Espandi Indice
Legislatura X - Commissione V - Resoconto del 04/12/2017 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 33

    Seduta del 4 dicembre 2017

     

    Il giorno 4 dicembre 2017 alle ore 15,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2017.61686 del 24/11/2017, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50, la Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità in seduta congiunta con la Commissione Politiche economiche.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    PARUOLO GIUSEPPE

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    AIMI ENRICO

    Vicepresidente

    Forza Italia

    2

    presente

    RAVAIOLI VALENTINA

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    ALLEVA PIERGIOVANNI

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    presente

    BOSCHINI GIUSEPPE

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    CALIANDRO STEFANO

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    CAMPEDELLI ENRICO

    Componente

    Partito Democratico

    3

    presente

    FOTI TOMMASO

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    IOTTI MASSIMO

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    LIVERANI ANDREA

    Componente

    Lega Nord

    3

    presente

    MARCHETTI FRANCESCA

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    PETTAZZONI MARCO

    Componente

    Lega Nord

    4

    presente

    PRODI SILVIA

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    PRUCCOLI GIORGIO

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    RANCAN MATTEO

    Componente

    Lega Nord

    2

    assente

    RONTINI MANUELA

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SASSI GIAN LUCA

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    3

    assente

    SENSOLI RAFFAELLA

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARASCONI KATIA

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    TARUFFI IGOR

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    TORRI YURI

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

     

    Partecipano alla seduta: Palma COSTI (Assessore alle attività produttive, piano energetico, economia verde e ricostruzione post-sisma), Massimo MEZZETTI (Assessore alla cultura, politiche giovanili e politiche per la legalità), Umberto Franciosi (Flai CGIL E-R.), Daniele Donnarumma (Fai CISL), Ennio Rovatti (UILA – UIL), Martin Blliku (RSA CGIL ILIA D.A. Soc. Coop.), Gianluca Rusconi (Confindustria E.R.), Alessandro Monziani (Confcooperative Modena).

     

     

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    La Presidente SERRI dichiara aperta la seduta alle ore 15,10.

     

    -       Audizione dei soggetti interessati alle problematiche del lavoro relative alle cooperative che hanno in gestione appalti con la Castelfrigo di Castelnuovo Rangone, azienda modenese specializzata nella lavorazione delle carni suine, e, più in generale, al settore della filiera delle carni, con particolare riferimento all’utilizzo delle cooperative nell’ambito dei processi produttivi.

     

    PRESIDENTE: Il titolo parla già in modo chiaro dell’obiettivo di questa audizione che è un momento per i componenti delle due commissioni di ascolto dei vari soggetti che sono interessati a partire dalle organizzazioni sindacali, dalla rappresentanza dei lavoratori a Confindustria, al mondo delle alleanze delle cooperative. Come appunto dicevo, viene citato in modo esplicito nel titolo e nella convocazione, il problema della Castelfrigo viene posto già parecchio tempo fa, a partire dal 2005, dalle organizzazioni sindacali, quando la Flai CGIL denuncia comunque la presenza e l’utilizzo di lavoratori dipendenti di cooperative cui viene applicato un contratto incongruo rispetto all’attività. Infatti, viene applicato il contratto della logistica dei trasporti quando queste persone, dipendenti delle cooperative, svolgono lavoro all’interno dello stabilimento e sono addetti alla filiera della trasformazione alimentare e della lavorazione delle carni. Quindi è partita da loro una serie di vertenzialità, anche di manifestazioni, di momenti pubblici con una serie di percorsi istituzionali, faccio riferimento al tavolo istituzionale che si è costituito presso la Provincia di Modena che portò anche alla sottoscrizione di un accordo che, ahimè, non è mai stato applicato e rispettato. Recentemente so che ci sono state anche audizioni a livello della Camera e quindi i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori sono stati auditi e ascoltati anche a quel livello. Oggi è il momento per l’Assemblea legislativa, per i componenti delle due Commissioni, la Commissione politiche economiche e la Commissione che ha in capo i temi del lavoro e della legalità, di ascoltare e affrontare la discussione relativamente a queste problematiche. È chiaro, parliamo di un tema molto delicato, parliamo del tema delle false cooperative, ovvero di cooperative che nascono e fanno in modo illegittimo intermediazione di lavoro, senza avere però quelle finalità tipiche, quei valori tipici della cooperazione che vuol dire la mutualità, che vuol dire la partecipazione sia alle scelte della cooperativa e alla partecipazione degli organismi dirigenti, etc., etc. . Mi fermo qui perché abbiamo la necessità, visto che avremo parecchi interventi, di utilizzare bene il nostro tempo. Saluto gli assessori, che sono oggi presenti, Palma Costi e Mezzetti Massimo, che sono qui con noi a seguire questi lavori. Partirei, dando la parola alle organizzazioni sindacali, abbiamo presente CGIL, CISL e UIL, quindi la proposta è di un intervento delle organizzazioni sindacali e, a seguire, anche una testimonianza di un rappresentante dei lavoratori delle cooperative che lavorano all’interno dello stabilimento. Una precisazione, noi avevamo invitato anche l’Ispettorato del Lavoro a questo incontro, a questa audizione, ma per una serie di problematiche legate ad impegni istituzionali oggi non può essere presente. Ci ha inviato una breve relazione, che noi abbiamo trasmesso, appena è arrivata a tutti i Consiglieri. Quindi i Consiglieri hanno in posta anche questo contributo, che è arrivato dalla responsabile, dal dirigente dell’Ispettorato del Lavoro di Modena. Quindi chiamerei per il primo intervento Flai CGIL, Franciosi Umberto. Prego.

     

    FRANCIOSI, Flai CGIL E-R: Buongiorno a tutti gli assessori e i consiglieri della Regione Emilia Romagna, sono il segretario generale della Flai CGIL Emilia Romagna. La questione Castelfrigo, come la definiamo da un po’ di tempo, è solo la punta di un iceberg di un sistema che è degenerato e che crediamo che ormai sia al capolinea. Quasi tutte le aziende di trasformazione, lavorazione, macellazione delle carni modenesi, ma non solo, dell’Emilia Romagna, ma anche del territorio nazionale, utilizzano il sistema della terziarizzazione o degli appalti di manodopera. È un sistema che riguarda tutti i settori, dai campi fino agli ospedali, passando dal settore che stiamo analizzando ad oggi. Come funziona? Con il classico appalto a consorzi e subappalti a false cooperative o anche a S.r.l., come da qualche anno stanno venendo avanti. Noi riteniamo, anzi, siamo sicuri, e nel caso in oggetto forse qualcosa in più, che stiamo parlando di appalti di dubbia genuinità, perché? Non tanto per l’autonomia organizzativa che queste imprese hanno, cioè un finto capolinea o una struttura gerarchica, ma appalti illegittimi in quanto non si rispetta uno dei principali requisiti, che il Codice Civile prevede. Mi riferisco al rischio di impresa. Chiunque, ripeto, chiunque può analizzare un bilancio, verificare il costo del lavoro, che viene dichiarato e confrontarlo con le ore che vengono fatte da queste pseudo imprese. I costi che se ne ricavano sono abbondantemente al di sotto dei costi previsti dal contratto, che viene applicato e, siccome stiamo parlando quasi sempre di imprese della logistica e di trasporti, sono abbondantemente al di sotto dei minimi previsti dalla legge, che ogni anno la DTL deve avere emanare con apposito decreto. Stiamo parlando di 20,50 euro la tariffa prevista dal Ministero contro un costo del lavoro medio pari a 13,5 euro. Questo è uno dei primi dati su cui è bene che ci si rifletta con molta attenzione.

    Ogni due o tre anni queste pseudo imprese, sia che siano false cooperative o S.r.l., cambiano di nome, i lavoratori della Castelfrigo, chi ha un’anzianità maggiore, ce ne sono anche di quelli che da dieci anni o anche quindici, che lavorano in quel sito produttivo lì, hanno cambiato dalle quattro o alle cinque imprese, ovviamente sempre false cooperative. Non hanno mai partecipato ad assemblee sociali, non hanno mai votato un bilancio, non hanno mai votato un Consiglio di Amministrazione, sempre dirette queste quattro o cinque false cooperative dallo stesso soggetto, il signor Domenico Melone e sua sorella Luigia Melone. Sistema degenerato perché? Perché sono cambiate le leggi in questo periodo negli ultimi anni, non ultime anche le recenti norme sulla depenalizzazione del reato di somministrazione irregolare di manodopera che hanno causato danni non di poco conto. Poi ci sono dei problemi sicuri strutturali: la competizione internazionale, che in questo settore si fa sentire, però non può essere l’alibi perché noi abbiamo una filiera, quella della lavorazione delle carni che risente la sua mancanza di competitività perché legata strettamente alla produzione dei DOP e la precisamente dei DOP costa molto ma molto di più del suino leggero che proviene dall’estero. Una filiera frammentata, abbiamo troppe imprese nella parte più bassa del ciclo produttivo, mentre all’estero la stessa impresa fa l’attività di tre imprese, che abbiamo qua in Italia. La distribuzione del valore nella nostra filiera è una distribuzione del valore malata, questa è una filiera che, nel suo complesso, ha generato ricchezza, sta generando ricchezza, è quella che ha retto la crisi dal 2007 in poi, non credo che abbia avuto dei segnali negativi, ma viene distribuita male. C’è una parte di filiera che è in sofferenza e riguarda proprio quel pezzo di cui stiamo discutendo oggi e qualcuno pensa di superare questi problemi di competitività a danno dei lavoratori. Nel passato, però, grazie a questo sistema, in quel distretto, ci sono state imprese che hanno fatto ricchezze a palate. Stiamo parlando del gruppo Cremonini che, da un macello a conduzione familiare, è diventato una multinazionale, stiamo parlando delle famiglie Levoni, grazie all’Alca Uno che, da un piccolo laboratorio di spolpo di teste di suino, è diventato il più grosso impianto di lavorazione e sezionamento delle carni, allargando anche tutte le risorse prese in operazioni oltre il settore alimentare, diventando anche un’importante immobiliare sul territorio in cui si trova la sua azienda.

    In quel territorio, nel distretto alimentare modenese, tutti i marchi, tutti, nessuno escluso, della grande salumeria italiana, tutti (ripeto) vengono a fare shopping, a prendere le materie prime che servono per la produzione dei rinomati salumi che vediamo pubblicizzati ovunque, che fanno grande il nostro paese in giro per il mondo. Da anni l’organizzazione sindacale, che rappresento, sta denunciando quanto vi ho appena descritto, nel 2006 l’abbiamo fatto anche unitariamente, insieme a FAI e UIL, ce lo ricordiamo bene quel passaggio, presentammo una bozza di protocollo alle istituzioni, prefettura, nessuno escluso, Confindustria, Comuni, Unione dei Comuni. Confindustria disse allora che la casa non bruciava, che tutto andava secondo le regole, badate, allora probabilmente la situazione era ancora peggiore rispetto a quella attuale perché da allora qualcosa è stato messo in ordine almeno esteticamente. Però la situazione è sempre così. Questi lavoratori hanno avuto il pregio e il coraggio di avere detto: «Basta!»; sono lavoratori che in questi gironi danteschi ci sono da più di dieci, undici, dodici, tredici, quattordici anni. Stanchi di cambiare sempre cooperativa ogni due o tre anni, stanchi di essere umiliati, sfruttati e anche truffati perché stiamo parlando anche di truffa. Appena questi lavoratori della Castelfrigo hanno rivendicato non solo l’applicazione del contratto nazionale coerente con le attività che facevano, cioè quello dell’industria alimentare, al posto della logistica e dei trasporti, appena hanno rivendicato questo, appena hanno rivendicato turni di lavoro meno massacranti, la certezza dell’orario di lavoro, orari decenti, sono stati colpiti. Abbiamo avuto una vertenza all’inizio del 2016 di sette giorni continuativi, tutta la CGIL di Modena, cioè tutta la Camera del Lavoro di Modena si schierò davanti ai cancelli di quell’azienda, momenti di tensione forti anche con la Polizia. Il 16 di febbraio raggiungemmo un accordo in prefettura, che ritenevamo importante, che poneva alcune condizioni, tre le principali: la prima, la corretta applicazione del contratto che veniva procrastinata a settembre di quest’anno, la seconda, la clausola sociale, cioè il mantenimento dell’occupazione dei casi di cambio d’appalto, la terza, corrette relazioni sindacali. Di questi tre punti: zero. Relazioni sindacali si comunicava solo via PEC con la Castelfrigo. Per quanto riguarda l’applicazione contrattuale, nel momento in cui c’era da applicare integralmente il contratto, è stata espedita la prima procedura di licenziamento collettivo, sulla clausola sociale vediamo nei prossimi giorni che cosa accadrà. La tensione continua ad esserci anche dopo l’accordo in prefettura del 16, ha continuato ad esserci, tensioni, la prima tra tutte, lavoratori che non si erano schierati nella prima lotta di febbraio del 2016, che facevano abbondantemente più di duecento ore al mese di lavoro, i lavoratori che, invece, avevano partecipato alle lotte sindacali, quando andava bene, centoventi, centotrenta ore, decurtati permessi, decurtate ferie per raggiungere l’orario di lavoro contrattuale. Per non parlare poi anche delle cose da poco: del licenziamento di due RSA della Filt CGIL e poi recentemente reintegrati con la prima sentenza da parte del Giudice. Poi arriva la prima procedura di licenziamento collettivo per 76 lavoratori, con motivazione “calo di lavoro”, si prevedeva la cessazione di due linee produttive, conclusa con un mancato accordo, mentre però i lavoratori continuavano a lavorare dodici, tredici ore tutti i giorni, sabato compreso, per non parlare anche alcune volte di domenica. Ovviamente parte subito la nostra iniziativa, i nostri confronti, dopo la prima procedura di licenziamento collettivo, ne parte un’altra, a sciopero già attivato, i primi di novembre. Questi lavoratori sono entrati in sciopero ad oltranza dal 17 di ottobre. Sciopero senza blocchi, cioè senza picchetti, senza violenza, solo con qualche urlo, poi qualcuno critica anche se urliamo per rivendicare almeno il rispetto degli accordi che sono stati firmati, il rispetto delle leggi di questa Repubblica. Siamo andati in tutte le istituzioni, prefettura, grande distribuzione organizzata, le abbiamo fatte tutte, davanti a Confindustria, Confindustria continua a tacere, a non prendere posizione, noi continuiamo a denunciare le illegalità in questo settore e paghiamo prezzi. Paghiamo prezzi e qual è il prezzo che un sindacato paga? Le adesioni perché, quando si toccano certi argomenti, si toccano anche certe situazioni poco chiare che possono anche interessare i nostri iscritti. Noi siamo sicuri di fare questa battaglia grazie a questi lavoratori, anche per il bene della nostra economia e di questo settore, ne siamo estremamente sicuri perché questo tipo di organizzazione del lavoro crea dei seri problemi anche di concorrenza sleale tra le imprese, per non dire anche di fenomeni di infiltrazione della malavita organizzata. Speriamo che Confindustria abbia lo stesso coraggio di cominciare ad isolare chi non si comporta correttamente. Quelle imprese appaltatrici devono essere contrastate, devono essere cacciate fuori secondo noi dal nostro territorio, almeno quel tipo di imprese appaltatrici che ci sono adesso. Molti di voi hanno la possibilità, per i ruoli istituzionali che ricoprono, di ricevere e di avere delle informazioni per capire che cosa sta accadendo in quel sito produttivo lì. La Castelfrigo però non può scaricare la responsabilità sul suo appaltatore. Noi questo lo diciamo in modo chiaro, lo diremo, continueremo a dirlo in modo molto fermo. La Castelfrigo non può dire che non sapeva quello che faceva il suo appaltatore, questo signore, Domenico Melone, è lì da quindici anni a gestire queste cooperative e non può non sapere il committente quello che fa il suo appaltatore. Quindi la Castelfrigo sapeva, in questo sistema che cosa succede? Che pagano i lavoratori per le condizioni di lavoro, ma anche economicamente. Mentre le aziende committenti, grazie alla depenalizzazione introdotta all’inizio dell’anno scorso, se la possono cavare con una piccola sanzione, che addirittura può arrivare a 16.666,67 euro nel caso in cui venisse accertata la somministrazione illegale di manodopera. Nello stesso momento una parte di questi lavoratori, che erano all’interno di quel sito produttivo lì, se c’è stato l’eventuale controllo della Guardia di Finanza, che si sono scoperte, perché si sono scoperte in quel sito produttivo lì, come anche in altri, irregolarità nella corresponsione delle retribuzioni, attraverso forme di retribuzione non regolari, cioè finte trasferte, finti rimborsi spesa, accade una cosa molto semplice: l’Agenzia delle Entrate ritorna a riconteggiare tutti gli imponibili e arrivano cartelle esattoriali che superano abbondantemente anche i 30 o 40 mila euro. Questo è quello che sta accadendo e questo è anche quello che sta creando tensione. Chiudo con un altro piccolo aspetto di cui per ora non se ne parla perché speriamo che poi qualcuno lo dica in modo molto chiaro: ci sono ingenti evasioni fiscali, ma soprattutto di IVA e di IRAP perché il committente non paga l’IRAP per questi centoventi e passa lavoratori, il committente addirittura, attraverso la fattura che fa per le operazioni di servizio che riceve tramite gli appalti, va a recuperare l’IVA e l’IVA che dovrebbero versare le ultime ruote del carro non viene versata. Chiudo, qui c’è un problema e spero, perché ormai è da anni che lo stiamo dicendo, non ce la possiamo cavare dicendo: «Succede così ovunque, non possiamo essere i primi ad intervenire».

    Questo sistema è nato a Modena, trova la sua genesi in quel territorio, è nato lì, si è sviluppato, è stato copiato ed emulato in tutto il territorio nazionale. Abbiamo la responsabilità di partire da lì e da qua per migliorarlo.

     

    PRESIDENTE: Donnarumma Daniele della Fai CISL

     

    DONNARUMMA, Fai CISL: Ringrazio la presidenza, gli assessori, i consiglieri presenti per questa opportunità che ci date di esprimere le nostre posizioni. Prima di parlare di Castelfrigo, vorrei portare alcuni dati sul contesto dove noi ci muoviamo. Il comparto carni e salumi del territorio di Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Spilamberto, conta nella Provincia circa 180 imprese e ha una struttura produttiva simile a quella distrettuale, caratterizzata dall’alta presenza di piccole e piccolissime imprese conto terziste. La natura distrettuale del comparto non è stata, però, oggetto di attenta analisi e riflessione, come invece è accaduto per altri importi distretti, quali per esempio la ceramica, il tessile – abbigliamento, il biomedicale. Infatti, non è ancora stata riconosciuta la natura distrettuale del comparto carni e salumi, che spesso viene associato al panorama più eterogeneo dell’industria agroalimentare. Il risultato è una scarsa definizione delle sue caratteristiche peculiari, una limitata visibilità sia all’interno sia all’esterno del territorio. Il comparto, a nostro avviso, merita invece di essere contraddistinto come distretto delle carni per l’elevata concentrazione di imprese del settore, impegnate su lavorazioni altamente specialistiche e strettamente legate le une alle altre a logiche di filiera e di rete produttiva. Il territorio di Castelnuovo Rangone, Castelvetro e Spilamberto è, infatti, il primo in Italia a vantare una tale concentrazione di imprese di lavorazioni carni e salumi e costituisce il centro nevralgico delle reti di scambio e trasporto carni. Si pensi per esempio che ogni giorno oltre duecento camion, provenienti dal nord Europa, entrano nel distretto con carni pronte per essere lavorate. Ciò premesso, in questo contesto si insedia il mondo delle cooperative e delle false cooperative. Queste ultime che danneggiano il sano tessuto produttivo. Un fenomeno quello delle cooperative che, mascherato dalla ricerca di maggiore flessibilità del lavoro, ha, invece, innescato un sistema di una esasperata riduzione del costo del lavoro a favore di una più alta marginalità mistificando costo del lavoro e costo di produzione. Come si diceva prima, come Fai CISL, insieme a Flai CGIL e UILA UIL, già oltre dieci anni, nel 2006, attraverso una grande manifestazione unitaria, denunciammo le criticità di tanti casi di soci lavoratori appartenenti a cooperative che nulla avevano a che fare con il principio previsto dall’articolo 45 della Costituzione italiana, che riconosce la funzione sociale della cooperazione a base mutualistica e senza finalità di speculazione privata. Quei valori oggi sono stati violentati da pseudo cooperative che applicano contratti capestro, statuti e regolamenti interni che, in alcuni casi, prevedono paghe orarie che vanno da 6 a 13 euro omnicomprensivi di tutti gli istituti contrattuali, diretti e indiretti, fermo restando l’utilizzo improprio della trasferta esente come elemento sostitutivo della retribuzione e non aggiuntivo di un disagio effettivamente svolto e documentato dal lavoratore. Le cosiddette cooperative spurie sono società che, attraverso escamotage diversi e variegati, perseguono una serie di obiettivi illeciti, come l’evasione fiscale e contributiva, l’applicazione di contratti pirata, l’illecita somministrazione di manodopera e il caporalato. Parlare di cooperative è un vero e proprio depistaggio lessicale, infatti parliamo di soggetti che occupano prevalentemente lavoratori stranieri, molti dei quali incapaci di leggere e scrivere l’italiano e che, come tali, non hanno mai votato un bilancio sociale, come di norma spetterebbe ai cosiddetti soci lavoratori. A tale proposito, su questo fenomeno e sul tema della legalità, presentammo una nostra piattaforma alle organizzazioni imprenditoriali e alle istituzioni locali per affrontare il problema. La politica, tutta, si era impegnata promettendo un intervento legislativo a livello nazionale. Nel frattempo, però, dopo il nulla di fatto, la Guardia di Finanza nel 2014, attraverso un’ispezione a tappeto denuncia oltre cinquanta imprese, tra committenti e appaltatori e trova 900 lavoratori irregolari in termini di corrispettivi pagati. Con quale risultato? Il risultato è che, con il decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016, si sono depenalizzate le sanzioni amministrative attraverso la conciliazione, offrendo la possibilità di pagare solo un terzo della sanzione. Castelfrigo, pertanto, è solo l’ultimo caso dopo Suincom. Ricordiamo il drammatico omicidio di Ismail, un socio lavoratore della cooperativa Dimac, ucciso, Fimar, Alca Uno, Inalca, e altre imprese di minori dimensioni che ci riportano alla cronaca il problema degli appalti, gestiti da cooperative spurie che conducono capitolati d’appalto sotto costo il cui equilibrio si regge in un sistema di elusione ed evasione fiscale e contributiva che inevitabilmente ricade sui soci lavoratori i quali pagano il prezzo più alto all’interno dell’intero sistema. Questi fatti cosa ci dicono? Ci dicono che a livello politico occorre spingere con forza sulla promozione della legalità prevista dal Testo unico legge regionale. In merito al caso di Castelfrigo, obiettivi comuni tra le organizzazioni sindacali e divergenze sulle modalità, la vertenza Castelfrigo, azienda che a livello organizzativo sindacale come Fai CISL, conosciamo da poco. Ci preme chiarire che non vogliamo diventi il capro espiatorio dell’intero sistema. Questo non significa non volere affrontare il problema, anzi, ma riteniamo che nelle vertenze, in tutte le vertenze, più o meno complicate, non debba esserci l’agnello sacrificale, ma che tutte, come abbiamo fatto dal 2008 in avanti, debbano essere considerate allo stesso modo a fronte di mancanze, violazioni e illeciti. Per questo pensiamo che sulla vertenza Castelfrigo si siano dette e scritte tante cose, forse troppe, che non sempre ci sono piaciute. Non facciamo riferimento alle denunce legittime da parte di un’organizzazione sindacale su illeciti da loro riscontrati, ci mancherebbe! È giusto denunciare quando si hanno gli elementi e le argomentazioni per farlo, sarebbe un errore non farlo. Quello che non ci è piaciuto sono state le provocazioni, gli insulti tra lavoratori indiretti e diretti, appartenenti a diversa sigla sindacale, le offese, le accuse anche infamanti lettere sulla stampa verso la nostra organizzazione volte a denigrare, irritare e provocare reazioni che noi, per senso di responsabilità, in accordo con i lavoratori delegati abbiamo volutamente deciso di non cogliere per non cadere nella trappola di alimentare una guerra tra poveri. Questo però non deve essere confuso come segno di debolezza, non accettare un insulto, una provocazione vuol dire avere senso di responsabilità e lasciare l’insulto a chi gli appartiene. Tutti noi vogliamo la legalità nel settore delle carni, e non solo, valore imprescindibile e incontrattabile. Però è anche giusto precisare cose che, agli occhi di molti, sfuggono e forse sono state male interpretate. La CISL non rappresentava e non organizzava nessun lavoratore di quella realtà, tra lavoratori diretti e indiretti. Le cooperative, oggi discusse, sono presenti in Castelfrigo dalla fine degli anni Novanta. Noi come Fai CISL siamo intervenuti per la prima volta a marzo 2016 su richiesta di alcuni lavoratori diretti, dipendenti della ditta, che fino a quel momento erano rappresentati da altra sigla sindacale. Gli stessi lavoratori lamentavano e dissentivano sulle modalità utilizzate nell’affrontare la vertenza nel 2016, conclusasi poi con l’accordo siglato in prefettura a febbraio dello stesso anno. Contemporaneamente lavoratori delle cooperative si rivolsero alla Filt CISL per le stesse ragioni. Avviate le elezioni a RSU ed eletti tre rappresentanti Fai CISL, con l’inizio di nuove relazioni sindacali, abbiamo rinnovato il contratto aziendale, fermo ormai da diversi anni, con il conseguente risultato di aumento dell’iscrizione all’interno del sito produttivo. Nessun regalo da parte di nessuno, come si è letto sui giornali, affermazione che offende, prima che noi, i lavoratori stessi che liberamente hanno scelto e deciso di aderire a un altro sindacato che poi li ha rappresentati. Nel corso del nostro mandato, e anche nelle ultime assemblee, i lavoratori diretti e indiretti non hanno presentato richieste di intervento per vicende di sfruttamento, maltrattamenti o inosservanza dei diritti più elementari dei lavoratori. Come Filt e Fai CISL ci stiamo e ci siamo preoccupando di tutelare i lavoratori delle cooperative coinvolti, come del resto abbiamo sempre fatto, soprattutto dal 2008 in avanti, inizio della crisi economica finanziaria, cercando di ridurre in prima battuta l’impatto sociale e conseguentemente per permettere ai lavoratori di accedere ed utilizzare gli ammortizzatori sociali previsti dalle leggi vigenti, a seguito della comunicazione definitiva da parte delle cooperative di ridurre l’organico lordo. In merito alla vertenza contro le cooperative ILIA D.A. e Work Service, che ricalcano quanto sopra esposto sul tema della legalità e conseguente perdita di 127 posti di lavoro, come Fai CISL e CISL Emilia centrale, accertate le responsabilità, esprimiamo la totale condanna senza sconti di pena nei confronti della committenza Castelfrigo per non avere vigilato sul rispetto delle regole previste in materia di appalti, allo stesso modo nei confronti delle cooperative coinvolti in termini di sanzioni amministrative, sanzioni penali, eventualmente accertate dalla Magistratura. Concludo, chi ha la responsabilità dovrà rispondere agli organismi competenti, noi come sempre ci porremo sul versante della legalità, senza proteggere nessun illecito, allo stesso modo, però, con la stessa energia ci preoccupiamo della tenuta occupazionale dei lavoratori nel distretto delle carni e quindi anche in Castelfrigo, che auspichiamo continui la sua attività nella legalità e all’interno di un sistema virtuoso. Grazie.

     

    PRESIDENTE: Grazie.

    Do la parola all’assessore Palma Costi per poi dopo continuare con gli altri interventi.

     

    COSTI, assessore: Grazie. Vorrei dire alcune cose che abbiamo fatto e soprattutto anche per esplicitare qual è l’obiettivo che, come Regione, come governo regionale noi ci stiamo ponendo, sapendo bene le tematiche, io ho avuto modo chiaramente di ascoltarle e di conoscerle anche per il ruolo che sto svolgendo. Proprio per questo, noi abbiamo un obiettivo molto preciso e molto puntuale, che sintetizzo in poche parole: noi dobbiamo assolutamente tutelare un settore e i lavoratori che lavorano in questo settore perché è un settore importante per il nostro territorio, abbiamo il compito però di riportare questo settore ad una situazione virtuosa dove la qualità dei prodotti e la qualità delle produzioni bisogna assolutamente che si coniughi con il rispetto del diritto dei lavoratori e noi siamo impegnati (e continueremo a farlo) per superare qualsiasi forma di abuso, che oggi c’è nel sistema degli appalti, per rifiutare qualsiasi elemento di illegalità, che viene riscontrato all’interno di questo sistema e, come tema che per noi rimane importante, lo abbiamo già detto anche l’altro giorno, lavorare per avere una situazione chiara in questo settore e lavorare per questo significa lavorare perché siano favorite le assunzioni dirette del personale da parte del sistema imprenditoriale. Questo è il nostro obiettivo. Per questo noi ci siamo mossi e abbiamo operato su più tavoli. Il primo chiaramente è il tavolo della salvaguardia occupazionale, lo sanno i lavoratori perché ci siamo trovati, in un primo tavolo ero presente io, nel secondo tavolo era presente l’assessore Mezzetti perché, come in qualsiasi situazione, dove esistono dei licenziamenti da parte di imprese, il compito nostro è di lavorare per evitare le procedure di licenziamento. Questo è un tema complicato in questa vicenda, una vicenda che, nella trattazione istituzionale, ha portato alla luce situazioni molto, molto delicate, che secondo noi hanno dato adito a dubbi forti rispetto proprio al tema della legalità, dubbi di cui ci siamo convinti proprio nell’analizzare ulteriori elementi che ci sono stati consegnati anche dalle organizzazioni sindacali, ma non solo. E per questo motivo, oltre a mantenere questa parte di lavoro, che ci compete, oggi voi sapete che è in fase amministrativa, abbiamo ritenuto di procedere anche ad un atto che è quello di avere una consulenza legale per quanto riguarda tutta la parte penale perché qui ci troviamo secondo noi di fronte a situazioni di illegalità molto forte e, sulla base di questo, abbiamo preso contatti proprio con la Procura di Modena, che è chiaramente quella depositaria di questa situazione, per collaborare e soprattutto per far pervenire da parte nostra, quindi come Regione, tutto ciò di cui noi siamo venuti in possesso e tutto ciò di cui potremo venire ancora in possesso. Questo lo riteniamo un atto certamente forte, però crediamo che in una situazione, come quella che si è creata, lo spartiacque debba essere molto chiaro e molto preciso. A situazioni di non legalità, che mettono, come è stato detto, in discussione i diritti dei lavoratori, ma mettono in discussione anche un comparto economico, mettono in discussione anche la tenuta sociale di un territorio, noi crediamo che gli strumenti, che sono chiaramente anche gli strumenti della denuncia penale, siano assolutamente da utilizzare. Quindi questo è stato l’ulteriore elemento cui siamo giunti in perfetto accordo sia io sia l’assessore Mezzetti che, voi sapete, ha la delega per quanto riguarda la legalità con il presidente Bonaccini. È chiaro che in questa vicenda avremo modo di valutare anche altri aspetti, sono stati sollevati problemi di evasione, quindi ci sarà tutta una serie di elementi di contorno che faranno parte di questo lavoro che abbiamo già intrapreso e che porteremo avanti per quanto di nostra competenza fino in fondo.

    Riteniamo che su questo tema però occorra continuare anche altre azioni, stiamo continuando un lavoro che abbiamo iniziato sempre in accordo con il presidente della Provincia Muzzarelli, e il sindaco di Castelnuovo Rangone, che è quello di chiedere ai due Ministeri competenti l’attenzione necessaria e continua rispetto a questa situazione, in modo particolare su una forma che giustamente viene detto sarebbe anche opportuno non chiamare cooperativa perché è qualcosa di diverso dal concetto delle cooperative. Su questo sono già state avviate e sono già state fatte nel passato, l’ha detto chi ha intervenuto prima di me, delle azioni e delle operazioni che hanno avuto anche risvolti ulteriormente delicati, abbiamo avuto modo di parlarne anche nel tavolo istituzionale, crediamo però che l’attenzione rispetto a queste forme, che di cooperativo non hanno nulla, debba essere massima e le ispezioni e le verifiche debbano essere continuative, soprattutto anche molto tassative, cioè in modo tale da bloccare in modo secco operazioni di questo tipo anche dal punto di vista, ripeto, amministrativo, quindi non semplicemente dal punto di vista penale. L’altro tema sul quale occorre assolutamente che si provi a fare un’azione anche di forza è che sia approvata dal Parlamento la norma che prevenga queste forme di aziende, chiamiamole così, queste forme di abuso, poi ci sono altre due cose sulle quali noi stiamo lavorando. C’è un tavolo istituito in Provincia di Modena proprio sul settore delle carni in cui partecipano le parti sociali, noi stiamo partecipando a questo tavolo e credo che sia corretto e giusto continuare e soprattutto rafforzeremo il nostro impegno proprio per riuscire a condividere delle soluzioni sia per tutelare le produzioni di qualità e dall’altro lato per contrastare l’illegalità e soprattutto favorire la buona occupazione, come ho detto all’inizio, perché questo rimane il nostro obiettivo. Credo anche che sia necessario (questo è stato giustamente sollevato anche dalle organizzazioni sindacali, ma abbiamo avuto modo di parlarne anche in altre occasioni e stiamo già provando ad approfondire) capire quali possano essere le azioni e le politiche che possano aiutare il settore a rafforzarsi, eliminando delle distorsioni che oggi ci sono e chiaramente rafforzarsi sul tema della qualità, intesa proprio come filiera, quindi tutte le imprese, ma una qualità che deve poi corrispondere ad una qualità del lavoro e quindi non alle creazioni di situazioni di irregolarità sulle quali ci troviamo oggi a discutere. Termino con un ultimo punto, che sta seguendo il collega Mezzetti il quale poi rimarrà, io mi scuso, io devo essere da un’altra parte, ma l’assessore Mezzetti rimane ed è anche colui che sta seguendo questa parte, vorrei ricordare che la consulta della legalità sta proprio costituendo un tavolo apposito per gli appalti irregolari di manodopera perché questo è uno dei punti sui quali è necessario chiaramente avere una attenzione, una valutazione, una verifica insieme, come tra parentesi prevede sia la nostra legge, ma soprattutto anche il patto che abbiamo stabilito, che è il patto per il lavoro. Quindi per noi quello che sta succedendo in questo comparto è qualcosa di molto, molto serio, stiamo lavorando, vi posso assicurare, con tutti gli strumenti che noi abbiamo. Abbiamo anche ritenuto di fare l’azione, che vi dicevo, sulla parte penale, oltre ad occuparci, e questo lo dico ai lavoratori perché questo è stato oggetto anche dei tavoli, a preoccuparci della sorte di questi lavoratori che chiaramente si trovano, come diceva prima il rappresentante della CGIL, in stato di agitazione da ottobre e che oggettivamente ad oggi rischiano di non vedere un termine positivo rispetto alla loro collocazione. Questo è un impegno che ci siamo presi al tavolo e sul quale chiaramente continueremo a lavorare perché (questo lo diciamo in tutti i nostri tavoli ed è quello che stiamo facendo) il diritto al lavoro per noi è un diritto sacrosanto e soprattutto un diritto regolare e anche molto corretto.

     

    PRESIDENTE: Grazie all’assessore.

    Riprendiamo gli interventi dei sindacati, con il rappresentante della UIL, Rovatti Ennio. Io raccomando di stare dentro i dieci minuti perché abbiamo ancora diversi interventi in modo poi da dare la possibilità dopo di aprire anche il dibattito.

     

    ROVATTI, UILA-UIL: Ringrazio anch’io per la possibilità di esprimersi in questa sede, cercherò di essere molto breve, del resto alcune cose sono state già dette dai colleghi. Io partirei con il ridefinire, semmai ce ne fosse bisogno, la tipologia del problema che abbiamo di fronte, che è un problema estremamente diffuso tra gli operatori economici del comparto e assolutamente consolidato. Io credo che i primi casi risalgano a forse più di venti anni fa e in tutti questi anni questa prassi è stata gestita, è una situazione fortemente radicata sulla quale intervenire. Si diceva prima alcuni provvedimenti: la depenalizzazione, certamente hanno spinto dalla parte opposta a quella da noi desiderata, ci sono stati anche provvedimenti che, invece, in questi vent’anni sono andati nella direzione opposta, aiutando, per quanto possibile, per esempio la Legge Biagi fu di un certo aiuto, l’ultima legge sul caporalato, noi crediamo e speriamo possa essere d’aiuto. Tra queste voglio metterci anche il patto per il lavoro, stipulato dalla Regione con le parti sociali. Sono interventi che, nel frattempo, sono intervenuti ma che sono assolutamente insufficienti per governare questo fenomeno. Io non farò alcun nome delle aziende, ho sentito fare nomi con una certa faciloneria, quindi mi astengo dal fare nomi, anche perché uno dei rischi, che abbiamo di fronte, se non percorriamo una logica sistemica, è di creare dumping contrattuali, quindi ulteriori distorsioni del mercato ed ulteriori tensioni. Quello a cui dobbiamo tendere in realtà è anche una crescita delle nostre aziende, se in quel di Castelvetro, per la verità a pochi chilometri da Castelnuovo, esiste un’azienda nella quale sono impegnate un migliaio di persone che sono dipendenti e vedono loro attuati i contratti di settore, dell’industria alimentare questa è una grande ricchezza per il territorio, è una grande ricchezza per i lavoratori. Quindi la nostra finalità, quando rivendichiamo l’applicazione delle normative alle singole voci che costituiscono il quadro normativo del lavoro, tiene presente il bisogno di crescita economica, con tutto ciò che si porta dietro: crescita sociale, crescita culturale che il settore deve continuare a sviluppare. Questa contrapposizione tra queste due cose è assolutamente da non percorrere, se ci sono aziende floride, mi viene da dire, meglio così per gli imprenditori, ma dal mio punto di vista soprattutto per i lavoratori che rappresentiamo. Quindi non c’è una dicotomia rispetto alla crescita dei contratti e allo sviluppo economico, mi sembra assolutamente da respingere. Quello che servirebbe è una migliore ridefinizione degli appalti, i requisiti che devono avere perché i concetti di cooperativa spuria, i concetti di buona occupazione sono concetti che noi affrontiamo tutti i giorni e li esprimiamo in questo modo, il modo di esprimersi dell’istituzione è di dare un quadro normativo a questi concetti, dal punto di vista del Legislatore ci deve essere una migliore definizione, stabilendo criteri, stabilendo parametri, stabilendo requisiti e oggettivamente sono state presentate in Parlamento da parte di corpi intermedi alcune proposte che non credo nemmeno mai state discusse o comunque non sono certamente arrivate alla fine del loro iter né lo arriveranno dal momento che il periodo, che abbiamo di fronte, non è dei più proficui per l’emanazione di nuove normative.

    Ci deve essere la capacità del pubblico di intervenire nel rispetto delle leggi. Io credo che la certezza della pena sia uno dei tratti distintivi di uno Stato di diritto e questa non deve venire a mancare. Personalmente mi preoccupa anche un po’ che ci siano spazi per ulteriori interventi a favore della individuazione di comportamenti discostanti rispetto alla legge perché, se c’è questo spazio c’è, se qualcuno ha la possibilità di intervenire con maggiore efficacia, la cosa che mi fa pensare è che probabilmente questa maggiore efficacia poteva essere spesa anche prima, nella logica del servizio pubblico, del normale rispetto anche da parte di Enti pubblici dell’intervento sui fatti economici e sui fatti sociali – contrattuali.

    Se noi fossimo sorretti da una legislazione diversa, da una maggiore capacità di intervento del pubblico nel fare rispettare le normative, saremmo anche favoriti nel confronto sociale tra organizzazioni sindacali e organizzazioni datoriali, di natura privata o cooperativa; strada che in realtà stiamo già tentando con grande difficoltà, si fa ogni tanto riferimento al confronto del 2006, ma è altrettanto vero che un confronto è stato avviato anche negli anni precedenti ad oggi ed è altrettanto vero che questa strada può essere percorsa da tutti quanti se ciascuno, per la propria parte, riesce a metterci un plus di responsabilità. Faccio soltanto un esempio (e poi chiudo), è abbastanza curioso che si pretenda che un settore, su una base normativa, dall’oggi al domani, dalla sera alla mattina riesca a raddoppiare i costi di produzione. Un percorso, che tenda al raggiungimento di questa situazione, immagino debba avere una sua gradualità dal momento che, come dicevo prima, una certa situazione è ben consolidata. Allora se le parti sono nelle condizioni di assumersi delle responsabilità, condividendo anche soluzioni che momentaneamente potrebbero essere non delle migliori, non delle più piacevoli, allora sì ci può essere la possibilità di un confronto tra le parti sociali, che credo sia la via maestra nella soluzione di questo. Se, invece, non c’è questa responsabilità, esprimo il timore che cercare di inseguire di volta in volta questo o quel soggetto economico rappresenti una strada che possa non garantire alcun tipo di successo. Grazie.

     

    PRESIDENTE: Grazie.

    Ora diamo la parola a Martin, che è un rappresentante dei lavoratori dipendenti delle cooperative. Va detto che diversi gruppi avevano già incontrato rappresentanze dei lavoratori, che erano venuti in manifestazione qui sotto la Regione alcune settimane fa e l’audizione di oggi ha preso spunto e il via proprio da quei momenti di confronto e di incontro perché, in una fase successiva, in ufficio di presidenza, capigruppo poi l’argomento è stato riaffrontato e diversi gruppi hanno sollecitato questo incontro. Quindi ho ricevuto proprio una comunicazione dalla presidente Saliera a organizzare, unitamente al collega presidente della Commissione quinta, questo momento di ascolto e di audizione.

     

    BLLIKU, RSA CGIL ILIA D.A. soc. coop: Sono Martin, lavoro per una delle cooperative all’interno di Castelfrigo, si chiama Ilia D.A.; è da anni che lavoriamo lì dentro, cambiando sempre le cooperative, però io devo parlare dal 2016 in poi perché vedo che è una storia lunga, se comincio a dire tutte le cose qua. Abbiamo lavorato dodici ore lì dentro e sappiamo come hanno messo nelle buste paga tutte le cose lì, come permessi, gli straordinari e trasferte e tutto il resto. E poi sappiamo come è finita con gli straordinari, i nostri lavori, che abbiamo fatto lì dentro a Castelfrigo, ai ragazzi sono arrivati dall’Agenzia delle Entrate di pagare dei soldi, 30, 40, 50 mila euro. L’abbiamo anche qua, senza sapere queste cose, perché siamo tutti stranieri lì dentro. E non sapevo che questa cosa doveva arrivare alla fine noi a pagare, nessuno sapeva. E nessuno diceva niente. Allora comincio dal 2016, da quel famoso precontratto che abbiamo fatto in prefettura a Modena, firmato da tutte le parti, compreso Castelfrigo. Dal 2016, febbraio 2016 è cominciata un’altra storia lì dentro, hanno cominciato a dividere in due parti là dentro perché, da dopo che è entrato l’altro sindacato dentro lì, che l’hanno chiamato e noi lavoratori ne abbiamo chiamati altri per entrare dentro, perché anche gli altri sono nostri fratelli e cugini, tutti quelli che sono dall’altra parte, per fare scontro. È cominciata la storia, noi ci mandavamo a casa. Due ore, tre ore al giorno, quattro ore al giorno, cinque ore al giorno, sei ore al giorno e, quando avevano bisogno, ci tenevano dieci, undici ore. Per noi non c’era lavoro, che abbiamo alzato la testa a chiedere i diritti e per l’altra parte c’era il lavoro da fare, compresi i dipendenti di Castelfrigo, che cominciavano dalle sei di mattina fino alle sei di sera, sei e mezzo di sera. Per loro c’era il lavoro e per noi no. Ci mandavano a casa con due ore, tre ore, cinque ore a casa: «A mezzogiorno andate a casa», dieci minuti veniva il responsabile: «A mezzogiorno andate a casa, al pomeriggio non c’è lavoro per voi», gli altri stavano a lavorare, dodici ore, compreso il sabato. Dieci ore, anche domenica loro ogni tanto. E poi come le facevano a pagare quelle ore straordinarie a quegli altri là? Dodici ore di lavoro come le pagavano? Sono già state fatte le denunce, una decina, anche di più, hanno portato tutti i documenti dalla Guardia di Finanza e dall’Ispettorato del Lavoro ma nessuno se ne frega, per il momento. È da due anni che va avanti questa storia, il responsabile di Castelfrigo ci ha chiamato una volta, l’unica volta che ci ha chiamato tutti quanti, i facchini e i dipendenti e ci ha detto: «Cambiate la testa, andate al posto giusto», ci sonò dei video, ci sono tutte le cose fatte. Possiamo fare anche vedere quello che hanno detto: «Se non fate cambiare la testa, la porta è aperta», così ci hanno detto. Abbiamo aspettato l’accordo della Prefettura, con pazienza, andare anche due ore, tre ore, quattro ore senza parlare, andare a casa senza parlare e alla fine per andare avanti con questo accordo, che hanno firmato, perché hanno firmato per fare in due, tre, quattro fasi, non so com’era, non li facevano mai. Abbiamo dimenticato che c’era da fare quell’accordo lì. Siamo arrivati ad agosto, il commercialista è stato male, si è dimenticato che doveva fare il nuovo contratto che abbiamo firmato in prefettura. Si sono rotti i computer e non trovavano più le cose. Bugie su bugie. E noi paghiamo. Paghiamo questi qua che arrivano, se non li paghiamo, siamo stranieri, eh, ci mandano a casa, non so come funziona, non ci danno i permessi. Non ci danno i permessi. A me mi portano in aereo in Albania, se non pago. Se non pago, questo si sa come va, ogni due, tre mesi avrò di più da pagare. Chi li paga questi soldi? Non li abbiamo guadagnati questi soldi qua noi, 40, 50 mila euro non li abbiamo guadagnati. È per questo che ci siamo alzati, non ce la facevamo più e siamo usciti fuori a settembre perché abbiamo capito ormai che questi qua dicono solo bugie e non vogliono fare accordi, non li vogliono fare gli accordi. E siamo stati noi del Castelfrigo di fare questa cosa qua, ma non è solo Castelfrigo così, è tutto il comparto di carne, solo cooperative, cambiano ogni sei mesi, ogni anno. Non è solo Castelfrigo, ma Castelfrigo si è trovato noi che siamo diventati pazzi adesso, non ce la facciamo più a lavorare come vogliono loro. Vogliamo tornare a lavorare come si deve, rispettando le regole, siamo fuori chiedendo legalità, la nostra dignità perché siamo pronti a tornare a lavorare, ma come si deve perché non è possibile che i dipendenti di Castelfrigo lavorino dentro e guadagnano quello che devono guadagnare, anche quelle ore straordinarie lo sanno loro come le prendono? Andate a guardare. Perché hanno detto nei giornali che noi diciamo le bugie, non è vero che diciamo le bugie. Sono loro che dicono le bugie! Non vogliamo chiudere Castelfrigo, no, noi vogliamo tornare a lavorare. Castelfrigo lo chiudono loro, che prendono i soldi in nero, fuori busta. Due bonifici gli fanno, busta paga e dopo due giorni le cooperative gli danno degli altri soldi dietro e i dipendenti di Castelfrigo i soldi li prendono in nero. Una vita che hanno preso i soldi in nero, una vita. Abbiamo lavorato ha detto uno di questi di Castelfrigo spalle a spalle, aveva ragione il dipendente di Castelfrigo, abbiamo lavorato spalle a spalle, ma andate a guardare la busta paga di questi qua, ce le hanno 250 ore in busta paga? Le 300 ore che hanno fatto? Andate a guardare, dove ce li hanno soldi? Come li hanno guadagnati questi soldi qua? Noi siamo dei bugiardi? No. Abbiamo lavorato dodici ore, tredici ore lì, come hanno detto loro, come volevano loro, sabato e domenica. Non siamo dei bugiardi, non vogliamo chiudere nessuna azienda. Vogliamo lavorare come si deve, come lavorano i dipendenti di Castelfrigo? Guadagnano quello che devono guadagnare, hanno dei contratti come si deve, noi perché no? Lavoriamo spalla a spalla o no? Noi perché no? Perché loro devono guadagnare come si deve e noi no? Vogliamo la nostra legalità, nient’altro, lavorare come si deve, non vogliamo nient’altro. Chiediamo di lavorare, come si deve. Grazie.

     

    PRESIDENTE: Grazie a lei, Martin.

    Proseguiamo ora con l’intervento di Confindustria, il dottor Rusconi.

     

    RUSCONI, Confindustria E-R: Faccio una domanda retorica, in primo luogo la faccio a me stesso, cui prodest? A chi giova questo tentativo di scontro cui stiamo assistendo? Scontro tra i lavoratori delle due diverse “compagini”, paventato scontro tra organizzazioni sindacali, scontro tra organizzazioni sindacali e datori di lavoro con al centro l’impresa e il lavoro. Non giova a nessuno, questo è evidente. Qualcuno prima ha detto: «Confindustria continua a tacere e non prende posizione». Confindustria non è che continua a tacere e non prende posizione, Confindustria avrebbe fatto un errore molto grave nell’escludere Castelfrigo dalla propria associazione perché a chi avrebbe giovato quell’azione? Avrebbe giovato ai lavoratori? Avrebbe giovato al sistema? Avremmo risolto il problema escludendo la Castelfrigo da Confindustria? Credo proprio di no. Credo proprio che non avremmo ottenuto quello che credo che qui tutti vogliamo provare ad ottenere come obiettivo, cioè di riportare a legalità un sistema che evidentemente è uscito dal binario. E Confindustria non ha le bacchette magiche. Confindustria cerca, con fatica, in un mondo che cambia molto velocemente, di indirizzare le proprie imprese verso alcuni paradigmi e alcuni di questi paradigmi sono quelli che abbiamo condiviso con questa Regione nell’ambito del testo unico della legalità. Confindustria non può imporre alle aziende comportamenti, suggerisce, consiglia comportamenti affinché questi comportamenti siano coerenti con la legalità e il rispetto delle norme di legge. Quindi, quando Confindustria ha sottoscritto un protocollo con tutte le organizzazioni di impresa nell’ambito della legge sulla legalità per la diffusione di alcune buone pratiche, per esempio la certificazione dei contratti, quando Confindustria ha condiviso con il Ministero degli Interni il rating di legalità e l’ha diffuso presso le proprie aziende, ma non può imporre alle aziende di certificare i contratti e fare domande per il rating di legalità, lo promuove, lo suggerisce. Confindustria ha assistito questa azienda nell’accordo, che prima è stato citato, per riportare una situazione, che non era nella legalità verso un sistema che potesse vedere un’applicazione del contratto collettivo nazionale, quello dell’alimentare. Cioè questo è quello che può fare Confindustria, Confindustria non è Autorità giudiziaria. L’Autorità giudiziaria è già stata coinvolta, come prima l’assessore ci ha riferito. Quindi questo lo dico per sgombrare il campo dal tentativo, spesso italiano, di mettere gli uni contro gli altri. Credo che non serva a nessuno mettere gli uni contro gli altri, credo che non risolva i problemi che sono stati ampiamente illustrati in questa sede e credo che, invece, sia utile, e questa occasione è ancora più utile, mettere sul tavolo le problematiche e vedere come ognuno di noi può, con il proprio sforzo, il proprio lavoro, contribuire a riportare questo tema nell’alveo della legalità. Questo credo che sia utile, non dire quello che non ha fatto qualcun altro, cosa avrebbe dovuto fare qualcun altro.

    Ciò premesso, informo le Commissioni su quello che noi stiamo continuando provando a fare con questa azienda perché, peraltro, è già stato evidenziato, non è mica solo la Castelfrigo il problema. Non è mica solo di un’azienda il caso di cui stiamo parlando. Qui purtroppo, ed è già emerso, è un problema di filiera del settore. Qui purtroppo gli attori da chiamare dovrebbero essere diversi, qui purtroppo il tema è nazionale, non ce la caviamo solo con il modenese. Qui purtroppo il tema coinvolge anche la grande distribuzione che determina il prezzo del prodotto finale. Gli attori da coinvolgere sarebbero diversi. E sicuramente forse questo non sarebbe il tavolo sufficiente per poter affrontare adeguatamente il problema. Noi qui possiamo fare un pezzo, possiamo mettere un piccolo tassello per trovare a ricomporre quella che banalmente è stata definita da alcuni una semplice controversia sindacale. Non è una controversia sindacale, ma non può neanche essere un’occasione per dare luogo a fenomeni di violenza e di contrapposizione. Questo è un problema che deve necessariamente vedere inizialmente e assolutamente il tentativo di ricondurre dentro l’azienda l’applicazione di un contratto che non può essere altro che quello effettivo del settore, non di altre fattispecie. Purtroppo un primo tentativo è stato fatto, ma non è andato a termine, non voglio entrare nei dettagli del perché quel tentativo del febbraio scorso non si è completato, le ragioni possono essere diverse, potrei stare anche qui a raccontarvi le ragioni per cui l’azienda ha fatto un passo indietro, ma non è questa la sede per la polemica. Noi proviamo e proveremo e continueremo a provare non a mandare via la Castelfrigo da Confindustria o altre aziende da Confindustria, anzi, cercheremo e combatteremo fino in fondo per provare a tenere queste aziende all’interno di Confindustria affinché siano in linea con i dettami, con i principi, con i canoni di Confindustria. Solo stando dentro ad un sistema, possiamo provare a tenerle dentro la legalità. Se le lasciamo fuori da questo sistema, evidentemente dopo il rischio qual è? La chiusura? La delocalizzazione? L’accentuazione dei fenomeni della malavita? Questo è il rischio. Dobbiamo avere la consapevolezza che il percorso deve coinvolgere anche altri soggetti e il settore delle carni è un settore molto delicato: la qualità, il prezzo, la qualità del prodotto, il servizio, la logistica. Quindi non ce la caviamo solamente: «Vogliamo parità di diritti», dobbiamo avere la consapevolezza che stiamo ragionando su un mercato. Arrivo alle conclusioni per non portare via troppo tempo. Io confermo all’assessore Mezzetti, con cui mi interfaccio, visto che ho preso un impegno, come Confindustria con l’assessore rispetto al percorso che lui ci ha proposto in prima istanza e poi attuato con la legge sulla legalità, di lavorare con la Regione su quei tavoli per trasferire alle nostre aziende quelli che sono gli obiettivi che quei tavoli vogliono portare avanti, passo dopo passo, cercando di ripristinare l’applicazione in primo luogo di un contratto collettivo e cercando di evitare forme di violenza nell’ambito del luogo di lavoro.

     

    PRESIDENTE: Grazie.

    Ultimo intervento è dell’Alleanza Cooperativa e credo non potesse mancare la voce del movimento cooperativo anche se, ribadiamo, nessuna delle cooperative in oggetto è associata alle tre centrali cooperative di Alleanza Cooperativa, ma credo che politicamente fosse opportuno comunque sottolineare, dare quindi la possibilità di portare la voce della cooperazione che è cresciuta, come tutti noi sappiamo, con principi e valori ben diversi da quelli che abbiamo sentito raccontare anche oggi. La parla al dottor Monziani Alessandro.

     

    MONZIANI, Confcooperative Modena: Grazie, presidente. Grazie alle consigliere e ai consiglieri, agli assessori, ai rappresentanti dell’Agenzia per il Lavoro. È però imbarazzante questa introduzione, che lei ha fatto, perché è vero, non abbiamo cooperative coinvolte però in questo momento dire che non si è coinvolti rischia di essere piuttosto stucchevole e comunque inadeguato. C’entriamo come cittadini, c’entriamo come persone che vivono su un territorio che vive questo problema molto grave. Ricordiamo tutti con imbarazzo cosa è capitato poco tempo fa con il caso Emilia, ci siamo tutti alzati una mattina, non tutti forse per la verità, e abbiamo scoperto cose molte gravi sul nostro territorio. Sarebbe opportuno che non capitasse anche questa volta. Poi io faccio fatica a dire come. Stiamo parlando di cooperative non cooperative, la Fondazione del Monte, che è una Fondazione, promossa dal movimento cooperativo nel 2016, ha fatto una ricerca sul settore (poi ve ne lascerò qualche copia) da cui emergevano dei dati molto imbarazzanti. Cooperative che aprono e chiudono periodicamente, amministratori che sono gli stessi, pratica dell’amministratore unico che non è vietata, ma non è simpatica, grande numero di cooperative non associate al sistema cooperativo, non sottoposte alla revisione biennale, che non è la panacea, però è già qualche cosa. Questo però è noto da decenni, io facevo parte del comitato provinciale INPS negli anni 90 – 2000 e la pratica delle imprese, non cooperative, che ogni poco tempo chiudevano era diffusa e conosciuta e il tempo era determinato da quanto ci metteva l’INPS a scoprirle. Se l’INPS era molto veloce nell’iscrivere le imprese, l’azienda durava meno, in alcuni territori era un po’ più lenta e l’azienda durava di più. Questo è il mercato. Non è possibile secondo noi risolvere la questione impresa per impresa, tutte le volte che questo è stato fatto, sono successi dei problemi. È inutile citare i casi. Noi abbiamo proposto, come associazione cooperativa, ai sindacati di fare un percorso sindacale che portasse a un protocollo da applicare in tutti i casi dove c’erano imprese committenti e appaltatrici, che ne avevano voglia, per uscire da questa situazione, per dare un percorso e una sponda cui appoggiarsi. Io ricordo quando in Provincia di Modena è stato citato l’accordo Castelfrigo e il nostro presidente diceva: «Quell’azienda è in difficoltà, è da sola, ha fatto un passo importante però è in oggettiva difficoltà», vediamo com’è la situazione oggi. Secondo noi non se ne può più uscire da soli. Che cosa vi proponiamo? Noi intanto vi proponiamo di capire cosa succede. Io, che sono un perfetto ignorante perché mi occupo solo di relazioni sindacali e, al massimo, mangio un po’ di carne, io vi dico che non ho mica capito qui dentro che cosa succede. È veramente un settore che ha delle criticità? Qualcuno ce lo dice, anche da parte sindacale, dall’altra poi ci dicono che “legano i cani con le salsicce”, ma allora qual è la situazione? Non possiamo arrivare ad avere un punto comune? Abbiamo delle università che studiano questo, possiamo metterle al lavoro? Magari velocemente e gratis. Noi non siamo per fare beneficenza ai ricchi, che è un atto che fa schifo ed è immorale. Se però il settore ha bisogno, diciamo: «Mettiamoci mano e vediamo quelli che solo i bisogni». Per questo rilanciamo il tema di cui vi ho detto prima: proviamo a fare un accordo sindacale tipo, che faccia emergere queste situazioni, che dia la possibilità a coloro che vorrebbero stare in regola e magari fino ad oggi non ci sono stati, io non voglio fare processi, non voglio andare a vedere come stanno fino in fondo le questioni, poi se ci sono degli aspetti penali andranno perseguiti, però chi vuole uscire da questa situazione deve avere qualcuno che gli tende una mano e lo fa uscire. Se è una questione strumentale, la mano invece deve servire per affogarlo, usando una metafora un po’ cruenta perché non ci sono mezze misure, ma chi ha la volontà di uscire da questa situazione deve poterne uscire. Bisogna creare le condizioni per questo, bisogna certificare i contratti, certifichiamo i contratti, certifichiamoli bene, non solo formalmente, bisogna che gli organi periferici dello Stato siano presenti. Ovviamente ci sono, ho usato un termine improprio, bisogna che siano più coinvolti, ma non solo gli organi periferici, ma bisogna che lo Stato centrale ci sia, non l’ITL, ma il Ministero del Lavoro, non l’Agenzia delle Entrate, ma il Ministero delle Finanze, non la Questura ma il Ministero dell’Interno, questo territorio, che qualcosa dà allo Stato, oggi ha bisogno di avere qualche cosa indietro. Non voglio entrare in discorsi grevi e anche fuori luogo in questa situazione, noi siamo un territorio orgoglioso, lo dico da modenese, noi emiliani ci sentiamo spesso un po’ i primi della classe, dobbiamo avere anche l’umiltà di dire, come è stato detto, «Abbiamo bisogno» però chi ci può dare una mano ce la deve dare secondo noi. E bisogna agire utilizzando gli strumenti che ci sono, è vero che c’è stata la depenalizzazione, ma la responsabilità solidale esiste, si può usare e va a toccare il portafoglio dei committenti disonesti, che fanno più fatica a scappare delle imprese appaltatrici disoneste. Se si prende il caso Castelfrigo, di cui io non parlo perché conosco solo quello che ho letto sui giornali e voi non avete bisogno di sentire quello che è stato letto sui giornali, se si prende questo caso e se ne fa una bandiera in un senso o nell’altro, secondo noi si sbaglia. Si è andati troppo oltre, per quei lavoratori oggi è difficile trovare una ricollocazione in blocco, ma quale impresa onesta e con un po’ di sale in zucca, di intelligenza va a infilarsi in una situazione di questo tipo? Ma chi lo fa? Come possiamo dire noi alle nostre imprese: «Entrare in questo settore» in queste condizioni? Ma sono saltate le imprese che hanno fatto questo. E questo non va bene, non si può fare. Noi come rappresentanti di associazione non lo possiamo fare e lo diciamo con la morte nel cuore perché è una situazione grave, che richiede coraggio, che richiede inventiva, che richiede intelligenza. Però non potete chiedere a delle imprese, che tentano di vivere la loro vita affannosa nei servizi in questo momento, di entrare in quel settore. È stata presentata dal movimento cooperativo, con la firma di tante persone, che sono anche qui dentro, contro le false cooperative, è una riforma che non andrà in porto in questa Legislatura. Però, guardate, noi siamo troppo abituati a trincerarci dietro le leggi che non ci sono, noi dobbiamo fare con quello che abbiamo, finché non le abbiamo. Io ho un’età e anche se non condividevo quella linea politica, mi ricordo i pretori d’assalto degli anni Settanta, quelli combattevano l’inquinamento dei fiumi con le leggi a tutela della pesca. Lo ricordate? Qualcuno se lo ricorda? Ora, non voglio mitizzare quel modello, le leggi vanno fatte. Le leggi, che ci vogliono, vanno fatte però questo è il momento in cui non possiamo dire: «Aspettiamo le leggi». Non voglio dire che ci ha citato la mancanza di leggi, abbia detto questo, non voglio essere frainteso in questo mio discorso, però dobbiamo fare oggi quello che possiamo, sapendo tutti che il livello regionale è un livello purtroppo con armi spuntate, quando abbiamo fatto la legge sulla legalità ce lo siamo detti: «Non è questo il livello dove alcune cose si possono fare», però quello che noi possiamo fare lo dobbiamo fare. Il movimento cooperativo di Modena e regionale è disponibile questa parte a farla. Credo di essere stato nei dieci minuti, presidente.

     

    PRESIDENTE: Con questo intervento concludiamo gli interventi iniziali, che avevamo programmato. Intervengono adesso i consiglieri che ne fanno richiesta.

    Iniziamo dal consigliere Alleva. Prego di trovare un punto di equilibrio tra le tante cose da dire e la necessità di fare parlare tutti.

     

    ALLEVA (L’altra Emilia Romagna): Presidente, vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni problemi di principio perché in questa materia è necessario, come si dice, prendere il sacco dalla cima altrimenti rischiamo di cadere nella deprecazione di cattivi comportamenti di questa o di quell’impresa. Andiamo alla radice del problema. Il problema dell’utilizzo peggiore delle cooperative spurie non sta nella legislazione cooperativa. Il problema sta nella legislazione dell’appalto, nella nozione dell’appalto. Posso essere più preciso? Sta nell’articolo 29 della legge n. 276/2003, altrimenti conosciuta come Legge Biagi, legge che ha superato una legge che costituiva (io l’ho scritto) la stella polare del diritto del lavoro italiano, cioè la legge n. 1369/1960 in materia di appalti. Questa legge aveva al suo centro un principio importantissimo, sacrosanto, evidente: è datore di lavoro se utilizza effettivamente la prestazione lavorativa. E questa legge dichiarava illegittima ogni situazione nella quale qualcuno si interponeva nell’interposizione tra datore di lavoro e il lavoratore. Oggi si parlerebbe forse di intermediazione. Vietava l’appalto di mera manodopera, l’appalto è qualcosa che viene gestito da un’impresa, un’impresa che ha un rischio e che ha un’organizzazione e che ha dei mezzi. Quindi chi somministra soltanto manodopera fa qualcosa che era illegittimo allora ed era anche un reato, allora, con la conseguenza dal punto di vista civilistico che coloro che lavoravano effettivamente erano dipendenti immediatamente del committente. Questa, dicevo, è stata una stella polare del diritto italiano e una legge che, per molti anni, ha consentito quanto meno a livello di principio di avere trasparenza, onestà. Tra l’altro c’era anche dentro un’ipotesi bis, altrettanto importante, l’appalto interno, quando diceva che l’appalto era pur vero ma dentro il ciclo produttivo di un’altra impresa, tutti e due, committente e appaltatore erano tenuti solidalmente perché i dipendenti dell’appaltatore avessero un trattamento non inferiore a quelli del committente, una norma di una saggezza enorme perché automaticamente selezionava gli appalti necessari per motivi di specializzazione produttiva da quelli non necessari a titolo speculativo. Il problema dove stava? Avviciniamoci alle cooperative. Che questo appalto di mera manodopera, vietato in quanto tale, però faceva i conti con delle situazioni di appalti labor intensive, pulizie, facchinaggio, che consistono di per sé queste azioni nelle quali il capitale impiegato è minimo. E imprese di questo tipo sono spesso le cooperative di servizi evidentemente, eppure questa legge, dopo avere vietato l’appalto di mera manodopera, conteneva tre parole sante: «È vietato appaltare prestazioni di manodopera anche attraverso cooperative». E allora che cosa significava? Cosa significava lo disse una bella sentenza della Corte di Cassazione, dicendo questo: «L’appalto in certe situazioni, in certi lavori, in certi servizi può essere anche ad alta intensità di manodopera e a bassa intensità di capitale, ma non viola il divieto dell’appalto di mera manodopera nella misura in cui si esprima in questa organizzazione, comunità di lavoro un know-how particolare che il committente non potrebbe raggiungere attraverso suoi dipendenti diretti». Ricordo questa sentenza perché fu famosa, era il Comune di Palermo il quale aveva dato un appalto informatico, che era il tipico appalto a bassa intensità di capitale rispetto alla manodopera. E la Cassazione si poneva il problema, ma poneva anche una domanda: «Questa cooperativa che cosa dava in più, quale know-how dava al Comune, che non avesse potuto procurarselo da sé?», siccome nel concreto non c’era prova che desse qualcosa in più, lo giudico illegittimo. Con quale conseguenza? Che quei lavoratori dovevano ritenersi dipendenti del committente. Quando noi affrontiamo questi problemi e il problema delle cooperative di servizio, dobbiamo fare esattamente la domanda che fece allora la Corte di Cassazione: «Mi spiegate qual è il know-how specifico che una cooperativa di lavoratori, che non si conoscevano, che non hanno una particolare organizzazione, che appartengono anche ad etnie diversissime, può avere rispetto al fatto che quei medesimi fossero assunti direttamente dall’impresa committente?», se la risposta è negativa, e mi gioco qualcosa che è negativa, la risposta è la stessa della legge n. 1369/60, queste persone in realtà sono dipendenti del committente perché quell’appalto è appalto di mera manodopera in quanto non esprime un valore aggiunto diverso. Questo almeno diciamo è la costruzione alla quale noi siamo abituati, ma che ancora ritorna, è ancora presente, c’è una sentenza del febbraio del 2017 della Cassazione che la riprende. L’articolo 29 della Legge Biagi ha cercato di insinuare questo concetto: la differenza tra somministrazione, che resta vietata, a meno che non la faccia l’agenzia, e l’appalto sia data dal fatto che, mentre l’agenzia affitta lavoro, si organizza l’utilizzatore, invece nell’appalto, anche di manodopera, questo lavoro è organizzato dall’appaltatore, cioè c’è l’elemento della direzione. Di talché noi oggi siamo abituati, di fronte a cooperative di servizio, a porci questo problema: «Chi li comanda questi?», se li comanda un funzionario o un capo squadra della cooperativa, allora la giurisprudenza dice che va bene o, adesso fatto, li comanda un capo squadra committente? Perché, se è la seconda, allora siamo in piena interposizione vietata perché sarebbe come se questa cooperativa facesse da agenzia di somministrazione senza avere evidentemente l’autorizzazione a farlo. Questa è un’interpretazione riduttiva ed ingiustificata perché la differenza tra l’appalto di interposizione non passa dal fatto direttivo, la direzione comunque non è gestione, non è rischio, ma è un fatto tecnico. E questa è la prima cosa che dobbiamo avere bene chiara, se non torniamo a chiarire questo punto, non riusciremo mai a risolvere il problema che, infatti, è nato e si è diffuso ed è dilagato quando, con la Legge Biagi, si è eclissato il principio presente nella legge n. 1369. Poi vi sono altre cose che, invece, riguardano le cooperative, ed è il secondo livello. Noi abbiamo avuto una legge in Italia importante, la n. 142/2001 la quale finalmente assumeva questo concetto, che esistono due rapporti: un rapporto associativo con il quale io, lavoratore, mi creo il mio datore di lavoro e poi un rapporto di lavoro che ho con lui. Normale nella cooperazione, lo sottolineava Galgano, nella cooperazione di consumo io, soggetto, ho due funzioni: una, mi costruisco il mio venditore e poi, come consumatore, faccio con lui dei rapporti. Questa legge fu subito modificata dall’articolo 30 della legge delega, che poi diventò la Legge Biagi e si tornò a dire che non era distinto questo rapporto associativo rispetto a quello e quindi? E quindi tutto il diritto del lavoro veniva messo in realtà tra parentesi nel rapporto di lavoro del socio lavoratore. E non dovevano essere più necessariamente applicati i trattamenti economico normativi dei contratti collettivi, ma, come diceva la legge di modifica, sono i minimi tariffari, che è tutta un’altra cosa e sempre con possibilità regolamentare, nel regolamento interno di avere regolamentazioni e previsioni per situazioni di crisi o di altro genere. E di qua si è aperto, grazie a questo, grazie al fatto che il rapporto non è un rapporto di lavoro subordinato vero, ma dall’altro che nessuno può garantire e garantisce la effettiva di un rapporto associativo (ecco la cooperativa spuria, la cooperativa dove non si fanno le assemblee, dove le assemblee vengono fatte solo per finta, si fa un verbale dove appunto la vita associativa e mutualistica non esiste). Ci fu una giurisprudenza molto interessante, la giurisprudenza pisana la quale appunto partiva da questo concetto, dicendo «Anche il contratto associativo (questo è un punto difficile in dottrina) può essere simulato perché, se non vi è la causa mutualistica, il contratto è simulato e quindi quel rapporto, comunque tu lo voglia definire, è un rapporto di lavoro subordinato», è la cosiddetta giurisprudenza Senese, Salvatore Senese che fu anche un presidente di sezione della Corte di Cassazione Lavoro. Io questo lo ricordo per dire che, quando si dice “le leggi”, le leggi sono molto importanti, noi dobbiamo capire da dove passano questi fenomeni, come hanno volontariamente aperto degli spiragli nel 2003 con la Legge Biagi a questo tipo di fenomeni. Siamo alla seconda questione. Primo, l’appalto di mera manodopera, l’appalto a bassa intensità di capitale e alta densità di manodopera. Secondo, la vita democratica mutualistica interna c’è o non c’è? In terzo luogo, si dice molto spesso che l’arma segreta delle cooperative spurie (e qui abbiamo un bell’esempio) è quella di sparire dopo avere lasciato debiti, illeciti, imbrogli e di licenziare i lavoratori. Infatti, qui c’è un bel licenziamento di massa, che sta arrivando, naturalmente l’appalto non morirà, perché qualcuno dovrà pur farlo questo lavoro, sarà dato ad altre cooperative organizzate dai medesimi mafiosi. Con quale vantaggio? Legge Biagi, articolo 29, terzo comma: «La successione di cooperative non costituisce trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112», quindi buona grazia se i sindacati sono riusciti ad avere la cosiddetta clausola sociale che obbliga a riassumere i dipendenti della vecchia cooperativa, ma questa clausola sociale, che molto viene vantata, sulla quale molto si insiste e che è stata un fatto importante come conquista, ormai è superata. Bisogna che le organizzazioni sindacali se ne convincano perché la clausola comporta che la gente viene riassunta, sì, ma viene riassunta ex novo, senza 2112 e quindi non passano i debiti della vecchia cooperativa alla (su quello contano i mafiosi) e ovviamente puoi fare qualsiasi cosa, condizioni sistematicamente peggiorative. Viva la faccia che se n’è accorta, la Comunità Europea e la Commissione ha fatto una procedura di infrazione contro l’Italia proprio per questo, anche perché in ambito europeo, per trasferimento d’azienda si intende qualcosa di un po’ diverso da quello che intendiamo noi, cioè si intende soprattutto continuità di attività di impresa e oggi abbiamo una dizione diversa dello stesso articolo 29, terzo comma. Quindi anche qui, secondo me, si sconta per tanti aspetti anche una arretratezza di tipo elaborativo, che alla fine è il quarto elemento di cui parlavo, il caporalato. La legge n. 199/2016 sul caporalato ha un articolo 1 che è un’arma affilatissima, se uno la volesse usare perché l’interposizione del rapporto di lavoro, che di per sé è stata depenalizzata, è penalizzata eccome, da 1 a 6 anni, quando è accompagnata dallo sfruttamento. E cos’è lo sfruttamento? Lo sfruttamento è quello che vediamo a Castelfrigo! 230 ore di lavoro. Lo sfruttamento è il sottosalario, il salario che non è regolarizzato per più della metà. In queste situazioni noi abbiamo una fattispecie qualificata di interposizione, l’interposizione per l’appunto con sfruttamento che costituisce reato.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Alleva, ho un compito ingrato...

     

    ALLEVA (L’altra Emilia Romagna): Forse qualcuno le vuole sentire queste cose.

     

    PRESIDENTE: Non ho dubbi, infatti sono un po’ diviso tra la importanza dell’esposizione e la competenza con cui parla e il fatto che sono già venti minuti, lo dico anche perché...

     

    ALLEVA (L’altra Emilia Romagna): Vorrei tanto prendere sotto braccio Stefano Bonaccini e andare insieme alla Procura di Modena, però poi dopo un mese, perché mi fido di tutti, fare anche un giro in Procura Generale perché, non sarà il caso di Modena, ma è tanto tempo che c’è questa cosa. Quanti porti nelle nebbie esistono in Italia? Porti nelle nebbie ne esistono parecchi e hanno rimesso la norma brutta, cattiva, reazionaria, che a me è piaciuta tanto, che se la Procura non procede, puoi andare in Procura Generale a protestare. Questa è la situazione. È inutile che ci chiediamo: «Cosa succede? Cosa si può fare?». Qui siamo di fronte a delle violazioni chiarissime delle leggi. E i mezzi ci sono e io vorrei, perché mi pare che sia giusto, che sia proprio l’Ente Regione, in quanto tale a modificare questo problema, come esempio non solo per l’Emilia, ma come esempio per tutta l’Italia, grazie.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Boschini.

     

    BOSCHINI (PD): Grazie, presidente. Ringrazio anche il collega Taruffi che mi ha ceduto il turno di parola perché sono atteso già da mezz’ora per un incontro sul bilancio, ma una parola da modenese un minuto la volevo spendere perché davvero il tema è troppo importante. Innanzitutto vorrei ringraziare le associazioni, le sigle sindacali intervenute perché abbiamo fatto un dibattito vero oggi, non come, a volte capita nelle audizioni, proforma, ma ci siamo detti delle cose. E quindi credo che avremo modo di fare tesoro di parecchie delle cose dette nel merito, anche con punti di vista differenti, che non ci sono sfuggiti, ma che rappresentano una ricchezza. La seconda parola la spendo per ringraziare i lavoratori, ed è forse la cosa più importante, il signor Martin, gli altri lavoratori che abbiamo incontrato come consiglieri modenesi nei giorni scorsi, quindi ci siamo parlati ancora più a fondo e vi assicuro che, nel guardarsi negli occhi e farsi raccontare le loro storie, io personalmente ho avvertito la vergogna, la vergogna perché come istituzione e come cittadino di un territorio faccio fatica ad accettare che sotto casa mia succedano queste cose e vorrei far loro capire che ci fa piacere averli qua ogni volta per tutti i bisogni e le necessità che hanno e non sono soli, quello che possiamo fare, credo davvero in coscienza, cercheremo di farlo fino in fondo perché è una situazione per me intollerabile quella che hanno descritto da un punto di vista umano, oltre che naturalmente civile dei diritti. La terza parola la spendo, però, nel merito, soltanto per dire che concordo con chi ha detto che il problema va affrontato non facendone un tema semplicemente di bandiera, ma con lo sforzo di svolgere qui un tema, che è quello di un cantiere di legalità. Cioè, noi stiamo affondando un problema serio, un sistema di scatole cinesi, costruito con abilità, forse anche con cinismo, e che non è facile da smontare. Quindi abbiamo bisogno di una serie di competenze, appunto è stato richiamato il carattere giuridico, organizzativo, di relazioni industriali, di tipo istituzionale, di tipo economico perché siamo consapevoli che, per smontare il castello di scatole cinesi, non possiamo distruggere una filiera economica, però c’è bisogno di queste competenze davvero per costruire una soluzione. Questo non è un modo per buttare più in là il problema, oggettivamente io non so se, per motivi di massimizzazione dell’utile, come sostiene qualcuno, o per motivi, invece, di sopravvivenza economica, come sostiene qualcun altro, però non c’è dubbio che una serie di imprese, un’intera filiera abbia preso una strada organizzativa che non è accettabile. Noi siamo di fronte a un problema organizzativo di filiera di territorio non accettabile. Non so se per un motivo di cinismo economico o se per un motivo di sopravvivenza nella globalizzazione, non ho gli strumenti per dirlo (come altri), ma sicuramente non va bene e non è accettabile. Allora sono d’accordo con quanto diceva il dottor Monzani, come dicevano anche altri, il problema va affrontato come un problema di filiera e con un laboratorio di competenze che rapidamente studino le soluzioni giuridiche, come anche in maniera competenze ci richiamava il collega Alleva, ma non solo giuridiche, economiche, organizzative e di relazioni industriali per provare a disegnare una pista per uscire da questo vicolo cieco di scatole cinesi. E io sono su questo devo dire che almeno il Partito Democratico sul proprio territorio, ma credo anche altre forze politiche, ma vorrei raccontare quello che abbiamo provato a fare noi come Partito Democratico a Modena, abbiamo provato a sollecitare (ci sono anche i documenti sui giornali che lo testimoniano) questo lavoro di costruzione di un protocollo, di un accordo territoriale. Ne possiamo uscire solo così perché non è solo un’impresa che deve mettersi nella legalità, tutte devono mettersi nella legalità e non farsi concorrenza sulla legalità. Non si può fare concorrenza sulla legalità. Allora, è necessario che tutte si sentano vincolate da un patto, tutte affrontino anche i costi che questo può richiedere. E qui faccio un appello, lo faccio a tutte le sigle sociali, in particolare alle associazioni economiche: stiamo a questo tavolo. Mettiamo il meglio di noi perché stiamo affrontando un problema che in questo settore, ma anche in altri nel territorio italiano, può avere da Modena una risposta di carattere, di qualità, di cultura, allora mettiamo il meglio di noi anche se ci fosse qualche prezzo da pagare. E probabilmente c’è, quando si parla di realtà che sono nostre associate, quando si parla del nostro territorio. Davvero mettiamoci anche nella logica di pagare questo prezzo perché, se non paghiamo questo prezzo, rischiamo di pagare un prezzo molto più alto, che è quello della qualità del lavoro, che è quello del rispetto dei diritti, che è quello della stessa competitività perché un sistema che non rispetta la legalità sappiamo che, nel lungo periodo, non può essere competitivo e non può reggersi. Siccome stiamo parlando di un sistema economico fondamentale per il nostro territorio, di cui andiamo anche orgogliosi, ed è persino un pezzo di identità, specie per Castelnuovo, per quell’area, io credo davvero tocchi da qui, se possiamo (quindi questa può essere la funzione di questa Commissione della Regione o se no le forze sociali, politiche e sindacali del territorio), richiamarci tutte a sederci a questo tavolo e farlo al meglio. Grazie.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Taruffi.

     

    TARUFFI (SI): Grazie, presidente. Dopo l’intervento del professor Alleva, che ha illustrato in modo, come credo qua dentro nessuno avrebbe potuto fare meglio con le competenze che gli riconosciamo, che sono note, della sua attività, che in tutti questi anni ha portato avanti, dopo questo intervento (che ha inquadrato dal punto di vista normativo e giuridico l’assetto di cui stiamo parlando), mi limito a fare due considerazioni, anche per non rubare troppo e lasciare la parola agli altri, di carattere generale che vorrebbero arrivare ad una proposta concreta ed operativa. La prima considerazione è che evidentemente stiamo parlando di una situazione che, sul territorio, sul distretto modenese, si è determinata ormai da alcuni anni, che viene denunciata da alcuni anni dai lavoratori, dalle sigle sindacali, in particolare appunto da alcune sigle che, più di altre, hanno posto la questione con determinazione; sono state presentate a più riprese segnalazioni da parte dei lavoratori coinvolti agli organi competenti perché i profili che emergono, bisogna dirlo con nettezza, sono profili che hanno a che fare non tanto con la politica, quanto piuttosto penso con la Magistratura e con le istituzioni che da questo punto di vista saranno chiamate ad accertare la regolarità o la irregolarità, la legalità o la illegalità di chi opera in quel contesto. Però devo dire che, siccome gruppo, come Sinistra Italiana, e anche consiglieri della Sinistra, siamo stati più volte non solo a Castelfrigo, ma abbiamo incontrato i lavoratori già a partire dal febbraio dell’anno scorso, perché ero davanti alla fabbrica già in quella occasione, devo dire che il resoconto che emerge, che il signor Martin ha riportato qui dentro in questa Commissione, che è stata una Commissione molto utile, molto vera, spesso e volentieri qui dentro discutiamo, ci confrontiamo, oggi penso che lo abbiamo fatto mettendo la testa, e non solo, direi anche che la nostra sensibilità sia stata stimolata in modo forte da questi interventi, che però determinato una condizione che è inaccettabile. Cioè la condizione alla quale sono sottoposti i lavoratori, le lavoratrici di questo comparto è inaccettabile e va ben oltre le regole di competizione sul mercato, le tante motivazioni che hanno determinato queste condizioni. Non possiamo perdere di vista la realtà, una condizione molto chiara: quello che succede lì dentro è inaccettabile. Non riguarda, però, questo è il punto, solo la Castelfrigo, è stato detto “il distretto delle carni, della lavorazione delle carni”, ma voglio aggiungerlo: il comparto della logistica e dell’autotrasporto. Cioè in questa Regione, l’Emilia Romagna, noi viviamo quotidianamente, e per chi vuole viverlo e vederlo, basta frequentare un po’ i luoghi di lavoro di questi ambiti, basta misurarsi con i lavoratori, basta andare, come fanno molti di noi davanti alle fabbriche e incontrare e ascoltare quello che succede dentro i luoghi di lavoro, la condizione di lavoro in Emilia Romagna in alcuni comparti (la lavorazione delle carni, la logistica e l’autotrasporto) è al limite – bisogna dirlo – dello sfruttamento. Per cui le parole devono essere utilizzate (lo dico sempre) con attenzione, però vanno anche utilizzate quando è il caso di farlo. Qui siamo di fronte a questa situazione. E quindi, di fronte a questo (e qui provo a rispondere, ovviamente senza pretesa di avere la verità in tasca), provo a rispondere a chi serve (cui prodest) questo incontro, io rispondo: innanzitutto serve a questo, a denunciare in tutti i modi possibili nella sede deputata perché questa è la sede dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, cioè se non siamo noi che ci occupiamo di queste cose, se non è questa Commissione, la Commissione politiche economiche, la Commissione legalità e lavoro che si occupa di questo, chi lo deve fare? Io penso che, siccome si richiedono interventi legislativi, si richiedono interventi alle istituzioni e alla politica, noi siamo le istituzioni, noi siamo la politica che deve trovare risposta. Per cui a questo innanzitutto servono le Commissioni come questa, servono a dare la possibilità ai lavoratori di intervenire direttamente e portare la loro condizione reale, che è quello che succede, non quello che ci raccontano i giornali, quello che succede là dentro concretamente. Per questo abbiamo chiesto, e noi siamo stati tra quelli che hanno chiesto le audizioni in questa Commissione, abbiamo chiesto che intervenissero tutti i soggetti, abbiamo chiesto che intervenissero tutte le realtà che rappresentano il mondo del lavoro perché io penso che, per dare soluzioni ai problemi, innanzitutto bisogna nominarli, averne consapevolezza e non girarci dall’altra parte. Questo è quello che deve essere richiesto a tutti noi, ciascuno per la propria parte perché siamo l’Emilia Romagna e, lo ripeto, è intollerabile che nella nostra Regione accadano le cose che stanno accadendo e che sono state qui rappresentate. E, ripeto, non riguarda solo la Castelfrigo, che è la punta dell’iceberg, c’è un distretto che lavora in questo modo, ovviamente non mi sfuggono le difficoltà economiche, non mi sfugge la difficoltà di stare sul mercato, non mi sfuggono le difficoltà legate alla crisi economica nella quale siamo inseriti e non mi sfuggono i contesti macroeconomici. Però tutto questo non può giustificare quello che è successo e quello che sta succedendo in realtà come queste. Per questo io penso (l’ho già detto in Aula, lo ridico oggi) troverei sensato che la presidenza di questa Assemblea assumesse l’impegno di avviare un’indagine sulla condizione del lavoro in Emilia Romagna, quanto meno su questi due comparti, non solo sulla Castelfrigo, ripeto, ma sui due comparti che ho citato (lavorazione carni, logistica e autotrasporti) e insieme costituire una Commissione di ricerca e di studio utile e necessaria, dal mio punto di vista, per scoperchiare in modo trasparente e nella sede deputata, che è quella dell’Assemblea legislativa, la condizione del lavoro in questi comparti della nostra Regione e proporre soluzioni per quello che possiamo e per quello che ci compete, legislative e normative. Perché ovviamente non ci sfugge l’importanza del patto per il lavoro, del Testo unico sulla legalità (qui c’è l’assessore Mezzetti che ha lavorato per conto della Giunta alla stesura di entrambi gli atti), però poi servono anche iniziative legislative più generali che devono e possono essere condotte all’interno dell’Assemblea. Siccome viviamo in un periodo storico molto complicato e molto difficile, in cui (lo dico anche qui con estrema chiarezza, anche se con la dovuta cautela), visto che le istituzioni democratiche non sono un qualcosa di dato una volta e per sempre, ma vivono nella misura in cui riescono e contribuiscono a risolvere i problemi, se non siamo noi che ci facciamo carico di questi problemi, non siamo noi che li portiamo alla luce del sole con trasparenza, con tutta la delicatezza e la difficoltà che questo comporta, rischiamo di fare un favore a chi soffia e utilizza anche strumentalmente tutte le sofferenze, tutte le paure, tutte le difficoltà di una situazione economica molto difficile, come quella in cui viviamo, per portarci in una condizione che con la democrazia, io credo, abbia poco a che fare. Ecco che su questi terreni e su questi ambiti è nelle risposte che si danno a quei lavoratori che si attesta la credibilità della nostra istituzione e del nostro agire. E, concludo, siccome non mi è sfuggito quando il lavoratore, che è intervenuto, ha detto: «Siamo stranieri e, se non abbiamo un lavoro, rischiamo anche di non avere neanche il permesso di soggiorno», lo dico chiaramente, se non si danno risposte a queste condizioni, rischiamo di alimentare le peggiori piaghe con cui la società contemporanea si sta confrontando perché è su questo confine che si gioca la possibilità di bonificare aree che altrimenti rischiamo di consegnare, ripeto, alle peggiori piaghe con cui ci dobbiamo confrontare. È qui che serve la politica ed è qui che servono le istituzioni. Per questo io penso che il nostro contributo possa andare anche in questa direzione. Nei prossimi giorni ci incaricheremo di formalizzare una richiesta (voglio sperare) con l’accordo di tutti i gruppi che istituisca una Commissione in questo senso.

     

    PRESIDENTE: Consigliera Prodi.

     

    PRODI (GM): Grazie, presidente. Volevo prima di tutto ringraziare chi ha operato in modo che questa situazione uscisse allo scoperto e che fosse così di attualità, in particolare ovviamente la Flai CGIL, per l’impegno che ha dimostrato in questi anni e la tenacia con cui si è spesa e anche i lavoratori, che in tutti questi incontri, che abbiamo avuto in questo periodo, ci hanno veramente dimostrato un coraggio che, come ho già detto a Modena all’incontro, auspicherei che avessero anche i lavoratori italiani perché ci stanno insegnando qualcosa. E questo forse a tutti dovrebbe dire qualcosa in più rispetto alle modalità con cui ci si deve approcciare alla dignità del lavoro, che è quello che più o meno dovremmo avere tutti quanti avere presente. Poi l’altra cosa, che mi è sembrata di capire oggi, che la compressione del costo del lavoro avviene solo quando si va nell’illegalità, quando il lavoro va sotto una certa soglia di costo, sappiamo che ci sono dei procedimenti che non sono legali, questo è abbastanza assiomatico e quindi da lì in poi nessuno si può più chiamare fuori perché l’illegalità vuol dire che c’è un clima selvaggio dal punto di vista delle relazioni del lavoro e c’è anche criminalità fino ad arrivare agli omicidi, che sono avvenuti, c’è un terreno in cui tutto diventa possibile. E quindi una Commissione, come quella di oggi, con gli incontri che abbiamo avuto, serve per dare una sensibilizzazione collettiva e quindi una responsabilizzazione collettiva, che prima di tutto è la nostra, a livello politico e istituzionale, e spero che nessuno di noi si sottrarrà a tutti i futuri passaggi, c’è stata una dichiarazione del presidente Bonaccini e dell’assessore Palma Costi importantissima rispetto alla denuncia penale, a degli atti molto forti e necessari. Saluto la presenza di Confindustria, onestamente la relazione mi è sembrata un po’ debole sul piano della responsabilità perché questa situazione non poteva non essere abbastanza conosciuta, però credo che sia da qua in poi un cammino che va percorso insieme, quindi abbassando le recriminazioni, ma raggiungendo un livello di conoscenza collettiva che porti ad avere un’attenzione maggiore nei confronti di queste realtà. E poi ovviamente la responsabilizzazione di tutte le parti sociali, auspicando una maggiore unità nella lotta perché mi sembra che sia nell’interesse di tutte le parti sociali. E questa pressione, questa responsabilizzazione non può che portare ad una certezza del controllo. Avendo letto la nota, che è arrivata oggi, dell’Ispettorato dell’Lavoro, io la accolgo positivamente perché si dice appunto che a breve verranno emanate, a carico dei trasgressori, le previste ordinanze e ingiunzioni, insomma qualcosa credo si stia muovendo, anche seriamente e questo secondo me può essere frutto di questo giusto clima di condanna che si è creato da più parti, da tutte le parti. Un altro punto è che tutta la filiera interessata, sia chiaro che, se un segmento di filiera soffre, la responsabilità è di tutti e anche di quelli che arrivano a vendere il prodotto commerciale a fine del percorso, cioè l’assunzione di responsabilità deve essere collettiva perché non si può più ignorare perché diventa condivisa da chi poi, attraverso i profitti, tende a fomentare queste pratiche di lavoro illegale. E anche come consumatori occorre avere una grande sensibilizzazione in questo momento nei confronti di questi percorsi. Accolgo positivamente il percorso che la Regione sta facendo e direi che tutti noi consiglieri possiamo considerarci coinvolti, anche l’idea di istituire un momento, una Commissione che sia di ricerca e di studio relative alle problematiche del lavoro in questo settore può essere utile proprio per arrivare ad integrare anche nelle leggi che sinora abbiamo studiato e approvato per assicurare che questo settore abbia l’attenzione che merita. Grazie.

     

    PRESIDENTE: Consigliera Gibertoni.

     

    GIBERTONI (M5S): Ho letto soltanto molto velocemente il rapporto della direzione del lavoro perché è arrivato poco prima l’inizio della Commissione, quando io ho richiesto questa Commissione, avevo anche chiesto che la direzione del lavoro fosse invitata, mi spiace che loro non siano presenti. Però accolgo con favore la disponibilità da parte della presidente di sentirli a breve perché credo che la relazione da sola non sia sostitutiva, sono tante le cose che noi potremo chiedere all’Ispettorato del Lavoro che, credo, abbia fatto in questo periodo, con particolare intensità che però non deve un’intensità temporanea perché, se si chiude poi a dicembre la questione delle attività ispettive dell’Ispettorato, resta un qualche cosa che poi non vedrà un termine favorevole a breve. E ha fatto il suo dovere, ribadisco, nell’ambito delle sue risorse, nell’ambito delle sue possibilità che sono ancora poche rispetto a quanto sarebbe doveroso mettere a disposizione. Leggo sempre nella presentazione della relazione che l’azione repressiva, posta in essere, non ha risolto la spinosa questione. Quindi da qui partiamo. Credo che le relazioni, che oggi sono state presentate qui, abbiano un punto in comune, ossia in modo più o meno esplicito è stato riconosciuto dai vari interlocutori che siamo all’anno zero. Lo dico non per puntare un dito in una direzione specifica, ma per dire che nessuno ha fatto a sufficienza e, se nessuno ha fatto a sufficienza, entra in campo il dovere di un’azione sistematica e integrata adesso. Ecco perché, quando ho chiesto la Commissione d’inchiesta mercoledì scorso, ho ben specificato in Aula che non c’era intenzione di trovare colpe o puntare dita su nessuno, ma di dirsi: «Da adesso si procede». Allo stesso modo, nel chiedere la Commissione di studio, nel chiedere una disponibilità di massima al Partito Democratico per avviare una Commissione di studio, quindi immediatamente rendersi disponibile (io mi sarei sicuramente resa disponibile a ritirare la prima richiesta), nel frattempo ho già presentato la domanda per la Commissione di studio che, dato che trovo molto opportuno l’intervento dell’assessore Mezzetti, nel chiamare in causa la consulta per la legalità, potrebbe quindi diventare quell’organismo interno all’Assemblea legislativa che, però, grazie alla partecipazione e ai lavori della consulta e anche a quello che veniva sollevato in un altro intervento, a consulenze esterne o comunque studi esterni che si poggino anche su studi specialistici, si possa effettivamente arrivare ad una serie di passi favorevoli. Il primo: non cedere l’attenzione. Noi dobbiamo ringraziare i lavoratori che non hanno mollato sino ad oggi, e sono qui, e non molleranno domani mattina, e non molleranno dopodomani, sono comunque lavoratori che sono senza stipendio da diverse settimane. Se loro ad un certo punto dovessero dedicare ad altro, siamo noi che non dobbiamo mollare. E grazie anche ad un organismo interno che lavori strettamente a contatto con organismi che hanno un piede dentro e uno fuori o con possibilità di confrontarsi con specialisti, credo che non molleremo rispetto alle parole che ci siamo detti oggi. Siamo all’anno zero, ma non siamo ovviamente all’anno zero né delle proteste né dell’avvistamento del fenomeno. Quindi per quale motivo non si arriva al bandolo della matassa? È stato detto in modo esplicito e secondo me onesto oggi da diverse parti, perché a mio avviso la questione resta politica e quindi faticosa perché bisogna riconoscere intanto che la questione resta innanzitutto politica e poi capire come si muove, come si esce da una questione che è innanzitutto politica in cui è già tardissimo perché è vero che noi ci siamo svegliati due anni in un mondo territoriale, che era improvvisamente, per alcuni, infiltrato dalle cosche. Si parlava di infiltrazioni e abbiamo scoperto che in realtà erano già radicate. Se noi vogliamo sradicare questa situazione (per cui è già tardi per averla messa a sistema adesso), dobbiamo mettere tutte le forze a sistema in modo continuativo e costante con un’attenzione regolare. Lo dico alle forze, alle risorse dell’Ispettorato del Lavoro, lo dico alla qualità politica della questione, lo dico alla possibilità di individuare tutte quelle norme che andrebbero cambiate o implementate a livello nazionale e lo dico anche rispetto al fatto, quando ho richiesto la Commissione di ambito temporaneo dedicata alla questione cooperative spurie, era proprio per evidenziare che non siamo davanti al caso Castelfrigo, siamo davanti al caso “false cooperative”, particolarmente ben esplicitato e portato a galla ormai da tempo grazie ai lavoratori e alle sigle sindacali. Castelfrigo sì e risolvere e sradicare un fenomeno che è da tutti riconosciuto e, nello stesso tempo, fino ad oggi, è stato tollerato quasi come fosse una patologia minore: «Lo sappiamo tutti, ma non è la priorità. Lo sappiamo tutti, però è una questione politica, di volontà politica, è una questione spinosa», lo dice l’Ispettorato del Lavoro, una questione non risolta. L’unica risposta che noi possiamo darci adesso in coerenza è la tolleranza zero. Io non vedo altre possibilità oltre a questa, ma tolleranza zero significa anche riconoscere il fatto che noi abbiamo dei prodotti che sono prodotti riconosciuti, che sono dei prodotti di altissimo valore, che devono però essere ricollegati sempre, in costante e virtuoso scambio di immagine, di valori con una storia, con un territorio, con dei valori imprenditoriali che devono essere valori alti, che sono stati valori alti, che sono sicuramente alti valori. Qui, invece, si rischia (perché è stato detto in Assemblea la settimana scorsa da qualcuno): «C’è chi vorrebbe associare», nessuno vuole associare o sminuire il valore dei nostri prodotti. Tutt’altro, è esattamente il contrario. Noi non vogliamo niente di meno che quel prodotto di qualità altissima sia collegato a una storia e a dei valori imprenditoriali commerciali di qualità e di prestigio ugualmente e giustamente alti allo stesso modo. Sulla questione politica, sulla interpretazione giusta delle norme, sull’interpretazione corretta delle situazioni, sulla possibilità di ragionare in senso sistematico da oggi, con l’approvazione di una Commissione di studio e con la collaborazione con la consulta per la legalità, io mi permetto anche di ricordare che una questione, come questa, non può non essere sul tavolo nel programma politico di qualunque forza politica che si presenti adesso ed esprima il proprio programma perché è qualcosa su cui veramente l’Emilia Romagna può dire: «Metto uno stop, decido di non girarmi dall’altra parte e decido di attuare tutti quei controlli che portano la questione a soluzione veloce». Poi è vero che tante cose sono da approfondire, non c’è chiarezza totale sull’argomento, ormai sia stato avvistato e se ne parli da anni. Se le cooperative spurie esistono è perché le forme di controllo sulle coop non associate alle centrali sono possibili anche attraverso dei revisori che da tempo non hanno più a diposizione quelle risorse sufficienti per poter andare avanti. Oggi non è stato possibile per gli ispettori del lavoro essere presenti. Leggiamo con attenzione la relazione, dopodiché, senza fare passare troppo tempo (mi auguro nell’ambito di una Commissione dedicata al fenomeno delle cooperative spurie) e poi fare in modo che la Regione Emilia Romagna possa dire la sua e fare cambiare il clima politico che finora è stato totalmente distratto, sradicare qualcosa che abbiamo cominciato tutti a vedere come una patologia che si sopporta e che quindi si può intanto gestire energie e risorse altrove e spero nell’ambito di quella Commissione, su cui discuteremo a breve, immagino già nel prossimo Consiglio, prendo questa Commissione come un punto di partenza propositivo, tenendo presente che siamo effettivamente all’anno zero, ma se c’è una volontà che ci accomuna noi possiamo dare una risposta importante sia ai lavoratori che sono qui oggi, che credo lo sappiano, non stanno combattendo solo per se stessi, ma stanno combattendo per tutti coloro che adesso sono nella stessa situazione, ma non hanno avuto lo stesso coraggio, la stessa determinazione, regolarità di contrasto nel tempo e per tutti coloro che domani si potrebbero trovare nella loro stessa situazione, senza i mezzi e le conoscenze per affrontarla. Quindi noi siamo qui non soltanto per Castelfrigo, ma anche per Castelfrigo, per evitare altre dieci, cento, mille Castelfrigo, quante ce ne sono ce lo siamo chiesti, non lo sappiamo neanche noi, spero che la Commissione serva a darci una risposta presto.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Mumolo.

     

    MUMOLO (PD): Grazie, Presidente. Sarò davvero molto breve perché mi rendo conto che altri colleghi hanno chiesto la parola e il tempo è poco. Da questa sera una cosa, che emerge, è quanto sia paradossale il nostro sistema normativo perché, se è consentito ad un soggetto di poter infrangere in questo modo la legge, poi di chiudere (una cooperativa spuria) e di non interessarsi delle sanzioni perché tanto non ha alcun tipo di capitale, nessuno risponderà, i titolari sono dei prestanome e poi tranquillamente si può continuare l’attività con gli stessi beni (ed è stato un bene che i nomi siano stati fatti, sono quelli che ricorrono oggettivamente, avranno ovviamente tutte le possibilità di dire la loro, però i nomi sono quelli), si dà la possibilità a queste persone di continuare questa attività, questo è veramente paradossale. Forse dovremmo farci promotori di qualche richiesta al Governo di modifiche legislative perché con questa normativa forse ci saranno più di altre mille Castelfrigo. Mi spiace, abbiamo assistito anche a una certa divisione da parte dei sindacati, che sono presenti, mi spiace davvero, per carità, ci sono idee diverse, modalità diverse, si possono avere idee diverse su come risolvere determinate questioni, forse non era il caso di rappresentarlo qui oggi perché oggi dovremo essere tutti uniti. Io credo che in questi casi vada esperita ogni azione, i sindacati hanno fatto bene per quanto mi riguarda (plaudo all’attività che ha svolto la CGIL insieme agli altri sindacati), sono molto contento del fatto che un’intera camera del lavoro sia andata avanti a un’azienda che non risponde se non tramite Avvocato, un’azienda che rifiuta incontri, quando gli si chiedono e la risposta è via PEC: «Noi abbiamo una PEC e rispondiamo via PEC», avrei preferito un atteggiamento diverso, ma tant’è, ognuno fa la sua parte. Io plaudo ad ogni tipo di attività che consenta ai lavoratori di non essere lasciati soli perché questa è la cosa peggiore che si potrebbe fare e ogni divisione in questo senso potrebbe dare a loro questa impressione, cerchiamo di non dargliela, ognuno ci metta del suo, ognuno ci metta quello che può metterci, cerchiamo di non dare questa impressione. Penso anche che la Regione debba fare tutto il necessario, evitando divisioni tra di noi (perché tra di noi ci sono divisioni), lo dico alla collega, ho apprezzato anche i toni della collega del Movimento 5 Stelle, ci siamo confrontati sull’utilità delle Commissioni d’inchiesta perché noi sappiamo che una Commissione d’inchiesta non ha nessun altro potere maggiore del potere che ha questa Commissione. Forse non serve chiamarla Commissione d’inchiesta, tanto non potrebbe fare nulla di più. Oggi c’è stata una proposta, la consigliera Gibertoni ha proposto di fare lavorare la consulta sulla legalità con un tavolo dedicato, questa è una cosa che forse possiamo fare insieme, decidiamo insieme lo strumento, però cerchiamo su questo punto almeno di lavorare uniti, compatti per arrivare a dei risultati, tenendo presente che ci sono tanti attori in questa vicenda, c’è solamente una vittima, la vittima è il diritto del lavoro per come è stato violentato in questa situazione. Cerchiamo di andare avanti in maniera congiunta per la tutela dei diritti dei lavoratori, ma soprattutto per la tutela del lavoro, grazie.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Sabattini.

     

    SABATTINI (PD): Grazie, presidente. Anche io voglio ringraziare la disponibilità di tutti i soggetti, che sono venuti a parlare oggi qui in Commissione, in tanti, li ho incontrati anche nei mesi scorsi, ho fatto diversi incontri sul territorio, anche incontrando gli imprenditori e anche i soggetti di rappresentanza, al di là degli appuntamenti ufficiali. Ringrazio anche il consigliere Alleva della lezione di giurisprudenza, assolutamente utile anche per inquadrare qual è lo stato delle norme nel nostro paese su questi temi. Oggi abbiamo un po’ unanimemente tutti sottolineato come questa sia una situazione da superare, non voglio essere sgradevole, ma dopo un mese e mezzo di scioperi da parte di un gruppo di lavoratori, secondo me, se la chiudiamo così, non è completamente soddisfacente la partita perché è comunque un mese e mezzo senza stipendio, di lotte e non vorrei che questo funzionasse un po’: «Abbiamo cominciato un fenomeno e adesso cominciamo la Commissione di studio» perché molti dati ci sono già perché in un territorio dove c’è il 50 per cento di forme cooperative in più rispetto al resto della Provincia è una cosa che già sottolinea il tema. Poi con enorme franchezza bisogna anche dirci che questa cosa avviene oggi, è avvenuta in fasi storiche nel momento in cui è saltata una determinata pace sociale perché altrimenti non saremmo franchi, se no non è serio. Non è che ci sono stati dieci anni di denunce e tutti si sono girati dall’altra parte. Non è così perché alcune situazioni esistevano e, fino a quando c’è stata una determinata pace sociale, questa cosa non è venuta fuori. Ognuno di noi, tutti siamo quota parte responsabili e io dico che caricarla politicamente questa cosa non dà i giusti confini perché non è una questione politica, è una questione prettamente economica di filiera, tutta. E se è così, nessuno si può chiamare fuori. Se dobbiamo ricostruire la filiera, ognuno bisogna che ci metta il suo pezzo per far sedere un altro pezzo della filiera perché altrimenti non ce la faremo. E se un settore non marginalizza o marginalizza solo se utilizza determinati tipi di strumenti, ci dobbiamo interrogare sul valore di quel settore, cosa che io non credo, sto facendo un ragionamento per assurdo perché credo che chi si assume un rischio di poter avere cartelle da un milione ogni due anni, vuol dire che il margine lo farà da qualche altra parte. Però non possiamo neanche prendere tutto il distretto delle carni, che dà da lavorare a migliaia di persone come il territorio bruciato dal male della malavita. Ci vuole equilibrio, è una questione delicata e nessuno secondo me si può “chiamare fuori” perché noi ascoltiamo e sosteniamo la denuncia dei 127 lavoratori, che hanno fatto questa vertenza e stanno facendo questa protesta. Quella zona lì, che non è una zona di malavita, ha un altro settore, l’ortofrutta, che ha un altro tipo di problemi, che non è così lontano da questo. Secondo me è stato importante oggi, nonostante alcune sottolineature di divisione tra le rappresentanze sindacali, dire una cosa chiara perché costerà qualcosa domani, se troviamo una soluzione, dire: «Dobbiamo lavorare nella legalità» perché lavorare nella legalità potrebbe volere dire per qualcuno prendere diverse decine di euro in meno all’interno della busta paga e bisogna sostenerla questa posizione. Magari intorno a un tavolo si prova a trovare una piattaforma comune, poi alla fine saltano fuori degli altri problemi. Io credo che sia opportuno, con estrema trasparenza, dirci questo, anche per dare un po’ di concretezza. Io credo che (lo dico all’assessore) oggi il terreno è più recettivo, dalle percezioni che ho avuto io, rispetto ad alcuni mesi fa perché non piace a nessuno, indipendentemente che ci sia la tua azienda o quella del tuo vicino, che il tuo territorio sia rappresentato in questo modo. Oggi mi sembra ci sia più disponibilità. Dobbiamo fare presto nel cercare di costruire una proposta che permetta però di mettere in fila tutta quanta la filiera, altrimenti la risposta non la diamo. La supply chain si regge se troviamo degli strumenti o per valorizzare di più un determinato tipo di comportamento o nella distribuzione dei margini all’interno di tutta la catena della filiera. Non ci sono altre alternative. Aggiungo quest’altro elemento, non ricordo chi ha citato i moderni sistemi di distribuzione, io ne ho visitato qualcuno, sono stati fatti grandi investimenti, è vero, ci sono grossi investimenti in tante di queste aziende, sul sistema produttivo io avrei qualcosa da ridire come visione, ma probabilmente è proprio dato dal fatto che l’organizzazione del lavoro è stata fatta pensando che il fattore del lavoro potesse essere comprimibile oltremodo perché oggi una organizzazione di funzione strettamente tayloristica, anche su lavorazioni a basso valore aggiunto, non si sposa all’interno di un settore che sempre di più vuole una customerizzazione anche delle lavorazioni di lotti anche più piccoli. Probabilmente anche in prospettiva del ragionamento, che personalmente sto facendo con il sindaco di Castelnuovo, è di provare a immaginarsi come anche alcuni sistemi produttivi di tutto quanto il comparto possano trovare elementi di ammodernamento e qui come istituzione possiamo pensare di cominciare a tracciare anche un confine di quello che può essere un alto distretto economico e di sviluppo del nostro territorio, che sicuramente vede la legalità tra i fattori irrinunciabili (e ci mancherebbe altro), però lo dico a tutti gli attori, secondo me l’istituzione non ce la può fare, ognuno ci deve mettere il suo pezzo con la consapevolezza che, cambiando le dinamiche di quell’ambito, ognuno avrà qualcosa di diverso sul quale misurarsi. Chiudo, assessore, non c’è tanto tempo perché la questione sociale e anche la densità di queste formazioni industriali sono talmente importanti che basta poco per creare altre situazioni imprenditoriali.

     

    PRESIDENTE: Consigliere Aimi.

     

    AIMI (FI): Grazie, presidente. Cercherò di essere sintetico, rimanendo in un tempo molto contenuto, innanzitutto per ringraziare tutti coloro che sono intervenuti questo pomeriggio e ciascuno perché ha dato la possibilità anche ai noi consiglieri di poter valutare questo problema a 360 gradi. Il fatto che ci troviamo qui in Commissione, la presenza di due assessori e di entrambi i presidenti delle Commissioni congiunte è la testimonianza che il problema, se lo vogliamo affrontare in maniera unitaria, non ci vede divisi, stante la gravità della situazione, dobbiamo cercare ognuno di fare il proprio dovere. Io credo che di fronte a queste situazioni in cui famiglie di lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro, ma anche le aziende di chiudere, non ci sia il tempo per la divisione, ma debba esserci il tempo per il confronto e non credo nemmeno che il tempo sia esclusivamente esaurito, un po’ di tempo lo abbiamo ancora, poco ma c’è. Ci troviamo in una situazione estremamente difficile perché le condizioni generali e la macroeconomia ce lo evidenzia, l’Italia è in una situazione particolarissima, vive in una sorta di corto circuito dove i lavoratori italiani sono quelli che percepiscono in Europa meno in busta paga e i datori di lavoro sono quelli che pagano di più come costo del lavoro stesso. Di fronte a questa situazione ci vuole equilibrio, dobbiamo rimanere nell’alveo delle istituzioni, bisogna che ci sia un tavolo che affronti il problema a 360 gradi, se è necessario, anche con un impegno maggiore e quotidiano, anche più volte al giorno, come incontri e però abbiamo la necessità di fare in modo che, se vi sono stati momenti di tensione, questi vengano a cessare e soprattutto un invito: il rischio è anche che Castelfrigo possa chiudere o delocalizzare come altre imprese, io credo che sia fondamentale la permanenza di Castelfrigo di Confindustria, sarebbe una follia immaginare il contrario. Ecco perché ho l’impressione (e concludo) che noi dobbiamo fare rimanere il problema nell’ambito istituzionale e cercare di favorire, laddove è possibile, la soluzione, naturalmente mantenendo i lavoratori all’interno di un contratto collettivo di settore perché di questo si deve assolutamente trattare. Io spero che ci si possa riuscire, per quello che ho ascoltato, ci sono stati spunti interessanti in ogni intervento che ho sentito qui questo pomeriggio. Presidente, oggi avevamo qualche grande interessante, se in tempi rapidi ci riconvochiamo, possiamo provare almeno a vedere se si può riuscire a trovare una soluzione, anche temporanea, anche in questa fase.

     

    PRESIDENTE: Prima di dare la parola all’assessore Mezzetti, a cui affideremo le conclusioni di questo nostro incontro, vorrei, anche a nome di Luciana Serri, la mia collega, ringraziare davvero tutti gli interventi, sia chi ha parlato e ha portato un contributo, sia la persone che sono state presenti. Anche io percepisco come una ricchezza il fatto di poter sentire delle voci, che a volte hanno detto cose che non sono perfettamente allineate, ma ci hanno consentito di cogliere le diverse sfumature, che sono presenti in questo tema e primariamente noi avevamo, credo, la necessità di comprendere. Purtroppo non tutti sono venuti, però i contributi sono arrivati anche attraverso documenti, che sicuramente avremo più tempo di studiare dopo questo incontro perché il tempo prima in effetti è stato davvero molto ridotto per poter guardare i documenti, che sono arrivati. Insieme cercheremo di comprendere, come diversi colleghi hanno detto (e credo anche io sia importante), come portare avanti questo tema, tenendo presente il fatto che gli strumenti, che potremo individuare, sono comunque un mezzo e non un fine rispetto all’obiettivo che è di riuscire ad arrivare a fare una proposta che possa individuare il percorso almeno per quelle che sono le competenze che noi possiamo mettere in campo. Abbiamo compreso che il tema spazia dalla legislazione nazionale fino alle competenze della magistratura e la Regione certamente ha una sua possibilità di agire, cercheremo di farlo in modo puntuale, ovviamente lo facciamo anche partendo dall’azione che la Giunta ha già fatto da questo punto di vista e che intende fare e sa questo diamo la parola conclusiva all’assessore Mezzetti. Prego.

     

    MEZZETTI, assessore: Grazie, presidente. Grazie ai consiglieri e a tutti gli intervenuti, sì, anche io ritengo che questa discussione sia stata utile, questo confronto intanto per attestare ancora una volta l’attenzione delle istituzioni su un problema che è un problema prima di tutto sociale. Credo anche io che noi dobbiamo contenere le azioni e i toni, senza mai travalicare il senso civile, per rispondere ad una domanda provocatoria: «A chi giova questo scontro?», sicuramente lo scontro non giova mai, ma bisogna anche cercare di comprendere la situazione di grave disagio (uso un eufemismo) di chi si trova improvvisamente senza lavoro. Mi pare comprensibile la reazione di chi si trova, anche in modo violento, privato della propria occupazione. È importante che ci siamo trovati qui come istituzione e che continueremo a ritrovarci ancora perché il tema della vicenda, presente oggi, con le due cooperative che questo consorzio ci presenta, non è una vicenda isolata, è stato detto da più interventi, è una questione che rappresenta un quadro più ampio, più diffuso, anche più preoccupante e inquietante. Poi dirò anche qualcosa rispetto agli ulteriori pericoli che abbiamo sulla nostra strada. È una discussione che ci troviamo ad affrontare, lo dico in amicizia e senza polemica, Avvocato Rusconi (ci siamo trovati per più di un anno a discutere in consulta), il tema che le istituzioni, in virtù del Codice Civile, non devono entrare nel rapporto tra privato e privato. Questo è un tipico rapporto tra privato e privato, però come le rispondevo e dicevo: «Abbiamo un bel da dire noi, quando scoppia un caso, poi siamo chiamati a rispondere, siamo messi noi di fronte all’uscio». Questo è uno di quei casi e, non a caso, anche lei giustamente oggi è qui e ha fatto anche un intervento che ho apprezzato (poi le dirò anche alcuni passaggi che ho apprezzato) perché è inevitabile che, di fronte ad una questione che assume un carattere sociale, e non solo di vertenza tra imprese private, l’istituzione non può sottrarsi e non può essere assente perché è un problema che ricade sulla nostra società, sulla nostra comunità.

    Ho apprezzato molto e ho ascoltato anche molto attentamente perché non ho che da imparare dall’intervento del consigliere e Avvocato Alleva, oggi la riunione è stata per metà di Avvocati consiglieri, perché il tema che oggi abbiamo di fronte sono i fenomeni degli appalti illeciti di manodopera, nelle diverse forme e articolazioni in cui queste operano. E, badate, non ci sono solo le cooperative spurie, noi abbiamo di fronte a noi un fenomeno che non è più un fenomeno isolato, ma è rappresentato in questo momento da centinaia di imprese del nostro territorio, in particolare della Riviera, ma il fenomeno si sta espandendo al resto del territorio e in altri settori, che non sono soltanto quello del turismo, in cui agenzie di carattere nazionale, che operano sul terreno della intermediazione della manodopera, a termini di leggi assolutamente leciti, e stanno bene attenti a osservare precisamente la norma perché hanno fior fiore di consulenti al loro servizio, assorbono imprese, in questo caso del turismo (ma non solo, abbiamo anche segnali per occupati nel campo dell’agricoltura), assorbono la manodopera di queste imprese, addirittura volantino offrendo manodopera al 40 per cento del costo del lavoro in meno, e pagano i lavoratori anche bene perché noi abbiamo visto buste paga di 1.800 euro al mese, peccato che 1.500 siano di trasferta e 300 euro siano di salario. Grazie alla Bolkestein, perché sono contratti rumeni, polacchi ed altro. Sapete che naturalmente chi si trova in una situazione di difficoltà prende i soldi brutti, sporchi e cattivi, poi si vedrà, intanto li prendono. Addirittura siamo a un’evoluzione di questo fenomeno perché non ci si limita più ad assorbire la manodopera, ma addirittura adesso si assorbe anche il padrone o datore di lavoro e quindi diventano proprio delle vere e proprie cessioni di rami d’azienda mascherate, fasulle. Ed è un fenomeno che sta investendo centinaia di nostre imprese. Non facciamo come abbiamo fatto per le cooperative spurie perché sulla vicenda Castelfrigo, e gli amici dei sindacati se lo ricorderanno bene, sono nel cassetto interrogazioni, ordini del giorno, fatti in Provincia di Modena già dalle passate Legislature e hanno dormito nei cassetti, quelle e le autorità che dovevano evidentemente aprire di più gli occhi e intervenire in questo campo. Purtroppo la strada dell’illegalità in questa Regione è costellata anche di silenzi e rimozioni, non solo da parte della politica, come si è a lungo detto, ma anche da parte delle Principe, io l’ho detto, ho polemizzato su questo anche con la direzione nazionale antimafia perché i silenzi e le omertà non sono state solo, come descrive la relazione della direzione nazionale antimafia, della società emiliano romagnola, sono stati anche delle autorità preposte e competenti dell’autorità, della magistratura, tanto per essere chiari, in tutti questi anni. Non facciamo con le cooperative spurie così come per il fenomeno, che vi ho descritto a grandi linee. E magari tra sette, otto anni dire: «Oh, ma esiste anche questo da noi». Ecco perché noi come consulta, nell’ultima consulta, abbiamo deciso di istituire un tavolo specifico su questa materia che investe anche il tema delle cooperative spurie, è tutto il tavolo che investe la materia degli appalti illeciti di manodopera al quale abbiamo invitato tutti i soggetti appartenenti alla consulta di indicare i propri rappresentanti, specialisti e tecnici per poter essere nel tavolo. Non sta a me naturalmente dire se si può o no costituire o se si dovrà o no costituire la Commissione tematica. Nel caso in cui ci fosse, come proponeva la consigliera Gibertoni, propongo che le due lavorino insieme per evitare di fare più tavoli e perché ci sia una sinergia di risorse e di forze, che operano nella stessa direzione. Ma questo lo deciderete voi.

    C’è un aspetto che riguarda anche l’Ispettorato del Lavoro e su questo credo dovremo esercitare tutti insieme un’iniziativa perché l’Ispettorato del Lavoro arriva fin dove può arrivare, sappiamo tutti che hanno una forte carenza di organico, più volte denunciata, ha accettato (non è poco) di far parte come componente della consunta regionale della legalità, in genere gli organismi statali non si piegano facilmente a far parte di organismi promossi da istituzioni locali o regionali, hanno accettato, invece, in uno spirito sano di collaborazione, ma più volte ci segnalano la loro impossibilità o impraticabilità nello svolgere fino in fondo la loro attività perché appunto con scarso organico, dotati di scarse risorse e su questo dovremmo anche cercare di sollevare di più la denuncia e l’iniziativa nei confronti del Governo centrale. Non mi stupisce che anche qui siano emerse sfumature diverse, posizioni diverse, le conosciamo da tempo, su una cosa però credo non possiamo e non dobbiamo fare un passo indietro, su una cosa non possiamo essere divisi, sul tema che appunto in questa Regione, come in tutto il paese, l’impresa sana, l’impresa che opera nella legalità è l’impresa che si deve assolutamente affermare perché ne va anche della capacità di rappresentanza delle associazioni di categoria, laddove si dovesse tollerare l’impresa insana, che fa una concorrenza sleale a quelle che sono la stragrande maggioranza delle imprese del nostro sistema, che sono quelle sane e che operano nella liceità. Se noi consentiamo, nel nostro sistema, che si possano inserire e quindi soppiantare, operando nel campo della concorrenza sleale, le nostre imprese sane di questa Regione, è chiaro che queste alla fine, per poter essere competitive, seguiranno le altre e sarà tutto il sistema ad averne un forte danno. Insisto, quando dico in giro che il made in Italy e, nello specifico, il made in Emilia Romagna, che tanto noi tentiamo di promuovere, ha una sua forza che si fonda su una componente che non è soltanto il prodotto manufatto finale, ma è una componente emozionale che è dietro la sigla del made in Italy o del made in Emilia Romagna e questa componente emozionale non può essere solo rappresentata dalla storia, dalla cultura, dalla tradizione, ma deve essere rappresentata anche dal fatto che i nostri prodotti sono prodotti manufatti creati da imprese sane, che operano nella legalità perché, se passa un altro messaggio, anche quel marchio di qualità è un marchio che ne riceve un danno terribile e alla fine sarà tutto il sistema ad esserne travolto. Quindi per noi questo diventa fondamentale, anche perché travalica il tema del Codice Civile e del rapporto privato – privato. È una questione che riguarda tutti noi, riguarda questa comunità regionale, questa comunità territoriale con la storia che si porta dietro. E allora è l’interesse di tutti, possiamo essere divisi sulle modalità, sui percorsi. Questo fa parte delle proprie autonomie, ma quello su cui non possiamo essere divisi è questo concetto e questo principio che dobbiamo affermare in tutte le politiche che pratichiamo. È quello che spetta a noi prima di tutto come istituzione. Io credo che è nostro compito valorizzare laddove ci sono esperienze positive perché si può, perché se la Rossi Carni di Vignola ha potuto decidere di disdire gli appalti con le cooperative spurie e assumere i 73 dipendenti, che ha assunto, è un segnale che va valorizzato, va premiato, va esaltato, perché questa è la direzione. Se l’hanno fatto loro, lo possono fare anche altri senza aspettare poi di piangere perché le lotte, a salvaguardia dell’occupazione, stanno danneggiando l’immagine l’impresa o perché la Regione decide di passare le carte alla Procura e chiede alla Procura di guardarci chiaro. «Perdiamo le commesse perché c’è un danno di immagine», ci si poteva pensare prima al danno di immagine e operare diversamente. Chi era presente nell’ultimo incontro, che abbiamo fatto con queste due presunte cooperative, c’era con me il dottor Ferrari, c’erano i sindacalisti oggi presenti, trovarsi due presidenti che balbettano, oltre a non sapere fare un no con un bicchiere, non sanno neanche perché e come mai si trovano lì e se gli si chiede di vedere i verbali in cui sono stati eletti dall’assemblea dei soci, dicono: «I verbali non li abbiamo, sono in Camera di Commercio» e, quando gli si dice: «In Camera di Commercio non ci risultano essere depositati», ti dicono: «Non è compito mio», l’Avvocato che balbetta: «Non è compito mio» e di chi è il compito? Di chi deve essere il compito? Possiamo dire tutto quello che ci pare, ma su un punto non possiamo non essere d’accordo: noi non possiamo farci prendere in giro (e dico in giro per non dire altro), tanto come istituzione possiamo farci prendere in giro perché questa è una clamorosa beffa e presa in giro che non possiamo tollerare! Ecco perché le carte passano alla Procura della Repubblica di Modena e non come ha titolato la Gazzetta: «Contro Castelfrigo», contro le cooperative, il consorzio e non contro Castelfrigo. Poi è ovvio, ci sono le responsabilità anche di Castelfrigo e sarà bene appunto che da qualche punto di vista la Castelfrigo si assuma una sua responsabilità e anch’essa ci metta del suo per superare questa situazione che si è venuta a determinare. Quindi le mie non sono conclusioni, perché è un intervento tra gli altri, tra i vostri perché l’attività adesso deve proseguire su tutti i fronti, però voglio concludere soltanto con auspicio, che faceva il consigliere Alleva, e che condivido: piacerebbe anche a me che su questo l’Emilia Romagna (come è stata sul Testo Unico perché siamo la prima e unica Regione ad avere adottato un testo di quel genere, adesso sono le altre Regioni che ci chiedono come costruirlo, ci chiedono consulenza per andare nella nostra direzione), proprio per le ragioni che ho detto prima, potesse avere una sua affermazione, come la Regione che salvaguardia il suo marchio di qualità, dove dentro il marchio di qualità ci sono il rispetto dei diritti dei lavoratori, dei contratti firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi e di un’impresa sana che ha saputo far forte questa Regione e che non può tollerare e permettere che un cancro possa in qualche modo devastarla. Questo è il mio auspicio e spero su questo davvero che potremo lavorare tutti quanti insieme.

     

    PRESIDENTE: Il tema resta aperto, ma questa Commissione si chiude qui.

    Ringrazio tutti gli intervenuti, buonasera.

     

    Espandi Indice