Espandi Indice

247

 

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 20 DICEMBRE 2023

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDI DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

PRESIDENTE (Rainieri)

 

OGGETTO 7505

Interpellanza relativa alla modifica, operata a livello nazionale, della normativa sull'uso di munizioni al piombo all'interno o in prossimità di zone umide e alle eventuali ricadute in Emilia-Romagna. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

GIBERTONI (Misto)

MAMMI, assessore

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 7607

Interpellanza per sapere cosa intenda fare la Regione per la salvaguardia della torre Garisenda. A firma della Consigliera: Evangelisti

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri)

EVANGELISTI (FdI)

FELICORI, assessore

EVANGELISTI (FdI)

 

OGGETTO 7377

Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione L.R. n. 37/1994". (82)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione e approvazione)

(Ordini del giorno 7377/1/2 oggetti 78257826 – Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Rainieri)

PILLATI, relatrice della Commissione

FACCI, relatore di minoranza

AMICO (ERCEP)

PRESIDENTE (Petitti)

BONDAVALLI (BP)

POMPIGNOLI (Lega)

FACCI (Lega)

FELICORI, assessore

PILLATI (PD)

DALFIUME (PD)

 

OGGETTO 3420

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Integrazioni alla L.R. 12 marzo 2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)". A firma dei Consiglieri: Montevecchi, Occhi, Liverani, Rancan, Bergamini, Pompignoli, Marchetti Daniele, Stragliati, Pelloni, Delmonte, Catellani, Facci, Bargi, Rainieri

(Relazione della Commissione, discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 3420/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione e approvazione)

PRESIDENTE (Petitti)

MARCHETTI Daniele, relatore della Commissione

MONTEVECCHI (Lega)

PILLATI (PD)

PELLONI (RCPER)

MONTEVECCHI (Lega)

PRESIDENTE (Petitti)

 

OGGETTO 3417

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Introduzione e definizione dei criteri applicativi del Fattore Famiglia emiliano-romagnolo". A firma dei Consiglieri: Bargi, Liverani, Facci, Catellani, Bergamini, Pelloni, Rainieri, Occhi, Rancan, Pompignoli, Marchetti Daniele, Stragliati, Montevecchi, Delmonte

(Relazione della Commissione)

PRESIDENTE (Petitti)

FACCI, relatore della Commissione

PRESIDENTE (Petitti)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 7377

Emendamenti oggetto 7377

Ordine del giorno 3420/1 “Non passaggio in esame degli articoli”

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,35

 

PRESIDENTE (Rainieri): Dichiaro aperta la seduta pomeridiana n. 247 del giorno 20 dicembre 2023.

Ha giustificato la propria assenza l’assessore Salomoni. La consigliera Montalti ha comunicato che si collegherà da remoto, a norma dell’articolo 32 del Regolamento.

 

Svolgimento di interpellanze

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo i lavori con lo svolgimento delle interpellanze.

 

OGGETTO 7505

Interpellanza relativa alla modifica, operata a livello nazionale, della normativa sull’uso di munizioni al piombo all’interno o in prossimità di zone umide e alle eventuali ricadute in Emilia-Romagna. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Rainieri): Partiamo con l’interpellanza oggetto 7505 relativa alla modifica, operata a livello nazionale, della normativa sull’uso di munizioni al piombo all’interno o in prossimità di zone umide e alle eventuali ricadute in Emilia-Romagna, a firma della consigliera Gibertoni.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Buongiorno, assessore Mammi. Il tema del question time è proprio questo. Cosa è successo? È successo che all’inizio di quest’anno è entrato in vigore il Regolamento europeo che vieta l’uso delle munizioni al piombo nelle zone umide. Perché questo divieto? Perché, come ho potuto anche ricordare ancora prima che entrasse in vigore il divieto, il piombo è altamente tossico. Su questo ormai non c’è possibilità di smentita. Il piombo è altamente tossico. Lo certificano studi scientifici, ormai, svariati decenni di dati. È tossico per il mondo animale ed è tossico per l’uomo e per la salute umana. Peraltro, con una dispersione nell’ambiente provocata proprio dai pallini di piombo, che poi finiscono nel terreno, nell’acqua, nei fiumi, nei laghi, e vengono assorbiti dall’ambiente. E poi non si smaltiscono più. Di fatto, rimangono lì. Intossicano anche gli uccelli acquatici. In generale, sono stati rilevati molto spesso migliaia di morti per avvelenamento cronico di varie specie animali esposte alla contaminazione da piombo.

Uno studio coordinato da ISPRA, pubblicato nel 2018, stima che nel territorio dell’Unione europea sono almeno 40 le specie di animali a rischio per avvelenamento da piombo e che ogni anno muoiono circa 700.000 animali proprio per la stessa ragione.

Il fattore tempo è, come al solito, ignorato. Questo tipo di avvelenamento ambientale, infatti, dura da secoli. Però un conto è quando prima non c’era nessuna consapevolezza e, di fatto, non si sapeva. Un conto è oggi, in cui la scienza ci spiega, ormai da decenni, che questo è un allarme rosso. Secondo taluni studiosi, addirittura durerebbe da millenni. Ma lasciamo perdere. Stiamo su questi ultimi cinquant’anni, da quando, cioè, c’è una consapevolezza scientifica. Oggi, dice Giovanni Damiani, ex direttore di ISPRA, addirittura subiamo gli effetti di pallini sparati da cacciatori oramai defunti per vecchiaia da decenni. Almeno questi cacciatori, di cui noi subiamo ancora l’agire, non avevano consapevolezza dell’alta tossicità del piombo. Invece, dice Giovanni Damiani, gli sparatori contemporanei, con la benedizione del Governo attuale, stanno alimentando il futuro tossico per il nostro ambiente, per il nostro Paese e per quel che resta degli animali selvatici in un pianeta che agonizza.

Cosa ha fatto il Governo Meloni per aggirare il Regolamento europeo vergognosamente? Ha innanzitutto cercato subito di fare una circolare interpretativa del Regolamento europeo. Vi ricorderete che è uscita questa circolare interpretativa che pretendeva di cambiare un Regolamento europeo.

Lo stesso TAR del Lazio a un certo punto ha detto: non è neanche una cosa di mia competenza, perché nessuna circolare può veramente modificare un Regolamento europeo, quindi non dovete neanche rivolgervi a me, TAR.

Però, ci hanno provato e hanno fatto appunto una circolare per dire che le zone umide dovevano essere considerate, quelle in cui si applicava il divieto, soltanto quelle in cui già non si cacciava. Cioè, dove non si caccia, i pallini di piombo non si devono usare. Questa è una presa in giro e sicuramente disprezzo per la scienza e anche le istituzioni scientifiche italiane come ISPRA, checché se ne possa pensare.

Invece, la definizione di zone umide è molto chiara. L’Europa ha posto il divieto di sparare cartucce armate a piombo in superfici, paludi, pantani, torbiere, distese d’acqua naturali o artificiali, permanenti o temporanee, in cui l’acqua stagnante, corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le distese d’acqua marina la cui profondità non superi i 6 metri durante la bassa marea. In sintesi, le zone umide sono tutte le zone umide. Non c’è possibilità di dire lì il piombo va bene, però lì è giusto cacciare con il piombo ma là invece…

Poi per le infrazioni commesse dai cacciatori che fino a ieri erano di competenza, giustamente, del giudice penale, quindi il con rischio di ritiro del patentino della caccia, il Governo Meloni ha introdotto adesso una semplice ammenda amministrativa; quindi, una piccola multa per chi ha soldi, ovviamente, e se venisse scoperto potrà ben divertirsi a rischiare anche di pagare una multa.

Una deregulation potenzialmente assolutamente totale.

Coloro che hanno chiesto il provvedimento sono, ovviamente, oltre alle potenti lobby dei cacciatori, i produttori di cartucce. Di cosa stiamo parlando? È ovvio. Perché i cacciatori non vogliono i pallini d’acciaio, potrebbe chiedersi qualcuno, cos’è questa storia, già si divertono a uccidere e possono uccidere anche con altri mezzi, per esempio dei proiettili in acciaio. Perché non vogliono il piombo? Il pretesto è che potrebbero rigare le canne dei loro preziosi fucili, ma la verità è un’altra, l’acciaio è più leggero del piombo, ha una gittata minore e, di fatto, uccide di meno. Un minor potere di penetrazione significa maggiore difficoltà a uccidere.

Questo è il motivo per cui i cacciatori... Giovanni Damiani dice: “se dovessero seguire questa logica, allora facciamogli sparare anche pallini di uranio impoverito, che possono sicuramente avere…”.

Questo per dire che c’è chi lo farebbe.

Questa deregulation totale, ovviamente, apre le porte a una visione su cui, secondo me, prendere posizione non soltanto è doveroso, ma potrebbe essere anche qualcosa che crea una biodiversità elettorale che è difficile vedere in certe fasi storiche in questo Paese, come, per esempio, questa.

Per esempio, vedo che in Parlamento, quando Fratelli d’Italia fa la circolare, quella che poi viene irrisa giustamente dal TAR del Lazio, ci pensa il PD a suggerirgli cosa fare. Ma perché? Io non capisco perché lo fate. Fratelli d’Italia fa una inutile circolare per aggirare e raggirare un regolamento europeo. C’è un senatore, Vaccari, che dice rivolgendosi e tuonando nei confronti del Governo: “Cosa aspettano i ministri Lollobrigida e Pichetto Fratin a intervenire normativamente su questa cosa dopo la dura lezione subita con la sentenza del TAR del Lazio che dice che questa circolare è perfettamente inutile, circolare interpretativa”. Si è capito che è assolutamente inefficace per attuare un regolamento comunitario e per modificarne la portata perché questo è quello che volevano fare, non attuarlo, ma modificarlo. La strada maestra debba essere quella di approvare un atto con forza di legge. Voilà, arriva l’atto con forza di legge.

Perché andate a traino di Fratelli d’Italia? Questa è una cosa assolutamente incomprensibile, controproducente, che non trova una logica nelle cose, sotto nessun aspetto, né della logica, né del senso delle cose, della scientificità, ma neppure della ricerca del consenso. Sono scelte.

Quindi, chiedo con questa interpellanza all’assessore Mammi quali siano le ricadute dell’approvazione del Decreto Asset sulla situazione dell’Emilia-Romagna; se la Giunta si trova vicina alle posizioni proposte dal Governo Meloni con il Decreto Asset o se, vista l’elevata tossicità del piombo, si possa invece salvaguardare l’ambiente e la fauna selvatica e la stessa salute umana, in che modo e con quali azioni concrete.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Mammi, prego.

 

MAMMI, assessore: Grazie, presidente.

Ringrazio la consigliera Gibertoni perché l’interpellanza è stata rinviata un paio di volte a causa mia per altri impegni istituzionali. Non ero presente in aula e invece oggi mi dà modo di rispondere. La ringrazio.

La legge n. 136 di ottobre 2023 ha disposto la conversione con modifiche del decreto legge n. 104 e ha previsto all’articolo 31 della 157 una sanzione amministrativa da 20 a 300 euro per chi, nell’esercizio delle attività di tiro, nel tempo e nel percorso necessario a recarvisi o a rientrare dopo avere svolto tale attività, detiene munizioni contenenti una concentrazione di piombo, espressa in metallo, uguale o superiore all’1 per cento in peso all’interno di una zona umida o entro cento metri dalla stessa zona umida.

L’articolo poi ha definito cosa si intende per zona umida, individuandone tre tipi: zone umide di importanza internazionale, riconosciute e inserite nell’elenco della Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971; zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario, SIC, e in zone di protezione speciali, ZPS; zone umide ricadenti all’interno di riserve naturali o oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale.

Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che la sanzione non si applica se il soggetto dimostra di detenere munizioni di piombo di cui al comma 1-bis al fine di svolgere attività diverse da quelle di tiro. La Regione prendendo atto di queste integrazioni apportate dalla legge nazionale, legge nazionale che ovviamente entra in vigore e si applica su tutto il territorio, mantiene comunque in vigore la propria delibera n. 1147 del 2018, che vieta in tutti i SIC e in tutte le ZPS l’utilizzo di fucili caricati con munizioni, con pallini di piombo o contenenti piombo per l’attività venatoria all’interno delle zone umide naturali e artificiali, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e anche lagune d’acqua dolce, salata o salmastra, compresi i prati allagati, con esclusione dei maceri, nonché nel raggio di 150 metri dalle loro rive più esterne. Quindi, in questi casi c’è il divieto di utilizzare munizioni a piombo.

Inoltre, il calendario venatorio vieta nelle zone umide fuori Natura 2000 di utilizzare i fucili caricati con munizionamento con pallini di piombo contenenti piombo per l’attività venatoria all’interno delle zone umide naturali e artificiali, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lagune di acqua dolce, salata e salmastra, compresi appunto i prati allagati, con esclusione dei maceri, nonché a distanza inferiore a 50 metri dalle rive più esterne degli stessi.

Ne deriva pertanto che la normativa regionale già presenta elementi di maggiore attenzione, che sono applicati su tutto il territorio non rientrante nei siti di interesse comunitario, i SIC, o in zone di protezione speciale, ZPS, così come nelle zone umide ricadenti all’interno delle riserve naturali e oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Consigliera Gibertoni, prego. Ha 30 secondi.

 

GIBERTONI: Non si sta facendo abbastanza, a mio avviso.

Il piombo, che prima del 2018 non si poteva usare – poi è stato rimesso dalla precedente Giunta, dal Consiglio regionale precedente – in Emilia-Romagna, quindi facendo un passo indietro, andrebbe tolto completamente. Pensi alla fatica e al procedimento immane che è stato togliere il piombo come antidetonante nei carburanti. È stato un procedimento lunghissimo e ora siamo tutti d’accordo che quella cosa, proprio perché era tossica, fosse pericolosissima.

Io penso che si stia trascurando, invece, la possibilità di toglierlo completamente dall’attività venatoria. Quindi, sicuramente fare meglio di questo Governo sulle zone umide, tutte le zone umide a rischio, senza distinzione, senza nessun distinguo; poi, toglierlo da ogni possibilità che i cacciatori lo utilizzino nell’attività venatoria, proprio perché la tossicità, che se non interessa gli animali è a carico della salute umana, è nota.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 7607

Interpellanza per sapere cosa intenda fare la Regione per la salvaguardia della torre Garisenda. A firma della Consigliera: Evangelisti

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo ora all’interpellanza oggetto 7607 per sapere cosa intende fare la Regione per la salvaguardia della torre Garisenda, a firma della consigliera Evangelisti.

Consigliera Evangelisti, prego.

 

EVANGELISTI: Grazie, presidente.

La torre Garisenda costituisce, lo sappiamo tutti, uno dei simboli più rappresentativi della città di Bologna, e non solo, perché la fama della torre Garisenda oltrepassa Bologna, la nostra Regione ed è proprio un simbolo che va al di là.

Edificata attorno al 1109, dalla famiglia dei Garisendi, la proprietà della torre, non lo devo certo insegnare io a lei, assessore, è passata negli anni a diverse famiglie, e oggi è in capo al Comune di Bologna.

È stata oggetto, la torre, negli anni scorsi, di monitoraggio strutturale attraverso un complesso sistema di sensori, tra cui inclinometri, per misurare l’inclinazione dell’asse della torre e la loro variabilità nel tempo.

Un altro movimento tipico che si assume che la torre abbia assunto in questi anni, e che è stato registrato risultava quello dovuto alla torsione verso la chiesa di San Bartolomeo. Qualche mese fa è stato registrato un ulteriore movimento, sempre ritenuto anomalo e dovuto a una torsione della torre, invece, verso la torre adiacente, la torre degli Asinelli.

Attualmente, nel momento in cui questa interpellanza è stata redatta, risultava costituito il comitato tecnico-scientifico, ormai costituito da tempo, con 14 membri, all’interno del quale non sempre vi è stata uniformità di vedute.

Da fonti di stampa in queste settimane si è appreso che si sarebbe costituito anche un comitato per il restauro della Garisenda con esperti di caratura internazionale. Ci pare che così sia stato.

Il sindaco Lepore, in questo contesto anche di perplessità e di clamore rispetto alla situazione in cui, quasi improvvisamente, a suo dire, a dire dell’Amministrazione, si è trovata a versare la Torre, ha proposto l’estensione del riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’Unesco delle due Torri. È evidente che una candidatura di questo tipo deve presupporre un intervento strutturale sulla Torre stessa.

Dal 2020, a seguito di vecchi movimenti registrati nel corso degli anni, era stato studiato un sistema di tralicci e di pali che avrebbe dovuto evitare una tendenza verso est della Torre, ma questo intervento, alla luce di questi nuovi movimenti, parrebbe oggi superato. L’intervento oggi principale di rinforzo superstite, quello che sembrava individuato nel 2020, sembra essere l’iniezione di una malta speciale nel basamento, compatibile con gli altri materiali di cui si compone la Torre.

Nel momento in cui è stata formulata l’interpellanza non era ancora pervenuta la relazione del Comitato tecnico-scientifico, più volte ‒ a suo dire ‒ richiesta dal sindaco Lepore. Oggi pare se ne abbia contezza.

La prima misura di protezione adottata dal sindaco cittadino è stata la pedonalizzazione di Piazza di Porta Ravegnana e di una parte di via San Vitale, in attesa di questo responso. Oggi vi è l’adozione di provvedimenti successivi. Sappiamo che entro il 22 gennaio la Torre dovrà essere in qualche modo protetta. Abbiamo un costo iniziale dell’intervento stimato in 15 milioni di euro, da suddividersi ‒ supponiamo ‒ tra Stato, Comune di Bologna e Regione Emilia-Romagna. Noi chiediamo alla Giunta regionale, suo tramite, assessore, che cosa intenda fare concretamente la Regione per la salvaguardia della Torre Garisenda e anche un giudizio su quello che è stato fino ad oggi l’operato del Comune di Bologna e degli Enti interessati, soprattutto se, a dire suo e della Regione, vi è stata una sorta di sottovalutazione del problema.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Felicori, prego.

 

FELICORI, assessore: Chiedo scusa dell’imperizia e ringrazio la consigliera per l’intervento che ci induce a porre attenzione a quello che è forse il monumento principale del capoluogo di questa Regione, quindi è importante che si mantenga una certa attenzione.

Penso che la consigliera Evangelisti abbia valutato che di tutte le figure interessate al tema della Garisenda. Io sono stato quello più parco di parole e di dichiarazioni.

Non che questo sia il mio stile, è quasi sempre il mio stile, ma io ho una certa avversione contro il parlare prima di aver studiato. Quindi, tutti quelli che si sono affrettati a fare diagnosi, risposte, problemi, hanno costituito un repertorio di idee molto interessanti ma si è trattato di idee, di idee generali.

Per esempio, penso che la consigliera avrà notato che ci sono stati anche un paio di interventi molto singolari che mi hanno incuriosito, che io peraltro non condivido, sul fatto che ci fosse un eccesso di amore per la Garisenda quasi una forma di idolatria, quasi che trasformare i beni cultuali in idoli da adorare e da sistemare a qualunque costo, fosse un modo pagano di affrontare le cose della vita.

Ovviamente non sono d’accordo, ma è per dire che non sono contro i dibattiti ideologici. Però dobbiamo sapere che quei dibattiti sono dibattiti che avvengono nell’ignoranza di un esame esatto.

Ho fatto due dichiarazioni. La prima dichiarazione è stata… Quanto tempo ho, presidente, 20 minuti?

 

(interruzione)

 

FELICORI, assessore: 6 minuti. Non parlo mai. Perché non si accumulano, perché non ci date un budget annuo? Se avessimo un budget annuo…

La mia prima dichiarazione è stata: bene, c’è un problema, occorre che venga studiato ‒ ho usato un’analogia con la medicina ‒ qual è la malattia, che venga individuata la terapia, che si sappia quanto costa la terapia. La Regione è pronta a contribuire alla messa in sicurezza e alla salvezza della Garisenda.

In questo modo noi abbiamo corrisposto a quello che dice il Codice dei beni culturali. Io vorrei invitare tutti, soprattutto quelli che hanno un minimo di passione per le politiche culturali, a rileggere il Codice dei beni culturali. Il Codice dei beni culturali, contrariamente ad un diffuso centralismo e statalismo che si sta affermando, è un Codice che prescrive un rapporto veramente speciale, intenso e fecondo fra lo Stato, le Regioni e gli enti locali. Sembra quasi un testo, per certi aspetti, un po’ antiquato nella sua bellezza.

Quindi, noi per legge siamo chiamati a concorrere con quello che lo Stato deve fare, Stato titolare della tutela, e quello che il Comune deve fare, Comune titolare della custodia dei propri beni, ovviamente. Quindi, noi, dichiarando l’interesse a partecipare e dare una mano, non abbiamo fatto altro che rispettare una legge. Questa è stata la prima dichiarazione.

Naturalmente mi sono sottratto, ho evitato di fare commenti, perché tutti i commenti, per forza di cose, sono viziati da presupposti ideologici. Quelli che si sono affrettati a dire che una responsabilità era degli autobus: è possibile, forse probabile. Vogliamo darlo per sicuro? Forse è sicuro, ma come fanno a saperlo che sono gli autobus? Quelli che si sono affrettati a dire che non sono gli autobus, come fanno a sapere che non sono gli autobus. Quindi, io ho evitato di prendere posizioni, soprattutto considerando la responsabilità che ha la Regione.

Poi, abbiamo fatto una seconda dichiarazione, quando abbiamo capito che il Comune propendeva per una messa in sicurezza, la prima cosa che hanno deciso di fare è impedire che un eventuale, improbabilissimo crollo della Torre danneggiasse [...]. Quindi, primo, messa in sicurezza mentre si studia il da farsi. Abbiamo capito la consistenza delle norme, abbiamo fatto il presidente e io una seconda dichiarazione in cui abbiamo detto, bene, noi ci predisponiamo, immaginando quale sarà il costo dell’operazione, al fatto che la Giunta concorra per un importo che stimiamo al momento in 5 milioni, e ci stiamo organizzando con l’assessore al bilancio a questo.

Noi ci siamo fermati lì. Potevamo dire di più? Secondo me, no. Non potevamo dire di più, nulla più che non fosse fondato da dati di fatto. Però penso che… Mi pare che il Comune ci abbia ringraziato. Penso che abbiamo fatto il nostro dovere corrispondendo alla legge, al Codice dei beni culturali. Noto en passant, ma senza polemica perché io apprezzo molte delle cose che sta facendo il Ministro Sangiuliano, che, mentre il Ministro ci chiamava a concorrere alle spese per la Garisenda, non ci chiamava poi alle riunioni sulla Garisenda. Ma penso che noi dobbiamo generosamente anche evitare questi dettagli e farne ragioni di polemiche.

Chiede la consigliera qual è il giudizio che noi diamo su quello che è avvenuto finora, visto che… Io penso che anche su questo noi dobbiamo essere cauti. Ritengo, e lo stanno facendo, che il primo che deve fare un’indagine per rispondere alla domanda se abbiamo sottovalutato o non abbiamo sottovalutato il problema Garisenda, il primo che deve fare questa indagine e anche l’unico al momento che è in grado di fare questa indagine, perché non certo la possiamo fare noi, è il Comune di Bologna.

Il Comune di Bologna a un certo punto risponderà a questa domanda. Noi leggeremo questa risposta, ne trarremo eventualmente delle conclusioni, ma quello che lei ci chiede io capisco perché lei ce lo chieda. È giusto che tutti noi ce lo chiediamo, però la risposta sta, anche in questo caso, in un’analisi della situazione, nello studio di quello che è stato fatto e poi si trarranno delle conclusioni. Purtroppo, nella società della comunicazione, noi non siamo più in grado di tenere insieme i tempi della comunicazione con i tempi dello studio.

Per studiare ci vuole tempo, ma i giornali escono tutti i giorni, i telegiornali escono ogni ora e la rete è aperta ogni secondo. Il risultato di tutto questo è che tutti noi siamo chiamati a parlare in continuazione ma, siccome noi non possiamo studiare in continuazione con la profondità tale che ci permetta di non dire delle sciocchezze quando parliamo, c’è una contraddizione insanabile, che va gestita così, un po’ personalmente, con sobrietà e responsabilità. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliera Evangelisti, prego.

 

EVANGELISTI: Grazie, professore, per la sua risposta. È evidente che da parte nostra ci sia un interesse anche nell’esaminare e nel rinvenire se ci sono responsabilità, non semplicemente per una questione esclusivamente politica, ma perché tutti noi siamo ad amministrare la cosa pubblica e la cosa pubblica impone, come si dice, oneri e onori, responsabilità. Ora noi sappiamo – e questi sono i fatti, non sono valutazioni nostre, non sono suggestioni o valutazioni politiche – che la Torre Garisenda è sotto osservazione da tempo. Sappiamo, ed è un dato, che fu il Sindaco Merola nel 2019 a costituire il Comitato tecnico-scientifico per il consolidamento della Torre. Nella primavera 2020 il professor Trombetti e il professor Di Tommaso consegnarono una specifica relazione di valutazione ingegneristica. Sappiamo che era in atto una convenzione tra il Comune di Bologna e il Dipartimento dell’Università, che questa convenzione era scaduta nella primavera del 2020 e che è stata rinnovata soltanto nell’ottobre 2023, con uno specifico incarico a procedere alla interpretazione sistematica, anche retroattiva.

Sappiamo che nell’agosto 2021 i professori Trombetti e Di Tommaso hanno consegnato l’aggiornamento di questa valutazione ingegneristica; che a settembre 2022 il Comitato ristretto inviava una nota (vado molto succintamente); che a ottobre 2023 si svolgeva una riunione ristretta e più membri, i soggetti coinvolti nel monitoraggio, nella tecnica di costruzioni, e che questa riunione era stata convocata proprio dal Comune di Bologna. Sappiamo che oggi sono stati dati degli incarichi più specifici.

Tutto questo per dire che cosa? Che lei ha ragione sul fatto che bisogna sempre approfondire, però non è che la situazione della Torre è un fenomeno conseguente ad un’alluvione o ad un terremoto. È un fenomeno che era sotto osservazione da tempo. Quindi, dovremmo avere il coraggio di dire che, con tutta probabilità, maggiore attenzione doveva essere posta, che tutto quello che si poteva fare, almeno per contenere la situazione, forse andava fatto prima. Oggi auspichiamo ovviamente in qualche modo che si possa rimediare. Sicuramente le misure adottate di prevenzione sono necessarie.

Prendiamo atto con favore dell’impegno della Regione Emilia-Romagna, dal punto di vista economico, ma soprattutto per l’attenzione che dalle sue parole, assessore, traspare. Quindi ascoltandola ci è venuto in mente che potrebbe essere un’occasione utile, non soltanto per il gruppo di Fratelli d’Italia, ma per tutti noi, magari, in questa sede, chiedere, se lei appunto ce lo concederà, un’udienza conoscitiva di approfondimento della situazione della Torre, che possa accompagnare questo percorso.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Abbiamo finito le interpellanze.

 

OGGETTO 7377

Progetto di legge d’iniziativa Giunta recante: “Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione L.R. n. 37/1994”. (82)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione e approvazione)

(Ordini del giorno 7377/1/2 oggetti 78257826 – Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo i lavori con l’oggetto 7377: progetto di legge d’iniziativa della Giunta “Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione L.R. n. 37/1994”, delibera di Giunta n. 1503 dell’11 settembre 2023.

Il testo n. 4 è stato licenziato dalla Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità nella seduta del 30 novembre 2023, con il seguente titolo “Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione della legge regionale 22 agosto 1994, n. 37”.

Il progetto di legge è composto da 11 articoli.

La relatrice della Commissione, consigliera Pillati, ha preannunciato di svolgere relazione orale.

Il relatore di minoranza, consigliere Facci, ha preannunciato di svolgere relazione orale.

Il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere favorevole.

Su tale oggetto insiste una proposta di emendamento a firma dei consiglieri Pillati e Facci e sono state presentate due proposte di ordine del giorno a firma, il n. 1, Pompignoli e Castaldini e, il n. 2, a firma Amico, Maletti Francesca e Pillati.

Consigliera Pillati, prego.

 

PILLATI, relatrice della Commissione: Grazie, presidente.

Il progetto di legge di iniziativa della Giunta su cui oggi l’aula dovrà esprimere il suo voto ha a che fare con un tema molto importante per la nostra regione e le nostre comunità, cioè la promozione della cultura nelle sue diverse espressioni.

Voglio iniziare il mio intervento con dei ringraziamenti, innanzitutto all’assessore Felicori, al dottor Cottafavi e a tutto l’Assessorato per il lavoro intenso che ha portato alla stesura di questo progetto di legge, ma anche per l’impegno e l’attenzione che hanno dedicato al percorso di discussione della proposta di legge in Commissione. Ringrazio, poi, la presidente Marchetti, il collega Facci, relatore di minoranza, i colleghi di maggioranza e minoranza per la qualità della discussione nelle diverse occasioni di approfondimento e confronto, che ci hanno permesso di cogliere appieno le motivazioni che hanno portato la Giunta a decidere di superare la legge n. 37, una legge certamente importante, ma la cui vetustà aveva già richiesto degli interventi a più riprese. Per questo, la sua formulazione non era più organica e lineare, proprio per l’effetto di queste stratificazioni successive.

Durante i suoi trent’anni di vita sono cambiate molte cose sul piano normativo, sia dentro che fuori dalla Regione, e questo ha profondamente modificato gli scenari a cui la legge si è dovuta, con sempre più fatica, adattare.

Questa nuova legge ha dunque la finalità di aggiornare, innovare, semplificare e rendere più organica la disciplina regionale su un tema centrale per la vita delle nostre comunità, la promozione della cultura come strumento di crescita personale e di inclusione sociale.

Nel corso dell’audizione con alcuni rappresentanti del Forum del Terzo settore, dell’ANCI Emilia-Romagna, che si è svolta in un clima davvero molto positivo, abbiamo potuto cogliere, dalle valutazioni degli intervenuti, da un lato il valore e il ruolo che ha avuto la legge 37 nel sostenere lo sviluppo di una cultura diffusa che caratterizza la vita delle nostre comunità, ma dall’altro la consapevolezza condivisa che una revisione della legge fosse necessaria, sempre che però ne venisse confermato e rafforzato l’insieme degli obiettivi.

Sono emerse, nei diversi interventi, alcune sottolineature interessanti, un comune apprezzamento sulle innovazioni introdotte nella formulazione di quella che possiamo definire la nuova legge 37, il cui il testo finale, che oggi andiamo a votare, si è arricchito dell’esito proprio di quella discussione costruttiva. Una legge semplice, lineare, che si concentra sulle questioni generali, gli indirizzi generali e che poi affida ai programmi triennali una serie di elementi e gli aggiustamenti che si renderanno necessari nel tempo.

Vediamo più nel dettaglio com’è articolato il testo del progetto.

Nell’articolo 1 vengono esplicitate finalità generali della legge, principi fondamentali che devono essere seguiti nell’ambito della promozione della cultura e delle attività culturali.

La nuova disciplina contenuta nella legge mira a favorire la promozione della cultura come strumento di crescita personale e di inclusione sociali. Le azioni della Regione devono tendere a rimuovere gli ostacoli che limitano l’accesso e la partecipazione alle attività culturali.

La valorizzazione della creatività, dell’innovazione, della ricerca nel settore della promozione culturale possono consentire non solo la crescita personale degli individui, ma favorire lo sviluppo socioeconomico della comunità.

Un altro importante obiettivo è quello di realizzare un’offerta culturale qualitativamente elevata, anche attraverso azioni coordinate con altri settori, come quello del patrimonio culturale, della promozione turistica, del benessere degli individui e delle comunità. Un punto fondamentale, poi, riguarda la diffusione della cultura digitale e dell’innovazione tecnologica nonché della promozione di azioni dirette a realizzare gli obiettivi di transizione ecologica, coniugando le forme classiche di fruizione della cultura con nuove forme di divulgazione e coinvolgimento del pubblico.

L’articolo 2 definisce cosa si intende per attività di promozione culturale e quindi determina la portata applicativa della legge, individuando quali sono i settori di intervento. La promozione culturale comprende non solo tutte le diverse espressioni della cultura, ma tutte quelle attività, finalizzate a divulgare la storia, le tradizioni dei nostri territori, che promuovano la creatività artistica e letteraria, anche valorizzando forme espressive innovative e contemporanee.

L’articolo 3 definisce le funzioni della Regione in materia di promozione delle attività culturali, ovviamente nel rispetto della normativa vigente nazionale. Alla Regione competono sia attività di programmazione e indirizzo, attraverso gli atti di programmazione pluriennale, sia interventi diretti e di sostegno a soggetti pubblici e privati. Il progetto di legge prevede, infatti, che la Regione possa intervenire direttamente in campo culturale, attuando i propri progetti di promozione culturale, attraverso anche la sottoscrizione di accordi e convenzioni, mentre l’intervento indiretto si attua principalmente tramite l’erogazione di contributi agli operatori del settore culturale.

I contributi non sono solo diretti, però, al sostegno delle attività, ma possono, e questa è una novità, essere anche finalizzati alla realizzazione, ristrutturazione, riqualificazione e adeguamento tecnologico degli immobili destinati allo svolgimento delle attività di promozione culturale. A questo proposito, presenterò un emendamento perché nel testo che è approdato in aula si è limitata, la possibilità di usufruire dei contributi per gli investimenti, a considerare gli immobili di proprietà pubblica. L’emendamento che propongo, ovviamente in accordo con l’assessore Felicori, è quello di allargare l’ambito, anche tenendo conto che spesso le pubbliche amministrazioni si avvalgono di spazi, ma anche di soggetti di natura privatistica; quindi, questa limitazione potrebbe in qualche modo limitare fortemente la possibilità di sfruttare questa apertura prevista all’interno del progetto di legge.

L’articolo 4 è quello, invece, che definisce le funzioni dei Comuni e delle Unioni di Comuni. In particolare, tali Enti, a seconda che le funzioni di promozioni culturali siano esercitate in forma singola o associata, concorrono alla realizzazione delle finalità della presente legge. In tale ambito viene favorita la collaborazione tra gli enti territoriali. Per migliorare il funzionamento complessivo del circuito culturale spesso è necessario tendere a una programmazione coordinata delle azioni di Regioni e Comuni.

Nell’articolo 5 la funzione di indirizzo svolta dalla Regione si incentra sull’adozione di un programma pluriennale, di regola triennale, che individua le priorità e le strategie di intervento in materia di promozione culturale. Il programma poi definisce gli ambiti di intervento, le modalità di attuazione e le tipologie di soggetti destinatari, in relazione alle singole azioni, e si occupa del coordinamento con le altre programmazioni regionali che intervengono in materie afferenti alla promozione culturale.

L’articolo 6 definisce le modalità di attuazione. In particolare, chiarisce gli strumenti di cui può avvalersi l’Amministrazione regionale per realizzare gli obiettivi strategici, per dare corpo a quanto definito in sede di programmazione. Come ho già sottolineato, la Regione può intervenire in maniera diretta o indiretta. Nella prima categoria di interventi sono ricomprese le iniziative direttamente promosse dalla Regione, le attività che siano finalizzate alla sottoscrizione di intese istituzionali e accordi stipulati con altre pubbliche amministrazioni, nonché le operazioni dirette alla conclusione di convenzioni con soggetti pubblici e privati. Gli interventi indiretti, invece, si concretizzano, come già dicevo, nel sostegno ad altri Enti promotori e organizzatori di eventi che si svolgono sul territorio regionale.

Su questo articolo, insieme al relatore Facci, abbiamo presentato un emendamento che cerca di rendere più chiaro il significato del comma 1, proprio in riferimento alle convenzioni. Lo ringrazio davvero, perché le sue osservazioni puntuali ci hanno consentito di migliorare la stesura del progetto di legge.

Un’altra tipologia di intervento è quella ‒ come sottolineavo nella descrizione dell’articolo 3 ‒ che si rivolge alla concessione di contributi per spese di investimento. Anche in riferimento a questo articolo, ho presentato un emendamento. A differenza di quello che compariva nell’articolo 3, dove era esplicitata la possibilità di usare i contributi per la realizzazione di immobili, per la realizzazione di immobili, di spazi, non solo, quindi, di riqualificazione e di ammodernamento, nell’articolo 6 la realizzazione non era esplicitamente indicata. Quindi, attraverso questo secondo emendamento, viene data coerenza agli strumenti rispetto a quelle che sono le funzioni previste per la Regione.

Nell’articolo 7 vengono, poi, individuate in maniera chiara le tipologie di soggetti destinatari degli interventi in materia di promozione culturale. In particolare, la Regione intende sostenere sia i soggetti pubblici, come gli Enti locali, i singoli associati, soggetti da essi costituiti o partecipati, nei cui Statuti sia prevista, tra le finalità, la promozione della cultura, sia i soggetti privati. Per quanto riguarda i soggetti privati, per poter essere destinatari del contributo regionale, devono operare esclusivamente o prevalentemente in campo culturale e devono possedere sede legale o operativa sul territorio regionale.

Il secondo comma, inoltre, stabilisce che il programma pluriennale, di cui all’articolo 5, possa delimitare ulteriormente le tipologie di soggetti destinatari.

All’articolo 8 la legge fissa le modalità di controllo della sua attuazione. È prevista, diversamente da quanto avveniva nella legge n. 37, la previsione della clausola valutativa, che consente all’Assemblea legislativa di esercitare il controllo e di valutare i risultati conseguiti.

La norma finanziaria, contenuta nell’articolo 9, prevede che per gli esercizi finanziari 2024-2025 la copertura degli oneri preveda un limite massimo di 3.800.000 euro per ogni annualità.

Diciamo che questo sostanzialmente è l’impianto della legge, per la quale davvero ci tengo a ringraziare nuovamente l’assessore per il dialogo e la consueta disponibilità autentica all’ascolto, che ci ha permesso davvero, nel lungo iter nelle Commissioni, di approfondire insieme e di comprendere meglio gli obiettivi, ma anche quella chiarezza che deve contraddistinguere ogni testo legislativo, demandando alcuni elementi di dettaglio agli atti normativi che ne conseguono, proprio per consentire alle leggi di avere lunga vita.

Sono convinta che intorno alla promozione culturale si continuerà a giocare molto del benessere e della qualità della vita e della coesione sociale della nostra comunità; quindi, davvero la ringrazio per questa particolare attenzione e sensibilità.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Prego, consigliere Facci.

 

FACCI, relatore di minoranza: Grazie.

Più che breve, sarò immediato nell’andare a individuare quelli che sono gli aspetti che ritengo degni di essere evidenziati. Se vogliamo, l’inquadramento generale che ha fatto la consigliera di maggioranza e relatrice di maggioranza è stato esaustivo. Ha richiamato i passaggi più importanti che questa legge pone nel superamento e nella riscrittura della legge n. 37.

Io che cosa vorrei evidenziare? Vorrei semplicemente fare delle osservazioni. La prima osservazione è che questa legge non deve essere, e questo è stato anche il senso dell’emendamento che ho condiviso col collega, quindi verosimilmente con l’assessore. Comunque, non è una legge ad uso riservato del Terzo settore.

Sicuramente il terzo settore ha un’importanza, il terzo settore, sia con la legislazione nazionale del 2017 e anche per quanto ci riguarda, con la recentissima nostra legge regionale, ha ricevuto e riceve una sua valorizzazione, un suo giusto riconoscimento, però non esiste solo il Terzo settore, o meglio, non esiste esclusivamente e prevalentemente. Quindi, questa legge deve essere una legge inclusiva.

Dico questo perché nel momento in cui si vanno a individuare le forme con cui la Regione interviene a sostegno delle attività di promozione culturale, vengono fatte delle differenziazioni che a mio avviso costituiscono un elemento critico. Ora, il primo elemento lo abbiamo in qualche modo chiarito nel momento in cui è stato effettuato l’emendamento a firma mia e della collega, all’articolo 6. Rispetto al testo licenziato dalla Commissione, abbiamo chiarito che le modalità attuative con i soggetti privati debbono essere fatte, possono essere fatte – possibilità – anche in attuazione del Codice del Terzo settore e delle norme della legge regionale del Terzo settore, quindi come possibilità.

Nel testo licenziato dalla Commissione in realtà, così com’era formulato, rimaneva dubbia questa alternatività, quindi sembrava che le convenzioni con soggetti privati dovessero necessariamente rientrare e che i soggetti privati dovessero rientrare nell’ambito dei soggetti previsti dal terzo settore. Quindi, chiarito questo, rimane un aspetto che non solo non è chiarito, è chiaro nella sua precisa formulazione, e capisco anche che ci sia una scelta politica precisa.

La legge 37 del ‘94, nel momento in cui andava ad individuare i destinatari dei contributi, prevedeva le istituzioni culturali, le associazioni culturali e organizzazioni operanti anche in campo culturale. Ripeto, associazioni culturali e organizzazioni operanti anche in campo culturale. Tre, soggetti pubblici e privati.

Quindi, in qualche modo, una legge ampia, inclusiva, permetteva a chiunque svolgesse attività in ambito culturale di partecipare alle azioni, ai bandi, tutto quello che in qualche modo la Regione, in forza di quella legge, andava a mettere in campo.

Oggi non è più così. Oggi i destinatari sono esclusivamente – lo leggiamo nell’articolo 7, chi ha il testo sottomano - per quanto riguarda i soggetti privati, coloro che svolgono esclusivamente o prevalentemente la loro attività in ambito culturale. Quindi, c’è una limitazione forte.

Questa limitazione c’è solo per i soggetti privati. Perché? Perché possono essere destinatari anche Enti locali, singoli o associati, e soggetti da essi costituiti o partecipati, nei cui statuti sia prevista tra le finalità la promozione culturale.

Tradotto, l’Ente pubblico, o comunque un soggetto riconducibile al pubblico, può costituire, può avere, qualora abbia nella propria finalità anche la cultura, può essere destinatario dell’intervento. Non lo può fare il privato, lo può fare un soggetto collegato al pubblico.

Questa è una differenziazione che obiettivamente, a mio avviso, non trova una ragione, nel senso che, se la ratio della legge era vogliamo limitare gli interventi solo ed esclusivamente a chi fa cultura e fa cultura in via esclusiva o prevalente, allora vale per il privato, ma vale anche per il pubblico. Nel momento in cui lo si prevede solo per il privato, ecco allora che riteniamo che questa nuova normativa sia in un qualche modo severa o comunque metta un filtro a monte, che faccio fatica in un qualche modo a giustificare nel momento in cui il medesimo filtro non c’è se il soggetto è in un qualche modo riconducibile all’ente locale, singolo o associato.

Questo sostanzialmente è l’aspetto più rilevante, perché lo stesso poi chiaramente, questa questione legata alla prevalenza o alla esclusività, lo troviamo anche nel richiamo, sempre nell’ambito dei soggetti destinatari, beneficiari dei contributi, all’articolo 7, comma 1, lettera d), nel momento in cui, appunto, anche gli enti del terzo settore possono essere destinatari di questi contributi qualora, appunto, anch’essi in via esclusiva o prevalente svolgano attività culturali. Quindi, differenziazione che ho detto non c’era nella legge n. 37, perché la legge n. 37 contemplava tutti, diciamo così. Questa legge non contempla tutti, ma contempla tutti solo per il settore pubblico. È una sperequazione che faccio fatica obiettivamente, per la quale faccio fatica a trovare un equilibrio e una giustificazione.

Va da sé che l’obiettivo dell’assessore è un obiettivo condivisibile, quello di mettere ordine a distanza di oramai trent’anni dalla legge del 1994, di chiarire anche molti aspetti, se vogliamo anche di semplificare, perché nella legge n. 37, nell’impianto di partenza, troviamo tutta una serie di specificazioni che sono più adatte, più opportune magari negli atti successivi, in fase di programmazione.

Sicuramente è importante e positiva la previsione di una clausola valutativa, una clausola valutativa nel momento in cui… Poiché la clausola valutativa comporta un rendiconto, un confronto con la Commissione di riferimento e, sostanzialmente, risponde a un’esigenza di trasparenza che nella legge n. 37/94 mancava, non era prevista in tal senso.

Di fatto è una buona legge, assessore, nel senso che la valuto e la giudico certamente positivamente, quantomeno perché c’è la volontà di mettere ordine. Tuttavia, è quell’aspetto che in un qualche modo vuole porre un filtro fin da subito, che ci lascia interdetti.

Credo che sarebbe stato – ripeto, l’avevo già detto in Commissione ‒ verosimilmente più completo, più ampio, quello di mantenere la possibilità a soggetti che anche in via residuale svolgono attività di promozione culturale, quello di partecipare, salvo poi, una volta che vengono individuati i bandi, le modalità e le varie azioni, andare a individuare volta per volta dei punteggi differenziati a seconda della consistenza, in termini di attività di promozione culturale del soggetto partecipante. Questo avrebbe avuto indubbiamente un maggiore equilibrio. Questo qui in realtà manca completamente.

È una precisa volontà? Sì, si capisce, non ci vuole l’interprete per capire che è una precisa scelta, ma è una scelta che esclude, che non trova la mia condivisione.

Per quanto riguarda la questione legata agli immobili, anche qua non ho ancora visto l’emendamento, però la collega l’ha annunciato, sicuramente in questo momento con il testo che abbiamo sottomano abbiamo un aspetto poco chiaro.

L’articolo 3 prevede che gli immobili destinatari di contributi possono essere quelli di proprietà pubblica, mentre invece nell’articolo 6, quando si parla di immobili, anzi, in realtà non parla neanche di immobili, parla di spazi aperti al pubblico, che è già una dizione più ampia, perché lo spazio aperto al pubblico non necessariamente è un immobile, è un contesto. Quindi, anche qua si tratta di capire se è una scelta che cade esclusivamente nell’ambito pubblico o se invece l’ambito pubblico che avrebbe una sorta di esclusività, questo aspetto viene rimosso e quindi può comprendere tutti quanti. Quindi, aspetto di vedere l’emendamento per capire in che termini vengono allineate queste due disposizioni, che apparentemente cozzano e si scontrano.

Per il resto non dico altro, perché questi erano gli aspetti sostanzialmente, gli elementi di criticità che, appunto, andavano necessariamente evidenziati. Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Si apre ora la discussione generale.

Ricordo ai colleghi che siamo in discussione generale sull’oggetto 7377.

Chi vuole intervenire? Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Anch’io mi associo ai ringraziamenti all’assessore Felicori per aver portato all’attenzione prima della Commissione e oggi in aula un progetto di legge così importante, centrale e anche caratteristico, per quella che è stata la sua storia della legge n. 37 della Regione Emilia-Romagna sulla promozione culturale. Io voglio ringraziare anche la collega Pillati per aver illustrato e aver seguito con precisione e dovizia. Anche oggi ci ha portato all’attenzione alcuni ultimi e, a mio avviso, corretti aggiustamenti di precisazione per alcuni termini di una legge importante, come quella che, dopo quasi trent’anni dalla sua promulgazione, arriva a essere avvicendata.

Credo che sia un passaggio importante perché il tema della promozione culturale ovviamente è caro a tutti noi ed è spesso e volentieri, mi vien da dire, una specie di sistema negletto, un’ultima ruota del carro, un qualcosa che arriva sempre dopo tanto altro, mentre la legge n. 37, nel corso della sua storia e oggi, con il nuovo testo, credo che possa assumere un carattere di rilancio e presenza delle attività culturali sul nostro territorio molto positivo. Così come è molto positivo ‒ è ovvio che avremmo voluto vedere un innalzamento delle risorse complessive della dotazione della legge, che comunque vengono confermate ‒ il dato di conferma dell’importo a disposizione della legge per quanto riguarda le attività in essa previste, che sappiamo, alla chiusura dell’ultimo avviso o bando della legge n. 37, ha riguardato il coinvolgimento di oltre 350 soggetti, pubblici e privati, che hanno attinto alle risorse della legge n. 37 e che rappresentano quella ricchezza, quella pluralità e quella vivacità che sul territorio emiliano-romagnolo esiste in ambito culturale.

Nella gerarchia delle leggi della cultura della Regione Emilia-Romagna c’era la legge n. 37, che era lo strumento per far partire anche degli embrioni di attività, che poi si sarebbero, magari, sviluppati attraverso la legge dello spettacolo, la legge n. 13, e che poi, dopo, nel corso degli anni, si è arricchita di un’altra serie di provvedimenti legislativi. Penso alla legge sul cinema, alla legge sulla musica e, non ultima, anche alla legge sull’editoria, che vanno a completare il quadro degli interventi che la Regione Emilia-Romagna destina alla cultura diffusa sul territorio emiliano-romagnolo.

Rivedere un testo consolidato dopo trent’anni ha sicuramente, da un lato, il pregio di innovare e di rimettere in ordine una serie di princìpi, criteri, finalità. È chiaro che ‒ per questo ancora una volta ringrazio l’assessore ‒ è indice di una volontà di innovazione positiva. Nel momento stesso in cui si è arrivati alla presentazione prima del testo in Commissione e poi oggi in aula... È una legge che cerca di accompagnare le trasformazioni, di rilanciare sul tema della promozione culturale, che è qualcosa che è al centro delle preoccupazioni di molti di noi rispetto all’animazione dei territori, l’animazione nelle nostre comunità, e che lo fa in una chiave, dal mio punto di vista, non solo di riordino, ma anche di innovazione.

Il relatore di minoranza dice che non è una legge del terzo settore. Sono assolutamente d’accordo. È chiaro che gli interventi che noi abbiamo presentato in Commissione e che oggi troviamo nel testo in approvazione all’aula non chiudono ai destinatari del terzo settore, ma semplicemente puntualizzano che, qualora si intrattengano relazioni con questi soggetti, si può impiegare una serie di strumenti che si sono affacciati sulla scena nazionale e poi anche sulla scena regionale, a partire dal Codice del terzo settore e poi dopo dalla legge n. 3 del 2023, che sono gli strumenti specifici per intrattenere delle relazioni tra la Pubblica Amministrazione e il terzo settore.

Questo è l’intento, non sicuramente l’intento di chiudere al solo terzo settore l’elemento dei destinatari, anche perché sicuramente dentro i destinatari ci sono anche tutte le Amministrazioni pubbliche, in forma diretta o indiretta. Penso alle varie Fondazioni, penso alle varie società in house, agli Enti strumentali di cui le Amministrazioni pubbliche si dotano per poter operare più agevolmente sul territorio rispetto alla promozione culturale, che è uno dei cuori dell’animazione e della definizione del benessere complessivo dei nostri cittadini e delle nostre cittadine.

Non è quindi una legge per il terzo settore, semplicemente raccorda alcuni elementi, che sia la Regione che lo Stato hanno individuato per quanto riguarda il terzo settore, tant’è che accompagniamo a questo progetto un ordine del giorno, che ulteriormente specifica come tutto ciò non sia da ascrivere solo ai soggetti iscritti al Registro unico, ma contempli anche quegli Enti non commerciali che non si iscrivono al Registro unico, e sono ancora ancora molti, eppure, proprio in ambito culturale sono quelli che, tra compagnie teatrali e associazioni culturali sul territorio, non essendo iscritti al Registro unico, continuano ad operare e a dare una serie di risposte e opportunità.

Dentro la vecchia legge n. 37 (mi auguro che troveremo un numero che sedimenti allo stesso modo come quello che ci ha accompagnato per trent’anni) venivano sostenuti molti, interessanti progetti sul territorio, da Piacenza a Rimini, promossi sia dalle Amministrazioni pubbliche, sia dalle associazioni, sia dai soggetti privati, da istituzioni culturali, dai piccoli festival musicali a quelli cinematografici, ai festival di lettura, ai premi per la critica cinematografica, a tantissime cose, che fanno dell’Emilia-Romagna un territorio particolarmente ricco e attrattivo anche per coloro che non solo lo visitano dal punto di vista turistico, ma lo visitano anche in termini di studenti, penso agli studenti universitari. In diverse occasioni abbiamo discusso di quanto e come le nostre università siano attrattive per gli studenti. È chiaro che, al di là dell’aspetto formativo o al di là dell’aspetto legato all’impiego delle risorse per il diritto allo studio, uno degli elementi caratterizzanti per le nostre città universitaria è anche l’offerta culturale, che risponde alle esigenze degli studenti e delle studentesse universitarie, che trovano proprio in queste attività stimoli ed elementi di attrazione.

Ebbene, l’ordine del giorno tende a dire questo: bene i soggetti privati, bene i soggetti del terzo settore, non trascuriamo, però, gli enti non commerciali, anzi cerchiamo di capire, nel momento stesso in cui noi andremo a declinare le linee di indirizzo dei programmi triennali, come fare a ricomprendere anche questi soggetti, che rappresentano un numero piuttosto consistente di coloro che operano.

L’altro elemento che mi preme sottolineare, che è stato frutto degli emendamenti che vorrei specificare ancora meglio e che ha a che fare proprio con il tema dell’accompagnamento dei soggetti del terzo settore in quei procedimenti ad essi riservati, è quello dell’amministrazione condivisa, che – c’è stata anche una discussione all’interno della Commissione con l’assessore – mette l’Amministrazione pubblica, in questo caso l’Amministrazione regionale, maggiormente al centro nella definizione degli indirizzi, non solo esclusivamente attraverso degli atti, ma così come per quanto riguarda gli enti pubblici si prevede di arrivare a procedure negoziate che arrivino a trovare il punto d’incontro migliore tra le linee di indirizzo proposte dalla Regione Emilia-Romagna e le esigenze dell’ente pubblico, che magari non ha bisogno semplicemente di costruire una graduatoria a punteggio, ma che vuole raggiungere degli obiettivi condivisi con la Regione, altrettanto gli strumenti di procedura per l’amministrazione condivisa consentono allo stesso modo, nella relazione tra Regione ed Enti di terzo settore, questo tipo di orizzonte, in particolar modo con quegli Enti che hanno l’onere e l’onore di coordinare una serie di affiliati, soggetti afferenti a quelle reti associative che hanno un valore regionale, che ci consentano sostanzialmente di rapportarci in un’ottica di coordinamento, quindi di perseguimento migliore degli obiettivi che la Regione si vuole dare.

Credo infine che ciò che il consigliere Facci sottolineava di questa distinzione tra quelle che sono le prerogative per gli enti pubblici rispetto alle prerogative degli enti privati, potrei anche seguirla, da questo punto di vista. Stante però la dotazione che questa legge si porta dietro, che consolida, e che quindi è un dato positivo, o abbiamo gli strumenti adeguati per estendere le possibilità di questa legge, quindi avere una dotazione economica anche superiore rispetto ai 3,8 milioni di euro che qui vengono indicati, ci consente – con la restrizione che denunciava come lesiva il consigliere Facci –di focalizzare per quanto riguarda i soggetti privati, di dare un indirizzo io credo positivo in questo senso, in un ambito che spesso e volentieri ho definito all’inizio un po’ negletto perché arriva sempre dopo, arriva sempre dopo altre priorità, altre questioni che hanno sempre una impellenza maggiore e che invece credo ci caratterizzi come sistema regionale molto bene.

Grazie.

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Amico.

Consigliera Bondavalli, prego.

 

BONDAVALLI: Grazie, presidente.

Brevemente, l’intervento su questo progetto di legge che già dal titolo fa capire molto non solo del suo contenuto, cioè la promozione culturale, ma lo spirito, proprio, gli approcci, gli obiettivi che hanno animato sia l’elaborazione, sia il suo iter prima di arrivare a questa discussione in aula.

Faccio riferimento all’espressione “nuove norme”, che indica con chiarezza sia l’esistenza di una precedente e importante, come sappiamo, disciplina, la storica legge n. 37 del 1994, sia l’esigenza di una volontà proprio di rappresentare una disciplina aggiornata, completa e diretta ad intervenire rispetto alle esigenze attuali, a un mondo che evidentemente è cambiato e alle esigenze anche delle nostre comunità, in un ambito centrale per la coesione territoriale e sociale.

La legge regionale da cui partiamo, quella rispetto alla quale il progetto di legge costituisce un orizzonte normativo nuovo, ha ormai trent’anni. In questo lungo periodo ha svolto sicuramente un ruolo fondamentale, costituendo uno dei capisaldi degli strumenti di regolazione nelle politiche culturali della nostra Regione, aiutando lo sviluppo delle tante iniziative ed esperienze che sappiamo caratterizzare la nostra regione.

Le innovazioni proposte da questo progetto di legge agiscono anche nell’architettura dell’articolato, rilevando anche nella struttura del testo proprio l’esigenza di un approccio nuovo. Questo avviene fin dai primi articoli, come quello in cui si procede a un compito tanto difficile, quando si parla di cultura, quanto indispensabile, vale a dire proprio la definizione delle attività che vanno nella direzione della promozione culturale, assumendo a riferimento sia le arti visive sia le arti performative, come la musica, la danza e il teatro. È senza dubbio un’operazione complessa, che però si è tradotta in scelte efficaci, in scelte chiare, declinandola in diffusione, conoscenza, divulgazione, promozione della creatività. Ma non solo. Questo è un aspetto che tengo a sottolineare: quello della formazione del pubblico.

Questo è l’esito di un mio emendamento, che ho presentato durante la discussione in Commissione, nella convinzione che la promozione culturale debba anche essere diretta ad avvicinare alle tante diverse forme in cui si manifesta la cultura, a partire da quella contemporanea, i tanti e differenti pubblici delle nostre comunità. Il pubblico abituale, così come quello lontano ‒ diciamo così ‒ dalla cultura. Insomma, far conoscere, divulgare, diffondere, favorire la creatività significa anche ridurre le distanze e rendere più coese le nostre comunità. Un aspetto che mi pare rivesta anche particolare rilievo, che ci propone l’obiettivo di ridurre le differenze tra centri e periferie. Questo è un aspetto che si è sedimentato anche nell’articolo 3, che viene proposto dal progetto di legge, nel cui testo, sulla base, anche qui, di un emendamento che ho presentato in Commissione, si prevede che la Regione sostenga le attività di promozione culturale, tenendo conto anche delle strategie per le aree interne montane, mettendo, quindi, al centro l’obiettivo della coesione territoriale e sociale, ora inserito nel testo del progetto di legge.

Un altro elemento di innovazione introdotto da questo progetto di legge consiste nella puntuale declinazione degli strumenti di programmazione, dei destinatari, delle funzioni della Regione e di quelle dei Comuni. Queste innovazioni sono state costruite anche tenendo conto dell’importante esperienza maturata nell’attuazione degli strumenti che abbiamo avuto a disposizione fino a questo momento e che hanno trovato una sede di confronto nel passaggio svolto prima dell’esame istruttorio in Commissione V con i componenti del Forum del terzo settore dell’ANCI Emilia-Romagna, dai quali è giunto un reale incoraggiamento a proseguire rispetto alle scelte di fondo del progetto di legge e ancor di più rispetto all’esigenza di procedere ad un profondo aggiornamento della legge regionale.

Di particolare importanza in questo quadro è l’obiettivo di agire secondo una logica di semplificazione, per eliminare o ridurre gli appesantimenti burocratici, trasformando gli snodi di incertezza interpretativa in ambiti di flessibilità.

L’attuazione delle finalità previste dal progetto di legge ricondotta sia a misure dirette della Regione, sia ad azioni in cui emerge il ruolo della dimensione pattizia, esito del dialogo e della condivisione con i territori e al loro interno della collaborazione tra Enti locali e terzo settore, sia ancora alla concessione di contributi da erogare ai soggetti organizzatori di progetti di promozione culturale.

È un’esaltazione del principio di sussidiarietà, a cominciare da quello orizzontale, disciplinando l’alveo entro il quale costruire nuove modalità di collaborazione...

 

PRESIDENTE (Petitti): Colleghi, un po’ di silenzio, per cortesia.

 

BONDAVALLI: Nuove modalità di collaborazione tra soggetti pubblici e privati.

Questo è un elemento caratterizzante la produzione normativa della nostra Regione in questa legislatura, che attribuisce un valore centrale sia alle co-programmazioni e co-progettazioni del pubblico con i privati e, nello specifico, con il privato sociale, sia alla cooperazione tra livelli istituzionali, dunque Regione, Enti locali, Università e soggetti dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.

In questo quadro è evidente che assumono una particolare rilevanza i quasi 8 milioni di euro previsti nel biennio 2024-2025 per la promozione di eventi culturali, il recupero di spazi destinati alla cultura, il sostegno ad una programmazione di prodotti culturali di qualità, che sappiano anche valorizzare il turismo.

Sono operazioni non semplici, è bene sottolinearlo, in particolare in un anno complicato come quello che ha caratterizzato i nostri territori, in particolare la nostra Regione, che ha dovuto affrontare difficoltà davvero pesanti con un impatto che, come sappiamo, produrrà i suoi effetti anche nei prossimi anni, però è la conferma di ciò che per questa Regione rappresenta la cultura, con un investimento importante.

Il giudizio del Gruppo Bonaccini Presidente, pertanto, giudizio che anticipo in questa sede, è nettamente positivo, con un particolare ringraziamento al lavoro che è stato svolto dall’assessore Mauro Felicori e anche con un particolare ringraziamento alla relatrice di maggioranza Pillati.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Bondavalli.

Altri in dibattito generale? Consigliere Pompignoli, prego.

 

POMPIGNOLI: Presidente, grazie.

Solo per illustrare l’ordine del giorno collegato al progetto di legge, che ho presentato insieme alla consigliera Castaldini, rispetto alla questione legata alla valorizzazione del presepe.

Sappiamo che quest’anno intercorrono gli 800 anni dal 1223, quando San Francesco d’Assisi scelse Greccio per rievocare la nascita del Salvatore. Tanto che proprio a Greccio, luogo ricco di povertà, venne realizzato il primo presepe vivente. Gli 800 anni ricorrono nel 2023 e siamo arrivati ovviamente un po’ tardi, ma credevamo che questo fosse il giusto progetto di legge a cui allegare questo ordine del giorno.

Sulla base di una interlocuzione avuta anche con la relatrice di maggioranza, pare che questo progetto di legge venga comunque approvato o probabilmente modificato in qualche parte, ma quello che a me preme sottolineare è l’impegno rispetto a questo tipo di ordine del giorno, cioè sostanzialmente il far valere le tradizioni ovviamente oggi importanti rispetto alla valorizzazione e alla promozione del presepe e quello che rappresenta in tutti noi, e di prevedere, in occasione degli 800 anni dalla nascita del primo presepe vivente, forme di valorizzazione, riconoscimento e rappresentazioni artistiche, espressioni della tradizione e del valore culturale dei nostri territori.

Questo credo che sia importante e che si abbini bene al progetto di legge, rispetto a cui giustamente non entro nel merito in ragione del fatto che lo ha già fatto il relatore di minoranza per l’opposizione, alla quale rimando a ogni tipo di considerazione, ma volevo proprio incentrare l’argomento sull’ordine del giorno.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Pompignoli.

Altri in dibattito generale? Io non ho altri iscritti a parlare in dibattito generale.

A questo punto, chiedo ai due relatori se vogliono replicare. La consigliera Pillati, no. Consigliere Facci?

Prego, consigliere Facci.

 

FACCI: Ho solo un’osservazione rispetto all’ordine del giorno che è stato presentato a prima firma dal collega Amico, che adesso non ho sottomano.

Sostanzialmente, questo ordine del giorno mi convince poco, nel senso che parte dalla premessa, dall’obiettivo del progetto di legge, eccetera; poi però alla fine va in qualche modo a confermare la previsione di escludere le realtà che svolgono l’attività di promozione culturale in forma differente dalla esclusiva o la prevalente; quindi, lo rimarca come un valore aggiunto di questo progetto di legge e ho già spiegato perché lo ritengo non corretto.

La parte finale mi convince poco, nel senso che dopo tutta questa premessa generale si arriva al particolare. E il particolare è in riferimento al precedente sistema di iscrizione nei registri pubblici; quindi, si fa riferimento ai soggetti privati che avevano ricevuto contributi per le attività di promozione culturale ai sensi della legge 37, perché iscritti come APS nei vecchi registri.

Si fa riferimento al caso, all’ipotesi – non so se già concreta o solo ipotesi – in cui questi enti, si usa il condizionale, “potrebbero essere impossibilitati a trasmigrare nei RUNTS acquisendo nuovamente la qualifica di associazioni di promozione sociale, perché ne sono cambiati i presupposti”. Quindi, si fa riferimento a una ipotesi di mancata iscrizione, l’impossibilità a trasmigrare diventa una non iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Alla luce di questo, si impegna la Giunta a verificare la possibilità, nel momento in cui andrà a realizzare il programma triennale, di riservare una particolare attenzione agli Enti non commerciali quali beneficiari dei contributi regionali per le attività di promozione culturale. Faccio fatica a capirlo. O ci sono i requisiti o i requisiti non ci sono. Se costoro, per motivi che non conosco, non hanno avuto la possibilità di iscriversi al RUNTS perché è cambiata la normativa, sono cambiati i presupposti (leggo qui), a mio avviso o si adeguano oppure faccio fatica a trovare... Sembra quasi di voler prevedere una corsia preferenziale per coloro che non riusciranno ad adeguarsi. Dura lex, sed lex. Nel bene e nel male. Se cambiano i presupposti, ci si adegua ai presupposti e si seguono i presupposti.

Faccio fatica a capire. Parto dalla premessa dell’importanza di questa legge, e sono d’accordo. Affronta il passaggio in cui ritiene un valore importante quello della esclusione di determinate associazioni, e non lo condividiamo. Ma questo, ripeto, lo abbiamo già detto. Chiude arrivando a fare un focus sulla situazione particolare, quasi si voglia chiedere una sorta di ciambella di salvataggio per coloro che, in assenza dei presupposti, non riescono a essere iscritti al RUNTS.

Faccio veramente fatica a capirlo e, in qualche modo, poi, ad aderirvi.

Viceversa, l’ordine del giorno del collega Pompignoli, che, alla fine, vuole individuare una situazione precisa, fondamentalmente non è dedicato a un particolare territorio. Dice: tutti coloro che in qualche modo... Quelle realtà che sapranno o vorranno valorizzare rappresentazioni artistiche, espressioni della tradizione, valore culturale dei nostri territori in occasione degli 800 anni dalla nascita del primo presepe vivente di San Francesco. Ritengo sia una iniziativa meritevole di essere presa in considerazione.

Vengo agli emendamenti della collega Pillati, che, come ho anticipato io stesso nel mio intervento, ho precisato che avrei voluto un attimo valutare. Sicuramente uniformano la previsione normativa, quella di non limitare gli interventi della Regione rispetto alle realtà pubbliche. C’era questa dizione “immobili di proprietà pubblica”. E la si va ad allineare con il successivo articolo. Si parla, genericamente, di spazi aperti al pubblico, destinati in via esclusiva o prevalente all’attività di promozione culturale. E torniamo ovviamente al fulcro a monte di tutto ciò. Osservo che vi possono essere realtà che svolgono attività di promozione culturale anche in via prevalente o anche in via esclusiva, che, per la forma associativa, per la forma giuridica datasi, svolgono questa attività esclusivamente per i propri associati, per coloro che si associano, poi che vi siano criteri ampi per poter associarsi e quindi partecipare, questo è un altro discorso, però magari sono appunto spazi aperti non a tutti, ma a chi decide a monte di aderire allo Statuto e associarsi. Quindi, anche qua si verrebbe a creare una sperequazione, appunto, tra soggetti che svolgono egualmente la promozione culturale, e anche questo punto non mi convince fino in fondo.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Facci.

A questo punto passo la parola per le conclusioni alla Giunta e più precisamente all’assessore Felicori.

Prego, assessore.

 

FELICORI, assessore: Io desidero innanzitutto prendere atto con gioia che finora non era mai capitato che un progetto di legge come questo fosse così partecipato, cioè così poco costruito dall’Esecutivo e così tanto costruito dalla Commissione, dai consiglieri, dagli ottimi funzionari che lavorano per noi, a cominciare dal dirigente Cottafavi, Lipparini, Ravaioli [...] e direi anche dalle minoranze, perché Facci obiettivamente ha fatto un gran lavoro e siccome noi in generale, non sempre, siamo abituati ad ascoltare e, quando una critica è buona, ad accettarla, direi che è un vero lavoro collettivo, non mi era mai capitato, e mi fa piacere, è anche un buon segno del clima che si è costruito fra noi e che speriamo si mantenga.

Visto che finalmente ho 20 minuti, adesso li sfrutterò per dire varie cose. La prima è una novità. Questa legge è un grande lavoro di pulizia. Come giustamente ha detto il consigliere Facci, è una legge che ha 29 anni e aveva proprio bisogno anche di una pulizia lessicale. Ci sono delle cose che muoiono e altre che nascono. E questo fa comunque bene.

C’è anche di bello che è una legge molto semplificata. Se non tanto voi, quanto i vostri predecessori accettano la mia critica, e la accettano per forza perché non sono qui, la legislazione regionale tende a essere ridondante. Noi tendiamo a mettere nelle leggi cose che devono stare nei programmi applicativi, nel lavoro di Giunta. Si ritiene che appesantire le leggi con seimila meccanismi sia a tutela delle minoranze; invece, non tutela nessuno e danneggia tutti, incluse le minoranze. Le leggi devono essere semplici, agili, chiare e comprensibili. Poi, in sede esecutiva... Ma in sede esecutiva non c’è nessuna delle prerogative delle minoranze che venga lesa o limitata. Però si semplifica di molto il lavoro.

Al di là di questo, vengo alle novità. La prima novità a cui tengo molto è che questa legge apre la strada ad una maggiore collaborazione tra la Regione, non tanto intesa come organo politico, anche organo che dà indirizzi politici, ma intesa anche come tecnostruttura. Sotto gli organi politici ci sono degli uffici fatti di persone competenti, che conoscono le cose, che hanno un’esperienza lunga. Tutta questa cultura può essere messa a disposizione di quelle Istituzioni locali, di quelle associazioni, di quelle cooperative, di quel mondo del volontariato e delle Istituzioni, che è quello che, poi, agisce e gestisce gran parte dei programmi di attività.

Nel tempo la Regione ha un po’ limitato la sua funzione di programmazione e ha accentuato un po’ il suo ruolo erogatorio. Questo ha fatto sì che spesso il nostro rapporto con le realtà della società civile, culturale sia diventato un rapporto giudicante. Queste realtà fanno dei progetti e noi diamo i voti. Sulla base dei voti, diamo i contributi. Poi presentiamo i resoconti. Ma in tutto questo processo è molto basso il profilo del dialogo, mentre noi abbiamo molte cose da... Dico “insegnare”, ma capite il senso in cui lo dico. Da trasmettere alle realtà. In questo dialogo, che può essere, fecondo, ma è anche fecondo per noi che ascoltando la ricchezza del mondo progettuale della società civile, possiamo arricchirci di molto.

Questa legge apre la strada a molte fattispecie di collaborazione, compresa l’elaborazione dei programmi comuni. È un bell’articolo, di cui adesso non mi ricordo il numero, quello che apre una strada che ovviamente dobbiamo saper sfruttare.

Il secondo punto per cui questa legge è innovativa è la questione, che piace molto a Facci e ovviamente piace molto anche a me, essendo un amministratore che mette un particolare accento sugli aspetti d’innovazione liberale della nostra legislazione, che noi allo stesso tempo, ma spiegherò che non c’è contraddizione fra i due termini, noi apriamo a tutto il mondo, anche il mondo privato, la possibilità di agire nel campo della promozione culturale, ma dedichiamo anche un’attenzione speciale a tutto il mondo del terzo settore.

Per capire come possono coesistere queste due cose, dobbiamo fare dei passi indietro. Da cosa nasce questa legge? Questa legge nasce da pochi numeri fondamentali, che sono semplici, e dobbiamo sempre ricordarceli, soprattutto per evitare di autocompiacerci. In Italia una persona su due non legge nemmeno un libro all’anno. Di recente ho sentito un altro dato che potevo supporre, però, quando hanno detto i numeri, posso sbagliare, ma l’essenziale l’ho capito: l’80 per cento delle famiglie italiane ha in casa meno di 30 libri. Questa non è solo una questione di eguaglianza, quello che c’è scritto nella Costituzione, che nasciamo tutti uguali e la società evita che la disuguaglianza bla bla bla, ma questo è anche un danno enorme per l’economia. Se milioni di ragazzi intelligenti per le condizioni sociali non si esprimono al massimo, questo vuol dire che noi sprechiamo talento, sprechiamo intelligenza, sprechiamo cultura. E questo è uno spreco economico che può essere calcolato. Questa è la base. La promozione culturale serve a fronteggiare tutto questo.

Quindi, a cosa serve questa legge? Serve a far sì che tutti i soggetti che possiamo imbarcare in questa avventura possano trovare… Allora, per quanto riguarda i privati, lo dicevo prima con Federico, che mi è molto sodale in questa esperienza (lui ci è rimasto un po’ male), insomma, gli ho praticamente detto che con questa legge riconosciamo che Walt Disney ha fatto per i bambini la sua parte, che anche il mondo chiamiamolo, con una parola desueta, capitalista non è che quando persegue il profitto diciamo, allo stesso tempo, proprio per perseguire il profitto, non valorizza la sua funzione sociale. Quindi, ben vengano i privati che aiutano a sviluppare tutta la promozione culturale. Ben venga anche tutta quella cultura popolare che, pur essendo di qualità, non ha quella natura di ricerca, che è poi quella che legittima i contributi pubblici. Non è vero che tutto ciò che vive senza i contributi pubblici non ha qualità culturale. Dunque, anche quel mondo, se trova una corrispondenza nell’impegno pubblico, è un mondo che può crescere, può svilupparsi e anche aprire delle attività di ricerca insolite.

Naturalmente, cosa riconosce anche questa legge? Che il terzo settore come tale, qualunque finalità persegua, in questo caso finalità culturale, produce esso stesso un valore culturale, che è il valore della socialità, che è il valore della ricerca di modi di lavorare collettivi, che è il valore di unire gli aspetti professionali, economici con gli aspetti sociali. Tutto questo è un valore. Quanto più il terzo settore sta dentro la promozione culturale, tanto più coesistono terzo settore e elementi privati, tanto più, anche privilegiando il terzo settore, facciamo un discorso liberale, perché obblighiamo anche il sistema cosiddetto capitalistico a vedere un’alternativa, che tutti vedono, tutti riconoscono. Confido che il terzo settore saprà dimostrare di essere in grado di vincere tutte le sfide. Una maggiore qualità delle relazioni umane, assieme anche alla sfida economica. Questo è un po’ quello che ci prefiggiamo con questo allargamento.

Collega Facci, certe sue osservazioni sono sempre precise, però se un ordine del giorno indica la necessità, indica alla Giunta la possibilità, la invita a verificare la possibilità che qualcuno escluso non sia stato escluso... Che escludendolo si perde qualcosa... Facciamo una verifica. Le verifiche non fanno male a nessuno. Come scriveva Shakespeare, ci sono più cose in cielo e in terra che nella nostra filosofia. Quindi, a maggior ragione che nelle nostre leggi.

Se ci riserviamo... Se qualcuno di buono non è passato dal setaccio delle nostre leggi, non facciamo nulla di male. Se non vale, non lo faremo passare neanche la seconda volta.

Ringrazio il consigliere Pompignoli non tanto per il presepe, che amo molto, poi sapete che ho fatto una lunga esperienza napoletana; quindi, di presepi ho anche una certa esperienza, quanto perché ci ha ricordato che siamo negli ottocento anni da quando Onorio III bollò la Regola di San Francesco e quindi il movimento francescano fu accolto ufficialmente nella Chiesa. Mi sembra una buona indicazione che si ricordi San Francesco, anche ricordando il presepe, però dobbiamo trovare il modo, nel corso di quest’anno, di trovare altre forme. Io ho avuto il privilegio di essere invitato di San Francesco, dove ho commentato l’articolo nono della Regola, quello che s’intitola “i predicatori”, io ho ispirato il mio commento a due parole fondamentali, anche inquietanti, che sono “obbedienza” e “verità”.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Felicori.

A questo punto passiamo all’esame dell’articolato.

Nominiamo gli scrutatori, consigliera Dalfiume, consigliere Mumolo, consigliera Catellani.

Ricordo che su questo progetto di legge insistono tre proposte di emendamento, uno a firma dei consiglieri Pillati e Facci e due a firma della consigliera Pillati, e due proposte di ordine del giorno, uno a firma dei consiglieri Pompignoli e Castaldini e uno a firma dei consiglieri Amico, Maletti e Pillati.

Ora passiamo all’esame dell’articolato, partendo ovviamente dall’articolo 1.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 1.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 2.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 2.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Sull’articolo 3 insiste un emendamento, l’emendamento n. 2, a firma Pillati.

Dibattito generale su emendamento e articolo.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’emendamento n. 2, a firma Pillati.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 3.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 4.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 4.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 5.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 5.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 6.

Sull’articolo 6 insistono due emendamenti: l’emendamento n. 1, a firma Pillati e Facci, e l’emendamento n. 3, a firma Pillati.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’emendamento n. 1, a firma Pillati e Facci.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Emendamento n. 3, a firma Pillati.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Siamo all’articolo 6, che mettiamo in votazione.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 7.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 7.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 8.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 8.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 9.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 9.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Articolo 10.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 10.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Siamo all’ultimo articolo.

Articolo 11.

Dibattito generale.

Dichiarazioni di voto.

Mettiamo in votazione l’articolo 11.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

 

Ora siamo al dibattito generale sugli ordini del giorno. Li ho ricordati prima, sono due proposte di ordine del giorno. Qualcuno si iscrive a parlare?

Consigliera Pillati, prego.

 

PILLATI: Per quanto riguarda l’ordine del giorno a prima firma del consigliere Pompignoli, come già avevo anticipato al consigliere, il nostro voto sarà favorevole, ma chiediamo la votazione per parti separate. In particolare, la prima parte è quella che prevede il “premesso che” e “rilevato che”, quindi che si conclude con le parole “prima natività”; la seconda parte ricomprende il “considerato che” e “sottolineato che”, quindi si conclude con le parole “territorio regionale”; la terza parte è il dispositivo, quindi “impegna la Giunta regionale”.

 

PRESIDENTE (Petitti): Perfetto.

Altri? Io non ho altri iscritti a parlare sugli ordini del giorno; quindi, passiamo alle dichiarazioni di voto congiunte su ordini del giorno e intero progetto di legge.

Qualcuno si iscrive a parlare? Non ho iscritti a parlare in dichiarazione di voto, quindi passiamo alla votazione degli ordini del giorno.

Come richiesto dalla consigliera Pillati, votiamo l’ordine del giorno 1 a firma Pompignoli diviso in tre parti.

La prima parte è fino a “realizzazione della prima natività”.

Mettiamo in votazione questa prima parte.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvata.

(L’Ordine del giorno 7377/1 oggetto 7825 prima parte è approvato all’unanimità dei votanti”)

 

Mettiamo in votazione la seconda parte, fino a “sul territorio regionale”.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È respinta.

(L’Ordine del giorno 7377/1 oggetto 7825 seconda parte è respinto)

 

Ultima parte da “impegna la Giunta” fino a “dei nostri territori”.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvata.

(L’Ordine del giorno 7377/1 oggetto 7825 terza parte è approvato all’unanimità dei votanti)

 

Ora siamo al secondo ordine del giorno, quello a firma dei consiglieri Amico, Maletti Francesca e Pillati.

Mettiamo in votazione questo ordine del giorno.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

(L’Ordine del giorno 7377/2 oggetto 7826 è approvato a maggioranza dei presenti)

 

Ora siamo alla votazione finale del progetto di legge, tramite dispositivo elettronico.

Mettiamo in votazione il progetto di legge.

Dichiaro aperta la votazione.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Votanti 41

Favorevoli 27

Astenuti 14

 

È approvato.

 

Il progetto di legge d’iniziativa della Giunta “Nuove norme in materia di promozione culturale”, oggetto 7377, pertanto, è approvato.

Consigliera Dalfiume, prego.

 

DALFIUME: Chiedo scusa, ma non ho espresso il mio voto a favore. Chiedo scusa.

 

PRESIDENTE (Petitti): Va bene. Lo aggiungiamo, consigliera.

 

OGGETTO 3420

Progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: “Integrazioni alla L.R. 12 marzo 2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)”. A firma dei Consiglieri: Montevecchi, Occhi, Liverani, Rancan, Bergamini, Pompignoli, Marchetti Daniele, Stragliati, Pelloni, Delmonte, Catellani, Facci, Bargi, Rainieri

(Relazione della Commissione, discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 3420/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo all’oggetto 3420: progetto di legge d’iniziativa dei consiglieri recante “Integrazioni alla L.R. 12 marzo 2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

Questo progetto di legge è a prima firma Montevecchi e c’è la richiesta del consigliere relatore Daniele Marchetti, ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa, per il quale, trascorsi 180 giorni dalla nomina del relatore senza che la Commissione assembleare competente abbia esaurito l’esame in sede referente di un progetto di legge, questo può essere portato all’esame dell’Assemblea nel testo pubblicato sul supplemento del Bollettino ufficiale, su richiesta appunto del relatore o di tanti commissari che rappresentano almeno un quinto dei voti assegnati. Quindi, il relatore può svolgere la propria relazione.

Come ricordavo, il relatore è il consigliere Marchetti, quindi gli darei la parola.

 

MARCHETTI Daniele, relatore della Commissione: Grazie, presidente.

In realtà sarò abbastanza telegrafico, dal momento che ho mantenuto questo ruolo da relatore di questo progetto di legge, visto che il primo firmatario, il collega Montevecchi…

 

PRESIDENTE (Petitti): Colleghi, un po’ più di silenzio in aula, per favore.

 

MARCHETTI Daniele: …non è membro effettivo della Commissione che aveva in carico appunto questo progetto di legge. In sostanza, come ha giustamente ricordato lei, presidente, leggendo il titolo, è un’integrazione ad una legge regionale vigente, la legge regionale 12 marzo 2003, n. 2 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, ed è un progetto di legge che intende, per riassumerlo, affrontare un tema assolutamente importante, che neanche a farlo apposta è stato toccato ieri, durante la discussione del bilancio di previsione, dallo stesso presidente Bonaccini, ovvero quello della denatalità.

È un progetto di legge, quindi, che si va ad inserire comunque in un quadro normativo, come dicevo prima, già in vigore, con diversi strumenti attuativi, come il Piano sociale regionale, e che intende farlo con una misura che è già prevista, ad esempio, in altre Regioni del nostro Paese, ovvero quella di prevedere un fondo ad hoc per la natalità.

Quindi, è una proposta che intende riportare al centro, con un progetto di legge composto da 5 articoli, un tema, però, che è di una importanza estrema, proprio per la tenuta del nostro stesso Paese. La problematica della denatalità interessa certamente l’intero Paese, ma non risparmia, purtroppo, anche la nostra regione.

Visto che proprio ieri il presidente Bonaccini ha ammesso che anche la sua parte politica non ha fatto abbastanza per andare in questa direzione, ovvero quella di aiutare le giovani coppie a mettere su famiglia, credo sia importante confrontarci su questo tema, ognuno, ovviamente, con le proprie posizioni.

Come dicevo all’inizio di questo mio intervento, lascerei più che altro illustrare successivamente nel dettaglio la proposta al primo firmatario, restando a disposizione per la continuazione della discussione, in modo da seguire l’iter di questo progetto di legge fino alla sua votazione finale.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Marchetti.

Apriamo il dibattito generale. A lei la parola, consigliere Montevecchi.

 

MONTEVECCHI: Signor presidente, intervengo per illustrare il nostro progetto di legge, a mia prima firma.

I dati degli ultimi anni costringono il mondo della politica a una seria riflessione sul tema dell’andamento demografico del nostro Paese e della nostra regione. È ormai noto il brusco calo demografico che sta vivendo l’Italia e, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, con una prosecuzione del trend in discesa riguardo alle nuove nascite dal 2010 fino ai nostri giorni. Un dato che peggiora di anno in anno. Nel contesto nazionale, vediamo che ogni anno raggiungiamo nuovi record negativi di nascite, dall’Unità d’Italia ad oggi. È un triste primato, che negli ultimi tempi si verifica puntualmente, senza alcun segnale di miglioramento.

Il bilancio demografico della popolazione residente in Emilia-Romagna nel 2016 ha registrato 34.578 nuovi nati; nel 2017 33.011 nuove nascite; nel 2018 si è evidenziata una consistente diminuzione delle nascite, registrando 32.400 nuovi nati; nel 2019 si è verificata un’ulteriore contrazione delle nascite, con 30.926 nuovi nati registrati in Anagrafe. Si parla esattamente di 1.474 bambini nati in meno rispetto all’anno precedente. Poi, nel 2020, abbiamo visto 29.861 nuovi nati, nel 2021 29.782 e nel 2022, se non ricordo male, 29.569 nuovi nati, quindi sempre meno, con un tasso di fecondità che si attesta intorno all’1.3. Un tasso drammaticamente al di sotto della soglia che consentirebbe il ricambio generazionale e sul quale la politica ha il dovere di intervenire per un duplice motivo. Il primo, la famiglia contribuisce in misura fondamentale alla ricchezza del Paese. Se non ci sono i figli oggi, un domani non esisterà semplicemente la società del futuro. Il secondo, il valore della vita come strada da promuovere e tutelare specialmente in situazioni di difficoltà.

Questi dati mostrano in modo esplicito come il calo demografico si stia dimostrando sempre più come uno dei problemi più grandi e urgenti per la nostra regione e le cause del continuo abbassamento del tasso di fecondità sono riscontrabili in motivazioni culturali, economiche e sociali. Nel primo caso, l’idea di congiungersi in matrimonio, e quindi formare una famiglia che poggia su un legame solido, sta diminuendo progressivamente. Sono numerosissime le coppie conviventi senza figli. Nel secondo caso, incide molto il contesto lavorativo, la precarietà, le troppe spese da sostenere. In queste situazioni la paura e l’incertezza per il futuro contribuisce a far desistere le coppie dal voler mettere al mondo un figlio.

Infine, vi è una motivazione sociale. I momenti di formazione e di ingresso nel mondo del lavoro avvengono in un’età biologica già avanzata. Basti pensare che l’età media in cui si ha il primo figlio è pari circa a 31 anni o poco più. La politica ha il dovere di porre rimedio a questo fenomeno, intervenendo con azioni mirate a tutela della maternità, con particolare attenzione alle donne in gravidanza in difficoltà economica, le quali, data la precarietà economica e l’incertezza sul futuro, accresciuta anche tutta la situazione, potrebbero essere indotte anche all’aborto. Quindi, dobbiamo rimuovere le cause che possono indurre le donne all’aborto.

Il quadro normativo regionale vigente relativo alle politiche per la famiglia e la natalità presenta una molteplicità di leggi regionali. In particolare, la legge regionale 14 agosto 1989, n. 27 “Norme concernenti la realizzazione di politiche di sostegno alle scelte di procreazione e agli impegni di cura verso i figli” e la legge regionale 12 marzo 2003, n. 2 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del Sistema integrato di interventi e servizi sociali” all’articolo 15 offrono un quadro generale di politiche familiari di sostegno alla natalità.

La legge regionale n. 27/89 aveva istituito il Centro per le famiglie, articolo 11, poi abrogato dalla legge regionale del 28 luglio 2008, n. 14, disciplinando a sua volta i Centri per le famiglie scelti come canale a sostegno delle famiglie, ai sensi dell’articolo 15 della suddetta legge regionale.

Quindi, le politiche familiari si esplicano attraverso i finanziamenti da parte dello Stato e della Regione dei Centri per le famiglie, le cui linee guida sono state definite dalla delibera di Giunta regionale n. 391/2015.

Arrivo al dunque. Il presente progetto di legge si è reso, quindi, necessario al fine di istituire un fondo regionale a sostegno della natalità, cumulabile con gli altri strumenti statali e comunali vigenti; predisporre bandi di finanziamento per le imprese che adottano un welfare aziendale a misura di famiglia (requisito fondamentale per la partecipazione al bando è la presentazione di un progetto di welfare aziendale); istituire un elenco regionale di mutuo aiuto a cui i Centri per le famiglie o le singole donne in gravidanza e in difficoltà possono attingere, al fine di garantire un sostegno nei momenti di difficoltà, che può tradursi in un contributo economico o in un aiuto nei lavori di cura dei bambini da parte di chi concede la propria disponibilità iscrivendosi all’elenco; predisporre, infine, una campagna informativa permanente riguardo i sostegni economici introdotti dal presente progetto di legge, tramite affissione di manifesti nelle città, all’interno dei consultori e nei Centri per le famiglie, opuscoli, siti istituzionali, canali social della Regione.

Si specifica che le proposte sopraelencate verranno introdotte tramite integrazione della legge regionale 12 marzo 2003, n. 2, intitolata “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, auspicando in futuro la stesura di un Testo unico in materia di sanità e servizi sociali, nel quale includere le diverse leggi regionali vigenti sul tema.

Ci tengo a leggere alcuni articoli, i 5 articoli che compongono questo progetto di legge.

Articolo 1. Sostanzialmente, l’articolo 8 della legge regionale 12 marzo 2003, n. 2 è integrato dal seguente comma: “Comma 4. La Regione, ad integrazione degli interventi di competenza degli Enti locali, ai sensi del comma 1, lettera c), del presente articolo, promuove politiche di welfare aziendale attraverso la predisposizione di bandi di finanziamento per le aziende del territorio che si impegnino ad attuare iniziative di natura contrattuale, o unilaterali da parte dei datori di lavoro, volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia”, che può consistere sia in benefit rimborsuali, sia nella fornitura diretta di servizi, o in un mix delle due soluzioni.

L’articolo 2 dove introduciamo, dopo l’articolo 9 della legge regionale 2 del 2003, l’articolo 9 bis: Interventi a sostegno della natalità. Leggo brevemente i vari comma di questo articolo.

Il primo. La Regione Emilia-Romagna promuove la natalità e la lotta all’inverno demografico come valore da perseguire anche con strumenti di sostegno delle politiche familiari.

Comma 2. Al fine di sostenere la natalità, le spese connesse alla cura e all’accoglienza del nascituro e prevenire l’interruzione volontaria della gravidanza quando quest’ultima sia causate dall’incidenza delle condizioni economiche, come prima citate, è istituito il Fondo regionale natalità, che prevede l’erogazione di un assegno prenatale destinato ad alleviare i costi legati alla gravidanza e le spese relative alle primarie esigenze del bambino.

Comma 3. La Giunta regionale disciplina, con propria deliberazione, delle modalità attuative di quanto previsto dal presente articolo, nonché la commisurazione dell’assegno prenatale.

Comma 4. L’assegno prenatale consiste in una provvidenza per ciascun nascituro o neonato, fino al compimento del dodicesimo mese di vita per nucleo familiare che, in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 9-ter, ne faccia richiesta.

Come Quinto. Il contributo di cui al comma 3 è cumulabile con eventuali altri contributi disposti per i medesimi fini.

Comma Sesto. La Giunta regionale, come già previsto all’articolo 3, comma 1, lettera C, della legge regionale 14 agosto 1989 n. 27, si impegna a pianificare una campagna informativa delle disposizioni, di cui al presente capo, tramite la predisposizione di opuscoli, affissioni di manifesti nelle città, nei consultori, nei centri per le famiglie, nonché tramite la pubblicazione nei portali istituzionali e nella comunicazione telematica dell’Ente per agevolare la conoscenza di tutta la normativa vigente in materia di politiche a sostegno della natalità.

Articolo 9-ter, i beneficiari. Sono destinatari dei benefici nuclei familiari dei neonati successivamente, ovviamente, alla data di approvazione della presente legge regionale, in possesso dei seguenti requisiti: la cittadinanza italiana, o altra condizione ad essa equiparata prevista dalla legislazione vigente; la residenza nel territorio della Regione Emilia-Romagna; un indicatore della situazione economica equivalente, ISEE, inferiore ad euro 30.000.

L’entità del contributo previsto dall’articolo 9 bis è raddoppiata nel caso in cui il nascituro sia affetto da patologie fetali o qualora il nucleo familiare richiedente comprenda uno o più minori fino al sesto anno di età riconosciuti disabili gravi, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, ovvero la 104.

Inoltre, nell’ambito delle misure tese ad offrire alle donne tutti gli aiuti necessari, sia durante la gravidanza, sia dopo il parto, oltre agli interventi previsti all’articolo 9 bis, la Regione istituisce l’elenco regionale di mutuo aiuto per la maternità, finalizzato a mettere in contatto singoli, famiglie, gruppi che intendono donare il proprio tempo o denaro a donne in gravidanza con difficoltà economiche, in modo tale da garantire maggiore sicurezza per vivere con coraggio e serenità la maternità. L’elenco di mutuo aiuto per la maternità, istituito con deliberazione di Giunta regionale, che stabilisce le modalità di iscrizione e accesso, le forme di aiuto che possono essere fornite dagli iscritti e il relativo monitoraggio.

L’accesso all’elenco regionale è garantito ai centri per le famiglie citati prima, di cui all’articolo 15 della legge regionale 28 luglio 2008, n. 14, nel loro ruolo di intermediari, o alle singole donne in gravidanza in difficoltà sia economica che sociale.

Per produrre questo progetto di legge abbiamo preso spunto anche da altri progetti di legge che sono diventati legge in altre Regioni. Penso all’assegno prenatale, dove in Veneto è già una legge regionale.

Penso che sia una piccola goccia in un oceano per provare veramente a invertire questa rotta, questo inverno demografico. Perché, come anche ieri ho apprezzato le parole del presidente Bonaccini quando ha fatto un’autocritica, e non è la prima volta che fa autocritica sul fatto che la politica… Il presidente Bonaccini parlava della sinistra, che ne ha parlato poco di natalità in tutto questo tempo, ma al di là di chi ne ha parlato poco, molto, o non ne ha parlato, io penso che qui, tutti insieme oggi, possiamo veramente intervenire al riguardo. Perché, visto che c’è stata una disponibilità del presidente a parlarne, in quanto si ritiene un tema fondamentale, spero veramente che da quest’aula possa nascere qualcosa di buono quest’oggi.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Montevecchi.

Altri in dibattito generale? Consigliera Pillati, prego.

 

PILLATI: Grazie, presidente.

Non posso che essere molto d’accordo sull’incipit della relazione che accompagna il PdL, quando si afferma che i dati degli ultimi anni costringono il mondo della politica a una serie riflessione sul tema dell’andamento demografico nel nostro Paese e nella nostra Regione.

Quello che serve è proprio una riflessione seria sul tema, ma credo che qualunque riflessione seria richieda di partire da alcune evidenze. La prima. La crisi demografica non è tanto un problema di calo demografico quanto piuttosto di squilibri tra generazioni, con precise implicazioni sociali ed economiche. Non è purtroppo un fenomeno degli ultimi anni, non riguarda solo noi, riguarda da molti decenni tutti i Paesi con un elevato livello di benessere, nei quali si vive più a lungo e si fanno meno figli. È un effetto di cambiamenti epocali, nell’economia, nel mondo del lavoro, negli assetti sociali, e certamente non può essere affrontato con semplificazioni, misure estemporanee o cercando di riproporre modelli di famiglia ideale quanto irreale.

Un altro elemento che non dobbiamo mai dimenticare è che l’accentuata denatalità che ha caratterizzato l’ultimo quarto del secolo scorso ha effetti che perdurano a distanza di generazioni. La denatalità tende, infatti, ad autoalimentarsi. Le poche nascite passate vanno a ridurre la popolazione, oggi, nell’età in cui si forma una propria famiglia e si hanno figli. Questo porta, anche a parità di numero medio di figli, a trascinare sempre più verso il basso le nascite future.

Più il tempo passa, quindi, più diventa difficile uscire da questa spirale negativa. I dati e le analisi dimostrano quanto quello della natalità in Italia sia un problema enorme, urgente, complesso, multidimensionale, e come tale vada affrontato con misure strutturali nel tempo che agiscano su più dimensioni, i cui effetti non potranno che misurarsi però nel lungo periodo.

Certamente l’autonomia abitativa dei giovani, la stabilità del lavoro sono condizioni che favoriscono la scelta di avere figli, ma c’è un legame diretto tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. Dove le donne lavorano di più si fanno più figli. Questa è una regolarità che si osserva in Italia come in Europa, ma si deve accompagnare a un rafforzamento continuo degli strumenti di conciliazione, dei servizi per l’infanzia e dei congedi parentali fruibili da entrambi i genitori. In Italia non è stato fatto nulla? Certamente siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei nell’affrontare in modo sistemico il tema della riduzione della fecondità. Certamente per troppo tempo nel nostro Paese c’è stata una sottovalutazione dell’effetto positivo che avrebbe avuto sulla natalità un aumento dell’occupazione femminile. Ma oggi abbiamo un importante riferimento normativo in materia di politiche familiari, che ha fatto tesoro proprio delle esperienze di altri Paesi che prima di noi hanno affrontato in modo strutturale il problema. Si tratta della legge 7 aprile 2022, n. 32 “Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia”, il cosiddetto Family Act, una riforma strutturale integrata, sistemica per le politiche familiari, che mette al centro le nuove generazioni, l’educazione, promuove le pari opportunità per le donne e per gli uomini e dà prospettiva e futuro al Paese. È una riforma importante, che per la prima volta tiene insieme le politiche familiari con quelle delle pari opportunità, in cui si integrano strumenti e azioni differenti: l’assegno unico universale per i figli a carico; gli incentivi al lavoro femminile; il sostegno alle spese educative; la riforma dei congedi parentali, di paternità e di maternità, con l’introduzione di elementi di condivisione dei carichi di cura familiare tra donne e uomini e un grande importante investimento sull’autonomia dei giovani, con sostegni per gli studi universitari e l’affitto della prima casa. Davvero qualche cosa che in questo Paese ha segnato un grande spartiacque.

Il problema, però, è che di questa riforma è stata implementata solo una misura. Importante, ma soltanto una: l’assegno unico universale, un sostegno economico alle famiglie che hanno figli a carico a partire dal settimo mese di gravidanza fino al compimento dei 21 anni e senza limiti di età per i figli disabili. La misura universale spetta al figlio e, dunque, può essere richiesta dal genitore a prescindere dalla propria condizione lavorativa. Ha semplificato, questa misura, e ricomprende tutte le preesistenti misure a sostegno della famiglia: il bonus che veniva dato alla nascita, anche noto come “bonus mamma domani”; l’assegno di natalità, “bonus bebè”; l’assegno al nucleo familiare con almeno tre figli; gli assegni familiari; le detrazioni fiscali.

Unica eccezione il bonus per l’asilo nido. Quindi, all’assegno unico universale ancora si aggiunge la possibilità di avere un bonus se si frequenta l’asilo nido.

L’assegno unico universale è stato attuato e reso strutturale nella scorsa legislatura con uno stanziamento di più di 20 miliardi. Nella scorsa legge di bilancio il Governo Meloni ha messo risorse aggiuntive ma, come ho già detto, le restanti parti della riforma, non meno importanti, sono ancora inattuate.

Per il Governo Meloni il tema della natalità è una priorità, tanto da aver voluto che il Ministero della famiglia si arricchisse nel nome anche della parola natalità. Noi ne siamo contenti, ma a patto che non ci si limiti alle parole e che si mettano in atto misure strutturali ed efficaci.

C’è però un problema negli strumenti scelti fino ad ora dal Governo Meloni, che a volte sembrano pensati più per avere effetti di comunicazione, che per incidere nella realtà.

Ne è esempio il taglio al 5 per cento dell’IVA sui prodotti per l’infanzia. Il Governo ha abbandonato quella misura e ne ha lanciata un’altra, anch’essa valida per un solo anno, la decontribuzione totale per le lavoratrici con due figli.

È una misura particolare che in realtà, poiché le madri dipendenti con redditi medio-bassi usufruiscono già di sgravi contributivi, ottiene il paradosso di consentire, di aumentare il proprio stipendio di poche decine di euro al mese per le donne con redditi più bassi, mentre per le madri con redditi più alti il beneficio sarà della totalità dei contributi.

Il meccanismo è quindi regressivo e l’incentivo va paradossalmente di più a chi meno ne ha bisogno.

Nessuna donna, io credo, possa pensare di fare un secondo figlio per avere poche decine di euro al mese, e per giunta per un solo anno.

Poi le misure di decontribuzione escludono ovviamente le lavoratrici non dipendenti, le lavoratrici autonome, o le donne disoccupate.

Ho come la sensazione che misure di questo tipo non abbiano la possibilità davvero di incidere in modo strutturale su questo fenomeno.

Per favorire la natalità serve invece una misura strutturale, cioè che dia garanzie di persistere nel tempo e non di durare nell’arco di una manovra finanziaria; universale, cioè che vada a tutti, indipendentemente dal rapporto di lavoro e anche dal sesso, perché non ne può usufruire un padre solo; e progressiva, cioè dovrebbe dare tanto di più quanto maggiori sono le necessità. È esattamente l’identikit dell’assegno unico e universale. Allora io mi chiedo: perché non proseguire su questa strada, anziché inventare nuove misure e sempre a termine? Credo davvero che non abbia senso ripartire da zero rimettendo in discussione il lavoro importante che, lo vorrei ricordare, è stato ottenuto anche col contributo di chi oggi siede tra i banchi della maggioranza e ha sostenuto, quando era minoranza, questa importante riforma.

Non si può dire che manchi la visione o la consapevolezza di quali sono gli strumenti da mettere in campo. C’è tutto questo, c’è la visione, c’è una riforma che aspetta solo di essere attuata in tutte le sue parti. In questo contesto, davvero, credo che sia quella la strada anche per ottenere quegli obiettivi che anche il PdL presentato dai colleghi della Lega ha l’ambizione di ottenere.

Ecco, per esempio, partiamo dall’assegno prenatale che viene proposto nel PdL. Qual è il senso di attivare una nuova misura di sostegno economico regionale fino al dodicesimo mese di vita, quando insiste l’assegno unico? È molto più efficace, per esempio, fare una battaglia comune per incrementare le risorse, come è stato fatto lo scorso anno, destinate a livello nazionale all’assegno unico. Pensate forse che il primo anno di vita sia quello più costoso nella vita dei bambini e delle bambine o dei ragazzi e delle ragazze? Per esperienza, posso affermare senza esitazioni che non lo è affatto.

Anche l’altro strumento che il PdL propone, cioè bandi di finanziamento per le aziende del territorio che si impegnano ad attuare iniziative di welfare aziendale per incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia desta non poche perplessità per diversi ordini di motivi. In primo luogo, la Regione Emilia-Romagna ha già previsto da tempo una serie di interventi per la promozione della responsabilità sociale d’impresa e innovazione sociale. Penso, ad esempio, al fatto che nell’ambito del Premio Innovatori Responsabili ogni anno viene assegnato il premio GED, previsto dalla legge regionale n. 6/2014, per valorizzare le migliori pratiche realizzate dalle imprese in azioni positive per le pari opportunità, conciliazione dei tempi, welfare aziendale. Ci sono anche molte altre azioni che vanno in questa direzione.

C’è anche un’altra ragione. Non solo il welfare aziendale prevede già benefici fiscali, ma quello che, in realtà, è necessario è proprio dare attuazione alla parte del Family Act che sostiene il lavoro, in particolare quello delle donne, attraverso congedi parentali paritari, da un lato, e attraverso un investimento nel protagonismo delle donne nel lavoro, che non devono più dover scegliere se essere madri o lavoratrici.

Sono stata alcune settimane fa a un convegno organizzato da una rete di imprese che da anni promuove la diffusione della cultura della parità di genere all’interno dei luoghi di lavoro. Sono aziende che hanno messo in campo progetti, azioni, policy organizzative a favore del benessere e della qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori, consapevoli che questo si traduce in qualità del lavoro. Sono aziende consapevoli degli effetti che il calo delle nascite dei decenni passati ha sul presente e sul futuro. Sono aziende che hanno anticipato la politica, a cui non hanno chiesto e non chiedono altre risorse, ma di lavorare insieme, ciascuno per la propria parte, per promuovere una cultura della parità di genere, promuovere il protagonismo delle donne nel lavoro e mettere in campo strumenti per la condivisione della genitorialità, perché non può essere appiattito sulle sole donne un discorso, una responsabilità che riguarda tutti, nessuna e nessuno escluso. Sono aziende che si attendono che la politica non abbia più esitazioni, ma prosegua, con serietà e convinzione, un cammino già iniziato e dia piena attuazione alle norme che ci sono, perché non c’è davvero un minuto da perdere.

Noi ci siamo, ma mettiamoci su questo cammino insieme.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Pillati.

Passo la parola al consigliere Pelloni. Prego.

 

PELLONI: Grazie, presidente.

Intervengo perché anche ieri, durante il bilancio, lo sottolineava prima il collega Montevecchi, dal presidente ci è arrivata quasi l’accusa che se ne parla fin troppo poco, non si parla di questi temi, del tema della natalità. Fino a poco tempo fa, invece, venivamo accusati forse di parlarne fin troppo. Anzi, ci sono altri problemi oltre quello, o quasi si nascondeva il tema che la natalità non fosse un problema.

Io credo che gli atti presentati parlino in maniera molto chiara. Cioè che un progetto di legge depositato due anni fa non ha avuto, da parte della maggioranza, neanche la volontà di volerne discutere in Commissione. Quindi, è arrivato in aula per obbligo del Regolamento. Se non ci fosse stato questo obbligo, probabilmente in quest’aula oggi non discuteremo di questo progetto di legge che pone delle proposte sul contrastare la denatalità, o l’inverno demografico, come lo vogliamo chiamare.

Penso che da questi banchi, visto che firmai anch’io questo progetto di legge, non solo se ne vuole parlare, ma si sono fatte proposte concrete, serie, pragmatiche, inserite in un contesto che ovviamente in due anni per fortuna ci sono state anche delle evoluzioni.

Però il vero tema è: la Regione può e deve fare la propria parte. Non possiamo assistere a un dibattito, è stato così anche ieri, ormai su qualsiasi questione, un’opposizione al Governo, praticamente un’opposizione continua al Governo.

C’è una responsabilità di Governo da parte della Giunta, da parte dei consiglieri di maggioranza e sono tante le materie in cui la competenza concorrente, ancorché fosse residuale, la Regione può fare la propria parte, economicamente o normativamente, in questo caso sia l’uno che l’altro lato. Quindi, se da parte della maggioranza, come leggo nell’ordine del giorno presentato, per il non passaggio dell’articolato, quindi qua si mette praticamente nero su bianco quello che dicevo poc’anzi, cioè va bene nel comizio che è stato fatto ieri, perché ieri non era un intervento d’aula ma era quasi un intervento elettorale o preelettorale, assistere da parte della maggioranza all’opposizione all’opposizione o all’opposizione al Governo, dispiace perché ci sarebbe una responsabilità di Governo che dovreste portare avanti, una responsabilità di Governo di un territorio. Quindi, meno ci perdiamo nel fare opposizione al Governo, magari sarebbe più proficua questa discussione.

Lo dico perché abbiamo avuto due anni per poterne parlare di questo progetto di legge, dopo probabilmente ci sarà, o dopo o domani, ce ne sarà un altro. Ma il vero tema, che tra l’altro abbiamo già affrontato in quest’aula quando si è parlato di questi temi, è che alla Regione Emilia-Romagna piaccia essere spesso, o a questa Giunta, essere i primi, i primi nel legiferare determinati norme.

Potevamo essere i primi anche sul tema di una legge per la famiglia, di una legge di contrasto alla denatalità.

Invece, prendo il sito della Regione Emilia-Romagna, a sostegno della famiglia qua si è deciso di non avere poche norme chiare, o addirittura un’unica norma chiara, ma si è deciso, vi risulta in 23 leggi per la famiglia. Cioè, si parla di tutt’altro, poi c’è anche solo un articolo che parla di famiglia e di natalità e quella si ritiene che sia una legge a sostegno della famiglia.

Perdonate, non è una semplificazione normativa questa, non è un vero sostegno alla famiglia. In tante leggi che partono dal 1977, che parlano di norme per il trattamento domiciliare dell’emofilia, ad esempio, la prima fino ai giorni nostri… Quindi una delle cose peggiori che possiamo fare per le famiglie, per la società, per le associazioni di categoria, per chi tratta questi temi e cerca di sostenere questi temi, è la stratificazione di norme e la polverizzazione di sostegni, di aiuti in rivoli normativi della Regione Emilia-Romagna.

Quindi, come ha fatto Regione Veneto, come hanno fatto altre Regioni, Regione Veneto è stata la prima, sarebbe ora, i tempi credo che siano maturi, è stato anche dibattito con i colleghi se presentare più progetti di legge sul tema della famiglia, o se presentarne uno quadro che vada a risolvere i vari aspetti dal punto di vista normativo e dal punto di vista del sostegno economico e tutto quello che ne concerne.

Perché a mio avviso è il momento, se anche il presidente finalmente ha ammesso che si è fatto troppo poco su questo tema, e qua rischiamo veramente che iniziamo a chiudere il recinto quando i buoi sono scappati, perché la sensazione è questa, ma se veramente ci si vuole mettere su questo tema, e non solo in campagna elettorale come propaganda e come finta ammissione di colpa, io credo che è il momento, qui ora, anche Regione Emilia-Romagna fa la propria parte.

Sappiamo quante sono state le norme quadro e le norme anche manifesto di questa Giunta, o delle scorse legislature, in cui volutamente, proprio per dare una maggiore attenzione e un maggior rilievo a un determinato tema, si è fatta una legge ad hoc. Oggi una legge ad hoc quadro ‒ probabilmente il tempo è maturo ‒ è necessaria. Anzi, ci sono altre Regioni da cui potremmo già prendere spunto, perché nel frattempo queste leggi hanno già iniziato a produrre i propri effetti. Quindi, all’interno di queste leggi di altre Regioni, ci sono già il sostegno al trasporto scolastico per tutti, non solo per una fascia ISEE, c’è già anche lì un sostegno all’asilo nido regionale, non solo si aspetta quello nazionale, per tutti e non solo per i Comuni montani in una determinata fascia ISEE. Quindi, se si vuole affrontare questo tema seriamente, e non solo a parole, oggi l’indicazione mi sembra chiara, collega Montevecchi, che in qualche modo non si è voluto discutere questo tema seriamente, ma si è voluto ovviamente fare opposizione al Governo, come purtroppo sta capitando da quasi un anno a questa parte.

Oggi, dopo questa discussione, o quasi non volere fare una discussione, credo che ci sia un obbligo da parte nostra, che è quello appunto di fare un miglioramento normativo di tutte queste azioni che Regione Emilia-Romagna già fa, ma si possono implementare, fare un testo unico per la famiglia, un po’ più serio e non su mille rivoli, che partono appunto da leggi del 1977, 1980 e così via, che magari potrebbero anche essere un po’ datate o almeno da aggiornare, per arrivare a fare un quadro unico, per semplificare la vita a chi magari fa anche solo la dichiarazione dei redditi alle famiglie.

Concludo dicendo, e l’avevo già detto – non ho avuto occasione di dirlo ieri durante la sessione di bilancio, ma credo che sia pertinente, visto che si parla di sostegno alla famiglia, anche dal punto di vista economico – è vero, ieri è stato detto, che è da nove anni che Regione Emilia-Romagna non tocca le aliquote fiscali; quindi, non mette mano all’imposizione fiscale; è vero anche che tra le Regioni del nord è quella che ha un’imposizione più alta, soprattutto nelle fasce più deboli. L’ho già detto più volte da questi banchi, quindi, grazie: non è un risultato aver mantenuto le tasse più alte soprattutto per le famiglie. L’ho già citato più volte, visto che delle volte vogliamo avere dei primati, magari Emilia-Romagna avesse dei primati su questo tema. Su questo tema ha il primato negativo, non il primato positivo. Per le famiglie con persone con disabilità addirittura Regione Veneto ha una aliquota allo 0,9, mentre noi, solo per le fasce più deboli, dell’1,23, e così via, a salire, fino ad arrivare anche a famiglie con persone con disabilità.

Anche su questo tema, quindi, possiamo e dobbiamo fare molto di più. Dire semplicemente che non abbiamo alzato le aliquote... Sì, stiamo facendo un prelievo fiscale, molto più alto di tutto il resto delle Regioni del nord e anche di qualche Regione centrale o del sud, per la verità.

Concludo, veramente, presidente, dicendo che da questa discussione dovrebbe arrivare... Anche rispetto alle indicazioni che sono state date nell’ordine del giorno. Se veramente si ha voglia di affrontare il tema e dare il nostro contributo positivo, e non solo di opposizione al Governo, ci dobbiamo lasciare, entro la fine di questa legislatura, con una legge quadro sulla famiglia e, eventualmente, vedere un regime fiscale per famiglie o per famiglie con persone con disabilità leggermente migliore rispetto ai nove anni in cui hanno pagato molto di più rispetto ad altre Regioni.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Pelloni.

Consigliere Montevecchi, le restano, se non sbaglio, ancora 7 minuti. Prego.

 

MONTEVECCHI: Grazie, presidente.

Semplicemente per commentare quello che ho ascoltato. Io ho presentato, insieme al mio Gruppo, due anni fa, questo progetto di legge. Ieri tutti abbiamo ascoltato le parole del presidente Bonaccini, il quale, con un’autocritica, ha dichiarato che la Sinistra ha parlato veramente molto poco di natalità in questo Paese, e ne siamo tutti testimoni.

Quello che voglio dire è che, come ho già dichiarato, ho apprezzato questa autocritica del presidente, ho apprezzato le sue parole e sono abituato ad un valore: alle parole devono seguire i fatti. Oggi, neanche ventiquattr’ore dopo le dichiarazioni del presidente Bonaccini, arriviamo qui in aula a discutere, appunto, di natalità, perché qualcuno ne parla, evidentemente, e ci ritroviamo un ordine del giorno di non passaggio all’esame dell’articolato. Cioè, non c’è nemmeno il coraggio di votare questo progetto di legge. È veramente desolante la situazione.

Tra l’altro, voglio commentare brevemente l’intervento della collega e il contenuto dell’ordine del giorno. Leggo: “Si ritiene non opportuno prevedere un intervento legislativo regionale per finanziare, attraverso bandi, le aziende del territorio che realizzano azioni per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, in quanto esiste un quadro legislativo nazionale”.

Di seguito: “Non si comprende la necessità di istituire un Fondo regionale natalità”. Se non si comprende la necessità, alzo le mani.

Prima tutti diciamo che c’è un’emergenza natalità, poi però non si comprende la necessità. Io ci leggo una contraddizione incredibile.

A motivazione di ciò, perché esiste a livello nazionale una misura universale il cosiddetto assegno unico? Meno male, però non basta. Non è che quando hanno approvato l’assegno unico in Veneto, hanno abolito la legge regionale dell’assegno prenatale regionale.

Quindi, quello che sto dicendo io è che io non penso che con questo progetto di legge che oggi presentiamo, risolviamo tutto, l’ho detto, è una goccia nell’oceano ma è necessaria.

Mi dispiace che prima si parli di natalità, poi alle parole non seguono i fatti e le parole diventano fuffa.

Perciò all’ordine del giorno, ovviamente, votiamo contro, neanche a dirlo.

Voglio almeno sperare, ma lo dico proprio per vostre dignità dopo le parole di ieri, che almeno in Commissione siate disponibili a parlarne.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie.

Altri in dibattito generale? Io non ho altri iscritti a parlare in dibattito generale.

A questo punto passo la parola al relatore, se vuole replicare.

Non abbiamo la replica del relatore.

Dichiarazioni di voto sull’ordine del giorno che è stato consegnato e distribuito a firma della consigliera Pillati?

Non abbiamo dichiarazioni di voto sull’ordine del giorno.

A questo punto mettiamo in votazione l’ordine del giorno a firma della consigliera Pillati.

Gli scrutatori sono quelli di prima, li ricordiamo: consigliera Dalfiume, consigliere Mumolo, e consigliera Catellani.

Mettiamo in votazione l’ordine del giorno a firma Pillati.

Favorevoli? Contrari? Astenuti?

È approvato.

(L’Ordine del giorno 3420/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” è approvato a maggioranza dei presenti)

L’ordine del giorno è approvato, quindi il progetto di legge si ferma qui.

 

OGGETTO 3417

Progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: “Introduzione e definizione dei criteri applicativi del Fattore Famiglia emiliano-romagnolo”. A firma dei Consiglieri: Bargi, Liverani, Facci, Catellani, Bergamini, Pelloni, Rainieri, Occhi, Rancan, Pompignoli, Marchetti Daniele, Stragliati, Montevecchi, Delmonte

(Relazione della Commissione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Siamo arrivati all’oggetto 3417: progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante “Introduzione e definizione dei criteri applicativi del Fattore Famiglia emiliano- romagnolo”, a firma dei consiglieri Bargi, Liverani e altri.

C’è una richiesta formulata in sede di Conferenza dei presidenti dei Gruppi: ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa, trascorsi 180 giorni dalla nomina del relatore senza che la Commissione assembleare competente abbia esaurito l’esame in sede referente di un progetto di legge, questo può essere portato all’esame dell’Assemblea nel testo pubblicato sul supplemento del Bollettino Ufficiale, su richiesta del relatore o di tanti commissari che rappresentano almeno un quinto dei voti assegnati.

Il relatore, quindi, può svolgere una propria relazione in Assemblea.

Apriamo a questo punto il dibattito, la discussione su questo progetto di legge.

Passo la parola per la relazione al relatore consigliere Bargi.

Apriamo la discussione generale.

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI, relatore della Commissione: Quanto tempo ho? 20 minuti? Arriviamo un po’ lunghi, comunque, finiremo domani mattina tutto il resto.

Io credo che questo progetto di legge sia un po’ speculare rispetto a quello precedente. Per l’ennesima volta, almeno dovendo dare un giudizio a quello che è successo con il progetto di legge precedente, assistiamo a una volontà della maggioranza che governa, che indirizza questa Amministrazione regionale di non discutere e di non approfondire delle materie che sono, a nostro avviso, di assoluta importanza, di assoluto rilievo, appunto con il sistema della non calendarizzazione all’interno delle Commissioni, non svolgimento delle udienze conoscitive. È evidentemente un metodo, non c’è sorpresa in questo, fa parte della dinamica politica maggioranza-minoranza; tuttavia, credo che sia un metodo del tutto criticabile, ovviamente criticabile, perché ci impedisce, tra l’altro, di affrontare questioni che sono di assoluto rilievo e di assoluta importanza.

Sulla questione “sostegno alle famiglie” ho sentito anche ieri il presidente Bonaccini che si riempiva la bocca delle iniziative che la Regione mette in campo per sostenere... Poi, alla prova dei fatti, quando si tratta di sostenere le famiglie numerose o di sostenere, con criteri che effettivamente siano universali, che aiutino effettivamente le persone, specie quelle che hanno difficoltà, alla prova dei fatti, dicevo, ci troviamo a svicolare e addirittura, come è successo nel progetto di legge precedente, a impedire la votazione della legge stessa.

Fatta questa premessa, che ritengo doverosa... Non è la prima volta che assisto a questo. Obiettivamente, diventa anche un po’ antipatico doverci tornare sopra, me ne rendo conto. Lasciateci quantomeno il diritto-dovere di criticare questo metodo, questo modo di procedere, di interpretare il ruolo di Presidenza all’interno delle Commissioni.

Arriviamo al progetto di legge in questione. Stiamo parlando dell’applicazione del Fattore Famiglia. Nella relazione illustrativa diamo atto delle difficoltà che vi sono, a livello di popolazione, a mantenere un livello... Nel rapporto nascite-decessi siamo ampiamente deficitari. Ci sono soltanto una serie di compensazioni che sono date da fenomeni migratori. Di fatto, alla fine, il saldo è negativo.

Ricordo di aver sentito il presidente ieri che ci chiedeva di interrogarci sul fatto che India, Nigeria, adesso non ricordo quale altra Nazione aveva citato, tra “x” anni raggiungeranno un numero enorme, milioni di abitanti e che, quindi, in qualche modo, saranno dominanti, saranno decisivi, e ci invitava anche ad affrontarlo in una chiave quasi geopolitica di visione per il futuro. Adesso noi ovviamente non pretendiamo di avere la visione geopolitica del presidente Bonaccini, alla cui altezza non arriviamo, però ci limitiamo a parlare che se vi fosse l’applicazione, anche nel nostro piccolo, di criteri come appunto il fattore famiglia, che con questo progetto di legge si vuole introdurre, forse magari un piccolo trend contrario riusciremmo a inserirlo. Vi sarebbe sostanzialmente la possibilità di dare un aiuto concreto alle nostre famiglie, tenendo presente quello che appunto la famiglia rappresenta, o meglio dovrebbe rappresentare sempre più all’interno del contesto sociale e dei contesti territoriali.

Insomma, sostanzialmente, il fatto che la presenza di figli non deve essere un vincolo, non deve essere un limite, ma deve essere, come dovrebbe essere effettivamente una risorsa. Spesso, purtroppo, questo invece non avviene, perché vi sono ovviamente una serie di variabili, di condizionamenti e di condizioni avverse, allora si demanda alla politica, si demanda in questo caso ai soggetti deputati a poter intervenire, di provare a invertire questa tendenza.

Ecco, per questo progetto di legge credo che sia più corretto che l’illustrazione puntuale degli articoli che lo compongono (che sono sostanzialmente sei, poi, considerando la clausola valutativa e la norma finanziaria, ma i punti centrali sono di fatto i primi) venga introdotta dal primo firmatario che è appunto il consigliere Stefano Bargi. Di fatto, l’obiettivo è quello di introdurre all’interno del nostro sistema un meccanismo di sostegno appunto alle famiglie, in un’ottica di miglioramento delle condizioni di vita. Non dico, come appunto chiedeva il presidente Bonaccini, di contrastare quello che succederà in India, in Cina o in Nigeria fra cinquant’anni, ma quantomeno di alleviare e di sostenere le nostre famiglie, che appunto oggi sul territorio si trovano ad affrontare problemi indubbiamente consistenti, che sono quelli legati, appunto, alle difficoltà economiche, alle difficoltà nell’accesso ai servizi sociali, nel costo dei servizi sociali, nel costo delle varie prestazioni che si trovano a dover sostenere per mandare avanti figli, famiglia, eccetera.

Termino questo mio intervento. Ovviamente, mi riservo di intervenire successivamente, anche in sede di replica.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Facci.

Colleghi, sono le ore 17,28. A questo punto, chiudo la seduta di oggi.

Ci rivediamo domani alle ore 09,30 per continuare con l’ordine del giorno dei lavori di questa tornata assembleare.

Grazie a tutti. Buona serata.

 

La seduta ha termine alle ore 17,28

 

ALLEGATO

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO, Stefano BARGI; Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI; Andrea COSTA, Palma COSTI, Luca CUOGHI, Matteo DAFFADÀ, Mirella DALFIUME, Gabriele DELMONTE; Marta EVANGELISTI, Marco FABBRI, Michele FACCI; Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI; Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Gian Luigi MOLINARI; Lia MONTALTI; Matteo MONTEVECCHI; Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI; Giuseppe PARUOLO; Simone PELLONI, Emma PETITTI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI; Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Silvia ZAMBONI; Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il Presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario Davide BARUFFI;

gli assessori Paolo CALVANO, Andrea CORSINI, Mauro FELICORI, Barbara LORI, Alessio MAMMI, Igor TARUFFI.

 

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta l’assessora Paola SALOMONI.

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 7377

Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione L.R. n. 37/1994". (82)

 

Presenti: 44

Favorevoli:29

Astenuti: 14

Presente non votante: 1

Assenti: 6

 

Favorevoli:

AMICO Federico Alessandro; BONACCINI Stefano; BONDAVALLI Stefania; BULBI Massimo; CALIANDRO Stefano; COSTA Andrea; COSTI Palma; DAFFADÀ Matteo; FABBRI Marco; FELICORI Mauro; GERACE Pasquale; GIBERTONI Giulia; MALETTI Francesca; MARCHETTI Francesca; MOLINARI Gian Luigi; MORI Roberta; MUMOLO Antonio; PICCININI Silvia; PIGONI Giulia; PILLATI Marilena; RONTINI Manuela; ROSSI Nadia; SABATTINI Luca; SONCINI Ottavia; TARUFFI Igor; ZAMBONI Silvia; ZAPPATERRA Marcella; DALFIUME Mirella; MONTALTI Lia

 

Astenuti:

BARGI Stefano; CATELLANI Maura; CUOGHI Luca; EVANGELISTI Marta; FACCI Michele; MARCHETTI Daniele; MASTACCHI Marco; MONTEVECCHI Matteo; OCCHI Emiliano; PELLONI Simone; POMPIGNOLI Massimiliano; RAINIERI Fabio; STRAGLIATI Valentina; TAGLIAFERRI Giancarlo

 

Presente non votante:

PETITTI Emma

 

Assenti:

BERGAMINI Fabio; CASTALDINI Valentina; DELMONTE Gabriele; LIVERANI Andrea; PARUOLO Giuseppe; RANCAN Matteo

 

Emendamenti

 

OGGETTO 7377

Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Nuove norme in materia di promozione culturale. Abrogazione L.R. n. 37/1994". (82)

 

Emendamento 1 a firma dei consiglieri Pillati, Facci

«Al comma 1 dell'articolo 6 sostituire il punto 2) come segue:

2) convenzioni con soggetti privati, anche in attuazione dell'articolo 56 del decreto legislativo n. 117 del 2017 e delle norme di cui al Titolo III della legge regionale n. 3 del 2023;»

(Approvato)

 

Emendamento 2 a firma della consigliera Pillati

«Al comma 2, lettera f) dell'art. 3 le parole "degli immobili di proprietà pubblica" sono sostituite da "degli spazi aperti al pubblico".»

(Approvato)

 

Emendamento 3 a firma della consigliera Pillati

«All'art. 6, comma 1, lettera e) le parole "per la realizzazione di progetti volti" sono sostituite da "per progetti volti alla realizzazione,".»

(Approvato)

 

Ordine del giorno per il non passaggio all’esame degli articoli

 

Ordine del giorno 3420/1 “Non passaggio in esame degli articoli” del Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri Montevecchi e altri recante: "Integrazioni alla L.R. 12 marzo 2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)". A firma della consigliera Pillati

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Premesso che

il Progetto di legge in oggetto propone alcune azioni per contrastare il declino demografico e sostenere le famiglie.

 

Considerato che

 

la programmazione e la legislazione regionale sono orientate da sempre alle medesime finalità con una pluralità di azioni sistemiche all'interno di un quadro di criteri e norme nazionali, che hanno trovato una nuova sistematizzazione nella legge 7 aprile 2022, n. 32, recante "Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia", il cosiddetto Family Act.

 

Ritenuto

 

non condivisibile l'approvazione del Progetto di legge per i seguenti motivi:

-          per quanto riguarda l'art.1 si ritiene non opportuno prevedere un intervento legislativo regionale per finanziare attraverso bandi le aziende del territorio che realizzano azioni per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, in quanto esiste un quadro legislativo nazionale che sostiene il welfare aziendale attraverso significative misure di defiscalizzazione; inoltre la Regione interviene già con altre norme per valorizzare la responsabilità sociale d'impresa, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e le pari opportunità;

 

-          per quanto riguarda la proposta contenuta nell'art. 2, non si comprende la necessità di istituire un "Fondo Regionale Natalità", che prevede l'erogazione di un assegno regionale fino al primo anno di età del bambino, quando esiste a livello nazionale una misura universale, il cosiddetto "assegno unico" erogato fino al 21° anno di vita di ciascun figlio, introdotto per superare la frammentarietà delle misure precedenti e che può essere opportunamente incrementato per andare incontro ai sempre maggiori costi dei figli nel loro percorso di crescita e ben oltre il primo anno di vita;

 

-          in riferimento alla proposta di istituire un elenco regionale di mutuo aiuto per la maternità, si ritiene che la regolamentazione potrebbe limitare questa libertà e ostacolare l'adattabilità alle esigenze specifiche dei singoli territori.

 

Visto

 

il Titolo X "Dell'esame in Assemblea", Capo I "Discussione, emendamenti e votazioni", in particolare, l'articolo 92 recante "0rdine del giorno di non passaggio all'esame degli articoli" del Regolamento interno dell'Assemblea Legislativa.

Propone

 

il non passaggio all'esame degli articoli, ai sensi dell’art. 92 del Regolamento interno dell'Assemblea Legislativa.»

(Approvato)

I PRESIDENTI

LA SEGRETARIA

Petitti - Ranieri

Montalti

 

Espandi Indice