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Legislatura X - Commissione speciale tutela minori - Resoconto del 10/10/2019 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 15

    Seduta del 10 ottobre 2019

     

    Il giorno 10 ottobre 2019 alle ore 14,30 è convocata, con nota prot. n. AL.2019.21783 del 03/10/2019, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella Regione Emilia-Romagna

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    BOSCHINI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARUFFI Igor

    Vicepresidente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    4

    assente

    BERTANI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    CALLORI Fabio

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    FACCI Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Misto

    1

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

     

     

    Partecipano alla seduta: P. D. Tognoni (Sindaco F.F. del comune di Bibbiano), F. Bedogni (sindaco del comune di Cavriago), D. Casi (Referente per le famiglie, rete di affido di emergenza di Reggio Emilia).

     

    Presiede la seduta: Giuseppe Boschini

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    -     Approvazione del processo verbale n. 12 del 2019

     

    Giuseppe BOSCHINI, Presidente della Commissione. Il nostro primo punto all’ordine del giorno è l’approvazione del processo verbale n. 12 del 2019. Pongo in votazione il processo verbale n. 12 del 2019.

     

    È approvato all’unanimità.

     

    I nostri punti all’ordine del giorno sono l’audizione del sindaco facente funzione del Comune di Bibbiano, Paola Delfina Tognoni, l’audizione del sindaco Francesca Bedogni del Comune di Cavriago e l’audizione di Daniela Casi, referente per le famiglie, rete di affido di emergenza di Reggio Emilia.

    A causa di un impegno istituzionale del sindaco Bedogni, vi chiederei di anticipare il secondo punto all’ordine del giorno. Quindi, audiremo prima il sindaco Bedogni del Comune di Cavriago, che è responsabile per i servizi sociali dell’Unione Val d’Enza. Poi audiremo, successivamente, in seguito, il sindaco Tognoni, che è già fuori e ci aspetta.

    Do lettura del consueto disclaimer, che serve a introdurre il nostro lavoro e poi diamo il via alle nostre attività.

    Ricordo ai commissari e ai nostri ospiti che la Commissione d’inchiesta istituita in ambito regionale non gode delle prerogative di cui all’articolo 82 della Costituzione, ossia dell’equiparazione ai poteri e ai limiti dell’autorità giudiziaria.

    L’eventuale audizione da parte della Commissione di persone indagate in procedimenti penali avviene esclusivamente in ragione del loro ruolo e della loro funzione, a prescindere dalla circostanza che essi siano coinvolti o meno in procedimenti giudiziari.

    La nostra istruttoria, in tali casi, non mira all’accertamento di eventuali reati, spettando l’azione penale esclusivamente al pubblico ministero. Gli esiti e gli atti della nostra inchiesta potrebbero, tuttavia, essere richiesti o messi a disposizione della magistratura.

    Ricordo ai collaboratori regionali che da parte loro non è opponibile alla Commissione d’inchiesta il segreto d’ufficio.

    Ricordo, inoltre, ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio presenti in aula i doveri e gli obblighi derivanti dal loro ruolo in merito alla denuncia all’autorità giudiziaria o ad altre autorità che a quella abbia obbligo di riferire di un reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale, nonché le eventuali sanzioni derivanti dalla omessa o ritardata denuncia ai sensi dell’articolo 361 del codice penale.

    Ricordo, altresì, che ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 184/1983 i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio sono tenuti a riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio e in caso contrario sono punibili ai sensi dell’articolo 328 del codice penale.

    Ricordo che la nostra attività è, come d’ordinario, soggetta alle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali, in particolare la normativa che tutela i dati sensibili dei minori, nonché le norme in materia di offesa dell’altrui reputazione.

    Infine, si fa presente che l’audizione, oltre a essere verbalizzata integralmente in forma audio e trascritta, è soggetta a diffusione in diretta tramite streaming sul sito istituzionale dell’Assemblea legislativa, salvo diversa indicazione o richiesta.

    Pertanto, ricordo che la normativa vigente prevede sanzioni in caso di diffusione di dati sensibili e giudiziari, quali nomi di minori o di persone sottoposte a indagine o altri dati e informazioni che ne consentano, anche in via indiretta, l’identificazione.

     

    -     Audizione del Sindaco Francesca Bedogni – Comune di Cavriago

     

    Presidente BOSCHINI. Tutto ciò premesso, che sono un po’ le condizioni in cui operiamo – ricordo anche alla nostra ospite che siamo in streaming, tutto è pubblico e quindi dovremmo avere attenzione a questa dimensione – il tema su cui abbiamo convocato la Sindaca Bedogni, che ringraziamo per la sua presenza, è il seguente: situazione attuale dell’organizzazione e delle condizioni di lavoro del servizio sociale dell’Unione, con riferimento ai servizi di presa in carico dei minori.

    Il sindaco non ci ha richiesto di fare una particolare introduzione. Per cui, se ci sono domande, che sono inerenti al tema dell’organizzazione della situazione dei servizi sociali della Val d’Enza, abbiamo la possibilità di iniziare con le domande. Se qualche collega vuole iscriversi, può farlo.

    Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera Silvia PRODI. Ringrazio la Sindaca di Cavriago. Faccio anche la considerazione che ci vuole intraprendenza e coraggio per aver preso su di sé la delega. C’è anche un po’ di ammirazione verso questo importante compito. La domanda che le rivolgo è quale situazione ha trovato, anche nelle modalità di lavoro dei dipendenti dell’Unione. Abbiamo avuto qui dei sindacalisti che ci hanno raccontato di condizioni di lavoro molto impegnative. Quali misure sono state approntate dall’Unione relativamente sia all’organizzazione che al tema della vita lavorativa dei dipendenti.

     

    Presidente BOSCHINI. Raccoglierei anche la domanda del collega Sassi e poi facciamo un primo blocco di risposte.

     

    Consigliere Gian Luca SASSI. Grazie, presidente. Concordo con la collega Prodi sul fatto che sicuramente non è stato semplice prendere in mano quel servizio in quella situazione. È una scelta da apprezzare.

    Siccome è una questione più legata proprio al discorso degli addetti e ai loro contratti di lavoro, vorrei sapere da lei qual è la situazione di contratti stabili o meno sulla base del numero di addetti della Val d’Enza in questo caso (non posso chiederle certamente la situazione regionale), cioè quanti di loro hanno contratti a termine, sostanzialmente, e quanti sono stabilizzati. Su questa cosa ho un particolare focus perché proprio la questione anche legata alle note vicende temo che questo tipo di contratti, quelli non stabilizzati quantomeno, almeno per quelli di cui ho notizia io, non permetta al personale stesso di arrivare ad essere tutelati anche con norma di legge nel caso di voler sollevare critiche o segnalare addirittura situazioni molto pesanti all’interno del proprio ufficio, perché comunque potrebbero non essere riconfermati. Questo è un po’ il motivo per cui le faccio questa domanda. Per me è abbastanza puntuale come situazione. Mi piacerebbe conoscere meglio qual è la reale situazione. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, sindaco.

     

    Francesca BEDOGNI, sindaco del Comune di Cavriago. Buongiorno a tutti. Ringrazio i consiglieri Prodi e Sassi per le parole di apprezzamento rispetto all’impegno che mi sono assunta. In realtà, forse l’unica cosa che ci vuole è un po’ di senso di responsabilità nei confronti delle proprie comunità. Per cui, ho ritenuto fosse doveroso nei confronti dei cittadini che mi avevano eletto da poco garantire un mio impegno in prima linea per capire che cosa stava accadendo e come si poteva implementare un sistema più capace di rispondere ai bisogni della cittadinanza. Se non capisco bene le domande o se per caso dimentico dei pezzi, me lo farete notare. La mia disponibilità è piena.

    Cosa abbiamo trovato, cosa ho trovato io? Ho assunto la delega al sociale in Unione a luglio, quindi quando già l’inchiesta cosiddetta “Angeli e demoni” aveva assunto una dimensione pubblica. Ho trovato una situazione molto delicata da diversi punti di vista. Ho trovato grande sofferenza da parte delle famiglie coinvolte o che ritenevano, a torto o a ragione lo dirà la magistratura, di essersi viste strappare ingiustamente i propri figlioli. Ho trovato degli operatori spaventati, disorientati rispetto a relazioni anche di fiducia reciproca che avevano costruito nel tempo e sotto un’enorme pressione dovuta, come sapete, non mi dilungo su questo, a diversi episodi di minacce, insulti o interventi anche piuttosto aggressivi della stampa, che gli hanno reso molto complicato continuare a svolgere il loro lavoro, soprattutto con quella serenità che dovrebbero avere trattando di una materia molto delicata.

    Ho trovato comunità sottoposte a un trauma collettivo, se così possiamo dire. Le nostre sono comunità da sempre abituate ad avere uno stretto legame di fiducia con le proprie Istituzioni e quindi con i servizi che queste Istituzioni erogano; un legame di fiducia che quest’inchiesta ha messo in crisi, messo in discussione, quindi comunità che cercano risposte e che cercano nuovi punti di riferimento.

    Ho trovato famiglie affidatarie profondamente in crisi rispetto a un’idea di accoglienza e di servizi alla comunità che avevano elaborato, che ritenevano fosse importante e che in un qualche modo veniva messo a dura prova da quello che andava via via emergendo.

    Ho trovato una comunità di sindaci quasi tutti se non tutti alla prima consiliatura, eletti da poco più di un mese, che quindi hanno messo grande impegno, grande determinazione, ma anche hanno fatto molta fatica ad affrontare questa situazione – anch’io sono un sindaco nuovo –abbiamo fatto molta fatica ad affrontare quella che probabilmente sul nostro territorio è una delle vicende più pesanti, senza paura di smentita, dal dopoguerra ad oggi.

    Che cosa abbiamo provato a mettere in campo? Ci siamo dotati di una strategia a breve, a medio e lungo termine, partendo dal presupposto che questa vicenda lascerà dei segni profondi all’interno delle nostre comunità, molto al di là del tempo per il quale rimarranno accesi i riflettori su questa vicenda.

    Nel breve termine ci siamo dati l’obiettivo di garantire il funzionamento pieno dei servizi e quindi di evitare l’interruzione dei servizi stessi, che poteva anche accadere dal momento che, come ben sapete, gran parte del servizio e soprattutto il vertice era stato improvvisamente, in una giornata, sospeso dallo svolgimento delle proprie attività.

    Sul medio termine ci siamo dati l’obiettivo principale di lavorare per un ripensamento del servizio, che andasse oltre quelle che saranno le evidenze processuali. La verità processuale emergerà. Ci vorrà del tempo. Il processo porterà via molto tempo. Il tempo della giustizia è un tempo molto lungo per noi, invece, che dobbiamo decidere come affrontare il problema sul territorio.

    L’idea che al di là dell’evidenza processuale un pensiero, una rivisitazione delle nostre modalità di lavoro fosse necessaria, da avviare immediatamente, superata la fase emergenziale, è un obiettivo che abbiamo voluto condividere e che ci siamo dati.

    Infine, il terzo obiettivo di lungo termine è quello di andare a recuperare il gap di fiducia e la relazione che lega le nostre comunità ai nostri servizi.

    Sul primo obiettivo mi soffermo perché mi sembra che contenga le risposte alla domanda della consigliera Prodi. Ci siamo adoperati per rimpiazzare immediatamente e a tempo indeterminato le figure di responsabile dell’ufficio di piano e del responsabile del servizio sociale minori, con la consapevolezza che un nuovo orientamento fosse necessario da subito per sostenere gli operatori in un momento di grande confusione, di grande fatica. Abbiamo cercato di accompagnare i nostri operatori con una presenza costante. Abbiamo istituito una rotazione sulla sede dell’Unione, a Barco, per cui ogni giorno è presente un sindaco in Unione a disposizione degli operatori per sostenerli, accompagnarli e garantire un maggior collegamento tra l’apparato politico e l’apparato tecnico dell’Unione in un momento di grande fatica.

    Abbiamo rafforzato il presidio della polizia municipale nei primi momenti per proteggere anche fisicamente da incursioni, che voi sapete ci sono state, piuttosto discutibili e pesanti per gli operatori, per cui abbiamo istituito questo presidio fisso della polizia municipale presso questi uffici.

    Abbiamo incontrato le famiglie affidatarie e abbiamo incontrato, con cadenza periodica, le lavoratrici e i lavoratori dell’Unione. In particolare, lo staff dei responsabili del sociale viene da me incontrato a cadenza periodica, una volta ogni 15 giorni.

    Con loro, insieme, quindi i servizi dell’Unione territoriali che sono rimasti in capo ai Comuni, definiamo passo-passo la declinazione concreta degli obiettivi macro di breve, medio e lungo termine che vi ho descritto.

    Passo alla domanda del consigliere Sassi, che spero di aver ben compreso, sennò mi correggerà. La domanda è se chi è assunto a tempo determinato gode delle stesse tutele a norma di legge… No? Allora non l’ho capita. Prego.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Sassi. Accenda il microfono.

     

    Consigliere SASSI. Vorrei sapere quanti sono gli operatori che non hanno un contratto stabile nella sostanza, tra la totalità del numero che vorrei conoscere, quelli addetti nella Val d’Enza, tra questo totale quanti hanno un contratto che non è un contratto a tempo indeterminato.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Il numero preciso a memoria non ce l’ho, però la maggior parte sono assunti a tempo indeterminato. I tempi determinati riguardano, in generale, le sostituzioni per assenze lunghe come possono essere le maternità. Però, il numero preciso è un numero che si può avere molto rapidamente, accedendo alle informazioni degli uffici. Non l’ho portato con me, non ce l’ho.

     

    Presidente BOSCHINI. Il senso della domanda era se ritiene che la configurazione contrattuale del personale possa aver inciso sulla qualità del servizio. Mi sembra questa la ratio della domanda. No?

     

    (interruzione)

     

    Sindaco BEDOGNI. Sulla mancata denuncia.

    È un’opinione. Cercherò, nel corso delle mie risposte, di separare fatti da opinioni, per quanto mi è possibile. Questa è una mia opinione. Credo che non abbia inciso grandemente poiché il disciplinare dei lavoratori pubblici, il disciplinare di comportamento dei lavoratori pubblici e tutte le norme legate a situazioni, alla possibilità di denuncia di situazioni anomale all’interno dell’ente, come, ad esempio, la figura del whistleblower o la possibilità di riferire in forma anonima di anomalie, sono strumenti cui può accedere allo stesso modo sia il dipendente a tempo determinato che indeterminato, così come il disciplinare che regola diritti e doveri del lavoratore vale per entrambi.

    La mia opinione è che non abbia inciso grandemente quanto meno. Potrebbe aver inciso forse l’idea nella testa di un lavoratore di dire “se denuncio, non mi confermano”, rispetto alla precarietà. Però, rispetto agli strumenti che i lavoratori avevano, io penso che non abbia inciso. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Ci sono altri iscritti per le domande?

    Collega Tagliaferri, prego.

     

    Consigliere Giancarlo TAGLIAFERRI. Presidente e colleghi, innanzitutto intendo ringraziare per la presenza il sindaco di Cavriago, novello assessore ai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza. Ritengo molto importante la sua presenza oggi qui perché francamente spero potrà aiutarci a far luce se non su quanto avvenuto almeno su un tema che a me sta molto a cuore e ritengo essenziale ai fini del lavoro di questa Commissione, anche se fino ad ora, confesso, non ha trovato risposte.

    Mi riferisco ovviamente all’eventuale sperimentazione condotta dall’Unione Val d’Enza sul servizio minori.

    Una prima domanda vorrei rivolgerle ovviamente relativa al fatto se in Val d’Enza fosse in atto qualche tipo di sperimentazione per il trattamento dei minori abusati ed in caso affermativo in cosa consistesse questa sperimentazione.

    Appena insediata la Commissione mi sono premurato di leggere tutto quanto ho trovato sulle iniziative svolte in Val d’Enza dal servizio sociale ed ho trovato l’invito ad un convegno nel quale si accennava alla conduzione di un percorso definito sperimentale. Purtroppo, fino ad ora nessuno ci ha saputo illustrare in cosa questo percorso consistesse. Spero, quindi, di ricevere qualche risposta nel merito almeno nel corso di questa audizione.

    Una seconda domanda riguarda l’esistenza o meno di protocolli relativi all’intervento e alla messa in sicurezza del minore nell’arco delle ventiquattro ore dal momento della segnalazione. Della necessità di ricorrere a simili metodi ‒ che, a quanto mi è dato sapere, non trovano riscontro nei protocolli regionali ‒ ho, infatti, sentito parlare ascoltando le registrazioni di un convegno tenuto in Val d’Enza, con la partecipazione del garante all’infanzia della Regione e con il professor Foti.

    Ieri è uscito un articolo su La Repubblica che è circolato per tutta la giornata sui social non tanto, ritengo, per il contenuto quanto per il titolo ampliamente assolutorio e tranquillizzante in merito a questo caso. Se il titolo, infatti, era del tenore “Bibbiano. Il Tribunale dei minori. Il sistema è sano, nessuna anomalia”, chi ha letto con attenzione l’articolo sicuramente non ha potuto evitare di notare come su cento richieste di allontanamento riesaminate dai magistrati gli stessi abbiano riscontrato ottantacinque ‒ sottolineo: ottantacinque ‒ falsi positivi. Tanto è vero che in quei casi hanno deciso di non dare seguito alla richiesta avanzata dal servizio sociale della Val d’Enza. Ebbene, che l’85 per cento delle richieste di allontanamento avanzate dai servizi sociali siano state respinte lo trovo francamente un dato assai allarmante. Spero non sia così in altri casi, ma questo lo avrei ritenuto già di per sé un grosso campanello d’allarme.

    Se il Tribunale dei minori archivia, sostanzialmente, l’85 per cento dei casi, direi che siamo quasi a livello del procurato allarme da parte del servizio. Come si fa, quindi, a ritenere che una tale realtà risulti attendibile quando, grazie all’articolo 403 del Codice civile, estrae e mette in sicurezza un minore nell’arco delle simboliche ventiquattro ore senza ricorrere al preventivo avallo del magistrato?

    Terza ed ultima domanda. Nella risposta ad una interrogazione regionale datami oltre un anno fa dall’allora assessore Gualmini, si lascia intendere che a Bibbiano operasse un’équipe di secondo livello, cosa smentitami seccamente dai funzionari dell’assessorato competente. Saprebbe darci ragguagli in merito a questo secondo livello?

    Grazie.

     

    Sindaco BEDOGNI. Francamente...

    Voleva pormi un’altra domanda?

     

    Presidente BOSCHINI. Vediamo se la domanda del collega Delmonte è abbastanza concisa e puntuale.

    Prego, collega Delmonte.

     

    Consigliere Gabriele DELMONTE. Ringrazio il sindaco per la sua presenza.

    Appena ho letto che lei era stata nominata assessore ai servizi sociali ho espresso assolutamente il mio disaccordo, per un motivo molto specifico, non certo legato alla sua persona sua, ma alla storia di Cavriago all’interno dell’Unione, soprattutto nell’ambito dei servizi sociali. Ricordo che Cavriago è sempre stata su una corsia parallela rispetto agli altri Comuni dell’Unione. È subentrata e ha conferito per ultima, di fatto, i servizi. Per molto tempo si era rifiutata ‒ ovviamente non era lei il sindaco in quel periodo ‒ di aderire con gli altri Comuni dell’Unione in una gestione congiunta, mantenendo Cavriago Servizi come suo principale punto di appoggio.

    Subentrare all’interno di questa logica, soprattutto in un’ottica di discontinuità rispetto a prima, mettendo come soli servizi sociali quelli del sindaco del Comune ultimo arrivato (non vi è assolutamente nulla verso di lei come persona) per me era abbastanza sconveniente. Credo, invece, che o il Comune capo distretto o i Comuni che comunque avevano conferito fin dall’inizio, tipo Sant’Ilario d’Enza, il proprio servizio sociale, il proprio servizio minori, avrebbero potuto avere una logica e una conoscenza dei fatti della struttura un po’ più approfondita.

    Detto questo, le volevo chiedere intanto se lei condivide questo percorso che era stato fatto. La non gestione congiunta di Cavriago precedentemente era un segnale abbastanza forte, anche politico, a mio parere, che ho sempre contestato. Se da un lato si porta avanti l’Unione come un’occasione di efficientamento, un’occasione per poter migliorare i servizi, Cavriago ha sempre percorso la sua strada. Le chiedo se lei fosse d’accordo in quanto membro della politica di Cavriago in quel periodo e se si tratta di un’intenzione che intende portare avanti anche ora, che non solo è sindaco, ma anche assessore ai servizi sociali dell’Unione.

    Avevo letto la spiacevole storia ‒ di cui ho preso atto leggendo sue dichiarazioni ‒ di queste telefonate di minaccia nei confronti degli operatori, dei servizi sociali. In realtà sono arrivate un po’ ovunque. Ovviamente non sono assolutamente un bel segnale. Ha fatto bene, credo, a prendere provvedimenti immediati. Le chiedo se effettivamente le registrazioni erano partite dal giorno in cui lei ha fatto quella dichiarazione, se effettivamente hanno avuto un seguito a livello di denunce o di qualunque altro atto lei abbia deciso di intraprendere, se questo l’ha fatto come Cavriago o l’ha fatto come Unione, quindi se ci sono state differenze. Come ci sono state differenze sulla questione di costituirsi parte civile. Ricordo che lei ha votato contro la costituzione come parte civile del suo Comune per questa vicenda, mentre ha suggerito che fosse solo l’Unione a costituirsi parte civile. Le chiedo se hanno avuto seguito queste cose.

    Le chiedo una posizione politica, invece, su un altro parere, al di là del tecnicismo di fattibilità. Lei ha parlato di registrazioni di queste telefonate. Il collegamento riguarda solo la parte della registrazione. È proprio un parere politico quello che le chiedo: lei sarebbe d’accordo se si andasse nella direzione di videoregistrare le conversazioni che avverranno tra i servizi sociali e i minori o gli incontri protetti? Questa è una posizione politica. Se vuole esprimerla, ovviamente.

     

    Presidente BOSCHINI. Non era una domanda facile. Erano tante. Speriamo che il sindaco riesca a ricostruirle tutte. Altrimenti, la aiutiamo a ripercorrerle.

    Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Grazie.

    Rispetto alle prime domande del consigliere Tagliaferri, non troverà risposte soddisfacenti nel mio intervento, nel senso che io non ero presente quando è stato costruito questo sistema e non trovo, quindi, corretto portare informazioni riferite o ricevute per vie traverse quando potete chiedere di audire chi c’era. Sono tante le persone che c’erano. Queste domande, giustamente, le rivolgerete a chi c’era.

    Cercherò di rispondere sull’operato che ho visto agli atti. In merito al percorso, ai ragionamenti, alle riflessioni politiche, ai pensieri vorrei non entrarci. Io ho preso questo impegno per cercare di dare un contributo affinché da questo momento in poi ci siano condizioni differenti di lavoro.

     

    (interruzione del consigliere Tagliaferri)

     

    Sindaco BEDOGNI. No, non è “questa sconosciuta”. Cosa vuole che le dica? C’erano gli atti, li ha visti anche lei.

     

    (interruzione del consigliere Tagliaferri)

     

    Sindaco BEDOGNI. C’era quello che c’era sugli atti. Se vuole sapere qualcosa di più, lo chiederà a chi ha assunto quelle decisioni. Non mi sembra corretto nei miei confronti insistere su questa cosa.

     

    (interruzione del consigliere Tagliaferri)

     

    Presidente BOSCHINI. Consigliere Tagliaferri, non siamo abituati a interagire. C’è spazio...

     

    (interruzione del consigliere Tagliaferri)

     

    Presidente BOSCHINI. Credo che il nostro ospite abbia dato la risposta che riteneva...

     

    Sindaco BEDOGNI. Ho risposto.

     

    (interruzione del consigliere Tagliaferri)

     

    Sindaco BEDOGNI. No, perbacco! Assolutamente.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Per quanto riguarda l’esistenza di un protocollo h24, posso dirle che da quando ho assunto la delega al sociale ci si attiene al protocollo h24 stabilito dalla Regione.

    Per quanto riguarda la linea politica tenuta da Cavriago nel corso degli anni rispetto all’Unione, è stata una linea critica, che ha seguito un percorso suo, come credo sia legittimo che ogni Comune faccia. Probabilmente, non è così assurdo che in un momento di questo tipo si scelga di affidare la delega al sindaco che rappresenta ‒ tra virgolette ‒ la maggiore possibilità di discontinuità. Sono posizioni.

    In ogni caso, la linea che intendo tenere dal punto di vista politico nei confronti dell’Unione è scritta nel programma, ed è una linea di sostegno pieno e di grande convinzione sulla necessità di valorizzare la gestione associata e di lavorare in Unione. Da questo punto di vista, quindi, sicuramente si tratta di un cambiamento di orientamento rispetto alle precedenti Amministrazioni.

    Rispetto al tema delle telefonate, le telefonate sono state gestite come Unione e non come Comune di Cavriago. Quelle che sono state registrate sono state registrate dalla data in cui ho reso la dichiarazione e sono state affidate alla valutazione di un legale, che abbiamo da subito consultato su questa vicenda per tutelare gli interessi dell’Unione e dei suoi cittadini. Quindi, le valutazioni rispetto al seguito da dare a queste telefonate, insieme a tutte le altre cose (striscioni, lettere, pacchi) che sono arrivate in Unione, verranno fatte insieme al legale. Ad oggi, non abbiamo ancora chiuso la valutazione

    Sicuramente ho dimenticato qualcosa, perché le domande erano tante e io ho fatto troppo presto.

     

    Presidente BOSCHINI. Le ricordo io quelle che ho, a mia volta, segnato. Eventualmente, se i colleghi non sono soddisfatti, ci richiamano.

     

    Sindaco BEDOGNI. Esatto.

     

    Presidente BOSCHINI. C’era la domanda del collega Tagliaferri: a suo parere, le dichiarazioni del tribunale di ieri, che dice che su cento casi ci sono state ottantacinque segnalazioni dei servizi che non hanno avuto riscontro nel decreto del tribunale, indicano un eccesso di falso positivo da parte dei servizi?

    Intanto rispondiamo a questa domanda.

     

    Sindaco BEDOGNI. Anche in questo caso, separando i fatti dalle opinioni, ritengo che non sia un dato confortante. Questa è la mia opinione personale.

     

    Presidente BOSCHINI. Le era stato chiesto se lei sarebbe d’accordo a videoregistrare sempre tutte le attività che i servizi svolgono con i minori.

     

    Sindaco BEDOGNI. È una domanda difficile per la quale, in questo momento, non ho una risposta definitiva. Non è una questione su cui ancora mi sono interrogata fino ad arrivare ad avere delle certezze in testa. Posso dire che ci vedo dei pro e dei contro. I pro non li metto neanche in luce, perché sono evidenti. La registrazione può servire in qualsiasi sede, tant’è vero che, ad esempio, le CTU vengono registrate. È una modalità che si usa quando si pensa che un fatto possa assumere una rilevanza processuale. È, però, una modalità che, secondo me, interviene duramente in senso peggiorativo sul rapporto di fiducia che può e dovrebbe esistere tra un servizio e il cittadino che, in qualche modo, debbono imparare a conoscersi e a fidarsi.

    La mia riflessione, in questo momento, è arrivata a farmi esprimere questa opinione: non è un tema da scartare con una pregiudiziale, ma è un tema da approfondire perché ha notevoli conseguenze in un senso e nell’altro.

     

    Presidente BOSCHINI. Credo le sia stato anche chiesto perché Cavriago è stata contraria a costituirsi parte civile e, invece, favorevole l’Unione.

     

    Sindaco BEDOGNI. Ho ritenuto, insieme a sette degli otto Consigli comunali della Val d’Enza... Non tutti hanno discusso questa mozione, ma chi l’ha discussa ‒ a parte Montecchio ‒ ha scelto di non costituirsi parte civile come singolo Comune nel momento in cui si è discussa la cosa, perché si è ritenuto che, dal punto di vista tecnico, essendo la funzione conferita in Unione ed essendo l’Unione, di fatto, rappresentazione di tutti gli otto Comuni, fosse tecnicamente più corretto agire come Unione. Questa è la motivazione. Non c’è una ragione politica.

    Abbiamo ritenuto fosse ridondante ‒ noi, a Cavriago ‒ una doppia costituzione di parte civile come Comune da solo e come Comune facente parte dell’Unione.

     

    Presidente BOSCHINI. Mi pare sia stato risposto a tutto.

    Vedo che il collega Tagliaferri ha comunque richiesto la parola.

    Le do la parola, consigliere Tagliaferri. Prego.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Molto brevemente, presidente.

    Volevo specificare al sindaco che ho chiesto a lei della sperimentazione perché noi non abbiamo accesso agli atti comunali. Ovviamente lei sì.

    Rivolgo una domanda al presidente: visto che i testimoni fanno fatica a darci risposte, la Commissione potrebbe ‒ o meno ‒ acquisire gli atti dei Comuni? È una domanda. Forse posso darmi già io la risposta, ma la domanda la pongo in ogni caso.

     

    Presidente BOSCHINI. Riprendiamo per un attimo il tema della sperimentazione. Tutti noi possiamo ricostruirlo per le varie volte che, giustamente e opportunamente, il consigliere Tagliaferri ha posto questo interrogativo, a partire dalla risposta ‒ ricordo, abbastanza distinta ‒ data dai dirigenti regionali, che negavano l’esistenza di un riconoscimento della sperimentazione con tutti i crismi. Adesso lo dico in maniera semplificata, ma ricordo distintamente quella risposta: dal livello regionale non c’era il riconoscimento di una sperimentazione. Quindi, rimane il tema se quella sperimentazione fosse stata definita, giustamente, per esempio, a un livello più locale e non con crismi ‒ diciamo così ‒ regionali.

    Credo che non ci siano difficoltà, con la collaborazione dell’Unione Val d’Enza o dei Comuni coinvolti, qualora fossero delibere comunali, ma immagino che siano a livello di Unione, acquisire eventualmente delibere che possano contenere la definizione, e a che titolo, di un centro sperimentale. Lo possiamo senz’altro fare. Se c’è la collaborazione dei Comuni, le possiamo senz’altro acquisire.

    Chiedo alla segreteria se può prendere atto di questa richiesta del collega Tagliaferri.

    Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Facendo uno sforzo per aggiungere qualche elemento, anche se rimane valida la mia posizione che ho espresso prima (domandate a chi c’era, sarà più preciso di me), potrei dire che dalla data in cui mi sono insediata non ho rilevato alcun elemento che facesse ritenere l’esistenza di una sperimentazione, se non ‒ forse questo pezzo può essere inteso come sperimentazione, ma vi invito a prendere visione degli atti e a chiedere a chi c’era ‒ un percorso di collaborazione di formazione degli operatori ASL (non so se questa potrebbe essere intesa, secondo lei, come sperimentazione) sul trattamento dei traumi da abuso, in particolare da abuso sessuale.

    Questo pezzo ce l’ho. O meglio, non ce l’ho nel pezzo della mia consiliatura, perché si era già concluso. Quando io mi sono insediata, però, l’ho rilevato dagli atti. Nella fattispecie, ho revocato un patrocinio sul proseguimento di un corso legato a questo piano di formazione.

     

    Presidente BOSCHINI. Ho iscritti i colleghi Delmonte, Facci e Bertani.

    Collega Delmonte, prego.

     

    Consigliere DELMONTE. Mi è venuta in mente una domanda mentre discutevamo, quindi gliela rivolgo. Al di là delle difficoltà di organico avute, e che in realtà si hanno ancora, in Unione sotto l’aspetto dei servizi sociali, effettivamente alcuni servizi hanno ovviamente subìto un rallentamento, soprattutto quelli riguardanti i minori, ma anche tutta la parte dei servizi sociali, sotto alcuni aspetti.

    Chiedo un parere politico di chi vive tutti i giorni in quegli uffici. Secondo lei, è solo dovuto alla mancanza di organico o percepisce una paura nell’intraprendere nuove iniziative anche dall’organico che attualmente c’è, per paura di responsabilità ulteriori? Da un certo punto di vista sarebbe anche legittima, però ovviamente è da combattere, nel senso positivo del termine. Non si può fermare tutto per quello che è successo, soprattutto ciò che non riguarda di preciso i minori. Ovviamente, nell’ambito dei minori è giusto capire bene le dinamiche prima di procedere con dinamiche sbagliate.

    Io, da consigliere di un Comune facente parte dell’Unione, percepisco un freno su tutti i servizi sociali, soprattutto su nuove iniziative. Secondo lei, c’è anche un timore di questo tipo da parte degli operatori?

     

    Presidente BOSCHINI. Rispondiamo direttamente, così poi procediamo. Prego.

     

    Sindaco BEDOGNI. Sì, c’è stato un rallentamento generale che ha riguardato tutte le attività dell’Unione, e qui entro nel campo della mia opinione, in realtà per due ragioni. In primo luogo, quest’inchiesta ha messo in luce una fragilità amministrativa che l’Unione aveva a prescindere dall’inchiesta stessa, che però l’inchiesta ha messo ancor più in risalto; una fragilità che ‒ questa è la mia opinione ‒ non può essere ulteriormente trascurata e sulla quale ci stiamo concentrando. Non mi dilungo oggi su questo, perché riguarda un po’ di più la parte Unione, se vogliamo, che non il focus della Commissione, ossia i servizi sociali, ma abbiamo bisogno di lavorare su questo pezzo. Noi abbiamo conferito una mole di servizi significativa in Unione, quindi dobbiamo essere sicuri che la dotazione strutturale amministrativa dell’Unione sia in grado di reggere, di sorreggere, di accompagnare questa mole di servizi. Ad oggi, questa sovrastruttura amministrativa è piuttosto fragile.

    La seconda ragione di questo rallentamento è un bisogno ‒ credo legittimo ‒ dei sindaci, della Giunta di prendersi il tempo e lo spazio di rivedere tante cose, un po’ per sua natura, dato che i sindaci nuovi, nella maggior parte dei casi, entrano in una struttura nuova e hanno bisogno di conoscerla, di vederla, di capirla e poi di dare il loro indirizzo. Se questo percorso di conoscenza e comprensione si sovrappone a un terremoto, come quello che ha vissuto l’Unione, il contraccolpo di rallentamento è praticamente assicurato.

    Questa è la mia opinione sulle ragioni di questo rallentamento.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Facci.

     

    Consigliere Michele FACCI. Grazie. Anch’io ringrazio il sindaco.

    Intendo formulare una riflessione e una domanda. La riflessione, che è rivolta genericamente alla Presidenza, vuole insistere sulla questione della sperimentazione, ma per dare un contributo. Non è che la sperimentazione, almeno da come guardo io gli atti, è definita a livello comunale o a livello territoriale. Io ho una nota del direttore del Dipartimento di salute mentale - Dipendenze patologiche, quindi è una nota del nostro servizio sanitario fondamentalmente, che fa riferimento al progetto sperimentale, partito nel 2016, nell’Unione dei Comuni della Val d’Enza. Quindi, il concetto di sperimentazione o progetto sperimentale è sostanzialmente un dato acquisito a livello istituzionale, che poi ritroviamo in tutti gli atti, per esempio anche nella stessa descrizione, nei vari inviti o nelle varie locandine celebrative dei vari appuntamenti che vi sono stati a Bibbiano. Naturalmente questo progetto sperimentale vedeva come elemento centrale l’Unione dei Comuni, localizzato presso il centro “La Cura” di Bibbiano, individuato e preso in carico anche a livello economico dall’Unione stessa.

    L’insistenza da parte nostra sulla possibilità di capire esattamente cosa si intende per progetto sperimentale, pertanto, non è un vezzo o una volontà di perdere tempo o tediare i nostri interlocutori. Il punto è che nessuno ci ha ancora detto in cosa consiste questa sperimentalità, che è importante anche ai fini della nostra attività di indagine, è molto importante. Del resto, se dobbiamo esaminare una situazione complessiva di questo sistema e vediamo che vi sono dei progetti sperimentali, vogliamo capire come si differenziano questi progetti rispetto, per esempio, ai progetti ordinari. Quindi, non credo che sia assolutamente da sottovalutare, da minimizzare né tantomeno da bypassare, come sembra in qualche modo fare l’Amministrazione di Cavriago.

    In ogni caso non è questo l’oggetto della domanda, era una riflessione. Invece, la mia domanda è questa, sindaco. Quando è esplosa la questione dalle carte, dai documenti, dagli articoli che abbiamo letto sulla questione Bibbiano e, quindi, sui servizi sociali della Val d’Enza – parliamo di Bibbiano, ma si tratta sostanzialmente dei servizi sociali della Val d’Enza – è emerso, ed è quello che poi ha fatto scattare il campanello d’allarme in chi è competente per le indagini, un aumento esponenziale di casi di denunce di abuso, seguite dal ricorso a provvedimenti di allontanamento ex articolo 403. Quindi, un aumento anomalo, così è definito dalle indagini. Ebbene, la domanda che faccio è questa: visto che parliamo del futuro, parliamo della sua attività dal 26 maggio in avanti, partendo da questo dato, che non penso vi sia sfuggito – farei un torto alla vostra professionalità e alla vostra attività –, avete provato in qualche modo a modificare anche soltanto modalità conoscitive dei vari casi seguiti dai servizi per provare voi a intercettare eventuali disfunzioni o eventuali anomalie?

    Le faccio questa domanda perché, fra le varie persone e personalità che abbiamo audito nelle scorse settimane, sono emersi dei vuoti, vuoti normativi, ma vuoti anche metodologici, vuoti procedurali, e per esempio penso alla figura del Garante regionale per l’infanzia, che ha detto: “Noi non riceviamo i dati, quindi noi non possiamo intervenire d’ufficio. Non abbiamo i dati. Certo, se qualcuno ci fa una segnalazione, interveniamo. Ma fondamentalmente non abbiamo una statistica. Ecco, voi come Amministrazione comunale, voi a livello di singolo Comune o anche a livello di Unione, avete pensato oppure no di adottare modalità di conoscenza di questi dati per poter eventualmente, prima di ogni altro soggetto, provare, qualora vi siano ovviamente delle anomalie, a intervenire o, comunque, a evitare eventualmente conseguenze potenzialmente negative? La domanda l’ho voluta un po’ approfondire, ma fondamentalmente è questa e solo questa.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Torno un attimo sul tema della sperimentazione. Io non nego l’importanza dell’approfondimento sul tema della sperimentazione, chiedo che venga approfondito con chi ha qualche elemento fattuale in più di me. Mi sembra corretto nei vostri confronti.

    Sulla domanda, devo cercare, per quanto mi è possibile – sottolineo per quanto mi è possibile –, di farvi comprendere come abbiamo lavorato in questi tre mesi che ci separano dal 27 giugno 2019, perché la risposta alla domanda del consigliere Facci richiede un’elaborazione, sulla quale ci siamo instradati e che ha a che vedere con l’obiettivo che vi dicevo di medio termine, che non si fa in pochi giorni. È sicuramente un tema importante, un tema centrale, che può dare un senso a questa vicenda, se siamo in grado di trasformarla, per quanto dolorosa, in un’opportunità per far crescere il nostro sistema di tutela.

    In questi tre mesi, che sono novanta giorni, ci siamo trovati, in prima battuta, a fronteggiare l’esigenza di non interrompere il servizio, perché sono novecento le famiglie con minori seguite da questo servizio, di cui solo una minima parte interessata da temi legati alla tutela, e a queste famiglie non potevamo permetterci di non continuare a dare risposte in una situazione di tensione pesantissima che si è riversata sui nostri territori, in particolare sul territorio di Bibbiano, che ci ha richiesto di essere impegnati ore e ore in cose anche, da un certo punto di vista, non utilissime (interviste, contro-interviste, comparsate). Però, se non si va, sembra che non si voglia andare.

    La riflessione a cui lei fa riferimento noi abbiamo potuto avviarla da poche settimane, da quando, cioè, siamo riusciti a rientrare dalla situazione emergenziale in cui eravamo, che non è del tutto conclusa, perché ci sono ancora alcuni pezzi dell’organizzazione che dobbiamo mettere a posto, ma che ci consente di guardare, insieme ai nostri operatori, anche agli aspetti che lei richiamava.

    Un altro aspetto critico di questi tre mesi è stato quello di gestire il trasferimento della maggioranza dei casi oggetto di provvedimento da parte del tribunale dei minori verso altri servizi. Voi saprete che sono circa una novantina i casi della Val d’Enza che sono stati trasferiti ai servizi sociali di altri comuni da parte del tribunale dei minori per una rivalutazione dei casi stessi. Ebbene, questa situazione è stata molto complessa da gestire tecnicamente, poiché è inedita, soprattutto per quanto riguarda la questione del riparto dei costi e dell’assunzione delle responsabilità. Tutto questo da fare ad indagine aperta. Pertanto, la nostra scelta, criticabile o condivisibile, è stata quella di ritenere, nel limite del possibile, di non dover manipolare, intervenire, agire, interferire – forse interferire è la parola più giusta – con fascicoli, questioni, opposizioni oggetto delle indagini, che ad oggi non sono ancora chiuse.

    Il nucleo della Procura non è venuto in Unione solo il 27 giugno ad acquisire documenti e informazioni. È un lavoro di inchiesta che, giustamente, continua e a cui noi stiamo dedicando la massima attenzione per consentire alla Procura di fare al meglio possibile il suo lavoro, nei tempi più rapidi possibili.

    In questa situazione, quindi, non sono ancora in grado di dare una risposta definitiva. Se lei mi chiede “secondo lei, cosa ci sarebbe da cambiare, cosa si potrebbe fare, avete trovato delle anomalie?”, non riesco ancora a darle una risposta che rappresenti la sintesi a chiusura di un percorso di riflessione. Riesco a dirle che questa riflessione è stata avviata, che la stiamo conducendo all’interno dei servizi della Val d’Enza, ma anche insieme ad altri soggetti, perché in questo momento abbiamo bisogno di una collaborazione con soggetti esterni, abbiamo bisogno di essere autoreferenziali il meno possibile su questo tema. A caldo, i primi elementi che posso mettere sul tavolo sono che sarebbe opportuno andare a rivedere, ovviamente a livello nazionale o giù di lì, le singole competenze che tantissimi soggetti hanno quando si parla di minori (psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, pediatri, l’ASL, insomma sono tantissimi quelli che intervengono) perché in mezzo ci sono dei vuoti o delle sovrapposizioni o degli ambiti di conflitto tra queste competenze.

    Ci sono dei tempi, che sono comprensibili, ma discutibili. Non ricordo chi prima citava il tema degli interventi ex 403 in h24, interventi che vengono effettuati per tutelare un minore in pericolo contingente. Dopodiché, il tribunale deve esprimersi. Se dopo quel 403 il tribunale si esprime dopo otto mesi, abbiamo un problema. Ma personalmente – questa almeno è la mia opinione – non metto in discussione il 403, perché il 403 mi permette di tutelare un minore in pericolo immediato. Quindi, è una riflessione che va fatta – noi in Val d’Enza abbiamo una responsabilità in primis e ce l’assumeremo – ma va fatta a livello molto più ampio che in Val d’Enza. In tal senso, ben venga la Commissione regionale d’inchiesta, ben venga la Commissione tecnica, che mi auguro possa dare, soprattutto quest’ultima, un contributo importante a questo aspetto.

    Ciò che poi abbiamo iniziato a vedere dalla nostra riflessione, che è partita, vi ripeto, qualche settimana fa, non di certo dal 28 giugno, per i motivi che vi dicevo, è la necessità, per esempio, di andare a rimodulare e ripensare questi ambiti di competenza a volte non coerenti.

    Spero di aver risposto.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Prego, collega Bertani.

     

    Consigliere Andrea BERTANI. Grazie, presidente. Ringrazio il sindaco per le risposte anche puntuali che ci sta dando.

    Io ho un po’ di domande da porle. In parte ad alcune ha già risposto, però magari chiedo più nello specifico. Lei ha detto che avete preso un nuovo funzionario dei servizi, vorrei capire se, invece, tutta l’organizzazione, a parte le persone indagate, sospese o licenziate, è rimasta quella, se la state integrando in qualche modo e se chi è ancora in servizio è personale che è stato formato anche in base un po’ a tutto l’approccio che era stato utilizzato, cioè quello che ha dato poi anche esito del fatto che si è registrato un incremento molto elevato di segnalazioni di violenza. Glielo chiedo per capire se il personale è essenzialmente ancora quello o ha quel tipo di formazione.

    Le chiedo, inoltre, se i fascicoli degli allontanamenti sono stati rivisti. In parte, lei diceva che questi novanta sono in fase di rivalutazione, ma vorrei sapere se, da altri servizi, ci può spiegare come funziona e a che punto siamo, perché mi sembra che sia importante dare risposte a quelle famiglie, dal momento che i dubbi sollevati dall’inchiesta sono tanti.

    Mi interessa anche conoscere la questione dei costi, a cui lei prima faceva cenno. Vorrei sapere se, in questo momento, i costi della rivalutazione poi vengono in capo ai servizi sociali della Val d’Enza e come state pensando di fare.

    Lei prima parlava di collaborazione con l’ASL, quello che mi interessa capire se c’è ancora collaborazione con professionisti esterni. Una delle criticità che ci sono state è che i servizi si avvalevano di servizi sia di formazione che psicologici verso l’esterno. Ebbene, vorrei sapere se questi contratti non sono più in essere e come state facendo da quel punto di vista. Non so se vi sta aiutando l’ASL eccetera.

    Un altro aspetto riguarda Unione di Comuni e servizi congiunti. Lei diceva che il tema non riguarda molto la Commissione, invece secondo me la riguarda, perché noi, oltre a guardare i servizi sociali della Val d’Enza, guardiamo anche i servizi sociali della Regione Emilia-Romagna e i servizi per i minori. Ebbene, l’impressione che ho avuto, anche presso altre Unioni di Comuni, è che questa difficoltà sia sentita. Affidare dei servizi dal Comune all’Unione dei Comuni pone delle criticità, perché si deve creare, a volte, una nuova struttura, si allontana il controllo politico dal singolo Comune. Allora, vorrei conoscere la sua opinione riguardo a questo aspetto, e cioè qual è la difficoltà di mantenere il controllo da parte del singolo Comune su un servizio che diventa di Unione dei Comuni, perché si allontana il controllo politico di chi amministra, quindi sindaci e assessori, ma anche del Consiglio comunale. Quindi, le chiedo se mi conferma che questo è un aspetto critico e, secondo lei, come si può risolvere e come, visto che siete in un momento particolarmente critico, state cercando di affrontarlo.

    Un’altra domanda – poi cerco di chiudere, perché mi rendo conto di avergliene poste già tante – è se ci sono ancora sindaci o servizi sociali che sono tutori di minori allontanati, perché so che in alcuni casi la potestà viene tolta al genitore e vengono messi come tutori o il sindaco o i servizi sociali, se vi risulta in Unione Val d’Enza. Mi risultava ad esempio un sindaco di Sant’Ilario, che era tutore e che in quel caso si è opposto a una decisione del Tribunale di riavvicinare il minore alla famiglia: queste sono notizie di stampa, però volevo capire.

    Infine, avevo letto le dichiarazioni della consigliera comunale Cersosimo, che aveva evidenziato l’aumento dei costi per quanto riguardava servizi sociali e affidamento alle famiglie, mi sembra nel 2018, in cui c’era un aumento di circa 200.000 euro. Se adesso state monitorando il bilancio, vorrei sapere se i costi si sono stabilizzati in qualche modo, e soprattutto se i casi segnalati sono aumentati.

    In una relazione di fine mandato della gestione associata, mi pare ci fosse questo incremento, dal 2015 al 2018, dei casi, soprattutto quelli con scheda di violenza, però l’ultimo dato era quello della prima metà del 2018, in cui c’erano 43 ulteriori nuovi casi. Volevo sapere se dal 2018 al 2019 vi risultano nuovi casi.

    Faccio invece una considerazione, poi una domanda e chiudo: si citava prima quell’articolo sui casi del Tribunale dei Minori. Mi ha colpito un’osservazione: si dice, in quell’intervista, che i servizi sociali sono una sorta di polizia giudiziaria del Tribunale dei minori. Secondo me quella è un’affermazione un po’ azzardata. I servizi sociali hanno un altro ruolo, secondo me. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego sindaco, sono tante domande, le facciamo tutte adesso. Se vuole l’aiuto a ripercorrerle, come vuole.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Perfetto, benissimo. Non ne aggiungiamo delle altre.

    Prego, a lei.

     

    Sindaco BEDOGNI. Quali cambiamenti di organico a parte il funzionario? A parte i funzionari responsabili dell’ufficio di piano, che sono stati individuati e assunti non per un periodo legato alla sospensione dei precedenti, ma a tempo indeterminato, tutto il restante personale – parlo di assistenti sociali e di amministrativi –,  gli assistenti sociali ad oggi non sono stati sostituiti, poiché il trasferimento massivo, pur temporaneo, dei 90 casi che vi dicevo ad altri Comuni, ci ha messo nella condizione di non essere in grado al momento di individuare il reale fabbisogno che abbiamo di assistenti sociali.

    Stiamo però monitorando la situazione, se e quando inizieranno i rientri, e man mano andremo a coprire il fabbisogno che verrà delineandosi. Per quanto riguarda invece gli amministrativi, abbiamo, attraverso la ASP, disposto la copertura di un posto, perché una parte di lavoro amministrativo comunque rimane, quindi lì ci siamo coperti. Può darsi che non basti, ma anche lì, per farci un’idea sulla reale esigenza di copertura andremo ad attendere la stabilizzazione della situazione dei casi che sono in questo momento spostati su altri servizi.

    Aggiungo che per quanto riguarda invece il personale sospeso, che eventualmente dovesse rientrare, abbiamo condiviso che non rientrerà sulle mansioni che ricopriva in precedenza, quindi andremo a valutare diverse collocazioni, mentre per il personale non sospeso, ma in questo momento oggetto di indagine, abbiamo disposto un allontanamento dal front, cioè dalla relazione diretta con casi e famiglie.

    Per quanto riguarda la formazione del personale in servizio, chi è rimasto non toccato in nessun modo dall’indagine aveva fatto dei precedenti percorsi di formazione, tra cui anche quelli con Hansel e Gretel, ma su questo, attraverso la nuova funzionaria che abbiamo assunto stiamo lavorando intensamente con l’autoformazione delléquipe, sia per questo aspetto formativo, sia anche, ovviamente lo immaginerete, per la parte dell’elaborazione collettiva del trauma, perché noi abbiamo bisogno che i nostri operatori recuperino quel minimo di serenità necessario a poter svolgere in modo adeguato il loro lavoro.

    Come sono stati gestiti i fascicoli dei casi? Dal momento che l’indagine è ancora tutt’oggi in corso, noi ci siamo dati l’orientamento di non intervenire mai su alcun fascicolo, su alcuna famiglia, su alcun minore senza un’indicazione diretta del Tribunale. Quindi, nessun fascicolo è stato rimaneggiato – scusate, rivalutato – in autonomia da noi. Quelli che il Tribunale ci ha ordinato di trasferire così com’erano li abbiamo trasferiti; quelli che ci ha chiesto di rivalutare in autonomia abbiamo rivalutato. Quando avevamo dei dubbi, ci siamo relazionati con il Tribunale dei minori.

     

    (interruzione)

     

    Sindaco BEDOGNI. No, i 94 sono tutti trasferiti, a noi è rimasto poco, una decina, se non ricordo male, al momento, almeno, perché poi il Tribunale è work in progress, quindi se domani cambiano i numeri è perché sono arrivati altri decreti.

    I costi della rivalutazione dell’eventuale avviamento di percorsi differenti da quelli originariamente definiti sono oggetto di discussione nella CTSS, perché molti dei Comuni destinatari sono Comuni della provincia di Reggio Emilia. Insieme, intanto ci siamo accordati per un avvio degli interventi a carico del Comune, che li dispone, fatto salvo un eventuale rimborso, che farà l’Unione a questi Comuni, in ragione di un parere che abbiamo chiesto alla Corte dei conti. La Corte dei conti ci dirà a chi competono questi costi.

    Poiché è una situazione che non si è mai verificata, e quindi per davvero non sapevamo, abbiamo deciso di chiedere un parere alla Corte dei conti.

    Per quanto riguarda la collaborazione con professionisti esterni, è stata completamente interrotta. Con la ONLUS Hansel e Gretel in realtà era già stata interrotta a dicembre 2018.

    Per quanto riguarda il tema delle difficoltà amministrative che le Unioni si trovano ad affrontare, esprimo la mia opinione, in questo caso. E Ia mia opinione è che nel panorama regionale ci sono realtà di Unioni in sofferenza, come la nostra, e realtà di Unioni che funzionano straordinariamente bene. Io quindi non credo che sia l’Unione in sé a determinare un aumento della difficoltà del controllo politico, o un aumento del carico amministrativo. Credo però che andare verso una gestione associata richieda a tutti noi, noi politici per primi, di cambiare il nostro modo di lavorare e anche di vederci amministratori. Fino a qualche anno fa noi si pensava di essere sindaci di Cavriago, e poi, una volta la settimana andavi in Giunta in Unione.

    Oggi sei sindaco di Cavriago e delegato all’Unione per, nel mio caso, il sociale. È un modo molto differente di stare. Il lavoro dentro l’idea di Unione, il lavoro che faccio con l’équipe del sociale a cadenza quindicinale, il lavoro che stiamo cercando di riportare, anche il modo in cui si fa il Consiglio comunale è cambiato. Io mi sono impegnata, la maggioranza mi ha impegnato a relazionare a cadenza bimestrale su ciò che accade in Unione, in quanto sindaco componente della Giunta. Ci sono, cioè, tanti strumenti che possiamo mettere in campo per garantire comunque un buon controllo politico sull’andamento delle Unioni. Questo credo che sia anche uno stimolo. Per quanto per noi la strada sia in salita, magari per Unioni più strutturate è una reale opportunità.

    Noi abbiamo un po’ più di strada da fare, però come dicevo prima, rispondendo alla domanda del consigliere Delmonte, io credo molto in questa cosa. La mia opinione quindi è che bisogna andare con molta più convinzione di quella che noi abbiamo messo fino adesso in questa direzione, e i risultati non possono che arrivare. Questa è la mia opinione.

    Mi è stato chiesto se ci sono ancora sindaci tutori. Se ho capito bene, la situazione a cui lei faceva riferimento è riferita a un momento di passaggio, cioè noi come abbiamo lavorato. Su situazioni di urgenza nuove, arrivate alla nostra attenzione, siamo intervenuti in quel primo momento. Lei ha fatto riferimento al sindaco di Sant’Ilario che è stato presidente solo prima del primo Consiglio dell’Unione, perché era il sindaco anziano, per cui fino a quando non viene nominato il presidente dell’Unione, secondo il nostro Statuto rimane presidente il sindaco più anziano d’età.

    Dopodiché, abbiamo ricondotto la gestione di queste situazioni nella logica che le dicevo prima. Quindi, se quel caso è stato trasferito, è stata trasferita anche la tutela, chiaramente con uno scostamento temporale degli atti, perché il passaggio di tutela non è che il Tribunale te lo fa in tre giorni, però chiaramente è stato fatto così. Se invece è rimasta in capo a noi, abbiamo continuato a gestirla sempre tenendoci in contatto col Tribunale.

    Quanto al monitoraggio dei costi nel corso degli anni, oggi i costi sono pressoché congelati, anche per il motivo che vi dicevo prima, cioè che dobbiamo decidere prima… Noi adesso in realtà avremmo minori costi, perché moltissimi casi sono stati trasferiti, però le somme le abbiamo congelate, e non è detto che ci debba essere il rimborso per quello che vi dicevo prima, ai Comuni che ce li hanno in carico. Faccio un po’ fatica quindi a rispondere con certezza a questa domanda.

    Rispetto a quella tabella a cui lei faceva riferimento, che proiettava il numero dei casi dal 2015 ad oggi, vorrei sottolineare che il dato del 2015 non era molto basso perché non c’erano casi, ma era basso perché quell’anno si attivava la piattaforma nuova di rilevazione dei dati, quindi risultavano zero casi, ma non erano zero, perché era l’ultimo anno che non c’era la piattaforma di rilevazione dei dati. I dati inseriti in tabella vengono appunto da quella piattaforma.

    Cosa mi son dimenticata?

     

    Presidente BOSCHINI. Secondo me niente, è stata puntuale su tutto, sindaco, per cui procederei con un’ulteriore domanda.

    Consigliera Mori, prego. Poi Piccinini.

     

    Consigliera Roberta MORI. Grazie, presidente, grazie alla sindaca per la disponibilità e anche per la puntualità con cui sta interloquendo.

    Io recupererei il tema di riflessione rispetto alle aspettative dei sindaci, benché non compiute, benché in corso, eccetera, rispetto all’azione regionale, che è l’azione un po’ più prossima, di rafforzamento di un sistema che mostra qualche fragilità. Glielo chiedo perché nel corso di queste audizioni, di questi approfondimenti, ad esempio, è ritornato molto spesso il tema che anche il collega Facci le sottoponeva, in termini di raccolta dei dati. Che rileviamo essere sicuramente molto importante a livello regionale, con una rilevazione di dati di presa in carico dei minori, delle procedure, ma anche di definizione delle procedure in stretto raccordo non solo con le procure minorili, ma anche con i Tribunali dei minori, i tribunali ordinari, gli enti locali, quindi tutti coloro, come lei diceva, professionisti, spesso sono tante responsabilità che non sempre si coordinano nel modo più efficace possibile fra di loro.

    Il tema dell’Osservatorio regionale, di un osservatorio puntuale, quindi, responsabilizzante per tutti noi era un elemento che era scaturito. Le chiedevo in questo senso una sua opinione. Così come pure sul rafforzamento del ruolo delle Conferenze sociosanitarie, ad esempio: è uno snodo di responsabilità importante, che si determina come regia di coordinamento di tutti i sindaci: può essere un centro di messa a sistema delle buone prassi, e allo stesso tempo può stimolare anche una maggior omogeneità nel trattamento delle procedure. Ovviamente vedremo la Commissione tecnica che cosa valuterà, eventualmente possano essere anche migliorate. Quindi, anche sul ruolo delle Conferenze sociosanitarie, visto che lei ne ha accennato, le chiedo se questo può essere un elemento da considerare.

    Le chiedo anche se sia da considerare una cabina di regia che con una sorta di moral suasion possa a livello regionale tenere insieme le responsabilità, che noi non possiamo ovviamente obbligare, di magistrati, tribunali, perché come diceva il presidente all’avvio di questa Commissione, come Commissione non abbiamo nessun tipo di funzione cooptante o imperativa da poter esercitare nei confronti di chicchessia, soprattutto esterno alla nostra amministrazione. Credo quindi che forse una cabina di regia su questi temi, anche di lettura dei dati dell’Osservatorio, potrebbe essere un elemento da considerare.

    Chi ha fatto l’amministratore è sempre un po’ insofferente anche all’aumento di tanti centri di ragionamento e di puntualizzazione. Temo però che in questo caso, nel caso delle prese in carico di minori, qualche elemento di rafforzamento della filiera di trattazione forse dovrebbe essere considerato.

    Le chiedo, infine, per quanto riguarda il tema delle figure professionali, sanitarie, in particolare, a supporto del superiore benessere dei minori, così come ci consegna la Convenzione di New York, se avete considerato qualche debolezza intesa in senso di disponibilità degli operatori, proprio numericamente parlando; oppure che cosa avete rilevato. Sugli assistenti sociali avete ovviamente autonomia assoluta rispetto all’organizzazione; sui temi del sanitario, è chiaro che la Regione può in questo senso essere più efficace. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. La parola alla consigliera Piccinini.

     

    Consigliera Silvia PICCININI. Grazie, presidente.

    Intanto ringrazio ovviamente il sindaco per essere qui e per metterci la faccia. Io avevo due domande di chiarimento. Intanto, qui, in questa Commissione, si è parlato tanto di come controbilanciare il potere degli assistenti sociali, questo potere anche discrezionale di decidere quale destino dovrà seguire un minore.

    Io volevo capire, rispetto ai servizi della Val d’Enza, perché non mi è proprio chiaro, se lì si agiva già con un’équipe multiprofessionale. Ho visto che sono stati fatti dei video per un convegno in cui si dice di aver agito in équipe, si parla di un caso gestito in équipe. Volevo capire se era solo un caso, oppure se in realtà era un servizio di sistema. L’altra questione, che è stata in parte già toccata, è quella della formazione, che è anche un altro nodo fondamentale per il corretto approccio degli operatori. Lei parlava prima di autoformazione. Chiedevo un po’ più dettagli per capire se questo tipo di approccio, di formazione diversa da quella che abbiamo visto fino adesso, può essere anche replicabile o replicata in altre realtà, per evitare tutto quello che abbiamo visto.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Rispetto alla riflessione della consigliera Mori, io non posso che condividere, a livello di opinione personale, molte delle cose che sono state dette, in particolare la necessità di andare a rafforzare un quadro normativo, mi riferisco a quello regionale, che mi pare fosse quello che interessava la consigliera, con alcuni correttivi. Credo che sia una dimensione su cui dovremmo lavorare e sulla quale penso che questo strumento della Commissione o delle Commissioni possa davvero incidere portando un valore aggiunto, proprio anche se si riesce a sviluppare una riflessione su questi aspetti che sono centrali.

    Il rafforzamento della filiera è un aspetto che secondo me va approfondito. Anche qui, non ho chiuso, come dicevo prima rispondendo al consigliere Facci, il giro di riflessioni nella mia testa, però ho una parolina che continua a tornarmi in mente, e sulla quale, appena avrò modo e tempo mi piacerebbe fare una riflessione più compiuta. Mi riferisco al tema dell’eterocontrollo, cioè individuare dei meccanismi per cui ciò che viene fatto all’interno di un’équipe venga rivisto in termini generali e metodologici da una équipe differente. Non ho idea di come si possa strutturare un sistema di questo tipo, ma ho la sensazione che varrebbe la pena di spenderci un po’ di tempo per provare a rifletterci sopra.

    Rispetto al tema delle figure sanitarie, viviamo una carenza endemica. Ce ne vorrebbero di più perché i percorsi che potremmo mettere a disposizione delle famiglie più fragili sono davvero importanti, sarebbero davvero importanti. È chiaro che siamo abituati un po’ tutti a lavorare con le risorse che abbiamo e non con quelle che vorremmo. Però, potremmo dire che una dotazione organica superiore probabilmente aiuterebbe.

    Sul tema che poneva la consigliera Piccinini, come controbilanciare il potere dell’assistente sociale, in Val d’Enza si lavorava in équipe. Lo scollamento, quindi, non era tanto tra il ruolo dell’assistente sociale e i ruoli degli altri soggetti coinvolti. La mia opinione è che lo scollamento fosse tra quell’équipe e il servizio territoriale: l’idea che in due luoghi diversi si facessero valutazioni sul minore e sulla famiglia. Non dovrebbe essere così, nel senso che l’impianto normativo non dice questo. Però, è un aspetto che va monitorato con grande attenzione perché si rischia di costruire delle équipe piuttosto autoreferenziali se si abituano ad occuparsi solo della tutela del minore, estrapolandolo da un contesto familiare. Questo richiede uno sforzo da parte di chi fa questo lavoro, perché è molto difficile mantenere un coordinamento interdisciplinare tra équipe su questioni molto delicate che delle volte ci chiedono di intervenire in tempi rapidi. Non possiamo fare filosofia per mesi su un caso magari di maltrattamento o di abuso, perché purtroppo dopo le cronache ci restituiscono quelle situazioni per cui ci si chiede dove erano i servizi sociali, per capirci.

    Tuttavia, una riflessione nell’ambito del contesto che delineava la consigliera Mori anche su questo aspetto potrebbe starci e potrebbe aiutarci.

    Sul tema dell’autoformazione, abbiamo scelto questa via avvalendoci da un lato della professionalità molto elevata da questo punto di vista della nuova responsabile, ma anche perché abbiamo ritenuto che in questo momento i nostri operatori non avessero solo bisogno di stare seduti ad ascoltare un docente, ma avessero bisogno di portare fuori una vicenda di grande sofferenza e di co-costruire con il loro formatore, in questo caso la responsabile del servizio, nuovi contenuti che tenessero dentro questa sofferenza. Quindi, in questa prima fase abbiamo utilizzato questo strumento per cui accompagnati dalla nuova funzionaria che ha nella sua storia professionale un’esperienza tale da poter costruire questo tipo di percorsi. Stiamo lavorando in questo modo. Teniamo insieme il ripensamento di un servizio dal punto di vista formativo con la ricostruzione della struttura psicologica, emotiva e professionale degli operatori. Abbiamo pensato che fosse la scelta. Poi nessuno ha delle certezze. Qui ci muoviamo, purtroppo o per fortuna, su un terreno abbastanza inesplorato perché veramente è stata una vicenda, e lo è tuttora, che ha colpito molto duramente le convinzioni e le certezze più solide che avevamo.

    Ripartire senza certezze andandone a cercare altre non è mai facile.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, sindaco.

    Io ho iscritto ancora Calvano. Poi c’è anche Sassi. Ci sono altri che desiderano parlare. Facciamo questo ultimo giro e poi dopo congediamo il sindaco.

    Prima il collega Calvano e poi Sassi.

     

    Consigliere Paolo CALVANO. Grazie, presidente. Grazie, sindaco. Mi ricollego alle ultime questioni sollevate dalla collega Mori e dalla collega Piccinini. Nella legge regionale avevamo previsto nel 2008 l’équipe di secondo livello all’articolo 18. È un tema, in realtà, che non riguarda la Val d’Enza, ma riguarda un po’ tutti perché questo articolo e l’opportunità dell’équipe di secondo livello è stata obiettivamente poco sfruttata sul territorio.

    Siccome questa Commissione serve soprattutto per capire come possiamo creare condizioni legislative innovate e migliori rispetto a quelle che c’erano fino ad oggi, forse uno degli elementi su cui bisogna agire è proprio questo dell’articolo 18, nel senso che noi prevedevamo una sorta di utilizzo molto discrezionale della richiesta di intervento dell’équipe di secondo livello. Le chiedo se a suo avviso forse creare strumenti più coercitivi che portano all’intervento di un’équipe di secondo livello, non dico sempre, però con un minor grado di discrezionalità rispetto a quello che prevede attualmente la legge, possa essere uno di quegli strumenti, a suo avviso, da mettere in campo per migliorare il monitoraggio e soprattutto la valutazione dei casi che di volta in volta si presentano.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Sassi, prego.

     

    Consigliere SASSI. Parto con una considerazione. A differenza del collega Calvano, io léquipe di secondo livello la renderei obbligatoria perché va sempre bene.

    L’équipe di secondo livello per me sarebbe da rendere obbligatoria perché tutela sia l’assistito che i servizi stessi, gli copre un po’ le spalle, gli danno supporto, eccetera. Secondo me, sarebbe una cosa che più che chiedere di farla sarebbe da obbligare a farla. Questa è la riflessione.

    Vorrei chiedere una cosa alla Sindaca. Accennava al fatto che gli addetti in passato avevano seguito un percorso formativo con Hansel e Gretel. Adesso c’è un percorso di autoformazione.

    Il discorso della formazione è emerso in diversi momenti di queste audizioni. Vorrei capire e sapere se è a conoscenza di quali siano le fonti formative degli addetti ai servizi sociali. Se ci sono e quali sono. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco BEDOGNI. Rispondo alla domanda del consigliere Calvano. L’équipe di secondo livello è un’opportunità straordinaria, interessante. Sull’obbligatorietà o sulla maggiore coercizione si può ragionare da 0 a 100 con tutte le sfumature che si ritengono opportune. È una riflessione che lascio ai legislatori regionali, sperando che anche i tecnici in Commissione tecnica magari possano dare un contributo.

    La suggestione che mi piace lanciare sulla Commissione di secondo livello mi piacerebbe che fosse in grado oltre che di rivalutare, se vogliamo, i singoli casi, di costruire, attraverso questi percorsi di rivalutazione, una visione di punti di forza e punti di debolezza del sistema e che queste Commissioni di secondo livello arrivassero ad alimentare, in maniera strutturata e strutturale, un percorso di destrutturazione e ristrutturazione dei processi che in questo ambito è fondamentale.

    I disagi e le fragilità delle famiglie di oggi non sono i disagi e le fragilità delle famiglie anche solo di venticinque o trent’anni fa e non sono quelle delle famiglie tra trent’anni.

    La Regione può, e sono certa che lo farà, trovare dei correttivi capaci di rendere estremamente attuale la legge regionale n. 14, ma non può pensare di scolpirla sulla pietra e di cristallizzarla. In questo senso l’équipe di secondo livello possono diventare una risorsa straordinaria per i legislatori e i tecnici, se gli si dà questo compito, se li si investe di questa cosa. A questo punto, se gli si dà un ruolo di questo tipo forse vanno strutturate diversamente, vanno ripensate. Però, mi viene da dire che per garantirci un investimento costante sull’aggiornamento alla realtà delle nostre norme questo possa essere uno strumento.

    La formazione: quali sono le fonti di cui in questo momento ci stiamo avvalendo? Nessuna. A parte questo percorso di autoformazione che stiamo attraversando ci siamo presi un brevissimo momento sabbatico. Capisco che vi possa sembrare strano e che questi tre mesi, anche agli occhi miei e anche vostri, non sono stati tre mesi, ma sono stati trent’anni, però sono stati solo tre mesi e noi abbiamo bisogno, su alcuni ambiti, tra cui questo, di fare un momento di stop, riflessione e ripartenza. Quello che posso dire, che è la valutazione che abbiamo condiviso anche insieme ai responsabili, è che la formazione che andremo a mettere in campo a conclusione del nostro percorso di autoformazione sarà sicuramente una formazione orientata al multiapproccio, al multidisciplinare.

    L’idea che ci si possa accontentare di un punto di vista in generale non va mai bene, però su un tema così complesso a maggior ragione non va bene. Cercheremo di dare ai nostri operatori la possibilità di formarsi e di scoprire tanti approcci differenti e di renderli protagonisti nel costruire poi quello che diventerà un approccio da loro scelto e originale, magari costruito sulla base del loro percorso. Però, in questo momento non ci stiamo avvalendo di nessun formatore in particolare.

     

    Presidente BOSCHINI. Il collega Sassi si è riprenotato. Forse intendeva anche da che percorsi provengono, se formativi. Vengono tutti dalla scuola degli assistenti sociali, ad esempio, o hanno percorsi formativi particolari? Mi sembra di capire che la domanda fosse anche un po’ sui curricula pregressi degli operatori.

     

    Sindaco BEDOGNI. Dei nostri operatori?

     

    Presidente BOSCHINI. Sì. Hanno tutti la scuola da assistente sociale? Sono cresciuti sul campo? Mi sembrava, poi non so.

     

    Sindaco BEDOGNI. Non avevo capito, chiedo scusa.

     

    Consigliere SASSI. Le fonti formative per me non sono dall’oggi al domani. Come saranno va bene, mi fa piacere sapere che saranno multidisciplinari, ma anche come sono state. Per arrivare oggi ad avere lo staff che c’è, nel tempo come si sono formati, quali sono le fonti formative, se le conosce? Non pretendo una risposta a tutti i costi. Può anche darsi che lei, essendo subentrata, non le conosca.

     

    Sindaco BEDOGNI. Rispetto ai profili e alle professionalità che diceva il presidente, i nostri sono tutti assistenti sociali. Poi abbiamo gli educatori territoriali che hanno il percorso da educatori e gli psicoterapeuti che sono dell’ASL, che lavorano in équipe con noi, ma che noi non gestiamo. Quali siano stati i percorsi formativi precedenti non lo so, però sicuramente, se la domanda andava in quella direzione non lo so se ho capito bene, sono stati fatti percorsi anche con Hansel e Gretel. Questo sì. Non so se era questo, ma non volevo sottrarmi dal dire questa cosa.

     

    Presidente BOSCHINI. Sindaco, noi la ringraziamo per la sua presenza.

    Prego, collega Tagliaferri. È un po’ fuori tempo massimo. Avevo già detto prima che chiudevamo. Prego.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Su una risposta ho avuto estro adesso per chiedere anche altre cose. Finalmente qualcosa inizia ad emergere. Si inizia a parlare di secondo livello questo sconosciuto e fra l’altro il sindaco ha appena parlato di due équipe all’opera in Val d’Enza differenziando quella territoriale e l’altra.

    Finalmente qualcuno inizia ad ammettere che una sperimentazione quindi c’è stata e ne delinea, seppure parzialmente, più o meno le linee. Nelle scorse sedute ed anche oggi mi sono dilungato a chiedere, a vuoto peraltro, chi ha avuto la responsabilità di vigilare sulle linee guida regionali ed ai responsabili apicali di sanità ed assistenza in ordine ad eventuali sperimentazioni addirittura mostrando parzialmente la risposta ad un’interrogazione che mi diede l’allora assessore Gualmini, ma non ottenni risposta. Anzi, l’unica risposta che ottenni è che non c’erano sperimentazioni. Arrivo alla domanda. Un collega arrivò addirittura ad asserire che avevamo trovato una incongruenza e a quella ci eravamo attaccati sottintendendo implicitamente alla strumentalità della cosa a fronte dei dinieghi dati e confermati dai funzionari. Così non è. Che una sperimentazione fosse in opera noi ben lo sappiamo e sappiamo anche esattamente in cosa consistesse. E lo sappiamo fin dall’inizio. Anzi, si può dire che vi abbiamo lasciato più di un mese per ammetterne l’esistenza e spiegarci in cosa consistesse questa benedetta sperimentazione. Ci state annegando in un mare di audizioni, ritardando quelle essenziali ai lavori di questa Commissione. Si potrebbe dire perché quelli al contrario dei molti soggetti auditi parlano realmente.

    Il presidente ad ogni audito ripete un disclaimer nel quale ricorda i compiti di questa Commissione ribadendo che essa non ha i poteri di una Commissione d’inchiesta parlamentare. Quello che omette di dire è che l’articolo 40 dello Statuto, nel delimitare le competenze delle Commissioni speciali, evidenzia come esse siano rivolte all’inchiesta sull’attività amministrativa della Regione. Quindi è su questo che possiamo legittimamente intervenire, ovvero siamo chiamati a verificare se dal punto di vista amministrativo ci siano stati errori, violazioni o, peggio, omissioni.

    Capisco che l’esame degli atti amministrativi sia più noioso che sentirsi raccontare delle belle favolette, ma su questo noi ci siamo concentrati.

    Perdonatemi questa breve digressione, ma ritengo sia utile per il prosieguo dei lavori ricordare ciò che mai si dice. Tornando al tema dicevo che noi sappiamo esattamente in cosa consistesse la sperimentazione svolta in Val d’Enza, non era certamente un segreto. A spiegarcelo sono gli stessi protagonisti dell’odierna indagine che in occasione dell’audizione in Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza del 14 luglio 2016, come risulta dal verbale stenografico edito dalla Camera dei deputati il 29 gennaio 2018, spiegano per filo e per segno in cosa consista l’originalità del metodo di Bibbiano e quale fosse la sperimentazione allora già condotta a loro dire da un biennio.

    Al resoconto stenografico, che poi in copia depositeremo, anche se basta andare sul sito della Camera dei deputati per trovarlo e mi sorprende che nessun altro finora lo abbia fatto, quantomeno per organizzare seriamente una linea difensiva, al resoconto stenografico sono allegate anche slide ed un abstract recante la presentazione del progetto. Per spiegarvi, in sintesi, in cosa consistesse esattamente la sperimentazione vi leggo testualmente due passaggi dell’intervento di Federica Anghinolfi. Nel primo asserisce che – cito – “sulle emergenze interveniamo in 24 ore e se necessario in 24 ore il minore viene collocato fuori famiglia. Se deve iniziare una terapia, la inizia e avvia tutto il percorso con le autorità giudiziarie”.

    Nel secondo asserisce che “ci siamo presi la legge regionale, la legge n. 14 del 2008. C’è un primo livello, che è un livello territoriale, e un secondo livello, che è un livello specialistico, che per legge dovrebbe essere provinciale, e ci siamo detti che non possiamo avere una filiera lunga. Dobbiamo creare delle connessioni con il territorio. Quindi, ci siamo assunti con gli amministratori – ripeto, con gli amministratori – la responsabilità di sperimentare il secondo livello in ambito locale”.

    La sperimentazione, quindi, per stessa ammissione di chi oggi è chiamato a dare risposte a livello giudiziario, consisteva in una violazione del disposto letterale della legge regionale. Come è possibile che ciò sia passato inosservato per cinque anni, francamente non lo ritengo possibile. All’audizione era poi presente anche un medico dell’AUSL di Reggio Emilia, elemento che va a confermare come l’azienda avesse piena contezza della sperimentazione in essere. Come è possibile, quindi, che i funzionari apicali di sanità ed assistenza della Regione non ne fossero al corrente?

    La legge regionale, all’articolo 18, comma 1, prevede testualmente che le équipe specialistiche di secondo livello in materia di tutela siano di ambito provinciale o sovra distrettuale. La decisione assunta dalla Giunta dell’Unione Val d’Enza, quindi, si prefigurerebbe come un’aperta violazione di detto principio. Il fatto poi che il comma 4, lettera a), preveda un’opera di consulenza ai servizi sociali e sanitari di base presuppone il fatto che nello spirito della legge vi sia la volontà di indirizzare il ricorso ad una équipe diversa e maggiormente qualificata che svolga opera di supporto e consulenza nei confronti dell’équipe di base, alla quale comunque resta la titolarità della responsabilità sul caso inviato a norma del comma 3 del medesimo articolo.

    Ciò detto va poi evidenziato come nella più volte citata risposta ricevuta dall’allora assessore Gualmini si parlasse del centro La Cura di Bibbiano lasciando intendere che esso fosse, di fatto, un secondo livello. Quindi, ciò conferma che la Regione sapesse.

    Stimo l’ex assessore, ma francamente ritengo che non abbia redatto di proprio pugno la risposta all’interrogazione, piuttosto si sarà limitata a firmare un testo predisposto dalla struttura tecnica dell’assessorato che in quella fase sapeva, tanto da mettere nero su bianco ciò che a Bibbiano accadeva, ma oggi evidentemente non ricorda più. Infatti, in questa sede chi era deputato al controllo dei vertici regionali di assistenza e sanità hanno negato qualsiasi sperimentazione, quasi che io fossi un folle ad accennarne.

    Tornando allo stenografico, due frasi sono poi emblematiche per spiegare gli obiettivi della scelta operata tramite questa sperimentazione: “Dall’esperienza biennale di sperimentazione del secondo livello abbiamo capito che è possibile realizzare la cura e la giustizia” e continuo a citare “non arretrando dalla funzione di protezione ed advocacy oltre che quella di giustizia sociale”.

    Quando riferendoci a questa situazione parliamo di dimensione ideologica, anzi meglio di degenerazione ideologica, non ci riferiamo certamente all’orientamento sessuale di alcune delle protagoniste, ma a questa aspirazione a sostituirsi al giudice naturale in nome di una presunta giustizia sociale e non potendo farlo ad ergersi al ruolo di giustiziere mascherato. Ecco quindi spiegata la sperimentazione attuata in Val d’Enza, in tutta la sua deflagrante dimensione eversiva.

    Fino ad ora abbiamo assistito a reticenze ed omissioni, ora pretendiamo che la maggioranza ci dica chiaramente se vuole continuare con questa farsa o se intende andare a fondo per individuare precise responsabilità amministrative ed omissioni d’atti d’ufficio in ordine a quanto accaduto. Oggi abbiamo messo sul tavolo una parte del frutto delle nostre ricerche. Ora ci aspettiamo risposte chiare e documentali.

    Concludendo, a quanti continuano a gridare alla strumentalizzazione della destra, ricordo che il PCI, individuati gli errori, aveva almeno il coraggio e la serietà per fare autocritica.

     

    (interruzione)

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Il PCI. Non ho starnutito, ho detto “PCI”.

    Questa maggioranza, invece, sa soltanto nascondersi dietro all’ignavia delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. Non invidio certo i colleghi del Movimento 5 Stelle che si apprestano a fare da stampella elettorale al presidente Bonaccini. Grazie.

     

    (interruzione: “E dov’è la domanda?”)

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo solo, per cortesia. Collega Tagliaferri, c’era una domanda per il sindaco o posso congedarlo? Collega Tagliaferri, mi ascolta per cortesia?

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Mi sembra che l’osservazione…

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Per piacere, c’è un presidente in questa Commissione.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Tagliaferri, la richiamo a parlare nelle sedi opportune quando ha la parola.

    Lei ha fatto delle considerazioni che, come sappiamo, in genere noi riserviamo alla parte di dibattito. Le ho chiesto cortesemente se nel suo intervento c’è una parte di domanda rivolta al sindaco.

     

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Se il sindaco ritiene di rispondere in qualche modo, sì.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Chiedo scusa, non interveniamo perché sono io che ho la parola.

    Collega Prodi, lei ha una domanda da rivolgere al sindaco o è in risposta alle considerazioni del collega Tagliaferri?

     

    Consigliera PRODI. Vorrei fare una chiosa su quanto detto dal collega Tagliaferri.

     

    Presidente BOSCHINI. Allora congediamo il sindaco, perché non abbiamo ulteriori domande da porle.

     

    Consigliera PRODI. Solo un secondo. Vorrei ringraziare Francesca Bedogni per l’intervento di oggi. Credo che abbia risposto. Se il presidente Boschini legge un disclaimer tutte le volte, il collega Tagliaferri legge – sottolineo “legge” – sempre questa parte sulla sperimentazione, che non ritengo pertinente.

     

    Presidente BOSCHINI. Le avevo chiesto se c’era una domanda. Questa non è una domanda. La ringrazio.

    Congedo il sindaco. Grazie, sindaco. Sono io che la ringrazio a nome di tutti, quindi non c’è bisogno di aggiungere altro. Grazie e buon lavoro.

    Mentre facciamo accomodare il facente funzioni sindaco Tognoni, mi permetto solo, visto che l’osservazione del collega Tagliaferri era chiaramente rivolta alla Presidenza, o meglio lei ha mischiato osservazioni rivolte alla maggioranza con osservazioni rivolte alla Presidenza. La maggioranza deciderà cosa rispondere, ma non le sfuggirà, come non le sfugge naturalmente, che nessuno qui sta fornendo ancora le risposte politiche, stiamo ancora nella fase di inchiesta. Finché non chiuderemo la fase d’inchiesta, dubito che arrivino le risposte e sarebbe anche scorretto che arrivassero. Per quanto riguarda le affermazioni che lei ha fatto, sul fatto che stiamo perdendo tempo in audizioni prolungate eccetera, eccetera, credo di applicare i criteri che ci siamo dati, che sono quelli di non escludere alcuna audizione. Continuo, fra l’altro, a ricevere da colleghi ulteriori sollecitazioni e ormai i tempi stringono, quindi è anche difficile dare seguito a queste ulteriori richieste e ci siamo anche chiesti, insieme, se contingentare i tempi di lavoro e più di uno ha espresso un parere contrario al contingentamento. Per cui, la Presidenza ritiene, a torto o a ragione, di essere in piena applicazione degli orientamenti assunti in Ufficio di Presidenza e anche in confronto con i colleghi Capigruppo delle minoranze e delle maggioranze assembleari.

    Ci tengo a precisarlo perché non mi sottraggo mai a critiche, non c’è nessun problema, non sono assolutamente infallibile, però non mi piace neanche che si mettano in discussione dei criteri scelti in maniera comune come se fossero un voler tirare in lungo. Questo mi è sembrato il senso di alcuni passaggi del collega Tagliaferri. La ringrazio. Ha da replicare su questa cosa? Prego. Non è comunque una discussione fra di noi.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Assolutamente. Chiedevo, cortesemente, siccome non ho ancora ricevuto gli atti richiesti, l’ho già detto una volta e lo ribadisco, gli atti richiesti a settembre, se la Presidenza potesse aiutarmi a ricevere finalmente questi atti.

     

    Presidente BOSCHINI. Parliamo dei protocolli d’intesa?

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Del secondo livello.

     

    Presidente BOSCHINI. Perfetto.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Grazie, presidente.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego. Facciamo accomodare il sindaco.

    Approfitto di questo momento di pausa – il sindaco sta entrando – per comunicare che è mia intenzione convocare l’Ufficio di Presidenza nella pausa pranzo dell’Assemblea, il giorno 15. Se c’è la disponibilità dei colleghi Capigruppo, lo allargherei come invito ai Capigruppo della maggioranza. Visto che siamo qui per l’Assemblea, ci sono diverse questioni da valutare, fra cui la chiusura della programmazione con alcuni problemi di ristrettezza di tempi. Per cui, mi farebbe piacere che ne potessimo parlare insieme. Così come le linee di impostazione della relazione finale.

    Vi comunico anticipatamente che la mia proposta è quella di convocare l’Ufficio di Presidenza allargato ai Capigruppo indicativamente per le ore 13 del giorno 15 ottobre.

     

    -     Audizione della Sindaco f.f. Paola Delfina Tognoni – Comune di Bibbiano

     

    Presidente BOSCHINI. Diamo il benvenuto al sindaco facente funzione del Comune di Bibbiano Paola Delfina Tognoni. Ci scusiamo per averla fatta attendere fuori forse oltre il limite della cortesia.

    Le ricordo che siamo trasmessi in streaming e quindi che ci atteniamo a tutti gli elementi di attenzione per una comunicazione pubblica.

    Il tema su cui è stata convocata ‒ lo richiamo ‒ riguarda la richiesta di informazioni in merito alle attività della Giunta comunale di Bibbiano e del sindaco dello stesso Comune. Il sindaco ha espresso il desiderio di poter dire alcune parole di introduzione. Le do, quindi, la parola per una breve introduzione. Dopodiché procederemo con alcune domande, una o due alla volta, chiedendole di cercare, per quanto possibile, di rispondere puntualmente ad ognuna e di appuntarle, ove possibile. Altrimenti la aiuteremo a ripercorrerle.

    A lei la parola per una breve presentazione o introduzione. Dopodiché, passeremo alle domande.

    Prego, sindaco.

     

    Paola Delfina TOGNONI, sindaco f.f. del Comune di Bibbiano. Grazie.

    Avevo preparato una piccola introduzione. Non sapevo il motivo della convocazione, quindi a questo punto forse è inutile. Vi ringrazio di avermi convocato. Spero di portare il mio piccolo contributo, anche se sono consapevole che sarà poco significativo, proprio per questo motivo: in questi mesi tutte le energie e il tempo sono stati convogliati principalmente, insieme alla Giunta, ad amministrare il Comune di Bibbiano travolto ‒ come sapete ‒ da questa onda anomala. A questo punto, è quasi inutile. Sono qui per portare il mio piccolo contributo.

    Ditemi pure.

     

    Presidente BOSCHINI. Dopo questa premessa del sindaco, do la parola ai commissari. Qualcuno vuole prenotarsi per iniziare con le domande?

    Prego, collega Delmonte.

     

    Consigliere DELMONTE. Vorrei chiedere da chi arriva la convocazione e come mai la persona audita non ha ricevuto le motivazioni dell’audizione. Se non sono state mandate, vorrei sapere il motivo. O se non sono state depositate da chi ha richiesto l’audizione. Anche nei suoi confronti mi sembrava giusto che arrivasse sapendo quali erano i quesiti principali posti.

     

    Presidente BOSCHINI. Per quanto riguarda le motivazioni, sono state inviate giovedì 3 ottobre alle ore 17,08 alla segreteria del sindaco del Comune di Bibbiano. Può darsi ci sia stato qualche disguido. Devo anche dire, però, che sono talmente generali ‒ richiesta di informazioni in merito all’attività della Giunta comunale ‒ che credo non possano prendere di sorpresa il sindaco, che credo possa ricostruire il significato agevolmente delle domande che le porremo. Come di prassi, cerchiamo di mandarle qualche giorno prima. Non sempre abbiamo un grande preavviso, ma penso che il sindaco sia comunque disponibile a rispondere, per quanto possibile, a tutte le domande.

    Se qualcuno desidera prenotarsi, procediamo con le domande.

    C’era anche la domanda sul richiedente. Dobbiamo controllare il documento. È stato richiesto dal consigliere Galli e dalla Lega, mi risulta. È stato chiesto chi sostituisce il sindaco di Bibbiano. Lo abbiamo annotato nel nostro registro come “Galli e Lega”. Potremmo aver commesso un errore...

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Di certo il consigliere Galli. A voi la parola. Prego, collega Sensoli.

     

    Consigliera Raffaella SENSOLI. Grazie, presidente. Rompo il ghiaccio, visto che non ci sono prenotati.

    Rivolgo due domande semplici, quasi al limite dell’inutile o dello stupido, relative e conseguenti anche alle accuse che sono state mosse all’ex (…omissis…). Di conseguenza, le chiedo se, come Giunta, state andando a guardare innanzitutto anche i bilanci pregressi che sono stati approvati dal Comune di Bibbiano per quanto riguarda i trasferimenti per i contributi affidi. In realtà pare che queste somme non fossero per gli affidi, ma fossero andate nelle casse della Hansel e Gretel. Le chiedo se state facendo delle verifiche riguardo alle finanze del Comune, alle risorse del Comune e se state avviando, l’avete avviata o l’avete già fatta l’evidenza pubblica per quanto riguarda i servizi di psicoterapia oppure se avete deciso di assumere del personale interno. Insomma, come state gestendo al momento anche i servizi, che poi sono collegati ai capi d’accusa che sono stati mossi all’ex sindaco.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco TOGNONI. Come sapete e come vi sarà stato illustrato da chi mi ha preceduto, questi servizi di psicoterapia sono gestiti in Unione. Quindi, sarà stata sicuramente molto più esaustiva Francesca Bedogni, che in questo momento ha la delega a questo servizio. Anche io partecipo, ovviamente, a tutte le riunioni dell’Unione e alle Giunte. Anche stasera, alle ore 18,30, abbiamo un coordinamento proprio per questo motivo.

    Per quanto riguarda i bilanci pregressi, devo fare una piccola precisazione, devo illustrare la situazione del Comune di Bibbiano in questi mesi. Come sapete, il Comune di Bibbiano è stato travolto da un’onda anomala, quindi abbiamo impiegato tantissime energie, tempi e risorse per amministrare il Comune al meglio, rispettando tutti gli obblighi di legge, portando avanti tutte le iniziative, cercando di portare avanti il presente, ma con uno sguardo anche al futuro. Sapete benissimo, purtroppo, dagli organi di stampa, in che condizioni abbiamo portato avanti tutto questo. Presso il Municipio di Bibbiano vi è stata la sfilata di politici di estrema destra. Abbiamo avuto l’assedio dei giornalisti. Abbiamo avuto l’esorcista, una cosa ridicola.

    Abbiamo dovuto sostenere, anche psicologicamente, i nostri servizi, perché abbiamo ricevuto un sacco di minacce sia per posta che verbali. Abbiamo ricevuto di tutto e di più. Vi sono state fiaccolate e quant’altro. Il nostro primo intento era di amministrare e di andare avanti. Con un profilo molto basso, siamo riusciti a mantenere l’ordine pubblico. Nonostante questi attacchi, sempre in accordo con le forze dell’ordine, siamo riusciti a portare avanti un Consiglio comunale. Per darvi l’idea del clima che c’era, davanti alla sala dove si è svolto il Consiglio comunale, il 30 luglio, erano presenti la Polizia municipale, i nostri Carabinieri, altri Carabinieri, la Polizia di Stato, otto agenti in tenuta antisommossa. Questo per farvi capire come abbiamo operato in questo periodo. Non abbiamo richiesto noi queste forze. Sono state le Autorità a disporre tutto questo. Noi abbiamo operato in questi mesi in questo clima.

    I primi giorni anche presso i nostri sportelli sociali ‒ ricordiamo che il sociale non riguarda solo i minori, ma anche gli adulti e gli anziani ‒ non veniva nessun utente perché c’era paura: paura di incontrare giornalisti, paura di incontrare la stampa. La stampa è entrata anche nell’URP del Comune recapitando buste contenenti escrementi mentre i dipendenti stavano svolgendo il proprio lavoro. Abbiamo dovuto, quindi, sostenere i dipendenti e rassicurarli, ricostruire un clima di fiducia.

    Con i cittadini è bastato che calasse questa onda mediatica e gli sportelli hanno ripreso regolarmente, però abbiamo trascorso mesi dove, durante l’orario di sportello, era presente la Polizia municipale. Noi abbiamo in programma e abbiamo iniziato anche a verificare queste cose, ma in questi mesi abbiamo avuto altre emergenze, in tutta sincerità.

     

    Presidente BOSCHINI. La seconda domanda riguarda i servizi di psicoterapia che prima erano esternalizzati: è cambiato qualcosa? Ha qualcosa da aggiungere?

     

    Sindaco TOGNONI. La questione è in capo all’Unione. Sono coinvolti gli altri sindaci della Val d’Enza e la Giunta, ma è in capo all’Unione il servizio minori centralizzato. Non è il Comune di Bibbiano in prima persona che prende queste decisioni.

     

    Presidente BOSCHINI. Quindi, non sa se è stato preso un diverso orientamento nella gestione di questi servizi.

     

    Sindaco TOGNONI. In questo momento non mi viene in mente.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Delmonte.

     

    Consigliere DELMONTE. Intanto ammetto che non vorrei essere nei suoi panni. Non oggi, ovviamente, ma in generale, per la situazione che ha. Capisco la difficoltà. Prendere la gestione di un Comune in questo momento, soprattutto nemmeno da sindaco eletto, ma subentrando a un sindaco sospeso dal suo incarico, immagino sia complicato.

    Io sono rimasto un po’ perplesso le prime giornate, nel corso delle quali è emersa la vicenda, nel vedere una sua immediata presa di posizione a difesa di (…omissis…). Glielo dico onestamente. Se dopo sono subentrate parole di fiducia nella magistratura, nel momento iniziale c’è stata proprio una presa di posizione molto forte sua e di altri consiglieri comunali, in realtà, nella difesa assoluta di (…omissis…), aggiungendo: “La magistratura farà la sua parte, intanto noi stiamo dalla parte di (…omissis…)”. La sua dichiarazione più famosa è che, se c’è il demonio, certo non si trova a Bibbiano. Più o meno. Il virgolettato non lo ricordo di preciso. Come per dire che se ci sono dei colpevoli non sono da ricercare qui. In realtà, le carte dicono un po’ il contrario, per il momento. Ci saranno, giustamente, delle sentenze, ci sarà un percorso giudiziario che andrà avanti.

    Quello che lei dice essere stato un problema, effettivamente, lo è stato. Lo immagino. Il grande dispiegamento di forze di polizia piuttosto che altre situazioni non sono state piacevoli, però a volte sono state anche superiori al pericolo reale. In quel Consiglio comunale lì, al di là di un vivace dibattito, non ci sono stati casi eclatanti di violenza tali da giustificare quel dispiegamento di forze. Era una forma di tutela, giustamente presa. Non stiamo parlando, però, di un clima violento. Le fiaccolate ‒ che lei ha citato ‒ si sono svolte in maniera molto pacifica. Sicuramente ci sono stati slogan fuori luogo da parte di molte persone, su questo siamo tutti d’accordo.

    Così come ho detto anche al sindaco precedente, io sono rimasto abbastanza spiazzato nel non vedere da voi una volontà di costituirvi parte civile. Voi per primi. Il nome del Comune di Bibbiano è quello che risulta più danneggiato nell’immagine. Al di là dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza, che ha subìto un suo danno d’immagine, il motivo per cui, ad esempio, il Comune di Montecchio si è impegnato a costituirsi parte civile ‒ io ero in quel Consiglio comunale, l’ho richiesto io ‒ è proprio perché la costituzione di parte civile avviene anche laddove vi è un danno d’immagine del nome del Comune. Credo che il nome di Bibbiano, da questo punto di vista, lo potesse essere. Invece voi avete scelto di non costituirvi parte civile. Le chiedo il perché? Se siete così sicuri che il demonio non è presso la vostra sede, così come lei ha dichiarato, perché non vi siete costituti parte civile? Perché non intendete tutelarvi come Comune, ma solo come Unione?

    Per quanto riguarda le priorità ‒ capisco potessero essere altre ‒ mi aspetterei che un sindaco, che subentra dopo un terremoto del genere, la prima cosa che voglia fare sia mettere chiarezza su quella che è stata l’influenza del sindaco precedente in questa discussione. Capisco che c’è l’ordinario da gestire, però avete una Giunta intera, al di là del sindaco. Avete un Consiglio comunale in essere. Lei non si è preoccupata di andare a verificare tutte le procedure, come erano avvenute, cosa aveva fatto il sindaco precedente su questa questione? Credo dovesse essere forse la priorità assoluta. Nel momento in cui vado a sedermi su quella seggiola che è stata lasciata da qualcuno sospeso per quelle motivazioni, cerco di capire che cosa è avvenuto, perlomeno per quanto attiene le mie competenze, soprattutto ora che lei, come competenza, ha anche quella dell’Unione, di fatto, perché lei ora fa parte della Giunta dell’Unione, quindi ha accesso a tutta la documentazione che vuole. Mi lascia perplesso sapere da lei che, invece, non è stata una sua priorità. Credo dovesse esserlo, sinceramente. È un parere politico, però credo dovesse esserlo.

    Ora capisco anche le risposte molto vaghe date in quel famoso Consiglio comunale, le risposte vaghe date a mezzo stampa. Un voler non ‒ come dice lei ‒ tenere un profilo basso, secondo me è un voler ignorare: vuole dire andare a gestire altro e togliersi la patata bollente dalle mani. “Profilo basso” vuol dire approfondire, documentarsi e poi, magari, tenere un profilo basso nelle dichiarazioni.

    Lei qua ci sta dicendo che non è stata una sua priorità documentarsi su questo. Questo lo ritengo politicamente molto grave, sinceramente. Credo che lei stia sedendo su una seggiola molto scomoda, sicuramente, ma dovrebbe capire perché lo è. Auspicare, come ha detto lei sui giornali, che (…omissis…)riprenda al più presto il suo posto (così era scritto in un virgolettato; ovviamente non posso dire se è vero o no, però così ho letto dai giornali, un suo virgolettato, che non vede l’ora che (…omissis…)torni al suo posto, come è giusto che sia) credo sia un’affermazione severa e abbastanza azzardata. (…omissis…), da quello che emerge dalle carte, errori ne ha commessi. Giudicherà qualcuno se sono imputabili di una condanna o no, però errori amministrativi, se non altro, ne ha commessi. E anche reati (dalle prime carte pare che possa essere così).

    A mio parere, (…omissis…)avrebbe già dovuto dimettersi volontariamente, ma questa è responsabilità sua. Spero lo faccia al più presto, abbia la dignità di farlo. Al di là di quello, auspicare che torni al suo posto come se nulla fosse non è la soluzione, però fa capire che forse c’è un po’ un lavarsene le mani di questa situazione all’interno del Comune di Bibbiano, scaricando tutto sulla Giunta dell’Unione, di cui, però, ora anche lei fa parte. In un ruolo o nell’altro, lei dovrebbe esserne investita politicamente, anzi ne è investita politicamente, e credo non possa ignorarlo.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco TOGNONI. Se dimentico qualcosa me la ricordi.

    Per quanto riguarda la mia affermazione “se il demonio c’è non bisogna cercarlo in Comune”, non volevo intendere che in Comune non ci sono colpevoli. Colpevolezza o meno, lascio che sia la magistratura a decretarlo. Era un modo per dire che sembrava che lì ci fosse veramente il demonio in persona, e solo lì. Le mie parole avevano questo senso, non che lì non c’è niente che non va. Questa è la sua interpretazione. L’interpretazione che ho dato io a questa frase era un pochino diversa.

    Come ha detto lei, le forze dell’ordine le hanno messe in atto loro, ma ‒ come le ho detto prima ‒ non siamo stati noi a richiedere questa protezione. Sicuramente, se le forze dell’ordine hanno ritenuto opportuno essere presenti in questa forma è perché avevano dei timori. Il Consiglio comunale, fortunatamente, come ha ricordato lei, si è svolto molto civilmente. Credo, però, che questo sia in parte merito anche dell’atteggiamento che abbiamo tenuto noi. Come ho ribadito, abbiamo sempre collaborato con le forze dell’ordine per mantenere l’ordine pubblico. Anche questa è una priorità: mantenere l’ordine pubblico. Per scelta non abbiamo reagito a tante provocazioni che ci sono state fatte. Questo credo abbia aiutato a mantenere l’ordine pubblico, sinceramente.

    Per quanto riguarda il costituirsi parte civile, se permette le leggo l’ordine del giorno: “Attendiamo gli sviluppi dell’inchiesta prima di valutare l’eventuale costituzione di parte civile nel processo, non essendoci oggi le condizioni per impegnarsi, in quanto mancano ancora elementi precisi e fondamentali, oltre ad approfondimenti sostanziali per tale costituzione”. Questo avveniva il 30 luglio. Non abbiamo detto che non ci costituiamo parte civile. Anche alcuni avvocati hanno spiegato che non è ancora il momento. Io non sono avvocato, non ho queste competenze.

    Noi non abbiamo detto che non ci costituiamo. Abbiamo detto che ci riserviamo la facoltà e valuteremo al momento opportuno se e come farlo. Non abbiamo detto assolutamente che non ci costituiremo parte civile. Valuteremo quando sarà il momento. Soprattutto quando è stato fatto questo Consiglio comunale non era il momento. Quindi, ci siamo riservati ‒ come è scritto ‒ l’eventualità di costituirci.

    Le risposte vaghe. La stampa ci ha pressato. Soprattutto vorrei ribadire che le parole che lei ha detto ‒ che sarebbero, come lei ha specificato, non virgolettate, ossia che non vedo l’ora che (…omissis…)torni ‒ non sono parole mie. Non so dove le abbia lette o sentite, ma non sono parole mie. Fin dall’inizio, abbiamo sempre detto che la magistratura deve fare il suo corso. Umanamente, per come lo abbiamo conosciuto e per come ho vissuto accanto a lui, continuo ad avere fiducia in (…omissis…). Questo sì. Ho anche fiducia, però, che la giustizia faccia il suo corso. Queste sono le parole. Però queste non sono parole mie.

    Non so se ho risposto a tutto.

     

    Presidente BOSCHINI. Forse sulla seconda domanda, sull’esigenza di revisionare documenti o atti del suo predecessore, se ha già svolto questa attività.

     

    Sindaco TOGNONI. Intanto su questi atti bisogna ricordare che c’è un’indagine in corso, ci sono documenti sequestrati, c’è tutta una procedura da rispettare. Lo stiamo facendo soprattutto in Unione. Tutti parlano del caso Bibbiano, però vorrei ricordare che il servizio minori era in capo all’Unione della Val d’Enza e che il sindaco (…omissis…) le accuse le ha ricevute per la delega al sociale per l’Unione della Val d’Enza non in quanto sindaco di Bibbiano. Quindi, questo è un discorso che dobbiamo affrontare insieme alla Val d’Enza. Dopodiché, ovviamente, devo riferire alla Giunta.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, sindaco.

    Mentre qualcun altro si prenota, volevo dare conferma rispetto alla domanda del collega Delmonte in merito alla richiesta di audizione della signora Tognoni. La lettera è del 9 agosto 2019, a firma del consigliere Galli e del Gruppo Lega Nord, nella lettera del 23 agosto.

    Collega Bertani, prego.

     

    Consigliere BERTANI. Grazie.

    Volevo una precisazione riguardo a quello che lei stava dicendo. (…omissis…) è indagato in quanto facente parte della Giunta dei servizi della Val d’Enza. Gli affidamenti che vengono contestati erano dell’Unione della Val d’Enza e non del Comune di Bibbiano? Questa è la prima domanda.

    Passo all’altra domanda. Nell’audizione precedente ci è stato comunicato che gli allontanamenti di minori nella Val d’Enza in fase di rivalutazione sono circa una novantina. Si tratta di fascicoli di bambini che sono stati allontanati. Essendo stati valutati dai servizi precedenti, si sta valutando la necessità di rivalutarli per comprendere la legittimità o meno di quell’allontanamento o se vi fossero altri percorsi possibili da adottare. Le chiedo se sa quanti di questi fascicoli che vengono rivalutati sono afferenti ai casi di Bibbiano.

    Un altro aspetto. La collaborazione con professionisti esterni, quindi psicologi o anche il centro Hansel e Gretel, avveniva sempre tramite i servizi sociali della Val d’Enza o vi erano convenzioni solo del Comune di Bibbiano?

    Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco.

     

    Sindaco TOGNONI. Ripeto quello che ho già detto. Le accuse le ha ricevute in quanto delegato dell’Unione della Val d’Enza. Non ci sono assolutamente accuse in quanto Comune di Bibbiano o in quanto sindaco del Comune di Bibbiano, anche se ‒ ripeto ‒ il caso Bibbiano è più semplice da dire. Anche questo ha turbato i cittadini. In realtà, Bibbiano c’entra quanto gli altri Comuni della Val d’Enza. Forse di più perché il sindaco delegato è di Bibbiano e perché la sede dell’Unione della Val d’Enza si trova nel Comune di Bibbiano, quindi c’è anche una localizzazione geografica.

    Per quanto riguarda Hansel e Gretel, sono state fatte tutte dall’Unione della Val d’Enza. Il Comune di Bibbiano direttamente ‒ magari indirettamente perché fa parte degli otto Comuni della Val d’Enza ‒ non ha alcuna collaborazione, di nessun tipo. Anche tutti i servizi di psicoterapia sono gestiti in Unione.

    I casi sono una novantina. In realtà, non credo siano proprio quelli dati in adozione, ma sono i casi che il servizio minori aveva in carico e che sono stati dal tribunale distribuiti ad altri servizi sociali della zona. Per quanto riguarda i casi del Comune di Bibbiano, di questi novanta, il numero preciso non lo so dire, mentre dei sette, che sono i casi di cui si parla più spesso, due sono di Bibbiano.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Delmonte.

     

    Consigliere DELMONTE. Ad integrazione di quanto detto prima, lei ha detto che non avete votato un impegno specifico perché non erano i tempi corretti per poterlo fare. Ovviamente parliamo di un impegno nel farlo. Si sarebbe, quindi, votato un impegno nel farlo. Anche il Comune di Montecchio si è impegnato, così come l’Unione dei Comuni della Val d’Enza: si è impegnata e lo farà nel momento in cui sarà possibile. Finché non c’è un processo in corso è ovvio che costituirsi parte civile non è possibile. In realtà, questo impegno, esattamente come i vostri consiglieri di Bibbiano nell’Unione hanno votato nell’Unione dei Comuni, poteva essere votato anche nel Comune. Sennò il ragionamento dovrebbe valere anche su quello votato nell’Unione, che non avrebbe avuto il momento giusto per farlo, perché è stato fatto esattamente in quella settimana. Il ragionamento fatto su Bibbiano, in realtà, voi stessi non lo avete fatto sulla Val d’Enza, se questo era quello che intendevate fare. Quindi, l’impegno poteva essere tranquillamente preso in termini legali. È chiaro che la reale costituzione di parte civile avverrà quando sarà avviato il processo.

    Ho trovato la sua frase virgolettata. Tra l’altro è un’intervista video, quindi ci sono anche le immagini, fatta per Reggionline, per Telereggio: “Solidarietà ad (…omissis…), sospeso dall’attività di sindaco, la esprime Paola Tognoni, che ha assunto le funzioni di primo cittadino di Bibbiano e dice: ‘Il nostro essere vicini ad (…omissis…) consiste nel continuare il lavoro amministrativo sperando che a breve possa tornare al suo posto’”. Questo è il virgolettato che ho detto prima. Legittimo o non legittimo, okay. Però partire subito dicendo “spero che torni al suo posto” credo possa essere abbastanza sconveniente. È la prima cosa che lei ha dichiarato da facente funzioni. Il giorno prima...

    Posso finire? Può intervenire anche lei dopo, volendo.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, continui, collega Delmonte.

     

    Consigliere DELMONTE. Comunque lo ha dichiarato lei: “Solidarietà ad (…omissis…), sospeso dall’attività di sindaco, la esprime Paola Tognoni, che ha assunto proprio oggi le funzioni di primo cittadino di Bibbiano e dice: ‘Il nostro essere vicini ad (…omissis…) consiste nel continuare il lavoro amministrativo ‒ e ci mancherebbe altro ‒ sperando che a breve possa tornare al suo posto’”. È stata la prima dichiarazione che lei ha fatto da facente funzioni. Mi sarei aspettato prima: “Sperando che tutto faccia il suo corso e che si verifichi prima che torni al suo posto”. Se manca un processo per costituirsi parte civile, manca anche un processo per capire le cause, e non auspicare subito che riprenda il suo posto. Posso capire che per lei convenga che torni al suo posto, ma magari aspettiamo di capire se per i cittadini di Bibbiano è meglio o no.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, sindaco. Non so se vuole replicare.

     

    Sindaco TOGNONI. Le ho chiesto di rileggermelo perché le prime parole che ho pronunciato sono state: “di continuare il lavoro amministrativo”. Quindi, il primo pensiero è stato quello. È chiaro che, umanamente, noi auspichiamo che tutto si risolva e che il sindaco di Bibbiano torni nelle sue funzioni. Questo lo auspichiamo, continuo ad auspicarlo. Un conto è questo, un conto è dire, come lei aveva detto: “Non vedo l’ora che”. Per questo ho detto...

     

    (interruzione)

     

    Sindaco TOGNONI. Sì. Non cambia la sostanza.

     

    Presidente BOSCHINI. Ho perso qualche prenotazione? No.

    Ci sono altre domande? Se non ci sono altre domande, congedo il sindaco, ringraziandola per la sua presenza.

    Passiamo alla terza audizione della giornata.

    Grazie, sindaco, per la sua disponibilità. Buon lavoro.

     

    Sindaco TOGNONI. Grazie. Buon lavoro anche a voi.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie mille.

     

     

    -     Audizione di Daniela Casi – Referente per le famiglie, rete di affido di emergenza di Reggio Emilia

     

    -     Eventuale dibattito e discussione

     

    Presidente BOSCHINI. Passiamo all’audizione di Daniela Casi, referente per le famiglie, rete di affido di emergenza di Reggio Emilia, che possiamo far accomodare.

    Ribadisco, a vantaggio del collega Galli e di altri che erano fuori, l’intenzione di convocare l’Ufficio di Presidenza, se c’è disponibilità, allargato anche ai Capigruppo nella pausa pranzo dell’Assemblea di martedì 15, così valutiamo le ultime richieste pervenute e le condizioni di lavoro. Lo dico anche a vantaggio del collega Galli e del collega Facci, che vedo rientrare adesso.

    Prego, signora Casi. Si accomodi pure qui al centro. Buonasera. Grazie mille per aver accolto il nostro invito.

    Non ho avuto modo, a differenza dei precedenti ospiti, di contattarla prima fuori, per cui le chiedo se preferisce iniziare con una breve introduzione di presentazione di qualche sua riflessione e poi passiamo a delle domande o se preferisce iniziare direttamente dalle domande dei commissari.

     

    Daniela CASI, referente per le famiglie, rete di affido di emergenza di Reggio Emilia. La uno.

     

    Presidente BOSCHINI. La uno.

    Ricordo soltanto qual è il tema su cui l’abbiamo invitata: esperienze delle famiglie in merito al sistema di tutela dei minori e di gestione degli affidi, con particolare riferimento all’affido di emergenza.

    Se la signora Daniela Casi vuole, ci può raccontare la sua esperienza e presentarsi. Dopodiché, passiamo a qualche domanda da parte dei commissari.

    Intanto la ringraziamo molto per la sua presenza e la sua disponibilità.

     

    CASI. Buongiorno a tutti.

    Intanto io sono qui a nome di una rete di famiglie, infatti sono con me anche altre due rappresentanti della rete, non tanto perché avessi bisogno di un supporto quanto per rendere anche visivamente l’idea che stiamo parlando di una rete di famiglie, quindi io do voce e basta.

    Ci chiamiamo “Famiglie per l’emergenza”. Spiego in breve cos’è un’emergenza quando si parla di bambini. A volte ci sono situazioni che riguardano i minori per le quali non è possibile fare alcun progetto. Voi sapete che l’affido familiare è un percorso che prevede un progetto, mentre a volte è necessario un allontanamento immediato e non c’è la possibilità di mettere in campo un pensiero.

    Giusto per non parlare di cose a caso, mi piace sempre fare riferimento a situazioni accadute, in questo caso a un episodio accaduto proprio ieri, quando siamo stati chiamati da un Comune, al quale si è rivolto (…omissis…) anche perché lui non riesce a gestire lavoro e bambini. Ecco, in questi casi occorre fare un intervento di emergenza. Questo era giusto per dare un’idea di che cosa stiamo parlando.

    Le Famiglie dell’emergenza nascono, in modo molto informale, già alcune decine di anni fa, legate alle Case della carità, che sono una congregazione della provincia di Reggio, che però ha diramazioni un po’ in tutto il mondo. Nel 1997 viene fissata una convenzione con la quale si stabiliscono i rapporti tra le famiglie che accolgono in emergenza e i servizi sociali. È una convenzione che riguarda il distretto di Reggio Emilia, una convenzione a cui si rifanno anche gli altri Comuni della provincia e tanti altri Comuni fuori provincia che vengono a conoscere questa iniziativa. Questo perché? Perché, se l’affido prevede il percorso che vi descrivevo prima, dove a fronte di una situazione di difficoltà il servizio sociale impara a conoscere la famiglia, cerca di valutare la situazione, cerca di predisporre un percorso di aiuto, a volte la situazione non lo consente. Con l’aumentare della complessità sociale negli anni, abbiamo visto che è sempre più necessario avere ben presente che, a volte, i bimbi si trovano nel corso della giornata senza la possibilità di rientrare a casa loro. Proprio oggi pomeriggio, mentre venivamo qua, ci hanno chiamato perché, in un altro comune della provincia, (…omissis…). Questo è parlare di emergenza. Non è un affido, però si configura, da un punto di vista formale, esattamente come un affido, perché la famiglia che interviene e accoglie il bimbo nell’immediato ha tutte le tutele di legge che sono previste in caso di affidamento familiare.

    Come funziona concretamente l’emergenza? Noi siamo alcune referenti: siamo partite originariamente, ventidue anni fa, in due, oggi abbiamo una rete di referenti che copre un po’ tutto il territorio reggiano e modenese. Io vi parlerò principalmente dell’esperienza reggiana, della quale faccio parte e che conosco meglio.

    Noi abbiamo una chiamata dal servizio sociale, che ci fornisce pochissimi elementi, solitamente. Ad esempio, viene ritrovato un bimbo solo alla chiusura di un centro commerciale, il bimbo non parla italiano e non si sa dove sono i genitori. Le situazioni sono le più differenti. Noi veniamo contattati da un assistente sociale, passiamo voce tra le famiglie che hanno aderito a rendersi disponibili nell’emergenza e, nel giro di poche ore, spesso prima di sera, troviamo una famiglia che accoglie il bimbo. L’accoglienza in emergenza dura un mese. Il mese serve all’assistente sociale per capire che situazione si nasconde dietro il fatto che ha scatenato l’emergenza, perché a volte si tratta di situazioni molto semplici, altre volte ci si dà il tempo di far intervenire parenti che magari vivono in altre zone d’Italia, altre volte ancora, invece, si scopre una situazione di grave difficoltà, dove è necessario intervenire con strumenti più appropriati, e in quel caso parte un affido vero e proprio.

    Come vengono contattate le famiglie? Innanzitutto, alle famiglie non si parla mai di “caso”. Lo sottolineo perché ultimamente, leggendo anche sulla stampa tante situazioni che riguardano l’accoglienza dei bimbi, si parla dei bimbi come di casi. Noi, invece, vogliamo parlare dei bimbi in quanto tali, cioè di quel bimbo, che ha un nome, che ha una situazione, a volte di cui si sa proprio pochissimo. Ma non possono esistere famiglie che professionalmente sono adatte per accogliere in emergenza, perché la vita familiare è quanto di più fluido e magmatico possa esserci. Però, ci sono tante famiglie che possono sempre sentirsi disponibili ad ascoltare la richiesta di una situazione di un bimbo, che in quel momento ha bisogno di essere accolto in emergenza.

    Ecco, le Famiglie dell’emergenza sono queste: famiglie che, a fronte di una richiesta, si chiedono cosa possono mettere in campo. La prima cosa che tutti possono mettere in campo è una disponibilità di cuore, una disponibilità nei pensieri e anche, se uno è credente, una disponibilità di una preghiera. Questa disponibilità è la prima ed è quella che più ci interessa, paradossalmente. Poi, a fronte di tante famiglie che ascoltano la situazione di difficoltà improvvisa di un bimbo, ce n’è sempre una che apre anche la porta di casa, e questa famiglia sa che è sostenuta e supportata da tante altre famiglie che stanno accompagnando la situazione che si è presentata.

    Noi l’abbiamo chiamato lo “spirito del cortile”, e non perché siamo dei nostalgici, ma perché ci piace immaginare il vecchio cortile, dove ognuno si faceva un po’ carico degli altri, come, ad esempio, un nonno che guardava anche i bimbi degli altri. Pertanto, non per nostalgia, ma perché oggi abbiamo l’opportunità virtuale di allargare questo cortile, ragion per cui ci siamo detti: cerchiamo di rivivere questo spirito, dove se vengo a sapere che un bimbo cade e si sbuccia non sto a chiedermi se sono un medico per intervenire, ma intanto vado e lo raccolgo. Poi, nel mese in cui consolo e accolgo in modo molto semplice questo bimbo, chi di dovere, cioè l’assistente sociale, preparerà un percorso per seguire la situazione del bimbo che abbiamo accolto.

    È un’esperienza che si basa principalmente su una fiducia reciproca, una fiducia che, quando ci si impara a conoscere, cresce, mentre a volte bisogna instaurarla in maniera un po’ improvvisata tra l’assistente che ti chiama e tu che, invece, dici “va bene, mi faccio carico di questo bimbo”. Ci facciamo dire il nome e poi cominciamo a cercare un’eventuale disponibilità.

    L’emergenza, il più delle volte, consente anche una relazione con la famiglia di origine. Questo perché, se l’allontanamento non è decretato da una situazione di pregiudizio nei confronti del bambino che viene allontanato, si cerca di mantenere un legame con la famiglia, anche perché sempre il progetto d’affido, tanto più quello di emergenza, è un progetto che prevede un reinserimento nella famiglia d’origine. Poi sarà il servizio sociale a valutare, con gli organi competenti, se questo non può essere possibile.

    La condizione che noi vediamo essere più critica, che ho piacere oggi di esporre qua, riguarda le situazioni di disabilità o di gravi disabilità dei bambini, che spesso fanno sì che le famiglie saltino, che la vita familiare si incrini. La nostra società non offre tante risposte, quindi tante volte ci sono famiglie che tirano fino all’ultimo e poi chiedono al servizio di poter avere l’aiuto di un’altra famiglia per farsi sostenere nella situazione di disabilità del proprio figlio. Queste purtroppo sono le situazioni in cui quasi mai il bimbo torna nella famiglia d’origine, perché è molto difficile recuperare quando ormai si è arrivati a un livello di emergenza.

    Per tutto il resto, invece, noi ci diciamo che le Famiglie dell’emergenza esistono per evitare che ci siano le emergenze, perché l’obiettivo, anche ambizioso, che ci siamo dati è di creare un contesto sociale tale per cui si riesca a intravedere l’emergenza prima che accada. Quindi, se mi alleno ad essere attenta alle richieste ufficiali dell’emergenza, questo allenamento mi servirà per vedere le situazioni di emergenza che sono intorno a me e sulle quali posso in qualche modo intervenire. Penso, ad esempio, al compagno di scuola di mio figlio che sta in casa fino a sera perché i genitori non arrivano. Volendo, mi potrei allargare molto sugli esempi. Magari, se vi interessa, poi lo facciamo.

    L’ultima cosa che voglio dirvi riguarda i numeri. Magari, mentre parlavo, vi è venuto in mente: “Ma che cosa vuol dire concretamente l’accoglienza in emergenza?”. Premetto che siamo pessimi raccoglitori di dati. Ci muoviamo più sul fronte degli incontri tra le famiglie. Purtuttavia, negli anni abbiamo sempre tenuto nota dei bimbi che sono passati dalle famiglie dell’emergenza, e sono numeri molto alti. È dal 1997 che operiamo: sono esattamente ventidue anni che il progetto è stato normato con una convenzione. Partiamo, comunque, dal presupposto che le situazioni si dividono fondamentalmente in due tipi. A volte, il servizio sociale chiama e, nel tempo in cui cerchiamo una risposta, arrivano altre risposte. Vi porto un esempio: un papà picchia la mamma, la mamma va in ospedale, il papà viene fermato in questura; noi siamo allertati che ci sono due bimbi da accogliere subito, quindi entro sera, a volte arriva la zia, che stava in un’altra città, e porta a casa i bimbi. Per questo parlo di differenza tra le volte che siamo allertati e le volte dove l’emergenza parte concretamente.

    Vi cito, dunque, qualche dato. Abbiamo ricevuto 1.259 allerte dai servizi sociali di Reggio e provincia, più altri comuni che hanno saputo dell’esistenza della rete. Le attivazioni delle emergenze sono state 625, che è un numero considerevole, e sono stati accolti dalle famiglie 693 bimbi, 64 adolescenti e 79 mamme. Parliamo anche di mamme perché, ad esempio, la Casa delle donne riceve una segnalazione di violenza a danno di una mamma e non ha un posto dove metterla, per cui a volte vengono mandate in albergo, a volte, se si riesce, se si può, ci sono famiglie disponibili ad accogliere la mamma con il bimbo in casa.

     

    (interruzione)

     

    CASI. Come?

     

    (interruzione)

     

    CASI. Ventidue anni, dal 1997 a settembre 2019.

    Mi preme, comunque, sottolineare che è vero che sono state accolte circa 900 persone, ma non ci sono 900 famiglie accoglienti, ce ne sono molte di più. Del resto, l’accoglienza non è fatta da chi apre la porta, prepara il letto, mette a tavola la cena. L’accoglienza è fatta, sì, da famiglie così, ma è fatta anche da un contesto che quella famiglia coinvolge e che dice “se tu hai preso il bimbo, io porto a nuoto i tuoi, perché tu adesso sei incasinato perché ti è arrivato un bimbo tra capo e collo, quindi io ti do una mano, per esempio, per lo sport di tuo figlio”, oppure “ti telefono e ti chiedo un po’ come sta andando, e se magari hai passato una notte che non hai dormito vengo a tenerti il bimbo la mattina dopo e tu tiri un po’ il fiato”. Quindi, le famiglie non sono queste, le famiglie sono molto di più.

    Negli anni, abbiamo visto che, se l’affido familiare ha bisogno di campagne di sensibilizzazione per trovare famiglie disponibili, nell’emergenza, invece, si è creata una sorta di contagio, perché l’emergenza è qualcosa di semplice, che tocca tutti noi, perché farsi interrogare da una situazione di un bimbo che improvvisamente si trova senza famiglia è di tutti. Poi, uno può avere le condizioni per dire “sì, lo accolgo”, un altro dice “no, non ce le ho”, però di farsi carico di questa situazione credo che la possibilità sia proprio per tutti.

    Io mi fermerei qua.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Qualche collega vuole porre qualche domanda? Prego, collega Prodi.

     

    Consigliera PRODI. Voglio innanzitutto ringraziare per questa testimonianza. Ho invitato io Daniela Casi oggi, perché sono stata contattata da alcune famiglie affidatarie che hanno vissuto momenti molto difficili da fine giugno ad oggi. Quindi, la mia domanda è questa: rispetto a questa rete, che ha un tempo limitato, dal momento che l’emergenza si traduce anche in un tempo limitato, mentre l’affido è un’altra cosa, partendo dal presupposto che c’è permeabilità fra famiglie dell’emergenza e quelle d’affido e che ci sono meccanismi per cui magari una famiglia di emergenza può diventare affidataria, qual è la reazione nel mondo delle famiglie che accolgono le emergenze affidatarie dopo quello che è successo? Glielo chiedo perché il mio piccolo osservatorio ha rilevato un forte disagio a seguito di quello che si è creato, anche in termini mediatici, su questa istituzione.

    Vengo alla seconda domanda. Qual è il rapporto con i servizi sociali del distretto di Reggio o di altri distretti? Inoltre, secondo la vostra esperienza, vi è una differenza di approccio fra i vari distretti?

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Se vuole rispondere, può già rispondere. Prego.

     

    CASI. Tante famiglie, accogliendo in emergenza, scoprono una loro capacità accogliente che non conoscevano.

    Il percorso per l’affido è un percorso istituzionale assolutamente necessario, a cui però è difficile avvicinarsi, perché tante volte si ragiona in questo modo: ho sistemato le mie cose in famiglia, io e mia moglie ci vogliamo bene, i bambini stanno crescendo – situazioni che, di fatto, si verificano molto raramente – adesso sono pronto per l’affido. Invece, l’emergenza fa toccare con mano che è proprio nella quotidianità un po’ incasinata che si può accogliere. Quindi, questo porta molte famiglie che hanno accolto un bimbo in emergenza a intraprendere il percorso dell’istruttoria per l’affido, che viene proposta ai servizi sociali.

    È vero che questa situazione ha creato molto disorientamento, ma abbiamo visto le famiglie sentire che il bene prevale: l’aver creato una relazione con il bimbo che hanno accolto e averne potuto favorire il percorso di riavvicinamento alla famiglia di origine, ne consente un rientro più sereno.

    È davvero molto triste questa cappa che si è creata sull’affido, di cui si è messo in luce l’ultimo degli aspetti, e cioè l’aspetto economico. Basti pensare che, quando una famiglia si dichiara disponibile per una emergenza, alla famiglia viene data tutta la documentazione relativa all’affido, come avviene per una famiglia affidataria, e quindi anche il contributo economico, ma la stragrande maggioranza delle volte mi sento dire “come il contributo economico?”. In altre parole, erano tutte famiglie che sarebbero comunque partite. Quindi, noi ribadiamo loro che, poiché il bimbo è a casa loro, lo devono mantenere per tutto il periodo di affido. Dal nostro osservatorio vediamo famiglie che sono meravigliate che sia anche previsto un contributo economico. Oggi, invece, quando si parla di affido, si mette in primo piano il contributo economico. Io vedo che le famiglie sono centrate sul bene e sul bello di lasciarsi scombinare la vita per renderla un po’ più viva. Del resto, un bimbo che arriva porta vita in casa.

    D’altro canto, non posso negare che in questo periodo abbiamo ricevuto molte meno richieste di emergenza. Questo è un dato di fatto.

    Mi aveva fatto anche un’altra domanda?

     

    Presidente BOSCHINI. Sì, sui rapporti con i servizi sociali, se sono uguali in tutti i distretti e come vanno questi rapporti.

     

    CASI. I rapporti tendenzialmente sono uguali, sono normati nello stesso modo e sono molto legati ai rapporti che si instaurano con la singola assistente sociale. È chiaro che un assistente che ti chiama ti dice il nome del bimbo, ti dice la situazione, quel po’ che ha imparato riguardo all’emergenza che si è presentata. Noi chiediamo di muoverci su un piano di fiducia, cerchiamo di stabilire una relazione empatica, che stia dentro le norme, le regole, ma che abbia una valenza umana.

    Io non ho visto differenze da servizio a servizio o, meglio, qualche differenza c’è soprattutto riguardante i vari dirigenti, però i rapporti si giocano principalmente nella relazione che riesci a instaurare con l’assistente che segue la situazione.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Ho iscritti a parlare i colleghi Sensoli, Boschini, Galli e Zoffoli. Quindi, do la parola alla collega Sensoli. Prego.

     

    Consigliera SENSOLI. Grazie. Ringrazio la signora Casi per essere qui e la rete, anche perché ci state dando una mano, secondo me, anche a spostare il focus riguardo al concetto di emergenza. Mi spiego meglio. Finora, anche seguendo le notizie, volenti o nolenti tutti un po’ forse influenzati dalle notizie che escono, o perlomeno parlo per me, o anche dai dibattiti che sono emersi, quando si parla di emergenza il rimando è immediatamente a quello del sospetto abuso o sospetto maltrattamento. In realtà, oggi ci state facendo capire che il concetto di emergenza è molto ampio, cioè non riguarda solamente la possibilità di maltrattamenti o di abusi, quindi è chiaro che diventa importante anche il ruolo di famiglie come le vostre, che si mettono a disposizione del bambino in primis e anche delle famiglie d’origine, che magari hanno bisogno di aiuto in quel momento. Mi ha colpito la prima storia che ha raccontato di questo papà con questi bambini, che si è trovato da solo a dover gestire una situazione che non riesce a sostenere.

    Ebbene, relativamente ai rapporti con i genitori di origine, sono i servizi che li regolamentano e che vi dicono quante volte potete far vedere i bambini ai genitori, in che modalità, quando, come e perché? O, tutto sommato, essendo una fase iniziale di emergenza, avete dei “margini di discrezionalità”? Insomma, come funziona la gestione con le famiglie di origine? Ovviamente, non parlo dei sospetti di maltrattamento e di abuso, perché sappiamo che quello è tutto un ambito particolare. Inoltre, nei vostri riscontri, avete più o meno un’idea di quanti bambini rientrano nelle famiglie di origine? Le vostre famiglie sono sottoposte a una sorta di formazione/selezione (non so se è il termine giusto) come le famiglie affidatarie di lungo periodo? La vostra rete è presente solo nelle province che ha citato o è dislocata un po’ in tutta la regione?

    Personalmente, ritengo questo aiuto molto importante, anche in un’ottica di collaborazione con quella parte di servizi sociali che abbiamo sempre detto lavora bene, svolge la sua funzione, che è principalmente quella di aiuto e sostegno alle famiglie, anche se il messaggio che purtroppo è passato in questi mesi, con l’esplosione del caso di Bibbiano, è questo ruolo dei servizi sociali e degli assistenti sociali visti quasi più come degli inquisitori, degli investigatori, che vanno a cercare qualche cosa che non va all’interno delle famiglie, mentre, per come la vedo io, il ruolo principale dell’assistente sociale deve essere quello di sostegno nelle difficoltà. Poi, ovviamente, se nota che c’è un qualche elemento di rischio per il bambino o per il minore in generale, è naturale che deve agire di conseguenza.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signora Casi.

     

    CASI. Come le emergenze sono di ampio genere, così i rapporti con le famiglie di origine sono altrettanto ampi e articolati, a seconda proprio delle situazioni che hanno determinato l’emergenza.

    In particolare, l’obiettivo è sempre quello di recuperare i rapporti con le famiglie di origine, se il motivo dell’allontanamento non è pregiudiziale per il bene del bimbo. Per esempio, a fronte di famiglie che non hanno reti parentali, cosa che succede spesso, di fronte a un problema grave di salute c’è bisogno di un intervento, in questo caso i rapporti sono gestiti direttamente tra le due famiglie, perché si cerca di dare alla famiglia di origine, il cui bimbo si trova temporaneamente presso un’altra famiglia, le possibilità maggiori di mantenere una relazione senza appesantire la famiglia di origine gravata da questi problemi sanitari. A volte ci sono problemi di genitorialità che vengono notevolmente sostenuti dalla famiglia dell’emergenza, perché laddove si riesce a stabilire una relazione… Proprio l’altro giorno parlavamo di mamme sole, con bimbi, che vorrebbero essere prese loro in affido dalla famiglia che ha preso il loro bimbo, perché riconoscono il bene che il loro bimbo vive in questa situazione e, anziché viverla in competizione, la vivono come un desiderio di casa.

    Le situazioni sono molto ampie e anche molto ricche. Una volta, una famiglia ha accolto una bimba e ha stabilito una relazione talmente forte con la mamma della bimba, che comunque aveva bisogno, per cui l’accoglienza si è protratta, e quando sono andati in vacanza con il gruppo famiglia della parrocchia la mamma della bimba, visto che c’era bisogno di una cuoca, l’hanno pagata per fare la cuoca. Quindi, questa mamma è potuta andare in vacanza con la sua bimba e lavorava.

    Questo per dire che abbiamo il sacco pieno di storie, che solitamente non girano. Purtroppo, solitamente ci fermiamo più sulle cattive notizie.

    Di bimbi maltrattati ce ne sono, ne incontriamo tanti. A volte, l’emergenza aiuta anche il servizio sociale a capire meglio di cosa si tratta, a volte è successo qualcosa di improvviso che non si ripete, a volte, invece, c’è una continuità anche nel maltrattamento. Quindi, il mese di emergenza è molto d’aiuto anche nel capire, anche attraverso il fatto che il bimbo è in un’altra famiglia, e nel poter aiutare la famiglia che si è trovata in un periodo di crisi.

    D’altronde, perché una famiglia fa emergenza? Perché la famiglia stessa si può trovare in emergenza. Non è che ci sono le famiglie brave che aiutano e le famiglie scarse, che hanno i bimbi, a cui succede qualcosa. Tutte le famiglie passano momenti di difficoltà. Il criterio è questo: così come oggi mi faccio vicino a uno che ha bisogno, spero che, quando sarò io ad avere bisogno, qualcuno dia una mano a me e ai miei figli.

    Finisco sugli incontri. Gli incontri, a volte, sono regolamentati, a volte sono liberi, a volte non ci sono per niente. Però, noi parliamo sempre di periodi molto brevi, perché l’emergenza è un mese. Cerchiamo di essere molto rigidi su questo fatto del mese, perché le famiglie dicono di sì e rovesciano tutta la loro vita familiare perché sanno che si tratta di un periodo breve. E se noi siamo in emergenza, anche l’assistente sociale deve essere in emergenza in quel mese, cercare di capire cosa sta succedendo e dedicarsi a quella situazione.

     

    (interruzione)

     

    CASI. Sono nate Famiglie dell’emergenza a Lecco. Questo perché giriamo in Italia, ci chiamano.

    Ricordo che, anni fa, ci chiamarono a Bologna a fare un seminario perché erano molto interessati a questa faccenda dell’emergenza. Una volta le emergenze le risolvevano gli istituti religiosi. C’erano le suore che abitavano lì, quindi, se c’era un bimbo da portare da qualche parte, si portava dalle suore. Praticamente non esistono più. Una struttura di emergenza a un Comune costa moltissimo, perché bisogna tenere i posti liberi, ma non si sa se arriverà qualcuno e come arriverà. Mentre, l’ovvietà – la tocchiamo con mano tutti i giorni – è dire: se succede qualcosa a una mia amica sono la prima a dire “tuo figlio portalo a casa mia”. Ecco, cerchiamo di allargare questo concetto di amicizia, di fraternità.

    Dicevo, a Bologna siamo andati a fare una formazione agli operatori e, alla fine, il responsabile degli operatori venne e ci disse: “Bellissima esperienza, ma noi non abbiamo intenzione di giocarci, su questo piano di parità, con il privato”. Noi, allora, dicemmo: “Ma noi non dobbiamo mica venderci. Noi non abbiamo nessun ritorno”. Sennonché, trovarono in aeroporto, dopo un mesetto, due bimbi, che servirono a un corriere della droga per far finta di essere un papà, mi chiamarono e mi dissero questo termine terribile “abbiamo due bimbi vuoti”, di cui non riuscivano a capire la lingua e non capivano da dove venissero e dove andassero.

    Un assistente, che aveva preso nota a quell'incontro, mi telefonò e mi disse: “Anche se la mia responsabile non è d’accordo, io non so come fare e stasera non posso portarmeli a casa io i bimbi”. A Modena, per esempio, siamo andati avanti. A Bologna ci abbiamo riprovato, ma la cosa è morta lì. Ieri, per esempio, ci hanno chiamato da Casalmaggiore, in Lombardia. Una volta abbiamo fatto una formazione a Milano e poi abbiamo avuto parecchie collaborazioni con Lodi.

    Secondo noi, è un’esperienza che, così come agisce per contagio tra le famiglie, agisce per contagio anche tra le realtà. Laddove verrà seminata, crescerà una pianta diversa da qui. Noi siamo così per tanti fattori locali, ma crediamo che sarebbe bello che ci fossero un po’ ovunque. Chissà. Andiamo per di lì.

     

    (interruzione)

     

    CASI. La formazione è un tema molto dibattuto. Noi non facciamo formazione. La formazione riguarda la vita familiare che ciascuno già vive. Quindi, anziché preparare delle famiglie dell’emergenza, che magari quando arriva l’emergenza in quel momento hanno altro da fare, noi preferiamo metterci di fianco durante. Il servizio sociale lo sa. Il nostro impegno è quello di essere al fianco della famiglia dell’emergenza.

    Noi siamo referenti. Il nostro compito è quello di essere l’interfaccia tra il servizio sociale e la famiglia. La famiglia, di fatto, non incontra il servizio sociale, perché noi ci assumiamo la responsabilità di questo passaggio. La famiglia ha sentito parlare di un bimbo, non ha sentito parlare di un apparato, di un servizio sociale. Quindi, il nostro compito, come referenti, è quello di metterci al fianco della famiglia. Ormai la realtà reggiana è abbastanza imbevuta di questa faccenda delle emergenze. Sappiamo che a Castelnovo di Sotto una famiglia accoglie un bimbo; conosciamo altre famiglie nella zona e diciamo: “Coinvolgi i tuoi amici, i tuoi vicini di casa, i tuoi parenti. Non comprare niente. Non comprare i vestitini, il seggiolino per la macchina, ma chiedilo a qualcuno, così hai modo di dirgli che arriva un bimbo a casa tua, così quel qualcuno dopo, magari, ti chiede se è arrivato davvero, ti chiede come avete fatto”.

    Questo è un modo per far crescere le persone, le famiglie, la coesione sociale e poi è un modo per formarsi in itinere. Quindi, non una formazione secca, a tavolino, davanti a un formatore, ma la mia vita forma la tua, cioè io ti racconto com’è andata e tu mi sostieni. La nostra è una formazione che si fa insieme e che, mentre fa crescere chi ascolta, fa crescere anche chi condivide.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Mi inserisco per una domanda anch’io. Dopo ci sono i colleghi Galli, Zoffoli e Calvano.

    Nel ringraziarla per le tante cose dette, molto interessanti, ho tre domande da farle. Provo a sintetizzarle. Vorrei completare la panoramica fatta sul rapporto tra la famiglia affidataria, di emergenza, ma anche non di emergenza, e i diversi attori. Abbiamo scoperto in questi mesi che gli affidi hanno tanti attori. Ci mettono le mani in tanti. Abbiamo parlato delle famiglie di origine. Abbiamo parlato del rapporto con i servizi sociali. Volevo chiedere qualche esperienza nel rapporto con il Tribunale dei minori, in particolare quello di Bologna (immagino siate soprattutto in rapporto con quello), magari anche qualche esperienza personale. A noi spesso è stato descritto un tribunale molto autoreferenziale o che si affida totalmente ai servizi sociali, che non ascolta le famiglie o non le incontra. Vorremmo capire qual è la vostra esperienza rispetto, invece, alla magistratura. Questa è una prima domanda.

    Seconda domanda. Se non è troppo, se non entro troppo nella sua vita e nella sua sfera privata. Lei ha fatto un accenno sul tema dell’affido dei bambini con handicap. Vorrei capire meglio questa vicenda anche dal punto di vista delle famiglie di origine, perché non se ne fanno carico o cose di questo genere.

    La terza domanda spero non risulti assolutamente critica per nessuno. In questi mesi sui giornali si è parlato tanto di sottrazione, di bambini sottratti alle famiglie. Lo abbiamo letto tante volte. Non esprimo nessun giudizio su questo termine, però lo abbiamo letto in questi mesi sui giornali tante volte. Vorrei chiedervi qual è il vostro rapporto con questa parola, cioè se avete avuto mai la percezione di essere “complici” di un processo di sottrazione. Vorrei chiedervi qual è il vostro vissuto rispetto alla parola “sottrazione”.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Mi sono venute queste, le chiedo scusa.

     

    CASI. Rapporti con il Tribunale dei minorenni ne abbiamo avuti tanti. Alcune volte per “emergenza” intendiamo l’accoglienza dei bimbi che sono lasciati in ospedale alla nascita. Una volta i bimbi rimanevano in ospedale fino a quando il Tribunale identificava la famiglia di adozione. Ora, invece, anche perché si è messo per fortuna a fuoco il fatto che i primi giorni sono importantissimi, i bimbi vanno in una famiglia di emergenza e poi, intanto che il tribunale individua la famiglia adottiva, passano alla famiglia adottiva.

    Prima si diceva che alcune famiglie dell’emergenza proseguono con l’affido, diventano famiglie affidatarie. Resta la condivisione, ma il percorso esce dalla nostra capacità di intrometterci, perché passa tutto al servizio sociale. A volte ci sono situazioni in cui per un bimbo allontanato dalla sua famiglia viene decisa l’adozione. A volte ci sono famiglie che vengono interpellate dal Tribunale dei minorenni per avere indicazioni e informazioni sul percorso che hanno fatto con il bimbo accolto. Io non me la sento, onestamente, di dire come abbiamo visto lavorare il Tribunale dei minorenni. Noi abbiamo visto tante cose diverse. Mi viene da dire che abbiamo visto giudici differenti, abbiamo visto famiglie che chiedevano incontri e non sono stati loro concessi e abbiamo visto famiglie che, invece, anche senza incontro, venivano ascoltate con molta cura.

    È molto difficile dire che il Tribunale dei minorenni si muove in una certa maniera. Abbiamo visto giudici e giudici. Abbiamo visto relazioni inviate dal servizio sociale. Soprattutto in riferimento a famiglie che tra di noi sono diventate affidatarie, a fronte di fatti nuovi che si verificano nella vita dei bambini e delle loro famiglie, gli assistenti sociali fanno relazioni che vengono inviate al Tribunale dei minorenni. Abbiamo visto reazioni molto differenti da giudice a giudice. Non me la sento, quindi, di dire come si muove il tribunale. Abbiamo visto buone cose e pessime cose, anche questo nell’arco di tanti anni. Non so se possa essere d’aiuto. Non credo.

    Per quanto riguarda la disabilità, tocchiamo un argomento che mi preme molto. Io sono mamma affidataria da quindici anni di una ragazza con una disabilità gravissima. I problemi sono tantissimi. A volte mi viene da dire: è più complicato l’affido che non la disabilità. Perché? Ci sono tante pastoie burocratiche da affrontare. La famiglia della ragazza che ho in affido non ha voluto sua figlia. Quindi, non è stata sottratta. Avevamo avviato anche un percorso, insieme ad altre famiglie, proprio qui in regione, per verificare la mancanza di tutela per le famiglie che accolgono ragazzi con disabilità una volta arrivati al diciottesimo anno. Un ragazzo con disabilità al diciottesimo anno è un adulto convivente e non ha nessun tipo di tutela per continuare ad essere affidato alla famiglia che lo ha cresciuto. La nostra esperienza è ‒ come vi ho accennato prima ‒ che spesso, a fronte di una situazione di disabilità, soprattutto se grave, non c’è un rientro in famiglia, cioè i genitori pian piano lasciano il percorso. Spesso, però, non è possibile l’adozione o, anche se possibile, non la si sceglie perché il servizio sociale possa rimanere più presente. Nell’adozione il servizio sociale, passato il momento del percorso, delega tutto alla famiglia, come è giusto che sia. Quindi, tante volte famiglie che accolgono bimbi ‒ che poi diventano ragazzi e adulti ‒ con disabilità restano, di fatto, in carico al servizio sociale, ma concretamente con tutta una serie di vincoli legati alla famiglia naturale. Se ne avete voglia, vi invito ad approfondire il tema. È già complicato accogliere un ragazzo con disabilità. Se ci fosse anche il sostegno legislativo, sarebbe veramente un grosso aiuto.

    Riguardo alla parola “sottratti”, è terribile. Nessuno sottrae niente a nessuno. Noi lo viviamo come un darsi una mano, al di là del motivo. Anche per il motivo più infame, che abbia determinato un allontanamento di un bimbo, il bimbo viene allontanato dalla sua famiglia, non viene sottratto.

    Nella nostra esperienza non abbiamo visto bimbi sottratti. Nessuna famiglia, credo, accoglierebbe un bimbo sottratto. Ci sentiamo di camminare nella direzione di accogliere un bimbo che in quel momento ha una necessità. Poi è chiaro, non siamo noi che stabiliamo quali sono le necessità; noi rispondiamo a una richiesta del servizio sociale. È chiaro che cerchiamo di collaborare in un clima di massima fiducia, cerchiamo di stabilire una relazione tale per cui tutto quello che accade ci viene detto. Ci arrabbiamo molto quando qualcosa ci viene taciuto, perché se io mi metto a tua disposizione come famiglia, tu come servizio sociale bisogna che mi offri gli elementi che sai e che conosci. Direi però che nessuna famiglia sarebbe disponibile ad accogliere un bimbo sottratto, pessima espressione che spero non venga usata mai più, così come “strappato”: è terribile. Sono bimbi allontanati. Poi si vanno a vedere le ragioni.

    Credo che ne abbiamo viste tante, di tanti generi. Le più tragiche sono ragioni legate all’incuria, non sono quelle di cui si è parlato tanto. Ci sono quelle ragioni lì, ma il motivo più frequente che vediamo, di allontanamento di un bimbo è la non cura, è il non avere un posto nella sua famiglia. Mi fermo.

     

    Presidente BOSCHINI.  Prego, consigliere Galli.

     

    Consigliere Andrea GALLI. Ho ascoltato quasi tutto il suo intervento e credo che lei sia stata l’unica nota positiva in tante testimonianze che abbiamo ricevuto. Credo che sia un atto di grande generosità questa rete di affidi.

    Poi magari ci sarà qualcuno che lo fa meglio o qualcuno che lo fa peggio, ma questo è nelle cose e nelle persone. Mi è piaciuto molto il concetto di “vicinanza di cortile”, come penso che un tempo si facesse in campagna, quando c’era magari un insieme di case, quando ognuno era in casa dell’altro, e quando, se c’era un problema, era un problema della collettività. È stata una bella pagina, la sua, se non l’unica, credo una delle poche.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, Galli. Quindi, più che una domanda, una considerazione.

    Do la parola al consigliere Zoffoli.

     

    Consigliere Paolo ZOFFOLI. Anch’io mi volevo unire al coro di coloro che oggi finalmente con questa bella testimonianza ci rendono partecipi della volontà di entrare nello spirito reale dell’aiuto alle famiglie in difficoltà, che è lo spirito dell’affido.

    Anche quando non è emergenza, è affido, sempre di supporto alla famiglia naturale per cercare di farle superare i momenti di difficoltà, e poter fare in modo che il bambino ritorni nella sua famiglia naturale, avendo avuto la possibilità di qualcheduno che in qualche modo gli ha dato una mano.

    Voi siete ancora più generosi, perché in qualsiasi momento vi mettete a disposizione e fate di tutto per aiutare chi è in difficoltà, per superarle. Molte delle domande che volevo farle le hanno già fatte. Solo due o tre vorrei esporne. La prima: come si fa a entrare nella rete? Basta una disponibilità? C’è qualcheduno che in qualche modo garantisce il fatto che si possa essere all’altezza di compiti anche complicati? Alcuni ce li ha già esposti lei: non è che tutte le famiglie (…omissis…). Io faccio fatica, quando devo badare alla mia nipotina, già soltanto con una; figuriamoci, quando sono (…omissis…), intervenire in situazioni molto complesse come quelle che lei ci ha descritto. Sicuramente quindi ci vuole una solidità della rete che in qualche modo riesca a farci entrare sempre nuove disponibilità, perché in 22 anni immagino che la sostituzione e il turnover delle famiglie sia stato notevole, ma se siete ancora così in grado di dare tutte queste risposte, vuol dire che siete riusciti a creare un’osmosi e un’idea di disponibilità importante. Proprio perché il compito è complicato, però, credo che sia anche complicato cercare ed avere continuamente delle famiglie disponibili.

    Una cosa volevo sapere. Lei dice che l’emergenza, questo strumento che io non conoscevo, ha una durata massima di trenta giorni, se ho capito bene. Volevo cercare di capire: magari, alcuni di questi interventi di emergenza durano poche ore, oppure, ha detto anche che si risolvono ancora prima del vostro intervento. È evidente però che ci saranno delle situazioni per cui i trenta giorni non sono sufficienti. Come funziona allora? Viene reiterato, e quindi può essere reiterato più volte, e quindi diventare un affido nella realtà dei fatti? Oppure, al termine dei trenta giorni realmente si decide, o si deve decidere se questo bambino va in affido, o va in adozione perché la famiglia non c’è più? Oppure, anche grazie al vostro intervento i bambini sono ritornati nella loro famiglia originale, perché è naturale, perché voi siete riusciti col vostro intervento a fare in modo che il problema per il quale eravate intervenuti sia felicemente superato, e quindi, magari, continuando a rimanere come famiglia amica, nel caso ci sia ancora qualche problema, la vostra operazione è quella di riportare comunque in una normalità la famiglia che era in difficoltà nel momento della vostra emergenza?

     

    Presidente BOSCHINI. Prego.

     

    CASI. Come entrare nella rete? Abbiamo scelto di non essere associazione, e l’abbiamo scelto per essere più trasversali possibili.

    Noi nasciamo in ambito cattolico, ma è chiaro che questa è una proposta assolutamente per tutti. Quindi, definirci in un’associazione che si chiami famiglia delle emergenze voleva dire che uno si poteva sentire fuori dall’emergenza, da quelle famiglie. Noi cerchiamo di lavorare per un “noi” che tenga dentro tutti coloro che sono interessati a vivere lo spirito del cortile, appunto, di cui parlavamo prima, per far sì che possa davvero essere di tutti.

    Le faccio un esempio. Soprattutto perché si parla di periodi molto brevi, per la situazione di (…omissis…), non cerchiamo una famiglia che li accolga (…omissis…), sarebbe assolutamente difficile, penso impossibile da trovare. A volte cerchiamo magari di mettere vicini due fratelli, in modo che le famiglie si possano poi frequentare. La famiglia che (…omissis…) ha dato una disponibilità, della loro idea ha parlato subito dei loro vicini di casa, che non sapevano neanche che esistessero le famiglie dell’emergenza. Gli hanno raccontato di questa vicenda, (…omissis…). Questo è un modo attraverso cui le emergenze si dilatano, contagiano, e non avendo un’associazione di riferimento, per tutti c’è un ingresso, per tutti c’è un’uscita. Una famiglia resta una famiglia dell’emergenza sempre, nel senso che nel momento in cui la tua vita familiare ti dà le condizioni per essere un nonno dell’emergenza, perché no? A volte ci sono delle emergenze che sono proprio solo dei sostegni, e i nonni di emergenza sono richiestissimi, perché tante famiglie che si spostano non hanno i nonni a disposizione, mentre tanti possibili nonni hanno i figli che “non gli fanno i nipoti”, come dicono sempre.

    Cerchiamo allora di creare una rete anche su questo. La rete è questo, alla fine: sentirsi partecipi di una collettività, per cui, laddove ha un punto di fragilità, possiamo giocarci un punto di forza. Lei prima ha detto: “voi”, io spero che la prossima volta che ci vediamo, lei dica “noi”, perché nel frattempo è diventato un nonno d’emergenza.

    Quanto ai trenta giorni, sono un periodo che ci siamo dati perché tutti gli assistenti sociali brontolano e dicono: in trenta giorni non ce la facciamo. Lo sappiamo che non ce la fanno in trenta giorni, a capire bene cosa è successo; ma se ci lavorano, forse ce la fanno. È un modo per stimolare a lavorare su una situazione.

    Tante volte l’emergenza è vista come solo il momento della risoluzione, cioè, porto il bambino lì. Poi, assistente sociale, tiro il fiato e dico – è un po’ scorretto dire che se ne lava le mani –: “adesso stiamo tranquilli.”. Questo però fa sì che il bimbo cominci a mettere un po’ radici lì dove è stato portato. Questo è da evitare, sia per il bene della famiglia, sia per il bene del bimbo. Per il bene della famiglia perché chiunque di noi dica un sì così repentinamente ha diritto a che quel sì non stravolga per sempre la sua vita familiare, ma resti una situazione un po’ di emergenza. Qualcuno dice: siamo in campeggio, cioè, arrivato il bimbo, sistemato, e va bene. Non ho fatto una scelta di affido che invece tante volte poi le famiglie fanno, ma questo è un altro percorso, per le ragioni che dicevo prima.

    Se tu sperimenti il bello dell’accoglienza familiare, non lo puoi leggere su un libro, bisogna che lo sperimenti a casa tua, cioè, bisogna che tu vedi che sei così incasinato nella tua vita, che non ti salta fuori mai il tempo per fare quello che vuoi, poi arriva un bambino e magicamente invece riesci a farcelo stare. È anche il miglior modo per creare un contagio. Se io vedo i miei vicini di casa, che hanno una vita difficile e complicata come la mia, che corrono coi loro figli, coi loro impegni di lavoro, che accolgono un bimbo, io dico: ma guarda, non sono mica dei fenomeni, li conosco, so che hanno dei lati generosi, ma so anche che si incartano con poco. A fronte di questo, io dico: forse va bene anche per me.

    Su questo fronte nasce la disponibilità e il contagio. I trenta giorni servono a che il servizio sociale non dorma sulla situazione, e noi referenti abbiamo il compito, dato che non abbiamo il bimbo in casa nostra… Se io avessi il bimbo in casa mia, faccio fatica a dire al servizio: dai, muoviti, perché alla fine ci sto così bene nella situazione; oppure, ci sto così male, avrei fretta che andassi… Invece, lo facciamo noi come referenti e il nostro ruolo, che dicevo prima, di interfaccia, serve perché il servizio si preoccupi e si occupi della situazione.

    È chiaro, trenta giorni son pochi, a volte concediamo delle piccole deroghe. Però ci diamo da fare perché a volte siamo noi per primi che spargiamo voce per vedere se c’è una famiglia che ha già fatto il percorso dell’affido, che poi può continuare con l’affido. Però il punto è: sono in emergenza io famiglia, sei in emergenza anche tu, servizio sociale.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Io ho soltanto ancora iscritto Calvano, quindi un ultimo intervento.

    Certifico che il collega Zoffoli è già un nonno di emergenza, sicuramente.

    Consigliere Calvano, prego.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente, grazie per la testimonianza di oggi.

    La mia è una considerazione che può essere in realtà anche una domanda. Dicevo grazie per la testimonianza di oggi, perché con i fatti della Val d’Enza in particolare sta emergendo un lato della medaglia legato alla tutela dei minori. Sta emergendo cioè un lato della medaglia nel quale potrebbero esserci stati degli affidamenti illegittimi, o degli affidamenti inappropriati, quindi c’è chi sta giustamente cercando di capire se ciò è successo, perché è un fatto inaccettabile, rispetto al quale se c’è qualcuno che ha delle responsabilità va individuato e va punito, oltre a fare giustizia per le famiglie e per i minori.

    C’è però l’altro lato della medaglia, che voi oggi in parte ci fate vedere, cioè quei minori che obiettivamente nelle loro famiglie di origine non sono nelle condizioni di poter rimanere, per tante ragioni, le più disparate. A volte, ragioni delle quali si rende conto la famiglia stessa, che va in cerca di un aiuto; a volte, situazioni oggettive, come quella che ci ha indicato lei, (…omissis…).

    Lo dico perché credo che davvero lo sforzo che noi dobbiamo fare debba essere quello di vedere entrambi i lati di questa medaglia, perché se ci concentriamo solo su quello che appare il problema del momento, ci dimentichiamo che in realtà in quello stesso momento ci sono tanti altri problemi che purtroppo esistono e con i quali voi avete a che fare in maniera emergenziale, molto spesso.

    Ripeto: questa era davvero solo una considerazione, perché auspico che questa Commissione, nel fare il lavoro che sta facendo, abbia la capacità di vedere entrambe le facce della medaglia e come sia indispensabile, per riuscire ad affrontare la parte che voi rappresentate, davvero considerarvi una parte fondamentale del welfare di questa Regione. Oltretutto, un welfare molto volontaristico, perché ci mettete tutta la vostra volontà e la vostra passione.

    Credo che noi su questo dobbiamo probabilmente fare una riflessione anche di carattere legislativo su come poter dare maggiori sicurezze e maggiori certezze a chi si mette in campo con questo spirito volontaristico a fronte di questa situazione. La mia era solo una considerazione che ha in sé la domanda: penso che voi obiettivamente vediate entrambe le facce, oppure che sicuramente vediate la faccia che forse oggi si vede meno, e che noi tutti dobbiamo essere impegnati a far emergere. La sopravvivenza, o la vita adeguata di un minore, credo debba stare davvero a cuore a tutti. Spessissimo, nella normalità, quella situazione va ricercata dentro la famiglia d’origine; altre volte, purtroppo, si è costretti a trovare soluzioni alternative, che devono fare di tutto per riportare il bambino nella famiglia originaria.

    Chiedo scusa, presidente, perché mi rendo conto di aver fatto solo una considerazione e non una domanda, però se poi si intende commentarla, sono a disposizione. Ringrazio di nuovo per la testimonianza.

     

    Presidente BOSCHINI. Non è un problema perché anche altri (Galli, eccetera) hanno fatto considerazioni.

    Se non ci sono altre domande, ringrazierei davvero Daniela Casi per la sua testimonianza. Chiedo anche se c’è interesse a sviluppare l’ultimo punto, quello del dibattito. Mi pare di no.

    Non soltanto, allora, ringrazio Daniela Casi per la sua testimonianza, ma tutti voi per il pomeriggio di lavoro, e chiudo la seduta. Grazie.

     

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