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Legislatura X - Commissione speciale tutela minori - Resoconto del 21/10/2019 pomeridiano

    Resoconto integrale n. 18

    Seduta del 21 ottobre 2019

     

    Il giorno 21 ottobre 2019 alle ore 15,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2019.22587 del 15/10/2019 presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella Regione Emilia-Romagna

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    BOSCHINI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARUFFI Igor

    Vicepresidente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    BERTANI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    CALLORI Fabio

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    FACCI Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    assente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    4

    assente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Misto

    1

    assente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    assente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

     

    È presente il consigliere Giuseppe PARUOLO in sostituzione di Lia MONTALTI.

     

    Partecipa alla seduta: M. Pedroni (Resp. Servizio sociale minori Unione Val d’Enza)

     

    Presiede la seduta: Giuseppe Boschini

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    -     Approvazione dei processi verbali nn. 13, 14, 15 e 16 del 2019

     

    Giuseppe BOSCHINI, Presidente della Commissione. Abbiamo i numeri per avviare la seduta. Buongiorno a tutti, diamo inizio alla seduta che ha come primo punto all’ordine del giorno l’approvazione dei processi verbali nn. 13, 14, 15 e 16.

    Pongo in votazione i processi verbali nn. 13, 14, 15 e 16. Chi è favorevole? Chi è contrario? Astenuti?

    Sono approvati all’unanimità.

     

    -     Audizione di Monica Pedroni Resp. Servizio sociale minori Unione Val d’Enza

     

    -     Eventuale dibattito e discussione

     

    Presidente BOSCHINI. Il secondo punto all’odine del giorno è l’audizione di Monica Pedroni, responsabile del servizio sociale minori Unione Val d’Enza, che ci ha già raggiunto, che saluto e ringrazio per la sua cortese disponibilità.

    Come sempre, se lo riterrete, abbiamo all’ultimo punto all’ordine del giorno l'eventuale dibattito e discussione.

    Prima di procedere all’audizione, visto che ci eravamo lasciati con questo tema, chiedo se ci siano segnalazioni rispetto alla proposta di indice, inviata e condivisa all’ultimo Ufficio di presidenza. Vedo che non ci sono suggerimenti, sapete che il termine che avevamo fissato era oggi, naturalmente questo è un indice di intenzione, che speriamo nei brevissimi spazi di tempo che abbiamo a disposizione di poter realizzare.

    Do lettura, come sempre, delle condizioni di svolgimento della nostra audizione e poi procediamo. Ricordo ai commissari e ai nostri ospiti che la Commissione d’inchiesta istituita in ambito regionale non gode delle prerogative di cui all’articolo 82 Costituzione, ossia dell’equiparazione ai poteri e ai limiti dell’autorità giudiziaria.

    L'eventuale audizione da parte della Commissione di persone indagate in procedimenti penali avviene esclusivamente in ragione del loro ruolo, a prescindere dalla circostanza che essi siano coinvolti o meno in procedimenti giudiziari. La nostra istruttoria in tali casi non mira all’accertamento di eventuali reati, spettando l’azione penale esclusivamente al pubblico ministero.

    Gli esiti e gli atti della nostra inchiesta potrebbero tuttavia essere richiesti o messi a disposizione della magistratura.

    Ricordo ai collaboratori regionali che da parte loro non è opponibile alla Commissione d’inchiesta il segreto d’ufficio, ai sensi dell’articolo 60 del Regolamento interno dell’Assemblea. Ricordo ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio presenti in aula i doveri e gli obblighi derivanti dal loro ruolo in merito alla denuncia, all’autorità giudiziaria o ad altre autorità che a quella abbia obbligo di riferire, di un reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio a causa delle loro funzioni, ai sensi dell’articolo 331 del Codice di procedura.

    Ricordo altresì che, ai sensi dell’articolo 70 della legge 184 del 1983, i pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio sono tenuti a riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

    Ricordo che la nostra attività è come di ordinario soggetta alle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali, in particolare la normativa che tutela i dati sensibili dei minori nonché le norme in materia di offesa dell’altrui reputazione.

    Infine, si fa presente che l’audizione, oltre ad essere verbalizzata integralmente in forma audio e trascritta, è soggetta a diffusione in diretta tramite streaming sul sito istituzionale dell’Assemblea legislativa, salvo diversa indicazione o richiesta. Pertanto, ricordo che la normativa vigente prevede sanzioni in caso di diffusione di dati sensibili e giudiziari, quali nomi di minori o di persone sottoposte a indagine o altri dati e indicazioni che ne consentano anche in via indiretta l’identificazione.

    Prima di dare la parola alla dottoressa Pedroni ricordo che era stata invitata con la seguente motivazione: “informazioni sulla organizzazione e sulle attività dei servizi sociali della Val d’Enza, con particolare riferimento ai servizi per i minori”, ricordando che la dottoressa Pedroni è la nuova responsabile del servizio sociale minori dell’Unione di Val d’Enza dalla fine del mese di luglio e ha sostituito la dottoressa Anghinolfi in maniera specifica e quindi, come richiesto, risponde in quanto figura sostitutiva della dottoressa Anghinolfi. Non so se la dottoressa Pedroni voglia aggiungere qualcosa a questa introduzione, se preferisca dire qualcosa o partire direttamente dalle domande dei commissari.

     

    Monica PEDRONI, responsabile del servizio sociale minori Unione Val d’Enza. Direttamente dalle domande.

     

    Presidente BOSCHINI. Benissimo, partiamo direttamente dalle domande, per cui do la parola ai commissari che desiderino porre delle domande alla dottoressa Pedroni.

    Prego, collega Delmonte.

     

    Consigliere Gabriele DELMONTE. Grazie, presidente. Intanto ringrazio la dottoressa per la sua presenza, magari dopo entreremo meglio nella discussione su altre questioni, ma io vorrei partire dal presente e dal futuro prima ancora che dal passato, quindi, poiché sono della Val d’Enza, di Montecchio, vedo molti servizi che ovviamente toccano la nostra area, per quanto riguarda in generale i servizi sociali, ma in parte anche i minori, con alcuni edifici ad hoc per le famiglie e i minori penso allo Spazio APP su Montecchio, che ha subito un rallentamento, anzi uno stop delle sue funzioni più nuove, quelle lanciate ultimamente. Era uno spazio utilizzato, attualmente non so effettivamente quanto lo sia, come anche in altri Comuni della Val d’Enza tutti gli altri progetti che erano stati avviati a che punto sono ad oggi.

    Vorrei capire quanti servizi abbiano subìto un rallentamento, quanti e quali invece uno stop, soprattutto per quanto riguarda la funzione in oggetto, che è quella dei minori.

    Dal punto di vista del futuro, non posso che apprezzare il fatto che lei abbia voluto ricoprire questo ruolo, perché non è sicuramente un momento semplice in cui andarlo a ricoprire, però chiedevo quale sia la sua intenzione per il futuro, ovviamente in accordo con la gestione politica dell’ente Unione dei Comuni per quanto riguarda la ristrutturazione di questo servizio che sicuramente ad oggi ha delle carenze di personale, però davanti a sé deve ricostruire un processo di valutazione e di ristrutturazione.

    C’è molto da fare ovviamente e chiedo con che spirito lo stiano facendo i suoi collaboratori, nel senso che immagino ci possa essere un certo timore nel prendere delle decisioni, nel muoversi, delle difficoltà anche date da alcuni blocchi dati dal fermo o dal congelamento di alcune operazioni a tutela dell’ente stesso e degli operatori.

    Le chiedo quindi quale sia oggi lo stato di tutti i servizi, come pensi di ristrutturarlo in futuro e quali siano i primi passi che ha compiuto e sta compiendo insieme al personale.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa, può iniziare a rispondere a questo primo blocco di domande.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Buongiorno. È indubbio che i fatti che hanno colpito la Val d’Enza e non solo la Val d’Enza, perché in questo momento tutti i servizi sociali di tutela, sia a livello regionale che a livello nazionale, sono molto frastornati, ma in particolare per quanto riguarda la Val d’Enza è in corso una complessiva fase di riorganizzazione, che riguarda sia i servizi che i luoghi dove si svolgono le attività.

    Lei ha citato l'APP di Montecchio, che è la sede di uno spazio giovani dove si facevano però anche delle attività per le famiglie. Siamo in una fase di ridefinizione anche di come utilizzare questi spazi, a fronte del fatto che sono effettivamente anche delle buone collocazioni per svolgere delle attività, perché l'APP di Montecchio ad esempio è vicino a un centro diurno disabili, è collocato in una zona di prima periferia della città.

    In questo momento, quindi, siamo chiamati a ridefinire le competenze non solo del servizio sociale area infanzia ed età evolutiva, ma anche del servizio giovani e del centro per le famiglie, che è stato colpito duramente dalle immagini che pubblicamente hanno collegato questo servizio a quanto accaduto nell’ambito della tutela, mentre invece il centro per le famiglie è un servizio che si rivolge a tutte le famiglie, a tutta la cittadinanza, quindi c'è sicuramente da fare un’operazione di ridefinizione, politica, che è in corso. Io ho preso servizio il 22 luglio, ma prima di me comunque erano già state fatte delle azioni importanti da parte dell’Unione e da parte anche di ASP Carlo Sartori. Dal 1° gennaio del 2019 l’azienda pubblica dei Comuni della Val d’Enza è chiamata a gestire il centro per le famiglie, il servizio area infanzia e l’ufficio giovani.

    Non voglio eludere la sua domanda, però le assicuro che in questo momento si sta cercando, a fronte di finanziamenti anche regionali, di riuscire il più possibile a mantenere la programmazione proprio per non perdere le risorse di questi progetti, ma nello stesso tempo anche adattarle alla situazione contingente.

    Per quanto riguarda, invece, la seconda domanda, lo spirito dei miei collaboratori, degli operatori che lavorano nel servizio sociale, indubbiamente sono rimasti molto, molto colpiti, anche in una condizione di sofferenza, perché comunque anche l’attenzione mediatica che si è sviluppata da fine giugno ad oggi ha comportato un inasprimento di certe relazioni rispetto all’utenza.

    È stato un servizio che, soprattutto nei mesi di luglio e agosto, potrei definire sotto assedio: minacce con azioni verbali e non solo, che hanno comportato sicuramente una grossa sofferenza da parte di tutti coloro che lavoravano comunque a Barco, in particolare, visto che la sede è a Barco, ma anche negli altri Comuni della Val d’Enza.

    Si è colpito un bacino territoriale complessivamente che comunque, da quello che io ho potuto visionare fino ad oggi in questi anni, ha comunque investito tanto in termini di risorse per la prevenzione, per i bambini, per le famiglie, per gli anziani, in tutti i settori del welfare.

    In questo momento, sicuramente all’attenzione dei decisori politici, ma anche dei tecnici c’è un processo di ricostruzione che richiederà anche un tempo medio-lungo.

     

    Presidente BOSCHINI. Ci sono altre persone che vogliono fare domande, che si iscrivono? Attualmente non ho altre domande. Collega Facci, prego.

     

    Consigliere Michele FACCI. Visto che non interviene nessuno, due parole le dico anch’io. La ringrazio, dottoressa, di essere presente. È vero che lei è intervenuta in sostituzione della dottoressa Anghinolfi, però direi che la realtà del centro “La Cura” lei la conosce abbastanza bene. Ha partecipato ai convegni di presentazione nel 2016, quando sostanzialmente si cominciava a parlare della tematica dell’ascolto, dei maltrattamenti e degli abusi, di tutto il sistema di approccio, di quelle che erano in un qualche modo le metodiche che in quel momento si stavano lanciando nella Val d’Enza con l’AUSL di Reggio Emilia, che poi hanno determinato l’avvio di questa sperimentazione, come è stata definita in maniera specifica da tutti i soggetti interessati.

    La collaborazione con Hansel e Gretel è principale e centrale in tutto l’operato della Val d’Enza e dell’AUSL di Reggio Emilia che poi ha portato un aumento esponenziale di situazioni di casi di allontanamento e di affidi, con costi importanti, ma non voglio rubare l’intervento al mio collega Tagliaferri che ha dei dati molto precisi al riguardo.

    La domanda che le faccio sostanzialmente è questa: come è possibile che non vi siate resi conto, nella vostra attività fondamentalmente di gestione del welfare in quei territori, di quello che stava accadendo? Se è vero che situazioni come Bibbiano si sono verificate anche ad altri livelli lungo il territorio nazionale, quindi non è certamente un caso unico, da quello che abbiamo letto – oramai le pubblicazioni si stanno moltiplicando (editoriali, contributi video) gli spezzoni di quello che è accaduto ormai sono un po’ dappertutto – come è possibile che in quel territorio ci sia stato questo aumento esponenziale di allontanamenti? Questa anomalia, se vogliamo, è il punto di partenza dell’indagine giudiziaria, e questo, bene o male, è un dato di fatto. Al di là di quelle che saranno le responsabilità penali, un dato di fatto è che c’è un aumento degli allontanamenti ex articolo 403 per segnalazioni di abuso. La domanda che faccio è questa: come è possibile che in un qualche modo si è arrivati a questi dati? Come è possibile che una realtà privata come Hansel e Gretel abbia preso il sopravvento addirittura come centro di secondo livello rispetto a realtà nel pubblico, nel nostro Servizio sanitario regionale che in un qualche modo erano presenti e che certamente potevano dare garanzie di risultato, passatemi il termine, senza tra l’altro in un qualche modo essere così passibili anche di contestazione? Quando si ricorre al privato bisogna ricorrere al privato in maniera circostanziata, oggettiva, motivata.

    Sono due le mie domande: come mai non vi siete accorti di questo? Come mai è stato dato ampio spazio a una realtà tra l’altro ampiamente chiacchierata e ampiamente nell’occhio del ciclone, quale appunto era Hansel e Gretel, anche per teorie estreme che portava avanti? Abbiamo sentito dire in questa sede dalla Presidenza del CISMAI che lo stesso CISMAI avrebbe – uso il condizionale – allontanato Hansel e Gretel perché in disaccordo rispetto alle modalità.

    Terza domanda: perché nella Val d’Enza si è deciso di avviare una sperimentazione? Visto che è stata ampiamente declamata come sperimentale, secondo la sua esperienza, secondo il contributo che lei comunque ha dato in parte, indubbiamente, in questa gestione, in cosa consisteva questa sperimentazione? Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Intanto vorrei fare una precisazione. Io sono ritornata in Val d’Enza pochi mesi fa. Prima lavoravo qui a Bologna, in Emilia-Romagna, nella regione. Rispetto al centro “La Cura”, non ho seguito le azioni che hanno portato alla sua creazione. Ho partecipato, invece, a quel convegno ‒ al quale forse si faceva riferimento ‒ che si svolse nella primavera del 2016 a Bibbiano dal titolo “La notte abita il giorno”, che era dedicato al racconto dei fatti che avevano riguardato una ragazza prossima alla maggiore età che era stata vittima di abusi sessuali e prostituzione minorile. Proprio in ragione di questa situazione, che la Val d’Enza prese in carico, che fu un caso molto complesso e difficile, si avviò una riflessione intorno al servizio circa la possibilità di qualificare gli interventi.

    Furono due giorni di confronto con diverse voci autorevoli nell’ambito della tutela dell’infanzia, degli interventi specialistici nelle situazioni di maltrattamento e abuso. Leggendo gli atti di questo convegno, ma anche il prosieguo, si arrivò nel settembre del 2016 all’avvio di un gruppo di lavoro che desse vita ad un centro specialistico. Nei documenti si parla di “servizio innovativo”. Rileggendo la legge n. 14 per quanto riguarda le équipe territoriali, le équipe specialistiche e le competenze di questo centro, la mia idea è stata che l’innovazione e la specializzazione riguardavano il fatto che il tutto era dedicato alla cura del trauma, all’attivazione di interventi di psicoterapia specialistica.

    Lei mi chiede come mai Hansel e Gretel. Non posso rispondere di scelte che non ho fatto io. Quello che posso dire è che in quel periodo storico Hansel e Gretel era, comunque, un’associazione, una ONLUS riconosciuta a livello nazionale come un centro esperto in queste tipologie di intervento. Dalla ricostruzione che ho potuto fare, ma che faccio oggi a posteriori, quel servizio in grande difficoltà, a partire da questa situazione particolare creatasi nel 2013, si rivolse ‒ credo ‒ a questo centro proprio per avere supporto, supervisione nell’ottica di qualificare il proprio intervento. Capisco che oggi siamo qui, invece, per fare una rilettura di tutto quello che è accaduto. In questo momento, francamente, essendoci anche un procedimento penale in corso, ritengo di non dover esprimere opinioni personali su questa vicenda.

    Rispetto ai dati di cui lei parla, i dati del sistema informativo regionale ad oggi rappresentano l’unica fonte che noi possiamo avere, che fotografa la presa in carico dei bambini da parte dei servizi sociali infanzia dell’Emilia-Romagna. I dati sugli allontanamenti della Val d’Enza registrano un aumento dal 2014 al 2017, in particolare per quanto riguarda l’affidamento familiare, però non erano dati particolarmente preoccupanti, almeno per quanto riguarda l’osservatorio offerto da SISAM. In questi mesi sono circolati diversi dati. Sarebbe interessante capirne la fonte per poterli mettere a confronto.

    Anche recentemente ci sono stati articoli che hanno parlato di cento richieste di allontanamento negli ultimi due anni, così come hanno parlato di numeri di bambini in comunità. In questa fase stiamo rileggendo le situazioni. Essendo stati sospesi alcuni operatori, o messi agli arresti, è stato necessario ridistribuire le situazioni in carico. Quindi, non sono dati così confrontabili.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Tagliaferri, prego.

     

    Consigliere Giancarlo TAGLIAFERRI. Grazie, presidente e colleghi.

    Innanzitutto, la ringrazio per la sua presenza, sperando che la sua partecipazione ai lavori odierni possa consentirci di fare maggior luce su quanto accaduto dal punto di vista amministrativo non tanto negli ultimi mesi quanto, soprattutto, per quanto riguarda il triennio 2016-2018.

    Facendo un po’ di cronistoria, devo dire che ho trovato gli atti di conferimento all’Unione Val d’Enza dei servizi sociali nella primavera 2014, cui è seguito l’affidamento all’ASP Sartori con delibera di Giunta dell’Unione nel 2016. Lo stesso anno, con delibere di Giunta dell’Unione 45 e 50, viene definito l’utilizzo dell’appartamento sito in Via Roma 3, denominato “Centro La Cura”, per la formazione, la supervisione e la psicoterapia specializzata. Tramite detto Centro veniva messa a disposizione sia l’assistenza terapeutica riparativa che quella legale, caratterizzanti l’équipe di secondo livello definita dall’articolo 18 della legge regionale n. 14/2008. A tal fine, si ricorda come, ai sensi del comma 1, essa dovrebbe avere carattere provinciale o comunque sovradistrettuale.

    All’interno del contratto di servizio stipulato dall’Unione Val d’Enza con l’ASP Sartori risulta codificata la valutazione e presa in carico in modo integrato dei minori, vittime di maltrattamento e abuso attraverso il gruppo di riferimento di secondo livello “La Cura”. La sperimentazione attuata presso il Centro La Cura subisce una forte frenata a fine 2018, in coincidenza con i primi barlumi dell’inchiesta. Nella primavera 2019, ad inchiesta avviata, viene anche ridefinito il contratto di servizio con il Sartori, che fino ad allora era stato rinnovato e immutato. Dalla nota a supporto delle richieste di variazione di bilancio proposte dal servizio sociale integrato relative al bilancio 2018, redatta dalla dottoressa Campani e distribuita ai consiglieri, risulta che nel 2015 vi erano 18 minori inseriti in struttura e nessun minore in affido.

    Comincio a dirle i dati per i quali chiedeva la fonte.

    Nel 2016 si passava a 33 minori in struttura e a 104 in affidamento. Appena partita la sperimentazione di secondo livello, si assiste, quindi, a questo raddoppio dei minori inseriti in comunità e al passaggio da zero a ben 104 minori in affido. La prima domanda è come spiega un tale incremento.

    Altrettanto i trend dei capitoli di spesa hanno un’impennata tra il 2015 e il 2018. Restando alla sola compartecipazione AUSL, si passa da 141.000 euro ad una previsione di 436.000 per il secondo semestre 2018. Mi domando come mai nessuno ha trovato strani questi dati. Il fatto di affidare all’ASP i servizi sociali ha, secondo lei, contribuito a rendere meno evidente e chiara questa spesa? Qual è l’atto con il quale venivano definiti i protocolli operativi nel trattamento dei minori? Nel corso della propria audizione presso la Commissione bicamerale infanzia alla Camera dei deputati, la dottoressa Anghinolfi parlò di procedure di prelevamento nel corso delle 24 ore. In che modo trovava codifica tale procedura e le linee guida utilizzate oggi da quando sono in vigore?

    I dati che le ho riportato sono i “dati a supporto delle richieste di variazione di Bilancio proposte dal servizio sociale integrato”, che arrivano direttamente dall’Unione Val d’Enza.  Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Capisco che ci sia tanto bisogno di fare chiarezza e di avere delle informazioni riguardo a quanto accaduto, però io sono in Val d’Enza da un paio di mesi e in questi due mesi mi sono dovuta concentrare nel presente e futuro, cioè nel cercare di sostenere un sistema che era fortemente traumatizzato per quanto è accaduto e che doveva assolutamente continuare comunque a fare il suo lavoro, quindi aiutare, sostenere, tutelare, proteggere.

    Mi dispiace, quindi, consigliere Tagliaferri, ma non posso rispondere alle sue domande, non sono davvero nelle condizioni di farlo, sicuramente lo saprò se tra sei mesi ci rivedremo e potrò rispondere di quanto ho messo in campo rispetto alla riorganizzazione del servizio, e non da sola, perché comunque siamo nell’ambito di un’azienda di servizi pubblici che gestisce per conto dell’Unione questi servizi.

    Detto questo, ASP mi risulta che non gestisce dal 2016, ma dal 2016 fino a fine 2018 è stato in corso un gruppo di lavoro e una gestione parziale di alcune parti dei servizi. La gestione totale del servizio area infanzia, adolescenza e famiglie è iniziata da gennaio 2019, e già a gennaio 2019 erano stati fatti dei cambiamenti significativi rispetto sia alla chiarezza gestionale e di Bilancio e anche rispetto alla cura e alla collaborazione con Hansel e Gretel, che era già cessata.

    Anche rispetto alle procedure di prelevamento ci sono dei documenti interni, così come anche rispetto alla gestione dell’H24, cioè come intervenire nelle situazioni di pronta accoglienza e di emergenza, perché, come dicevo, proprio alla luce di quanto accaduto nel 2013, la presa in carico di questa situazione complessa di una ragazzina che ha denunciato una rete di pedofilia e di sfruttamento sessuale da parte di alcuni minori del territorio aveva comportato la necessità di definire delle linee guida, che predisponessero la collaborazione con la scuola, con il servizio sanitario, quindi c’era una modalità d’intervento che nell’emergenza si attivava.

    Rispetto alle procedure, alcune di queste sono state formalizzate e altre no, quindi non so a cosa facesse riferimento quando parlava delle linee guida nell’ultima domanda.

     

    Presidente BOSCHINI. Ci sarebbe il collega Bertani, ma, se deve precisare, prego, collega Tagliaferri.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Grazie. Come le dicevo, questa è un’inchiesta su quello che è successo, non su quello che sarà, non è un problema tra sei mesi, il problema è accertare e fare luce adesso su ciò che è avvenuto.

    Volevo dirle che il contratto di servizio (abbiamo qui una copia, se vuole) è del 2016 ed è stato cambiato poi il 6 aprile del 2019. Chiedevo poi, se fosse possibile, che lei ci faccia avere copia dei documenti interni che riguardano gli interventi H24, cioè vorremmo avere contezza delle linee guida per le procedure. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, Tagliaferri. Prego, Bertani.

     

    Consigliere Andrea BERTANI. Grazie, presidente. Il tema dei dati secondo me è importante per aiutarci a capire anche cosa è successo in Val d’Enza, perché non succeda più.

    Lei prima ci diceva che i dati che c’erano in Val d'Enza non avrebbero suscitato particolare attenzione, però, se io vado a vedere le considerazioni di fine mandato sull’andamento della gestione associata dei servizi dell’Unione, consegnata ai consiglieri a maggio, i casi di minori in carico (in carico ovviamente sono solo quelli seguiti dai servizi sociali) dal 2015, che erano 842, arrivano nel 2018 a 1.140.

    Il dato che secondo me poteva suscitare almeno qualche dubbio è che, di quelli presi in carico, 171 dal 2015 al 2017 erano riportati con scheda violenza, quindi 44 per violenza sessuale, 3 prostituzione, 13 trascuratezza grave, 8 maltrattamenti, 52 maltrattamenti fisici e 51 per violenza assistita.

    Nel 2017, 63 nuovi casi, 43 ulteriori nella prima metà del 2018. Vorrei capire anche dalla sua esperienza se questi siano numeri che ricadono nella normalità anche di altri servizi o se invece questi potessero destare preoccupazione.

    Le chiedo se da quando lei ha preso in carico i servizi questo tipo di segnalazioni ci siano ancora, stiano aumentando o si siano stabilizzate, non ce ne siano più, perché c’è anche il tema che dopo un rischio di sopravvalutazione (valuteranno i magistrati se ci sia stata una sopravvalutazione legata al dolo o ad una formazione che spingeva a sopravvalutare) adesso il rischio è che ci sia una sottovalutazione, quindi le chiedevo se da quando lei è intervenuta i casi di segnalazioni ci siano, non ci siano, siano aumentati o diminuiti.

    L’altra domanda che le faccio è sulla disponibilità all’accoglienza, quindi se ci sia stato un cambiamento rispetto alle famiglie disponibili all’accoglienza, perché anche quello è un tema importante.

    L'altro aspetto che le chiedo è quello sulla psicoterapia specialistica. Una delle cause o comunque uno degli elementi che c’è stato in questa storia è che la psicoterapia specialistica era affidata all’esterno, quindi appaltata all’esterno. Le chiedo se adesso è ancora appaltata all’esterno o se invece – secondo me più correttamente – si utilizzano i servizi dell’ASL, e se questo secondo lei possa comportare una maggiore o minore garanzia rispetto a quello che è stato fatto fino ad oggi.

    L’ultima domanda è rispetto alla formazione. Gli assistenti sociali che erano o sono ancora in servizio presso la Val d’Enza hanno avuto un certo tipo di formazione, che penso sia quella CISMAI e Hansel e Gretel, quindi chiedo se si sta procedendo a rivedere anche quel tipo di formazione, se è questo che è stato critico nello sviluppo della questione e quindi si sta affrontando anche questo tema. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Il tema dei dati è un tema per le politiche sociali alquanto complesso, sicuramente con un obiettivo di miglioramento. La complessità sta nel fatto che ci sono poche banche dati. In Emilia-Romagna esiste questa banca dati, la SISAM-ER, che è la cartella informatizzata del minore, una cartella compilata a cura dei servizi sociali territoriali.

    I servizi sociali territoriali hanno anche delle configurazioni organizzative molto diverse, a seconda delle scelte politiche che nei diversi territori si attuano. Quindi, è un flusso che risente anche di tutto ciò, del fatto che viene implementato da servizi che spesso sono connotati anche da una mole di lavoro molto, molto cospicua che ha, a volte, poco tempo per curare bene il dato.

    Lei mi chiedeva se questa percentuale poteva essere in linea con il trend regionale o addirittura con il trend nazionale. Diventa difficile metterlo in linea con il trend nazionale visto che non abbiamo delle banche dati a livello di altre Regioni. L’unica ricerca che è stata fatta alcuni anni fa è stata fatta dal CISMAI e da Terre des Hommes, però su un campione di Comuni e quindi non confrontabile completamente.

    La letteratura scientifica internazionale addirittura stima in genere nel 9 per cento la percentuale di situazioni di maltrattamento o abusi che potenzialmente potrebbero esserci. Quindi, rispetto al trend regionale, che è circa il 4, è sicuramente una percentuale maggiore. Quindi, tutto il dibattito è tra la comunità scientifica e se noi siamo davvero in grado di rilevare il fenomeno. Perciò anche questi dati della Val d’Enza vanno un pochino contestualizzati e contestualizzati in questo scenario.

    Indubbiamente il trend era in aumento, perché si lavorava in modo puntuale per sensibilizzare la percezione anche dei soggetti, degli stakeholder rispetto al tema o era in aumento perché c’era una visione abusocentrica? Questo, secondo me, è il grande interrogativo che quando sarà conclusa questa indagine forse riusciremo a capire un pochino di più: il cambiamento rispetto alle famiglie, le famiglie disponibili ad accogliere, ma anche le famiglie che chiedono aiuto. È indubbio che in questo momento il livello di stress è altissimo per tutti e quindi anche le famiglie affidatarie – ricordo fra l’altro che legge n. 183 del 1984 invita a ricorrere all’affido nelle situazioni di sostegno anche a nuclei familiari fragili, quindi di sostegno ai bambini, ma anche ai nuclei familiari – in questo momento sono nell’occhio del ciclone di quest’inchiesta e quindi etichettate come possibili risorse che si attivano per un profit, per un proprio guadagno personale oppure si attivano per sottrarre i bambini ad altre famiglie.

    Credo che tutto questo mini anche le fondamenta di questo sistema di sostegno, di aiuto. L’affido non nasce con questo scopo, nasce proprio come ponte tra una famiglia in difficoltà e una famiglia che si offre, in modo anche solidale, per essere di aiuto e per far crescere un bambino nel migliore dei modi.

    Arrivando anche alla domanda che lei mi ha posto, che cosa in questi mesi ho visto dal mio osservatorio, sicuramente limitato, delle nuove richieste che arrivano al servizio, in questi mesi io ho potuto vedere soprattutto delle situazioni segnalate dai Carabinieri per situazioni di violenza assistita dove c’erano dei minori e perciò anche a seguito dell’applicazione della procedura del codice rosa si attiva una rete che deve comunque proteggere la donna, ma anche i bambini.

    Queste sono le situazioni prevalentemente che in questo momento hanno avuto accesso diretto al servizio sociale della Val d’Enza, non solo dai diretti interessati, quindi la parte lesa, ma anche da parte delle Istituzioni preposte così come anche in questo momento noi siamo chiamati ad aggiornare le situazioni. Abbiamo ricevuto quindi quasi una sessantina di richieste da Procura, Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni di aggiornamento delle situazioni, aggiornamento che è avvenuto attraverso una riorganizzazione complessiva.

    Venendo, quindi, alla domanda sul servizio sanitario, come interviene oggi l’équipe professionale multidisciplinare che si attiva per la presa in carico, è ad esclusiva componente pubblica. L’azienda sanitaria di Reggio Emilia ha messo a disposizione tre psicologi che sono stati assunti come rinforzo alla Val d’Enza non solo per la riprogettazione, ma anche per la presa in carico terapeutica.

    Per quanto riguarda la domanda che cosa ne penso io di un sistema di presa in carico psicoterapeutica se pubblica o privata, è indubbio che io sono per una presa in carico pubblica. È vero anche che siamo in un sistema dove a livello nazionale non sono mai state erogate delle risorse per potenziarlo e quindi così come i servizi sociali degli enti locali si assumono la somma maggiore di spesa per garantire questo sistema di protezione, questo vale anche per la sanità.

    Nel migliore dei mondi possibili sarebbe bello poter garantire a tutti i bambini il sostegno psicologico di cui necessitano, ma oggi comunque facciamo i conti anche con delle risorse che necessariamente ci vincolano rispetto al tipo di offerta.

     

    Presidente BOSCHINI. C’era anche la domanda sulla formazione, se sta cambiando qualcosa rispetto alla formazione del passato.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Giusto. Grazie.

    La formazione consiste anche nell’autoformazione. Il confronto a livello di équipe multidisciplinare è una dimensione in cui tra professionisti ci si scambia competenze e sguardi rispetto a queste situazioni che ricordo sono situazioni familiari di bambini in condizioni di vulnerabilità. Sono anche situazioni molto complesse, molto difficili.

    Quando si parla di presa in carico integrata sociosanitaria multiprofessionale si fa riferimento proprio a uno dei dispositivi più importanti nella lettura di queste situazioni, quindi anche nella definizione del progetto di intervento.

    In questo momento, nell’ambito dell’équipe multiprofessionale, stiamo riflettendo molto su quanto accaduto e su come migliorare in prospettiva. Lo scorso anno la Val d’Enza ha partecipato ad un bando del Ministero, che si chiama “PIPPI”, un programma sperimentale per la prevenzione dell’istituzionalizzazione, un programma che esiste già da dieci anni, ma al quale possono accedere attraverso bando solamente 3-4 territori all’anno. La Val d’Enza, in questo momento, è dentro questa sperimentazione. Questo significa poter qualificare i sistemi di valutazione dei bisogni, quella che si definisce “assessment”, cioè analisi dei bisogni del bambino e della sua famiglia, con una progettazione molto puntuale, che viene anche misurata. Il grande tema di questi servizi riguarda anche la misurazione degli esiti, cioè in che modo noi riusciamo non solo a quantificare, ma anche a misurare la qualità degli interventi che attiviamo. Questo programma ha anche un importante supporto formativo. Hanno già partecipato alla formazione 15 operatori, alcuni dell’équipe area sociale infanzia e adolescenza e altri dei servizi sociali territoriali.

    Una delle cose molto interessanti in Val d’Enza è che c’è una grande sinergia tra i servizi di base (lo sportello sociale e i servizi sociali di comunità) che afferiscono maggiormente alla dimensione locale, al territorio, al Comune e il servizio sovracomunale che si occupa, invece, più della dimensione specialistica. A questa formazione aggiungeremo altre azioni importanti, come ad esempio la terzietà della figura del tutore. Il tutore, tra l’altro, è stato immediatamente sostituito. Il sindaco Palù del Comune di San Polo, come presidente dell’Unione, ad oggi è il tutore di tutti i bambini che sono in tutela nel servizio della Val d’Enza, però stiamo predisponendo il tutto perché vi sia una figura terza. Il servizio che attiva l’intervento deve rendicontare a questa figura terza rispetto alla qualità degli interventi attivati.

    Allo stesso modo, abbiamo attivato una consulenza specialistica in materia di diritto di famiglia. In questa dimensione di complessità, sicuramente gli assistiti, ma anche i loro avvocati hanno fatto presente una serie di rimostranze, sulle quali occorre lavorare per ricreare un clima di fiducia.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Calvano, prego. Si preparino i colleghi Piccinini e Facci.

     

    Consigliere Paolo CALVANO. Grazie, presidente. Grazie, dottoressa.

    Due domande molto specifiche. La prima è questa: alla luce di ciò che è avvenuto in Val d’Enza, ma non solo, considerata la previsione che noi abbiamo nella legge regionale all’articolo 18, di utilizzare all’occorrenza équipe di secondo livello per valutare i casi, soprattutto quelli che appaiono più difficili, essendo oggi questa una norma “volontaristica” ‒ chiamiamola così ‒ che le conferenze sociosanitarie possono attivare, se lo ritengono opportuno, lei non ritiene, a questo punto, opportuno rendere quella norma un po’ più cogente e un po’ più obbligatoria, o stringente, nei confronti delle conferenze sociosanitarie e dei servizi sociali territoriali?

    Passo alla seconda domanda. Nella scorsa audizione abbiamo ascoltato il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi più nella sua funzione di rappresentante nazionale ANCI. Abbiamo avuto anche l’opportunità, però, di confrontarci sulle politiche del Comune di Reggio Emilia. Il sindaco ci ha evidenziato una prassi, che loro stanno rendendo un po’ più consolidata, di un intervento più diretto dentro le famiglie da parte dei servizi sociali, con un’impennata notevole delle famiglie “assistite” dai servizi sociali, in modo tale da ridurre al minimo la necessità o l’opportunità di allontanare il minore. Ovviamente non si può fare sempre questa cosa, però, laddove possibile, il Comune di Reggio Emilia ha evidenziato questa buona prassi.

    Vorrei capire da lei se le due cose che ho citato possono essere, a suo avviso, strumenti ‒ uno di carattere legislativo e uno di carattere organizzativo ‒ utili per migliorare il sistema del welfare e di tutela dei minori nel nostro territorio.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Il tema del lavoro con le famiglie e i bambini per i servizi sociali e i servizi sociosanitari, ma anche socioeducativi rappresenta la necessità di avere interventi flessibili competenti sia nell’ambito della prevenzione, della promozione del benessere, ma anche della cura e della riparazione laddove necessario.

    Quando il legislatore nel 2008 ha introdotto, all’articolo 18 della legge n. 14, l’équipe di secondo livello pensava sicuramente a quella tipologia di intervento, che deve avere davvero competenze molto raffinate quando parliamo di maltrattamento e abuso. È un sistema a rete frammentato. Quindi, tenere insieme questa rete e nello stesso tempo, però, intervenire adeguatamente, oggi più che mai, è la grande complessità con la quale dobbiamo fare i conti, quindi cercare di attivare dispositivi che possano contenere la solitudine che a volte gli operatori si trovano a vivere e con la quale si confrontano. Nella solitudine sappiamo tutti che il margine di errore è altissimo.

    Per quanto riguarda l’équipe di secondo livello, l’esperienza più consolidata è quella del centro specialistico Il Faro di Bologna. Vi era un’équipe a Ferrara che, però, negli ultimi anni non è stata riattivata. Effettivamente, sono équipe che non hanno trovato una dimensione di consenso e organizzativa, come era intenzione promuovere. Proprio perché è necessario avere competenze di un certo livello, e in una dimensione micro è più difficile averle, allargare ad un ambito più ampio, come quello provinciale, aveva come ratio quella di mettere insieme risorse e competenze di professionisti afferenti a più distretti, ma che su questa tematica cercano di confrontarsi e migliorare le prassi.

    Il secondo tema che lei ha introdotto a me sta a cuore tantissimo. In questi anni è forse quello sul quale ho studiato di più, perché non c’è tutela e protezione se non c’è anche un lavoro con la famiglia di origine di questi bambini.

    Prima dicevo che ci troviamo a fronteggiare emergenze, a lavorare in condizioni di solitudine o comunque di grande affaticamento, e allora nel decidere qual è il preminente interesse del minore non riusciamo sempre ad attivare quegli interventi con la famiglia, non sulla famiglia.

    Oggi ci sono degli interventi molto interessanti che si fanno in questo ambito, prima ho citato il progetto sperimentale PIPPI che ha tra i suoi dispositivi, tra le sue azioni proprio quella di progettare con i genitori il tipo di intervento da attivare, e attivare tutta una serie di sostegni che possono essere di aiuto, come l’affiancamento familiare, che non è l’affido familiare, ma è due famiglie che si affiancano e ciascuna può dare qualcosa all’altra, quindi la famiglia bisognosa che non solo riceve, ma può dare qualcosa.

    Tutto questo richiede un cambiamento di sguardo rispetto a questi fenomeni sociali, a queste dimensioni, quindi formazione e investimento, che a volte non è così facile ritagliarsi, però il fatto che sempre più si parli di valutazione partecipativa e trasformativa, mutuando queste definizioni dalle linee di indirizzo nazionali sulla vulnerabilità, significa che noi facciamo una fotografia della famiglia di quel bambino in quel momento, ma è una fotografia che si trasforma costantemente e già mentre facciamo questa valutazione agiamo sul sistema, agiamo un cambiamento per essere di aiuto e di protezione.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Piccinini.

     

    Consigliera Silvia PICCININI. Grazie, presidente. Io avevo una domanda, chiedevo alla dottoressa se lei è la stessa Monica Pedroni che insegna all’Università di Bologna al Dipartimento di Sociologia, perché in questo caso ha una doppia responsabilità, la prima sicuramente è quella di gestire la riorganizzazione dei servizi sociali della Val d’Enza, la seconda è quella a livello formativo.

    Da quello che leggo lei infatti tratta proprio della formazione degli assistenti sociali, tema di cui abbiamo discusso più volte in questa sede e tema centrale rispetto ai fatti di Bibbiano.

    Mi interessa capire come all’interno del mondo universitario venga trattato il tema della formazione e quale approccio e quale taglio vengano dati. Sappiamo che c’è stata una discussione tra chi approccia la tematica cercando l’abuso e chi invece sostiene, come peraltro è scritto anche nelle linee di indirizzo regionali, che l’assistente sociale debba riportare in maniera oggettiva la narrazione del minore.

    Siccome questo non è un tema da poco, mi interessa capire all’interno dell’università quale taglio venga dato e quindi, visto che lei è diretta interessata, cosa venga insegnato all’interno di un ente che deve formare i nuovi assistenti sociali. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. È vero, chi insegna ha una grande responsabilità, e insegnare agli assistenti sociali è oggi forse ancora più difficile, perché si tratta di una professione che è nata in un momento storico-politico diverso dall’attuale, quindi oggi chi esce dall’università si confronta anche con servizi che sono molto diversi rispetto a quelli per i quali è nata questa professione.

    Io insegno al secondo anno Metodi e tecniche di servizio sociale, quindi il mio è un insegnamento proprio sugli strumenti, ho 54 ore a disposizione, 27 lezioni, e in queste 27 lezioni devo perciò affrontare diversi argomenti. Tra questi, c’è anche il tema della tutela dell’infanzia.

    Quello che però dico alle mie studentesse (i miei studenti sono prevalentemente ragazze) è che la formazione non si conclude alla fine del triennio, che questa professione richiede un continuo aggiornamento, perché i fenomeni sociali cambiano, ma anche gli strumenti e le leggi, quindi bisogna conoscerle bene.

    Forse lei mi sta chiedendo anche un’altra cosa, se per lavorare nell’ambito della tutela sia sufficiente un triennio o occorra avere una laurea magistrale, sia sufficiente avere una formazione di base o occorra aggiungere della formazione specialistica. In parte l’Ordine professionale lo richiede, perché chi si laurea e poi si iscrive all’Ordine e inizia a esercitare ha degli obblighi formativi.

    Io mi confronto rispetto al mio piano di studi con gli altri docenti di Metodi e tecniche, quindi nel triennio cerchiamo di offrire una programmazione che tocchi tutti gli argomenti, ma è difficile affrontare argomenti molto specifici, quali ad esempio come si scrive una relazione o come si fa valutazione.

    L’insegnamento – ripeto – ha comunque un numero di ore definite e limitate, nell’ambito delle quali si può sicuramente sensibilizzare e formare, ma poi c’è una responsabilità che ognuno deve perseguire oltre il raggiungimento di una laurea triennale o magistrale.

    I servizi sociali, siccome i giornali sono particolarmente attenti ai servizi sociali forse non in un’ottica di valorizzazione, sono anche stati definiti ausiliari della magistratura, della polizia, ma i servizi sociali nascono con un’altra identità, un’identità di sostegno e di aiuto e, in virtù di leggi statali che conferiscono la tutela agli Enti locali e di normative nazionali e regionali che individuano nella figura dell’assistente sociale il ruolo cardine nel definire il progetto di intervento, va da sé che sicuramente queste figure hanno una responsabilità maggiore nel procedimento che si mette in atto.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, collega Facci.  Poi, la collega Prodi.

     

    Consigliere FACCI. Grazie, dottoressa. Alcune precisazioni rispetto a quello che ha detto e alla risposta che ha dato a me e ai colleghi.

    Tornerei sui dati della Val d’Enza. Lei ha assunto chiaramente un ruolo difficile, indubbiamente, me ne rendo conto, a partire da luglio, quindi solo pochi mesi fa, però credo che lei abbia già verificato i dati che io avevo richiamato come dati di crescita esponenziale di questi fenomeni di allontanamento. Lei ha minimizzato prima dicendo che sostanzialmente c’era stato un aumento, ma non era così rilevante. I dati che possiamo leggere, che il mio collega ha già esposto, che sono dati ufficiali dell’Unione Val d’Enza, sono allarmanti, sono preoccupanti. Mi metto un po’ nei suoi panni. Lei dice “non c’ero io”, però lei c’è oggi.

    Prima domanda o comunque una precisazione. Le chiedo se avete fatto, e che cosa, per di fatto invertire una tendenza che non è normale. Oltre ai costi per il Servizio sanitario abnormi, ma questo è un aspetto consequenziale, il punto vero è che questi casi di allontanamento sono indubbiamente incredibili. Le chiedo se e che cosa materialmente è stato fatto per provare a invertire questa tendenza.

    Vengo all’altra domanda. Mi ricollego alla domanda che ha fatto la collega Piccinini, nel suo ruolo di docente in questa materia. Abbiamo audito nelle scorse settimane professionisti che hanno portato le testimonianze più varie. In particolare, abbiamo audito anche un ex giudice del Tribunale dei minori, oggi avvocato Morcavallo, il quale ci ha detto – è ovvio che è una sua dichiarazione, una dichiarazione a mio avviso ampiamente autorevole e comunque una dichiarazione che ha poi avuto una serie di conseguenze in quanto ha fatto una serie di esposti e denunce ad alto livello – che gli assistenti sociali non devono accertare i fatti, i fatti li accertano i magistrati. Egli ha ravvisato una ingerenza dei servizi sociali in questa attività di ricostruzione di un accadimento storico e quindi un’ingerenza grave. Le chiedo se questa accusa specifica è pertinente oppure non lo è e se anche secondo lei i servizi sociali in generale (poi magari nella Val d’Enza poteva esserci una eccezione in negativo) hanno questa tendenza ad accertare i fatti, sostituendosi di fatto al compito del magistrato. Questa è la seconda domanda.

    Le faccio tutte così dopo mi taccio. Visto il suo ruolo importante di docente in materia, ho visto che nei suoi corsi di insegnamento fra i vari testi richiama le linee di indirizzo regionali, quelle che sono ovviamente assunte dalla nostra Regione, e sappiamo che le linee regionali a loro volta contengono una serie di richiami. Le chiedo se secondo lei esistono e che valenza hanno i cosiddetti indicatori di abuso.

    Lei sa perfettamente quant’è l’importanza, quant’è la discussione su questo aspetto e al riguardo anche cosa pensa del dibattito che c’è intorno a questo aspetto, quindi le varie teorie sull’ascolto del minore, cosa ne pensa della discussione che vi è fra CISMAI e la Società Italiana di Neuropsichiatria sia sugli indicatori di abuso sia in generale sulle modalità di ascolto del minore, sui riferimenti normativi, le linee guida, eccetera. Le ho fatto una serie di domande che hanno un aspetto ovviamente molto particolare, molto complesso. Gradirei una sua opinione nella sua doppia veste oggi di responsabile del servizio sociale della Val d’Enza dopo quello che è successo, ma comunque di persona esperta della materia. Ho visto anche una postfazione a un libro di una collega sostanzialmente sui fenomeni dell’allontanamento in Emilia-Romagna come caso pilota. Non ho avuto il piacere di leggerlo, lo leggerò per farmi un’idea. Stiamo parlando con una persona che sa perfettamente qual è il problema, quali sono gli aspetti positivi del sistema, ma verosimilmente anche gli aspetti negativi e problematici. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa Pedroni.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Rispetto alla prima domanda, quella sui dati allarmanti e su che cosa abbiamo fatto, sicuramente quello che stiamo facendo è lavorare anche per una maggiore attenzione a come si scrivono le cose, perché è indubbio che relazionando ad organi che hanno poi un’altra competenza o funzione, ma che sulla base di quelle informazioni orientano anche inevitabilmente quello che può essere poi un ulteriore approfondimento di indagine è molto importante che gli operatori sappiano scrivere bene.

    Scrivere bene significa farlo non con giudizi e pregiudizi, ma il più possibile con dati oggettivabili. Su questo potremmo aprire una tavola rotonda, perché ognuno molto probabilmente ha anche, a seconda del suo punto di osservazione, opinioni differenti.

    Quando Morcavallo, in quanto ex giudice, dice che gli assistenti sociali non devono accertare i fatti, ha ragione: non compete al servizio sociale accertare i fatti. Certo è che il servizio sociale ha una doppia funzione che è inevitabilmente di sostegno e aiuto, ma anche di vigilanza e controllo. Questo è un dibattito che da anni attraversa la categoria professionale, come esercitare questa doppia valenza di aiuto, sostegno e controllo e dove sta il confine, perché quando io vengo a conoscenza di un presunto pregiudizio o abuso o maltrattamento, a seconda di come ne vengo a conoscenza e di come ho gli elementi, segnalo e segnalo alla Procura presso il Tribunale per i minorenni e alla Procura presso il Tribunale ordinario. Lì si attivano comunque due percorsi che hanno tempi, che hanno fasi differenti, ma nello stesso tempo il servizio sociale continua a essere quel servizio che proprio in ragione della situazione familiare o di possibile pregiudizio di quel bambino deve continuare a svolgere il suo ruolo.  A volte, nello svolgimento di questo ruolo non è così facile tenere insieme queste due dimensioni. Questa è la complessità. In questa complessità, proprio per questo, occorre ‒ come dicevo prima ‒ non essere soli, ma attivare una serie di dispositivi di protezione e tutela per tutti, in primis per i bambini e per le loro famiglie, ma anche per gli operatori che li attivano.

    Da questo punto di vista, la delibera regionale n. 1677/2013 è stata frutto di un lavoro, durato un paio d’anni, di professionisti dei servizi di area sociale, sanitaria, educativa che si sono confrontati e hanno messo a disposizione le loro competenze per individuare linee di indirizzo e raccomandazioni per omogeneizzare l’operato dei servizi. Il lavoro di sicuro non si conclude con la scrittura di un documento di indirizzo. In effetti, sono continuati tavoli di confronto e di approfondimento e formazioni specifiche.

    Passo alla domanda sugli indicatori dell’abuso. Rispondo per la parte di cui cerco di essere competente, ossia quella sociale. Gli indicatori oggi sempre più sono definiti “fattori di rischio” e “fattori di protezione”. Occorre, in presenza di un segnale di incuria, di trascuratezza... Ricordo che il tema del maltrattamento e dell’abuso non riguarda solamente l’abuso sessuale o il maltrattamento, ma include diverse tipologie e forme. Può trattarsi anche del maltrattamento psicologico, dello Shaken Baby, della sindrome di Münchhausen. Ci sono diverse tipologie che afferiscono al concetto di “child abuse”, però la cosa assolutamente indispensabile è contestualizzare quello che può essere un fattore di rischio nell’ambito di un sistema più o meno protettivo. Da questo punto di vista, sicuramente il tema della refertazione è più che mai cogente.

    Se a livello nazionale uscisse un documento che approva orientamenti, linee di indirizzo o comunque sostiene il sistema della tutela, oggi chiamato a intervenire in queste situazioni, credo che potrebbe essere di grande aiuto. In questo momento la Carta di Noto e il documento del CISMAI sono due documenti che approfondiscono la tematica, ma di fatto non sono cogenti per gli operatori chiamati ad operare.

     

    (interruzione)

     

    Dott.ssa PEDRONI. No. Hanno due tagli assolutamente differenti. Molto probabilmente nel confronto e nello scambio potrebbe nascere anche un terzo documento utile per tutti. Uno ha sicuramente un taglio più forense e l’altro più clinico, psicologico.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera Silvia PRODI. La ringrazio per la presenza.

    Lei ha detto che bisogna fare attenzione a come si scrivono le cose. È molto importante. Faccio riferimento ai Piani di zona. Ho fatto un’analisi comparata del Piano di zona del distretto Val d’Enza e di Reggio Emilia. Abbiamo avuto in audizione sia lo psicologo Pascarella che il sindaco di Reggio: entrambi hanno riconosciuto che avrebbe senso riprendere una programmazione provinciale in modo un po’ più stretto di quanto non lo sia. In questo momento, ovviamente, con il tema delle risorse, è tutto da ripensare, ipoteticamente. Mi chiedo se anche solo nella redazione, nella preparazione di questi documenti non si possa fare uno sforzo per renderli più comparabili, proprio perché ci sia una lettura il più possibile comparata, un po’ più standardizzata, che può anche essere frutto di una collaborazione più stretta tra i distretti, perlomeno in ambito provinciale.

    Due territori confinanti non credo abbiano dati socioeconomici e demografici così distanti da generare documenti così diversi quando si vanno a leggere e a interpretare, anche quando generano, banalmente, linee di finanziamento. Il Piano di zona immagino sia sotto riscrittura, perché quello della Val d’Enza vale fino al 2020, se non vado errato. Mi chiedo se non ci sia l’intenzione nella documentazione di raggiungere già un livello condiviso e più standardizzato.

     

    Presidente BOSCHINI. Visto che è una domanda puntuale, se quella della collega Piccinini non è troppo complessa, le abbinerei.

    Prego, collega Piccinini. In questo modo, facciamo un unico giro di risposte, visto che non ho altri iscritti.

     

    Consigliera PICCININI. Provo a fare a domanda in maniera più diretta. Quello che mi interessava capire è se all’interno dell’Università, rispetto al tema dell’approccio, come si diceva prima, del chi cerca l’abuso, a chi viene insegnato che l’abuso va indagato e va cercato... È anche scritto nelle nostre linee di indirizzo regionali. L’assistente sociale deve limitarsi a trascrivere, sostanzialmente, ciò che viene raccontato dal minore. Io volevo capire, come insegnamento, rispetto alla formazione degli assistenti sociali, che cosa viene loro insegnato, se è un tema che viene affrontato. Non ho capito se, in realtà, quando si parlava delle 54 ore si intendeva dire che non c’è tempo per affrontare nello specifico questo tema.

    Vorrei capire meglio come veniva affrontato. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Come vuole lei. L’importante è rispondere a tutte e due.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Rispondo prima alla consigliera Piccinini, così cerco di essere più chiara. Quando parlavo di 54 ore del mio insegnamento volevo dire che, siccome nel percorso universitario della triennale vi sono diverse materie, “metodi e tecniche” è una delle materie che ha l’obiettivo di essere caratterizzante per la professione. In queste 54 ore, quindi, io devo insegnare che cos’è un colloquio di aiuto, come si fa il lavoro di comunità. Utilizzo la delibera regionale anche per far capire che cos’è una delibera regionale, quindi come si legge un documento di linee di indirizzo e di programmazione, e parlo delle tipologie dell’abuso.

    Tutti i temi più delicati vengono accennati, ma non c’è la possibilità di fare un corso specialistico sul tema della rilevazione, di come si scrivono le relazioni. Queste persone, quando usciranno dall’università, può essere che vadano a lavorare con gli anziani, nel campo della disabilità. Devono avere una preparazione a 360 gradi su tutte le tipologie di intervento. Quindi, sarebbe anche improprio un insegnamento per dare loro solo strumenti su maltrattamento e abuso. A Bologna, però, c’è un’attenzione particolare su questa tematica. Io ho preso il posto della professoressa Dina Galli, che per anni è stata giudice onorario del Tribunale per i minorenni. Quindi, ha anche una sua storia questo Ateneo rispetto a questo insegnamento. Anche la professoressa Mantovani ha scritto un libro proprio sulla valutazione delle competenze genitoriali. È una delle docenti che insegna al primo anno, perciò anche lei insiste su questa tematica. Non so se ho risposto alla domanda.

    Invece, per quanto riguarda i Piani di zona, in questo momento non ho la responsabilità di coordinare l’Ufficio di Piano, che sicuramente è il luogo nel quale si fa sintesi di tutta una programmazione territoriale, ma con il nuovo Piano sociale sanitario regionale sono state date delle chiare indicazioni in termini di omogeneizzare questi strumenti, tant’è che oggi vengono tutti inseriti on line anche rispetto agli indicatori di esito delle azioni programmate.

    C’è sempre una caratterizzazione territoriale, che dipende da come sono organizzati gli Uffici di Piano. Sicuramente in tale ambito anche l’area famiglia e infanzia è tenuta a dare un contributo in termini di osservazione dei fenomeni, ma anche di programmazione degli interventi e delle risorse. Non so quando sarà la prossima scadenza del Piano attuativo, ma comunque saremo chiamati anche a ridefinire, come chiedeva Delmonte all’inizio, la progettazione di questo ambito territoriale, quindi sicuramente nel Piano di zona confluiranno anche tutte queste riflessioni rispetto alla riorganizzazione di quest’area di lavoro.

     

    Presidente BOSCHINI. Nel frattempo, si sono iscritti di nuovo Facci, Galli e Tagliaferri. Prego, collega Facci.

     

    Consigliere FACCI. Brevemente, perché mi ero dimenticato una domanda e poi un'altra suggerita dalla sua risposta di prima.

    La prima è questa. Lei stessa aveva citato quella che credo sia l’unica indagine statistica a livello nazionale, che risale al 2015, con dati riferiti al dicembre del 2013, quindi a tutto il 2013, siccome le scorse volte abbiamo discusso di numeri e c’era perplessità rispetto a un numero di quasi 500.000 minori presi in carico dai servizi sociali, volevo chiedere anche a lei se lo ritenga un dato tutto sommato credibile oppure no.

    L'indagine Terres des Hommes, CISMAI, ma anche Autorità garante dell'infanzia e adolescenza stima al 31/12/2013 457.453 i minorenni presi in carico dai servizi sociali in Italia, senza la città di Roma. C’è un capitolo dedicato a Roma, dove hanno 462.453 minorenni complessivamente, e, facendo una serie di proporzioni, dovendo stare al dato di 47,7 minorenni ogni mille seguiti dai servizi, il valore di 457 si eleva di altre 22.000 unità e arriviamo a 480.000, da qui i famosi quasi 500. Secondo lei questo, che è un dato ovviamente ufficiale, è realistico oppure no?

    La stessa ricerca indica in 1 bambino ogni 5 i minori vittima di maltrattamento o abuso, quindi il 20 per cento, che fa circa 96.000. Non ho motivo di contestare questo studio, magari lei sì, oppure è sottostimato o sovrastimato, quindi chiedo a lei un giudizio.

    Visto che prima nel rispondere alla mia domanda fuori microfono, se ritenga equivalenti la dichiarazione di consenso del CISMAI e la Carta di Noto, lei ha detto che non sono equivalenti, le chiedo secondo lei quale delle due prevalga e perché. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Visto che sono tre domande, rispondiamo, altrimenti poi ci perdiamo, anche se il consigliere Facci questa risposta se la potrebbe dare quasi da solo ....no, sto scherzando, non mi permetterei mai, ma mi sembra abbastanza evidente che la risposta sia che sono due cose diverse. Prego, dottoressa.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Come dicevo anche nelle prime battute del mio intervento, il tema dei dati è un tema molto importante e forse anche un po’ sottovalutato, visto che non abbiamo un Osservatorio nazionale, ognuno cerca di fare come può.

    Credo che in questa ricerca di qualche anno CISMAI e Terres des Hommes, ma anche Istat abbiano cercato di fare squadra per provare a leggere il fenomeno attraverso una rilevazione campionaria. Dovrei riguardare la ricerca perché l’ho guardata qualche anno fa, però ricordo che il tentativo era anche quello di dire quanto costano questi servizi, quanto costano pro capite, quindi se gli investimenti che stiamo facendo aiutano non a risolvere il problema, però almeno in termini di appropriatezza a fare gli interventi giusti, e come possiamo agire in termini di prevenzione.

    Con alcuni colleghi avevo provato a capire meglio in cosa stesse questa rilevazione, perché quando parliamo di presa in carico da parte del sistema dei servizi sociali tutela (diciamo così per semplificare il concetto e renderlo omogeneo rispetto ai diversi servizi) parliamo di politiche che sul tema della presa in carico possono tener dentro tante tipologie di intervento, che a volte non è solamente abuso, maltrattamento, negligenza grave, ma può essere anche sostegno economico, interventi di conciliazione, interventi di sostegno come esonero delle rette scolastiche.

    Intanto avevamo provato a capire quanti servizi della Regione Emilia-Romagna erano stati censiti in questa ricerca e, se non ricordo male, erano 9 o 10, quindi sicuramente per l’Osservatorio regionale era un po’ limitata un’indagine campionaria che riguardava solamente 9 territori su 64 o 65 forme gestionali diverse presenti in Emilia-Romagna, che poi cambiano continuamente perché sono assetti organizzativi non così stabili, quindi si va da gestione diretta del Comune ad azienda speciale, all’ASL.

    Questa indagine campionaria di fatto insisteva sull’inserimento dei dati da parte degli enti locali, che a livello nazionale sono organizzati in modo così differente, quindi faccio fatica a dire se questo sia un dato certo, perché dipende da chi viene inserito, da che organizzazione ha quel servizio e che tipo di intervento effettua. Un bambino ogni cinque, vittima di maltrattamento o abuso, a me sembra un po’ eccessivo, se devo dire la mia opinione, però non è in questo momento la mia opinione che fa la differenza, ma chiediamoci come rileviamo questo dato e che tipo di analisi possiamo fare. In questo momento ben poche, a mio avviso. La ricerca del CISMAI, se non altro, in quel momento storico, ha dato un contributo in tal senso, fatto con un rigore scientifico perché, ripeto, c’era nella partnership anche l’ISTAT oltre che Terre des Hommes.

    Mi può aiutare?

     

    Presidente BOSCHINI. Visto che non ritiene equivalenti Carta di Noto e CISMAI, quale delle due deve prevalere? Dico bene, collega Facci?

     

    Dott.ssa PEDRONI. Francamente…

     

    (interruzione)

     

    Dott.ssa PEDRONI. Io sono per la logica non della prevalenza, ma dell’integrazione. Io prenderei magari i due documenti e cercherei di fare una buona integrazione di questi due documenti. Effettivamente, il tema della repertazione è importantissimo. Se non siamo in grado di fornire dei dati sui quali poi proseguirà tutto il percorso anche di individuazione del danno, rischiamo di produrre quella che viene definita la vittimizzazione secondaria, cioè di attivare dei percorsi dove i bambini non sono creduti, dove i processi si chiudono con un nulla di fatto, ma nello stesso tempo, però, questi bimbi comunque hanno visto la loro vita stravolta. C’è un tema di giustizia che dobbiamo a questi bambini.

    Come si fa l’ascolto del minore è un tema molto delicato.

     

    (interruzione)

     

    Dott.ssa PEDRONI. Che si apra un tavolo di confronto su questo. Non è una questione di contrapposizione, ma di integrare delle competenze e delle conoscenze. Credo che oggi più che mai se non facciamo questa operazione siamo tutti perdenti, perché le famiglie non si avvicinano ai servizi e magari sono le famiglie che hanno più bisogno, perché le Istituzioni non hanno credibilità.

    Se in questo momento, ahimè, per le note vicende di Bibbiano, questo è un tema all’attenzione della politica, che si vada fino in fondo.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Galli, prego. Poi c’è il collega Tagliaferri.

     

    Consigliere Andrea GALLI. Grazie, presidente.

    La domanda che le voglio fare si interseca con delle domande che ha fatto già il collega Facci. Lei è fuori dal bubbone, chiamiamolo così, Bibbiano, perché è arrivata solamente a fatti già avvenuti, e questo può avere un aspetto positivo, immagino. Però, ha la competenza e l’esperienza per valutare quello che è successo.

    La domanda che le faccio è la domanda che mi faccio dall’inizio di questa vicenda. Ormai sono venute decine di persone a parlarci, abbiamo letto molte cose, ci siamo fatti credo un’idea, magari diversa una dall’altra, ma un’idea ce la siamo fatta. Davanti a dati da 18 minori in struttura a 33, da 0 a 104, da 140.000 euro di spesa di competenza alle ASL a 436.000, davanti ai numeri di ricerca che dicono un 20 per cento di minori abusati, che è palese che è un numero strampalato, o ci sono delle realtà che noi non immaginiamo dove tutti i bambini sono abusati o altrimenti diventa difficile pensare che fra le nostre conoscenze esistano percentuali del genere. Ecco, davanti a dei dati così, dei dati che erano il triplo da una provincia all’altra, la provincia di Parma aveva una cifra e la provincia di Reggio, di fianco, aveva il triplo o quasi il quadruplo, come mai nessuno di voi ha capito quello che stava succedendo?

    Mi creda, è la domanda che mi faccio dall’inizio. È possibile che nessuna struttura di controllo si sia fatta delle domande, nessuno abbia capito che questa scuola, la scuola Hansel e Gretel, era una scuola da allontanare? Come è possibile che nessuno se ne è accorto? Lo chiedo a lei perché ha quella che potremmo chiamare una mente libera. Lei, in realtà, credo che abbia capito cosa è successo. Se lo spiegasse anche a noi, le sarei personalmente molto grato.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Tagliaferri, prego. Così poi chiudiamo con un’ultima risposta.

     

    Consigliere TAGLIAFERRI. Sarò molto breve. Avevo chiesto prima, ma non ho avuto risposta, se si poteva impegnare gentilmente a farci avere le linee guida per il trattamento minori e quelle per la messa in sicurezza nelle ventiquattro ore dal 2015 ad oggi. Se fosse possibile, ci terremmo parecchio. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, dottoressa, per un’ultima risposta.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Che cosa è successo? Forse è la domanda che ci stiamo ponendo tutti. In questa domanda ognuno cerca di ricostruire, comunque, almeno nel mio caso io ho provato a ricostruire anche un percorso.

    Credo che il territorio della Val d’Enza sia stato, come vi dicevo, dal 2013 in poi, attraversato da delle problematiche sociali importanti, con alcune situazioni molto difficili che hanno richiesto quindi anche la necessità di modificare il proprio assetto. Si è creato, ad esempio, all’interno del servizio un gruppo di riferimento che aveva compiti di specializzazione rispetto alla tematica. Forse il tema è proprio questo: dove sta il confine tra un intervento di prevenzione che può avere quindi anche degli strumenti un po’ generalisti di base ad un intervento invece assolutamente iper-professionalizzato. Quali sono gli indicatori di qualità di un’équipe di secondo livello? In che modo li misuriamo? In che modo vigiliamo, monitoriamo che tutto funzioni bene?

    Credo che in questo momento il lavoro che si fa nell’ambito di questa Commissione politica, ma anche il lavoro che si fa nella Commissione tecnica regionale che sta facendo un approfondimento e un’audizione anche di specialisti a vario titolo sulla materia forse aiuterà a rispondere a questa sua domanda, cosa è successo.

    Ognuno di noi ha delle ipotesi. Ripeto, in questo momento comunque siamo anche nell’ambito di un’indagine, di un procedimento penale in corso e quindi a conclusione anche di questo procedimento forse avremo chiarezza rispetto a certi dati.

    Su questo non mi sento quindi di aggiungere altri elementi anche per la mia posizione che definire di terzietà è eccessivo, però in questo momento sono chiamata a sostenere, per quel che posso, un sistema, un servizio, degli operatori, a ricostruire un rapporto fiduciario con le Istituzioni ma anche con i cittadini (in ballo c’è soprattutto questo), con le Istituzioni scolastiche, con i servizi sanitari, con le associazioni di volontariato.

    C’è da ricostruire una modalità di ingaggio, di relazione e di partnership, oltre che di appropriatezza degli interventi.

     

    Presidente BOSCHINI. Collega Galli, vedo che si è riprenotato. Prego.

     

    Consigliere GALLI. Sa, dottoressa, che sono un po’ stupito della sua risposta? L’ho già sentita nel corso del suo intervento questa sua non risposta, però davanti a dei dati da 0 a 104, che sono delle accelerazioni che solo a Cape Canaveral, dove ci sono dei missili che vanno con questa velocità da 0 a 104...

    Che io le faccia una domanda e lei non mi risponda, dicendo “debbo ricostruire un rapporto con le Istituzioni e con i cittadini” è una risposta omertosa, mi permetta questo termine...

     

    Presidente BOSCHINI. No, però, attenzione, collega Galli...

     

    Consigliere GALLI. Certamente, uso questo termine sapendo cosa vuol dire, mi permetta, perché se io faccio una domanda...

     

    Presidente BOSCHINI. Lei lo fa sotto la sua responsabilità, come altre volte in passato in quest’aula, ovviamente.

     

    Consigliere GALLI. Scusi, è evidente, adesso le spiego: omertoso non è una parola positiva o negativa, vuol dire uno che non risponde.

     

    Presidente BOSCHINI. Insomma, che non risponde non volendo rispondere.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo, dottoressa.

     

    Consigliere GALLI. Non faccia la vergine offesa: ho fatto una domanda e vorrei una risposta.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. A chi si sta rivolgendo?

     

    Consigliere GALLI. Al presidente. Ho fatto una domanda, mi si risponde dicendo “non voglio rispondere, perché non me la sento di rispondere”. Non so come si possa chiamare questa risposta. Ho fatto il liceo classico, tanti anni fa, e credo che la parola corretta in italiano sia quella.

     

    Presidente BOSCHINI. Benissimo, lei ha espresso il suo parere, consigliere Galli. Può tranquillamente dichiararsi non soddisfatto della risposta. Può esprimere, se lo ritiene e sotto la sua responsabilità, un giudizio che può risultare magari offensivo per la persona qui presente, perché se la persona viene definita omertosa vuol dire che evidentemente risponde non volendo rispondere, quindi volutamente nega delle informazioni di cui è in possesso.

    Questa è una sua valutazione, io mi attengo, devo attenermi (e la invito a fare altrettanto) a quello che ci ha detto la dottoressa Pedroni, a cui se adesso vuole ribattere do senz’altro la facoltà di farlo, ma credo che sia scorretto non attenerci a quello che è stato detto. Lei ci ha detto per esempio, se non fraintendo, che sui dati occorre molta prudenza, perché esistono modalità diverse di rilevazione, mi sembra che abbia detto molto, che ritiene che le indagini potranno consentire di interpretare quei dati. Se non ho capito male, ho capito questo, se la dottoressa Pedroni vuole la parola per una controreplica, gliela do volentieri, altrimenti credo che...

     

    Consigliere GALLI. Presidente, se ha finito, finisco di parlare, dopo che lei ha fatto il suo pistolotto, mi permetta.

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo, perché non le ho dato la parola, ho dato la parola alla dottoressa Pedroni.

     

    Consigliere GALLI. Io stavo finendo!

     

    Presidente BOSCHINI. Io non l’ho interrotta.

     

    Consigliere GALLI. Quando lei mi ha interrotto io stavo parlando.

     

    Presidente BOSCHINI. Allora prego, termini, e poi dopo valutiamo come procedere.

     

    Consigliere GALLI. Perché ho usato un termine non simpatico come “omertoso”? Perché quando si è alla presenza di una persona che ha le capacità, le competenze e le conoscenze per dare una sua valutazione, che è soggettiva, lo capisco, ma siccome è successo che un bubbone è esploso con tutta una serie di conseguenze, io so per certo che la maggioranza degli assistenti sociali si sono comportati correttamente, so per certo che la stragrande maggioranza dei 3.000 minori che sono stati dati nelle varie modalità in affido o in strutture protette o in case famiglia sono stati tolti alle famiglie correttamente, lo so benissimo, so benissimo che dietro ogni caso c’è un lavoro incredibile, l’assistente sociale credo sia un lavoro durissimo, malpagato e molto faticoso e rischioso, e questo caso lo fa capire chiaramente, ma la dottoressa ha le capacità per darci una risposta.

    Se lei, avendo le conoscenze, le capacità e le competenze e non avendo la responsabilità diretta di questa vicenda, non ci dà una sua valutazione, non so quale altro termine usare. Io sono convinto della sua buonafede, però se faccio una domanda e uno svicola e non mi dà la risposta, mi permetta ma dire che non sono rimasto soddisfatto della risposta è poco.

    Se poi lei mi vuole interrompere, io accetto la sua interruzione e mi scuso con lei che molto spesso cerca di mettere una parola positiva in una costruzione, quindi ne prendo atto, però io ho fatto le scuole basse e non so quale altro termine usare oltre alla parola che non ripeto e che non è certamente offensiva.

     

    Presidente BOSCHINI. Se la dottoressa Pedroni desidera, le do la parola per un ulteriore elemento di considerazione, prego.

     

    Dott.ssa PEDRONI. Se ha fatto il classico non ha certo fatto le scuole basse, consigliere Galli, ma le perdono l’aggettivo “omertoso” anche perché in queste ultime affermazioni che ha fatto credo che abbia anche testimoniato l'altra faccia di questa vicenda, perché dietro a queste situazioni spesso c’è anche sudore e sangue di operatori, ed è proprio per rispetto a loro che io non rispondo alla sua domanda.

    Non perché io non abbia una mia ipotesi, che non è la verità, è una mia ipotesi, ma se io dico questa mia ipotesi ora qui, immediatamente domani sui giornali viene descritta come verità, e io non voglio che ciò accada. Su questo sono integerrima, perché in questo momento su questa materia c’è una strumentalizzazione che dovrebbe far pensare anche rispetto a come i media veicolano le informazioni oggi.

    Abbiamo letto di tutto e in modo anche – credo – irrispettoso, non voglio che una mia ipotesi trovi un fraintendimento, quindi quando si sarà concluso questo processo sono disponibilissima a riparlarne, ma in questo momento mi sembra fuori luogo.

     

    Presidente BOSCHINI. Peraltro, era già chiarissima come risposta precedente. Se non ci sono ulteriori domande, vi ringrazio. Ringrazio in particolare la dottoressa Pedroni per la sua cortesia e per aver risposto a numerosissime domande in maniera molto interessante.

    Se c’è necessità, sviluppiamo l’ultimo punto all’ordine del giorno che è quello del dibattito, ma non mi pare. Prima di chiudere la seduta vi ricordo soltanto che mercoledì mattina avremo anche la disponibilità della collega Mori nell’ambito del punto all’ordine del giorno del dibattito per eventuali domande o chiarimenti sollecitati da qualcuno di voi.

    Grazie e buona giornata.

     

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