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Legislatura X - Commissione III - Resoconto del 04/02/2016 antimeridiano

     

    Resoconto integrale n. 5

    Seduta del 4 febbraio 2016

     

    Il giorno 4 febbraio 2016 alle ore 10,00 è convocata in udienza conoscitiva, con nota prot. n. AL.2016.4611 del 29/01/2016, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    RONTINI Manuela

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    BARGI Stefano

    Vicepresidente

    Lega Nord

    3

    presente

    IOTTI Massimo

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    Forza Italia

    2

    assente

    CAMPEDELLI Enrico

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord

    1

    presente

    FABBRI Alan

    Componente

    Lega Nord

    2

    presente

    FOTI Tommaso

    Componente

    Fratelli d’Italia AN

    1

    assente

    LORI Barbara

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord

    2

    assente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    3

    assente

    POLI Roberto

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord

    1

    presente

    RAVAIOLI Valentina

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    ROSSI Nadia

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARASCONI Katia

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    ZAPPATERRA Marcella

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

     

    Sono presenti i consiglieri: Gianni BESSI in sostituzione di Barbara LORI; Paolo ZOFFOLI in sostituzione di Valentina Ravaioli.

    Sono altresì presenti i consiglieri Luciana SERRI, Paolo CALVANO, Giulia GIBERTONI, Andrea BERTANI, Stefano CALIANDRO e l’assessore Paola GAZZOLO (Difesa del suolo e della costa, Protezione civile e Politiche ambientali e della montagna)

    Presiede la seduta: Manuela RONTINI

    Assiste la segretaria: Samuela Fiorini

    Funzionario estensore: Antonella Agostini

    Trascrizione integrale a cura della segreteria


    Udienza conoscitiva

     

    1923 - Proposta recante: "Proposta all'Assemblea legislativa di decisione sulle osservazioni pervenute e approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR)" (Delibera di Giunta n. 1 del 08 01 16).

    (Relatore consigliere Luca Sabattini - Relatore di minoranza consigliere Stefano Bargi)

     

     

    Partecipano:

     

    Arcangeli Maria Grazia – Comitato Ambiente e salute Riccione

    Bardi Vittorio – Associazione “Si alle rinnovabili, no al nucleare”

    Barilli Roberto– Hera spa

    Barozzi Donatello – Comitato Fermare la discarica

    Bellini Alberto - UNIBO

    Belosi Natale - Ecoistituto di Faenza Referente rete rifiuti zero Emilia-Romagna

    Biagi Giancarlo – Comune Lizzano in Belvedere

    Bologna Margherita - Riccione Energia Pulita

    Bonoli Alessandra – Unibo, Ordine ingegneri

    Boyco Irina – Democrazia dal basso

    Buratti Lora – Comune di Calderara

    Cannarito Vito – Iren Ambiente

    Castagna Luigi - Confservizi

    Castellari Fabrizio – Astra

    Ceci Silvia – Iren Ambiente

    Cinti Monica - Comune di Monte San Pietro

    Colò Cristiano – Comitato Fermare la discarica

    Conti Alberto - WWF Forlì-Cesena

    Ferri Federica – Comune di Imola

    Forni Fabrizia – Cna Emilia-Romagna

    Frattini Lorenzo - Legambiente Emilia-Romagna

    Giachetti Giancarlo– Iren Ambiente

    Giordani Sergio – Cbrc srl

    Giovannini Michele – Comune di Castello d’Argile

    Giove Luigi – CGIL Emilia-Romagna

    Granata Maria Grazia – Comune di Piacenza

    Grandi Ombretta - Osservatorio discarica Tre monti

    Guerrieri Giudo – Comune di Ravenna

    Icershbaumer Giulio – Legambiente Emilia-Romagna

    Lelli Ciro – Cosea Ambiente spa

    Lombardi Patrizia – Hera spa

    Lugari Lorena – Comitato Fermare la discarica

    Magrini Sarah -  Coldiretti Emilia-Romagna

    Malandri Mauro – Confcommercio Emilia-Romagna

    Marcheselli Silvia – Hera spa

    Marchesini Loris – Comune di Anzola dell’Emilia

    Materassi Marcello – Cosea Cons.Serv. Amb.

    Mazzetti Roberta – Comune di Bologna

    Mazzetti Stefano - Comune di sasso Marconi

    Negri Alfredo – Democrazia dal basso

    Olivieri A. Giulia – Legambiente Imola Medicina

    Ottolini Enrico - Emilia-Romagna WWF Italia

    Patuelli Luciano – Legacoop servizi Emilia- Romagna

    Peri Piero – CIA Emilia-Romagna

    Pesci Boris - Astra Soc. Cons. a r.l.

    Prati Loretta - Comitato di quartiere Coriano-Pianta-Ospedaletto (FC)

    Re Fabio – Comitato Ambiente e Salute Riccione

    Reggiani Stefano – Comune di Castelfranco Emilia

    Romagnoli Fulvio – Ausl Bologna

    Roncuzzi Mara – Provincia di Ravenna

    Rosano Silvia – Collegio Geometri Bologna

    Rusconi Gianluca - Confindustria Emilia-Romagna

    Sambinello Alfredo - Legambiente Imola Medicina

    Santini Roberta – Ausl Bologna

    Spani Angelo – Confesercenti

    Sunseri Mario – Niagara srl

    Tedeschi Claudio – Dismeco srl

    Timpano Francesco - Comune di Piacenza

    Venturi Nerio – Cbrc srl

    Vicarelli Susanna – Comune di Riccione

    Vigarani Massimiliano – Comune di Castelfranco Emilia

    Villani Barbara – Arpa Emilia-Romagna

    Villani Tamara - Comitato ambiente salute Riccione

    Zaccanti Giacomo – Arpa Emilia-Romagna

    Zaccarelli Nevio – Comune di Forlì

    Zanetti Barbara – Tavolo Regionale dell’Imprenditoria

    Zoffoli Leda – Comitato Ambiente e Salute Riccione

     

     

    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    Presidente Manuela RONTINI - Presidente della Commissione assembleare Territorio, Ambiente, Mobilità.

    Come sapete oggi la Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità è convocata in udienza conoscitiva sull'oggetto 1923. In apertura vorrei dare alcune note metodologiche poi passerò la parola al consigliere Luca Sabattini, relatore della proposta e al consigliere Stefano Bargi, relatore di minoranza.

    Le udienze conoscitive sono sempre un momento molto importante per noi consiglieri in cui ascoltiamo la società regionale diffusa che si esprime. Ci sarà poi la possibilità, sia per chi ha chiesto di intervenire oggi, sia per chi lo chiederà, sia per chi non interverrà, di farci avere delle osservazioni alla proposta. Alcuni di voi mi hanno scritto chiedendo entro quando. Da regolamento non ci sono termini, il consiglio che do io è di farcele avere prima della prossima seduta di Commissione quando continueremo ad occuparci del Piano dopo avervi ascoltato entrando nel vivo della discussione. Non sarà la seduta di giovedì prossimo, proprio anche per darci modo di comprendere meglio e metabolizzare quelle che sono le vostre osservazioni, ma ce ne occuperemo giovedì 18 febbraio. Vi invito pertanto di far avere alla Segreteria anche eventuale documentazione scritta a corredo degli interventi che farete oggi.

    Alla proposta adottata dalla Giunta nel febbraio 2014 sono arrivate più di novecento osservazioni inviate da 97 soggetti entro i termini di regolamento, quindi entro i sessanta giorni dalla pubblicazione, e altre osservazioni da ulteriori sei soggetti. Tutte queste osservazioni sono conservate agli atti con le relative controdeduzioni che potete consultare anche nella pagina web della Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità.

    Il regolamento prevede, per chi interverrà, fino a quindici minuti di tempo, io vi anticipo che abbiamo già diciotto richieste d’intervento, quindi vi chiedo di stare possibilmente dentro i dieci minuti; è chiaro che non toglieremo la parola a nessuno, ma questo farà sì che riusciremo ad ascoltarci tutti e rendere la nostra mattinata più proficua.

    Prima di passare la parola al consigliere Sabattini, ringrazio l’assessore Gazzolo e i dirigenti e i tanti funzionari dell’assessorato presenti che da tanto tempo, perché questo è un Piano che è partito con l’approvazione degli indirizzi nel lontano 2012, lavorano con molto impegno – soprattutto in queste ultime settimane -  per mettere insieme il tutto.

     

    Consigliere Luca SABATTINI – Relatore della Commissione

    Buongiorno a tutti. Io vi ruberò soltanto qualche minuto come premessa di questa seduta. Intento ci tengo a ringraziare per la partecipazione a questa udienza conoscitiva. La discussione del Piano comincia nei fatti anche per i Commissari e tutti gli altri consiglieri, oggi con un importante appuntamento di ascolto. Un’altra scelta che l’Assemblea ha deciso di fare è quella della nomina di un relatore. I Piani non hanno l’obbligo di nominare un relatore, ma vista anche la delicatezza e la strategicità del piano di programmazione sul quale ci dobbiamo confrontare ha spinto l’Assemblea alla nomina di un relatore proprio per approfondire e fare una discussione nel merito più approfondita rispetto a quella che normalmente è fatto sui piani di programmazione. La Presidente tracciava come il Piano viene fuori da una discussione che comunque comincia nella scorsa legislatura che viene ripresa e riadeguata con quello che è l’atto politico che traccia la strada, il futuro della politica dei rifiuti in Emilia-Romagna che è appunto l’approvazione che abbiamo fatto ad ottobre della legge 16, quella dell’economia circolare. La discussione di oggi, la complessità del Piano, la delicatezza che non sfugge a nessuno della programmazione della gestione complessiva dei rifiuti, credo che porterà a una discussione proficua, mi auguro che lo sia, in Assemblea e in Commissione. Spero che saremo in grado di portare in questo Piano anche eventuali elementi di miglioramento nel caso ve ne fosse bisogno. Ovviamente io ci tengo, proprio richiamando la delicatezza della discussione, a porre qualche punto fermo, nella discussione che dovremo fare stamattina. Il primo è che la strada è stata tracciata con la legge 16, cioè la direzione in cui la Regione Emilia-Romagna ha intenzione di andare con le gestione dei rifiuti è il tema dell’economia circolare che va ben oltre quello che è la tempistica che il Piano ha. Andrà ben oltre il limite del 2020, che è il limite della programmazione di questo Piano. Ci tengo anche a mettere un altro punto fermo: la Regione Emilia-Romagna credo anche con ragione si è vantata del fatto che siamo una regione che non è mai andata in emergenza rifiuti, cosa che non è avvenuta in passato, che non avviene oggi e che questo Piano qualunque sia la discussione che faremo deve tenere questo punto fermo: la regione Emilia-Romagna non dovrà mai né ora né in futuro andare in emergenza rifiuti. Direi che questo Piano lo prevede. Credo che ci sia un altro elemento e questo va anche al di là dello stretto merito del Piano stesso: credo che richiami anche un’eticità con la quale noi ci approcciamo anche al tema dei rifiuti. Dobbiamo dirci, credo che tutta la platea su questo possa essere d’accordo, che non possiamo pensare ad una programmazione che possa prevedere una gestione dei rifiuti che veda rifiuti dover smaltire o poter essere un problema per altri territori. I rifiuti prodotti in Emilia-Romagna, siano essi speciali o urbani, devono trovare una collocazione all’interno della programmazione del nostro territorio. Io credo che con questi tre punti cardine che non sono assolutamente in discussione ci approcciamo a questa udienza conoscitiva. Io mi aspetto un dibattito assolutamente di merito con grande disponibilità ovviamente di ascolto visto anche tutti gli interventi già programmati e anche quelli eventualmente che arriveranno nel corso della mattinata, io non voglio far perdere ulteriore tempo all’ascolto e alla discussione. Chiudo ringraziandovi di essere qui e di partecipare e di rendere possibile anche per noi consiglieri di venire a conoscenza di quella che è stata anche una discussione che esula da quello che è stato il nostro contributo fino ad ora. Oggi il Piano è in Assemblea legislativa. Abbiamo intenzione di fare assolutamente la nostra parte nel merito dello stesso e quindi mi aspetto una discussione corretta e di merito e quindi buon lavoro a tutti.

     

    Consigliere Stefano BARGI - Relatore di minoranza

    Due cose veloci. D’altronde se già il relatore di maggioranza è anomalo per un piano, figuriamoci quello di minoranza. Però, giusto perché ho ricoperto lo stesso ruolo anche per quanto riguarda la legge regionale 16/2015 sull’economia circolare. Noi abbiamo una nostra visione di quella che è la gestione dei rifiuti, che sarebbe dovuta partire da questo Piano. Abbiamo trovato anomalo cominciare con una legge, che la legge, di fatto, è lo strumento che va ad attivare tutti quelli che sono gli strumenti per arrivare agli obiettivi di un Piano ma non è ciò che traccia il percorso stesso. Quindi già per noi andare a fissare in una legge, degli obiettivi abbastanza ambiziosi, superiori a quelli di un piano, cioè quello che stiamo valutando oggi, modificato ovviamente dalla legge, perché è arrivata prima e quindi è molto più forte del Piano come strumento normativo e che va a modificare degli obiettivi fissati da un Piano costato più di 250 mila euro, con degli studi ben precisi ed oggi ci troviamo con degli obiettivi un pochino più alti, senza nessun tipo di studio scientifico dietro, ci lascia un pochino perplessi. Non vorremmo fosse uno strumento per sbandierare qualche obiettivo, perché in politica c’è un po’ questa mania, quando si fissano degli obiettivi li si considera già raggiunti ma in realtà ne parleremo al 2020.

    Riscontrata questa grossa anomalia, che per alcuni Consiglieri non è tale, noi ci approcciamo alla discussione di un piano dopo aver fatto diverse proposte di modifica alla legge n. 16/2015. Per noi è importante entrare nella discussione se si vuol parlare di riciclaggio, della gestione raccolta e smaltimento rifiuti finché lo stesso gestore raccoglie e smaltisce e ha in mano impianti di termovalorizzazione gli conviene bruciare, produrre energia elettrica e venderla, quindi di riciclaggio si fa sempre un po’ fatica a parlarne. Altra cosa è la sua interruzione e l’economia circolare e la tariffa puntuale del porta a porta. Avremmo voluto vedere un progressivo utilizzo di questo strumento sul territorio, magari con Comuni campione, che potevano dimostrare l’effettiva valenza, perché andare a dire oggi ai cittadini che devono tenere il pattume in casa e metterlo fuori diversi giorni che passa il camioncino a raccoglierlo per le varie frazioni, in molti diciamo che si arrabbiano un pochino, per usare un termine molto tranquillo. Perché? Perché non hanno nessun tipo di riscontro.

    Se noi avessimo avuto la possibilità di avere qualche campione da poter provare su qualche Comune, ad esempio una città grande, una città piccola, una città media, in montagna o pianura, da poter presentare un pochino alla nostra cittadinanza, probabilmente anche questo che riteniamo sia un passaggio fondamentale se si vuole arrivare veramente ad un riciclaggio ed a una funzione di economia circolare sarebbe stato necessario per consentire ai nostri cittadini di poterlo digerire meglio e capire i reali vantaggi

    Detto questo, stiamo esaminando le vostre osservazioni. Ne sono pervenute tante. Oggi siamo qui per ascoltare e per capire quelli che sono, da parte vostra, le criticità perché come opposizione d’altronde siamo qui per dar voce a chi fa più fatica a farsi sentire all’interno delle istituzioni giustamente credo sia poi il ruolo del relatore di minoranza. Noi siamo qui ad ascoltare quelle che sono le vostre criticità, prenderne atto e vi assicuro che nella discussione verranno tutte esaminate e portate avanti. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie anche al consigliere Bargi. Mentre invito ad accomodarsi qui, per il primo intervento, la dottoressa Barbara Zanetti, in rappresentanza del tavolo regionale dell’imprenditoria, vi ricordo che tutti i lavori di oggi vengono trasmessi in diretta streaming sul sito dell’Assemblea legislativa, così come quelli di tutte le sedute di Commissione che esamineranno la proposta di piano fino all’approvazione.

     

    Barbara ZANETTI – TAVOLO REGIONALE DELL’IMPRENDITORIA

    Ringrazio la Commissione per questa opportunità che già da tempo cogliamo, proprio perché questo piano è già da numerosi anni che è sotto la nostra attenzione. Il tavolo regionale dell’imprenditoria rappresenta tutte le organizzazioni imprenditoriali dell’artigianato, dell’agricoltura, del commercio, della piccola industria e della cooperazione. Rappresentiamo circa 300 mila imprese in tutta la regione Emilia Romagna. 

    Innanzitutto volevo fare una nota di tipo metodologico. Sicuramente questo piano, come tutti avete potuto vedere, è corposissimo. Noi abbiamo iniziano nel 2013 a proporre le nostre osservazioni preliminari al piano. Nel 2014, a maggio, abbiamo presentato delle ulteriori osservazioni. A fine 2014 c’è stato il cambiamento della Giunta. Quindi questo piano ha subito numerose variazioni. Ecco perché questo testo, che è così corposo, oggi è difficile fare un raffronto senza avere la contezza degli emendamenti che sono stati fatti, anche in relazione alle numerose controdeduzioni, o comunque osservazioni che sono state fatte.

    Come diceva prima anche il Consigliere, 918 pagine di osservazioni e di controdeduzioni, come voi ben capite, sono tante e avremmo preferito che anche questo documento, assieme al piano, fosse pubblicato sul sito della Regione Emilia Romagna, in modo tale che fosse reso più fruibile. A noi interessa sapere che cosa è stato controdedotto alle nostre osservazioni, ma anche conoscere quelle delle altre stakeholder per noi si è rivelato anche di grande importanza. Anche perché ci sono delle osservazioni che sono state respinte, magari anche per motivazioni tecniche, che senso che non attenevano strettamente al piano, ma che a noi piacerebbe che venissero in qualche modo raccolte, soprattutto quelle che sono non tecnicamente accoglibili nel piano, ma sicuramente di buonsenso.

    Dal punto di vista degli obiettivi e dei principi del piano, noi rileviamo che siamo assolutamente concordi nei principi che esprime il piano, nel senso che il passaggio sicuramente dall’economia lineare all’economia circolare è un passaggio che la nostra società e la nostra economia e la nostra comunità deve fare. Certo è che gli obiettivi del piano, a noi, fin dall’inizio e fin dagli obiettivi del 2013 e del 2014, che sono di misura inferiore a quelli attuali, sono sempre sembrati irraggiungibili, o comunque molto difficili da raggiungere soprattutto nel breve e nel medio periodo. 

    Dalla lettura delle numerose osservazioni pervenute, ci siamo resi conto che, in realtà, anche altri soggetti pubblici, enti pubblici, ma anche autorità tecniche, hanno espresso la stessa opinione, dicendo che erano obiettivi non realistici, o difficilmente realizzabili.

    Noi, quello che abbiamo sempre chiesto era quello di attestarci, anche per non creare degli squilibri nella concorrenza tra le imprese di varie macro regioni europee di attestarci su quelli che erano gli obiettivi dell’Unione Europea. Nei recenti emendamenti che sono stati presentati di recente alla Direttiva Europea sui rifiuti, abbiamo visto che gli obiettivi che si dà l’Unione Europea per il recupero sono il 65 per cento di recupero al 2030; mentre nel piano ci sono questi obiettivi cosiddetti sfidanti del 70 per cento di recupero al 2020. Quindi noi dieci anni prima tentiamo di raggiungere questi obiettivi. Anche perché riteniamo che per raggiungere questi obiettivi, stante la quota attuale di differenziata e di recupero, occorre un processo di sensibilizzazione e di educazione della cittadinanza, delle imprese naturalmente, che probabilmente traguarda un tempo un po’ più lungo rispetto a quello che questa Regione si è dato.

    Noi riteniamo – e questa è la preoccupazione che abbiamo sempre avuto – che la sostenibilità ambientale non può essere disgiunta da quella economica e sociale. Una critica che abbiamo sempre fatto a questo piano è stata quella che non fosse previsto, in parallelo, uno studio di impatto economico di tutte le azioni di piano, perché gli obiettivi possono avere delle ricadute molto forti, soprattutto in tariffa, nel breve, ma probabilmente nel medio periodo, sulle imprese e sui cittadini.

    Per quanto riguarda, invece, un altro argomento che ci sta particolarmente a cuore è la tariffa puntuale, perché sulla tariffa puntuale si poggia una riduzione del 15/20 per cento dei rifiuti e su questa noi saremo fortemente impegnati. Rileviamo il fatto che ci sarà una Commissione, che all’interno di Atersir verrà consultata sulle linee guida per la definizione di questa tariffa puntuale. Noi, come abbiamo già fatto presente anche all’Assessorato e alla Giunta, riteniamo comunque insufficiente un membro solo all’interno di questa Commissione, che vada a rappresentare l’intero tessuto imprenditoriale, che sono anch’essi utenti, come i cittadini, di questo servizio, del Servizio dei rifiuti e del piano dei rifiuti. Tanto più che un’altra nostra preoccupazione in merito alla tariffa puntuale riguarda la definizione dei criteri, dei dati sulla produzione dei rifiuti delle imprese, questo perché, come diciamo da tempo, non ci sono delle banche dati precise su quanto sia la produzione di rifiuti urbani, o assimilati urbani delle imprese, tale per cui questo percorso di definizione della tariffa puntuale, che ci sta molto a cuore, dovrà essere fatto con molta attenzione.

    Quindi ci saranno dei passaggi successivi a questo piano che noi monitoreremo o sui quali pensiamo di renderci partecipi.

    Una cosa, invece, che accogliamo con favore rispetto a questo piano è che è stata accolta quella che era sempre stata una nostra richiesta, ovvero quella che riguarda la definizione di accordi di filiera, accordi di programma, per quanto riguarda i sottoprodotti. Poiché noi riteniamo che la filiera dei sottoprodotti vada a rispondere a quello che è il primo obiettivo della gerarchia dei rifiuti, che è quello della prevenzione, perché i sottoprodotti sono tutti quei residui che le nostre imprese fanno e che sono ben lungi dall’idea di diventare dei rifiuti, perché possono essere reimpiegati in altri cicli produttivi successivi.

    Oggi c’è la possibilità normativa di farlo, ma le norme europee e nazionali non danno la possibilità di essere tranquilli nella gestione di questi sottoprodotti. E la Regione, secondo noi, può, attraverso questi accordi di programma, essere veramente all’avanguardia e, se non altro, provare a essere un esempio, anche per portare queste istanze al Ministero dell’ambiente, per poter creare tutte queste filiere del sottoprodotto. Così come, ovviamente, sponsorizziamo, comunque è un nostro obiettivo anche quello di creare i centri del riuso.

    Da tutta questa economia dei sottoprodotti, dei centri del riuso, ma anche nella fase del recupero di rifiuti, il mondo dell’imprenditoria si candida per essere un volano per dare vita a questo tipo di economia e per dare, in ultima analisi, l’obiettivo che si è dato la Regione, cioè il lavoro. Speriamo che questi obiettivi diano e creino lavoro.

    Credo di aver terminato. Vi ringrazio.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Può accomodarsi per un secondo intervento il professor Francesco Timpano, che è il Vicesindaco del Comune di Piacenza.

    Il dato rispetto a quello che diceva la dottoressa Zanetti, sulla pagina on-line della Commissione trovate pubblicato anche l’allegato 1 alla delibera di Giunta n. 1/2016, cioè le osservazioni corredate dalle controdeduzioni.

     

    Francesco TIMPANO – VICESINDACO DEL COMUNE DI PIACENZA

    Vorrei illustrare brevemente la nostra osservazione che come Amministrazione comunale abbiamo fatto e fare qualche commento, ovviamente precisando che si tratta di una osservazione che ha come obiettivo un problema molto locale, evidentemente, in particolare mi riferisco al punto in cui il piano regionale rifiuti, di cui condividiamo complessivamente, assolutamente, sia la filosofia sia gli obiettivi, però in un punto, che riguarda proprio la nostra provincia, prevede che nel 2020, nel caso in cui si verifichino i risultati ambiziosi, ma a mio parere raggiungibili, probabilmente con un impegno forte, del piano in tema di riduzione rifiuti urbani, il nostro impianto di termovalorizzazione non venga più alimentato dai rifiuti solidi urbani, prodotti dal bacino piacentino, ma che questi rifiuti andrebbero spostati sull’impianto di Parma.

    Questa scelta non avrebbe, come effetto, evidentemente, lo spegnimento dell’impianto di termovalorizzazione di Piacenza, ma semplicemente l’alimentazione dello stesso con rifiuti speciali, tendenzialmente proveniente non solo dal territorio piacentino, ma anche dai territori limitrofi.

    È chiaro che come è stato fatto notare dalla risposta che gli uffici hanno dato all’osservazione, che il piano regola, evidentemente, i flussi dei rifiuti solidi urbani, noi crediamo che proprio per poter tenere insieme il sistema, tra l’altro va considerato e cercherò anche di spiegare perché, in modo, se volete, un po’ indiretto, ma vada considerata anche la gestione dei rifiuti speciali.

    Nella nostra osservazione facciamo notare che questa scelta provocherebbe, evidentemente dal punto di vista del saldo ambientale negativo, perché sostanzialmente sposteremo rifiuti che hanno una natura tendenzialmente simile, ma semplicemente diversa per il fatto che sono prodotti gli uni dalle famiglie e gli altri dalle imprese, ma li faremmo spostare tra Parma e Piacenza in un modo che ci sembra non particolare razionale. Quindi generando comunque un costo ambientale determinato dalla mobilità degli stessi rifiuti tra i due siti.

    Recentemente anche il Consiglio comunale di Piacenza, con una mozione approvata – ed è per questo che abbiamo scelto di essere presenti in questi audizione, per sottolineare questo punto – con un’ampia maggioranza, ha sostenuto questa argomentazione prevista nella nostra osservazione, impegnando la Giunta a mettere in campo le azioni possibili per una modifica di questo punto del piano.

    Ripeto, noi condividiamo assolutamente non solo la filosofia del piano, ma soprattutto anche gli obiettivi della legge n. 16, che sono obiettivi che una Regione ambiziosa, coraggiosa, che ama le sfide, come questa, è giusto che si dia. Quindi condividiamo completamente. Condividiamo, in particolare, il fatto che in questa regione si vada a ridurre il numero di discariche, che sembra il primo obiettivo ambientalmente importante. Il territorio di cui parliamo, direi il territorio di Parma e Piacenza in particolare, è un territorio oggi libero da discariche, grazie agli impianti di termovalorizzazione che ci sono. È anche un territorio capace di azioni di solidarietà territoriale, come su iniziativa della stessa Regione Emilia Romagna, abbiamo fatto recentemente per risolvere una parte del problema dei rifiuti in Regione Liguria.

    Quindi condividiamo certamente il piano, condividiamo gli obiettivi anche della legge, condividiamo complessivamente la filosofia che muove il piano, però su questo punto invitiamo e chiediamo una rivisitazione, perché noi abbiamo anche un impianto a Piacenza molto particolare. È un impianto che ha una vita utile più lunga della vita del piano. È un impianto che dal punto di vista della qualità tecnologica è di indiscusso livello. Dal punto di vista della gestione è un impianto che è stato sempre gestito in modo molto oculato e attento. Pensate che in quattordici anni di funzionamento abbiamo fatto 35 milioni di euro di manutenzione ordinaria e straordinaria. Si è generato anche un processo virtuoso di valorizzazione dei rifiuti, perché è un impianto di valorizzazione. Tra l’altro, quanto prima, sarà anche collegato alla rete del teleriscaldamento cittadino. Quindi è un impianto che avrà una storia futura. Poi, ovviamente, questa storia, prima o poi, si interromperà ed è giusto che sia così. Gli impianti, via via che i risultati del piano emergeranno, che la legge comincerà a funzionare, inevitabilmente, dopo le discariche, chiuderemo anche gli impianti di termovalorizzazione, questo è pacifico e siamo d’accordo.

    Una scelta come quella prevista dal piano avrebbe anche un impatto diretto, in particolare sulla tariffa. E qui è il punto, secondo me, di maggiore delicatezza, perché in questo momento l’impianto di Piacenza genera una tariffa di smaltimento, misurata a delibera regionale, che è già sotto i 110 euro a tonnellata; giusto per dare un termine di confronto, la stessa tariffa nell’impianto di Parma è attualmente a 154, anche perché Parma, ovviamente, è un impianto più giovane, non è completamente ammortizzato come la gran parte dell’impianto piacentino e quindi, chiaramente, le tariffe che si generano sono molto diverse.

    Assecondare la tariffa alla previsione del piano vorrebbe dire determinare inevitabilmente un aumento della tariffa media di bacino, anche perché la specializzazione – ed è questo, secondo me, il punto di maggiore delicatezza – di un impianto di termovalorizzazione solo sui rifiuti urbani, perché questo sarebbe evidentemente nel caso di Parma, inevitabilmente, proprio perché l’impianto ha comunque una vita utile che prosegue, la specializzazione dell’impianto di Piacenza a rifiuti speciali impedirebbe di abbassare la tariffa sugli urbani, proprio perché, invece, al contrario, la coesistenza di urbani speciali sullo stesso impianto permette, evidentemente, di scaricare parte dei costi fissi dell’impianto stesso sugli speciali e non solo sugli urbani. 

    Questo è un po’ un meccanismo che inevitabilmente determinerebbe un aumento della tariffa media, certamente per un territorio che nel frattempo ha fatto investimenti e che, attraverso questo impianto, ha raggiunto quella tariffa che vi dicevo.

    Questo è il nostro punto di vista. È chiaro che l’equilibrio tra il tema dell’autosufficienza del ciclo dei rifiuti che veniva richiamato all’inizio, la capacità di utilizzare gli impianti, il basso impatto ambientale del sistema, del ciclo nel suo complesso, la promozione che mettiamo dentro nelle nuove filiere del riciclo, che evidentemente è un po’ l’obiettivo ultimo della legge n. 16 ed è un obiettivo che condividiamo per diversi motivi, tenendo conto anche del fatto che nello stesso tempo è necessario tenere le tariffe comunque basse in un quadro come questo, ci metterei anche dentro la capacità del circuito pubblico di continuare a gestire anche la massima quantità possibile dei rifiuti e questo, secondo me, è un punto fondamentale, perché io ho una qualche apprensione rispetto alla possibilità che consideriamo una parte del ciclo dei rifiuti fuori dal circuito pubblico. Tutte queste cose tenerle insieme so che è molto complicato, so che è molto difficile, siamo assolutamente consapevoli che è un equilibrio molto difficile, però credo che l’obiettivo dell’ottimizzazione nell’utilizzo degli impianti che abbiamo, fino a che li abbiamo, sia un obiettivo plausibile, sia un obiettivo che penso si possa condividere.

    Ribadisco, questa è un’osservazione che ha una dimensione molto locale e fa riferimento a una storia molto particolare che è quella del territorio piacentino.

    Questo aspetto, questa efficienza che nel territorio piacentino siamo riusciti a ottenere sarebbe un peccato metterlo in crisi, metterlo in difficoltà, ridimensionarla. Noi crediamo che la previsione del piano che è quello – ripeto - di non alimentare rifiuti urbani nel Termovalorizzatore di Piacenza avrebbe questo effetto per il territorio piacentino, ma in generale, a nostro parere, per l’intero bacino. Vi ringrazio.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Proseguiamo con Monica Cinti, assessore all’ambiente del Comune di Monte San Pietro.

     

    Monica CINTI – ASSESSORE AMBIENTE DEL COMUNE DI MONTE SAN PIETRO

    Buongiorno a tutti. Perdonerete l’emozione, ma è la prima volta che parlo in un’occasione così importante. In realtà, io sono qui oggi a rappresentare il Forum per un territorio sostenibile del Pd, che ha presentato una serie di osservazioni al piano, che non sono state accolte e quindi penso di fare un discorso più generale, anche proprio alla luce di quello che è successo negli ultimi mesi.

    Innanzitutto, a nome del Forum voglio dire che siamo veramente orgogliosi del fatto che l’Assemblea regionale ha approvato la legge n. 16. Siamo veramente orgogliosi e pensiamo che il piano regionale di gestione dei rifiuti abbia un ottimo impianto e quindi abbia dei punti veramente innovativi e che vanno proprio nella direzione di quello che ci sta non solo chiedendo l’Europa, ma di quello che riteniamo sia necessario, se facciamo un’attenta analisi di quello che è il panorama, criticità e opportunità.

    Abbiamo una forte crisi economica che sta continuando. Abbiamo, come Europa, quindi anche come Italia, una grande scarsità di materie prima, ma abbiamo anche, dall’altro lato, delle opportunità, perché la crisi è solo una rottura di un sistema; se siamo in grado di elaborare cose nuove, noi possiamo cogliere opportunità laddove gli altri vedono solamente degli elementi di crisi. In questo senso, secondo me, va fortemente la legge e leggermente più timidamente il piano. Infatti, sia l’Europa, ma anche l’Italia, stanno andando proprio nella direzione di promuovere politiche di economia circolare.

    L’economia circolare è una soluzione intelligente per il pianeta, per noi che abitiamo sul pianeta, che facciamo parte di questa pianeta, di utilizzare quelli che sono gli scarti del processo produttivo come nuove materie, quindi come materie prime e seconde.

    La legge, rispetto al piano, ha un grande punto di forza, che è quello di porre il tema della minimizzazione del rifiuto indifferenziato, mettendolo proprio nero su bianco.

    Io penso che il piano, per tutti gli obiettivi ambiziosi, importanti e lungimiranti che si è dato, sia in grado di accogliere questo elemento, che è un elemento fondamentale, perché la minimizzazione del rifiuto indifferenziato avviato a smaltimento ci sta a dire che abbiamo alzato la percentuale di raccolta differenziata, abbiamo fatto un’assimilazione corretta, quindi abbiamo gestito i rifiuti in un modo corretto e puntiamo veramente alla massimizzazione dell’utilizzo di quelle che sono materie prime all’interno dei rifiuti. Quindi il rifiuto non più come problema, ma come risorsa che può essere reimmessa nel ciclo industriale e andare a creare nuove occasioni imprenditoriali e di lavoro. Dato che questo non è un tema all’avanguardia in Italia e sinceramente anche in Europa ci sono degli elementi di punta, ma in Italia non è un tema all’avanguardia, la Regione, con questo piano e soprattutto con la legge, si sta configurando come un esempio per le altre regioni, non solo d’Italia, ma anche d’Europa. È fortemente citata in una serie di documenti, in una serie di blog, in una serie di iniziative, la nostra Regione comincia a essere citata come esempio, non più solo per le politiche socio-assistenziali, non solo più per il suo ottimo sistema sanitario e per le politiche di inclusione sociale, ma finalmente come esempio anche nella gestione dei rifiuti. Una gestione virtuosa, in un’ottica di economia circolare. Ricordiamo che è questa la direzione verso cui sta andando l’Europa. Quindi sarebbe molto bello essere orgogliosi della nostra regione anche in questo senso.

    Gli strumenti che si trovano all’interno del piano che sono quelli della tariffazione puntuale, uno strumento estremamente importante, la riduzione del monte rifiuti è un obiettivo sicuramente importante, se devo trovare un elemento, per l’esperienza personale anche del mio Comune, che è comunque un Comune virtuoso, ma il monte rifiuti fa sempre fatica a diminuire, questo mi sembra un elemento assolutamente sfidante diminuire il monte rifiuti, soprattutto per una società che è strutturata solamente sul bello e sull’estetico, che ci propone prodotti che pesano 50 grammi dentro a imballaggi da 100 grammi e soprattutto imballaggi che stanno diminuendo come qualità dei materiali per cui abbiamo delle plastiche assolutamente non riciclabili all’interno del sistema delle plastiche. Quindi questo è un obiettivo ambizioso che richiederebbe di essere sostenuto sicuramente anche da politiche nazionali un po’ più lungimiranti. E sarebbe bello connettersi con il sistema industriale, perché il packaging, che è uno dei settori in cui si distingue un’eccellenza della nostra Regione, potrebbe essere un packaging che utilizza materie prime e seconde, o materiale biodegradabile.

    Per cui, ci sono tantissime opportunità che noi dovremmo cogliere veramente per essere all’avanguardia non solo in Italia, ma anche in Europa.

    Per quanto riguarda l’impiantistica regionale, nel piano c’è il tema di arrivare alla dismissione di quasi tutte le discariche e di diminuire gli inceneritori nel tempo, almeno di un paio di impianti ad arrivare nel 2020. Ricordo, però, che le due cose sono strettamente connesse, perché tutto quello che noi inceneriamo, per una certa percentuale, diventano scorie che vanno poi nelle discariche. Mi auguro che non passi il concetto che queste scorie possano andare ad essere rimesse nell’edilizia, perché sinceramente è un tema che mi fa ribrezzo, soprattutto a fronte del fatto che non abbiamo, a tutt’oggi, degli elementi tecnico-scientifici, che ci diano sicurezza rispetto a questo utilizzo.

    Quindi anche gli inceneritori dovranno andare verso una minimizzazione del loro utilizzo, cosa che dovrebbe succedere se raggiungiamo gli obiettivi prefissati al 2020 dal piano. Ricordo qui un altro tema, che non è tema della legge regionale, ma che comunque negli inceneritori ci vanno anche i rifiuti speciali e questi rifiuti speciali sono, a volte, rifiuti speciali, prodotti dell’industria e quindi classificati come tali; altre volte sono semplicemente rifiuti urbani, che provengono da altre parti, che attraverso trattamenti, vengono classificati come rifiuti speciali. Quindi dobbiamo stare molto attenti anche al sistema nel suo complesso, sicuramente alla sostenibilità economica degli impianti, ma anche alla sostenibilità ambientale nel suo complesso.

    Non aggiungerei altro, perché ci sono tanti altri relatori. Grazie per l’attenzione.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Chiamo adesso la dott.ssa Margherita Bologna rappresentante di Riccione Energia Pulita. Tra l’altro ringrazio chi è intervenuto fino ad ora che è stato strettamente nei tempi e vi invito a procedere così in modo da riuscire entro il primo pomeriggio a completare la nostra udienza conoscitiva.

     

    Margherita BOLOGNA – RICCIONE ENERGIA PULITA

    Buongiorno a tutti. Io parlo in rappresentanza di tre realtà regionali ed anche come esperta perché sono dieci anni che mi dedico alla ricerca nel campo dell’impiantistica per la gestione dei rifiuti. Non vorrei essere considerata come una marziana oggi, per quello che sto per dire, e neanche una disfattista, perché le proposte che io faccio sono costruttive.

    Siamo d’accordo sul discorso della riduzione dei rifiuti, ovviamente, della massimizzazione della raccolta differenziata. Però, se io posso dare un contributo critico a questo piano, vorrei dire intanto che la riduzione dei rifiuti pro capite, tra il 20 e il 25 per cento al 2020, prevista dal piano, se vogliamo essere realistici, è un obiettivo difficilmente raggiungibile in quattro/cinque anni.

    L’obiettivo del 73 per cento della raccolta differenziata al 2020 rischia ugualmente di non essere raggiunto.

    Se all’incertezza di questi risultati aggiungiamo la previsione di eliminare gli impianti di tmb, contenuta nel piano, abbiamo come conseguenza l’invio dei rifiuti indifferenziati negli inceneritori. Sarebbe un bel regalo che assolutamente noi non vogliamo fare.

    Riguardo gli impianti tmb, per il pre-trattamento del rifiuto indifferenziato, il piano si limita a fotografare l’esistente, senza recepire la nostra osservazione di implementarli con un nuovo impianto, che consentirebbe di separare il contenuto della fos CER 19.12.12, del compost poli specifica CER 19.05.03 e dei rifiuti stabilizzati compresi sotto la voce 19.03.05 e consentirebbe di avviarli al riciclo. Questo impianto esiste, è stato sperimentato, va solo applicato.

    Anche le plastiche del sopra vaglio destinate a formare il css, possono essere recuperate e inviate a impianti che lavorano miscele di plastiche miste, per formare nuovi prodotti. Quindi abbiamo sistemato il sotto vaglio e il sopra vaglio.

    Se quindi ai tmb esistenti si aggiungesse in coda questo nuovo impianto, il recupero di materie sarebbe circa del 100 per cento. Le obiezioni basate sulla lca circa l’inefficienza dell’attuale processo di preselezione diverrebbero del tutto inutili e persino ridicole perché si svilupperebbe ulteriormente l’economia circolare tanta decantata a parole ma non nei fatti.

    La nostra proposta di integrare le rese dei tmb, aggiungendo in coda un macchinario, è stata respinta con la seguente motivazione: «Incoerente con l’attuale dotazione impiantistica regionale». Consentiteci una battuta. Già, perché i numerosi inceneritori esistenti farebbero poi una brutta fine.

    Rispondiamo – seriamente questa volta – facendo notare che al pari degli inceneritori, anche gli impianti tmb fanno già parte dell’attuale dotazione impiantistica regionale e che nella scala gerarchica il riciclo di materia è prioritario all’utilizzo dei rifiuti come fonte di energia. Dal momento che è possibile recuperare materia con risultati produttivi, sia per l’ambiente che per l’economia circolare, è un controsenso destinare all’incenerimento ciò che è recuperabile come materia.

    La scelta del piano di eliminare i tmb è totalmente fuori rotta rispetto agli obiettivi indicati dall’Unione Europea al 2020 e poi lasciamo stare anche l’economia circolare. Pare molto condizionata dalla politica favorevole all’incenerimento attuata dalla nostra Regione fino a poco tempo fa. 

    Per questo, chiediamo che prima della sua approvazione, il Consiglio regionale preveda che i tmb esistenti siano integrati con l’impiantistica che consente di selezionare ulteriore materia da avviare al riciclo. 

    È un’obiezione di fondo. Mi rendo conto che vorrebbe dire un po’ cambiare tutto, però è la realtà. Per lo stesso motivo, chiediamo che non sia previsto l’ampliamento delle tre discariche conservate nel piano.

    Il gestore rivendica il fatto che sono state chiuse le discariche, ne rimangono solo tre, però io poi mi trovo sempre a contatto con i cittadini che lamentano l’ampliamento della discarica di Tre Monti, l’ampliamento della discarica di Ravenna e poi c’è una terza che adesso no ricordo. 

    Con quell’impianto che io ho proposto di applicare con i tmb esistenti, si riduce tutto il rifiuto da inviare in discarica e quel rifiuto può diventare materia per nuovi impieghi. Quindi a fare che cosa si allagano le discariche? Io vorrei che almeno su questo si potesse essere ascoltati. 

    Nel quadro conoscitivo del Prg si afferma: «Rimangono rifiuti indifferenziati le frazioni in uscita dagli impianti di separazione». Le plastiche rimanenti dalla selezione della plastica di maggior valore, come il Pet, si riciclano come plastiche miste, sotto forma di plasmix. La Regione è informata, perché io personalmente ho accompagnato il direttore qui presente a visitare l’impianto di... poi ce n’era un altro che volevo far visitare in alt’Italia e mi hanno detto: «Sì, conosciamo già il plasmix», però nel piano non si prende in considerazione di riciclare le plastiche miste come plasmix. 

    La nostra osservazione è stata bocciata sulla base di considerazioni di sostenibilità economica. Alla faccia dell’economia circolare! 

    Poi, io lascio stare altre parti che sono state tralasciate nelle risposte, perché non avevo numerato tutte le osservazioni. Non voglio perdere troppo tempo. Vedo che qualcuno in prima fila ampiamente se ne sbatte di quello che sto dicendo, quindi casomai mando le osservazioni per iscritto.

     

    Presidente RONTINI

    Chiedo di essere rispettosi nei confronti della platea, a partire dalle prime file, dove ci sono i Consiglieri regionali, che hanno i loro dispositivi tablet con i quali stanno prendendo appunti.

     

    BOLOGNA – RICCIONE ENERGIA PULITA

    Io vedo che c’è una signora ... scusate sono un po’ sensibile. Mi dà fastidio vedere persone che parlano.

     

    Presidente RONTINI

    No, la prego, guardi, lei non è chiamata qui a dare giudizi rispetto a quello che stanno facendo le persone sedute in platea. È interessante quello che sta dicendo. Vada avanti. Si concentri su quello. Grazie

     

    BOLOGNA – RICCIONE ENERGIA PULITA

    Vado avanti. Mi concentro, ma non vorrei essere disturbata da persone che parlano in prima fila. 

    Motivazioni infondate e pretestuose sono quelle che rigettano la richiesta di realizzare un moderno impianto di tmb a Rimini. Noi, nelle nostre osservazioni abbiamo fatto vedere, a differenza delle altre province, la provincia di Rimini, quando c’era, era l’unica che non aveva un impianto di tmb e abbiamo chiesto di poterlo realizzare in conseguenza del fatto che da noi d’estate si parla sempre di “pancia dei rifiuti estiva”, le feste che ci sono, il fatto che io ho visto fisicamente in Piazzale Roma in fondo a Viale Ceccarini si raccolgono le bottiglie e le lattine tutte insieme, perché c’è un problema di tempo e quindi tutto va a finire dove? Vorremmo sapere dove va a finire. 

    In ogni caso, un impianto flessibile, che permettesse di separare tutte queste frazioni raccolte nelle numerose feste ci vorrebbe. Dopodiché, io mi sono preoccupata, girando e andando anche a Roma, vedendo quelli che sono i fondi europei, ho visto che c’è un percorso, che ho anche proposto al nostro gestore, sono andata lì e gli ho detto che potremmo fare questo impianto, che tra l’altro conosce perché l’avevo già proposto altre volte, e poi siccome è legato a un altro impianto innovativo che a quel tempo non era conosciuto, creavamo un’innovazione di processo e per questo noi avevamo accesso ai fondi dell’Unione Europea. La Regione dovrebbe essere informata di questo. 

    Quindi se noi volessimo fare questo impianto, è chiaro che se viene fatta una tale proposta, debba essere sostenibile, non deve andare a caricare i cittadini e, di conseguenza, io mi sono preoccupata anche di questo aspetto. Si fanno delle proposte futuribili, però intanto devono cominciare ad entrare nella nostra testa.

    Se poi fosse possibile al 2020 anziché eliminare un inceneritore solo, eliminarne qualcuno di più, io, con le mie proposte, con queste tecnologie che ho reperito, non vorrei sembrare un marziano, ma gli inceneritori, secondo le proposte di impiantistica che ho trovato, non ce ne sarebbe più neanche uno. Dopo c’è un problema di ammortizzazione, d’accordo. Però, intanto, tecnologicamente bisogna che siate informati del fatto che è possibile gestire tutti i rifiuti, anche gli speciali pericolosi – è l’ultimo impianto che ho trovato – senza ciminiere e senza residui di speciali pericolosi. Chiuso il ciclo, non solo quelli urbani.

    Un’altra precisazione. Io ho sempre tenuto un atteggiamento collaborativo nei confronti della Regione, facendo proposte in positivo di impianti dedicati, per sottrarre i rifiuti all’incenerimento. Ho cominciato nel 2004 andando da Hera a dire che dall’organico si può fare il biogas ed Hera l’ha fatto per tutta la regione. Poi, sono andata da Atlon nel 2004 a dirgli che per incentivare il gestore a raccogliere l’organico in maniera separata, io sono andata con un gruppo di amici a Ravenna, ho incontrato Brandolini e gli ho detto che i soldi si possono fare così, cioè fate la digestione anaerobica. L’hanno fatta e l’hanno fatta per tutta la Regione. 

    Poi sono andata da Fabio Fabbri quando era amministratore delegato di Atlon e gli ho detto: “guarda che Atlon va ricambiato, vanno messi i lettori ottici, va ristrutturata tutta la tecnologia” perché in realtà era manuale, non c’era tecnologia del modo di come veniva fatta la selezione ed Atlon l’ha fatto ed è stato fatto in molte regioni. C’è quel bell’impianto di Granarolo.

    Poi, io sto spingendo con il nostro gestore perché faccia l’impianto di selezione rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade. Uno c’è nella zona nord dell’Emilia Romagna. Ne deve fare uno nella zona sud. Mi è stato detto che verrà fatto a Modena. Spero che sia fatto alla svelta. E quindi noi, nelle osservazioni che avevamo messo al piano, era che questa catalogazione dei rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade, che vengono classificate ora con un codice CER, ora con un altro, io sono sicura che il nostro gestore, quando avrà fatto l’impianto gli dirà di catalogarlo con un codice appropriato, un codice solo, perché li deve individuare e li deve mandare all’impianto quando sarà in funzione. Mi auguro che sia fatto molto presto, perché questo è un modo per sottrarre rifiuti alla discarica. A volte, però, mi risulta che questi rifiuti vanno a finire anche negli inceneritori, a seconda di dove capita. Succede anche questo. 

    Poi, va beh, vogliamo mettere una cosa tanto per allentare un attimo l’atteggiamento critico? Ringrazio la Regione perché ha accolto la nostra proposta di fare un impianto che seleziona gli ingombranti, i materassi, recuperando il 99 per cento del materiale. Unitamente alla richiesta, però, di impegnarsi perché questo avvenga alla svelta. Ci farebbe molto piacere che il gestore si attivasse. Ho contatti anche con il gestore, non sono una, come mi si vuole catalogare che sono arruffianata con il gestore. Io vivo con 600 euro e faccio volontariato e per questo non prendo soldi e non voglio fare la serva di nessuno. Però, sono andata a parlare dal gestore e ho detto di fare questo impianto. Ancora non si è preso la briga di andarsi a documentare. Vorrei che venisse fatto alla svelta, perché così si tolgono rifiuti alla discarica. 

    Poi, una nota critica è questa. Io ho ascoltato il professore che parla dell’inceneritore di Piacenza. Però, ragazzi, non prendiamoci in giro. Ci dice che al 2020 si chiudono due inceneritori. In realtà se ne chiude uno solo. Abbiamo sentito tutta la problematica legata all’inceneritore di Piacenza. Un inceneritore, quando ha vent’anni comincia a essere vecchiotto. Invece di fare il revamping, si prende atto che ci sono delle nuove tecnologie meno impattanti per l’ambiente, sicuramente molto più economiche, e si prova a chiudere il ciclo in maniera diversa. Quello che ho proposto è che tutta questa costellazione di impianti, insieme gestiscono una buona parte dei rifiuti, per cui rimane poco di indifferenziato da mandare a un impianto flessibile, che permette poi l’aumento della raccolta differenziata, ma che nel contempo permette di gestire i rifiuti. 

    Quindi, per me, sentir dire che chiudiamo un inceneritore al 2020 e poi, in realtà, se ne chiude uno solo, con tutta la problematica mandiamo i rifiuti qui noi però bruciamo gli speciali, sentite a me sembra una presa in giro. A un certo punto bisognerebbe essere molto più decisi, perché alcuni hanno segnalato le loro osservazioni, che si poteva arrivare al 2020 tenendo aperti solo quattro inceneritori. Io vi segnalo che si possono eliminare tutti. Quindi un pochino più di coraggio ci vorrebbe.

    In sintesi, la proposta che io ho elaborato non per niente adesso si chiama riciclo totale, perché tiene conto dell’intero ciclo dei rifiuti urbani e speciali. L’Assessore all’ambiente ce l’ha, il Presidente della Commissione ambiente ce l’ha, quindi a un certo punto, se un giorno qualcuno volesse organizzare in Regione un incontro in cui io mostro com’è possibile declinare tutta la filiera dei rifiuti, mandandola a buon fine, siamo ben disponibili. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Luigi Castagna Presidente di Confservizi Emilia Romagna. Poi si prepara Natale Belosi.

     

    Luigi CASTAGNA – PRESIDENTE CONFSERVIZI EMILIA ROMAGNA

    Buongiorno a tutti. Al Presidente della Commissione, a tutti i presenti. Io vorrei partire da una considerazione, magari quasi elementare, però credo sia utile farla. La gestione dei rifiuti costituisce un’importante attività di tipo industriale, che deve avere un’attenzione straordinaria agli impatti ambientali che produce.

    Per affrontare un tema così, bisogna partire da un fatto, cioè che la gestione dei rifiuti è un problema relativamente recente ed è anche un problema estremamente moderno.

    Solo trent’anni fa, i rifiuti avevano un unico sistema di raccolta, che era il cassonetto, e un’unica forma di smaltimento, che era la discarica: in trent’anni l’evoluzione del settore è stata enorme, attraverso innovazioni organizzative, attraverso innovazioni di processo, attraverso innovazioni gestionali, attraverso un’attività industriale di ricerca volta a recuperare materiali. I consorzi di filiera, ad esempio, sono poi un passaggio importante nella storia recente dei rifiuti, introducendo elementi di mercato nella gestione dei rifiuti. L’idea di recuperare materiali e risorse dai rifiuti è un percorso che accompagna la storia di questo nostro Paese, con fortune più o meno alte a livello nazionale, a seconda dei territori, delle regioni, ma che ha visto la Regione Emilia-Romagna come una delle Regioni ai vertici nella propria capacità di gestire in termini evolutivi e moderni il sistema dei rifiuti.

    C’è stata in sostanza, e ha accompagnato questa trasformazione, una crescita esponenziale di norme e regole che hanno interessato il settore; la nostra Regione è stata anch’essa interessata da questa trasformazione normativa, legislativa, che sta ormai – a nostro avviso – determinando una situazione sostanzialmente stabile dal punto di vista normativo e legislativo. Credo che abbiamo bisogno di avere dei punti fissi, per dare certezza a tutta la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti.

    La cosa che volevo ricordare per quanto riguarda i rifiuti, l’altro ragionamento, è che il settore industriale dei rifiuti è quello che non solo, nella nostra regione, fattura più di un miliardo, occupa circa 20.000 persone, ecc., ma è anche quello che coinvolge più direttamente tutti i cittadini. Ogni persona è coinvolta dal tema dei rifiuti, ogni giorno sostanzialmente. L’idea di fondo che volevo presentare con questo tipo di ragionamento è sostanzialmente quella di metterci nell’ottica evolutiva del settore, perché il settore è oggetto di costante trasformazione, sia dal punto di vista gestionale, dal punto di vista industriale, dal punto di vista della ricerca, delle possibili applicazioni di innovazioni nel settore. Pertanto, anche il piano dei rifiuti deve contenere la possibilità e la capacità di manutenzione.

    In due o tre anni, gli scenari che sembravano evoluti, sono diventati obsoleti, le tecnologie che sembravano valide, sono diventate superate. Bisogna avere questa capacità. Quindi il piano dei rifiuti deve contenere al suo interno – in parte è già previsto, ma noi vorremmo che questo ragionamento fosse rafforzato – una possibilità di revisione, per tener conto dell’evoluzione che la tecnica, la legislazione, la sensibilità dei cittadini promuove. Quindi approviamo un piano. È importante dare gli scenari di riferimento. Ricordiamoci che questo piano ha bisogno di essere manutenuto, perché pensare che il piano disegna e cristallizza delle situazioni, sarebbe, dal nostro punto di vista, non positivo. Bisogna che il piano contenga gli elementi per la sua costante manutenzione.

    Pensiamo, per esempio, al tema che ha posto la Regione: 73% di raccolta differenziata. Obiettivo sfidante. Le aziende di servizio non mettono in discussione gli obiettivi che il piano rifiuti propone. Però, il ragionamento che noi facciamo è che se il 73% viene raccolto in modo differenziato, l’indifferenziato che resta va trattato con una logica molto attenta, perché la quantità di risorse, di beni, di materia ricavabile da quel 27% è poca; è un materiale povero. Aprire il sacco nero, con sistemi impiantistici sempre più complessi, sempre più costosi e onerosi, ha degli impatti economici importanti che si traducono nelle tariffe del servizio. Non sono un’entrata in più per le aziende. Si traducono in costi passanti che poi vengono scaricati sui cittadini. Ricordiamocelo: l’impatto economico delle attività del piano, alla fine, si ripercuote sulla tariffa dei cittadini.

    Seconda osservazione, il tema delle stime: abbiamo valutato le stime che il piano ha fatto.

    Il piano, oggi, tra rifiuti effettivamente prodotti e rifiuti immaginati, pianificati, ha un saldo negativo di oltre 200.000 tonnellate. Cioè il piano, ad oggi, ha previsto che si sarebbero prodotte 200.000 tonnellate in meno di rifiuti. C’è un delta quindi che riguarda i dati: mentre era prevista una decrescita della produzione di rifiuti, nel 2014 e nel 2015 c’è stata una crescita e questo ha determinato il delta. Poi, ci sono dei rifiuti che non sono presi in considerazione, come quelli che riguardano la pulizia degli arenili, piuttosto che gli ingombranti, che fanno sì che la differenza tra la qualità dei rifiuti pianificata e la realtà, sia di questo tipo. Il piano prevede delle azioni per ridurre la quantità di rifiuti prodotti.

    La prima è considerata quella che avrà la maggior portata in termini di risultati, che è quella relativa all’introduzione della tariffa puntuale, responsabilizzazione dei cittadini nella produzione dei rifiuti e quindi attenzione alla riduzione dei rifiuti. E’ un’operazione condivisa. Le aziende dei servizi pubblici sono d’accordo all’introduzione della tariffa puntuale: l’abbiamo detto, lo ripetiamo, sono disponibili, hanno collaborato nelle città, nei paesi dove questa è stata introdotta e sono disponibili a farlo su tutti i Comuni del territorio regionale. Quindi sfatiamo l’idea che la tariffa puntuale non sia voluta dalle aziende. Le aziende sono d’accordo.

    La seconda azione prevista è quella di prevenzione. Quindi da un lato l’introduzione della tariffa puntuale, però la tariffa puntuale avrà la sua portata in termini di riduzione dei rifiuti nella parte finale del periodo di validità del piano. Prendete il Comune di Bologna, quando comincerà a ragionare sull’introduzione della tariffa puntuale? Nel 2017, nel 2016 ha le elezioni, è l’anno in corso. Ci vorranno almeno due anni per implementarla, Parma ci ha messo due anni e aveva un unico programma di governo la riduzione dei rifiuti: se un Comune ha una complessità di temi da governare, forse non dedicherà la stessa attenzione alla tariffa puntuale che ha dedicato Parma. Quindi immagino che Bologna possa arrivare alla tariffa puntuale nel 2019 o 2020. Il che significa che la riduzione dei rifiuti prevista da questa azione particolare sposterà i risultati avanti nel tempo. Allora noi riteniamo che sia giusto che il piano abbia una sua rivisitazione annuale rispetto agli obiettivi fissati e quindi anche una diversa pesatura dei flussi: se a un impianto dovevano andare un certo numero di tonnellate perché si prevedeva un livello di raccolta differenziata più alta, o una riduzione di rifiuti più alta di quella che si è ottenuta, bisognerà apportare dei correttivi, perché ai fatti corrispondano azioni e comportamenti e anche previsioni di piano adeguate.

    Per questo noi abbiamo proposto un’analisi annuale, un monitoraggio annuale del piano, cioè secondo il nostro punto di vista, una volta che sono noti i dati di raccolta di rifiuti che ARPA produce annualmente, generalmente in primavera, subito a valle dei dati relativi all’anno precedente, i flussi dei rifiuti verso il sistema impiantistico debbano essere rivisti per essere adattati a quella situazione.

    Altra questione (ovviamente nelle osservazioni che presentiamo ci sono questioni più puntuali, sulle quali non intervengo in questa sede) riguarda l’analisi LCA – Life Cycle Assessment. Abbiamo valutato positivamente il fatto che questo tipo di analisi è stato, nella fase di approvazione da parte della Giunta del piano, adottato come esame di scenari: però da quell’analisi cosa risulta? che lo scenario più favorevole, più positivo, più ambientalmente valido è quello in cui sono previsti – la dico così, per essere esplicito - più inceneritori, cioè gli 8 inceneritori, rispetto a uno scenario che prevede che ci siano 4 inceneritori. Questo è quello che è scritto nel piano fatto dalla Regione, sulla base di un’analisi. Però, a nostro avviso, questo tipo di analisi, che è l’analisi scientifica più corretta per un approccio razionale, logico, industriale, scientifico e non emotivo, e non ideologico al tema della gestione dei rifiuti, richiede che sia applicata, questa analisi, all’intero ciclo, alla raccolta, al trattamento, allo smaltimento, a tutte le fasi del ciclo dei rifiuti si può applicare l’analisi LCA. E solo a valle dei risultati che si possono ottenere mettendo a confronto due o più scenari, si può scegliere quello che effettivamente sul piano logico, sul piano scientifico, sul piano cartesiano, pone di fronte i dati di maggiore o di minore impatto.

    A fronte di questa corretta analisi scientifica del tema, si possono evolvere sistemi verso quelli che hanno il minor impatto ambientale e probabilmente anche il minor impatto economico, perché ogni incremento di tariffa risulta problematico per le aziende, perché i primi responsabili ad essere valutati onerosi sono i gestori dei servizi sui quali, ovviamente, si scarica la responsabilità dei costi di gestione del servizio. Quindi a noi interessa non incrementare le tariffe o il minor incremento di tariffe attraverso l’adozione di comportamenti logici, scientifici dal punto di vista ambientale ad economico. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Chiamo intanto Natale Belosi dell’Ecoistituto di Faenza e soprattutto referente della Rete rifiuti zero dell’Emilia-Romagna. Ringrazio il dottor Castagna per averci già consegnato delle osservazioni. Sfrutto un minuto per spiegare dal punto di vista tecnico. Queste sono osservazioni alla proposta di piano presentata dalla Giunta con delibera n. 1, quindi non sono le vecchie osservazioni. Sono osservazioni che poi noi faremo avere a tutti i Commissari. Starà poi ai Consiglieri Commissari, eventualmente, tradurle in emendamenti, perché qui mi si chiede quand’è poi che votiamo sulle osservazioni dei soggetti esterni. Noi non ci esprimiamo sui materiali che da ora in poi ci consegnerete, che sono certamente utili per il nostro approfondimento, per il nostro percorso, per la nostra decisione. Qualora i Consiglieri le trasformino in emendamenti, poi ci esprimeremo proprio anche con un voto puntuale. Scusate, ma penso che la precisazione fosse dovuta. Prego, dottor Belosi.

     

    Natale BELOSI – ECOISTITUTO DI FAENZA REFERENTE RETE RIFIUTI ZERO ER

    Grazie. Quello che ora esporrò è il frutto di un confronto all’interno della Rete Rifiuti zero, che comprende Associazioni, gruppi, comitati, singoli e Amministrazioni locali, quindi non è frutto di una persona, ma frutto di un ragionamento collettivo. È molto più sintetico rispetto alle 65 pagine di osservazioni che abbiamo presentato all’epoca. Ovviamente, poi, ogni singolo gruppo, associazione, eccetera, di alcune sono previsti gli interventi per singole parti e approfondimenti. Quindi leggo il documento e mi scuserete, sono abituato in genere a riferire direttamente.

    Il piano dei rifiuti Emilia-Romagna rappresenta un’inversione a U rispetto alla legge votata sull’economia circolare. Il piano regionale dei rifiuti è un piano che ha ben poco a che fare con la legge n. 16 del 2015 su rifiuti ed economia circolare, approvata a fine da settembre dall’Assemblea regionale e proveniente da un percorso di iniziativa popolare. Una legge che per la sua importanza e per le sue innovazioni è entrata prepotentemente nel dibattito nazionale, mettendo la nostra Regione al centro dell’attenzione. Una legge che ha influenzato il testo del collegato ambiente alla legge di stabilità, è presa come esempio da diverse Regioni che si apprestano a recepirla, che comincia ad essere conosciuta e presa in considerazione come esempio anche all’estero. Una legge di cui la Regione dovrebbe andarne orgogliosa, applicandola pienamente. Il piano, la cui approvazione è stata posticipata rispetto all’approvazione della legge, per poterlo adeguare ai suoi contenuti, non recepisse la legge né nel suo principio fondante, né nel suo obiettivo principale, né nella sua impostazione, né nei parametri di riferimento, ma riporta solo due modifiche, di fatto marginali: la raccolta differenziata dal 70 al 73 %, il riciclaggio dal 65 al 70 % ma su 7 frazioni, non sul totale, che sono semplicemente lo spostamento in avanti di vecchi e tradizionali obiettivi all’interno della stessa logica obsoleta. Sono pertanto necessarie modifiche sostanziali, che rimettano il piano sugli stessi binari della legge. Cito alcuni punti.

    Primo punto: principio e obiettivo primario. La legge, proprio per passare da un’economia liberale lineare a un’economia circolare, pone come criterio di giudizio e di efficienza nella gestione dei rifiuti, il criterio di minimizzazione dei rifiuti non inviati a riciclaggio (comma 2 articolo 1, comma 1 articolo 4). In sostituzione del criterio finora utilizzato di rese di raccolta differenziata, in perfetta sintonia con tutti i pronunciamenti del Parlamento europeo. Il criterio introdotto dalla legge significa ridurre al massimo gli sprechi tendendo alla massima riduzione della produzione dei rifiuti e al riciclaggio di quelli ancora prodotti, rimettendoli come materie nei cicli produttivi, con un percorso verso rifiuti zero. Il criterio di minimizzazione dei rifiuti non legati al riciclaggio costituisce un cambio di visione, un vero mutamento culturale nell’approccio al problema. A questo criterio è legato l’obiettivo principale al 2020 della legge, una produzione massima pro capite dei rifiuti non inviati al riciclaggio di 150 chili, rispetto ai circa 300 attuali, come disposto dall’articolo 1, comma 2, obiettivo perfettamente raggiungibile se si hanno a disposizione i dati e i parametri giusti che indicano soluzioni percorribili.

    In tutto il piano, questo criterio è citato una sola volta, in posizione defilata e con una versione distorta che ne stravolge il significato, ponendolo in subordine rispetto alla stessa gerarchia dettata dalla Comunità europea. Infatti il criterio è inserito all’articolo 8 delle norme tecniche di attuazione, dove si parla non di criteri, ma di obiettivi, messa al sesto posto dopo l’obiettivo del recupero energetico, con questa dicitura: “minimizzazione della produzione del rifiuto urbano non inviato a riciclaggio e dello smaltimento a partire dal conferimento in discarica”.

    Quell’aggiunta, “e dello smaltimento a partire dal conferimento in discarica”, assieme alla posizione nell’elenco dopo il recupero energetico, declassa la definizione e l’obiettivo e induce erroneamente a ritenere che il recupero energetico abbia valenza maggiore rispetto al criterio fondante la legge, esattamente il contrario di quanto la legge dice in numerosi punti, ispirandosi ai criteri stabiliti dall’Unione europea.

    Per di più, l’obiettivo di un massimo di 150 chilogrammi/abitante di rifiuto non inviato a riciclaggio non è citato, né qui, né altrove. Non riprendendo il criterio fondante e l’obiettivo principale il piano si limita a un semplice innalzamento degli obiettivi tradizionali, in un’ottica tradizionale, che nulla ha a che fare con l’economia circolare.

    Quindi la nostra proposta è che tra le finalità del piano venga inserito al primo posto il criterio principale di giudizio di efficienza della legge e tra gli obiettivi del piano sia inserito al primo posto l’obiettivo corrispondente di attestarsi sotto i 150 chilogrammi/abitante di rifiuto non inviato al riciclaggio, al fine di incentivare la riduzione degli sprechi e la massimizzazione del riciclo, favorendo così il passaggio da un’economia di tipo lineare a un’economia di tipo circolare.

    Secondo punto: impostazione e parametri di riferimento. Il piano non recepisce anche una serie di parametri che la legge pone, parametri di fondamentali importanza e presupposto per individuare e riorientare le azioni da svolgere verso gli obiettivi stabiliti. Il primo parametro è relativo al sistema di raccolta. La legge, all’articolo 4, comma 4, lettera b), definisce che cos’è una raccolta porta a porta, vale a dire una raccolta in cui si raccolgono porta a porta almeno i rifiuti indifferenziati e la frazione umida organica. E per converso, si arriva facilmente alla definizione degli altri sistemi. Nel piano si confondono i sistemi di raccolta con le modalità di raccolta delle singole frazioni, portando quindi a una confusione collettiva e portando a conclusioni errate sull’efficienza dei sistemi, perché non vengono di fatto definiti.

    Lo stesso dicasi del parametro dei giudizi del costo del servizio, che la legge, nell’articolo 4, comma 4, lettera a), e nel comma 8, indica negli abitanti equivalenti (che ha come parametro più vicino e corretto quello degli abitanti residenti in caso di mancanza di dati su quelli equivalenti). Il piano, invece, prende come parametro il costo a tonnellata. È importantissimo utilizzare i parametri indicati dalla legge, perché di fatto il costo a tonnellata risulta sempre inversamente proporzionale alle quantità raccolte. Pertanto, il parametro del piano fa apparire più virtuoso il Comune che produce più rifiuti ad abitante, dando quindi indicazioni che alla fine portano a risultati esattamente opposti sia agli obiettivi del piano stesso, che agli obiettivi della legge.

    Se si usa il costo ad abitante correlato alle definizioni di legge dei sistemi di raccolta, le conclusioni danno le giuste coordinate per individuare la strada da percorrere, per ottenere in tempi rapidi tutti gli obiettivi di legge. Di fatto, con queste indicazioni fuorvianti, il piano contiene in sé stesso i germi che possono portare al suo fallimento, indicando riferimenti e percorsi che vanno in tutt’altra direzione rispetto agli obiettivi indicati, a meno che non si introducano correttivi sulla base dei parametri indicati dalla legge. Quindi la nostra proposta è di usare il costo ad abitante correlato alla definizione di legge dei sistemi di raccolta, per avere le giuste coordinate, per individuare la strada da percorrere, per ottenere, in tempi rapidi, tutti gli obiettivi fissati dal piano e dalla legge.

    Terzo punto: obbligo del rispetto della legge approvata dall’Assemblea legislativa dalla Regione Emilia-Romagna in tutte le sue parti. Il piano regionale di gestione dei rifiuti, venendo approvato successivamente alla legge, ne deve rispettare i principi fondanti e ne deve recepire gli obiettivi e gli strumenti, tutti gli obiettivi e tutti gli strumenti. Del non recepimento del criterio e dell’obiettivo principale, nonché dei parametri abbiamo già detto, ma vi sono altre parti specifiche della legge di cui non vi è traccia nel piano, o su cui il piano va in direzione opposta. Ne cito solo alcuni.

    Il comma 2 dell’articolo 1 della legge prescrive: “l’adozione delle misure dirette alla riduzione della produzione e al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio od ogni altra operazione di recupero di materia con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia”. Questa prescrizione è meglio declinata alla lettera g) del comma 7 dell’articolo 1: “promuovere lo sviluppo dell’impiantistica collegata al riuso e al riciclaggio, sia per le frazioni differenziate che per il rifiuto residuale”. Viceversa, il piano prevede la dismissione degli impianti di trattamento meccanico e biologico (TMB) di vecchia generazione, che possono recuperare materia e possono stabilizzare anidride carbonica, cioè il carbonio all’interno della materia stabilizzata, riducendo l’effetto serra. E non prende assolutamente in considerazione la nuova impiantistica di selezione che può trattare il rifiuto residuo per ricavarne materia da riciclare, o comunque da impiegare al posto del recupero dell’energia.

    Il comma 5 dell’articolo 1 della legge stabilisce come obiettivo a corredo dell’obiettivo principale il raggiungimento al 2020 del “70% di riciclaggio di materia”. È evidente che la legge vuole indicare il 70% sul totale del rifiuto urbano, mentre il piano limita questo obiettivo ad alcune frazioni: carta, plastica, metalli, vetro, legno, organico. Limitazione che porta di fatto ad abbassare l’obiettivo attorno al 64% : di questo presto farà giustizia la Direttiva europea in approvazione, che indica giusto il criterio: ma è più triste vedere questi sotterfugi per aggirare la legge.

    La legge alla lettera h) del comma 8 dell’articolo 1 recita: “promuovere la ricerca sul rifiuto residuo al fine di modificare a monte sia la produzione dei beni non riciclabili, sia le modalità di gestione carenti di risultato”. Su questo il piano tace.

    Il comma 6 dell’articolo 3 della legge prevede: “entro il 31 dicembre 2020, nelle more dell’emanazione del decreto previsto dall’articolo 205, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, la Giunta, con propri atti, provvede ad uniformare il calcolo delle rese di raccolta differenziata alla metodologia di calcolo elaborata dall’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale). Anche se le date dei termini ultimi dell’adeguamento ai criteri ISPRA coincidono con il termine della previsione del piano, il piano avrebbe dovuto rifare i calcoli sulla base di questi obiettivi, altrimenti si rischia di non avere gli obiettivi giusti.

    Il comma 13 dell’articolo 3 della legge recita: “al fine di valutare la sostenibilità ambientale dei processi, la pianificazione di settore può applicare l’analisi del ciclo di vita (LCA), comprensiva del calcolo dell’energia incorporata nei materiali di recupero, dell’energia risparmiata con il loro utilizzo rispetto alla sostanza vergine, del sequestro di carbonio nei materiali compostati, nonché degli effetti locali e globali della crisi determinata dalla scarsità delle risorse, per verificare le necessità di trattamento degli scarti della selezione delle frazioni differenziate, dei rifiuti derivanti dallo spazzamento e del rifiuto residuale per estrarre ulteriori materiali ai fini del riciclaggio e di recupero di materia.” Gli studi LCA riportati nel piano sull’impiantistica nulla hanno a che fare con questa definizione. Prendono solo alcuni elementi parziali, secondo me, per dimostrare certe tesi e non per dare un giudizio oggettivo sull’impiantistica. I nostri calcoli dicono che utilizzando la definizione di legge il giudizio sull’impiantistica sarebbe rovesciato.

    Quindi la nostra proposta è inserire nel piano un percorso che permetta in tempi rapidi (alcuni mesi) ad apportare al piano tutte le modifiche previste dalla legge.

    Le osservazioni qui illustrate, come le osservazioni presentate a suo tempo, tutte bocciate, una accolta parzialmente su 40 e 65 pagine di osservazioni che erano già sul testo della legge, si chiede quindi una correzione del piano introducendo i necessari riferimenti alla legge, nello spirito di aiutare la Regione a darne piena attuazione e raggiungere i traguardi fissati: obiettivi e traguardi, quelli della legge, tutti in linea, sia con i pronunciamenti del Parlamento europeo, sia con le Direttive comunitarie, sia con le nuove proposte della Commissione europea, e di esempio per tante Regioni, non sono italiane, ma europee, che necessitano di trovare strumenti più opportuni per la loro realizzazione. Pertanto, accogliere le indicazioni della legge non è solo un obbligo, è molto di più, è l’occasione per fornirsi della capacità di raggiungere i risultati attesi. Così com’è, senza cambiamenti, quel piano non è accettabile.

    Come Rete rifiuti zero ribadiamo la nostra piena disponibilità nel metterci a disposizione, al fine di individuare soluzioni immediate per favorire l’integrazione tra il piano e la legge. Lascio tutta la documentazione, compresa una riscrittura del capitolo sesto e la riscrittura totale della parte delle norme attuative, che sono conformi all’articolato della legge. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Alfredo Sambinello, Responsabile di Legambiente Imola e Medicina. Segnalo nel frattempo che, oltre a questo intervento, ne sono in programma altri tredici, quindi vi chiederei il rispetto dei tempi, anzi, se come hanno fatto i primi ad intervenire, stiamo entri i dieci minuti, rendiamo più fruibile per tutti la mattinata. Prego.

     

    Alfredo SAMBINELLO – RESPONSABILE LEGAMBIENTE IMOLA MEDICINA

    Ringrazio Belosi, perché mi ha messo nelle condizioni di evitare una buona parte dell’intervento. Le cose che ha detto sono pienamente condivisibili e le sottoscriviamo in pieno, anche perché ne abbiamo parlato insieme. Prima di dire cosa c’è su questo piano che non va bene, terrei a dire che noi non parliamo di obiettivi ambiziosi: secondo noi sono obiettivi dovuti, quelli che una legge dovrebbe avere, o un piano dovrebbe contenere.

    Faccio anche un’altra premessa, doverosa per il fatto che in questa regione, ma non solo, quasi sempre si fanno delle gran buone leggi che solitamente comportano trasparenza, partecipazione e quant’altro. La legge regionale n. 3 del 2010 prevede la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte politiche regionali, ma la stessa legge n. 16 lo prevede. Di tutto questo mi piacerebbe sapere quanti amministratori locali, almeno anche quelli che sono presenti, sono in grado di affermare di aver coinvolto i loro concittadini in questo percorso.

    Io rappresento Legambiente Imola Medicina, in questo caso, quindi avrete già capito che parlerò, più che altro, della discarica di Imola: una discarica che ha solo 42 anni, quindi è molto giovane, secondo certi criteri di scelta che sono stati fatti. Secondo noi credo che non ne esistono altre che hanno quell’età. Questo è anche per dirvi che la discarica riguarda principalmente il Comune di Imola e di Riolo Terme. A Riolo Terme non se n’è assolutamente parlato, non se ne parla. È stato detto che se ne parlerà quando sarà stata approvata, quindi viene ignorato un certo tipo di discorso, ci terrei a sottolinearlo e che voi lo teneste presente. A Imola ce ne siamo accorti 30 giorni prima della scadenza, delle osservazioni alla valutazione di impatto ambientale. Da lì abbiamo iniziato un percorso con i cittadini, ma l’abbiamo iniziato noi. Il Comune deve ancora farlo, si è limitato a fare dei Consiglio comunali, ci ha dato l’opportunità di dire le nostre ragioni, eccetera, però non c’è stato un percorso che ha portato a individuare un impianto insalubre come una discarica, in cui si chiede il sopraelevamento e un ampliamento che la farà diventare la più grande discarica d’Italia. Tra l’altro, ci era stato detto che questa discarica arriverà al 2020 e poi si chiuderà del tutto. Qui invece leggo che delle 4 previste da qui al 2020 ne sono rimaste 3 e poi, dal 2020 in poi, ne resteranno due: Ravenna e Imola. Questo per dire che ci raccontano anche delle cose non vere.

    Vorrei anche richiamare il fatto che ho notato che nelle slide dell’Assessore Gazzolo si dice anche che per ciascun impianto di trattamento e smaltimento presente in regione, operativi nel periodo 2011-2013, è stato condotto un approfondimento conoscitivo, delle caratteristiche tecniche di progetto e di esercizio, sulla base di indicatori di efficacia ed efficienza, unitamente ad una valutazione economica, principi di prossimità, tutela ambientale, che ne hanno guidato la selezione. Bene: qual è il criterio, se poi si scopre che nel 2005 CONAMI, che è il consorzio pubblico che controlla Imola e Faenza, aveva già acquistato i terreni per l’ampliamento? Quindi la domanda che faccio: è stata un’autocandidatura, oppure una scelta strategica, come dice qui nelle sue slide l’Assessore Gazzolo? quindi, per capire, è stato deciso dieci anni fa. Questa è la prima cosa che mi chiedo, per dire che la partecipazione, ancora una volta, non c’è e non c’è stata, neanche nel considerare che si utilizzavano soldi pubblici, i miei soldi, i soldi dei cittadini, i soldi di tutto il circondario imolese e del faentino. A nessuno è stato chiesto cosa ne pensava di continuare a prorogare questa discarica, che ha subito nel tempo, dal 1974, continue proroghe, continuamente. Ha accolto rifiuti non solo della realtà su cui incide, ma da tutta la regione e da tutta Italia, grazie all’emergenza di alcune realtà che tutti noi conosciamo, con controllo a vista, e noi ci dovremmo fidare che lì non è successo nulla, tranne il fatto che testimonianze, cittadini che hanno fatto riprese, foto e quant’altro, hanno dimostrato e fatto vedere – l’abbiamo fatto vedere anche nelle assemblee che abbiamo tenuto - che c’è un ruscello che scorre a valle di questa discarica, che quando piove molto diventa un “percolatodotto” Adesso hanno deciso di farlo, ma quando non c’era, evidentemente, faceva questa funzione, finiva nel Santerno, poi il Santerno finiva nel Reno, poi dopo, a sua volta, finiva a mare.

    Questo è il criterio che io leggo qua. Poi, la valutazione economica c’è sicuramente tutta, perché qui stiamo parlando di società - dice bene Castagna, molte delle cose che ha detto le condivido, se non fosse per il fatto che chi è un gestore di impianti di smaltimento e raccolta rifiuti, o fa uno o fa l’altro. Non esiste che una società, tipo HERA, perché conosco HERA, ma per dire IREN e tutte le altre, fa la raccolta e quindi dovrebbe incentivare la differenziata e poi si occupa anche dello smaltimento. E’ ovvio che preferisce lo smaltimento, perché gli rende molto di più. Come gli rende molto di più a CONAMI, con il quale mantiene tutte le cose che riguardano l’imolese, ma anche passioni d’altri tempi, tipo l’Autodromo, visto che è proprietaria anche di quello, che puntualmente ogni anno chiude in rosso e, guarda caso, il commissario Cottarelli l’aveva messo al primo posto delle società da chiudere.

    Questo per dirvi che, a un certo punto, non riesco più a capire come si arriva a fare un percorso per fare un piano. Io mi aspettavo che fosse una cosa partecipata, che si voltasse pagina, che una volta per tutte la politica coinvolgesse i cittadini su strategie e scelte che li riguardano direttamente, che riguardano anche la loro salute. Io non vi sto a dire che cosa sta succedendo già. Sta succedendo che in alcune realtà sono stati approvati dei piani locali di un certo tipo, che vanno nell’indirizzo indicato anche dalle slide dell’Assessore Gazzolo, la calotta e quant’altro. Tuttavia, c’è una piccola differenza: ecco, questo è il nuovo progetto di quello che faremo per meno rifiuti da mettere in discarica. Bene, allora voi andate a vedere queste isole ecologiche - perché adesso le chiamano così - dove ci sono tutte le tipologie di rifiuti. Vengono fatti in questo modo: quattro bidoni con il portellone della differenziata, uno della plastica, uno della carta e uno, quando c’è, ma non c’è quasi da nessuna parte, di organico. Di vegetale e quant’altro, poi, non se ne parla. Capirete che la stragrande maggioranza di quei rifiuti va in discarica e c’è anche un motivo per cui certi rifiuti devono andare in discarica, tipo l’organico e il vegetale: è molto semplice, perché devono ricavano un altro introito economico, il biogas. Senza la materia putrescibile non è possibile fare biogas. Io, invece, pensavo che l’indifferenziata di oggigiorno fosse un’altra roba, fosse più che altro rifiuto secco, robe che non possono essere riciclate. Tutto, tranne quella che potrebbe invece servire per fare un buon ammendante da impiegare in agricoltura al posto della chimica. Invece no, si fa in questo modo.

    Poi sul biogas, entreranno in funzione, quando sarà a pieno regime questa discarica, cinque motori, quindi combustione, quindi nuovo inquinamento – alla faccia del Cop21 di Parigi - anziché fare quello che chiede la logica. Il 70% dell’energia in Italia che consumiamo è termica, per riscaldare le nostre case. È un paradosso nel Paese del sole, ma è così. Ora, io mi aspettavo una trasformazione, tramite un filtraggio come si deve, perché quel biogas metano andasse direttamente in rete per far funzionare le nostre caldaie. No, si fa un motore per produrre energia elettrica. Tra l’altro, senza recuperare l’acqua calda, quindi non c’è una cogenerazione degna di questo nome e si arriva al punto in cui, alla fine, nel risultato c’è solo l’aspetto economico. Aspetto economico che interessa, ovviamente, agli azionisti delle società che hanno in gestione il servizio dei rifiuti.

    Mi aspettavo che in questo piano si facessero delle distinzioni. Mi auguro che ci sia tempo anche per prevedere che ci siano delle distinzioni, che chi raccoglie non è chi smaltisce, come dicevo prima. Mi aspetto anche che ci sia un futuro piano, non so se doveva rientrare in questo o nella legge, sulla riduzione dei rifiuti. C’è scritto da qualche parte che parliamo di vuoto a rendere? Negli altri Paesi europei esiste ovunque. Qui da noi è un optional di qualche Comune che ci ha provato e poi trova degli ostacoli legali per non poterlo fare, a quanto pare (cosa di questi giorni che abbiamo letto sui giornali). Un modo anche per recuperare una marea di rifiuti, anche pericolosi, delle volte. Io penso al fatto di quanti rifiuti produce l’agricoltura attraverso i suoi contenitori e imballaggi: non esiste qualcosa di serio che ci porti a recuperarli. Ci vuole un minimo di buonsenso per dire che chi vende deve anche recuperare quello che ha venduto in termini di imballaggio. No. Si fa una raccolta annuale in un certo posto, che se il contadino l’impara bene, se no farà come ha sempre fatto, li brucia o li seppellisce. Questo è l’andazzo. Quindi non mi pare che ci siano innovazioni, non mi pare che ci siano ambizioni. Mi pare che quello che da noi doveva essere un atto dovuto, non ci sia proprio. Quindi questo fatto degli impianti, se sono autocandidature fatte già da tempo, come vi ho dimostrato e detto prima, o se invece sono scelte oculate che prevedono certe cose. Oltretutto per raggiungere quella discarica ci sono sette chilometri in salita da fare, su un terreno franoso, dove si passa solo con un mezzo alla volta e se incrocia qualcuno, uno dei due deve fare marcia indietro e il manto stradale non vi dico com’è messo, perché lì passano centinaia di camion, a volte anche quotidianamente.

    Vorrei anche ricordare, visto che così non parlo solo di Imola ma anche dell’altro Comune interessato, che si disinteressa totalmente di questa situazione: Riolo Terme è a 2 chilometri dal centro da questa discarica e le famose Terme di Riolo sono solo a 1 chilometro e 200 metri. Noi abbiamo fatto fare a nostre spese, grazie alle offerte che ci hanno fatto i cittadini, abbiamo raccolto soldi per fare delle analisi; alcune hanno dato dei risultati poco buoni. Ma questo verrà analizzato da chi si occuperà della valutazione d’impatto ambientale. Ne faremo delle altre e siamo sicuri che verranno fuori dei dati che confermeranno che quella discarica ha qualche problema. Mi pare che già ARPA l’abbia detto. Ma un’altra cosa che magari non sapete, che avviene ovunque, non solo a Imola: fino al 2013 c’era solo l’autocontrollo di Hera Ambiente, la società che gestisce l’impianto, sull’attività all’interno dell’impianto. Dal 2013 c’era una verifica annuale, o ogni tanto, da parte di ARPA, solitamente preannunciata, sempre sull’attività dell’impianto. Attorno a quell’impianto non è mai stato fatto nulla. L’abbiamo fatto noi per primi. Questo vi dice quanto il discorso qui detto sia condotto con approfondimento conoscitivo delle caratteristiche tecniche. Quindi mi chiedo come si può pensare che una discarica di 42 anni, perché siamo nel 2016, debba essere fatta in sollevazione, sopra quella attuale, e poi ampliata. Io pensavo che dopo 42 anni, una discarica che ha preso solo rifiuti indifferenziati, la maggior parte, quando non c’era un minimo di straccio di raccolta differenziata, quindi prima del 1997. Che cosa c’è andato lì dentro... Pensavo che ci fosse un minimo di buonsenso per dire che adesso la chiudiamo, speriamo di non dover bonificare e fare qualcosa e che Dio ce la mandi buona. Invece no, la facciamo ancora più grande. Non sto qui a dire il perché si fa questa cosa, lo lascio immaginare a tutti. Evidentemente, in una realtà come la nostra dove sono saltate a decine le cooperative, le aziende e abbiamo, penso, un record di disoccupazione non indifferente, come mai c’è stato dal 1945 ad oggi, probabilmente pensiamo di risolvere i nostri problemi con i rifiuti. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Bene, grazie. E’ stato nei tempi dei 15 minuti. Enrico Ottolini, delegato Emilia-Romagna di WWF Italia e poi si prepara Boris Pesci.

     

    Enrico OTTOLINI – DELEGATO EMILIA-ROMAGNA WWF ITALIA

    Buon giorno. Come WWF interveniamo, in parte alcune cose le ha già dette Natale Belosi, visto che facciamo parte del gruppo di associazioni, comitati e amministrazioni che hanno promosso la legge n. 16. Noi come WWF da tempo soffriamo la questione rifiuti: diciamo che la questione rifiuti fa parte, per noi, di quella economia ancora insostenibile, che grava sull’ecosistema e sul pianeta. Abbiamo 9 tonnellate di fardello ecologico sulle spalle, mediamente, pro capite come abitanti della terra; 9 tonnellate che, tra l’altro, sappiamo tutti che non sono ripartite equamente. Quindi sulla questione dei rifiuti si gioca anche un problema di equità. Oggi vediamo la terra dei fuochi, ma ci sono ancora, fuori dall’Italia, terre dei fuochi che si stanno sviluppando, zone dove preleviamo ancora una quantità eccessiva di materie prime e quindi la gestione dei rifiuti per noi è un pezzo di questa economia, che dobbiamo far diventare appunto un’economia circolare.

    Devo dire che se guardiamo il piano oggi, rispetto a quello che noi associazioni sostenevamo ben trent’anni fa, dovremmo essere soddisfatti, nel senso che effettivamente tante speranze che avevamo, pensiamo ai livelli della raccolta differenziata, alla possibilità di raccogliere le frazioni che fino a vent’anni fa nessuno raccoglieva, ad aspetti come la prospettiva della tariffa puntuale, tutte queste speranze effettivamente stanno diventando realtà, sono anche diventate qualcosa di concreto nelle Amministrazioni.

    Abbiamo ottenuto meno, invece, sul versante della produzione e della distribuzione, nel senso che la responsabilità di questi settori, rispetto alla produzione di rifiuti, è ancora molto bassa. Allora i problemi vanno a finire qui, vanno a finire sulle scelte delle Amministrazioni, sugli utenti, sulle tariffe dei rifiuti e così via. Quindi c’è ancora molto da fare. Però, concentriamoci su questo aspetto del piano dei rifiuti.

    Intanto, proprio perché si vuole cominciare ad attaccare l’aspetto economico e avere degli effetti anche sulla produzione dei rifiuti, proprio per questo, il principio che abbiamo condiviso, sostenuto e alla fine ottenuto con la legge insieme a tuti gli altri sostenitori, della minimizzazione dei rifiuti e del fatto che questa minimizzazione dei rifiuti sia riconosciuta con degli incentivi economici, questo è un passaggio epocale per noi, doppiamente epocale: perché si parla di quantità per i rifiuti, non più di percentuali, che possono essere fuorvianti, e poi si cominciano a innescare degli effetti economici sugli utenti, sulle famiglie, sulle Amministrazioni, che possono produrre poi un effetto sulle scelte dei consumatori e quindi sulla distribuzione e su chi produce i rifiuti (pensiamo, ad esempio, al discorso degli imballaggi). Proprio per questo vogliamo che la legge, dopo aver ripristinato la sequenza logica, che rischiava di non essere seguita – si rischiava infatti di avere prima il piano poi la legge -. Finalmente abbiamo fatto prima la legge e ringrazio tutti quelli che si sono dati da fare per portarla in porto, con i loro vari ruoli. Visto che questa sequenza logica è stata ripristinata, facciamone buon uso e facciamo in modo che tutte le novità della legge entrino nel piano. E allora, come accennava già Belosi in modo approfondito, ci sono vari aspetti della legge che vorremmo vedere esplicitati e trattati nel piano.

    Prima di tutto il tema dei 150 chilogrammi di rifiuti indifferenziati non inviati a riciclaggio, la cui minimizzazione non è indicata, la soglia dei 150 chilogrammi effettivamente non è citata in modo adeguato nella legge; come io non ho trovato neanche una citazione - nella legge è citato solamente una volta, senza particolari commenti - non ho trovata, sebbene citata nella legge, nel capitolo che riguarda il programma di prevenzione, la produzione dei rifiuti, mentre la legge dà delle indicazioni su questo aspetto. Mancano alcune definizioni, ad esempio quella del porta a porta, che sono riportate nella legge e che ritroviamo in modo differente nel piano, quindi generando confusione. Il costo del servizio è parametrato sempre in tonnellate e non a utente, ad abitante. Tra l’altro, su questo abbiamo fatto un’osservazione e ci è stato detto che non era pertinente, ma c’è un capitolo nel piano che parla di questo, quindi non capiamo perché non sia pertinente. Poi, l’aspetto della promozione e della ricerca sul rifiuto residuale, al fine di modificare a monte la produzione dei beni non riciclabili, anche questo non viene citato nel piano. E poi il calcolo della raccolta differenziata: è vero che la legge lo prevede al 2020, però bisogna che al 2020 quel conto ci sia e quindi bisogna che il piano preveda quel conteggio, che poi non è inventato dalla legge, ma fa riferimento al metodo proposto da ISPRA.

    Altre due cose. LCA. Io credo che sia un risultato il fatto di avere uno strumento come LCA dentro al piano; noi l’avevamo chiesto con le osservazioni, avevamo chiesto che ci fosse uno strumento come l’analisi del ciclo di vita, che avesse la riconoscibilità che ha a livello internazionale e scientifico questo sistema. Però dobbiamo anche capire che LCA non ci dice tutto e che LCA è uno strumento che va capito, va spiegato e che vi sono alcuni aspetti che, forse, vanno anche discussi. Intanto, sarebbe stato utile applicare LCA su tutto il sistema integrato di gestione dei rifiuti, comprese le raccolte differenziate. Sarebbe stato utile avere maggiore partecipazione su altri scenari alternativi proposti. E poi bisogna capire anche in alcune scelte come funziona LCA: ad esempio, va spiegata la scelta di non conteggiare le emissioni di CO2 attribuibili ai materiali organici. Questo può essere anche un limite di questo strumento. Come può essere un limite il fatto di non contabilizzare in negativo il carbonio che viene sequestrato dal compost. Noi speriamo che il fatto di avere LCA, quindi uno strumento così importante nel piano, sia un primo passo per poi renderlo più comprensibile, più condiviso e utilizzato, anche nelle altre scelte che a cascata verranno fatte dopo il piano.

    L’ultima cosa (ovviamente senza voler dire tutto, perché il piano ha una vastità considerevole e non si pretende di essere puntuali su tutto). Un aspetto importante, perché anche questo riguarda l’applicazione della nuova legge regionale, è come vengono contabilizzati i rifiuti effettivamente inviati al riciclaggio. Su questo noi non abbiamo ancora capito quale sarà il sistema e neanche se la Regione ha trovato un sistema per i propri conteggi: infatti, ad esempio, uno strumento importante di comunicazione, di divulgazione che è “chi li ha visti”, che la Regione sa benissimo fare e aggiornare ogni anno, perché è molto importante fa sapere ai cittadini dove va quello che loro raccolgono, ecco qui si trovano alcuni dati, faccio un esempio: sulla plastica si trova una quantità di rifiuti che vanno riciclati del 37%, mentre nel piano si trova una quantità del 20%. Quindi non capisco questa difformità e non capisco in futuro come potrà essere contabilizzato questo aspetto, che è molto importante, cioè che effettivamente la premialità si basi su quello che effettivamente viene riciclato: la plastica, che sarà scarto, che andrà a recupero energetico è giusto che non vada contabilizzata nella premialità prevista dalla legge. Queste sono le cose su cui abbiamo riflettuto. Lascerò anch’io un contributo scritto. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Boris Pesci, direttore del Consorzio ASTRA, prego.

     

    Boris PESCI – DIRETTORE ASTRA SOC. CONS. A RL

    Buon giorno a tutti, presidente Rontini, signore e signori, sono il direttore del consorzio Astra, che è un consorzio che rappresenta una trentina di imprese nell’Emilia-Romagna, tutte imprese che fanno servizi ambientali, o impianti di recupero di materiali che sono prima rifiuti e poi diventano soprattutto MPS. Trattiamo circa 300.000 tonnellate di rifiuto e ne recuperiamo oltre il 90%. Per cui, penso che siano numeri abbastanza importanti legati al recupero. Giudico questo piano dei rifiuti (naturalmente questo piano parla più dei rifiuti urbani piuttosto che dei rifiuti speciali) sostanzialmente buono, ma soprattutto che guarda l’autosufficienza della Regione Emilia-Romagna, cosa che noi, che giriamo per l’Italia, facciamo tante volte fatica a vedere in altre Regioni. Vorrei portare il mio contributo, almeno nella giornata di oggi, a focalizzare alcune tipologie di rifiuto speciale, ma che giudico molto vicino a quelli che possono essere gli obiettivi di una Regione, soprattutto legati a una sostenibilità ambientale del cittadino e del territorio.

    Dico questo, perché parliamo tanto di rifiuti urbani e qui, se mi è permessa un’ulteriore osservazione al piano, dico: molta attenzione anche sui numeri della raccolta differenziata - che va benissimo, non voglio essere frainteso - però come operatore dico che vi sono dei punti dove si arriva a dei break even, dove il costo della raccolta differenziata supera notevolmente i benefici e dove poi tutti questi costi vanno sulla testa del cittadino. Quindi un po’ di attenzione anche perché sparare dei numeri alti a volte diventa anche facile; vedere la sostenibilità che ci sta dietro è un esercizio un po’ più difficile. Nel nostro piccolo, delle 300.000 tonnellate, il 10% che non recuperiamo, poi, alla fine, va in discarica. Se non ci fossero le discariche in Emilia-Romagna, avremmo difficoltà anche noi per tutto il materiale che recuperiamo dall’altra parte, capire l’altra frazione dove la dobbiamo mettere.

    Nel nostro piccolo, delle 300 mila tonnellate, il 10 per cento che non recuperiamo, poi, alla fine, va in discarica. Se non ci fossero le discariche in Emilia Romagna, avremmo difficoltà anche noi di tutto il materiale che recuperiamo - dall’altra parte - capire l’altra frazione dove la dobbiamo mettere.

    Altro discorso, sempre legato a questa tipologia, per esempio rispondendo a un intervento di prima sulla frazione delle potature di lignocellulosici dico tranquillamente che noi lo facciamo come operatori di settore che non vanno in discarica, vanno tutti in impianti di recupero e vengono tutte recuperate assolutamente, di questo qui posso dare la certezza come operatore.

    Pongo l’attenzione su queste tre tipologie che sono soprattutto: il cemento-amianto, gli inerti e i rifiuti agricoli. Dico tre tipologie per non andare tanto oltre, perché sono tre tipologie molto vicino alla sostenibilità ambientale del territorio.

    1) Cemento-amianto (Eternit). Abbiamo la Direttiva europea che dice che entro il 2028 va tolto da tutta l’Europa. Se anche la Regione Emilia-Romagna non inizia ad adottare degli interventi legati allo smaltimento di questo rifiuto come principio di autosufficienza e di prossimità. e tutte le Regioni fanno così, noi ci troveremo tutti i camion che passano dall’Emilia Romagna per andare in Germania a conferire i rifiuti cementizi. Non mi sembra che sia un atteggiamento corretto. 

    Se parliamo di eliminare il rifiuto cemento-amianto entro il 2028, vuol dire che da domani mattina tutti i giorni debbono partire cinquecento camion, perché in Italia abbiamo 32 milioni di tonnellate. Oggi in Germania ne vanno circa 100/150. Siamo ben al di sotto di questi obiettivi e ci troveremo che il 2028 non lo raggiungeremo, andremo nel 2060, 2080. Ora dobbiamo fare i conti – e qui mi rivolgo anche alle associazioni ambientaliste – di tenere d’occhio quei tetti che sono discariche a cielo aperto: ogni volta che tira il vento, noi respiriamo fibre di amianto. Allora, prima di fare la battaglia sugli imballaggi, che è sana anche quella, vediamo un pochettino le priorità dal punto di vista ambientale che dobbiamo percorrere, perché i nostri figli respirano fibre e se non le togliamo velocemente ci troviamo poi un problema perché le malattie vengono generate in una ventina d’anni.

    Quindi questi obiettivi che ci dà l’Unione Europea, che non fanno proprio parte del piano regionale dei rifiuti, potrebbero comunque far parte di un piano regionale amianto, come alcune Regioni d’Italia hanno già affrontato, almeno quattro Regioni d’Italia hanno già fatto un piano regionale amianto, proprio per arrivare agli obiettivi zero amianto del 2028.

    Nella Conferenza nazionale amianto - che si è svolta a Venezia, dove è stato generato il piano nazionale - si dice che l’unica soluzione per arrivare a questi obiettivi sono i siti di stoccaggio definitivo, lo rimarco con questo nome perché, ogni volta che si mette per terra e si chiude sotto un tappo qualche cosa, si parla di discarica. Io differenzio molto la discarica da ciò che non è mai stato recuperato, da ciò che non si può recuperare. L’amianto non si può recuperare, l’amianto va incellofanato e messo sotto terra. L’amianto è una roccia naturale e stava per terra, crea dei danni solo nell’aria, quindi non dobbiamo avere paura di fare dei siti di stoccaggio definitivi. Sull’amianto le discariche oggi le abbiamo sui tetti: questa è la parola giusta di quello che sta succedendo. 

    2) Altro discorso è legato agli inerti e ai rifiuti agricoli. Sugli inerti e sui rifiuti dell’agricoltura sono stati fatti degli ottimi accordi di programma da diverse Province, penso quasi tutte, che sono andati avanti nel tempo. Oggi, con la riforma delle Province, territori, Città metropolitane e altre cose, chiedo alla Regione, sostanzialmente, di fare un coordinamento su quelli che sono stati questi validi esperimenti che hanno portato a delle raccolte differenziate di un certo genere, anche perché in alcune Province si faceva in un modo e in altre Province in un altro. Quindi una logicità di raccolta di questi accordi di programmi, secondo me, nei prossimi mesi, nei prossimi anni è auspicabile, almeno per noi che siamo interlocutori di queste tipologie come stakeholder economici. 

    Faccio una puntualizzazione sugli inerti per portare all’attenzione del pubblico che tante volte, anche se spingiamo al massimo la raccolta differenziata, dobbiamo poi essere sicuri che la filiera del recupero funzioni. 

    Mi spiego sugli inerti. Finché l’economia dell’edilizia andava bene, l’economia circolare degli inerti funzionava perfettamente. Oggi quest’economia circolare non funziona più, perché gli impianti che fanno recupero di inerti oggi sono pieni, strapieni e alcuni hanno chiuso per fallimento, perché non sanno più dove mettere gli inerti. 

    C’è una legge regionale che dice di utilizzare gli inerti al 30 per cento nelle opere pubbliche. Io chiedo alla Regione di aumentare questa percentuale, ma chiedo soprattutto che nei capitolati questa percentuale venga messa, perché tante volte l’ingegnere o l’architetto che segue determinate pratiche, piuttosto che prendere del materiale riciclato, prende del materiale di cava più semplice e più fattibile per le operazioni che deve fare. 

    Quindi oggi l’inerte (che è una banalità) che costa anche poco nello smaltimento, 8/10 euro a tonnellata, fra poco ci troveremo a portarlo nelle discariche di Brescia perché solo a Brescia ci sono delle discariche di inerti, solo in Lombardia. In Emilia-Romagna delle discariche puramente di inerti a dei costi di 25/30 euro a tonnellata, quindi molto meno della discarica, non ne abbiamo. Però, voi capite che da 7/8 euro a tonnellata andare a finire a 50 euro a tonnellata con il trasporto, poi non abbiamo affrontato - anche questa volta - il principio di autosufficienza e di prossimità.

    Quindi la filiera del recupero deve funzionare, perché non possiamo recuperarla tutta e poi: di quella roba lì cosa ce ne facciamo, se non c’è un’economia sostenibile dietro che permetta la recuperabilità di tutte queste cose?

    3) Altro discorso sono i rifiuti agricoli. Sui rifiuti agricoli sono stati fatti degli ottimi accordi di programma, con degli impianti territoriali. Noi abbiamo alcuni impianti che fanno questo mestiere qui. Oggi ci troviamo, tante volte, che siamo a cavallo tra una provincia e l’altra e omogeneamente parlando, tante volte l’agricoltore è più vicino all’impianto di una provincia anche se fa parte di un’altra provincia. Per cui, ottimizzare un accordo regionale, secondo me, facilita un pochettino tutte le nuove operazioni che andremo a fare.

    Concludo dicendo che nel mese di marzo partiremo con un progetto per l’economia circolare dei rifiuti agricoli, presentandoci soprattutto nelle province di Bologna e Ravenna per iniziare ma per e in tutta l’Emilia Romagna, dove andremo a dire a tutti gli agricoltori che siamo in grado di recuperare tutte le tipologie di rifiuti che producono: quindi dall’estirpazione dei frutteti, alla cippatura sul campo, alla fornitura di ammendanti e di compost di recupero., alla raccolta dei fitofarmaci e a tutto ciò che produce l’azienda agricola. Quindi anche su questo settore dico che c’è del movimento, comunque ci vuole un’organicità legislativa, perché in questo momento siamo un pochettino a cavallo tra le province e a volte non sappiamo proprio come muoverci. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie, allora Alberto Conti del WWF di Forlì-Cesena e poi il dott. Gianluca Rusconi di Confindustria.

     

    Alberto CONTI – WWF FORLÌ-CESENA

    Grazie Presidente. Saluto l’Assessore cordialmente, con il quale abbiamo intrattenuto un ottimo rapporto per la legge n. 16/2015 che è stata approvata. Purtroppo, questa volta ci troviamo, a non essere sulle stesse posizioni favorevoli, perché il piano rifiuti, in sostanza, favorisce lo smaltimento in discarica e lo smaltimento negli inceneritori: non va nel senso della legge regionale appena approvata. Questa è una grande delusione e, secondo noi, è una sconfitta politica della Giunta regionale, una grave sconfitta politica. Proprio perché quella legge va nella direzione di quell’economia circolare che purtroppo il presidente di Federambiente, in una recente riunione a Forlì disse che è pienamente rispettata dagli inceneritori. Io gli ho chiesto - c’è stato un inevitabile battibecco - «Spiegami un po’ questa storia, come l’incenerimento, secondo te, è economia circolare?» e lui non mi ha ancora risposto.

    Poi, abbiamo visto un’altra perla recentemente, che è quella di Nomisma, la quale dice che la raccolta differenziata oltre il 70 per cento è antieconomica. Tutti i dati che abbiamo in nostro possesso, derivanti da ricerche e da studi estremamente ragionati ed estremamente verificabili, dicono il contrario. È chiaro che, se si considera il costo a tonnellata, è evidente che diminuendo le tonnellate il costo aumenta unitariamente ed è questo che Nomisma prende in considerazione. Ma se prendiamo il costo ad abitante, dal punto di vista della raccolta differenziata porta a porta, siamo in assoluto vantaggio, soprattutto se la tariffa puntuale verrà messa in atto. 

    Poi, un altro aspetto assolutamente incredibile è l’Assessore all’ambiente del Comune di Bologna che dice, in sostanza, che non è gestibile la raccolta porta a porta, perché poi gli stranieri conferirebbero in modo assolutamente indisciplinato e quindi ci sarebbero problemi di ordine sociale. Io, francamente, credo che questo discorso sia un assurdo e un allarmismo assolutamente ingiustificato, perché tutti ci dobbiamo educare. Visto che saremo e siamo una realtà multietnica e multirazziale, dovremo educare anche chi viene da noi da fuori, evidentemente dovremo tenerne conto. Allora non facciamo più le raccolte virtuose? 

    Ecco, bene, il piano prende spunto da queste distorsioni concettuali. Indubbiamente noi, come associazioni ambientaliste, noi, come Rete rifiuti zero, non possiamo accettarlo. Non lo accettiamo, però la proposta che è stata fatta è quella di rivedere immediatamente questa impostazione; di portarci a un’elaborazione più qualitativa, più virtuosa, in direzione dell’ambiente tenendo conto anche del fatto che un piano mal congegnato ha delle ricadute pesanti negli anni a venire. Avrà un’inerzia politica e un’inerzia procedurale difficilmente contrastabile nell’immediato. Se vogliamo andare a una vera economia circolare, bisogna rifarlo. 

    L’Assessore sa che può contare su di noi; sa però che, noi siamo anche molto critici e quindi, evidentemente, ci mobiliteremo per evidenziare questa nostra valenza critica, ovviamente per cercare di dare sempre contributi positivi.

    Vorrei chiudere con un aspetto, visto che a Forlì abbiamo due inceneritori, noi abbiamo notato che Arpa, secondo noi, ha diversi punti deboli nel controllo. Molto si rifà all’autocontrollo del gestore. L’autocontrollo del gestore va preso per quello che vale, evidentemente il dott. Bortone lo sa anche per l’inceneritore, soprattutto per l’inceneritore per rifiuti ospedalieri. Il problema del controllo è un problema reale e va risolto, perché se i cittadini - come adesso sta succedendo a Forlì - sulla base di atti precisi, prendono atto che Arpa non è affidabile, questo è un problema gravissimo: abbiamo dei documenti che possono testimoniarlo.

    Quindi il problema dei controlli va assolutamente affrontato e assolutamente vanno evitati i conflitti di interesse, perché Arpa è un’agenzia che può avere anche incarichi privati e si tratta di vedere se non ci sono conflitti d’interesse: non è così? Mi è stato detto che è così; meglio se non è così. Comunque, il discorso va fatto con estremo rigore e questo è un altro punto per tutelare i diritti diffusi in particolare: la salute e il diritto all’ambiente. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Gianluca Rusconi per Confindustria Emilia-Romagna.

     

    Gianluca RUSCONI – CONFINDUSTRIA ER

    Buongiorno, vorrei fare una domanda al Presidente, perché non ho capito una sua osservazione legata ai contributi di oggi. Lei ha detto, in relazione all’intervento di Confservizi che con l’adozione nuova del piano dell’8 gennaio si possono rifare altre osservazioni. Io non ho capito, perché noi abbiamo inteso che quella dell’8 gennaio non sia una nuova adozione, ma sia la risposta della Regione alle osservazioni già formulate.

     

    Presidente RONTINI

    Non ho parlato di nuova adozione. Il piano è stato adottato nel 2014, sono state presentate le osservazioni e controdedotte. La Giunta ha proposto all’Assemblea legislativa una proposta di piano in data 8 gennaio, con delibera di Giunta n. 1/2016, che è l’oggetto della nostra discussione di oggi. Quelle che voi, chi la ha preceduta: ho qui quelle del gruppo di Hera, quelle di Belosi, quelle di Confservizi li vogliamo chiamare materiali - diciamo così - utili alle nostre riflessioni, verranno consegnate a tutti i Commissari. Se qualcuno dei Commissari riterrà di trasformarli in emendamenti, verranno poi anche, nel percorso in Commissione e in Aula, votate puntualmente. Altrimenti rimane materiale che - nel linguaggio comune - possiamo chiamare anche di nuovo osservazioni, ma evitiamo di farlo, così da non confonderle con i precedenti, che sono collegate a tutto il resto.

     

    RUSCONI – CONFINDUSTRIA ER

    Le faccio un invito…

     

    Presidente RONTINI

    No, io la invito piuttosto ad attenersi al tema del suo intervento. 

     

    RUSCONI – CONFINDUSTRIA ER

    Presidente, si può creare della confusione se diamo spazio a ulteriori osservazioni. 

     

    Presidente RONTINI

    Infatti, il mio intervento era fatto proprio per specificarlo, comunque se Lei, visto che ha utilizzato un po’ del suo tempo, procede…

     

    RUSCONI – CONFINDUSTRIA ER

    Grazie comunque, io farò solo delle osservazioni di metodo, perché nel merito non mi è consentito, dal momento che la Regione ha già risposto alle nostre osservazioni. 

    La prima osservazione di metodo è la seguente: sono passati quattro anni da quando sono state presentate le prime linee guida ed è effettivamente troppo tempo per l’approvazione di un piano. Un piano deve avere tempi più celeri, perché, come è stato evidenziato da chi mi ha preceduto, rischiamo di entrare nella sua attuazione già con la scadenza del 2020. 

    Gli eventi che hanno portato a questa lungaggine temporale sono noti, però credo che tutti condivideranno il fatto che è una cosa che non si può più ripetere anche per altri piani, penso a esempio a quello dell’aria che è il prossimo che dovrebbe arrivare. 

    Penso, ad esempio, alla revisione di altri provvedimenti legislativi che attengono alla procedura di adozione e di approvazione dei piani, quindi alla legge sul governo del territorio e invito voi Consiglieri a riflettere sulla modalità di approvazione di questo iter, perché effettivamente, con questo piano, ha dimostrato di avere qualche lacuna. 

    La seconda osservazione è di metodo, ma è anche di merito, legata all’applicazione delle norme di salvaguardia. Dico questo perché, come prima riferiva il rappresentante del consorzio di gestione degli impianti, alcune aziende hanno chiuso, perché impossibilitate a poter operare, sia per questioni di mercato, il comparto dell’edilizia è in evidente difficoltà come tutti sappiamo, ma anche per effetto delle norme di salvaguardia di questo piano, che ha impedito la realizzazione e l’ampliamento di impianti di recupero inerti, per effetto delle norme del piano, perché hanno bloccato come dice la legge 20/2000 qualsiasi intervento in contrasto con le disposizioni delle norme di piano. 

    Le norme di salvaguardia nascono con la finalità di congelare le situazioni nelle more tra l’adozione e l’approvazione del piano. Ma se questo tempo è eccessivamente lungo, come in questo caso, due anni, è evidente che stiamo continuando a operare in salvaguardia e questo non è corretto. La salvaguardia ha una finalità, cioè quella di evitare che il territorio possa cambiare in questo frangente temporale, che è di qualche mese, al massimo di un anno, ma non può essere così ripetuto, tale per cui la norma di salvaguardia diventa la regola, senza che ci sia stata l’approvazione del piano. 

    Quindi noi evidenziamo che purtroppo la chiusura di diversi impianti di recupero di inerti si è determinata per effetto di questo meccanismo. Mi guardate male ma purtroppo è successo questo Noi l’abbiamo anche osservato ed è stata respinta l’osservazione. 

    L’ultima osservazione di carattere preliminare attiene al rapporto tra il patto per il lavoro e questo piano, nel senso che nel patto per il lavoro che abbiamo sottoscritto a luglio dell’anno scorso è prevista una concertazione sui provvedimenti più importanti e il piano dei rifiuti è uno dei provvedimenti più importanti, perché è citato nello stesso piano, noi di confronti li abbiamo in questa sede: dal 2012, quando abbiamo fatto le prime osservazioni sulle linee guida, al 2014, le seconde osservazioni sul piano, noi la concertazione non l’abbiamo avuta come indicato nel piano, abbiamo avuto questa sede, questa occasione di confronto. E mi sembra che il quadro non sia del tutto positivo sui contenuti del piano. 

    Quindi se ci fosse stata quella concertazione preliminare sui contenuti del piano, come abbiamo condiviso nel patto, probabilmente oggi avremmo uno scenario diverso. Lo diremo domani al presidente Bonaccini in occasione del confronto sui primi sei mesi di approvazione del patto. 

    Nel merito, visto che io ho già avuto le risposte, come tutti, alle osservazioni formulate e quindi non ho intenzione di occupare spazio alla Commissione per fare le controdeduzioni rispetto alle osservazioni che la Regione ha già formulato, evidenzio però tre aspetti di lacune. 

    Il primo aspetto è che l’economia circolare non può essere intesa solo come problematica di recupero e di gestione della fase a valle del rifiuto, perché non è corretto. L’Europa ci dice che dobbiamo cambiare modalità di produzione a monte. Purtroppo, se ragioniamo solo sulla fase a valle, discuteremo all’infinito su discarica sì e discarica no. Dobbiamo cambiare la modalità di produrre a monte. E chi produce a monte? Le industrie. 

    Noi abbiamo chiesto, dal 2012, quali sono le misure che la Regione intende mettere in campo per investire su un modello nuovo di produzione e la risposta che ci viene data è che arriveranno i prossimi provvedimenti della Giunta: ho molti anni davanti prima della pensione, attendo con ansia, perché purtroppo siamo già nel 2016 e non ho visto provvedimenti che indicano quali sono le misure per far cambiare rotta al modello di produrre. E questa è una lacuna nel piano, se vogliamo andare nella logica dell’economia circolare come da legge 16/2015. 

    Ulteriore osservazione, abbiamo chiesto di incentivare, ma non perché lo diciamo noi, ma perché lo dice l’articolo 199 del Codice ambientale che definisce i criteri per fare il piano, di incentivare, quindi con misure di incentivazione, chi si dimostra più virtuoso, perché chi si dimostra più virtuoso può fare da volano rispetto ad altre imprese che, a loro volta, possono porre in essere pratiche virtuose. Ci è stato risposto che non è pertinente l’osservazione. 

    Continueremo a dire che, purtroppo, non investiamo sulle imprese virtuose, quelle sacrificate, quelle che mettono in atto buone pratiche, quelle che possono dimostrare che c’è un nuovo modello di fare impresa, in un momento di crisi congiunturale finanziaria non indifferente. 

    Oggi ho avuto risposta, non dalla Regione, ma da Confservizi, su un quesito che poniamo dal 2012, cioè la valutazione di impatto rispetto alle scelte. Non stiamo discutendo sul 70 o 73 per cento di raccolta differenziata. Abbiamo chiesto semplicemente quale sarebbe stata la ricaduta in termini economici, dal cambio non solo di tariffa attuale, quella puntuale, ma in termini effettivamente di chi paga che cosa per questo recupero. La risposta che ci è stata data è: «Guardatevi il capitolo 10, lì c’è lo scenario». Mi dispiace, ma è insufficiente lo scenario declinato nell’articolo 10. Oggi Confservizi ci dice che quel 73 per cento corrisponde sicuramente a un aumento dei costi. 

    Chi li paga? Abbiamo il sistema produttivo che è al collasso sui costi legati alla gestione dei rifiuti e noi l’abbiamo scritto dal primo giorno. Non vuol dire che non siamo disponibili, vuol dire che vogliamo sapere chi paga questi oneri. Li pagano i cittadini? Bisogna che glielo si dica ai cittadini che aumenteranno i costi. Questo è un aspetto di lacuna del piano che non crediamo sia condivisibile.

    Ultimo aspetto sulla tariffa puntuale. La tariffa puntuale, indicata come l’elemento da perseguire come cambio e passaggio di paradigma, però nel piano, obiettivamente, gli esempi riportati sono insufficienti, ma non lo dice Rusconi di Confindustria, è oggettiva quest’analisi. Tutto si demanda a questo lavoro che farà Atersir, va bene, vedremo, collaboreremo con Atersir, ma non abbiamo un quadro conoscitivo dettagliato. E mi preoccupa l’analisi che fa Confservizi, perché dice: attenzione, tariffa puntuale, loro sono pronti a cambiare modello, cambiare paradigma, ma i costi non sono sicuramente così certamente ridotti, con scenario a meno 20 per cento, se non ho politiche di riduzione della produzione dei rifiuti a monte, non si chiude il cerchio, come dicevo prima.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie, allora adesso chiamo Tamara Villani del Comitato Ambiente Salute di Riccione

     

    Tamara VILLANI – COMITATO AMBIENTE & SALUTE RICCIONE

    Buongiorno a tutti, sono Tamara Villani, questa presentazione scritta è del Comitato Ambiente & Salute - Cittadini uniti per l’Ambiente e sua tutela di Riccione e dintorni, che ha raccolto cinquemila firme tra Riccione e Coriano di Rimini contro l’articolo 35 dello «sblocca Italia». 

    Nella Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, svoltasi a Parigi alla fine del 2015, è stato messo in evidenza come, non solo lo smaltimento in discarica, ma anche l’incenerimento dei rifiuti incrementi le immissioni di gas climalteranti nell’atmosfera, al contrario del riciclaggio e ancor più della prevenzione che, viceversa permettono di ridurre tali immissioni in modo significativo, contribuendo così a contrastare l’effetto serra. Anche situazioni di emergenza dell’inquinamento dell’aria, come quella che viviamo attualmente, evidenziano la necessità di intervenire sulla riduzione delle emissioni, non solo con le note azioni di blocco di traffico auto, ma anche con lo spegnimento dei camini di combustione, compresi, a nostro avviso, gli inceneritori. 

    Per questa ragione, oltre che per ragioni sanitarie, economiche e di conservazione delle risorse occorre avviarsi verso una politica di gestione rifiuti zero, vale a dire ridurre al massimo la produzione e riciclare tutto quanto resta, all’interno di una economia circolare, abbandonando il più in fretta possibile inceneritori e discariche.

    Nello specifico del piano regionale rifiuti della Regione Emilia-Romagna, adottato dalla Giunta Emilia-Romagna con delibera n. 1, l’8 gennaio 2016, a nome del Comitato cittadino Ambiente & Salute Riccione e dintorni, in coordinamento con altri gruppi ambientalisti della provincia di Rimini e con la rete regionale Rifiuti Zero chiediamo di:

    Punto 1) descrivere al capitolo 9 - tabella flussi che se il piano intende rispettare per tutti gli inceneritori dell’Emilia-Romagna le quantità di rifiuti destinati ad incenerimento indicate nelle autorizzazioni attualmente vigenti (quantità massima autorizzata, tonnellate per anno e capacità massima dell’impianto). In particolare per l’impianto di Coriano di Rimini indicare come quantità autorizzata al 2020 tonnellate 125 mila di rifiuti totali, come riportato dalla tabella flussi, capitolo 9 PRGR, di cui quota massima rifiuti speciali 45 mila tonnellate annue (ossia le attuali) ed il restante rifiuti urbani. 

    Punto 2) rendere strutturali all’interno del PRGR gli accordi Regione-Hera/Iren, per tutti gli inceneritori del territorio emiliano-romagnolo (e non solo Forlì e Parma). 

    Punto 3) specificare che l’inceneritore di Coriano di Rimini è collocato in una zona geografica ad alta densità abitativa, non solo per la presenza della popolazione stanziale, ma anche per il forte afflusso turistico che vive la costa romagnola. La popolazione quindi esposta all’impatto dell’inceneritore è quindi altissima, per cui si rende inopportuno qualsiasi potenziamento delle attività di incenerimento e necessaria una progressiva diminuzione delle attività dell’impianto fino a totale dismissione.

    Punto 4) prevedere il pieno utilizzo fino alla saturazione degli impianti TMB, sulla base della prescrizione di recupero di materia del comma 2 dell’articolo 1 della legge n. 16/2015, prima di inviare qualsiasi quantitativo di rifiuto a incenerimento al fine di:

    - recuperare materia dalla frazione organica di sottovaglio attraverso la produzione di biometano, da immettere in rete dalla produzione di biogas tramite trattamento anaerobico.

    - recuperare materia tramite la produzione di FOS (frazione organica stabilizzata) dal sottovaglio attraverso processo di compostaggio, con o senza anaerobica, da utilizzare al posto del terreno vegetale.

    - diminuire le emissioni di CO2 in atmosfera tramite il sequestro di carbonio (rese di sequestro pari ad almeno il 20 per cento) attraverso la profusione di FOS, da utilizzare quale copertura di discarica al posto del terreno vegetale, azione più efficiente contro l’effetto serra rispetto alla combustione di biomassa e molto di più rispetto alla combustione di rifiuti. Parallelamente investire nei nuovi impianti di selezione capaci di recuperare anche dal rifiuto residuale frazioni da riciclare, a valle della raccolta porta a porta spinta. Grazie a tutti per l’ascolto.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie a Lei, adesso Loretta PRATI del Comitato di Quartiere Coriano-Pianta-Ospedaletto (FC) e poi si prepari Stefano MEZZETTI, Sindaco del Comune di Sasso Marconi.

     

    Loretta PRATI – COMITATO DI QUARTIERE CORIANO-PIANTA-OSPEDALETTO (FC)

    Ringrazio tutti per questa possibilità. Io sono una semplice cittadina, componente di Comitato di quartiere della città di Forlì.

    Sono stata incaricata di dare voce ad alcune delle tante domande che i cittadini si pongono e ci pongono da molti anni rispetto alle politiche ambientali, prima provinciali, ora regionali. 

    Queste politiche hanno risolto certamente il problema rifiuti nella nostra regione, ma hanno utilizzato strumenti molto discutibili, come l’incenerimento e la discarica, lasciando poco spazio a un impegno vero e convinto sulla raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale. 

    Oggi è emerso molto bene come la gestione dei rifiuti non passi attraverso un approccio culturale, ma purtroppo passi attraverso un approccio contaminato dall’economia ed è emerso dai vari interventi che sono stati svolti da chi, comunque, con i rifiuti, in qualche modo, ci guadagna e deve trovare un risultato economico soddisfacente. 

    Vorremmo che, invece, ci fosse proprio questo cambio culturale e quindi un approccio che parta dal rispetto dell’ambiente e dalla gestione migliore per dare una risposta ambientale ai nostri cittadini della Regione Emilia-Romagna, che già di problemi ambientali ne hanno tanti, dovuti anche e soprattutto alla collocazione geografica e a una qualità dell’aria molto, molto critica. 

    Andando proprio alla mia città, vorrei socializzare con voi che a Forlì sono presenti due inceneritori di rifiuti, all’interno dell’area urbana e destano non poche preoccupazioni ai cittadini. Uno è gestito da Hera Ambiente e tratta 120 mila tonnellate di rifiuti urbani. L’altro è gestito da Mengozzi Spa e tratta 32 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi ospedalieri. 

    L’Amministrazione comunale di Forlì, da sette anni, su forte spinta dei cittadini, ha avviato un percorso di raccolta differenziata porta a porta. Ora vi è in progetto un’azienda locale autogestita, cosiddetta in house, con l’estensione al comprensorio forlivese della raccolta porta a porta, che dovrebbe diventare a tariffa puntuale. Tutto ciò con il chiaro intento di ridurre la quantità di rifiuto da incenerire e accelerare la dismissione dell’inceneritore Hera. 

    Questo percorso virtuoso di gestione dei rifiuti è in sintonia con i principi espressi dalla legge regionale n. 16 del 5/10/2015. Rischia, però, di essere vanificato da leggi nazionali, ad esempio la n. 164 «sblocca Italia» e da una gestione regionale degli impianti dovuta a una nuova organizzazione. 

    L’8 gennaio 2016 è stato firmato un accordo fra Regione, Provincia di Forlì Cesena, Comune di Forlì ed Hera, per la gestione dei rifiuti urbani nel termovalorizzatore di Forlì che prevede l’incenerimento di rifiuti urbani di provenienza regionale fino a 120 mila tonnellate annue e l’accordo è valido per cinque anni. 

    Si chiede di recepire nel piano regionale dei rifiuti i contenuti dell’accordo dell’8 gennaio 2016, ovvero l’uso esclusivo di rifiuti urbani e il limite massimo di 120 mila tonnellate. 

    Si chiede anche di inserire nel piano la verifica annuale dell’andamento della raccolta differenziata e la programmazione della dismissione dell’impianto Hera prima della sua vita utile, in considerazione della peculiare condizione del Comune di Forlì, con due inceneritori a distanza di pochi metri l’uno dall’altro. 

    A proposito dell’inceneritore Mengozzi per rifiuti ospedalieri, è in atto la Conferenza dei servizi per la procedura Via-Aia, relativa alla richiesta della ditta di una nuova autorizzazione all’esercizio, con innalzamento della portata di incenerimento di picco, dagli attuali 4000 chili/ora ai 5000 chili/ora. È una richiesta assolutamente fuori dalla logica del miglioramento ambientale che tutti auspichiamo. 

    Segnaliamo come i dati dei controlli degli impianti Mengozzi, effettuati dagli enti preposti siano poco convincenti e chiediamo, pertanto, controlli più stringenti, come ad esempio il campionamento continuo delle diossine al camino e dei reflui liquidi scaricati, un controllo sistematico della quantità di rifiuto in ingresso e in uscita. 

    Chiediamo di inserire nel piano regionale dei rifiuti alternative all’incenerimento dei rifiuti ospedalieri. Attualmente l’incenerimento dei rifiuti ospedalieri deriva innanzitutto dalla deresponsabilizzazione delle direzioni sanitarie nelle strutture di ricovero e cura, che non applicano il regolamento di disciplina della gestione dei rifiuti sanitari di cui al D.P.R. 254/2003. Tale D.P.R. prevede, all’articolo 1 comma 3, che le autorità competenti e le strutture sanitarie adottino iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione dei rifiuti. 

    I rifiuti sanitari devono essere gestiti in modo da diminuire la pericolosità e favorirne il reimpiego, il riciclaggio, il recupero e utilizzarne la raccolta differenziata. 

    Finché ciò non avverrà, gli inceneritori per rifiuti ospedalieri non saranno privati del rifornimento di rifiuti da bruciare. 

    Alternative tecnologiche di trattamento dei rifiuti ospedalieri non basate sull’dell’incenerimento saranno efficaci solo se sarà organizzata una raccolta differenziata degli stessi, che riduca la quantità dei rifiuti pericolosi, consentendo così la sterilizzazione a costi competitivi, con l’incenerimento del rifiuto non indifferenziato. 

    Infine, si auspica che una buona politica regionale utilizzi lo strumento del piano rifiuti per mettere in atto una serie prospettiva di economia circolare e programmi finalmente una società del post incenerimento. Grazie a tutti.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie a lei anche per aver rispettato i tempi. Stefano Mazzetti sindaco del comune di sasso Marconi e poi Ombretta Grandi

     

    Stefano MAZZETTI – SINDACO COMUNE DI SASSO MARCONI

    Brevemente, farò delle semplici riflessioni, non entrerò nel merito del piano insomma perché la complessità – credo - non ci permetta nel giro di sette/otto minuti di approfondire un tema così rilevante.

    La prima è ricordare di cosa stiamo parlando, perché sono qui dalle 10.45 e se uno veniva qui dopo un po’, faceva un po’ fatica a capire di cosa si stava parlando qui, se non era esperto del settore. Parliamo del piano di gestione dei rifiuti. 

    Questo significa due cose. La prima: è uno strumento operativo. Questa discussione di oggi, per alcuni aspetti, assomiglia molto a quella della legge regionale - a cui ho assistito - ma non è la stessa cosa. Quindi la prospettiva con cui noi approcciamo il piano di gestione dei rifiuti non può essere esattamente quella con cui abbiamo approcciato la legge regionale, perché sono due strumenti diversi, con due obiettivi diversi, anche se hanno un’unica prospettiva, ovviamente. Non a caso la legge regionale è stata fatta prima – sicc0ome sono tra quelli che hanno provato a scrivere dei pezzi del piano - perché è il luogo dove si determinano gli obiettivi e il piano deve essere il meccanismo con cui si arriva a quel raggiungimento di obiettivi. Essendo uno strumento operativo non può non tenere conto del contesto, aggiungo Il contesto non è il contesto della singola realtà locale ed è evidente che ci siano singoli portatori di interesse rispetto a questa questione, che vanno, giustamente, per tutti, assolutamente: nessuno porta interessi che non siano giusti, quindi da chi ha contribuito a fare la legge, quindi le associazioni, alle varie realtà territoriali che ovviamente hanno le situazioni loro locali da risolvere, a chi gestisce. Quindi questo non è il piano del gestore dei rifiuti, non è il piano delle singole realtà, è il piano di gestione regionale dei rifiuti. Quindi bisogna alzare l’elicottero e guardarlo da lì, se no possiamo star qui anche una settimana su questa roba qua. Questa la prima riflessione.

    La seconda: non è un marziano che è piombato oggi, perché questa è una roba che nasce da lontano, nasce nel 2012 e che ha fatto discussioni molto approfondite e che quindi oggi non possiamo renderci conto che è così perché era già così in buona parte e di questo bisogna prenderne atto, poi ci sono, ovviamente, oggi gli strumenti per poter migliorare questo piano che non è la perfezione. 

    Terzo elemento di riflessione, non è uno strumento rigido in assoluto. Essendo uno strumento operativo, si cambia e si modifica a seconda delle situazioni che si verificano, non ultima quali sono i risultati che avrà la legge regionale nella sua applicazione, che ancora oggi non abbiamo. 

    Questo piano nasce dopo la legge, ma nasce dopo la formazione della legge, ma non nasce prima dei risultati. Per cui, o qualcuno di noi è in grado di avere la certezza dei risultati o questo piano, per definizione, in qualche modo, avrà bisogno di avere degli aggiornamenti da questo punto di vista. Quindi l’altra riflessione è questa: poniamo tutte quelle che riteniamo opportune e giuste le modifiche a questo piano. Io, di solito, con Castagna non sono quasi mai d’accordo su niente, ma in questo caso, il fatto che comunque - e penso che sia fra l’altro previsto, se non mi sbaglio, perché non ho il dono di conoscere tutto e mi risulta di sì - che ci siano degli step per verificare, sulla base dei risultati raggiunti, se il piano deve cambiare o modificarsi, avendo tutti chiaro una cosa molto semplice: il piano funziona, è diventato operativo e raggiunge il suo risultato se raggiunge gli obiettivi della legge. Se no, il piano che abbiamo messo in campo ha dei limiti – questo è il vero - però siccome oggi non siamo in grado di dirlo, la discussione da fare è cosa possiamo modificare oggi, come, in qualche modo, tutti noi, all’interno delle nostre realtà locali fare un minimo di sintesi rispetto a qual è il nostro interesse particolare e qual è l’interesse generale.

    Quarto e ultimo, sapere che ci sono i tempi davanti per fare le modifiche, senza fare una guerra di religione oggi che, a mio parere, non va bene perché, ribadisco, e a ragione è intervenuto qualcuno prima dicendo che c’è una legge avanti: noi abbiamo già svoltato in un’altra direzione, questo è evidente. Quella legge ha svoltato il modello, però da averlo svoltato ad averlo fatto e renderlo soprattutto fattibile è il percorso che dobbiamo fare tutti noi, con tutto il senso di responsabilità per il ruolo che abbiamo.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie Stefano MAZZETTI. Adesso c’è Ombretta GRANDI per il comitato discarica Tre Monti di Imola. Un attimo sull’ordine dei lavori, oltre a questo intervento ne sono previsti altri 4, quindi se riusciamo a stare nei tempi riusciamo nel giro di un’oretta a concludere i nostri lavori. Le udienze conoscitive come ho detto in premessa in apertura dei lavori sono fatte perché noi consiglieri una volta tanto possiamo invece che parlare ascoltare quindi non ci sarà da parte nostra una replica rispetto ad alcune osservazioni fatte, avrà l’assessore Paola Gazzolo la possibilità se lo vuole me lo fa sapere dopo eventualmente di fare un intervento in conclusione pero ecco ci tengo a specificarlo qui noi oggi ascoltiamo, prego.

     

    Orietta GRANDI – PRESIDENTE OSSERVATORIO DISCARICA TRE MONTI

    Buongiorno a tutti, mi chiamo Grandi Orietta. Sono la Presidente del comitato Osservatorio della discarica Tre Monti, che si è costituito prima all’interno del Forum e poi ha proseguito privatamente con l’apporto dei cittadini l’anno scorso. 

    Volevo riprendere una frase che ha detto chi mi ha preceduto: «Alzare un po’ l’elicottero». Proprio in senso fisico, se alziamo l’elicottero, vediamo la discarica Tre Monti rispetto alla città, perché se non alziamo l’elicottero, non si vede, sembra che sia la dentro un calanco. In realtà questa megastruttura che è a sei chilometri dal centro della città e a quattro chilometri da un quartiere tra i più popolati di Imola, dalla Pedagna. 

    Da tanto tempo questa struttura crea forti disagi ai residenti, ma siccome, come ho detto, è vicina alla città, crea forti disagi anche a tutti gli abitanti di Imola, anche se non ne percepiscono gli effetti in modo immediato come i residenti in zone più limitrofe. 

    Parlerò della situazione attuale per sottolineare la nostra contrarietà a un ampliamento, perché noi viviamo in una situazione emergenziale già adesso, perché già adesso noi abbiamo le strade che sono percorse da circa duecento bilici provenienti da tutta Italia. È per quello che dico il piano regionale, il piano qua e là però, in realtà, deroghe dopo deroghe i rifiuti vengono da tutta Italia. Noi vediamo camion da Sondrio, da Bergamo, da Salerno, da Roma e chi controlla?

    Per quello che riguarda i controlli, noi possiamo dire che ultimamente siamo soddisfatti dell’Arpa, perché ha fatto, anche l’anno scorso, oltre trenta controlli. Non siamo soddisfatti rispetto ai controlli che c’erano in precedenza. 

    È un sistema molto complesso, al di là dei discorso tecnici e teorici, nei quali non intervengo, perché non ho le competenze su cui intervenire, bisogna vedere poi l’impatto reale di queste strutture nella realtà. 

    Mi stupisce apprendere che questa nostra Regione viene citata come esempio virtuoso per la gestione dei rifiuti. Vorrei invitare queste persone a visitare le nostre meravigliose colline, perché le colline dei Tre Monti sono meravigliose, che niente hanno da invidiare alle colline toscane, ma sono sempre infestate dai miasmi irrespirabili della discarica. 

    Noi, per anni, almeno da dieci anni, abbiamo respirato biogas, dico noi residenti perché ne abbiamo sentito l’odore acre, quindi insopportabile, ma tutta la città penso: l’aria non si può trattenere Quindi biogas provenienti da difetto di captazione e dalla FOS che è Frazione di organico stabilizzato la copertura e. questo ha provocato anche diffide, ordinanze da parte di Arpa, ripeto quella che è la realtà, perché ci vogliono i controlli e poi bisogna farli bene, cioè la gestione, più che i controlli, non è stata fatta bene. 

    Siccome io abito lì da quarant’anni, quindi sono un po’ la memoria storica di questa discarica che, come ha detto l’esponente di Legambiente di Medicina ha 40 anni. Mi ricordo che nel 1990, quando vennero i rifiuti bolognesi a Imola, quindi si parlava di 100 mila tonnellate, che sembrava un quantitativo enorme, anche lì c’erano i comitati, ci fu una perizia del CNR, chiesta dal Tar, che disse che il secondo lotto della discarica non poteva sostenere 100 mila tonnellate, perché nonostante nella realtà del terreno, c’erano dei pericoli di fratture che avrebbero portato a dei rischi gravissimi. Quindi il Tar diceva, nel 1990 questa perizia è in provincia, ce l’hanno tutti, sono cinquanta cartelle e provvederemo a darvele, se non l’avete, ma penso che l’abbiate. Quindi se era pericolosa – lo dice il Tar – nel 1990 per 100 mila tonnellate, nel frattempo ne sono state portate, penso, 2 o 3 milioni, se non 4 milioni di tonnellate, quindi c’è un pericolo di staticità. 

    Inoltre, sempre in quegli anni, che doveva venire il pattume di Bologna per 100 mila tonnellate, c’era un’altra perizia del professor Vai dell’università di Bologna, il quale insisteva che era pericolosa per la natura del terreno e anche se ci fossero stati terremoti o altri fatti di questo genere. Quindi si parlava di 100 mila tonnellate, quindi il pericolo per la nostra discarica. 

    Sottolineo che nel frattempo le 100 mila tonnellate, dal 2003/4 fino adesso, sono diventate 274 mila tonnellate all’anno. Lascio a voi giudicare. Una quantità che il nostro territorio non è in grado di sostenere al di là della gestione. Non è in grado di sostenere come strade, non è in grado di sostenere come qualità dell’aria; dell’acqua non lo so, perché adesso stanno facendo delle analisi. 

    Io abito entro tre chilometri, tre chilometri e mezzo e noi percepiamo tutto questo. La città è un po’ più distante, ma non molto. Penso che gli effetti nocivi di questa arrivano anche alla città. 

    Raccomando, se ci sono degli esponenti della Città di Imola, di tener presente questo, perché comunque un politico deve guardare non soltanto a breve distanza, ma anche a lunga distanza e, come ho sentito dire, non devono prevalere gli interessi economici: dovrebbero prevalere altri interessi. 

    Io penso di aver detto tutto quello che devo dire. Non so quanto possiamo incidere, perché noi è tanto che combattiamo, ma vedo che, anziché diminuire, i conferimenti aumentano.

    Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie, adesso c’è Claudio TEDESCHI che è un esperto di RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) poi si prepara il professor Alberto BELLINI.

     

    Claudio TEDESCHI – AMMINISTRATORE DELEGATO DISMECO

    Buonasera, sarò molto breve.

    Mi dispiace che non ci sia Rusconi ancora, non lo vedo.

    Più che esperto di RAEE preferirei essere indicato come Amministratore delegato della Dismeco e componente della Commissione Ambiente di Confindustria E.R.

    Comunque entro nel merito della cosa perché chiaramente faccio mie le esternazioni di Rusconi per quanto riguarda il metodo ed entro nell’aspetto operativo. 

    Quando si parla di economia circolare, credo che un imprenditore del settore come me debba parlare soprattutto di economia. Trattando, nella nostra azienda, rifiuti elettrici ed elettronici, devo dire che sono d’accordo con Castagna quando dice che è importante dal punto di vista economico che i consorzi di filiera siano intervenuti nella gestione economica di tante tipologie di rifiuti. Tuttavia è bene specificare questo e parlo dal punto di vista industriale, l’economia circolare, quindi soprattutto economia, si sviluppa nel momento in cui le istituzioni hanno il controllo delle filiere.

    Nel momento in cui, invece, le istituzioni, la Regione, che comunque si sta impegnando molto in questo settore, non ha il controllo sulla gestione di governance di questi rifiuti, capita quello che sta capitando adesso.

    Per darvi un riscontro molto preciso, se noi prendessimo un elicottero, vedremmo che in Emilia- Romagna ogni anno, quasi 1500 bilici di rifiuti elettrici ed elettronici se ne vanno in altre Regioni. È chiaro che posso parlare di 200 mila o 300 mila lavatrici all’anno, se volete, oppure 800 bilici di piccoli elettrodomestici, tenete conto che i rifiuti elettrici ed elettronici sono, punto primo, un rifiuto che ha un valore economico, contrariamente a tutti gli altri rifiuti che sono un costo prevalentemente; in secondo luogo, possono dare un lavoro enorme sul territorio. Se voi pensate che in Lombardia il 95 per cento dei rifiuti elettrici ed elettronici viene gestito dall’impianto della Regione lombarda e solo il 20 per cento dei rifiuti elettrici ed elettronici dell’Emilia-Romagna viene gestito da impianti della Regione, vi rendete conto della gravità dello scippo, del furto che viene perpetrato, non solo nei confronti delle istituzioni, ma soprattutto da parte anche degli operatori del settore, che investirebbero più che volentieri nella gestione di questa tipologia di rifiuti e che invece si vedono passar via migliaia di container, solo perché questi consorzi di filiera, adottando un approccio molto discutibile, ritengono che questi non siano rifiuti, ma siano merce. Peccato che se fosse merce, noi vorremmo vedere anche che dal Veneto e dalla Lombardia questi rifiuti arrivassero qui, cosa che vi garantisco non succede. Quindi ci dovrebbe essere una reciprocità. 

    Purtroppo sono rifiuti, stiamo ragionando in un ambito che per forza di cose è regionale. Quindi quello che io, in maniera molto breve, come imprenditore e devo dire che c’è una sensibilità da parte dell’Assessore e dell’Assessorato che ha preso a cuore questa vicenda che veramente grida vendetta per il numero di persone che noi potremmo impiegare, utilizzando questi rifiuti che se ne vanno altrove, solo perché dei soggetti privati, che gestiscono rifiuti urbani, impediscono che questi materiali vengano gestiti in Regione, con una perdita di economia, con una perdita di investimenti, con una perdita di posti di lavoro. 

    Io credo che l’economia circolare si debba sostanziare in questo. Non può essere un’economia circolare, se l’economia e la circolarità non viene gestita. Noi pensiamo che in una stazione ecologica, oramai cosa non gestiscono i consorzi di filiera? I consorzi di filiera gestiscono le batterie, gestiscono la plastica, gestiscono gli imballaggi, gestiscono il legno, gestiscono il cartone, quindi è chiaro che auspico un sempre più preciso intervento, una sempre più importante presenza dell’istituzione affinché, giustamente, quelli che sono rifiuti urbani, che devono essere gestiti con le normative europee in termini di prossimità possano rimanere sul territorio, dare opportunità di lavoro, dare opportunità alle imprese, contenendo così i costi relativi alle imprese stesse, che spendono moltissimo per quanto riguarda la gestione dei loro rifiuti, quindi avviare in maniera concreta e operativa, dare un contributo, dare un sostegno, dare un significato oggettivo all’economia circolare, che ha la sua ragione di esistere, secondo un parere personalissimo, solo se l’istituzione, in un’ottica di governance, governa anche i flussi. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie dottor Tedeschi, allora gli ultimi due interventi, anzi tre appunto, dott. Bellini e poi ho Giancarlo Giachetti del gruppo Iren e Roberto Barilli per Hera Spa.

     

    Alberto BELLINI – DOCENTE UNIBO

    Qualche riflessione e una proposta sul tema, che naturalmente è molto ampio, e qualche sottolineatura.

    Mi pare che anche oggi si sia di nuovo messo in evidenza come ci sono due visioni molto diverse, una che è orientata al profitto, una orientata alla tutela dell’ambiente e della salute, si potrebbe dire banalmente da una parte ambiente, dall’altra lavoro e purtroppo c’è ancora un conflitto tra queste due visioni. 

    Su questo punto vorrei fare qualche riflessione, nel senso che purtroppo non si riesce a far comprendere come questo conflitto non esiste e, anzi, percorrere la strada della tutela dell’ambiente e del territorio sia anche un vantaggio in termini economici e proverò a svilupparlo con qualche esempio. 

    Parto dal tema degli obiettivi. Giustamente, la parte industriale degli interventi era rivolta a sottolineare come questi obiettivi possano essere un grosso carico di costi per le imprese, per i cittadini e che quindi devono essere guardati con molta attenzione. Vorrei ricordare, su questo, intanto che il piano contiene tantissime analisi dal punto di vista economico ed è sufficiente considerarle e sono molto interessanti. D’altra parte, bisogna sempre ricordare che quando si parla di questi temi – lo ha detto molto bene il rappresentante di Confservizi – bisognerebbe sempre guardare le cose in termini generali. 

    Cerco di essere più chiaro. La Comunità Europea nel suo report sull’economia circolare ha sottolineato che ridurre del 20 per cento la necessità di materie prime attraverso l’economia circolare, cioè recuperando materia, un impatto economico di 630 miliardi di euro, quindi stiamo dicendo che realizzare queste politiche all’interno della regione Emilia Romagna, cioè arrivare al 70 per cento di recupero di materia, significa un enorme vantaggio per il sistema economico. Stiamo parlando di numeri con molti zeri. Quindi questo è il punto di vista che dobbiamo sempre tener presente. 

    Da questo punto di vista, io ho apprezzato quello che dice Castagna nelle premesse. È verissimo che dobbiamo occuparci di innovazione. Condivido l’idea di andare in questa direzione. Devo dire, però, con molta sincerità, dal mio punto di vista, che questo è un piano di continuità, non è un piano di innovazione. È un piano di continuità delle politiche regionali e bisogna dirlo con molta sincerità, che merita apprezzamento nelle politiche che sono state realizzate. E’ stato già ricordato, è una regione che non è mai andata in emergenza e che ha dei risultati molto positivi, ma è un piano di continuità. 

    Io avrei preferito un piano di innovazione, come, se non capisco male, anche Confservizi. Perché avrei preferito un piano di innovazione? Pochissimi qui hanno ricordato, solo Enrico Ottolini, che siamo in una condizione generale molto critica; una condizione in cui il Fondo Monetario Internazionale, non il WWF, ci dice che l’esternalità, cioè gli impatti ambientali di tutte le attività economiche, sono ormai superiori ai profitti. Cioè quello che porta come impatto un’attività industriale, economica, come la gestione dei rifiuti, come tante altre, è ormai in termini di ambiente e salute, superiore ai profitti che da essa vengono generati. 

    Questo è un tema che credo debba interessare soprattutto la parte industriale, non solo la parte scientifica o la parte politica. E questo è, credo, uno dei temi che, purtroppo, non ho sentito sviluppare. 

    Altro punto che vorrei sviluppare molto velocemente, lo diceva Sabattini all’inizio, uno dei punti fondanti del piano è la scelta che riguarda l’autosufficienza dei rifiuti speciali. 

    Io esprimo pubblicamente molti dubbi su questa scelta. Una scelta assunta, per carità, io ne prendo atto. Intanto ricordiamo che non è una scelta obbligatoria per legge. Non è obbligatorio garantire l’autosufficienza per i rifiuti speciali. E vado a sviluppare le mie perplessità.

    Questa scelta ha degli impatti molto pesanti. Noi andiamo a vincolare il sistema impiantistico con sette inceneritori e tre discariche, quando dovremmo - uso il condizionale - gestire 650 mila tonnellate di rifiuti urbani. Con 650 mila tonnellate di rifiuti urbani non servirebbero sette inceneritori e tre discariche. Vi dimostrerò, con qualche veloce esempio, che è anzi controproducente utilizzare tanti impianti per pochi rifiuti. Questo avviene perché si è fatta una scelta che riguarda la gestione dei rifiuti speciali. 

    Io vorrei capire, questa è una prima domanda, quali sono le motivazioni di questa scelta. Non mi si potrà dire che sono motivazioni economiche, perché ricordo che siamo in una condizione, non solo generale, ma anche in particolare sui rifiuti, in cui la sovracapacità che esiste a livello europeo, porta a una drammatica riduzione dei costi. 

    Oggi la gestione dei rifiuti speciali costa da 90 euro a tonnellata in giù, mentre i rifiuti urbani costano 130 euro nell’area HERA e arrivano a 150/180 in altre parti della regione. Quindi i rifiuti speciali costano molto meno dei rifiuti urbani.

    La dico in un altro modo, in maniera provocatoria, ripeto, provocatoria. Se il nostro obiettivo fosse solo quello di ridurre i costi ai cittadini, come ho sentito dire più volte, con la disponibilità di impianti che c’è in questo momento, visto i costi dei rifiuti speciali, converrebbe mandarli all’estero, perché questo significherebbe ridurre il costo di smaltimento. Io non sto dicendo che questa è la mia posizione, anzi non la condivido, ma voglio soltanto dire, in termini provocatori, che è molto pericoloso parlare solo dell’aspetto economico del trattamento dei rifiuti. 

    Allora mi chiedo, siccome queste sono le condizioni, perché stiamo facendo questa scelta? Io onestamente ho molti dubbi. 

    Lo ripeto, se non si facesse questa scelta, gli impianti che rimarrebbero vincolati nella programmazione sarebbero molti meno e probabilmente, anzi sicuramente, si annullerebbero le discariche. Quindi se non ci fosse questa scelta, ci sarebbe l’azzeramento delle discariche e due o tre o zero, ho sentito anche altre proposte, impianti di incenerimento.

    Perché questo potrebbe essere un vantaggio dal mio punto di vista? Intanto sarebbe una scelta innovativa, che promuove delle politiche nella direzione della riduzione dei rifiuti. Poi, aggiungo un elemento – e anche questo non l’ho mai sentito citare – il ministro Galletti, pochi giorni fa, ha chiarito qual è il rischio presente in questa programmazione, lui dice, giustamente, che la legge nazionale supera i piani, quindi gli impianti presenti nella programmazione potranno essere oggetto di flussi extraregionali. 

    Quindi noi ci troviamo in una grande contraddizione: scegliamo di avere più impianti per coprire l’autosufficienza degli speciali regionali, ma questi impianti potranno essere utilizzati - e mi permetto di dire che lo saranno sicuramente per ragioni economiche, perché trattare i rifiuti urbani fuori regione avrà una valenza economica molto maggiore, perché valgono 130 o 180 euro a tonnellata, contro i 90 o 70 euro che valgono i rifiuti speciali. 

    Quindi noi ci troviamo di fronte a questo rischio, dobbiamo essere coscienti di questo, per una scelta che è stata fatta, quella dell’autosufficienza degli speciali. 

    Siamo coscienti di questo? Riteniamo che sia opportuno? Io esprimo qualche perplessità. E sviluppo un altro punto, poi mi avvio alle conclusioni. Il punto che voglio sviluppare è molto semplice. 

    Si dice, giustamente, che andare verso la riduzione degli impianti di incenerimento, che sono quasi tutti molto nuovi, con elevati valori residui di ammortamento dell’investimento, sarebbe un costo per i cittadini. 

    Facciamo un esempio concreto. Mi perdonerete, faccio l’esempio dell’impianto di Forlì, perché lo conosco a memoria nei numeri. L’impianto di Forlì ha un valore netto contabile, cioè residuo dell’investimento, di 70 milioni. Questi 70 milioni in carico ai cittadini sarebbero 40 euro per utenza, per il tempo necessario dell’ammortamento. 

    Come confrontiamo questi 40 euro rispetto alla riduzione dell’esternalità? Io non ho una risposta, ma dobbiamo fare questo calcolo. Ma soprattutto – e questo è il punto che mi interessa mettere in rilievo – questi 40 euro sono praticamente uguali al costo di esercizio dell’impianto che verrebbe risparmiato.

    Lo dico in un altro modo. Se noi dismettiamo degli impianti, non dobbiamo più pagare il costo operativo di gestione. Su Forlì sono 14 milioni di euro ogni anno, che sono il costo di gestione dell’impianto e quindi ci sarebbe un equilibrio. 

    La dico ancora in un altro modo. Se noi abbiamo 400 mila tonnellate di rifiuti da trattare, secondo voi spendiamo di più o di meno, se ne trattiamo 400 con un impianto da 400 o 400 con due impianti da 200? Spendiamo, ovviamente, di più con due impianti da 200. E questa è la scelta che stiamo sviluppando. 

    Su questi temi, che contengono una prima domanda, cioè quali sono le motivazioni per la scelta sugli speciali e altre due, che sono: perché nel confronto tra gli scenari è stato più volte citato che non si va a considerare due cose: uno, che il recupero di materia vale, in termini energetici, molto di più del recupero di energia (dati dell’Agenzia americana per l’ambiente, la Epa), l’energia risparmiata col riciclo è da due a otto volte maggiore di quella recuperata con l’incenerimento a parità di materia, da due a otto volte, dipende dal materiale. Perché questo non è stato considerato?

    Seconda domanda è: perché l’analisi LCA, l’analisi del ciclo di vita che è stata fatta, confrontando otto impianti, sette impianti, quattro impianti, non considera gli impatti locali, in particolare quelli sanitari? Cosa che invece la SETAC, cioè l’agenzia chimica tossicologica mondiale considera come necessari dei protocolli per la realizzazione delle analisi LCA. 

    Infine, una proposta, visto le cose che ho cercato di rappresentarvi. È evidente che c’è una contraddizione, è evidente che ci sono delle difficoltà, lo diciamo molto chiaramente, le imprese hanno necessaria di sapere che cosa succede nei prossimi anni e questo è doveroso per chi ha un compito di amministrazione e di pianificazione. Però, dall’altra parte vincolare un numero così elevati di impianti, significa ipotecare il futuro, perché, la dico in un altro modo citando ancora Castagna, l’innovazione potrebbe voler dire che fra tre anni non ci sono più rifiuti, perché se fra tre anni si scoprono dei modelli di produzione di imballaggi e di rifiuti che sono totalmente riciclabili, cioè l’eco design, non ci sarebbero più rifiuti, ma noi avremo gli impianti ancora per vent’anni che hanno bisogno di rifiuti per funzionare. 

    Quindi ci sono delle contraddizioni e delle difficoltà che non si possono gestire semplicemente dicendo: “fra un anno vedremo”. Dobbiamo avere il coraggio di fare una pianificazione ambiziosa.

    La proposta è: perché non aggiungiamo uno scenario al 2025, a discariche zero e con pochi impianti di incenerimento? Perché non lo facciamo? 

    Questa, a mio parere, è una scelta che metterebbe insieme tutte le contraddizioni, tutte le necessità, le necessità della parte industriale che ha bisogno di avere regole certe e pianificazioni certe, gli obiettivi e le organizzazioni da parte dei cittadini, delle associazioni e di quant’altro. Perché il tema è che non è vero che c’è un conflitto tra ambiente e lavoro, non è vero che c’è un conflitto tra profitti e tutela dell’ambiente, perché, lo ripeto, quei 630 miliardi di euro che sono a disposizione, favorendo l’economia circolare e il recupero di materia sarebbero poi a disposizione di tutti. 

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Procediamo con gli ultimi due interventi, a partire dal dottor Giancarlo Giachetti del gruppo IREN, che invito a salire qua. Nel frattempo io vi chiedo, l’ho detto prima che non è l’udienza conoscitiva la sede in cui si danno delle risposte ma si ascolta, però volevo dare solo alcuni flash, senza entrare nel merito di tutti i vostri contributi che sedimenteremo prima di arrivare al voto definitivo in aula, tre flash al volo su questioni anche di metodo. Si è parlato più volte di piano amianto, volevo rassicurare che la giunta ci sta lavorando e procederemo all’approvazione anche di questo. E’ venuto ripetutamente il tema del monitoraggio, dell’annualità: sappiate che questo è un piano dinamico, pensato per essere reattivo rispetto alle eventuali necessità che si dovessero manifestare nel corso degli anni, tant’è che ha degli strumenti di monitoraggio con il quale verificheremo annualmente gli effetti delle azioni del piano e la rispondenza agli obiettivi sfidanti (uso un termine abusato) che ci siamo dati a partire dalla legge 16 del 2015. Infine sulla metodologia di approvazione dei piani: non l’abbiamo decisa noi, non l’ha decisa la giunta regionale, non l’ha decisa tanto meno la commissione: come sapete, per tutti i piani in programma il procedimento è regolato dall’art. 25 della legge 20 del 2000 che è la legge urbanistica regionale, quindi è vero che l’assessorato sta lavorando e speriamo a settembre di portare in commissione anche quella, ma fino ad ora tutti i piani programma seguiranno quel percorso. Infine, e mi scuso se l’ho fatto attendere, volevo ricordare che la mail a cui potete far arrivare gli ulteriori materiali, - non parlo più di osservazioni così non facciamo confusione - ho visto che tanti di voi hanno letto degli interventi, quindi se volete farceli arrivare in forma digitale, (appunto perché non tutti i consiglieri erano presenti oggi, ma avremo alcune settimane per lavorare a questo) è, vi faccio lo spelling: segrcommiii@regione.emilia-romagna.it, che poi non è nient’altro che la mail da cui vi è arrivato l’invito all’udienza conoscitiva di oggi. La parola al dott. Giancarlo Giacchetti del gruppo IREN.

     

    Giancarlo GIACHETTI – IREN Ambiente

    Grazie presidente, grazie assessore, buon giorno a tutti. Io credo che ci troviamo in questa Regione a operare in un contesto virtuoso, in cui le scelte di pianificazione degli enti locali e la presenza delle loro aziende sul territorio ha garantito, nel passato, l’autosufficienza, costi contenuti per i cittadini, livelli elevati di recupero di materia e di energia dai rifiuti, a differenza di quanto è accaduto in altri territori del nostro Paese, che oggi devono esportare in altre parti d’Italia, o anche addirittura all’estero, i loro rifiuti. 

    Io credo che queste scelte di valore debbano essere confermate nel tempo. Non credo quindi in una strategia di esportazione, che magari confida semplicemente nel fatto che viviamo, per effetto della crisi economica, in una situazione in cui c’è una sovracapacità in alcuni impianti esistenti all’estero, perché credo che, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, quindi di basso contenuto economico, sia un obbligo dei territori, un dovere ambientale garantire la chiusura del ciclo per i rifiuti che si producono nel territorio.

    Questo piano è un piano qualificante in questa direzione, ha due elementi caratterizzanti: la riduzione dei rifiuti e elevati livelli di raccolta differenziata, rispetto ai primi anni di apertura del dibattito sul piano, nei primi anni abbiamo vissuto effettivamente una fase di riduzione, ma purtroppo era solo la crisi economica. In questi ultimi anni registriamo, invece, una tendenza all’incremento della produzione complessiva di rifiuti, quindi c’è in atto una realtà in controtendenza rispetto a quella prevista dal piano.

    Purtroppo la riduzione dei rifiuti comporta azioni che non sempre rientrano nei poteri locali e quindi credo che da questo punto di vista, data anche la vicinanza della scadenza 2020, sarà difficile rispettare questi obiettivi. 

    Sulla raccolta differenziata c’è un processo in atto. Noi abbiamo territori virtuosi, Comuni che hanno già raggiunto e, in alcuni casi, superato gli obiettivi del piano, laddove soprattutto le realtà urbanistiche sono più favorevoli a questi processi avanzati di raccolta. Comunque sarà complesso estendere questi risultati avanzati a tutto il territorio, quindi anche in realtà urbanisticamente meno favorevoli. 

    Il complesso di queste azioni, cioè questa stima elevata di riduzione dei rifiuti, non così facile da raggiungere, questa raccolta differenziata impegnativa in tempi così ristretti, producono complessivamente come risultato, a nostro parere, una forte sottostima dei fabbisogni di smaltimento a valle; una sottostima che nel territorio dove siamo presenti nella regione, comporta una sottovalutazione di circa 40 mila tonnellate di rifiuti. Credo sia importante, come veniva anche richiamato, mettere in atto quei percorsi di aggiornamento e di messa a punto del piano, anche perché siccome le autorizzazioni di alcuni impianti sono state condizionate a queste valutazioni di flusso, noi rischiamo seriamente, nell’ultima parte dell’anno, di trovarci dei territori che materialmente, se non ci sono dei processi di adeguamento, visto che il flusso degli urbani, giustamente, è vincolato alla pianificazione, non sanno dove portare i loro rifiuti. Quindi è urgente che da questo punto di vista questi processi di revisione vengano avviati il prima possibile. 

    Mi concentro brevemente su alcune questioni. La questione della valutazione di scenari dell’analisi del ciclo di vita contenuti a supporto del piano, questi scenari indicano nel recupero energetico dei rifiuti a valle della raccolta la soluzione migliore, senza pre-trattamento. Da questo punto di vista, i flussi, invece, previsti dal piano presentano realtà contraddittorie. Ci sono impianti di incenerimento che non devono pre-trattare il rifiuto, altri impianti che devono, invece, pre-trattare il rifiuto, non c’è coerenza e si sono semplicemente assunte le indicazioni contenute nella vecchia pianificazione provinciale, senza un ragionamento di omogeneizzazione e di chiarezza. 

    Questo produce, in alcune realtà, un inutile incremento degli impatti ambientali e dei costi. Qui ci sono state esperienze nel passato e in altre parti del Paese, cito ad esempio l’inceneritore di Milano, che nacque con un impianto di pre-trattamento e dopo alcuni anni l’esperienza dimostrò che questo pre-trattamento non era assolutamente necessario e quindi poi fu abbandonato e oggi brucia, a valle della raccolta differenziata, il rifiuto tal quale.

    Quindi sarebbe opportuna, per la riduzione degli impatti e la riduzione dei costi, che anche sugli impianti della regione, vedi Parma, la pianificazione si adeguasse alle sue valutazioni di analisi del ciclo di vita. 

    Sulle norme tecniche di attuazione abbiamo un documento scritto, che poi consegneremo alla Presidenza. Abbiamo brevemente indicato alcune questioni, che non richiamo tutte. Cito solo la questione della destinazione dei materiali ottenuti dalla differenziata, dove il piano prevede da una parte l’esigenza di ottimizzare il massimo recupero, dall’altra di garantire la prossimità, dall’altra ancora quella di mettere in atto anche processi competitivi, quindi gare, per minimizzare i costi, è chiaro che si tratta di un elenco di desiderata che, senza indicare delle specifiche priorità, non sono materialmente tutte compatibili. Sarebbe meglio, secondo noi, indicare che nei processi di gara già lì l’offerente indica delle destinazioni che fanno parte delle ragioni di valutazione delle offerte stesse, perché questo consentirebbe di fare un confronto coerente.

    Concludo parlando brevemente del tema degli speciali, perché ovviamente lo spostamento, la saturazione degli impianti di incenerimento con i rifiuti urbani, che rappresenta una previsione di piano assolutamente corretta, lascia aperti degli spazi e delle esigenze che riguardano i rifiuti speciali, che comunque ci sono. Da questo punto di vista, la discarica è un’impiantistica assolutamente non sostituibile, che anche nelle realtà più virtuose del nord Europa è comunque presente, seppur in percentuali molto modeste, ma insopprimibili, perché ci sono rifiuti che non possono essere né recuperati, né trattati negli inceneritori. In questa regione noi abbiamo uno sbilanciamento totale della dotazione impiantistica, tutto indirizzato verso la parte orientale della regione.

    Nel territorio dove siamo presenti noi come Iren, di fatto, non abbiamo disponibilità impiantistiche per questa tipologia di impianti. Contemporaneamente c’è una discarica a Poiatica in provincia di Reggio Emilia, che nel piano precedentemente adottato era presente come impianto e se ne prevedeva l’ampliamento; in questa fase del piano, a valle delle osservazioni, questo impianto non è più presente per i rifiuti urbani, il che è compatibile perché si sono trovate altre destinazioni però, proprio per questo, rimane il un fabbisogno legato ai rifiuti speciali, rispetto al quale noi chiediamo l’impegno della Regione, in virtù della presenza di questo impianto pianificato dagli enti locali e il cui invaso non è stato a tutt’oggi completato, di adoperarsi affinché sia possibile trovare, attraverso questa realizzazione, uno sbocco legato al fabbisogno dei rifiuti speciali. Grazie.

     

    Presidente RONTINI.

    Grazie. Adesso abbiamo il dottor Roberto Barilli, direttore generale operations  di Hera Spa e poi ho accolto anche, arrivata in extremis, la richiesta del presidente di Legambiente Emilia-Romagna, dottor Lorenzo Frattini, che sarà l’ultimo intervento che seguirà. Prego.

     

    Roberto BARILLI – DIRETTORE GENERALE HERA SPA

    Grazie, buon giorno a tutti. Molte cose sono state dette. Mi piace riprendere da una delle brevi affermazioni fatte all’inizio della mattinata dal consigliere Sabattini in merito alla presa d’atto della situazione del territorio dell’Emilia Romagna in merito a ciò che è stato fatto. Un territorio in sicurezza da molto tempo, non ci sono mai state emergenze rifiuti, abbiamo un ottimo livello di raccolta differenziata. Abbiamo anche costi che sono sicuramente ai limiti inferiori nel panorama nazionale.

    Come tutti i gestori, anche Hera rispetta la legge e rispetterà questo piano, quando sarà editato nella forma definitiva di legge. La nostra unica preoccupazione, dato che, ricordando quello che dicevo prima, abbiamo sempre dato, come tutti, un contributo, importante credo, al tema dei rifiuti in questa Regione, è poterci misurare con obiettivi raggiungibili.

    Sulla stima dell’evoluzione dei rifiuti è già stato detto molto, in particolare la nostra preoccupazione si riferisce a quello che è stato l’andamento del 2014 e del 2015. Voi capite che questo significa comprimere in cinque anni rispetto ai dieci che era la valutazione iniziale del piano degli obiettivi molto importanti, che hanno già dei riflessi di cui tener conto. Per esempio, nell’elaborazione dei PEF che sta facendo Atersir, ma ricordo qui che il servizio rifiuti, così come lo smaltimento del rifiuto indifferenziato è un servizio regolato da molti anni. La parola “profitto”, se vediamo i nostri rendiconti, non è attuabile o attuale. Comunque, tornando al tema dei PEF, in questo momento i PEF che sono in discussione, presentati da Atersir, prevedono un CTS che è basato su volumi, nel nostro territorio 680 mila tonnellate di rifiuto indifferenziato che, rispetto ai preconsuntivi del 2015 e alle previsioni dell’anno, risulta ampiamente sottostimato: 60 mila tonnellate.

    Per questo è importante, per evitare una discrasia da quelli che sono i costi, che comunque per norma devono essere coperti, perché questo dice la legge, ci si crea un meccanismo di adeguamento il più possibile ravvicinato nel tempo, non soltanto come relazione ma anche come azioni correttive o come introduzione di correttivi per le previsioni del piano.

    Analisi di costo. È un tema che non è stato affrontato, ma nel piano ci sono riportate delle analisi di costo, sia nel documento cosiddetto di aggiornamento dei dati 2013, che in una parte della relazione generale. Queste analisi di costo, che abbiamo studiato, ahimè, sono incomplete e contengono errori, anche importanti. Sono tutti annotati nelle osservazioni, anzi nel materiale che è stato consegnato. Però dato che sono punti di analisi economica, che poi vengono presi a riferimento per le analisi successive, credo sia opportuno che questi dati vadano corretti.

    Vi do due esempi per significare quello che sto dicendo. Quando, con riferimento ai dati consuntivi dei gestori, la maggior parte dei gestori, perché alcuni minori non avevano fatto il rendiconto, si fa l’analisi del costo della filiera indifferenziata e l’analisi del costo della filiera differenziata e si evidenziano due numeri: 211 euro a tonnellata per l’indifferenziata e 240 per la differenziata, si commette un grosso errore. I numeri corretti, ricalcolati prendendo soltanto i dati presenti nel piano sono esattamente 203 per i rifiuti indifferenziati e 181 per i rifiuti differenziati. Perché? Per vari motivi, uno tra tutti è che si è messo a denominatore, per quello che riguarda la filiera differenziata, anche la quantità di volumi da non gestito che, come sappiamo, essendo relativi a rifiuti differenziati conferiti direttamente dai produttori e che hanno costo zero per il gestore, contribuiscono soltanto ad aumentare la percentuale di raccolta differenziata annua, hanno artificiosamente abbassato il costo della filiera differenziata.

    È importante rendercene conto, perché in realtà il costo della filiera differenziata, nella fotografia del 2013, che è quella presa a base dal piano, fotografa una situazione di raccolta differenziata media in regione del 56 per cento e ha al proprio interno, per esempio, una percentuale di utilizzo del porta a porta ancora marginale, siamo al 15 per cento. Mentre la raccolta stradale e le stazioni dei centri di raccolta, in particolare per la raccolta differenziata, contribuiscono ciascuno più del doppio, e, com’è noto, sono ovviamente metodologie di raccolta a costo inferiore. È ovvio che aumentando l’incidenza del porta a porta, che ha un costo superiore, quel dato tenderà ad aumentare. Quindi è importante che l’analisi economica sia corretta perché poi dopo da lì prendono spunto altri punti importanti.

    Esaurito il tema dell’analisi di costo, che anche per quello che riguarda la parte della relazione generale non deve prendere a riferimento i PEF, che sono molte volte difformi dai risultati consuntivi. Anche qui cito un esempio, al di là del fatto che abbiamo, in molte aree, delle rendicontazioni sulla copertura dei costi, ma le rendicontazioni dei gestori, come si rileva dai documenti anche del piano, hanno nel tempo ridotto fortemente il costo della filiera indifferenziata, per ovvi motivi, e hanno aumentato quello della differenziata, mentre i PEF portano ancora le vecchie indicazioni. Questo, per esempio, nel caso di Hera, significa che abbiamo spostato 40 milioni di euro di costi da una filiera all’altra. Quindi anche in questo caso invito a rivedere i calcoli economici.

    Sul tema della prevenzione, nella versione precedente del piano, se non ricordo male, la prevenzione dei rifiuti, quindi la riduzione, il raggiungimento di quei 20-25 per cento, tolta la parte relativa ai conferimenti impropri dei rifiuti speciali, non meglio identificati, suddivideva in due i contributi: una metà era relativa alle sette azioni che vanno dalla progettazione sostenibile, il green public procurement, le azioni sulla grande e piccola distribuzione, il consumo sostenibile e via dicendo, e l’altra metà veniva attribuita alla tariffazione puntuale/conferimento. In questa revisione del piano c’è stato lo uno sbilanciamento. Solo cinque alle azioni di cui sopra e quindici all’azione relativa alla tariffazione puntuale e al conferimento.

    Questa cosa mi preoccupa un po’, per due motivi. Il primo perché il primo ex 10, poi diventato 5 per cento, se attuato e quando attuato ha impatto zero sulla tariffa perché si interviene a monte, quindi se io riduco con una progettazione sostenibile, o con un imballaggio più intelligente, la produzione dei rifiuti a monte, non ho impatto sulla tariffa. Se invece vado a caricare la stragrande quantità della riduzione, fino al 15 per cento, sulla tariffazione puntuale e sul conferimento, avrò più costi per mettere in piedi il sistema, ça va sans dire.

    Ma la nostra preoccupazione è che la tariffazione puntuale sicuramente agirà fortemente nei confronti del cittadino virtuoso nell’aumentare la raccolta differenziata. Non sono così certo, non abbiamo prova che possa ridurre il monte rifiuti.  Questo ve lo consegno come riflessione.

    Sull’analisi di impatto ambientale, life cycle assessment, si è detto tanto, dico soltanto che prima o poi, come auspica lo stesso piano, venga fatto un life cycle assessment sull’intero ciclo della gestione dei rifiuti.

    Sul monitoraggio, come dicevo prima, auspico che oltre a un monitoraggio annuale ci sia anche la possibilità di fare i correttivi annuali. 

    Come ultimo punto, una nota sulle norme tecniche, in particolare sull’articolo 13. L’articolo 13 definisce la proprietà degli impianti di smaltimento e di trattamento. La versione che è stata rieditata rispetto a quella precedente, ci dà qualche preoccupazione. Dato che il tema è serio, la nostra richiesta è di riproporre il testo che era messo in precedenza. 

    Vi lascio con una battuta. Noi abbiamo fatto anche una la valutazione degli impatti economici, impatti economici di costo, cioè il piano prevede oggi una riduzione dei rifiuti indifferenziati da 400 a 570 mila tonnellate nel 2020. Cosa ci preoccupa? Ci preoccupa prima di tutto il fatto che i correttivi eventualmente necessari siano tempestivi, per evitare che ci sia un gap tra quelli che sono i costi messi in preventivo e quelli che sono i costi a consuntivo. Questo è importante. Nell’anno 2016 valgono 15 milioni nel territorio regionale, rispetto a quelle 100 mila tonnellate di cui si parlava prima. Nell’ultimo anno di piano valgono 60, sono teoriche, però cerchiamo di evitare di creare questo problema. Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie. Chiamo Lorenzo Frattini per l’ultimo intervento in programma, Frattini che è presidente di Legambiente Emilia-Romagna.

     

    Lorenzo FRATTINI – PRESIDENTE LEGAMBIENTE E R

    Grazie per la possibilità, non pensavo di farcela a intervenire, visti i tempi, quindi ho anche scritto un po’ di cose non particolarmente organiche, cercherò di dare chiarezza alla mia esposizione. Intanto, lo dico, visti anche gli interventi precedenti, che il piano segna dei punti di discontinuità, o comunque di valore che noi abbiamo rimarcato, il 73 per cento di raccolta differenziata, si comincia a parlare di chiudere degli impianti, finalmente, e c’è soddisfazione anche per la chiusura di quella ferita che è la discarica nell’Appennino reggiano che effettivamente aveva bisogno della parola fine.

    Il percorso, però, deve vedere la sua completa attuazione e parlo, evidentemente, della componente impiantistica. Poi parlerò anche del tema della riduzione dei rifiuti. 

    È chiaro che un tema centrale qui è cosa fanno gli speciali? Come vengono considerati nella nostra pianificazione? 

    Io credo che dare una risposta alle produzioni sul territorio sia corretto. Certamente non è corretto garantire un accesso agli impianti a costi particolarmente competitivi, perché a questo punto si mettono in atto dei sistemi che dissuadono dall’attuare altre tipologie di interventi: prevenzione e riciclaggio. 

    Quindi io credo che vada chiarito se le cifre indicate nelle tabelle finali del capitolo 9, cioè che cosa bruceranno, che cosa riceveranno vari impianti come urbani e speciali, sugli speciali siano da intendersi vincolanti, come penso emerga dall’ultima vicenda sul forno di Parma però siccome abbiamo letto solo i titoli dei giornali, abbiamo dato un’interpretazione che ci sembra positiva, ma tra gli articoli fra 13, 14 e 15, forse un chiarimento che non lasci dubbi su questo, credo sia importante. 

    L’altro tema, chiaramente – ed è lì che si gioca poi la partita principale – è l’impianto di Piacenza, perché a Piacenza noi pensiamo che sia un impianto che è nato per rispondere alle esigenze pubbliche, nato in uno strumento di pianificazione pubblica. Quindi se al momento in cui il piano pubblico della Regione dice che a fine 2020 lì si finisce di portare i rifiuti urbani, quell’impianto, a nostro avviso, va chiuso. 

    In questo, credo che anche quella cosa che avevamo chiesto e non era stata recepita, di mettere altri due o tre anni in queste tabelle, non certo per pensare che il piano, a un certo punto, cominci a entrare nel merito anche nel 2021 e nel 2022, però indicare veramente qual è la tendenza in cui si va, credo sarebbe stato utile e anche più corretto rispetto alla delibera originale che, penso quattro anni fa, ha dato il via al percorso che di pianificazione in cui si parlava che a fianco del piano ci doveva essere anche almeno un’indicazione di massima al di là del 2020, perché il 2020 evidentemente è dopodomani, visto che siamo già al 2016. 

    Quindi in questo senso, al di là della nostra posizione su quell’impianto, non tanto per fossilizzarsi sul caso specifico, ma perché crediamo sia dirimente rispetto al ruolo pubblico e privato e al ruolo dei rifiuti speciali negli impianti pubblici.

    È chiaro che lì c’è una partita anche di natura normativa, ma crediamo che con tutti gli strumenti che ci sono a disposizione, la Regione possa applicarli, da penalizzazioni sulle tariffe e quant’altro.

    Un tema che credo sia già stato sottolineato in interventi precedenti, che non ho avuto modo di sentire, è il tema dell’importanza dell’indicatore dei chilogrammi per abitante/anno per gli smaltimenti. E’ vero che i 150 chili/abitante, che era il nostro obiettivo, che gira in tanti documenti, il piano li raggiunge, però è anche vero che esplicitarli aiuta anche a un’equità territoriale, perché se ai cittadini parmensi gli si chiede di ricevere i rifiuti di Reggio, cosa che la mia associazione, in qualche modo, considera che sia anche legittimo, dal momento che per tanto tempo i rifiuti sono andati di là, però è bene anche fare un giusto paragone, perché a Reggio la produzione e anzi la raccolta pro capite si aggira sui 750 chili/abitante anno, quindi depurati dalla raccolta differenziata, tra cittadino di Parma e cittadino di Reggio, ci sono oltre 100 chili/abitante anno. Leggerle queste differenze credo che aiuti anche poi, nel momento in cui si avviano dei flussi interprovinciali, a capire poi ogni territorio cosa deve fare, nel momento in cui porta rifiuti da altre parti. 

    Sul tema lca, credo sia importante che ci sia un passaggio nel piano su questa analisi, io credo che andrebbe esplicitato nelle modalità, nei dati che sono stati utilizzati, gli scenari, magari anche se ci fosse un momento di presentazione un po’ più dettagliato su questo, credo che aiuti, perché, ovviamente, a seconda delle premesse, i dati degli lca possono portare risultati molto diversi.

    Siccome l’altro ieri siamo avuto modo di vedere le controdeduzioni rispetto alle nostre osservazioni, sottolineo altri due temi molto veloci. Uno è quello dei trasporti. Noi avevamo chiesto, in qualche modo, di tener conto, visto che ci sono dei rifiuti che probabilmente percorreranno più strada, a regime, dal 2020, di verificare tutte quelle che possono essere le applicazioni del trasporto ferroviario, perché non dimentichiamoci che, alla fine, l’inquinamento arriva anche da quello. Quindi è vero che questo piano sui rifiuti, l’osservazione è stata giudicata non pertinente, ma credo che il pubblico possa mettere in campo tutte le osservazioni, tutte le analisi e gli strumenti, dialogando anche con i colleghi dei trasporti, che eventualmente valutino quest’opportunità che noi crediamo sia fondamentale.

    Anche noi nutriamo preoccupazione sulla parte di riduzione rifiuti, anche se con sfumature diverse rispetto alle aziende. Evidentemente è un obiettivo molto sfidante, lo abbiamo detto. Lì si gioca moltissimo della tenuta del piano. Quindi anche qui sottolineiamo una richiesta già fatta, cioè quella di mettere in fila un piano specifico e soprattutto una lista di azioni di chi fa cosa. 

    Anche qui, nelle controdeduzioni è stata giudicata non pertinente la richiesta. Però, è evidente che la Regione può fare alcune cose, altre andranno fatte dai Comuni e altre saranno accordi di programma. Però, cominciare a scrivere bene: «Noi facciamo questo, faremo la raccolta puntuale, altri, i Comuni, devono fare questo», alla fine, in fase di monitoraggio, potremo almeno vedere chi ha fatto cosa, o chi non è stato inadempiente, quindi sottolineiamo l’importanza di entrare in questo dettaglio. 

    Sulla discarica di Imola credo che sia già stato detto dal nostro circolo. Chiudo qua e ribadisco, allungare lo scenario, non di cogenza delle norme, ma perlomeno di capire cosa succede, così vedremo che l’impianto di Piacenza non ci sarà più dal 2021... ci farebbe molto piacere.  Grazie.

     

    Presidente RONTINI

    Grazie a tutti. Ho chiesto con il linguaggio dei gesti all’assessore se voleva intervenire ma ha detto che lo farà successivamente. Io ringrazio tutti voi, a partire dai relatori, tutti voi che siete intervenuti, ai colleghi della Commissione, anche per la modalità in cui siamo stati assieme in queste quattro ore che hanno consentito un proficuo dibattito e l’aver ascoltato davvero tanti interventi. Una comunicazione flash solo ai consiglieri: noi ci riaggiorniamo giovedì prossimo, come da calendario della nostra Commissione. Per la prima parte della Commissione saremo in seduta congiunta insieme ai colleghi della prima, per esaminare gli atti europei nella fase ascendente del diritto comunitario sull’economia circolare e i rifiuti, abbiamo invitato anche la relatrice al parlamento europeo di queste quattro direttive, la dottoressa Simona Bonafè. Grazie a tutti e buon pomeriggio.

     

    L’udienza conoscitiva termina alle ore 14,05.

     

     

     

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