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Legislatura X - Commissione per la parita' e per i diritti delle persone - Resoconto del 21/05/2018 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 5

    Seduta del 21 maggio 2018

     

    Il giorno 21 maggio 2018 alle ore 15,30 è convocata, con nota prot. n. AL.2018.30897 del 16/05/2018, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale di ricerca e studio sulle cooperative cosiddette spurie o fittizie.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    SABATTINI Luca

    Presidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    BESSI Gianni

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    6

    presente

    GIBERTONI Giulia

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    3

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    presente

    BAGNARI Mirco

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    5

    presente

    BOSCHINI Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    CALIANDRO Stefano

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Misto

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    IOTTI Massimo

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    4

    assente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MUMOLO Antonio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    ROSSI Nadia

    Componente

    Partito Democratico

    2

    assente

    SENSOLI Raffaella

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    assente

    SERRI Luciana

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    assente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ZAPPATERRA Marcella

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

     

    È presente il consigliere: Alessandro CARDINALI in sostituzione di Nadia ROSSI.

     

    Sono altresì presenti i consiglieri Manuela RONTINI e Katia TARASCONI.

     

    Partecipano alla seduta: Francesco Milza (Presidente Confcooperative ER), Giovanni Monti (Presidente Legacoop ER), Alberto Armuzzi (Presidente Legacoop Servizi ER), Massimo Mota (Vice Presidente AGCI ER), Emanuele Monari (Funzionario AGCI ER), Lorenzo Fae (Settore sindacale AGCI ER) Rossi

     

    Presiede la seduta: Luca SABATTINI

    Assiste la segretaria: Primarosa Fini

    Funzionario estensore: Enzo Madonna

     


     

    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO.

     

    -Audizione di AGCI Emilia-Romagna, Confcooperative Emilia-Romagna e Legacoop Emilia-Romagna.

    SABATTINI, (Presidente): Buonasera a tutti, con oggi cominciamo una serie di sedute in cui andremo ad audire tutti i soggetti sottoscrittori del Patto del lavoro interessati ovviamente alla natura dell’oggetto della nostra commissione di studio. Con oggi partiamo, credo anche doverosamente, dalle associazioni di rappresentanza del mondo della cooperazione che dopo vi presenterò.

    L’audizione di oggi la imposterei come abbiamo impostato le precedenti, quindi con una relazione introduttiva delle tre centrali di rappresentanza del mondo della cooperazione. Abbiamo oggi l’onore di avere qui il presidente di Confcooperative Francesco Milza, con il direttore dottor Rossi, il presidente di Legacoop Giovanni Monti e il presidente di AGCI dottor Motta. Darò la parola e cominceremo con l’intervento del dottor Milza, in qualità di presidente di Confcooperative Emilia-Romagna. Direi, facciamo prima di tre interventi introduttivi e poi parola ovviamente ai commissari per le domande di approfondimento.

    L’importanza dell’audizione di oggi sta proprio nel cercare di andare a collegare anche, frutto delle sedute precedenti, soprattutto penso alla prima audizione che abbiamo fatto con Unioncamere, quindi anche il valore dell’iscrizione dei soggetti cooperativi alle centrali cooperative che in quell’audizione abbiamo sottolineato come elemento differenziale anche eventualmente come un marker potenziale per l’individuazione di quella che è la cooperazione spuria. Credo che sia opportuno oggi cercare anche di capire esattamente il valore dell’iscrizione e anche il percorso di revisione che i soggetti iscritti alle tre centrali cooperative, oggi qui presenti, fanno nei confronti dei loro associati. Credo che ci sarà tanto materiale e tante domande potenziali che potremo fare come Commissione, anche visto il parterre degli invitati. Quindi non rubo altro tempo, chiedo al dottor Milza di iniziare il suo intervento.

     

    MILZA: Grazie, Presidente. Prima di tutto un ringraziamento all’Assemblea regionale e a questa Commissione speciale per aver costituito questa Commissione sulle cosiddette “cooperative spurie”. Un tema che a noi soggetti di rappresentanza di buona parte di quella che è la cooperazione in questa regione tocca particolarmente. Insieme, nell’ambito del panorama regionale, rappresentiamo circa 2.800 cooperative su quelle che sono le cinquemila presenti in regione Emilia-Romagna e che generano l’80 per cento del fatturato del sistema cooperativo in questa regione e oltre l’80 per cento degli addetti. Un tema che ovviamente ci tocca particolarmente, un tema su cui abbiamo iniziato qualche anno fa un percorso di sottoscrizione di una iniziativa di legge popolare, in parte accolta nell’ultima Finanziaria, ma ancora in buona parte giacente presso le Camere e a cui abbiamo espresso alle forze politiche la richiesta di aderire a questa richiesta che ci tocca particolarmente.

    La nostra funzione ovviamente è di rappresentanza del mondo della cooperazione, ma anche una funzione di vigilanza che ci spetta in funzione di una delega del Ministero dello sviluppo economico. Una delega che riguarda solo ed esclusivamente le cooperative aderenti e che in questa regione è un istituto che viene svolto o annualmente o biennalmente, a seconda della tipologia delle cooperative e del fatturato, e che in questa regione, per quanto riguarda le tre associazioni qui presenti, supera il 99 per cento delle revisioni. Quindi praticamente tutte le cooperative aderenti vengono ad essere vigilate. Oltre a questa attività le cooperative che richiedono l’adesione alle centrali cooperative hanno una sorta di chiamiamolo preesame, quindi di verifica dei requisiti mutualistici rispetto all’adesione alle centrali cooperative.

    L’aspetto della revisione è per noi molto importante, che è stato oggetto anche di confronto con il Ministero, soprattutto per il fatto che le cooperative non aderenti dovrebbero essere vigilate e revisionate da parte del Ministero del lavoro e spesso passano anni senza che avvenga la revisione, aspetto che non solo penalizza, ma rende particolarmente difficile tracciare e monitorare l’aspetto delle cosiddette “cooperative spurie” attraverso l’istituto della vigilanza. Quindi il problema della cooperazione spuria è un problema che abbiamo già in alcuni termini affrontato per quanto riguarda quello che possono essere gli strumenti per cui si possa verificare la falsa cooperativa o quali possano essere gli indicatori che possono determinare questo tipo di indizio.

    Normalmente per la nostra esperienza che viviamo prevalentemente anche attraverso i territori è un modello che si genera soprattutto nelle cosiddette “cooperative labour intensive”, dove è più forte e concentrata la presenza di lavoratori, spesso anche stranieri, quindi con scarsa conoscenza di norme, leggi e i dettami di costituzione di una cooperativa e del cosiddetto “scopo mutualistico” che deve essere insito nella cooperativa stessa. Quindi uno dei primi problemi che abbiamo visto è la scarsa conoscenza da parte dei soci di queste cooperative di cosa significa lo strumento cooperativo e qual è lo scopo mutualistico. Quindi è davvero importante trovare delle griglie che siano oggettivamente mirate, quindi la partecipazione dentro la cooperativa nelle assemblee, il tema della patrimonializzazione delle cooperative; molto spesso cooperazione spuria è indice di scarsa patrimonialità della cooperativa stessa, normalmente i livelli di indebitamento molto forti; il tema della redditività: sono cooperative normalmente che nel giro di qualche anno aprono e chiudono, quindi con un turnover molto forte; l’anzianità della cooperativa, quindi cooperative a durata molto breve; riscontri oggettivi anche su quelli che sono i livelli retributivi dei soci, cioè il parametro fatturato e ore lavorate è normalmente, da qualche nostra indagine campione, il 30 per cento in meno rispetto al rapporto dentro una cooperativa che rispetta i contratti collettivi di lavoro e che approccia al mercato in maniera regolare. Chiaramente sono indici che andrebbero poi declinati in un modello, in una modalità. Certamente un altro indice importante che vediamo (spesso ci viene segnalato dalle cooperative) sono i parametri economici di offerta commerciale che generano certamente da una parte dumping sul fronte della cooperativa, ma generano iniqua retribuzione dei soci lavoratori sul fronte del costo del lavoro. Il parametro è più o meno sempre questo 30 per cento che abbiamo già visto anche sul rapporto ore lavorate/fatturato.

    Questi sono in grande sintesi gli elementi su cui noi riteniamo si debba provare a lavorare. Riteniamo che ci siano anche gli “strumenti”. Pensiamo agli osservatori provinciali sulla cooperazione, dove ci sono sul tavolo le organizzazioni sindacali, le organizzazioni di rappresentanza, gli istituti di controllo e di vigilanza (dall’Ispettorato del lavoro all’INPS e all’INAIL); spesso si nota una difficoltà a reperire, a incrociare dei dati che probabilmente, messi a sistema, potrebbero generare una capacità di lettura superiore rispetto a quello che avviene oggi.

    Certamente il tema della vigilanza è un tema per me fondamentale; abbiamo visto, attraverso l’istituto della vigilanza e della revisione interna – parlo per la mia organizzazione, per Confcooperative – solo nel biennio 2015/16 noi abbiamo fatto 125 proposte di provvedimenti, tra cui quarantasei scioglimenti, quindici sostituzioni di liquidatori, quarantotto liquidazioni coatte. Da questo punto di vista l’attenzione elevata su questo problema ovviamente ha generato una griglia più stretta rispetto al tema della falsa cooperazione o della non corretta applicazione di quelli che sono i dettami di una gestione corretta del sistema cooperativo.

    Io lascerei magari per qualche approfondimento, se i miei colleghi vogliono dire qualcosa.

     

    MONTI: Io credo che il lavoro di questa vostra Commissione sia, come diceva il presidente Milza, molto importante. Noi abbiamo bisogno di contrastare, di combattere false cooperative in ogni modo, nel senso che abbiamo davvero la necessità, oltre alle azioni che stiamo cercando di fare, che abbiamo fatto direttamente come centrali cooperative, che nel territorio si sviluppi una consapevolezza che utilizzare, oltre che ad essere false cooperative, cooperative false rappresenta una distorsione del mercato e una messa in difficoltà delle cooperative vere sia dal punto di vista dell’immagine che dal punto di vista della competitività e della capacità, quindi, di portare a casa lavoro tutelato e lavoro che sia naturalmente retribuito secondo quanto previsto dai contratti nazionali dei vari settori di attività.

    Bisogna che, come abbiamo letto dai vostri lavori che hanno visto in questi mesi attivare percorsi e valutazioni, ci sia una forte volontà ad essere propositivi e capaci di mettere in campo proposte concrete per realizzare l’obiettivo che il presidente Milza e anch’io un attimo fa dicevo. Quindi abbiamo bisogno davvero di unire le forze, di capire quali sono le ulteriori messe in campo di energie che ci consentano di ottenere il risultato.

    Prima di tutto bisogna far approvare a livello nazionale la legge che nel 2016, con centomila firme – come veniva detto prima – abbiamo depositato al Senato. Poi abbiamo trasformato, abbiamo chiesto ad un gruppo di parlamentari di mettere in campo una vera proposta di legge di natura parlamentare, mentre la nostra era una sollecitazione politica, una proposta di legge di natura popolare che richiede le cinquantamila firme. Noi ne abbiamo raccolte il doppio, facendo di quella discussione una discussione che è andata tra la gente nelle nostre comunità. Purtroppo, a parte alcune importanti assunzioni di trasformazioni in legge avvenute con la legge di bilancio del 2018, approvata nel dicembre 2017, per esempio il divieto da parte delle cooperative di avere un amministratore unico che non sempre è segnale di falsa cooperativa, ma è un indicatore importante che avevamo messo anche tra le motivazioni della raccolta firme. Si tratta di riprendere quella legge. Potrebbe essere anche oggetto di una vostra riflessione per capire se la legge che giace oggi in Parlamento, per mia ignoranza non so se è una legge arrivata nel Parlamento precedente, credo sia decaduta definitivamente e quindi va ripresa e ripresentata. Quindi bisognerebbe che una pluralità di forze politiche si mettesse in condizioni di poter ripresentare quella legge nei tempi più rapidi possibili e, se è necessario, partendo dalle considerazioni che farà questa Commissione, cercando magari di implementarlo ulteriormente. L’importante è che non ci si metta nel giro della discussione, dell’implementazione e non si raggiunga il risultato. Lo dico perché abbiamo vissuto nella legislatura precedente una serie di percorsi che alla fine non hanno consentito in quel Parlamento di arrivare all’obiettivo. Quindi questa è la prima questione che credo dobbiamo mettere in campo. Si tratta poi di capire, rispetto anche ad una serie di modificazioni che abbiamo chiesto all’impianto, partendo dalla riforma articolo 116 della Costituzione, se per esempio si potesse valutare in futuro, intanto bisogna che il Ministero si attrezzi e gli vengano date le risorse per poter fare le verifiche alle cooperative che non hanno l’iscrizione ad una centrale cooperativa, perché altrimenti il rischio è che nessuno di quelli non iscritti o una percentuale molto bassa, come in questi anni è avvenuto, venga verificato dal Ministero dello sviluppo economico, ma valutare anche che non sia la dimensione regionale quella più adatta a svolgere la vigilanza per le cooperative non iscritte alle centrali. Per cui credo che questa sia un’altra delle valutazioni che bisogna fare in tema di strumenti per verificare chi è e chi non è. Avete proposto anche un percorso per individuare degli indici che consentano di costruire delle mappature che naturalmente devono essere tutte verificate, perché si fa fatica ad avere degli indici che siano accusatori di un percorso. Però ci sono degli strumenti, quelli che venivano ricordati prima dal presidente Milza, che devono effettivamente attivarsi, oltre a tutti gli strumenti che lo Stato ha a partire dalla Guardia di finanza fino a tutte le strumentazioni che servono per raggiungere l’obiettivo.

    Se c’è bisogno di ulteriori approfondimenti, siamo a vostra disposizione, però il nostro impegno che ribadiamo tutti e tre è un impegno molto forte, perché la vostra Commissione abbia buon esito e porti a casa anche qualche risultato concreto nella lotta alle false cooperative.

     

    MOTTA: Non aggiungo molto a quanto detto dai miei colleghi, perché il tema è quello, è stato centrato dagli interventi precedenti. Aggiungo che le vittime della falsa cooperazione non sono solo i concorrenti, cioè le cooperative sane che applicano i contratti e che quindi finiscono per essere meno competitive di quelle che chiamiamo “spurie”, è l’idea stessa di cooperazione che viene messa in discussione. Molti di voi avranno visto probabilmente in questi giorni “Report” che ci mostrava delle situazioni di degrado nel mondo del lavoro veramente sorprendenti nel nostro Paese. Sorprendenti per chi guarda la tivù, un po’ meno per chi vive questo mondo quotidianamente.

    I parametri sono difficili da mettere a fuoco perché avrete capito bene, le cooperative che muoiono presto come si fa a capire quand’è che una cooperativa muore presto? Dopo che è già morta, non gli corri più dietro. Oppure quanto è partecipata la vita della cooperativa da parte dei soci, altra roba che noi ci sforziamo anche in casa nostra di fare questo tipo di verifica, ma non è mai semplice, però qualcosa si può fare.

    I veri temi che possiamo elencare sono anche altri, a partire dal ruolo di committenti. Seduti qua di fronte ci sono dei colleghi che stanno con le maniche tirate su e le mani dentro a questo tipo di mondo un po’ tutti i giorni e lo sanno, spesso e volentieri la committenza di queste cooperative di lavoro offre attività a prezzi che non permettono di rispettare i minimi sindacali. Questo non è un indicatore difficile da individuare, sono appalti spesso molto noti, che è lo stesso che vi ha raccontato “Report” nei giorni scorsi. Però anche da questo punto di vista credo che ci vorrebbe una sensibilità molto precisa, molto forte, molto puntuale rispetto a queste cose.

    Un vecchio tema, invece, per tornare ai ragionamenti dei miei colleghi, una vecchia battaglia delle nostre centrali che ormai sento da più di quindici anni è che noi come associazioni siamo strutturati per svolgere le ispezioni alle nostre cooperative, ma potremmo, con il nostro armamentario, svolgere le stesse ispezioni anche per le cooperative non iscritte alle nostre centrali, se da parte pubblica ci venisse dato questo tipo di missione o di delega, chiamatela come volete. È chiaro che non ci è mai arrivata risposta, altrimenti non saremmo qua o ci saremmo per un fenomeno molto minore rispetto a quello che è attualmente. È chiaro che, se le ispezioni, così come altre materie rivendicate dalla Regione Emilia-Romagna stessa, ma anche da altre Regioni, in questi mesi, fossero dentro quel pacchetto, probabilmente anche mettere a punto delle strategie condivise sarebbe più facile che farle per tutto il livello nazionale che ovviamente è una dimensione che inevitabilmente complica la vita a tutti quanti. Non vorrei aggiungere altro.

     

    SABATTINI, (Presidente): La parola ai commissari.

     

    ALLEVA: Io vorrei tornare su questo concetto delle cooperative spurie. Questa Commissione vuole proprio mettere a fuoco questo concetto, il nostro fine poi è quello di dare un giudizio che possa diventare anche un progetto di legge, ma talvolta ho l’impressione che con questo nome in realtà ci si riferisce a realtà diverse, realtà nelle quali quello che dovrebbe essere lo spirito, la causa della cooperazione non viene realizzata e questo può accadere per vari motivi, anche se secondo me la cooperativa che chiamiamo “spuria”, quella che vogliamo eliminare appartiene ad un tipo preciso di quelli che sto per elencare. Non possiamo avere, per esempio, delle imprese cooperative strutturate, anche ben strutturate, effettivamente produttive, ma in cui è debole la partecipazione democratica, in cui nella realtà sono delle cooperative di tipo oligarchico e sicuramente la cooperazione non può essere una oligarchia. Io ho conosciuto delle grosse cooperative che avevano anche migliaia di dipendenti in mano a dodici soci fondatori. Questa è una cooperativa spuria o è una cooperativa regolare, visto che per il resto è una bella imprese? Che però di cooperativo ha molto poco. Sarebbe stato forse meglio averne fatta una spa. È questo o per cooperativa spuria intendiamo quelle cooperative che si rendono responsabili di evasione di tanti tipi, un po’ di tutti i tipi? Sono quelle a vita breve, come dicevate voi. Niente di più simpatico di non pagare l’IVA, poi a fine anno chiudi bottega te ne vai. O altre cose di questo genere. Parlo di IVA, posso parlare di contributi, eccetera. Sono dei fenomeni che stanno tra il criminale e il furbastro. Poi c’è quello che, secondo me – ma vorrei una vostra conferma – sono quelle che più direttamente ci interessano e sono quelle cooperative leggere che forniscono manodopera e spesso manodopera anche di ceti deboli, cooperative che sono formate al 95 o al 100 per cento da extracomunitari, gente che parla a malapena l’italiano, eppure, secondo loro parteciperebbe alle assemblee, eccetera. Io qui ritengo che, almeno per quello che mi riguarda, il fenomeno veramente interessante sia questo qui; nel generale processo di separazione del lavoro dall’impresa, l’impresa respinge la responsabilità, l’imprenditore respinge le responsabilità del lavoro e quindi vuole che il rapporto lavorativo faccia capo ad un terzo, in modo da raggiungere il massimo della flessibilità, la cooperativa è uno strumento perfetto apparentemente, meglio delle agenzie di somministrazione (che costano pure caruccio) e che permette quello che abbiamo letto: costi del lavoro tra le cooperative non iscritte e quelle iscritte alle confederazioni una differenza del 30/40 per cento e non si capisce bene perché vengono utilizzate. Questo è quello che vorrei sapere da voi, quando parlate di cooperative spurie parlate essenzialmente di queste, delle cooperative che prendono gli appalti ad alta intensità di lavoro? Perché, se è questo il centro del problema (e io ritengo che sia questo, ma questa è una mia valutazione), il problema della cooperativa spuria va affrontato con degli strumenti coerenti a questo.

    Faccio un ragionamento che forse potrà essere meglio apprezzato qui da qualche collega legale, però è abbastanza semplice. Noi, rispetto alla problematica dell’impresa leggera, anzi, super leggera che è composta praticamente soltanto di lavoratori, i quali vanno poi a lavorare da un’altra parte, abbiamo avuto una evoluzione giurisprudenziale fino ad un certo punto abbastanza poco numerosa, poi invece, ma in un campo vicino che però per me è molto interessante, davvero importante. Come è affrontato il problema della cooperativa leggera, una cooperativa che fornisce manodopera in appalti di mera manodopera? La giurisprudenza migliore ha richiesto per questi appalti che l’appaltatore, cioè l’impresa cooperativa (quasi sempre perché potrebbe anche non essere cooperativa) fatta di lavoratori sappia esprimere però uno specifico know how. Il problema non è quello o solo quello di cui normalmente si parla, ricavando all’articolo 29 della legge Biagi che i lavoratori soci della cooperativa siano diretti da una persona della cooperativa, da un caposquadra anch’esso socio; il problema è che occorre che vi sia un valore aggiunto che, attraverso questo affidamento il datore di lavoro, il committente raggiunge e che non sia soltanto quindi un moto di deresponsabilizzazione o magari di sottosalario. Ci fu una sentenza bellissima risalente ad alcuni anni della Corte di cassazione proprio sul concetto di appalto di mera manodopera, nel qual caso condotto da un appaltatore che era una cooperativa. Per l’esattezza una cooperativa di esperti informatici. Però qui le sentenze, le pronunce non sono molte, direi che sono un po’ delle rondini e invece lo stesso concetto torna, è tornato prepotentemente, e qui bisogna saper fare il link giuridico, quando si è parlato di un argomento diverso: l’articolo 2112 (Trasferimento d’impresa). Se ciò che viene trasferito è un insieme di lavoratori, una squadra di lavoratori, una rete di lavoratori (il caso tipico erano gli informatori farmaceutici), è o non è un passaggio d’impresa? Il che significa, tradotto, quella che passa è o no un’impresa o sono soltanto singoli rapporti? Qui la giurisprudenza si è moltiplicata nel dire che, se non vi è un know how che questi lavoratori esprimono, un valore aggiunto particolare, non è un’impresa. Allora torniamo indietro all’appalto dalla cessione d’impresa: se non è un’impresa, non c’è appalto, perché l’appalto suppone l’impresa. Ho fatto un link giuridico un po’ ardito, ma secondo me ci sta tutto.

    Quando noi parliamo delle cooperative spurie, il problema che dovremmo porci è questo: sono cooperative leggere che in sostanza offrono manodopera dei soci? Se è questo, ricorre il requisito del know how specializzato particolare o no? Perché, se questo ricorre, non è impresa. Così come non sarebbe impresa, qualora volessimo avere una cessazione o un subentro nella medesima. Questo, a mio modo di vedere, è un po’ il cuore del problema da un punto di vista teorico, però non so quali sono e voi lo sapete invece o, forse, dovreste saperlo, anche se ovviamente le cooperative spurie non sono le vostre, di capire di che cosa effettivamente si tratta. Consideriamo cooperative spurie le cooperative che sono imprese, società lucrative mascherate? Questo potrebbe essere un discorso. Oppure che sono enti che vivono ai margini del rispetto delle leggi o della tutela dei diritti oppure il problema delle cooperative spurie è proprio quello: che sono imprese non-imprese, imprese le quali in realtà mettono a disposizione soltanto prestazioni di lavoro?

     

    BESSI: Io due piccole domande ai nostri ospiti, che ringrazio della presenza e anche della disponibilità come è stata presentata di fare questo approfondimento, ma ad anche altri. La problematica di cui trattiamo oggi chiaramente interessa tutto il tessuto economico e sociale della nostra regione e del nostro sistema Paese, quando chiaramente ci sono forme che mettono in difficoltà tutto ciò che è sana economia e sana imprenditorialità nelle forme che il nostro Paese, la Costituzione prevede. Avete parlato della legge nazionale che avete presentato nella scorsa legislatura e ne approfitto se in questo percorso di presentazione della legge avete fatto o siete a conoscenza se ce ne sono altre di proposte di legge su questo importante tema. Noi, per quanto abbiamo raccolto un indice di giurisprudenza, non ne siamo a conoscenza, però è sempre meglio, anche se la domanda può essere sicuramente banale, farla.

    Dall’altra parte, quindi chiaramente questa proposta, se è una proposta articolata e di sistema per quanto riguarda il sistema della cooperazione oppure va a cogliere solo ed esclusivamente diversi provvedimenti che riguardano esclusivamente le cooperative spurie/fittizie o comunque troviamo anche un nome più comprensibile anche alla comunità più vasta che è la nostra società. A questo va aggiunto chiaramente che sulla proposta di legge nazionale che avete fatto, mi sembra di aver colto dalle parole del presidente Monti una disponibilità per fare anche ulteriori approfondimenti. Quindi credo che su questi tre/quattro punti non solo delle risposte, la vostra opinione e come dedicare la giusta attenzione alle vostre proposte.

     

    BOSCHINI: Anch’io ringrazio per gli interventi e l’illustrazione che ci è stata fatta oggi e coglievo l’occasione della presenza del sistema cooperativo nel suo complesso per porre sia un problema di ordine più tecnico, ma anche per fare una considerazione più di carattere economico, di settore. Quindi non soltanto approfittare delle competenze giuridiche e dirigenziali che avete rispetto al modo delle cooperative, ma anche della conoscenza che avete del sistema economico in cui operate.

    Rispetto al primo punto vorrei approfondire un pochino il sistema di controllo del mondo cooperativo. Sappiamo che è un problema serio, ma voi stessi ci avete richiamato il fatto che il mondo cooperativo, anche quello che lavora in maniera virtuosa, efficace che conosciamo bene tutti ha le sue difficoltà a far funzionare pienamente a volte nelle piccole cooperative gli organismi di controllo e quindi questo sappiamo e prendiamo atto e non vogliamo trascinare in una considerazione di ordine puramente giuridico tutto questo mondo anche efficace e virtuoso. Però vi chiedevo la vostra percezione sullo stato dell’arte rispetto alla difficoltà che qualcuno ci trasmette del fatto che in tante cooperative non sono nominati i revisori, che gli organi di controllo statutari più elementari sono spesso in una situazione di non piena legittimità, anche le funzioni di controllo in qualche modo esterno previste sulle cooperative non sempre sono efficaci e allora, sapendo che soprattutto le cooperative spurie normalmente viaggiano lontano chilometri dal sistema associativo e quindi non sono cooperative associate, e quindi non potete voi averne alcun tipo di controllo di garanzia, mi chiedevo qual è lo stato dell’arte complessivo del sistema dei controlli sul movimento cooperativo e sulle cooperative in particolare e chi potrebbe essere in grado in qualche modo, senza creare controlli eccessivi e opprimenti, di attuare qualche forma di controllo maggiore su quelle che dovrebbero essere le caratteristiche proprie nel sistema di controllo e che non sempre ci viene detto vengono effettivamente applicate in tante cooperative.

    Io però sono convinto che la strada giuridica, con il collega Alleva ogni tanto discutiamo, non sia la strada principale per tenere sotto controllo i fenomeni sociali. Ci mancherebbe altro, le leggi ci devono essere, ma è anche vero che, quando ci sono le leggi e poi non si applicano, servono davvero a poco e vuol dire che non prendono carico delle realtà in maniera efficace. Allora volevo allargare un po’ un ragionamento a questo: adesso noi siamo partiti a parlare di cooperative spurie chiaramente sull’onda della filiera delle carni, ma non è l’unica filiera di cui ci stiamo occupando e non vogliamo occuparci solo di questo, sappiamo che ci possono essere e ci sono tanti problemi nella logistica o in altre possibili filiere, vi chiedo quindi da questo punto di vista un ragionamento un po’ più economico. Avete già fatto degli accenni su questo: esiste secondo voi la possibilità nel mercato determinato dalla globalizzazione, dalla forte riduzione dei costi che viene imposta dalla competitività di Paesi a volte anche distanti pochi chilometri da noi, dove si possono ottenere lavorazioni sottocosto con estrema facilità, esiste in qualche modo una strada che è anche in qualche modo di virtuosità economica per evitare che l’unico elemento sia quello di farsi competizione sul prezzo del lavoro, così come avviene normalmente all’origine delle cooperative spurie? Insomma, oltre ad affrontare il tema in termini giuridici, c’è qualcosa che noi possiamo fare nella revisione dei meccanismi economici, nella revisione delle nostre filiere, della loro struttura, delle loro catene di subfornitura che in qualche modo consenta di difendere economicamente la qualità e la remunerazione del lavoro e il lavoro effettivo di cooperative che siano degne di questo nome oppure il contesto economico è tale per cui inevitabilmente ci sarà sempre qualcuno che, addirittura per sopravvivere a volte ci viene detto, è costretto a fare questo tipo di escamotage? Cosa che naturalmente non ha valore, però così ci viene detto.

     

    GIBERTONI: Io vorrei ringraziare i relatori che sono qua presenti oggi, perché credo che sia importante ricordarci che siamo qui anche per valorizzare la cooperazione sana. È una ripetizione, l’ho già detto anche altre volte e l’ho detto anche quando ho richiesto che l’Assemblea legislativa votasse questa mia proposta di una Commissione sulla cooperazione spuria, ma perché credo che si debba anche partire da lì: dirci – e ce lo dicono tanti cittadini e anche tanti lavoratori – che la cooperazione e importante salvaguardarla nella sua tradizione, nell’immagine di valore aggiunto che porta ad una tradizione che in questa regione è forte e quindi nell’ambito di un sistema sano che è basato su quei valori della mutualità che non abbiamo bisogno di ricordare qui e che non meritano di essere contrastati o di essere messi a repentaglio, perché prevale l’immagine negativa di chi valorizza invece una concorrenza sleale.

    Voi avete parlato brevemente delle ricadute negative che la cooperazione spuria porta, crea a danno della cooperazione sana, quindi della cooperazione vorrei dire, della cooperazione come noi la intendiamo, come vorremmo che fosse soltanto in quella accezione; ci piacerebbe ad un certo punto arrivare a dirci che non c’è la cooperazione sana e quella spuria, c’è la cooperazione che si impronta a dei valori che restano quelli del dettato costituzionale e poi c’è l’illegalità, c’è qualcosa che non è cooperazione. Avete detto brevemente, non so se possiamo anche se volete dare un’opinione del tutto qualitativa di questo danno di immagine, di questo danno di competizione sleale, di concorrenza sleale, oltre ovviamente al portato di illegalità che ce lo ricordiamo tutte le volte e non ci fa piacere, ma è doveroso farlo, che vogliamo sradicare dalla nostra regione. Se volete magari fare un commento in più su questo.

    Poi, visto che siamo in contatto con tanti lavoratori, oltre che cittadini, che ci tengono come noi a fare in modo che non ci sia più una ricaduta così negativa, e potenzialmente sempre più negativa tra l’altro, sulla cooperazione che conosciamo in Emilia-Romagna, vi chiedo – e credo su questo almeno di sapere, di conoscere la risposta – se anche voi concordate sulla necessità di reintrodurre quei reati relativi all’esercizio della somministrazione di manodopera e quindi i reati relativi agli appalti illeciti di reintrodurli dal punto di vista di reati veri e propri, quindi non soltanto di reati sanzionabili dal punto di vista amministrativo ma di reati sanzionabili nell’ambito del codice penale.

    Poi come valutereste una norma che, in caso di somministrazione di lavoro abusiva o comunque di somministrazione illecita, mascherata o pseudo appalti, preveda che i lavoratori siano considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni. Come valutereste anche – questo lo riporto perché ci è stato segnalato da alcuni lavoratori che hanno a cuore la questione – una regolamentazione che prevedesse per la somministrazione l’obbligo di applicare condizioni economiche normative non inferiori a quelle dei dipendenti dell’utilizzatore e la responsabilità solidale diretta delle aziende utilizzatrici con il suo amministratore per il pagamento di tutti quei trattamenti retributivi dei contributi previdenziali senza limiti temporali, se non quelli dell’ordinaria prescrizione dei diritti. Quindi la prima è una vostra opinione.

     

    SABATTINI, (Presidente): Se non c’è nessun altro, aggiungo due o tre domande anch’io molto telegrafiche. La prima è per sapere se, mettendo insieme i soggetti iscritti alle tre centrali cooperative – parliamo ovviamente del territorio emiliano-romagnolo – voi sareste in grado di fornirci una localizzazione territoriale dei soggetti iscritti alle tre centrali, anche per vedere se territorialmente questo è un elemento che può aiutarci ad individuare eventualmente dei marker. Non ne ho assolutamente idea, però può essere eventualmente un elemento. Vi chiedevo se era possibile avere un po’ più chiaro, anche ricollegandomi all’intervento del consigliere Boschini, se da una parte c’è una valutazione (credo corretta) dello stato dell’arte dei controlli, mi piacerebbe avere qualche informazione in più sul percorso delle revisioni che i soggetti iscritti all’interno delle centrali cooperative subiscono, in modo tale da riuscire ad avere qualche elemento in più per capire come funzionano i percorsi di revisione e quali dati sono in possesso delle centrali di rappresentanza cooperativa, perché la quantità dei dati, che è un po’ questa la mission che ci siamo dati come Commissione: quella di cercare di capire quante informazioni tutti i soggetti interessati possono avere e se, messi insieme tutti questi elementi, possono permetterci di individuare delle liste selettive.

    Un’altra domanda molto telegrafica è se vostra analisi avete stimato quello che può essere l’effetto economico della cooperazione che non rispetta le leggi, quindi questa che definiamo la cooperazione falsa o spuria e se, in quanto vostri iscritti, voi siete in grado di mappare i contratti applicati all’interno. La cooperativa A iscritta a Legacoop quale tipo di contratto applica? Questa informazione del singolo soggetto è un’informazione che può essere condivisa, che può essere inserita, incastrata insieme ad altre informazioni, magari provenienti da altri soggetti? Penso ai dati della struttura dei soggetti imprenditoriali come sono i dati che abbiamo già visto con Unioncamere, come se, insieme alla definizione del soggetto, quindi della forma anche di amministrazione, del numero di componenti e della tipologia di lavoratori che sono inseriti all’interno di questo soggetto vi sia anche una mappatura dei tipi di contratto che vengono applicati all’interno. Anche per riuscire a comprendere che le cooperative sane applicano contratti sottoscritti magari dalle associazioni a maggiore rappresentatività, magari ci sono invece soggetti imprenditoriali che applicano sì contratti nazionali, ma quelli magari sottoscritti da soggetti poco rappresentativi.

    L’altra informazione. Visto che mi sembra ci sia, anche nelle vostre relazioni iniziali, una grande disponibilità nel cercare di fare tutti insieme un passo in avanti, anche cercando di andare ad esplorare un po’ delle modalità diverse con le quali abbiamo affrontato questo tema in passato, se ritenete possa essere una possibilità quella che, come associazioni di rappresentanza, voi chiediate ai vostri associati almeno le tipologie di appalto e di subappalto che questi hanno nei confronti di altri soggetti. Cioè la cooperativa A ha dieci clienti con i quali ha un contratto d’appalto, non di più, anche solo sapere per vedere quali sono le relazioni tra i vari soggetti. Ovviamente non si può andare dal punto di vista economico per il fatto che poi c’è ovviamente la concorrenza e ci mancherebbe altro, però volevo capire se voi sareste in grado eventualmente di mappare questo elemento, anche perché sarà poi la stessa domanda che farò ai soggetti che rappresentano più fortemente la committenza. Penso a Confindustria prima di tutto, perché questa è un’udienza conoscitiva per il mondo della rappresentanza della cooperazione, ma è chiaro che oggi in una qualche maniera la Commissione sta chiedendo anche a voi come forma di rappresentanza la disponibilità di mettersi in gioco, insieme a noi, nel cercare anche di provare, condividendo le informazioni che ognuno riesce a reperire, quella che può essere eventualmente una procedura o una piattaforma che integri tutte queste informazioni che ci permetta poi di arrivare eventualmente a delle liste selettive che semplifichino dall’altra parte anche la forma dei controlli, che fondamentalmente si riassume anche nella domanda di che cosa può fare la politica per risolvere un po’ questo problema, ma che cosa pensate anche che le forme di rappresentanza possano creare in più per aiutarci a risolvere questo problema.

    Chi vuole cominciare a rispondere? Il presidente Milza.

     

    MILZA: Per quanto riguarda il tema posto dal commissario avvocato Alleva è un tema tecnicamente molto interessante. Per quanto riguarda le carenze, l’individuazione del soggetto della cosiddetta “cooperativa spuria” o falsa cooperativa, spesso e volentieri sono dei combinati disposti, non c’è una caratteristica unica, quindi il tema della partecipazione, così come il tema dell’evasione, dell’elusione sia contributiva che retributiva che è attiva con tra l’altro dei livelli di responsabilità che si restringono e si allargano, penso che lei, a seconda di quello che è il tema dell’evasione, perché sul tema dell’evasione che solleva risponde direttamente la cooperativa e finisce lì la filiera della responsabilità, sul tema invece della responsabilità contributiva e retributiva risponde in solido anche il committente, seppure, come in qualche maniera faceva notare la commissaria Gibertoni, per un limite di tempo che sono i due anni. Vero è che il tema dell’appalto di servizio, perché tale dovrebbe essere e non dovrebbe, anzi il subappalto di manodopera è vietato in questo Paese, dovrebbe essere un subappalto di servizio, cioè all’interno di una filiera di produzione e lavorazione ci dovrebbe essere demandare da A a B una certa attività che deve essere ben definita con un aspetto giustamente, come sottolineava lei, di valore aggiunto che si crea in relazione all’attività che si svolge e di autonomia gestionale, così come prevede l’articolo 29 della legge Biagi. La difficoltà sarebbe un tema centrale da questo punto di vista per individuare se questa è l’impresa, perché qui la caratteristica è che non sono né imprese e neanche cooperative, quindi è il combinato disposto; molto spesso la difficoltà è definire, declinare anche dal punto di vista giuridico il tema di questa autonomia gestionale – ragiono in un ambito che conosco – all’interno di un magazzino: spostare un bancale, un pacco, prelevarlo è un’attività o è mera prestazione di manodopera? È una difficoltà che, lei da giurista capisce bene, è estremamente difficile. Penso ad un ispettore del lavoro che va a fare una verifica di questo tipo. La declinazione di dove spesso si riesce in qualche maniera ad individuare questo tipo di mancanza di impresa e di cooperativa è la sostenibilità economica di quel tipo di attività in relazione a quelli che sono i contratti di lavoro, quindi nel momento in cui una cooperativa accetta un’attività dove in teoria non risponde neanche al criterio del costo, della sostenibilità del costo è difficile trovarci certamente un valore aggiunto. Chi è che meglio di tutti normalmente sa questo rapporto un po’ perché, avendone la responsabilità in solido, ha la possibilità di verificare per esempio il tema dell’esatta e corretta retribuzione, piuttosto che il tema dei contributi attraverso l’accesso per esempio al cassetto fiscale che alcune imprese fanno? È proprio il committente spesso e volentieri il soggetto che più facilmente può accedere o perlomeno può avere il primo segnale che quella cooperativa tecnicamente non può stare in piedi, quindi ci deve essere una motivazione diversa se non attraverso fenomeni di elusione, prima di tutti quello che ha citato lei, ed è il più semplice, è quello dell’IVA, perché cooperative che aprono e chiudono nel giro di due o tre anni e che magari movimentano 10 milioni di euro, il 20 per cento sono 2 milioni – i conti li sappiamo fare tutti – in due anni sono 4 milioni, chiude la baracca, rovinato un mercato e non pagata l’IVA, quindi un danno a tutti i contribuenti e capiamo bene come funziona, come può funzionare un meccanismo di questo tipo piuttosto che crediti d’imposta inesistenti per cui, oltre a non pagare l’IVA, non si pagano neanche i contributi sia INPS che INAIL e questo genera questo tipo di distorsione di mercato. Ma ripeto, in un costo nel mondo della logistica dove un contratto logistica e trasporti il costo è 19/20 euro, a seconda delle qualifiche che hanno gli addetti, se il valore medio di quell’appalto è 15 euro, uno lo capisce perfettamente. Per quello citavo prima uno degli elementi di rapporto fatturato/ore lavorate, quando ne deriva una retribuzione o un costo, una remunerazione di questo tipo è uno dei primi indici per cui non c’è la sostenibilità di qualsiasi forma di impresa, se non attraverso dei meccanismi di altro tipo. Spero di essere stato esauriente nella risposta.

     

    ROSSI: Mi soffermerei sulla revisione perché, come avrete compreso da chi mi ha preceduto, noi poniamo una grande attenzione a questo strumento, perché, se esercitato come va esercitato, in realtà dentro ha tutte le indicazioni e tutte le informazioni che servono per poter capire se una cooperativa svolge il proprio lavoro a seconda dei principi mutualistici oppure no.

    Vorrei soffermarmi anche come avviene il rapporto tra noi e le cooperative. In sostanza noi possiamo arrivare al rapporto con la cooperativa in due maniere: o perché promuoviamo cooperative noi, ad esempio giovani che si rivolgono a noi per inserirsi nel mondo del lavoro e quindi costituiscono una cooperativa o intendono costituire una cooperativa, per cui noi li seguiamo, gli prepariamo lo statuto, gli facciamo il business plan, li accompagniamo verso le banche, li accompagniamo affinché questi comincino a camminare con le proprie gambe oppure lo facciamo in presenza di aziende in crisi, dove in tanti casi in questa regione vi ricordo che noi siamo la regione che ha costituito più “workers buyout” in Italia (abbiamo mi pare oltre sessanta cooperative nate da aziende in crisi) e quindi questo è un altro di quei fenomeni che ci consente di poter accompagnare questi lavoratori verso la creazione di impresa. Oppure altre forme, altre categorie, anche il ricambio generazionale: a volte ci troviamo di fronte a degli imprenditori che non hanno la successione, per cui i lavoratori possono essere quelli che prendono, attraverso una forma cooperativa, questo tipo di aziende. L’altra strada è quella delle cooperative che chiedono di aderire ad una centrale cooperativa. La revisione quando scatta? La revisione viene fatta in maniera biennale per le cooperative “normali” che viene fatta annualmente per le cooperative sociali e per le cooperative certificate (quelle grandi cooperative che, in rapporto al numero dei soci e del fatturato, hanno dei fatturati, dei volumi molto ampi), per cui diciamo che le cooperative sociali di qualsiasi genere e le grandi cooperative vengono revisionate tutti gli anni. In aggiunta le cooperative grandi vengono anche certificate. Qual è l’arco temporale? In sostanza succede che una cooperativa aderisce, la revisione ha un andamento biennale in genere per le cose che vi ho appena detto, per cui, se una cooperativa non appartiene alla categoria sociale o non è una grande cooperativa, la centrale cooperativa ha due anni di tempo per poter revisionare. Noi può darsi che arriviamo in alcuni casi verso la fine del secondo biennio, allora noi in quel caso ce ne accorgiamo sostanzialmente in maniera tardiva, ma altrimenti nella generalità dei casi diciamo che entro l’anno noi riusciamo ad intervenire e fargli una revisione. Quindi, per le cose che diceva anche il presidente Milza all’inizio, come vedete, quando noi ci troviamo in situazioni che non rispecchiano uno dei principi mutualistici agiamo, come delegati del Ministero delle attività economiche, e quindi prevediamo una serie di sanzioni fino anche allo scioglimento o all’esclusione da parte della centrale cooperativa. Tutto questo per le cooperative che non sono aderenti non avviene, perché, nel momento in cui una cooperativa si iscrive, diciamo che nell’arco di due o tre anni nessun soggetto pubblico interviene verso quella cooperativa, per cui c’è tutto il tempo per poter fare un’azione che va a coinvolgere lavoratori a volte nemmeno consapevoli di essere soci di una cooperativa e quindi ad eludere tutto quello che in questa sala avete già visto e avete già considerato. Quello su cui noi spingiamo è proprio il tema della revisione, perché, nel momento in cui questa viene esercitata, ci sono tutte le notizie che servono per capire. Ve lo dico proprio in maniera molto telegrafica. La prima parte riguarda i requisiti: confrontare se quello che è scritto in statuto e l’attività che viene svolta è coerente. La seconda parte è legata al tipo di attività, che attività si fa, quindi si va proprio nello specifico di quella che è l’attività. Poi la verifica della prevalenza, perché la cooperativa può essere a mutualità prevalente o non prevalente. È prevalente quando, se si tratta di una cooperativa di lavoro, il 51 per cento del costo del lavoro è riferito ai soci; se fosse minore, non sarebbe una cooperativa a mutualità prevalente. Se si parla di una cooperativa di conferimento, quindi cooperative agricole di trasformazione frutta o altre materie agricole, se il conferimento è maggiore del 51 per cento rispetto al prodotto acquistato, quindi non proveniente dai soci è a mutualità prevalente, altrimenti non lo è, quindi hanno un trattamento fiscale di natura diversa. Si fa tutta un’indagine sulla base sociale, noi andiamo anche ad elencare anche se sono presenti stranieri, di che nazionalità, la provenienza e quindi la percentuale di stranieri o meno. La verifica su ristorni. Nel caso di cooperative di lavoro sapete che entro la chiusura del bilancio sociale, oltre a quanto è il salario, si possono dare ristorni, quindi qui si capisce se c’è un’azione di mutualità interna ulteriore. Tutto il tema del prestito da soci che è stato recentemente riformato con l’ultima legge di bilancio, che ha preso in parte quelle cose che dicevamo noi. Nella proposta di legge sulle cooperative spurie – o false cooperative, come riteniamo meglio chiamarle – avevamo fatto delle proposte e una parte di queste sono state recepite per quanto riguarda il discorso del prestito da soci. Adesso ci sono dei limiti molto più stringenti del fatto che i soci possono prestare soci alla cooperativa. Poi il raggiungimento dello scopo sociale, tutti gli indicatori di bilancio a seconda se siano cooperative che usano il metodo srl o spa e, infine, la tenuta dei libri sociali, la partecipazione alle assemblee: se c’è una cooperativa che ha il 10 per cento di partecipazione della base sociale e che si ripete nel tempo, questo è un indice su cui noi interveniamo e segnaliamo e chiediamo il perché. Infine una cosa che è banale, se volete, è la firma della revisione. Questo plico deve essere firmato, controfirmato non solo dal revisore ma anche dal presidente della cooperativa. Quindi tante volte noi escludiamo delle cooperative, perché non le troviamo e abbiamo notizie ad esempio in alcune province dove c’è un numero civico, dove ci sono oltre cinquanta cooperative che hanno una sede legale lì e, se voi andate a suonare, non risponde nessuno. Quindi anche se un soggetto del Ministero andasse a voler fare la verifica, è chiaro che non trova nessuno. Quello è un chiaro altro indice. Se noi non troviamo un presidente, non ci mettiamo neanche due secondi (capita raramente) a far sì che questa cooperativa sia messa fuori.

    Questo è il funzionamento della revisione, non so se sia stato chiaro, comunque siamo qua per spiegarlo meglio; chiaramente andiamo a verificare anche i tipi di contratto, perché noi come centrali cooperative siamo firmatari di contratti di lavoro, quindi è riportato nello schema di revisione e quindi siamo generalmente firmatari con le centrali sindacali maggiormente rappresentative. Qui si apre tutta quella casistica che accennava anche Milza prima sul fatto che chi applica contratti con sigle alternative, a volte nemmeno depositate, è chiaro che è un altro indice di grande pericolosità, perché il costo del lavoro sarebbe uno di quegli elementi che anche negli appalti pubblici andrebbe segnalato, perché, se noi sappiamo che in un determinato settore c’è un contratto di riferimento nazionale, sotto il costo di quel contratto è evidente che c’è tutta una serie di situazioni che – capite anche voi – si presta a tante interpretazioni.

    Sulle tipologie di subappalto diciamo che non siamo così precisi, però nelle informazioni sulle attività generali della cooperativa ci sono tutta una serie di informazioni: ad esempio, se è un mono committente. Questi sono tutti dati che noi riusciamo a rilevare, perché, se ad esempio abbiamo una cooperativa che ha uno o due fornitori, segnaliamo o il revisore segnala che questa è un potenziale pericolo, anche se non è un pericolo momentaneo. Quindi capite che noi teniamo molto a questo tema della revisione, perché ci rendiamo conto che, se tutto fosse fatto in questi termini, il fenomeno sarebbe molto limitato. Chi vuole delinquere, non aderisce a nessuna centrale, questo è fuor di dubbio, e cerca di girare nell’ombra perché in questa maniera i controlli arrivano e a volte non arrivano. Tra l’altro, ultimamente vi posso segnalare che nel 2016 c’è stata una riduzione per mancanza di fondi molto marcata da parte del Ministero, quindi c’è stata una riduzione di fondi per cui gli ispettori sostanzialmente non sono stati mandati in giro per il territorio a fare quelle ispezioni che dovrebbero fare.

     

    ARMUZZI: Alcune risposte ad alcuni punti sollevati dal commissario Alleva e dal commissario Boschini, ma per chiarezza poi, se ci saranno altre occasioni, andremo più in profondità.

    Il 2112 che è la clausola sociale prende due vie ben distinte: una è nelle relazioni pubblico/privato e questa è ricompresa (a) dal codice degli appalti, (b) dai contratti nazionali di lavoro ed è quindi l’assunzione da parte dell’impresa subentrante dei lavoratori dell’impresa uscente. Cosa diversa quando siamo di fronte ad una cessione di ramo d’azienda che è sempre un 2112, ma percorre strade completamente diverse. E qui siamo in una relazione commerciale privato e privato.

    Poneva il commissario Boschini, se non erro, una riflessione sul mercato in tutte le sue sfaccettature e se viene rispettato, se non ho capito male. Non vi è dubbio che il mercato è ampio, è vasto, va affrontato in modo diverso; visto che parliamo perlopiù di cooperazione di lavoro, come sottolineava anche il direttore Rossi, e siamo di fronte ad un mercato perlopiù pubblico; va colto con attenzione e analizzato attentamente, anche rispetto al codice degli appalti, la gara con l’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto alla gara al massimo ribasso, che sono due elementi che, sommati, fanno un tutt’uno e fanno il discrimine che rischia di toccare – e chiudo e ritorno all’avvocato Alleva – la somministrazione di manodopera e anche qui va distinta attentamente. Per noi la somministrazione di manodopera tout court va abiurata e quindi va cancellata. Un conto se parliamo di società registrate che fanno somministrazione di manodopera e che debbono avere le loro caratteristiche e quella principale è la presenza diffusa almeno di cinque sedi dislocate sul territorio nazionale. Quindi io adesso non so se avremo occasione, dopo un primo lavoro di questa Commissione, di ritrovarci per entrare un po’ più nel merito di questi meccanismi.

     

    SABATTINI, (Presidente): Volevo capire se c’era la disponibilità eventualmente o la presa in valutazione, di, visto la parte della revisione che voi comunque fatte, le cose che ci avete illustrato, la cosa che non mi è chiarissima è: voi potete condividere in modo pubblico gli elementi... un codice fiscale è associato a Legacoop, perché è iscritta a Legacoop, a Confcooperative? Quindi questo è un dato pubblico? Io non lo so, lo chiedo.

    Altro elemento: è possibile per i soggetti eventualmente aderenti avere una mappatura di quelli che possono essere i rapporti, che non vuol dire economici, non voglio sapere quanto vale un determinato appalto, ma che esista, cioè che ci sia una connessione tra un soggetto committente e un soggetto… È una cosa che vuoi mappate da questo punto di vista oppure è una cosa assolutamente impossibile? Partite dal presupposto che il lavoro che stiamo provando a fare è quello di vedere se esistono eventualmente connessioni o buchi che potremmo andare eventualmente a colmare, per cercare di fare il quadro più complessivo possibile. Prego, Rossi.

     

    ROSSI: Prima, presidente, lei mi aveva fatto una domanda rispetto all’elenco delle imprese associate, tenete conto che la Consulta della cooperazione in capo all’Assessorato alle attività economiche di questa Regione ha già rilevato l’anno scorso e quest’anno l’elenco degli associati che noi abbiamo fornito in maniera aggregata. Per cui l’elenco delle tre centrali, quindi di Confcooperative, Legacoop e AGCI, è già in possesso della Regione e quindi vedete nome e cognome e indirizzo di quelli che sono aderenti a noi.

    Rispetto all’ultima considerazione, naturalmente i presidenti qui presenti possono rispondere, chiaramente in una revisione biennale diciamo che l’interlocuzione e i processi di interscambio economico tra una cooperativa ed enne soggetti sono talmente tanti che noi non riusciamo a mapparli nella loro completezza. È chiaro che, quando facciamo la fotografia, nel momento in cui l’ispettore arriva, fa la fotografia in quel momento, ma due anni dopo oppure nel corso dell’anno successivo le movimentazioni, i rapporti sono talmente tanti che noi non riusciamo a controllarlo fino in fondo.

     

    MILZA: Su quest’ultimo tema, rispetto ai contratti in appalto, teniamo in considerazione un aspetto che presso la Direzione provinciale del lavoro dovrebbero essere depositati tutti i contratti d’appalto, tutti i contratti di importo superiore ai 50 mila euro. Quindi teoricamente presso la DPL questo tipo di contratto e di rapporto tra committente e appaltante dovrebbe essere “mappato” per valori che normalmente sono ben superiori ai 50 mila euro.

     

    MONTI: Sul tema che è stato posto relativamente al funzionamento della governance, della partecipazione anche delle cooperative nostre aderenti, noi stiamo facendo una mappatura proprio anche in questi mesi della qualità, quindi del funzionamento degli organi democratici della cooperativa, ne stiamo ricavando sicuramente un livello mediamente all’altezza della situazione, abbiamo però chiesto a tutte le cooperative per esempio aderenti a Legacoop di fare una verifica da questo punto di vista in modo puntuale, perché riteniamo che la questione della partecipazione, dell’autocontrollo sull’autogestione della cooperativa non sia uno slogan, ma possa rappresentare uno strumento anche di innalzamento culturale della dimensione cooperativa stessa.

    Cosa c’entra questo con le cooperative spurie? È evidente che, se immettiamo nel territorio una discussione ulteriore di questo tipo, è evidente che aiutiamo i percorsi di verifica anche dal basso della condizione cooperativa. Come veniva detto prima, molte delle cooperative spurie, soci o dipendenti delle cooperative spurie, soci diciamo, in molti casi non sanno neanche di esserlo. Qualcuno viene indicato come presidente e poi glielo dicono dopo che è presidente. Per cui c’è davvero una situazione che richiede una capacità di intervento, tenendo conto che questo può essere un elemento che verifica un marcatore di falsa cooperativa.

    Sul tema degli strumenti di controllo funzionano/non funzionano abbiamo ben chiarito il tema della vigilanza, perché ogni tanto, anche quando abbiamo visto delle difficoltà in una qualche cooperativa, gli stessi soci accusavano noi di non avere svolto il controllo effettivo sul loro gruppo di dirigenti. Ecco il ragionamento di prima. Quindi la qualità della governance interna è anche una modalità per rispondere da questo punto di vista.

    Noi stiamo facendo anche un’ulteriore verifica con tanto anche di formazione che stiamo facendo rispetto ai membri dei collegi sindacali e della revisione, per cui facciamo annualmente percorsi di formazione insieme tra le centrali oppure ogni centrale per conto suo, che consentano di innalzare la qualità del controllo stesso all’interno della cooperativa. Tenete presente che questo degli organi di controllo è uno dei temi fondamentali, uno dei marker che dobbiamo tentare di tenere presente per valutare anche chi li ha e non li ha. Io stavo parlando della qualità del funzionamento all’interno delle nostre cooperative, quindi, rispetto alle false cooperative, è chiaro che questo è un elemento fondamentale.

    Rispetto al tema proposto di legge, io, commissario Bessi, non ho presente, possiamo anche informarci meglio, ma potete farlo anche voi direttamente nei gruppi parlamentari a cui fate magari riferimento a livello nazionale, per capire se ci sono delle altre proposte. Quello che risulta a noi non ci sono altre proposte di legge, per cui la proposta che facevamo inizialmente di prendere in considerazione il formulato precedente fermo al Senato per vedere se c’è qualche aggiustamento da fare e poi farlo sottoscrivere dei parlamentari che ritengono opportuno sottoscriverlo con la più alta ampia rappresentanza politica, potrebbe essere uno dei terreni di lavoro anche di questa Commissione. Io credo che ci sia da questo punto di vista una capacità da parte della Regione Emilia-Romagna davvero di spingere in modo importante nel percorso di legge a livello nazionale.

    Non ricordo se ci sono altre questioni. L’ultimissima cosa che volevo dire è questa. Veniva segnalata prima dal direttore di Confcooperative Rossi, volevo puntualizzarla. Le centrali cooperative, cogliamo l’occasione di questa discussione che riguarda un argomento ben specifico, però sono sul territorio, andranno sul territorio, abbiamo sottoscritto anche un protocollo con l’ANCI, l’Associazione dei Comuni dell’Emilia-Romagna che si dovrebbe vedere al fianco dei Comuni che si rendessero disponibili come centrali cooperative regionali, ma soprattutto con le presenze nei territori, a verificare come la forma cooperativa può essere utile a costruire auto-impresa nel territorio. Così come lo fanno le associazioni artigiane del commercio per quel che riguarda quelle forme, noi siamo a disposizione da questo punto di vista. Lo dico perché, oltre a metterci a disposizione per esaminare progetti che giovani o meno giovani vogliano discutere con noi per costruire un’impresa cooperativa sapete che esistono, per la legge n. 59/92, tre fondi nazionali per ogni centrale cooperativa, poi ci sono anche quelli delle centrali che noi non rappresentiamo, che mettono a disposizione di chi parte per formare nuova cooperazione una cifra che è rapportata a quanto mettono i soci interessati. Per cui noi, per esempio, come Lega uno mette uno, noi ne mettiamo un altro. In termini di capitale e anche di finanziamento. Tutti gli anni abbiamo un fondo di rotazione, sto parlando di quello di Lega, poi potete moltiplicarlo per tre, per due e mezzo, quello che ritenete opportuno, che tra i rientri e il 3 per cento che annualmente viene versato che per le cooperative di Legacoop sono più o meno 14/15 milioni all’anno che finiscono, il 3 per cento obbligatorio degli utili viene versato in questo fondo nazionale, con i ritorni siamo più o meno a 30 milioni l’anno. I ritorni nel senso che sono capitali di rotazione quelli che si versano normalmente nelle cooperative, perché quasi mai sono a fondo perduto. Tenete presente che, per quello che ci riguarda, circa il 90/95 per cento delle risorse che vengono immesse nei progetti poi possono ritornare indietro. Questo potrà sembrarvi che non c’entri con l’argomento, ma intanto è un lancio di un’informazione che sicuramente voi avete e, se nei territori dove siete presenti, conoscete qualcuno che abbia voglia di costituire una cooperativa e di rivolgersi alle centrali cooperative (non c’è problema a chi delle tre) per avviare un percorso che studia prima di tutto il progetto imprenditoriale, perché noi far buttare via dei soldi alla gente e quindi in via preventiva, se uno si rivolge alle nostre centrali, ma penso al percorso pratico che facciamo tutti e tre, è esaminare anche il progetto industriale che qualcuno ci presenta; noi non siamo in grado di dire fate o non fate, però di dargli un consiglio se siamo completamente fuori strada oppure no siamo in grado di poterlo fare. Quindi anche dal punto di vista della selezione tra le cooperative vere e le cooperative che non sono vere possiamo, anche in via preventiva, svolgere una certa opera. Non è che possiamo garantire in assoluto tutto. Quindi lo dico con forza e questo vale anche per i VBO, come diceva Rossi prima: se ci sono delle aziende i cui lavoratori, perché sono in difficoltà in procedure, noi al Parlamento precedente avevamo chiesto di normare la stessa normativa VBO per le aziende fallite, i cui lavoratori si trasformano in cooperativa, di costruire un percorso che valesse anche per le imprese che non abbiano raggiunto il fallimento, perché, se si arriva un attimo prima del fallimento e i lavoratori acquisiscono, trasformando in cooperativa, il mercato valutando che non ci sia già decotto, probabilmente si perde meno tempo a rilanciare l’impresa. In questi anni abbiamo fatto decine e decine di queste operazioni quasi sempre su aziende saltate e poche cooperative, che purtroppo anche queste ci sono state nella grave crisi che abbiamo vissuto. Per cui un’attenzione particolare delle forze politiche anche a capire se, dal punto di vista del VBO, si potesse allargare il percorso anche alle società non fallite per intervenire così come si interviene per le altre.

    Per quello che ci riguarda, piena disponibilità ad essere al vostro fianco e vi chiediamo di essere al nostro per svolgere senza demagogia, nel senso che ci sono delle valutazioni, delle proposte, delle critiche... noi abbiamo bisogno che il progetto cooperativo che abbiamo riesca davvero ad essere capace di rispondere ai bisogni di mutualità, che è lavoro ma anche servizi, e di farlo in modo serio e in modo che rispetti assolutamente le regole della legalità e della contrattazione, quindi della remunerazione corretta del lavoro.

     

    MOTTA: Il commissario Boschini prima ci chiedeva se esistono cooperative dove ci risulta una carenza di controlli. Si riferiva alle cooperative che noi conosciamo o più in generale? Più in generale ovviamente ci risulta perché, ogni qualvolta si verificano dei fenomeni, esplodono dei fenomeni come quelli che abbiamo visto recentemente nel Modenese e anche in altre zone, salta poi sempre fuori che gli organi di controllo o gli stessi consigli d’amministrazione erano quantomeno robe inventate. Ma…

     

    (Intervento fuori microfono)

     

    È facilmente possibile perché l’ha visto anche lei: in assenza di quei controlli ispettivi, revisionali di cui abbiamo parlato finora, è chiaro che io registro una cooperativa, nomino presidente un disgraziato e un consiglio d’amministrazione di gente spesso ignara, tutto quanto va alla Camera di Commercio e poi, intanto che avviene la prima verifica che capita generalmente dopo due, tre, quattro anni, nel frattempo la cooperativa è già morta, ne è già nata un’altra e così via. Questo è quello che succede. Questo mi dà il là per rispondere un po’ più ad ampio raggio sul discorso delle revisioni. Rossi prima ha elencato abbastanza puntualmente il contenuto delle nostre revisioni, ora tenete conto di una cosa: la legge, questa idea di revisione in quanto strumento con risvolto principalmente fiscale, cioè ti dice “vai a vedere se la cooperativa è a mutualità prevalente o meno” perché, a seconda della mutualità prevalente o meno, c’è un carico fiscale diverso. Questo è il cuore della revisione. Dopo di che le nostre organizzazioni liberamente hanno deciso di introdurre elementi aggiuntivi all’interno di quelle attività ispettive in maniera tale da evidenziare altri fatti che riguardano la vita della cooperativa e, come avete sentito prima, entriamo nel merito di tutta una serie di cose. Per cui, per rispondere anche al presidente Sabattini, è possibile introdurre delle ispezioni, altri elementi, lo decidiamo noi per le nostre cooperative iscritte. Il nostro regolamento ce lo permette: se vuoi stare alle regole del nostro gioco, ci dai queste informazioni. Il risultato è quello che tutti gli anni noi esercitiamo un certo numero di diffide e anche un certo numero di messa in liquidazione di cooperative che non hanno più le condizioni per essere. Ma si può fare molto di più. Su questo tema le posso dire anche questo, in questo periodo, siccome noi abbiamo questa Alleanza delle cooperative e turniamo come presidenti, in questo periodo Milza è il nostro presidente regionale, io faccio il presidente dell’Alleanza delle cooperative di Bologna, ho chiesto ai miei colleghi di Bologna, responsabili delle revisioni, di aprire un tavolo tra noi tre, cercare di mettere in comune le nostre esperienze revisionali e cercare di creare un modello unico (ipotizzarlo per lo meno) che vada anche un po’ al di là di quello che facciamo fino ad oggi, per andare a scovare degli elementi in più. Non è semplice, però è vero, noi facciamo fatica a monitorare ogni due anni con quante imprese una cooperativa di lavoro ha fatto dei contratti. È un indicatore magari faticoso, però, se scopriamo che per due anni ha fatto contratti sempre e solo con la stessa impresa, questo ci dice qualcosa. Quindi non ci sarebbe niente di drammatico andare a cercare questo tipo di informazione. Come altre.

    La Lega cooperative – lo leggevo qualche giorno fa – ha fatto un documento per iscritto che deve essere un po’ la traccia che ispira le cooperative iscritte riguardo alla vita sociale: come devono svolgersi i consigli d’amministrazione, quale deve essere il rapporto assembleare e così via e tutte queste cose, secondo me, dobbiamo anche noi imparare a socializzarle e creare una base comune che vada a fondo. Se poi c’è la capacità di stare sul mercato globale senza cooperative spurie io dico di sì, se no arrendersi alla logica del valore più basso del lavoro francamente non aiuterebbe nemmeno la nostra economia. Come sono abbastanza d’accordo, anzi, sono d’accordo con lo spirito di proposte incisive sul malaffare, su chi falsifica il buon andamento dei mercati, perché non so se quelle che lei ha citato possono essere quelle giuste o altre, adesso ci sarebbe da ragionare, entrare nel merito delle cose, però è anche vero che in un mondo dove si rischia il penale perché ci si dimentica di leggere una PEC, quando trovo uno che fa queste robe qua francamente è giusto che l’intervento sia abbastanza severo.

     

    RONTINI: Vi ho ascoltati e, ascoltando anche la sollecitazione del collega Bessi, ho provato a fare una ricerca sul sito della Camera del cellulare, però almeno nella versione mobile non si riesce a fare una ricerca se non per numero e per firmatario di un progetto di legge. Vi posso dire come funziona in Regione Emilia-Romagna: i progetti di legge delle scorse legislature decadono a meno che non siano proprio quelle di iniziativa popolare. Non so se anche alla Camera o al Senato valga la stessa prassi e questa sarebbe cosa buona. Detto questo, le centomila firme che avevate raccolto rimangono come fatto e dato politico, io ero tra coloro che l’avevano firmata quella proposta di legge di iniziativa popolare. Faccio però una proposta al presidente Sabattini, io penso che l’invito del presidente Monti, condiviso nella disponibilità a collaborare e a lavorare insieme anche del presidente Milza e del presidente Motta, lo dovremmo raccogliere e penso che, al netto di tutto il lavoro che la Commissione sta facendo con una serie di audizioni già calendarizzate, io penso che quello che possiamo dare noi come contributo nel contrastare quelle che sono le false cooperative a tutela della buona cooperazione, mi ha fatto piacere sentire l’affermazione anche dalla collega Gibertoni, perché anche noi del Partito Democratico pensiamo che la buona cooperazione sia un tratto (non da oggi) da sempre distintivo della nostra terra, di quella che è l’Emilia-Romagna, dobbiamo quindi contrastare la falsa cooperazione, perché provoca distorsioni sul mercato, ha caratteristiche negative nei lavoratori. Quindi dico la proposta, senza andare ad incidere sul lavoro e sul programma dei lavori che la Commissione ha in essere, potremmo depositare per la prossima seduta d’Aula una risoluzione, che è lo strumento che noi abbiamo per fare un po’ di pressione politica, che impegna il Parlamento sperando che inizi al più presto a lavorare, perché in questi quasi tre mesi non è stato messo in condizione di lavorare, però porti tra i primi temi all’ordine del giorno dei suoi lavori proprio questo tema. Quindi io invito il presidente, perché lo potremmo fare come gruppi assembleari, ha sicuramente più forza – come è stato detto – se è un lavoro condiviso da tutte le forze politiche, quindi la proposta è di scrivere un testo che trovi la condivisione ricalcando quel progetto di legge d’iniziativa popolare, ma quello anche che era stato depositato e che poi vada in Aula al più presto. È il contributo che come Assemblea legislativa possiamo dare al dibattito nazionale, chiedendo anche un impegno del presidente in quanto presidente della Conferenza Stato-Regioni.

     

    ALLEVA: Due chiarimenti molto veloci. Sul tema delle revisioni mi è sembrata molto interessante la trattazione, vorrei sapere, parliamo ovviamente delle cooperative non iscritte, quelle spurie o sospettate di essere tali, si dice a quanto pare la revisione, essendo affidata ad organi ministeriali, non funziona – questo è quello che ho potuto sentire – domando: si è mai pensato di attivare un ulteriore canale di revisione o di controllo come una volta era l’articolo 2409 del codice civile che per le società consentiva non solo alla minoranza di soci, agli interni ma anche al pubblico ministero di chiedere ispezioni, provvedimenti, nominare addirittura un commissario, eccetera, che poi con la legislazione neoliberista ha ristretto questa possibilità di intervento del PM a società che attingono al mercato dei capitali di rischio. Ma ricordo bene, quando la norma aveva la sua valenza generale, molte importanti situazioni, anche problematiche qui a Bologna, furono risolte proprio da denunce delle associazioni sindacali al pubblico ministero. Questo lo ricordo bene, perché ovviamente c’ero. Noi rischiamo di trovarci in una situazione paradossale: che la revisione ce l’hanno, non vuol dire la subiscono, soltanto le cooperative iscritte, le altre no. Questo è incredibile. E se la pigrizia burocratica è incoercibile, da quello che sento, forse non lo è il potere autonomo delle forze sociali dei lavoratori stessi, dei sindacati di provocarlo per la via giudiziaria. Questo mi sembra un discorso tra l’altro concretissimo, perché ci siamo passati, l’abbiamo visto: già il 2409 va riportato alla sua primitiva efficacia, ma, a parte questo, è anche una norma specifica che apra questa possibilità ulteriore.

    Seconda cosa. Vorrei capire bene, se è possibile, una cosa per me fondamentale, la possibilità di controllo dall’esterno, se c’è e come c’è, nei fatti assembleari, delle assemblee. È mia convinzione che il fenomeno delle cooperative spurie sia basato essenzialmente su carte false, lo diceva anche lei. La cooperativa spuria fa sempre carte false, perché fa risultare delle assemblee spesso totalitarie, così si giustifica perché non ha mandato in giro avvisi, eccetera e normalmente è tutto falso, tutta una balla. Due cose. Intanto vorrei sapere quali sono in concreto le possibilità di prendere visione di questi verbali assembleari e, secondo, se non sia il caso qui di avere una legislazione di falso specifica. Nelle proposte che noi vorremmo fare, che voi vorreste fare credo che sarebbe il caso di dire che una realtà, un’entità tutelata dalla Costituzione come la cooperazione merita anche una tutela specifica di falso penale, perché, se quei documenti fossero documenti che, ove falsificati, in quanto in teoria dovrebbero invece fare fede pubblica, danno luogo al reato di falso ideologico, io credo che sarebbe finita la possibilità di funzionare, di operare. La mia domanda è questa: come si fa a vedere come è fatta la vita all’interno di una cooperativa? I libri delle assemblee come sono consultabili?

     

    ROSSI: Facciamo un passo indietro, le cooperative nel momento in cui si costituiscono devono essere registrate al Registro delle imprese della Camera di Commercio. Questo da qualche anno, quindi c’è l’albo specifico delle imprese cooperative. È pur vero che, nei casi che prima citavamo, la Camera di Commercio ci risulta che non ha possibilità di verificare o, meglio, si verifica solo a posteriori se, costituendo una cooperativa, io metto la sede legale a casa di Monti o di Milza, se ne accorgono loro due se gli arriva qualche bolletta. Quindi qui c’è un ulteriore problema di ordine burocratico da andare a verificare. Però diciamo che le cooperative che noi promuoviamo, che comunque, nel momento in cui aderiscono, cominciamo ad esaminare se sono in regola, ad esempio nelle cooperative di lavoro oltre lo statuto c’è anche il tema del regolamento interno, quindi il regolamento interno stabilisce anche le modalità di rapporti tra i soci, che tipo di contratto. Quindi questo dovrebbe essere depositato alla Camera di Commercio. Quindi teoricamente, nel momento in cui una cooperativa nasce e si iscrive alla Camera di commercio, da quel momento lì quegli atti dovrebbero essere pubblici.

    Poi sul tema ispezioni, eccetera, in alcuni casi all’inizio facevamo riferimento alle commissioni provinciali presso i Centri per l’impiego, questa è un’iniziativa di qualche anno fa del Ministero delle attività economiche ripreso recentemente con una circolare che invita adesso l’Ispettorato, perché mentre prima c’era difficoltà anche a coordinare le forze di verifica, quindi Agenzia delle entrate piuttosto che l’Ufficio del lavoro piuttosto che altri organi, oggi nell’Ispettorato dovrebbero essere ricomprese tutte quelle forze che, con un unico momento u un unico magari soggetto, riescono ad andare ad individuare tutta una serie di aspetti. In questi casi ad esempio in tutte le province c’era una prassi che è stata, proprio con una circolare di circa un anno fa, richiesta e risollecitata da parte del Ministero stesso, perché i soggetti che compongono l’Osservatorio provinciale che sono, oltre gli organi di controllo, le centrali cooperative e il mondo sindacale, segnalino casi dubbi e nei casi dubbi naturalmente addirittura la prassi voleva che, fatto cento le imprese segnalate, a parte quelle di grave entità e quindi dove si doveva intervenire subito, diciamo che, una volta individuato un certo numero di imprese, la percentuale tra quelle che dovevano essere controllate, iscritte e non iscritte, propendeva per quelle non iscritte, perché, mentre sulle iscritte avevamo già una serie di informazioni, su quelle non iscritte non c’era assolutamente niente. Quindi questo avviene fino adesso e, di fronte a segnalazioni, il Ministero interviene. Ancora oggi, per esempio proprio recentemente abbiamo avuto un’ispezione a una nostra cooperativa che, oltre alle ispezioni nostre, il Ministero a campione manda una serie di ispezioni, per verificare se anche gli ispettori nostri hanno fatto il loro dovere e quindi vanno a verificare ulteriormente. Però rispetto a quella proposta che lei faceva prima, diciamo che in questi termini non è così. Si avvicina, ma non è così tempestiva e probabilmente efficace come lei lo ricordava.

     

    SABATTINI, presidente: Se non c’è nessun altro, io chiederei ai commissari, visto che nel programma che ci siamo dati come Commissione di studio c’era tra le finalità quella di cercare di individuare le definizioni per definire la cooperazione spuria nel suo complesso e provare, se ne saremo in grado, nel corso dei nostri lavori anche di arrivare ad una proposta sia che parta dalla proposta di legge popolare sottoscritta da tanti di noi delle tre centrali cooperative, ma anche vedere se riusciamo ad inserire, attraverso anche il nostro elemento di studio, degli elementi innovativi magari anche più performanti proprio frutto degli approfondimenti puntuali che stiamo facendo; visto che – come ricordava la commissaria Rontini – è importante che questa sia una cosa che venga nel suo complesso da tutte quante le forze politiche il mandato all’Ufficio di Presidenza per eventualmente predisporre un documento, se insieme lo riterremo opportuno, per tenere comunque sempre alto il tema, ma chiederei ovviamente a tutti i commissari di ribadire l’impegno e anche l’obiettivo un po’ più alto che ci siamo posti: quello di fare noi proprio un elemento di proposta ulteriormente novativa, proprio perché frutto anche della Commissione di studio che abbiamo deciso di istituire è proprio quello di provare a portare anche elementi in più, magari anche attraverso il nostro approfondimento, essere ancora più puntuali, magari cercando di, con elementi aggiuntivi, di rendere la battaglia contro la falsa cooperazione anche uno di quei banchi di prova della condivisione di tanti soggetti diversi che, messi tutti quanti insieme, possono aiutarci a combattere questo elemento che sicuramente danneggia la cooperazione, come ricordava la commissaria Gibertoni, la sana cooperazione e danneggia tanto anche la concorrenza che va non solo contro la sana cooperazione, ma anche contro la sana impresa di tutto quanto il territorio emiliano-romagnolo. Io ci credo molto a questa possibilità della nostra Regione di essere anche apripista sotto questo tema, perché forse il perimetro regionale ci permette un qualche elemento di flessibilità in più, frutto anche della disponibilità di tutti quanti i soggetti, come abbiamo sentito oggi dalle tre centrali cooperative la disponibilità di collaborare proprio insieme per cercare di raggiungere questo obiettivo. Quindi ci tenevo a ringraziare tutti i nostri ospiti, tutti quanti i commissari e aggiornare i nostri lavori con la prossima audizione. Avete il calendario, nella prossima seduta saranno auditi i rappresentanti dei lavoratori di CGIL, CISL, UIL e UGL.

    Alla prossima seduta.

     

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