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SEDUTA DI MARTEDÌ 7 NOVEMBRE 2023

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

PRESIDENTE (Petitti)

 

OGGETTO 7306

Interpellanza in merito alle azioni che la Regione intende mettere in campo per i 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi. A firma del Consigliere: Mastacchi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

MASTACCHI (RCPER)

FELICORI, assessore

MASTACCHI (RCPER)

 

Interpellanze oggetti 722272537258

(Rinvio)

PRESIDENTE (Petitti)

 

OGGETTO 7340

Interpellanza circa le ragioni del recesso dalla convenzione tra Corte dei Conti, CAL e Regione Emilia-Romagna, deciso dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. A firma dei Consiglieri: Pelloni, Pompignoli, Catellani, Bargi, Marchetti Daniele, Occhi, Facci, Rancan

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

PELLONI (Lega)

CALVANO, assessore

PELLONI (Lega)

 

OGGETTO 7374

Interpellanza circa l'opportunità di adeguare il "Calendario venatorio regionale - Stagione 2023/2024" a quanto stabilito dall'Ordinanza, pubblicata il 7 settembre 2023, del Tribunale Amministrativo per l'Emilia-Romagna, relativamente al rispetto dei termini di apertura e chiusura dell'attività venatoria. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

GIBERTONI (Misto)

MAMMI, assessore

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 7379

Interpellanza circa i motivi per cui l'AUSL di Modena ha conferito temporaneamente funzioni di dirigente assistenziale nei distretti di Sassuolo, Mirandola e Carpi, pur avendo a disposizione la graduatoria risultante da regolare procedura concorsuale. A firma del Consigliere: Cuoghi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

CUOGHI (FdI)

DONINI, assessore

CUOGHI (FdI)

 

OGGETTO 7384

Interpellanza circa la riorganizzazione dell'attività chirurgica da parte dell'Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza, con particolare riguardo all'Unità Chirurgica di Ortopedia e Traumatologia dell'Ospedale Civile di Castel San Giovanni. A firma della Consigliera: Stragliati

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

STRAGLIATI (Lega)

DONINI, assessore

STRAGLIATI (Lega)

 

OGGETTO 7408

Interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno intervenire affinché la cassa di espansione del Navile, nel comune di Bentivoglio, sia delimitata con apposita segnaletica, al fine di consentire l'accesso ai soggetti autorizzati e interdire la caccia. A firma del Consigliere: Mastacchi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

MASTACCHI (RCPER)

DONINI, assessore

MASTACCHI (RCPER)

 

OGGETTO 7409

Interpellanza relativa ai risultati dell'attuazione della legge regionale per lo sviluppo del settore musicale. A firma della Consigliera: Castaldini

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

CASTALDINI (FI)

FELICORI, assessore

CASTALDINI (FI)

 

OGGETTO 7450

Interpellanza relativa al reparto di rianimazione e terapia intensiva dell'Ospedale di Castel San Giovanni, a Piacenza. A firma della Consigliera: Stragliati

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Petitti)

STRAGLIATI (Lega)

DONINI, assessore

STRAGLIATI (Lega)

 

OGGETTO 7254

Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'art. 121, comma 2, della Costituzione, recante: "Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall'anno 2023". (142)

(Continuazione discussione e approvazione)

(Ordini del giorno 7254/1/2/3 oggetti 7612 - 7613 - 7614 - Presentazione e approvazione)

(Ordine del giorno 7254/4 oggetto 7615 - Presentazione e reiezione)

PRESIDENTE (Petitti)

PICCININI (M5S)

AMICO (ERCEP)

TAGLIAFERRI (FdI)

PELLONI (Lega)

SONCINI (PD)

BONACCINI, Presidente della Giunta

BONDAVALLI (BP)

CASTALDINI (FI)

EVANGELISTI (FdI)

PRESIDENTE (Petitti)

GERACE (IV)

MASTACCHI (RCPER)

ZAMBONI (EV)

BARGI (Lega)

PILLATI (PD)

ZAPPATERRA (PD)

MARCHETTI Daniele (Lega)

PRESIDENTE (Petitti)

DONINI, assessore

PRESIDENTE (Petitti)

PICCININI (M5S)

EVANGELISTI (FdI)

RANCAN (Lega)

AMICO (ERCEP)

ZAMBONI (EV)

ZAPPATERRA (PD)

BONDAVALLI (BP)

PIGONI (IV)

PRESIDENTE (Petitti)

 

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 7254

Emendamento oggetto 7254

Comunicazione prescritta dall’art.69 del Regolamento interno

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,39

 

PRESIDENTE (Petitti): Dichiaro aperta la seduta pomeridiana n. 237 del giorno 7 novembre 2023.

È computato come presente ai soli fini del numero legale, ai sensi dell’articolo 65, comma 2 del Regolamento interno, il presidente della Giunta Bonaccini, assente per motivi istituzionali.

Hanno giustificato la propria assenza la vicepresidente della Giunta Priolo, gli assessori Colla, Corsini e Salomoni. La consigliera Pillati ha comunicato che si collegherà da remoto a norma dell’articolo 102-bis del Regolamento.

 

Svolgimento di interpellanze

 

PRESIDENTE (Petitti): Riprendiamo i nostri lavori dallo svolgimento delle interpellanze.

 

OGGETTO 7306

Interpellanza in merito alle azioni che la Regione intende mettere in campo per i 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi. A firma del Consigliere: Mastacchi

 

PRESIDENTE (Petitti): Partiamo, più precisamente, dall’interpellanza oggetto 7306, in merito alle azioni che la Regione intende mettere in campo per i 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi.

L’interpellanza è a firma del consigliere Mastacchi. Prego, consigliere Mastacchi.

 

MASTACCHI: Grazie, presidente. Buon pomeriggio.

Parliamo di Marconi, come abbiamo già fatto in diverse occasioni. Premesso che Guglielmo Marconi è verosimilmente il più grande inventore che l’Italia abbia avuto, imprenditore e politico bolognese, ideatore delle comunicazioni wireless, vincitore del Premio Nobel per la fisica nel 1909, la sua città natale, Bologna, è ricca di luoghi che hanno segnato la sua storia e ancora oggi lo ricordano.

Marconi è considerato universalmente il padre della tecnologia che per prima sfruttò le onde radio, scoperte a fine Ottocento, e che hanno consentito l’evoluzione delle comunicazioni, oggi più che mai utilizzate quale risorsa fondamentale e imprescindibile. L’8 dicembre 1895 si ricorda infatti il primo invio nella storia di un segnale senza l’utilizzo di fili ad opera di Marconi, che rivoluzionò per sempre il modo di comunicare e aprì l’era del wireless.

I tratti di grande modernità della figura di Marconi, che non solo fu un esimio scienziato, ma nel contempo anche un abile imprenditore e capace pubblicitario di se stesso, anticiparono nella pratica quotidiana temi che ancora oggi additiamo come innovativi e necessari allo sviluppo delle economie avanzate sullo scacchiere mondiale: la sinergia fra ricerca ed imprenditoria, l’importanza della formazione degli operatori, la centralità dell’economia e della conoscenza.

La visione di Marconi scienziato, inventore e imprenditore rappresenta ancora oggi un modello unico di creatività, innovazione di ispirazione anche per molte imprese del territorio bolognese, ad oggi uno dei principali centri mondiali per l’innovazione scientifica e tecnologica nella produzione e diffusione di conoscenza e nella creazione di imprese innovative e start up.

Evidenziato che il 2024 sarà l’anno della celebrazione del Centocinquantesimo dalla nascita dell’inventore, un’importante occasione culturale, scientifica e di promozione internazionale del territorio bolognese, un evento unico sia per celebrare il suo illustre cittadino, valorizzandone l’opera e la memoria, anche a livello nazionale ed internazionale, sia per caratterizzare il territorio da un punto di vista culturale, turistico e scientifico, nel segno di Marconi e delle sue geniali intuizioni, il Comune di Bologna, la Città Metropolitana, il Comune di Sasso Marconi, la Regione Emilia-Romagna, la Fondazione Guglielmo Marconi e l’Università di Bologna hanno costituito un tavolo di lavoro per definire il percorso da seguire in vista delle Celebrazioni marconiane, mentre le principali istituzioni museali si sono impegnate nella divulgazione del lasciato marconiano. L’articolo 3 della legge 2 del 2022 recita che “la Regione si impegna ad attivare interventi finanziari speciali finalizzati ad una stabile valorizzazione nel tempo dell’opera dei propri cittadini che hanno ricevuto un premio Nobel per contribuire alla realizzazione di progetti di particolare rilevanza, onde incentivarne una più approfondita conoscenza nelle giovani generazioni ed un turismo di impronta scientifica”.

Considerato che l’anniversario dei 150 anni dalla nascita deve costituire un’occasione per realizzare un’ampia programmazione culturale nel segno di Marconi per celebrare il suo pensiero e la sua opera, dando voce al territorio per la composizione delle diverse iniziative, al fine di valorizzare la sua figura, apportando novità culturali, partendo proprio da Sasso Marconi per arrivare alla Città Metropolitana e alla Regione, nel territorio è presente anche il Museo della comunicazione “Pelagalli”, che nel 2007 ha ottenuto il riconoscimento del Centro Unesco di Bologna quale realtà unica nel suo genere, che attraverso i suoi 21 settori espositivi, gli oltre 2.000 oggetti esposti e i laboratori dedicati agli esperimenti scientifici, racconta ai visitatori l’affascinante percorso di oltre 200 anni di storia della comunicazione, tramite la radio di Marconi, appunto, la fotografia di Edison, il cinema dei fratelli Lumière, il telefono di Meucci e il computer di Steve Jobs e la televisione di Baird, la storia e la cultura musicale che la nostra Regione può, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dalla nascita di questo eminente scienziato, valorizzare con apposite iniziative, anche virtuali, di particolare valenza culturale e di interesse anche per la comunità scolastica per renderlo più visibile all’interno di un contesto definito e organizzato.

Guglielmo Marconi non ha ricevuto spesso le giuste attenzioni sia a livello nazionale che locale, attenzioni che, invece, porterebbero, tra l’altro, la possibilità di valorizzare una vera e propria unicità del nostro territorio, considerato che mai come in questo periodo le infrastrutture per le comunicazioni si stanno rivelando di vitale importanza per la nostra società.

Le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario della nascita rappresentano un’occasione per la stabile valorizzazione nel tempo dell’opera dello scienziato e, al contempo, sono un’opportunità per la promozione di un adeguato turismo scientifico-culturale nel nostro territorio.

Si interpellano quindi la Giunta e l’assessore per sapere quali siano le azioni che la Regione intende mettere in campo per i 150 anni della nascita di Guglielmo Marconi quale eminente scienziato italiano, vincitore del Premio Nobel per la fisica, inventore dei nuovi sistemi di comunicazione del mondo moderno, nonché straordinario esempio di imprenditore e di innovatore, per promuovere nel contempo anche un turismo scientifico-culturale in tutta la nostra Regione, partendo dalla Città Metropolitana, sede del Museo della comunicazione multimediale di Pelagalli, quale realtà unica nel suo genere, e dalle colline di Sasso Marconi, dove sono custodite le sue spoglie presso Villa Grifone. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mastacchi.

Risponde l’assessore Felicori. Prego.

 

FELICORI, assessore: Grazie al consigliere Mastacchi, che ricorda a me e a tutta l’Assemblea l’importanza di Marconi, e anche (condivido il suo giudizio) ricorda che non sempre i diversi centenari sono stati un’occasione pienamente sfruttata per ricordare questa straordinaria figura di bolognese.

Mi coglie poi particolarmente contento dover rispondere perché dal 1995, uno dei tanti anniversari non pienamente sfruttati, mi sono occupato a lungo anche nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Marconi e nel 1995, anzi nel 1994 ebbi anche l’occasione, proprio con il ministro Tatarella, di discutere quel centenario.

Poi c’è stato il centenario del Nobel e diverse opportunità non sempre pienamente sfruttate, vediamo se questa è la volta buona.

Prima di tutto ‒ il consigliere l’ha citato ‒ si è creato un tavolo con tutte le Istituzioni interessate. Questo tavolo nasce da un protagonismo rinnovato del Comune di Bologna e della Città Metropolitana, che hanno dichiarato di volersi impegnare attivamente per questo centenario.

Anche la Sottosegretaria, Lucia Borgonzoni, ha dichiarato di voler assumere un ruolo protagonista. Quindi noi come Regione cerchiamo di assecondare, di fiancheggiare, di spalleggiare queste due istituzioni che giustamente sono le istituzioni principali. Questo fiancheggiare è un fiancheggiare proattivo.

Quindi, nella predisposizione del bilancio, e ringrazio di questo sempre l’assessore Calvano che ha per la cultura un occhio di riguardo pur nella situazione difficile, ci sarà un capitolo di bilancio dedicato proprio all’anniversario marconiano.

Non abbiamo notizie al momento di quali provvedimenti prenderà il Ministero. In particolare, non abbiamo notizie della costituzione del comitato, questi comitati ministeriali che sempre vengono dedicati a particolari figure in particolari momenti.

Comunque, ci siamo garantiti un budget disponibile per poter affiancare l’iniziativa delle altre Istituzioni e poi contiamo nel corso dell’anno anche di incrementarlo qualora la situazione migliori.

Allo stesso tempo continua la nostra attenzione verso la collezione Pelagalli. Io credo di avere incontrato Pelagalli forse 50 volte nella mia ormai lunga carriera. Non è così facile come sembra quell’acquisizione e in ogni caso anche su questo contiamo sul fatto che la Sottosegretaria ha più volte dichiarato di volere acquisire quella collezione.

Infine, condivido l’idea che si debba aumentare il peso museale di Villa Griffone. Villa Griffone è ovviamente la casa della famiglia Marconi, è il luogo dove si svolse il primo esperimento, quello famoso del colpo di fucile, in parte ha una destinazione museale, in parte ha una destinazione di ricerca.

Siccome io ritengo che la ricerca… Capisco che fare la ricerca nella casa di Marconi possa ispirare le azioni più... Però si può fare anche altrimenti. Immaginare nel tempo di poter dare una destinazione completamente museale a Villa Griffoni può essere un’ottima idea.

Per quanto mi riguarda vorrei approfittare del centenario di Marconi per cercare anche di aumentare il nostro impegno per la divulgazione tecnico-scientifica. Sapete che in tutte le Istituzioni l’attenzione alle arti è spesso dominante rispetto all’attenzione alla cultura tecnico-scientifica. Normalmente, quando noi usiamo la parola “cultura” significhiamo il mondo delle arti e molto meno il mondo della scienza e della tecnica. Io vorrei approfittare del centenario marconiano per sviluppare di più questa attività.

Infine, come il consigliere Mastacchi sa, metto sempre un grande accento sul fatto di situare il Marconi, Villa Griffone, in quella filiera, che è anche un filo geografico, che è la Valle del Reno, che dalla Chiusa di Casalecchio alle Terme di Porretta è una collana di eccellenze mondiali in una sola valle, che meriterebbe ben altra attenzione. A proposito di trascuratezza, direi che la trascuratezza per gli aspetti culturali della Valle del Reno è una delle cose più difficili da capire, anche se la recente nomina di Campolo e Grizzana nel PNRR può essere un volano fondamentale.

Spero di aver soddisfatto il consigliere interpellante. Ringrazio tutti dell’attenzione.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Felicori.

Consigliere Mastacchi, prego.

 

MASTACCHI: Grazie, assessore. Devo dire che la sua risposta mi ha soddisfatto, però spero vivamente che questa risposta non rimanga una dichiarazione di intenti, ma che si trasformi davvero in azioni concrete. Tante volte sono state spese belle parole, ma, nei fatti, purtroppo, le cose non si sono concretizzate.

Credo che questa sia, come ha già detto anche lei, giustamente, un’occasione unica, che non può essere sprecata. Anche perché ci sono dichiarazioni e attività da parte di tutti, quindi da parte degli Enti che ho citato, da parte del Ministero e anche da parte della Regione. Per far sì che questa diventi realmente un’attività, che possa diventare concreta nei fatti, credo sia necessario che la Regione faccia qualcosa in più rispetto ad essere, come ha detto lei, un Ente finanziatore, lasciando spazio alle decisioni, al Comune e alla Città Metropolitana. Credo che la Regione, viste le possibilità, anche con l’apporto che possiamo dare noi, come Assemblea legislativa, debba fare qualcosa in più rispetto a quello che è stato dichiarato ed essere un pochino più parte attiva, da una parte, per valorizzare la figura di Marconi. Se non lo si vuol fare per aspetti solo culturali, come abbiamo detto e visto quello che è successo in passato, facciamolo biecamente per motivi di potenzialità turistica. Dall’altra anche il tema del Museo “Pelagalli”, credo sia importante, perché anche di quello si parla da tanto tempo, ma purtroppo non si sono trovate delle soluzioni concrete che possano dare, da una parte, una risposta al museo per essere garantita la sua continuità e dall’altra una soluzione di respiro ampio, che possa essere di attrazione nella filiera che l’assessore ha citato da Bologna, appunto, lungo la Valle del Reno.

Io credo che meriti un impegno maggiore e quindi è un po’ questo l’appello che faccio in particolare all’assessore, ma tutti quanti noi. Grazie.

 

Interpellanze oggetti 722272537258

(Rinvio)

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mastacchi.

Ricordo che le interpellanze 7222, 7253 e 7258 sono rinviate per accordo preso tra interpellanti e assessore.

 

OGGETTO 7340

Interpellanza circa le ragioni del recesso dalla convenzione tra Corte dei Conti, CAL e Regione Emilia-Romagna, deciso dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. A firma dei Consiglieri: Pelloni, Pompignoli, Catellani, Bargi, Marchetti Daniele, Occhi, Facci, Rancan

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo, adesso, all’oggetto 7374: interpellanza circa l’opportunità…

No, mi perdoni. L’oggetto 7340. C’è prima l’interpellanza del consigliere Pelloni.

Interpellanza circa le ragioni del recesso della convenzione tra Corte dei conti, CAL e Regione Emilia-Romagna, deciso dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, a firma dei consiglieri Pelloni e altri.

Prego, consigliere Pelloni.

 

PELLONI: Grazie, presidente. Buon pomeriggio.

Premesso che con la legge n. 131 del 2003, l’articolo 7, comma 8 consente alle Regioni di richiedere ulteriori forme di collaborazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti al fine della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa nonché pareri in materia di contabilità pubblica; analoghe richieste possono essere formulate di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane; al fine di attuare quanto sopra, il 15 ottobre 2010 questa Regione sottoscrive la convenzione con la Sezione regionale della Corte dei conti e il Consiglio delle autonomie locali dell’Emilia-Romagna. Nel 2019 viene rinnovata questa con questa motivazione: “ritenuto pertanto di convenire che il Consiglio delle autonomie locali, nell’ambito di quanto definito nelle premesse e nell’assetto organizzativo della Regione, costituisca l’organo di riferimento per la programmazione e le questioni di carattere generale inerenti all’esercizio dei controlli nei confronti di singoli enti dell’Emilia-Romagna ovvero per referti relativi a profili settoriali e specifiche C della gestione, estesi a categorie di Enti.

Il presidente Bonaccini decideva quindi di rinnovare la convenzione tra Regione Emilia-Romagna, Consiglio delle Autonomie e Sezione regionale di controllo della Corte dei conti (non starò a leggere tutto, perché è molto lungo, quindi c’è una parte che do per letta da parte certamente della Giunta e dell’assessore).

Proseguo dicendo che, stando a quanto pubblicato nella pagina dedicata dalla Regione Emilia-Romagna, dal 2011 al 2020 risultano 325 richieste di pareri, inoltrate dai vari Enti territoriali (Comuni, Province, Unioni) tramite il CAL alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Nel solo 2023 vi erano stati almeno 4 pareri della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, con il Comune di San Pietro in Casale, del Comune di Bettola, dell’Unione Romagna Faentina e con il Comune di Castel San Pietro.

Considerato che con decreto n. 72 del 2023 dello scorso 28 agosto, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna ha deciso di recedere dalla convenzione sottoscritta l’8 aprile 2019 tra la Regione Emilia-Romagna e il Consiglio dell’Autonomia, aggiungendo che, ferme restando le ulteriori forme di collaborazione richieste dalla Regione, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, si fa espressa riserva di concordare con la Regione e il Consiglio delle Autonomie locali nuove modalità convenzionali, si interpella la Giunta per chiedere se quanto sopra esposto corrisponda al vero, come valuti la decisione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti di recedere dalla convenzione ‒ in maniera unilaterale, ci pare ‒ sottoscritta dalla Regione Emilia-Romagna e dal Consiglio delle Autonomie locali.

Se le ragioni della decisione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti siano addebitabili a responsabilità della Regione Emilia-Romagna e, se questo fosse vero, a chi siano da attribuire tali responsabilità; se e quali iniziative la Regione Emilia-Romagna intenda intraprendere, alla luce del recesso decretato alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Per ora mi fermo qua. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Pelloni.

Risponde l’assessore Calvano. Prego.

 

CALVANO, assessore: Grazie, presidente. Grazie, consigliere.

Con decreto n. 72/2023 del presidente della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, è stato comunicato il recesso unilaterale della Corte stessa dalla convenzione sottoscritta in data 8 aprile 2019, fra la suddetta Sezione di controllo, la Regione Emilia-Romagna e il Consiglio delle Autonomie locali.

Tale convenzione, che non è prevista da obblighi di legge e che non risulta essere attiva presso nessun’altra Regione, è stata promossa all’origine dalla Regione al fine di supportare gli Enti locali nelle relazioni con la Corte dei conti, a fronte dello storico rapporto di buona collaborazione con le autonomie territoriali.

In base a tale collaborazione venivano svolte principalmente attività di istruttoria dei pareri richiesti dalla Corte dei Conti dai Comuni. Tali pareri saranno comunque resi direttamente dalla Corte stessa secondo le nuove modalità previste dall’avvio del nuovo portale centrale pareri della Corte dei conti e in quanto previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge 131/2008, così come previsto su tutto il territorio nazionale.

Ciò premesso, si è preso atto del recesso unilaterale della convenzione che da anni è stata proficuamente gestita, come confermano i numerosi pareri resi.

Non si ha nessuna notizia di problemi nella gestione della convenzione stessa, né sono mai state segnalate dalla Corte inadempienze o richiami. Non si ravvisano dunque responsabilità di sorta in merito al recesso.

Tra l’altro, si rileva che il decreto stesso richiama il recesso al fine di attivare ulteriori forme di collaborazione, risultante pare da una riorganizzazione interna alla Sezione della Corte.

A seguito di ricognizione ‒ così cita la lettera ‒ delle attività svolte dalla Sezione di controllo Emilia-Romagna, si è evidenziata la necessità di modificare alcune modalità di esercizio delle funzioni di controllo e consultive di cui si prende atto come Regione.

Il decreto stesso descrive il recesso nelle more della ponderazione delle nuove modalità collaborative fra Sezione regionale di controllo della Corte dei conti e della Regione.

Rispetto a queste nuove modalità c’è disponibilità da parte di Regione Emilia-Romagna a valutarle, e abbiamo avviato una prima interlocuzione in tal senso con la Corte dei conti.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Calvano.

Consigliere Pelloni, prego.

 

PELLONI: Ringrazio della risposta.

Quindi è confermato questo recesso unilaterale, com’è stato detto dall’assessore, ma lo riportava nell’interpellanza.

Reputavamo, o almeno reputo personalmente positiva la collaborazione che c’è stata e il numero 325 richieste di pareri, quindi l’istruttoria e la collaborazione che si traduceva appunto in un’istruttoria che era legato, era proficua.

Ci pare che qualcosa in più ci doveva essere stato e qualcosa ci sarà stato perché si siano in qualche modo raffreddati i rapporti e si giunga in maniera traumatica a un recesso unilaterale da parte di una convenzione, ripeto, collaborazione che c’era stata sempre in maniera proficua.

Non vorremmo che varie vicissitudini che ci sono state negli scorsi mesi… Ne riparleremo quando riprenderemo il PDL sanità, cioè, vari temi che hanno portato anche a giudizi da parte della Corte dei conti su Regione Emilia-Romagna non possono aver influito. Spero che non sia così.

Però, ripeto, si perde una convenzione: ad oggi, ci dice l’assessore, sono iniziate delle interlocuzioni. Per ora rimaniamo fermi a quanto è stato detto e a quello che è agli atti, di fatto un recesso unilaterale certamente non positivo, perché fino ad ora la collaborazione era stata proficua. Quindi forse qualcosa in più di quello che ha detto l’assessore deve essere successo. Magari il tempo ci darà queste risposte.

Non mi ritengo quindi pienamente soddisfatto della risposta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Pelloni.

 

OGGETTO 7374

Interpellanza circa l’opportunità di adeguare il “Calendario venatorio regionale ‒ Stagione 2023/2024” a quanto stabilito dall’Ordinanza, pubblicata il 7 settembre 2023, del Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, relativamente al rispetto dei termini di apertura e chiusura dell’attività venatoria. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo, adesso, all’oggetto 7374: interpellanza circa l’opportunità di adeguare il “Calendario venatorio regionale ‒ Stagione 2023/2024” a quanto stabilito dall’Ordinanza, pubblicata il 7 settembre 2023, del Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, relativamente al rispetto dei termini di apertura e chiusura dell’attività venatoria.

L’interpellanza è a firma della consigliera Gibertoni. Prego, consigliera.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Buongiorno, assessore. Torniamo sul tema della caccia, assessore Felicori. Era un po’ che non ne sentiva parlare, però adesso è diversa, è una cosa un po’ diversa.

Riguarda l’impugnativa che è stata fatta del calendario caccia della Regione Emilia-Romagna per la seconda volta quest’anno, e il TAR dell’Emilia-Romagna che ha evidenziato come di fatto ISPRA sia stata disattesa ancora una volta dalla Regione, tra l’altro, citando proprio, sulla scorta di quanto già evidenziato a questo proposito dal Consiglio di Stato l’anno scorso. L’anno scorso, cioè, era stato il Consiglio di Stato ad accettare l’appello cautelare, e quest’anno è stato direttamente il TAR di Bologna che dice che ISPRA è stata disattesa e che se si disattende bisogna motivare la modifica con princìpi contraddistinti da base scientifica di uguale livello a quelli di ISPRA, ma in ogni caso maggiormente aderenti al principio di precauzione.

Tra l’altro, su questo anticipo subito la citazione che avrei fatto dopo di quella sentenza della Corte costituzionale che ricorda sempre che le Regioni possono modificare il dettato nazionale, ma lo possono fare migliorando. Devono essere modifiche migliorative dal punto di vista della salvaguardia degli animali e dell’ambiente. È una sentenza, secondo me, che si dovrebbe tenere più presente in queste strutture.

Il TAR dettaglia che ci siano effetti positivi sulla fauna, ben descritti nel parere ISPRA dell’aprile 2023, non adeguatamente valutati dalla Regione, che ‒ dice il TAR ‒ non basa su dati certi la sua istanza di calendario venatorio, tradendo anche il principio cautelativo, senza soddisfare l’onere motivazionale che resta a carico della Regione, dice il TAR, che dovrebbe, in questo caso, quello che cito, dimostrare la non sovrapposizione tra il periodo

atura degli incarichi di funzione.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Donini.

Consigliere Cuochi, prego.

 

CUOGHI: Grazie, presidente.

Grazie, assessore, per la risposta. Ovviamente non intendevo assolutamente, penso che fosse chiaro dalla domanda, dare una responsabilità diretta della Giunta per questo ma è altrettanto evidente come la Giunta e l’assessorato in qualche modo abbiano un controllo anche su quello che le aziende sanitarie fanno.

Infatti la risposta è arrivata, e di questo ringrazio l’assessore.

Non sono invece soddisfatto per il contenuto della risposta. In quanto si parla di rimodulazione, andare a rivedere quali sono i parametri e tutto quanto. Si dimentica che questo c’è già perché è la stessa delibera che io e l’assessore abbiamo citato, la 48 d

el 2020, di nidificazione e la migrazione.

Rispetto al tema delle giornate aggiuntive di caccia ‒ dice sempre il TAR, citando anche ISPRA ‒ non sono stati forniti dati sufficienti. ISPRA credo li abbia chiesti alla Regione. Qui è evidente che addirittura viene a mancare l’interesse pubblico rispetto alla previsione di due giornate aggiuntive. Mi pare che ISPRA addirittura dica alla Regione di inviare questi dati. Se non verranno inviati, anche una sola giornata per il prossimo calendario caccia sarà a repentaglio. Cosa che io auspico.

Non è la prima volta che la giustizia amministrativa interviene per modificare le scelte della Regione in materia di calendario caccia. Non ci si aspettava che anche quest’anno la Regione davvero non tenesse conto di quello che era successo l’anno scorso.

Tra l’altro, banalmente, sottolineando ‒ come hanno fatto i tribunali amministrativi ‒ che bastava seguire le indicazioni di ISPRA. Questa, forse, sarebbe la cosa più semplice, più lineare e meno economicamente impattante. Lo dico in riferimento al fatto che anche l’assessore di recente in Commissione parlava del sollecitare consulenze a pagamento presso le università. Basterebbe attenersi, senza spendere denaro pubblico, a quello che chiede ISPRA. Sarebbe non la posizione di chi è un animalista, ma in ogni caso per voi sarebbe la strada più semplice. Quindi, non capisco come mai, dal punto di vista anche del primo principio dell’economia, non sia stata seguita. Ma non sono cose che riguardano sicuramente la posizione animalista.

L’anno scorso abbiamo aspettato qualche giorno per avere un parziale recepimento. Per i successivi atti abbiamo aspettato due mesi. A quel punto, c’è stata la completa ottemperanza all’ordinanza del Consiglio di Stato.

Quello che si voleva arrivare a potersi dire era che la Regione maturasse la posizione di Ente terzo. Dopo otto anni che sono qui, posso dire che non ho mai visto questa equidistanza. Ritengo che sia un’equidistanza molto presunta tra le ragioni dei cacciatori e quelle dei difensori degli animali e che la smentisca non tanto la mia esperienza quanto la statistica, perché tutti gli interventi operati sui calendari venatori annuali, come quelli che sono stati discussi di recente, avvengono su concessioni che travalicano largamente il rispetto delle norme e i pareri scientifici di ISPRA, concessioni evidentemente emanate, tutto lascia pensare questo, per compiacere il mondo della caccia. Ricordiamoci che la caccia non è un diritto, è una concessione, come dice la legge n. 157, però qui stiamo concedendo largamente e il piatto della bilancia pende sempre pericolosamente dalla parte degli interessi della caccia e non della salvaguardia degli animali, dell’ambiente e della biodiversità.

Anche i fatti dimostrano come la Regione Emilia-Romagna difenda strenuamente e a senso unico le richieste dei cacciatori. Cito il caso che per me è rimasto… Anche questa è una cosa incomprensibile, ben conosciuta dagli addetti ai lavori. Forse non conosciuta da tutti, ma vale la pena citarla: la caccia a moriglione e pavoncella. Questa non si è verificata in altre regioni, è stata una scivolata feroce, fatta per scelta dalla Regione Emilia-Romagna, prevista ancora nel calendario caccia del 2021-2022, ma anche in quello ancora precedente. Quando arriva il rischio dell’infrazione da parte della Commissione europea, che si sapeva da anni che sarebbe arrivato, tant’è che il Ministero emana una nota nel 2020, a primavera del 2020, che dice alle Regioni di sospendere la caccia a moriglione e pavoncella, alcuni si adeguano. La Regione continua, continua con la caccia e, quando finalmente la sospende l’anno scorso, cita quella nota del Ministero dell’Ambiente datata maggio 2020, però la sospende due anni dopo, citando una nota di due anni prima, una nota che ovviamente era già ben conosciuta ma che si è deliberatamente deciso di ignorare, rimandando il più a lungo possibile la messa in atto.

Lo dico perché mi pare che la bilancia sia assolutamente pendente in modo evidente dalla parte delle istanze della caccia. Poi c’è il sistematico ricorso ad aperture anticipate e chiusure posticipate e, appunto, concessioni continue al mondo venatorio attraverso una vera e propria ingiustificabile inversione degli interessi in gioco. Io, quindi, chiedo in parte di questa interpellanza, che è stata fatta all’indomani della notizia una del TAR, innanzitutto per quale motivo la Regione non abbia pensato di fare una modifica unica, cioè perché abbia deciso quest’anno di adeguarsi in parte. Quindi, io chiedo perché non si sia adeguata in maniera completa. Poteva fare un atto unico e adeguare tutto. Sennò poi date l’impressione di essere ancora una volta dalla parte dei cacciatori. Non vorrete dare questa impressione ancora di più? Si poteva fare, quindi, un atto unico e poi eventualmente modificare quello, però intanto ottemperare a quello che chiedeva un tribunale amministrativo.

Poi, insomma, chiedo se l’assessore può fare qualche riflessione in più sul fatto che, appunto, si continui a sbilanciarci in modo pervicace a difesa delle ragioni dei cacciatori, manifestando, secondo me, appunto, anche un evidente distacco dalla realtà delle cose.

Stiamo parlando ormai quasi dello 0,5 per cento della popolazione emiliano-romagnola, a fronte di 4 milioni e rotti di cittadini che non la pensano così.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Gibertoni.

Prego, assessore Mammi.

 

MAMMI, assessore: Grazie, presidente. Grazie anche alla consigliera Gibertoni per questa interpellanza.

In merito alla vicenda del calendario venatorio, credo di essere intervenuto più volte in quest’aula e anche all’interno della Commissione, di cui anche la consigliera Gibertoni è componente, l’ultima della quale in data 23 ottobre, occasione nella quale ho informato dettagliatamente su ogni punto del calendario venatorio stesso i presenti e i membri della Commissione, calendario venatorio che, come ho già ricordato in altri momenti in quest’aula, abbiamo presentato nella Commissione di maggio, che abbiamo poi ripresentato nelle settimane successive alla Commissione consiliare competente.

Calendario che era il medesimo del 2022 e che ha ricevuto da parte di ISPRA lo stesso parere del 2022, ma un pronunciamento diverso dallo stesso Tribunale amministrativo, con un’ordinanza che era di segno diverso nei contenuti rispetto a quella che era stata fatta nel precedente anno.

In questa occasione penso sia più utile soffermarmi sulle ragioni per le quali la Regione ritiene di avere la piena titolarità di decidere, nel rispetto naturalmente delle leggi nazionali e comunitarie. Abbiamo la titolarità, il dovere e la responsabilità di definire le tempistiche di svolgimento dell’attività venatoria.

Pur ottemperando infatti, come da obbligo di legge, all’ordinanza del TAR di Bologna del 7 settembre per quanto concerne il posticipo dell’apertura della caccia al 1 ottobre e la riduzione da due a una giornata aggiuntiva, si è deciso di non intervenire sul periodo di chiusura, come ha ricordato anche l’interpellante, perché, come evidenziato nell’appello presentato in data 26 settembre 2023 dai legali incaricati dalla Regione, si ritiene che il TAR non possa impedire o anche solo limitare la discrezionalità normativa posta in capo alla Regione dalla legge n. 157 del 1992, intervenendo in sede cautelare dove non avviene un contraddittorio, come sappiamo, e intervenendo con una sospensiva precauzionale che in realtà entra nel merito, determinando perentoriamente l’inizio della stagione venatoria.

Penso che sia altrettanto erroneo ritenere che la Regione debba automaticamente riprodurre nel suo calendario quanto osservato da ISPRA, così come non lo debbano fare anche le altre Regioni italiane. Perché la legge nazionale stabilisce in modo chiaro che il parere di ISPRA è obbligatorio ma non è vincolante. Gli automatismi significherebbero snaturare la nostra competenza istituzionale e anche la nostra responsabilità, il dovere che abbiamo di fare valutazioni anche in base a studi scientifici e tecnici, oltre che organizzare l’attività venatoria sulla base dei cambiamenti e dei mutamenti che avvengono periodicamente.

Questa responsabilità è rimessa alle Regioni che non devono essere semplicemente istituzioni che notificano indicazioni di altri organismi, perché questo significherebbe andare in contrasto con la normativa statale e anche con la nostra norma regionale.

Del resto ISPRA, consigliera Gibertoni, viene a volte un po’ tirata per la giacca. Perché quando si parla del calendario venatorio è il riferimento assoluto al quale dobbiamo attenerci in modo preciso, in modo peculiare portando nel nostro calendario tutte le indicazioni di ISPRA, poi quando si parla dei Piani di controllo invece mi si chiede di non ottemperare completamente al parere di ISPRA.

La stessa cosa quando si parla del moriglione, della pavoncella, di specie sulle quali, come sappiamo, ISPRA ha dato un parere favorevole al prelievo e noi non abbiamo fatto altro che recepire questo parere favorevole nel nostro calendario e nelle nostre attività.

Quindi ISPRA non può essere presa come in alcuni casi ci viene chiesto di prendere e seguire completamente il parere, in altri invece di discostarci. Ci vuole una coerenza.

ISPRA è un organismo del Ministero dell’Ambiente, dà delle indicazioni che sono obbligatorie ma non vincolanti, la Regione è l’istituzione che poi, con la propria autonomia, deve tenerne conto e assumere le decisioni.

Non vogliamo sottrarci quindi a un confronto sul merito, al contrario. Anche nel 2022 abbiamo chiesto ripetutamente un anticipo dell’udienza, perché crediamo nella bontà della nostra proposta di calendario, che riteniamo appunto sia equilibrata e tecnicamente costruita bene, del resto anche nelle due Commissioni consiliari che si sono tenute in primavera abbiamo avuto un consenso molto ampio, e pensiamo che questo calendario rappresenti un punto di equilibrio tra i diversi interessi in campo, naturalmente rispettoso dell’ecosistema di cui è composto il nostro territorio.

Lo riprova che anche il Consiglio di Stato, rispetto al contenuto del calendario, in data 19 ottobre ha accolto le nostre obiezioni contenute nell’appello, prevedendo che il TAR di Bologna anticipi l’udienza. Come ricorderà, l’Ordinanza del TAR di settembre è stata fissata a marzo 2024, ancora una volta a stagione venatoria conclusa.

Il Consiglio di Stato invece ha accolto la nostra obiezione, il nostro ricorso e ha indicato al TAR la necessità di esprimersi sul calendario nel merito entro il 31 dicembre. Questo ci consentirà di fare le valutazioni per le settimane successive, e credo che l’esprimersi nel merito rafforzi anche il principio di stato di diritto nel quale il nostro Paese si trova e che deve rispettare.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Mammi.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Su ISPRA la pensiamo in modo diverso, nel senso che l’idea è il metodo, cioè, opponetevi, ma dando una motivazione scientifica di pari livello, questo è quello che chiedono loro, e su questo credo siate stati giudicati mancanti.

Per il resto, io faccio un’osservazione più ampia, a prescindere da questo: vedo che la Giunta spreca molto tempo, energie e consensi, ma questi sono affari della Giunta, a cercare di soddisfare delle istanze di persone che non saranno mai soddisfatte.

I tempi stanno cambiando vorticosamente. La percezione pubblica è cambiata vorticosamente, c’è una minoranza (una minoranza della minoranza della popolazione) che chiede cose e la Giunta obbedisce, senza neanche porsi dei problemi.

Io suggerisco, assessore… Oggi fanno dei videogiochi molto realistici, hanno fatto salti tecnologici giganteschi, con dei visori bellissimi: volendo si può uscire di casa e andare anche nel bosco, con i visori. Sennò, se la Regione si facesse anche leader nel lanciare SoftAir in Emilia-Romagna, quindi giochi di guerra virtuali che sono disciplina sportiva, visto che parlate di discipline sportive, competitiva, come lo sono altre, e fare anche innovazione in questo senso, io consiglio di lanciare dei videogiochi altamente tecnologici.

Certo, cosa manca al videogioco? Manca…Il realismo, no, c’è tutto, anche i suoni, c’è tutto quanto; manca il sangue, manca la sensazione di aver tolto la vita a un essere vivente: questo manca. E proprio per questo, proprio perché manca quella sensazione, quel fatto di aver dato la morte a un essere vivente, io chiedo che l’assessorato si faccia tramite, presso i suoi colleghi, di sostenere l’arrivo di videogiochi altamente tecnologici che si possano portare nel bosco con dei visori e cominciare a guardare invece con realismo alla realtà vera.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie.

 

OGGETTO 7379

Interpellanza circa i motivi per cui l’AUSL di Modena ha conferito temporaneamente funzioni di dirigente assistenziale nei distretti di Sassuolo, Mirandola e Carpi, pur avendo a disposizione la graduatoria risultante da regolare procedura concorsuale. A firma del Consigliere: Cuoghi

 

PRESIDENTE (Petitti): Procediamo con l’oggetto 7379: interpellanza circa i motivi per cui l’ASL di Modena ha conferito temporaneamente funzioni di dirigente assistenziale nei distretti di Sassuolo, Mirandola e Carpi, pur avendo a disposizione la graduatoria risultante da regolare procedura concorsuale, a firma del consigliere Cuoghi.

Prego, consigliere.

 

CUOGHI: Grazie, presidente.

Con questa interpellanza parliamo di questo concorso promosso dall’azienda sanitaria locale di Modena, un concorso per dirigenti delle professioni sanitarie, infermieristiche e tecniche della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica. Il concorso è avvenuto lo scorso anno. Ci si poteva iscrivere entro il 15 novembre 2022. Quindi, parliamo circa di un anno fa. Il concorso si è svolto. Ha individuato ovviamente una graduatoria di professionisti e, poiché era per la copertura di un posto nella posizione funzionale di dirigente, chi è arrivato al primo posto è stato regolarmente assunto e ha quella posizione.

Il problema, però, poi è che, sebbene il concorso fosse per un posto, la delibera del direttore generale dell’USL n. 48 del 2020, che è tuttora in vigore, prevedeva che il posto di dirigente assistenziale fosse anche in tutti i distretti, quindi, manca ancora Mirandola, Carpi, Castelfranco Emilia e Sassuolo, nonché nell’area riabilitativa e nell’area tecnica. Per ovviare parzialmente a ciò si sono perciò presi altri professionisti e in particolare sono stati messi in ruoli non inquadrati come dirigenti, ma di fatto in ruolo di referente del personale del comparto, quindi affidando anche tutta la gestione delle risorse oltre che delle professioni sanitarie, nei distretti di Mirandola, di Sassuolo e di Carpi. Il problema è che queste tre figure, oltre a non completare il quadro, come dalla delibera del direttore generale, sono state scelte non scorrendo la graduatoria, ma due di queste sono state scelte tra persone che addirittura, in virtù di quel concorso, erano state escluse dalla graduatoria in quanto ritenute non idonee; un’altra, invece, è stata ritenuta idonea, ma occupa il quinto posto in graduatoria, quindi saltando di fatto il secondo, il terzo e il quarto posto. Quindi, sono stati presi il primo e il quinto e due persone che da questo concorso erano state ritenute non idonee per quel tipo di ruolo.

Questi dovevano essere incarichi temporanei. Dovevano essere, in realtà… Dovevano arrivare fino a quest’estate. In realtà, sono stati confermati questi anche dal nuovo dirigente che è arrivato. Noi chiediamo perciò alla Giunta e all’assessore se, appunto, quanto abbiamo segnalato è a conoscenza della Giunta, quali sono i criteri per cui sono stati scelti questi ruoli indipendentemente dalla graduatoria che si era andata a determinare con il concorso e se l’azienda sanitaria di Modena pensa di sanare la cosa andando a scorrere la graduatoria e pertanto a riempire quelle posizioni che sono ancora vacanti con i professionisti che sono in graduatoria. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Cuoghi.

Assessore Donini, prego.

 

DONINI, assessore: Grazie, presidente.

Grazie al consigliere Cuoghi. Mi verrebbe da rispondere non ci occupiamo di concorsi e, ovviamente, ciò che ha fatto l’ASL di Modena è nelle piene sue facoltà; però, siccome ha chiesto un quesito, abbiamo reperito le informazioni che lei ci ha richiesto.

L’ASL di Modena ha bandito, come ricordava, un concorso per un posto di dirigente delle professioni sanitarie, in seguito, appunto, coperto, come lei ha riconosciuto, attraverso l’assunzione del vincitore. Questo è il fatto. Va ricordato, come emerge anche dalla consolidata giurisprudenza in materia concorsuale, che non vi è alcun diritto all’assunzione per i restanti idonei in graduatoria, in quanto la valutazione in merito all’eventuale scorrimento della graduatoria è comunque sempre subordinata alle esigenze aziendali, come rappresentate nel Piano triennale dei fabbisogni di personale anche in relazione al rispetto del budget di spesa in materia di personale.

Il modello organizzativo dell’ASL di Modena, adottato con delibera del direttore generale n. 48 del 5 marzo 2020, individua l’elenco delle strutture organizzative e delle funzioni afferenti ai servizi di staff e tecnostruttura nonché all’area delle professioni sanitarie. La classificazione di “funzione” può riferirsi quindi a posizioni che possono essere coperte sia con incarichi dirigenziali non gestionali che con incarichi di funzione assegnati a dipendenti del comparto. Pertanto, nell’area delle professioni sanitarie, la funzione di responsabile territorio-ospedale di ciascun distretto, in quanto appunto qualificata come funzione, non comporta necessariamente la copertura di una posizione dirigenziale, diversamente dalla copertura delle strutture.

L’azienda ha inoltre tenuto presente alcuni elementi di contesto rispetto alla copertura delle posizioni di lavoro nell’area delle professioni sanitarie, in particolare l’entrata in vigore del contratto nazionale del personale del comparto sanità, sottoscritto il 19 dicembre 2022, che ha operato una significativa revisione della disciplina degli incarichi di funzione. È stato quindi necessario procedere ad un aggiornamento della vigente regolamentazione aziendale, un percorso che, dopo l’opportuno confronto sindacale, è in fase di chiusura.

Nell’ambito di questo scenario l’azienda ASL di Modena ha quindi operato alcune scelte gestionali, contingenti e temporanee, comunque coerenti con il modello organizzativo aziendale, al fine di garantire il presidio gestionale distrettuale dell’area delle professioni sanitarie.

Le valutazioni sono state fatte sulla base dell’attinenza della posizione attribuita e della prossimità e conoscenza dei territori garantendo la copertura dei distretti di Carpi, Sassuolo e Mirandola.

In conclusione, l’impegno dell’azienda ASL di Modena è quello di avviare il percorso di analisi della struttura organizzativa dell’area delle professioni sanitarie ed entro la fine dell’anno individuare le necessarie posizioni dirigenziali e la nuova mappche prevede già queste figure dirigenziali.

Ciò è anche in qualche modo confermato dal fatto che l’USL di Modena ha un numero di dirigenti per questo tipo di funzioni nettamente inferiore a quello che hanno, ad esempio, le aziende di Reggio Emilia, di Bologna e di Ferrara.

Pertanto, crediamo che queste figure siano assolutamente necessarie, oltre che coerenti con quel modello che scaturisce appunto da detta delibera del direttore generale.

L’assessore ha citato accordi sindacali. Noi sappiamo, perché sono di dominio pubblico, che le principali sigle sindacali, CGIL per prima, poi anche UIL e anche CISL, hanno spinto e chiesto che si procedesse allo scorrimento della graduatoria.

Quindi, se questo tipo di revisione viene fatto veramente ascoltando tutte quante le parti, credo che abbia un’unica via d’uscita: bisogna scorrere la graduatoria e bisogna dare un ruolo a queste persone, anche perché abbiamo spesso parlato in quest’aula e in Commissione sanità di come sia difficile trattenere il personale sanitario nelle nostre strutture.

Se però chi vince il concorso non viene assunto o se colui a cui viene attribuito un ruolo non ha la giusta retribuzione, poniamoci anche qualche domanda in questo senso.

Per questi dubbi, che non sono stati assolutamente sciolti, non sono soddisfatto della risposta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Cuoghi.

 

OGGETTO 7384

Interpellanza circa la riorganizzazione dell’attività chirurgica da parte dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza, con particolare riguardo all’Unità Chirurgica di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Castel San Giovanni. A firma della Consigliera: Stragliati

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo all’oggetto 7384: interpellanza circa la riorganizzazione dell’attività chirurgica da parte dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza, con particolare riguardo all’Unità Chirurgica di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Castel San Giovanni.

L’interpellanza è a firma della consigliera Stragliati. Prego, consigliera.

 

STRAGLIATI: Grazie, presidente.

Grazie, assessore Donini. Torno ad interrogarla rispetto all’ospedale di Castel San Giovanni che, come lei avrà capito, è una struttura che mi sta molto a cuore e, come sta a cuore a me, sta a cuore a tanti piacentini, non solo a tanti castellani o residenti della Val Tidone, ma a tanti piacentini, perché questo ospedale rappresenta una vera e propria eccellenza e un tassello molto significativo di tutta la sanità piacentina.

Nello specifico, questa interpellanza si riferisce all’Unità Operativa Complessa di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Castel San Giovanni e l’attività di questa Unità Operativa è strettamente collegata al Reparto di Riabilitazione dell’ospedale di Castel San Giovanni, perché se non si operano pazienti non ci sono pazienti da riabilitare e ultimamente c’è un po’ di preoccupazione rispetto al Reparto di Riabilitazione, in quanto si paventa un trasferimento presso l’ospedale di Fiorenzuola per - così dicono - lavori di ristrutturazione, ma si vocifera di un trasferimento definitivo. Le anticipo che presenterò un atto ispettivo specifico rispetto a questo reparto.

Oltre a ciò, ho presentato questa interpellanza perché la realtà dei fatti non corrisponde alla risposta che lei mi diede ad un’interpellanza che ho presentato l’anno scorso, nello specifico l’8 novembre 2022, a cui lei rispose che dall’inizio del mese di novembre 2022 era in corso il trasferimento dell’attività ortopedica protesica per anca e ginocchio, oltre quella della chirurgia della mano e della piccola chirurgia traumatologica dall’ospedale del capoluogo, quindi dall’ospedale di Piacenza, a quello di Castel San Giovanni, così da completare la riorganizzazione dell’attività chirurgica dell’Azienda unità sanitaria locale di Piacenza e ripristinare totalmente l’attività.

Inoltre, lei stesso, assessore, dichiarò: “Mi pare che dal 2 novembre le operazioni di chirurgia ortopedica protesica e di elezione, la piccola traumatologia programmata con cinque sale operatorie a settimana, sono state attivate”. Dopo oltre un anno e mezzo dal trasferimento, quindi, perché questa attività chirurgica era prima stata trasferita a Piacenza, il reparto sarebbe tornato a regime. In realtà, non è proprio così, assessore, e lei lo sa bene. La notizia che lei mi diede l’anno scorso devo dire che mi ha rincuorato, ma purtroppo le cose non stanno così. La stessa Azienda unità sanitaria locale di Piacenza, tramite una lettera inviata dal Direttore del Dipartimento risorse strumentali alla responsabile dell’ufficio staff di Sindaco e Giunta del Comune di Castel San Giovanni, aveva precisato che il prossimo passaggio per la completa riorganizzazione dell’attività chirurgica dell’azienda, che prevede proprio per l’ospedale di Castel San Giovanni il potenziamento dell’attività ortopedica protesica maggiore anca e ginocchio, di chirurgia della mano e della piccola chirurgia traumatologica... Sarebbe tornata a Castello.

Sempre la stessa ASL di Piacenza aveva, poi, riconosciuto il ruolo di primaria importanza nella rete ospedaliera provinciale, in considerazione di un’offerta di prestazioni di ricovero e ambulatoriali molto ampia e ben strutturata dell’ospedale di Castel San Giovanni, tanto da fargli raggiungere buoni risultati anche in termini di mobilità attiva dalle confinanti Province lombarde.

Però, assessore, a quasi un anno dalla sua risposta, come dicevo, la realtà è ben diversa. Gli interventi di protesi elettive anca e ginocchio eseguiti nei mesi di gennaio e febbraio del corrente anno presso il nostro ospedale sono stati soltanto 11, contro i 44 praticati presso l’Ospedale Civile di Piacenza. Si contano, poi, solo 4 interventi a marzo e nessuno nel mese di aprile. A Piacenza, invece, nello stesso periodo, sono state svolte 50 operazioni. Da aprile 2023 ad oggi non è stato eseguito nessun intervento di protesi elettive anca e ginocchio.

Però io rimarco e rivendico l’importanza dell’Ospedale unico della Val Tidone, quindi dell’ospedale di Castel San Giovanni.

Assessore, come dicevo, se lei mi dice che l’attività chirurgica ortopedica protesica viene trasferita dall’ospedale di Piacenza all’ospedale di Castel San Giovanni e, poi, in realtà, non vengono svolti interventi, lei capisce che io torno ad interrogarla. Perché io posso fare questo nel mio ruolo di consigliere regionale di opposizione.

Per cui, a distanza di un anno dalla sua risposta e dall’annuncio della riorganizzazione dell’attività chirurgica ortopedica da parte dell’ASL di Piacenza, con un ritorno all’ospedale di Castel San Giovanni io dico che questa attività chirurgica è sottoutilizzata nell’ospedale di Castel San Giovanni, quindi io le chiedo se ciò preluda ad un ripensamento dell’azienda in ordine alla vocazione dell’ospedale unico della Val Tidone.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati.

Assessore Donini, prego.

 

DONINI, assessore: Grazie, presidente.

Grazie, consigliera Stragliati. L’azienda ASL di Piacenza sta operando da diversi anni una caratterizzazione dei propri ospedali al fine di poter garantire alla popolazione un’assistenza qualificata sempre più connotata verso una specializzazione anche alta.

In quest’ottica, sul presidio ospedaliero di Castel San Giovanni, non è maturato alcun ripensamento rispetto al progetto che lo vede quale punto nevralgico nell’organizzazione della rete ospedaliera, soprattutto in ambito chirurgico.

A riprova di questo basti considerare che gli spazi dedicati alla chirurgia rimangono tali e non saranno toccati. Infatti, i dati di attività chirurgica dei primi nove mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mostrano un incremento delle attività chirurgiche con un orizzonte sull’anno 2023 di quasi 4.000 interventi (poi io le lascio la tabella con tutte le tipologie degli interventi, che vanno dalla generale toracica, alla senologia, vascolare, plastica, ginecologia, oculistica, ortopedia, e via dicendo).

Per quanto riguarda la segnalazione riguardo l’attività ortopedica, vorrei sottolineare che l’azienda sta affrontando questo ambito con la volontà di rafforzare questa attività ortopedica erogata anche attraverso la collaborazione con l’Università di Parma, di cui l’ortopedia rappresenta una sede aggiuntiva.

La informo anche che nei prossimi giorni sarà firmato un accordo, che ritengo storico, per il quale stiamo lavorando anche con il sindaco di Castel San Giovanni da un po’ di tempo, con l’Istituto Ortopedico Rizzoli. È un accordo che verrà siglato nei prossimi giorni e che sarà attivo nei primi mesi del prossimo trimestre del 2024, proprio per rilanciare ad altissimi livelli l’attività ortopedica elettiva e protesica.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Donini.

Consigliera Stragliati, prego.

 

STRAGLIATI: Grazie, assessore. Sono parzialmente soddisfatta, nel senso che poi verificheremo come andrà in futuro la ripresa dell’attività chirurgica, protesica e ortopedica perché, ripeto, se l’anno scorso mi ha dato una risposta e poi però i numeri parlano chiaro, la realtà dei fatti è diversa, è mio dovere vigilare rispetto a quanto lei dichiara, anche perché se lei dà una risposta che non corrisponde alla realtà non rende un buon servizio alla sottoscritta, ma soprattutto i cittadini.

Bene questo accordo con l’Istituto Rizzoli, speriamo che non sia uno specchietto per le allodole. Mi risulta che presso l’ospedale di Castel San Giovanni ci siano attivi altri accordi come, ad esempio, l’Università di Pavia, di cui poi parlerò nella interpellanza successiva; però, ripeto, speriamo che poi portino effettivamente dei buoni risultati e che questa attività chirurgica venga implementata, perché ad oggi non è così. Quindi, ripeto, la realtà dei fatti non corrisponde a quanto avevate dichiarato, perché la maggior parte degli interventi di chirurgia ortopedica vengono svolti presso l’Ospedale civile di Piacenza e presso la Clinica Piacenza, quindi anche presso il privato.

Io auspico veramente che questa attività chirurgica rimanga in essere presso questo ospedale di prossimità ed è strettamente collegata, come dicevo prima, al reparto di riabilitazione, che è un reparto molto valido, ben strutturato e ben funzionante, che merita di rimanere a Castel San Giovanni e non deve assolutamente essere trasferito in altra sede. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera.

 

OGGETTO 7408

Interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno intervenire affinché la cassa di espansione del Navile, nel comune di Bentivoglio, sia delimitata con apposita segnaletica, al fine di consentire l’accesso ai soggetti autorizzati e interdire la caccia. A firma del Consigliere: Mastacchi

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo adesso all’oggetto 7408: interpellanza per chiedere alla Giunta se ritenga opportuno intervenire affinché la cassa di espansione del Navile, nel Comune di Bentivoglio, sia delimitata con apposita segnaletica al fine di consentire l’accesso ai soggetti autorizzati e interdire la caccia.

L’interpellanza è a firma del consigliere Mastacchi. Prego, consigliere.

 

MASTACCHI: Grazie, presidente.

Parliamo della cassa di espansione di Bentivoglio. È stata citata poco tempo fa da noi a causa delle emergenze climatiche che abbiamo vissuto in primavera.

Premesso che da trent’anni la Regione Emilia-Romagna considera giustamente le casse di espansione come un’opera fondamentale per mettere in sicurezza i territori, in quanto si tratta di opere idrauliche realizzate per ridurre la portata durante le piene di un corso d’acqua, tramite lo stoccaggio temporaneo di parte del volume dell’onda di piena, e che, nell’ambito degli interventi strategici del territorio, troviamo la realizzazione della cassa di espansione a servizio del canale Navile, nel Comune di Bentivoglio, che, dopo dieci anni dal computo metrico estimativo del progetto complessivo, ancora però non risulta ultimata. Fra l’altro, aggiungo, durante l’ultima emergenza si è dovuto tagliare l’argine per poter utilizzare almeno parzialmente questa cassa, per poter invasare almeno una parte di acqua che altrimenti non riceveva.

Quindi, sono pervenute diverse segnalazioni da parte dei residenti nelle zone limitrofe alla cassa stessa, particolarmente preoccupati in quanto l’area, che al momento è ancora un cantiere aperto, non risulta correttamente è delimitata da una cartellonistica adeguata che segnali il divieto di accesso. La consigliera comunale di Bentivoglio, Simona Viborgi, ha diverse volte segnalato la problematica e ha chiesto al sindaco di intervenire per risolvere questa problematica, ma senza ottenere nessuna risposta in questo senso.

Quindi, le casse di espansione normalmente rientrano nei piani di gestione faunistico-venatoria come oasi, perché rappresentano quasi sempre degli habitat lacustre paludosi, con biodiversità che meritano rispetto e tutela. In quell’area c’è anche una problematica proprio di sicurezza, perché abbiamo una strada da una parte e l’autostrada dall’altra. All’interno ci sono delle abitazioni. Quindi, è un territorio abbastanza chiuso.

Quindi, si interpella la Giunta se non ritenga opportuno intervenire affinché l’area sopracitata possa essere in tempi brevi delimitata con apposita segnaletica per limitare l’accesso ai soggetti autorizzati. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mastacchi.

Assessore Mammi, prego.

 

MAMMI, assessore: Grazie, presidente.

Grazie, consigliere Mastacchi. La cassa di espansione a servizio del canale Navile nel comune di Bentivoglio, come richiamato dall’interrogante, non risulta allo stato attuale ultimata nella sua completezza. Tuttavia, essa non rappresenta un’area di cantiere, posto che al momento le uniche operazioni che vengono realizzate riguardano la manutenzione ordinaria di vario tipo sui rilievi arginali, sfalci e potature. Ad oggi, pertanto, l’area non presenta delle limitazioni all’accesso. La stessa attività venatoria risulta essere stata svolta nel rispetto delle limitate attività di manutenzione realizzate.

Per quanto riguarda invece gli istituti di protezione, la Regione, dopo una fase di consultazione, che ha visto la partecipazione di soggetti pubblici e privati del territorio, ha da poco concluso, anche per il territorio della provincia di Bologna, la revisione e definizione degli stessi. Tale percorso ha portato all’individuazione di una zona di ripopolamento e cattura nelle zone adiacenti all’area oggetto della interpellanza, sul lato est dell’autostrada così come sul lato a sud dell’area oggetto dell’interrogazione. Tuttavia, non è emersa dal confronto la necessità di comprendere anche l’area della cassa di espansione all’interno di questo istituto.

Si fa presente, inoltre, che è stata emessa da alcuni anni un’ordinanza comunale specifica di divieto di attività venatoria nel perimetro sopracitato, limitatamente alla prima parte posta a destra dell’autostrada, ordinanza che di fatto ne vieta l’attività venatoria sullo stesso.

Pertanto, resta in capo allo stesso Comune, allo stesso Ente che ha emanato l’ordinanza, la possibilità di estenderla qualora ne valuti l’opportunità per ragioni di sicurezza, o di valorizzazione.

Al momento, quindi, non sussistono i presupposti per procedere a una tabellazione ma è interesse della Regione valutare come tutelare questa porzione di territorio in sede di prossima rivalutazione dell’assetto territoriale attraverso il previsto percorso di consultazione, considerando anche l’evolversi del progetto sull’area della cassa di espansione del Navile.

Quindi siamo disponibili, nella prossima valutazione delle aree delle misure di protezione, anche a prendere in considerazione quest’area.

Si ricorda infine che per quanto attiene la sicurezza delle persone sono previste tutele, già peraltro individuate nella 157 del 1992, così come nella legge regionale 8 del ‘94 e il regolamento regionale 1 del ‘08 che vietano l’attività in prossimità di strade, case, posti di lavoro. Così come le stesse prevedono che il cacciatore debba interrompere l’attività venatoria in presenza di persone in loco affinché lo sparo sia svolto sempre in totale sicurezza.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Mammi.

Consigliere Mastacchi, prego.

 

MASTACCHI: Grazie, assessore. Mi ritengo soddisfatto della sua risposta.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie.

 

OGGETTO 7409

Interpellanza relativa ai risultati dell’attuazione della legge regionale per lo sviluppo del settore musicale. A firma della Consigliera: Castaldini

 

PRESIDENTE (Petitti): Procediamo adesso con l’oggetto 7409: interpellanza relativa ai risultati dell’attuazione della legge regionale per lo sviluppo del settore musicale.

L’interpellanza è a firma della consigliera Castaldini. Prego, consigliera.

 

CASTALDINI: Grazie, assessore.

Torno su questa legge, poi riprenderò un emendamento che non è stato accettato, cercando di fare un percorso e una riflessione che guarda la realtà, soprattutto la realtà legata alla musica emiliano-romagnola.

L’Emilia-Romagna è stata da sempre una culla di grandi artisti, dalla scultura alla pittura, dalla letteratura alla musica. Sono nati, cresciuti e artisticamente vissuti nella nostra Regione tantissimi artisti con caratteristiche diverse, da Luciano Pavarotti, a Guccini, Raul Casadei e tantissimi altri.

La musica è così radicata culturalmente che qui ha anche sede il coro più famoso del mondo, il Piccolo Coro Mariele Ventre dell’Antoniano, che ha sede a Bologna da oltre sessant’anni.

Oggi però, come per la sanità regionale e come per il comparto industriale e aziendale, sembra che i grandi risultati siano un po’ legati a un ricordo del passato, così quello che vorrei provare a sollecitare è un ricambio generazionale.

Faccio alcuni esempi concreti, perché si basano sui numeri. Nelle ultime cinque edizioni del Festival di Sanremo, su 135 artisti o gruppi in gara, solo 10 erano riconducibili all’Emilia-Romagna, di questi 2 non hanno avuto accesso alle fasi successive e 6 hanno più di cinquant’anni e una carriera ultratrentennale.

Il calendario della stagione 2022-2023 di tre dei più importanti locali per la musica originale dal vivo mostra una chiara tendenza a prediligere nei live artisti internazionali o del panorama nazionale. Si sono esibiti 25 artisti internazionali, 62 artisti italiani e solo 18 artisti emiliano-romagnoli.

Abbiamo gli incubatori per le start-up, abbiamo la legge per il richiamo e la valorizzazione dei talenti scientifici, abbiamo una legge sulla valorizzazione della musica, ma io credo che la preoccupazione giusta sia quella di creare un terreno fertile perché le nuove generazioni di artisti abbiano la possibilità di piantare qui un seme creativo, farlo anche crescere e continuare a curare, fino a diventare una realtà importante, che possa poi generare altri frutti.

Avevo presentato a luglio un emendamento perché nell’erogazione dei fondi ai locali nei quali veniva eseguita musica dal vivo venissero inseriti criteri premiali, per sollecitare e anche in un certo senso premiare artisti locali. Questo è stato bocciato per varie motivazioni che posso comprendere (chi mi conosce sa benissimo che non c’è un legame particolare o la pretesa di accarezzare solo alcuni dell’Emilia-Romagna, ma avevo contezza di questi dati).

Mi aspetto di avere degli artisti che non vengano chiamati solo perché ci sono dei contributi solamente per artisti della nostra Regione, ma in Italia, in Europa e nel mondo desidero che ci siano i nostri artisti e che i club vengano riempiti da artisti cresciuti da una storia lunghissima emiliano-romagnola.

Non ho l’angoscia di arrivare a tutti i costi al successo, ma l’ambizione umana di un artista è quella di non suonare solamente in ambiti ristretti, nel proprio garage o a scuola, ma tutti aspirano inevitabilmente a far conoscere la propria arte a chi può apprezzarla. Ho in mente e credo che l’intento della Regione sia quello di mettere gli artisti su un sistema che possa funzionare e lanciarli in una modalità che sia adeguata anche alle aspettative di chi intraprende una carriera così impegnativa.

Per questo, dato che la legge regionale del 2018 ha erogato diversi contributi per la formazione e la promozione dei giovani artisti, vorrei un giudizio rispetto ai risultati della legge e anche se sui singoli artisti ci sia la volontà di aprire un vero e proprio monitoraggio per sapere, poi, come prosegue la carriera e come vengono valorizzati anche nel futuro. Non solo all’inizio di una carriera, ma anche nel futuro.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Castaldini.

Risponde l’assessore Felicori. Prego, assessore.

 

FELICORI, assessore: Intanto devo ringraziare Valentina Castaldini, che da sempre si occupa di sociale, sanitario, dell’infanzia e che da oggi estende alla cultura le sue attenzioni. Questo, ovviamente, mi fa piacere.

Condivido con lei il tema generale. Il tema generale è che noi siamo stati e siamo una Regione di riferimento per l’industria della musica, per la musica ‒ chiamiamola così ‒ leggera, o pop che dir si voglia. Benché Sanremo non sia, di per sé, l’indicatore di successo in questo... Fior fiori di artisti proprio della nostra regione, come il citato Francesco Guccini, non sono mai andati a Sanremo. E anche perché si possa dire che non tutti gli artisti e i musicisti puntano al successo di massa. Io sono un appassionato di musica contemporanea, che definirei come quella musica in cui spesso ci sono più artisti sul palco che pubblico in platea, come dico scherzando. C’è anche tutto un mondo di musica di ricerca che non ha il successo popolare come sua massima aspirazione.

Comunque, condivido l’idea che la nostra Regione debba essere una Regione capitale nel campo dell’industria della musica. Intanto, però, non sottovalutiamoci. Adesso dirò qualche cifra, che piacerà al nostro presidente, che ama sempre, giustamente, citare i nostri record. Siamo la seconda regione in Italia per numero di organizzatori di spettacoli (4.300 agenzie fanno questo lavoro). Siamo la seconda regione in Italia per i luoghi di spettacolo (2.781 luoghi in cui si fa spettacolo). Siamo il 7,5 per cento degli italiani, ma siamo il 13 per cento del pubblico dello spettacolo, quindi grandi consumatori di spettacolo.

Partiamo da una realtà solida. Però ha ragione Valentina se dice che possiamo avere un ruolo più centrale. È vero che in tutto in generale il mondo dell’industria culturale la nostra Regione non ha ancora raggiunto i livelli di Roma e di Milano, del Lazio e della Lombardia. Siamo lì, combattiamo.

Però questo è anche vero, e lei lo sa, che questa idea del terzo polo dell’Industria Culturale Italiana, questa idea sfidante, è proprio una delle idee che permea il programma del presidente Bonaccini in questa legislatura.

Naturalmente abbiamo dovuto questa sfida affrontarla mentre combattevamo il Covid, mentre aspiravamo l’acqua dell’alluvione, mentre provvedevamo a sostituire il gas russo. Tutto questo avviene nelle condizioni date che non abbiamo scelto noi, però è vero che è una linea politica.

Questo sta anche permeando un po’ lo stesso stile di lavoro. Per esempio abbiamo costruito con l’assessore Colla un’idea di aumentare lo spazio per le industrie culturali e creative dentro cui c’è l’industria della musica. Ad esempio avete visto che in una serie di leggi economiche, che tradizionalmente sostengono le imprese in generale, abbiamo fissato delle quote per le industrie culturali e creative che stanno dando dei risultati.

Avrete visto che adesso stiamo passando da una politica delle quote a una politica in cui le industrie culturali e creative siano accettate nelle leggi generali che presiedono l’economia in modo ordinario, senza bisogno di particolari protezioni come sono le politiche delle quote.

Abbiamo finalmente ‒ questa è una novità che darà frutti nel tempo ‒ creato organizzativamente un’area che si chiama Industria Culturale Creativa e abbiamo una dirigente che presidia questo territorio.

La legge 2 è una legge che stiamo sostenendo e per quanto riguarda i primi dati che possiamo dare, i dati che abbiamo sono dati piuttosto buoni.

Innanzitutto, la parte più consolidata è quella delle scuole di musica, queste materie che lei conoscerà forse meglio di me. Le scuole di musica sono addirittura aumentate negli ultimi anni: noi abbiamo 200 scuole di musica nella nostra regione, che operano nelle scuole fuori dall’orario scolastico, con un sostegno della Regione.

Abbiamo una specie di sostegno “modello Pépinière”, cioè di sostegno a tutto il mondo della musica e dei giovani, che assistiamo in diverso modo, perché – se mi permettete di essere un po’ pop – anche la creazione del genio musicale ha bisogno di un ambiente, è come formare dei cacciatori. Non è che uno dice: io adesso prendo questo ragazzo che ha talento e lo porto in serie A, ma occorre quello che fanno le grandi squadre: avere un vivaio, e noi abbiamo un vivaio, abbiamo una politica per i gruppi e per le realtà musicali che sono più promettenti e quest’anno abbiamo seguito circa 90 fra singoli artisti e band a cui assicuriamo un accompagnamento; in queste politiche di sostegno ai live club, abbiamo seguito e organizzato una cinquantina di concerti che però ne hanno prodotti quasi 400 in seguito a questo nostro lavoro. Abbiamo sostenuto tredici progetti e circa settanta produzioni musicali originali che sosteniamo anche con una politica di circolazione a livello nazionale e internazionale.

Io però vorrei un po’ sottrarmi a questo conteggio e fare alla consigliera una proposta. Io sono un convinto assertore della massima trasparenza e del lavoro che si fa, e sono un convinto assertore della disciplina che noi dobbiamo darci non solo sull’orientamento ai risultati, ma a giudicare noi stessi dai risultati. Quindi, non mi sottraggo alle domande della consigliera, dicendo che la legge 2 è composta di tante cose, è inutile che io adesso chieda alla presidente di darmi quindici in più e vi inondo di dati, che è un modo finto di rispondere.

Io dico: chiediamo alla presidente Marchetti, facciamo un confronto sulla legge 2; noi veniamo anche con i nostri tecnici, e se si vogliono fare delle audizioni, facciamo le audizioni. A me fa piacere se noi possiamo raccontarvi tutto quello che facciamo, se voi potete farci delle domande, o delle critiche.

Devo dire anche che certe critiche, perché da qualche parte sbagliamo di sicuro, aiutano anche noi a fare meglio. Quindi, vorrei concludere questa mia risposta, che è complessivamente positiva, con l’idea di un confronto che possiamo fare assieme.

Penso che sarà utile per tutti, a cominciare da me, che onestamente (questo mi fa piacere) conosco una delle tre cose che facciamo, perché io stesso non sapevo niente, quando finalmente posso chiedere chi ha deciso questo e gli uffici mi rispondono “non lo ha deciso nessuno, lo abbiamo fatto noi”, sul momento un po’ dispiace, ma in realtà lo considero un successo. Grazie, Valentina.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore.

Consigliera Castaldini, prego.

 

CASTALDINI: Chiaramente sono soddisfatta, perché la mia richiesta era quella di istituire un monitoraggio, e non mi appassiono mai alla forma, per cui io ringrazio per la disponibilità. Certo, sarà mia cura chiedere al presidente Marchetti.

Sto leggendo un interessante libro che si intitola “Nessuno si conosce da solo”, sembra una banalità, ma in realtà credo che sia il fondamento della politica, sempre di più anche nel vedere molte volte l’arroganza e la presunzione di molti che incontro, però credo che lei oggi abbia dato una bella dimostrazione che appunto nessuno si conosce da solo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera.

 

OGGETTO 7450

Interpellanza relativa al reparto di rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale di Castel San Giovanni, a Piacenza. A firma della Consigliera: Stragliati

 

PRESIDENTE (Petitti): Siamo arrivati all’ultima interpellanza, oggetto 7450: interpellanza relativa al reparto di rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale di Castel San Giovanni, a Piacenza.

È a firma della consigliera Stragliati. Prego, consigliera.

 

STRAGLIATI: Grazie, presidente.

Di nuovo grazie, assessore Donini.

Il reparto di Rianimazione dell’ospedale di Castel San Giovanni. è un reparto fondamentale, oltre ad essere il reparto spoke della terapia intensiva di Piacenza, è un riferimento per tutti i reparti dell’ospedale unico della Val Tidone, in grado di fornire risposte adeguate in ambito clinico-assistenziale per il paziente chirurgico, il paziente critico con compromissione delle funzioni vitali, per il trasporto protetto del paziente verso strutture specialistiche, neurochirurgiche, cardiochirurgiche e per i pazienti sottoposti a prestazioni diagnostiche, endoscopiche e radiologiche.

Inoltre, vengono eseguite visite anestesiologiche per il pre-ricovero chirurgico.

Questo reparto, dotato di apparecchiature tecnologiche adeguate e personale qualificato, presta la propria cura ai pazienti con compromissione acuta delle funzioni vitali, ai pazienti con riacutizzazioni di una patologia cronica, a coloro che necessitano di un monitoraggio intensivo post operatorio e a quelli che necessitano di assistenza anestesiologica in corso di procedure diagnostico-terapeutiche e radiologiche.

Diciamolo pure: un ospedale senza un reparto di rianimazione ben funzionante non è più un ospedale. Diventa una lungodegenza. E io auguro che non accada mai all’ospedale di Castel San Giovanni.

A luglio 2023 il dottor Angelo Benedetti, primario del reparto di Rianimazione e terapia intensiva dell’ospedale di Castel San Giovanni, ha smesso i panni del direttore del reparto per godersi la meritata pensione, dopo oltre quarant’anni di professione, tutta spesa nel presidio ospedaliero unico della Valtidone. Il dottor Benedetti era considerato da molti l’anima della Rianimazione di Castel San Giovanni, la memoria storica dell’ospedale castellano. Infatti, quando nel 1981 iniziò la propria carriera all’interno di questo presidio ospedaliero, la terapia del dolore non esisteva e, insieme ad altri colleghi, iniziò a strutturarla. Colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente il dottor Benedetti per lo straordinario lavoro svolto durante questi quarant’anni di professione, svolta con grandissima professionalità e grande umanità, assieme anche a tutto il suo staff e ai suoi collaboratori.

Voglio anche rimarcare l’intenso e straordinario lavoro che il dottor Benedetti ha portato avanti durante il Covid, essendo, l’ospedale di Castel San Giovanni, stato convertito a ospedale Covid, il primo ospedale Covid d’Italia, nonché d’Europa.

Assessore, le chiedo quale ruolo è chiamato a svolgere ad oggi il reparto di Rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale unico della Valtidone rispetto alle scelte organizzative della rete ospedaliera operate dall’azienda ASL di Piacenza; quanti posti letto di terapia intensiva e subintensiva saranno mantenuti presso questo reparto; se è già stata avviata la procedura concorsuale per la sostituzione del dottor Angelo Benedetti e, in caso affermativo, quali sono le tempistiche previste per l’entrata in servizio del nuovo primario; se verrà mantenuta in essere la convenzione tra la Scuola di specializzazione in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore dell’Università degli studi di Pavia e l’Ospedale unico della Valtidone fortemente voluta dal dottor Angelo Benedetti.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati.

Assessore Donini, prego.

 

DONINI, assessore: Grazie, presidente.

Grazie, consigliera Stragliati. L’attività dell’ospedale di Castel San Giovanni in questi anni è stata orientata in particolar modo verso la gestione della media e bassa complessità, in cui si conferma l’importante ruolo del reparto di Rianimazione e terapia intensiva della Valtidone all’interno della rete ospedaliera dell’ASL di Piacenza. Per questo, il numero dei posti letto di terapia intensiva e subintensiva sono stati rimodulati in maniera flessibile rispetto alle necessità e al momento conta quattro letti di terapia semintensiva e due di terapia intensiva, con una particolare attenzione alla stagione invernale, che spesso registra un aumento della complessità della casistica.

Il dipartimento di anestesia e rianimazione è stato oggetto di una recente riorganizzazione che ha portato all’individuazione di due unità operative di rianimazione, una presso l’ospedale di Piacenza e una presso l’ospedale di Castel San Giovanni, oltre ad una unità operativa di anestesia trasversale a tutta l’Azienda.

Nello sviluppo della convenzione con l’Università degli studi di Parma, si è prevista l’individuazione di una sede aggiuntiva di anestesia e rianimazione sul territorio dell’ASL di Piacenza. La decisione è già stata condivisa con l’Università degli studi di Parma, il Comitato regionale di indirizzo e la Conferenza territoriale, sociale e sanitaria. Sono in corso le interlocuzioni con l’Università per definire, quindi, le modalità più opportune per realizzare il concorso, che si farà ovviamente, per la sostituzione della figura citata, il dottor Angelo Benedetti, al quale anch’io, ovviamente, rivolgo gli apprezzamenti che lei ha citato nella sua interpellanza.

La convenzione con l’Università degli studi di Pavia è attualmente attiva, con una proroga, in attesa di rinnovo, i cui documenti sono già stati inviati, per l’approvazione da parte dell’Azienda, ai competenti uffici dell’Università stessa.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore.

Consigliera Stragliati, prego.

 

STRAGLIATI: Grazie, assessore Donini, per la risposta. Sono parzialmente soddisfatta, perché non mi ha dato, in realtà, tempistiche certe e precise relative all’avvio della procedura concorsuale per la sostituzione effettiva del dottor Angelo Benedetti. Quindi, questo rimane ancora un interrogativo, a cui mi dovrà rispondere, prima o poi.

Detto ciò, continuerò a vigilare sul buon funzionamento di questo reparto, perché anche questa affermazione rispetto alla rimodulazione in maniera flessibile dei posti letto del reparto di rianimazione lascia poche certezze. Quindi, cerchiamo di fare tutto il possibile per mantenerlo operativo e al massimo delle proprie potenzialità e funzionalità, perché è un reparto che merita veramente tanto e deve essere sostenuto il più possibile.

Rinnovo i ringraziamenti al dottor Angelo Benedetti, ma anche a tutto il personale infermieristico, medico e sanitario del reparto di rianimazione dell’ospedale di Castel San Giovanni.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati.

Abbiamo concluso con le interpellanze.

 

OGGETTO 7254

Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell’art. 121, comma 2, della Costituzione, recante: “Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall’anno 2023”. (142)

(Continuazione discussione e approvazione)

(Ordini del giorno 7254/1/2/3 oggetti 7612 - 7613 - 7614 - Presentazione e approvazione)

(Ordine del giorno 7254/4 oggetto 7615 - Presentazione e reiezione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Riprendiamo adesso dall’oggetto 7254: progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell’articolo 121, comma 2, della Costituzione, recante “Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall’anno 2023”.

Ricordiamo che su questo oggetto insiste una proposta di emendamento a firma della consigliera Zappaterra e su tale oggetto insiste una proposta di ordine del giorno a firma dei consiglieri Zappaterra, Amico, Pigoni, Zamboni, Caliandro, Soncini e altri.

Riprendiamo adesso dal dibattito generale. Passo la parola alla consigliera Piccinini. Prego, consigliera.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

Io vorrei partire da una considerazione: oggi la sostenibilità del nostro sistema sanitario è a rischio, dobbiamo dircelo chiaramente e in maniera molto trasparente. È un dato di fatto che io provo a denunciare da tempo, di cui tutti, finalmente, hanno preso oggi consapevolezza, compresi i governatori del Centrodestra, compreso chi amministra questa Regione, che dal mio punto di vista inizialmente ha avuto un’attitudine un po’ timida, forse per cercare un dialogo con chi in qualche modo poteva fare la propria parte per arrivare a quegli obiettivi che oggi ritroviamo scritti anche all’interno del progetto di legge.

Perché il nostro sistema sanitario è a rischio? Le cause sono molteplici, ce lo siamo detti, ce lo siamo raccontati tante volte, anche in Commissione, quando abbiamo affrontato i problemi che la nostra sanità sta attraversando, quindi partiamo da un’errata programmazione del personale. Ci sono pochi specialisti, e quei pochi che ci sono, se possono, scappano nel privato, perché vengono pagati meglio e hanno carichi di lavoro inferiori.

Voglio ricordare che con la legge 883 della fine degli anni Settanta e dell’inizio degli anni Ottanta hanno preso in carico gli specialisti. Dopo quarant’anni di lavoro si sapeva molto bene che sarebbero andati in pensione.

E oggi? Oggi ci lamentiamo, anche giustamente, del ricorso ai medici a gettone, e io sono la prima a farlo: avevo presentato mesi fa anche un ordine del giorno, che creano condizioni sperequative con i dipendenti del sistema pubblico, ma non possiamo far finta di non sapere che quella è una matematica conseguenza di mancate scelte che non sono state fatte negli anni passati.

La conseguenza di tutto questo sono liste di attesa che si allungano, prestazioni ormai inaccessibili. Ognuno di noi penso che conosca di persona, direttamente o indirettamente, le difficoltà del prenotare prestazioni sanitarie. Anche solo per esempio, operare una semplice cataratta è diventato quasi impossibile nella nostra regione, e non è uno scherzo. Purtroppo in Calabria a volte si fa prima. Lo dico perché questi sono dati di vita reale.

Questo comporta l’aumento del ricorso per chi può a polizze integrative, quindi un aumento del ricorso alla sanità privata, ai cosiddetti acquisti out of pocket o al ricorso, come dicevo prima, a forme integrative, polizze e quant’altro, per prestazioni sia fuori che dentro i LEA.

E chi non può? Chi non può non si cura più. Più di 1 italiano su 3 si rivolge al privato (questi sono dati AgeNaS) per visite o per accertamenti, il pubblico non garantisce più il diritto alla cura o il diritto a ricevere prestazioni in tempi sostenibili. Quasi 1 cittadino su 5 rinuncia a curarsi (dati Euromedia). Sono dati che fanno riflettere.

C’è poi un tema che affrontiamo oggi con questo progetto di legge, che è quello delle risorse. Ricordo, perché questo è un dibattito che ha una sua storia, non nasce oggi, le difficoltà del Governo centrale, risalenti ormai a quasi due anni fa, nel riconoscere anche solo l'aumento dei costi delle spese energetiche. Partiamo dal governo Draghi prima e dal Governo Meloni, in anni come quelli della pandemia, o anche a riconoscere semplicemente l’aumento dell’inflazione.

In generale, la spesa sanitaria sale ogni anno, così come crescono spese e costo della vita. Per questo è utile agganciare la spesa a un indicatore come il PIL. I bisogni di cura aumentano, i carichi di lavoro aumentano, ma la spesa non aumenta proporzionalmente e i professionisti scappano e le liste di attesa si allungano: è un circolo vizioso che va spezzato.

Dobbiamo fare i conti con un approccio politico di chi governa a livello nazionale da parte del Centrodestra, che è un approccio politico, come sappiamo bene, tutto sbilanciato verso il privato. I danni del modello Lombardia li abbiamo visti tutti in pandemia e mi piacerebbe non doverli rivedere.

 Oggi, quindi, si scontrano finalmente qui chiaramente due visioni, la nostra, quella di chi crede che tutti abbiano diritto alle cure in maniera indistinta, a prescindere dal reddito, e chi punisce i camici bianchi tagliando le loro pensioni e contemporaneamente inaugura Pronto Soccorsi a pagamento.

Da questo punto di vista, ho voluto presentare un ordine del giorno che intervenga su questa questione. Annuncio già che il mio voto sarà favorevole, ma è condizionato all’approvazione di questo impegno. Un impegno che stabilisce che ogni euro stanziato nella manovra di bilancio per l’acquisto di prestazioni sanitarie da privati per l’abbattimento delle liste d’attesa venga destinato esclusivamente alle strutture pubbliche, evitando il ricorso al privato. Ricordiamo che ogni euro di risorse pubbliche al privato è un euro sottratto alle fasce più fragili della nostra popolazione, che faticano nell’accesso alle cure, in un sistema pubblico, anche quello emiliano-romagnolo, che purtroppo oggi ha tempi per visite ed esami che, francamente, sono insostenibili.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Piccinini.

Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Arriviamo oggi a discutere questo progetto di legge da inviare alle Camere, un progetto di legge che ha avuto un iter lungo. L’ha descritto prima il relatore di minoranza. Un iter lungo perché credo sia un argomento importante e centrale per la vita dei nostri cittadini e delle nostre cittadine. È un progetto di legge importante, che non ha solo ed esclusivamente un valore simbolico. È un invito, una richiesta, una indicazione al Governo, allo Stato, come a volte mi piace richiamare, perché il Sistema sanitario nazionale non vada verso il collasso.

Anche stamattina abbiamo assistito, abbiamo ascoltato una serie di ricostruzioni che vogliono dire come quello che oggi si prospetta nella proposta di legge di bilancio sia il più grande investimento sulla sanità pubblica fatto da questo Governo e che mai prima d’ora ce n’erano stati di cotanta entità. Io vorrei solo brevemente ricordare ‒ sicuramente è stata complice l’emergenza pandemica ‒ che, però, tra il 2020 e il 2022 l’incremento del Fondo sanitario nazionale è stato di 18 miliardi di euro. Eravamo nel 2019 a 115. Abbiamo chiuso il 2022 con 133 miliardi di euro.

Quindi, l’aggiunta che oggi si prospetta da parte della legge di bilancio è importante per certi versi, ma sicuramente non è quella così fortemente decantata dalla minoranza in quest’aula. Di quei 3 miliardi stanziati si prevede che 2,3 siano destinati all’aumento dei contratti nazionali di lavoro del personale medico, che sicuramente sono le risorse aggiuntive, e sono sicuramente delle risorse che vanno verso una motivazione anche di carattere economico nei confronti del personale. Per fortuna si è arrivati a chiudere un accordo sui contratti di lavoro nazionali, però credo che siano più che mai dovuti e non possono sicuramente ricadere questi elementi solo esclusivamente sul sistema regionale.

Conseguentemente, di quei 3 miliardi solamente una parte rimane a implementazione del Fondo sanitario nazionale libero per sviluppare l’attività. È ovvio che oggi, con un’inflazione che abbiamo visto essere così galoppante, quel valore restante dei 3 miliardi di euro rischia di essere molto poco incisivo rispetto alle spese che sono andate a crescere. Ma la questione non è solo ed esclusivamente di carattere finanziario, non è solo ed esclusivamente di carattere economico di quanto stanzia o non stanziano lo Stato e questo Governo a favore del Fondo sanitario nazionale. Il punto è anche rispetto alle richieste di salute che arrivano dai cittadini e dalle cittadine anche emiliano-romagnoli, ma non solo emiliano-romagnoli all’indomani di quella terribile stagione che è stata la pandemia, una stagione che – voglio ricordare – è quella che teoricamente dovrebbe averci insegnato, o perlomeno ha sancito attraverso il DM 77 una riformulazione in una chiave territoriale di quelli che sono i servizi medico-sanitari nazionali che ha utilizzato, che ha impegnato una parte importante dei fondi del PNRR per arrivare a istituire le case della comunità, gli ospedali di comunità, e che però ad oggi, al di là della loro costruzione, della loro istituzione, non vede all’interno dello stanziamento di cui dicevamo per quanto riguarda la legge di bilancio 2024 risorse sufficienti per andare in quella direzione, per dare quelle risposte che sono necessarie. Mentre – e questo, sì, accade – dentro la legge di bilancio viene modificato il tetto di spesa non per il personale medico, come chiede il progetto di legge che presentiamo e che vogliamo inviare alle Camere, non una capacità assunzionale del sistema sanitario maggiore, ma chiede, anzi, indica un tetto di spesa che possa essere modificato per quanto riguarda il ricorso all’accesso alle prestazioni private dell’1 per cento prima, poi del 3 per cento, poi del 4 per cento. Appunto, a dire che l’indirizzo, l’indicazione che arriva da questo Governo è quella di andare verso un sistema non tanto integrato, ma che sfondi quel tetto di spesa sui servizi privati e invece tenga la briglia corta per quanto riguarda il personale medico del Servizio sanitario nazionale.

Come è stato detto anche prima, questo progetto di legge è stato assunto anche da altre Regioni non tutte di Centrosinistra, il Piemonte in primis, perché è evidente ed è sotto gli occhi di tutti che la serie di fattori che ci hanno portato oggi a una situazione così critica dopo la pandemia sotto il profilo sanitario e sotto il profilo organizzativo richiede delle risposte che non sono più rimandabili da un punto di vista dell’innovazione, da un punto di vista della trasformazione, tutte le trasformazioni e le riforme.

 Anche l’applicazione del DM 77 e quindi tutta la nuova impostazione della rete di assistenza sanitaria a livello territoriale è impossibile che possa realizzarsi a saldo zero o con un saldo così ridotto, senza contare che veniamo da un periodo in cui le finanze regionali sono state drammaticamente messe a repentaglio. Abbiamo sentito anche dentro la Commissione sanità più volte l’assessorato riportarci come e abbiamo fatto anche delle scelte in termini di bilancio a livello di Regione Emilia-Romagna rispetto a ricavare risorse del cosiddetto "bilancio libero" della Regione a favore della sanità.

Guardate, non credo solo esclusivamente per un’operazione contabile, per non presentare i bilanci in dissesto per la sanità, ma perché la scelta della Regione Emilia-Romagna è stata quella di continuare a sostenere quel tipo di sistema, continuare a sostenere quell'universalità dei servizi e delle cure da offrire ai cittadini, che oggi arriva obiettivamente fiaccata da una serie di sforzi (si parla di 1 miliardo in tre anni, introdotto all’interno del Sistema sanitario regionale) e che, guarda caso, per quanto riguarda l’anno 2023, non vede nello stanziamento della legge di bilancio prossima ventura alcuna copertura per le spese aggiuntive che anche il Sistema regionale ha raccolto.

Ora, se dobbiamo andare verso l'assistenza territoriale, se dobbiamo potenziare la ricerca, se dobbiamo dare delle risposte più pronte non solo in termini di liste d’attesa, ma in termini di prestazioni o di attenzione nei confronti delle cittadine e dei cittadini, la condizione primaria è quella di avere una dotazione economica e finanziaria sufficiente per poter fare quelle trasformazioni, altrimenti senza quella dotazione noi non solo come Emilia-Romagna, ma come sistema Paese non riusciremo a dare alcuna risposta.

Di nuovo, lo rimarco: la rimozione del tetto di spesa, che noi chiediamo per quanto riguarda la capacità assunzionale del Sistema sanitario pubblico, ad oggi è una rimozione del tetto di spesa che è riservata solo ed esclusivamente a quelle che sono le prestazioni che il Sistema sanitario nazionale va a richiedere al privato. Come a dire: la scelta è quella di andare in quella direzione a livello nazionale. Mi auguro che anche l’ordine del giorno cui accennava la collega Piccinini possa essere raccolto da questa Assemblea, oltre che, chiaramente, a sostenere questo progetto di legge. Ripeto: non è un progetto di legge formale, non è un progetto di legge di carattere simbolico, ma è un progetto di legge che vuole assumere una responsabilità da parte della Regione Emilia-Romagna, da parte dell’intero Paese rispetto a un sistema sanitario che va salvaguardato e, anzi, va sicuramente implementato.

Dopodiché, non basta solo ed esclusivamente la dotazione economica. Vanno sicuramente progressivamente apportate ulteriori modifiche all’organizzazione del sistema sanitario, ma senza quella dotazione economica qualunque modifica diventa assolutamente impossibile.

Sicuramente abbiamo bisogno di valorizzare il personale medico-infermieristico del nostro Paese. Sappiamo bene che, al di là degli errori di programmazione, abbiamo di fronte delle voragini numeriche impressionanti per quanto riguarda il numero di infermieri che verranno a mancare, il numero di medici che verranno a mancare in certe specializzazioni. Sappiamo anche che quelle specializzazioni, ad oggi, all’interno di quella dotazione di bilancio non prevedono alcun finanziamento per quanto riguarda le borse di studio di specializzazione, che, quindi, vanno a costruire quell’imbuto formativo che avevamo già trattato nel corso degli anni della pandemia.

Abbiamo bisogno, ovviamente, di implementare l’assistenza sanitaria di carattere territoriale. Parecchie interrogazioni e interpellanze hanno avuto al centro lo sviluppo anche di azioni da condurre sul nostro territorio regionale. Di nuovo: senza risorse aggiuntive quel tipo di ragionamento non si può fare. Così come non si può valutare una modifica in chiave positiva di quelli che sono i meccanismi anche di convenzionamento, non solo per quanto riguarda il privato, ma per quanto riguarda anche tutta quanta la medicina di carattere generale, che è un elemento centrale e fondamentale per il funzionamento del sistema.

Abbiamo bisogno anche di accompagnare quella trasformazione attraverso azioni di ricerca e innovazione, che altrimenti ci sarebbero negate. Di nuovo: l’elemento di finanziamento, quindi l’ancoraggio a una percentuale di rapporto con il prodotto interno lordo del 7,5 per cento è la condizione sine qua non perché questo possa essere realizzato, in Emilia-Romagna, così come in Calabria, così come in Sicilia, così come in Piemonte, così come dalle altre parti d’Italia.

Negare questa evidenza credo che sia particolarmente colpevole. Credo che quella che è stata l’azione fatta nei territori, col coinvolgimento delle persone, abbia avuto il pregio di portare all’attenzione dei più un nodo che trovava delle richieste di risposta – penso al coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine sui territori –, ma vorrei chiudere ricordando anche che com’è stato detto, abbiamo ricordato in quest’aula la figura di Giovanni Bissoni come assessore importante per quanto riguarda la nostra Regione.

Noi abbiamo di fronte una sfida altrettanto importante come quella che ha condotto l’assessore Bissoni. Mi auguro che anche questa Giunta sia nelle condizioni di poterlo cogliere e penso che un progetto di legge in questo senso sia la condizione per poterle cogliere. Penso che a un’idea di funzionamento della sanità pubblica che vogliamo proporre con questo progetto di legge, noi vogliamo far corrispondere un’idea di società che sia universale, giusta e anche solidale.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Amico.

Consigliere Tagliaferri, prego.

 

TAGLIAFERRI: Grazie, presidente.

Colleghe, colleghi, intervengo con un po’ di stupore e un certo imbarazzo pensando alla vostra posizione politica su questo progetto di legge, perché la ritengo in sostanza superata dai fatti, anche se sono profondamente convinto che la sanità sia un tema troppo serio per tentativi di bassa propaganda politica, come cercate di attuare, ahimè, anche in questo caso.

Posso anche capire che quando la Giunta ha presentato questa proposta di legge alle Camere ci fosse la buona intenzione di porre un tema vero: il mancato rifinanziamento del fondo per la sanità da parte del vostro ministro Speranza e del Governo di quel presidente Draghi, di cui voi, per diverso tempo, avete detto di essere orgogliosamente l’azionista di riferimento.

Posso capire che la Regione sentisse il bisogno di mettere il Parlamento di fronte a scelte chiare e nette, e che non fidandosi del gruppo dirigente nazionale del PD, molto attento agli interessi peculiari di qualche élite che è riuscita a scalare dall’esterno un partito troppo frastornato anche solo per ascoltare la voce dei propri iscritti, sentisse il bisogno di far cambiare a parlamentari di minoranza le priorità della propria azione politica. Queste manovrine, tutte rivolte all’interno della vostra comunità politica, sono state spazzate via, ove questa legge semplicemente non serve più. In fase di Finanziaria il Governo Meloni ha stanziato 3 miliardi in più per la sanità pubblica, peraltro destinati nella quasi totalità alla soluzione del problema delle liste d’attesa, problema sempre all’ordine del giorno anche nella nostra Regione e che finalmente viene affrontato seriamente, non certo grazie a voi.

Spero che su queste cifre non vogliate coprirvi ulteriormente di ridicolo. Va bene che per voi l’azione politica coincida quasi sempre con la fantascienza più sfrenata e pittoresca, ma distorcere la fredda realtà dei numeri è veramente opera impossibile anche per voi.

Con questa Finanziaria il Governo Meloni, nel primo anno della sua vita, ha riparato ai danni compiuti dai Governi Renzi, Gentiloni e Draghi. Tutti Governi di Centrosinistra o dove il Centrosinistra aveva un ruolo assolutamente predominante, che avevano tagliato la sanità pubblica, ritenendola sacrificabile per politiche di bonus e mancette varie.

Questa Assemblea non ha più senso che voti questa proposta di legge. Se la Giunta fosse intellettualmente onesta la ritirerebbe. Capendo umanamente le difficoltà in cui vi dibattete, voglio perfino lasciarvi avere l’onore delle armi. Potreste ritirarla dicendo: “Vedete, grazie alla nostra battaglia politica il Governo ha risolto il problema”. Non sarebbe la verità. Sarebbe ‒ per usare un termine a voi caro ‒ uno storytelling assolutamente falso. Ma per una Giunta che è in servizio di propaganda permanente sarebbe un passaggio quasi accettabile e assolutamente comprensibile.

L’imbarazzo che state vivendo e come, per l’ennesima volta, il Governo Meloni abbia spiazzato la vostra ‒ consentitemi il termine ‒ ridicola versione delle cose è ampiamente dimostrato dalla calendarizzazione che avete voluto riservare a questa discussione, consci che questo tema ormai non è più la priorità. Tutte le lacrime e le grida di allarme isterico che avete speso in questi mesi sono state ampiamente sorpassate e ora, semplicemente, non sapete come uscire da questa farsa che avete colpevolmente creato.

I più oltranzisti tra voi gonfieranno il petto e mi risponderanno che le richieste avanzate erano per un totale di 4 miliardi, mentre il Governo ne stanzia solo 3. Se qualcuno tra voi fosse così audace da offrirsi a questo massacro annunciato, mi permetto un piccolo suggerimento: l’altro miliardo, almeno in Emilia-Romagna, lo si può trovare tagliando gli sprechi inventati in questa legislatura dall’assessore Donini, come i super dirigenti che ha nominato. Vedi l’ex direttore dell’AIFA Magrini o altre decisioni simili. Se, invece, volete veramente una mano per trovare i soldi mancanti per il bene di tutti i nostri concittadini, allora apriamo un bel tavolo di discussione e saremo ben lieti di parteciparvi e adoperarci insieme per cercare dove reperire le risorse per la salute degli emiliano-romagnoli.

Purtroppo, però, la realtà ci insegna altro. Voi non ritirerete nessuna legge, ci obbligherete ad assistere ad altri stucchevoli puntate di una sit-com di bassissima lega, a cui solo voi siete affezionati.

Un problema tutto vostro, quindi. La verità è che il Governo Meloni ha stanziato più soldi per la sanità pubblica. Tutto il resto, come recitava una canzone di qualche tempo fa, è solo noia.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Tagliaferri.

Consigliere Pelloni, prego.

 

PELLONI: Grazie, presidente.

Dovrò ripetere alcune cose che hanno detto i colleghi, ma ovviamente è un’argomentazione… Saranno per argomentare quanto vi voglio dire. Voglio dare un contributo positivo a questa Assemblea, perché certamente questo PDL ci aiuta a parlare di sanità, a parlare di sanità pubblica, universalistica, vero. Peccato che abbiamo parlato di sanità non nel senso in cui avremmo dovuto parlarne, non solo per una questione di risorse finanziarie, che certo è una parte importante del tema e della sostenibilità di questi servizi, ma certamente c’è una cosa molto più importante: è come investiamo queste risorse, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa della Giunta e di questa Assemblea.

Se oggi risulta chiaro che in ogni settore, non solo sulla sanità, c’è bisogno di più risorse, certamente tra i bisogni primari c’è quello della salute, ma dall’altra parte dobbiamo registrare il fatto che in Emilia-Romagna, lo dicevano bene prima i colleghi di minoranza che sono intervenuti, noi non abbiamo affrontato una riforma del Sistema sanitario regionale. L’unica legge che ha proposto questa nuova legislatura, e l’assessore Donini come primo firmatario, diciamolo così, o comunque in questa legislatura, è stata solo sul direttore assistenziale. Cioè, l’unica volta in cui abbiamo votato qualcosa come Assemblea per quanto riguarda, per quanto concerne la sanità, è stato solo per introdurre più dirigenti, tra l’altro, senza provvedere trasferimento di spesa.

Abbiamo addossato questa nuova spesa quindi alle aziende, ce lo ricorderemo. Quindi, da forze riformiste che fanno parte della maggioranza, l’unica riforma che avete messo in campo come Giunta, ma anche come Consiglio, è stata quella di introdurre il direttore assistenziale che ha solo la Provincia di Bolzano, che è la Provincia. Certamente ha dei livelli importanti di performance, le altre grandi Regioni non hanno adottato questa scelta, soprattutto in un momento in cui aumentava la spesa su tutto e forse c’era più bisogno di persone che stavano in prima linea ai pronti soccorsi, nei punti nascita, eccetera, che l’ennesima figura dirigenziale che, magari, sta solo dietro la scrivania e non sta in prima linea.

Riprenderò gli argomenti e alcune cifre, che sono già state citate dai miei colleghi, ma è doveroso ricordarle, altrimenti questa cosa che il Governo taglia le risorse... No. Lo abbiamo visto in Commissione Sanità. Lo abbiamo visto in Commissione Sanità. Quest’anno ci sono più 156 milioni che abbiamo dato alle aziende. Più 156 milioni. Nell’ultima Finanziaria, poi questo non è oggetto di stretta competenza del Consiglio regionale, ci sono 3 miliardi in più. La stanno discutendo.

Ma il vero tema è l’efficienza. Era stato approvato da questa Assemblea un documento che, di fatto, forse voleva rilanciare l’azione dell’Esecutivo, perché la vedevamo un’azione un po’ stanca. Normalmente, quando c’è una proposta da parte della maggioranza così significativa, così corposa sul tema sanitario, probabilmente è perché c’era un po’ di stanchezza in questi servizi, c’era un po’ di risposte non date. Il tema più grande su tutti riguarda le liste chiuse. Io non ho trovato nessun’altra Regione che abusa delle liste chiuse come ne sta abusando, e uso un termine giuridicamente forte, la Regione Emilia-Romagna. Continuamente abbiamo cittadini che trovano le liste chiuse. Che cosa devono fare? O vanno ‒ se se lo possono permettere ‒ dal privato non accreditato, se se lo possono permettere, ripeto, oppure lasciano stare. Con buona pace di quella che può essere la prevenzione, la cura, l’assistenza, eccetera.

Non solo abbiamo speso molto di più come Regione Emilia-Romagna anche rispetto alle altre Regioni. Abbiamo speso di più rispetto a Regioni che hanno un sistema molto simile al nostro. Lasciamo stare Lombardia e Lazio, che sicuramente hanno un sistema convenzionale molto più importante rispetto all’Emilia-Romagna. Facciamo un raffronto con il Veneto. Il disavanzo del 2022 della Regione Emilia-Romagna è di 800 milioni di euro. Il disavanzo del Veneto è di 250 milioni di euro. Stiamo parlando di una Regione che ha livelli molto simili ai nostri dal punto di vista della collaborazione con il privato, del privato accreditato, eccetera.

Credo che oggi noi avremmo dovuto svolgere un altro lavoro: quello, insieme alla Giunta, visto che forse, se la Giunta in questi tre anni non è stata in grado di arrivare con una proposta di riforma, ma anzi più volte anche con i colleghi ne abbiamo parlato in Commissione sanità, più volte l’abbiamo detto, ci sono state delle proposte di riforma, proposte alle parti sociali, eccetera, che noi non abbiamo mai potuto vedere, e che sappiamo che adesso sono anche diventate carta straccia, nel senso che oggi dicono che non è più attuale, quindi non è più sul banco questa proposta di riforma. Se allora c’era una proposta di riforma perché ritenuta necessaria, perché è necessaria, non possiamo continuare a spendere molto di più.

Quando è stata fatta l’audizione in Commissione dei parlamentari, è emerso in maniera molto evidente anche il tema di come la Regione Emilia-Romagna sta spendendo i soldi. Sta spendendo probabilmente peggio. Se ne stiamo spendendo molti di più e i livelli di produzione delle prestazioni sanitarie e dei servizi sanitari non hanno ancora raggiunto i livelli del 2019, cioè del pre- Covid, c’è un problema nell’efficienza, c’è un problema nell’efficacia.

Dell’economicità abbiamo già parlato, forse è tra le Regioni più virtuose con un disavanzo così alto. Poi, tra le più virtuose ci sono anche Regioni che non hanno chiuso con disavanzo, perché la realtà… Amministrate da Centrodestra, Centrosinistra: non è non è una questione di Centrodestra o di Centrosinistra. In buona sostanza, dicendola molto banalmente, avremmo dovuto fare quello che ci compete di più, che è il nostro lavoro, cioè guardare ai conti del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna prima di andare a chiedere dei soldi; oppure, unitamente a chiedere più soldi, su cui possiamo essere d’accordo, come maggioranza di Governo, credo che tutti i soldi che c’era la possibilità di metterci li hanno messi. Intanto, parliamo di un più.

Se poi vogliamo ritornare alla polemica, purtroppo è molto triste: i 37 miliardi in meno dei Governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, quelli ci sono, sono una realtà. Questi sono una realtà che purtroppo cosa hanno comportato? Se volete, faccio un esempio concreto: hanno comportato la chiusura del punto-nascite di Pavullo, hanno portato alla chiusura dell’ospedale di Castelfranco, di vari pronto soccorso in tutta la Regione. Se volete, l’elenco è molto lungo: si è tradotto, nell’ospedale di Vignola, in quasi 30 posti letto in meno.

Poi ci siamo accorti che durante il Covid questi posti letto mancavano. Ce ne siamo accorti e, drammaticamente, siamo dovuti correre ai ripari per cercare di ripristinarli. Quando ne sono stati tagliati più di 800 in tutta l’Emilia-Romagna durante il primo mandato Bonaccini in Regione, poi ne sono stati ripristinati quasi 400 durante il Covid, perché ce n’era bisogno.

Questi sono i numeri che, purtroppo, fanno male.

Hanno fatto bene i colleghi a dirlo. Prima c’era da fare una doverosa autocritica, finanche chiedere scusa di scelte sbagliate. Scelte sbagliate del passato, di aver tagliato la sanità realmente, e non a parole, di aver tagliato dei servizi, di aver tagliato soprattutto quelli periferici, soprattutto negli ospedali periferici, nei presìdi periferici. Oggi le soluzioni che sono in campo sono quelle della cosiddetta edilizia sanitaria. La prospettiva che abbiamo è solo quella edilizia, non di maggiori servizi nei territori. Se unitamente a diminuire i servizi dell’emergenza-urgenza nelle periferie andiamo a fare delle Case della comunità... Già oggi, quelle che ci sono, sono praticamente vuote o senza servizi fondamentali. Stiamo dicendo che faremo dei muri sparsi per tutte le Province emiliano-romagnole, ma vuoti.

Se la stessa riorganizzazione dell’emergenza-urgenza è data dal fatto che manca personale, con cosa terremo aperte queste Case della comunità sul territorio? Le terremo aperte con del personale... Quindi, rischiamo di aumentare le spese di gestione, di riscaldamento, di manutenzione. Quindi, altra spesa sanitaria che non si traduce in veri servizi per il territorio. Non è che con i muri cureremo le persone. Sappiamo che, in questo caso, è il valore umano, il fattore umano.

Cito un’altra cosa. Forse ce la siamo dimenticata. Piena campagna elettorale 2019. Questa Regione, con tanto di conferenza stampa: in pronto soccorso si starà non più di sei ore. Già allora c’erano problemi di personale. Già allora. Dopo pochi anni, 3-4 anni, invece, dobbiamo ridurre... Non riduciamo i tempi. Riduciamo i presìdi del territorio. Alcuni pronti soccorsi diventeranno CAU. Diceva bene prima il collega. In alcuni Comuni in cui avevano la medicina di continuità non ci sarà più la guardia medica o ci sarà solo per poche ore. L’infermiere di comunità c’è, forse, una volta alla settimana, se va bene.

Questa è la realtà dei fatti. Meno servizi. Meno servizi perché ‒ ci è stato detto ‒ non c’è personale. Nel 2019 invece in pompa magna si diceva “cercheremo di assumere più personale”, ma il trend di diminuzione del personale purtroppo c’era già, l’avevamo visto. Con due imbuti, quello di ingresso all’università e l’altro imbuto, quello d’ingresso alle specializzazioni, il trend di diminuzione del personale sanitario era già un dato acquisito. quindi forse avete bluffato durante la campagna elettorale. La realtà dei fatti è che anziché ridurre i tempi d’attesa, si è cercato di lavorare per ridurre la domanda. Oggi cioè si cercherà in qualche modo di far rimbalzare le persone, o di portarle tutte nei centri maggiori, quindi provando a razionalizzare i costi, ma di fatto si sono solo tagliati i servizi.

Non vado avanti oltre, perché è molto chiaro quello che è successo. Abbiamo perso una grande occasione: tante Commissioni, quest’oggi in aula, vari dibattiti che potevano servire realmente a migliorare l’efficienza delle risorse che abbiamo e che ci sono state date, e che ci sono state date dagli emiliano-romagnoli al di là del Governo, ci sono state date dagli emiliano-romagnoli delle risorse, e noi oggi ci occupiamo solo ed esclusivamente di una legge, è già stato detto, che di fatto è propaganda e poco altro, perché è una proposta di legge che andrà al vaglio del… Quindi, qualsiasi parlamentare del PD, piuttosto che di Sinistra, di Verdi o quant’altro avrebbe già potuto presentarla in Parlamento e discuterla; il Parlamento avrebbe fatto il suo mestiere e noi avremmo fatto il nostro, cioè, delle risorse date cercare di tradurle al meglio nei nostri servizi.

Per fare propaganda, per andare sui territori, per cercare in qualche modo di strumentalizzare questo tema si è persa l’occasione di poter migliorare invece qualcosa che oggi non sta funzionando, o non sta funzionando più bene come funzionava prima.

L’avrei dovuto premettere, lo dico nella chiusura del mio intervento: non stiamo assolutamente dicendo che non funziona più nulla in Emilia-Romagna, perché altrimenti tutte le volte… No, non stiamo dicendo questo. C’è un monito da parte della Ragioneria dello Stato: seppure il Servizio sanitario nazionale dell’Italia e dell’Emilia-Romagna sia certamente, sicuramente tra i più virtuosi in Europa, oggi però la stessa Ragioneria dello Stato – non oggi, qualche tempo fa – diceva però che in Emilia-Romagna c’è un problema. State spendendo molto più di altre Regioni, senza tradurlo in servizi. Non lo stiamo traducendo in servizi, purtroppo. Purtroppo, non lo stiamo traducendo in servizi. Se fosse così, sarebbe solo una questione di copertura della spesa. Ma oggi c’è un problema di efficienza.

Soprattutto, il problema delle liste chiuse è un problema... I pronti soccorsi, i punti di primo intervento hanno sopperito, purtroppo, al tema delle agende chiuse. Come già detto in Commissione più volte, l’ha accennato il mio collega Marchetti prima, secondo voi è un caso che il privato, alcune assicurazioni private, tra l’altro anche alcune che spesso finanziano Feste dell’Unità e quant’altro, eccetera, stiano scommettendo tantissimo sulla sanità privata? Vuol dire che o non credono più nell’Esecutivo regionale o, probabilmente, si sono rese conto che... Non è da ieri. Non è dal 25 o 23 settembre 2022 che alcune assicurazioni stanno investendo tanto nella sanità privata. Hanno iniziato da anni. Forse sono leader in Italia. Oggi c’è un tema: dobbiamo occuparci di più delle questioni che ci competono direttamente. Se anche durante il Covid abbiamo speso di più, però siamo stati tra quelli che hanno avuto, perché maggiormente colpiti, purtroppo, più decessi, più situazioni gravi... Abbiamo chiuso la Chirurgia per più tempo, le prestazioni ambulatoriali e specialistiche sono state bloccate, è stata chiusa per molto più tempo rispetto ad altre Regioni. C’è tutto un tema da recuperare, anche dal punto di vista della prevenzione, ma stiamo spendendo di più. Quindi, ritorno a un problema di efficienza.

Noi abbiamo fatto diverse proposte di legge. Io ne ripeto un’altra, che è stata tirata fuori dalla maggioranza. Capisco che tutti i progetti di legge portati dalla minoranza devono essere bocciati per partito preso, però con la collega Stragliati abbiamo proposto il tema dello psicologo di base proprio perché dove è stato approvato questo provvedimento ha portato anche dei risparmi di spesa per maggiore appropriatezza. Poi è stato ripreso dalla maggioranza questo tema, questa necessità. Come altre proposte di legge che abbiamo fatto, ma che sono state bocciate, perché, ovviamente, venivano dai banchi dell’opposizione.

Noi vorremmo ritornare a discutere nel merito di quello che ci compete, ossia cercare di efficientare meglio... Quella proposta di diminuire le aziende su Modena l’ho fatta. L’avete fatto in Romagna, l’avete fatto a Parma, a Ferrara, a Reggio. Invece no, lì dobbiamo tenere due aziende, due direttori generali, due direttori sanitari, eccetera. Quindi, ci sarebbero tante piccole… Partendo dalle cose piccole, da tante piccole cose, potremmo risparmiare e impiegheremmo meglio le risorse date.

Allora sì, che se facciamo una seria riforma della sanità emiliano-romagnola, potremmo anche essere con voi, in qualche modo, se le risorse sono insufficienti. Ma prima bisogna fare i compiti a casa.

E oggi non sono stati fatti, in Regione Emilia-Romagna. Grazie per l’attenzione, presidente.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Pelloni.

Consigliera Soncini, prego.

 

SONCINI: Grazie, presidente.

Siamo qui oggi con una proposta politica, sostenuta dal presidente Bonaccini, che ringrazio per l’impegno costante sul tema della salute, bene comune dentro o fuori dalla Regione, sostenuta dal ministro Schillaci, dalle Regioni e dai presidenti di Regione tutti, dai cittadini, che chiedono una sanità pubblica e che hanno firmato anche nella nostra Regione per il progetto di legge alle Camere.

La Commissione che presiedo è stata impegnata in queste settimane per l’approvazione di questo PDL in difesa di una sanità pubblica di qualità per tutti.

La consigliera Zappaterra, relatrice di maggioranza, ha già ottimamente illustrato i temi e il testo del PDL. Obiettivo: portare al 7,5 per cento del PIL il finanziamento annuale del Servizio sanitario nazionale, per il quale già quest’anno (2023) sono necessari ulteriori 4 miliardi, e non gli 0 messi dal Governo Meloni: zero sul 2023. 4 sul 2024 ne chiediamo, 3 ne sono stati messi.

Tra l’altro, Schillaci ha detto che parte delle risorse che vengono congelate per i contratti, giustamente, rimane un miliardo per l’anno prossimo. Non è che la destra può giocare il gioco delle sette carte, perché i numeri non mentono.

Mancano almeno 5 miliardi per la sanità: […] il Servizio sanitario nazionale, mentre un italiano su cinque rinuncia a curarsi a causa dell’aumento dell’inflazione e della conseguente incapacità di spesa di persone e famiglie.

Chiediamo inoltre di superare i vincoli esistenti per le Regioni sulla spesa del personale sanitario e per combattere la grave carenza di medici e infermieri. La risposta del Governo a questo qual è? 700.000 pensioni tagliate a dipendenti pubblici, compresi medici, infermieri, insegnanti. I diritti non si cancellano.

Il risultato di questa scelta scellerata: meno 13.000 infermieri in fuga, a causa del progetto di riforma delle pensioni, anziché reclutare, assumere, pagare meglio medici e infermieri per farli stare nel sistema sanitario pubblico, li fanno fuggire verso il privato, verso l’estero, con i tagli alle pensioni messi a bilancio da questo Governo. I medici e gli infermieri abbandoneranno, se così rimane, il lavoro già a fine 2023. Con il calo delle risorse non si possono fare assunzioni e aumenteranno le liste d’attesa a causa vostra.

Emilia-Romagna, prima Regione in Italia nell’erogazione dei LEA, nella prevenzione collettiva, nella sanità pubblica, nell’assistenza distrettuale e ospedaliera. Lo dice il monitoraggio del Ministero della Salute. Nonostante siano stati cambiati i criteri oggettivi, la classifica è sempre uguale. Il Ministero della Salute. Lo dice il GIMBE. Benissimo. Il personale sanitario è carente in tutta Italia, purtroppo. È carente in altre Regioni: in Veneto, in Lombardia, in Toscana. A pagare, con queste scelte del Governo, saranno tutti i cittadini, specialmente i meno abbienti e i fragili. Chi si prenderà cura di noi, dei nostri cari? Bene. L’Emilia-Romagna, prima in Italia per numero e qualità dei servizi offerti ai cittadini, senza essere la Regione che spende di più. È la relazione della Corte dei conti sui bilanci regionali, che ha messo a confronto la spesa sanitaria pro capite e i risultati raggiunti nel garantire i LEA.

Dati. Il rapporto tra spesa sanitaria e PIL scende: dal 6,6 per cento del 2023 precipita al 6,1 del 2026. Ho già avuto occasione di dirlo in altri momenti. Lo dice l’OMS. Sotto al 6,5 per cento del PIL c’è una riduzione dell’aspettativa di vita delle persone. Questo incide sulla salute e sul benessere delle persone, incide sull’economia, incide sulla società tutta. Il Governo Meloni fa, quindi, una scelta opposta alla Germania, che investe il 9,9 per cento sulla sanità rispetto al PIL e alla Francia (il 9,3).

In Europa sono ben 15 i Paesi che investono più di noi in sanità. Il Governo Meloni fa una scelta opposta a ciò che ci ha insegnato il Covid sull’importanza della resilienza del Sistema sanitario nazionale. Una scelta opposta a ciò che servirebbe a tutti noi, ai nuovi bisogni di salute dei cittadini. Tutto questo avviene in presenza di un’alta inflazione. Non si copre nemmeno l’inflazione. Queste risorse che vengono a mancare corrispondono a minori prestazioni di prevenzione, di cura, di assistenza, minore personale, minori servizi. La Destra preferisce una sanità privata per pochi rispetto a una sanità pubblica e di qualità per tutti. Significa preferire meno diritti rispetto a più diritti.

Le organizzazioni che hanno partecipato all’udienza conoscitiva ‒ ne approfitto per ringraziare l’assessore Donini, sempre presente alle informative e per l’impegno di questi anni molto faticosi ‒ in Commissione hanno confermato che siamo davanti a un bivio. Se non si sceglie di investire nella sanità pubblica, ed è l’opinione unanime espressa da imprese, sindacati, pensionati, medici, infermieri, operatori sanitari, rappresentanti del settore della sanità privata accreditata, cittadini, si aprirà davvero un periodo molto complesso, in particolare per chi è in condizioni di fragilità e ha maggiore bisogno di salute.

È un tema politico, non partitico. La Destra, se non aumenta le risorse, dovrà dire lei ai cittadini quali sono le priorità, cosa garantire e cosa no, quali prestazioni mantenere e quali no. Guardate: c’è un tetto che la Meloni ha toccato nella legge di bilancio. Non è stato quello dei vincoli al personale sanitario che chiedevamo noi; ha toccato il tetto per il privato convenzionato e quello per la farmaceutica. Ripeto: non quello per togliere i limiti all’assunzione del personale sanitario.

Le nostre priorità, quindi, quelle delle Regioni tutte, sono l’aumento del fondo sanitario nazionale, l’eliminazione dei vincoli al tetto del personale sanitario, l’abbattimento delle liste d’attesa, la medicina del territorio, l’attuazione del DM 77, che sono battaglie che confermiamo, che permangono, alla luce dei dati di fatto e dei numeri, di quelle che sono state le scelte nazionali.

In legge di bilancio non c’è un euro per l’attuazione della legge 33 sulla non autosufficienza degli anziani: 3,8 milioni di persone a cui bisogna sommare i 7 milioni di caregiver: si tolgono 400 milioni al fondo nazionale per la disabilità, un colpo mortale al nostro welfare, un taglio odioso, intollerabile, perché inflitto alle persone più deboli e vulnerabili.

Lo dico perché la non autosufficienza è una partita sanitaria, non soltanto sociale, quindi ci sta in questo discorso: viene demolito il welfare, che protegge le persone più deboli della nostra comunità. La destra si dimentica i vulnerabili; viene cancellato il bonus psicologo, meno 25 milioni, e dite a noi? Sono colpiti in particolare i giovani, le persone più fragili: è immorale far cassa su chi soffre. Pochi fondi per la salute mentale, con l’Italia ultima in Europa mentre aumenta la sofferenza mentale: quattro adolescenti su dieci hanno dichiarato di soffrire di una sintomatologia affettiva ansiosa, depressiva.

La salute mentale è un diritto, non un privilegio. Il Governo Meloni quindi sta abbandonando anziani, giovani, caregiver, fa cassa sulla testa delle persone con disabilità, aumenta la spesa per le famiglie con figli, cancella i diritti e taglia le pensioni di chi fa funzionare il sistema sanitario, la scuola, l’Italia. Una parte enorme del nostro sistema di welfare viene ignorato, penalizzando gravemente milioni di famiglie, oggi in difficoltà. Le famiglie, di più per il carovita, l’inflazione, le bollette.

Il Governo a mio avviso non sta gestendo in maniera efficace i conti e le tasche degli italiani sono sempre più vuote.

DM 77. Noi abbiamo sempre detto, qui, in questa Regione in cui abbiamo un 8 per cento sulla domiciliarità, 130 a casa di comunità su 500 in Italia, 32 ospedali di comunità, infermieri di comunità. Ma sappiamo delle difficoltà, lo sappiamo, è sono legate soprattutto alla carenza di personale sanitario, medici, infermieri, OSS. Non si fa nulla con quelle briciole di 250 milioni previsti sul 2024. È previsto un collegato alla legge di bilancio su questo tema. Chissà, avanzerà. No. Sappiamo che è una cosa prevista. Quando ci dite sugli investimenti, sono previsti una revisione e un depotenziamento, un taglio sugli investimenti pubblici in sanità che noi vogliamo fare sulle Case di comunità, sugli ospedali di comunità, su tutta questa partita su cui noi abbiamo sempre lavorato, su cui noi crediamo. In tutto quello che è previsto nella revisione del PNRR ci sono dei tagli, ci sono dei “meno”, non ci sono dei “più”.

Noi, di fronte a questa richiesta di aumentare il personale sanitario per far vivere queste strutture, ovviamente abbiamo avuto una risposta qui in Regione che è stata il commissariamento della Regione, da qualcuno. Che peraltro, ricordo, porterebbe al blocco del turnover del personale, al divieto di effettuare spese non obbligatorie, all’incremento in via automatica delle aliquote fiscali IRAP e IRPEF. E a livello nazionale la risposta qual è stata? Far fuggire medici e infermieri, anziché pagarli meglio, pagarli in modo differenziato, assumerli, organizzare meglio il loro lavoro.

Vi ricordo che qua in Emilia-Romagna non abbiamo solo chiesto più risorse, più personale. Abbiamo anche fatto una riorganizzazione senza risorse economiche aggiuntive. Le riforme si fanno, poi si monitorano, si valutano, si vede se funzionano, i cittadini le giudicheranno. Mi riferisco alle riorganizzazioni sui PS, sui CAU. Abbiamo fatto assunzioni, 18.000 assunzioni. Abbiamo messo risorse aggiuntive sulla sanità dal bilancio libero della Regione. Perché a livello nazionale non fate una proposta per una riorganizzazione del sistema sanitario in modo trasparente, vincolando il privato al resto, se voi pensate che sia la strada giusta? Perché non investite sulla prevenzione, che sempre citate nei vostri interventi? Perché non fate una proposta sulla governance tecnica, politica e istituzionale della sanità, se pensate che sia necessaria? Perché non assumete medici, infermieri, OSS per combattere le liste d’attesa, le rinunce a esami e screening oncologici da parte dei cittadini in tutta Italia?

L’impegno comune dovrebbe essere il più condiviso e largo possibile. Siete ancora in tempo per votare a favore di questo PDL unitariamente, come hanno fatto in Piemonte, e per non scappare dall’aula. Quando qualcuno dice “siamo usciti dall’aula”. No. Sulla salute bene comune dei cittadini si sta in aula, si vota, si esprime il proprio parere. Credo sia giusto così, sia corretto.

Quando ci dite “conteniamo i costi”. Volete contenere i costi sulla ricerca, volete contenere i costi sui farmaci innovativi, volete contenere i costi rispetto alla spesa del Covid, che non potevamo contrarre perché la vita dei cittadini viene prima di tutto, volete contenere le spese energetiche, che sono ineludibili, soprattutto per chi ha una sanità pubblica. Negli ospedali va tenuta accesa la luce, acceso il riscaldamento. Volete chiudere gli occhi di fronte all’aumento dei bisogni di salute, vecchi e nuovi, dei cittadini? Volete chiudere gli occhi rispetto all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle cronicità? Dov’è il contenimento dei costi, che le spese sono in aumento?

Niente. La risposta da parte vostra è colpire la sanità pubblica e demolire il sistema di welfare che protegge i cittadini, le famiglie e le persone che fanno più fatica.

Bene. Anzi, no. C’è una risposta ulteriore. Di fronte a una popolazione che invecchia, quindi i bisogni di salute aumentano, anziché aiutare le nuove nascite, le famiglie e agevolarle, la vostra risposta qual è stata? Aumentare le tasse: dal 5 al 10 per cento aumenta l’IVA sui pannolini, sull’acquisto dei beni dell’infanzia, sul latte in polvere, sui seggiolini per le auto. Essere genitori non è gratis: alla faccia di un Governo che dice di incentivare la natalità e di aiutare le famiglie, in un tempo di inflazione, di carovita e di benzina e di affitti saliti alle stelle.

Bene, non faremo passare sotto silenzio queste scelte gravissimo, perché tutto ciò è immorale e inaccettabile, è un disvalore, e noi crediamo nei valori.

La nostra Regione ha una visione diametralmente opposta rispetto a chi governa il Paese oggi e detiene la maggioranza in Parlamento.

Il Fondo regionale per la non autosufficienza, per la quantità di risorse impegnate, la rete dei servizi, delle professionalità e delle competenze che mette in campo, l’importanza della domiciliarità, l’accesso al mondo del lavoro, l’inclusione sociale delle persone con disabilità definisce un’esperienza capace di distinguersi nel panorama nazionale e di cui rappresenta un unicum: più 28 milioni di euro quest’anno rispetto all’anno scorso (543 milioni in totale).

Abbiamo aumentato il fondo sociale regionale rispetto agli stanziamenti degli anni precedenti. Vi ricordo che all’interno è diventato strutturale il programma dedicato al contrasto alla povertà minorile, educativa, relazionale, il contrasto al fenomeno del ritiro sociale di preadolescenti e adolescenti. Abbiamo aumentato i fondi destinati ai centri per le famiglie, abbiamo potenziato i servizi educativi nella fascia 0-6 con uno stanziamento senza precedenti. Crediamo fermamente dell’idea, come Regione, che una società inclusiva, che sostiene i più fragili e i bisognosi sia una società più forte, più equa e più democratica.

Mentre noi facciamo dei “più” in Regione e aumentiamo le risorse, il Governo fa dei “meno” a livello nazionale, riduce le risorse e aumenta le tasse sui cittadini e le famiglie. Noi siamo per una sanità pubblica, ripeto, e di qualità per tutti, per il diritto alla salute come bene comune. La destra con le sue scelte premia i ricchi – solo loro potranno curarsi adeguatamente – e toglie cure e protezione a povere famiglie.

Ma l’attenzione che noi abbiamo per le fasce più deboli e fragili è sempre stata un nostro tratto distintivo. Noi ci batteremo senza sosta in tutte le sedi opportune affinché continui ad esserlo anche in questi tempi difficili.

Per questo oggi e domani, e finché questo Governo non smetterà di fare opposizione alle famiglie, ai fragili, agli anziani, ai poveri, ai caregiver, ai giovani daremo voce al grido di dolore di chi voce non ha e rischia di restare indietro.

Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Soncini.

Ha chiesto di intervenire il presidente Bonaccini. Prego, presidente.

 

BONACCINI, presidente della Giunta: Grazie, presidente.

Noi oggi approviamo un disegno di legge molto importante, perché affronta le due questioni principali che riguardano il Servizio sanitario nazionale del Paese e che, questo è nel dibattito pubblico, dopo ci verrò all’incontro che i 20 presidenti di Regione, guidati da due anni e mezzo da Massimiliano Fedriga, che non mi risulta iscritto al Partito Democratico o al Centrosinistra, hanno presentato e consegnato con le richieste al Ministro Schillaci circa due mesi fa. Ne abbiamo discusso di recente al Festival delle Regioni a Torino. Segnalo Torino e il Piemonte, e dopo dirò perché. Anche questa Regione non mi pare governata dal Centrosinistra.

I due problemi principali sono le risorse da destinare alla sanità, alla sanità pubblica, e il personale che deve essere assunto per garantire le prestazioni.

Voglio segnalare che sulle risorse i numeri non sono né di Destra né di Sinistra. Si è incaricato ilSole24Ore di dimostrare, qualche mese fa, che 15 Regioni su 20 hanno i conti in rosso. A voi pare che sia un problema di questa o quella Regione o sia un problema strutturale, visto che non era mai successo dal 1970 in poi, cioè da quando ci sono le Regioni a Statuto ordinario?

Noi oggi approviamo questo progetto qui e, insieme, in Toscana. Peraltro, fatemi mandare un abbraccio, un sentimento commosso a nome di tutti, ovviamente, anche da parte mia, ai familiari delle vittime nelle regioni colpite. Ho parlato, ho interloquito sia con Eugenio Giani che con Luca Zaia che con Giovanni Toti, parlo delle tre Regioni, ovviamente con gradualità diverse, tra le più colpite. Sapete che da ieri la Protezione civile dell’Emilia-Romagna, con suoi uomini e mezzi, è là dove il sistema di Protezione civile nazionale ha chiesto di andare, segnatamente in diverse località toscane. Chi meglio di noi sa, di fronte a quello che è accaduto, quanto bisogno di solidarietà e di aiuto dagli altri debba essere sempre garantito, visto il tantissimo aiuto che da tutte le Regioni abbiamo ricevuto di recente.

Approviamo questa legge qui e in Toscana. Credo sia abbastanza naturale che la approvino queste Regioni da offrire al Parlamento, al Governo e all’opinione pubblica. Qui più che altrove, infatti, e lo dice anche chi non ci vota, si è costruita una sanità, in linea col dettato della Costituzione, che l’articolo 32 definisce quello alla salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Spetta alla Repubblica assicurare questo diritto, garantendo anche agli indigenti cure gratuite”. Lo traduco: per noi un povero deve avere lo stesso diritto a essere curato esattamente come un ricco.

Il fatto che il Piemonte abbia appena approvato prima di noi questa legge credo che a qualche consigliere di Centrodestra, che ha usato parole persino quasi di scherno, dovrebbe far riflettere. A meno che non pensiate, e glielo dirò io per conto vostro, al presidente Cirio, che è un irresponsabile: sono le parole che ha usato il consigliere Tagliaferri.

Diremo quindi al presidente Cirio e a tutta la maggioranza di Centrodestra, che ha votato all’unanimità, insieme a quella di Centrosinistra, l’opposizione…

 

(interruzioni)

 

BONACCINI: Non hanno votato? Perfetto. Quindi i vostri alleati al governo del Paese e quelli che stanno guidando la Regione Piemonte insieme a voi sono sciagurati. Diteglielo, vi girate e glielo dite, sono lì presenti i loro rappresentanti.

 

(interruzioni)

 

BONACCINI: Voi siete in Emilia-Romagna e fate parte del Paese anche voi.

Quindi, per il fatto che una Regione guidata dal Centrodestra approvi quella legge, o sono impazziti il presidente, la sua Giunta e la sua maggioranza; oppure forse il problema è molto sentito. Ed è talmente sentito che quando abbiamo incontrato il ministro Schillaci, che sta brillando per assenza nel dibattito pubblico, le Regioni hanno chiesto 4 miliardi di euro entro quest’anno. Sono su tutti i social le interviste del ministro Schillaci che disse “chiedo al mio Governo 4 miliardi di euro”. Segnalo che di quei 4 miliardi, nel 2023 ce ne sono zero: non 3, zero! E se la matematica non è un’opinione, basta aver fatto la quinta elementare, non c’è neanche bisogno della calcolatrice, se la richiesta era 4 quest’anno e 4 quest’altr’anno, cioè otto, 8 meno 3 fa 5: 5 miliardi di euro che mancano e mancheranno alle Regioni italiane. Se riuscite a smentirmi su questo, vuol dire che la matematica non è più un’opinione, e non sto dando giudizi giusto o sbagliato, sto dicendo i numeri, la realtà dei fatti.

Noi abbiamo in questo Paese un numero crescente di persone che è costretto a rivolgersi alla sanità privata per curarsi. Se ne ha la possibilità. Rischiamo che sia il conto corrente in banca a fare la differenza tra chi ha possibilità di curarsi e chi no. In alcuni casi smette di curarsi, come ci dicono le statistiche, perché non se lo può permettere. Oppure è costretto a recarsi in altre regioni per ricevere le prestazioni che, per qualità e quantità, non trova nel territorio in cui vive.

Noi siamo la prima regione italiana. Se fate il rapporto tra chi viene qui a curarsi e chi esce e lo rapportate al numero degli abitanti, siamo così scarsi come sanità pubblica? Io fossi in voi starei attento a usare espressioni che rischiano di rappresentare la nostra sanità come una sanità demolita e tra le peggiori in Italia e in Europa.

Sono tre denunce molto precise che lanciamo da quest’aula. E lo facciamo noi da qui, dall’Emilia-Romagna, dove c’è il servizio sanitario più grande, pubblico, e più performante rispetto al soddisfacimento dei Livelli essenziali di assistenza. A meno che non vogliate dire al Ministero della Salute del Governo Meloni che ha sbagliato tutto pochi mesi fa quando, facendo uscire la classifica che ogni anno pubblica il Ministero e il Governo, qualsiasi Governo, che prende in esame un sacco di parametri, ha messo in testa alle Regioni, per qualità e quantità dei Livelli essenziali di assistenza, la Regione Emilia-Romagna, per l’ennesimo anno consecutivo.

Non basta il Ministero della Sanità? Prendete quello che ha scritto pochi giorni dopo la Fondazione GIMBE. Utilizza tali e altri parametri. Al primo posto per qualità e quantità dei Livelli essenziali di assistenza erogati c’è l’Emilia-Romagna.

Non bastano quelle due? Ho partecipato pochi giorni fa a un dibattito organizzato dal Forum Ambrosetti, che ogni anno pubblica... È ritenuto uno dei più autorevoli istituti privati e autonomi che indicano tutta una serie di parametri, dall’economia al lavoro, alla sanità, alla scuola, eccetera. C’erano un sacco di imprese e di parti sociali presenti. L’indice di mantenimento dello stato di salute nella regione Emilia-Romagna ha questa graduatoria (il punteggio minore è 1, quello maggiore è 10): Emilia-Romagna 8,1, Toscana 7,6, Lombardia 7,1, Friuli-Venezia Giulia 7,1, Umbria e Veneto 7,0.

Mi fermo lì. Se volete contestare anche tutte queste classifiche, fatelo, chiamate il ministero, chiamate la Fondazione GIMBE, chiamate il Forum Ambrosetti e gli dite che stanno sbagliando tutto.

Di fronte a questi numeri, il sottoscritto potrebbe mettersi un fiore all’occhiello, perché veniamo ritenuti la Regione prima per qualità e quantità delle prestazioni sanitarie che offre.

Il problema è che se piove anche qui, figuratevi nel resto del Paese. Io lo so che se fermiamo un emiliano-romagnolo per strada e gli chiediamo se sta migliorando o peggiorando la qualità del servizio sanitario pubblico, anche in Emilia-Romagna dirà che sta peggiorando. È per questo che siamo molto preoccupati. E siamo preoccupati perché le risorse che arrivano sono molto poche, e meno di quelle che servono, e perché manca il personale e non si sta facendo nulla per aumentarlo. Vi chiedo, non nel dibattito di oggi, ma almeno a margine, nei prossimi giorni, di riflettere su questo tema dell’indicizzazione delle pensioni. Guardate che è una questione clamorosa che si vada a colpire i dipendenti del pubblico, a partire da quelli della sanità, che ci stanno dicendo, anche nelle nostre aziende sanitarie, che preferiranno andare in pensione prima, posto che – uso le parole di Luca Zaia, che non mi pare iscritto al PD – “avevamo chiesto al ministro di verificare se fosse possibile, vista la contingenza del dramma dopo la pandemia che sta succedendo”, e visto che anche in Emilia-Romagna, non era mai successo, professionisti se ne stanno andando dal pubblico verso il privato. Chi va in pensione nel pubblico può andare a lavorare nel privato, non può rimanere nel pubblico.

L’abbiamo chiesto a gran voce. Luca Zaia l’ha chiesto nel dibattito, insieme al ministro, dal palco del Festival delle Regioni. Ci aspettavamo una misura in questa manovra, e quella misura non è minimamente prevista, né è all’orizzonte del dibattito pubblico. In un momento di drammatica difficoltà non si capisce perché.

Ecco perché vi dico che si sta favorendo il privato rispetto al pubblico. Su proposta persino di presidenti di Regioni non del PD o del Centrosinistra, ma del Centrodestra, vengono fatte orecchie da mercante. Legittimo, io rispetto sempre le decisioni delle istituzioni, anche quando non le condivido. Ma credo che questa contraddizione la dovremo pure esplicitare, se dite anche voi che manca personale per garantire i servizi di qualità e nella quantità adeguata.

Questa contraddizione che i cittadini ci denunciano, noi vogliamo farla partire proprio da qui, altro che nasconderci. Io voglio ringraziare i tantissimi cittadini che si stanno mobilitando, professionisti, sindacati, sindaci, associazioni. È giusto che questa sensibilità per difendere il sistema sanitario pubblico torni a crescere da qui. Ci sono Regioni dove già da molto tempo la sanità pubblica non riesce più a garantire questo diritto di cittadinanza. Altrimenti non si sposterebbero in numero così forte. Vi dico la verità: ogni volta che escono le classifiche che vi ho detto, tutto sommato ne vado orgoglioso, pur nelle difficoltà. Ogni volta ‒ lo dico da nove anni ‒ che vedo che in classifica siamo la prima Regione, ma fossimo la seconda o la terza non cambierebbe, mi unisco a Lombardia e Veneto... Quando leggiamo che noi siamo le tre Regioni che hanno così tanti cittadini che da altre regioni sono costretti a venire qui a curarsi, io non esulto, perché vorrei vivere in un Paese dove ognuno può curarsi a casa sua o vicino a casa sua.

In molti territori i cittadini non protestano nemmeno più, perché si sono rassegnati a fare diversamente. Magari prendere un treno per andare a curarsi altrove, andare dal privato (ma lo fa solo chi se lo può permettere). Se il quadro è questo, allora la scelta che il Governo ha presentato in Parlamento per il prossimo triennio è totalmente insoddisfacente e sbagliata, perché ci condanna a un aumento dei problemi e ci allontana ulteriormente dal resto dell’Europa e dei Paesi OCSE, che in media viaggiano sempre sotto il 7 per cento della spesa sanitaria sul PIL. Siamo, mi pare, sedicesimi in questo momento. Quest’anno sedicesima l’Unione europea.

Al termine del triennio andremo attorno al 6 per cento. Eravamo al 7.3 nel 2020. Attenti. Non basta dire... Io la capisco la presidente Meloni quando dice, questa mattina, che mai nessun Governo ha messo un tetto così alto al finanziamento sanitario pubblico. Attenti, perché ogni Governo lo ha fatto. Tranne due o tre volte negli ultimi trent’anni, ogni anno il Fondo sanitario nazionale è aumentato e ogni presidente del Consiglio avrebbe potuto dire “sono quello che lo ha aumentato di più”.

Volete i numeri? Parlo da quando sono stato eletto presidente della Conferenza delle Regioni e firmavo gli accordi della Conferenza Stato-Regioni: 2015, 109,7 miliardi di euro, il Fondo sanitario nazionale; 111 nel 2016; 112,6 l’anno successivo; 113,4, 114,5.

Poi siamo saliti, nel 2020, a 120,6 miliardi di euro. Si è chiuso, il triennio della pandemia, a 126 miliardi di euro, prevedendo altri 2 miliardi di euro previsti. Quindi, l’incremento reale nel 2023 del Governo è stato non di 2,9 ma di 900 milioni, perché era già eredità votata in Parlamento dalle manovre del Governo Draghi.

Io sono contento che sia aumentato il fondo sanitario nazionale, però, anche qua, ascoltate, perché ho l’impressione che alcuni di voi non sappiano i numeri. Tra il 2019…

 

(interruzioni)

 

BONACCINI: Io vi sto dicendo i numeri. Li volete contestare? Se li volete contestare, contestateli.

 

(interruzioni)

 

PRESIDENTE (Petitti): Lasciamo finire il Presidente, poi c’è lo spazio per gli interventi.

Prego, presidente.

 

BONACCINI: Nel triennio, da 114 si è andati a 126, quindi sono 12 miliardi di euro in più.

 

(interruzioni)

 

BONACCINI: Non agitatevi, non c’è mica problema.

 

PRESIDENTE (Petitti): Per favore, proviamo a non far polemica.

 

BONACCINI: …forse se ascolta le fa anche bene, ogni tanto, ma non è questo.

Il punto è che 12 miliardi di aumento nel triennio della pandemia sono un aumento di 7 miliardi, tolti quelli che erano già previsti, nei prossimi tre anni.

Bene che sia aumentato il fondo, ma avevamo chiesto tutti molto, molto, ma molto di più, compresi 4 miliardi nel 2023 che mancano e che hanno fatto sobbalzare il presidente del Piemonte, e che stanno facendo, credetemi, protestare anche presidenti di altre Regioni guidate dal Centrodestra, perché ci parliamo tutti tra di noi e siamo tutti molto preoccupati di quello che sta accadendo. Peraltro, il rapporto con il PIL, che è l’unico parametro reale, perché credo che anche qui non serva una laurea in economia per capire che con l’inflazione che era arrivata al 12 per cento, quello che ci è stato dato con la mano destra ci è stato tolto con gli interessi con la sinistra. E attenti. che da qui noi criticammo il Governo Draghi perché sul tema delle spese energetiche dicemmo che aveva fatto un errore, un errore proseguito dal Governo Meloni. Come sapete infatti non sono stati dati i ristori delle bollette per le spese realmente sostenute, ma con un’operazione ‒ ha sbagliato il Governo Draghi, ha sbagliato il Governo Meloni ‒ cervellotica, credo che converrete con me, sono stati dati per numero di abitanti. Siccome la regione Emilia-Romagna ha un quarto delle Case di comunità, a proposito di assistenza territoriale, dell’intero Paese e tutti i sindaci, che siano eletti dal Centrodestra che siano eletti dal Centrosinistra, da liste civiche, hanno chiesto di realizzare nel loro territorio Case di comunità, che chiamavamo fino a poco tempo fa “Case della salute”, voi capite che se molte Regioni non hanno oggi una sola Casa di comunità quelle Regioni non hanno speso nulla di spese energetiche durante la pandemia. A loro sono state date in percentuale le stesse risorse che sono state date a noi, che ne abbiamo quattro volte tanto. Anzi, scusate, ne abbiamo un quarto del Paese. A voi sembra una cosa normale? Sbagliò il Governo Draghi e ha sbagliato il Governo Meloni.

Non ho mai sentito nessuno di voi dire che su questo avevamo ragione. Infatti, chi è stato messo più in difficoltà? Ovviamente le Regioni che hanno più sanità pubblica, a partire da noi e dalla Toscana. Ma anche l’Umbria, che oggi è governata dal Centrodestra, ma che aveva una tradizione di forti servizi sanitari. Se non credete a me, telefonate alla mia collega e amica Donatella Tesei e chiedetele se quello che sto dicendo non è vero rispetto alle difficoltà che l’Umbria sta incontrando in maniera molto, molto concreta.

Se questo è il punto, cioè che le risorse sono poche, le risorse sono poche perché le Regioni ne avevano chieste molte di più. Le risorse che arrivano sono in maniera molto inferiore. Rispetto al tema del PIL, io lo capisco, lo so che il Governo non può avere la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi. Ci mancherebbe. Né penso che possiamo pensare che arriva un Governo e può risolvere tutti i problemi. Ma certamente, nel momento in cui... Mi rendo conto anch’io che il PIL calerà rispetto alle previsioni. Il prossimo anno è stata dimezzata la previsione di crescita del Paese. Addirittura, adesso, non è mica colpa del Governo Meloni, con questa tragedia mediorientale che si aggiunge alla tragedia Ucraina, temo che dal rialzo delle bollette energetiche al rincaro ulteriore dei materiali noi ne vedremo delle belle dal punto di vista inflazionistico e dal punto di vista di quello che succederà sul tema dei mercati.

Per fortuna che sta reggendo qui più che da altre parti il tema dell’Expo. E mi auguro che questo ancora una volta salvi una buona parte dell’economia. Ma stamattina mi sono studiato i dati del terzo trimestre. Cominciamo anche lì, in alcuni settori manifatturieri, ad avere un calo. Segnatamente quello della ceramica e della moda.

Penso che continuare a rivendicare solo come record la cifra di 136 miliardi... Peraltro aggiungendo al Fondo sanitario nazionale altre voci che non c’entrano nulla con quello.

Voi lo sapete che doveva essere rinnovato il contratto per milioni di professionisti. I 2,2 miliardi che erano stati previsti non saranno probabilmente sufficienti. È anche quello un ulteriore problema rispetto al bisogno che c’è, perché non solo va rinnovato il contratto, ma se devo dirvi la mia impressione, e anche la mia proposta, l’ho sempre detto pubblicamente, è che rispetto al taglio del cuneo fiscale avete messo 10 miliardi. Ne serviva il doppio, ma va bene quello che è stato messo.

Io penso che se si devono alzare alcune buste-paga, allora ditelo e fatelo: bisogna partire in primo luogo dai lavoratori e professionisti della sanità pubblica, dagli infermieri e dai medici.

Noi abbiamo un aumento, allora, di un fondo che quest’anno è 128,9, il prossimo 134, 135,4 nel 2025, 135,7 nel 2026. Quindi, l’aumento nominale è di 6,8 miliardi, che su 128,9 di prima corrisponde ad una crescita del 5,3 per cento, quando solo quest’anno il nostro Paese ha già un’infrazione acquisita che è pari al 5,7 per cento, cioè superiore.

Ecco perché, pur con una crescita del PIL molto bassa, stimata per il prossimo triennio, come dicevo, il rapporto tra spesa sanitaria e PIL continuerà a scendere, tant’è che nei prossimi tre anni, e almeno su questo credo che possiamo convenire, se andrà davvero com’è nelle previsioni di bilancio attorno al 6 per cento, guardate che mancheranno ulteriori risorse. Senza risorse non si possono garantire gli stessi servizi, e senza personale sarà ancora più difficile fare l’uno e l’altro. Guardate che la riforma dei cosiddetti CAU dei pronto soccorso è fatta proprio per venire incontro al fatto che non si allunghino le file per quelli che hanno urgenza e bisogno, e si provi attraverso le strutture territoriali, per fortuna che le abbiamo, e questa Regione le ha fatte prima degli altri in Italia, parlo delle Case della salute e delle Case di comunità, che possono diventare, perché molte Regioni purtroppo non le hanno, dei punti di riferimento nel territorio nel quale poter scaricare una parte di problemi evidenti che allungano le file e fanno perdere troppo tempo alle persone, quando abbiamo detto che bisogna andare al pronto soccorso ogni volta che se ne ha bisogno, ma anche starci un tempo congruo e non dover fare la notte

Se le risorse sono poche e mancano i professionisti, le prestazioni saranno meno, le liste d’attesa si allungheranno, la fuga verso il privato, come sta accadendo, accelererà, così come aumenterà la mobilità sanitaria: altro che ridursi!

Questa è la discussione. Il resto è pura propaganda, e con la propaganda noi le persone non le cureremo. La Premier ci ha detto che non basta spendere di più e bisogna spendere anche meglio, e io sono d’accordo. A mia conoscenza, è il Governo stesso a certificare la qualità della spesa. E lo fa non a sentimento, ma pubblicando ogni anno ‒ come vi dicevo ‒ il raggiungimento dei LEA, per cui ci mette i soldi con il fondo. Se anche nell’ultimo anno le prime due Regioni che il Governo, il Ministero indica come le migliori per qualità e quantità che garantiscono sono l’Emilia-Romagna e la Toscana, non vi sembra che stiate usando parole abbastanza iperboliche rispetto alla reale situazione che i cittadini in questa regione trovano o quelli che vengono qui a curarsi, immaginando di trovare un sistema sanitario pubblico che nella storia si era rafforzato e garantisce più qualità delle prestazioni e della cura rispetto ad altri o no?

Se però non bastasse, ci ha pensato la Corte dei conti un mese fa a fare la radiografia della spesa delle Regioni. Sono dati che immagino avrete visto anche voi. In tutte le voci della spesa sanitaria pro capite, dalla sanità territoriale all’assistenza distrettuale dei medici di base, alle cure domiciliari, fino alla qualità dei servizi ospedalieri e alla prevenzione, l’Emilia-Romagna è sempre prima o sul podio. Tradotto: con gli stessi soldi, noi eroghiamo più servizi. Altro che meno servizi. Non è un caso che ogni anno tutti i Governi ci indichino, da anni e anni, come Regione benchmark, cioè riferimento per le altre.

Concludo. Dopo Raffele specificherà anche meglio di me nel corso del dibattito. Noi abbiamo un tema che riguarda l’utilizzo, ad esempio, degli specializzandi. Abbiamo necessità di fare un accordo con le università. Spero che sarete al nostro fianco a chiedere ai Rettori e alle università di liberare una parte di specializzandi per poter ulteriormente rimpinguare il contingente che possa dare, per la parte che è possibile, una risposta ai cittadini, alle famiglie, a coloro che hanno bisogno, in un momento di difficoltà.

Io sono uno tra quelli... E in questo c’è un dibattito anche dentro il mio partito, ci mancherebbe altro, dove non tutti la pensano come me. Torno a lanciare il sasso nello stagno. Noi abbiamo pochi professionisti. Mi è stato detto, da nove anni a questa parte, che rischiamo, per la proposta che dirò, di aumentare i disoccupati. L’impressione che ho è che da tanti anni a noi manchino, invece, molti occupati, se è vero che mancano infermieri e medici. Siccome non si è voluto mettere mano al permettere a chi va in pensione di poter dare una mano, se lo vuole, al pubblico, mentre lo può fare al privato, andatevi a vedere e a studiare i numeri di coloro che andranno in pensione nei prossimi tre anni, nei prossimi cinque anni rispetto a chi potrà entrare. Penso che il numero chiuso alla Facoltà di Medicina andrebbe rivisto. Lo si vuol fare gradualmente? Lo si vuol fare in una accezione, che non è quella che dico io? Almeno discutiamone, perché noi nei prossimi anni avremo un peggioramento del numero di medici e infermieri a disposizione. Per quanto noi stiamo investendo sull’assistenza domiciliare, sulla digitalizzazione del territorio, si investirà sempre più con le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale anche sulla telemedicina. Ma se vengono a mancare gli occhi, il cuore, le mani, la competenza, l’umanità di migliaia e migliaia di professionisti, noi rischiamo che il Sistema sanitario pubblico di questo Paese vada rovinosamente verso un depotenziamento definitivo.

Io, che credo davvero che l’impresa abbia un valore e abbia un valore sociale – perché senza impresa non c’è lavoro, sono le parole che ha usato il Presidente Mattarella all’ultima assemblea di Confindustria nazionale – dico però che il diritto alla salute e il diritto all’istruzione, non cambierò mai idea su questo, lo devono garantire in via prioritaria il pubblico e lo Stato. Il privato convenzionato, anche qui c’è un privato eccellente, ma rimane una quota molto più bassa.

D’altra parte, io rispetto la vostra opinione: sono stati la discussione e il dibattito delle ultime elezioni regionali, dove tutti voi proponevate un altro tipo di modello, quello lombardo, dove il privato è molto, molto, molto più alto di quello che c’è in Emilia-Romagna.

Noi abbiamo un’idea diversa, contestabile, opinabile, ma ci batteremo per difendere quell’idea. E ci batteremo per far cambiare idea al Governo, c’è sempre tempo per poterlo fare, che i fondi che sono stati messi nel fondo sanitario nazionale sono troppo pochi. La mancanza di strumenti e di norme che non sono entrati in legge di bilancio sono la certificazione che questo Governo vuole favorire il privato: altroché, record degli investimenti nella sanità pubblica!

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, presidente.

Consigliera Bondavalli, prego.

 

BONDAVALLI: Grazie, presidente.

Intervengo dopo le parole del presidente Bonaccini, che ringrazio ovviamente per il lavoro, per la determinazione che poi è anche la nostra, nel difendere la sanità pubblica e nel sostenere con tutte le nostre forze la sanità pubblica.

Questa proposta di legge alle Camere oggi arriva a un passaggio fondamentale della discussione e approvazione della nostra Assemblea, e ci arriva dopo un percorso aperto e partecipato in un contesto generale, è stato detto, in cui altre Regioni hanno avviato analoghe iniziative. Veniva richiamato anche poco fa: lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Fedriga, ha espresso anche in apertura del recente Festival delle Regioni di Torino, e lo voglio ricordare, proprio la richiesta allo Stato di assicurare trasferimenti per il Servizio sanitario nazionale più consistenti e adeguati a quelli attuali. Una richiesta, poi, che si è tradotta in una proposta concreta grazie al lavoro costante che l’assessore Donini, nella sua veste di coordinatore delle Regioni in materia di sanità, ha assicurato in questa fase.

Voglio ringraziare anche l’assessore Donini per l’importante lavoro che sta continuando a svolgere.

Oggi siamo dinanzi a un atto di particolare rilevanza. È di particolare rilevanza per le comunità, per le persone, riferendosi alla tutela del principale diritto di cui ognuno di noi è portatore, ovvero quello alla salute.

La proposta di legge alle Camere di cui stiamo discutendo ha un intento strutturale. Si prefigge di definire le condizioni finanziarie minime e necessarie per assicurare al Sistema sanitario nazionale sia gli standard di qualità e la risposta universalistica individuati nella Costituzione sia le caratteristiche di efficacia, capillarità, diffusione, tempestività, proprie dei sistemi sanitari dei grandi Paesi europei.

Evidenzio, nel mio intervento, proprio il concetto di scelta strutturale anche in riferimento al dibattito sul finanziamento pubblico del Servizio sanitario nazionale. La proposta avanzata dal Governo nazionale nell’ambito della predisposizione della legge di bilancio 2024 prevede, sì, un incremento delle risorse per la sanità di 3 miliardi di euro. Questo riguarda il prossimo anno. A fronte, lo diceva molto bene il presidente Bonaccini, di esigenze pari almeno a 4 miliardi, esigenze che valgono anche per quest’anno. Il risultato della proposta del Governo non si traduce ‒ come si vuol far credere ‒ in 3 miliardi in più, ma in 5 miliardi in meno.

Sarebbe sbagliato non riconoscere l’importante passo compiuto, però sarebbe altrettanto sbagliato ‒ e abbiamo sentito, invece, in aula compiere, credo, dal mio punto di vista, questo errore ‒ non affermare che è insufficiente, non solo in termini quantitativi assoluti e perché non risolve l’enorme problema della chiusura dei bilanci della sanità dell’anno in corso, ma anche perché è privo del tratto della strutturalità.

Sappiamo che è indispensabile approdare a una logica di programmazione, senza la quale non vi è alcuna possibilità per le Istituzioni e i responsabili della sanità di uscire dalle incertezze, di uscire dalle criticità che contraddistinguono la quotidianità attuale, che è connotata da problemi importanti, che devono trovare sempre una risposta, come nel caso ‒ mi limito a fare alcuni esempi tra i tanti possibili ‒ della riforma delle emergenze-urgenze, dell’esaurimento delle liste d’attesa.

Sta proprio nell’individuazione definita e nell’incrementare delle risorse messe a disposizione il tratto distintivo di questa proposta di legge che oggi è in discussione.

In assenza di certezze di questo tipo, l’incidere è un po’, permettetemi, quello del navigare a vista, con il rischio di non assicurare la risposta pubblica e universale alla domanda di prevenzione, di cura, di assistenza in termini sanitari, che è presente a chiunque.

Dietro i numeri che sostanziano la reazione al progetto di legge ci sono, non dimentichiamoci, persone, ci sono pazienti, ci sono operatori, e sono proprio questi gli operatori sanitari a rappresentare uno dei capisaldi sia del Servizio sanitario, sia degli obiettivi del progetto di proposta di legge alle Camere.

L’articolo 2, con una modifica al decreto legge n. 60 del 2019, consente di superare i vincoli di spesa puntuali relativi al personale, con l’obiettivo di eliminare condizionamenti che limitino la possibilità per le Regioni di operare coerentemente con la propria programmazione sanitaria. In altri termini, il progetto di proposta di legge alle Camere intende superare i limiti per l’assunzione del personale in sanità. Lo stesso articolo inoltre valorizza il ruolo delle Regioni, che in base alla modifica proposta concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, e in questo quadro assicurano il governo della spesa del personale in funzione delle esigenze e di garantire l’equilibrio economico.

Allora occorre invertire la rotta. Lo abbiamo detto più volte, anche nel corso del dibattito oggi, ma anche nel dibattito che ha preceduto l’aula, odierno. Occorre agire come gli altri grandi Paesi europei, come Francia e come in Germania, ad esempio, rendendo disponibili risorse finanziarie in misura adeguata, e dando una prospettiva reale, di realizzazione professionale ai tanti giovani che seguono i percorsi universitari nel campo delle professioni sanitarie.

Questo progetto di legge indica una via pienamente funzionale al perseguimento di questi obiettivi, quindi ritengo vada davvero convintamente sostenuta a maggior ragione se pensiamo che per la prima volta oggi i tre quarti delle Regioni presentano disavanzi nel proprio bilancio sanitario. E allora questa proposta è assolutamente attuale, a differenza di quanto ho sentito in quest’aula, e trova la propria motivazione anche nel riscontro dei rilevanti incrementi della spesa registrati su più fronti, alcuni Comuni ed altri comparti, come ad esempio l’andamento inflattivo generale, ovvero l’aumento dei costi energetici, altri proprio caratteristici della sanità, come nel caso dei farmaci innovativi.

D’altro canto, questo articolato riflette il documento che tutte le Regioni hanno consegnato al ministro Schillaci, perché senza la certezza di risorse pluriennali non si può fare una programmazione adeguata.

E allora non è una battaglia soltanto della nostra Regione. Come dicevo in premessa, la nostra è la strada lungo la quale si sono disposte anche altre Regioni, alcune importanti realtà del nord Italia, che sono connotate di elevati standard qualitativi nell’offerta del servizio pubblico. È stato detto il caso del Piemonte, che ha approvato il 31 ottobre scorso, quindi sette giorni fa, una legge identica a questo progetto di legge alle Camere.

L’assessore alla sanità della Regione Piemonte, nel suo intervento in aula (è leghista), ha ricordato che il testo è stato condiviso in Conferenza delle Regioni e il relatore di maggioranza, egualmente esponente della Lega, ha sottolineato che il ragionamento che sottende alla legge è la crescita tendenziale delle richieste di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, a fronte di un servizio sottofinanziato e ancora in affanno per la necessità di coprire i costi derivanti dalle spese sostenute in pandemia. Da qui ‒ ha detto ‒ l’esigenza di destinare maggiori risorse alla sanità per garantire a tutti il diritto alla salute.

Il progetto di legge del Consiglio regionale del Piemonte è stato approvato. È stato approvato evidenziando un larghissimo consenso a una proposta che reputiamo di buonsenso e soprattutto di giustizia. Buonsenso e giustizia che, evidentemente, sono presenti nelle tantissime persone, semplici cittadini, associazioni, operatori sanitari, che hanno voluto firmare in queste settimane il nostro progetto, affiancando la nostra Regione in questa battaglia, con un impegno spontaneo, diffuso e corale, che davvero dovremmo tutti ringraziare.

Credo, dunque, sia necessario fare in modo che quest’aula assicuri un convinto sostegno al progetto di proposta di legge alle Camere, dimostrando unità, dimostrando unità e sintonia con una chiara volontà che viene dai cittadini dell’Emilia-Romagna. Per la nostra Regione la sanità pubblica era, è e sarà una priorità assoluta. Vorremmo che lo fosse anche per il Governo e per tutto il Paese.

Grazie davvero per il lavoro che è stato fatto. Ne approfitto anche per ringraziare la relatrice di maggioranza, la presidente Zappaterra.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Bondavalli.

Consigliera Castaldini, prego.

 

CASTALDINI: Grazie, presidente.

Mi spiace non poter parlare alla presenza del presidente Bonaccini. Capisco benissimo la vita di un presidente di Regione. Non era un richiamo alla non presenza in aula. In realtà, ha riportato la discussione su un equilibrio decisamente diverso. Questo appello così forte alle Destre mi colpisce sempre molto. Mi chiedo perché, così rifletto anche insieme all’assessore Donini, immagino, questo dibattito fino adesso non sia stato particolarmente interessante, e io, temo, non contribuirò particolarmente ad aggiungere elementi significativi.

Temo che tutto questo derivi dal contenuto alquanto scarno di questa legge, e anche dalla soluzione che porta. Dico questo, e provo a fare un ragionamento anche rispetto alle tante sollecitazioni che ci sono state in quest’aula e durante il lavoro in Commissione, che ho seguito e ho cercato di seguire in maniera seria e approfondita. Anzi, dirò di più: ho provato, proprio per esprimere un certo interessamento nei confronti di una legge di proposta della Giunta a migliorare anche con due emendamenti che chiaramente non ripresento, per non dover sentire anche le motivazioni che ho avuto modo di ascoltare, perché totalmente, io credo, fuori contesto.

Io però ho cercato di interpretare la buona volontà dell’opposizione, provando almeno a condurre su un binario interessante questa discussione. Siamo arrivati però ormai al capolinea di un iter molto faticoso, io temo superfluo, di una proposta di legge che la Giunta ha fatto all’Assemblea, dove temo che il ruolo dell’Assemblea sia praticamente nullo, e che l’Assemblea, se oggi verrà approvata, farà alle Camere. Se verrà approvata, diventerà una linea di indirizzo sulla quale costruire la prossima finanziaria, e la finanziaria che si sta discutendo.

Lo stesso testo è anche una proposta di legge di iniziativa popolare, nel completo caos di tutti i livelli in cui viene fatta lavorare un’Assemblea regionale che ha certe competenze, che ha un lavoro e un tempo da rispettare, per presentare una legge che avrebbero dovuto presentare parlamentari, perché questo è il compito che hanno; oppure, semplicemente una proposta che i presidenti di Regione, io credo giustamente, facciano: finanziare la sanità, che è uno dei temi per me più importanti insieme all’educazione. È per questo che io non prenderò parte al voto di questa legge. Noi, o almeno io, pensavamo di poter fare un passo in più rispetto alla discussione che è necessario che ci debba essere, guardando con attenzione la sanità regionale, e guardando con attenzione anche il lavoro pieno di fatiche che l’assessore Donini si è trovato fra le mani, con un’eredità e un lascito molto impegnativi. Onestamente, io temo che a noi non convinca particolarmente il voto del Piemonte, perché anche se è evidente, eclatante e chiede più o meno le stesse cose, almeno per quanto mi riguarda, chiedo al Governo l’attenzione assoluta alla sanità. Il punto che dovrebbe interessare l’Assemblea legislativa è che la situazione della Regione Piemonte è nettamente diversa dalla situazione sanitaria della Regione Emilia-Romagna. Almeno un baluardo di preoccupazione, di proposte, di ipotesi, di traiettorie di cammino nella discussione. Ci sta che nella legge presentata da voi non ci siano, ma almeno nelle Commissioni ci fosse la possibilità di approfondire qualche tema. Qual è il tema? Anche il tema culturale, che voi ci proponete sempre, che può sembrare interessante, anzi può avere anche qualche interesse dal punto di vista mediatico... Anche il nostro presidente, alzo la testa, sempre un po’ smarrito. L’idea che le Destre vogliano privatizzare il sistema sanitario. Rimango sempre un po’ colpita da questa frase.

Consigliera Evangelisti, io purtroppo non guardo particolarmente l’agenda di Giorgia Meloni, perché non è il mio riferimento, però io questa mattina sono rimasta estasiata dall’agenda del nostro presidente, del presidente Bonaccini. Non so se abbiate avuto modo di vedere non solo il contenuto di quell’agenda. Io sono rimasta colpita dalla calligrafia perfetta, che denota una postura incredibile. Vi racconto quali sono gli appuntamenti del nostro presidente: alle ore 14,30 c’è un’Assemblea legislativa dove si approva il DL Sanità, e lui se l’è appuntato, perché è molto importante; poi c’è un’iniziativa del PD il giorno successivo. Poi io sono rimasta molto colpita. Venerdì 10 lui sarà presente sempre per la questione del convegno sulla difesa della sanità pubblica. Giovedì 9, alle ore 18,30, inaugurazione di un centro medico splendido. Splendido. Ve lo faccio vedere. È un centro medico che sorge nell’ex Sabiem ‒ è veramente bellissimo, dal punto di vista anche estetico; la bellezza aiuta anche a curare la persona ‒ dove, sostanzialmente, ci saranno 65 specialisti privati in 22 branche mediche, delle quali figure di spicco del panorama medico cittadino, un punto prelievo per analisi di laboratorio, una Radiologia, nuovi laboratori, Ginecologia, Urologia, Oculistica. Onestamente, in questo caso festeggio. Molto probabilmente... Spero che questa struttura venga accreditata e che quei cittadini, che voi raccontate a noi, diciamo di andare lì... Giustamente, c’è un’inaugurazione in pompa magna. Mi dispiace che non ci sia Donini. Ma che addirittura il presidente Bonaccini abbia scelto di andare lì per dire “evviva, questa è la sanità che io guardo con attenzione”... Ed è giusto. Però almeno, scusate, non veniteci a dire quello che noi non siamo, perché il dramma è che noi raccontiamo che essendoci circa sei mesi, un anno, un anno e mezzo di liste d’attesa… Attenzione: quando si dice che le aziende sono chiuse a me non scandalizza; semplicemente, le aziende chiuse non fanno registrare quel dato.

Allora ci credo che noi siamo primi adesso. Se mia figlia non mi porta la pagella, non mi porta i voti, per me è sempre prima, ed è sempre la migliore. Non raccontate a noi, allora, che siamo noi a costringere i cittadini ad andare nel privato. Noi diciamo semplicemente che ci deve essere un rapporto, all’altezza, e che il pubblico deve controllarlo, il privato, eccome! E deve garantirne la qualità, eccome! Ma facciamo un passo in più, siamo ancora più progressisti, cioè diciamo che anche i poveri hanno diritto ad andare lì, alle 18.30, ad inaugurare quella struttura, anche chi è povero ha diritto ad andare, perché è in convenzione con il pubblico che dà un servizio pubblico, e non mi scandalizza. Però non scherziamo. Non scherziamo, perché noi siamo i primi a difendere quello che abbiamo fra le mani, e ce l’abbiamo in maniera salda, e lo guardiamo con enorme attenzione: sono la qualità, l’eccellenza di una sanità che non racconteremo più fra due anni. Non la racconteremo più fra due anni. Raccontiamo altre cose. Raccontiamo un modello che vorremmo immaginare in questa regione. Perché c’è un punto: chi dice “Dio” fa bene, perché almeno proviamo ad avere un respiro, sentivo qualcuno che si lamentava in aula.

Andiamo avanti, perché quello che preoccupa, a differenza evidentemente dei nostri colleghi, anche del dibattito che vorremmo fare, è il buco che non ripeterò, perché sennò l’annoio, assessore Donini, e lo capisco. Ci è stato detto in tanti casi che questo buco verrà ripianato, e che, com’è successo sempre, tutti gli anni, e che questo buco non preoccupa voi, io lo spero, perché sono l’unica che ha sempre detto e dichiarato in tutte le conferenze-stampa, in tutte le Commissioni che io non spero, non spero affatto che questa Regione venga commissariata, perché so benissimo quali sono i tagli che verranno fatti, qual è la sofferenza che porterà al commissariamento di una Regione come quella dell’Emilia-Romagna, dove tutti si abbeverano. Però, scusate: possiamo prendere atto che nel 2013, quando non esisteva Donini – esisteva politicamente, ma non seduto in questa Regione – la Regione ha contratto un debito con lo Stato per fatture che non erano in grado di pagare, del 2012 e del 2011? Un debito da restituire in 30 anni, che stiamo ancora pagando.

E la lezione del 2013 non ci ha aiutato in niente a capire, a proiettarci nel futuro. Poi, anche tutto il tema che voi avete sottolineato, che mi sembra interessante, quello delle liste d’attesa, che saranno recuperate. Mi è sempre stato detto così. Devono essere recuperate. Questa notizia mi ha colto di sorpresa, perché a fine gennaio 2022, tutte le volte che chiedevo lumi sulle liste d’attesa troppo lunghe e che rendevano le prestazioni inaccessibili, come ha sottolineato la collega Zappaterra poco fa, l’assessore mi ha sempre detto che le liste d’attesa erano state recuperate. Dopo due anni, invece, ci troviamo a dover trattare con sufficienza 3 miliardi che il Governo assegna alla sanità, perché serviranno per recuperare le liste d’attesa. Come se le liste d’attesa non fossero anche create da un tipo di organizzazione o da una politica regionale che forse è giusto rivedere.

Se questa legge, che è stata votata dai colleghi di altre Regioni, chiede più soldi, io posso comprenderlo. Questa richiesta la guardo come un figlio che chiede più soldi. Avrò diritto, in un’Assemblea legislativa... Perché io così intendo la sanità pubblica, come un figlio che chiede più soldi e ha diritto a chiedere più soldi. Avrò il diritto, almeno d’opposizione, a dire: scusate, mi raccontate qual è la vostra traiettoria fino al 2025? Come avete intenzione di recuperare un debito impegnativo, imponente, che sarà l’eredità di chi andrà a governare questa Regione? Più soldi. Più soldi. Va bene, più soldi. Ditemi come. Fate in modo che in questa discussione io possa sapere come vengono spesi, qual è la riforma che viene fatta.

Seconda questione. Il personale. Scusate, ma chi non è d’accordo ad assumere più medici? Sottoscrivo in pieno la proposta del presidente Bonaccini. Da sempre. La questione dei pensionati che possono rientrare nel pubblico. Volesse Dio. Ho la sensazione che non siano i partiti ad opporsi o la politica ad opporsi, ma qualcun altro. E lo vedremo nelle prossime settimane.

Secondo punto. Il personale. Chi non è d’accordo ad assumere più medici? Già oggi i bandi vanno deserti. Non so se ve ne siete accorti. E non si ha la forza di trattenere medici e infermieri. Come si può pensare che questo possa bastare? C’è un motivo più profondo. Ci sono stati problemi che non sono stati ascoltati per dieci anni e medici che continueranno a non essere ascoltati.

Poi arriviamo alla copertura finanziaria che è contenuta in questa legge, con un vaghissimo contrasto all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva. Una riga, nove parole. Valgono per voi 20 miliardi all’anno. Immagino se facessi io la stessa cosa durante la discussione al bilancio. Succederebbe di tutto. Di tutto.

Ultima cosa. Scusate. La mobilità passiva. Io temo che, in base a chi ne parla, è croce o delizia. Per la collega Zappaterra una mobilità passiva porta ad avere debito, perché le DGR non coprono l’intero costo della prestazione. Per l’assessore Donini la mobilità passiva copre i debiti perché così giustificava il pareggio di bilancio del Rizzoli di Bologna, me lo ricordo bene, avendo tantissima mobilità passiva. Le stesse DGR sono il metro per il pagamento delle prestazioni che la Regione esternalizza alla sanità privata, la quale riesce – e da qui risottolineo il mio favore anche per il sostegno del privato al pubblico – a stare dentro i costi rimborsati dalla Regione, dando un servizio che la stessa Regione, accreditando e convenzionando le strutture, reputa di qualità.

Io spero che da oggi, una volta votato questo progetto di legge, si torni a parlare dei contenuti che riguardano la Regione Emilia-Romagna. Ribadisco che nella consapevolezza dell’importanza e del lavoro, credo, che almeno il mio partito fa, al Governo per avere un’attenzione particolare su un tema come questo, io ho scelto di non partecipare al voto di questo progetto di legge ma, come spero di aver dimostrato, ho partecipato a tutti i passaggi, anche contribuendo alla discussione, anche provando a migliorare un progetto di legge che sin dall’inizio non mi aveva convinto.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Castaldini.

Ora passo la parola al consigliere Gerace, e colgo anche l’occasione per ricordare, come già annunciato ai sensi dell’articolo 68 del Regolamento interno, che si è costituito da alcuni giorni anche un nuovo Gruppo assembleare, denominato “Italia Viva-Il centro-Renew Europe”.

Prego, consigliere Gerace.

 

GERACE: Grazie, presidente.

 

(interruzione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Prego.

Un attimo, consigliere Gerace.

Consigliera Evangelisti, prego.

 

EVANGELISTI: Chiedo scusa al consigliere Gerace, ma non riuscivo a prenotarmi.

Sull’ordine dei lavori, vorrei chiedere un chiarimento: in Capigruppo si è dibattuto tra oltranza, non oltranza, discussione, esaurimento del progetto di legge. Avevamo trovato una mediazione, avevamo deciso di contenere gli interventi. Abbiamo ascoltato con tutto il rispetto, gli interventi, alcuni più contenuti, alcuni, non voglio entrare nel merito, pertinenti, altri potevano forse essere contenuti.

È arrivato il presidente Bonaccini, giustamente è intervenuto, ha sforato le tempistiche. Noi avevamo detto un quarto d’ora, venti minuti, mezz’ora, però a questo punto se decidiamo di esaurire oltre le 18 il progetto di legge, votiamo l’oltranza. Chi ha chiesto in Capigruppo di votare l’oltranza, la votiamo e proseguiamo. Così è chiaro, però, che il progetto di legge necessariamente doveva essere votato oggi, come è stato detto, che però in Capigruppo eravamo rimasti d’accordo in un altro modo. Ora sono le ore 18 e l’oltranza non l’avevamo stabilita in questi termini. Anzi, non avevamo stabilito l’oltranza. Avevamo stabilito di contenere gli interventi, di sforare, però non l’oltranza. Un quarto d’ora, venti minuti, mezz’ora, con la collaborazione di tutti, che oggi non c’è stata, compresa quella del presidente.

 

PRESIDENTE (Petitti): Noi avevamo discusso in Capigruppo ‒ si ricorderanno tutti i Capigruppo presenti ‒ ed eravamo arrivati a un punto comune, che poi è stato riportato anche nella convocazione che avete ricevuto tutti, cioè che l’aula si sarebbe conclusa e comunque saremmo arrivati fino alla conclusione del progetto di legge alle Camere, oggetto 7254, quello che stiamo discutendo. Non è un’oltranza e non possiamo votare in Assemblea l’oltranza. Si fa affidamento su quanto deciso in Capigruppo, che oggi l’aula si concluderà con la conclusione, appunto, del progetto di legge in oggetto.

Direi di attenerci a questo. È evidente che spetta a tutti il contenimento dei tempi negli interventi. Io ho ancora sei interventi di tutti i Gruppi. È ovvio che dipende dai consiglieri. Da Regolamento avete venti minuti. Se utilizziamo meno tempo, faremo prima. Questa è la decisione che abbiamo preso e concordato nella scorsa Capigruppo.

Consigliere Gerace, prego.

A questo punto, andiamo con l’intervento. Prego.

 

GERACE: Grazie, presidente.

Cercherò di essere più breve possibile, di guadagnare un po’ di tempo.

Permettetemi di ringraziare il presidente Stefano Bonaccini, di esprimere la mia gratitudine all’assessore regionale alla salute, Raffaele Donini, per aver proposto questo progetto di legge. Ringrazio anche i relatori, che hanno seguito i lavori in Commissione. È abbastanza raro che la nostra Assemblea affronti i progetti di proposta di legge alle Camere. La potestà legislativa che caratterizza il nostro consesso si manifesta ordinariamente verso l’esercizio diretto delle competenze regionali. Questo progetto non solo mira a garantire, ma anche a rafforzare il diritto alla salute come sancito dalla nostra Costituzione. Dal 1° gennaio 1948, l’articolo 32 della Costituzione italiana ha stabilito che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure agli indigenti. Questo è il risultato di un lungo processo costruitosi nel tempo, dal quale è nata una grande legge, una delle grandi riforme degli anni Settanta, la legge n. 883/1978, frutto dell’impegno di figure esemplari della nostra storia, madri e padri della Repubblica, come Tina Anselmi e Aldo Aniasi.

La legge n. 883/1978 ha istituito il Servizio sanitario nazionale, ha delineato gli obiettivi e gli aspetti organizzativi del nostro sistema sanitario, ha affermato i princìpi di universalità, uguaglianza ed equità. Questi princìpi sono essenziali per garantire che ogni cittadino abbia accesso ai servizi sanitari di cui ha bisogno, indipendentemente dalle condizioni individuali o sociali.

Il Sistema sanitario nazionale è stato concepito come un sistema integrato che coinvolge lo Stato, le Regioni, gli enti locali territoriali, con la partecipazione attiva dei cittadini. Non voglio annoiarvi in questo mio intervento con statistiche, dati e cifre. Sappiamo tutti quanto siano importanti. Voglio invece parlarvi di una visione, di una sfida, di una soluzione, di una visione che possa garantire a tutti noi e alle nostre generazioni future una sanità di qualità, efficiente ed accessibile, che non può prescindere da un adeguato finanziamento; una sfida che richiede l’impegno di tutti i soggetti coinvolti, politici, medici, operatori sanitari, i cittadini.

Oggi più che mai il diritto alla salute non è solo un diritto individuale, ma anche un diritto collettivo che mira a tutelare la salute dell’intera comunità. L’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia ci ha dimostrato tutto questo. Tuttavia, ci troviamo di fronte a sfide significative.

La nostra popolazione sta invecchiando rapidamente e un numero sempre maggiore di anziani richiede cure ed assistenza. Allo stesso tempo, assistiamo a una diminuzione delle nascite e della popolazione attiva.

Questo andamento demografico richiede un’attenta e particolare azione, richiede di adattare i servizi sanitari e sociosanitari alle esigenze di una popolazione sempre più fragile, destinata a vivere in solitudine.

Secondo i dati ISTAT, l’indice di vecchiaia è in aumento. Il numero di anziani sopra i 75 anni sta crescendo in modo significativo. Questo scenario richiede una ristrutturazione radicale e un’innovazione del nostro sistema sanitario per garantire prestazioni efficienti e di qualità. Di conseguenza, sono necessari investimenti significativi del settore sanitario. La spesa sanitaria in Italia è al di sotto della media europea, e questo sta contribuendo ad aumentare le disuguaglianze sociali del nostro Paese.

Molte famiglie sono costrette a rinunciare alle cure a causa delle liste d’attesa o delle difficoltà economiche che hanno. Questa situazione non è accettabile in una società avanzata come la nostra, e dobbiamo agire con urgenza per migliorare l’accesso universale ai servizi sanitari.

La pandemia da Covid-19 ha messo in evidenza la necessità di investimenti significativi nel nostro sistema sanitario. Grazie agli investimenti del PNRR stiamo cercando di rafforzare la nostra economia, rendere il nostro Paese più coeso e modernizzare il nostro sistema sanitario.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, insieme al NextGenerationEU e altri programmi rappresentano un passo nella giusta direzione, ma da soli non sono sufficienti. Dobbiamo fare di più. Dobbiamo fare di più per garantire un accesso universale ai servizi sanitari e sociosanitari. È fondamentale che pianifichiamo a lungo termine e forniamo risorse finanziarie stabili ed adeguate. La sostenibilità economica dei bilanci sanitari delle Regioni è a rischio a causa di finanziamenti non sufficienti. È necessario aumentare il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per avvicinarlo alla media europea.

Inoltre, dobbiamo investire nella prevenzione e nella gestione delle future emergenze sanitarie. La richiesta è semplice: incrementare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, dare parametri certi per lo stanziamento annuo, non andare al di sotto del 7,5 per cento del PIL nazionale, sapendo bene che oggi è nettamente al di sotto.

Voglio fare una richiesta semplice e anche corale, perché, come dicevo, condivisa da moltissime parti. Ricordo i pareri manifesti nel corso dell’udienza conoscitiva su questo oggetto, che hanno trovato un sostanziale consenso da parte di tutte le organizzazioni sindacali di settore, come anche delle organizzazioni del settore privato. Voglio sottolineare questo aspetto perché comunque nella nostra Regione si è sviluppato un rapporto di collaborazione tra il sistema pubblico e le strutture private convenzionate, che si è rilevato particolarmente importante nelle fasi più dure della pandemia, nella ricerca di soluzioni per fronteggiare gli esiti organizzativi che ancora perdurano, quali la gestione delle liste d’attesa, gli interventi di bassa intensità e complessità chirurgica. Tra i soggetti che hanno garantito e stanno garantendo ancora c’è il mondo della sanità convenzionata.

Perché dovremmo investire sulla sanità? La sanità non è una spesa. È una risorsa. Una risorsa che genera occupazione, innovazione e sviluppo. Una risorsa che protegge la vita, la salute e il benessere delle persone. Una risorsa che contribuisce alla crescita economica e sociale del nostro Paese. Non possiamo permetterci di rinunciare alla sanità. Non possiamo permetterci di lasciare il sistema sanitario al suo destino, senza una visione strategica e a lungo termine. Non possiamo permettere di ignorare le emergenze sanitarie che si presentano o che potrebbero presentarsi in futuro.

Di fatto, lo stato attuale del Servizio sanitario nazionale non sarebbe pronto a sostenere una eventuale nuova emergenza. Ecco perché sosteniamo con forza questa proposta di legge, volta a finanziare meglio il sistema sanitario, una proposta che serve per mantenere attivi i tre pilastri fondamentali della sanità: prevenzione, cura e innovazione.

La prevenzione è fondamentale perché è meglio prevenire che curare. Prevedere significa ridurre i rischi per la salute, promuovere stili di vita sani, anticipare le diagnosi ed evitare le complicazioni. Prevenire significa anche risparmiare risorse economiche ed umane, evitando interventi più costosi ed invasivi.

La cura è un diritto, ma è anche un dovere. Curare significa garantire a tutti i cittadini l’accesso alle prestazioni sanitarie necessarie, senza discriminazioni né disuguaglianze. Curare significa anche valorizzare il ruolo dei medici, degli operatori sanitari, migliorando le loro condizioni di lavoro, di formazione e di retribuzione.

L’innovazione è una sfida ed è un’opportunità. Innovare significa sfruttare le potenzialità della scienza e della tecnologia per migliorare la qualità, l’efficacia delle cure. Innovare significa anche adeguarsi ai cambiamenti demografici, sociali ed epidemiologici che caratterizzano e caratterizzeranno il nostro tempo.

Per realizzare questi obiettivi abbiamo bisogno di più risorse economiche da destinare al sistema sanitario. Queste risorse non devono essere viste come uno spreco o un peso, ma come un investimento sul nostro futuro, devono essere gestite con criteri e trasparenza, evitando sprechi e inefficienze. Devono essere distribuite in modo equo ed equilibrato tra le diverse aree del Paese e tra i diversi livelli di assistenza.

Vi chiedo quindi, colleghi, di poter sostenere questa proposta, aumentare la quota del PIL destinata alla sanità, portandola al livello medio dei Paesi europei. Ritengo questo progetto di legge importante, perché garantire il futuro, il diritto fondamentale alla salute per tutti i cittadini è fondamentale. Dobbiamo agire con determinazione per affrontare le sfide che il nostro sistema sanitario sta affrontando.

Solo così potremo assicurare un futuro migliore per tutti i cittadini italiani e garantire che nessuno sia lasciato indietro quando si tratta di cure mediche. Oltre al finanziamento, che è un elemento imprescindibile affinché si possa parlare di futuro in una sanità pubblica e universalistica, occorre aprire una serie riflessione anche a livello regionale, sul ruolo dei medici, ed in particolare sul ruolo dei medici di medicina generale, che va ripensato attraverso un confronto diretto, valutando al meglio le loro proposte.

Siamo convinti. Sicuramente il medico non può stare da solo, dovrà essere supportato da una medicina digitale. Occorre capire che non si può dividere la sanità o farla a pezzetti, a compartimenti stagni, unire la medicina ospedaliera con quella territoriale, fare del medico di base il primario del territorio. Se il paziente ha bisogno di una visita specialistica, non deve cercare in autonomia dove andare a curarsi. Occorre che il medico di base possa programmare e accompagnare il paziente, per comporre una nuova cartella clinica territoriale. Quindi, un lavoro di équipe con il medico di base, che è al centro, è una soluzione giusta.

Da ultimo, questo progetto di proposta di legge alle Camere, nella sua cristallina coerenza con il disposto costituzionale, mi sembra rappresenti un esempio di come si possa far convivere la programmazione decentrata con l’unitarietà del sistema nazionale, regionalismo nelle soluzioni e uniformità nei diritti. E anche per questo la risposta che almeno la nostra Assemblea dovrebbe dare deve essere improntata ad un chiaro sostegno.

Vi ringrazio per l’attenzione e vi invito a riflettere su questa constatazione: la sanità non è un argomento di Sinistra o di Destra, è un mezzo fondamentale per le cure e la prevenzione di tutti quanti, una volta tanto senza se e senza ma. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Gerace.

Consigliere Mastacchi, prego.

 

MASTACCHI: Grazie, presidente.

Io chiederei, se è possibile, di intervenire anche sull’ordine dei lavori. Quindi, per evitare che il tempo mi venga eventualmente sottratto, se posso dire due cose sull’ordine dei lavori.

 

PRESIDENTE (Petitti): Prego.

 

MASTACCHI: Grazie.

Anch’io volevo riprendere l’intervento della collega Evangelisti proprio perché, rispetto a quello che è successo in Capigruppo, le cose stanno andando molto, molto diversamente. Lei ricorderà, presidente, che nel mio intervento avevo detto che sicuramente, visto l’ordine del giorno, con la quantità di interventi che ci sarebbero stati, non avremmo finito per le 17,30, e molto probabilmente neanche nei 20-30 minuti che lei aveva ipotizzato. Adesso noi siamo in una situazione dove ci sono ancora tre interventi, il mio, più altri due in coda, mi aspetto chiaramente che ci sia anche una replica dell’assessore, poi ci sarà tutto il tema degli ordini del giorno e la votazione, quindi è un lavoro che va un po’ per le lunghe. Quindi, io chiederei quantomeno, la prossima volta, di chiamare le cose con il loro nome. Se abbiamo bisogno di un’oltranza, chiamiamola oltranza in Capigruppo e votiamo su quella. Non “prendiamoci in giro” dicendo “ci dilungheremo qualche minuto”, quando invece sappiamo bene che finiremo a un orario molto avanzato.

Termina qui il mio intervento sull’ordine dei lavori e prendo la parola, se è possibile, da questo momento, invece, sull’oggetto. Grazie.

Sapete che normalmente ho sempre un approccio molto pragmatico, molto concreto, cerco sempre di stare più sulle cose che non sulle polemiche politiche o sulle contrapposizioni. Questa volta, però, inevitabilmente, visti l’approccio e le modalità di lavoro, sarà costretto a scendere un po’ su questo terreno, perché ho sentito delle parole che mi sembra vogliano ribaltare la situazione. Da parte di alcuni rappresentanti della maggioranza ho sentito parlare di smantellamento della sanità pubblica. Se io riavvolgo il nastro degli interventi che sono stati fatti da noi qualche anno fa, quando io all’epoca ero sindaco, sono stato anche presidente di un distretto socio-sanitario, ricordo che quando si parlava di tagli alla sanità si diceva che erano riorganizzazioni e non tagli alla sanità. Oggi vedo questo approccio esattamente ribaltato solo perché c’è stato un cambio di guardia fra la Regione e il Governo.

Le criticità del Sistema sanitario sono varie e ci sarebbe da parlare non per venti minuti a consigliere, ma credo che si possa parlare per ore, anche se in molti casi i temi si sovrappongono, ognuno di noi li approccia con una modalità diversa, ma alla fine le cose da fare sono quelle. Abbiamo la mancanza di una medicina del territorio, e qui si è espresso molto bene chi mi ha preceduto, le grandi disuguaglianze fra le regioni, la carenza del personale, soprattutto delle figure mediche.

Il tema della salute a mio avviso va ridisegnato a 360 gradi. Bisogna fare in modo che i pronto soccorso siano decongestionati. Qui adesso abbiamo la sperimentazione in corso dei CAU. Sembra che i primi segnali siano positivi, però è un po’ presto per dirlo. Anche perché, come ho avuto occasione di dire molte volte all’assessore Donini, i CAU sulla carta sono un’ottima soluzione, ma poi se torniamo al tema della mancanza di professionisti, di medici e di infermieri il rischio è che ci troviamo nuovamente ingessati per questo motivo.

Gli ospedali devono avere un numero di letti adeguati. Anche qui, negli anni passati, quando si tagliava e si accentrava, non si chiamavano tagli, ma si chiamavano riorganizzazioni. È importante, quindi, che si torni ad avere un approccio di medicina del territorio e che ci sia anche una medicina a distanza. Ora le tecnologie lo permettono e questo potrebbe essere sicuramente, attraverso un collegamento con le Case di comunità, una risposta molto importante.

Serve anche una valorizzazione degli infermieri, un’altra figura importante di tutto il sistema. Quello che soffre di più, che è il territorio, è risolvibile con un approccio infermieristico più importante. Anche queste sono figure che sono un po’ bistrattate e anche poco disponibili sul mercato.

È innegabile che avere i fondi del Sistema sanitario nazionale è una priorità. Questo ce lo siamo detti tutti e credo che siamo tutti d’accordo. Però, ci dobbiamo anche confrontare con una realtà nella quale tutti viviamo e possiamo alternarci maggioranza e opposizione finché vogliamo, ma il presupposto di base è quello, le regole di bilancio sono quelle, l’Europa ci impone quello, e al netto di quello che è successo nella parentesi felice dal punto di vista delle regole a causa del Covid sappiamo che non si potrà ripetere.

Deve essere chiaro, però, che l’aumento deve essere sostenibile, proprio per dare una risposta gratuita ai cittadini. Non possiamo pensare che alla fine ricada sempre su di loro. Serve un’assistenza integrata tra i servizi territoriali, ospedalieri e sociali, in modo da erogare un’assistenza con sempre migliori tempi di accesso e di qualità delle prestazioni. Per raggiungere questi obiettivi servono maggiori risorse, investimenti sul personale e anche nuove assunzioni, ma in particolare una migliore organizzazione. Visto che i problemi più grandi sono sul territorio e la loro cattiva gestione scarica seri problemi sui pronto soccorso, perché alla fine il congestionamento dei pronto soccorso è il frutto di una cattiva organizzazione di tutti gli altri servizi sul territorio, è pertanto prioritario valorizzare il ruolo del medico e delle professioni sanitarie – qui è già stato detto, ma io lo voglio sottolineare – introducendo nuovi modelli organizzativi che diano piena e concreta attuazione alla riforma della medicina territoriale, fermando il fenomeno dei gettonisti in corsia in modo particolare. Servono finanziamenti strutturali e certi, non solo crediti esigibili, come lo sono, ad esempio, i payback – anche su questo ci sarebbe da aprire una grande parentesi – che mettono una pezza contingente. Servono risorse certe da investire sul personale per ridurre le liste d’attesa sulle prestazioni specialistiche, ma anche per popolare di medici e infermieri a sufficienza le Case di comunità, che stiamo allestendo con fondi del PNRR, in modo poi da farne strutture capaci. Anche qui lo ha già detto qualcuno, ma lo sottolineo. Quindi, non solo case, non solo muri, ma muri pieni di servizi.

Bisogna cambiare i tetti di spesa, che oggi impediscono alla sanità pubblica di performare al meglio con le risorse disponibili. Questo l’ha detto anche il presidente nel suo intervento. Bisogna intervenire sulle università per cambiare l’assurda regola del numero chiuso, per poter far fronte alla carenza endemica di alcune professionalità, anche incentivando la vocazione di alcune specialità mediche. Anche qui, noi abbiamo carenza di medici e un sistema di ingresso all’Università a dir poco ridicolo. Io credo che serva il coraggio di mettere mano a questa situazione e risolverla.

In Italia ormai sono decenni che si spende di meno, sia in rapporto al PIL che in rapporto alla spesa pro capite rispetto ai Paesi dell’OCSE, molto meno dei Paesi maggiormente avanzati.

Il fatto che in termini di esiti si abbiano ancora dati importanti ci dice che abbiamo un buon sistema sanitario con un livello alto di professionalità, capace di garantire una buona qualità dei servizi, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo.

Ormai siamo su un piano inclinato, sul quale stiamo scivolando che, se non corretto, potrebbe portarci verso la fine del nostro Sistema sanitario nazionale universalistico, per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

La crisi pandemica ci ha aperto gli occhi, costringendoci ad aumentare le risorse e a capire quanto sia importante investire sulla sanità pubblica, in particolare sulla sanità territoriale, sulla prevenzione, quindi, su tutto ciò che viene prima dell’ospedale. Inoltre, abbiamo visto come sempre più centrale e strategico sia combattere la piaga della carenza del personale sanitario, ce lo stiamo e ridicendo, ma credo che non sia mai abbastanza.

Siamo tra i migliori per i risultati per i LEA, e la classifica la fa il ministero della salute, ma anche a casa nostra c’è il problema della sanità pubblica. Anche da noi non si trovano più medici, né infermieri, e su questo punto credo sia necessaria una riflessione più approfondita.

Il tetto di spesa per il personale, alla fine dei fatti, è un tetto anacronistico, che non ha mai prodotto un reale risparmio di spesa, visto che nel tempo si è in parte aggirato l’ostacolo ricorrendo alla voce di spese per servizi, accrescendo ricorso verso cooperative o gettonisti, quindi è sufficiente prendere la stessa prestazione medica, bypassando l’assunzione, che si va a fare un lavoro di precarizzazione e non si risolve il problema del bilancio: come si direbbe in napoletano, “mazziati”.

Questo dei gettonisti è un fenomeno sul quale bisogna intervenire. Mi rendo conto che non si potrà fare dall’oggi al domani, perché non è che si trovano i medici e gli infermieri per le sostituzioni in tempo reale, ma dobbiamo evitare che nel tempo negli ospedali vadano a lavorare cooperative mediche, disincentivando il lavoro dipendente. Si pensi piuttosto ad intervenire sul personale dipendente, sia in termini remunerativi che di organizzazione del lavoro e di riorganizzazione delle strutture. Tutto questo deve essere fatto molto rapidamente sul piano numerico. Non sono pochi i medici che abbiamo, siamo in piena media OCSE. Il problema è che soprattutto i più giovani scelgono di non impegnarsi nelle strutture pubbliche a causa di stipendi bassi e turni lavorativi massacranti. Questo ci deve far riflettere.

Anche sul fronte degli infermieri non va meglio. Ne mancano tantissimi. Sono tra i peggiori pagati in Europa e, se non aumentiamo la loro retribuzione e non riconosciamo un maggior valore al loro lavoro, in termini anche di disponibilità di carriera, non riusciremo ad invertire la tendenza della carenza delle iscrizioni al corso di laurea in Scienze infermieristiche. Il rischio è che quei pochi che entrano lì vadano a lavorare nel privato o addirittura all’estero, dove trovano un mercato molto più fertile dal punto di vista economico.

Il Covid dovrebbe aver fatto capire a tutti noi che non si può tornare indietro dal trend di crescita della spesa sanitaria e quanto sia necessario raggiungere almeno la media di spesa dei Paesi OCSE, cioè un livello superiore al 7 per cento del PIL. E qui viene il tema che accennavo all’inizio. I dati sul definanziamento del Servizio sanitario nazionale non risalgono ad oggi. Sono noti da tempo. Sono anni che si parla di riorganizzazioni territoriali. Riorganizzazioni che, in realtà, erano esclusivamente da tagli celati. Servono 4 miliardi all’anno per i prossimi cinque anni per potersi riallineare almeno con la media OCSE e poter invertire la tendenza.

La proposta presentata dalla Giunta prevede di incrementare in maniera stabile il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, avvicinandolo alla media degli altri Paesi europei e portandolo in linea con le raccomandazioni OCSE. Chi non può essere d’accordo su questo? L’ho detto all’inizio. Se ci limitiamo a questa domanda, siamo tutti d’accordo. È un dato di fatto che le quote del Fondo sanitario nazionale assegnate alle Regioni siano insufficienti per garantire la tenuta dei servizi sanitari regionali nel lungo periodo. Negli ultimi anni siamo dovuti ricorrere a meccanismi di finanza creativa per riuscire a chiudere i bilanci, recuperando altrove le risorse mancanti.

Questo tema merita una parentesi. Il provvedimento che ha istituito il payback se da un lato aiuta a finanziarie la spesa, dall’altro rischia di mettere in ginocchio le piccole e medie imprese e aziende fornitrici, provocando una situazione di potenziale monopolio di mercato in mano alle poche grandi aziende che sopravviveranno. Qui rischiamo di mettere in ginocchio tutte le piccole e medie imprese fornitrici del nostro sistema, anche qui, per spostare verso l’alto il mercato e darlo in mano alle grandi aziende che lavorano sul piano internazionale, che l’Italia la vedono come un mercato marginale. Saranno loro, quindi, a definire le regole del gioco. Molto probabilmente ci sarà un aumento dei costi, oltre ad aver fatto fallire le aziende locali e aver messo in ginocchio i loro lavoratori.

Tutto quello che sto per dire al netto del Covid, chiaramente. Sinceramente, la proposta di legge la trovo poco concreta. Non capisco come mai si è aspettato a farla quando è entrato in carica questo Governo e non la si è fatta prima, visti tutti i tagli che si sono susseguiti negli anni passati e considerato che questo Governo è quello che ha messo in sanità più soldi di tutti negli ultimi anni. Infatti, nel prossimo triennio saranno disponibili, grazie alla nuova legge di bilancio del Governo Meloni, appena varata, 5,3 miliardi complessivi per il 2024, 3 miliardi che vanno ad aggiungersi ai 2,3 già previsti dalla precedente legge di bilancio, 6,6 miliardi, 4 miliardi che si sommano ai 2,6 già stanziati, per il 2025 e 6,8 miliardi, 4,2 freschi in aggiunta ai 2,6 già previsti, per il 2026, considerando anche gli aumenti incrementali derivanti dagli stanziamenti precedenti alla legge di bilancio. Il Fondo sanitario, quindi, toccherà nel 2024 quota 133,8 miliardi, che diventeranno 135,39 miliardi nel 2025 e 136 miliardi nel 2026.

Qui apro una parentesi, riprendendo le parole del presidente che ha parlato di numeri e ha detto che i numeri non si discutono. Se noi torniamo indietro nel tempo e andiamo a vedere cosa è successo – lo diceva lui – dal 2010 in poi, siamo passati da 109 a prima del Covid a 114 miliardi. Adesso passeremo a 136 miliardi. Quindi, mi pare di capire che questo sia il salto in avanti più grande che mai è stato fatto, contrariamente a quegli anni, chiaramente, che invece vedevano, sia pur con qualche miliardo di aumento, una linea tendente verso il basso rispetto alla spesa. Di questo credo che si debba prendere atto.

Un aumento delle risorse per la sanità è auspicato da tutti. È ovvio. Ma non si può prevedere di avere la copertura da capitoli aleatori. Non c’è copertura adeguatamente precisa. Se fosse stata una proposta fatta da noi dell’opposizione, sicuramente ci saremmo sentiti accusare di aver fatto una proposta strumentale, demagogica e populista. La proposta riportata nel progetto di legge in esame, infatti, indica, in primis, la crescita costante del PIL nei prossimi anni. Peccato che, come si è dimostrato nella recente indagine congiunturale, nel primo semestre 2023 il PIL nazionale è stimato tra lo 0,8 e l’1 e quello regionale sull’1,1, in pratica in linea con i tassi di crescita registrati in fase pre-Covid, quindi del tutto insufficienti a garantire il maggior gettito richiesto per garantire il fabbisogno necessario al Fondo nazionale, come da proposta di legge in esame.

Inoltre, viene indicato come paracadute un recupero delle spese attraverso la lotta all’evasione fiscale. Si tratta di una misura dagli esiti del tutto incerti, io aggiungerei sicuramente incerti visti i risultati del passato. Qui sembra quasi di andare a fare quello che si faceva un po’ di anni fa nei piccoli Comuni: quando il bilancio non pareggiava si implementava il capitolo multe per poi andare a sua volta ad implementare i residui attivi, perché poi le multe non si incassavano. Questo è un giochino, dal punto di vista del bilancio, molto simile.

Bisogna affrontare seriamente il recupero delle risorse necessarie per garantire la sostenibilità finanziaria del nostro Sistema sanitario regionale, e contestualmente deve essere sviluppato anche un significativo e serio processo di riorganizzazione del servizio nel suo insieme.

Durante la pandemia è emersa in maniera chiara la centralità delle questioni sanitarie e quanto importante sia investire sulla sanità pubblica per scongiurare un aumento delle diseguaglianze sociali all’interno della popolazione, dividendo le famiglie tra quelle che riusciranno ad accedere alle cure, attingendo anche a risorse finanziarie proprie verso l’acquisto di prestazioni dalla sanità privata da quelle che vi dovranno rinunciare, o a causa delle liste d’attesa o per impossibilità di carattere economico.

In tanti hanno ripetuto come negli investimenti la sanità dovrebbe venire prima di ogni altra cosa, ma le scelte che anche oggi vediamo presentate non sono realistiche, ma appaiono per lo più propagandistiche.

In Emilia-Romagna non possiamo continuare nella contraddizione di avere una fra le migliori sanità del Paese per la parte più difficile e complessa (per interventi complessi come trapianti, eccetera). Vengono da noi, dalle altre Regioni, com’è stato detto, lo ha detto anche il presidente, e avere paradossalmente, per l’organizzazione della parte di sanità che dovrebbe essere quella più facile, quindi la gestione delle liste di attesa, tutta la diagnostica, eccetera, i servizi territoriali, un malcontento generalizzato. Noi quindi non possiamo sempre e solo citare la parte che funziona bene, dobbiamo prendere atto anche di quello che non funziona e lavorare su quello.

Come ho detto, abbiamo questa dicotomia tra la parte più complicata, quindi nelle attività difficili (trapianti, interventi, eccetera) e molto, molto scarsi sull’organizzazione (tempi lunghi nei pronto soccorso, vedremo la soluzione CAO che risposte darà) però siamo ancora in un momento di limbo. Il presidente ha citato i dati GIMBE, l’Osservatorio GIMBE, che dice – cito la stessa fonte, così evitiamo di citare fonti discordanti fra di loro – che dal 2010 al 2019 sono mancati alla sanità pubblica 37 miliardi; solo dal 2015 al 2019, ne sono mancati 12. Questi sono i numeri, visto che il presidente ha parlato di numeri, credo che con quelli ci possiamo confrontare. I numeri avevano lo stesso valore allora, quando io ero Sindaco, ero presidente di un distretto sociosanitario, e mi sentivo dire che quella in corso non era un’operazione di taglio ai servizi dei posti letto, ma era una situazione di riorganizzazione e di miglioramento dei servizi sul territorio, utilizzando lo slogan degli ospedali hub and spoke. Nella realtà sono stati tagli che si sono concretizzati in difficoltà a dare risposte ai cittadini. La situazione l’abbiamo vista bene durante il periodo del Covid.

Questo è quello che mi sentivo di dire. Andando, come vi ho detto, su un terreno che va un po’ esulato dalla concretezza per la quale io credo di potermi rappresentare in quest’aula, andando anche un po’ sul piano politico, veramente in questo giro ho visto una situazione a parti ribaltate. Mi sono sentito dire dalla maggioranza le cose che dicevamo noi qualche anno fa, a giustificazione di quello che è successo.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mastacchi.

Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Io sarò rapida, sia nel dirlo che nel portare a termine il compito di esserlo. Europa Verde voterà questa legge con estrema convinzione. Anzi, riterrei irresponsabile non votarla.

La sanità non può tornare ad essere un lusso per chi può permettersi le cure. È già stato ricordato che sta prendendo piede il mercato delle assicurazioni private. Questo è un segnale di una deriva che va stoppata.

Sono stati ricordati ‒ l’ho detto anch’io in altri interventi ‒ i lati positivi della nostra sanità pubblica, che è una sanità che vede il turismo in arrivo, non in partenza. Però sappiamo anche che ci sono i problemi. Anche questo Europa Verde non se lo nasconde. Lo abbiamo ricordato più volte. Le liste d’attesa sono sicuramente un problema. Come si fa fronte alle liste d’attesa? Con più personale. E il personale come lo si ottiene? Bisognerebbe che ne venisse formato di più, ma poi bisogna pagarlo, il personale. Quindi, non chiamarlo “eroe” in tempi di pandemia e poi, adesso, con la manovra di bilancio, tagliargli le pensioni. Se erano eroi prima, non è che oggi possono essere gabbati.

Noi siamo d’accordo nel sottolineare che il nostro sistema sanitario, che pure resta un’eccellenza nel Paese, ha delle zone di sofferenza, zone di sofferenza profonde. Sono le liste d’attesa specialistiche, sono i piccoli interventi. C’è sicuramente un ricorso alla cosiddetta intramoenia, che è stata una delle trovate. Come al solito: fare le nozze con i fichi secchi. Non aumento gli stipendi ai medici, perché non voglio metterci risorse. Saranno i privati, quelli che potranno permetterselo, che pagheranno delle visite a un costo maggiorato in servizio di intramoenia: quindi, medici che lavorano nella struttura pubblica, facendo attività ambulatoriale privata.

Quindi, i problemi ci sono, ma se non vogliamo solo parlare di problemi, ma parlare anche di soluzioni, non possiamo nasconderci che le spese del Sistema sanitario della nostra Regione che, ripeto, mantiene incomparabilmente il livello più alto nel Paese devono fare i conti con l’inflazione, con la botta che c’è stata dell’aumento dei costi dell’energia, con le spese extra Covid, che non ci sono ancora state rimborsate nella misura in cui noi abbiamo sostenuto queste spese.

Quindi, se vogliamo essere coerenti, ho sentito parlare tanto di coerenza, non si può chiedere la coerenza agli altri e non essere coerenti poi con se stessi. La coerenza dice: ci sono dei problemi? Necessitano risorse.

Pensare di cavarsela accusando il Sistema sanitario regionale di cattiva gestione è un modo di nascondersi la realtà, non è onesto intellettualmente, perché l’inflazione, i costi energetici, i costi extra Covid non sono frutto di cattiva amministrazione. Sono tre zavorre che sono piombate, come piombo, proprio, sui costi sanitari.

Se quindi vogliamo, e dobbiamo farlo, difendere il Sistema sanitario pubblico, come diritto, quindi non tornare a una fase di privilegio – mi posso permettere la vista privata, mi posso permettere l’assicurazione, allora me la cavo – allora dobbiamo fare in modo che ci siano le risorse.

Questa legge cosa fa? Questa legge fa quello che sappiamo è stato preso anche come contributo a sollevare il problema anche da altre Regioni con amministrazioni politiche diverse. C’è un problema nazionale, non è il problema dell’Emilia-Romagna. L’Emilia-Romagna può vedere calare uno dei suoi requisiti migliori e più noti, che è la qualità dell’assistenza sanitaria, ma non è da sola, in questo.

Il problema è nazionale. E allora noi siamo qui con questa legge, a metterlo in chiaro. Concludo con quello che ho detto stamattina, che già immagino solleverà dei risolini, ma me ne infischio: siamo un Paese dove si devono fare i presìdi per avere più risorse per le spese del Servizio sanitario pubblico, e invece si spendono 29 miliardi in spese militari. Queste crescono. Sarà un Paese più civile il nostro quando saranno i Generali che faranno le torte per raccogliere i fondi necessari e alle scuole e agli ospedali arriveranno le risorse che servono, per un’istruzione pubblica di qualità, per una sanità pubblica di qualità per tutti e non solo per chi se lo può permettere.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zamboni.

Consigliere Bargi, prego.

 

BARGI: Grazie, presidente.

Il mio vuole essere un intervento sui numeri, visto che prima li ha citati il presidente Bonaccini, definendoli chiaramente inopinabili, cosa sicuramente vera. Siccome noi non siamo matematici, non facciamo formule algebriche, ma siamo politici, i numeri sono soggetti anche a interpretazione. Io invito sempre a non soffermarsi su un singolo indicatore. Spesso e volentieri, se gli elementi che lo producono, nel caso del numero che fa un po’ da collante a questa iniziativa legislativa, ovvero il rapporto spesa sanitaria-PIL... Trattandosi di un rapporto è fatto di due elementi, e spesso e volentieri è necessario approfondirli entrambi per capire di cosa stiamo parlando.

Lo dicevo l’altra volta quando si parlava di tassi di disoccupazione sul DEFR. Lo dico oggi su questa tematica.

In particolare, io ho notato una cosa. Infatti, c’era stata anche una Commissione in cui parlavamo del famigerato tema del buco o non buco, in cui abbiamo discusso e io ho fatto presente che era interessante notare questa nuova retorica che arrivava dalla maggioranza, ovvero non si parla più di numeri sulla sanità, ma si parla di questo rapporto che aveva sostituito i termini assoluti. Lo notavo perché mi sembrava quasi che si fosse scoperta l’acqua calda. Il parametro in rapporto al PIL delle varie tipologie di spesa pubblica è un parametro noto. Un parametro che però, a mio avviso, ma non solo mio, è utile soprattutto per capire gli andamenti, quindi, di conseguenza, capire come si sta orientando l’azione di un Governo, utile in campagna elettorale, perché uno può tranquillamente sventolarlo dicendo “ho intenzione di portare la spesa per la sanità piuttosto che per l’istruzione piuttosto che quella militare a una determinata percentuale di PIL”. Un po’ più difficile, secondo me, da usare come parametro di riferimento legislativo, perché diventa molto ingessato rispetto, invece, a quello che è l’andamento del numeratore e del denominatore.

Andiamo per ordine. Spiego perché, secondo me, qui c’è qualche cosa che non torna e perché, secondo me, è stato introdotto questo elemento rispetto ai termini assoluti. Rispetto ai termini assoluti, lo diceva prima il consigliere Mastacchi, e io, proprio perché è stato chiesto un po’ di contenimento, cerco di contenermi, è già intervenuto sul tema della serie storica della spesa della sanità negli anni. Sappiamo benissimo che cosa è successo dopo la crisi americana dei subprime, poi la crisi dei debiti sovrani, poi l’introduzione dell’austerità di cui una parte di quest’aula era particolarmente fan, mentre qui c’era qualcuno che diceva “guardate che non è la direzione per uscire da una crisi andare a stringere ulteriormente la spesa pubblica”.

In quegli anni cosa è successo? Abbiamo avuto una contrazione; tra il 2010 e il 2018, più o meno siamo ritornati ai livelli del 2010; in mezzo c’è stato un tracollo. Arriva il Governo giallo-verde che riesce, è stato detto da parte di tutti, penso, dentro quest’aula, a riportare un po’ più in alto, a cambiare il trend della spesa sanitaria, e lo fa, vi ricorderete come, andando a litigare in Europa su quello 0,2 per cento di deficit in più, perché dai nostri dati risultava un valore, dai loro un altro. Come vedete, i numeri purtroppo tendono a essere veri quando conti tre mele e sono mele, ma quando evidentemente devi usare delle stime, possono esserci anche delle valutazioni differenti, anche rispetto, ad esempio, alla crescita, guarda caso, proprio del denominatore, ovvero il PIL. Veniamo a cosa è successo in epoca più recente, ovvero… Qua non c’entra il Governo Draghi, perché questo elemento… Sì, può darsi che la maggioranza cerchi di scrollarsi di dosso il tema che in quegli anni i Governi Letta, Renzi e compagnia bella hanno prodotto tantissimi tagli, il Governo Monti, alla sanità, giocando su un altro parametro: distraiamo le persone, portiamole su un altro parametro.

Qual è il problema? Oggi siamo veramente in una situazione così disastrosa rispetto al passato? Non mi pare, perché se prendo i dati del passato e quelli di questi anni legati alle previsioni del DEF 2022 – Governo di Mario Draghi – noi vediamo che il parametro passa da 6,5 a 6,4 nel 2019, c’è stato l’input della spesa sanitaria per Covid nel 2020, 7.4; lo stesso Draghi dice: attenzione, adesso dovremmo contrarre, e vi ricordo che in quel Governo c’era anche il mio partito. Ovviamente, sapete come la pensavano, non ne ho mai fatto mistero, ma c’era anche il Partito democratico. Da lì comincia una contrazione, per arrivare nelle previsioni di Draghi, al 6.3 nel 2024, una contrazione costante.

Io mi chiedo se allora vi fosse scappata di mano la calcolatrice: cioè, non era un problema il fatto che allora si prevedesse di contrarre la spesa sanitaria rispetto al PIL, che questo rapporto calasse? Certo, se il PIL cresce è evidente che crescano anche in termini assoluti i soldi messi a disposizione della sanità, e questo è l’altro elemento che magari sfugge un po’. Però allora sembra che non desse nessun fastidio. Andiamo a fare un’altra operazione. È vero che i numeri inseriti qui, i famosi miliardi, 134 miliardi citati dal ministro della salute, che in realtà lui cita, sono stati detti da tutti quanti, però poi non è così, non è cosa, c’è l’inflazione. È vero, ma va analizzato, questo aspetto.

Se noi andiamo a prendere i 128 miliardi nominali, chiaramente a prezzi correnti, perché in un bilancio le risorse vanno messe dentro a prezzi correnti, vale tanto per il PIL quanto per la spesa sanitaria, e c’è un effetto distorsivo perché sapete bene che se io tengo i prezzi correnti, quindi uso il PIL nominale, pur non cambiando l’andamento rispetto a un PIL reale, quindi con prezzi fissati, tende ad avere una crescita maggiore, perché se c’è l’inflazione va a incidere sui prezzi e incide anche sulla crescita del PIL.

Che cosa abbiam? Nella previsione del Governo Draghi per il 2024 erano previsti 128 miliardi nominali. Se io vado a deflazionarli a prezzo 2021, quindi più recenti, con i dati del Fondo monetario nazionale che hanno consegnato al Governo Meloni, che poi ci ha fatto il suo DEF, ovvero per il 2023, la previsione di Mario Draghi sarebbe diventata, per il 2024, se questo Governo avesse tenuto quell’indirizzo, 110,6 miliardi (mettiamoci anche quelli perché non è poca cosa). La previsione di 134 miliardi che il Governo Meloni, invece, per il 2024, citata tante volte, deflazionati arrivano a 115 miliardi. Quindi, si può dire che si viaggia a 4,4 miliardi in più delle previsioni del Governo di cui anche il Partito Democratico ha fatto parte senza calcolatrice alla mano, allora.

Di conseguenza, io questo ve lo dico perché, ripeto quello che ho detto all’inizio, visto che questo progetto di legge… Io ho sentito parlare di tutta la sanità, oggi, da ogni suo aspetto, ma qui, questo progetto di legge verte su questo rapporto e su come andare a fissarlo per gli obiettivi, tra l’altro in una legge, secondo me non è corretto: lo capirei in un piano, ma in una legge non lo vedo corretto fissare gli obiettivi dei Governi, andando anche a blindare quelli futuri, tra l’altro non tenendo conto dell’andamento dei due fattori, cosa che per me rimane un problema non di poco conto.

Di fatto, questo Governo dimostra in questo modo di fare cosa, rispetto al passato? Di cambiare il trend. Io vi posso dare pienamente ragione che la spesa non è sufficiente, su questo ci possiamo ragionare quanto vogliamo: partiamo da una base ben decurtata rispetto ai trend che avremmo dovuto avere nel 2010, ma che non abbiamo più tenuto, quindi bisognerebbe anche capire e ricordarsi della responsabilità legata al passato, ma è evidente che questo Governo cerca di invertire la tendenza a continuare il calo. Quest’anno la previsione è troppo scarsa per i bisogni e i fabbisogni delle Regioni? Può essere. Di questo possiamo darvene atto. Possiamo metterci dentro tutto. Chi fa l’avvocato difensore magari tira in ballo la crisi, tira in ballo l’inflazione, tira in ballo le difficoltà sul piano internazionale. Chi, invece, vuol fare il detrattore può dire che la sanità è più importante di altre spese, come anche è stato detto, quindi bisognerebbe deviare risorse in quella. Ci sta tutto nel dibattito politico. E sono concorde che sicuramente per la sanità italiana non sono stati dei bellissimi ultimi quindici anni. Ma rimane il fatto che questo Governo, alla luce dei numeri inopinabili del presidente Bonaccini, una cosa l’ha fatta: ha cambiato la direzione. Altrimenti, era un decadimento sempre maggiore.

Lungi da me fare l’avvocato difensore, perché non sono né avvocato né troppo difensore di questo Governo, ma sia chiaro che se si vuole fare un ragionamento serio, a mio avviso, questo progetto di legge così com’è è un’ottima operazione di marketing politico, di cui vi do pieno atto, ma, detta come va detta, se dovessi votare una roba del genere sarebbe come ingessare fino al 2027 ‒ se non sbaglio ‒ le azioni dei Governi futuri, di qualunque colore politico. Soprattutto, non tenendo conto di quelli che sono gli andamenti anche del PIL, che è generatore delle risorse che servono alla sanità. Non l’evasione fiscale. Non prendiamoci in giro. Tra l’altro, dati CGIA, è in forte aumento la propensione a pagare i tributi, il cosiddetto tax gap, nel nostro Paese, c’è l’elemento, che dice anche la CGIA, delle grandi multinazionali. Però quello è un tema di fiscalità di cui ci piace poco parlare, ma fanno tanti soldi da noi e pagano le tasse nei Paesi dove la fiscalità è più di vantaggio. Ma quello è un altro tema che, secondo me, non si può risolvere in questa legge.

Di conseguenza, la copertura è un po’ farlocca, diciamocelo. E poi non sappiamo quale sarà l’andamento del Paese nel prossimo futuro. Siamo in un momento di estrema incertezza sugli scenari.

La spesa sulla sanità è giusto che aumenti. Vogliamo dirci questo? È giusto andare incontro ai fabbisogni delle Regioni? Assolutamente sì. Lo si fa con questo provvedimento? Ne dubito fortemente. Anche perché, ripeto, non regge alla prova delle coperture. Qualcuno ha anche detto: se avessimo fatto una roba del genere noi, da opposizione, qui in Emilia-Romagna ci sarebbe stato ricusato, perché tecnicamente non sta in piedi.

Diventa, ripeto, una grande manovra, un cercare di nascondere le responsabilità passate coprendole con un nuovo elemento, ma il nuovo elemento è un rapporto che è interessante come dato rispetto al trend, ma non può essere, per me, un obiettivo di legge.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Bargi.

Ora abbiamo la richiesta di intervento della consigliera. Pillati, che è collegata da remoto. Quindi, chiedo di passare la parola alla consigliera Pillati.

 

PILLATI: Mi sentite?

 

PRESIDENTE (Petitti): Prego, consigliera. La vediamo.

 

PILLATI: Bene. Mi sentite? Grazie, presidente.

Ho ascoltato con grande attenzione il dibattito che si è sviluppato…

 

PRESIDENTE (Petitti): La sentiamo bassa, molto bassa. Proviamo a capire se riusciamo ad alzare audio. Non so se riesce ad alzarlo lei, consigliera.

 

PILLATI: Il mio è al massimo. Mi sentite? Mi sentite?

 

PRESIDENTE (Petitti): Riproviamo. Vediamo se è il collegamento. Provi, consigliera. Pillati, ad alzare il suo audio.

 

PILLATI: Ora mi sentite?

 

PRESIDENTE (Petitti): Proviamo a fare nuovamente il collegamento.

 

PILLATI: Okay.

Mi sentite? No.

 

PRESIDENTE (Petitti): Chiedo alla regia se si riesce a fare un altro tentativo col collegamento, perché noi non la vediamo e non la sentiamo.

Mi sa che è al massimo volume il mio volume di audio. Abbiamo un problema con il collegamento. Mi dispiace, consigliera Pillati. Abbiamo fatto due o tre tentativi, ma non si vede e non si sente. Mi spiace.

A questo punto, passiamo alle repliche dei relatori. Chiedo se vogliono intervenire.

La relatrice di maggioranza, consigliera Zappaterra. Prego, consigliera.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente.

Cercherò di dare un contributo ad accorciare i tempi, anche nella dichiarazione di voto, a meno che non emergano fatti nuovi.

Credo che il dibattito sia già stato articolato, così come credo sia difficile scalfire posizioni radicate anche con argomenti approfonditi. Penso anch’io che qui si siano espresse tutte le sensibilità. Mi pare di aver capito che non ci convinciamo a vicenda. Il dibattito è stato in gran parte concentrato a criticare le politiche regionali, ad analizzare quelle, a guardare al passato. Tutto legittimo. Però vorrei ricordare che con questo progetto di legge alle Camere noi stiamo facendo una proposta al Paese. Credo che questo sia sfuggito. Il collega Bargi prima diceva: prendiamo in ostaggio i bilanci dello Stato fino al 2027. Mi pare un’accezione negativa, ma se il tema è che vogliamo indurre il Parlamento ad aumentare l’investimento in sanità per i prossimi anni, sì, è la verità. Dopodiché, questo è un indirizzo. Sarà il Parlamento a decidere. Speriamo che decida in questo senso.

Si è discusso di tutto oggi ed è tutto legittimo. Non ho sentito nessuno dire che è contrario all’aumento del Fondo sanitario nazionale e che è contrario a togliere il tetto per il personale. Sono i due articoli di questa legge. Questo progetto di legge di questo parla.

Per il resto, oggi abbiamo parlato di tutto. Delle colpe del PD degli ultimi Governi, degli ultimi quindici anni, delle colpe della Regione. Abbiamo parlato di tutto. Veramente, presidente, non sto a riprendere i numeri. È intervenuto il presidente Bonaccini. Sono intervenuti i colleghi. Potrei rispondere puntualmente anche a tutte le osservazioni fatte dai colleghi di maggioranza su quanto, sì, siamo una Regione che ha un buon servizio sanitario, ma dovremmo fare di più, dovremmo fare meglio, quando poi, alla fine, dai report del Ministero della salute a quelli della Corte dei conti sul bilancio del 2021, tutti gli indicatori – non uno, tutti gli indicatori! – confermano che siamo certamente una delle regioni che spende meglio i soldi o, meglio, che dà i servizi migliori al costo più basso. E questo non lo dice un indicatore solo, ma la Corte dei conti ha fatto un lavoro scrupoloso. Comunque, non voglio tornare sui numeri, perché se poi ognuno tira il numero che gli interessa non sarà questo che fa la differenza.

Quello che è sfuggito al dibattito, però, e che non ho sentito neanche da parte dei colleghi di minoranza, che dicono che spendiamo di più, che spendiamo troppo, è che sono cambiati i bisogni e sono aumentati i costi. Quando parliamo dei nuovi bisogni del post-Covid, della cronicità, della demografia, se cambiano i bisogni e aumentano i costi non ho capito qual è l’alternativa per rispondere a quei bisogni di cura, se non investire in sanità, certo, con la convinzione, sulla quale restiamo fermi, che la sanità è una priorità. Io di questo non ho sentito parlare.

Noi abbiamo speso anche in fase di pandemia… Prima ho sentito qualche collega che diceva: ma anche durante la pandemia la Corte dei conti ha detto che avete fatto delle scelte non illegittime. Certo, durante la pandemia per eliminare il Covid ci siamo assunti la responsabilità di scelte che credo qualunque cittadino emiliano-romagnolo avrebbe condiviso, perché per arrestare la pandemia non potevamo guardare ai conti. Abbiamo anticipato anche quelli del nostro bilancio. Ma tra decidere se pensare ai bilanci pubblici o morire io credo che la scelta sarebbe stata chiara da parte di tutti.

Continuiamo a parlare del personale. Non voglio tornare sul tema. Sul personale noi non abbiamo potere decisionale. Quando lo abbiamo assunto per far fronte al Covid siamo stati criticati perché lo abbiamo assunto e abbiamo speso troppo. Adesso vogliamo recuperare tutte le prestazioni, vogliamo riassumere. Di che cosa parliamo? Dobbiamo decidere come prendere questa discussione se vogliamo davvero recuperare le liste d’attesa, recuperare gli interventi e dare risposta ai bisogni di cura.

Non la voglio fare lunga, ma ognuno legittimamente la tira dal punto che vuole, però alla fine io una risposta concreta da parte di chi sembra non essere convinto a votare questo progetto di legge alle Camere non l’ho ancora sentita. Poi, nella discussione ci sta tutto, ci sta la manovra di bilancio, ci stanno le nostre scelte di riorganizzazione, che pure abbiamo portato avanti proprio in assenza di un quadro che ci consentisse di investire dal livello nazionale. Però, io penso che stiamo discutendo di due aspetti molto, molto chiari. Mi pare chiaro che oggi chi non voterà a favore di questo progetto di legge nei fatti non è d’accordo ad aumentare il fondo sanitario nazionale e non è d’accordo a togliere il tetto del personale. La questione sta in poco posto: tutto il resto ci sta, è legittimo, però di questo stiamo parlando oggi, non dell’assessore Donini, del predecessore dell’assessore Donini, o di chi c’è stato dieci anni fa. Oggi discutiamo di questo.

Questa è una proposta che noi, non da soli peraltro, lo ribadisco, non da soli perché ha appena votato anche il Consiglio regionale della Toscana, il Piemonte la settimana scorsa. Non da soli: è una proposta che facciamo al Paese, quella di rendere sostenibile il Servizio sanitario nazionale attraverso l’aumento del fondo. Chi non è d’accordo deve non essere d’accordo su questi due punti, non altro.

Quindi, io spero veramente che nelle dichiarazioni e nel voto qualcuno avrà la possibilità di spiegarci un po’ meglio, senza tirare in ballo i Governi. A parte che il taglio alla sanità… Potremmo partire dal Governo Tremonti, ma non voglio neanche infilarmi in questo, né voglio dare i numeri perché ne abbiamo già parlato tanto, non è con l’analisi dei numeri. Se non vi ha convinto l’intervento del presidente, non sarò certo io a riprendere quegli aspetti.

Però il voto sarà sull’aumento del fondo e sulla programmazione del tetto di spesa per il personale. Su questo dobbiamo essere chiari, su questo dobbiamo dare una risposta chiara a chi era fuori e vuol sapere come ci posizioniamo rispetto a questi due temi.

Io spero che ci sia ancora la possibilità, da parte dei Gruppi di minoranza, di esprimere un consenso su questi due contenuti di merito.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zappaterra.

Prego, consigliere Marchetti.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente.

Intervengo in fase di replica, anche perché sarebbe davvero difficile non replicare ad alcune dichiarazioni che abbiamo ascoltato durante questa giornata, ma non solo, sono tutte considerazioni che derivano anche dal confronto che c’è già stato nel corso di questi ultimi mesi.

Ho cercato anche di dare un filo logico alle vostre idee, a ciò che avete dichiarato, ma purtroppo, spesso vedo che non c’è nemmeno un nesso tra una cosa e un’altra che ci avete raccontato qui in aula oggi.

Parto ad esempio da alcune riflessioni che sono state fatte, perché è giusto e anche doveroso, credo, replicare punto per punto a chi ha espresso la propria opinione sui vari singoli aspetti che riguardano questa tematica.

Ho sentito, all’inizio del dibattito, parlare di professionisti che scappano verso il privato. La consigliera Piccinini è del Movimento 5 Stelle, che oggi fa da stampella alla maggioranza.

È vero, l’abbiamo riconosciuto anche noi, c’è questo problema, un problema che il Governo ovviamente ha cercato di affrontare. Non a caso, lo ripeto per l’ennesima volta, ci sono le risorse per il rinnovo dei contratti, che è comunque un passaggio fondamentale per andare nella direzione auspicata da tutti, ovvero quella di rendere più appetibile dal punto di vista professionale la sanità pubblica. Cinque minuti dopo il consigliere Amico ci dice: i fondi per il rinnovo dei contratti non dovrebbero pesare sullo stanziamento che vediamo oggi. Allora, delle due l’una: il Governo si deve o meno impegnare su questo fronte? Per quale motivo dobbiamo sentire delle critiche anche su un’iniziativa che va proprio verso quella direzione che tutti quanti noi auspichiamo.

Ho sentito parlare anche di uno scontro tra due visioni, lasciando intendere sempre questo scontro tra chi vorrebbe favorire il privato e chi, invece, vorrebbe tutelare la sanità pubblica. Sinceramente continuo a non comprendere questo continuo rimando a questa diatriba che ci sarebbe. E lo dico con tutta onestà, perché anche prendendo i vostri dati regionali in realtà ci accorgeremmo che probabilmente chi ha favorito il privato in questi anni in regione Emilia-Romagna siete stati proprio voi. Io posso fare anche alcune riflessioni su un ordine del giorno che è stato presentato, a prima firma Piccinini, ma sottoscritto anche da tutte le altre forze di Centrosinistra, il Partito Democratico in primis, che impegnano la Giunta a non utilizzare quella quota di risorse che vengono date dal Governo nazionale per il recupero delle liste d’attesa sul privato accreditato. Qui ci troviamo di fronte alla paradossale situazione, perché l’ha sottoscritto anche il PD, questo documento, dove noi diciamo che i fondi che arrivano dallo Stato non li diamo al privato accreditato, però poi continua ad esistere un accordo che voi avete, mi pare di durata triennale, se non erro, con il privato accreditato stesso, che – lo ribadisco – voi non state nemmeno più chiamando privato accreditato, ma pubblico allargato. Di conseguenza, ci troveremmo di fronte alla situazione che con la mano destra togliete i fondi nazionali al privato accreditato e con la sinistra poi li allungate con i fondi regionali. Capite che siamo di fronte all’ennesima iniziativa di bandiera che voi cercate di sventolare, nel tentativo di continuare a porvi come unici difensori della sanità pubblica, quando i dati danno una lettura letteralmente differente?

Se noi andiamo a prendere i dati riguardanti il privato accreditato, vedremmo che in questi ultimi anni c’è stato un incremento continuo di fondi regionali verso quel mondo. Tant’è che anche il consigliere Gerace ha parlato di contributo importante del privato accreditato. È per questo che dico che oggi abbiamo sentito tante idee, ma ben confuse dai banchi della maggioranza, più il Movimento 5 Stelle. Si è detto infatti tutto e il contrario di tutto: privato sì, privato no, sì, è stato importante, è importante il contributo che dà, quando in realtà quelli che hanno le idee chiare mi pare siedano da questa parte dell’aula. Non abbiamo mai demonizzato il privato accreditato, abbiamo certamente detto che bisogna sostenere prioritariamente il servizio pubblico, questo sì, non l’abbiamo mai nascosto.

Poi, due parole anche sulle dichiarazioni dette dal presidente, al quale tra l’altro è anche difficile replicare, non viene mai, appare e scompare, e poi dice “replicate”. A chi? Diventa anche difficile. Però, al di là di questo, ha ammesso che la sanità sta peggiorando anche a livello emiliano- romagnolo, quindi questo è già un primo dato di fatto, importante, su cui riflettere.

Si è detto che per voi un povero merita di essere curato al pari di un ricco. È pienamente condivisibile, come principio, non abbiamo mai detto il contrario. Probabilmente, si fa sempre riferimento a quella famigerata sanità privata che vorremmo noi come Centrodestra, visto che ho sentito anche richiamare il pronto soccorso privato che è stato aperto in Lombardia. Signori, vi do una notizia: in Emilia-Romagna di PS privati ce ne sono già da tempo, anche sul territorio bolognese. Dal 2016 sono stati aperti, dove con 100 euro riuscivi ad avere l’erogazione ovviamente di un’assistenza sanitaria base, ma l’avevi.

Così come, se andate a vedere sul sito istituzionale di Bologna Welcome, viene riportata la guardia medica privata. Allora, usciamo da questa ipocrisia. Smettiamola di nasconderci dietro un dito, continuando a sbandierare queste battaglie che sono fine a sé stesse.

Ho sentito anche parlare di una opposizione che vorrebbe descrivere la sanità dell’Emilia-Romagna come la peggiore. Non l’abbiamo mai detto. Anzi, durante il mio intervento di questa mattina ho riconosciuto che abbiamo dei grossi centri di eccellenza a livello regionale. Ma è un Servizio sanitario regionale che inizia a mostrare delle crepe preoccupanti. E l’ha ammesso anche lo stesso presidente Bonaccini. Allora, è inutile continuare anche a dire che siamo i migliori, tutti i dati e tutte le statistiche ci pongono al primo posto. Sicuramente siete al primo posto anche delle agende chiuse per quanto riguarda le prestazioni specialistiche ambulatoriali, perché iniziamo ad introdurre quelle agende di presa in carico che vi abbiamo chiesto con un ODG a vedere quanta gente effettivamente è in attesa di una prestazione. E allora lì, sì, che andremmo a misurare veramente la vostra efficienza, non fino a quando manderemo a casa queste persone.

Sarà pur vero che tutta la sanità sta vivendo un momento delicato a livello nazionale, però, come dicevo questa mattina, è altrettanto vero che ci sono dei segnali dati da un Governo che sta andando verso un rafforzamento della sanità pubblica. Ed è inutile anche paragonare i dati dello stanziamento in finanziaria 2024 con gli stanziamenti degli anni del Covid, come ha fatto il consigliere Amico. Stiamo parlando di due mondi completamente differenti, perché i tagli in passato – è inutile arrampicarsi sugli specchi – ci sono stati, eccome. Il presidente ha detto: non è vero, non ci sono mai stati tagli; tutti i Governi hanno sempre aumentato lo stanziamento. Eppure, nelle sedute di Commissione, in Commissione sono stati tanti i dibattiti che abbiamo tenuto su questa tematica, tutti quanti voi avete ammesso, comunque, che anche dei Governi di Centrosinistra hanno tagliato alla sanità. Oggi improvvisamente apprendiamo dal presidente Bonaccini che, in realtà, nessuno ha mai tagliato sulla sanità. Delle due l’una. Del resto, quando ci sono dei dati su cui ragionare, c’è poco margine di interpretazione. Quando c’è il segno meno davanti, c’è il segno meno. È inutile, possiamo leggerlo come vogliamo, ma la realtà è questa.

È ovvio che, a fronte di una situazione di questo tipo, riconoscendo ‒ e lo ribadisco ‒ che ci sono difficoltà nazionali, perché colmare il disastro che è stato compiuto in questi ultimi anni non è un’operazione così immediata, ci saremmo aspettati comunque qualche presa di posizione, anche a livello regionale, per fare un passo verso un efficientamento ulteriore della macchina organizzativa amministrativa regionale.

Abbiamo visto degli ordini del giorno depositati. Non vi è mai, in tutti questi documenti, un solo impegno della Regione su questioni proprie interne. Mai. Non si legge più nulla su un’eventuale riforma del Servizio sanitario regionale. Non si legge più alcuna proposta. Eppure, fino a poco tempo fa in quest’aula ci siamo confrontati e a volte abbiamo anche votato degli atti di indirizzo che imponevano una riforma, l’avvio di una riforma alla Giunta regionale. L’abbiamo fatto noi dai nostri banchi, ma ricordo anche un vostro testo, una vostra proposta, un ordine del giorno di 34 pagine che chiedeva di rivedere il Servizio sanitario regionale a 360 gradi. Ebbene, che fine ha fatto quella riforma? È sparita anche dal Documento di economia e finanza che abbiamo discusso poco tempo fa. Fino a dodici mesi fa potevamo trovare un obiettivo con scritto “riforma del Servizio sanitario regionale”. Misteriosamente, quest’anno, proprio quando ce n’è più bisogno, è scomparsa questa parola. È scomparsa in un momento in cui stiamo iniziando a scaricare tutto sul Governo nazionale.

Ovviamente, ognuno dovrebbe fare la propria parte, chi a livello nazionale, e mi pare che dei segni qui ce ne siano, ma bisognerebbe fare altrettanto anche a livello regionale. Purtroppo, ascoltandovi oggi, non abbiamo sentito alcuna proposta per andare in questa direzione.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Marchetti.

Abbiamo concluso con le repliche dei relatori.

Chiedo all’assessore Donini. Prego, assessore.

 

DONINI, assessore: Dalla via che mi avete risdoganato, il tempo a disposizione, qualche risposta puntuale la vorrei dare, non reiterando i termini di un dibattito che non sempre è stato, a mio giudizio, all’altezza della sfida che abbiamo dinanzi, rispetto alla tenuta del Sistema sanitario nazionale, ma che ha comunque contribuito a vivacizzare una discussione che oggi giunge al termine.

Intanto, la prima riflessione è questa. Noi parliamo di un ordine del giorno che è un appello alle Camere, ancor prima che al Governo, affinché si salvi con un adeguato stanziamento di bilancio, progressivo negli anni, il Sistema sanitario nazionale.

Non stiamo parlando di salvare il sistema sanitario della Regione Emilia-Romagna. Questa discussione avrebbe dovuto a mio giudizio percorrere di più il binario di una discussione nazionale, e non invece ripiegarsi, con letture politiche ovviamente contrastanti, ad una inclinazione molto locale, molto provinciale, molto territoriale.

Oggi noi stiamo interpretando una necessità delle Regioni nei confronti dello Stato, affinché sia finanziato adeguatamente il fondo sanitario nazionale. Seconda considerazione: ci può anche stare, nel dibattito politico, una sorta di configurazione a volte anche caricaturale del nostro Servizio sanitario regionale. Però è importante, da parte chi di chi svolge queste caricature, non guardare soltanto i banchi della Giunta, ma dietro i banchi della Giunta esistono più di 70.000 professionisti che ogni giorno con il loro lavoro, con la loro dedizione, con una fatica immensa, contribuiscono a far sì che poi i risultati che noi di tanto in tanto orgogliosamente presentiamo siano patrimonio di tutti.

Quindi, attenzione davvero a mettere in una sorta di banco d’accusa, con argomentazioni molto spesso pretestuose, un sistema che non è soltanto a direzione della Giunta pro tempore, ma è frutto del lavoro di decine di migliaia di professionisti che ogni giorno io vorrei ringraziare.

Ora, cosa è successo in questi anni? E cosa c’è dentro questo documento, dentro questo progetto di legge? Esattamente c’è una sintesi, col copia e incolla delle proposte che i presidenti di Regioni e di Province autonome hanno rivolto al Governo del Paese pro tempore affinché si mettessero i fondi necessari nel Sistema sanitario nazionale.

Sono richieste che sono patrimonio di tutti. Si può votare contro, ma non si può negare che il contenuto del progetto di legge che noi oggi discutiamo e votiamo sia patrimonio di tutte le Regioni, di tutti i presidenti, sia sostanzialmente l’appello unitario di tutte le realtà politiche che contribuiscono a governare le Regioni.

Dirò di più. Questa nostra iniziativa si basa anche su un vissuto. Non nasce oggi. Non nasce nemmeno con il Governo Meloni. Questi documenti erano già stati presentati anche al Governo Draghi. Quando il Governo Meloni ha lasciato intendere… Perché noi come assessori alla salute delle Regioni siamo una comunità stretta. Ci consultiamo continuamente, chi ha informazioni spesso le cede agli altri, cerchiamo di capire anche le intenzioni dei Governi. A volte c’è chi è più vicino a un Governo rispetto a un altro, a un ministro. Quando si è compreso che alle Regioni veniva proposto un accordo affinché si inserissero nel Fondo sanitario nazionale del 2024 3 miliardi di euro in più rispetto a quelli già decisi dal Governo precedente, tra gli assessori alla salute delle varie Regioni c’è stato anche un sospiro, una sorta di illusione, che purtroppo si è subito spenta per il fatto che questo primo passo, importante, perché va quasi totalmente a finanziare il contratto del personale dipendente, fosse totalmente insufficiente rispetto a quello che le Regioni avevano appena chiesto. Se il Governo avesse detto “vi do nel 2024 3 miliardi di euro, al netto dei fondi che serviranno per coprire il contratto del personale”, sarebbe stato un altro scenario. All’inizio noi avevamo sperato che fosse così. Dopodiché, è chiaro che, chiedendo noi un contributo importante sul 2023 e un contributo importante sul 2024 di 4 miliardi l’anno, avendo 3 miliardi in più nel 2024, ma quasi totalmente vincolati a una spesa giusta, che è quella del rinnovo del contratto del personale, siamo rimasti al punto precedente.

Più puntualmente alcune cose che vorrei precisare. Questa legislatura ‒ mi rivolgo al consigliere Marchetti, che ha usato anche parole di stima nei miei confronti, che ricambio ‒ penso che non debba essere ricordata, come ha detto, per il taglio dell’emergenza-urgenza. L’emergenza-urgenza è una riorganizzazione in corso, sulla quale avremo modo di confrontarci, sull’esito della quale avremo modo di confrontarci. I primi indizi sono molto positivi, ma aspettiamo che abbia consolidato la sua azione sul territorio. Questa legislatura, dal punto di vista sanitario, si deve ricordare per le 19.000 vittime del Covid, si deve ricordare per le 200.000 persone che abbiamo dovuto recuperare quasi in condizioni gravissime presso i nostri ospedali, per i 400.000 cittadini che abbiamo assistito con sintomi severi a domicilio, per l’1,2 milioni di prestazioni che abbiamo erogato attraverso l’assistenza domiciliare nell’ambito del Covid. Questa è la legislatura che per due anni, forse anche un po’ di più (ricordo che tre anni fa eravamo in piena seconda ondata oggi), è stata caratterizzata da questo, il che ha comportato una deflagrazione anche delle risorse messe a disposizione dai Governi per quello che riguarda la sanità.

Vado puntualmente a rispondere ad alcuni interrogativi e ad alcune affermazioni. Si cita la Corte dei conti un po’ a targhe alterne. Se la Corte dei conti è l’organismo massimo di garanzia per quello che riguarda la magistratura contabile, lo si deve citare per intero. La Corte dei conti ha rilevato ‒ lo ha rilevato anche il MEF, per la verità ‒ che durante la pandemia, a fronte di una situazione straordinaria, l’Emilia-Romagna ha impiegato delle risorse che formalmente ‒ ripeto, formalmente ‒ erano strutturali. Questa cosa ha un nome e un cognome. Si chiama “personale dipendente”. Noi abbiamo assunto in diciotto mesi quasi 18.000 professionisti sanitari, quasi totalmente a tempo indeterminato. Peccato che nello stesso periodo sono andati in pensione 12.000 professionisti sanitari e che il piccolo saldo attivo nel personale a tempo indeterminato ora si aggira su 4.000-5.000 professionisti.

Questa caratteristica della Regione Emilia-Romagna, che per alcuni è una colpa, per noi è anche un merito, perché questa è una Regione che i professionisti sanitari li assume a tempo indeterminato, il cui tasso di precarizzazione, che a livello nazionale deve stare sotto il 20 per cento, da noi è sotto il 5 per cento.

Purtroppo – dico io purtroppo – ci pensa la pensione, ci pensa la quiescenza dei professionisti a far sì che i nostri sforzi, anche di stabilizzazione del personale dipendente, poi alla fine non si configurino in una sorta di aumento del personale in maniera significativa.

La Corte dei conti stessa, però, fa un’analisi a tutto tondo e dice che noi siamo quelli che garantiscono i livelli essenziali di assistenza meglio di chiunque altro in Italia; non dice che non abbiamo problemi, dice che siamo quelli che li garantiscono meglio delle altre Regioni; e dice che da noi la spesa pro capite in sanità è la più bassa a livello nazionale. Quindi, vuol dire che spendiamo meno erogando al meglio che possiamo i servizi sanitari: questo dice la Corte dei conti. Quindi, andiamo nel merito: è stato un errore assumere tanti professionisti a tempo indeterminato, stabilizzarli e dargli delle garanzie di permanenza nel nostro Servizio sanitario regionale? O è una cosa che dobbiamo rivendicare con un certo orgoglio?

Ha sbilanciato talmente tanto i conti da provocare una voragine, perché adesso abbiamo il doppio del personale? No, abbiamo 5.000 professionisti in più rispetto alle decine di migliaia che avevamo prima.

Ora, attenzione, lo dico alla collega Evangelisti: l’informazione in questo caso è doverosa. Quando, con efficacia retorica, lo riconosco, si dice “ma cosa volete voi i soldi, che non esigete neanche i ticket”, perché alcune decine di milioni di euro mancano rispetto a chi deve pagare il ticket? C’è una legge dello Stato, consigliera Evangelisti, che noi stiamo rispettando, e che identifica un percorso. Io immagino che lei la conosca la legge dello Stato che riguarda il recupero dei ticket non riscossi: la verifica del ticket non riscosso entro la data di chiusura del bilancio, cosa che noi facciamo, l’invio dei solleciti con posta ordinaria, cosa che noi facciamo, l’invio della raccomandata per sollecito entro il termine stabilito dalla legge, cosa che noi facciamo, l’iscrizione al ruolo, cosa che noi facciamo. Quindi, non è che lei ha scoperto l’acqua calda. Ci sono in Italia dei cittadini che non pagano il ticket. In Italia c’è una legislazione che le Regioni seguono, noi la seguiamo, per recuperare il ticket non riscosso.

Così come quando si dice del Registro delle malattie rare, la scadenza è a maggio 2024. Si è detto che la Calabria è partita. Bene. Il Piano nazionale malattie rare 2023-2026 prevede il riordino della rete nazionale e l’allineamento delle attività esistenti della rete regionale a quanto definito a livello nazionale. È una vettura da parcheggiare in un garage che non è così semplice per chi ha una rete enorme come la nostra. Basta vedere quanti vengono a curarsi qui in Emilia-Romagna che hanno patologie, ahimè, gravi e rare. Ora noi adegueremo la nostra rete, che non è proprio quella calabrese, al dettato nazionale entro il 2023, quindi ben prima del termine previsto dalla legge.

Ecco perché dico che dobbiamo stare attenti a definire in maniera caricaturale il sistema, perché non è proprio così caricaturale la situazione e soprattutto non siamo solo noi. Quello che qui dentro si dice in maniera così autorevole dai rappresentanti delle Istituzioni poi rimbalza anche nel sentimento dei professionisti che ci lavorano in sanità. Allora, quelli che sono lì a seguire il Registro delle malattie rare sembra quasi che non facciano nulla. Invece, stanno seguendo la legge. Quelli che sono lì a recuperare i ticket sembra quasi che non facciano nulla. Invece, stanno seguendo la legge. Insomma, stiamo un pochino più sobri nelle dichiarazioni.

Il consigliere Tagliaferri è stato abbastanza preciso nella sua indicazione: ritirate il testo, non serve più, i soldi ve li abbiamo dati. E poi è andato via. Più o meno ha fatto così anche la presidente Meloni. Infatti, la presidente Meloni ha detto alle Regioni “vi do 3 miliardi”, noi eravamo quasi lì per risultare, quando abbiamo capito che, in realtà, erano 600 milioni, perché 2,4 miliardi erano dedicati al personale dipendente.

Così pure Tagliaferri, che con la matematica ha qualche problema in ordine agli zeri finali, stabilisce, lui, evidentemente ha un osservatorio speciale, che basta eliminare la riforma sulla direzione assistenziale per recuperare un miliardo. Questa è una notizia che io, a malincuore, sarei costretto a prendere in considerazione dicendo: forse abbiamo sbagliato a spendere un miliardo di euro per istituire la direzione assistenziale. Peccato che la direzione assistenziale costi più o meno 400.000 euro, non un miliardo di euro, e dà una risposta ‒ perché anche questa cosa deve rimbalzare alle orecchie dei professionisti della sanità ‒ a un’istanza che 50.000 professionisti, infermieri, operatori sanitari, tecnici, hanno da sempre rivendicato. Di fatto, la loro direzione assistenziale era già agita. Noi l’abbiamo semplicemente riconosciuta. Se costasse un miliardo avremmo detto loro: mi dispiace, ma quel miliardo serve a noi. Costa meno di 400.000 euro, a regime. E non siamo ancora in regime.

Così pure il tema delle liste chiuse. Badate, non sto a polemizzare. Il Ministro Schillaci, giustamente, ha mandato i NAS alle Regioni, in agosto. Sono stati qui parecchi giorni a controllare, ASL per ASL, come gestivano le prenotazioni delle visite specialistiche. A me risulta che abbiano trovato anomalie in Lombardia, in Piemonte, in Umbria, in Sicilia e in altre Regioni. Non da noi. Il fatto che la domanda non sia contenibile nell’offerta che noi produciamo, quindi al cittadino in modo molto antipatico viene detto molto spesso “non c’è posto”, non significa che dal giorno dopo, dal minuto dopo, in quel minuto si stiano cercando altri posti per poter soppalcare le agende, per poter prendersi in carico il cittadino e poter recuperare quella prestazione. È chiaro che c’è un tema enorme, che dovremo discutere bene in Commissione, su come questa Regione possa, con una strategia complessiva, ridurre i tempi di attesa delle prestazioni specialistiche, diagnostiche e chirurgiche di bassa complessità.

Le idee le abbiamo. Siamo disposti al confronto. Dovremmo fare anche delle battaglie energiche con altre situazioni. Penso all’impiego degli specializzandi, che sono 8.000 in Emilia-Romagna. Sono 8.000 in Emilia-Romagna i medici in formazione specialistica, che noi vorremmo meglio distribuiti nell’ambito della rete formativa, e vorremmo anche meglio distribuiti in equilibrio fra ospedale e territorio, e vorremmo anche un pochino più autonomi.

Questa quindi è una discussione che ha una sua energia, che va fatta, da parte nostra, e con chi ha oggi la prerogativa di utilizzo.

Così pure, e chiudo, lo psicologo di base – sto rispondendo al consigliere Pelloni. Lo psicologo di base non esiste. Lo psicologo di base sarebbe, per l’Emilia-Romagna 2.600, o 3.000 psicologi che hanno 1.500 assistiti a testa. Lo psicologo di base, premesso che il Governo ha tolto il bonus per lo psicologo, noi l’abbiamo interpretato come lo psicologo di comunità, che è il link tra le nostre strutture territoriali e la rete del secondo livello. Ne abbiamo assunti una sessantina, volevamo assumere 76, non ci siamo riusciti; speriamo di raggiungere questo obiettivo, ma non esiste Regione che abbia lo psicologo di base nella realtà dei casi, equiparabile al medico di medicina generale, perché altrimenti non ci sarebbe più quadratura.

Per quello che riguarda i privati, e chiudo, non so chi l’ha chiamato “per pubblico allargato”, io non l’ho mai chiamato “pubblico allargato”. Il privato accreditato è un imprenditore privato che opera nell’ambito sanitario, ha avuto i requisiti per essere tale, quindi è accreditato, e sulla base di un convenzionamento viene attribuita ad esso una parte del budget che questa Regione ha per l’attività che svolgono i privati accreditati.

Attenzione, però, perché il budget è rimasto fermo a 300 milioni di euro sui 10 miliardi di spesa sanitaria. La spesa per il privato accreditato comporta anche un extra budget che nell’ultimo anno, in accordo con AIOP, abbiamo tagliato di quasi 30 milioni, perché quando c’è da stringere la cinghia, c’è da stringere la cinghia del pubblico, ma c’è da stringere la cinghia anche del privato. Adesso abbiamo fatto un accordo con AIOP, nel quale noi chiediamo ad AIOP, mantenendo fermo il budget, che questo budget diventi mobile, e che sostanzialmente si possano convertire le produzioni sanitarie del privato accreditato sulla base delle effettive richieste della nostra sanità pubblica, quindi visite specialistiche, interventi chirurgici di bassa complessità e diagnostica di base. Questo è quello che chiediamo prevalentemente al privato accreditato.

Davvero grazie, comunque, a coloro che hanno sostenuto questo progetto. Io penso che altre Regioni si inseriranno in questa discussione e penso che, se noi tenessimo viva una discussione più proiettata sul nazionale e meno “guardandoci l’ombelico” delle nostre contrapposizioni reciproche, potremmo dare un contributo maggiore anche al dibattito a livello nazionale. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore.

Abbiamo concluso tutto il procedimento della discussione.

Siamo sul progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell’articolo 121, comma 2, della Costituzione, recante: “Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall’anno 2023”.

Ricordo che su questo oggetto insiste una proposta di emendamento a firma dei consiglieri Zappaterra e Bulbi e insistono quattro proposte di ordine del giorno, una a firma dei consiglieri Zappaterra, Amico, Pigoni, Zamboni ed altri, una a firma dei consiglieri Piccinini, Amico e Zappaterra, una a firma dei consiglieri Pigoni, Filicori, Gerace, Bondavalli, Zappaterra e Rontini, una a firma dei consiglieri Evangelisti, Cuoghi e Tagliaferri.

Adesso passiamo all’esame dell’articolato.

Prima nominiamo gli scrutatori: consigliera Maletti, consigliera Rossi, consigliera Catellani.

Passiamo all’esame dell’articolato.

Articolo 1.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 1.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 2.

Su questo articolo insiste un emendamento a firma Zappaterra e Bulbi.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’emendamento n. 1 a firma Zappaterra e Bulbi.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Mettiamo adesso in votazione l’articolo 2.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 3.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 3.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

Ora siamo arrivati agli ordini del giorno.

Dibattito generale sugli ordini del giorno.

Non ho iscritti a parlare sugli ordini del giorno.

Passiamo, quindi, alle dichiarazioni di voto finali congiunte su progetto di legge e ordini del giorno, se ci sono.

Consigliera Piccinini, prego.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

Solo poche parole, perché molto è già stato detto, per rispondere a qualche affermazione fatta dal relatore di minoranza.

Ha espresso poche idee, ma abbastanza confuse. Chi ha parlato di contrapposizione tra due visioni è stata la sottoscritta. È una contrapposizione che esiste, collega Marchetti, e penso sia anche inutile negarlo. Altrimenti, da quella parte di quest’aula avreste messo in discussione il modello Lombardia, cosa che non avete mai fatto.

Ci tenevo a citare anche le parole del collega Bargi, che sono state espresse in una delle sedute della Commissione Sanità, dove dichiarava, ed è un virgolettato: “Al privato ci arrivate. Non la vincerete la battaglia. Non scappate”. Quasi fosse un auspicio.

Penso che queste affermazioni, insieme al definanziamento a livello nazionale, questo atteggiamento tradisce questo tipo di impostazione. Credo che oggi voi dobbiate avere perlomeno il coraggio di dirlo.

Lo dico avendo ascoltato anche le parole della consigliera Castaldini, che ho apprezzato, non perché io le condivida, anzi, tutt’altro, ma perché ha avuto il coraggio delle proprie idee. Quindi, coerentemente, lei dice “io sostengo il privato” e ha avuto il coraggio e la coerenza di dirlo.

Questa è la stessa chiarezza che io ho voluto inserire all’interno dell’ordine del giorno che poi mi ha convinto a votare il progetto di legge, che è un impegno sicuramente nazionale per la sanità pubblica, ma lo stesso impegno che noi chiediamo oggi con questo PDL, coerentemente, se lo deve assumere la Regione. È per questo che nel dispositivo ho voluto vincolare la Giunta affinché le nuove risorse inserite nella manovra di bilancio vengano destinate alle strutture pubbliche per l’abbattimento, al raggiungimento dell’obiettivo, delle liste di attesa. Non fare questo significa: uno, non essere coerenti, due, continuare nel depauperamento della sanità pubblica. E oggi, lo sappiamo bene tutti quanti, non possiamo più permettercelo.

In sintesi, quindi, noi voteremo favorevolmente al PDL, però non veniteci a dire che adesso, improvvisamente siete favorevoli alla sanità pubblica, perché non è così. Almeno abbiate il coraggio di dirlo: questo è quello che è emerso dalla discussione di oggi, è quello che è emerso dalle azioni a livello nazionale, è quello che è emerso dalle dichiarazioni, anche nelle sedute della Commissione sanità.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Piccinini.

Consigliera Evangelisti, prego.

 

EVANGELISTI: Grazie, presidente.

Abbasseremo nuovamente il livello di questa discussione. Riteniamo invece di essere stati nel merito in Commissione, nelle molte Commissioni, di essere stati nel merito, oggi. Abbasseremo il livello semplicemente nel voler ripetere quello che a nostro avviso pensano tanti nostri elettori, che pensano oggi anche tanti vostri elettori emiliano-romagnoli.

A nostro avviso, di regali, questa sinistra, o le sinistre – visto che noi stiamo le destre, anzi, oggi eravamo la destra – di regali ne hanno già fatti anche troppi, a questo Paese. Abbiamo un regalo dettato dal superbonus, abbiamo un regalo dettato da provvedimenti come il reddito di cittadinanza, in questo contesto, un contesto internazionale difficile, e in questo ambito il Governo si trova ad affrontare un tema serio come quello della sanità.

Il presidente Bonaccini ha deciso di appuntarsi da solo un fiore all’occhiello, ci fa piacere, ha detto che ha sentito parole iperboliche. Io invece ho ascoltato riflessioni già ripetute molte volte dal presidente, e ci dispiace che comunque non ci sia mai la possibilità di farsi ascoltare.

Lo abbiamo ascoltato con attenzione, non abbiamo la possibilità, nemmeno questa volta, di farci ascoltare da lui, ma probabilmente qualche comunicato stampa sopperirà.

Si dice che da questi banchi si favorisce il privato, o una sanità privata. Noi non l’abbiamo mai affermato, noi affermiamo che è giusto che sia data ovviamente la possibilità a chi vuole investire in settori come quello della sanità che lo possa fare, che è giusto, come ha fatto la Regione Emilia- Romagna, che ci si possa avvalere di questo settore per sopperire a carenze del sistema pubblico, che non ci si debba nascondere, per cui quello che ha citato la consigliera Castaldini è quanto accade spesso. Il presidente lo ha scritto, come ha scritto altre cose oggi nella sua agenda, non ci si deve vergognare di partecipare o nascondersi di partecipare a inaugurazioni o, comunque, di guardare anche a un settore quando quel settore in quel momento magari è importante per sopperire a proprie mancanze.

Noi riteniamo che il ministro Schillaci abbia detto altro e, quindi, che questo progetto sia sostenuto, come più volte è stato detto dal ministro Schillaci, a noi non risulta, come ci risulta una posizione diversa di Fratelli d’Italia nell’ambito della votazione in seno alla Regione Piemonte, così come è diversa la notizia della Regione Toscana in cui oggi hanno già votato e Fratelli d’Italia ha mantenuto la stessa linea e la stessa posizione.

Oggi riteniamo, noi di Fratelli d’Italia, noi opposizioni, di aver fatto un favore a questa maggioranza: siamo rimasti in aula affinché aveste il manifesto che vi necessitava oggi per poter andare in piazza l’11 novembre e sventolarlo. Lo dico perché è legittima la preoccupazione nei confronti del Sistema sanitario, perché si dice che la tenuta del Sistema sanitario nazionale è precaria, vacilla, è a rischio, lo sappiamo bene che ci sono problemi, non li scopriamo certo da oggi, invece ci pare che qualcuno li scopra quantomeno di recente, perché non c’erano presìdi, non c’erano manifestazioni fino a un anno fa.

Il presidente dice che in Emilia-Romagna si vengono a curare persone da altre regioni, poi però sentiamo dire “aiutate la Sicilia e questo non va bene”.

Abbiamo citato la questione dei ticket, perché è un tema che abbiamo approfondito, e secondo noi le cifre sono esorbitanti. Conosciamo la legge: si recuperano i crediti, lo fanno gli enti, lo si fa anche nel settore privato; ci sono procedure che servono a recuperare quelle somme. D’altronde, se si tratta di un’azienda privata – è un principio contabile – ci sono delle entrate, ci sono delle uscite, ci sono bilanci che debbono in qualche modo tornare. Quindi, le procedure esistono affinché le somme rientrino nei bilanci anche degli enti. Se non si riesce è perché o il procedimento in qualche modo non è virtuoso, o alla base quei crediti si accumulano perché c’è alla base un procedimento sbagliato. Ma su questo la Regione non ha dato cenno di voler intervenire. Quindi, forse, la soluzione non è chiudere i servizi o quantomeno rimodularli. Ha detto bene il consigliere Mastacchi: prima riordinavate, razionalizzavate, ma mai avete tagliato. Però, la situazione della sanità parla chiaro.

Ci tengo a chiudere con un’ultima precisazione. Nessuno mai da questi banchi ha offeso o in qualche modo ha posto in dubbio la professionalità degli operatori sanitari tutti, rispetto cui, secondo noi, un trattamento non proprio di favore è stato riservato loro proprio da questa Regione.

Il voto di Fratelli d’Italia sarà un voto contrario.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Evangelisti.

Altri in dichiarazione di voto? Non ho altri in dichiarazione di voto.

Consigliere Rancan, prego.

 

RANCAN: Grazie, presidente.

Molto brevemente, per questi cinque minuti, solo per fare due considerazioni. Nel merito ha parlato bene il collega Marchetti, che ringrazio per il lavoro che ha fatto su questo progetto di legge alle Camere e anche gli altri consiglieri della Lega.

Ho ascoltato, seppur non concordo con il merito, l’assessore volentieri, l’intervento dell’assessore Donini, ho ascoltato meno volentieri l’intervento del presidente Bonaccini. Questo perché? Perché noi pensiamo che sia assolutamente irrispettoso, pensiamo che sia un metodo completamente sbagliato presentarsi solamente nel momento in cui si vuole intervenire, non ascoltando minimamente ciò che è stato detto dalle opposizioni che sono state attaccate in quello stesso intervento, intervenire e andarsene subito dopo.

Noi lo giudichiamo irrispettoso perché pensiamo e crediamo che ricevere delle critiche anche da parte della Giunta possa essere magari motivo di crescita. Come è possibile criticare un intervento di un consigliere di opposizione se quegli interventi non si sono sentiti, non si sono ascoltati?

Significa che si arriva in quest’aula già con dei preconcetti. Si arriva in quest’aula già con un discorso preconfezionato, anche perché sappiamo benissimo l’agenda del presidente Bonaccini, perché l’ha postata lui sui social. L’unico modo per sapere dov’è il presidente è guardarlo sui social, perché sicuramente qua in aula non c’è.

Stamattina, intanto che noi discutevamo di questo PDL che doveva essere il PDL madre della battaglia politica sulla sanità del Partito Democratico degli ultimi sessant’anni, stamattina era a Rimini, poi è venuto qua a fare la comparsa, ha detto le sue cose.

Adesso, va a un evento del PD a Vicenza. Quindi, immagino che non voterà questo PDL, perché il presidente Bonaccini dopo tutta la battaglia politica che il PD ha fatto su questo PDL non voterà questo PDL, e questo i cittadini lo devono sapere, il presidente Bonaccini non lo voterà, perché va in un’altra regione ad un evento di partito sulle aree montane: questo deve essere chiaro.

Quindi, raccontiamo pure la favoletta, quello che volete; ma la verità è che il presidente Bonaccini è venuto qua a fare il suo show, oggi, show che però noi rimandiamo al mittente: non ci sono sembrati una comunicazione, né un atteggiamento responsabile nei confronti dell’aula, ma soprattutto responsabile nei confronti di quei cittadini che magari credono alle parole del presidente Bonaccini, di quei cittadini che magari credono che il presidente Bonaccini non abbia potuto votare questo PDL perché impegnato in chissà quale impegno istituzionale improrogabile per il bene della Regione. Invece, va a Vicenza, da quello che si è visto dall’agenda pubblica per tutti, ad un evento del Partito Democratico sulle aree montare.

Detto questo, però, colgo il momento per dichiarare irricevibili anche le accuse sul fatto che sembra qua che tutti vogliano privatizzare tutto. Lo ha detto bene anche il collega Marchetti prima: scusate, ma il privato accreditato, che è riconosciuto dalla Regione, da sempre è riconosciuto dalla Regione, sembra quasi che per la stessa Regione il privato accreditato sia un problema. E allora, delle due, l’una: perché allora, solo a livello provocatorio mi verrebbe da dire: scusate, provate a eliminare il privato accreditato e vediamo cosa succede.

Il privato accreditato serve in compensazione a quella che è la sanità pubblica, sanità pubblica che è sacrosanta per tutti. E lo diciamo da sempre, l’abbiam detto da sempre.

Poi, le strumentalizzazioni le lasciamo ad altri. Noi voteremo contro questo progetto di legge, perché pensiamo che sia stata fatta un’azione politica puramente demagogica, perché adesso che al Governo c’è una parte politica avversa a quella che governa la Regione, adesso tutto deve andare con un bello scaricabarile al governo del Paese. Ma non si fa così. Governare e amministrare significa prendersi delle responsabilità. E mi spiace anche, ripeto, per quei cittadini che purtroppo credono alle cose che voi gli raccontate, perché la verità è un’altra, e questo è il nostro compito, e proveremo nel nostro piccolo a fare un’operazione di verità, soprattutto quando sento dal presidente che dice: “Se voi andate in giro a chiedere ai cittadini la percezione se la sanità regionale sta migliorando o sta peggiorando, tutti dicono che sta peggiorando”. Ma il problema che si pone il presidente è diverso dalla risposta. Lui dice: perché c’è una percezione sbagliata. E no! Quindi, qui si giudica male anche l’intenzione del cittadino. Non è magari che può essere che il cittadino dica che la sanità sta peggiorando perché la realtà è quella? Perché non riesce a prenotare le visite? Perché per fare un elettrocardiogramma magari le agende sono chiuse, non lo può prenotare e deve pagare per forza? Non è proprio come ha detto il presidente. Ecco, per noi questo rappresenta un problema.

Ripeto, voteremo contro a questo progetto di legge nel merito e nel metodo, ma soprattutto perché avete fatto una grande battaglia propagandistica, che alla fine si è conclusa con il presidente che non vota il progetto di legge da lui proposto. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Rancan.

Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Noi voteremo, invece, convintamente a favore di questo progetto di legge. Le motivazioni risiedono anche nel mio intervento che ho fatto nel pomeriggio di oggi. Del resto, ce lo siamo detti tante e tante volte, in Commissione, in Assemblea, nei vari atti: se non abbiamo la necessità di far passare quel momento che è stato, drammatico, ha detto bene l’assessore Donini, oggi credo che questa legislatura sia da ricordarsi per quello che abbiamo attraversato, non tanto per scelte organizzative eccetera, se non vogliamo far sì che quell’insegnamento che abbiamo tratto da quei due anni e mezzo tragici del Covid, ovvero quelli nei quali alle finestre scrivevamo “andrà tutto bene”, o perlomeno non dovremmo commettere gli stessi errori, questo passa proprio da una scelta che questo Paese deve fare in merito alla sanità pubblica, alla sanità territoriale, alla centralità del diritto di salute sancito dalla Costituzione.

Io penso che, al di là dei giusti, normali e opportuni posizionamenti di carattere politico, l’invito a guardare quello che è il benessere dei cittadini passi, appunto, da questo passaggio, che qui come Assemblea legislativa chiediamo al Governo di assumere nella prossima legge di bilancio per le prossime leggi di bilancio a venire, che non credo sia più rimandabile, perché se da un lato abbiamo visto come le trasformazioni climatiche stanno martoriando anche i nostri territori, altrettanto sappiamo, e non vorrei trovarmi a fare l’uccello del malaugurio, che comunque quella pandemia che abbiamo attraversato con il Covid era stata in una qualche maniera non in questi termini predetta, ma a rischio ne abbiamo degli altri.

Abbiamo bisogno di rafforzare la sanità nelle sue varie forme, in particolare quella che abbiamo conosciuto in Emilia-Romagna. Abbiamo bisogno di trasformarla. Come dicevo oggi pomeriggio, non possiamo trasformarla senza l’impiego di risorse sufficienti per poterlo fare.

Le trasformazioni che abbiamo bisogno di mettere a punto passano anche dal potenziamento del personale, per questo c’è la rimozione del tetto di spesa, passano da una serie di risorse aggiuntive che il sistema sanitario merita e, conseguentemente, credo che lo stimolo che questa Assemblea vuole dare al Paese, che le altre Assemblee legislative stanno dando al Paese, mi auguro anch’io che siano molte altre quelle a seguire questo esempio, è uno stimolo credo positivo, che fa sì che questo bene primario, che è quello della salute e del benessere delle persone…

Non dimentichiamoci anche – lo hanno detto alcuni colleghi poco fa, durante il dibattito – che attraverso questo provvedimento di legge, di invito a uno stanziamento economico, andiamo verso anche una lettura di un sistema sociosanitario che riguarda non solo l’elemento di prestazione, ma complessivamente il benessere delle persone sotto tanti altri aspetti.

Chiudo, per non farla troppo lunga. Il nostro voto sarà assolutamente favorevole. Mi auguro che in questi ultimi scampoli, al di là delle dichiarazioni, possa essere assunta una responsabilità più chiara e netta dalle forze di minoranza di quest’aula.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Amico.

Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Come avevo anticipato, il voto di Europa Verde è convintamente favorevole. C’è bisogno di incrementare le risorse del Fondo sanitario nazionale, che poi è quello che alimenta la spesa sanitaria delle Regioni.

Abbiamo dei problemi qui. I problemi non si risolvono con la bacchetta magica, ma con maggiori risorse a disposizione. Sono problemi dettati anche da una serie di contingenze storiche che si sono accumulate sinergicamente in senso negativo: Covid, costi energia, inflazione. Questo è il quadro oggettivo della situazione.

Il voto quindi sarà favorevole. Siamo un Paese indebitato, lo sappiamo. Il debito pubblico costa ai Governi ogni 2 gennaio un assegno da 100 miliardi di interessi sul debito pubblico, quindi siamo sicuramente un Paese che ha delle strutture di bilancio di base non fortissime.

Questo ci deve quindi indurre a stabilire delle priorità su cui investire le risorse: la salute, il sistema sanitario deve essere una priorità, non può essere una priorità il ponte sullo Stretto di Messina.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zamboni.

Altri in dichiarazioni di voto? Consigliera Zappaterra, prego.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente.

Molto brevemente, per dimostrare che noi comunque anche con l’ordine del giorno confermiamo un lavoro sul merito non solo politico, come descritto dai Gruppi di minoranza, che davvero affronta il tema a 360 gradi, è un ordine del giorno molto tecnico, molto preciso, però è la testimonianza di quanto noi sul Sistema sanitario regionale e nazionale stiamo facendo delle riflessioni.

Il fatto che la spesa farmaceutica venga ancora considerata nel Patto di stabilità come spesa corrente e non come spesa di investimento, è uno dei fortissimi limiti alla discussione che stiamo facendo. Quindi, l’ordine del giorno mira davvero a sollecitare il Governo, proprio a proporre una revisione del Patto di stabilità europeo impegnandosi per una riclassificazione della spesa farmaceutica, e in particolare per i farmaci innovativi che passi dalla classificazione attuale di spesa corrente a spesa di investimento, perché questi sono i temi sui quali noi dobbiamo confrontarci, al di là della strumentalizzazione politica che viene fatta di questo PDL, che a mio parere di strumentale non ha davvero niente.

Non ci vedo nulla di strumentale nel fatto che questa Regione, insieme ad altre, insieme ai documenti approvati all’unanimità dalla Conferenza delle Regioni, si assuma la responsabilità insieme ad altre di rappresentare e di dare un contributo importante e utile al Paese in una fase come questa, molto difficile, perché l’obiettivo di questo progetto di legge alle Camere è dare una mano al Parlamento a fare delle scelte in un momento che siamo d’accordo essere molto difficile. Alla fine, con le scelte fatte in questa manovra di bilancio, di fatto, dimostriamo che il Servizio sanitario nazionale non è più sostenibile con la fiscalità generale. Allora, il problema di come dare sostenibilità alla sanità del futuro noi ce lo stiamo ponendo. Non mi sembra un tema strumentale, mi sembra una riflessione assolutamente doverosa e un contributo assolutamente coerente, perché nasce da una delle Regioni a parte più avanzate sul sistema sanitario. Non voglio riaprire la discussione, mi pare che siamo tutti d’accordo sul fatto che restiamo una Regione di eccellenza. Con senso di responsabilità della maggioranza, noi continuiamo a dire che dobbiamo fare sempre meglio, così com’è l’analisi della Corte dei conti, che per noi ha rappresentato uno sprone a fare ancora meglio e non a dire “siamo a posto”. Allo stesso tempo, ci sta che le minoranze esortino a dire che ci sono altri passaggi sui quali dobbiamo migliorare, e ci siamo detti nel dibattito che ci sta tutto. Però, siamo uno dei sistemi sanitari di eccellenza e una Regione che si è sempre assunta la responsabilità di governare i cambiamenti e le trasformazioni assumendosi le responsabilità, come stiamo facendo sull’emergenza-urgenza e come abbiamo fatto sulle direzioni sanitarie. Insomma, tutto quello che prima è stato citato come ritocchi e tagli in realtà è stata la nostra assunzione di responsabilità nel governare i cambiamenti necessari.

Ci siamo sempre assunti le responsabilità, le abbiamo a volte guidate anche rispetto ad altre Regioni, abbiamo sempre ritenuto che il diritto alla salute sia un bene comune e una leva fondamentale anche dello sviluppo economico. Mi sembra abbastanza normale che, se adesso questo diritto viene messo in discussione, noi, come altri, ci assumiamo la responsabilità di dire al Parlamento che va invertita la rotta. E stiamo facendo una proposta. Poi chiudo, presidente. Non voglio prendere più tempo di quello che mi spetta. Stiamo facendo una proposta che non riguarda solo la Regione Emilia-Romagna, ma che mette le Regioni, tutte, in condizioni di affrontare le sfide presenti e future sui bisogni di cura. Tutta la discussione è stata sugli atti che dobbiamo fare noi di riforma, ma stiamo parlando d’altro. Non è stato compreso? Mi rassegnerò. La strumentalità è in chi vota “no”. Penso che il tema sia più questo.

Prendiamo atto, nell’anticipare il voto favorevole del Partito Democratico, che i partiti di minoranza trattano la sanità come un tema etico, cioè libertà di coscienza. In Piemonte, Fratelli d’Italia non partecipa al voto, qui vota contro. La Lega in Piemonte addirittura vota lo stesso testo che stiamo votando voi, sul quale qui si vota contro. È tutto legittimo, presidente, però credo che siano un po’ confusi come forze politiche. Noi le idee le abbiamo chiare sulla sanità pubblica.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zappaterra.

Consigliera Bondavalli, prego.

 

BONDAVALLI: Grazie, presidente.

Anche noi abbiamo le idee chiare. Quindi, nel mio intervento in discussione generale ho articolato le ragioni, le tante ragioni che portano il Gruppo Bonaccini Presidente a votare con convinzione questo progetto di legge.

Mi soffermo brevemente sugli ordini del giorno e in particolare gli ordini del giorno di cui i primi firmatari sono la consigliera Zappaterra, Pigoni, Piccinini; ordine del giorno al quale anticipo subito il Gruppo Bonaccini Presidente assicurerà il proprio voto. Mi sembra importante sottolineare a questo riguardo che questi testi ci indicano con chiarezza la centralità della questione che affrontiamo con il progetto di proposta di legge alle Camere e l’articolazione anche della vastità delle implicazioni connesse al nodo del finanziamento da parte dello Stato del Servizio sanitario nazionale. Sono ambiti che attengono al rapporto anche tra il nostro Paese e l’Unione europea, come nel caso, appunto, degli ordini del giorno che sono stati presentati dalla collega Zappaterra in un caso e nell’altro dalla consigliera Pigoni; ordini del giorno che, lo voglio ribadire, sono importanti, che attengono, ad esempio, al ruolo dei farmaci innovativi e alla funzione cardine che rivestono per assicurare qualità al nostro servizio sanitario e fare in modo che la sua risposta sia davvero efficace e in grado anche di fronteggiare le sfide dell’universalità dell’offerta di prestazioni.

In questa logica è particolarmente importante agire, come propone opportunatamente questo ordine del giorno, affinché il Patto di stabilità europeo riclassifichi la spesa per i farmaci innovativi, portandola dall’alveo della spesa corrente a quella per gli investimenti; richiesta che vale per tutta la spesa farmaceutica, ma che acquisisce maggiore evidenza proprio nel caso dei farmaci innovativi che, ricordo, nel nostro Paese contribuiscono per oltre un quarto, il 28 per cento della spesa totale per i farmaci.

Anche l’ordine del giorno della consigliera Pigoni richiama opportunamente il fatto – poi, ovviamente, la collega lo presenterà tra poco – che non siamo evidentemente in un’isola, siamo parte di un’Unione che si è dotata anche di strumenti per far fronte alle esigenze che i singoli Paesi propongono nella costruzione e nell’adeguamento di un servizio sanitario di qualità, in grado di contribuire agli obiettivi di resilienza che ci prefiggiamo come Europa.

Per questi motivi condividiamo la richiesta dell’ordine del giorno relativa all’adesione al MES e alla valutazione della possibilità di ricorrere al MES sanitario per far fronte agli investimenti di cui necessita il nostro Servizio sanitario.

Vengo all’ordine del giorno presentato dalla consigliera Piccinini: si concentra su uno dei fondamentali snodi che articolano la relazione di un sistema complesso come quello della sanità. Penso al rapporto tra pubblico e privato convenzionato, vale a dire quell’insieme di soggetti che opera in un rapporto, in questa Regione, di stretta collaborazione con le strutture pubbliche, nell’ambito di una programmazione pubblica. In questo quadro l’ordine del giorno ricorda la necessità di operare affinché si rivolga innanzitutto verso il pubblico l’incremento delle risorse che con questo progetto chiediamo sia assicurato attraverso legge dello Stato.

Siamo favorevoli quindi a questi ordini del giorno, e più in generale convintamente favorevoli al progetto di legge di cui oggi abbiamo discusso. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Bondavalli.

Consigliera Pigoni, prego.

 

PIGONI: Grazie, presidente.

Soltanto per ribadire, come ha già fatto anche in sede di discussione il collega Gerace, che Italia Viva voterà con convinzione questo progetto di legge che riteniamo giusto e opportuno per chiedere al Governo più risorse da destinare alla sanità pubblica universalistica, in particolare per il personale, per le strutture, per le attrezzature, per la prevenzione e la ricerca.

Abbiamo concordato anche con l’indicazione di garantire la copertura di spesa necessaria per incrementare fino al 7,5 per cento del PIL al 2027 gli stanziamenti per il Fondo sanitario nazionale. Riteniamo infatti necessario anche far sì che le Regioni superino i vincoli di spesa per il personale sanitario. Come sappiamo, è una grande emergenza che riscontriamo ormai quotidianamente.

Siamo altrettanto consapevoli della necessità di una efficace spending review a tutti i livelli e di un significativo processo di riorganizzazione del servizio nel suo insieme, che in parte, come Regione abbiamo già tentato di anticipare.

Questo Governo si sta caratterizzando per grandi promesse di risorse elargite o da elargire. Ahimè, gli ultimi mesi il Governo Meloni non si è certo guadagnato la fiducia, né la credibilità dei cittadini di questa Regione in modo particolare, neppure su altri fronti. Non vorrei venire in questa sede all’alluvione, avremo modo forse nella prossima occasione, se si parlerà di questo.

Un Governo quindi dalla chiacchiera molto facile, ma dal portafogli ben chiuso. Vengo poi all’ordine del giorno che abbiamo voluto abbinare, collegare a questo progetto di legge. Per attraversare questa difficile fase del Servizio sanitario pubblico, pensiamo occorra un piano di investimenti che possa contare su risorse disponibili, a cominciare da quelle del MES sanitario, come peraltro sollecitato anche da molte organizzazioni sindacali del settore. Chiediamo, quindi, con questo ordine del giorno alla Giunta di fare pressioni a livello governativo per favorire un voto positivo del Parlamento in occasione dell’esame della ratifica dell’adesione dell’Italia al MES, che dovrebbe svolgersi nella settimana tra il 20 e il 24 novembre, e a valutare l’attivazione stessa del MES sanitario.

Come Italia Viva voteremo favorevolmente anche agli altri ordini del giorno che sono stati proposti, collegati a questo progetto di legge, e devo dire che io, a differenza dei colleghi, comprendo le motivazioni che portano le opposizioni a votare in modo diverso rispetto a quello che hanno fatto le stesse forze politiche in altri Consigli regionali, perché abbiamo avuto modo di confrontare i due testi, quello presentato qui e quello presentato, ad esempio, in Regione Piemonte, e le differenze sono che utilizzano la parola “per cento” invece che il segno aritmetico, utilizzano il termine esteso “articoli” invece dell’abbreviazione “art.” e utilizzano “così come” invece di “come”. Queste sono le grandi differenze tra i due testi dei progetti di legge, quello presentato qui e quello presentato in Regione Piemonte, e quindi è evidente la motivazione per cui le forze politiche che siedono in questo Consiglio regionale abbiano deciso di votare in modo diverso rispetto a dove, invece, governano.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Pigoni.

Io non ho altri in dichiarazione di voto.

A questo punto passiamo alla votazione dei quattro ordini del giorno.

Partiamo dall’ordine del giorno 7254/1, a prima firma Zappaterra.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

(L’Ordine del giorno 7254/1 oggetto 7612 è approvato a maggioranza dei presenti)

 

Mettiamo in votazione l’ordine del giorno 7254/2, a firma Piccinini, Amico, Zappaterra.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

(L’Ordine del giorno 7254/2 oggetto 7613 è approvato a maggioranza dei presenti)

 

Mettiamo in votazione l’ordine del giorno 7254/3, a prima firma Pigoni.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

(L’Ordine del giorno 7254/3 oggetto 7614 è approvato a maggioranza dei presenti)

 

Mettiamo, infine, in votazione l’ordine del giorno 7254/4, a firma Evangelisti, Cuoghi, Tagliaferri.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È respinto.

 

(L’Ordine del giorno 7254/4 oggetto 7615 è respinto)

 

Ora mettiamo in votazione il progetto di legge.

Ricordo che la votazione del progetto di legge avviene con dispositivo elettronico.

Dichiaro aperta la votazione.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Votanti 38

Favorevoli 25

Contrari 11

 

È approvato.

 

Sono le ore 20,20. Dichiaro chiusa la seduta.

Buona serata a tutti.

 

La seduta ha termine alle ore 20,20

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO, Stefano BARGI; Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI; Andrea COSTA, Palma COSTI, Luca CUOGHI, Matteo DAFFADÀ, Mirella DALFIUME, Gabriele DELMONTE; Marta EVANGELISTI, Marco FABBRI, Michele FACCI; Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI; Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Gian Luigi MOLINARI; Lia MONTALTI; Matteo MONTEVECCHI; Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI; Giuseppe PARUOLO; Simone PELLONI, Emma PETITTI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI; Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Silvia ZAMBONI; Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario Davide BARUFFI;

gli assessori Paolo CALVANO, Vincenzo COLLA, Mauro FELICORI, Raffaele DONINI, Barbara LORI, Alessio MAMMI, Igor TARUFFI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Andrea CORSINI, Irene PRIOLO, Paola SALOMONI.

 

Votazione elettronica

OGGETTO 7254

Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'art. 121, comma 2, della Costituzione, recante: "Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall'anno 2023". (142)

 

Presenti: 40

Favorevoli: 28

Contrari: 11

Presente non votante: 1

Assenti: 10

 

Favorevoli:

AMICO Federico Alessandro; BONDAVALLI Stefania; BULBI Massimo; CALIANDRO Stefano; COSTA Andrea; COSTI Palma; DAFFADÀ Matteo; DALFIUME Mirella; FABBRI Marco; FELICORI Mauro; GERACE Pasquale; MALETTI Francesca; MARCHETTI Francesca; MOLINARI Gian Luigi; MONTALTI Lia; MUMOLO Antonio; PARUOLO Giuseppe; PICCININI Silvia; PIGONI Giulia; ROSSI Nadia; SABATTINI Luca; SONCINI Ottavia; TARUFFI Igor; ZAMBONI Silvia; ZAPPATERRA Marcella; Marilena PILLATI; MORI Roberta; RONTINI Manuela

 

Contrari:

BARGI Stefano; CATELLANI Maura; CUOGHI Luca; EVANGELISTI Marta; FACCI Michele; LIVERANI Andrea;

MARCHETTI Daniele; MASTACCHI Marco; OCCHI Emiliano; PELLONI Simone; RANCAN Matteo

 

Presente non votante:

PETITTI Emma

 

Assenti:

BERGAMINI Fabio; BONACCINI Stefano; CASTALDINI Valentina; DELMONTE Gabriele; GIBERTONI Giulia; MONTEVECCHI Matteo; POMPIGNOLI Massimiliano; RAINIERI Fabio; STRAGLIATI Valentina; TAGLIAFERRI Giancarlo

 

Emendamento

OGGETTO 7254

Progetto di proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'art. 121, comma 2, della Costituzione, recante: "Sostegno finanziario al Sistema sanitario nazionale a decorrere dall'anno 2023". (142)

 

Emendamento 1, a firma dei consiglieri Zappaterra, Bulbi

«All'articolo 2, dopo le parole: “del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75” sono soppresse le parole: ", ed eventuali maggiori costi a carico delle Regioni dovranno trovare copertura nell'ambito dell'aumento del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard previsto all’articolo 1 della presente legge”.

 

Conseguentemente all’articolo 2, si aggiunge il comma 2 con le seguenti parole: “Gli eventuali maggiori costi a carico delle Regioni, derivanti dall’applicazione del comma 1, dovranno trovare copertura nell’ambito dell'aumento del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard previsto all’articolo 1 della presente legge.”»

(Approvato)

 

Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno

 

Nel corso delle sedute sono pervenuti i sottonotati documenti:

 

INTERRROGAZIONI

 

 

7605 -  Interrogazione a risposta scritta in merito ai lavori in corso per abbattere alcune piante, poste sul ciglio delle scarpate fluviali del tratto urbano del Santerno, alla luce dell'esigenza di mitigazione del rischio idraulico. A firma del Consigliere: Mastacchi

 

7606 -  Interrogazione a risposta scritta circa le misure da adottare affinché stazioni ferroviarie e terminal bus, molto frequentati da studenti pendolari, soprattutto minori, siano considerati nel novero dei "luoghi sensibili", ai sensi della L. R. 4 luglio 2013, n. 5, ai fini del possibile esercizio di sale da gioco e sale scommesse o della possibile installazione di slot machine. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

7608 -  Interrogazione a risposta scritta circa le misure da adottare al fine di ripristinare la linea telefonica fissa in un caseggiato in località di Castello di Serravalle, interrotta dal maggio scorso, e di promuovere lo sviluppo del progetto Open Fiber nel comune di Valsamoggia. A firma della Consigliera: Evangelisti

 

7609 -  Interrogazione a risposta scritta sull'applicazione del contributo regionale per l'accesso al sistema integrato dei servizi educativi per i bambini in età 0-3 anni, anno educativo 2023/2024, previsto dalla Delibera di Giunta n. 1706/2023, con particolare riguardo alle famiglie residenti nei comuni montani. A firma della Consigliera: Evangelisti

 

7610 -  Interrogazione a risposta scritta per conoscere la tempistica prevista per il completamento della cassa di espansione del fiume Senio. A firma della Consigliera: Evangelisti

 

7611 -  Interrogazione a risposta scritta relativa alla risposta al Question Time 7540 del 24/10/2023, in cui è menzionata un'irregolarità amministrativa nella vicenda legata alle autorizzazioni sulle linee ferroviarie che da Reggio Emilia arrivano a Ciano D'Enza, Guastalla e Sassuolo. A firma dei Consiglieri: Delmonte, Catellani

 

INTERPELLANZA

 

7607 -  Interpellanza per sapere cosa intenda fare la Regione per la salvaguardia della torre Garisenda. A firma della Consigliera: Evangelisti

 

(Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno n. 17 prot. NP/2023/769 dell’8 novembre 2023)

 

LA PRESIDENTE

LA SEGRETARIA

Petitti

Montalti

 

 

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