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Legislatura X - Commissione speciale tutela minori - Resoconto del 03/10/2019 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 13

    Seduta del 3 ottobre 2019

     

    Il giorno 3 ottobre 2019 alle ore 14,30 è convocata, con note prot. nn. AL.2019.21308 del 27/09/2019 e AL.2019.21468 del 01/01/2019 presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella Regione Emilia-Romagna

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    BOSCHINI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    2

    assente

    TARUFFI Igor

    Vicepresidente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    BERTANI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    CALLORI Fabio

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Misto

    1

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

     

     

     

    È presente la consigliera Luciana SERRI.

     

    Partecipano alla seduta: C. Cagossi (CGIL Reggio Emilia), R. Vignali (CISL-Reggio Emilia), C. Giovanardi (ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia)

     

    Presiede la seduta: Giuseppe Boschini

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

    Funzionario estensore: Vanessa Francescon

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    Giuseppe BOSCHINI, Presidente della Commissione. Apriamo la seduta odierna, che ha all’ordine del giorno l’audizione di Carolina Cagossi, CGIL Reggio Emilia, e di Rakel Vignali, CISL Reggio Emilia, cui seguirà l’audizione dell’onorevole Carlo Giovanardi, nella sua qualità di ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia ed eventuale dibattito e discussione.

    Non abbiamo da approvare verbali. Per cui, do lettura del consueto noioso, ma necessario disclaimer.

    Ricordo ai commissari e ai nostri ospiti che la Commissione d’inchiesta istituita in ambito regionale non gode delle prerogative di cui all’articolo 82 della Costituzione, ossia dell’equiparazione dei poteri ai limiti dell’autorità giudiziaria. L’eventuale audizione da parte della Commissione di persone indagate in procedimenti penali avviene esclusivamente in ragione del loro ruolo e della loro funzione, a prescindere dalla circostanza che si siano coinvolti o meno in procedimenti.

    La nostra istruttoria in tali casi non mira all’accertamento di eventuali reati, spettando l’azione penale esclusivamente al pubblico ministero. Gli esiti e gli atti della nostra inchiesta potrebbero tuttavia essere richiesti o messi a disposizione della magistratura.

    Ricordo ai collaboratori regionali che da parte loro non è opponibile alla Commissione d’inchiesta il segreto d’ufficio ai sensi dell’articolo 60.

    Ricordo, inoltre, ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio presenti in aula i doveri e gli obblighi derivanti dal loro ruolo in merito alla denuncia all’autorità giudiziaria o ad altre autorità che a quella abbia obbligo di riferirne di un reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale, nonché le eventuali sanzioni derivanti dalla omessa o ritardata rinuncia ai sensi dell’articolo 361 del codice penale.

    Ricordo, altresì, che ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 184/1983 i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio sono tenuti a riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazioni di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio e in caso contrario sono punibili ai sensi dell’articolo 328 del codice penale.

    Ricordo che la nostra attività è, come d’ordinario, soggetta alle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali e in particolare la normativa che tutela i dati sensibili dei minori, nonché le norme in materia di offesa dell’altrui reputazione.

    Infine, si fa presente che l’audizione, oltre a essere verbalizzata integralmente in forma audio e trascritta, è soggetta a diffusione in diretta tramite streaming sul sito istituzionale dell’Assemblea legislativa, salvo diversa indicazione o richiesta.

    Pertanto, ricordo che la normativa vigente prevede sanzioni in caso di diffusione di dati sensibili e giudiziari, quali nomi di minori, persone sottoposte a indagine o altri dati e informazioni che ne consentano, anche in via indiretta, l’identificazione.

    Questo per ricordarci sempre in che ambito stiamo lavorando.

    Ricordo anche ai nostri ospiti che siamo in streaming e che l’eventuale citazione di nomi o altri elementi connessi alla privacy naturalmente avviene sotto la responsabilità di ciascuno di noi ai sensi delle norme vigenti.

     

     

    -     Audizione di Carolina Cagossi (CGIL Reggio Emilia) e Rakel Vignali (CISL Reggio Emilia)

     

    Presidente BOSCHINI. Ringrazio della loro presenza Carolina Cagossi e Rakel Vignali. Prima di dare loro la parola, perché ci hanno richiesto di iniziare da una loro presentazione, richiamo i temi che erano stati individuati per l’audizione: il punto di vista sindacale sull’organizzazione del lavoro nei servizi sociali in provincia di Reggio e in Val d’Enza e le problematiche di tutela dei lavoratori conseguenti alle recenti notizie sulle indagini in Val d’Enza.

    Non so chi delle nostre ospiti vuole cominciare per prima.

    Do la parola alla signora Carolina Cagossi. Grazie. Ha una decina di minuti, indicativamente.

     

    Carolina CAGOSSI, CGIL Reggio Emilia. Buon giorno. Sono Carolina Cagossi, componente della segreteria Funzione Pubblica CGIL di Reggio Emilia. Rakel Wiliana Vignali è della segreteria Funzione Pubblica CISL di Reggio e di Modena. Precisiamo questa cosa perché ovviamente vogliamo rendervi edotti del fatto che abbiamo delle competenze territoriali, quindi non siamo né segretari confederali, quindi né CGIL né CISL, non siamo i segretari generali delle nostre categorie, siamo componenti di segreteria e abbiamo degli incarichi limitati a degli specifici enti.

    Per quanto riguarda la vostra inchiesta, siamo le funzionarie che da due anni e mezzo io e un anno Wiliana seguiamo gli enti che compongono l’Unione Val d’Enza. Io, soltanto io delle due qua presenti, segue la ASP Sartori, a cui da gennaio 2019 è stato conferito il servizio minori. Questo nel caso ci vogliate fare delle domande per non sentirvi dire che non siamo competenti.

    Siamo funzionari politici, quindi siamo degli esterni agli enti. Tutto quello che possiamo dirvi lo conosciamo per via indiretta, quindi non abbiamo conoscenza diretta delle cose in quanto noi ragioniamo con i rappresentanti sindacali dei vari enti, ragioniamo nelle assemblee con i lavoratori e poi, eventualmente, ci interfacciamo con i confederali per una serie di rapporti che i confederali possono avere con i nostri medesimi interlocutori ad altro titolo e quindi possono essere conferenze territoriali sociosanitarie, possono essere riunioni con le presidenze dei vari enti, quindi i sindaci e le Giunte.

    Ovviamente, quando siamo state invitate abbiamo fatto un ragionamento con le RSU degli enti e con le confederazioni, quindi abbiamo dei mandati politici anche rispetto alle risposte.

    Rispetto alle premesse che ci sono state lette noi non entreremo nei dettagli né numerici, né specifici perché non ne abbiamo contezza. Questo era giusto per circostanziare, insomma, meglio ed evitare fraintendimenti.

    Partiamo dal secondo tema, che era quello della sicurezza, su cui noi facciamo un cappello introduttivo. Ovviamente, noi ci occupiamo degli enti che afferiscono all’Unione Val d’Enza e alle aziende speciali di questi enti quindi, che sono tutti i Comuni che conferiscono alla Val d’Enza.

    Abbiamo iniziato a segnalare la situazione di tensione in cui vivevano i lavoratori a seguito di alcune intolleranze nei loro confronti che poi, nel tempo, si sono anche sviluppate in maniera più consistente a partire già dal 2 di luglio.

    Vorremmo ragionare di questo con voi per spiegarvi quello che i lavoratori della Val d’Enza hanno iniziato a vivere e continuano a vivere rispetto a tutta la gestione della comunicazione e quindi di quelle che sono state le esplosioni di stampa, di enunciati politici, di varie situazioni quello che è stato vissuto e trasformato nel quotidiano di questi lavoratori.

    Queste erano le nostre azioni. Quello che abbiamo cercato di fare in diverse richieste, diversi incontri è mettere in sicurezza gli operatori, metterli in sicurezza proprio dal punto di vista fisico, dove loro hanno ritenuto di vivere dei rischi, ovviamente, delle tensioni che potevano svilupparsi da un confronto diretto, da un contrasto diretto con persone anche giustamente sofferenti e una messa in sicurezza dal punto di vista legale rispetto a tutte quelle che sono state le minacce che sono arrivate via social, via web, via posta e tutto quello che potete immaginarvi, che un po’ la stampa ha rendicontato in questi mesi. Questa era la nostra azione.

    La nostra azione si è tradotta in comunicati sindacali, in lettere nei confronti delle autorità, richieste di intervento rispetto a Questura e Prefettura. Si è tradotto in comunicati stampa che poi sono stati pubblicati da quotidiani locali, regionali e nazionali.

     

    Rakel VIGNALI, CISL Reggio Emilia. Rispetto alla sicurezza abbiamo richiesto anche lo spostamento momentaneo dei dipendenti per la sede dell’Unione Val d’Enza che si trova a Barco piuttosto che degli altri dipendenti del Comune di Bibbiano, anche per lavorare in sicurezza e in tranquillità rispetto a queste situazioni.

    Si tende a generalizzare, quindi gli attacchi che sono arrivati ai dipendenti molto spesso non riguardavano proprio l’ambito sociale. Un semplice dipendente che entrava nella sede di Barco, ad esempio, veniva comunque aggredito verbalmente, come avete anche poi letto sui giornali. Da lì è partita la richiesta, fatta più volte ai tavoli, di uno spostamento temporaneo, piuttosto che, in questo caso, chiudere l’ingresso e mettere un sistema di sicurezza, in modo tale da rendere davvero più sicuri i dipendenti.

    Adesso la situazione si è un po’ smorzata, però, nonostante questo, i dipendenti comunque non sono del tutto tranquilli, perché il clima non è più sereno. Rispetto a questo abbiamo fatto anche una serie di richieste, che sono tutte documentali, sono tutte presenti, sia sui giornali, sia proprio anche all’amministrazione rispetto a queste situazioni: sono tranquillamente reperibili.

     

    CAGOSSI. Giusto per spiegarvi la realtà di oggi. Abbiamo fatto in questi giorni una ricognizione tramite le RSU di tutti gli enti. Noi abbiamo RSU anche nella Polizia locale, quindi abbiamo cercato di capire com’è la situazione.

    Per quello che ci consta sapere ad oggi, rispetto al servizio minori, in quanto tale, tutto quello che girava intorno alla casa protetta “La Cura”, è intervenuta ovviamente l’ASL, nell’individuare, come da nostre richieste, un locale più protetto e più idoneo. Noi avevamo chiesto l’attivazione di una convenzione con le guardie giurate. Ovviamente per l’Unione fare un bando di questo tipo comportava tempi molto lunghi. Il distretto sanitario invece era già coperto da sicurezza da guardie giurate, quindi la ASL ci ha spiegato a metà luglio che avevano individuato dei locali dismessi, che erano perfettamente funzionali a creare un locale protetto, tranquillo per i bambini. Le attività sono quindi stata trasferite lì. Ovviamente, è un luogo presidiato dalle guardie giurate.

    Per quanto riguarda gli altri operatori, che per noi, ripeto, sono tutti insegnanti delle scuole materne, possono essere gli sportelli anagrafe, l’URP, le stazioni appalti, cantonieri, in realtà sta funzionando un meccanismo di questo tipo. La Polizia locale fa un passaggio settimanale, dove verifica gli appuntamenti coi cittadini che vengono eventualmente considerati problematici ovviamente da segnalazioni precedenti, quindi su supporto, non è che qualcuno lo pensa dal punto di vista soggettivo, per le comunicazioni che devono essere date, o per la storia delle relazioni con quei soggetti, ed eventualmente garantiscono la loro presenza nel momento in cui l’operatore dell’ente, chiunque esso sia, quindi non parliamo solo di servizi, debba affrontare una situazione di questo tipo. Eventualmente, chiedono la storicità di quelli che possono essere stati eventi che vanno visti e valutati dal punto di vista legale.

    Una cosa che abbiamo chiesto a più tavoli e che è stata immediatamente impostata è quella della tutela legale. Del resto, questo dovrebbe esservi noto anche dalle dichiarazioni dei vari assessori, dei vari Sindaci. All’inizio, gli operatori ricevevano sulla loro posta di lavoro, non tanto la posta privata, minacce di morte di tutti i tipi, o polemiche che potevano avere una valutazione anche dal punto di vista di una querela. Abbiamo consigliato agli enti di dotarsi di strutture legali, quindi di avvocati che potessero analizzare e decidere eventualmente quali fossero i contesti per attivare una querela di parte. Abbiamo chiesto anche di presentare denuncia alla polizia postale per tutte quelle che erano le attività sui social. Ci è stata data garanzia dall’Unione che questo avveniva.

    Le RSU ci hanno confermato che è stata data indicazione ai lavoratori, quando arriva corrispondenza, o quando ci sono situazioni particolari, di fare la segnalazione ovviamente al dirigente preposto per raccogliere e interfacciarsi con i legali. Questi aspetti sono stati curati, anche se chiaramente intervenire sulla popolazione e cambiare la cultura che si è formata velocemente in questi due mesi è molto complesso.

    Sempre su segnalazione di dirigenti, tra l’altro, venendo in treno abbiamo letto i giornali, quindi nulla di diverso da quello che c’è sulla stampa locale di oggi: vicesegretari di altre Unioni a cui il Tribunale dei minori ha affidato temporaneamente il riesame di un centinaio di casi che erano invece di pertinenza della Val d’Enza, ci hanno segnalato che queste situazioni di tensione si stanno verificando anche nelle Unioni vicine, su operatori che nulla hanno a che vedere con l’indagine. È una situazione di tensione che si sta estendendo oltre la Val d’Enza.

    Noi però non seguendo questi enti nella maniera specifica, vi possiamo solo riportare quello che qualche vicesegretario ci ha segnalato essere, o quello che tutti voi potete leggere dai giornali reggiani oggi, le dichiarazioni degli assessori del Comune di Reggio Emilia.

     

    Presidente BOSCHINI. Vi ringraziamo di questa introduzione.

    Se qualche collega vuole porre domande, iniziamo con il giro delle domande. Normalmente operiamo così: raccogliamo una o due domande, a seconda della loro complessità, e se voi prendete nota, cerchiamo di rispondere nella maniera più puntuale possibile e di non tralasciare nulla di quello che ci viene richiesto.

    Consigliere Callori.

     

    Consigliere Fabio CALLORI. Grazie, presidente e grazie anche alle due rappresentanti sindacali che oggi audiamo.

    Non ci raccontate nulla di nuovo, nel senso che noi in questa Commissione più volte abbiamo dato solidarietà non solo a chi lavora e ha lavorato bene nell’ambito dei servizi sociali, ma anche a quelle strutture, tipo le case-famiglia, che hanno avuto problemi anche loro. Anche la casa-famiglia, infatti, è un terminale che a volte viene accusato, ma senza che ce ne sia motivo, perché i ragazzi vengono mandati lì.

    Non so più di tanto cosa dire sulle vostre dichiarazioni. Le soluzioni sono due: o chiudiamo e non diciamo più che non è successo niente in Val d’Enza, quindi nessuno più avrà problemi; oppure, se andiamo avanti con delle audizioni, e siamo avanti, se c’è un’indagine che va avanti, è chiaro che ci sarà sempre qualche persona che poi esagera e magari avrà comportamenti non consoni. Anche perché, non dimentichiamoci, e chi ha fatto l’amministratore lo sa bene, gli uffici dei servizi sociali io li ho sempre descritti dei porti di mare, nel senso che entra di tutto. Quindi, o in tutti gli uffici mettiamo delle guardie giurate che fanno un test a chi entra; oppure, è chiaro che sono uffici, per il lavoro che svolgono, e anche chi ci lavora sa chi ha davanti, perché in quegli uffici entrano persone che hanno problemi di tutti i tipi, persone di ogni razza e che hanno problemi di qualsiasi tipo.

    È chiaro che in quella zona il tema si è accentuato. Ma perché si è accentuato? Non sto giustificando chi fa minacce, ma si è creato un problema. Allora: prima risolviamo il problema e capiamo dove c’è stata la falla e chi l’ha creata, per evitarlo; e prima, io penso e mi auguro che questi comportamenti finiscono. Oggi non c’è nessun motivo, ripeto, e in questa Commissione non ho mai sentito nessuno che ha voluto aizzare gente contro i servizi, ma abbiamo sempre detto che come in tutte le ceste qualche mela marcia c’è.

    Nei servizi sociali, dove pure ci sono persone che operano in modo esemplare, non tutte però hanno operato in questo modo. È chiaro quindi che queste sono purtroppo cose che non dovrebbero succedere; però io non me la sento neanche di dire “lasciamo stare, perché sennò abbiamo minacce dalle persone”.

    Questa Commissione deve andare avanti, la magistratura deve fare chiarezza e arrivare alla fine per poter risolvere ed evitare che risucceda quello che è già successo.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, Callori. Più una considerazione. Prego, consigliere Calvano.

     

    Consigliere Paolo CALVANO. Grazie, presidente. Ringrazio le nostre ospiti.

    Innanzitutto, una premessa, a mio avviso doverosa. Se c’è qualcuno che in Val d’Enza ha sbagliato deve ovviamente essere punito nelle modalità che si prevedono di fronte ad errori o a comportamenti sbagliati.

    Però da parte nostra, e mi sento di parlare non solo a nome personale, ma a nome di chi rappresento politicamente, c’è davvero vicinanza verso tutto il settore, verso tutti gli operatori del welfare che si muovono e lavorano ogni giorno per cercare di rendere migliore la qualità della vita nei nostri territori. Lo dico perché credo che in questo momento ci sia bisogno di dirlo, e di dirlo in maniera molto esplicita. Anzi, forse potrebbe essere l’occasione per capire se si può fare di più verso chi lavora, chi fa l’assistente sociale, e che magari non ha tutte le condizioni lavorative ideali per poter svolgere al meglio il proprio lavoro.

    Questa è la premessa, che ritengo doverosa e che faccio con voi, visto che rappresentate nel vostro territorio quei lavoratori e quelle lavoratrici.

    Passo a una domanda, che in realtà è un’interlocuzione, un consiglio. Noi dovremmo arrivare con questa Commissione a redigere una relazione in cui dobbiamo proporre anche delle soluzioni, laddove ci possano essere stati dei problemi, per evitare che i problemi si ripetano. Penso che le esasperazioni e le strumentalizzazioni politiche che ci sono state sui fatti della Val d’Enza obiettivamente abbiano criminalizzato il ruolo degli assistenti sociali in modo molto pericoloso. Pericoloso perché rischiano di minare la bontà del servizio che queste persone mettono in campo.

    Credo che, nella logica del voler guardare avanti, noi si debba (come Istituzione e anche come politica, ma restiamo al campo istituzionale) capire se si possono mettere in campo iniziative per ridare slancio ‒ lo slancio che merita ‒ alla figura dell’assistente sociale e per fare anche un’operazione informativa e formativa nei confronti dei cittadini sul loro ruolo. Credo che debba essere nostro interesse ridare forza a quelle figure, perché sono davvero molto importanti. Se avete idee su come poter aiutare il sistema, da questo punto di vista, ben vengano. Dovendo noi fare una relazione su quello che è successo, ma soprattutto sul futuro, su quello che dobbiamo fare, cerchiamo di capirlo insieme.

    Chiudo, anche in questo caso, con una considerazione. Il minore può trovarsi di fronte a due situazioni analogamente sbagliate. La prima: di fronte a un allontanamento ingiusto, che è una situazione sbagliata. Se viene allontanato in modo sbagliato o senza ragioni vere dalla propria famiglia c’è un problema. C’è un problema analogo, però, se rimane in una famiglia che mette in condizioni di pericolo quel minore. Quindi, la famiglia stessa.

    Oggi siamo nella condizione in cui, dal punto di vista pubblico, quello che fa rumore è l’allontanamento erroneo. Fa meno rumore oggi, nel dibattito pubblico, la permanenza del bimbo in una famiglia dove, in teoria, sarebbe meglio che venisse anche solo temporaneamente ‒ soprattutto solo temporaneamente ‒ allontanato. Può essere che tra qualche mese ci troveremo a discutere anche di questo. In entrambi i casi ci troviamo in mezzo gli assistenti sociali, quindi il ruolo di quei lavoratori.

    La mia considerazione alla richiesta precedente va in questa direzione: come possiamo essere utili, come Istituzioni, come politica, nei confronti di una figura che ha una delicatezza enorme per tutto il sistema. Al pari di tante altre figure fondamentali nel nostro sistema, dagli insegnanti ad altre figure, credo sia giusto poter tutelare e valorizzare al meglio quella figura.

     

    Presidente BOSCHINI. Se le nostre ospiti vogliono già interagire rispetto a queste considerazioni/domande, possono farlo.

    Prego.

     

    CAGOSSI. Intanto ringraziamo le posizioni di entrambi, perché sono entrambe solidarietà che porteremo ai lavoratori. Una cosa sicura è che in questo frangente ci sono alcune persone indagate e non sta a noi dare un giudizio in merito. Come avete premesso, non è una sessione inquirente. C’è tutto un altro mondo ampio che, in mezzo a questa problematica che è scoppiata, ha continuato a testa bassa a lavorare e ha bisogno di un supporto molto forte. Entrambi i vostri interventi lo sono. Noi li porteremo e cercheremo di spiegare ai lavoratori il ruolo di questa Commissione.

    C’è bisogno che ai lavoratori arrivi proprio quello che voi state cercando di costruire, cioè un nuovo metodo. Quello su cui abbiamo cominciato a discutere nei nostri incontri parziali con gli amministratori del luogo è stato proprio il fatto di dire: da tutto questo cerchiamo di trarre insegnamento per essere propositivi e provare a ricostruire un modello che tenga conto di questi errori.

    A mio avviso, ognuno deve, giustamente, esprimere il proprio punto di vista. Rispondendo al consigliere, non credo ci sia da tacere nulla. Non era questo il nostro intento. Il nostro intento era dire come fare a ridare tranquillità a questi operatori e sicurezza ai dipendenti pubblici e anche ai dipendenti di cooperative in appalto che lavorano congiuntamente a questi operatori, per riportare i cittadini ad avere fiducia nei servizi, che comunque ritengo che nella zona siano capillari e siano stati rispondenti alle esigenze. Facendo delle rilevazioni per poter provare a costruire una contrattazione territoriale nei confronti del territorio della Val d’Enza, avevamo rilevato che scoperture di servizi effettivamente non c’erano. A Reggio Emilia, ma nello specifico ‒ io non abito in Val d’Enza ‒ parliamo della Val d’Enza, avevamo visto che i servizi c’erano e c’è un riscontro positivo da parte dei cittadini. Non vogliamo che questo cortocircuito temporaneo diventi sistema. Noi vorremmo il contrario.

    Nessuno vuole che le guardie giurate sovraintendano il lavoro dei servizi. Io ho seguito sindacalmente per dieci anni le guardie giurate, conosco bene il loro lavoro. Possono essere un deterrente psicologico. Non è tanto quello. Sicuramente considerare che l’operatore dei servizi è esposto in una maniera eccessiva, quindi creare percorsi dove, eventualmente, si possa cercare di proteggere un po’ di più, come un po’ si sta facendo adesso. La Val d’Enza sta in parte rispondendo, anche se in maniera emergenziale. Si possono sviluppare meglio queste tecniche.

    Quello che abbiamo chiesto anche prima, rispetto all’emergenza, era di trovare un modo per cui eventualmente vicino alle case in cui si facevano gli incontri ci fosse un normale presidio di polizia locale che svolgesse attività amministrative, ma che in qualche modo si facesse capire che c’era un controllo e che non ci fosse l’escalation della mancanza di controllo da parte di un familiare piuttosto che di qualcun altro. In generale, andare a ricostruire un sistema di fiducia.

    Personalmente, in questo momento risposte tecniche non so suggerirle.

     

    VIGNALI. Volevo solo completare dicendo effettivamente quello che stiamo portando avanti da subito, già dai primi giorni di luglio. Bisogna porre l’attenzione della figura dell’assistente sociale, che è la prima interfaccia verso cui la famiglia problematica si pone. È la prima risposta che molto spesso alcuni soggetti con difficoltà incontrano nelle Istituzioni. Quindi, è importante che questa figura venga valorizzata.

    Noi avevamo cominciato a ragionare sulla possibilità di definire una sorta di procedura, anche in questo periodo un po’ emergenziale, quindi cercare di dotare di maggiore sicurezza, con la presenza anche di un esperto giuridico in grado di partecipare agli incontri oppure cercare di definire insieme agli esperti nell’ambito sociale, nell’ambito del welfare una procedura di incontri piuttosto che di relazioni, in modo tale da dare maggiore sicurezza e tranquillità rispetto alle valutazioni che l’assistente sociale fornisce. Il rischio in questo momento è che ogni valutazione dell’assistente sociale possa essere messa in discussione o comunque che non ci sia più quella fiducia che c’è sempre stata, soprattutto nella realtà di questa regione, nella figura dell’assistente sociale. Quindi, attraverso una procedura ‒ io la definisco così ‒ cercare di consentire maggiore serenità, anche per non mettere successivamente in discussione l’assistente sociale che ha lavorato in buona fede e ha fatto la sua valutazione e non attaccarlo successivamente. Altrimenti si perde proprio la fiducia, la sicurezza in questa istituzione, che, ripeto, soprattutto nella realtà degli ultimi anni, è la prima persona che il soggetto con difficoltà incontra. Quindi, deve avere fiducia in lui.

    Ammetto che si tratta di un procedimento complesso, difficile. Sicuramente ci sono persone all’interno del welfare che stanno valutando e hanno sicuramente più risposte di noi. Però, come primo impatto, abbiamo cominciato a ragionare anche su questo procedimento.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Si sono prenotati i colleghi Prodi e Galli.

    Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera Silvia PRODI. Ringrazio le rappresentanti sindacali per la loro presenza, per il loro impegno. Mettere un accento più forte su quello che è successo a valle dell’onda mediatica anomala che si è abbattuta sui lavoratori della Val d’Enza credo sia fondamentale. Da quello che ricordo non c’è stata mai nessuna onda simile, con questa veemenza, peraltro sospinta anche da una fortissima strumentalizzazione da parte di alcune forze politiche, ma anche mediatiche.

    Magari dateci qualche esempio pratico per farci capire di cosa stiamo parlando. Mi risulta che ci fossero delle sedi di lavoro… Non sarebbe giusto nemmeno linciare un assistente sociale e tanto meno la persona che magari è in indagine. Già queste sono visioni primitive, però nella fattispecie venivano accerchiati e offesi anche ruoli lavorativi che nulla hanno a che spartire con questa vicenda.

    Magari se ci date qualche esempio, senza nomi, proprio per capire la gravità di quello che è avvenuto e che sta avvenendo, anche perché questa pressione mediatica potrebbe anche essere interpretata come un deterrente verso l’autonomia e la serenità con cui i servizi devono poter lavorare, ovviamente.

    Per questo già il collega Calvano aveva chiesto qualche idea su come ovviare. Invito a fare un ragionamento collettivo in un’idea di prevenzione, vedere magari di stilare dei protocolli che riguardino inchieste particolarmente sensibili, protocolli fra le Istituzioni, la politica e i mezzi di comunicazione forse sarebbe una cosa civile, iniziare a pensare a come ci si esprime e in quali contesti, perché, secondo me, fa proprio parte del fatto che la tutela del servizio pubblico dovrebbe passare anche da una disciplina che ci si dà quando si parla di eventi e di rispetto del lavoratore. Questa è una prima parte.

    L’altra, invece, è sull’organizzazione del lavoro. Posto che adesso i lavoratori hanno anche uno stress aggiuntivo, però riguardo all’organizzazione del lavoro in situazione standard qual è la vostra conoscenza del sistema di organizzazione del lavoro, del carico di lavoro degli operatori, della chiarezza anche procedurale, del contesto in cui si trovano a lavorare e anche sul tema delle esternalizzazioni se, come sindacato, avete portato avanti dei documenti. Mi interessa una visione rispetto all’organizzazione del lavoro. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Galli, facciamo una cosa: siccome sono tre o quattro domande, facciamo rispondere prima a queste e poi le do la parola.

     

    CAGOSSI. Volevamo dire questo: visto che ci sono competenze diverse, dalla consigliera Prodi anche noi abbiamo ricavato più domande. A una parte risponderà la collega Vignali e a una parte risponderò io.

     

    VIGNALI. Per quanto riguarda i casi successivi al 28 giugno, effettivamente, sia nella realtà di Barco sia nella realtà di Bibbiano, gli altri dipendenti, perché comunque operano lì rispetto all’anagrafe – Barco è la sede proprio dell’Unione Val d’Enza – per sentirsi maggiormente al sicuro hanno chiuso le porte, si sono chiusi dentro sostanzialmente, anche per non ricevere lettere o persone che li seguivano. Hanno cercato in prima battuta di crearsi una sicurezza all’interno proprio della sede comunale. Oltre a lettere o alcuni articoli che sono usciti sui social, in prima battuta sicuramente si sono chiusi a chiave, dentro, fisicamente proprio.

     

    CAGOSSI. Il discorso massivo delle mail sulla posta dell’Unione o del Comune, che ora sono tutte in mano ai legali, ha estremamente spaventato, così come tutta questa violenza sui social.

    In generale, oltre agli operatori qualche scossone l’hanno preso anche le strutture private che operano in accreditamento. Senza fare nomi, una coordinatrice di una struttura ci ha detto che questa estate non riusciva a trovare personale per le sostituzioni estive perché le persone – l’impresa ha sede a Reggio e quindi faceva reclutamento su Reggio – quando sapevano che l’unità lavorativa dove dovevano andare a lavorare era Bibbiano facevano partire i rifiuti, con tutta una serie di conseguenze precise. Principalmente parliamo di minacce di morte via mail, via lettera, telefonate.

    Il 2 luglio un operatore ci ha raccontato che, solo per quella giornata, ha ricevuto venticinque telefonate di morte, giusto per spiegarvi cosa voleva dire. Adesso sta scemando. Continuano ad arrivare, ma sta scemando. Però, specifico questo. Per quanto riguarda l’organizzazione, vi rispondo io perché, come vi ho detto, sono quella che segue il Sartori. Rispetto all’organizzazione noi esattamente il 4 dicembre dell’anno scorso abbiamo avuto l’incontro con l’Unione che ci spiegava lo spostamento al Sartori del Servizio minori, quindi 13 operatori più un amministrativo e mezzo, che componeva quello che era il gruppo minori.

    Ovviamente, questo trasferimento aveva il benestare dell’assemblea dei lavoratori, ma anche il nostro perché lo spostamento in un’azienda speciale permetteva fondamentalmente di andare a rispondere a una serie di esigenze organizzative, in primis quella di consolidare, tramite concorso pubblico, che poi è stato fatto un mese e mezzo dopo, due mesi dopo, figure che, diversamente, sarebbero state flessibili. “Flessibili” vuol dire contratti a termine che non avevano una stabilizzazione in quella che si chiamava un tempo pianta organica, che ormai non esiste più legalmente, ma il concetto è questo.

    È chiaro che la storia della politica pubblica di questa azione, quindi i vari Governi che si sono succeduti hanno portato a un blocco di fatto delle assunzioni, a un blocco nella spesa generale del personale, hanno, di fatto, limitato fortemente le risposte organizzative rispetto ai servizi.

    Le aziende speciali – la ASP è un’azienda di questo tipo – hanno possibilità di fare assunzioni, possibilità di fare investimento sul personale e quindi sicuramente, da questo punto di vista, la risposta c’era stata rispetto ai numeri che stavano emergendo dalla conduzione e dalle linee di indirizzo sui servizi.

    I servizi per adulti sono rimasti dentro l’Unione, il servizio minori è andato al Sartori.

    Il Sartori ci ha permesso di dotarci di legali, un po’ come stava dicendo Wiliana. Ci ha permesso di dotarci delle telecamere di ripresa di tutti i colloqui, quindi dare molto più garanzia all’operatore anche dal punto di vista di quelle che potevano essere le ripercussioni, perché ovviamente il Sartori aveva la capacità di spesa in tutte queste tecnologie e in queste strutture che, diversamente, all’interno dell’Unione, con il blocco assunzionale non si potevano fare.

    Questo è un problema. Quindi, se ci chiedete un’opinione sulle esternalizzazioni ve la possiamo dare – io vi do quella, ovviamente, della mia organizzazione, che è la CGIL – partendo da questa storia. L’esternalizzazione sta diventando un fatto necessario se le Amministrazioni vogliono garantire un determinato servizio alla cittadinanza. Se io non posso assumere, se io non posso investire, ma contemporaneamente devo dare il medesimo servizio ai miei cittadini, da qualche parte devo trovare qualcuno che mi riesce a dare una risposta organizzativa.

    Siamo d’accordo sugli appalti. In generale non possiamo contestare a priori le capacità professionali di una cooperativa, piuttosto che di una società privata. Ci sono ottimi professionisti. In generale, nelle strutture che seguiamo noi, ci sono cooperative, che tra l’altro sono sempre rappresentate nelle nostre stesse organizzazioni, perché dove si tende a esternalizzare si usa il contratto delle cooperative sociali, e ovviamente noi siamo i firmatari del contratto e della cooperazione sociale. Sindacalmente, ho qualche dubbio nel momento in cui ho delle diversità retributive di 200-300 euro mensili. Questo però risponde all’esigenza di tagli e di contenimento della spesa sociale.

    Sugli appalti, come sull’organizzazione, sindacalmente noi abbiamo un limite, che deriva dalla normativa Brunetta, che ha impedito alle organizzazioni sindacali di occuparsi di organizzazione. L’organizzazione quindi è un tema che non è oggetto di confronto sindacale. Poi è chiaro, noi facciamo il nostro mestiere, quindi spingiamo, cerchiamo di buttare sotto un altro nome una domanda che in realtà è organizzativa: se dall’altra parte c’è un dirigente che ha un interesse a far partecipare i lavoratori alla costruzione di un progetto, ovviamente qualche informazione te la dà; ma un confronto diretto sull’organizzazione come noi vorremmo non l’abbiamo.

    Stessa cosa sugli appalti. Noi abbiamo ottenuto il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, nello specifico delle funzioni locali solo a maggio del 2018, e lì siamo riusciti a mettere l’obbligo di un confronto preventivo sulle esternalizzazioni. Ma dopo dieci anni di abitudine da parte dei dirigenti a non fare confronti sulle esternalizzazioni, stiamo cercando di crearla, la cultura a supporto di questo rinnovato diritto. Spesso e volentieri quindi sugli appalti ci arriviamo a posteriori. La gara d’appalto cioè è stata fatta, ce la leggiamo in amministrazione trasparente, scopriamo che c’è, e andiamo a chiedere al dirigente, a posteriori, come l’ha costruita, cosa che noi invece vorremmo discutere anticipatamente, o forse anche bloccare. Quindi, politicamente, come CGIL, come abbiamo dichiarato anche in tutti questi mesi, siamo per mantenere pubblico un determinato servizio; però, ripeto, non dobbiamo nasconderci dietro un dito: tutte le cose che ho detto in premessa sono il ragionamento che è necessario per capire la situazione. Se quindi non si smette di mettere tetti, se non si smette di fare il blocco assunzionale, non si può poi condannare una Giunta se dà mandato a un dirigente di esternalizzare o fare un bando di convenzione con strutture private.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, consigliere Galli.

     

    Consigliere Andrea GALLI. Grazie, presidente.

    È interessante il punto di vista dei rappresentanti dei lavoratori, sono contento che le riprese siano fatte in streaming e che non ci siano qui tanti cittadini emiliano-romagnoli. Perché sentir dire, come si è sentito “se qualcuno ha sbagliato”, “errori”, “onda anomala”, “tsunami”, sono cose che lasciano molto perplessi. Siamo davanti alla peggior pagina della nostra Repubblica.

    Pochi anni fa, sette o otto…

     

    (interruzione: “Uh…”)

     

    Consigliere GALLI. Questo “uh” qualifica quello che sei. Fare questo verso davanti al rapimento di decine, se non di centinaia di bambini alle loro famiglie, è la pagina più schifosa della nostra Repubblica. Credo che chiamare “onda anomala” lo sdegno dell’opinione pubblica, qualifichi chiunque sostiene che sono state pagine strumentalizzate.

    Ci sono 2.300 lavoratori come assistenti sociali, un numero del genere, se non vado errato. In mezzo a quei 2.520 – ringrazio il collega Taruffi, molto preciso – c’è una stragrande maggioranza di persone corrette, lavoratori che sono stati screditati da queste mele marce che hanno infangato il loro ruolo e il loro lavoro.

    Il Comune di Bibbiano non è responsabile di questa pagina, però è la punta dell’iceberg di una gestione dei servizi sociali e degli affidi, intollerabile. È probabile che se la magistratura avrà il coraggio e i mezzi per andare avanti in questa indagine, scoprirà che di Bibbiano ce ne sono molte, moltissime.

    Gli assistenti sociali e i Comuni che sono stati infangati da queste mele marce avrebbero dovuto fare subito un’azione di responsabilità civile nei confronti di chi è stato responsabile. Invece, devo sentire ancora mettere in dubbio quello che è successo, quando tutta l’opinione pubblica ha potuto sentire le intercettazioni telefoniche, o quello che si dicevano queste persone, che ridevano portando via i bambini minori, minacciando i figli di un maresciallo “gli portiamo via i bambini”, o pagine del genere. E dobbiamo sentire “se sono stati colpevoli”, “se uno tsunami”, “se…”?

    Qui si sostengono troppi “se”. Questa Commissione ha un ruolo importante. In questa Commissione sono già passate decine di persone e altre decine ne verranno. Ma io credo che l’opinione pubblica si sia già fatta un’idea molto precisa di quello che è successo. C’è stato una coincidenza orribile fra un’ideologia contorta e degli interessi economici. Questo è un dato di fatto che non passerà dalla memoria di nessuno.

    La città di Correggio, che tutti noi conosciamo, ci ha messo decenni a far passare dalla memoria la storia della saponificatrice di Correggio. Questi bambini di Bibbiano resteranno nell’opinione pubblica per decenni. E voi che vi preoccupate, giustamente, dei lavoratori, dicendo “abbiamo bisogno di mettere le guardie giurate”, la guardia giurata temo che voglia venire a parlare con questi assistenti sociali, questo va detto. Se io avessi dei bambini e dovessi essere ascoltato da questi assistenti sociali, vorrei io la guardia giurata, vorrei io un poliziotto al mio fianco mentre gli parlo, e loro pensano come portarmi via i miei figli.

    Voi oggi una parola di riguardo nei confronti di quelle famiglie non l’avete avuta. Avete avuto una parola di riguardo, e lo capisco, nei confronti dei lavoratori, ed è corretto. Ma nessuna parola di riguardo nei confronti dei familiari. Questo non vi porta nessun vantaggio e non dà credito alla vostra relazione.

     

    Presidente BOSCHINI. Consigliere Taruffi, prego.

     

    Consigliere Igor TARUFFI. Grazie, presidente.

    Magari, il tema del dibattito lo riprenderemo dopo, visto che abbiamo un’altra audizione, e poi abbiamo come sempre l’apposito punto all’ordine del giorno.

    Stando sul tema di questa sede, di questo momento, di questa audizione, che ovviamente è specifica, e non ha il compito di risolvere tutti i problemi che stiamo analizzando in modo dettagliato, io penso in una visione di insieme che ci stiamo costruendo in questa Commissione, viste le numerose audizioni che abbiamo fatto e che faremo, oggi però volevo puntare l’attenzione su un aspetto che mi è sembrato molto interessante. Ci sono tornato diverse volte, ma oggi credo sia ancora più opportuno. Parlo del rapporto che esiste, e che ci è stato illustrato prima, tra le iniziative che sono state prese a livello nazionale, di blocco delle assunzioni, negli anni, quindi non c’è una responsabilità di un Governo, ma c’è una storia lunga almeno vent’anni, che ha prodotto ogni anno un irrigidimento da questo punto di vista, con la pretesa di contenere i costi della spesa pubblica, partendo come sempre dall’ultima estremità, i servizi sul territorio, anziché dalle spese centrali.

    Questa logica ha generato, come ci è stato spiegato, una paralisi. Qua dentro siamo in tanti ad aver fatto un’esperienza amministrativa precedente: chi il Sindaco, chi l’assessore in Comuni di diverse entità e dislocati in tanti luoghi del territorio regionale. Ebbene, tutti però sappiamo che cosa ha voluto dire misurarsi con questa difficoltà estrema, per cui le esternalizzazioni sono diventate di fatto l’unica possibilità. Tutto il percorso che ha portato alla costituzione, in certi casi delle ASPI, in certi casi – parliamo oggi – di servizi sociali, in certi altri casi di altre strutture, sono state le inevitabili conseguenze di queste politiche che hanno messo i Comuni in una condizione molto semplice: quella che o non dai il servizio, o se lo dai, lo dai attraverso le forme che ti sono consentite, e cioè esternalizzando.

    Su questo credo che la nostra Commissione dovrebbe puntare i riflettori con grandissima attenzione, perché se l’intreccio che intercorre tra condizioni oggettive nelle quali è costretto a lavorare il pubblico, e interventi del privato sono inevitabili, anzi, diventano inevitabili, i problemi che possono verificarsi successivamente non possono stupire. Ovviamente, per “problemi”, io non mi riferisco, voglio essere chiarissimo, ai comportamenti per i quali è stata aperta l’indagine, che ovviamente sono assoggettati al lavoro della magistratura, e sarà la magistratura a stabilire se, chi, dove e perché ha commesso reati e dovrà infliggere le pene massime possibili per chi ha commesso reati, qualora fossero accertati, così odiosi, come quelli che sono prefigurati dal quadro di intercettazioni e di relazioni emerse. Quello, però, è un lavoro che farà la magistratura.

    Il nostro compito, al di là di strappare un titolo sul giornale con dichiarazioni roboanti, è cercare di capire cosa possiamo fare e dove possiamo puntare l’attenzione per costruire un contesto diverso da quello in cui si sono verificati i fatti di cui stiamo parlando e che hanno originato questa Commissione.

    Se quello che ho detto ha un’attinenza con la realtà, ad esempio, e arrivo alla domanda, capire se secondo voi ‒ ovviamente limitatamente alla Val d’Enza, perché non possiamo chiedervi una valutazione generale; o se siete in grado di fornircela, anche a livello generale e regionale ‒ il numero di assistenti sociali è congruo rispetto ai carichi di lavoro e alle necessità che quel territorio ha espresso. Noi sappiamo ‒ lo ricordavo prima interloquendo con il consigliere Galli ‒ che gli assistenti sociali in regione sono 2.520. L’ho già detto diverse volte, ma lo voglio ribadire: i minori allontanati dalle famiglie sono 3.000 circa. Sono due numeri macro che indicano, dal mio punto di vista, evidentemente una sofferenza. Sappiamo bene che l’assistente sociale non si occupa solo dei minori, ma deve occuparsi anche di tante altre realtà e tante altre problematiche. La domanda è: in quel territorio, secondo voi, per i dati che avete e per le esperienze che avete, il numero di assistenti sociali è congruo con le problematiche, con i problemi che sono emersi? Prima domanda.

    La seconda domanda riguarda il percorso di esternalizzazione che è stato messo in atto in quel territorio, come in tanti altri, per i problemi che abbiamo ricordato, che ho provato a richiamare e che avete richiamato voi nel vostro intervento, dovendo dare in questa sede anche un suggerimento a noi che siamo legislatori e che penso avremo il compito, terminati i lavori di questa Commissione, non solo di produrre una relazione, ma all’interno di quella relazione produrre le proposte per modificare i problemi regionali e nazionali. La domanda è: potendo, che cosa suggerireste per invertire questa tendenza?

    Sulla discussione, magari riprendiamo dopo.

     

    Presidente BOSCHINI. Intanto volete rispondere a queste ulteriori due osservazioni? Dopodiché, ci saranno ulteriori domande.

     

    VIGNALI. Rispetto alla Val d’Enza, un ente che ‒ come dicevamo prima ‒ seguo da poco, lascio rispondere la mia collega Carolina.

    Sicuramente la Regione, come dicevo prima, è una delle Regioni che ha maggiore attenzione per quanto riguarda il welfare. La risposta degli assistenti sociali nel territorio, a mio parere, non è sufficiente. In situazioni particolari, considerata la densità della popolazione della regione, non si riesce ad avere un riscontro. Questo si confronta anche con il fatto che diversi assistenti sociali hanno comunque carichi di lavoro alti. È chiaro anche il loro ruolo. Hanno bisogno di maggiore attenzione.

    Rispetto a queste situazioni, ho fatto anche un confronto con altri assistenti sociali. Una relazione che andrà riportata al tribunale dei minori ha bisogno di un tempo di valutazione, rispetto ai familiari e a tutto il contesto che rientra nella famiglia, di circa tre-quattro mesi. Se si tratta del primo soggetto istituzionale che la famiglia incontra, con cui si relaziona perché ha delle problematiche, se per ogni situazione abbiamo un tempo di tre-quattro mesi, si capisce bene la difficoltà che l’assistente sociale incontra. Al di là della tematica dei minori, l’assistente sociale ricopre un ruolo a trecentosessanta gradi, quindi anche l’assistenza agli adulti, anche l’assistenza agli anziani, anche la prima richiesta di contributi economici. È un ruolo a trecentosessanta gradi. Sicuramente, il numero degli assistenti sociali non può corrispondere al reale fabbisogno esistente. Un ragionamento in questo senso sicuramente va fatto.

    Una procedura che venga maggiormente codificata e che permetta una maggiore serenità, come dicevamo prima, sul lavoro che svolgono credo sia di buon auspicio. Assolutamente sì. Vorrei soffermarmi bene su questo lasso di tempo: tre-quattro mesi per una relazione, per un caso, sono davvero tanti.

     

    CAGOSSI. Nello specifico, per quanto riguarda la Val d’Enza, penso che la vostra Commissione abbia avuto modo di capire che c’era un progetto sperimentale, quindi chiaramente c’era un’attenzione, un focus di un certo tipo.

    Quello che ha detto Wiliana credo sia esaustivo rispetto alla realtà della Val d’Enza. Aggiungo solo questo. Chiaramente gli assistenti sociali, facendo riferimento a una Unione piuttosto che al Sartori per la Val d’Enza, rispondono agli indirizzi che la politica dà loro. I progetti che eventualmente una Giunta sul territorio rispetto a un’altra vuole portare avanti (progetti sui giovani, inserimento lavorativo, sportello sociale, tutto quello che potete giustamente ipotizzare per dare un servizio al cittadino) vanno a cambiare la quantità di lavoro dell’assistente sociale. Se io prendo un assistente sociale che fa un’emergenza minori è un conto rispetto a un assistente sociale, sempre dell’Unione Val d’Enza, che si occupa dell’interfaccia tra il giovane e il mondo del lavoro, il giovane e il volontariato, momenti aggregativi, risposta a nuclei familiari che casomai hanno reddito di cittadinanza, quindi hanno la necessità di un sussidio e di un accompagnamento a lavoro. Hanno momenti e tempistiche diverse.

    Il contratto nazionale non è perfettamente rispondente a tutte le esigenze di orario di lavoro, di organizzazione, di rimborsi. Parliamo di persone che dovrebbero fare trentasei ore. Voi sapete benissimo che sono in pronta disponibilità continua, che non è neanche normata giuridicamente. Se un ragazzino seguito dai servizi ha un problema la domenica pomeriggio, nessuno dei servizi sociali dice “non me ne occupo”. Questo sia chiaro. Se c’è un’emergenza la sera, nessuno rifiuta perché l’orario è finito e la biro è caduta. Va ripensato, ovviamente, nell’ottica che dicevo prima: ci devono essere soldi per poter investire sul progetto che, ovviamente, l’indirizzo politico vorrà dare. Su questo non possiamo entrare.

    Per rispondere alle domande dell’altro consigliere, come ho detto prima, noi abbiamo un mandato e ci atteniamo alle due domande che ci avete fatto. Per il resto siamo cittadini, neanche di quel posto, quindi non pensiamo di essere titolati per giudicare quanto è avvenuto e quanto sta emergendo dalle varie indagini.

    Tenete conto che, nel momento in cui la politica prende una decisione, questa decisione dovrebbe avere un supporto economico e organizzativo. Altrimenti si rischia di entrare in quel cortocircuito di cui stavo parlando prima: “Voglio dare un servizio al cittadino, perfetto, ma dopo tu, dipendente, prova ad arrangiarti e vedi come fare. La coperta è quella e devi in qualche modo saltarci fuori”.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Facci, prego.

     

    Consigliere Michele FACCI. Grazie.

     

    (interruzione)

     

    Consigliere FACCI. Prego, collega Mori.

     

    Presidente BOSCHINI. Forse ho scritto i nomi nell’ordine sbagliato. Avevo registrato i colleghi Facci, Mori e Prodi. Ho dimenticato qualcuno?

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Mori, Sassi e Facci. Chiedo scusa.

    Collega Mori, prego.

     

    Consigliera Roberta MORI. Grazie per essere qui, per la vostra disponibilità a contribuire alla costruzione di questi approfondimenti, che per noi sono molto utili. La materia è molto complessa e va vista sotto tante sfaccettature.

    Vorrei chiedere la vostra opinione. Nel corso di queste sedute abbiamo compreso quanto, in realtà, il tema del supporto, della protezione e della tutela dei minori sia certo, codificato in senso ampio, ma molto frammentato sia nelle responsabilità istituzionali sia a livello tecnico-operativo, a seconda delle questioni. Si era ragionato di un Osservatorio regionale che potesse in qualche modo raccogliere in modo organico e integrato i dati provenienti dai Comuni, anche le risorse di personale, cioè cercare di coniugare il tutto, ovviamente i bambini in affido, e fare quello che a livello nazionale sostanzialmente non c’è, perché non c’è.

    La Garante nazionale dell’infanzia è uno degli elementi che ha posto all’attenzione perché per conoscere un fenomeno bisogna averne in mano tutti gli elementi. Chiedo se questo dal vostro punto di vista, dei sindacati, potesse essere uno strumento utile e se il sindacato in questo senso potesse anche contribuire ed essere al tavolo della costruzione.

    Questo come primo punto. Come secondo punto, c’è il tema della specializzazione, perché è vero che non avete competenze in termini di organizzazione, però il vostro punto di vista, il vostro osservatorio che cosa vi restituisce? L’idea è quella che spesso le assistenti sociali sono gravate di competenze un po’ generaliste che, all’occorrenza, semmai si esplicano nell’intervento e nella presa in carico di minori piuttosto che anziani eccetera, ma vere e proprie specializzazioni neppure l’Ordine degli assistenti sociali ce li ha come qualifica professionale. Volevo chiedere a voi, in questo senso, qual è il vostro orientamento anche rispetto all’organizzazione dei servizi, cioè se rilevate più personale specificamente professionalizzato e specializzato su minori piuttosto che sull’igiene mentale, piuttosto che su anziani oppure se ancora l’approccio è un po’ più generalista e quindi le casistiche sono marginalmente nei vari Comuni trattate a seconda di come vengono fuori.

    Lo chiedo perché il tema della specializzazione, vista la complessità anche di quello che in qualche modo devono affrontare gli assistenti sociali non è secondario.

    Anche per noi che, come Regione, abbiamo la competenza di formazione, effettivamente potrebbe essere il tema della specializzazione, pur non potendo noi decidere granché, però con l’Ordine di riferimento essere un elemento da portare a sostegno. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Raccogliamo anche l’intervento del collega Sassi.

     

    Consigliere Gian Luca SASSI. Non vi chiederò opinioni al di fuori di quello che è il vostro ambito specifico, quindi il lavoro degli operatori. Accennavo prima al fatto che sia in qualche modo necessario appoggiarsi a enti accreditati e comunque privati perché c’è carenza di personale a causa di tutti i tagli che ci sono stati e delle economie degli anni, come accennava anche il collega Taruffi.

    Proprio sull’aspetto legato al lavoro, ai lavoratori, agli operatori, premetto che per me è pubblico tutto ciò che è attinente al personale assunto da un ente pubblico, tutti gli altri per me sono privati, anche le cooperative, anche le sociali perché alla fine quando io parlo di pubblico parlo di persone assunte da un ente pubblico. Quando si è obbligati, perché manca il personale, ad attingere alla professionalità di un ente privato o comunque accreditato, non so se questo, e qui vorrei capire magari se voi avete un feedback da questo punto di vista, anche se non è propriamente un focus legato alle condizioni di lavoro, ma dal punto di vista economico come fa a stare in piedi il taglio del personale pubblico per poi pagare quello privato? Se si paga meno il privato, poi le condizioni di lavoro del privato come sono? Questa è la domanda. Volevo arrivare qui. Questo lo dico perché questo, secondo me, inficia… Non voglio giudicare, non li conosco, non lavoro in quell’ambito, però ci arrivo a rigor di logica: non so quanto la qualità del lavoro poi alla fine possa essere garantita o meno, perché un lavoratore poi ha un limite in cui riesce a far le cose. Ogni cosa ha bisogno del suo tempo, ha bisogno, anche solo per fare un rapporto, di tempo. Seguire nella sfera personale nel privato situazioni difficili è complicato, non può essere fatto meccanicamente.

    È chiaro che se c’è un interesse economico perché è più economico rivolgersi alla struttura accreditata, la struttura accreditata in qualche modo dovrà fare economia sul lavoratore, sul contratto, sul servizio. Questa è la prima domanda che mi viene in mente, perché le due cose, altrimenti, non stanno in piedi. Questo è un po’ il punto, il focus che volevo chiedervi e se voi avete, anche se non vi fanno mettere le mani nella parte organizzativa…

    Questa è l’altra parte, invece, che riguarda la possibilità, e qui parlo proprio del tema lavoratori e operatori nei vari settori, la possibilità, la potenzialità se l’avete mai affrontato da un punto di vista anche sindacale, interloquendo anche con le strutture, la possibilità di arrivare a compensare l’operatore pubblico affiancandogli un operatore sanitario, laddove ci fosse margine di farlo. Chiedo se questo lo avete mai affrontato come tema. Penso allo psicologo infantile in appoggio all’assistente sociale perché invece di uscire due assistenti escono uno e uno. Sto cercando di capire se avete mai affrontato nelle varie interlocuzioni anche questa possibilità.

    Ci può essere un momento in cui c’è bisogno di qualche operatore in più e allora, magari, si affianca uno che non è proprio un assistente sociale, ma è uno psicologo infantile, che può compensare o anche migliorare a volte quello che è l’operato dell’operatore sociale stesso. Queste sono le due domande sulle quali mi interessava avere una vostra opinione nel merito. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Possiamo anche già rispondere a questa domanda, che è un po’ più articolata.

     

    CAGOSSI. Parto io rispondendo alle ultime due domande. Io parlo genericamente di appalti, così dopo vi potete divertire a discutere qualche giorno, se vogliamo ragionare di appalti nella pubblica amministrazione. Mi riaggancio a quello che ho detto prima. Nel momento in cui io devo contenere la spesa è chiaro che l’appalto porta un taglio, quindi un contenimento rispetto a quello che sarebbe l’utilizzo di un operatore diretto pubblico. Se vogliamo aprire la polemica sugli appalti e quelle che sono tutte le lotte che la mia organizzazione, perché in questo momento parlo politicamente, quindi parlo come CGIL, porta avanti anche rispetto alle modifiche dello “Sblocca cantieri”, ripeto, possiamo starci qualche giorno.

    Quando ho detto prima, che noi stiamo cercando di creare la cultura del confronto preventivo nella costruzione dell’appalto con gli enti sicuramente della Val d’Enza, perché lo dico per il fatto che in questi giorni stiamo lavorando proprio sui bandi che sono in pubblicazione, sulle gare che sono in aggiudicazione, proprio per cercare di andare a discutere con i dirigenti di come, secondo noi, vanno integrati i bandi nella costruzione.

    È chiaro che se io faccio una scheda tecnica dove vado a dire che per fare questo lavoro mi servono 100 ore, quando so benissimo che, per esperienza, in realtà sono 110, ma che una parte di ore non sono quantificabili perché sono le conversazioni, le chiacchiere che non sempre vengono segnate, poi metto a base d’asta le tariffe, ma non prendo le tariffe del dipendente pubblico, prendo la tariffa della cooperativa sociale, e quindi c’è già un gap di 200-250 euro rispetto al dipendente pubblico come costo (contributivo e tutto quanto), metto una base d’asta per un anno di 1.004.000 euro e poi chiedo il ribasso, per quanto chieda il ribasso dentro i termini, non chiedo il 30 per cento di punteggio sull’offerta, ma mi limito anche al 20, io, di fatto, ho una rinegoziazione in taglio e non dico il massimo ribasso, quindi offerta economicamente vantaggiosa, però, di fatto, tecnicamente è un taglio, contenuto, ma pur sempre un taglio.

    Se ogni due anni rinegozio la stessa prestazione, dove gioco? Come ha risposto un dirigente di recente: “La cooperativa ha dei costi di gestione che può contrarre tranquillamente, non è mica detto che lo scarichi sul lavoratore”. Ma noi sappiamo cosa sono i costi di gestione. In realtà, sono altre somme che possono tradursi in vantaggi per i lavoratori. Un costo di gestione è la formazione del personale. Un costo di gestione possono essere i rimborsi. Visto che ho preso il costo del lavoro tabellato punto, il costo di gestione nasconde i premi di produzione e nasconde tante altre situazioni.

    Questa è – l’ho detto prima – l’ipocrisia da cui io almeno politicamente vorrei che si uscisse, perché, altrimenti, non ci si intende. La qualità, invece, la fa la singola persona. Sono professionisti che si sono formati alle stesse scuole, sono persone che se si aprisse un bando pubblico parteciperebbero al bando pubblico e probabilmente vincerebbero. Ci sono strutture accreditate, adesso esco dalla Val d’Enza, ma parlo di altri settori, come la sanità, strutture accreditate con dei professionisti che hanno partecipato ai bandi dell’ASL e hanno vinto le prime graduatorie, superando anche i contratti a termine all’interno dell’ASL. Quindi, i professionisti privati, ripeto, si sono formati alle stesse scuole di quelli pubblici. È solo il fatto che non ci sono i concorsi, che non c’è la possibilità di assumerli direttamente che li mette in una condizione di settore privato, ma potrebbero essere dirigenti pubblici tranquillamente, anche più bravi degli altri. Questo è un po’ il ragionamento di dove si nasconde

    Parliamo di cooperative, ma – ripeto – possono essere aziende private. Dov’è che lucrano? O meglio, cercano in certi casi di sopravvivere, perché io qualche conto sul guadagno di qualche impresa sui contratti l’ho visto. Casomai ci sono dei margini di 0,90 centesimi all’ora che la cooperativa deve usare per pagare i costi di gestione. Con 0,90 centesimi la cooperativa non diventa ricca. Sono casomai sulle frequenze, sono sui carichi e sono su tante cose che il socio in questo caso di cooperativa, a volte, per mantenere la cooperativa non fattura, non segna.

    Sui lavoratori dipendenti è la stessa cosa però. Avendo il blocco dei salari variabili, quindi il blocco del pagamento dello straordinario, il blocco dei pagamenti dell’indennità di rischio piuttosto che dell’indennità di disagio, il lavoratore sa che alla fine dell’anno, anche se segna 200 ore di straordinario, gliene vengono pagate 50. Anche il dipendente pubblico lavora senza remunerazione, di fatto. Queste categorie sono categorie che ci mettono il cuore nel lavoro. In generale, parlo del dipendente pubblico. Non perché è la categoria che rappresento, ma io vengo da settori privati. Mi sto misurando con il pubblico da tre anni, ma veramente nel pubblico ci sono dei professionisti che andrebbero semplicemente complimentati.

     

    VIGNALI. Mi riallaccio solo un attimo rispetto a questo discorso, giusto per completezza. Poi, ovviamente, sarà una cosa che porteremo anche a livello nazionale per la richiesta di rinnovo contrattuale. Semplicemente, anche nel nostro contratto collettivo nazionale la figura specifica dell’assistente sociale non è riconosciuta, c’è la figura dell’amministrativo, c’è la figura dell’educatore, la figura anche della polizia municipale piuttosto che la polizia locale. La figura specifica dell’assistente sociale o il riconoscimento di un rischio di un disagio che subisce quotidianamente, questo non è riconosciuto. Anche lì come organizzazioni sindacali stiamo cercando di riportare, nella nuova tornata contrattuale, il riconoscimento di questa figura.

    Rispetto, invece, all’organizzazione, rispetto alla realtà che mi capita di vedere anche in altre Unioni, solitamente c’è questa distinzione: i minori, visto che hanno una particolarità… Poi, per “minore” intendiamo tutto l’ambito minorile, quindi può essere anche l’inserimento con un supporto nella scuola di infanzia, può essere un sostegno alla genitorialità, può essere un sostegno anche di livello economico, quindi “minore” a 360 gradi, più che altro rispetto anche solo agli affidi.

    L’altra parte, sempre nell’ambito degli assistenti sociali, sono gli anziani, quindi anche l’inserimento nelle case protette, nei centri diurni, per quanto riguarda il reddito. A livello proprio di Unione, quindi a livello proprio di dirigenza, di welfare si tende sempre a fare degli incontri d’équipe anche per socializzare le diverse problematiche. È chiaro che questi incontri vengono fatti con cadenza mensile piuttosto che settimanale rispetto anche a determinati periodi. Mi viene in mente, rispetto a questo periodo, che l’inserimento nelle scuole ha avuto maggiori incontri di équipe. Ovviamente, la formazione, la formazione continua è necessaria, ma anche un supporto psicologico, perché molto spesso questi assistenti sociali soffrono il burnout, perché trovarsi costantemente in situazioni di utenti con problematiche porta spesso anche loro, rispetto anche ai carichi di lavoro che hanno come dicevamo anche prima, a soffrire di burnout. Quindi, anche uno sportello che possa essere di aiuto psicologico rispetto a loro sicuramente ben venga; un sostegno e una formazione continua anche perché rispetto all’assistente sociale di dieci o vent’anni fa le problematiche odierne sono diverse. È cambiata la società, continua ad evolversi, continua a modificare e quindi sicuramente le esigenze dell’assistente di dieci anni fa sono modificate.

    Sicuramente una formazione costante a livello regionale può essere utile ad affrontare con maggiore serenità questo ruolo che diventa impegnativo, anche perché, al di là delle 36 ore che sono previste dal contratto, se c’è bisogno di un allontanamento immediato l’assistente sociale c’è ed è sempre presente, al di là poi anche delle minacce che costantemente, al di là del contesto della Val d’Enza, subiscono quotidianamente rispetto anche alla società che si è evoluta e quindi rispetto anche all’atteggiamento magari più aggressivo che possono avere adesso gli utenti rispetto a solo qualche anno fa.

     

    CAGOSSI. Per rispondere sugli Osservatori, ritengo che siano realtà che, laddove agite in maniera puntuale, portino a un grado di conoscenza che permette di dare delle risposte. Se state ragionando in questo senso per noi è solo positivo. Tra l’altro, in generale, nella contrattazione nazionale si tende a inserire degli Osservatori composti dalle parti sociali, quindi datoriali e sindacali, proprio perché è il ruolo in cui si fa l’analisi. Noi come avete capito abbiamo un punto di vista territoriale, limitato. L’Osservatorio, mettendo insieme le varie conoscenze, ti permette di fare quella fotografia che dà la risposta. Quindi, assolutamente è un ragionamento che se lo state speculando vi sosteniamo. Su questo condividiamo.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Facci e poi Piccinini.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Allora, la collega Piccinini e poi Bertani. Il collega Facci se n’è andato.

    Collega Piccinini, prego.

     

    Consigliera Silvia PICCININI. Intanto ringrazio della vostra presenza. Volevo puntare l’attenzione sulla formazione. Un tema che ho sollevato in diverse Commissioni è quello delle linee guida regionali all’interno delle quali si dice che il racconto del minore deve essere assunto in maniera asettica. È importante, quindi, che questo tipo di indicazione rientri anche nella formazione degli assistenti sociali affinché si approccino in un modo corretto. Volevo capire, rispetto a questa tematica, quella della formazione, se voi avete idea di come questa formazione, nel pubblico e nel privato, quindi negli appalti, venga in qualche modo monitorata o controllata, perché quello che è successo a Bibbiano ci dice che l’approccio probabilmente non fosse esattamente quello corretto.

    È importante che l’assistente sociale sappia in che modo deve intervenire su queste tematiche. Chiedevo a voi se sapete come viene fatta la formazione, se vengono fatti dei controlli. Credo che sia un tema importante.

     

    Presidente BOSCHINI. Raccogliamo anche la domanda del collega Bertani e poi diamo un’unica risposta.

     

    Consigliere Andrea BERTANI. Grazie, presidente. Intanto vorrei inquadrare un attimo il lavoro della Commissione. Capisco gli interventi di alcuni colleghi che dicono “Noi siamo qui per dare delle risposte alle famiglie dei bambini che probabilmente sono stati ingiustamente allontanati”. Oggi, quindi, sentir parlare di tutela dei lavoratori in un certo senso può dare una discrepanza rispetto a quello che ci si aspetta anche da questa Commissione. Questo per contestualizzare anche alcuni interventi che magari non condivido nei toni, ma che in alcune parti capisco. Volevo capire una cosa, però. Per tutelare anche il lavoro dell’assistente sociale, bisogna capire anche come viene controbilanciato rispetto alle decisioni che prende sulla vita delle famiglie e dei minori. Abbiamo detto che il servizio sociale dei minori è importante perché dobbiamo tutelare bambini che vivono in una situazione di disagio, di maltrattamento o di pericolo, quindi va fatto un intervento anche rapido, oppure abbiamo situazioni in cui, probabilmente, o per una formazione non corretta o per linee di indirizzo non chiare o perché c’è stato un dolo, ci sono allontanamenti che non andavano fatti.

    Prima non ricordo chi di voi due parlava del fatto che adesso alcuni assistenti sociali stanno chiedendo di essere affiancati da un consulente giuridico, perché in questo momento prendere alcune decisioni è difficile per il clima che c’è attorno. A mio parere, le decisioni difficili si prendevano anche prima di questo clima. La mia domanda è: se adesso venisse in mente di affiancarsi a un consulente giuridico, quali potrebbero essere ‒ usciti dal clima di emergenza ‒ delle soluzioni per controbilanciare questo potere, che dà anche grandi responsabilità? Spesso di fronte a grandi poteri ci sono grandi responsabilità. Delle volte queste scelte sono fatte dall’assistente sociale di un piccolo comune che magari ha dieci casi in emergenza e un contratto che scade dopodomani. Come si può controbilanciare o supportare l’assistente sociale a prendere delle scelte in maniera serena, che però tutelino anche la famiglia e il minore? Vorrei sapere se in questo ambito, anche come sindacato, avete fatto delle riflessioni. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Rispetto alle osservazioni fatte dal collega Bertani, anche in relazione, penso, all’intervento precedente del collega Galli, voglio ricordare, leggendo proprio la delibera istitutiva che abbiamo tutti votato all’unanimità, che tra i temi indicati ci sono: servizi sociali, anche appaltati a soggetti esterni, quali ad esempio le procedure di affidamento dei servizi; trasparenza e pubblicità delle procedure di affidamento; standard qualitativi; servizi pubblici connessi agli affidi e ai privati con cui interagiscono; esternalizzazione dei servizi.

    Ognuno di noi ha la sua percezione di quello che deve fare questa Commissione, e io la rispetto profondamente, ma poiché gli scritti rimangono, tra gli oggetti di cui ci dobbiamo occupare si trova l’organizzazione dei servizi, per capire se funzionano o se non funzionano. Di questo oggi abbiamo parlato. Anzi, ringraziamo per le tante informazioni raccolte. Volevo precisare solo questo.

     

    Consigliere BERTANI. Ringrazio il presidente. Quella parte lì è produzione anche del sottoscritto.

     

    Presidente BOSCHINI. Allora la dovrebbe conoscere bene.

     

    Consigliere BERTANI. Contestualizzavo anche ai nostri ospiti che c’è una richiesta di chiarezza più globale e che ci sono, poi, anche i temi specifici.

     

    Presidente BOSCHINI. Certo. Così la sua posizione è molto più chiara. La ringrazio di questa ulteriore precisazione. Rispondiamo a quest’ultimo blocco di domande e poi ringraziamo le nostre ospiti.

     

    CAGOSSI. Rispondo prima alla signora. Il contratto nazionale ci pone alcuni limiti rispetto alla formazione. Come dicevo prima, i dipendenti pubblici vedono la loro normativa risalire alla legge Brunetta. Quindi, formazione e organizzazione sono argomenti preclusi all’organizzazione sindacale. Con il rinnovo del contratto nazionale ci è stato permesso di andare a negoziare la percentuale di monte salari che viene messa nella formazione e di elevarla di pochissimo. Non abbiamo titolo per definire gli argomenti di formazione, cosa che, invece, a volte può capitare nel privato. Nel pubblico non è possibile. Qualche ente locale ci rende partecipi del piano della formazione, però dobbiamo sempre tenere presente le norme che vigono in Italia. Visto che la normativa italiana vieta la formazione in quei Comuni, in quegli enti che non sono in regola con l’approvazione del bilancio, o altri inghippi normativi, molti degli enti si limitano al minimo indispensabile di formazione, per cui lasciano alla formazione del lavoratore l’individuazione degli argomenti ritenuti necessari. Lì ci sbizzarriamo in FAD, ECM comprati privatamente dal lavoratore. Possiamo andare su piattaforme pubbliche, tipo quella dell’INPS, per determinati argomenti.

    La Val d’Enza, per nostra fortuna, ha tra i propri enti “La Cremeria”, un ente di formazione molto valido presente a Cavriago. Alcuni Comuni riescono a organizzare formazione tramite La Cremeria. Però, ripeto, molti Comuni non sono nella condizione perché, per vicissitudini legate alla vita della Giunta, possono aver slittato l’approvazione del bilancio fuori da determinate scadenze e, come tale, avere un vincolo sulla spesa. Se siete stati amministratori probabilmente questo tecnicismo di bilancio lo conoscete meglio di me, che sono un legale, ma non un contabile.

    Rispondo all’ultima domanda. Quello che noi abbiamo detto fa parte delle nostre piattaforme prima di questo evento. La complessità del lavoro, che qualcuno di voi ha evidenziato, comporta che l’assistente sociale non possa più operare in solitudine. Quindi, tra le équipe, i gruppi... È il motivo per cui la Val d’Enza ha spostato nel Sartori il servizio minori. Il Sartori ha la possibilità di investire. Il primo atto che ha fatto il Sartori è stato dotarsi di un legale, ma non “tanto per”. Il legale serve per analizzare una serie di passaggi.

    A livello normativo, nello specifico, non mi sono portata dietro le fonti, però c’era un obbligo, su cui abbiamo discusso, di registrazione di tutti i colloqui protetti, anche a favore delle famiglie stesse, non necessariamente a tutela dell’operatore. Per chiarezza negli atti processuali presso il tribunale dei minori. È chiaro che, nel momento in cui io opero su un minore, creo una conflittualità. In generale, al di là se porto via o meno il minore... Parlo come persona, non come sindacalista. Mi sembra un ragionamento di buonsenso. Nel momento in cui dico a un genitore “guarda che non sei bravo a fare il genitore e hai bisogno di un supporto dello Stato” chiaramente ho un conflitto con quel genitore. Ci può essere il genitore che accetta di essere aiutato e il genitore che all’inizio, secondo me, rimane allibito da una dichiarazione di questo tipo, anche perché, forse, le mancanze che ha non gli sono completamente note, non le ha maturate. Un potenziale conflitto c’è. Visto che, come diciamo nel nostro mestiere, una causa non si nega a nessuno, è molto più facile rispetto al passato che un genitore che riceve una comunicazione di questo tipo attivi immediatamente un contenzioso legale, a prescindere dalla situazione di gravità assoluta, cioè che io ti porto il figlio in una casa protetta piuttosto che in un affido temporaneo per poi avviarlo a un percorso addirittura di adozione.

    Noi non abbiamo chiesto la guardia giurata. Abbiamo chiesto un contesto più protetto, dove eventualmente ci fosse già una deterrenza all’aggressione verbale, per far capire a una persona che deve un attimo contenersi. Come diceva anche Wiliana prima, è un problema culturale. Le nostre categorie stanno facendo campagne contro l’aggressione nei pronto soccorsi. Non c’è nulla di diverso rispetto a questa realtà. Gli operatori dei pronto soccorsi, che sono aggrediti quotidianamente, hanno un contesto di emotività che esplode esattamente come i servizi sociali. Anzi, potrebbero andare insieme. Quando chiediamo l’appoggio dei legali, quindi, è proprio per la costruzione di una pratica e la tutela della pratica in un senso o nell’altro. Anche perché la Pubblica amministrazione penso abbia il dovere di tutelare il cittadino, famiglie comprese, e porsi questa questione. Quando operano, gli operatori vanno in questo senso. Riprendo quello che diceva Wiliana, che dopo continuerà, penso. Sono le buone prassi che serve definire, cioè i comportamenti e come deve essere strutturato un servizio, quindi la tipologia di operatore.

    Per quanto riguarda la Val d’Enza, la ASL era già presente. L’équipe della Val d’Enza è composta da più soggetti. Anche sui servizi adulti, non soltanto sui minori. Quindi, c’è un’interazione di dirigenti, un’interazione di operatori e un’interazione con comandati dell’ASL, a varie figure, che interagiscono e colloquiano in continuazione, questo sia per i servizi adulti che per il servizio minori.

     

    VIGNALI. Un’aggiunta solamente rispetto alla formazione. Oggettivamente, noi siamo organizzazioni sindacali. Quindi, al di là di cercare di parlare con l’Amministrazione per investire sulla formazione, che secondo me deve essere continua e deve essere anche a trecentosessanta gradi, gli argomenti specifici non sono comunque di nostra competenza.

    L’aspetto sul quale stiamo battendo da diverso tempo riguarda proprio i procedimenti, la procedura, in modo tale da rendere più sicura l’attività sia dell’assistente sociale sia in tutela dell’Amministrazione sia per evitare successivi conflitti. Già c’è una maggiore conflittualità in generale, in tutto il contesto del pubblico, ne potremmo parlare per ore; specialmente nell’ambito sociale e di queste famiglie, in questi contesti particolari, sicuramente una tutela maggiore preventiva potrebbe evitare una conflittualità successiva. Sicuramente, quindi, è da applicare e da rendere stabile come procedimento.

     

    Presidente BOSCHINI. Se non ci sono ulteriori interventi, ringrazio davvero Carolina Cagossi e Rakel Vignali per il contributo che hanno offerto oggi ai nostri lavori. Le ringraziamo e le lasciamo accomodare.

    Proseguiamo con l’audizione dell’onorevole Carlo Giovanardi. Non so se è già pronto. Magari interrompiamo giusto un minuto i lavori.

     

    (La seduta è sospesa)

     

    -     Audizione dell’On. Carlo Giovanardi

     

    -     Eventuale dibattito e discussione

     

    Presidente BOSCHINI. Riprendiamo i lavori dopo la breve interruzione e ringraziamo della sua presenza l’onorevole Carlo Giovanardi, che audiamo soprattutto in qualità di ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega specifica alle politiche per la famiglia.

    Il tema che avevamo definito per l’audizione odierna è: informazioni in materia di affido dei minori acquisite nell’ambito della propria attività istituzionale, in particolare in qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche familiari.

    Ringraziamo di nuovo l’onorevole Giovanardi per la sua presenza. Ci ha chiesto di iniziare con una sua comunicazione, quindi, come di consueto, gli diamo indicativamente dieci minuti, quelli che servono, in ogni caso, senza eccessive rigidità, per introdurre i temi che ci vuole comunicare, e poi procederemo come sempre con domande e risposte.

    Prego, onorevole Giovanardi.

     

    On. Carlo GIOVANARDI. Buon pomeriggio a tutti, colleghi. Io sono stato qui, dal 1980 al 1992, consigliere regionale, quindi per me è anche una rimpatriata all’interno di un Consiglio regionale.

    Vi allegherò – do tutto alla Commissione tecnica – dieci documenti che poi ho anche numerato, che incominciano nel 1999. Purtroppo, risale al 1999 il mio interesse da parlamentare e vicepresidente della Camera per queste questioni dei bambini, degli affidi.

    (Omissis…) il mio insegnante di religione a suo tempo, (…omissis…), mi chiamò nella canonica di (…omissis…) e mi presentò i coniugi (…omissis…), disperati perché (…omissis…) mesi prima gli avevano portato via i (…omissis…) bambini minorenni, che non hanno più rivisto da quella tragica notte.

    Mi spiegò, dal suo punto di vista, come stava la situazione. Ne parlai con il Ministro (…omissis…), ne parlai con (…omissis…), presentai un’interrogazione, che qui vi allego, è il documento numero 1. All’improvviso, pochi giorni prima della risposta, mi comunicarono che avevano bisogno di un po’ di tempo in più per approfondire l’argomento e quindi mi rimandarono tutto alla settimana dopo.

    Documento numero 2. Purtroppo, la settimana dopo (…omissis…) - qui c’è tutto il dibattito – mi comunicò che c’era stato un colpo di scena: l’accusa ai due genitori era che non vigilavano mentre i bambini di notte o di giorno andavano a massacrare altri bambini ad ammazzarli, messe nere, diavoli, eccetera eccetera. Improvvisamente, invece, dopo un colloquio con l’assistente sociale – questo è agli atti del Parlamento - (…omissis…), tornando a casa con l’affidatario, la più grande delle bambine si scioglie in lacrime e dice “No, erano il papà e la mamma che ci violentavano”. Loro e non il parroco eccetera, eccetera. Davanti a quello il sottosegretario mi disse: “A questo punto la questione rileva una diversa configurazione e quindi non possiamo più dare una risposta parlamentare”.

    Due anni dopo, prima di diventare Ministro, di nuovo rivolsi un’interpellanza insieme ad altri colleghi e vi leggo solo queste cinque righe per darvi anche il senso di quello che non riguarda solo (…omissis…), riguarda Bibbiano, riguarda le maestre di Rignano Flaminio, riguarda il tipo di approccio a questo drammatico problema, perché la pedofilia esiste, ci mancherebbe altro. Il problema è quando dalla pedofilia si passa ad “Angeli e demoni”. Gli angeli si capisce che sono i bambini, i demoni, lo sta dicendo la magistratura, sono quelli che ragionano in una certa maniera.

    Cosa dicono gli assistenti sociali di (…omissis…)? Questo è un atto parlamentare: “Le dichiarazioni dei bambini sono invenzioni totali o suggestione totale, cioè cose che non sono mai accadute. Certo, inizialmente abbiamo compiuto un lungo percorso anche noi, abbiamo pensato per tanto tempo che queste cose fossero impossibili, perché sono proprio assurde. Però, in questo momento ci sentiamo di dire che queste cose, compresi gli omicidi e i rituali all’interno dei cimiteri ci sembrano compatibili con un quadro di attendibilità, perché non riusciremmo a spiegare in altro modo il quadro clinico che abbiamo visto nel bambino. Quindi, da un punto di vista psicologico, non sapremmo dare altra spiegazione a tutto quello che abbiamo potuto riscontrare dai testi e dai colloqui tecnici che abbiamo avuto con il bambino. Quindi, come psicologi e non come persone, perché come persone ci viene da dire che quello che raccontano è impossibile. Come psicologi ci viene da dire che è pienamente compatibile. Non riusciamo a trovare un’altra spiegazione psicologica”.

    Questo atto l’ho letto in Parlamento nel 2001, prima ancora naturalmente che fossero assolti i due genitori. Purtroppo, (…omissis…) è deceduto nel frattempo. Lei, come sapete, è dovuta andare in (…omissis…) dove ha avuto il (…omissis…) bambino, che adesso ha (…omissis…) anni e non ha mai visto i fratelli, perché, se tornava in Italia gli portavano via anche il (…omissis…) bambino.  Sulla cosa – documento numero 4 – vi allego quello che ho detto io come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in Parlamento. Sono sette-otto pagine fitte in cui ricostruivo tutta la vicenda di (…omissis…), terribile, incredibile. Perché dico questo? Dopo Bibbiano c’è stata una polemica politica da strumentalizzazione! Io non faccio politica e non sono di parte. Quando difesi le maestre di Rignano Flaminio quelli che fecero più polemica con me furono la Mussolini e Barbareschi, i reazionari. Tutte le volte che si parlava di pedofilia volevano il linciaggio eccetera, eccetera.

    Io andai a difenderle perché era una cosa assolutamente incredibile. C’è questa schizofrenia di voler strumentalizzare queste cose. Qui parliamo di cose serie, parliamo di decine di migliaia di casi di famiglie di bambini che sono stati in questi anni distrutti.

    Scrivevo nel 2011, da sottosegretario: “Dagli atti resi pubblici del procedimento il ruolo svolto dai servizi sociali sembra aver tracimato dalle ordinarie competenze e appare eccessivo il peso determinante avuto dalle indagini peritali. Le pratiche e gli atti tecnici di entrambi gli apparati professionali sembrano aver eccessivamente influenzato e indirizzato il procedimento. Nell’assunzione e valutazione della notizia, nella selezione dei credibili indizi, nell’effettuazione dei riscontri di natura psico e anatomopatologica nella gestione di bambini, nella genesi eccetera, eccetera”. È evidente che c’è stato un pregiudizio che ha orientato tutta l’inchiesta. Del resto, avrete letto quello che ha detto la Siciliano, la grande magistrata di Milano, quando ha detto che i periti che avevano operato a (…omissis…) o erano in totale malafede o erano degli ignoranti che non dovevano più calcare nessun tipo di situazione dove c’erano dei bambini.

    Vi dico queste cose perché il mio interesse per Rignano Flaminio, il mio interesse per (…omissis…) erano all’interno di un meccanismo allucinante. In Italia, se arriva un estraneo, un ladro di bambini, porta via un bambino e dopo quattro, cinque o sei anni lo ritrovano, te lo ridanno. Se è il tribunale dei minorenni a portarti via il bambino – si pensi anche all’ultima trasmissione televisiva che avete visto – e si dimostra che sei perfettamente innocente, non te lo danno più, perché dicono che ormai si è abituato ad altre famiglie. Quindi, tu devi sperare che il bambino ti venga sottratto da un ladro di bambini, non dallo Stato, perché anche la tua innocenza conclamata… Attenzione, è un meccanismo che voi conoscete bene: sono provvedimenti provvisori. Quindi, nel momento in cui il bambino viene portato via, tu non puoi fare niente. Sei morto. Non hai nessuna possibilità di impugnazione eccetera, eccetera.

    Seconda cosa: in che cosa si inquadra tutta questa situazione? I dati record sulle violenze. Qui ho il documento n. 6 e 7, ero sottosegretario e il Consiglio d’Europa fa questa campagna promozionale denominata “Uno su cinque”. In Europa un bambino su cinque è abusato. Uno su cinque. Parliamo di decine di milioni di bambini. Ecco, Consiglio d’Europa, “One in five”, piattaforma web contro la violenza sui minori. Naturalmente, faccio un salto sulla sedia, milioni e milioni e milioni, e qui io metto il capitolo del mio libro Balle sulla pedofilia, due pagine. Il Consiglio d’Europa dovette formalmente smentire al Governo italiano, cioè a me, che questa campagna promozionale “Uno su cinque” era costruita sulla geniale pensata di un’agenzia pubblicitaria, che, per colpire l’immaginazione dell’opinione pubblica su questo tema, si era inventato questo dato. Intervenne poi Sergio Romano sul Corriere, intervenne il Garante a dire: “siamo alla follia!” Come fa il Consiglio d’Europa a citare dati di questo tipo, per poi scoprire che sono di un’agenzia pubblicitaria, “Uno su cinque”.

    I dati sulle violenze, ma non le violenze vere, quelli sono i dati all’interno dei quali ci confrontiamo. Vi ho dato qua due o tre… Queste sono dopo Rignano, quando c’è stato il dibattito. Il Tempo di Roma: 80.000 minori abusati ogni anno. 80.000. I dati agghiaccianti del Telefono Azzurro: 80.000. Diritti Umani: violenze sui minori: in Italia sono oltre 400.000 i bambini vittime fra le mura domestiche. Poi c’è il maltrattamento sui bambini in Italia, AGA, un’agenzia: 457.000 in carico ai servizi sociali, 91.272 maltrattati, il 10 per cento della popolazione minorile. Insomma, è una sagra dei dati: 10.000, 20.000, 50.000, 100.000. Certo c’è quel rapporto che Spadafora diede proprio a CISMAI, nel 2015, adesso è stato rinnovato, e anche lì dati ballerini.

    Attenzione, che rimanga agli atti: se andate a vedere l’inizio del rapporto presentato dal CISMAI, l’indagine è stata fatta solo sui Comuni italiani aderenti a CISMAI, cioè quelli che già aderiscono alle teorie del CISMAI, e non sugli 8.000 Comuni italiani. Comunque, danno sempre i dati e dicono – io non ci credo, ma lo dicono loro – che questo discorso costa 13 miliardi di euro allo Stato – 13 miliardi di euro – e 950 euro ogni anno in più per i nuovi casi trovati, come quelli di Bibbiano. Non lo dico io, lo dice il CISMAI. Certo che, se fossero 13 miliardi di euro, altro che aiutare le famiglie. Ci sarebbe spazio per un affiancamento… Specialmente per le famiglie povere, quelle in difficoltà. Del resto, dentro questo meccanismo non vengono portati via solo i bambini per questioni che riguardano i presunti abusi, ma anche quelli che hanno problemi di povertà.

    Allora, anche qui, signori miei, se uno teoricamente sostiene certe cose, è evidente che le conseguenze non possono che essere quelle di applicarle. Allora, CISMAI, da una parte, e Foti e “Hansel e Gretel”, dall’altra, che cosa hanno fatto? Hanno fatto una bella teoria generale, che poi hanno calato sul territorio, dove sono riusciti a incidere. Ma mica solo in Emilia. In tante parti d’Italia. E man mano vengono fuori. Si pensi a quelli che si sono suicidati in Piemonte, l’ultimo caso di Salerno. Non parliamo della Toscana con il Forteto, perché non si capisce come un abusatore seriale sia ancora a piede libero, dopo che ha combinato cose drammatiche sui bambini.

    Quali sono i presupposti teorici di Foti? Persona che poi è andato a insegnare ai magistrati, è andato a insegnare agli assistenti sociali, è andato a insegnare all’Università Cattolica Salesiana di Roma. Cioè, lui andava a portare queste teorie. Eccole qua (documento n. 9): la violenza negata. Questo è un corso di formazione a Trieste, che è stato tenuto da Foti e dall’avvocato Coffari. Siamo al 27 settembre 2018. Tenete conto che il Comune di Trieste è di centrodestra. Tenete conto che la Regione Friuli è di centrodestra. Questa roba è stata fatta con il timbro della Regione e del Comune. Poi questi signori avevano un grande prestigio, a 360 gradi. Ebbene, il titolo era: “La violenza negata. Le resistenze al riconoscimento della violenza contro donne, bambine e bambini”. Eccolo qua. Censis: il rapporto fra abusi sessuali emersi e sommersi è di uno a cento. Anche qui: se io trovo un caso di pedofilia, ce ne sono altri novantanove da trovare. Vero o non vero? Ma quello che è incredibile è la tabella. Ecco la tabella che viene applicata, secondo rapporti, dice sempre lui, dell’ONLUS Istituto degli innocenti: un bambino su quattro in Italia subisce abuso fisico; una bambina su cinque e un bambino su dieci subisce abuso sessuale; un bambino su tre subisce abuso psicologico. Quanti sono i bambini in Italia che, invece, stanno tranquilli in famiglia? Il 26 per cento. Quindi, lui sta dicendo che in ogni classe elementare, in ogni classe media, su venti bambini quindici sono abusati, in una maniera o nell’altra.

    Questo è il presupposto sul quale si basa il principio del disvelamento progressivo, e cioè: il bambino sta poco bene? Il bambino ha l’influenza? Il bambino è inappetente? Il bambino è nervoso? C’è un abuso. Del resto, il 75 per cento sono abusati! Quindi, la prima cosa da fare è togliere la famiglia di corsa con un provvedimento, dopodiché accade quello che abbiamo visto a (…omissis…), quello che abbiamo visto a Bibbiano. I genitori, disperati, cercano il bambino, gli mandano messaggi, i bambini cercano i genitori in maniera disparata, per una settimana, per un mese, per due mesi, per tre mesi, dopodiché si instaura una sorta di sindrome di Stoccolma e pensano: siamo stati abbandonati; il papà e la mamma non ci vogliono. E incomincia il lavoro, che abbiamo visto benissimo a (…omissis…), secondo cui non solo non gli danno le lettere dei genitori, ma incominciano il lavoro del disvelamento progressivo. Poiché il 75 per cento dei bambini è abusato, loro non saranno tranquilli fino a quando non gli avrai fatto dire che c’è stato un abuso.

    Come avete visto in Veleno, che è stato fatto dalla “iena” Pablo Trincia, che è lontanissimo un milione di chilometri dalle mie idee politiche, viene fatto un lavaggio del cervello ai bambini per fargli dire le cose, che ancora oggi dicono… In questo esposto che ho presentato cinque mesi fa in Procura a Modena emerge che quelli che adesso hanno trent’anni continuano a dire: Gli psicologi, (che peraltro sono sempre gli stessi…), quelli che operavano vent’anni fa a (…omissis…) sono gli stessi che hanno operato a Bibbiano. C’è sempre il CISMAI, c’è sempre Foti. Chi ha firmato la perizia sulle maestre di Rignano Flaminio? Foti. Chi era la scuola che operava a (…omissis…)? Foti. Chi era “Hansel e Gretel” che operava nella bassa reggiana? Foti “Ma come – dice il magistrato – come fate ad avere qui una percentuale di pedofili così gigantesca?”. È quello che dicevano a (…omissis…): “Perché siamo bravi. Perché il 75 per cento dei bambini abusati noi li troviamo. Solo nelle altre parti d’Italia che dormono e non sono in grado di trovarli”. Adesso abbiamo gli interventi di questi signori trentenni che continuano a dire che è vero che i bambini venivano squartati, che è vero che ne ammazzavano cinque al giorno, che è vero che bevevano il sangue, che è vero che giravano di giorno e di notte per fare questi ammazzamenti, che è vero che è stato ammazzato un loro compagno di scuola, di cui facevano anche nome e cognome. Scusate, e i (…omissis…)? Io sto parlando delle cose che conosco. Basta andare a vedere le sentenze: sono stati pienamente assolti. Per don Giorgio è stata chiesta la canonizzazione, perché era un prete santo. Ed era il capo dei demoni. E persone di trent’anni ancora continuano… E io ho chiesto nell’esposto: sotto l’egida di chi? Chi è che gli fa dire di confermare che ci sono stati riti satanici eccetera, eccetera, ancora oggi? Ancora oggi c’è qualcuno che li tiene sotto tutela. L’ho chiesto alla Procura. E spero che, come Reggio, la Procura voglia verificare quello che è successo. Del resto, quando si legge che i bambini vengono tolti e vengono dati in adozione, chi gliel’ha tolti? Quando si vede quello che è successo a Bibbiano e a Reggio Emilia nel contesto… A me è sembrato di vedere (…omissis…). Quando prendono quel bambino o quella bambina e la psicologa, insieme alla gestrice di una di queste case-famiglia di Parma, lo prepara per il CTU e tirano di nuovo fuori la storia dei diavoli e tirano fuori ancora le storie di (…omissis…) per far sì che il bambino vada a dire al CTU quello che il bambino naturalmente… Avete visto quel video, no? “Se dici queste cose, dopo vai al mare”. Signori, io vi do questa documentazione, che non c’entra niente con la destra, con la sinistra, con il centro, ma c’entra con migliaia e migliaia e migliaia di famiglie che sono entrate all’interno di questo incubo.

    Poi si dice “la Carta di Noto è un orientamento, quell’altro è un altro orientamento”. No, signori, non è questione di orientamento o non orientamento, ma è che, quando si sostengono presupposti di questo tipo e i dati da cui si parte sono totalmente falsi, sono truffaldini. E non lo dico io, ma lo dice il sottosegretario di Stato con delega alla famiglia quando il Consiglio d’Europa fu costretto a dirmi “è una balla colossale, ce lo siamo inventati”. Allora, credo che la politica… Certo, io sono un po’ frustrato perché queste robe sono vent’anni, in Parlamento, che le ripeto. Però, il combinato disposto di un’ala forcaiola dello schieramento politico, che tutte le volte che c’è un caso di questo genere incomincia a linciare dicendo “vanno ammazzati, vanno castrati” eccetera, eccetera, e di un’altra parte, e non ho capito ancora perché, si mette a difesa di questa situazione… Poi, se uno va a vedere l’anamnesi e la storia anche clinica di alcuni personaggi di queste storie, oppure… Ragazzi, quando quella bambina è stata buttata fuori dalla macchina, dandole della puttana, dalle due lesbiche che l’avevano adottata, portandola via alla famiglia, a me queste cose impressionano. E non perché siano lesbiche, ma perché a una che alterna canti religiosi a bestemmie orribili e si comporta in quella maniera, le dai una bambina? Cioè, togli via la bambina alla famiglia, padre e madre, per metterla in quella situazione? Ma lasciamo stare il caso singolo e vediamo le migliaia e migliaia di casi.

    Allora è evidente che bisogna intervenire, perlomeno, per fare quello che viene garantito a livello penale. C’è un contraddittorio. Non puoi portare via il bambino e non lo vedi più per tutta la vita. A (…omissis…) c’è stata una che adesso viene sempre abbracciata con la figlia di (…omissis…), e perché? Perché si è spostata da (…omissis…) in (…omissis…), qui le avevano portato via la bambina i servizi sociali, poi è andata in (…omissis…) e nessuno le ha fatto niente. Cioè, una bimba è cresciuta con lei, l’altra non l’ha più vista in vita sua. Sono drammi. Per chi è padre o è nonno cosa c’è di peggio al mondo che un bel mattino vengono e ti portano via i bambini? Ti portano via i tuoi figli. È una cosa che distrugge la vita di una famiglia.

    Allora, la durezza più incredibile sui casi di pedofilia, quando ci sono. Ci mancherebbe altro. Ma la consapevolezza che, quando qualcuno viene a raccontare che settantacinque bambini su cento sono abusati in una maniera o nell’altra, io credo che debba scattare un campanello d’allarme. Le Commissioni regionali e quelli nazionali… Ripeto, il problema non è dell’Emilia-Romagna, non è di Bibbiano, il problema purtroppo si è diffuso in tutta Italia, quando quelli che sono stati preparati da quel tipo di scuola si sono dati da fare sul territorio per arrivare a quelle conclusioni. Pensate, falsificavano i referti, falsificavano i disegni. Ma non c’è problema: per fare un disegno così ci aggiungo una cosa. Ha disegnato una pianta piccolina? È un fallo piccolo. Ha disegnato una pianta grande? È un fallo grande. Certe volte uno pensa: ma è grottesco, ma è possibile? È possibile, perché facevano esattamente così. È agli atti. Allora, signori, credo che sia un sistema da smontare.

    Dicono sempre: “La politica arriva sempre tardi, arriva sempre dopo la Magistratura”. Qualche volta – peraltro, in Parlamento nessuno ha detto cose diverse da quello che ho detto io come sottosegretario – la politica arriva anche prima. Non credo che il dato economico sia quello determinante, però, signori, ci sono anche interessi miliardari.

    Un’ultima cosa che voglio dire, che non mi sfugge, è che c’è tutta una teorizzazione che va avanti da vent’anni contro la famiglia patriarcale, contro la famiglia fatta da padre e madre, che è il luogo delle violenze per definizione, che è molto meglio tirar via un bambino dalla famiglia, padre e madre, e darlo allo Stato. Sono cose che vengono scritte, sono state teorizzate. Io, invece, credo ancora che, anche in una situazione di povertà e di disagi economici, il bambino abbia diritto a stare con un padre e una madre. Non teorizzo, invece, che il padre e la madre sono una situazione già preventivamente descritta come una situazione di violenza del padre sulla madre eccetera, eccetera.

    Do alla segreteria questa documentazione, anche con l’indice delle cose, con un’attività che mi è capitato di svolgere sia quando ero all’opposizione sia quando ero al Governo, però mantenendo, su questa situazione e su questa esperienza che ho vissuto e toccato con mano, sempre la stessa idea, ringraziando anche don Rovatti. Voi pensate che scrissi un libro bellissimo, profetico a suo tempo, ma non potei pubblicarlo perché il pericolo era che venisse incriminato anche lui. Venne mandato al macero. Ci sono ancora alcune copie. È stato profetico. Quando hanno incriminato le maestre di Rignano Flaminio, ho mandato subito una copia che mi era rimasta all’avvocato Coppi, perché mi sembrava di rivivere esattamente lo stesso incubo che avevano vissuto a (…omissis…), il contagio psicologico, l’esperienza degli Stati Uniti, queste robe diaboliche che, come uno stampino, vengono ripetute ovunque e ovunque sono finite in una bolla di sapone.

    Il caso, quindi, è di correre dietro ai pedofili veri, che purtroppo sono nelle palestre, sono nelle scuole, sono nelle società sportive, sono in famiglia, sono dappertutto, senza correre dietro a tutte queste costruzioni diaboliche o a questo allargamento del discorso della pedofilia, che finisce poi in quello che abbiamo letto, penso, tutti, in quella lettura difficile e dolorosissima, che sono le 240 pagine che spiegano i comportamenti che venivano tenuti dai servizi, dagli psicologi e da quelli che tenevano le case famiglia nell’ultimo caso di Bibbiano, ma che non sono molto diversi da quelli che sono stati tenuti a (…omissis…) o in (…omissis…) o a (…omissis…) o in (…omissis…), dove si applicavano queste teorie.

     

    Presidente BOSCHINI. Ringraziamo l’onorevole Giovanardi.

    Ci sono colleghi che vogliono prenotarsi per le domande? Prego, collega Callori.

     

    Consigliere CALLORI. Grazie, presidente. Grazie, onorevole, per questa sua spiegazione.

    Avendo, in questi mesi e in queste settimane, audito diverse persone di diversi settori, dagli assistenti sociali ai sindacati e quant’altro, l’idea che personalmente mi sono fatto è che qualcosa non ha funzionato in Val d’Enza. Però, la cosa che mi stupisce, anche sentendo le sue parole, è che già nel 1999 (se non ho capito male), non nell’ultimo Comune dell’Emilia-Romagna o nel Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, ma in Parlamento, si parlava di queste cose. Adesso non intendo entrare nel dettaglio dei numeri che citava della Comunità europea e quant’altro, però dico che dal 1999 sono passati parecchi anni e oggi siamo ancora qua a porci la questione che dobbiamo fare qualcosa, perché quello che è successo non succeda più, quindi rivedere le linee di indirizzo, le linee guida che non hanno funzionato, capire dove c’è stato il problema ed evitare che si ripetano queste situazioni. Questo a tutela dei bambini in primis e anche delle famiglie che poi si vedono tolti questi bambini.

    La mia domanda è questa: dal 1999 ad oggi se n’è parlato, ma si è fatto (passatemi il termine) nulla. Non vorrei che anche in questa fase ne parlassimo per due mesi – noi ci siamo dati come termine la fine della legislatura indicativamente, per poi trovare delle soluzioni – perché alla fine sarebbe tempo perso, ma soprattutto non daremmo delle risposte a chi oggi le sta aspettando. Ebbene, se alla fine questa Commissione, supportata anche da una Commissione tecnica, arriva a dare degli indirizzi, cioè capiamo dove alla fine ci possono essere dei problemi, stendiamo un documento, che chiaramente lo può adottare l’Emilia-Romagna, ma poi deve adottarlo anche chi è sopra l’Emilia-Romagna. Del resto, è vero che la sanità e il sociale sono in capo alle Regioni, ma siamo in uno Stato, con un Ministero e un ministro, che alla fine deve dare delle linee. Lo Stato, secondo lei, visto quello che è successo, ascolterà e recepirà queste informazioni che noi stiamo raccogliendo e che vogliamo dare per poi cambiare qualcosa? Oppure, ci sarà poi quel tempo, il lassismo, il lasciapassare, tanto poi le cose si dimenticano?

     

    Presidente BOSCHINI. Onorevole Giovanardi, risponda pure a questa prima domanda, magari la prossima volta ne raccogliamo anche due. Prego, onorevole.

     

    On. GIOVANARDI. Il problema è che non è che non abbiano funzionato le teorie di Foti, hanno funzionato, nel senso che quella scuola di pensiero, dove è stata applicata, ha determinato questi risultati, naturalmente con una violenza di fuoco incredibile, perché quelli che sostenevano la Carta di Noto venivano definiti amici dei pedofili. Non è una roba leggera.

    L’avvocato (…omissis…), che adesso imperversa dappertutto dicendo peste e corna dei servizi sociali e dei tribunali dei minorenni, è quello che ha denunciato me quando, come sottosegretario, ho fatto vedere ai colleghi parlamentari un video in cui uno dei genitori di Rignano Flaminio, in mutande, d’estate, per mezz’ora insultava sua figlia, cercando di farle accusare le maestre, e la figlia diceva: “Papà, ma non è vero. Papà, lasciami giocare”, con una violenza verbale terrificante. Mi ha denunciato. Quel genitore io non sapevo neanche chi fosse. Sono dovuto andare dalla Cordova, tre ore, che poi ha archiviato. Poi (…omissis…) mi ha fatto opposizione e hanno archiviato di nuovo. Adesso è lì che pontifica.

    Il problema, rispetto a queste cose, è che purtroppo ha funzionato, in tante parti d’Italia, questa teoria che presuppone che, in base a mille segnali, il bambino sia abusato e che l’intervento dei servizi sociali e degli psicologi serva a tirar fuori dalla memoria del bambino questi ricordi, che lui vuole rimuovere, naturalmente su un presupposto che chiunque ha avuto figli o nipoti sa che è folle, e cioè che i bambini dicono sempre la verità. I bambini dicono sempre la verità? I miei figli e i miei nipoti, se li trovi con la mano nella marmellata, la prima cosa che ti dicono è “io non avevo la mano nella marmellata”. Poi, è certo che vogliono compiacere gli adulti.

    Venendo al quesito posto, a livello nazionale, secondo me, il Parlamento deve fare delle leggi in cui, rispetto a una normativa che viene dal tempo del fascio, o ancora prima, cioè totalmente autoritaria rispetto a questo tipo di approccio dei tribunali dei minorenni… Apro e chiudo una parentesi: in Toscana portavano via i bambini dalle famiglie per portarli al Forteto, dove venivano abusati. Uno di quelli di cui leggiamo sui giornali è stato tolto dalla famiglia e messo in una casa-famiglia dove un diciassettenne ne abusava. Sono successe anche cose di questo tipo. Allora, occorre una legge nazionale che dia la possibilità, in un Paese democratico, di un contraddittorio. Ma poi sul territorio il Consiglio regionale e le Amministrazioni possono anche, alla luce dei disastri che sono stati fatti, intervenire perché almeno quello che oggi, a livello amministrativo, la Carta di Noto spiega, e cioè di rifiutare dal punto di vista… Insomma, è vero che il 75 per cento dei bambini emiliano-romagnoli è abusato? Signori, è scritto. Sono andati a raccontarlo e a spiegarlo dappertutto. Io dico di no. Può darsi che sbagli, ma me lo dimostrino. Anche perché ho detto più volte che, se i numeri sono quelli, viviamo in un Paese di orchi, di abusati e di abusatori. A questo punto, apriamo delle carceri con milioni di posti, se i dati sono quelli che vengono raccontati, detti nei convegni scientifici.

    Le buone prassi possono essere, alla luce anche di quello che è avvenuto… Per esempio, quando vedo che una psicologa contribuisce a portar via un bambino e poi lo adotta lei come single, scusate un attimo… Io ho fatto la legge, insieme alla onorevole Serafini del PD, sulle adozioni, ho presieduto le adozioni internazionali, c’è una legge in vigore, mai pensato che un bambino non potesse essere adottato – è scritto nella legge – che da una famiglia dove c’è un padre e c’è una madre. L’ha detto anche la Corte di cassazione, ultimamente, in una sentenza. Insomma, si porta via un bambino a una famiglia, con padre e madre, per affidarlo a una single, che è la stessa che ha contribuito a farglielo portare via? Queste sono cose che vanno anche al di là della legge. Mi sembra che il senso comune porti a dire: ma è possibile? Si porta via un bambino a una coppia uomo-donna per darlo a una coppia di donne? Anche questo mi sembra una cosa che… Ho sempre pensato che questi bambini hanno già la sfortuna di essere strappati da una situazione familiare e si trovano in una situazione “familiare”, ma almeno che ci fosse equilibrio. Quando poi, invece, emergono le cose che abbiamo detto, cioè siamo davanti a militanti ideologici, e lo dicono esplicitamente, a maggior ragione non c’è bisogno solo della legge, ma credo ci debbano essere buone prassi amministrative tali da far sì che, anche in Emilia-Romagna… Mi rifiuto di pensare che in Emilia-Romagna tutti i servizi sociali si siano comportati come quelli di (…omissis…) o come quelli di Bibbiano, che avevano il record di bambini portati via alle famiglie. Penso che in Emilia-Romagna ci siano tantissime località in cui i servizi sociali non si sono comportati in questa maniera.

    È vero quello che dice Morcavallo, è vero che i giudici onorari vanno a far parte del tribunale dei minorenni, è vero che c’è un intreccio di interessi spaventoso. Il CISMAI parla di 13 miliardi di euro. Ripeto, 13 miliardi di euro. Inoltre, ogni anno si aggiungono altri 900 milioni per i nuovi casi. Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, però che su queste cose qualche volta possa incidere anche l’interesse economico è un sospetto che può venire. Poi, se si vanno a leggere gli atti, si può vedere quello che in vent’anni è stato speso in convenzioni soltanto a (…omissis…), peraltro convenzioni con persone che lavoravano nei servizi e poi sono andate a far parte di altre associazioni che seguivano i bambini e che hanno avuto milioni e milioni di euro. Milioni e milioni di euro. Quindi, realisticamente c’è anche quel problema, che può spiegare le ragioni per cui determinate cose possono avvenire.

    Io credo che un Consiglio regionale nuovo abbia tutti gli strumenti di indirizzo e di controllo per evitare che situazioni di questo genere si ripetano. Certo, se (…omissis…) o Bibbiano dovessero essere, com’era fino a sei mesi fa, illustrati in tutto il mondo come situazioni modello di come si affronta il problema dell’abuso, ho l’impressione che né l’uno né l’altro siano situazioni modello – lasciate stare adesso il penale –, da quello che è emerso, di come devono essere gestiti i problemi delle famiglie in difficoltà o degli abusi, quando ci sono gli abusi veri.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Calvano.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente. Grazie, onorevole Giovanardi.

    Ho apprezzato molto nella sua relazione una cosa che ormai sta diventando patrimonio acquisito e di cui credo che ormai questa Commissione debba prendere atto, cioè che il tema degli allontanamenti erronei o sbagliati non è un tema che riguarda l’Emilia-Romagna, ma è un tema nazionale. Ho apprezzato molto questa sua affermazione, che ormai fa il paio con quella fatta allo stesso modo da uno dei leader politici nazionali come Matteo Salvini, come del resto è una di quelle cose che in questa Commissione inizia a emergere. D’altronde, su questo tema di come si affrontano le problematiche legate all’allontanamento dei bambini stanno emergendo, nella normativa nazionale, elementi di debolezza, che vanno in qualche modo sistemati. La stessa garante nazionale, a fine luglio, ha espresso un parere su questo, in cui invita a fare tutta una serie di modifiche normative nazionali e interventi nelle Regioni, nei Comuni e presso altre istituzioni, proprio per poter affrontare al meglio questo tema. Quindi, ho apprezzato questo aspetto nella sua relazione, perché ci aiuta ad affrontare con più serenità – se di serenità si può parlare in questi casi – un tema così delicato.

    Non mi ritrovo, però, e le chiedo una spiegazione al riguardo, su un po’ di numeri che lei ha dato. Nel 2018, in Parlamento, la Commissione bicamerale che si è occupata di tutela dei minori – non so se lei facesse parte di questa Commissione, comunque c’erano esponenti dell’allora suo partito – ha votato all’unanimità una relazione finale, in cui il numero dei bambini da zero a diciassette anni allontanati dalle famiglie in Italia risulta essere pari a 26.420. Un numero comunque importante, per carità, però molto lontano da alcuni dei numeri che ho sentito citare da lei e molto lontano – devo dire la verità – da quello che succede nel resto d’Europa. Lei, infatti, ci ha descritto un’Italia in cui questo tema dell’allontanamento coinvolge un numero consistente di famiglie, un numero eccessivo di famiglie dal suo punto di vista, e sembra veramente una situazione da primato mondiale dell’Italia. Invece, sempre da quella relazione, che il Parlamento e anche esponenti del partito di cui lei fa parte o faceva parte hanno approvato, emerge che la situazione italiana, da questo punto di vista, è di una presenza di allontanamento di minori presso altre famiglie o presso comunità familiari del 2,6 per mille, a fronte di un dato europeo di Francia e Germania vicino al 10 per mille, di un dato inglese intorno al 6 per mille e di un dato spagnolo intorno al 4 per mille. Cito quelle riportate all’interno della relazione.

    Le chiedevo come mai questa distanza che ho percepito tra i numeri che lei ha fornito. Non sono riuscito a segnarmeli tutti, però nel suo ragionamento ho colto numeri obiettivamente molto distanti da quelli che ho letto in quella relazione. Anche lo stesso suo riferimento ai 13 miliardi di euro spesi su questo tema in Italia mi pare un po’ eccessivo. Anche in questo caso, le chiedo una spiegazione. Io ho fatto un semplice calcolo: ho diviso 13 miliardi per 26.420 bambini affidati. Staremmo parlando ‒ se non ho fatto male i calcoli ‒ di una spesa di 500.000 euro a bambino. Mi sembra un po’ eccessiva. So che è una spesa consistente, perché ho fatto l’amministratore, quindi so che i gruppi appartamento minori incidevano profondamente sui bilanci sociali dei Comuni o delle ASL, a seconda di chi gestiva la questione, però non siamo mai arrivati a quelle cifre. Anche perché il mio Comune sarebbe andato in dissesto. Le chiedo una spiegazione anche su questa seconda cifra, perché è importante per la nostra relazione.

    Infine, le pogo un’ultima domanda. Lei, nella sua relazione, si è giustamente concentrato sulla problematica del bambino o dei bambini allontanati erroneamente o troppo facilmente dalla famiglia. Ritengo sia un problema enorme perché determina un trauma per il minore e per la famiglia, traumi che poi non sono facilmente recuperabili. Nel momento in cui si capisce che è un errore, si deve tornare indietro. Lei è stato sottosegretario alla famiglia, alle politiche familiari, ha un’esperienza notevole. Magari l’ha fatto perché non le sembra questa l’occasione... Le chiedo se, a suo avviso, non sia altrettanto preoccupante e altrettanto da monitorare la situazione che vede il minore, a causa di una mancanza di attenzione del sistema pubblico, permanere dentro una famiglia dannosa per quel minore e per la famiglia stessa, quindi. Le ritengo due facce, purtroppo, della stessa medaglia, cioè che sia problematico l’allontanamento erroneo, ma che sia altrettanto problematico se lo Stato non si accorge che il bambino è in una famiglia ed è in una condizione di pericolo in quella famiglia. Penso che lo Stato si debba occupare con la stessa intensità di entrambe le situazioni. Le chiedo un suo parere su questo perché sono molto preoccupato dal fatto che ciò che è successo in Val d’Enza... Erroneamente diciamo “Bibbiano”, ma non mi stancherò mai di dirlo. Ormai è diventata una prassi: il tema non è Bibbiano, ma è una cosa un po’ più generale. Mi permetto di dirlo, ma vedo che tanto non ha effetti questa cosa. Continuerò a farlo comunque per l’amore che ho nei confronti dei bibbianesi.

    Scusate la digressione. Ho perso il filo.

     

    (interruzione della consigliera Mori)

     

    Consigliere CALVANO. Le chiedevo se, a fronte di quello che abbiamo visto in Val d’Enza, non ritenga pericoloso il fatto che oggi l’orientamento della politica sia solo concentrato sugli allontanamenti erronei o frettolosi o sbagliati e si dimentichi completamente dell’altra parte, che è una parte altrettanto pericolosa.

    Ho recuperato il filo e ringrazio la collega Mori per avermi aiutato a farlo.

     

    Presidente BOSCHINI. Sono più domande. Quindi, cerchi di riprenderle tutte, se è possibile.

     

    On. GIOVANARDI. Quello che ho detto ‒ poi dirò da dove traggo questi elementi ‒ conferma che qui si danno i numeri. Ma non li do io. I numeri li danno quelli che in documenti ufficiali... Ho citato il Consiglio d’Europa. Il Consiglio d’Europa ha fatto la campagna formale proporzionale in tutti i Paesi europei dicendo che un bambino su cinque in Europa è abusato sessualmente. Erano 2 milioni in Italia. Certo che sono sobbalzato dicendo: ma cosa state dicendo? Mi sono fatto dire ‒ e avete il documento ‒ formalmente che era una balla. Però su quella balla si sono costruiti rapporti, come quelli di Foti, che gira l’Italia dicendo che il 75 per cento dei bambini italiani sono abusati.

    Io vi ho allegato Il Tempo, diritti umani, la questione del Telefono Azzurro, dove le percentuali girano in maniera... Foti dice che una bambina su cinque è abusata. Una bambina su cinque. Lo trovate nel documento. Di cosa stiamo parlando? Un fenomeno va affrontato nel momento in cui si fa una radiografia seria. Qui siamo al valzer dei numeri. Io non fornisco numeri. Io illustro una situazione nella quale vengono dati numeri a casaccio, qualche volta confondendo le percentuali (l’1 per cento, l’1 per mille). Sui 13 miliardi sono perfettamente d’accordo. Lo dice il CISMAI, mica l’ho detto io. Io ho citato il rapporto del CISMAI, che potete andarvi a leggere, dove si dice che la struttura dei servizi (non solo per allontanamenti e per abusi) costa 13 miliardi. E aggiunge: più 940 milioni all’anno per i nuovi casi.

    Scusate, sono il primo a dirvi che 13 miliardi mi sembra una somma gigantesca e 900 milioni all’anno nuovi, per i nuovi casi di presa in cura dell’allontanamento mi sembrano... Ma lo scrivono loro. Queste somme, se venissero spese meglio, senza entrare in questo meccanismo di ingrassamento di situazioni nelle quali imprenditorialmente si fanno strutture che devono essere alimentate perché dentro ci sono psicologi, psichiatri e tariffe... Per esempio, a Rignano Flaminio il signor Foti ha voluto una tariffa doppia, perché lo ha ritenuto un lavoro particolarmente impegnativo. A Bibbiano avete visto come funzionavano le tariffe.

    Sicuramente queste cose vanno chiarite. Alla Commissione dell’infanzia, alla bicamerale, quando ero io ministro, partecipavano tre o quattro deputati su cinquanta. Io andavo là come sottosegretario, aspettavo un’ora e quando arrivavano tre o quattro persone ero contento perché potevo dire le mie cose. Si dice che è stato approvato un documento, ma il documento dove ha preso i numeri? Chi è andato a indagare, a verificare con puntiglio le cose? Bisogna farlo. Qualche volta questo dibattito può essere utile a livello nazionale per fare anche un focus sulle questioni.

    Ripeto ancora questo punto: se si parte dal presupposto teorico che il 75 per cento dei bambini italiani sono abusati e, secondo il metodo di quel signore, una volta tolti alle famiglie, quelli prima o poi confessano di aver subìto abusi, capite che il presupposto è già terrificante, devastante.

    Dico un’ultima cosa, serissima. Io l’ho scritto in un altro mio libro, sempre su questioni di giustizia: o si usa il sistema dei catari... I catari vennero assediati in Francia, dove avevano la sede. Quando entrarono i buoni cristiani cattolici dissero al vescovo: “Dentro la città ci sono i catari eretici, ma ci sono anche i buoni cattolici. Come facciamo a distinguere gli uni dagli altri?”. La risposta è storica: “Voi li ammazzate tutti. Poi ci penserà Dio a distinguere i buoni cristiani dagli altri”.

    Non si può dire: portiamo via i bambini in maniera industriale perché in mezzo ci sono sicuramente anche gli abusati. Se uno va a vedere le cose, la teoria diventa un pochino questa. Al di là dei numeri, parlo di una sola persona ‒ una ‒ che in Italia subisca l’onta, il dolore immenso di vedersi portare via i bambini.

     

    (interruzione)

     

    On. GIOVANARDI. Signori, attenzione. Come sapete, noi abbiamo una Costituzione della Repubblica italiana che parte con la presunzione di non colpevolezza. Poiché questi provvedimenti provvisori sono definitivi e la famiglia viene ammazzata, disintegrata... Se andate a vedere il problema di (…omissis…), questi (…omissis…) bambini non li hanno nemmeno fatti vivere assieme. Sono stati portati via dal padre e dalla madre, poi sono stati dati ad (…omissis…) affidatari diversi. Quindi, non solo hanno perso il papà e la mamma, che poi sono stati assolti, ma hanno perso anche la convivenza tra di loro, perché, per ragioni di giustizia, sono stati spostati... Queste cose sono successe centinaia, migliaia di volte.

    Nel caso dei (…omissis…) fratelli (…omissis…), le perizie hanno dimostrato che erano (…omissis…) illibati. Quando arriva quella signora, quando la magistrata Siciliano ‒ che non è certo in linea con le mie idee; è la stessa che ha portato alla Corte costituzionale la questione dell’eutanasia ‒ dice in udienza che quelli che hanno fatto quattrocento perizie erano o in malafede o totalmente ignoranti... Quelli che dicono che l’imene ricresce (“L’imene è ricresciuto”). Si parte da presupposti totalmente errati. La (…omissis…) ha avuto ragione. È stata assolta pienamente. Bella soddisfazione! Non ha più visto i figli, sta in Francia esule con il figlio di diciotto anni, i figli di trent’anni continuano a dire che c’erano gli ammazzamenti. Avete visto quello sceneggiato strappalacrime con la Ferilli. Non è possibile dire: siccome ci sono gli assassini, mettiamo in galera gli assassini e anche quelli che assassini non sono, ma che sono accusati di essere assassini, di ammazzare. Credo che l’equilibrio delle Istituzioni sia tale soprattutto quando le accuse ‒ le avete lette ‒ sono così generiche. Il disegno. L’inappetenza. Quello che viene indicato come sintomo d’abuso necessario e sufficiente per portare via il bambino... Abbiamo visto i sette dei servizi sociali che si sono qualificati come guardie zoologiche: sono entrati nella casa di una donna e poi, tutti e sette, con il bambino in braccio lo hanno portato via con la madre che correva dietro di loro disperata. Io ho avuto la delega per le tossicodipendenze, e sapete la mia posizione. Da Muccioli a don Benzi, a don Mazzi: quando una drogata o un drogato esce dalla droga va rispettato. Non possiamo portar via il bambino perché dieci anni fa consumava droga. Ma stiamo scherzando? Lì hanno usato quel sistema. Hanno portato via i bambini con la truffa, con l’inganno, in nove, qualificandosi come guardie zoologiche.  Sono cose per le quali tutti dovreste alzarvi in piedi e urlare dalla rabbia.

    Non è questione di PD o Forza Italia. È una questione che dovrebbe indignare tutti, sconvolgere tutti. Si dice che c’è chi strumentalizza politicamente. Avete assolutamente ragione, però vi ho detto che il sottoscritto è stato attaccato da destra quando difendeva le maestre. C’è sempre chi tenta di strumentalizzare le cose. Queste sono cose terribili e bisogna fare in modo che non capitino più.

    Mettiamoci d’accordo su una cosa. Se fosse vero che il 75 per cento dei bambini italiani sono abusati, a tutti i bambini dovremmo far cambiare Paese. Se c’è questa epidemia, stiamo lottando contro i mulini a vento. Per fortuna non è così. Voi conoscete la realtà. Che la stragrande maggioranza dei bambini italiani viva dentro un incubo per fortuna non è vero. Forse l’incubo è nella testa di qualcuno che ha spostato sulla società i suoi incubi. Andate a vedere le anamnesi e tutte le vicende collegate. Io adesso farò un convegno a Modena. Ho chiamato (…omissis…) e i rappresentanti dei comitati. (…omissis…) ha dichiarato di essere stato abusato da bambino, quindi ha tutta una sua vicenda penosissima che si porta dietro. Però, ragazzi, che lui si porti dietro questa vicenda penosissima per lui, vera o falsa che sia... Anche gli altri dicono che (…omissis…) li ha convinti che le bambine erano state abusate. Mi sembra che siamo all’interno di un circuito leggermente inquietante.

    Quando ci mettiamo i diavoli, ci mettiamo le uccisioni, le teste troncate, gli ammazzamenti, il Panaro dragato e alla fine non si trova nulla e si dice che si facevano venire dai Balcani i bambini per ammazzarli, capite che siamo... Io l’ho sempre detto: signori, se mi dicono che uno di voi ieri sera ha ammazzato una persona sulla Luna non apro un’istruttoria, non vado a cercare testimonianze, perché ritengo che sulla Luna uno ieri sera difficilmente abbia potuto ammazzare un’altra persona.

    Quando siamo davanti a casi così eclatanti ‒ parlo di (…omissis…) ‒ che coinvolgono persone... Una è morta d’infarto e un’altra si è suicidata. C’era il terrore di vedersi portar via i bambini se si apriva bocca, il terrore di essere coinvolti in queste vicende. Avvocati denunciati. Quel povero avvocato (…omissis…), perché era strabico, lo hanno... Qualcuno può dire: “Sono robe di vent’anni fa”. Signori, non è facile muoversi in un contesto nel quale mettere in rilievo le cose che non vanno, come fece (…omissis…) quando mi chiamò “amico dei pedofili” perché avevo difeso queste maestre. Io naturalmente l’ho querelato, ma hanno archiviato la querela. Non è facile muoversi. Avete ragione: adesso la corrente va da una parte. Per anni è andata dall’altra. Bisogna trovare un giusto equilibrio.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Risultano iscritti i colleghi Tagliaferri, Taruffi, Mori e Prodi. Cerchiamo di essere un pochino contenuti, sintetici, sia nelle domande che nelle risposte. Collega Tagliaferri, prego.

     

    Consigliere Giancarlo TAGLIAFERRI. Grazie, presidente.

    Onorevole, buonasera anche da parte mia. A differenza di alcuni colleghi della sinistra, trovo una grossa consolazione in ciò che ha detto in merito ai dati forniti dal CISMAI. Evidentemente non sono stato l’unico a considerarli folli, come ho detto già in diverse occasioni. Considerate che con quei dati, qui dentro (al momento ho contato ventotto persone, qualcuno se ne è andato ora), ventuno dei presenti sarebbe stato abusato.

    Volevo approfittare anche per chiedere un autorevole parere sull’utilizzo dell’articolo 403 del Codice civile, in merito al potere lasciato all’assistenza sociale per estrarre il minore per poi far ratificare solo in seguito la decisione dal tribunale dei minori, tanto più che il tribunale dei minori ratifica dando una delega in bianco, come ricordato dall’ex Garante regionale per l’infanzia, dottor Fadiga, precedentemente audito. Le chiedo, quindi, non le sembra eccessivo e senza bilanciamento il ruolo degli assistenti sociali? Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Ne vuole raccogliere un’altra, onorevole? Bene. Collega Taruffi, prego.

     

    Consigliere TARUFFI. Grazie, presidente.

    Ringrazio l’onorevole Giovanardi per la sua presenza. Come premessa generale, vista la sua notevole esperienza e visti anche gli incarichi che ha ricoperto e per i quali credo sia stato invitato qui oggi, in particolar modo per la sua attività di sottosegretario di Stato con delega alla famiglia e ai minori, mi sarei aspettato, più che i dati di CISMAI o di qualche altra realtà, i dati relativi alla sua esperienza, i numeri che, a livello ministeriale, il governativo ha potuto in quegli anni verificare, sia in ordine ai numeri di allontanamenti che eventualmente alle spese sostenute, senza far riferimento esclusivamente ai dati di CISMAI che, per quanto mi riguarda, hanno un valore sicuramente parziale, relativo. Io sono abituato a discutere e credo sarebbe utile per questa Commissione discutere su dati ufficiali, come quelli che conosciamo noi, cioè 3.000 minori allontanati in Emilia-Romagna, il che vuol dire 1,5 minori ogni mille minori presenti, e 2.520 assistenti sociali che devono seguire questi minori.

    Vi è un elemento sul quale mi sembra opportuno riflettere con lei. Ci è stato detto da più parti e in più occasioni che rappresentano un personale non adeguato numericamente, ma frutto del fatto che negli anni i Governi che si sono succeduti hanno in qualche modo prodotto, con il blocco delle assunzioni, un problema per i Comuni, per i servizi sociali, l’organizzazione dei servizi sociali dei Comuni. Quindi, vorremmo avere l’occasione di ragionare con lei, che ha avuto l’opportunità e l’onore di rappresentare il Governo e di lavorare al Governo. Ho molto apprezzato il suo intervento quando ha riconosciuto che non si tratta di un problema solo della Val d’Enza o dell’Emilia-Romagna, ma di un problema generale sul quale a livello nazionale è giusto porre l’attenzione.

    Secondo lei, negli anni in cui lei è stato sottosegretario con delega specifica, come mai non è stato affrontato un problema come quello dell’assenza delle linee guida nazionali, che abbiamo scoperto essere un punto dolente della vicenda? Come mai, secondo lei, in quegli anni si è protratto, insieme agli anni successivi, questo blocco delle assunzioni? Come mai non si è ritenuto, almeno per quanto riguardava i servizi sociali, di poter operare una sorta di salvaguardia? Il numero di operatori presenti sul territorio è un problema.

    Abbiamo verificato in queste settimane che, ad esempio, i giudici che si occupano di questi casi (oltre 3.000, come ho detto, in Emilia-Romagna) sono solo sei. C’è un problema, quindi, che non riguarda solo il numero di assistenti sociali, ma anche il numero di giudici, il che ha sempre a che fare con l’ordinamento nazionale. Le chiedo come mai, secondo lei, in questi anni, in particolar modo negli anni in cui lei ha avuto l’opportunità di ricoprire l’incarico, non si è messo mano a questi elementi, fermo restando che, come lei ci ha detto in apertura, il problema era stato da lei sollevato a partire dalla fine degli anni Novanta, già dal 1999, quando lei era in Parlamento, quindi non al Governo. Negli anni successivi è stato in maggioranza, è stato al Governo, ha ricoperto incarichi importanti. Se lei era a conoscenza e ha sollevato questi elementi, quali sono stati i problemi che le hanno impedito, nei suoi ruoli di governo, di procedere, di porre rimedio?

    Sono d’accordo con il consigliere Tagliaferri ‒ sembrerà strano, ma è così ‒ quando pone l’attenzione sulla responsabilità che viene affidata agli assistenti sociali dall’articolo 403 del Codice civile in tema di allontanamento dei minori. Vorrei sapere, a suo giudizio, se le cose a sua conoscenza erano tali e tante già a partire dagli anni Novanta, come mai nell’attività di Governo successiva non è stato posto mano nemmeno a questo problema.

    Faccio queste domande perché ritengo che la nostra Commissione ‒ come ho detto sempre ‒ debba fare piena luce e accertare tutti i fatti che riguardano la nostra regione. Nella misura in cui questi problemi e questi fatti hanno a che fare con due livelli, quello locale e quello nazionale, per le due appendici che rappresentano, abbiamo il dovere e il compito, nella nostra relazione, di metterli all’interno come punti focali e provare a dare una risposta relativa alla regione Emilia-Romagna, ma che può e deve riguardare anche l’Italia, parlando al Paese, quindi anche al Parlamento italiano.

    Cogliendo l’occasione della sua presenza e della sua autorevole esperienza in materia, le chiedo di darci una mano a sciogliere questi nodi e a capire, nella sua attività di Governo, quali sono stati gli impedimenti che non le hanno consentito di intervenire sui problemi che lei dice di aver sollevato già a partire dagli anni Novanta.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, onorevole.

     

    On. GIOVANARDI. Non so se questa sia una Commissione d’inchiesta su Giovanardi. Io parlo di casi umani, di tragedie che dovrebbero coinvolgere tutti, e ci si domanda cosa ho fatto a livello nazionale? Non ho capito bene la logica, ma posso rispondere. Posso rispondere attraverso tutte le attività parlamentari che ho fatto, le leggi che ho fatto sugli affidi e le adozioni e l’attività svolta ovunque sul territorio per denunciare queste anomalie, laddove emergevano. Solo tre anni fa, quando abbiamo organizzato un convegno a Modena (al quale ha partecipato la dottoressa Matone, il famoso giudice del tribunale dei minorenni), eravamo stati diffidati dal farlo dicendo che non bisognava rimestare cose del passato e avere rispetto del dolore. Di chi, delle famiglie? No. Dei magistrati. Il messaggio arrivò forte e chiaro in quel senso.

    Signori, l’attività del Governo e del Parlamento viene fatta attraverso le leggi. Quando sul territorio nascono distorsioni di questo tipo, la battaglia diventa politica. Il problema delle anomalie che abbiamo visto certamente è collegato, e lo stiamo ‒ credo ‒ sostenendo tutti. Io sostenevo anche da prima che bisognava modificare i meccanismi fascisti, chiamiamoli così, dei tribunali dei minorenni, autoritari. È una predica che era stata già fatta. Per fare le cose devi anche trovare una maggioranza che te le faccia portare avanti.

    Torniamo, invece, alle responsabilità per le quali sono nate queste anomalie. Ogni tanto vado a rivedere le varie risposte che ho dato in Parlamento. Il problema di (…omissis…). È mai possibile che in provincia di Modena ci fosse il 30 per cento del totale regionale delle situazioni dei servizi sociali, cioè di casi di persone portate via dalla famiglia? È possibile che Alfredo Sgarbi, mio amico e sindaco di Finale Emilia, possa aver detto allora: “Parliamoci chiaro. Se il tribunale avesse assolto, saremmo andati a casa tutti, io, i dirigenti dell’azienda, gli assistenti sociali, come coloro che avevano condannato definitivamente i bambini”? Poi riconosce che don Govoni è stato un benemerito con i suoi rapporti, sicuramente una grande persona. Le cose capitano anche quando nascono determinati climi e quando nascono guru che convincono, al di là delle leggi. Sapete quante volte le leggi in vigore vengono platealmente violate dalle prassi amministrative? Noi non stiamo parlando di questo. Stiamo parlando della punta di un iceberg, che è emersa, di un sistema che, invece di tutelare i bambini e le famiglie, provoca drammi e tragedie. Su questo dobbiamo operare. Il collega dice una cosa giusta: i servizi sociali hanno diritto di vita e di morte sulle famiglie. Basta un assistente sociale cretino ‒ posto che ce ne sono tanti bravissimi ‒ o un assistente sociale che aderisce (come abbiamo visto negli interrogatori, quelli che sono finiti agli arresti) a determinate teorie e chiama “amici dei pedofili” (…omissis…) e tutti quelli che, sulla base di una tutela delle famiglie, ritengono che, prima di arrivare a drastici provvedimenti, ci voglia un minimo di cautela: per esempio che i bambini vengano sentiti, con le registrazioni, cosa che a (…omissis…) non avvenne; che ci sia una cautela nel determinare... Mi sembra che questo sia un punto di incontro in grado di mettere assieme la destra forcaiola, quella che nelle varie espressioni non faceva altro che linciare in via pregiudiziale tutte le volte che avveniva un caso di questo tipo, con la sinistra, che è sempre stata sensibile a determinati argomenti, cercando di emarginare quelli che, mi sembra di capire, non solo dall’inchiesta, ma anche dalle loro autorizzazioni… Se, invece, qualche collega dicesse che, è vero, il 75 per cento dei bambini sono stati abusati, arriveremmo a uno scontro: “Giovanardi dice che è una cosa folle. Noi diciamo, invece, che è vero”.

    (Omissis…) queste cose andava a raccontarle nei corsi di preparazione dei magistrati, nei corsi di formazione degli assistenti sociali, all’Università cattolica Salesiana di Roma, dove venivano addestrati quelli che potevano affrontare i casi specifici, il che non c’entra niente con la legge. Qui siamo all’interno di patologie. L’inchiesta “Angeli e demoni” è un’inchiesta penale. Le leggi ci sono, ma evidentemente sono state tutte palesemente violate per il richiamo a una ideologia che si rifaceva a determinati presupposti. Tutto qui.

    Credo che la lotta comune stia nello smontare questo meccanismo perverso e stare dalla parte innanzitutto dei bambini, dalla parte delle famiglie e contro quelli che viene dimostrato siano pedofili. Anche in questo caso, una volta allontanato il padre e messo in galera, giustamente, se la madre non c’entra niente, i parenti, i nonni non c’entrano niente, è proprio necessario che il bambino venga strappato dagli affetti familiari e dato in affido o in adozione, magari in situazioni molto peggiori di quelle che potrebbe garantire la famiglia d’origine? Se ci sono problemi economici, non è meglio intervenire direttamente sulla famiglia spendendo una parte di quei 13 miliardi per affiancarla?

    Signori, guardiamoci in faccia. Sapete benissimo, lo sapete meglio di me, che ci sono teorie in base alle quali i bambini non sono dei genitori, ma dello Stato, quindi lo Stato deve intervenire per togliere i bambini ai genitori se li ritiene incompetenti (ad esempio, poveri). A me non sembra un discorso molto di sinistra. Anzi, mi sembra un discorso...

     

    (interruzione)

     

    On. GIOVANARDI. Appunto. Forse andava bene nella Germania hitleriana un discorso di questo tipo, che i bambini sono dello Stato, però sono teorie che vanno per la maggiore e che esistono. Credo siano teorie contro le quali tutti dovremmo combattere.

    Mi sembra ci sia un terreno d’intesa per uscire da quello che è emerso e per fare in modo che non si ripeta più in futuro.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Mori, prego.

     

    Consigliera MORI. Grazie, presidente.

    Grazie, onorevole Giovanardi, per la sua presenza e per la sua disponibilità.

    Parto da questo ragionamento, nel senso che da un lato lei conferma in qualche modo – all’esito di tante audizioni ci siamo fatti anche un po’ un’idea – il fatto che anche il collega Taruffi sottolineava, cioè che i dati sono spesso disaggregati, sono dati raccolti in forma anche autonoma, ma in modo anche professionale e autonomo.

    Non esiste un Osservatorio nazionale che in qualche modo raccolga e integri, in nome e per conto dello Stato, perché chiaramente lei ha perfettamente ragione a dire che i figli prima di tutto sono dei propri genitori, però il benessere dei bambini e delle bambine è responsabilità di tutti. Se noi stiamo qui a occuparcene con grande intensità è perché, di fatto, vorremmo che questo fosse.

    Da questo punto di vista sia un Osservatorio nazionale, sempre per arrivare anche a cercare di capire come poter costruire delle proposte che in qualche modo possano diventare migliorative del sistema odierno, in attesa che si faccia l’Osservatorio nazionale, perché i progressi per i diritti delle persone in Italia sono sempre progressi un pochettino faticosi, quindi ci vuole molto tempo. Nel frattempo, potremmo dotarci, come Regione Emilia-Romagna, di un Osservatorio regionale che in qualche modo integri, acquisisca da tutte le agenzie e da tutti i riferimenti non soltanto sui dati dei minori in affido, ma anche sui dati dei servizi sociali, integrarli e cercare di capire meglio. Tra l’altro, i dati che abbiamo sono già tanti, anche i dirigenti regionali ce li hanno dati e hanno smentito ogni anomalia sui dati della nostra Regione. Però, per essere ancora più puntuali, quindi, credo che lei possa essere dell’opinione che l’istituzione di un Osservatorio, sia nazionale che a questo punto regionale, ma perché ne siamo responsabili, possa essere un elemento di qualità del sistema. Questa è la prima domanda. Chiedo se lei ritiene che questo possa essere.

    In secondo luogo, c’è il tema delle violenze. Nella sua narrazione e nella sua ricostruzione, per semplificazione e perché in qualche modo è anche utile all’efficacia dialettica, lei associa sempre il tema dell’allontanamento con il tema dell’abuso sessuale e della pedofilia, come ragionamento che io ho percepito, questo per lo più.

    In realtà, forse, dovremmo capirci e comprenderci su che cosa significa per la Convenzione dell’ONU sulla tutela del fanciullo maltrattamento e abuso sul fanciullo, perché anche questa, secondo me, non è una questione secondaria. Se il maltrattamento sul fanciullo, che deve essere rilevato e se rilevato fa scattare un automatismo di segnalazione, va dal fisico allo psicologico, al sessuale, ma anche alla trascuratezza, allo sfruttamento o anche all’eccessiva curatela, cioè se le declinazioni del maltrattamento hanno tutte queste declinazioni, quindi non soltanto l’abuso sessuale, è chiaro che noi dobbiamo proprio intenderci rispetto a ciò che rileva, perché oggi come oggi sarebbe omissione d’atti d’ufficio se un assistente sociale non segnalasse eventualmente maltrattamenti o abusi non solo sessuali, ma di qualsiasi altro genere.

    Su questo, a mio parere, va fatto – e qui allora arriviamo al tema della formazione – un approfondimento e una formazione che sia anche alfabetizzazione, perché altrimenti sembra che il maltrattamento possa essere solo un abuso sessuale e quindi sono tutti abusati sessualmente i bambini. Per l’amor di Dio, quando si parla di maltrattamento verso i minori, da quello che io intendo, poi può essere che io sbagli, significa tante cose, non soltanto abuso sessuale. Quindi, l’allontanamento oppure l’affiancamento e l’accompagnamento delle famiglie, che ci hanno spiegato tantissimi di coloro che sono venuti qui, è che c’è uno sforzo grande anche delle nostre Amministrazioni per affiancare le famiglie. Proprio il dottor Pascarella l’altro giorno ci diceva che l’affido, che può essere anche parziale, può avere tante forme, è prima di tutto un aiuto alla famiglia, non l’allontanamento del minore.

    Rispetto a questa filosofia lei ci può dare una mano. Penso, però volevo chiedere la sua opinione, che una mano ce la darebbe assumere una carta, un indirizzo, delle linee guida nazionali, cioè ministeriali integrate ai ministeri di competenza che in qualche modo facciano superare le tante linee di indirizzo e le tante linee guida che poi polarizzano a volte anche le teorizzazioni di come in qualche modo bisogna affrontare il maltrattamento, l’abuso e rilevarne le testimonianze e quant’altro.

    Secondo lei, questo potrebbe essere uno strumento chiarificatore? Però, ci si deve veramente applicare, perché tutte le volte la Bicamerale infanzia fa questa proposta e non viene attuata, la Garante nazionale fa le proposte e non vengono attuate. Il Parlamento credo debba assumere con grande forza questo elemento e dopo aver dato la colpa a tutti in qualche modo si auto responsabilizzi a produrre un’efficace sintesi. Chiedevo se, secondo lei, questo può essere un utile strumento che noi possiamo portare all’attenzione nella nostra relazione. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego.

     

    On. GIOVANARDI. Velocissimamente. Io sono d’accordo. Vi chiederete come faccio a essere d’accordo con tutti. Sapete del figlio che sente il padre giudice dare ragione a uno, poi dare ragione all’altro e dice: “Papà, come hai fatto a dar ragione tutti e due?”. “Hai ragione anche tu, figlio mio”. È una storia vecchia.

    Veniamo ai numeri, ai dati e ai presupposti, anche se la mia convinzione è che bisogna cambiare la legge, perché nelle migliaia di casi di cui parliamo se non c’è un contraddittorio, non c’è una garanzia, alla fine ricadiamo sempre nello stesso problema.

    Il problema è che i dati ministeriali ci sono, sono governativi. Spadafora ha presentato la prima indagine nazionale sul maltrattamento voluto dall’autorità nazionale, una emanazione del Governo italiano, del presidente del Consiglio che ha affidato al CISMAI: risultato, 457.453 minorenni in carico ai servizi sociali, per maltrattamento 91.272, 9,5 per cento della popolazione minorile. Questo è un dato ministeriale. Adesso di nuovo è stato dato l’incarico al CISMAI, malgrado quello che è successo in giro, di rifare questo tipo di indagine, quindi non è che non ci siano dei dati, però il problema è la credibilità di questi dati.

    Ripeto, anch’io lo so, e l’ho detto prima, ed è nel materiale che vi ho dato, lo stesso Foti distingue l’abuso fisico, l’abuso sessuale e l’abuso psicologico. Però nell’abuso sessuale dice che una bambina su cinque è abusata, una bambina su cinque, e un bambino su dieci sono abusati. Poi mette un bambino su quattro all’abuso fisico, un bambino su tre all’abuso psicologico, nessuna forma di maltrattamento e abuso: il 26,4 per cento.

    Torno a dire che il presupposto di tutto quello che è accaduto a (…omissis…), a (…omissis…) eccetera, eccetera, è che quello che ha fatto scuola ed è diventato la verità per i servizi sociali è questo, quello che in tutti i convegni in tutta Italia veniva determinato. Continuo a dire che se i presupposti sui quali la politica, la società, i servizi sociali sono questi qui, siamo totalmente fuori non solo dalla realtà dei fatti, ma arriviamo a sviamenti come quelli che abbiamo visto sul territorio.

    È quello che ha detto un collega e l’ho detto anch’io: una bambina su cinque è abusata. Ma vi rendete conto? Di cosa stiamo parlando? Rispetto alle nostre famiglie, alla nostra società ci sarebbe da dire che quelli normali sono i non abusatori se le cose fossero così, ma per fortuna non sono così. Bisogna smontare questo presupposto.

    La Carta di Noto non è stata fatta da sprovveduti o da amici dei pedofili, è stata fatta da fior di studiosi, da gente impegnata fortemente a contrastare quell’orribile, terribile, terrificante fenomeno che è la pedofilia. Però, mi lasci, presidente, aprire e chiudere una parentesi. Io ci ho messo dieci anni a cercare di far interrompere il rapporto del Governo con il Circolo Mario Mieli, è la denominazione del circolo di Roma, che collabora ufficialmente con il Governo italiano.

    (Omissis…) è quello che scrisse, prima di suicidarsi, il libro in cui inneggiava alla pedofilia, alla coprofagia, al dovere di ogni madre di congiungersi con la figlia e del padre con il figlio, e anche mangiare gli escrementi. La (…omissis…) è stata recentemente condannata a Torino e sono andato a difenderla. Caro magistrato, è vero che il Circolo Mario Mieli dice che loro non sono pedofili, ma se io faccio il circolo Adolf Hitler è inutile che dica che non metto gli ebrei nelle camere a gas, perché se intitolo un circolo ad Adolf Hitler evidentemente in qualche modo richiamo o mi richiamo a questa esperienza storica. Se un circolo richiama a Mario Mieli, che è quello che sosteneva la pedofilia, è evidente che c’è qualcosa. Però, vedo che questo non fa scandalo. Anzi, collabora con il Governo, con l’organismo nazionale adesso presieduto da De Giorgi, pontifica dappertutto. Quindi, anche nella lotta alla pedofilia avrei qualcosa da dire. Si fa, giustamente, una lotta alla pedofilia e poi si collabora con i circoli che vengono intitolati a un cantore della pedofilia, e non solo della pedofilia, della coprofagia, dei rapporti con i cadaveri. Utilizzava questo (…omissis…), prima di suicidarsi.

    In Parlamento su queste robe abbiamo fatto battaglie parlamentari fortissime, senza ottenere nessun tipo di risultato, perché l’UNAR ha ancora fra i suoi consulenti il Circolo Mario Mieli.

    Torno a dire che se non smontiamo il presupposto ideologico che sta a monte di questa epidemia di bambini portati via alle famiglie non arriviamo a nessun risultato. Se tutti concorriamo, invece, con gli studiosi più seri, a creare un sistema di educazione, di insegnamento ai magistrati e ai servizi sociali di un certo tipo e rendiamo garantista il procedimento attraverso il quale una persona, un italiano, una famiglia, ciascuno di voi si può trovare dentro un incubo da cui non esce più, senza possibilità di difendersi, credo che abbiamo fatto una cosa giusta.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera PRODI. Confesso un po’ di imbarazzo nella esposizione di oggi. Non siamo a Montségur, ma riconosco – non l’avevo mai visto di persona – nel piglio di Giovanardi il Giovanardi di Ustica, di Aldrovandi, di Emilia, una persona che si espone sempre un po’ “con un certo sbilanciamento”. Per quanto riguarda i numeri, ringrazio il collega Calvano. Credo che il suo intervento sotto il profilo “tecnico” mi rappresenti. Ci sono frasi che io rilevo come omofobe. Immagino che Giovanardi se ne assuma tutte le responsabilità. Mi riferisco, in particolare, a quando dà dei giudizi sulle famiglie di genitori omosessuali…

     

    (interruzione)

     

    Consigliera PRODI. Ho detto che se ne assumerà la responsabilità. Cosa devo dire?

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Chiedo scusa, non interagiamo fra di noi. C’è tutto lo spazio per risponderci.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Onorevole Giovanardi, un attimo solo. Ascoltiamo e poi c’è lo spazio per rispondere.

     

    Consigliera PRODI. Nel senso che ci sono state frasi di giudizio, di merito pregiudiziali sulle tipologie di famiglie con delle considerazioni di qualità, a prescindere. Notoriamente è stato detto che comunque è meglio in ogni caso una famiglia “naturale” madre-padre, che una, invece, con genitori di…

     

    (interruzione)

     

    Consigliera PRODI. Va bene. Rimane il fatto che ci sono situazioni in cui ci sono famiglie di genitori padre-madre dove, purtroppo, i bimbi subiscono azioni che non si vorrebbero mai sentire. Già l’inquadramento di questa audizione non è proprio coincidente con il tema attuale della Commissione, che è più afferente al sistema di tutela minori nella nostra regione. Poi, ovviamente, rilevo che ci sarà il Comitato Voci Vere la settimana prossima, così come non è stato detto che ci sono diverse condanne definitive in Cassazione. Per quanto riguarda quel caso forse andava puntualizzato che non si è trattato proprio solo di una cosa così leggera come è venuta dipinta. Ci sono due cose su cui vorrei soffermarmi. Una è quando lei dice che i minori sostanzialmente non sono attendibili. La legge n. 184 del 1983 dice che senz’altro sopra i 12 anni, ma anche sotto, se hanno discernimento, devono essere ascoltati. La mia domanda è: da legislatore lei a quale età porterebbe la testimonianza sapendo che, ad esempio, in Val d’Enza si era aperto un caso con una ragazzina che è stata fatta prostituire dalla madre, caso conclamato, con centinaia e centinaia di clienti che sono in quella zona, con anche delle implicazioni fortissime sul punto di vista anche malavitoso. Questa ragazzina era una valida testimone o no? Faccio un caso teorico per dire a quale età, secondo lei, in base alla sua esperienza, in base alle sue competenze da legislatore dove porterebbe lei l’età.

    Ho visto che lei in un emendamento anni fa aveva associato la pedofilia alle inclinazioni sessuali come, ad esempio, l’omosessualità. Le chiedo se è ancora questo il suo parere, cioè se lei ritiene che la pedofilia sia veramente un’inclinazione sessuale come lo è l’omosessualità.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego.

     

    On. GIOVANARDI. Sto querelando per diffamazione (…omissis…), che è uno degli affidatari dei bambini di (…omissis…), per questa roba smentita dagli atti parlamentari in Commissione. Quando c’era la legge sull’omofobia i “Giuristi per la vita” mi hanno mandato una marea di emendamenti, uno dei quali era scritto male effettivamente in mezzo alle centinaia e centinaia. Mi sono immediatamente dissociato dicendo che era scritto male, condannando la pedofilia come uno dei più orribili crimini. Il fatto malizioso di poter riapprocciare a quell’episodio già chiarito…

     

    (interruzione)

     

    On. GIOVANARDI. Lo querelo.

     

    (interruzione)

     

    On. GIOVANARDI. Se lei si scusa già adesso di questa cosa, va bene. Altrimenti, querelerò anche lei, così vi mettiamo pari. Quando si scende a questi livelli vuol dire che si scende proprio a livelli infimi. È chiaro? Mi fa piacere dirlo perché così chiariamo subito. Mi sono naturalmente fatto dare tutti i verbali della Commissione Giustizia dove questa cosa era stata immediatamente chiarita. Oltretutto non era neanche un emendamento mio. Ne erano stati presentati a centinaia proprio dai “Giuristi per la vita”. Poi, se uno insiste su queste cose lo aggiungerò agli atti che ho querelato.

    Vengo all’omofobia. C’è una Costituzione in vigore in Italia. La legge sull’affido è stata fatta con il PD, con l’onorevole Serafini, e anche quella delle adozioni. Le adozioni possono essere date, salvo legislazioni speciali, solo a famiglie composte da padre e madre, come nelle adozioni internazionali (la Cina, e tutti i Paesi che ci danno i bambini, compresa la Russia).

    La Cina, per esempio, pone come condizione che due persone siano regolarmente sposate, abbiano un tenore di vita medio-alto e non siano obesi, altrimenti non ti danno i bambini. Questo è quello che la Cina comunista vuole da noi. Ci sono delle regole di legge che devono essere rispettate. Quando leggo là che all’amante, l’ex amante di una delle dirigenti, era stato dato in affido un bambino a lei e all’altra amante, ho solo osservato che un bambino che viene tolto in quelle condizioni da una famiglia padre-madre per essere inserito in quella situazione così come è stata illustrata, e si legge nelle 240 pagine, credo francamente che qualsiasi persona ragionevole trovi in quella situazione qualcosa di patologico. Poi se uno anche bestemmiava, alternava riti mistici a bestemmie e buttava la bambina sotto l’acqua fuori dalla macchina dandole della puttana mi sembra di dire che la cosa mi dà un senso di pena per quella bambina e quella famiglia. Se voi, invece, volete fare una battaglia ideologica sull’omofobia, non ho capito bene che cosa c’entri questo intervento. Poi, se lei vuole difendere quelle situazioni è libera di difenderle.

    “I bambini devono essere ascoltati”. Per l’amor di Dio, assolutamente: i bambini devono essere ascoltati. Infatti, a cosa serve la videoregistrazione? Il bambino deve essere chiamato e ascoltato, non coartato. Il bambino deve dire se ha avuto situazioni patologiche, ma non deve dirlo, come abbiamo visto nei video, essendo coartato: “Se non dici questo, non vai al mare”. Non si deve costringere il bambino a dire determinate cose. Se leggete le risposte che hanno dato a (…omissis…)… Diventa poi una specie di epidemia, diventa una specie di gioco, riducendo questi bambini a trent’anni a dire ancora che ci sono state decine e decine di uccisioni, di squartamenti e di teste troncate. Ma vi rendete conto della gravità di quello che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo rispetto a queste patologie? Io mi sono rivolto a tutti voi, a destra, a sinistra, al centro. Poi, vedo che qualcuno vuole continuare a buttarla proprio in una caciara miserabile, piccolina, politica. Non ci sto. Io sono venuto qui volentieri a parlare di queste cose, a darvi gli atti, perché penso che una Commissione regionale di persone serie, davanti alle cose che hanno colpito l’opinione pubblica…

    Molte cose sono state strumentalizzate, però l’opinione pubblica italiana, venendo a conoscenza di determinati meccanismi e di determinate situazioni… Hanno colpito i magistrati! Il magistrato che ha fatto quell’inchiesta è stato il primo ad essere colpito da questa situazione. Ripeto, se l’hanno chiamata “Angeli e demoni” ci sarà un motivo. Gli angeli sono soprattutto i bambini, ma i demoni chi sono? I demoni che hanno scatenato queste terribili violenze sui bambini e sulle famiglie chi sono? Dovremmo essere tutti preoccupati di queste cose e tutti concordi nel trovare delle situazioni. Pertanto, alla domanda se devono essere sentiti i bambini rispondo assolutamente di sì. I bambini devono essere sentiti, non devono essere costretti né dalle minacce, né dalle lusinghe, né dai travestimenti da lupo, né nel dire che i genitori li hanno abbandonati perché ci sono tutti gli appelli disperati dei genitori, le lettere e le telefonate, il tentativo di parlare con i loro figli. Tutto è stato troncato, perché con la teoria del disvelamento progressivo si voleva, dopo mesi e mesi, far arrivare a dire al bambino certe cose da quelli che lo tenevano sotto la loro potestà di adulti per arrivare a certe conclusioni e quindi per farle corrispondere all’ideologia rilevata nel 5 per cento dei bambini abusati. A me sembra che siano mostruosità queste cose qui. Sono veramente una violenza sui bambini e una violenza sulle famiglie.

    Sulla pedofilia io non sono (…omissis…), non sono il Circolo Mario Mieli. Sono vent’anni che mi batto contro la pedofilia, contro i pedofili e contro queste che, secondo me, sono veramente delle patologie terrificanti. Noto che nel dibattito politico, invece, c’è chi difende apertamente la pedofilia, il rapporto con i minorenni.

    Un sottosegretario – non so se l’hanno riconfermato – aveva persino presentato un disegno di legge che ammetteva il matrimonio fra uomo e animali. È stato presentato alla Camera. Credo che fosse Sibilia. Perfino La Repubblica ha scritto: “Signori, siamo nell’epoca dei diritti, però il consenso del cane a sposarsi come lo rilevate?”, naturalmente prendendolo per i fondelli. Sono un reazionario? Sì, chiamatemi così. Sono collegato alla Costituzione, a una mia concezione di famiglia? Sì. Sono ferocemente contro la pedofilia e contro certe espressioni di chi la difende e la promuove? Sì.

    Venire qui e sentirmi dire che sono amico dei pedofili non lo accetto.

     

    Presidente BOSCHINI. Scusi, collega Bertani, mi ero prenotato virtualmente per una domanda anche io. Se non è un problema, mi inserisco a questo livello.

    Intanto faccio una premessa. Invito tutti a rileggere con attenzione le ricerche che l’onorevole ha citato, nel senso che i dati, i 13 miliardi, i 457.000 sono tutti dati che per quello che è nella mia memoria, visto che ho avuto l’occasione di leggerli, sono effettivamente corrispondenti. Alcuni dati, però, vanno letti. Ad esempio, i 13 miliardi ricordo distintamente non sono la spesa effettiva che lo Stato eroga, ma sono un calcolo fatto su un costo proiettivo, cioè sul fatto che i minori abusati poi avranno nel corso della vita problemi di salute, avranno necessità di cure psicologiche, avranno più frequente ricorso alle patrie galere eccetera, eccetera. Per cui, in proiezione, usciva questa cifra che è assolutamente corretta, quella che ha citato l’onorevole. Inviterei poi i commissari, se hanno piacere, naturalmente, di andare a ricontrollare con attenzione questi elementi.

    Vado su Mirandola, onorevole, perché da modenese naturalmente il caso mi interessa molto. Le faccio due domande. La prima riguarda il fatto che molto spesso abbiamo sentito accomunare Mirandola e la Val d’Enza e in generale le abbiamo sentite anche da altri interlocutori, riconnettendo tutto a questo discorso della scuola, al CISMAI, ad Hansel e Gretel, anche al tema per esempio che spesso ha ripreso Selvaggia Lucarelli sui suoi social: l’esistenza di una specie di filo rosso per cui in tutti i casi in cui ci sono problemi riguardanti gli affidi si ritroverebbe sempre la scuola, il CISMAI e Hansel e Gretel.

    Le chiedevo se dalla sua esperienza – lei ha avuto anche la possibilità di leggere il libro di Don Rovatti, un libro introvabile, quindi sicuramente ha delle informazioni che per esempio io personalmente non ho – le risulta da confermare la cosa che scrive a pagina 135 Veleno, il famoso libro di Trincia, dove afferma che, in realtà, nel caso di Mirandola Hansel e Gretel non ha mai lavorato per i servizi di Mirandola, dell’Unione dell’area nord, ma ha lavorato in quei processi esclusivamente come consulente del tribunale.

    Le chiedevo se le risulta questo, quindi che non vi sia alcun imprinting di Hansel e Gretel sui servizi mirandolesi, ma ci sia eventualmente un suo convincimento però da parte di un tribunale che, oggettivamente, è un organismo statale, non dipendente dai servizi locali.

    L’altra domanda, invece, un pochino più sostanziale e forse anche più sostanziosa è questa: lei ci ha dato una lettura dei fatti mirandolesi su cui, tra l’altro, non si può che in parte anche concordare, nel senso che le stesse sentenze hanno delineato, come per esempio il tema delle cosiddette messe nere dei riti satanici eccetera, non hanno trovato, lo dicono le sentenze, riscontri. Infatti, su quelli non sono avvenute condanne o quando sono state fatte le condanne poi i successivi gradi eventualmente li hanno eliminati.

    Rimane il tema delle tredici – posso sbagliare il conto – condanne andate in giudicato, sei nel cosiddetto processo “pedofili 1”, sette nel cosiddetto processo “pedofili 2”, entrambe confermate fino alla Cassazione, dove ci sono sei più sette persone che hanno avuto una condanna effettivamente per abuso di minori. Le chiedevo una sua valutazione perché dalle sue parole si potrebbe trarre un po’ l’impressione che l’intero sistema dei processi mirandolesi sia stato in qualche modo completamente un gonfiaggio, una bufala, qualcosa nato dalle tecniche non corrette. Tra l’altro, vent’anni fa non c’era neanche ancora la Carta di Noto. Però, ci sono delle condanne. Lei ritiene che ci sia un errore della magistratura in toto oppure che ci siano dei fatti oggettivi di abuso su cui poi magari si sono inserite delle sopravvalutazioni di altri fatti, come per esempio quelli delle messe nere? Le volevo chiedere questo.

     

    On. GIOVANARDI. Ho sempre parlato delle cose che so, che ho toccato con mano fin dall’inizio. Parlo di (…omissis…), che è un caso che ho seguito ed è finito con l’assoluzione. Naturalmente non mi sono mai occupato di altri casi, se non dimostrando già dal 1999 che le cose che dicevano i bambini erano totalmente false. Sono due pagine intere del Resto del Carlino.

    Una delle figlie disse che quando andarono a (…omissis…) a prenderla fuori dalla scuola (…omissis…) l’avevano trascinata via dietro la scuola e l’avevano sodomizzata con un bastone. Andai allora con una giornalista del Resto del Carlino. Questi erano a mezzogiorno in tribunale, avrebbero dovuto in tre quarti d’ora o un’ora arrivare a (…omissis…), aspettare l’uscita di scuola di tutti i maestri, i genitori, i bambini, avrebbero dovuto prendere questa bambina, trascinarla dietro alla scuola davanti a tutti, quel boschetto era a vista dalla scuola e dalle case, tutti la potevano vedere. Era una balla colossale. Infatti, per quella roba sono stati tutti assolti.

    La maestra di (…omissis…) disse “non sono venuti qui a prendere il bambino e non l’hanno portato a…. Il bambino è sempre stato con me, non mai è andato via.” Quel bambino aveva accusato anche il vescovo di (…omissis…) di essere l’abusatore, quando era andato a inaugurare la scuola. Se voi andate a vedere il processo di primo grado, della maestra che ha fatto queste dichiarazioni al processo di primo grado, quello con (…omissis…), in cui sono stati condannati sia i (…omissis…) che anche gli altri, cosa andata definitivamente in Cassazione), il giudice ha scritto: “la maestra è credibile, è di (…omissis…), non è di (…omissis…), non ha nessun rapporto con quel bambino, è una persona seria, ma è (…omissis…), e quindi io presuppongo che voglia coprire (…omissis…)”.

    Naturalmente, assolta in appello con tante scuse, in primo grado si era presa due anni, questa maestra. Dimostrai che era assolutamente impossibile da (…omissis…), che è a 40-50 chilometri da (…omissis…), dove sono tutte case basse, tutte strade basse, che un bambino fosse preso da un (…omissis…), dagli altri, che fosse portato a (…omissis…), che fosse portato in un ristorante a mangiare, che fosse portato poi nel cimitero, essere intimidito ed essere riportato a (…omissis…) durante l’intervallo.

    Il primo processo è tutto imperniato su cose tipo (…omissis…), che non era (…omissis…). I bambini dicevano “il (…omissis…) qui, là…”. Anche lì, è stato imbeccato, il bambino, a dire “(…omissis…)”, che poveretto non c’entrava assolutamente niente.

    Perché dico questo? Perché io ho parlato sempre della (…omissis…), di (…omissis…), delle persone che conoscevo. So anch’io che ci sono delle sentenze che in quel clima hanno avuto condanne e sono passate in giudicato. Ma so anche che è in corso un processo di revisione, e sempre con molto rispetto andrò a vedere come finisce. Io la mano sul fuoco, come Muzio Scevola… Che in quel contesto ci sia stato anche un episodio, lungi da me non essere prudentissimo su questo argomento. Ho seguito il calvario dei (…omissis…) (lui è morto di crepacuore, nel frattempo) e mi sono scandalizzato per una famiglia di persone perbene. Perché a (…omissis…) tutta la gente li conosceva: i medici, i pediatri, il parroco, come bambini felici, bambini tranquilli. Nessuno ha mai dubitato di loro.

    Ho seguito di questa famiglia distrutta, di questo (…omissis…) diffamato, quindi ho sempre parlato di cose che conoscevo. È vero che a (…omissis…) hanno operato le stesse persone che hanno operato a Bibbiano.

    Anna Donati, quella che ha fatto le indagini, dopo il colloquio con (…omissis…), che ha confessato all’affidatario che era (…omissis…) a violentarla – basta leggere gli atti – adesso avrebbe adottato una delle bambine che ha contribuito a Bibbiano a far portare via la famiglia. È sempre la stessa: non c’era la (…omissis…), che operava a Bibbiano; c’era la (…omissis…), che operava a Massa Finalese.

    Quelli che facevano le perizie mediche, hanno detto che erano collegati al CISMAI. Questi sono dati oggettivi. La perizia delle maestre di Rignano Flaminio l’ha fatta Foti, l’ha scritta lui, l’“abusologo”, nel senso che riteneva che comunque gli abusi ci fossero. Mi limito ad osservare che questa linea per vent’anni non è mai stata interrotta, anzi, si è incrementata e alimentata anche con una marea di denaro pubblico: più pedofili trovavano e denunciavano, più soldi, più risorse pubbliche prendevano; più risorse pubbliche prendevano, più rafforzavano i servizi per trovare altri casi, una patologia che non è mica solo… È in tanti campi che succedono queste cose. Questa è la fotografia che faccio.

    Ma la mano sul fuoco, ripeto, non ce la metto su nessuno. So che ci sono state le sentenze, so che ci sono dei processi di revisione; per alcuni è tardi, perché si sono suicidati; per altri non c’è più niente da fare perché la famiglia è stata distrutta. So che molte ex bambine diventate adulte, adesso dicono pubblicamente che c’è chi ha resistito, dicendo “volevano farmi dire cose che non ho mai detto” e c’è chi ha detto “le cose che ho detto me le hanno estorte, sono totalmente false”. Sono argomenti assolutamente delicati. Spero che ci siano i contesti e gli ambiti in cui tutto possa essere chiarito. Ma che ci sia una linea di continuità di pensiero o di azione che viene dall’alto in tutti e tre i casi, questo mi sembra assolutamente indiscutibile.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Consigliere Bertani.

     

    Consigliere BERTANI. Grazie, presidente.

    Io invece torno al tema dei dati, al di là del caso Foti: lei ci dice che per sostenere la sua filosofia Foti presenta dei dati che sono alterati, che sono incredibili; però, d’altra parte, io penso che una fonte attendibile dei dati dobbiamo trovarla, perché il fenomeno degli abusi sui minori esiste. Proprio perché quei dati che lei diceva sono incredibili, in questi giorni anch’io mi sono cercato dei dati, dei lavori. Mi è capitata sotto il naso questa affermazione: “il nostro lavoro ci ha portato a riconoscere una volta di più che la gravità della piaga degli abusi sessuali sui minori è un fenomeno storicamente diffuso, purtroppo, in tutte le culture e le società. Ancora oggi le statistiche disponibili sugli abusi sessuali sui minori, stilate da varie organizzazioni e organismi nazionali e internazionali, OMS, UNICEF, Interpol, Europol e altri, non rappresentano la vera entità del fenomeno, spesso sottostimato principalmente perché molti casi di abusi sessuali su minori non vengono denunciati, in particolare quelli numerosissimi commessi nell’ambito familiare”.

    Questa affermazione mi ha colpito perché l’ha fatta il Papa in un convegno sulla protezione dei minori nella Chiesa. Io sono convinto che il metodo Foti sia pericoloso e ha tirato i dati per convincere. Però, d’altra parte, c’è un rischio. Ho paura che alcune sue affermazioni, oggi, per stigmatizzare quel metodo, rischino di voler dire che il problema non c’è. Questa è una mia impressione, ma arrivo alla domanda.

    Visto che ha seguito varie Commissioni, e in decine d’anni, io le chiedo dove possiamo trovare dei dati attendibili: OMS e UNICEF ci danno dei dati, e questo è un punto. Mi sembra che sia interessante che tutti troviamo un dato che ci metta d’accordo; oppure, se un dato che non ci mette d’accordo non c’è, troviamo un metodo per dire che ci sono dei dati, perché non dobbiamo rischiare di sovrastimare il fenomeno, ma neanche di sottostimarlo: perché il rischio che io ho rilevato in questi giorni di audizione è che da una parte ci sono dei servizi che hanno sovrastimato non il fenomeno, ma che rischiano di individuare dei casi in cui bisogna allontanare il minore, sovrastimandolo, cioè, ingigantiscono un problema, allontanando un minore che non andava allontanato.

    D’altra parte, io temo che ci siano dei casi in cui i servizi sociali, o la rete sociale, non è così attenta, e ci sono dei casi che non vengono rilevati, e poi ci sono le madri che si suicidano coi minori, eccetera.

    Penso che un punto di equilibrio vada trovato. Stigmatizzare troppo un fenomeno, come penso vada stigmatizzato, delle volte rischia però di farci chiudere gli occhi su altri fenomeni. La prima domanda quindi è come possiamo trovare dei dati attendibili nell’universo degli studi; l’altra è come possiamo trovare una formazione dei giudici, degli assistenti sociali che non sia solo quella che citava lei, perché quella ha deformato effettivamente, probabilmente, una visione. L’altra domanda è come si può equilibrare il potere/responsabilità che hanno i servizi sociali, perché ad oggi sono i servizi sociali che hanno l’onere e la responsabilità di decidere. In realtà è il giudice, però la parte istruttoria importante la fanno i servizi sociali. Quindi le chiedo come secondo lei si può equilibrare questo potere, diventando un po’ più garantisti anche nei confronti delle famiglie.

    Le chiedevo questo anche perché in Commissione giustizia sta arrivando un progetto di legge del Movimento 5 Stelle, non so se l’ha già seguito, che cerca di equilibrare in parte questa cosa. Le chiedo se ha già avuto modo di vederlo e qual è la sua opinione. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Se la domanda di Facci è abbastanza puntuale, raccoglierei anche quella, perché i tempi si stanno un po’ allungando.

     

    Consigliere FACCI. Grazie, buonasera onorevole.

    Sulla falsariga di quello che chiedeva Bertani, magari uno spunto in più, si è parlato prima dell’accusa che le è stata rivolta, ovviamente in maniera impropria, di essere amico dei pedofili. Io vorrei ricordare che è proprio il mondo CISMAI che dà del “negazionista” e dell’“amico di pedofili” a quelli che sostengono per esempio la Carta di Noto, la linea-guida del SINPIA. Un recente convegno a Firenze, dove tra l’altro c’era proprio l’avvocato Coffari, andava in quella direzione.

    Tuttora, anche dopo Bibbiano, il mondo CISMAI continua… Anche se la dottoressa Soavi, la presidente, qui è venuta a minimizzare, fondamentalmente sono i fatti che contano. Convegno, ripeto, l’altro giorno a Firenze in questo senso. Visto che c’è oramai questa scuola CISMAI che comporta questa impostazione ovunque, sono d’accordo con lei che il fenomeno sia extraregionale. Il problema è complesso, strutturale: Foti faceva consulenze in giro, presso Procure, presso Tribunali.

    Vengo anche io alla domanda: quale può essere la soluzione? Se noi ascoltiamo per esempio quelli che hanno redatto le linee guida del SINPIA, o la Carta di Noto, ci dicono “noi siamo sei società scientifiche che hanno elaborato queste linee-guida, dall’altra parte ce n’è una, di società scientifica che è il CISMAI, quindi siamo la maggioranza della scienza nel settore”.

    È chiaro che un intervento normativo superiore, che dia la patente a chi la deve avere e la ritiri a chi pensa di avere il diritto di guidare, sicuramente aiuterebbe. Quindi la domanda va nel solco di quella del collega, con queste precisazioni che ho fatto. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, onorevole.

     

    On. GIOVANARDI. Se mi permette di “ironizzare”, io non ho mai parlato in questi mesi, non avete mai sentito da parte mia, anche nelle trasmissioni a cui ho partecipato, parlare di Bibbiano, o strumentalizzare Bibbiano.

    Prendo atto che nella polemica politica, da Di Maio alla Lega, Bibbiano era diventato qualcosa da scatenare contro gli avversari che adesso sono alleati di governo: una cosa tragicomica, non so come definirla. Io sono un democristiano all’antica, da Prima Repubblica: vedo cose che veramente vanno al di là… Sembra che quello che c’è sotto ciò di cui stiamo parlando non interessi a nessuno, se non nella polemica contingente politica. Mentre quello di cui stiamo parlando è importantissimo, è anche un fatto culturale.

    Rispondo. Io parto sempre dalla famiglia: ci son sempre un padre, una madre e un bambino. Le statistiche mi interessano fino a un certo punto. Avete individuato dei dati del Censis che dieci anni fa diceva: per ogni caso di pedofilia trovato, ce ne sono 99 sommersi. Chi l’ha detto? Come si fa a fare un’affermazione così? Io posso dire che per ogni caso trovato ce ne sono 50, ce ne sono 100, ce ne sono 1.000. Vogliamo épater le bourgeois, vogliamo fare delle affermazioni…?

    La statistica, il dato, se prescinde dalle situazioni specifiche, compresa la Chiesa cattolica…Signori, volete che non sappia – è morto don Mario Rocchi, da ragazzo sono vissuto lì davanti – che si fa dell’ironia, dicendo: non mandate i bambini in parrocchia perché i preti sono tutti abusatori? Andate a vedere sui siti. Io ho conosciuto cinque, sei, sette, otto salesiani: sono persone integerrime e generose, mi hanno fatto solo del bene. Non ho mai trovato un prete – io sono brutto, ma neanche gli altri belli – che gli abbia messo le mani addosso. Perché allora si deve dire che tutta la Chiesa…? Certo che ci sono i casi di pedofilia nella Chiesa, come ci sono nei partiti, come ci sono nelle società sportive, come ci sono nelle famiglie, come ci sono dappertutto.

    Nelle società sportive, a Bologna, Modena, Sicilia, forse più che altrove, perché anche dalle ultime vicende vengono fuori certe realtà: dove ci sono dei bambini, c’è gente che viaggia attorno, in luoghi dove ci sono bambini, perché quella gente ha quell’immondo vizio.

    Ma la statistica in sé mi dice poco. La somma dei casi concreti ci darà poi anche indicazioni sull’entità del fenomeno, sull’intervento del pubblico, su quanto va stanziato per evitare che questo fenomeno si diffonda. Dire che l’abuso è in famiglia, mi sembra come scoprire l’acqua calda: è come dire che la violenza familiare sta in famiglia. Non mi sembra una grande scoperta.

    Quanto ai dati che girano, quindi, rilevo che tutti sono campati su previsioni, statistiche, desideri, presupposti ideologici, cose divinatorie, appunto: poiché ne abbiamo trovato uno, ce ne sono altri 99 che sono scomparsi. Credo che questo sia un discorso abbastanza ozioso, se no ci riporta al Consiglio d’Europa che aveva già stabilito che c’erano 20 milioni di bambini abusati in Europa e 2 milioni in Italia.

    Se non andavo là a piantare un chiodo dicendo “da dove cavolo avete tirato fuori questi dati?”, questa campagna… C’erano cinque fiori, quattro fiori rossi e uno bianco (o viceversa), che stavano a indicare che ogni cinque bambini, uno era soggetto di abusi sessuali. E non lo pensava uno che passava per strada; era il Consiglio d’Europa, in una campagna europea ufficiale.

    Proprio partendo da questo ragionamento quindi, non dalle statistiche, ma dalla vita delle persone, dai drammi che possono coinvolgere le famiglie, sia che un bambino sia abusato, che è un dramma terribile, sia che sia un falso abuso, che è un danno altrettanto terribile per la famiglia che viene travolta dalla falsa accusa, secondo me bisogna partire da una riforma legislativa che tolga questo meccanismo perverso per cui il primo assistente sociale che passa ha diritto di vita e di morte sulla tua famiglia, sui tuoi figli, a tempo indeterminato, con provvedimenti provvisori che durano anni e anni o possono durare tutta la vita. Fino al meccanismo che quando dimostri che non c’entri assolutamente nulla, il figlio non te lo ridanno. Sono cose veramente terrificanti, che forse hanno colpito particolarmente l’opinione pubblica perché ognuno in casa sua si è sentito in qualche modo messo in pericolo da queste teorie.

    Quindi, una riforma legislativa è assolutamente indispensabile. Poi, è difficile dire, conculcare sul territorio, dicendo a quale scuola di pensiero si aderisca o meno. Il problema è quando poi la scuola di pensiero – e le scuole di pensiero in un Paese libero sono tantissime – ci dimostra che sul territorio in vent’anni è stata applicata in maniera truffaldina, cioè che per dare ragione alla scuola di pensiero dei 75 bambini abusati, o di una bambina su 5 abusata, si parte dal presupposto che chi viene tirato via è stato comunque abusato. Si usano tutti quei meccanismi, che abbiamo visto in azione da più parti in Italia, per arrivare a far dire al bambino quello che il minore ha ascoltato nella maniera opportuna. Può darsi che lo dica, perché un bambino abusato, se viene ascoltato nella maniera opportuna, dirà quello. Ma se viene suggestionato per dire cose false per quel meccanismo che dicevo prima, noi creiamo dei mostri e rischiamo di alimentare dei mostri.

    La mia risposta è un cambio legislativo assolutamente necessario, nel senso di garanzia di contraddittorio di giurisdizione che come tutti gli altri processi in Italia veda una dialettica fra le parti; dall’altra parte, una battaglia culturale. A me fa male vedere che ci sono ancora in giro tantissimi difensori di Foti, della sua scuola e del CISMAI, perché l’evidenza che abbiamo… Non vado sul penale, ma i presupposti della sua teoria hanno creato solo dei grandi disastri. E io spero che si esca da questa epoca di disastri.

     

    Presidente BOSCHINI. Io ho ancora iscritti Calvano e Taruffi. Poi, se non ci sono altri iscritti, chiudiamo dopo questi interventi e la replica finale.

    Consigliere Calvano, prego.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente.

    Solo per alcune precisazioni. Non vorrei apparirle pedante sui numeri, però siccome quello che diciamo qui poi sarà oggetto anche di una relazione finale, non voglio apparire pedante sui numeri, né devo fare l’avvocato difensore del CISMAI, e del resto il CISMAI non ne ha bisogno, faranno loro quello che ritengono opportuno. Noi però bisogna che spieghiamo alcuni dei numeri che lei oggi ci ha portato.

    Lei ci dice: in una relazione del CISMAI c’è scritto che le risorse spese sull’infanzia sono 13 miliardi di euro.

    Mi preme sottolineare una cosa. Innanzitutto, non è una ricerca del CISMAI, ma della Bocconi. In quella ricerca della Bocconi, si dice – e torna con i conti che le ho fatto prima – che i costi diretti, legati al tema dell’infanzia, in particolare alle questioni sugli allontanamenti, sull’utilizzo dei gruppi appartamento minori, comunità familiari, eccetera, è di 340 milioni di euro. Che obiettivamente è coerente con il dato che oggi noi abbiamo in Italia sugli allontanamenti, cioè di circa 26-27.000 minori che vengono allontanati. Gli altri costi che vengono citati in quella ricerca, che sono 12,6 miliardi di euro, sono in realtà i costi che sopporta la società a fronte delle persone che sono state condannate, e sono quindi in galera, per aver fatto cose sbagliate nei confronti di minori. Non è il costo effettivo, quei 12 miliardi, ma è un costo prospettico, considerando quanti anni quelle persone rimarranno in galera.

    Perché la Bocconi e il CISMAI la usa, fa quella ricerca? Per spiegarci che la tutela dei minori è fondamentale, per il minore, e se non la si fa determina dei costi sociali ed economici enormi. Questo è il senso di quella ricerca della Bocconi, che il CISMAI utilizza. Tengo a precisarlo perché altrimenti rischiamo di uscire da qui con una percezione diversa delle cose che succedono in Italia. Che non significa che noi non dobbiamo preoccuparci se ci troviamo in presenza di allontanamenti troppo facili, o errati dei minori dalle famiglie. Quello è un problema enorme, quando succede. Vengo però all’altra considerazione, sulla quale le chiedo davvero una mano. Sa perché le chiedo una mano? A me piacciono molto i dibattiti come quello che stiamo facendo oggi, con una persona che ha le sue idee, letteralmente opposte alle mie, per certi versi. Gliela chiedo perché io penso che lei sia uno che fa opinione. Questa è una Commissione d’inchiesta che si deve occupare delle politiche per la tutela dei minori, che deriva da possibili allontanamenti errati, ma che si deve occupare della tutela dei minori nel suo complesso.

    Io allora le chiedo: la bambina che a Milano è stata messa sotto una forma di protezione dei servizi sociali perché era abusata da sei anni, non è anche quello un dramma? Non è anche quello un dramma per un sistema pubblico che si è accorto dopo sei anni dell’abuso familiare nei confronti di una bambina?

     

    (interruzione)

     

    Consigliere CALVANO. È questo il problema, ragazzi! Il punto non è fuori tema. Il punto è che noi, nel parlare dei minori, non teniamo conto che dobbiamo affrontare due questioni: il minore che viene allontanato in modo erroneo dalla sua famiglia d’origine; e il minore che invece, siccome non ci se ne accorge, siccome si sottovaluta, eccetera, rimane dentro una famiglia che lo mette in una condizione di pericolo.

    Lo dico per i lavori di questa Commissione d’inchiesta: se è una Commissione per la tutela dei minori, e non una Commissione pro o contro gli allontanamenti, noi bisogna che ci occupiamo di tutte e due le questioni. Perché altrimenti, rischiamo, se non mettiamo in campo tutto quello che possiamo mettere in campo, di essere responsabili in un caso e nell’altro. Ed è la cosa che dobbiamo assolutamente evitare, perché se il minore viene prima di tutto, viene prima di tutto; se viene allontanato erroneamente dalla famiglia, viene prima di tutto se rimane in una famiglia in cui è in una condizione di pericolo.

    Su questo dovremmo provare a fare una battaglia insieme, anche a fronte di opinioni diverse. Perché è questo il punto. Le vicende collegate alla Val d’Enza ci impediscono, nella strumentalizzazione politica e pubblica, di affrontare la questione a 360 gradi, che è il modo in cui questa questione merita di essere affrontata da un legislatore. Venendo al legislatore, la battaglia comune che dobbiamo fare, penso che ci sia anche nel progetto di legge del Movimento 5 Stelle, ne ho letto solo alcuni estratti, o relazioni, non ho letto il dettaglio dell’articolato, è l’elemento di garanzia nei confronti della famiglia quando si avvia una procedura per l’allontanamento del minore. Qui sì, qui abbiamo un problema. Se la famiglia non è adeguatamente tutelata, noi rischiamo di essere dentro un campo di discrezionalità inevitabile, in questi casi, che non ha elementi di garanzie dall’altra parte. Su questo sono d’accordo. In quello che ha fatto il Movimento 5 Stelle – Bertani forse mi correggerà – c’è sicuramente, tra le indicazioni del Garante dell’infanzia di fine luglio. Questa è una cosa su cui secondo me si deve assolutamente lavorare. E questo anche – prima abbiamo ascoltato i rappresentanti sindacali degli assistenti sociali – nell’interesse degli assistenti sociali e di chi lavora nel settore, che oggi vive in una condizione di difficoltà, perché gli sono entrati in testa più dubbi rispetto al lavoro che fanno, visto quello che sta succedendo. Avere strumenti di garanzia per tutti è una garanzia realmente per tutti, a partire dai minori, a partire dalle famiglie, a partire dagli operatori sociali, il cui ruolo è per noi fondamentale.

    Rispetto all’esempio che lei fa su come si combatteva il catarismo, noi dobbiamo essere nelle condizioni davvero di distinguere gli eretici dai cristiani, quello che lei diceva. Perché se facciamo di tutta l’erba un fascio, rischiamo di fare un danno enorme ai minori, sia in un verso che nell’altro.

     

    Presidente BOSCHINI. Visto che mi sembra che siano più considerazioni, che poi consentono magari una sua riflessione di chiusura, onorevole, darei la parola a Taruffi; si è iscritto anche Facci.

    Poi, la risposta finale.

     

    Consigliere TARUFFI. L’onorevole Giovanardi dice, giustamente, ovviamente dal suo punto di vista: c’è un problema culturale che va affrontato. Su quello preferirei non addentrarmi in questa sede, ma tornare invece sul piano amministrativo-legislativo, che credo sia quello che più ci compete e sul quale comunque dovremo misurarci.

    Prima forse non mi sono spiegato bene, e ovviamente può capitare. Provo allora ad essere più chiaro rispetto alle domande che avevo posto. Chiedo quindi in modo abbastanza esplicito se lei ritiene o meno che l’assenza di guide nazionali, di un coordinamento, di un inquadramento nazionale sia o meno un problema. Al netto del giudizio che si può dare su questo o quel privato che interviene nell’erogazione del servizio, sul fatto che il pubblico debba in modo praticamente sistematico rivolgersi al privato per reperire dal privato le competenze di neuropsichiatria, psicoterapia, eccetera credo che sia un problema, questo è il mio punto di vista.

    Le chiedo quindi se lei ritiene o meno che la carenza di personale e di dotazione di personale dei servizi sociali territoriali (ASL, Comuni, Unioni di Comuni, ASP, eccetera), sia o meno un problema; le pongo una domanda sull’esiguo numero di giudici che si occupa… Parlo della nostra Regione, perché come lei giustamente ha detto parliamo delle cose che conosciamo.

    Riepilogando sui 3.000 minori allontanati, a fronte dei 2.520 assistenti sociali, a fronte del fatto che ci sono sei giudici togati che si occupano e si sono occupati di questi 1.500 – dei 3.000 complessivi 1.500 sono stati allontanati con atti del giudice; come sappiamo, si arriva anche a quello, si arriva soprattutto a quello, con l’allontanamento – sei giudici togati e 36 giudici onorari, le chiedo se non ritiene che, come le è stato posto prima, ma in parte a questo forse ha risposto, l’articolo 403 del codice civile debba essere o meno riformato.

    Credo che questi punti, che sono molto importanti all’interno della vicenda di cui stiamo discutendo in Emilia-Romagna, relativamente ai fatti della Val d’Enza eccetera, aprano uno spaccato che ha a che fare con l’inquadramento, la legislazione e il problema dal punto di vista nazionale. È anche uno degli aspetti, credo, sul quale dovremmo tutti insieme lavorare. Va da sé che, al di là di quello che pensiamo dal punto di vista politico, al di là degli aspetti e delle differenze culturali, su un punto non possiamo avere dubbi: la tutela dei minori deve in tutti i modi essere al centro della nostra iniziativa.

    Io non apprezzo particolarmente le strumentalizzazioni che vengono fatte in tanti modi, ma questo lo lasciamo fuori. Però mi interessa dare un contributo, provare a dare un contributo da questo punto di vista, cioè nel trovare e individuare i nuclei, i gangli su cui intervenire. Allora, vista la sua esperienza, visto anche il passaggio che ha fatto prima… Ovviamente questa Commissione non è sul lavoro che ha fatto l’onorevole Giovanardi nella qualità di Sottosegretario, di Ministro, insomma tutte le attività che ha svolto a livello nazionale. Tuttavia, siccome quando io prima ho posto la questione, lei a un certo punto ha fatto un passaggio, dicendo che per cambiare le leggi, per toccare i punti, per risolvere i problemi sono necessarie maggioranze che votino le leggi, ecco le chiedo esplicitamente se ritiene o meno che questi quattro punti possano avere a che fare e debbano essere modificati e quali siano stati i problemi nei quali, anche a livello politico, di maggioranze eccetera, lei si è imbattuto in questi anni, se ci sono stati, nei suoi anni di governo, quando ha sollevato questi problemi.

    Chiaramente, se chi è stato al Governo dice che per approvare le leggi ci vuole una maggioranza, io penso che la maggioranza in cui era inserito e in cui ha governato evidentemente non era d’accordissimo nell’intervenire.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Prego, consigliere Facci.

     

    Consigliere FACCI. Grazie. Intervengo brevissimamente, stimolato dall’intervento del collega Calvano. Siamo di fronte a una metodologia, che credo l’onorevole abbia ben inquadrato e ben descritto, per tutta quella che è la sua ampia esperienza, che porta – scuola CISMAI, con estremizzazioni, metodo Foti– a una ricerca di fatto dell’abuso. Lo dico io, mi assumo io la responsabilità di questo, la Soavi dice diversamente.

    Questa è una ricerca spasmodica dell’abuso. Lo dice la dichiarazione di consenso con gli indicatori di abuso, laddove la maggior parte della comunità scientifica dice che non esistono indicatori di abuso. Quindi, questo è lo scontro, ma questo non significa volere legittimare situazioni… Non si può mettere sullo stesso piano la bambina che si scopre abusata da “x” anni con quella che è una contestazione di un metodo che è ampio, perché esce dai nostri confini, perché CISMAI fa le linee di indirizzo del Piemonte, della Lombardia, al CISMAI sono associate anche realtà pubbliche, come l’ASL Romagna, ad esempio. Quindi, beneficia di ampie risorse pubbliche.

    Ma questo non significa che criticare quel metodo ed evidenziarne la pericolosità significhi in automatismo legittimare situazioni di abuso che si sono verificate e che si verificano qua e là. È un paragone che io reputo assolutamente non pertinente.

    Ora faccio la domanda, dopo aver fatto la premessa, visto che lei, onorevole, prima, in chiusura della sua risposta precedente, nell’auspicare una riforma legislativa ha fatto un’osservazione su questa deriva culturale e ideologica, non solo di Hansel e Gretel ma appunto di CISMAI. D'altronde, Hansel e Gretel era socio CISMAI, quindi stiamo parlando di metodi per certi aspetti affini, non esattamente speculari, da quanto emerge.

    Come è possibile – la domanda che le faccio – in questa riforma strutturale che è auspicabile, un’ampia riforma legislativa, anche la modifica del codice e comunque della procedura che riguarda tutta la fase dell’allontanamento, la tutela del minore durante la fase dell’ascolto, il contraddittorio con i difensori, il magistrato eccetera, come è possibile, secondo lei – se è possibile e se sì come – in questo contesto, in un qualche modo fare chiarezza su questo aspetto culturale-ideologico? Forse è la parte più difficile. Per una riforma legislativa magari ci possiamo trovare tutti d’accordo, sul fatto che il 403 risale al 1942, epoca fascista, altri contesti eccetera eccetera.

    Oggi c’è un abuso del 403, in queste maglie larghe si infilano tutti, con assistenti sociali che hanno questo ampio potere. Ma su questo aspetto culturale-ideologico, hanno fatto le linee di indirizzo di questa Regione, hanno fatto le linee di indirizzo della Lombardia, del Piemonte, sono ovunque, e qui altro che riforma strutturale legislativa! Qui ci vorrebbe dell’altro, ecco.

    Qual è il suo pensiero rispetto a questo? Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Facciamo l’ultimo intervento, visto che c’è ancora la consigliera Prodi. Rapidissima, mi raccomando, così facciamo la chiusura.

     

    Consigliera PRODI. Volevo solo precisare – ovviamente, nel momento in cui si citano i documenti dopo bisogna anche andare un po’ in fretta a reperirli – che il rapporto del Consiglio d’Europa, la campagna “Uno su cinque” (sono andato a leggerlo ora) dava subito delle precauzioni: diceva che non esistono delle metodologie condivise, che comunque intervistare bambini è complicato, che anche i professionisti usano metodi diversi, e faceva una serie di considerazioni ovviamente cautelative. Comunque, bisogna essere secondo me completi, la definizione di “abuso”: “abuso sessuale, pedopornografia, sollecitazione attraverso internet” e poi ovviamente “prostituzione minorile e corruzione di minore”. Cosa vuol dire? Che circa del dato di “Uno su cinque”, se uno conosce il mondo giovanile e minorile adesso, rispetto alle sollecitazioni banalmente della rete, forse ci si dovrebbe preoccupare molto e non banalizzarlo.

    Voglio contestare un uso abbastanza strumentale e semplificato di questi dati. Leggiamoli, sapendo che comunque viene lamentata una difficoltà nella disaggregazione del dato, però, visto che include anche tutto l’aspetto legato alla rete, per chi sa come funziona il mondo in questo momento invece è un dato che forse andrebbe considerato con attenzione, proprio per le implicazioni che ha anche di carattere sociale.

    Quindi, ponevo una correzione su questo, che con quella definizione ampia, secondo me, è un dato che onestamente non ritrovo così fuori dal verosimile, includendo anche quello, proprio sapendo il contesto giovanile. Dico, allora, a maggior ragione, che bisogna attrezzare il mondo minorile e giovanile a riconoscere e ad affrontare in modo anche oppositivo questi mondi, anche attraverso un’educazione molto forte che viene dalla scuola, anche una forte educazione sessuale a scuola, anche improntata a combattere questo tipo di offensive che arrivano da più fronti. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, onorevole Giovanardi, per una considerazione finale.

     

    On. GIOVANARDI. Bisogna che ci capiamo, signori. Consiglio d’Europa, “One in Five”, “Uno su cinque” è la campagna di comunicazione lanciata dal Consiglio d’Europa contro la violenza sessuale nei confronti dei bambini. Manifesto: un bambino su cinque in Europa è abusato sessualmente. Allora, è vero, non è vero? Mi sono rivolto al Consiglio d’Europa. La Bochicchio, Segretario generale, come vedete nella roba che vi ho determinato, dice “è difficile eccetera eccetera”. “Scusi, allora perché avete detto che uno su cinque è abusato?”. “Perché abbiamo fatto una campagna promozionale per coinvolgere l’opinione pubblica”.

    Io la trovo una cosa non sconvolgente, ma folle! Come ha scritto Sergio Romano sul Corriere della Sera e come hanno scritto vari commentatori, le istituzioni che fanno campagne promozionali in tutta Europa, immettendo nella campagna una roba totalmente falsa, perché fare una battaglia ideologica senza aver nessun dato… Quindi, giustamente, si è detto che questa roba serviva a colpire l’opinione pubblica. Allora, torniamo al discorso che si collega ai riscontri sui dati, perché mi sembra di capire che la collega Prodi dica che è vero che un bambino su cinque è abusato o che bisogna avere molta prudenza, perché probabilmente lo sono.

    Allora, signori, se andiamo su questo piano… Abuso sessuale, un bambino su cinque è abusato sessualmente: questa era la campagna. Se l’italiano è italiano, questa era la bufala che mettevano in giro. Come Foti scrive e dice che una bambina su cinque è abusata sessualmente in Italia. Allora se mi dice qualcuno dei colleghi che è d’accordo, siamo davanti a un fenomeno di massa sconvolgente. Altro che 13 miliardi per le carceri, ci vorranno 50 miliardi per tenere dentro tutti i pedofili, se fosse così! Io pensavo che almeno su queste questioni già determinate e già fissate ci fosse un’ampia convergenza, rispetto a cose che mi sembrano talmente macroscopicamente false ed è dimostrato che lo sono…

    Poi, signori, se invece Foti va bene, le sue teorie vanno bene, solo due famiglie su otto sono normali e tutti gli altri in qualche modo abusano dei bambini, ebbene non è l’Italia che conosco. Mi preoccupa, perché la caccia alle streghe storicamente l’abbiamo già vista. Sono fenomeni che abbiamo già visto storicamente.

    Le due considerazioni. Guardate, sui numeri, non lo so se i 12 o 13 miliardi di cui ha parlato il CISMAI, dato che ha preso dalla Bocconi, sono per il mantenimento dei pedofili in carcere. Non lo so, se fosse vero quel che dice Foti, altro che 13 miliardi per mantenerli, ce ne vorrebbero 26, 35, 42 di miliardi per mantenerli. Mi sembra comunque – ma approfondiremo – che i 13 miliardi di costi in prospettiva per il mantenimento dei pedofili in carcere sia una cifra buttata là. L’avrà fatta la Bocconi, ma siamo sempre all’interno di cifre… I 940 o 900 milioni che ogni anno dice il CISMAI costano alla collettività i nuovi casi che scopriamo di bambini che dobbiamo… Lo scrivono loro 900 milioni. Siamo di fronte a cifre… E io, con tutte le cifre che vi ho dato, volevo solo segnalare che in questo valzer delle cifre c’è da perderci. Un conto sono i fatti e un conto sono “hai scoperto un pedofilo e adesso scopriamo gli altri 99”. Chi lo dice? Il Censis. Quindi, nel quartiere c’è un pedofilo, non abbiamo trovato gli altri 99.

    Scusate un attimo, la pedofilia è una cosa terribile, ma sono il primo a dirlo! Ma perché il Governo collabora con il Circolo Mario Mieli? Secondo (…omissis…) congiungersi carnalmente con un bambino, anche con il proprio figlio, è una cosa lecita, anzi doverosa. Quindi, noi abbiamo associazioni che si intitolano a questo signore, che collaborano ufficialmente con l’UNAR.

    Abbiamo fatto grandi battaglie parlamentari, ci è stato risposto che va bene così. Allora, se la pedofilia è questo – come io penso – crimine orrendo, perché si tengono invece collegamenti con circoli che si richiamano a un signore che scriveva e pubblicizzava queste cose? È un punto interrogativo a cui non sono sinceramente ancora riuscito a dare una risposta.

    Invece, sulla questione dei servizi sociali, è evidente che anche qui è una cosa assolutamente complessa. Bisogna cambiare la legge: su questo credo che siamo tutti d’accordo, il 403, adesso non ho qui il codice. Questo sistema per cui un servizio sociale è in grado di portarti via per tutta la vita un bambino senza che ci sia la possibilità, all’inizio, di chiarire che magari è stato un equivoco, un errore. Nella visita fatta dove han detto che la casa è sporca, i letti non sono fatti, non è vero; è una casa modesta, ma è una casa pulita, anche se non sono ricchi. Oppure che la vicina di casa che ha fatto la denuncia è una mitomane, è una pazza, quindi fin dall’inizio…

    Mi sembra che questa sia la prima riforma da fare.

    [audio incomprensibile] parla di nuovo personale nel pubblico, nuovi psicologi, nuovi psicoterapeuti, nuovi assistenti. Sapete che qualche volta la funzione, l’organo, se tu amplifichi determinati apparati pubblici, quell’apparato pubblico poi ha la convenienza e la necessità di alimentare e di giustificare la sua presenza. Quindi, non lo so se questo è un rapporto corretto pubblico-privato, come succede nei tribunali. Non è che presso i tribunali italiani ci siano migliaia di CTU, di esperti che sono dipendenti pubblici statali. Il giudice, quando ha bisogno di una perizia, si rivolge a un professionista che fa la perizia. Mi sembra difficile andare su una strada che il pubblico si faccia carico di pagare… Anche perché poi abbiamo visto in queste vicende che chi stava nel pubblico lavorava anche nel privato. C’è una commistione che non è semplice da verificare.

    Anche qui riporto al dato iniziale. Di cosa andiamo alla ricerca? Che cosa stiamo cercando? Guardate, ricordo un’altra mia battaglia, che adesso richiamano tutti, quella della corruzione percepita, in Italia. Mille volte ho portato i dati dei processi in corso eccetera eccetera, i 60 miliardi di euro ogni anno di corruzione, che vuole dire 600 milioni di euro ogni provincia italiana, compresa Latina eccetera. Neanche tutti gli appalti italiani, immaginate! Però, quando passa questo messaggio, la pedofilia percepita, questi dati che abbiamo dato, e su questi presupposti si sono costruiti tutti gli orrori degli ultimi anni, bisogna intervenire dal punto di vista legislativo per modificare.

    Poi è chiaro che, caso per caso, gli avvocati che sanno fare il loro mestiere, in maniera dialettica con la magistratura arriveranno, io penso e spero… Tantissimi dei casi che si sono incancreniti negli anni, distruggendo le famiglie e distruggendo i bambini, magari possono essere risolti alla radice facendo risparmiare allo Stato decine di migliaia, forse centinaia di milioni di euro, che possono essere più utilmente utilizzati per aiutare quelle famiglie in difficoltà. Non parlo solo dell’abuso sessuale, parlo della povertà, parlo della violenza assistita, quando i bambini vedono litigare, che è un’altra cosa importante, che va anch’essa… Una cosa sono i due genitori che discutono fra di loro…

    Guardate, io respinsi con perdite i signori di Save the Children quando mi proposero – ero alla Famiglia – una proposta di legge che, aggiungendosi a tutte le leggi già in vigore sui maltrattamenti eccetera, stabiliva come in Svezia che se ti scappava una pacca a tuo figlio che aveva fatto una marachella finivi in galera. Ricordate quel genitore italiano che in Svezia è stato arrestato in flagranza davanti ai figli perché aveva sgridato il figlio che non voleva una pizza? Ecco, signori, non creiamo situazioni di patologie sulle quali il codice ha già mille strumenti per intervenire, introducendo cose che poi diventano un terribile boomerang.

    Io ho avuto tre figli e sei nipoti. Se mia moglie, più che me, fosse andata in galera ogni volta che ha dato uno scappellotto a suo figlio, avrebbe rischiato l’ergastolo, ma non è quello di cui stiamo parlando. Anche la violenza assistita, un conto è un alterco con i genitori, un conto è la violenza vera.

    Concludo, presidente. Come voi, anche io giro e parlo con tanta gente. Stiamo attenti. Anche l’ultima volta che sono andato a Milano, dopo sono arrivati lì 1, 2, 5 persone, che hanno tutte alle spalle dolorosissime storie di separazione, di liti sul bambino. Ogni vicenda familiare di separazione e di lite, non stiamo parlando di questo, altrimenti tutti adesso, con la storia di Bibbiano, danno la colpa agli assistenti sociali. Dirimere questioni di convivenza di una coppia che si separa e trovare un equilibrio in cui i bambini stanno con uno, stanno con l’altro, è una cosa di una difficoltà enorme. Se pensiamo che ci sono decine di migliaia di casi e li confondiamo con quello di cui stiamo parlando, entriamo in un pasticcio terrificante e non ne usciamo più.

    Ho detto: signori, mi dispiace per la vostra situazione, ma io non sono qui a parlare di questo. Noi stiamo parlando di una cosa diversa, stiamo parlando di un fenomeno attraverso il quale, con questi meccanismi, con questi presupposti ideologici, migliaia e migliaia di famiglie si sono viste sottrarre i figli ingiustamente. A questo dobbiamo dare una risposta, soprattutto a questo.

    Poi sulla riforma del diritto di famiglia – adesso non faccio più il parlamentare – andiamo dentro a situazioni molto complesse e molto articolate. Quando io ero all’opposizione, per la riforma dell’affido e dell’adozione, nel 2001, la Serafini era la responsabile, abbiamo fatto una riforma, l’abbiamo votata tutti, condivisa. Poi, se devo dire che i tribunali hanno rispettato quella che era stata una convergenza del Parlamento su alcuni presupposti, non è accaduto, perché voi sapete meglio di me che il Parlamento fa le leggi ma la giurisprudenza fa quello che le pare, andando a soluzioni che sono esattamente il contrario di quello che è scritto nella legge.

    Ma questo è un altro problema complesso del nostro Paese.

     

    Presidente BOSCHINI. Ringraziamo l’onorevole Giovanardi per la sua presenza. Penso che la seduta di oggi ci abbia confortato nel fatto che dobbiamo lavorare molto sui dati e dedicare una parte della relazione ai dati.

    Lo ringraziamo anche per i documenti che ci ha lasciato e che nei prossimi giorni mettiamo a disposizione – domani è San Petronio, lo faremo da lunedì – dei commissari.

    Auguro a tutti buona serata.

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