazione amministrativa, la realizzazione di infrastrutture e impianti produttivi (questo punto è stato anche modificato) quando parliamo di infrastrutture a favore delle aziende, di cosa parliamo? Parliamo delle grandi opere inutili, parliamo di qualcos’altro? Anche qui bisogna che specifichiate che cosa intendete. Questo documento è general generico, come ho detto in Commissione. Avete preso le competenze dei vari assessori, ci avete aggiunto un po’ di tutto e un po’ di niente e con quello andate a chiedere l’intesa. Però, anche qui, bene. Sui temi generali si può anche condividere, ma poi sul dettaglio? Il dettaglio non ci viene spiegato, non ci viene elencato, non si entra mai, non si è mai entrati nel merito.

Sulla tutela ambientale ripeto un po’ quello che l’Assessore già conosce sulla lotta all’inquinamento ambientale. Benissimo, ci siamo, siamo d’accordo anche noi. Sulle bonifiche è da inizio mandato – l’assessore lo sa – che battiamo su questo punto, però ci venite a parlare di riconoscimento di strumenti gestionali in capo alla Regione e di finanziamenti, sostanzialmente. Questo è quello che, in breve, c’è scritto nel documento. Anche qui io ho delle perplessità. Lo ridico anche oggi: vogliamo più strumenti gestionali in capo alla Regione quando l’anagrafe dei siti non è ancora stata fatta. L’avete appena iniziata. Potevate iniziarla a inizio legislatura. Siamo ancora a rincorrere questa Anagrafe.

Il Piano delle bonifiche non esiste. Per andare a chiedere un’intesa, per andare a chiedere più risorse io sono d’accordissimo. È da inizio mandato che porto avanti questa battaglia. Molto banalmente questa Regione non sa nemmeno quanti sono i siti inquinati e in che situazione siano. Mi dite voi la serietà di questo documento quando non fate nemmeno le cose che, come Regione, possiamo fare? Non facciamo nemmeno quelle, non abbiamo nemmeno idea di quanti siano i siti inquinati. Mi pare un po’ azzardato andare a chiedere dei soldi se non abbiamo neanche contato i siti inquinati. Questo è un tema probabilmente marginale, non lo so, però è l’esemplificazione di come sia stato redatto questo documento e di come molte delle informazioni che noi volevamo avere, perché, ripeto per l’ennesima volta, noi sul merito ci volevano stare, abbiamo trovato un muro. Non ci avete dato informazioni, non ci avete coinvolto.

Questo è l’atteggiamento, purtroppo, che ha tenuto questa Giunta ed è il motivo per cui siamo portati a pensare che questa mossa messa in piedi così, in fretta e furia, non sia valida.

Ribadisco, se veramente fosse stata una questione prioritaria doveva essere il primo o il secondo atto di mandato. Ci troviamo il 3 ottobre a discutere in fretta e furia di un documento che non abbiamo visto, non abbiamo audito le parti sociali, non siamo potuti entrare nel merito. Io mi chiedo se questo è il modo di trattare un’Assemblea legislativa. Glielo chiedo sinceramente. Purtroppo il ruolo di questa Assemblea è stato svilito ed è stato svilito da un atteggiamento che io personalmente non condivido, assolutamente. Si poteva agire diversamente. Potevamo fare tutte le audizioni. Io ho fatto diversi accessi agli atti, perché voglio capire di che cosa stiamo parlando. Ovviamente, non ho ancora avuto risposta perché non abbiamo avuto il tempo necessario per poter ricevere le risposte dai servizi. Qui ci chiedete di avallare una cosa che noi non abbiamo assolutamente condiviso, come se questa Assemblea fosse un mero organo ratificatore delle volontà della Giunta. Così non è, e mi dispiace. Lo ripeto per l’ennesima volta, noi c’eravamo, ma non a queste condizioni.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Piccinini.

La parola al consigliere Taruffi. Prego, ne ha facoltà.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Nell’Assemblea precedente, come ha ricordato il consigliere Bessi, ho iniziato dicendo che le parole sono importanti. Mi ha fatto piacere che il consigliere Bessi abbia sottolineato come non solo le parole, ma anche i gesti sono importanti.

Voglio dire con nettezza che le pagliacciate dentro quest’Aula le trovo insopportabili.

 

POMPIGNOLI: Allora puoi andare a casa!

 

TARUFFI: Le trovo insopportabili e penso che ci siano modi e luoghi per fare politica, che non possono prescindere dal rispetto delle Istituzioni.

 

POMPIGNOLI: A me del pagliaccio non lo dai!

 

TARUFFI: Presidente…

 

PRESIDENTE (Saliera): Silenzio.

 

TARUFFI: Capisco che oltre a fare pagliacciate ci sia l’abitudine anche a essere maleducati, però bisognerebbe cercare di imparare. A una certa età ci si abitua a rispettare gli altri.

Le pagliacciate sarebbe bene lasciarle fuori da quest’Aula, non fosse altro perché qui dovremmo cercare di rappresentare e dare il meglio della rappresentanza della nostra Regione, perché tutti qui rappresentiamo l’intero corpo regionale.

Per questo penso, e parto da qui, che iniziare le discussioni in questo modo, rivendicando, peraltro, come è stato fatto nei giorni scorsi, non un ragionamento volto a rafforzare l’Emilia-Romagna, ma a dividerla, siano presupposti che vanno respinti. Lo vorrei dire con un francesismo, ma mi limiterò. Penso che proporre di dividere l’Emilia dalla Romagna sia, potrei citare un film di Fantozzi, ma avete già capito che cosa penso. Era relativo, per essere chiari, alla citazione del film della Corazzata Potëmkin. Qualcuno potrebbe non conoscere la filmografia intera e quindi è bene ricordarla.

Vorrei che partissimo nel ragionamento inquadrando ciò di cui stiamo parlando e ci concentrassimo su questo, non su altro, con una premessa che ho fatto in Commissione, in tutte le sedi e voglio ribadire in Aula: il metodo con il quale questo percorso è stato avviato, è stato portato avanti non ci è piaciuto, non l’abbiamo condiviso e ritenevamo che potesse essere svolto in modo diverso, più appropriato, anche in considerazione del fatto che non era nel programma di mandato, non era nel programma elettorale e che poteva, quindi, trovare modi e forme diverse per un coinvolgimento più ampio di tutte le forze politiche, a partire da quelle di maggioranza di quest’Aula. Però, visto che sono abituato a stare sul merito e a discutere di questo, cerchiamo di ricondurre un po’ le discussioni che abbiamo fatto a quello che è concretamente il percorso che abbiamo di fronte. La Giunta ha approvato delle linee di indirizzo, noi le abbiamo discusse in Commissione, con tempi e modi, che, ripeto, non ho condiviso, ma le abbiamo modificate e dopo dirò dove, su un punto importante, che ci sta a cuore, quello che riguarda il governo del territorio. Dopo dirò alcune cose.

Oggi una risoluzione, diamo mandato al presidente affinché avvii una discussione con il Governo, per poi ritornare in quest’Aula a dare conto all’Aula dell’esito di quella discussione che, ovviamente, se le cose saranno andate bene, si concluderà con la sottoscrizione di un’intesa tra il Governo centrale e la nostra Regione, che sarà la base poi di una legge costituzionale e che quindi richiede, per essere approvata, la maggioranza assoluta dei membri della Camera e del Senato. Difficilmente questo percorso si concluderà entro questa legislatura. Importante sarebbe arrivare all’intesa, perché, comunque, quello potrebbe essere un punto di partenza per una futura legislatura nazionale.

Ho sottolineato il passaggio della necessità di una legge costituzionale perché tutto l’impianto di cui stiamo parlando si muove dall’articolo 116, comma 3, della Costituzione, la stessa Costituzione, e qui lo voglio rivendicare con piena forza, che, appena un anno fa, qualcuno ha provato a modificare in modo sostanziale e qualcun altro, tra cui noi, ha invece ritenuto di difendere e di respingere quella modifica che l’avrebbe stravolta anche su punti che riguardavano il rapporto tra Regioni e Stato. È bene ricordarlo. Quella riforma non conteneva, invece, un aspetto, che avrebbe, secondo me, dovuto contenere, che riguarda – qui entriamo un pochino più nel merito – la differenza oggi (lo dico in modo chiaro) abbastanza anacronistica fra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario.

Noi pensiamo che quella differenza andrebbe ridotta, andrebbe limitata, figuriamoci se possiamo pensare di aggiungere Regioni a Statuto speciale, non solo per un discorso di unità nazionale, ma anche per un discorso di efficacia delle politiche che si mettono in campo a livello nazionale e a livello regionale. Credo che un po’ di serietà da questo punto di vista e un po’ di rigore farebbe comodo a tutti.

Dico della differenza tra le Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario perché in quel quesito sul quale dopo tornerò, che il 22 ottobre viene sventolato come un vessillo di libertà e di straordinarietà in Lombardia e in Veneto, dietro quel quesito, lo ha detto il presidente della Regione Lombardia in modo chiaro, c’è la volontà di tradurre quel quesito, quella spinta, che lui si augura popolare, che ci sarà nei referendum, in una richiesta semplice, cioè quella di trasformare la Lombardia in una Regione a Statuto speciale. Lo ha detto lui.

Credo che il pensiero di Maroni sia più autentico dell’interpretazione, sempre importante e legittima, del consigliere Pompignoli. Lo ha detto alla stampa, lo ha detto in tutti i contesti. Ecco, allora, alcuni elementi di merito bisognerà anche che li affrontiamo in questa discussione, perché il quesito della Lombardia, è bene leggerlo, perché ogni tanto gli atti vanno anche letti, recita così: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia con le relative risorse ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia messo in base all’articolo richiamato?”, domanda.

Traduzione: “Chiedo ai miei cittadini se posso fare quello che ho già la possibilità di fare”. È pleonastico, per essere eufemistici. Sicuramente è propagandistico, e io penso che non si faccia politica facendo propaganda. Si fa politica facendo delle azioni concrete. Questo quesito referendario è un bluff e come tale andrebbe respinto. Qui un elemento di chiarezza andrebbe anche introdotto perché faccio fatica onestamente a ritenere sensate le posizioni di chi, come il sindaco di Bergamo Gori, dice: “Il referendum è un bluff. Andiamo a vedere e votiamo sì”.

Mi sembra una posizione abbastanza strana, anche solo da poter spiegare a un cittadino. Io penso che quel referendum, invece, sia in linea con l’atteggiamento che avete tenuto voi in quest’aula a inizio seduta. Lo metto esattamente in quella linea lì. Penso che vada respinto, ma soprattutto rimarco le differenze che esistono tra quel modo e la scelta del percorso intrapreso. Lì si dice che su ogni materia su cui esiste la legislazione concorrente, e sono ventuno, di fatto prendo – in pratica, tradotto nel linguaggio dalla politica alla concretezza – quello che ho detto prima, cioè la Regione a Statuto speciale.

Si propone un’altra cosa. Esistono quattro materie elencate, precise, circostanziate: istruzione tecnica e professionale e istruzione universitaria, internazionalizzazione e commercio con l’estero, governo del territorio e tutela dell’ambiente, su cui tornerò, tutela della salute.

Su queste materie si chiedono allo Stato maggiori competenze e quindi anche maggiori risorse. Non stiamo parlando della rivoluzione, né di ottobre, né di novembre. Non stiamo parlando di capovolgere il mondo. Non saranno questi i dieci giorni che sconvolgeranno il mondo. Stiamo aprendo ad un percorso su materie circostanziate e specifiche per cui, effettivamente, anche dipingere questo percorso come un percorso autonomista o federalista sinceramente mi pare un pochino azzardato.

Starei sul merito delle cose. Se stiamo sul merito e guardiamo, ad esempio, uno dei quattro aspetti che abbiamo toccato, se vedete il documento – mi rivolgo a chi dice che non è stato possibile modificare nulla - se vedete il documento approvato, le linee di indirizzo che hanno originato questa discussione approvate dalla Giunta e il documento finale che oggi noi abbiamo all’esame di quest’Aula, vedrete che, ad esempio, sul governo del territorio sono cambiate alcune cose. Anche sul tema della rigenerazione urbana. Non è un mistero che è in atto una discussione molto importante in questa Regione sulla legge urbanistica, sulla nuova legge urbanistica e noi, coerentemente con quanto stiamo facendo in quella discussione, abbiamo introdotto in questa alcuni elementi che abbiamo ritenuto importanti.

Esiste un emendamento, a mia prima firma, firmato anche ed altri consiglieri di MDP e del PD, che circoscrive e limita quell’ambito in modo dettagliato e preciso. Abbiamo ritenuto non fosse sensato chiedere ulteriori competenze, competenze rinforzate, differenziate e anche legislative in ordine alla pianificazione territoriale. Abbiamo ritenuto che fosse utile specificare che la regolarizzazione degli Stati legittimi fosse collegata esclusivamente a errori materiali, tecnici o materiali. Ecco, allora, che siamo entrati nel merito. Queste sono poche parole, ma, alle volte, siccome le parole sono importanti e i testi di legge sono fatti di parole, aggiungere o togliere una parola vuol dire cambiare o declinare in modo diverso il senso complessivo di un provvedimento. Capisco che siano operazioni non particolarmente utili alla propaganda, ma poi determinano concrete conseguenze nella realtà.

Sulle altre materie, dalla tutela della salute, all’istruzione, alla ricerca…

La cosa stravagante – apro e chiudo una parentesi – è che quando si interviene su questo tema tutti riconoscono quanto l’Emilia- Romagna e il sistema Emilia-Romagna sia efficace dando risposte sulla salute, sulla sanità, sull’istruzione e quindi si dice che bisogna fare di più o di meno. Poi, quando discutiamo dei singoli settori, sembra che tutto vada male. Anche qui bisogna che vi mettiate d’accordo con voi stessi, perché se intervenite dicendo che sulla sanità siamo d’accordo, sull’istruzione siamo d’accordo e poi ogni volta che discutiamo singolarmente quei temi tutto va male evidentemente c’è qualche problema di coerenza con il proprio pensiero. Anche a me alle volte capita di non essere d’accordo con me stesso. Non è, però, un problema politico, è un problema personale, individuale.

Se questo è il quadro e se le cose che ho detto prima hanno un senso, io non mi sbilancerei a dire che questa Regione è il motore d’Europa, perché, oggettivamente, qualche problema c’è. Dovremmo stare più contenuti tutti, un pochino più sobri. Però, se questo è il contesto in cui siamo inseriti, se questo è il quadro, se queste sono le cose, se questa è la discussione di merito, io non vedo stravolgimenti e penso che sarebbe opportuno che nessuno di noi richiamasse rivoluzioni che non esistono.

Chiudo con un’osservazione. Noi siamo stati dentro questo percorso, che, ripeto, non ci è piaciuto particolarmente, né ci ha appassionato particolarmente, anche per l’esito finale che probabilmente avrà. Tuttavia, riteniamo che oltre a chiedere maggiori competenze e quindi maggiori risorse sulle materie di competenza, sulle materie di legislazione concorrente, credo dovremmo attuare e dare un segno diverso alle competenze e alle materie di cui oggi siamo già titolari.

Faccio due esempi in chiusura. Io penso che il tema della ripubblicizzazione del servizio idrico ed il finanziamento delle scuole private siano due temi di cui noi siamo competenti e siano due temi sui quali, da qui alla fine della legislatura, sarebbe utile e importante che questa Assemblea si misurasse promuovendo leggi regionali sulle materie di nostra competenza, che diano il segno complessivo dell’operazione e del percorso che stiamo facendo.

Ribadisco, se questo, però, è il contesto, chiedo un po’ più di sobrietà, un po’ più di tranquillità. Evitiamo sceneggiate, evitiamo paralleli impropri con altre Regioni d’Europa dove si stanno consumando conflitti istituzionali molto profondi. Cerchiamo di essere un pochino seri e cerchiamo di fare il nostro lavoro per quello che dovremo fare, rappresentando gli interessi dell’Emilia-Romagna. Chi pensa di rappresentare una parte o l’altra non ha capito esattamente, forse, lo dico assumendomi tutte le mie responsabilità, come sempre, in che mondo stiamo vivendo.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

Concludiamo qui la seduta antimeridiana. Riprendiamo alle ore 14, con gli interventi, già iscritti, dei consiglieri Boschini, Rancan, Bignami, Prodi, Montalti e Pruccoli.

Ci vediamo alle ore 14.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 13

 

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Raffaele DONINI, Paola GAZZOLO, Elisabetta GUALMINI, Emma PETITTI, Sergio VENTURI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta l’assessore Massimo MEZZETTI e le consigliere Francesca MARCHETTI, Roberta MORI e Ottavia SONCINI.

 

Comunicazioni prescritte dall’articolo 68 del Regolamento interno

 

Sono stati presentati i seguenti documenti:

 

Interrogazioni

 

5338 - Interrogazione a risposta scritta circa l'istituzione di un "Progetto di vita indipendente autodeterminato" e l'istituzione di un capitolo di spesa nel Fondo Regionale per la non Autosufficienza. A firma del Consigliere: Fabbri

5339 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione occupazionale dei lavoratori coinvolti nei licenziamenti avviati dalla casa motociclistica Motori Minarelli. A firma del Consigliere: Taruffi

5340 - Interrogazione a risposta scritta circa la chiusura dello stabilimento produttivo del gruppo internazionale Froneri (ex Nestlè) di Parma. A firma del Consigliere: Rainieri

5343 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione dei ponti che collegano Lombardia ed Emilia-Romagna fra Castelvetro Piacentino/Cremona e Boretto/Viadana. A firma del Consigliere: Sassi

5344 - Interrogazione a risposta scritta circa il sito di compostaggio di via Riga Bassa a Crevalcore (Bo). A firma del Consigliere: Pettazzoni

5345 - Interrogazione a risposta scritta circa l’utilizzo dei volontari AUSER, cosiddetti vigili nonni, nelle attività di sorveglianza davanti alle scuole e nei parchi, in particolare nel comune di Fidenza. A firma del Consigliere: Rainieri

5346 - Interrogazione a risposta scritta circa l’annuncio della chiusura a Parma dello stabilimento della multinazionale Froneri. A firma del Consigliere: Torri

5347 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa questioni e procedure riguardanti la realizzazione del nuovo ospedale di Piacenza. A firma del Consigliere: Foti

5348 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa le azioni da attuare per armonizzare i servizi del trasporto pubblico locale con gli orari di inizio e fine delle lezioni scolastiche. A firma del Consigliere: Sassi

5349 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dell’azienda Motori Minarelli. A firma del Consigliere: Taruffi

5350 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela delle famiglie che, a seguito della determinazione dei nuovi requisiti economici per l’accesso e la permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, dovranno abbandonare quelli attualmente utilizzati. A firma del Consigliere: Bignami

5351 - Interrogazione di attualità a risposta immediata in Aula circa la tutela dei lavoratori dello stabilimento produttivo del gruppo Froneri (ex Nestlé) di Parma. A firma del Consigliere: Rainieri

 

Interpellanze

 

5337 - Interpellanza circa la proposta di creare un nuovo Politecnico nell'area mediopadana che formi profili professionali al servizio dell'economia emiliano-romagnola. A firma della Consigliera: Gibertoni

5341 - Interpellanza circa il fenomeno della violenza contro le donne e le attività di contrasto poste in essere a livello territoriale. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

Risoluzioni

 

5336 - Risoluzione per impegnare il Presidente e la Giunta ad instaurare un negoziato con il Governo, al fine di attribuire alla Regione Emilia-Romagna forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, a trattare con il Governo forme più elastiche di federalismo fiscale e autonomia finanziaria di entrata e di spesa, a richiedere al Governo la gestione diretta delle risorse, delle funzioni amministrative e dei fondi amministrati a livello statale che si ritiene possano essere gestiti in modo maggiormente funzionale dalle strutture regionali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. (28 09 17) A firma dei Consiglieri: Fabbri, Bargi, Delmonte, Liverani, Marchetti Daniele, Pettazzoni, Pompignoli, Rainieri, Rancan

5342 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad ampliare l’attenzione sul fenomeno della violenza contro le donne, ad incrementare le attività di contrasto a livello territoriale, nonché a invocare nuove norme legislative nazionali. (29 09 17) A firma del Consigliere: Gibertoni

 

È stata data risposta scritta alle interrogazioni oggetti nn.

4962 - Interrogazione a risposta scritta circa i controlli da effettuare sulle cave e sulle attività estrattive, con particolare riferimento alla situazione riguardante la Provincia di Modena. A firma del Consigliere: Aimi

4966 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni sollevate dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nei confronti di Hera SpA, con particolare riferimento all'affidamento di servizi di gestione dei rifiuti urbani. A firma del Consigliere: Bargi

4967 - Interrogazione a risposta scritta circa la tutela dei lavoratori della Casa Protetta di Vergato. A firma del Consigliere: Bignami

4969 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni riguardanti lo smaltimento di rifiuti nel territorio regionale, con particolare riferimento a quelli provenienti da altre regioni. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

4971 - Interrogazione a risposta scritta circa la situazione e le procedure riguardanti un progetto di costruzione di un fabbricato rurale a Prignano, nel comune di Polinago (MO). A firma del Consigliere: Bargi

4977 - Interrogazione a risposta scritta circa i finanziamenti e la programmazione del "Festival internazionale del teatro in piazza" che si svolge a Santarcangelo di Romagna. A firma del Consigliere: Foti

4987 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni riguardanti l'emissione di prestiti obbligazionari da parte di TPER. A firma dei Consiglieri: Paruolo, Rontini, Zappaterra, Tarasconi, Molinari

4988 - Interrogazione a risposta scritta circa il rispetto delle prescrizioni riguardanti l'esecuzione di rilievi sismici tridimensionali connessi alla ricerca di idrocarburi, con particolare riferimento a quello denominato "Fantozza". A firma del Consigliere: Foti

4993 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per garantire l'incolumità del personale viaggiante sulle linee ferroviarie. A firma del Consigliere: Foti

5000 - Interrogazione a risposta scritta circa l'esborso di somme non dovute, da parte di utenti di Trenitalia, a causa dell'applicazione di un algoritmo errato per il calcolo delle relative tariffe, con particolare riferimento ai pendolari piacentini. A firma del Consigliere: Foti

5004 - Interrogazione a risposta scritta circa le opere di disboscamento in atto in un bosco situato nel territorio del comune di Ventasso (RE). A firma del Consigliere: Sassi

5005 - Interrogazione a risposta scritta circa criticità evidenziate dall'ANAC nei confronti del servizio di gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alla situazione riguardante Hera SpA. A firma del Consigliere: Sassi

5007 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per valorizzare e mantenere viva, insieme alle associazioni locali ed ai comuni del territorio, la memoria ed il grande valore storico e morale rappresentato dalla Casa di Tavolicci come luogo della memoria di importanza non solo locale ma anche regionale. A firma della Consigliera: Montalti

5011 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni e finanziamenti riguardanti il Santarcangelo Festival. A firma dei Consiglieri: Bignami, Aimi

5013 - Interrogazione a risposta scritta circa il biostabilizzato conferito presso la discarica Poiatica di Carpineti a Reggio nell’Emilia. A firma del Consigliere: Sassi

5014 - Interrogazione a riposta scritta circa l’escalation di episodi di vandalismo e aggressioni che ha colpito il personale e i passeggeri dei treni regionali e le azioni che la Regione ha messo in atto per contrastarla. A firma della Consigliera: Gibertoni

5021 - Interrogazione a risposta scritta circa i risultati ed i finanziamenti riguardanti le iniziative relative al commercio equo e solidale. A firma del Consigliere: Bignami

5022 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per migliorare la sicurezza presso la Stazione ferroviaria di Bologna. A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

5025 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni e procedure riguardanti lavori relativi ad una discarica di rifiuti sita a Castel Maggiore. A firma della Consigliera: Piccinini

5026 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni riguardanti controlli sui servizi di trasporto degli infermi, con particolare riferimento alla situazione esistente a Ferrara ed ai relativi accreditamenti. A firma della Consigliera: Piccinini

5030 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per eliminare i disagi per i malati conseguenti alla "riorganizzazione estiva" della rete ospedaliera dell'Ausl di Piacenza, con particolare riferimento al ricovero di pazienti della Val d'Arda in ospedali di comunità, quale quello di Bobbio. A firma del Consigliere: Foti

5031 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da porre in essere per evitare l'eventuale chiusura estiva del punto nascite dell'Ospedale Magati di Scandiano (RE). A firma del Consigliere: Foti

5032 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni relative a nomine riguardanti Bologna Fiere S.p.A. A firma del Consigliere: Bignami

5034 - Interrogazione a risposta scritta circa le raccomandazioni formulate dall'ANAC in merito alla gestione del servizio integrato dei rifiuti. A firma del Consigliere: Foti

5035 - Interrogazione a risposta scritta circa questioni sollevate dall'ANAC riguardanti HERA e la gestione del servizio integrato dei rifiuti. A firma del Consigliere: Bignami

5038 - Interrogazione a risposta scritta circa la normativa riguardante la determinazione del numero dei dirigenti operanti presso una amministrazione comunale. A firma del Consigliere: Bignami

5039 - Interrogazione a risposta scritta circa l'attivazione, in un sistema HUB-spoke, di Unità Operative di diabetologia aggiuntive rispetto a quelle già presenti nel territorio di competenza dell'ASL della Città Metropolitana di Bologna. A firma del Consigliere: Bignami

5040 - Interrogazione a risposta scritta circa i versamenti IMU riguardanti i fabbricati posti su aree demaniali ed i relativi accatastamenti, con particolare riferimento alle strutture balneari. A firma dei Consiglieri: Bertani, Sensoli

5142 - Interrogazione a risposta scritta per sapere se, considerati i risultati del bilancio 2016 di Iren Rinnovabili spa, siano stati erogati da parte della Regione finanziamenti per iniziative a cui abbia partecipato tale società e di quali entità e destinazione. A firma del Consigliere: Foti

(Comunicazioni n. 53 prescritte dall’art. 68 del Regolamento interno - prot. NP/2017/1950 del 02/10/2017)

 

 

LA PRESIDENTE

I SEGRETARI

Saliera

Rancan - Torri

 

 

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